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sezioni unite civili; sentenza 6 maggio 1993, n. 5246; Pres. Brancaccio, Est. Favara, P.M. Di Renzo...

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sezioni unite civili; sentenza 6 maggio 1993, n. 5246; Pres. Brancaccio, Est. Favara, P.M. Di Renzo (concl. conf.); Esattoria imposte dirette di Maglie (Avv. Massafra, Biasco) c. Fall. soc. Seven Stars (Avv. Uckmar, Perrone). Conferma App. Lecce 29 settembre 1988 Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 9 (SETTEMBRE 1993), pp. 2477/2478-2485/2486 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23187713 . Accessed: 28/06/2014 15:29 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.37 on Sat, 28 Jun 2014 15:29:16 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezioni unite civili; sentenza 6 maggio 1993, n. 5246; Pres. Brancaccio, Est. Favara, P.M. Di Renzo (concl. conf.); Esattoria imposte dirette di Maglie (Avv. Massafra, Biasco) c. Fall.

sezioni unite civili; sentenza 6 maggio 1993, n. 5246; Pres. Brancaccio, Est. Favara, P.M. DiRenzo (concl. conf.); Esattoria imposte dirette di Maglie (Avv. Massafra, Biasco) c. Fall. soc.Seven Stars (Avv. Uckmar, Perrone). Conferma App. Lecce 29 settembre 1988Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 9 (SETTEMBRE 1993), pp. 2477/2478-2485/2486Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187713 .

Accessed: 28/06/2014 15:29

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 6 mag

gio 1993, n. 5246; Pres. Brancaccio, Est. Favara, P.M. Di

Renzo (conci, conf.); Esattoria imposte dirette di Maglie (Aw.

Massafra, Biasco) c. Fall. soc. Seven Stars (Avv. Uckmar,

Perrone). Conferma App. Lecce 29 settembre 1988.

Privilegio — Crediti tributari — Imposte dirette — Soprattasse —

Privilegio generale sui mobili del debitore — Esclusione

(Cod. civ., art. 2752).

Il privilegio generale mobiliare accordato ai crediti dello Stato

per le imposte dirette dall'art. 2752 c.c. non si estende anche alle soprattasse per omesso pagamento dell'Irpef. (1)

Svolgimento del processo. — Con atto del 26 febbraio 1983

l'Esattoria delle imposte dirette di Maglie chiedeva al giudice

delegato al fallimento della s.p.a. Seven Stars l'ammissione allo

stato passivo del credito di lire 523.844.960, di cui lire 355.629.930 in via privilegiata.

Il giudice delegato ammetteva in via privilegiata la somma

di lire 235.118.600 e in via chirografaria la somma di lire

288.526.356, in essa comprese lire 23.591.000 per soprattasse su ritenute alla fonte per Irpef relativa a gli anni 1979 e 1980.

Dichiarato esecutivo lo stato passivo, l'esattoria proponeva op posizione, sostenendo che la soprattassa, avendo la stessa natu

ra della imposta principale, godeva del privilegio di cui agli art.

2752, 2759 e 2771 c.c.

Il Tribunale di Lecce respingeva sul punto l'opposizione. La

Corte d'appello di Lecce, con sentenza in data 29 settembre

1988, confermava la decisione di primo grado.

(1) La Suprema corte compone il contrasto di giurisprudenza insorto in relazione alla portata della norma di cui all'art. 2752, 1° comma, c.c., in tema di privilegio generale sui mobili a favore dei crediti dello Stato per Irpef, Irpeg e Ilor, dopo che la prima sezione (Cass. 22 mag gio 1992, n. 6155, inedita; 30 marzo 1992, n. 3878, Foro it., Rep. 1992, voce Privilegio, n. 7; 25 ottobre 1990, n. 10360, id., Rep. 1991, voce

cit., n. 27) aveva mostrato di non condividere più la tesi (accolta invece da Cass. 10 agosto 1991, n. 8753, ibid., voce Riscossione delle imposte, n. 120; 18 gennaio 1991, n. 494, ibid., voce Privilegio, n. 26, che vanta vano l'autorevole precedente — seppure non strettamente in termini — di Cass., sez. un., 16 dicembre 1968, n. 3983, id., 1969, I, 2334, con nota di richiami, e Riv. dir. fin., 1970, II, 28, con note di Micheli, Dubbi in tema di soprattassa e di estensione del privilegio in materia di imposte, e Gerevini, Le soprattasse e i privilegi fiscali) che estendeva tale privilegio anche ai crediti per soprattasse relative alle imposte dirette.

La sentenza in epigrafe — constatata la mancanza nell'art. 2752 c.c. di una previsione espressa in tema di soprattasse per violazioni alla nor mativa su tali imposte — giunge alla conclusione di cui in massima sulla base delle seguenti considerazioni:

— i crediti erariali per soprattasse hanno natura diversa dai crediti

per imposte, si che la disciplina prevista per questi non vale anche per quelli (contra, oltre alle sentenze da ultimo citate, Cass. 10 settembre

1990, n. 9320, Foro it., Rep. 1991, voce Tributi locali, n. 57, ove si afferma l'assimilabìtità della soprattassa all'imposta, sotto il profilo della

riscossione e della prescrizione; analogamente, ma al fine di sostenere

l'applicazione degli interessi di mora anche alle soprattasse, Cass. 18

ottobre 1985, n. 5134, id., 1986, I, 89, con nota di richiami, cui adde, Ferraro, La soprattassa in generale e gli interessi moratori, in Bolletti no trib., 1985, 1736; in argomento, cfr. anche Trmeloni, Soprattassa: nebulosa tributaria oppure sanzione?, in Rass. trib., 1987, I, 67; min.

fin., circ. 30 agosto 1986, n. 57, ibid., Ili, 125); — non è proponibile un'interpretazione estensiva della disposizione

di cui all'art. 2752 c.c., atteso il carattere eccezionale proprio delle nor me che riconoscono privilegi (contra, in tema di crediti per contributi e accessori dovuti all'Inps, Cass. 25 ottobre 1989, n. 4373, Foro it.,

Rep. 1989, voce Privilegio, n. 32). — la circostanza che la legge (art. 2752, 3° comma, c.c., e art. 28

d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643) preveda espressamente tra i crediti assisti

ti da privilegio anche i crediti per soprattasse conseguenti alla violazio

ne delle normative in tema di Iva e di Invim, conferma l'intenzione

del legislatore di escludere dall'ambito di applicazione di tale causa di

prelazione i crediti per soprattasse dovute a fronte di violazioni alla

normativa sulle imposte dirette.

