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sezioni unite civili; sentenza 4 febbraio 1987, n. 1022; Pres. Marziano, Est. Laudato, P.M. Paolucci...

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sezioni unite civili; sentenza 4 febbraio 1987, n. 1022; Pres. Marziano, Est. Laudato, P.M. Paolucci (concl. conf.); U.s.l. 4 Chieti (Avv. Moscarini) c. Manente (Avv. Cafiero). Regolamento preventivo di giurisdizione Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 2447/2448-2449/2450 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179010 . Accessed: 28/06/2014 18:03 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.171 on Sat, 28 Jun 2014 18:03:39 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 4 febbraio 1987, n. 1022; Pres. Marziano, Est. Laudato, P.M.Paolucci (concl. conf.); U.s.l. 4 Chieti (Avv. Moscarini) c. Manente (Avv. Cafiero). Regolamentopreventivo di giurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 2447/2448-2449/2450Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179010 .

Accessed: 28/06/2014 18:03

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2447 PARTE PRIMA 2448

duttrice innanzi al Pretore di Pescara per la convalida. Esponeva che la Mungo si era resa inadempiente al pagamento di sei mensi

lità di «spese condominiali», dell'importo di lire 150.000 cadauna.

Assente l'intimata, lo sfratto era convalidato dal pretore con

ordinanza resa all'udienza del 14 marzo 1980.

La Mungo propose gravame avverso quel provvedimento, so

stenendo, fra l'altro, ch'esso era appellabile in quanto emesso

in difetto delle condizioni di legge, perché l'art. 658 c.p.c. stabili

sce tassativamente che lo sfratto può essere intimato nell'ipotesi del mancato pagamento del canone e perché il credito per spese

erogate dal locatore per la fornitura dei servizi non rientra nel

concetto di canone.

Il Terra resistette al gravame, denunciandone innanzitutto l'i

nammissibilità. Il Tribunale di Pescara, con sentenza del 23 marzo 1982, di

chiarò inammissibile l'appello, osservando che esso era stato pro

posto contro un provvedimento avente le caratteristiche intrinseche

dell'ordinanza. Esprimeva avviso, al riguardo, che la questione concernente la pretesa non riconducibilità delle «spese condomi

niali» nel concetto di canone, più che avere attinenza a un pre

supposto del procedimento di sfratto, integrava una questione di

merito che la conduttrice avrebbe dovuto far valere opponendosi alla convalida.

Avverso la sentenza del Tribunale di Pescara, Concetta Mungo è ricorsa per cassazione formulando un solo motivo di censura.

Leandro Giancarlo Terra ha proposto controricorso.

Motivi della decisione. — Nell'unico motivo del ricorso per

cassazione, con implicito riferimento agli art. 658 e 663 c.p.c., si oppone alla sentenza impugnata che l'ordinanza di convalida

nello sfratto per morosità relativa alle «spese condominiali» era

appellabile, avendo il contenuto di sentenza, perché emessa al

di fuori dei presupposti di legge. Il motivo è fondato. Quando il rapporto dedotto in giudizio

sia estraneo al paradigma del procedimento sommario per conva

lida di sfratto, l'ordinanza di convalida, emessa fuori della fatti

specie normativa, deve essere considerata una sentenza perché

questa è il normale tipo dei provvedimenti decisori delle contro

versie.

In tal caso, le pronuncia, risolutiva del contratto, è soggetta ai mezzi d'impugnazione previsti per le sentenze, fra i quali l'ap

pello. Verificare, poi, se un provvedimento del giudice sia appel labile è, anche nell'ipotesi considerata, un'indagine su presupposto

processuale demandata d'ufficio al giudice del gravame e condi

zionata semplicemente alla proposizione della relativa impu

gnazione. Non è esatto, dunque, che la relativa problematica — ricondu

cibile all'emissione dell'ordinanza di convalida in un caso non

compreso fra quelli per i quali essa è consentita — involga una

questione di merito, da sollevarsi attraverso l'opposizione. Nel concreto, poi, deve riconoscersi la esattezza dell'assunto,

implicito nel ricorso, secondo cui il procedimento per convalida

di sfratto non è applicabile al mancato pagamento degli «oneri

accessori» della locazione, quali sono le c.d. «spese condominia

li» poste a carico del conduttore.

