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sezioni unite civili; sentenza 4 gennaio 1995, n. 91; Pres. O. Fanelli, Est. R. Sgroi, P.M. Di Renzo...

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sezioni unite civili; sentenza 4 gennaio 1995, n. 91; Pres. O. Fanelli, Est. R. Sgroi, P.M. Di Renzo (concl. conf.); Soc. Galeria sviluppo e altri (Avv. Pallottino, Fazzalari) c. Soc. Lamaro appalti (Avv. Zanchini), Codacons (Avv. Lorizio, Rienzi) e Comune di Roma (Avv. Carnevale, Lorusso). Regolamento di giurisdizione Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 4 (APRILE 1995), pp. 1195/1196-1199/1200 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188734 . Accessed: 28/06/2014 10:59 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.237 on Sat, 28 Jun 2014 10:59:02 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 4 gennaio 1995, n. 91; Pres. O. Fanelli, Est. R. Sgroi, P.M. Di Renzo(concl. conf.); Soc. Galeria sviluppo e altri (Avv. Pallottino, Fazzalari) c. Soc. Lamaro appalti(Avv. Zanchini), Codacons (Avv. Lorizio, Rienzi) e Comune di Roma (Avv. Carnevale, Lorusso).Regolamento di giurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 4 (APRILE 1995), pp. 1195/1196-1199/1200Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188734 .

Accessed: 28/06/2014 10:59

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1195 PARTE PRIMA 1196

con una distinzione risalente può attribuirsi al ritardo la funzio

ne di fatto costitutivo, agli altri elementi quella di consentire,

quali presupposti, che esso produca l'effetto; o ancora, secondo

una distinzione più recente, al ritardo la funzione di determina

re, oltre l'effetto, il suo contenuto, agli altri elementi soltanto

quella di determinare l'effetto.

Non è necessario, peraltro, ripercorrere gli itinerari argomen tativi che hanno condotto ad operare queste ed altre distinzioni

nell'articolazione della fattispecie, per riconoscere che la fissa

zione della decorrenza dell'obbligo di corrispondere gli interessi

legali non significa, di per sé, altro che la separazione del tem

po ad essa anteriore, privo di un tale effetto, da qualsiasi inter

vallo successivo, atto invece, perdurando l'inadempimento, a

produrlo. Il ritardo successivo alla scadenza del termine per il provvedi

mento determina quindi, se successivo anche al 31 dicembre 1991,

l'obbligo per l'ente di corrispondere gli interessi legali in forza

della nuova legge (con conseguente detraibilità dall'importo, se

superiore, della rivalutazione monetaria) senza necessità di ri

proposizione della domanda eventualmente già presentata. La conclusione è in accordo con quella raggiunta dalla Corte

costituzionale (sul presupposto, poi abbandonato, della irretroat

tività della norma) nella sentenza, avente ad oggetto l'art. 429

c.p.c., 13/77.

Può aggiungersi che l'art. 16 non introduce in realtà una nuova

fattispecie: presuppone, infatti, con il riferimento alle somme

eventualmente spettanti a ristoro del maggior danno subito per la diminuzione del valore del credito, altre norme che a tale

danno ricolleghino l'obbligo di risarcimento. Si innesta quindi sulle norme precedenti limitandosi a precisare, quanto agli atti

costitutivi della fattispecie da essa prevista (modificata nei suoi

effetti), la decorrenza degli interessi legali (e la necessità della

domanda). Deve infine osservarsi, in relazione al principio costituzionale

di eguaglianza, che il termine di riferimento rappresentato dal

l'art. 429, 3° comma, c.p.c. è, con l'elevazione al 10% del tasso

legale di interesse, mutato: il risultato del cumulo di interessi

e rivalutazione sembra eccedere la funzione risarcitoria per ri

solversi, nella parte eccedente, in un effetto sanzionatorio, o

di dissuasione del datore di lavoro dal ricorso al ritardo nell'a

dempimento piuttosto che al credito bancario, non trasferibile

ai crediti previdenziali ed assistenziali. La censura esaminata deve essere, in conclusione, accolta li

mitatamente all'applicabilità della norma invocata agli effetti

del ritardo successivo al 31 dicembre 1991.