Anche la giurisprudenza di merito appariva divisa sul problema de

quo', nel senso ora condiviso dalla sentenza in epigrafe (e, quindi, nel

senso dell'inesistenza di un privilegio generale mobiliare a favore dei crediti erariali per soprattasse correlate a violazioni alla disciplina delle

imposte sui redditi), v. Trib. Milano 14 maggio 1990, id., Rep. 1991, voce cit., n. 34; Trib. Torino 9 maggio 1990, id., Rep. 1990, voce

Il Foro Italiano — 1993.

La corte, a sostegno della decisione, rilevava: a) che le so

prattasse non possono essere ritenute obbligazioni tributarie, sia

pure in senso lato; esse costituiscono obbligazioni autonome con

funzione sanzionatoria e afflittiva, simile a quella riconosciuta

alle pene pecuniarie, e non già risarcitoria o sattisfattiva, come

si ricava dalla stessa collocazione, da parte del legislatore tribu

tario, delle soprattasse di titoli relativi alle sanzioni (art. 92 d.p.r. 26 ottobre 1973 n. 602; art. 24 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 642; art. 67 e 73 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, ecc.); b) che la natura

essenzialmente sanzionatoria delle soprattasse e incontestabile

soprattutto nel caso di specie, nel quale la sanzione è stata ap

plicata nei confronti di un sostituto d'imposta per il mancato o ritardato pagamento di somme riscosse per conto dello Stato;

c) che la stessa lettera della legge esclude che le soprattasse in

materia di imposte dirette possano godere di privilegio; infatti

l'art. 2752 c.c., mentre al 1° comma dispone che «hanno privi

legio... i crediti dello Stato per imposta sul reddito delle perso ne fisiche», senza fare alcuna menzione delle soprattasse e delle

pene pecuniarie, al 3° comma espressamente afferma, in rela

zione alla imposta sul valore aggiunto, che hanno privilegio ge nerale «i crediti dello Stato per le imposte, le pene pecuniarie e le soprattasse»; che, a fronte di tale chiaro dettato legislativo, occorre anche tenere conto del principio della tipicità dei privi

legi, in forza del quale non possono ammettersene altri fuori dei casi esplicitamente previsti dalla legge.

Avverso tale decisione l'Esattoria imposte dirette di Maglie ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di

censura. Il fallimento della s.p.a. Seven Stars resiste con con

troricorso ed ha poi presentato memoria di udienza. La decisio

ne del ricorso è stata rimessa a queste sezioni unite stante il

Fallimento, n. 483 e Dir. e pratica trib., 1991, II, 94, con nota di Gra

ziano, Crediti per soprattasse e privilegi; Trib. Milano 10 aprile 1989, Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 321; Trib. Palermo 20 settembre 1989, ibid., voce Privilegio, n. 35; Trib. Torino 26 aprile 1989, id., Rep. 1989, voce Fallimento, n. 493; App. Perugia 4 marzo 1989, ibid., n. 471; Trib. Torino 22 dicembre 1987, id., Rep. 1988, voce cit., n. 468; Trib. Milano 21 settembre 1987, ibid., voce Privilegio, n. 40 e Fallimento, 1988, 684, con nota di Manferoce, La soprattassa e l'indennità di mo ra nella procedura fallimentare: ancora contrasti tra la Cassazione e i giudici di merito-, Trib. Venezia 21 maggio 1986, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 27; App. Torino 13 giugno 1985, id., Rep. 1986, voce

cit., n. 41; 21 maggio 1985, ibid., n. 42 e Fallimento, 1986, 416, con nota di Panzani, Soprattasse per omesso o ritardato versamento delle ritenute alla fonte e diritto al privilegio; App. Trieste 21 maggio 1985, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 43; Trib. Trapani 15 ottobre 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 20; Trib. Lecce 10 aprile 1984, id., Rep. 1984, voce Tributi in genere, n. 530; Trib. Trento 1° ottobre 1982, ibid., n. 532. V. anche, nel senso di escludere carattere privilegiato al credito per soprattassa conseguente al mancato pagamento della tassa di cui all'art. 1 1. 24 gennaio 1978 n. 27, modificata dalla 1. 28 febbraio 1983 n. 53, Trib. Vicenza 13 marzo 1990, id., Rep. 1990, voce Privile

gio, n. 37. Contra (e, quindi, favorevoli a dilatare la portata dell'art. 2752 c.c.

si da ricomprendere tra i crediti assistiti dal privilegio generale su tutti i mobili del debitore anche i crediti erariali per soprattasse in materia di imposte dirette), App. Roma 16 aprile 1991, id., Rep. 1991, voce

cit., n. 28; App. Torino 6 aprile 1990, id., Rep. 1990, voce Riscossione delle imposte, n. 98; App. Palermo 31 marzo 1990, ibid., voce Privile

gio, n. 34; 14 novembre 1989, ibid., voce Fallimento, n. 482; Trib.

Napoli 21 dicembre 1984, id., Rep. 1986, voce Privilegio, n. 45; Trib. Ascoli Piceno 25 gennaio 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 21 e Giur.

merito, 1985, 865, con nota critica di Tardella, Prescrizione e privilegi del credito d'imposta in sede di ammissione al passivo fallimentare; App. Trento 18 febbraio 1984, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 28 e Dir. e pratica trib., 1985, II, 1113, con nota critica di Cobau, Sul carattere privilegiato del credito per soprattassa (di tale a., v. anche Note in materia di privilegi sul credito d'imposta, id., 1977, I, 528); Trib. Trento 21 aprile 1983, Foro it., Rep. 1984, voce Tributi in genere, n. 531; Trib. Napoli 10 marzo 1981, id., Rep. 1982, voce Privilegio, n. 21; App. Trieste 12 settembre 1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 17.

In dottrina, in aggiunta agli autori citati supra, v. De Rosa, Privilegi, soprattasse e pene pecuniarie in materia di imposte dirette, in Ross,

imp. dir., 1978, 568; Marongiu, Note in materia di privilegi sulle san

zioni tributarie amministrative pecuniarie, in Iva e trib. erariali, 1979, 295; Bianchi, Sull'estensione del privilegio che assiste il credito d'im

posta, in Dir. e pratica trib., 1975, II, 209; Ruisi - Palermo - Palermo, I privilegi, Torino, 1980, 249.

L'orientamento dell'amministrazione finanziaria, smentito ora dalla

pronuncia in epigrafe, si rinviene nella ris. 9 dicembre 1980, n. 15/5820, Dir. e pratica trib., 1981, I, 822.

