sezioni unite civili; sentenza 6 novembre 1984, n. 5603; Pres. Mirabelli, Est. Iannotta, P. M.Caristo (concl. conf.); Manzione (Avv. Barenghi) c. R.a.i.-TV (Avv. Scognamiglio). Dichiarainammissibile ricorso avverso Trib. Roma, ord. 27 gennaio 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1985), pp. 2055/2056-2057/2058Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177812 .
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2055 PARTE PRIMA 2056
2. - È difficile dire, sulla base di queste proposizioni insieme
apodittiche e generiche, se la corte d'appello abbia condiviso, in
via di principio, l'opinione del tribunale in ordine al coordina
mento dell'art. 1901 con l'art. 1460, 2° comma, c.c.; certo è che
la sentenza non fa riferimento a questa seconda disposizione e
soprattutto manca un'indagine riconducibile al precetto ivi enun
ciato, diretta a stabilire, cioè, se la sospensione dell'esecuzione del
contratto possa dirsi conforme a buona fede in presenza di un
comportamento della società assicuratrice quale quello estrinseca
tosi nella prassi ora accennata, riconosciuta esistente, a quanto
sembra, dalla stessa pronunzia (la quale anche sul punto non è
chiara). Al riguardo questa corte ha altre volte affermato, in consonan
za con quasi tutta la dottrina, che la sospensione della garanzia
assicurativa è una particolare espressione dell'istituto dell'eccezio
ne di inadempimento, in quanto è ugualmente conseguenza della
mancata attuazione della funzione del rapporto e ha lo scopo di
evitare, legittimando l'inesecuzione della prestazione dovuta dal
contraente non inadempiente, l'alterazione della corrispettività in
pregiudizio di quest'ultimo. E ciò conduce a ritenere applicabile anche alla fattispecie in esame il disposto del 2" comma dell'art.
1460 c.c., che esclude l'opponibilità dell'eccezione di inadempi mento quando il suo esercizio sia contrario a buona fede.
A sostegno dell'opposta opinione non può essere invocata.,
infatti, la circostanza che la sospensione della garanzia assicurati
va è prevista ex lege quale automatica conseguenza del mancato
pagamento del premio, mentre nelle ipotesi ordinarie l'esonero
(temporaneo) dalla prestazione postula l'iniziativa della parte
obbligata (l'exceptio). Questo diverso modo di operare della
tutela, come non vale a sottrarla alla disponibilità dell'assicurato
re, cosi non interferisce con il principio di reciproca correttezza che agisce come limite di ammissibilità del rimedio, per cui
l'assicuratore medesimo non può invocare la sospensione, ex art.
1901, 2° comma, se il rifiuto della propria prestazione è contrario
a buona fede (v. sent. n. 3290/78, Foro it., Rep. 1979, voce
Assicurazione (contratto), n. 126). La quale, poi, come pure è
stato più volte chiarito in tema di eccezione di inadempimento, deve essere intesa in senso oggettivo e perciò il giudizio sul rifiuto della prestazione non dipende dalla qualificazione, in termini di dolo e colpa, dell'inadempimento dell'altro contraente, ma implica una valutazione complessiva delle concrete circostanze
che nella dinamica del rapporto assumono rilievo ai fini del
presupposto della sospensione (cioè, nella specie, del mancato
pagamento dei premi), comprese, ovviamente, quelle attinenti a!
comportamento o alla sfera soggettiva di chi oppone l'exceptio.
Appunto un'indagine siffatta manca, come si è anticipato, nella
sentenza in esame, la quale non ha affattto preso in esame il
comportamento della società assicuratrice in relazione alle ragioni del mancato pagamento dei premi e conseguenzialmente alla
correttezza del rifiuto della garanzia assicurativa.
