sezioni unite civili; sentenza 6 maggio 1993, n. 5246; Pres. Brancaccio, Est. Favara, P.M. DiRenzo (concl. conf.); Esattoria imposte dirette di Maglie (Avv. Massafra, Biasco) c. Fall. soc.Seven Stars (Avv. Uckmar, Perrone). Conferma App. Lecce 29 settembre 1988Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 9 (SETTEMBRE 1993), pp. 2477/2478-2485/2486Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187713 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 6 mag
gio 1993, n. 5246; Pres. Brancaccio, Est. Favara, P.M. Di
Renzo (conci, conf.); Esattoria imposte dirette di Maglie (Aw.
Massafra, Biasco) c. Fall. soc. Seven Stars (Avv. Uckmar,
Perrone). Conferma App. Lecce 29 settembre 1988.
Privilegio — Crediti tributari — Imposte dirette — Soprattasse —
Privilegio generale sui mobili del debitore — Esclusione
(Cod. civ., art. 2752).
Il privilegio generale mobiliare accordato ai crediti dello Stato
per le imposte dirette dall'art. 2752 c.c. non si estende anche alle soprattasse per omesso pagamento dell'Irpef. (1)
Svolgimento del processo. — Con atto del 26 febbraio 1983
l'Esattoria delle imposte dirette di Maglie chiedeva al giudice
delegato al fallimento della s.p.a. Seven Stars l'ammissione allo
stato passivo del credito di lire 523.844.960, di cui lire 355.629.930 in via privilegiata.
Il giudice delegato ammetteva in via privilegiata la somma
di lire 235.118.600 e in via chirografaria la somma di lire
288.526.356, in essa comprese lire 23.591.000 per soprattasse su ritenute alla fonte per Irpef relativa a gli anni 1979 e 1980.
Dichiarato esecutivo lo stato passivo, l'esattoria proponeva op posizione, sostenendo che la soprattassa, avendo la stessa natu
ra della imposta principale, godeva del privilegio di cui agli art.
2752, 2759 e 2771 c.c.
Il Tribunale di Lecce respingeva sul punto l'opposizione. La
Corte d'appello di Lecce, con sentenza in data 29 settembre
1988, confermava la decisione di primo grado.
(1) La Suprema corte compone il contrasto di giurisprudenza insorto in relazione alla portata della norma di cui all'art. 2752, 1° comma, c.c., in tema di privilegio generale sui mobili a favore dei crediti dello Stato per Irpef, Irpeg e Ilor, dopo che la prima sezione (Cass. 22 mag gio 1992, n. 6155, inedita; 30 marzo 1992, n. 3878, Foro it., Rep. 1992, voce Privilegio, n. 7; 25 ottobre 1990, n. 10360, id., Rep. 1991, voce
cit., n. 27) aveva mostrato di non condividere più la tesi (accolta invece da Cass. 10 agosto 1991, n. 8753, ibid., voce Riscossione delle imposte, n. 120; 18 gennaio 1991, n. 494, ibid., voce Privilegio, n. 26, che vanta vano l'autorevole precedente — seppure non strettamente in termini — di Cass., sez. un., 16 dicembre 1968, n. 3983, id., 1969, I, 2334, con nota di richiami, e Riv. dir. fin., 1970, II, 28, con note di Micheli, Dubbi in tema di soprattassa e di estensione del privilegio in materia di imposte, e Gerevini, Le soprattasse e i privilegi fiscali) che estendeva tale privilegio anche ai crediti per soprattasse relative alle imposte dirette.
La sentenza in epigrafe — constatata la mancanza nell'art. 2752 c.c. di una previsione espressa in tema di soprattasse per violazioni alla nor mativa su tali imposte — giunge alla conclusione di cui in massima sulla base delle seguenti considerazioni:
— i crediti erariali per soprattasse hanno natura diversa dai crediti
per imposte, si che la disciplina prevista per questi non vale anche per quelli (contra, oltre alle sentenze da ultimo citate, Cass. 10 settembre
1990, n. 9320, Foro it., Rep. 1991, voce Tributi locali, n. 57, ove si afferma l'assimilabìtità della soprattassa all'imposta, sotto il profilo della
riscossione e della prescrizione; analogamente, ma al fine di sostenere
l'applicazione degli interessi di mora anche alle soprattasse, Cass. 18
ottobre 1985, n. 5134, id., 1986, I, 89, con nota di richiami, cui adde, Ferraro, La soprattassa in generale e gli interessi moratori, in Bolletti no trib., 1985, 1736; in argomento, cfr. anche Trmeloni, Soprattassa: nebulosa tributaria oppure sanzione?, in Rass. trib., 1987, I, 67; min.
fin., circ. 30 agosto 1986, n. 57, ibid., Ili, 125); — non è proponibile un'interpretazione estensiva della disposizione
di cui all'art. 2752 c.c., atteso il carattere eccezionale proprio delle nor me che riconoscono privilegi (contra, in tema di crediti per contributi e accessori dovuti all'Inps, Cass. 25 ottobre 1989, n. 4373, Foro it.,
Rep. 1989, voce Privilegio, n. 32). — la circostanza che la legge (art. 2752, 3° comma, c.c., e art. 28
d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643) preveda espressamente tra i crediti assisti
ti da privilegio anche i crediti per soprattasse conseguenti alla violazio
ne delle normative in tema di Iva e di Invim, conferma l'intenzione
del legislatore di escludere dall'ambito di applicazione di tale causa di
prelazione i crediti per soprattasse dovute a fronte di violazioni alla
normativa sulle imposte dirette.
Anche la giurisprudenza di merito appariva divisa sul problema de
quo', nel senso ora condiviso dalla sentenza in epigrafe (e, quindi, nel
senso dell'inesistenza di un privilegio generale mobiliare a favore dei crediti erariali per soprattasse correlate a violazioni alla disciplina delle
imposte sui redditi), v. Trib. Milano 14 maggio 1990, id., Rep. 1991, voce cit., n. 34; Trib. Torino 9 maggio 1990, id., Rep. 1990, voce
Il Foro Italiano — 1993.