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2479 PARTE PRIMA 2480

contrasto di giurisprudenza verificatosi presso la prima sezione

civile della corte sulla questione su riportata. Motivi della decisione. — 1. - Sostiene la ricorrente col primo

motivo di ricorso (col quale deduce la violazione e falsa appli cazione degli art. 2752, 2759 e 2771 c.c.) che, unica essendo

la matrice che dà luogo sia all'imposta sia alla soprattassa, non

può sostenersi una diversa natura dell'una e dell'altra, dal mo

mento che non può prescindersi dal riferimento al fatto genera tore della imposta né dalla intima e indissolubile connessione

strumentale tra l'imposta e la soprattassa, che insieme concor

rono a realizzare la prestazione dovuta dal soggetto passivo del

l'obbligazione tributaria. La sanzione della soprattassa non ha

funzione diversa o, quanto meno, in contrasto con quella della

realizzazione del credito tributario, ma si pone come strumento

di riparazione risarcitoria per il danno causato all'erario dall'i

nosservanza di comportamenti dovuti dal contribuente. L'ele

mento afflittivo, che pure è insito nella soprattassa, non ne as

sorbe la funzione essenzialmente risarcitoria; mentre staccare

la sanzione dall'imposta fino al punto da assumerne l'assoluta

autonomia dell'una verso l'altra, significa disconoscere l'esistenza

di un sistema tributario unitario, che prevede anche la precosti tuzione di mezzi sanzionatori — assistiti dalle necessarie forme

di garanzia e da privilegi — per la riscossione, al fine di elimi

nare o quanto meno di ridurre i danni derivanti all'erario dai

comportamenti omissivi e infedeli dei contribuenti. D'altra par

te, secondo sempre la tesi della ricorrente, nessun argomento decisivo può trarsi in senso contrario dalla lettera dell'art. 2752

c.c. (cosi come modificato con la 1. n. 426 del 1975) in quanto

l'espresso riconoscimento del privilegio alle somme dovute a ti

tolo di soprattassa in materia di Iva è stato formulato dal legis latore al fine di eliminare ogni perplessità in ordine all'applica bilità della garanzia a detto tributo, di nuova istituzione, pur se la norma nella sua originaria formulazione, riferita ai crediti

dello Stato per ogni tributo diretto (eccettuato quello fondia

rio), già era stata interpretata nel senso che detti crediti si esten

devano anche alle relative soprattasse, che costituivano una pre stazione integrativa del tributo del quale seguivano le sorti ed

al quale restavano indissolubilmente legate nella fase esecutiva.

Sostiene poi l'esattoria ricorrente col secondo motivo d'im

pugnazione che, secondo l'interpretazione dell'art. 2752 c.c. da

ta dai giudici di merito, la natura della soprattassa varierebbe

a seconda che la sua riscossione si ritenga o meno assistita dal

privilegio generale; avendo, se non garantita, anche natura ri

sarcitoria, oltre che afflittiva e solo in talune ipotesi natura esclu

sivamente afflittiva, in una situazione (dai contorni e contenuti

quanto mai imprecisi) del tutto irrilevante però ai fini tributari,

per i quali rileva solo l'esazione dell'imposta, anche se questa avviene attraverso un sistema risarcitorio in caso di inosservan

za da parte del contribuente.

Si avrebbero comunque categorie diverse di contributi, a se

conda che il trattamento loro riservato per l'esazione della so

prattassa comprenda o meno il privilegio fiscale; ed in tal modo

la norma si porrebbe in contrasto con l'art. 3 Cost.

2. - Sulla questione che forma oggetto del presente ricorso si registra, nella giurisprudenza della prima sezione civile di questa

corte, un contrasto che queste sezioni unite sono chiamate a

risolvere.

Nel sistema anteriore alla riforma tributaria del 1972, e con

riferimento perciò alla disciplina contenuta, in materia di privi

legi (generali e speciali, su mobili e immobili) per i crediti tribu tari dello Stato, negli art. 2752, 2758, 2771 e 2772 c.c., nel

testo originario che tali norme avevano prima delle modifica

zioni apportate con la 1. 29 luglio 1975 n. 426 (intesa ad ade

guare detta disciplina alle linee della ricordata riforma tributa

ria), le sezioni unite di questa corte avevano affermato il princi

pio secondo cui la soprattassa dà luogo ad un'obbligazione di natura tributaria, che soggiace alla stessa disciplina normativa

dell'imposta alla quale si riferisce, per quanto attiene all'accer

tamento e alla riscossione; con la conseguenza che il credito

dello Stato relativo alla soprattassa è da ritenersi assistito, al

pari di quello relativo al tributo principale, da tutti i privilegi

previsti per i crediti per i tributi diretti e indiretti (sez. un. 16 dicembre 1968, n. 3983, Foro it., 1969, I, 2334), nell'obbliga zione tributaria relativa alla soprattassa, quale prestazione inte

grativa del tributo, è insito un «indiretto ed esteriore» contenu

to sanzionatorio e afflittivo, ma la sua funzione essenziale deve

ravvisarsi, pur nella diversità rispetto al debito d'imposta, nella

Il Foro Italiano — 1993.

«esigenza che sia costituita un'entrata per la finanza dello Stato

correlativa alla spesa della più complessa struttura dell'organiz zazione tributaria, imposta dalla mancanza di collaborazione

di un certo numero di contribuenti nell'adempimento dell'ob

bligazione tributaria vera e propria e di quegli obblighi stru

mentali che fanno parte del rapporto tributario». Il tutto in

un'ottica di sostanziale unicità del sistema, nel quale la presta zione integrativa costituita dalla soprattassa (il cui obbligo do

veva ritenersi potenzialmente insito nell'obbligazione principa le: Cass. 1448/68, id., Rep. 1968, voce Tassa sul patrimonio

straordinaria, n. 26) determinava la misura definitiva dell'ob

bligazione tributaria.

Questa Suprema corte, sempre con riferimento al regime tri

butario anteriore alla riforma del 1972, ha poi ribadito altre

volte (con le sentenze n. 727 del 16 febbraio 1978, id., Rep.