Per le svolte considerazioni il ricorso deve essere accolto per

quanto di ragione e, annullata la sentenza impugnata, la causa

deve essere rinviata per nuovo esame ad altro giudice, designato in dispositivo, il quale si atterrà al principio innanzi enunciato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 4 gen naio 1995, n. 91; Pres. O. Fanelli, Est. R. Sgroi, P.M. Di

Renzo (conci, conf.); Soc. Galeria sviluppo e altri (Aw. Pal

lottino, Fazzalari) c. Soc. Lamaro appalti (Aw. Zanchi

ni), Codacons (Avv. Lorizio, Rienzi) e Comune di Roma

(Aw. Carnevale, Lorusso). Regolamento di giurisdizione.

Edilizia e urbanistica — Convenzione urbanistica — Accordo

di programma — Sospensione — Impugnazione — Giurisdi zione amministrativa (L. 17 agosto 1942 n. 1150, legge urba

nistica, art. 28; 1. 8 giugno 1990 n. 142, ordinamento delle

autonomie locali, art. 27).

Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo l'impu gnativa dell'atto con cui il sindaco abbia ordinato la sospen sione del provvedimento di approvazione dell'accordo di pro

gramma con conseguente inibitoria di ogni attività ad esso

Il Foro Italiano — 1995.

correlata, in quanto il privato, pur titolare di una successiva

convenzione urbanistica, può vantare soltanto un interesse le

gittimo in ordine all'attuazione dell'accordo. (1)

Motivi della decisione. — Il ricorso, in punto di fatto, espone che fin dal 1962 il p.r.g. del comune di Roma ha individuato e sempre riconfermato nel sito di Ponte Galeria un vasto com

prensorio con destinazione M2 (servizi generali e locali, di pro

prietà privata), attualmente di proprietà delle società ricorrenti, e che la conferenza istituita dal sindaco ex art. 27 1. n. 142

del 1990 aveva approvato, all'unanimità dei rappresentanti di

tutte le amministrazioni interessate, il progetto di realizzazione di un intervento autoportuale e commerciale all'ingrosso, con

forme alla detta destinazione di zona e fruente del finanziamen

to pubblico ex art. 11 1. n. 41 del 1986; il conseguente «accordo

di proprietà» è stato approvato con ordinanza del sindaco del

27 settembre 1991.

(1) Tipico modulo consensuale di esercizio dell'attività amministrati

va, l'accordo di programma — verso il quale appare favorevolmente orientata la più recente produzione legislativa — appare strumento ido neo a conciliare le esigenze di efficienza e celerità dell'azione ammini strativa con quelle di ponderazione e contemperamento degli interessi di più soggetti pubblici a vario titolo competenti in ordine al medesimo intervento pubblico.

Nella previsione generale di cui all'art. 27 1. 142/90, l'accordo di

programma si caratterizza per il peculiare iter procedimentale, che pre vede la convocazione di una conferenza di servizi tra i rappresentanti delle diverse amministrazioni, il raggiungimento in tal sede di un accor do unanime, ed il recepimento dello stesso in atto formale dell'organo monocratico di volta in volta competente.

Nella sentenza in epigrafe, la Cassazione affronta per la prima volta il delicato problema della tutela giurisdizionale dei privati in vario mo do coinvolti nell'attuazione dell'accordo (nella specie, in quanto titolari delle aree incise dall'accordo e parti della successiva convenzione di

lottizzazione). La corte afferma che l'accordo intervenuto tra più am

ministrazioni, in quanto espressione di poteri pubblicistici, determina l'affievolimento dei diritti dei privati a meri interessi legittimi, con con

seguente devoluzione di ogni controversia, in materia di esecuzione o

sospensione dell'accordo, al giudice amministrativo. Sulla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di

convenzioni tra amministrazioni, di cui all'art. 15 1. n. 241 del 1990, v. Cass. 3 marzo 1994, n. 2084, Foro it., Mass., 165 e 9 luglio 1992, n. 8392, id., Rep. 1993, voce Atto amministrativo, n. 181, con nota di Parisio, Convenzioni tra enti pubblici e giurisdizione, in Dir. regio ne, 1993, 645, nonché, in dottrina, sul «rapporto da species a genus» che legherebbe gli accordi ex art. 27 1. n. 142 del 1990 alle convenzioni di cui all'art. 15 1. n. 241 del 1990, v. Ferrara, Gli accordi di program ma, Padova, 1993, 101, e, più in generale, A. Ferrari, La giurisdizio ne amministrativa esclusiva nell'ambito degli art. 11 e 15 l. 7 agosto 1990 n. 241 sul procedimento amministrativo, in Foro amm., 1993, 878.

