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sezioni unite civili; sentenza 7 marzo 2005, n. 4808; Pres. Carbone, Est. Foglia, P.M. Martone...

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sezioni unite civili; sentenza 7 marzo 2005, n. 4808; Pres. Carbone, Est. Foglia, P.M. Martone (concl. conf.); Soc. Bulloneria Balestri (Avv. Scognamiglio) c. Inps (Avv. Correra, Pulli, Fonzo). Conferma App. Milano 18 aprile 2000 e rimette gli atti a sezione semplice Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 4 (APRILE 2005), pp. 997/998-1003/1004 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23200681 . Accessed: 28/06/2014 19:17 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.237 on Sat, 28 Jun 2014 19:17:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 7 marzo 2005, n. 4808; Pres. Carbone, Est. Foglia, P.M. Martone(concl. conf.); Soc. Bulloneria Balestri (Avv. Scognamiglio) c. Inps (Avv. Correra, Pulli, Fonzo).Conferma App. Milano 18 aprile 2000 e rimette gli atti a sezione sempliceSource: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 4 (APRILE 2005), pp. 997/998-1003/1004Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200681 .

Accessed: 28/06/2014 19:17

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

porrebbe in contrasto con l'art. 3 Cost., essendo del tutto irra

gionevole ed immotivata la disparità di trattamento tra il con

sumatore, che abbia stipulato direttamente il contratto predispo sto dal professionista, ed il beneficiario non contraente della

polizza cumulativa infortuni, che in qualità di utente è dalla 1.

30 luglio 1998 n. 281, parificato pienamente al consumatore;

che, nel giudizio promosso con r.o. n. 486 del 2002, si è co

stituito l'attore del processo a quo, il quale ha concluso chie

dendo la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma

impugnata; che, nei giudizi promossi con r.o. n. 473, n. 478 e n. 498 del

2003, si è costituita la compagnia di assicurazione convenuta

nei processi a quibus, che ha concluso per l'inammissibilità o, in subordine, per la manifesta infondatezza delle sollevate que stioni;

che, nei giudizi promossi con r.o. n. 486 del 2002, n. 478 e n.

498 del 2003, è intervenuto il presidente del consiglio dei mini

stri, tramite l'avvocatura generale dello Stato, che ha concluso

per l'inammissibilità e, nel merito, per la manifesta infondatez

za delle sollevate questioni. Considerato che le ordinanze di rimessione — tutte emesse

dal Tribunale di Napoli nel corso di processi analoghi — solle

vano, con motivazioni sostanzialmente coincidenti, la medesima

questione, in riferimento allo stesso parametro, sicché i relativi

giudizi possono essere riuniti per essere congiuntamente decisi; che il 2° comma dell'art. 1469 bis c.c. — nel quale, in rela

zione al contratto concluso con il professionista ai sensi del 1°

comma, il consumatore viene definito come «la persona fisica

che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale» — è

censurato, «nella parte in cui non include nella nozione di con

sumatore anche il beneficiario non contraente della polizza cu

mulativa infortuni stipulata dal datore di lavoro», con riferi

mento al profilo della irragionevole ed immotivata disparità di

trattamento tra il consumatore, che abbia stipulato direttamente

il contratto predisposto dal professionista, ed il beneficiario non

contraente della menzionata polizza cumulativa infortuni; che — nei termini in cui sono stati prospettati, rispetto alle ri

ferite vicende contrattuali, nelle quali (secondo l'assunto degli stessi rimettenti) i beneficiari sarebbero titolari di un autonomo

e non derivato diritto ai vantaggi dell'assicurazione, trovandosi

nel loro rapporto con l'assicuratore nella stessa posizione del

contraente — i palesati dubbi di incostituzionalità si basano es

senzialmente su un'apodittica affermazione dell'impossibilità di

dare alla norma impugnata una diversa lettura; che l'assenza di altre argomentazioni al riguardo rivela come

i rimettenti — non adempiendo l'onere gravante sul giudice che intenda proporre una questione di legittimità costituzionale — non abbiano previamente neppure tentato un'interpretazione della norma conforme a Costituzione (cfr., da ultimo, sentenza

n. 229 del 2003, id., Rep. 2003, voce Impiegato dello Stato, n.