Essa, invece, si è occupata soltanto della condotta dell'assicura
to, giudicandola contraria a buona fede per il solo fatto della
mancata osservanza delle clausole relative alle modalità di paga mento del premio, che vietano ogni altro tipo di solutio, e,
dunque, anche la prassi che si sarebbe instaurata. Ma questo
apprezzamento, se riferito all'elemento soggettivo dell'inadempi
mento in quanto eviidenziante, cioè, la colpa del Sarfatti, non è
influente sul tema dell'indagine, posto che, per quanto si è detto,
l'inadempimento va considerato in modo oggettivo e deve essere va
lutato, invece, il successivo comportamento della società assicuratri
ce; se riferito anche a quest'ultima, nel senso che evidenzierebbe a
contrario la conformità a buona fede del rifiuto, il giudizio risulta
illogico e arbitrario, in quanto non si comprende come in
presenza della prassi innanzi descritta, che implicava la parteci
pazione attiva e primaria della società assicuratrice (o di suoi
incaricati), sia suscettibile di essere qualificato di mala fede il
comportamento dell'assicurato e conforme a buona fede quello
della società, laddove è evidente che una valutazione in termine
di buona o di mala fede è improponibile in relazione ai compor
tamenti concretizzanti quella prassi, voluta o accettata da en
trambe le parti. Al qual proposito giova precisare, anche per dissipare un
equivoco in cui sembra essere incorso il procuratore generale, chi
la sentenza non si è occupata, e non doveva occuparsi, del
rapporto tra la società di assicurazioni e il suo agente in Busto
Arsizio, giacché non v'è questione circa l'imputazione alla prima
dell'attività svolta dal secondo quanto alla riscossione dei premi;
non è possibile, dunque, distinguere le due posizioni e, in verità,
neppure la società controricorrente ha mai sostenuto la sua
estraneità alla condotta dell'agente (avendo, invece, sempre con
II Foro Italiano — 1985.
testato l'esistenza stessa della prassi: v., fra l'altro, i capitoli delia
prova testimoniale articolata in appello).
Si tratta di stabilire, si ripete, se l'accettazione da parte dell'Assi
talia di modalità di pagamento dei premi diverse da quelle
convenute abbia o non abbia influenza sul successivo diniego
della garanzia assicurativa, rendendolo contrario a buon fede; e
questa indagine dovrà essere svolta nel giudizio di rinvio, se il
nuovo giudice designato — nel suo sovrano apprezzamento d;
merito — riterrà di confermare il giudizio espresso dal tribunale
in ordine alla consistenza della prassi instauratasi per la riscos
sione.
3. - Pertanto, in accoglimento del primo motivo, che comporta l'assorbimento del secondo, la causa deve essere cassata con
rinvio ad altro giudice, che si designa in una diversa sezione
della Corte d'appello di Milano, la quale procederà a nuovo
esame della controversia attenendosi al seguente principio di
diritto: « Il disposto del 2° comma dell'art. 1460 c.c., che nei
contratti a prestazioni corrispettive non consente l'eccezione di
inadempimento quando il rifiuto della prestazione sia contrario a
buona fede, si applica anche alla fattispecie prevista dall'art.
1901, 2° comma, c.c., che costituisce una particolare espressione dell'istituto dell'eccezione di inadempimento, e perciò, in caso di
mancato pagamento di premi, l'assicuratore non può invocare tale
disposizione, e negare, quindi, la copertura assicurativa, se la
sospensione dell'efficacia del contratto è contraria a buona fede.
L'accertamento della illiceità del rifiuto è rimessa al giudice di
merito e, trattandosi di mala fede in senso oggettivo, deve
riguardare il comportamento di entrambe le parti, a prescindere
dalla consapevolezza dell'inadempimento della parte cui viene
opposto il rifiuto ». (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 6
novembre 1984, n. 5603; Pres. Mirabelli, Est. Iannotta, P. M.
Caristo (conci, conf.); Matizione (Aw. Barenghi) c. R.ai.-TV
(Avv. Scognamiglio). Dichiara inammissibile ricorso avverso
Trib. Roma, orci. 27 gennaio 1983.
Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Sentenza di
primo grado — Esecuzione provvisoria — Ordinanza di so
spensione del giudice d'appello — Ricorso per cassazione —
Inammissibilità (Cost., art. Ill; cod. proc. civ., art. 431).