Sulla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di convenzioni urbanistiche, v. Cass. 11 luglio 1994, n. 6527, Foro it., 1995, I, 864, con nota di richiami, nonché, per un caso affine a quello trattato dalla pronuncia in epigrafe, in cui però oggetto di sospensione è direttamente la convenzione urbanistica, Cass. 9 ottobre 1991, n. 10614, id., 1992, I, 3062, con nota di Benini.

Sulla competenza del sindaco alla stipulazione di accordi di program ma, in attuazione ed anche in variazione degli strumenti urbanistici, purché, in quest'ultimo caso, intervenga la ratifica del consiglio comu

nale, v. Tar Lombardia, sez. I, 2 aprile 1993, n. 260, id., Rep. 1993, voce Edilizia e urbanistica, n. 475; sulla necessaria previsione di tale

obbligo di ratifica in relazione a qualsiasi accordo di programma che

coinvolga gli enti locali, al fine di salvaguardare l'autonomia decisiona le degli stessi, v. Corte cost. 28 luglio 1993, n. 348, id., 1994, I, 2064.

Sulla legittimità della procedura dell'accordo di programma, anche

nell'ipotesi in cui, nell'inerzia degli enti locali competenti, l'iniziativa

per il raggiungimento dell'accordo sia promossa da un organo statale in via surrogatoria, v., in motivazione, Corte cost. 19 novembre 1992, n. 462, id., 1993, I, 2136.

In dottina, per una ricognizione delle più significative ipotesi di ac cordi di programma, nella legislazione antecedente la 1. n. 142 del 1990, v. Vandelli, Ordinamento delle autonomie locali, Rimini, 1991, 255 ss. e, ivi, riferimenti bibliografici, cui adde Cassese, Le intese e gli accordi di programma con gli enti pubblici e le pubbliche amministra zioni, in AA.W., L'ente Ferrovie dello Stato, le forniture, gli appalti, i contratti alla luce della normativa introdotta dalla l. 17 maggio 1985 n. 210, Rimini, 1986, 40 e, in relazione all'ipotesi di accordo prevista nella legge per gli interventi nel Mezzogiorno del 1986, Di Gaspare, L'accordo di programma: strutture, efficacia giuridica e problemi di

gestione, in Regioni, 1988, 278 ss. Sul problema affrontato dalla sentenza in epigrafe, ovvero la posizio

ne soggettiva dei privati in ordine all'esecuzione dell'accordo di pro

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Cedute gratuitamente le aree al comune per le opere di urba

nizzazione e stipulata la prescritta convenzione col comune, ex

art. 28 1. n. 1150 del 1942 e 14 delle norme transitorie di attua

zione al piano regolatore, le ricorrenti avevano dato avvio al

lavoro di realizzazione dell'intervento.

Il sindaco di Roma ha emesso e notificato un ordine di so

spensione dell'ordinanza approvativa dell'accordo di program ma e dunque di inibizione dei lavori; ordinanza impugnata per mero Umorismo dinanzi al Tar del Lazio, col ricorso già ricordato.

In linea di diritto, le ricorrenti espongono: «In linea generale e nel quadro della c.d. autotutela, mentre

appartiene ai poteri dell'amministrazione il potere di annullare

e di revocare propri atti (sempreché ne sussistano le condizioni

e lo richieda un pubblico interesse), non esiste un potere di so

spensione degli atti emessi, neanche in via cautelativa, come

prodromo di un annullamento d'ufficio o di una revoca.

Tanto meno, dunque, quando provvedimenti di autotutela non

sono stati neppure intrapresi. In ciò concordano la dottrina e la giurisprudenza: vedansi

da ultimo le sezioni unite della Corte suprema 4 ottobre 1990,

dal n. 9792 al n. 9797 (Foro it., Rep. 1991, voce Edilizia e

urbanistica, n. 501). Specificamente poi, e comunque, la carenza di potere è certa

quando il provvedimento c.d. cautelativo pretenda di incidere

nella sfera dei diritti soggettivi che sono nati da convenzione

urbanistica.