Il procedimento considerato, invero, è predisposto per i caSi di «mancato pagamento del canone di affitto» (art. 658 c.p.c.).

Esso attiene ai rimedi dell'inadempimento dell'obbligazione prin cipale del conduttore, quella diretta a compensare il locatore del

far godere all'altro la res indicata in contratto.

Il procedimento medesimo non riguarda, dunque, i casi di man cato assolvimento degli «oneri accessori» gravanti sul condutto

re, i quali non si traducono in compensi per il locatore.

Orbene, l'estensione sua a questi casi diversi non è possibile. Esso integra un rito speciale, che si pone come eccezione all'or

dinario processo di cognizione, sicché la relativa normativa non

è applicabile per analogia (art. 14 disp. prel. c.c.). Inoltre, come ha già notato parte della dottrina, in molti casi

quell'estensione comporterebbe persino un adattamento del rito alla particolarità della fattispecie inglobata per analogia — ope razione di plastica legislativa non consentita alla giurisdizione —

rendendosi necessaria, da parte del giudice, una verifica che ecce de dal ristretto ambito documentale del contratto di locazione

per estendersi ad altre fonti probatorie, quali le delibere sulle spe se e sui criteri di ripartizione, la comunicazione fattane al con duttore e la richiesta di pagamento (art. 9 1. 27 luglio 1978 n.

392), condizioni tutte attinenti alla liquidità del credito fatto valere.

Argomento decisivo contrario all'opinione qui espressa, infine,

Il Foro Italiano — 1987.

non emerge dall'art. 55 1. n. 392 del 1978, circa la concedibilità

di un termine di grazia per il pagamento vuoi dei canoni vuoi

degli accessori, atteso che la corrispondente assegnazione può av

venire anche in ordinario procedimento di cognizione per la riso

luzione del contratto e il rilascio della cosa locata, quando la

morosità attenga al pagamento di quegli oneri.

Dalle osservazioni formulate risulta che il ricorso deve essere

accolto.

Di conseguenza, deve cassarsi la sentenza impugnata e rinviarsi

la causa a giudice pari-ordinato a quello di appello, giudice che

si designa nel Tribunale di Chieti, perché l'esamini nel merito.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 4 feb braio 1987, n. 1022; Pres. Marziano, Est. Laudato, P.M. Pao

lucci (conci, conf.); U.s.l. 4 Chieti (Aw. Moscarini) c. Manente

(Avv. Cafiero). Regolamento preventivo di giurisdizione.

Sanitario — Medico dipendente della U.s.l. — Prestazioni lavo

rative — Sistema della compartecipazione e del contributo di

incentivazione — Attività professionale — Controversie — Giu

risdizione ordinaria (D.p.r. 20 dicembre 1979 n. 761, stato giu ridico del personale delle U.s.l., art. 35; d.p.r. 25 giugno 1983

n. 348, norme risultanti dalla disciplina prevista dagli accordi

per il trattamento economico del personale delle U.s.l., art.

59 a 66).

Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la cognizione delle

controversie aventi ad oggetto l'attività svolta dal medico di

pendente della U.s.l. al di fuori del rapporto di lavoro subordi

nato ed in regime di istituto di incentivazione della produttività, ai sensi del punto n. 4.10 dell'accordo collettivo nazionale per il personale ospedaliero del 26 giugno 1980, recepito nell'art.