1978, voce Tributi in genere, n. 1919, della prima sezione civile

e n. 5115 del 5 ottobre 1982, id., Rep. 1982, voce cit., n. 960,

delle sezioni unite e, ancora più di recente, con la sentenza della

stessa prima sezione 10 settembre 1990, n. 9320, id., Rep. 1990, voce Tributi locali, n. 60) la parificazione della soprattassa —

quale prestazione integrativa — al tributo cui inerisce, affer

mando cosi (le prime due sentenze) l'applicabilità degli interessi

di mora ex art. 1 1. 26 gennaio 1961 n. 29 — in tema di imposta di registro e di imposta di successione secondo le leggi previgen ti — anche sull'importo relativo alla soprattassa, avente identi

ca natura tributaria; e (la terza) la non necessità di una conte

stazione distinta della soprattassa rispetto a quella formulata

a proposito dell'imposta principale, «stante il rapporto di di

pendenza e complementarità della soprattassa «rispetto alla re

lativa obbligazione d'imposta, alla quale è direttamente aggan ciata anche nell'ammontare e la sua sottoposizione... alla stessa

normativa, sia relativamente all'accertamento che alla riscossio

ne e alla prescrizione del diritto dell'amministrazione a per

cepirla». Tali sentenze, anche quelle di data recente, risultano rese con

riferimento al regime tributario previgente e cioè alle norme ge nerali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie

di cui alla 1. 7 gennaio 1929 n. 4 e al t.u. sulle imposte dirette

approvato con d.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645 (che, ai titoli X

e XI, già regolava autonomamente le sanzioni, compresa la so

prattassa, e che è stato poi in parte abrogato dagli art. 76 d.p.r. 600/73 e 104 d.p.r. 602/73) e, alle singole leggi speciali concer

nenti i vari tributi (oggi sostituiti dai vari decreti del 1972). A questo indirizzo giurisprudenziale, sotto il vigore invece del

nuovo sistema, si sono rifatte le sentenze n. 494 (id., Rep. 1991, voce Privilegio, n. 26) e 8753 del 1991 (ibid., voce Riscossione

delle imposte, n. 120) pronunciate dalla prima sezione di questa corte. Da esso si sono discostate invece le sentenze, sempre del

la stessa sezione, n. 10360 del 25 ottobre 1990 (ibid., voce Privi

legio, n. 27) e n. 3878 del 30 maggio 1992 (id., Rep. 1992, voce cit., n. 7), le quali hanno riesaminato la questione sopra riassunta alla luce delle nuove disposizioni contenute nel d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, oltre che delle singole leggi che hanno

disciplinato in modo innovativo i vecchi tributi diretti e indiret

ti, in taluni casi sostituendoli con altri di nuova istituzione; e

soprattutto — per quanto riguarda lo specifico problema qui in esame — alla luce della nuova disciplina risultante dal testo

novellato degli art. 2752, 2758, 2771 e 2772 c.c. dopo le modifi

che introdotte con la 1. 426/75 sopra citata, diretta appunto a coordinare con il nuovo sistema tributario le norme del codice

in materia di privilegi per i crediti tributari dello Stato. Tali

sentenze hanno infatti ritenuto che il privilegio in questione (nei casi esaminati si trattava di quello generale sui mobili, regolato dall'art. 2752 c.c., per i crediti relativi all'imposta sul reddito

delle persone fisiche), mentre si estende agli interessi, ai sensi

dell'art. 2749 c.c., e all'indennità di mora (che assolve alla me

desima funzione risarcitoria degli interessi), non si estende inve

ce — considerato anche il carattere eccezionale, e perciò suscet

tibile di applicazione analogica, delle norme istitutive delle cau

se di prelazione — alle soprattasse per omesso pagamento

dell'Irpef, che hanno carattere non risarcitorio, ma afflittivo

e natura sanzionatoria.

La sentenza 10360/90 (in particolare) ha osservato che il ca

rattere risarcitorio, che può essere riconosciuto a interessi e in

dennità di mora, veri accessori del tributo perché diretti a ripri stinarne il valore in caso di mancato o infedele o tardivo adem

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

pimento dell'obbligo tributario, non trova riscontro nella disci

plina dettata, in tema di imposte dirette, dal d.p.r. 602/73 che,

dopo aver regolato in titoli distinti la materia degli interessi (ti tolo I, art. 9, 20, 21 e 44) estendendo ad essi i relativi privilegi

generali e speciali che assistono le imposte sui redditi (art. 21, ultimo comma), nonché la materia relativa alla indennità di mora

(art. 30), ha poi espressamente disciplinato i privilegi in sede

di riscossione coattiva (titolo II, art. 56), limitandoli ai crediti

d'imposta; ed ha infine dettato apposite regole per quanto ri

guarda le sanzioni (al titolo III), tra le quali ha compreso, oltre

alle pene pecuniarie, appunto le soprattasse, senza perciò fare

alcun richiamo ai privilegi. Ciò diversamente da quanto è di

sposto per l'Iva col d.p.r. 633/72 e per l'Invim dal d.p.r. 643/72,

per le quali l'estensione del privilegio alle sanzioni è espressa

mente prevista. Il che dimostra che, quando con la 1. 426/75

il legislatore dettò il nuovo testo dell'art. 2752, 1° comma, c.c.,

prevedendo per Irpef, Irpeg e Ilor il privilegio per i soli crediti

d'imposta e non anche per le relative eventuali soprattasse e

pene pecuniarie (ferma restando la estensione della prelazione

agli interessi, già disposta dal precedente art. 2749 c.c.), mentre

poi al 3° comma ha riconosciuto invece il privilegio in questio ne in materia di Iva, la diversa regolamentazione non è frutto

di imperfetta formulazione della norma (rimediabile in sede di

interpretazione) bensì' prova del chiaro intento legislativo di «vo

lere» proprio ciò che la norma «dice», ossia la non estensione

del privilegio alla soprattassa al di fuori dei casi in cui è espres

samente prevista. La sentenza 3878/92, analogamente, ha rilevato che la inclu

sione della soprattassa tra le sanzioni e la mancanza di una nor

ma generale che per queste preveda la spettanza dei privilegi, stanno a significare che nel sistema vigente, a differenza di quanto

poteva sostenersi con riferimento a quello antecedente, le so

prattasse non hanno natura tributaria quali prestazioni integra

tive del tributo e perciò ad esse non è estensibile, sulla base

di simile affinità con le imposte cui ineriscono, la disciplina

dei privilegi prevista per queste, che è di carattere eccezionale

e quindi non estensibile a casi non previsti. 3. - Ad avviso di queste sezioni unite, la soluzione data alla

questione dalle sentenze 10360/90 e 3878/92 è quella corretta

e va perciò ritenuta non più applicabile il principio giurispru

denziale fissato con la sentenza 3983/68 di queste stesse sezioni

unite con riferimento al precedente sistema positivo ed al quale si sono poi uniformate le altre sentenze sopra menzionate.