La tutela di tali diritti spetta pertanto al giudice ordinario

giusta l'art. 113, 1° comma, Cost, e gli art. 2 e 4 1. n. 2248,

ali. E, del 1865». Le società ricorrenti chiedono che le sezioni unite definiscano

la questione di giurisdizione, riguardo all'atto del sindaco del

16 febbraio 1994 ed a quelli conseguenti, riconoscendo che, per

effetto della totale carenza di potere del sindaco al riguardo,

la tutela dei ricorrenti, avverso quella sospensione e relativa

mente ai diritti lesi, appartiene alla giurisdizione del giudice or

dinario. Il ricorso non è fondato. Premessa l'ovvia considerazione che

il regolamento di giurisdizione riguarda esclusivamente il ricor

so n. 560 del 1994, pendente dinanzi al Tar del Lazio, si osserva

gramma, si sottolinea in dottrina la rilevanza dell'atto formale di ap

provazione dell'accordo, il quale, operando come novazione normativa

di una fonte negoziale, conferisce all'accordo, di per sé vincolante per le sole parti contraenti, efficacia giuridica nei confronti dei terzi estra

nei, in capo ai quali può sorgere un interesse legittimo all'attuazione

dell'accordo: v. Di Gaspare, cit., 295 s. Nel senso che tali privati non

sono in linea di massima legittimati ad impugnare ex se l'accordo, il

quale è il frutto di una procedura concertata tra pubbliche amministra

zioni, cui gli stessi non sono ammessi a partecipare, v. Ferrara, cit., 173.

Se rimane preclusa ai privati la fase di formazione dell'accordo, si

prospetta un possibile intervento del capitale privato in sede di attua

zione: v. Franchini, L'accordo di programma, uno strumento nuovo

di democrazia ed efficienza, in Rass. lav. pubbl., 1989, I, 257 e Baldi

ni, L'accordo di programma nella legislazione regionale, in Regioni,

1992, 1649. Ulteriore questione piuttosto dibattuta attiene alla natura dell'accor

do di programma: la qualificazione in termini contrattuali è avversata

da alcuni in considerazione della necessaria approvazione dell'accordo

con un atto unilaterale dell'organo competente: v. Ferrara, cit., 137, che si esprime in termini di «fattispecie procedimentali di matrice pub

blicistica»; Sticchi Damiani, Attività amministrativa consensuale e ac

cordi di programma, Milano, 1992, 111, che parla di «atto bilaterale

non negoziale»; Greco, Commento all'art. 27 della l. n. 142 del 1990, in AA.VV., Le autonomie locali, Milano, 1990, 395 s. Contra, nel sen

so della natura contrattuale, Caiapa, Le nuove frontiere dell'attività

amministrativa consensuale: gli accordi di programma, in Nuova rass.,

1993, 234; Quaranta, Gli accordi di programma nella I. 1° marzo 1986

n. 64 sul Mezzogiorno, in Cons. Stato, 1987, II, 291 ss.

Per un coordinamento tra l'art. 14 1. 241/90 e l'art. 15 1. 142/90,

in relazione al diverso ambito applicativo delle conferenze di servizi

ivi previste, v. Masi, Riflessioni sull'art. 81 d.p.r. 24 luglio 1977 n.

616, in Riv. giur. urbanistica, 1992, 581.

Per ulteriori riferimenti dottrinari, v. Manfredi, Modelli contrattuali

dell'azione amministrativa: gli accordi di programma, in Regioni, 1992,

349; Paolini, Associazionismo e accordo di programma, in Nuovi tempi delle autonomie locali-Giornate di studio sulla I. 8 giugno 1990 n. 142,

Rimini, 1990, 22 ss., e Mazzoncini, L. 8 giugno 1990 n. 142. Atti mono

cratici. Sono soggetti a controllo?, in Ammin. it., 1990, fase. 11, V-VI,

e da ultimo, Ferrara, Moduli e strumenti dell'amministrazione conven

zionale e concentrata nel governo locale, in Dir. amm., 1994, 373.

Il Foro Italiano — 1995.

che l'aspirazione dei ricorrenti in quella sede era quella di otte

nere, prima, la sospensione in via cautelativa e, poi, l'annulla

mento (per i motivi di illegittimità esposti nel ricorso) della so spensione dell'ordinanza che aveva approvato l'accordo di pro

gramma del 1991, in modo che fosse ripristinato la piena efficacia

di tale accordo.

E, pertanto, la posizione soggettiva a tutela della quale le

ricorrenti agiscono in giudizio è quella propria derivante dal

l'accordo di programma; non quella che a loro deriva dalla con

venzione urbanistica e dalla concessione edilizia, come si sostie

ne nella memoria.