59 d.p.r. n. 348/83, stante la indubbia natura libero-professionale dell'attività. (1)

Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Chieti, in funzione di giudice del lavoro, il dott. Antonio Manente, con

veniva in giudizio l'U.s.l. n. 4 di Chieti, dalla quale dipendeva in qualità di medico a tempo pieno e, premesso: a) di aver svol

to, per il periodo 1° luglio 1983-30 settembre 1984, fuori del nor

male orario e del rapporto di lavoro subordinato con l'ente, mansioni professionali a favore di pazienti che si erano rivolti

(1) In termini: Cass. 25 novembre 1986, n. 6923, Foro it., Mass., 1191; 22 novembre 1986, n. 3416, ibid., 602 (per i principi generali, con riferi mento a medici liberi professionisti assunti dal comune per fronteggiare esigenze sanitarie di emergenza); Pret. Ascoli Piceno 10 febbraio 1984, id., Rep. 1984, voce Sanità pubblica, n. 112 (e in Giusi, civ., 1984, I, 1312); Cass. 13 ottobre 1983, n. 5955, Foro it., Rep. 1983, voce Sanita rio, n. 240; 20 maggio 1980, n. 3291, id., Rep. 1980, voce cit., n. 193, e 22 ottobre 1979, n. 5465, ibid., n. 196 (in relazione all'art. 47 d.p.r. n. 130/69); contra, per l'affermazione della giurisdizione amministrativa, T.A.R. Puglia, sez. Lecce, 5 febbraio 1984, n. 54, id., Rep. 1985, voce

cit., n. 91; Pret. Lodi 24 ottobre 1983, id., 1984, I, 2038, con nota di

richiami, cui adde, per la legittimità dell'obbligo del degente al pagamen to delle prestazioni sanitarie al di fuori del regime di assistenza gratuita, Trib. Pisa 21 marzo 1984, ibid., 1371; per la qualificazione delle quote di compartecipazione come «emolumenti» costituenti elemento integrante della retribuzione, Cons. Stato, sez. VI, 19 dicembre 1980, n. 1321, id., Rep. 1981, voce cit., n. 222; nonché Verrienti, In tema di applicazione dell'istituto delle c.d. compartecipazioni e del «plus» orario previsti dal l'A.n.u.l. 1979-82 e sulla derogabilità degli accordi sindacali nazionali, in Lavoro 80, 1985, 203; Candido, Attività ambulatoriale e comparteci pazione ai relativi proventi del personale ospedaliero, in Nuova rass., 1983, 352.

Sulla insussistenza del reato di esercizio abusivo di professione da parte del medico ospedaliero a tempo pieno che svolga libera attività professio nale, munito dell'abilitazione, v. Cass. 23 ottobre 1981, Platania, Foro it., 1982, II, 368.

Sul d.p.r. n. 348/83, fondamentale nella evoluzione della disciplina della contrattazione collettiva per i dipendenti delle U.s.l., v. T.A.R. Lazio, sez. I, 23 maggio 1984, n. 484, ed altre, id., 1985, III, 102, con nota di richiami anche sulla incompatibilità fra rapporto di pubblico impiego ed esercizio della libera professione da parte del sanitario.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

alle strutture ed agli organici ospedalieri per l'effettuazione di

prestazioni medico-specialistiche, esulanti dal ricovero di routine;

ti) che tale attività rientrava nel quadro di una collaborazione

continuativa e coordinata tra l'ente ed il personale medico, previ sta dall'art. 4.10 dell'accordo nazionale del 24 giugno 1980 per il personale ospedaliero e dagli art. 59 ss. d.p.r. n. 348/83; c) che

l'ente non gli aveva corrisposto quanto spettantegli per la predet ta attività a titolo di compartecipazione, limitandosi a corrispon

dergli esigui acconti; tanto premesso, chiedeva la condanna della

predetta unità al pagamento delle somme dovute, per la causale

innanzi indicata, maggiorata degli interessi maturati e maturandi, nonché della rivalutazione monetaria.

La convenuta, costituitasi in giudizio, dopo aver eccepito il di

fetto di giurisdizione del giudice ordinario e, nel merito, la infon

datezza della domanda, ha proposto regolamento preventivo di

giurisdizione illustrato con memoria con il quale sostiene l'attri

buzione della controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il medico resiste con controricorso.