Per bene valutare il quadro normativo in cui tale giurispru

denza ebbe ad esprimersi, va tenuto presente che la disciplina

dettata in tema di privilegi dal codice civile era, per quanto

riguarda i crediti tributari dello Stato, riferita esclusivamente

ai tributi: negli art. 2752 e 2771 si aveva riguardo ai tributi

diretti, negli art. 2758 e 2772 a quelli indiretti, con le specifica

zioni ulteriori in ordine alla natura, generale o speciale, e al

l'oggetto dei singoli privilegi. Nessun riferimento si poteva rin

venire invece alle sanzioni (pene pecuniarie e soprattasse), men

tre per gli interessi relativi ai crediti tributari si faceva riferimento

al disposto generale dell'art. 2749 c.c., concernente l'estensione

del privilegio agli interessi dovuti per l'anno in corso alla data

del pignoramento e per quelli dell'anno precedente (salvo quan

to poi disposto con la 1. 26 gennaio 1961 n. 29 per le imposte

indirette). La disputa perciò sull'estensione del privilegio ai crediti del

l'erario per prestazioni imposte al contribuente aggiuntive ri

spetto a quella concernente il pagamento del tributo, se non

trovava conforto in un'apposita ed espressa disciplina, non tro

vava neppure ostacolo in disposizioni speciali di segno opposto.

E cosi, dopo che fu chiarito (si vedano in proposito le sentenze

5 gennaio 1963, n. 13, id., Rep. 1963, voce cit., n. 7 e 10 otto

bre 1974, n. 2760, ibid., n. 27) che i privilegi possono essere

fatti valere anche relativamente all'indennità di mora e agli in

teressi (per omesso, infedele o ritardato pagamento dell'impo

sta), quali accessori naturali del tributo aventi lo stesso caratte

re pubblicistico dell'imposta si opinò che anche le soprattasse,

intese quale maggiorazione dell'imposta e cioè quale prestazio

ne integrativa, avessero la medesima natura del tributo in base

ai quali venivano determinate e che perciò anche ad esse si esten

devano i privilegi di cui alle citate norme relativi ai crediti

d'imposta. La sentenza delle sezioni unite 16 dicembre 1968, n. 3983,

in ordine al problema della natura della soprattassa, pur dando

Il Foro Italiano — 1993.

atto che un contenuto sanzionatorio è indubbiamente insito nel

l'istituto in esame e pur riconoscendo che la sua funzione non

era quella puramente risarcitoria del danno conseguente alla vio

lazione dell'obbligo tributario, ritenne che l'obbligazione di so

prattassa fosse di natura tributaria, «nel significato più proprio e finalistico di contribuzione pecuniaria imposta coattivamente

dalla legge in considerazione dell'esigenza di reperire entrate per far fronte al costo dell'organizzazione statale».

Ritenne in particolare che questa struttura della soprattassa si ricavasse dalla sua natura di obbligazione civile (in contrap

posto a quella penale delle sanzioni di cui all'art. 3 1. 4/29 e

a quella amministrativa delle pene pecuniarie, di cui al successi

vo art. 4); dal rapporto — di dipendenza e al tempo stesso

di complemento — ravvisabile tra tributo e soprattassa, e dal

regime giuridico risultante dalla disciplina normativa (fissità della

determinazione; diverso modo di applicazione e di riscossione;

diverso termine di prescrizione), caratteristiche, queste, che val

gono ad attrarre la soprattassa nel regime previsto per l'impo sta cui di volta in volta inerisce.

4. - L'assimilazione al regime giuridico dell'imposta, piutto

sto che a quello delle altre sanzioni, non è più consentito nella

nuova disciplina portata dalla riforma tributaria del 1972; e non

è conseguentemente possibile fare ricorso al concetto di sostan

ziale identità tra tributo e soprattassa né al collegamento fun

zionale e indiretto, al fine di applicare ai crediti tributari acces

sori, in difetto di una specifica previsione normativa, i privilegi

che assistono i crediti d'imposta. Nel sistema ora vigente la soprattassa ha visto infatti accen

tuato il proprio carattere di sanzione non penale intesa ad in

durre il contribuente al puntuale adempimento dei suoi obbli

ghi, sotto comminatoria di una prestazione patrimoniale di pronta

liquidazione, applicabile in misura fissa e predeterminata, indi

pendentemente (almeno di regola) da ogni riscontro di ordine

soggettivo. Il suo carattere afflittivo trova conferma nel fatto

che la soprattassa è ormai prevista come sanzione non più ag

giuntiva (come per l'art. 5 1. n. 4 del 1929, secondo cui per le obbligazioni prevedute negli art. 2 e 3 «le leggi finanziarie

possono stabilire, in aggiunta alle sanzioni ivi indicate, che il

trasgressore sia obbligato al pagamento di una soprattassa a

favore dello Stato») ma alternativa rispetto alle pene pecuniarie

(e alle sanzioni penali). Il tutto nell'ambito di un sistema, varia

mente articolato, che vede sanzionate le varie inosservanze del

contribuente con l'uno o con l'altro tipo di sanzione a seconda

della scelta operata dal legislatore. E cosi, in rapida scorsa e senza pretesa di completezza, si

constata che, in materia di imposte dirette (le cui leggi regolatri

ci non vi provvedono) nel d.p.r. n. 600 del 1973, in fase di

accertamento sono previste, al titolo V (sanzioni), art. 46-55,

unicamente pene pecuniarie; nel d.p.r. 602/73, in tema di ri

scossione, al titolo III (sanzioni) sono previste soprattasse in

caso di tardivo o incompleto versamento diretto (art. 92), o

di violazione dell'obbligo di ritenuta alla fonte (art. 95) e pene

pecuniarie nei casi (più gravi) di cui all'art. 93, 94, 96 e 97.

In materia di imposta di registro il d.p.r. 634/72 prevede, nel

titolo (VII) dedicato alle sanzioni, soprattasse solo nel caso di

tardività del pagamento (art. 68, poi riprodotto nell'art. 70 d.p.r.

26 aprile 1986 n. 131) e pene pecuniarie per tutte le altre (più

gravi ipotesi). In materia di Invim il d.p.r. 643/72 prevede inve

ce, all'art. 23, per le violazioni commesse dal contribuente, esclu

sivamente soprattasse (e mai pene pecuniarie), per omessa, tar

diva o infedele dichiarazione. In materia di Iva il d.p.r. 633/72

commina (nel titolo III, dedicato alle sanzioni) soprattasse solo

nel caso di violazione dell'obbligo di versamento dell'imposta

risultante dalla dichiarazione annuale (art. 44, 1° comma) e nel

l'ipotesi di cui al 2° e 3° comma dell'art. 46 di versamento

tardivo (dove la soprattassa, in forma di maggiorazione dell'im

posta, è sostitutiva della pena pecuniaria). In materia di impo

sta sulle successioni e donazioni, nel d.p.r. 637/72 (capo V)

e nel d.leg. 31 ottobre 1990 n. 346 (capo Vili), la soprattassa

è prevista solo in caso di tardività del pagamento (art. 52 di

entrambi i decreti) e la pena pecuniaria per tutte le altre viola

zioni. In materia di imposta ipotecaria, ancora una volta, la

soprattassa è comminata (art. 9.3 d.leg. 31 ottobre 1990 n. 347)

in caso di pagamento tardivo dell'imposta.