La corte, a sostegno della decisione, rilevava: a) che le so
prattasse non possono essere ritenute obbligazioni tributarie, sia
pure in senso lato; esse costituiscono obbligazioni autonome con
funzione sanzionatoria e afflittiva, simile a quella riconosciuta
alle pene pecuniarie, e non già risarcitoria o sattisfattiva, come
si ricava dalla stessa collocazione, da parte del legislatore tribu
tario, delle soprattasse di titoli relativi alle sanzioni (art. 92 d.p.r. 26 ottobre 1973 n. 602; art. 24 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 642; art. 67 e 73 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, ecc.); b) che la natura
essenzialmente sanzionatoria delle soprattasse e incontestabile
soprattutto nel caso di specie, nel quale la sanzione è stata ap
plicata nei confronti di un sostituto d'imposta per il mancato o ritardato pagamento di somme riscosse per conto dello Stato;
c) che la stessa lettera della legge esclude che le soprattasse in
materia di imposte dirette possano godere di privilegio; infatti
l'art. 2752 c.c., mentre al 1° comma dispone che «hanno privi
legio... i crediti dello Stato per imposta sul reddito delle perso ne fisiche», senza fare alcuna menzione delle soprattasse e delle
pene pecuniarie, al 3° comma espressamente afferma, in rela
zione alla imposta sul valore aggiunto, che hanno privilegio ge nerale «i crediti dello Stato per le imposte, le pene pecuniarie e le soprattasse»; che, a fronte di tale chiaro dettato legislativo, occorre anche tenere conto del principio della tipicità dei privi
legi, in forza del quale non possono ammettersene altri fuori dei casi esplicitamente previsti dalla legge.
Avverso tale decisione l'Esattoria imposte dirette di Maglie ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di
censura. Il fallimento della s.p.a. Seven Stars resiste con con
troricorso ed ha poi presentato memoria di udienza. La decisio
ne del ricorso è stata rimessa a queste sezioni unite stante il
Fallimento, n. 483 e Dir. e pratica trib., 1991, II, 94, con nota di Gra
ziano, Crediti per soprattasse e privilegi; Trib. Milano 10 aprile 1989, Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 321; Trib. Palermo 20 settembre 1989, ibid., voce Privilegio, n. 35; Trib. Torino 26 aprile 1989, id., Rep. 1989, voce Fallimento, n. 493; App. Perugia 4 marzo 1989, ibid., n. 471; Trib. Torino 22 dicembre 1987, id., Rep. 1988, voce cit., n. 468; Trib. Milano 21 settembre 1987, ibid., voce Privilegio, n. 40 e Fallimento, 1988, 684, con nota di Manferoce, La soprattassa e l'indennità di mo ra nella procedura fallimentare: ancora contrasti tra la Cassazione e i giudici di merito-, Trib. Venezia 21 maggio 1986, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 27; App. Torino 13 giugno 1985, id., Rep. 1986, voce
cit., n. 41; 21 maggio 1985, ibid., n. 42 e Fallimento, 1986, 416, con nota di Panzani, Soprattasse per omesso o ritardato versamento delle ritenute alla fonte e diritto al privilegio; App. Trieste 21 maggio 1985, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 43; Trib. Trapani 15 ottobre 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 20; Trib. Lecce 10 aprile 1984, id., Rep. 1984, voce Tributi in genere, n. 530; Trib. Trento 1° ottobre 1982, ibid., n. 532. V. anche, nel senso di escludere carattere privilegiato al credito per soprattassa conseguente al mancato pagamento della tassa di cui all'art. 1 1. 24 gennaio 1978 n. 27, modificata dalla 1. 28 febbraio 1983 n. 53, Trib. Vicenza 13 marzo 1990, id., Rep. 1990, voce Privile
gio, n. 37. Contra (e, quindi, favorevoli a dilatare la portata dell'art. 2752 c.c.
si da ricomprendere tra i crediti assistiti dal privilegio generale su tutti i mobili del debitore anche i crediti erariali per soprattasse in materia di imposte dirette), App. Roma 16 aprile 1991, id., Rep. 1991, voce
cit., n. 28; App. Torino 6 aprile 1990, id., Rep. 1990, voce Riscossione delle imposte, n. 98; App. Palermo 31 marzo 1990, ibid., voce Privile
gio, n. 34; 14 novembre 1989, ibid., voce Fallimento, n. 482; Trib.
Napoli 21 dicembre 1984, id., Rep. 1986, voce Privilegio, n. 45; Trib. Ascoli Piceno 25 gennaio 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 21 e Giur.
merito, 1985, 865, con nota critica di Tardella, Prescrizione e privilegi del credito d'imposta in sede di ammissione al passivo fallimentare; App. Trento 18 febbraio 1984, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 28 e Dir. e pratica trib., 1985, II, 1113, con nota critica di Cobau, Sul carattere privilegiato del credito per soprattassa (di tale a., v. anche Note in materia di privilegi sul credito d'imposta, id., 1977, I, 528); Trib. Trento 21 aprile 1983, Foro it., Rep. 1984, voce Tributi in genere, n. 531; Trib. Napoli 10 marzo 1981, id., Rep. 1982, voce Privilegio, n. 21; App. Trieste 12 settembre 1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 17.
In dottrina, in aggiunta agli autori citati supra, v. De Rosa, Privilegi, soprattasse e pene pecuniarie in materia di imposte dirette, in Ross,
imp. dir., 1978, 568; Marongiu, Note in materia di privilegi sulle san
zioni tributarie amministrative pecuniarie, in Iva e trib. erariali, 1979, 295; Bianchi, Sull'estensione del privilegio che assiste il credito d'im
posta, in Dir. e pratica trib., 1975, II, 209; Ruisi - Palermo - Palermo, I privilegi, Torino, 1980, 249.
L'orientamento dell'amministrazione finanziaria, smentito ora dalla
pronuncia in epigrafe, si rinviene nella ris. 9 dicembre 1980, n. 15/5820, Dir. e pratica trib., 1981, I, 822.