È inammissibile il ricorso per cassazione ex art. Ill Cost, avverso
l'ordinanza di sospensione della provvisoria esecuzione della
sentenza di primo grado nel rito del lavoro, poiché si tratta di
provvedimento a carattere cautelare come tale destinato ad
essere superato e assorbito dalla sentenza di secondo grado. (1)
(1) In argomento, nello stesso senso, cfr. Cass. 10 marzo 1979, n.
1516, Foro it., Rep. 1979, voce Lavoro e previdenza (controversie), n.
380 e più perspicuamente Cass. 23 gennaio 1978, n. 302, id., 1978, I,
581, con nota di richiami di C. M. Barone. In dottrina v. Carpi, La provvisoria esecutorietà della sentenza,
Milano, 1979, 297 ss.
In generale sull'inammissibilità del ricorso per cassazione avverso i
provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c., data la loro natura
provvisoria e strumentale, l'orientamento della giurisprudenza è co
stante: v., da ultimo, Cass. 1° marzo 1985, n. 1782, e 15 di
cembre 1984, n. 6579, id., 1985 I, 1684, con nota di richiami. In
senso contrario (ma completamente isolata nella sua posizione) cfr.
Cass., sez. un., 3 ottobre 1977, n. 4180, id., 1978, I, 1409, con
osservazioni critiche di F. Cipriani, Atti urgenti e provvedimenti
cautelari durante la sospensione del processo di merito.
In riferimento alla sola ordinanza di rigetto dell'istanza di provve dimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. c configurable la condanna alle
spese processuali e con riguardo a tale ultima statuizione l'ordinanza
ha natura decisoria ed è impugnabile in Cassazione a norma dell'art.
Ill Cost.: v. Cass., sez. un., 17 ottobre 1983, n. 6067, id., 1984, I,
159, con osservazioni di A. Proto Pisani (e Giust. civ., 1984, 1, 129
con nota di Frisina) nelle quali si dà conto peraltro di Cass., sez. un.,
12 dicembre 1983, n. 7319 (Foro it., Rep. 1984, voce Provvedimenti
d'urgenza, n. 77, e in Giust. civ., 1984, I, 3112 con nota di D.
Grossi, Questioni in tema di sospensione del procedimento ex art 700
e di condanna alle spese del procedimento cautelare) in cui, nonostante
si asserisca l'inammissibilità di una pronuncia sulle spese in sede di
procedimento ex art. 700 c.p.c., si afferma tuttavia che, una volta
avvenuta la statuizione in merito, la relativa ordinanza ha contenuto
decisorio e pertanto è possibile proporre ricorso per cassazione.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Il Pretore del lavoro di Roma, con sentenza 2 dicembre 1982, condannava la R.a.i.-TV al paga mento in favore di Gaetano Manzio-ne della somma di lire
93.584.010, oltre agli interessi ed alla svalutazione monetaria, per differenze retributive relative al periodo novembre 1972-luglio 1981 sulla base di un precedente giudicato inter partes contenente l'accertamento della qualifica spettante al predetto e della norma
tiva applicabile al rapporto. In forza del dispositivo dà tale sentenza di condanna, letto
all'udienza del 29 ottobre 1982, il Manzione intimava precetto di
pagamento per lire 413.327.005 e procedeva quindi a pignoramen to presso terzi con atto del 17 dicembre 1982.
All'azione esecutiva la R.a.i.-TV reagiva proponendo opposizio ne ex art. 618 bis c.p.c. e richiedendo la sospensione dell'esecu
zione; spiegava successivamente (il 29 dicembre 1982) appello con
riserva dei motivi avverso la sentenza pretorile, ai sensi dell'art.
433, 2° comma, c.p.c., formulando istanza di sospensione della
provvisoria esecutorietà della sentenza stessa.
Il giudice dell'esecuzione, a seguito della dichiarazione positiva resa dal terzo pignorato (Banco di Roma), con provvedimento del
17 gennaio 1983, assegnava al Manzione — sulla maggior somma
di cui al precetto — l'importo di lire 110.000.000, immediatamen
te pagato dal terzo pignorato, disattendendo la richiesta di
sospensione della procedura e rinviando in prosieguo il computo della rivalutazione monetaria del credito, da effettuarsi previo esame della motivazione della sentenza pretorile di condanna.