Emerge da tale quadro normativo un uso del potere sanzio

natorio da parte del legislatore, diretto a riservare la sanzione

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2483 PARTE PRIMA 2484

della soprattassa, di facile liquidazione per la sua fissità e per il criterio oggettivo di liquidazione, alle ipotesi — solitamente

meno gravi — di tardivo adempimento dell'obbligo tributario.

Le leggi finanziarie emesse con la riforma tributaria, in forza

sempre del potere di scelta tra i vari tipi di sanzioni civili (cioè non penali) da applicare ai sensi della 1. n. 4 del 1929 (ancora richiamata nel d.p.r. 600/73, art. 70) e tenendo conto del so

pravvenuto precetto costituzionale di cui all'art. 53 per quanto

riguarda il riferimento alla capacità contributiva del debitore

d'imposta, hanno decisamente sospinto le soprattasse nell'area

delle sanzioni ed hanno fatto venire meno quelle caratteristiche

che, nel precedente sistema, avevano indotto la giurisprudenza e parte della dottrina a optare per la tesi della natura tributaria

delle c.d. obbligazioni accessorie poste a carico del contribuente.

Va infatti tenuto presente che oggi la funzione risarcitoria

(che già la sentenza 3983/68 di queste sezioni unite aveva di

mensionato nel senso sopra ricordato, collegandolo poi all'one

re causato all'erario dalla mancata collaborazione del contri

buente) è stata chiaramente affidata al regime degli interessi

sull'imposta. La relativa materia è ora compiutamente contenu

ta, in tema di imposte dirette, nel titolo I del d.p.r. 602/73, che distingue tutti i possibili casi di danno per violazione del

l'obbligo tributario che i vari tipi di interesse, assieme all'inden

nità di mora, sono diretti a indennizzare. La funzione risarcito ria non può essere invece più riconosciuta alle soprattasse, nep

pure nel più limitato senso di concorso nelle maggiori spese

generali occorrenti allo Stato per l'accertamento e la riscossione

in caso di inosservanza dell'obbligo tributario, le quali fanno

parte della spesa pubblica che l'erario, a norma dell'art. 53 Cost.,

può recuperare con lo strumento fiscale dell'imposta da tutti i cittadini in ragione della loro capacità contributiva.

Il carattere sanzionatorio della soprattassa emerge comunque, in modo assolutamente dirimente, dal fatto che oggi anche le

soprattasse, come le pene pecuniarie, sono soggette a riduzioni

(art. 48, 1° comma, d.p.r. 633/72; 29, ultimo comma, d.p.r.

642/72; 24, 3° comma, d.p.r. 643/72; art. 52 d.leg. 346/90), al pari delle pene pecuniarie; dal fatto che in altre ipotesi (art.

48, 3°, 4° e 6° comma, d.p.r. 633/72; 32, ultimo comma, d.p.r.

642/72) è prevista l'applicabilità alle soprattasse delle esimenti

concesse in materia di pena pecuniaria; dal fatto che è possibile fruire della continuazione (prevista già dall'art. 8 1. 4/29); che

inoltre in altre ipotesi (art. 46 e 48 d.p.r. 633/72) è prevista addirittura la fungibilità tra detti due tipi di sanzione, potendo si «convertire» la pena pecuniaria in soprattassa. Tutte tali di

sposizioni sarebbero infatti certamente incompatibili con la na

tura tributaria della soprattassa, non potendosi ipotizzare per le imposte una riduzione o una esenzione che siano collegati a comportamenti dei contribuenti successivi al momento costi tutivo del rapporto tributario e che nulla hanno a che fare con

i presupposti impositivi. E anzi tale considerazione porta a ribadire quello che era il

principale argomento addotto contro la natura tributaria della

soprattassa, intesa quale prestazione integrativa del tributo, avente

la stessa sua matrice. Del tutto diverso è infatti il presupposto al quale è collegata l'applicazione della soprattassa, rispetto a

quello cui è invece subordinato l'adempimento dell'obbligazio ne tributaria. Non è cioè unica la matrice di imposta e soprat tassa se si ha riguardo al momento e ai presupposti ai quali è collegato l'obbligo di prestazione dell'una e dell'altra: nel ca so dell'imposta, il presupposto consiste in una manifestazione di ricchezza quale espressione di capacità contributiva; nel caso

della soprattassa invece il presupposto si identifica con la tra

sgressione di una norma, la cui violazione costituisce illecito

(qualificato come civile, già con la 1. 4/29, sia per le soprattasse le pene pecuniarie). E ben diversa è anche la funzione che im

posta e soprattassa hanno nel sistema: la prestazione patrimo niale richiesta come tributo ha la finalità di consentire allo Sta to di far fronte alle spese pubbliche, mentre quella concernente la soprattassa ha solo lo scopo di rafforzare la tutela di tale interesse statuale contro i comportamenti infedeli o illeciti del contribuente. Ed è perciò anche inappropriato parlare di «rap porto di dipendenza e complementarietà» (come fa, ad esem

pio, la sentenza 9320/90) perché tale locuzione, pur esaminan do il rapporto tributario nel suo insieme anche nel momento

funzionale della violazione, non vale certamente a dimostrare la natura tributaria ex se della soprattassa.

Resta solo da aggiungere che gli argomenti addotti dalla più

Il Foro Italiano — 1993.

antica giurisprudenza (ma ribaditi anche nella sentenza 494/91

sopra citata) a sostegno della natura tributaria della soprattassa sono in realtà privi di valore o inesatti, alla luce del nuovo

sistema tributario.

In particolare: a) l'applicazione ad opera dello stesso organo accomuna anche le pene pecuniarie; e lo stesso è a dirsi anche

per quanto riguarda l'atto di irrogazione della sanzione (art. 98 d.p.r. 602/73, in tema di imposte dirette e, esemplificativa

mente, art. 54 d.p.r. 637/72 e 73 d.p.r. 634/72, in materia di

imposte indirette); e quando strumento di riscossione è il ruolo, in questo risultano iscritti imposta, soprattassa e pena pecunia

ria, b) per quanto riguarda i termini di prescrizione, il potere di irrogazione (che nel regime dell'art. 17 1. 4/29 vedeva acco

munate imposta e soprattassa) deve essere esercitato, sia per le soprattasse che per le pene pecuniarie, almeno di regola, nei

medesimi termini, mentre spesso diverso è il termine di prescri zione (rectius ora, di decadenza) previsto in materia di imposte;

c) non è esatto che identiche siano le modalità di riscossione della soprattassa e delle imposte in quanto, almeno per quanto

riguarda le imposte dirette e l'Iva, mentre l'imposta è riscossa,

per un terzo, a seguito dell'accertamento, le soprattasse sono

iscritte a ruolo, in via provvisoria, solo dopo la decisione della

commissione tributaria di secondo grado. 5. - All'esito di tale esame, può affermarsi che non esistono,

nel sistema oggi vigente, elementi che consentano di risolvere

il problema della estensione dei privilegi alle soprattasse, per

qualsiasi tributo e in particolare per quello (l'Irpef) oggetto del

la presente controversia, facendo ricorso ai principi generali, 0 a disposizioni normative di diverso contenuto, al fine di fon

dare detta estensione su una sostanziale identità di natura tri butaria.

