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Sezioni unite civili; sentenza 6 giugno 1960, n. 1445; Pres. Chieppa P., Est. Flore, P. M. Pomodoro...

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Sezioni unite civili; sentenza 6 giugno 1960, n. 1445; Pres. Chieppa P., Est. Flore, P. M. Pomodoro (concl. conf.); Opera valorizzazione della Sila (Avv. Nicolò) c. Corrado (Avv. Tassoni, Schirò), Melissa (Avv. Sgrò) Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 6 (1960), pp. 915/916-919/920 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175063 . Accessed: 24/06/2014 22:34 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.47 on Tue, 24 Jun 2014 22:34:42 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite civili; sentenza 6 giugno 1960, n. 1445; Pres. Chieppa P., Est. Flore, P. M.Pomodoro (concl. conf.); Opera valorizzazione della Sila (Avv. Nicolò) c. Corrado (Avv. Tassoni,Schirò), Melissa (Avv. Sgrò)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 6 (1960), pp. 915/916-919/920Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175063 .

Accessed: 24/06/2014 22:34

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915 PARTE PRIMA 916

di comparizione delle parti, a nulla rilevando che il ri

corso ed il decreto del giudice siano notificati allo altre

parti successivamente alla scadenza del termine predetto. E poiché, nella specie in esame, la Corte di appello di

Catanzaro, pur avendo accertato in punto di fatto che il

ricorso al giudice per la riassunzione del processo era stato

presentato dall'odierno ricorrente nel termine dei sei mesi,

prescritto dall'art. 305, ha invece dichiarato estinto il pro cesso solo perchè il ricorso ed il relativo decreto del giudice orano stati notificati alla controparte Godano nel giorno successivo alla scadenza del termine predetto, la sentenza

impugnata va cassata e la causa Va rinviata ad altra corte

per il riesame di merito.

Per questi motivi, cassa ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezioni unite civili ; sentenza 6 giugno I960, n. 1445 ;

Pres. Chiefpa P., Est. Flore, P. M. Pomodoro (conci,

conf.) ; Opera valorizzazione della Sila (Avv. Nicolò)

c. Corrado (Avv. Tassoni, Schirò), Melissa (Avv.

Sgrò).

(Conferma App. Catanzaro 14 aprile 1958)

Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici — Enti pubblici diversi dallo Stato — Facoltà di

avvalersi del patrocinio dell'Av„vocatura dello Stato — Patrocinio di liberi professionisti in corso di

causa — Possibilità — Sussistenza (R. d. 30 ottobre

1933 n. 1611, t.u. sulla rappresentanza e difesa in giudi zio dello Stato, art. 5, 43).

Agricoltura —- Riforma agraria — Legge Sila —

Ordine di occupazione immediata dei fondi espro

priati in parte affittati — Maneata direzione

dell'ordine agli affittuari — Questione di legit timità costituzionale — Insussistenza (L. 12 maggio 1950 n. 230, provvedimenti per la colonizzazione dello

Altopiano della Sila e dei territori jonici contermini, art.

6 ; 1. 25 luglio 1950 n. 525, disposizioni transitorie per la applicazione della 1. 12 maggio 1950 n. 230, art. un.).

Agricoltura — Riforma agraria —- Legge Sila — Or

dine di occupazione immediata dei fondi espro

priati —■ Efficacia nei confronti degli affittuari —

Presupposto (L. 12 maggio 1950 n. 230, art. 6 ; 1. 25

luglio 1950 n. 525, art. un.).

Agricoltura — Riforma agraria — Legge Sila —

Locazione di terreni espropriati — Disdetta —

Mancata espropriazione — Inefficacia (L. 12 maggio 1950 n. 230, art. 6 ; 1. 25 luglio 1950 n. 525, art. un.).