Invero, la sospensione agisce mediatamente su questi ultimi

atti, ma per il tramite necessario della sospensione dell'accordo

di programma, per cui la misura dei poteri della pubblica am

ministrazione e delle posizioni soggettive tutelate dei privati in

teressati deve essere accertata dalla corte con riguardo all'atto

emanato ed alla sua configurazione principale. L'accordo di programma (art. 27 1. n. 142 del 1990; vedi an

che art. 3 1. 5 dicembre 1990 n. 396, su Roma capitale) consiste

nel consenso unanime delle amministrazioni interessate (4° com

ma) e cioè di comuni, province e regioni, amministrazioni stata

li ed altri soggetti pubblici (1° comma). In nessun caso ad esso partecipa il privato che può essere

coinvolto nella sua attuazione.

Gli effetti che possono conseguirne nei confronti dei privati, che vantano diritti soggettivi, in relazione alle aree interessate

dall'accordo di programma, sono evidenti: quei diritti (derivan ti dalla proprietà delle aree o da concessioni amministrative co

munque inerenti all'utilizzazione delle aree stesse, ed in via prin

cipale da concessioni edilizie), restano affievoliti perché l'accor

do di programma fra le amministrazioni si presenta come

espressione di poteri pubblicistici, nei loro confronti.

È, quindi, del tutto improprio il richiamo al 2° comma del

l'art. 27, che prevede la possibilità dell'arbitrato, esposto nella

discussione orale, allo scopo di inferirne che la legge è struttu

rata in modo che dall'accordo nascono diritti soggettivi. L'arbitrato riguarda, invero, i soggetti partecipanti e cioè gli

enti pubblici, e non i controinteressati privati. Parimenti irrilevanti sono le repliche alle conclusioni del p.m.,

perché il collegio parte dal presupposto che l'accordo de quo

sia legittimo e non comporti variazione del p.r.g., ma soltanto

concreta attuazione dello stesso (ogni questione, in proposito,

invero, deve essere decisa dal giudice competente, in sede di

merito, e non in sede di regolamento di giurisdizione, mentre

attualmente l'accordo si presenta come atto legittimo).

Ritornando, pertanto, alla posizione soggettiva delle società,

essa è soltanto quella che deriva dall'accordo di programma,

essendo le società interessate al suo mantenimento ed alla sua

attuazione.

A tal riguardo, è evidente che non può trattarsi di una posi

zione di diritto soggettivo, perché ciò equivarrebbe a sostenere

che quei privati hanno il diritto soggettivo pieno a vedere attua

to l'accordo, nei termini inderogabili in cui è stato stipulato,

in guisa che le amministrazioni che l'hanno stipulato non pos sano mai più modificarlo.

Siffatta pretesa non è prospettabile, in difetto di un coinvol

gimento (nello strumento convenzionale dell'esercizio del potere

di pianificazione territoriale) dei soggetti privati, che dai diritti

soggettivi nati dalla loro posizione di proprietari e/o concessio

nari possono trarre solo la qualificazione in termini di interesse

(giudizialmente tutelabile dinanzi al giudice amministrativo de

gli interessi legittimi) delle pretese ed aspettative lese dall'eserci

zio del potere di pianificazione territoriale, potere che resta sem

pre in capo alla pubblica amministrazione.

A questa situazione anteriore all'atto di sospensione bisogna

aver riguardo. La sospensione incide solo su un aspetto dell'efficacia dell'at

to sospeso (e cioè soltanto sulla sua esecutività) e le modifica

zioni già introdotte a carico dei controinteressati restano ferme,

cosi come restano ferme quelle a loro favore.

Si indica, per un esempio del primo tipo, la sospensione della

dichiarazione di pubblica utilità che ha affievolito il diritto del

proprietario dell'area incisa da quella dichiarazione: resta l'af

fievolimento del diritto, in quanto la sospensione incide soltan

to sulla possibilità, per l'espropriante, di dare impulso al proce

dimento espropriativo. Per un esempio del secondo tipo: la sospensione della conces

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1199 PARTE PRIMA 1200

sione edilizia non elimina l'effetto già prodotto dalla stessa (il diritto di edificare), ma impedisce soltanto il suo esercizio.