768; ordinanza n. 279 del 2003, id., 2004,1, 371); che a questo assorbente vizio di inammissibilità si correla la

mancata qualificazione, in termini di esatta indicazione dei ri

schi effettivamente coperti, dei contratti di assicurazione in

esame, genericamente definiti come «polizze cumulative contro

gli infortuni professionali ed extraprofessionali» stipulate dai datori di lavoro dei beneficiari;

che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale deve

essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, di

chiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1469 bis c.c., sollevata, in riferimento

all'art. 3 Cost., dal Tribunale di Napoli, con le ordinanze indi

cate in epigrafe.

Il Foro Italiano — 2005.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 7 marzo 2005, n. 4808; Pres. Carbone, Est. Foglia, P.M. Mar

tone (conci, conf.); Soc. Bulloneria Balestri (Avv. Scogna

miglio) c. Inps (Avv. Correrà, Pulli, Fonzo). Conferma

App. Milano 18 aprile 2000 e rimette gli atti a sezione sem

plice.

CORTE DI CASSAZIONE;

Previdenza e assistenza sociale — Contributi — Omessa

presentazione del modello DM 10 e 01/M — Regolare iscrizione dei lavoratori nei libri aziendali — Evasione

contributiva (D.l. 6 luglio 1978 n. 352, norme per l'attuazio

ne del collegamento tra le anagrafi delle aziende e per il com

pletamento del casellario centrale dei pensionati, art. 4; 1. 4

agosto 1978 n. 467, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 6 luglio 1978 n. 352; 1. 21 dicembre 1978 n. 843, di sposizioni per la formazione del bilancio annuale e plurien nale dello Stato (legge finanziaria), art. 30; 1. 23 dicembre

1996 n. 662, misure di razionalizzazione della finanza pubbli ca, art. 1, comma 217; 1. 27 dicembre 1997 n. 449, misure per la stabilizzazione della finanza pubblica, art. 59; 1. 23 dicem

bre 2000 n. 388, disposizioni per la formazione del bilancio

annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001), art.

116).

Nel vigore della l. n. 662 del 1996, il mancato pagamento dei

contributi previdenziali, nel caso in cui l'obbligato abbia

omesso di trasmettere i modelli mensili DM 10 (e 01/M), pur in presenza di regolare iscrizione dei lavoratori nei libri

aziendali, configura l'ipotesi di evasione contributiva (e non

di omissione), con conseguente obbligo di pagare la sanzione

una tantum, non prevista, per converso, nel caso di omissione

contributiva. (1)

(1) Le sezioni unite della Corte di cassazione risolvono nel senso di cui alla riportata massima il contrasto che si era verificato nella sezione

lavoro, anche al fine di non aggravare «la posizione dell'ente previden ziale, imponendo allo stesso un'incessante attività, laddove il sistema

postula, anche nel suo aspetto contributivo, per la sua funzionalità, una collaborazione spontanea tra i soggetti interessati».

11 contrasto era sorto in quanto Cass. 15 gennaio 2003, n. 533, Foro

it., 2003, I, 1497 con nota di richiami (anche per quanto riguarda la

prassi amministrativa), e 2 ottobre 2003, n. 14727, id.. Rep. 2003, voce

Previdenza sociale, n. 408, si erano pronunciate nel senso che la man

cata o tardiva presentazione della denuncia contributiva mensile al

l'Inps tramite il modello DM 10, prefigura l'ipotesi di omissione e non di evasione contributiva, purché il credito vantato dall'ente risulti evin

cibile da altre registrazioni obbligatorie. Cass. 5 aprile 2003, n. 5386,

ibid., n. 411, e 3 febbraio 2003, n. 1552, ibid., n. 407, invece, si erano

pronunciate nel senso che la tardiva presentazione del modello DM 10

configura un'evasione contributiva e non già una semplice omissione contributiva.