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2479 PARTE PRIMA 2480
contrasto di giurisprudenza verificatosi presso la prima sezione
civile della corte sulla questione su riportata. Motivi della decisione. — 1. - Sostiene la ricorrente col primo
motivo di ricorso (col quale deduce la violazione e falsa appli cazione degli art. 2752, 2759 e 2771 c.c.) che, unica essendo
la matrice che dà luogo sia all'imposta sia alla soprattassa, non
può sostenersi una diversa natura dell'una e dell'altra, dal mo
mento che non può prescindersi dal riferimento al fatto genera tore della imposta né dalla intima e indissolubile connessione
strumentale tra l'imposta e la soprattassa, che insieme concor
rono a realizzare la prestazione dovuta dal soggetto passivo del
l'obbligazione tributaria. La sanzione della soprattassa non ha
funzione diversa o, quanto meno, in contrasto con quella della
realizzazione del credito tributario, ma si pone come strumento
di riparazione risarcitoria per il danno causato all'erario dall'i
nosservanza di comportamenti dovuti dal contribuente. L'ele
mento afflittivo, che pure è insito nella soprattassa, non ne as
sorbe la funzione essenzialmente risarcitoria; mentre staccare
la sanzione dall'imposta fino al punto da assumerne l'assoluta
autonomia dell'una verso l'altra, significa disconoscere l'esistenza
di un sistema tributario unitario, che prevede anche la precosti tuzione di mezzi sanzionatori — assistiti dalle necessarie forme
di garanzia e da privilegi — per la riscossione, al fine di elimi
nare o quanto meno di ridurre i danni derivanti all'erario dai
comportamenti omissivi e infedeli dei contribuenti. D'altra par
te, secondo sempre la tesi della ricorrente, nessun argomento decisivo può trarsi in senso contrario dalla lettera dell'art. 2752
c.c. (cosi come modificato con la 1. n. 426 del 1975) in quanto
l'espresso riconoscimento del privilegio alle somme dovute a ti
tolo di soprattassa in materia di Iva è stato formulato dal legis latore al fine di eliminare ogni perplessità in ordine all'applica bilità della garanzia a detto tributo, di nuova istituzione, pur se la norma nella sua originaria formulazione, riferita ai crediti
dello Stato per ogni tributo diretto (eccettuato quello fondia
rio), già era stata interpretata nel senso che detti crediti si esten
devano anche alle relative soprattasse, che costituivano una pre stazione integrativa del tributo del quale seguivano le sorti ed
al quale restavano indissolubilmente legate nella fase esecutiva.
Sostiene poi l'esattoria ricorrente col secondo motivo d'im
pugnazione che, secondo l'interpretazione dell'art. 2752 c.c. da
ta dai giudici di merito, la natura della soprattassa varierebbe
a seconda che la sua riscossione si ritenga o meno assistita dal
privilegio generale; avendo, se non garantita, anche natura ri
sarcitoria, oltre che afflittiva e solo in talune ipotesi natura esclu
sivamente afflittiva, in una situazione (dai contorni e contenuti
quanto mai imprecisi) del tutto irrilevante però ai fini tributari,
per i quali rileva solo l'esazione dell'imposta, anche se questa avviene attraverso un sistema risarcitorio in caso di inosservan
za da parte del contribuente.
Si avrebbero comunque categorie diverse di contributi, a se
conda che il trattamento loro riservato per l'esazione della so
prattassa comprenda o meno il privilegio fiscale; ed in tal modo
la norma si porrebbe in contrasto con l'art. 3 Cost.
2. - Sulla questione che forma oggetto del presente ricorso si registra, nella giurisprudenza della prima sezione civile di questa
corte, un contrasto che queste sezioni unite sono chiamate a
risolvere.
Nel sistema anteriore alla riforma tributaria del 1972, e con
riferimento perciò alla disciplina contenuta, in materia di privi
legi (generali e speciali, su mobili e immobili) per i crediti tribu tari dello Stato, negli art. 2752, 2758, 2771 e 2772 c.c., nel
testo originario che tali norme avevano prima delle modifica
zioni apportate con la 1. 29 luglio 1975 n. 426 (intesa ad ade
guare detta disciplina alle linee della ricordata riforma tributa
ria), le sezioni unite di questa corte avevano affermato il princi
pio secondo cui la soprattassa dà luogo ad un'obbligazione di natura tributaria, che soggiace alla stessa disciplina normativa
dell'imposta alla quale si riferisce, per quanto attiene all'accer
tamento e alla riscossione; con la conseguenza che il credito
dello Stato relativo alla soprattassa è da ritenersi assistito, al
pari di quello relativo al tributo principale, da tutti i privilegi
previsti per i crediti per i tributi diretti e indiretti (sez. un. 16 dicembre 1968, n. 3983, Foro it., 1969, I, 2334), nell'obbliga zione tributaria relativa alla soprattassa, quale prestazione inte
grativa del tributo, è insito un «indiretto ed esteriore» contenu
to sanzionatorio e afflittivo, ma la sua funzione essenziale deve
ravvisarsi, pur nella diversità rispetto al debito d'imposta, nella
Il Foro Italiano — 1993.
«esigenza che sia costituita un'entrata per la finanza dello Stato
correlativa alla spesa della più complessa struttura dell'organiz zazione tributaria, imposta dalla mancanza di collaborazione
di un certo numero di contribuenti nell'adempimento dell'ob
bligazione tributaria vera e propria e di quegli obblighi stru
mentali che fanno parte del rapporto tributario». Il tutto in
un'ottica di sostanziale unicità del sistema, nel quale la presta zione integrativa costituita dalla soprattassa (il cui obbligo do
veva ritenersi potenzialmente insito nell'obbligazione principa le: Cass. 1448/68, id., Rep. 1968, voce Tassa sul patrimonio
straordinaria, n. 26) determinava la misura definitiva dell'ob
bligazione tributaria.
Questa Suprema corte, sempre con riferimento al regime tri
butario anteriore alla riforma del 1972, ha poi ribadito altre
volte (con le sentenze n. 727 del 16 febbraio 1978, id., Rep.