Motivi della decisione. — È certo che l'istituto di incentivazio

ne alla produttività, quale previsto e disciplinato dagli art. 59

a 66 dell'accordo nazionale unico di lavoro del personale delle

U.s.l., reso esecutivo con d.p.r. n. 348/83, applicabile alla pre sente controversia, costituisce, nella sua ratio, uno strumento di

politica sanitaria finalizzato a spostare verso la struttura pubbli

ca, in parti progressivamente crescenti, la domanda di assistenza

specialistica, con l'obiettivo di raggiungere una qualificazione di

versa della domanda reale dei cittadini, con conseguente riduzio

ne della spesa. Infatti, ferma restando l'entità della domanda reale

di assistenza, lo spostamento di parte delle prestazioni dal con

venzionamento esterno all'area pubblica non potrà che determi

nare un contenimento della spesa a carico dell'U.s.l. Condizione

necessaria per il raggiungimento delle finalità dell'istituto è, cosi, un ripensamento organizzativo degli orari di servizio e dei turni

in rapporto alla domanda reale che si intende soddisfare nelle

strutture pubbliche, in modo da rendere queste ultime disponibili e operative in un arco di ore giornaliere il più ampio possibile. Tale ripensamento, però, in relazione all'attività svolta dai medi

ci nell'ambito del predetto istituto, non snatura in alcun modo

il carattere libero-professionale della predetta attività. Queste se

zioni unite, con sentenza n. 6923 del 1986 (Foro it., Mass., 1191), hanno ritenuto — e il convincimento merita ampia adesione per la fondatezza delle ragioni esposte — che l'attività in comparteci

pazione di cui al n. 4.10 dell'accordo nazionale per il personale

ospedaliero del 24 giugno 1980, non sia altro che una specifica modalità di esercizio dell'attività libero professionale del medico

di cui all'art. 35 d.p.r. n. 761/79.

L'ultimo comma, orbene, dell'art. 59 1. n. 348/83, nel prevede re l'istituto di incentivazione della produttività, parla di una «ri

definizione dell'ex istituto della compartecipazione secondo le linee

organizzative che seguono». Tali linee, orbene, dirette a definire

le modalità operative per la realizzazione degli obiettivi perseguiti dal predetto istituto di incentivazione attraverso le aree di attua

zione e le relative prestazioni (art. 59, ultimo comma, 61, ultimo,

comma, 62), la valutazione economica della produttività aggiun tiva (art. 61) la indicazione del personale cui può essere richiesta

la prestazione (art. 63, lett. a e b, e art. 64), i criteri di ripartizio ne del fondo di incentivazione (art. 63) non toccano in alcun mo

do la sostanza dell'indicata natura dell'ex istituto delle

compartecipazioni, in quanto prevedono espressamente che l'atti

vità connessa con l'istituto di incentivazione va svolta in plus ora

rio, fuori del normale servizio di lavoro (art. 61 e 64) e che tutte

le prestazioni effettuate e riconosciute devono essere retribuite

con le modalità previste per il plus orario stesso (art. 64, 2°

comma). È agevole, allora, escludere che l'attività svolta dal sanitario

in regime di istituto di incentivazione sia inerente al rapporto su

bordinato di pubblico impiego, essendo, invece, essa attività, per

tempo e modalità di espletamento, attività libero-professionale

di un rapporto privatistico di natura autonoma, ancorché sogget

ta a diverse limitazioni, cosi' come già ritenuto da queste sezioni

unite per l'attività intra muraria e per l'attività in compartecipa

zione (sent. cit. n. 5465/79, id., Rep. 1980, voce Sanitario, n. 196).

Il che trova conferma nella considerazione che non è dato de

sumere dalle norme che disciplinano il predetto istituto in quali

specifici vincoli si sostanzierebbe la subordinazione, e che il plus

orario è previsto espressamente dal legislatore all'art. 35, 7° com

ma, lett. b, del citato d.p.r. n. 761/79 proprio in relazione all'at

II Foro Italiano — 1987.

tività libero-professionale, per la cui prestazione è norma che es

sa avvenga in orari diversi da quello ordinario. Né, infine, va

trascurata la ulteriore considerazione che la prestazione in plus

orario, prevista dal citato istituto, non è obbligatoria, dal mo

mento che il rifiuto ad eseguirla non determina alcuna conse

guenza in relazione al rapporto di pubblico impiego, ma soltanto

la non attribuzione delle quote inerenti il fondo comune (art. 64, ultimo comma).