Nel vigore della 1. n. 662 del 1996, dopo la riportata decisione, la

fattispecie dell'omissione contributiva è limitata all'ipotesi del mancato

pagamento da parte del datore di lavoro, in presenza di tutte le denunce e registrazioni obbligatorie necessarie, mentre la mancanza di uno solo

degli altri, necessari adempimenti, è sufficiente ad integrare gli estremi dell'evasione contributiva.

Occorre evidenziare, comunque, che il contrasto «risolto» dalla ri

portata decisione attiene a fattispecie antecedenti all'entrata in vigore dell'art. 116, 8° comma, 1. n. 388 del 2000, che ha modificato la prece dente normativa configurando la fattispecie dell'evasione contributiva

in termini diversi e più favorevoli al datore di lavoro. Nella motivazio

ne viene, infatti, evidenziato che, dopo le modifiche di cui al citato art.

116 1. 388/00, si può parlare di evasione contributiva solo nel caso in

cui il datore di lavoro, con l'intenzione specifica di non versare contri buti o premi, occulta il rapporto di lavoro in essere ovvero le retribu

zioni erogate (viene, così, attribuito rilievo decisivo all'elemento inten

zionale dell'evasore). Per riferimenti, da ultimo, cfr. Cass. 7 gennaio 2005, n. 251, in que

sto fascicolo, I, 1038, con nota di richiami.

Sull'obbligo relativo alle somme aggiuntive (c.d. sanzioni civili) che

il datore di lavoro è tenuto a versare in caso di omesso o tardivo paga mento dei contributi, nel senso che costituisce una conseguenza auto

matica dell'inadempimento o del ritardo dell'adempimento in funzione

di rafforzamento dell'obbligazione contributiva e di predeterminazione

legale (con valore di presunzione assoluta) del danno cagionato all'ente

previdenziale (e, pertanto, non è consentita alcuna indagine sull'ele

mento soggettivo del debitore della contribuzione al fine dell'esclusio

ne o della riduzione della sanzione civile), giurisprudenza consolidata:

da ultimo, Cass. 20 novembre 2003, n. 17650, ibid., n. 421; 25 ottobre

2003. n. 16060, ibid., n. 422. In ordine all'idoneità della presentazione del modello DM 10/M ad

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999 PARTE PRIMA 1000

Svolgimento del processo. — Con verbale notificato il 28

gennaio 1999, gli ispettori dell'Inps di Milano contestavano alla

società Bulloneria Balestri: a) di non aver presentato le denunce

mensili di cui ai modelli DM 10/M e DM 10/S; b) di non aver

versato i contributi previdenziali per i mesi di febbraio, marzo,

giugno, luglio, agosto, ottobre e dicembre 1997, nonché per i

mesi dal febbraio all'ottobre del 1998, per un importo comples sivo di lire 215.175.000; c) di avere indebitamente operato la fi

scalizzazione degli oneri sociali relativi ai mesi indicati con ri

ferimento agli anni 1997 e 1998 (nei quali risultavano versati i

relativi contributi per un ammontare complessivo di lire

4.978.000); d) di aver versato contributi inferiori a quelli dovuti

relativamente ad uno dei dipendenti, assunto ed occupato con

contratto di formazione e lavoro a tempo parziale, pari a lire

9.125.000. La Bulloneria Balestri, nei tre mesi successivi, aveva provve

duto al pagamento delle ritenute previdenziali (evitando così la

punibilità dei fatti contestati in sede penale), mentre l'Inps, dal

suo canto, notificando decreto ingiuntivo ed atto di precetto, chiedeva il pagamento della complessiva somma di lire

511.057.473, di cui lire 259.078.000, dovute a titolo di contri buti, di lire 46.253.266, a titolo di somma aggiuntiva, e di lire

257.602.246 a titolo di sanzione una tantum.