1978, voce Tributi in genere, n. 1919, della prima sezione civile
e n. 5115 del 5 ottobre 1982, id., Rep. 1982, voce cit., n. 960,
delle sezioni unite e, ancora più di recente, con la sentenza della
stessa prima sezione 10 settembre 1990, n. 9320, id., Rep. 1990, voce Tributi locali, n. 60) la parificazione della soprattassa —
quale prestazione integrativa — al tributo cui inerisce, affer
mando cosi (le prime due sentenze) l'applicabilità degli interessi
di mora ex art. 1 1. 26 gennaio 1961 n. 29 — in tema di imposta di registro e di imposta di successione secondo le leggi previgen ti — anche sull'importo relativo alla soprattassa, avente identi
ca natura tributaria; e (la terza) la non necessità di una conte
stazione distinta della soprattassa rispetto a quella formulata
a proposito dell'imposta principale, «stante il rapporto di di
pendenza e complementarità della soprattassa «rispetto alla re
lativa obbligazione d'imposta, alla quale è direttamente aggan ciata anche nell'ammontare e la sua sottoposizione... alla stessa
normativa, sia relativamente all'accertamento che alla riscossio
ne e alla prescrizione del diritto dell'amministrazione a per
cepirla». Tali sentenze, anche quelle di data recente, risultano rese con
riferimento al regime tributario previgente e cioè alle norme ge nerali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie
di cui alla 1. 7 gennaio 1929 n. 4 e al t.u. sulle imposte dirette
approvato con d.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645 (che, ai titoli X
e XI, già regolava autonomamente le sanzioni, compresa la so
prattassa, e che è stato poi in parte abrogato dagli art. 76 d.p.r. 600/73 e 104 d.p.r. 602/73) e, alle singole leggi speciali concer
nenti i vari tributi (oggi sostituiti dai vari decreti del 1972). A questo indirizzo giurisprudenziale, sotto il vigore invece del
nuovo sistema, si sono rifatte le sentenze n. 494 (id., Rep. 1991, voce Privilegio, n. 26) e 8753 del 1991 (ibid., voce Riscossione
delle imposte, n. 120) pronunciate dalla prima sezione di questa corte. Da esso si sono discostate invece le sentenze, sempre del
la stessa sezione, n. 10360 del 25 ottobre 1990 (ibid., voce Privi
legio, n. 27) e n. 3878 del 30 maggio 1992 (id., Rep. 1992, voce cit., n. 7), le quali hanno riesaminato la questione sopra riassunta alla luce delle nuove disposizioni contenute nel d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, oltre che delle singole leggi che hanno
disciplinato in modo innovativo i vecchi tributi diretti e indiret
ti, in taluni casi sostituendoli con altri di nuova istituzione; e
soprattutto — per quanto riguarda lo specifico problema qui in esame — alla luce della nuova disciplina risultante dal testo
novellato degli art. 2752, 2758, 2771 e 2772 c.c. dopo le modifi
che introdotte con la 1. 426/75 sopra citata, diretta appunto a coordinare con il nuovo sistema tributario le norme del codice
in materia di privilegi per i crediti tributari dello Stato. Tali
sentenze hanno infatti ritenuto che il privilegio in questione (nei casi esaminati si trattava di quello generale sui mobili, regolato dall'art. 2752 c.c., per i crediti relativi all'imposta sul reddito
delle persone fisiche), mentre si estende agli interessi, ai sensi
dell'art. 2749 c.c., e all'indennità di mora (che assolve alla me
desima funzione risarcitoria degli interessi), non si estende inve
ce — considerato anche il carattere eccezionale, e perciò suscet
tibile di applicazione analogica, delle norme istitutive delle cau
se di prelazione — alle soprattasse per omesso pagamento
dell'Irpef, che hanno carattere non risarcitorio, ma afflittivo
e natura sanzionatoria.
La sentenza 10360/90 (in particolare) ha osservato che il ca
rattere risarcitorio, che può essere riconosciuto a interessi e in
dennità di mora, veri accessori del tributo perché diretti a ripri stinarne il valore in caso di mancato o infedele o tardivo adem
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
pimento dell'obbligo tributario, non trova riscontro nella disci
plina dettata, in tema di imposte dirette, dal d.p.r. 602/73 che,
dopo aver regolato in titoli distinti la materia degli interessi (ti tolo I, art. 9, 20, 21 e 44) estendendo ad essi i relativi privilegi
generali e speciali che assistono le imposte sui redditi (art. 21, ultimo comma), nonché la materia relativa alla indennità di mora
(art. 30), ha poi espressamente disciplinato i privilegi in sede
di riscossione coattiva (titolo II, art. 56), limitandoli ai crediti
d'imposta; ed ha infine dettato apposite regole per quanto ri
guarda le sanzioni (al titolo III), tra le quali ha compreso, oltre
alle pene pecuniarie, appunto le soprattasse, senza perciò fare
alcun richiamo ai privilegi. Ciò diversamente da quanto è di
sposto per l'Iva col d.p.r. 633/72 e per l'Invim dal d.p.r. 643/72,
per le quali l'estensione del privilegio alle sanzioni è espressa
mente prevista. Il che dimostra che, quando con la 1. 426/75
il legislatore dettò il nuovo testo dell'art. 2752, 1° comma, c.c.,
prevedendo per Irpef, Irpeg e Ilor il privilegio per i soli crediti
d'imposta e non anche per le relative eventuali soprattasse e
pene pecuniarie (ferma restando la estensione della prelazione
agli interessi, già disposta dal precedente art. 2749 c.c.), mentre
poi al 3° comma ha riconosciuto invece il privilegio in questio ne in materia di Iva, la diversa regolamentazione non è frutto
di imperfetta formulazione della norma (rimediabile in sede di
interpretazione) bensì' prova del chiaro intento legislativo di «vo
lere» proprio ciò che la norma «dice», ossia la non estensione
del privilegio alla soprattassa al di fuori dei casi in cui è espres
samente prevista. La sentenza 3878/92, analogamente, ha rilevato che la inclu
sione della soprattassa tra le sanzioni e la mancanza di una nor
ma generale che per queste preveda la spettanza dei privilegi, stanno a significare che nel sistema vigente, a differenza di quanto
poteva sostenersi con riferimento a quello antecedente, le so
prattasse non hanno natura tributaria quali prestazioni integra
tive del tributo e perciò ad esse non è estensibile, sulla base
di simile affinità con le imposte cui ineriscono, la disciplina
dei privilegi prevista per queste, che è di carattere eccezionale
e quindi non estensibile a casi non previsti. 3. - Ad avviso di queste sezioni unite, la soluzione data alla
questione dalle sentenze 10360/90 e 3878/92 è quella corretta
e va perciò ritenuta non più applicabile il principio giurispru
denziale fissato con la sentenza 3983/68 di queste stesse sezioni
unite con riferimento al precedente sistema positivo ed al quale si sono poi uniformate le altre sentenze sopra menzionate.
Per bene valutare il quadro normativo in cui tale giurispru
denza ebbe ad esprimersi, va tenuto presente che la disciplina
dettata in tema di privilegi dal codice civile era, per quanto
riguarda i crediti tributari dello Stato, riferita esclusivamente
ai tributi: negli art. 2752 e 2771 si aveva riguardo ai tributi
diretti, negli art. 2758 e 2772 a quelli indiretti, con le specifica
zioni ulteriori in ordine alla natura, generale o speciale, e al
l'oggetto dei singoli privilegi. Nessun riferimento si poteva rin
venire invece alle sanzioni (pene pecuniarie e soprattasse), men
tre per gli interessi relativi ai crediti tributari si faceva riferimento
al disposto generale dell'art. 2749 c.c., concernente l'estensione
del privilegio agli interessi dovuti per l'anno in corso alla data
del pignoramento e per quelli dell'anno precedente (salvo quan
to poi disposto con la 1. 26 gennaio 1961 n. 29 per le imposte
indirette). La disputa perciò sull'estensione del privilegio ai crediti del
l'erario per prestazioni imposte al contribuente aggiuntive ri
spetto a quella concernente il pagamento del tributo, se non
trovava conforto in un'apposita ed espressa disciplina, non tro
vava neppure ostacolo in disposizioni speciali di segno opposto.