Gli enti pubblici diversi dallo Stato, che si siano avvalsi

della facoltà di farsi rappresentare ed assistere in giudizio dall'Avvocatura dello Stato, possono nel corso di esso

mutare detta assistenza e difesa avvalendosi del patrocinio di liberi professionisti. (1)

No il è ipotizzabile una questione di legittimità costituzionale

se il provvedimento delegato non è in contrasto con la legge

delegante, ma la violazione dei diritti che la legge delegante assicura ad un determinato soggetto viene prospettata come

una conseguenza riflessa, di mero fatto, di un provvedimento che ha per destinatario un soggetto diverso (nella specie,

(1) Questione nuova a quanto ci consta. Sull'applicabilità delle disposizioni concernenti la notificazione degli atti all'Avvo catura dello Stato, pur nel caso in cui questa abbia assunto facol tativamente il patrocinio degli enti pubblici non statali o di enti

sovvenzionati, sottoposti alla tutela od anche alla sola vigilanza dello Stato : v. Cass. 20 luglio 1957, n. 3089, Foro it., Rep. 1957, voce Amministrazione dello Stato, n. 150 ; e 27 aprile 1957, n.

1433, ibid., n. 149. Per qualche riferimento sul contenuto specifico della mas

sima, vedi Commiss, concess. terre incolte Roma 11 novembre

1948, id., 1949, I, 1171.

l'ordine di immediata occupazione era stato diretto al solo

proprietario e non pure all'affittuario del fondo espropriato ai sensi della legge Sila). (2)

L'occupazione immediata dei fondi espropriati in favore del

l'Opera valorizzazione Sila, disposta nel decreto di espro priazione, non ha effetto nei confronti dell'affittuario dei

fondi medesimi prima che il rapporto locativo sia ri

solto previa disdetta nel termine e con le modalità pre viste nella legge delegante. (3)

La disposizione dell'art. 1 della legge 25 luglio 1950 n. 525, secondo cui l'efficacia della disdetta data dall'Opera per la valorizzazione della Sila a conduttori che non siano

coltivatori diretti, cessa qualora i terreni compresi in

piani di espropriazione già pubblicati non vengano espro

priati, è da intendersi nel senso che, perchè la disdetta

conservi la sua efficacia, la espropriazione deve necessa

riamente avvenire prima della scadenza dell'annata agra ria, per la quale la disdetta stessa venne intimata. (4)

La Corte, eco. — Fatto. — Il fondo « Caffarello » o

« Serra della Rocca » in agro di Cutro, di proprietà di Pa

squale, Giuseppe e Roberto Giliberto, era, in parte, dato

in affitto ai fratelli Benedetto e Francesco Corrado. Con

decreto pres. 16 settembre 1951 n. 1004, fu disposta, a norma

della legge 12 maggio 1950 n. 230, art. 5, l'espropriazione, in favore dell'Opera valorizzazione Sila, del fondo suddetto, del quale venne anche autorizzata l'immediata occupazione, che ebbe luogo il 15 ottobre 1951, mediante estromissione

anche dei Corrado, ai quali l'Ente aveva fatto notificare la

disdetta, prescritta dall'art. 6 legge n. 230 e dall'art, unico

legge 25 luglio 1950 n. 525.

Con citazione 1° ottobre 1956 Benedetto Corrado, convenendo l'Opera valorizzazione Sila innanzi al Tribunale

di Cosenza, affermava che, essendo il decreto di espropria zione intervenuto dopo la fine dell'annata agraria 1950-51

(e cioè dopo il 31 agosto 1951), la, disdetta data dall'Opera aveva perduto la sua efficacia a norma del capov. dell'art, unico legge n. 525 e che, di conseguenza l'affitto

sarebbe dovuto perdurare fino alla scadenza dell'annata

agraria successiva, cioè al 31 agosto 1952. Chiedeva pertanto la condanna dell'Ente al risarcimento dei danni conseguenti alla illegittima anticipata occupazione del terreno. Con

comparsa dell'11 novembre 1956 intervennero in causa

Teresa Melissa e Gaetano, Gina, Elena, Raffaele, Michele, Arturo e Rita Corrado, tutti aventi causa da Francesco

Corrado, per sentir condannare l'Ente anche nei loro

confronti.