La società, dopo aver versato un acconto di lire 13.338.000

(di cui 3.388.000 per spese giudiziali), proponeva opposizione al decreto, lamentando una erronea applicazione, da parte del

giudice di merito, delle norme sanzionatone vigenti in tema di

omissione contributiva.

Con sentenza del 27 giugno 2000 il Tribunale di Milano deci

deva in senso sfavorevole all'opponente, che, nell'interporre

appello, censurava la sentenza impugnata per aver ritenuto ap

plicabile al caso di specie le sanzioni pecuniarie previste per l'evasione contributiva, e non quelle per la mera omissione.

La Corte d'appello di Milano con sentenza del 4 maggio 2001

rigettava a sua volta il gravame sul punto, osservando come la

normativa applicabile ricomprendeva anche la fattispecie in og

getto ove, per i mesi rilevati, non erano stati inviati all'Inps i

modelli DM 10 e DM 10/S, indicativi di tutti i dati costitutivi del debito contributivo. Secondo il giudice del gravame, il fatto

che i dati relativi ai quadri presentati dai datori di lavoro al

l'amministrazione finanziaria in qualità di sostituti d'imposta fossero accessibili all'Inps e all'Inail «non poteva supplire alla

carenza della specifica denuncia obbligatoria all'istituto previ denziale per il periodo consentito», sicché, nella specie, al man

cato pagamento dei contributi si era aggiunta anche l'omissione

di denuncia.

Avverso detta sentenza la società Balestri proponeva ricorso

per cassazione affidato a due motivi dei quali il primo interessa

la presente sede.

Resisteva l'Inps con controricorso, seguito da memoria illu

strativa ex art. 378 c.p.c. La sezione lavoro di questa corte, con ordinanza del 7 no

vembre 2003, disponeva la trasmissione degli atti al primo pre sidente per l'eventuale assegnazione del ricorso a queste sezioni

unite, avendo rilevato l'esistenza di un recente contrasto di giu

risprudenza, insorto in seno alla sezione stessa, sull'interpreta zione dell'art. 1, commi 217 ss., lett. a) e b), 1. 23 dicembre

1996 n. 662. Per il superamento di detto contrasto il primo presidente ha

disposto, ai sensi dell'art. 374, 2° comma, c.p.c., che la corte si

pronunci a sezioni unite.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo — al quale viene limitato l'esame in questa sede — la società ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 12 preleggi, e degli art. 1, comma 217, lett. b), 1. n. 662 del 1996 e 59, 22°

comma, 1. n. 447 del 1997, nonché carenza e contraddittorietà

della motivazione su un punto decisivo della controversia, rile

vando, in particolare, che nel caso di specie gli ispettori proce

interrompere la prescrizione, Cass. 17 dicembre 2003, n. 19334, id., 2004, I, 1116. Sulla nuova disciplina sanzionatoria di cui alla 1. n. 388 del 2000, anche con riferimento ai casi pregressi accertati al 30 settem bre 2000 ma non esauriti, Cass. 19334/03, cit.

Sulla maxisanzione prevista dall'art. 16 1. n. 289 del 2002 per l'im

piego di lavoratori irregolari (e sul ricorso alle commissioni tributarie), cfr. la circolare dell'agenzia delle entrate n. 41 del 17 settembre 2004. Dir. e pratica lav., 2004, 2782.

Il Foro Italiano — 2005.

denti avevano potuto accertare la mancata corresponsione dei

contributi di cui al decreto ingiuntivo opposto, proprio alla stre

gua dei modelli DM 10 e DM 10/S regolarmente compilati e

non ancora trasmessi all'Inps, nonché dalle iscrizioni nei libri

aziendali e delle denunzie fiscali. Di conseguenza, inerendo l'i

nadempienza contestata esclusivamente alla fase solutoria (es sendo stati predisposti regolarmente tutti gli elementi indispen sabili per l'accertamento dei contributi dovuti) poteva parlarsi di omissioni contributive, e non anche di evasione contributiva, il che avrebbe dovuto giustificare le meno gravi sanzioni previ ste dall'art. 1, comma 217, lett. a), citata 1. n. 662 del 1996.