Il Tribunale del lavoro di Roma, provvedendo sull'istanza di
sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza di primo
grado, sospendeva, con ordinanza del 27 gennaio 1983, l'efficacia
esecutiva di detta sentenza per la parte eccedente l'importo di
40.000.000. La Radiotelevisione italiana chiedeva pertanto al Man
zione la restituzione di 70.000.000 a titolo di differenza fra i suddet
ti 40.000.000 e la maggior somma assegnata dal giudice del
l'esecuzione.
Avverso il provvedimento del Tribunale di Roma il Man
zione ha proposto ricorso per cassazione, ex art. Ill Cost.,
svolgendo tre motivi di annullamento successivamente illustrati
con memoria. Resiste con controricorso, ugualmente illustrato con
memoria, la R.a.i.-TV. In relazione alla denuncia di difetto di
giurisdizione del Tribunale di Roma, contenuta nel primo motivo,
il ricorso è stato assegnato alle sezioni unite.
Motivi della decisione. — Preliminare all'esame dei motivi del
ricorso è l'indagine diretta a stabilire se il provvedimento impu
gnato — ordinanza del giudice di appello che ai sensi dell'art.
431, 3° e 4" comma, c.p.c., nel testo modificato dalla 1. 11 agosto
1973 n. 533, sospende in parte la provvisoria esecuzione della
sentenza di primo grado — possa essere assunto, per i suoi ca
ratteri formali e sostanziali, in alcuna delle categorie di prov
vedimenti in relazione alle quali l'art. Ili, 2° comma, Cost,
prevede il rimedio del ricorso per cassazione.
A norma dell'art. Ill Cost., integrativo dell'art. 360 c.p.c.,
perché di immediata applicazione, è sempre ammissibile il
ricorso per cassazione per violazione di legge contro le sentenze e
contro i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli
organi giurisdizionali, ordinari o speciali. Tralasciando i provvedimenti sulla libertà personale perché del
tutto estranei alla fattispecie, occorre precisare che per costante
indirizzo di questa Corte suprema il termine « sentenza » usato
dalla norma costituzionale non va inteso in senso rigorosamente letterale, come provvedimento emesso nelle forme e nei casi di
cui agli art. 132 e 279 c.p.c., ma va interpretato estensivamente in
modo da comprendere qualunque provvedimento che, oltre ad
essere stato emesso da un organo giurisdizionale nell'esercizio
della funzione che gli è propria, sia provvisto dei requisiti della
decisorietà e della definitività, nel senso che, ancorché definito
ordinanza o decreto, incida su diritti soggettivi, abbia piena attitudine a produrre, eon efficacia di giudicato, effetti di diritto
sostanziale e processuale sul piano contenzioso, sul piano cioè
della composizione degli interessi contrapposti, e non sia soggetto ad alcun altro mezzo di impugnazione (Cass. 14 luglio 1972, n.
2399, Foro it., Rep. 1972, voce Cassazione civile, n. 61; 7 marzo
1977, n. 924, id., 1977, I, 2728; 2 aprile 1980, n. 2143, id., Rep.
1980, voce cit., n. 29; 3 aprile 1981, n. 1893, id., Rep. 1981, voce
cit., n. 36).
L'interpretazione della citata disposizione costituzionale sulla
base della nozione di sentenza in senso sostanziale si giustifica con il rilievo che l'eventuale ingiustizia di un provvedimento
avente contenuto decisorio, e non soggetto ad alcun altro rimedio,
può determinare un irreparabile pregiudizio alla parte soccomben
II Foro Italiano — 1985 — Parte I-132.