Con sentenza 3-24 luglio 1957 il Tribunale di Cosenza

ritenne valido l'intervento della Melissa e degli altri Corrado

e accolse la domanda, dichiarando l'Opera tenuta al risarci

mento dei danni da liquidarsi in separata sede.

Contro questa sentenza, notificatale l'8 agosto 1957,

l'Opera propose appello con atto notificato il 20 dello stesso

mese, deducendo le ragioni dedotte in prima istanza e

chiedendo la totale riforma della sentenza gravata. La Corte

di appello di Catanzaro, con la sentenza 4 marzo-14 aprile 1958, che è stata impugnata con il presente ricorso, respinta un'istanza dell'appellante di rimessione alla Corte costitu

zionale della decisione in ordine alla quistione di illegit timità della estromissione degli affittuari dal fondo, rigettò

l'appello e confermò la sentenza del Tribunale.

Contro questa sentenza l'Opera valorizzazione Sila ha

proposto tempestivo ricorso per cassazione, deducendo

tre mezzi di annullamento, illustrati con memoria. Resi

stono mediante controricorso e memoria, Benedetto Cor

rado e Raffaele Corrado ; e la Melissa.

Diritto. -— I resistenti eccepiscono che il ricorso è

(2-4) La sentenza App. Catanzaro 14 aprile 1958 (ora con

fermata) è riassunta nel nostro Rep. 1958, voce Agricoltura, nn. 83-85.

Vedi anche App. Catanzaro 31 marzo 1953, id., Rep. 1953, voce Contratti agrari, nn. 556, 557 ; App. Roma 23 maggio 1957, id., Rep. 1957, voce Agricoltura, nn. 122, 123.

In dottrina, cfr. Favara, La riforma agraria e il regime delle locazioni agrarie, in Giur. it., 1953, I, 2, 990.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

inammissibile perchè, una Volta assunta dall'Avvocatura

dello Stato la rappresentanza e la difesa di Amministra

zioni pubbliche non statali, a norma del r. decreto n. 1611

del 1933, dovrebbero necessariamente essere applicate per tutto il corso del giudizio le disposizioni sulla rappresen tanza e difesa delle Amministrazioni dello Stato da parte della Avvocatura. Fra queste disposizioni è l'art. 5 del r. decreto citato, secondo il quale nessuna Amministrazione

statale può richiedere l'assistenza di avvocati del libero

foro, se non per eccezionali motivi e in seguito a parere della

Avvocatura dello Stato. Non avendo (questo è lo sviluppo

dell'argomento) dimostrato l'Opera ricorrente che vi siano

state le autorizzazioni del caso, essa non avrebbe avuto il

potere di rivolgersi all'avv. Nicolò, e questi (si deve conclu

dere) sarebbe privo dello ius postulimeli per l'Ente.

L'eccezione è infondata. In realtà i resistenti credono

di desumere le ragioni della detta censura dalla giurispru denza di questa Corte suprema, secondo la quale le norme

sulle notificazioni e sul foro erariale contenute nel r. decreto

menzionato, devono essere osservate anche nelle cause

nelle quali Amministrazioni ed Enti non statali si valgono dell'assistenza in giudizio dell'Avvocatura dello Stato.

Senonchè, pur prescindendo dalla considerazione che le

massime anzidette riguardano i riflessi relativi alla compe tenza e al modo delle notificazioni, sicché resta fuori dalla

portata delle massime il rapporto di rappresentanza e

difesa nella sua essenza, il principio non può estendersi

oltre la situazione che gli sta a base : cioè il perdurare del

l'assistenza e della difesa da parte dell'Avvocatura dello

Stato. Nè si può seriamente contestare la libertà agli Enti

diversi dallo Stato di mutare, in corso di causa, i loro rap

presentanti e di ricorrere a liberi professionisti. Infatti ad

essi è riconosciuta la facoltà (art. 43), non è già imposto

l'obbligo di servirsi dell'Avvocatura dello Stato ; mentre

di questa le Amministrazioni dello Stato sono obbligate a servirsi. Donde l'art. 5 in esame, ovviamente, non può riferirsi che alle Amministrazioni statali.