Resiste l'Inps sostenendo che mentre l'omissione contributi

va si sostanzia nel tardivo o mancato versamento delle contribu

zioni il cui ammontare è rilevabile da documenti e registrazioni aziendali sempreché presentati, l'evasione contributiva si ha in

vece — come nella specie — nel caso di inadempimento contri

butivo accompagnato dall'omessa registrazione o mancata de

nuncia dei contributi dovuti.

Va premesso che l'art. 1, comma 217, 1. n. 662 del 1996 te

stualmente recita:

«I soggetti che non provvedono entro il termine stabilito al

pagamento dei contributi o premi dovuti alle gestioni previden ziali ed assistenziali, ovvero vi provvedono in misura inferiore a

quella dovuta, sono tenuti:

a) nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o

premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registra zioni obbjigatorie, al pagamento di una somma aggiuntiva, in

ragione d'anno, pari al tasso dell'interesse di differimento e di

dilazione di cui all'art. 13 d.l. 29 luglio 1981 n. 402, convertito, con modificazioni, dalla 1. 26 settembre 1981 n. 537, e successi

ve modificazioni ed integrazioni, maggiorato di tre punti; la

somma aggiuntiva non può essere superiore al cento per cento

dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la sca

denza di legge; b) in caso di evasione connessa a registrazioni o denunce ob

bligatorie omesse o non conformi al vero, oltre alla somma ag

giuntiva di cui alla lett. a), al pagamento di una sanzione, una

tantum, da graduare secondo criteri fissati con decreto del mini

stro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il mi

nistro del tesoro, in relazione all'entità dell'evasione e al com

portamento complessivo del contribuente, da un minimo del

cinquanta per cento ad un massimo del cento per cento di

quanto dovuto a titolo di contributi o premi; qualora la denuncia

della situazione debitoria sia effettuata spontaneamente prima di

contestazioni o richieste da parte degli enti impositori, e co

munque entro sei mesi dal termine stabilito per il pagamento dei

contributi o premi, la sanzione di cui alla presente lettera non è

dovuta sempreché il versamento dei contributi o premi sia ef

fettuato entro trenta giorni dalla denuncia stessa».

Quest'ultima parte della lett. b) è stata così modificata dal

l'art. 59, 22° comma, 1. 27 dicembre 1997 n. 449, la quale ha

accentuato il carattere premiale del pagamento spontaneo. Sulla materia è intervenuto l'art. 116, 8° comma, 1. 23 dicem

bre 2000 n. 388, secondo cui:

«8. I soggetti che non provvedono entro il termine stabilito al

pagamento dei contributi o premi dovuti alle gestioni previden ziali ed assistenziali, ovvero vi provvedono in misura inferiore a

quella dovuta, sono tenuti:

a) nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o

premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registra zioni obbligatorie, al pagamento di una sanzione civile, in ra

gione d'anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di

5,5 punti; la sanzione civile non può essere superiore al qua ranta per cento dell'importo dei contributi o premi non corrispo sti entro la scadenza di legge;

b) in caso di evasione connessa a registrazioni o denunce ob

bligatorie omesse o non conformi al vero, cioè nel caso in cui il

datore di lavoro, con l'intenzione specifica di non versare i

contributi o premi, occulta rapporti di lavoro in essere ovvero le

retribuzioni erogate, al pagamento di una sanzione civile, in ra

gione d'anno, pari al trenta per cento; la sanzione civile non può essere superiore al sessanta per cento dell'importo dei contributi

o premi non corrisposti entro la scadenza di legge. Qualora la

denuncia della situazione debitoria sia effettuata spontanea mente prima di contestazioni o richieste da parte degli enti im

positori e comunque entro dodici mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi o premi e sempreché il versamento

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dei contributi o premi sia effettuato entro trenta giorni dalla de

nuncia stessa, i soggetti sono tenuti al pagamento di una sanzio

ne civile, in ragione d'anno, pari al tasso ufficiale di riferimento

maggiorato di 5,5 punti; la sanzione civile non può essere supe riore al quaranta per cento dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge».