Nella specie, la sospensione si inquadra nel primo tipo, per ché non è stata sospesa la convenzione edilizia (di carattere con

cessorio), ma l'accordo di programma; anche ammesso che la

sospensione sia illegittima, ciò non importa affatto che riprenda

vigore la posizione di pieno diritto soggettivo del proprietario delle aree, anteriore al provvedimento sospeso, la cui imperati vità ha prodotto un affievolimento, che resta in atto.

Ciò è tanto vero, che le società interessate non pretendono di far leva sulla loro situazione anteriore all'accordo di pro

gramma, ma proprio sull'accordo medesimo, la cui sospensione è contestata.

Sotto tale aspetto, pertanto, le società, nei confronti della

pubblica amministrazione sono e restano titolari soltanto di un

interesse tutelabile, a che il potere di sospensione sia esercitato

in modo legittimo.

Quanto all'insieme di diritti derivanti dalla convenzione con

cessoria, essi, per giurisprudenza costante, sono soggetti alla pos sibilità di un loro affievolimento, perché la pubblica ammini

strazione conserva il potere di modificare o revocare gli stru

menti urbanistici, in attuazione dei quali quella concessione e

quelle convenzioni sono state poste in essere.

L'atto che incide soltanto sulla convenzione è soggetto alle

regole proprie della sua natura convenzionale, per cui la con

venzione non può essere sospesa (Cass., sez. un. 4 ottobre 1990, n. 9792, cit.), ma l'atto che incide nell'accordo di programma

può essere esaminato sotto il profilo convenzionale soltanto da

gli enti pubblici che l'hanno stipulato. Gli altri interessati, nei suoi confronti, non possono vantare

una posizione più tutelata di quella che hanno nei confronti

dell'accordo stesso.

Poiché questa è una posizione di interesse legittimo, tutte le

questioni inerenti all'esercizio ed allo stesso potere di sospensio ne sono necessariamente devolute al giudice degli interessi le

gittimi. Il riflesso della sospensione sulla convenzione (che di fatto

resta sospesa) vale soltanto come condizione di interesse a con

testare la legittimità della sospensione stessa, in quanto il titola

re della convenzione è munito di una posizione differenziata

rispetto al quivis de populo, ma non può comportare, in capo allo stesso, una situazione di assoluta affrancazione dal potere di pianificazione territoriale della pubblica amministrazione, quale è quella che sorgerebbe dalla postulazione di una assoluta ca

renza del potere di sospendere, prospettata dalle ricorrenti.

Ciò, infatti, si convertirebbe nella affermazione di un diritto

soggettivo all'immutabilità dell'accordo di programma, diritto

che non nasce da alcuna norma o da alcuna convenzione.

E, pertanto, l'indagine sul punto se il sindaco aveva il potere di sospendere resta affidato, nei confronti del privato, al giudi ce amministrativo; diventa, cioè, una questione di merito, che

non può essere decisa in questa sede, perché anche la sua deci

sione in senso negativo non è affatto influenzata da quella che, ai fini della giurisdizione (in difetto di una norma espressa, quale per esempio l'art. 11,5° comma, 1. 7 agosto 1990 n. 241, inap

plicabile agli accordi di programma ai sensi dell'art. 13, 1° com

ma) è l'unica indagine da compiere: l'esistenza in capo ai ricor

renti di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo, nei

confronti dell'atto impugnato.

Il Foro Italiano — 1995.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 10 dicem

bre 1994, n. 10564; Pres. Cantillo, Est. Vitrone, P.M. Lu

pi (conci, conf.); Min. finanze c. Soc. Esecutori pie opere testamentarie. Cassa Comm. trib. centrale 7 settembre 1989, n. 5411.

Tributi locali — In vim decennale — Immobili appartenenti ad

enti non commerciali — Locazione — Esenzione dall'imposta — Esclusione (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643, istituzione del

l'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, art. 25).

L'esenzione totale dall'Invim decennale in relazione agli incre

menti di valore di immobili appartenenti ad enti non com

merciali e destinati all'esercizio delle attività istituzionali di cui all'art. 25, 2° comma, lett. c), d.p.r. 26 ottobre 1972 n.