Con il primo mezzo si è denunciato difetto di giurisdi zione e violazione degli art. 134 Cost, e 23 legge 11 marzo

1953 n. 87, in relazione all'art. 77 Cost. Il decreto di

espropriazione, atto di legislazione delegata, conteneva

l'ordine d'immediata occupazione dei terreni in questione. Poiché i resistenti assumevano che la occupazione antici

pata del fondo, nei loro confronti, violava l'art. 6 legge n.

230 e l'art. 1 legge n. 525 del 1950, che tutelavano il loro

diritto di affittuari a continuare nel rapporto fino alla sca

denza dell'annata agraria successiva, la lite involgerebbe evidentemente una questione di illegittimità del provvedi mento legislativo disponente l'immediata occupazione ; onde la necessità di rimessione della causa, per la decisione

del relativo incidente, alla Corte costituzionale.

La tesi della ricorrente sarebbe fondata, qualora il

decreto di espropriazione avesse disposto l'occupazione immediata nei confronti anche degli affittuari ; tale espressa

statuizione, infatti, avrebbe lasciato la posizione di questi fuori della disciplina legale, attuata con, gli art. 6 legge n. 230 e 1 legge n. 525 del 1950. Invece il provvedimento non conteneva nessuna disposizione contro gli affittuari ; e pertanto a questi erano da applicare le norme delle leggi che li concernevano direttamente. L'occupazione imme

diata non veniva a concretare atto di esecuzione di un

provvedimento delegato che li riguardasse, ma un fatto

in contrasto con la legge delegante. La ricorrente sostiene che l'occupazione immediata del

fondo non può non dirigersi contro qualsiasi persona, che ne

abbia il possesso o la detenzione, essendo incompatibile con

la continuazione di un qualsiasi rapporto giuridico che ne

sottragga l'intera disponibilità dalle mani dell'espropriante, dati i fini di interesse pubblico ai quali sono coordinati i

relativi poteri. Ma il sistema della legge non consente questa interpreta

zione. Prescindendo da ciò che, quando i fondi sono in parte

affittati, in parte coltivati direttamente dai proprietari,

l'occupazione immediata potrebbe spiegare la sua intera

efficacia su questa parte dei beni, è da considerare che la

legge, in particolare l'art, unico legge n. 525, prevede la necessità della disdetta, anche se nel termine ridotto di un

mese, in vista della espropriazione, o pone sullo stesso

piano di questa (ai fini di determinare la risoluzione del

l'affitto) perfino la occupazione di urgenza. Se, dunque, l'occupazione d'urgenza non ha effetto nei confronti del

l'affittuario prima che il rapporto sia risolto previa disdetta, vuol dire che, fermo il potere del Governo di disporre, con

atti aventi forza di legge nei confronti dei proprietari,

espropriazione ed occupazione di urgenza ; la fattispecie della risoluzione dell'affitto è disciplinata direttamente dalla

legge delegante. Né, chi ben guardi, ciò può apparire con

traddittorio, perchè la occupazione d'urgenza, se anticipa in

parte gli effetti dell'espropriazione, non può certo a vere una

portata maggiore di questa : ora l'espropriazione, pur trasfe

rendo i beni dai proprietari all'Ente, non risolve immedia

tamente i contratti di affitto in genere e non risolve affatto

quelli stipulati con coltivatori diretti (art. 6 legge n. 230

del 1950). A fortiori non può trarsi conseguenza diversa

per i casi nei quali è intervenuto decreto di espropriazione e si è disposta l'occupazione immediata ; qui si è puramente nell'ambito degli art. 6 e 1 citati. L'occupazione immediata

varrà a predisporre, compatibilmente con il permanere del rapporto con l'affittuario, il lavoro di assegnazioni