Ciò premesso sul piano della base normativa, va detto che la

questione posta all'esame di queste sezioni unite può tradursi

nel seguente interrogativo: se il mancato pagamento dei contri

buti previdenziali — nel caso in cui l'obbligato abbia omesso di trasmettere i modelli mensili DM 10, pur in presenza di regolare iscrizione dei lavoratori nei libri aziendali —

configuri la fatti

specie dell'«omissione contributiva» di cui alla lett. a) della

norma predetta, ovvero integri i diversi, più gravosi estremi

dell'«evasione», di cui alla successiva lett. b), con conseguente

obbligo, in tale ultimo caso, di pagare la sanzione una tantum, non prevista, per converso, nel primo.

Su tale quesito, all'interno della sezione lavoro della corte

sono emersi, di recente, due diversi orientamenti: il primo di

questi (cfr. Cass. 15 gennaio 2003, n. 533, Foro it., 2003, I, 1497, e 2 ottobre 2003, n. 14727, id., Rep. 2003, voce Previden

za sociale, n. 408) ritiene che il connotato essenziale dell'ipote si più grave, dell'«evasione contributiva», sia l'impossibilità di

diretta rilevazione, da parte dell'ente previdenziale, dell'esi

stenza e dell'ammontare del credito contributivo vantato: tale

ipotesi non ricorrerebbe, viceversa, tutte le volte in cui i relativi

dati siano ricavabili dalle registrazioni obbligatorie (libri paga e matricola), e, quindi, anche in assenza di regolare trasmissione

delle denunzie attraverso i modelli mensili DM 10.

Osserva, in particolare, la sentenza n. 533 del 2003:

a) che, dovendosi intendere per «denunce» le comunicazioni

obbligatorie che il soggetto è tenuto ad effettuare nei confronti

dell'Inps, e per «registrazioni» le annotazioni che il medesimo

deve fare sui libri di cui è obbligatoria la tenuta, vi è omissione, e non evasione, qualora il credito dell'istituto sia rilevabile in

quanto risultante o dalle denunce o dalle scritture (considerando che la legge usa anche la disgiuntiva «o»);

b) che in tale caso, ricorre l'ipotesi meno grave perché il cre

dito dell'Inps, seppure non segnalato in piena conformità alle

complesse regole prescritte, è comunque evincibile attraverso

documentazione di provenienza del soggetto obbligato, renden

do così agevole per l'istituto il reclamo di quanto dovuto;

c) che, se il connotato essenziale dell'omissione contributiva

è la possibilità di rilevazione da parte dell'ente dell'esistenza e

della misura dei contributi non pagati, la diversa e più grave

ipotesi ricorre quando (e solo quando) la rilevazione non sia

possibile perché il credito non risulta da nessuna documentazio

ne di provenienza del soggetto obbligato; d) che diversamente opinando

— e cioè includendo nell'ipo tesi più grave la mancata ottemperanza anche ad uno solo dei

numerosi obblighi di segnalazione del debito contributivo

(quale, ad esempio, il mancato invio dei DM 10 alla scadenza

pur in presenza di regolare tenuta dei libri paga) o comunque di

elementi asseveranti chiaramente il debito contributivo — il si

stema peccherebbe di coerenza e di logicità, perché finirebbe

per sanzionare allo stesso modo detta fattispecie e quella, molto

più grave, di assenza completa di documentazione che occulti il

debito medesimo.