E cosi, dopo che fu chiarito (si vedano in proposito le sentenze
5 gennaio 1963, n. 13, id., Rep. 1963, voce cit., n. 7 e 10 otto
bre 1974, n. 2760, ibid., n. 27) che i privilegi possono essere
fatti valere anche relativamente all'indennità di mora e agli in
teressi (per omesso, infedele o ritardato pagamento dell'impo
sta), quali accessori naturali del tributo aventi lo stesso caratte
re pubblicistico dell'imposta si opinò che anche le soprattasse,
intese quale maggiorazione dell'imposta e cioè quale prestazio
ne integrativa, avessero la medesima natura del tributo in base
ai quali venivano determinate e che perciò anche ad esse si esten
devano i privilegi di cui alle citate norme relativi ai crediti
d'imposta. La sentenza delle sezioni unite 16 dicembre 1968, n. 3983,
in ordine al problema della natura della soprattassa, pur dando
Il Foro Italiano — 1993.
atto che un contenuto sanzionatorio è indubbiamente insito nel
l'istituto in esame e pur riconoscendo che la sua funzione non
era quella puramente risarcitoria del danno conseguente alla vio
lazione dell'obbligo tributario, ritenne che l'obbligazione di so
prattassa fosse di natura tributaria, «nel significato più proprio e finalistico di contribuzione pecuniaria imposta coattivamente
dalla legge in considerazione dell'esigenza di reperire entrate per far fronte al costo dell'organizzazione statale».
Ritenne in particolare che questa struttura della soprattassa si ricavasse dalla sua natura di obbligazione civile (in contrap
posto a quella penale delle sanzioni di cui all'art. 3 1. 4/29 e
a quella amministrativa delle pene pecuniarie, di cui al successi
vo art. 4); dal rapporto — di dipendenza e al tempo stesso
di complemento — ravvisabile tra tributo e soprattassa, e dal
regime giuridico risultante dalla disciplina normativa (fissità della
determinazione; diverso modo di applicazione e di riscossione;
diverso termine di prescrizione), caratteristiche, queste, che val
gono ad attrarre la soprattassa nel regime previsto per l'impo sta cui di volta in volta inerisce.
4. - L'assimilazione al regime giuridico dell'imposta, piutto
sto che a quello delle altre sanzioni, non è più consentito nella
nuova disciplina portata dalla riforma tributaria del 1972; e non
è conseguentemente possibile fare ricorso al concetto di sostan
ziale identità tra tributo e soprattassa né al collegamento fun
zionale e indiretto, al fine di applicare ai crediti tributari acces
sori, in difetto di una specifica previsione normativa, i privilegi
che assistono i crediti d'imposta. Nel sistema ora vigente la soprattassa ha visto infatti accen
tuato il proprio carattere di sanzione non penale intesa ad in
durre il contribuente al puntuale adempimento dei suoi obbli
ghi, sotto comminatoria di una prestazione patrimoniale di pronta
liquidazione, applicabile in misura fissa e predeterminata, indi
pendentemente (almeno di regola) da ogni riscontro di ordine
soggettivo. Il suo carattere afflittivo trova conferma nel fatto
che la soprattassa è ormai prevista come sanzione non più ag
giuntiva (come per l'art. 5 1. n. 4 del 1929, secondo cui per le obbligazioni prevedute negli art. 2 e 3 «le leggi finanziarie
possono stabilire, in aggiunta alle sanzioni ivi indicate, che il
trasgressore sia obbligato al pagamento di una soprattassa a
favore dello Stato») ma alternativa rispetto alle pene pecuniarie
(e alle sanzioni penali). Il tutto nell'ambito di un sistema, varia
mente articolato, che vede sanzionate le varie inosservanze del
contribuente con l'uno o con l'altro tipo di sanzione a seconda
della scelta operata dal legislatore. E cosi, in rapida scorsa e senza pretesa di completezza, si
constata che, in materia di imposte dirette (le cui leggi regolatri
ci non vi provvedono) nel d.p.r. n. 600 del 1973, in fase di
accertamento sono previste, al titolo V (sanzioni), art. 46-55,
unicamente pene pecuniarie; nel d.p.r. 602/73, in tema di ri
scossione, al titolo III (sanzioni) sono previste soprattasse in
caso di tardivo o incompleto versamento diretto (art. 92), o
di violazione dell'obbligo di ritenuta alla fonte (art. 95) e pene
pecuniarie nei casi (più gravi) di cui all'art. 93, 94, 96 e 97.
In materia di imposta di registro il d.p.r. 634/72 prevede, nel
titolo (VII) dedicato alle sanzioni, soprattasse solo nel caso di
tardività del pagamento (art. 68, poi riprodotto nell'art. 70 d.p.r.
26 aprile 1986 n. 131) e pene pecuniarie per tutte le altre (più
gravi ipotesi). In materia di Invim il d.p.r. 643/72 prevede inve
ce, all'art. 23, per le violazioni commesse dal contribuente, esclu
sivamente soprattasse (e mai pene pecuniarie), per omessa, tar
diva o infedele dichiarazione. In materia di Iva il d.p.r. 633/72
commina (nel titolo III, dedicato alle sanzioni) soprattasse solo
nel caso di violazione dell'obbligo di versamento dell'imposta
risultante dalla dichiarazione annuale (art. 44, 1° comma) e nel
l'ipotesi di cui al 2° e 3° comma dell'art. 46 di versamento
tardivo (dove la soprattassa, in forma di maggiorazione dell'im
posta, è sostitutiva della pena pecuniaria). In materia di impo
sta sulle successioni e donazioni, nel d.p.r. 637/72 (capo V)
e nel d.leg. 31 ottobre 1990 n. 346 (capo Vili), la soprattassa
è prevista solo in caso di tardività del pagamento (art. 52 di
entrambi i decreti) e la pena pecuniaria per tutte le altre viola
zioni. In materia di imposta ipotecaria, ancora una volta, la
soprattassa è comminata (art. 9.3 d.leg. 31 ottobre 1990 n. 347)
in caso di pagamento tardivo dell'imposta.
Emerge da tale quadro normativo un uso del potere sanzio
natorio da parte del legislatore, diretto a riservare la sanzione
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2483 PARTE PRIMA 2484
della soprattassa, di facile liquidazione per la sua fissità e per il criterio oggettivo di liquidazione, alle ipotesi — solitamente
meno gravi — di tardivo adempimento dell'obbligo tributario.