te senza la possibilità di riesame da parte del supremo organo giurisdizionale; pregiudizio non configurabile in relazione a un
provvedimento di altro contenuto per essere questo modificabile dallo stesso organo che lo ha emesso o da altri organi in sede
giurisdizionale contenziosa. In applicazione di siffatti criteri di ordine generale, è agevole
rilevare che il provvedimento impugnato dal Manzione difetta non solo dei caratteri formali ma anche di quelli sostanziali di sentenza richiesti per l'esperibilità del ricorso per cassazione
contemplato dall'art. Ili, 2° comma, Cost. L'ordinanza di sospensione della esecuzione emessa dal giudice
di appello ex art. 431 c.p.c., nel testo novellato, non ha invero carattere decisorio ma contenuto ordinatorio; non risolve alcuna controversia sul piano contenzioso con effetto di giudicato, ma si limita a neutralizzare, in tutto o in parte, l'efficacia esecutiva ope legis della sentenza di primo grado, per la durata del giudizio d'appello senza pregiudicare la decisione della causa rimessa alla sentenza definitiva di secondo grado (Cass. 23 gennaio 1978, n.
302, id., 1978, I, 581). Non giova sottolineare — in senso contrario — che l'ordinanza
in parola è dichiarata espressamente non impugnabile, perché siffatta caratteristica sta ad indicare che non è possibile la re voca o modifica da parte del giudice che l'ha emessa e non anche che i relativi effetti siano definitivi ed immodificabi li. Trattasi, invero, di un provvedimento cautelare e provvisorio che si esaurisce nell'ambito del giudizio di appello in quanto destinato ad essere superato ed assorbito dalla sentenza di secondo
grado, l'unica risolutiva di ogni questione dedotta in giudizio. Per sfuggire alla conclusione esposta, il ricorrente non censura
l'indicato inquadramento della pronuncia di sospensione dell'ese cuzione emessa ex art. 431 c.p.c., ma attribuisce al provvedimento qui impugnato un contenuto concreto particolare e diverso. As sume che il giudice di appello, decidendo nella specie in data successiva all'assegnazione ad esso Manzione dell'importo di lire
110.000.000, disposta dal giudice dell'esecuzione, avrebbe in sostanza modificato definitivamente tale ultimo provvedimento, al
punto da determinare anche la revoca di detta assegnazione da
parte dello stesso giudice dell'esecuzione, oltre alla richiesta della R.a.i.-TV di restituzione della somma di 70.000.000, pari alla dif ferenza tra l'importo inizialmente assegnato e quello di 40.000.000 ancora sorretto da titolo esecutivo.
Siffatta costruzione non merita consenso. Il Tribunale di Roma ha deciso, come risulta dagli atti ed in particolare dal tenore della ordinanza emessa, unicamente sull'istanza di sospensione della prov visoria esecuzione della sentenza di primo grado, nell'ambito specifi co della impugnazione con riserva dei motivi previsti dall'art. 433, 2° comma, c.p.c.
Non ha provveduto, invece, come giudice di appello rispetto al
provvedimento di assegnazione emesso in sede esecutiva, né ha
disposto alcunché in ordine a detta assegnazione. L'accertamento dell'incidenza dell'ordinanza in discorso sul
processo esecutivo e sui provvedimenti in quella sede già emessi,
integra un problema distìnto e diverso che va risolto dallo stesso
giudice dell'esecuzione o da quello eventualmente adito per la restituzione delle somme versate in forza della sentenza di primo grado successivamente privata di efficacia esecutiva.
La tutela del creditore potrà pertanto essere assicurata nelle
competenti sedi senza possibilità di attribuire, a giustificazione del rimedio straordinario dell'art. Ill Cost., un contenuto partico lare al provvedimento di cui all'art. 431, 3" comma, c.p.c., o
meglio un contenuto incompatibile con la configurazione delineata
dall'ordinamento processuale. In altri termini, l'impugnabilità per cassazione, a norma del
l'art. Ili, 2° comma, Cost., si ricollega alla natura sostanziale del
provvedimento in esame e non all'applicazione — più o meno corretta — che dalla parte interessata sia stata sollecitata o da altro giudice operata.
E poiché, come già rilevato, si è in presenza di un provvedi mento ordinatorio che difetta del requisito fondamentale della
definitività, il ricorso dev'essere dichiarato inammissibile. (Omis
sis)
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