per il tempo nel quale l'affitto sarà scaduto. Con il secondo mezzo si denuncia la violazione dell'art. 6

legge n. 230 del 1950 e dell'art, unico legge n. 525 dello

stesso anno : la sentenza avrebbe ritenuto, che l'annata

agraria alla scadenza della quale, la risoluzione, previa di

sdetta nei tre mesi precedenti la scadenza stessa debba avere

effetto, sia quella in corso alla data del decreto di espropria zione (art. 6) ; e che la norma della legge n. 525 comporte rebbe che la disdetta, tempestivamente data, perda effi

cacia, se r espropriazione (l'occupazione d'urgenza) non

avvenga durante il termine di disdetta, cioè prima della

scadenza dell'annata agraria, per la quale la disdetta era

stata data. La ricorrente assume che i lavori preparatori della legge n. 525 e il dibattito svolto in Parlamento por terebbero a concludere che per « annata in corso » debba

intendersi quella in corso al momento della entrata in vigore della legge. In particolare si dice che, prestandosi la lette

rale dizione dell'art. 6 citato (« I contratti di locazione dei

terreni espropriati. . . sono sciolti di pieno diritto allo

scadere dell'annata in corso ») ad un'interpretazione, se

condo la quale presupposto della risoluzione sarebbe stata, oltre la disdetta, l'avvenuta espropriazione dei fondi, in

Parlamento l'on. Miceli, relatore di minoranza, aveva

espresso la preoccupazione che, perla complessità del pro cedimento di espropriazione e per la lunghezza dei termini

da osservare, la norma dell'art. 6 rendeva quasi impossi bile il conseguimento nel corso dell'anno degli scopi della

legge. Pertanto, lo stesso Miceli aveva proposto di sosti

tuire il 1° comma dell'art. 6 con il testo seguente : « I con

tratti di locazione dei terreni soggetti ad esproprio,

compresi nei piani compilati dall'Opera, dopo l'avvenuto

deposito dei piani stessi nell'ufficio dei comuni interessati

e la pubblicazione nel Foglio annunzi legali della provincia, a norma del precedente art. 4, sono sciolti di primo diritto allo scadere dell'annata agraria in corso, purché l'Opera ne dia la disdetta al conduttore almeno un mese prima della

scadenza. Sono esclusi da tale anticipata risoluzione i con

tratti stipulati con coltivatori diretti ». In conclusione, con il

motivo si sostiene che dai lavori preparatori risulterebbe

che intenzione dei compilatori della legge era che gli affit

tuari lasciassero i fondi, normalmente, alla fine dell'annata

(agosto) 1950 e solo in linea di eccezione alla fine dello

agosto 1951 : ma in nessun caso alla fine dell'agosto 1952.

Ora, se la norma proposta dall'on. Miceli fosse stata

approvata dal Parlamento nel testo anzidetto, il mezzo

sarebbe stato certamente fondato. Ma ciò non è avvenuto.

Giova richiamarsi al contenuto dell'art. 6 legge n. 230

del 1950 e dell'art, unico legge n. 525. Dispone il primo :

« I contratti di locazione dei terreni espropriati, esclusi

quelli stipulati con coltivatori diretti, sono sciòlti di pieno diritto allo scadere dell'annata in corso, purché l'Opera

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910 PARTE PRIMA 020

no dia la disdetta al conduttore almeno tre mesi prima della scadenza. Se la disdetta non è data entro tale termine, essa ha effetto con la scadenza dell'anno successivo ».

E il secondo recita : « nel primo anno di applicazione della legge 12 maggio 1950 n. 230, il termine di tre mesi pre visto dall'art. 6 della detta legge è ridotto a trenta giorni, e le disdette possono essere date, relativamente ai terreni,

compresi in piani regolatori di espropriazione già pubbli

cati, anche se il provvedimento di espropriazione o di occu

pazione temporanea non è stato ancora emanato. L'effi

cacia della disdetta cessa qualora i terreni non vengano

espropriati ».