Le leggi finanziarie emesse con la riforma tributaria, in forza
sempre del potere di scelta tra i vari tipi di sanzioni civili (cioè non penali) da applicare ai sensi della 1. n. 4 del 1929 (ancora richiamata nel d.p.r. 600/73, art. 70) e tenendo conto del so
pravvenuto precetto costituzionale di cui all'art. 53 per quanto
riguarda il riferimento alla capacità contributiva del debitore
d'imposta, hanno decisamente sospinto le soprattasse nell'area
delle sanzioni ed hanno fatto venire meno quelle caratteristiche
che, nel precedente sistema, avevano indotto la giurisprudenza e parte della dottrina a optare per la tesi della natura tributaria
delle c.d. obbligazioni accessorie poste a carico del contribuente.
Va infatti tenuto presente che oggi la funzione risarcitoria
(che già la sentenza 3983/68 di queste sezioni unite aveva di
mensionato nel senso sopra ricordato, collegandolo poi all'one
re causato all'erario dalla mancata collaborazione del contri
buente) è stata chiaramente affidata al regime degli interessi
sull'imposta. La relativa materia è ora compiutamente contenu
ta, in tema di imposte dirette, nel titolo I del d.p.r. 602/73, che distingue tutti i possibili casi di danno per violazione del
l'obbligo tributario che i vari tipi di interesse, assieme all'inden
nità di mora, sono diretti a indennizzare. La funzione risarcito ria non può essere invece più riconosciuta alle soprattasse, nep
pure nel più limitato senso di concorso nelle maggiori spese
generali occorrenti allo Stato per l'accertamento e la riscossione
in caso di inosservanza dell'obbligo tributario, le quali fanno
parte della spesa pubblica che l'erario, a norma dell'art. 53 Cost.,
può recuperare con lo strumento fiscale dell'imposta da tutti i cittadini in ragione della loro capacità contributiva.
Il carattere sanzionatorio della soprattassa emerge comunque, in modo assolutamente dirimente, dal fatto che oggi anche le
soprattasse, come le pene pecuniarie, sono soggette a riduzioni
(art. 48, 1° comma, d.p.r. 633/72; 29, ultimo comma, d.p.r.
642/72; 24, 3° comma, d.p.r. 643/72; art. 52 d.leg. 346/90), al pari delle pene pecuniarie; dal fatto che in altre ipotesi (art.
48, 3°, 4° e 6° comma, d.p.r. 633/72; 32, ultimo comma, d.p.r.
642/72) è prevista l'applicabilità alle soprattasse delle esimenti
concesse in materia di pena pecuniaria; dal fatto che è possibile fruire della continuazione (prevista già dall'art. 8 1. 4/29); che
inoltre in altre ipotesi (art. 46 e 48 d.p.r. 633/72) è prevista addirittura la fungibilità tra detti due tipi di sanzione, potendo si «convertire» la pena pecuniaria in soprattassa. Tutte tali di
sposizioni sarebbero infatti certamente incompatibili con la na
tura tributaria della soprattassa, non potendosi ipotizzare per le imposte una riduzione o una esenzione che siano collegati a comportamenti dei contribuenti successivi al momento costi tutivo del rapporto tributario e che nulla hanno a che fare con
i presupposti impositivi. E anzi tale considerazione porta a ribadire quello che era il
principale argomento addotto contro la natura tributaria della
soprattassa, intesa quale prestazione integrativa del tributo, avente
la stessa sua matrice. Del tutto diverso è infatti il presupposto al quale è collegata l'applicazione della soprattassa, rispetto a
quello cui è invece subordinato l'adempimento dell'obbligazio ne tributaria. Non è cioè unica la matrice di imposta e soprat tassa se si ha riguardo al momento e ai presupposti ai quali è collegato l'obbligo di prestazione dell'una e dell'altra: nel ca so dell'imposta, il presupposto consiste in una manifestazione di ricchezza quale espressione di capacità contributiva; nel caso
della soprattassa invece il presupposto si identifica con la tra
sgressione di una norma, la cui violazione costituisce illecito
(qualificato come civile, già con la 1. 4/29, sia per le soprattasse le pene pecuniarie). E ben diversa è anche la funzione che im
posta e soprattassa hanno nel sistema: la prestazione patrimo niale richiesta come tributo ha la finalità di consentire allo Sta to di far fronte alle spese pubbliche, mentre quella concernente la soprattassa ha solo lo scopo di rafforzare la tutela di tale interesse statuale contro i comportamenti infedeli o illeciti del contribuente. Ed è perciò anche inappropriato parlare di «rap porto di dipendenza e complementarietà» (come fa, ad esem
pio, la sentenza 9320/90) perché tale locuzione, pur esaminan do il rapporto tributario nel suo insieme anche nel momento
funzionale della violazione, non vale certamente a dimostrare la natura tributaria ex se della soprattassa.
Resta solo da aggiungere che gli argomenti addotti dalla più
Il Foro Italiano — 1993.
antica giurisprudenza (ma ribaditi anche nella sentenza 494/91
sopra citata) a sostegno della natura tributaria della soprattassa sono in realtà privi di valore o inesatti, alla luce del nuovo
sistema tributario.
In particolare: a) l'applicazione ad opera dello stesso organo accomuna anche le pene pecuniarie; e lo stesso è a dirsi anche
per quanto riguarda l'atto di irrogazione della sanzione (art. 98 d.p.r. 602/73, in tema di imposte dirette e, esemplificativa
mente, art. 54 d.p.r. 637/72 e 73 d.p.r. 634/72, in materia di
imposte indirette); e quando strumento di riscossione è il ruolo, in questo risultano iscritti imposta, soprattassa e pena pecunia
ria, b) per quanto riguarda i termini di prescrizione, il potere di irrogazione (che nel regime dell'art. 17 1. 4/29 vedeva acco
munate imposta e soprattassa) deve essere esercitato, sia per le soprattasse che per le pene pecuniarie, almeno di regola, nei
medesimi termini, mentre spesso diverso è il termine di prescri zione (rectius ora, di decadenza) previsto in materia di imposte;
c) non è esatto che identiche siano le modalità di riscossione della soprattassa e delle imposte in quanto, almeno per quanto
riguarda le imposte dirette e l'Iva, mentre l'imposta è riscossa,
per un terzo, a seguito dell'accertamento, le soprattasse sono
iscritte a ruolo, in via provvisoria, solo dopo la decisione della
commissione tributaria di secondo grado. 5. - All'esito di tale esame, può affermarsi che non esistono,
nel sistema oggi vigente, elementi che consentano di risolvere
il problema della estensione dei privilegi alle soprattasse, per
qualsiasi tributo e in particolare per quello (l'Irpef) oggetto del
la presente controversia, facendo ricorso ai principi generali, 0 a disposizioni normative di diverso contenuto, al fine di fon
dare detta estensione su una sostanziale identità di natura tri butaria.