Va anzi detto che un ostacolo insormontabile è costituito dal

fatto che il regime dei privilegi, per il contenuto limitativo che

esso presenta nei confronti del debitore (e in particolare di quel lo d'imposta) non può essere interpretato, in caso di mancata

previsione espressa, in via analogica. Le norme che prevedono 1 privilegi sono cioè di stretta interpretazione e non consentono

l'applicazione alle soprattasse di disposizioni che fanno riferi

mento esplicito solo al credito d'imposta. Fatta questa premessa, e con riferimento alla disciplina che

si registra sul punto sia nelle varie leggi tributarie che regolare le singole imposte, sia nelle disposizioni sopra richiamate del

codice civile, nel testo che oggi esse hanno assunto dopo le mo

difiche apportate con la 1. 426/75, va rilevato che il privilegio

generale sui mobili assiste (art. 2752 c.c.) i crediti dello Stato

per imposta relativamente a Irpef, Irpeg e Ilor; che sempre con

riferimento a tali imposte l'art. 2759 concede poi il privilegio

speciale su tali mobili; che analoga previsione è contenuta nel l'art. 2771 per le imposte sui redditi immobiliari; che per i tri

buti indiretti gli art. 2758 e 2772 concedono privilegio mobiliare

e immobiliare, sempre relativamente a detti tributi, diretti e in

diretti. In tali norme, dove figurano locuzioni del tipo «limita

tamente all'imposta», non è prevista la estensione del privilegio alle soprattasse (né alle pene pecuniarie), salvo che nell'art. 2752, 3° e 4° comma, quanto al privilegio generale sui mobili, dove — ai soli fini dell'imposta sul valore aggiunto — si dispone che hanno tale privilegio «i crediti dello Stato per le imposte, le pene pecuniarie e le soprattasse». La medesima disposizione era contenuta già nel d.p.r. 633/72 che aveva introdotto detto

tributo, all'art. 62, 3° comma (sempre con riguardo a imposta, pena pecuniaria e soprattassa); ed anche nell'art. 28, 1° com

ma, d.p.r. 643/72, in materia di Invim, questa volta con riferi

mento alla imposta e alle relative soprattasse e agli interessi.

Una previsione specifica di privilegi si rinviene poi, per quan to riguarda le imposte dirette, nel d.p.r. 602/73, il quale contie

ne una norma — l'art. 56 — che già dettava le disposizioni poi trasfuse nel nuovo testo degli art. 2752, 2759, 2771 e 2772

c.c. e contiene altresì una espressa estensione dei privilegi, oltre

che ai crediti d'imposta, anche agli interessi, per ritardata pre scrizione a ruolo e per prolungata rateazione (art. 21, 3° com

ma). Nessuna disposizione invece si rinviene, in sede propria, nel successivo titolo III di tale decreto, là dove si regolano le

sanzioni, lasciando cosi chiaramente intendere, in un testo in

cui si precisano i limiti dei privilegi per crediti d'imposta e li si estendono solo agli interessi (che sono una forma reintegrati va del debito d'imposta), che almeno in materia di imposte di

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

rette la mancata estensione dei privilegi alle soprattasse (come alle pene pecuniarie) fu voluta; cosicché quando la 1. 426/75

dettò il nuovo testo degli art. 2752 e 2771 c.c. in materia di

imposte sui redditi mobiliari e immobiliari certamente non volle

concedere il privilegio anche alle sanzioni. In tema di imposte indirette poi, oltre alle due espresse eccezioni fatte per Iva (pre sumibilmente perché si intese rafforzare la forza intimidatrice

della sanzione, per un'imposta per la quale è richiesto un alto

grado di collaborazione da parte del contribuente) e per l'In

vim, relativamente al privilegio sugli immobili trasferiti (presu mibilmente per ampliare la sfera di incidenza della garanzia reale

sui beni che costituiscono l'oggetto dell'imposta e rispetto ai

quali si è verificata la violazione sanzionata). Nessuna norma

del genere si rinviene in altri testi normativi ed anzi in taluni

(ad esempio nel d.leg. 347/90 sull'imposta ipotecaria, all'art.

8, si riscontra una previsione del privilegio ancora una volta

limitata al solo credito d'imposta, mentre per le sanzioni (com

presa la soprattassa) il successivo art. 9 nulla aggiunge. A questo punto la conclusione cui occorre pervenire non può

essere che quella della non estensione del privilegio alle soprat tasse se non nelle ipotesi espressamente previste e cioè in mate

ria di Iva e di Invim, da intendersi come disposizioni ecceziona

li e non applicabili in via analogica ad ipotesi tributarie diverse.

Nessuna equiparazione essendo consentita, per quanto in prece denza detto, tra imposta e soprattassa (cui corrispondono debiti

distinti per natura giuridica e per regolamentazione), deve per ciò ritenersi — con riferimento alla questione che forma ogget to della presente causa — che la regolamentazione dei privilegi in materia di Iva e di Invim non può essere estesa anche in

materia di imposte dirette e in particolare di Irpef. Può poi aggiungersi, con riferimento al caso di specie, che

riguarda una soprattassa applicata nei confronti di un sostituto

d'imposta, che merita speciale considerazione il fatto che il de

bito per soprattassa grava su un soggetto (poi fallito) diverso

dal debitore principale d'imposta. Ciò in quanto in siffatta ipo tesi l'esigenza di una specifica previsione del privilegio, destina

to ad operare sul patrimonio del sostituto, richiede ancor più un preciso riscontro in una apposita disposizione di legge.

6. - Alla luce dei principi sin qui esposti risulta pertanto cor

retta la soluzione adottata dalla corte territoriale sulla questione sin qui trattata e si rivela, al tempo stesso, privo di fondamento

il primo motivo del ricorso per cassazione. Parimenti infondato è poi anche il secondo motivo di ricor

so, col quale si prospetta una situazione di diseguaglianza tra

posizioni simili, rilevante ai sensi dell'art. 3 Cost., che dovreb

be indurre a rimettere gli atti alla Corte costituzionale.