Come si vede, le due norme differiscono nel senso che la

pi'ima presuppone l'avvenuta espropriazione ; la seconda

la semplice inclusione dei beni nei piani di espropriazione

già pubblicati. La prima pone un termine di disdetta non

inferiore a tre mesi, mentre la seconda lo stabilisce non infe

riore a un mese. La seconda, inoltre, differisce dall'emenda

mento Miceli, sia perchè prevede una durata limitata al

primo anno di applicazione della legge, sia perchè aggiunge la previsione della perdita di efficacia della disdetta, se

l'espropriazione non avviene.

È appunto questa disposizione che non consente l'ac

coglimento del mezzo, L'efficacia della disdetta consiste,

infatti, proprio nel porre un termine o un termine più breve

di quello contrattuale o legale a un rapporto di durata, per modo che questo, al termine posto dalla disdetta si estingua ; una volta estinto il rapporto, la disdetta non solo ha spie

gato la sua efficacia, ma non può più perderla, altrimenti

invece di una continuazione del rapporto sul quale essa incise, se ne avrebbe la ricostituzione. Pertanto una condizione

risolutiva apposta alla disdetta non può operare, cioè

avverarsi, se non prima dello spirare del termine. Se la

legge dispone la perdita di efficacia della disdetta, nel caso

che la espropriazione non avvenga, si deve necessaria

mente ritenere che la espropriazione debba avvenire prima della scadenza, perchè la disdetta conservi efficacia.

Dire, come ha assunto sottilmente nella discussione

orale il patrocinio della ricorrente, che la condizione sud

detta opera risolutivamente sull'effetto della disdetta, cioè

sulla risoluzione, sembra, ad avviso di questa Corte su

prema, andare contro logica. La risoluzione della risoluzione

del contratto (in questo si concreta la tesi), infatti, postula

appunto, come si è detto, l'avverata efficacia della disdetta ;

mentre, secondo logica, l'inefficacia della disdetta im

pedisce la estinzione del rapporto. Da ultimo, le due norme regolanti la materia (art. 6

legge n. 230 ; art. unico legge n. 525) sono formulate in

modo da far escludere che in esse si sia tradotta un'inten

zione dei compilatori di non consentire il protrarsi delle

scadenze oltre il 31 agosto 1951. La seconda legge aveva

applicazione soltanto per il primo anno ; la risoluzione degli affitti non a coltivatore diretto conseguiva alla fattispecie

complessa della inclusione nei piani di espropriazione e

della disdetta, ed era sottoposta alla condizione dell'avvera

mento nel termine di disdetta dell'espropriazione. Se la

condizione non si fosse verificata, avrebbe spiegato il suo

impero l'art. 6 legge n. 230 del 1950, 2° comma, che fis

sava come termine massimo non una data fissa (31 ago sto 1951) come vuole la ricorrente, ma la scadenza del

l'annata successiva, determinata in funzione della prima,

purché, s'intende, si fosse verificata (come nella specie è

avvenuto), nel corso dell'annata successiva, l'espropria zione.

Nè, infine, vale obiettare con il terzo mezzo che le vi

cende dell'approvazione della legge ridussero di tanto il

tempo entro il quale il Governo poteva attuare le espro

priazioni prevedute dai piani approvati, che l'interpreta zione dell'art, unico legge n. 525, adottata dalla Corte

di appello, avrebbe tolto ogni possibilità pratica di applica zione della norma. Nel caso di specie, infatti, la legge anzi

detta entrò in vigore il 29 luglio 1950, giorno della pubblica zione nella Gazzetta ufficiale ; l'annata agraria scadeva

il 31 agosto ; il legislatore non avrebbe certo preveduto che in trentatrè giorni si potessero chiudere tutti i com

plessi provvedimenti di espropriazione.