Va anzi detto che un ostacolo insormontabile è costituito dal
fatto che il regime dei privilegi, per il contenuto limitativo che
esso presenta nei confronti del debitore (e in particolare di quel lo d'imposta) non può essere interpretato, in caso di mancata
previsione espressa, in via analogica. Le norme che prevedono 1 privilegi sono cioè di stretta interpretazione e non consentono
l'applicazione alle soprattasse di disposizioni che fanno riferi
mento esplicito solo al credito d'imposta. Fatta questa premessa, e con riferimento alla disciplina che
si registra sul punto sia nelle varie leggi tributarie che regolare le singole imposte, sia nelle disposizioni sopra richiamate del
codice civile, nel testo che oggi esse hanno assunto dopo le mo
difiche apportate con la 1. 426/75, va rilevato che il privilegio
generale sui mobili assiste (art. 2752 c.c.) i crediti dello Stato
per imposta relativamente a Irpef, Irpeg e Ilor; che sempre con
riferimento a tali imposte l'art. 2759 concede poi il privilegio
speciale su tali mobili; che analoga previsione è contenuta nel l'art. 2771 per le imposte sui redditi immobiliari; che per i tri
buti indiretti gli art. 2758 e 2772 concedono privilegio mobiliare
e immobiliare, sempre relativamente a detti tributi, diretti e in
diretti. In tali norme, dove figurano locuzioni del tipo «limita
tamente all'imposta», non è prevista la estensione del privilegio alle soprattasse (né alle pene pecuniarie), salvo che nell'art. 2752, 3° e 4° comma, quanto al privilegio generale sui mobili, dove — ai soli fini dell'imposta sul valore aggiunto — si dispone che hanno tale privilegio «i crediti dello Stato per le imposte, le pene pecuniarie e le soprattasse». La medesima disposizione era contenuta già nel d.p.r. 633/72 che aveva introdotto detto
tributo, all'art. 62, 3° comma (sempre con riguardo a imposta, pena pecuniaria e soprattassa); ed anche nell'art. 28, 1° com
ma, d.p.r. 643/72, in materia di Invim, questa volta con riferi
mento alla imposta e alle relative soprattasse e agli interessi.
Una previsione specifica di privilegi si rinviene poi, per quan to riguarda le imposte dirette, nel d.p.r. 602/73, il quale contie
ne una norma — l'art. 56 — che già dettava le disposizioni poi trasfuse nel nuovo testo degli art. 2752, 2759, 2771 e 2772
c.c. e contiene altresì una espressa estensione dei privilegi, oltre
che ai crediti d'imposta, anche agli interessi, per ritardata pre scrizione a ruolo e per prolungata rateazione (art. 21, 3° com
ma). Nessuna disposizione invece si rinviene, in sede propria, nel successivo titolo III di tale decreto, là dove si regolano le
sanzioni, lasciando cosi chiaramente intendere, in un testo in
cui si precisano i limiti dei privilegi per crediti d'imposta e li si estendono solo agli interessi (che sono una forma reintegrati va del debito d'imposta), che almeno in materia di imposte di
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
rette la mancata estensione dei privilegi alle soprattasse (come alle pene pecuniarie) fu voluta; cosicché quando la 1. 426/75
dettò il nuovo testo degli art. 2752 e 2771 c.c. in materia di
imposte sui redditi mobiliari e immobiliari certamente non volle
concedere il privilegio anche alle sanzioni. In tema di imposte indirette poi, oltre alle due espresse eccezioni fatte per Iva (pre sumibilmente perché si intese rafforzare la forza intimidatrice
della sanzione, per un'imposta per la quale è richiesto un alto
grado di collaborazione da parte del contribuente) e per l'In
vim, relativamente al privilegio sugli immobili trasferiti (presu mibilmente per ampliare la sfera di incidenza della garanzia reale
sui beni che costituiscono l'oggetto dell'imposta e rispetto ai
quali si è verificata la violazione sanzionata). Nessuna norma
del genere si rinviene in altri testi normativi ed anzi in taluni
(ad esempio nel d.leg. 347/90 sull'imposta ipotecaria, all'art.
8, si riscontra una previsione del privilegio ancora una volta
limitata al solo credito d'imposta, mentre per le sanzioni (com
presa la soprattassa) il successivo art. 9 nulla aggiunge. A questo punto la conclusione cui occorre pervenire non può
essere che quella della non estensione del privilegio alle soprat tasse se non nelle ipotesi espressamente previste e cioè in mate
ria di Iva e di Invim, da intendersi come disposizioni ecceziona
li e non applicabili in via analogica ad ipotesi tributarie diverse.
Nessuna equiparazione essendo consentita, per quanto in prece denza detto, tra imposta e soprattassa (cui corrispondono debiti
distinti per natura giuridica e per regolamentazione), deve per ciò ritenersi — con riferimento alla questione che forma ogget to della presente causa — che la regolamentazione dei privilegi in materia di Iva e di Invim non può essere estesa anche in
materia di imposte dirette e in particolare di Irpef. Può poi aggiungersi, con riferimento al caso di specie, che
riguarda una soprattassa applicata nei confronti di un sostituto
d'imposta, che merita speciale considerazione il fatto che il de
bito per soprattassa grava su un soggetto (poi fallito) diverso
dal debitore principale d'imposta. Ciò in quanto in siffatta ipo tesi l'esigenza di una specifica previsione del privilegio, destina
to ad operare sul patrimonio del sostituto, richiede ancor più un preciso riscontro in una apposita disposizione di legge.
6. - Alla luce dei principi sin qui esposti risulta pertanto cor
retta la soluzione adottata dalla corte territoriale sulla questione sin qui trattata e si rivela, al tempo stesso, privo di fondamento
il primo motivo del ricorso per cassazione. Parimenti infondato è poi anche il secondo motivo di ricor
so, col quale si prospetta una situazione di diseguaglianza tra
posizioni simili, rilevante ai sensi dell'art. 3 Cost., che dovreb
be indurre a rimettere gli atti alla Corte costituzionale.