643, non opera allorquando l'immobile sia concesso in loca

zione a terzi, ancorché le rendite di esso vengano destinate

al perseguimento dei fini istituzionali dell'ente proprietario. (1)

Svolgimento del processo. — In data 29 luglio 1976 la società

Esecutori di pie disposizioni testamentarie di Siena, nel presen tare la denuncia ai fini dell'Invim decennale per i beni agricoli siti in Poggio Gambocci di Montalcino, ricevuti in donazione

da Santini Guido perché fossero destinati a scopi di beneficenza

e assistenza, sosteneva che l'imposta non era dovuta o, se dovu

ta, che era soggetta a pagamento in misura ridotta, ai sensi

dell'art. 25, lett. a), e b), d.p.r. n. 643 del 1972 e successive

modifiche. Poiché l'ufficio riteneva che l'imposta fosse dovuta, sia pure

in misura ridotta ai sensi della lett. a) dell'art. 25 citato, e noti

ficava l'ingiunzione di pagamento, la società ricorreva alla Com

missione tributaria di primo grado di Siena, la quale, con deci

sione del 23 giugno-8 ottobre 1981, accoglieva il ricorso in base

alla considerazione che la ricorrente, in quanto opera pia, per

seguiva i suoi scopi istituzionali sia quando destinava un immo

bile al diretto soddisfacimento di tali sue finalità, sia quando

erogava in beneficenza e assistenza le rendite dei beni che gli erano stati lasciati da privati benefattori perché venissero desti

nati a tali fini, poiché in tal caso l'attività di gestione dei beni

non aveva scopo di lucro, ma costituiva unicamente Io strumen

to attraverso il quale venivano perseguiti gli scopi istituzionali.

La decisione veniva impugnata dall'ufficio, la commissione

tributaria di secondo grado, con decisione del 14 giugno-30 agosto

1984, respingeva l'appello. Su ricorso dell'ufficio, la Commissione tributaria centrale, con

decisione del 6 luglio-7 settembre 1989, confermava la decisione

di merito. Premesso che la società Esecutori di pie disposizioni

(1) Nella giurisprudenza della Suprema corte, v., negli stessi termini, la sentenza (resa inter partes) 23 novembre 1994, n. 9903, Foro it., Mass. 947; sempre in senso conforme, v. Cass. 26 marzo 1992, n. 3721, id., Rep. 1992, voce Tributi locali, n. 94; 20 settembre 1991, n. 9842, ibid., n. 95; 20 settembre 1991, nn. 9843, inedita; 20 settembre 1991, n. 9846, id., Rep. 1993, voce cit., n. 87; 2 agosto 1990, n. 7759, id., 1991, I, 507, con nota di richiami, cui adde, Cass. 2 luglio 1990, n.

6767, id., Rep. 1991, voce cit., n. 95.

Maggiore benevolenza fu invece riservata agli immobili ceduti in lo cazione dal Sovrano militare ordine di Malta da Cass. 5 novembre 1991, n. 11788, id., 1991, I, 3335, con nota di richiami.

Per la giurisprudenza tributaria, in termini analoghi, v. Comm. trib. centrale 2 aprile 1992, n. 2412, id., Rep. 1992, voce cit., n. 96; 28 febbraio 1990, n. 1630, id., Rep. 1990, voce cit., n. 88; nel senso che non spetta l'esenzione totale di cui all'art. 25, 2° comma, lett. c), d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643 (bensì quella parziale di cui all'art. 25, 5° com ma, lett. a) all'ente ospedaliero proprietario di boschi ove non viene svolta attività sanitaria, cfr. Comm. trib. centrale 20 aprile 1993, n.

1626, id., Rep. 1993, voce cit., n. 89. Nel senso della manifesta infondatezza della questione di legittimità

costituzionale, sollevata in riferimento agli 3 e 53 Cost., dell'art. 25, 2° comma, lett. e), d.p.r. 643/72, nella parte in cui concede agevolazio ni di diversa portata a seconda del modo, diretto o indiretto, in cui

gli immobili vengono utilizzati, cfr. Cass. 26 marzo 1992, n. 3721, e 2 agosto 1990, n. 7759, cit. supra.

Sull'ambito operativo dell'esenzione di cui all'art. 25, 2° comma, lett.

c), d.p.r. 643/72, v. Comm. trib. I grado Venezia 17 settembre 1994, in questo fascicolo, III, 211, sull'ambito dell'esenzione di cui all'art.

25, 2° comma, lett. d), d.p.r. 643/72, cfr. Cass. 6 dicembre 1994, n.

10459, Foro it., 1995, I, 121.

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