Inoltre, si assume, si dovrebbe dedurre dallo scopo della

disdetta (di consentire innanzi tutto all'Ente, di graduare nel tempo la durata e la cessazione degli affitti secondo le

sue esigenze, e, inoltre, di dare allo affittuario un preavviso sicuro del tempo nel quale sarebbe cessato il godimento delle terre da espropriare) che disdetta ed espropriazione

possano operare disgiuntamente e non già che debbano

concorrere prima della scadenza dell'annata. Infine la legge

contempla e determina essa stessa i soggetti all'espropria zione e la misura di questa ; che è atto vincolato e non

discrezionale : sicché l'inclusione nel piano d'espropria zione equivarrebbe virtualmente ad espropriazione. Si de

nuncia così, sotto altro profilo, nuova violazione dell'art. I

legge 25 luglio 1950 n. 525.

Neanche queste censure colgono il segno. Non la prima, che consiste sulla scorta di un'intenzione del legislatore non tradotta, come si è veduto, nella norma, nell'addurre

un inconveniente, del resto di natura non assoluta, perchè ben vi potevano essere (e certamente vi furono) espropria zioni durante i trentatrè giorni fra la pubblicazione della

legge e il 31 agosto 1950. Non la seconda, perchè la legge

distingue nettamente fra la inclusione dei piani di espro

priazione che legittima la disdetta, e l'espropriazione, che

conserva la efficacia di questa. Ciò fa giustizia anche del

l'assunto, che essendo l'espropriazione atto vincolato, l'in

clusione nei piani vale espropriazione : assunto che si ri

batte anche con la considerazione che l'art. 6 legge n. 230

del 1950, applicabile dopo l'anno di efficacia dell'art, unico

legge n. 525 del 1950, parla non più di beni compresi nei

piani di espropriazioni, ma di beni espropriati. Che, poi, la legge n. 230 del 1950 tutta intera determini essa stessa

i soggetti passivi e gli oggetti dell'espropriazione, non è

vero : la legge determina i criteri per individuarli, ma que sti sono determinati dai decreti legislativi di espropriazione. E tuttavia la legge considera a parte, tutelandoli diretta

mente, sia pure per il solo tempo che manca fino alla sca

denza abbreviata, la posizione dell'affittuario, al quale non

si estende immediatamente, come invece avviene per il

proprietario, l'effetto del trasferimento del bene, conse

guenza dell'espropriazione. Per questi motivi, rigetta ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 1 giugno 1960, n. 1431 ; Pres. Lokizio P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M. Silocciii

(conci, conf.) ; Sordon (Avv. Gallo) c. Banca popolare di Novara (Avv. Contaldi, Schenato), Bulian (Avv.

Sala) e altri.

(Gassa App. Venezia 11 luglio 1959)

Intervento in eausa — Intervento eoatto su istanza «li

parte — Poteri del difensore procuratore (Cod. proc. civ., art. 84, 106, 269).

La procura conferita dalla parte al procuratore, in calce

all'atto di citazione notificatole, per la controversia dedotta

in giudizio, abilita il procuratore stesso alla chiamata nel processo di un terzo cui ritenga comune la causa. (1)

(1) In senso conforme App. Milano 28 ottobre 1958, Foro

it., Rep. 1958, voce Procedimento civ., n. 183. Per App. Firenze 26 giugno 1957, id., Rep. 1957, voce cit., n. 153, rientra fra i

poteri conferiti al difensore con il mandato ad litem anche quello di proporre domande contro il chiamato in causa dal convenuto. Si discosta da tale indirizzo Trib. Milano 18 gennaio 1956 (id., Rep. 1956, voce cit., n. 205), per cui deve essere considerata nulla la citazione diretta ad ottenere l'intervento di un terzo nel giudizio, ove sia stata sottoscritta dal solo difensore e non rechi in calce o a margine una nuova procura, ciò perchè la

procura speciale ad litem, salvo il caso che contenga specifica disposizione in senso diverso, abilita il difensore a rappresentare la parte soltanto nell'ambito del rapporto processuale risultante dall'atto su cui la procura è stata vergata.

In generale, sull'estensione dei poteri conferiti al procura

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