La questione è infatti manifestamente infondata, una volta

esclusa la funzione risarcitoria della soprattassa, che ha natura

afflittiva e sanzionatoria anche quando questa è (eccezionalmente) assistita da privilegio, ove si consideri che — stante la diversità

dei singoli tributi, pur se parimenti tutelati da apposite sanzioni — il diverso grado di garanzia che assiste i crediti dello Stato

in materia di soprattassa è correlato a ragioni del tutto partico

lari, che sono proprie solo di quelli garantiti da privilegio. Né è rilevante, sul piano dell'efficacia delle sanzioni appre

state dalle leggi finanziarie, il diverso grado di intimidazione

o di afflizione che (come pure si sostiene dalla ricorrente) le

soprattasse avrebbero a seconda che siano assistite, o meno,

dal privilegio, spettando alla discrezionalità del legislatore fi

nanziario di stabilire quali crediti è opportuno garantire in mo

do particolare, assicurando cioè il privilegio oltre che per il cre

dito d'imposta anche per il credito relativo alla soprattassa. In definitiva il ricorso deve essere rigettato.

Il Foro Italiano — 1993.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 5 mag

gio 1993, n. 5188; Pres. Bile, Est. Di Nanni, P.M. Iannelli

(conci, conf.); Barbiano di Belgioioso (Avv. Mezzanotte,

Garbagnati) c. Malinverni (Avv. Merlino, Gobba, C. Ro

mano). Cassa App. Milano 30 maggio 1989.

Contratti agrari — Diritto di ripresa — Soggetto equiparato — Limiti all'esercizio del diritto (L. 3 maggio 1982 n. 203, norme sui contratti agrari, art. 7, 42).

Il soggetto equiparato al coltivatore diretto ex art. 7 l. 203/82

che eserciti il diritto di ripresa dì cui all'art. 42 deve impe

gnarsi all'esercizio dell'impresa agricola in proprio, con l'ap

porto sia pure manuale dei familiari che siano coltivatori di

retti, e sempreché il ricorso al lavoro di salariati estranei non

superi i due terzi del fabbisogno per la coltivazione del fon

do; per contro, non può il soggetto equiparato riversare inte

ramente sui familiari la coltivazione del fondo. (1)

Svolgimento del processo. — Con ricorso al Tribunale di Pa

via, sezione specializzata agraria, del 23 maggio 1986 Antonella

(1) Il ricorrente, soggetto equiparato al coltivatore diretto, perché in

possesso di diploma di perito agrario (art. 7 1. 203/82), aveva esercitato il diritto di ripresa ex art. 42 dichiarando che intendeva assumere la conduzione del fondo con l'aiuto della madre e del fratello entrambi coltivatori diretti. La domanda di ripresa veniva rigettata dai giudici di primo e secondo grado, e questi ultimi giustificavano il rigetto assu

mendo che il ricorrente non si era assunto l'obbligo della personale coltivazione del fondo, ma si era riservata la facoltà di riversare sulla madre e sul fratello quell'impegno.

La sentenza in epigrafe ha accolto il ricorso, affermando il principio di cui in massima.

Il principio di diritto affermato poggia sulla considerazione che il

legislatore, ai fini dell'esercizio del diritto di ripresa ex art. 42, richiede

sia per il coltivatore diretto che per l'equiparato l'effettività della colti vazione del fondo da parte del nuovo soggetto, anche se il concetto di coltivazione per l'equiparato «non coincide con quello di operazioni materiali, potendo concretizzarsi nel compimento di tutte le attività di

programmazione, direzione ed organizzazione dell'attività agricola». A parte la specificazione della «coltivazione diretta», di cui il sogget

to equiparato deve farsi carico per esercitare il diritto di ripresa, la

sentenza conferma l'orientamento della Suprema corte secondo cui i

requisiti di cui alla lett. b) dell'art. 42 devono essere presenti anche

nel caso che il diritto di ripresa sia esercitato dal soggetto equiparato o a suo favore (v. Cass. 29 maggio 1986, n. 3653, Foro it., 1986, I,

2470, con note critiche di D. Bellantuono e Jannarelli; 7 maggio

1990, n. 3776, id., 1991, I, 210; 12 agosto 1992, n. 9540, id., Mass., 840). Le critiche all'orientamento anzidetto attengono in particolare al re

quisito di cui alla lett. b) dell'art. 42 (presenza nella famiglia di chi

esercita il diritto di ripresa, al momento della intimazione della disdet

ta, di almeno una unità attiva coltivatrice diretta di età inferiore ai

cinquantacinque anni), richiesto per l'equiparato sia che questi eserciti

direttamente il diritto di ripresa e sia che il diritto sia esercitato a suo

favore. Si è osservato che il requisito di cui alla lett. b) dell'art. 42 non è

necessario, in quanto l'impresa che va a costituire l'equiparato con l'e sercizio del diritto di ripresa non può essere fatta corrispondere a quella che va a costituire il coltivatore diretto che esercita il diritto, non essen do ammissibile far diventare l'equiparato coltivatore diretto.

Uno spiraglio sulla questione è stato aperto da Cass. 14 luglio 1989, n. 3300, id., 1991, I, 210, con osservazioni di D. Bellantuono ed ivi

richiami: la sentenza ha affermato che, nel caso in cui il fondo non

richiede l'attività che può fornire l'equiparato, per un fondo di modeste

dimensioni o per un fondo in cui non sono necessarie attività complesse

(es. allevamento del bestiame), l'equiparato per il valido esercizio del diritto di ripresa deve avere nella propria famiglia la disponibilità di

una unità attiva coltivatrice diretta di età inferiore ai cinquantacinque

anni; peraltro, ha anche affermato che, se il fondo richiede l'attività

organizzativa e direzionale dell'equiparato, non è necessario il familiare

di cui alla lett. b) della norma.

Quest'ultima affermazione di Cass. 3300/89 non ha avuto seguito,

prevalendo l'orientamento circa la necessità dei requisiti di cui alle lett.

b), c), d) dell'art. 42 per l'esercizio del diritto di ripresa dell'equiparato. Come già detto in altra occasione, se è apprezzabile la preoccupazio

ne della Suprema corte che l'esercizio del diritto di ripresa possa costi

tuire un facile espediente per la riduzione dell'area dei coltivatori a con

tratto, va tuttavia osservato che la lettura rigoristica della norma, per vero di una norma infelicemente formulata, finisce per alimentare l'an

tica diatriba sulle qualifiche agricole, laddove si lamenta una tutela ec

cessiva del coltivatore diretto. [D. Bellantuono]

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