La questione è infatti manifestamente infondata, una volta
esclusa la funzione risarcitoria della soprattassa, che ha natura
afflittiva e sanzionatoria anche quando questa è (eccezionalmente) assistita da privilegio, ove si consideri che — stante la diversità
dei singoli tributi, pur se parimenti tutelati da apposite sanzioni — il diverso grado di garanzia che assiste i crediti dello Stato
in materia di soprattassa è correlato a ragioni del tutto partico
lari, che sono proprie solo di quelli garantiti da privilegio. Né è rilevante, sul piano dell'efficacia delle sanzioni appre
state dalle leggi finanziarie, il diverso grado di intimidazione
o di afflizione che (come pure si sostiene dalla ricorrente) le
soprattasse avrebbero a seconda che siano assistite, o meno,
dal privilegio, spettando alla discrezionalità del legislatore fi
nanziario di stabilire quali crediti è opportuno garantire in mo
do particolare, assicurando cioè il privilegio oltre che per il cre
dito d'imposta anche per il credito relativo alla soprattassa. In definitiva il ricorso deve essere rigettato.
Il Foro Italiano — 1993.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 5 mag
gio 1993, n. 5188; Pres. Bile, Est. Di Nanni, P.M. Iannelli
(conci, conf.); Barbiano di Belgioioso (Avv. Mezzanotte,
Garbagnati) c. Malinverni (Avv. Merlino, Gobba, C. Ro
mano). Cassa App. Milano 30 maggio 1989.
Contratti agrari — Diritto di ripresa — Soggetto equiparato — Limiti all'esercizio del diritto (L. 3 maggio 1982 n. 203, norme sui contratti agrari, art. 7, 42).
Il soggetto equiparato al coltivatore diretto ex art. 7 l. 203/82
che eserciti il diritto di ripresa dì cui all'art. 42 deve impe
gnarsi all'esercizio dell'impresa agricola in proprio, con l'ap
porto sia pure manuale dei familiari che siano coltivatori di
retti, e sempreché il ricorso al lavoro di salariati estranei non
superi i due terzi del fabbisogno per la coltivazione del fon
do; per contro, non può il soggetto equiparato riversare inte
ramente sui familiari la coltivazione del fondo. (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso al Tribunale di Pa
via, sezione specializzata agraria, del 23 maggio 1986 Antonella
(1) Il ricorrente, soggetto equiparato al coltivatore diretto, perché in
possesso di diploma di perito agrario (art. 7 1. 203/82), aveva esercitato il diritto di ripresa ex art. 42 dichiarando che intendeva assumere la conduzione del fondo con l'aiuto della madre e del fratello entrambi coltivatori diretti. La domanda di ripresa veniva rigettata dai giudici di primo e secondo grado, e questi ultimi giustificavano il rigetto assu
mendo che il ricorrente non si era assunto l'obbligo della personale coltivazione del fondo, ma si era riservata la facoltà di riversare sulla madre e sul fratello quell'impegno.
La sentenza in epigrafe ha accolto il ricorso, affermando il principio di cui in massima.
Il principio di diritto affermato poggia sulla considerazione che il
legislatore, ai fini dell'esercizio del diritto di ripresa ex art. 42, richiede
sia per il coltivatore diretto che per l'equiparato l'effettività della colti vazione del fondo da parte del nuovo soggetto, anche se il concetto di coltivazione per l'equiparato «non coincide con quello di operazioni materiali, potendo concretizzarsi nel compimento di tutte le attività di
programmazione, direzione ed organizzazione dell'attività agricola». A parte la specificazione della «coltivazione diretta», di cui il sogget
to equiparato deve farsi carico per esercitare il diritto di ripresa, la
sentenza conferma l'orientamento della Suprema corte secondo cui i
requisiti di cui alla lett. b) dell'art. 42 devono essere presenti anche
nel caso che il diritto di ripresa sia esercitato dal soggetto equiparato o a suo favore (v. Cass. 29 maggio 1986, n. 3653, Foro it., 1986, I,
2470, con note critiche di D. Bellantuono e Jannarelli; 7 maggio
1990, n. 3776, id., 1991, I, 210; 12 agosto 1992, n. 9540, id., Mass., 840). Le critiche all'orientamento anzidetto attengono in particolare al re
quisito di cui alla lett. b) dell'art. 42 (presenza nella famiglia di chi
esercita il diritto di ripresa, al momento della intimazione della disdet
ta, di almeno una unità attiva coltivatrice diretta di età inferiore ai
cinquantacinque anni), richiesto per l'equiparato sia che questi eserciti
direttamente il diritto di ripresa e sia che il diritto sia esercitato a suo
favore. Si è osservato che il requisito di cui alla lett. b) dell'art. 42 non è
necessario, in quanto l'impresa che va a costituire l'equiparato con l'e sercizio del diritto di ripresa non può essere fatta corrispondere a quella che va a costituire il coltivatore diretto che esercita il diritto, non essen do ammissibile far diventare l'equiparato coltivatore diretto.
Uno spiraglio sulla questione è stato aperto da Cass. 14 luglio 1989, n. 3300, id., 1991, I, 210, con osservazioni di D. Bellantuono ed ivi
richiami: la sentenza ha affermato che, nel caso in cui il fondo non
richiede l'attività che può fornire l'equiparato, per un fondo di modeste
dimensioni o per un fondo in cui non sono necessarie attività complesse
(es. allevamento del bestiame), l'equiparato per il valido esercizio del diritto di ripresa deve avere nella propria famiglia la disponibilità di
una unità attiva coltivatrice diretta di età inferiore ai cinquantacinque
anni; peraltro, ha anche affermato che, se il fondo richiede l'attività
organizzativa e direzionale dell'equiparato, non è necessario il familiare
di cui alla lett. b) della norma.
Quest'ultima affermazione di Cass. 3300/89 non ha avuto seguito,
prevalendo l'orientamento circa la necessità dei requisiti di cui alle lett.
b), c), d) dell'art. 42 per l'esercizio del diritto di ripresa dell'equiparato. Come già detto in altra occasione, se è apprezzabile la preoccupazio
ne della Suprema corte che l'esercizio del diritto di ripresa possa costi
tuire un facile espediente per la riduzione dell'area dei coltivatori a con
tratto, va tuttavia osservato che la lettura rigoristica della norma, per vero di una norma infelicemente formulata, finisce per alimentare l'an
tica diatriba sulle qualifiche agricole, laddove si lamenta una tutela ec
cessiva del coltivatore diretto. [D. Bellantuono]
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