Né diversa conclusione suggerisce il rilievo svolto dalla ricor

rente in ordine al rapporto previsto dalla legge tra la qualità di

prestazione valutabile come plus orario rispetto alla quantità di

prestazione fornita durante l'orario normale, in quanto tale rap

porto non investe in alcun modo l'autonoma natura della presta zione in plus orario, rappresentando, soltanto, uno dei mezzi diretti

a realizzare le finalità dell'istituto. Parimenti è a dirsi, poi, per

quanto riguarda la delibera della giunta regionale Abruzzi di ap

provazione dell'accordo quadro regionale concluso con i rappre sentanti delle organizzazioni sindacali, in quanto la norma

transitoria in essa contenuta, e invocata dalla ricorrente stessa, si limita soltanto a disciplinare il predetto istituto di incentivazio

ne per il periodo corrente tra il 1° luglio 1983 (data dalla quale esso avrebbe dovuto avere vigore ex d.p.r. n. 348/83) ed il 30

settembre 1984, prevedendo i criteri per il pagamento delle pre stazioni in plus orario correlato ai criteri per la quantificazione delle prestazioni stesse.

Deve essere, pertanto, dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, indubbio essendo, per le considerazioni innanzi svolte, che l'attività dedotta in giudizio nell'ambito dell'istituto di incen

tivazione alla produttività inerisce ad un rapporto privatistico di

natura autonoma.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 14 gen naio 1987, n. 193; Pres. Barba, Est. Caturani, P.M. Sgroi

V. (conci, parz. diff.); Pallante (Avv. Sandulli) c. Prefetto

di Caserta ed altri (Avv. dello Stato Ferri). Conferma Cons.

Stato, sez■ IV, 15 novembre 1977, n. 955.

Edilizia e urbanistica — Condono edilizio — Sospensione dei pro cessi in corso — Sindacato della Cassazione sulla sanabilità delle

opere — Ammissibilità — Limiti (L. 28 febbraio 1985 n. 47, norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia,

sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie, art. 43, 44). Edilizia e urbanistica — Condono edilizio — Costruzione in vio

lazione del vincolo autostradale — Sanabilità — Limiti (L. 24

luglio 1961 n. 729, piano di nuove costruzioni stradali ed auto

stradali, art. 9; 1. 6 agosto 1967 n. 765, modifiche ed integra zioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, art. 19; d.m. 1° aprile 1968, distanze minime a protezione del nastro

stradale da osservarsi nella edificazione fuori del perimetro dei

centri abitati, di cui all'art. 19 1. 6 agosto 1967 n. 765, art.

4; 1. 28 febbraio 1985 n. 47, art. 32). Edilizia e urbanistica — Condono edilizio — Provvedimento san

zionatorio inoppugnabile — Nozione (L. 28 febbraio 1985 n.

47, art. 43). Strade — Distanze delle costruzioni dai tracciati stradali ed auto

stradali — Costruzione in violazione — Ordine di demolizione

del prefetto — Impugnazione — Decisione del giudice ammini

strativo — Sindacabilità in Cassazione — Limiti (Cost., art.

Ill; cod. proc. civ., art. 362; r.d. 8 dicembre 1933 n. 1740, t.u. delle norme per la tutela delle strade e per la circolazione, art. 1, 20).

La Corte di cassazione, al pari di ogni altro giudice, quando sia

invocato l'effetto sospensivo della domanda di sanatoria delle

opere edilizie abusive sul processo in corso, ha il potere di veri

ficare se il giudizio che dovrebbe essere sospeso si riferisce o

meno ad opere che in astratto siano suscettibili di sanatoria,

senza, però, poter esplicare alcuna indagine di carattere tecnico

discrezionale. (1)

(1) La decisione confermata Cons. Stato, sez. IV, 15 novembre 1977, n. 955, è riassunta in Foro it., Rep. 1978, voce Edilizia e urbanistica, n. 337.

Sull'ambito di operatività dell'art. 44 1. n. 47/85, v., in giurisprudenza, Cons. Stato, sez. V, 20 dicembre 1985, n. 483, id., 1986, III, 374,

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