Conviene subito sgombrare il campo da quest'ultima osserva

zione, solo apparentemente decisiva: a ben vedere una tale in

coerenza non è ravvisabile poiché non è irragionevole equipara re l'assenza della necessaria documentazione al mancato invio

della medesima all'istituto previdenziale nei termini prescritti. In entrambi i casi, infatti, le funzioni di accertamento istituzio

nalmente spettanti all'istituto risultano ostacolate, se non com

promesse nel tempo. Né potrebbe ritenersi che l'ipotesi di ca

renza assoluta di documentazione debba essere sanzionata più severamente solo perché può occultare rapporti di lavoro «in ne

ro»: una situazione del genere potrebbe infatti essere nascosta

anche dietro una documentazione incompleta o comunque trat

tenuta nella disponibilità del datore di lavoro, pronto ad esibirla

non appena «visitato» dagli ispettori. Secondo l'opposta tesi (sostenuta da Cass. 3 febbraio 2003, n.

1552, ibid., n. 407, e 5 aprile 2003, n. 5386, ibid., n. 411) la mancata o tardiva presentazione del modello DM 10, recante la

dettagliata indicazione dei contributi previdenziali dovuti, con

figurerebbe di per sé la fattispecie dell'evasione contributiva di

Il Foro Italiano — 2005.

cui alla lett. b), con conseguente obbligo di pagamento dell' una

tantum (il cui importo andava da un minimo del cinquanta per cento ad un massimo del cento per cento dei contributi dovuti), a carico del trasgressore.

A sostegno si è rilevato che per integrare la fattispecie più

grave dell'evasione contributiva è sufficiente che sia omesso

uno degli adempimenti obbligatori, sia la denuncia, sia le regi strazioni, come reso palese sia dall'uso della disgiuntiva «o», sia dalla minore sanzione stabilita dall'ultima parte della lett. b)

per l'ipotesi di denuncia tardiva spontanea. Tale interpretazione è stata seguita da Cass. 5386/03, la quale

ha ribadito il rilievo che il ravvedimento operoso previsto dal

l'ultima parte della lett. b) presuppone una denuncia mensile

tardiva, la cui mancanza appartiene quindi all'ipotesi di evasio

ne.

Quanto all'interpretazione della disposizione di cui alla lett.

a), la citata sentenza 1552/03 ha ritenuto che la congiunti

va/disgiuntiva «e/o» ivi contenuta comporta: al) il mancato o

ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è ri

cavabile dalle denunce e registrazioni obbligatorie; al) mancato

o ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è

rilevabile dalle denunce o dalle registrazioni obbligatorie. Men

tre l'ipotesi sub al) comporterebbe che la meno grave fattispe cie dell'omissione contributiva possa dirsi realizzata quando tutti gli adempimenti obbligatori risultano regolarmente effet

tuati, mancando solo il pagamento, l'ipotesi sub al), pur nella

sua apparentemente contraddittorietà (perché parrebbe configu rare la meno grave fattispecie di omissione contributiva in caso

di mancanza della sola denunzia, quando, viceversa è già inte

grata la più grave fattispecie di evasione) si spiega perché vi so

no dei casi in cui non v'è l'obbligo della denuncia (ad es., nel

caso dei rapporti di lavoro domestico) quando sarebbe, cioè,

sufficiente, perché si abbia omissione contributiva, che sia re

golare la denuncia, senza il relativo pagamento. Osserva l'ordinanza di rimessione che non giova a superare il

contrasto l'entrata in vigore del citato art. 116, commi 8 ss., 1.

23 dicembre 2000 n. 388, il quale, nel modificare la normativa

precedente, configura la fattispecie dell'evasione contributiva in

termini diversi e più favorevoli al datore di lavoro.

Ed infatti, detta norma — come emerge dal testo sopra ripor tato — dopo aver reiterato la precedente dizione («... in caso di

evasione connessa a registrazioni o denunce obbligatorie omes

se o non conformi al vero ...»), specifica, diversamente che in

passato, la circostanza secondo cui è legittimo parlare di evasio

ne solo «... nel caso in cui il datore di lavoro, con l'intenzione

specifica di non versare contributi o premi, occulta il rapporto di

lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate ...», fornendo

oggi un criterio discretivo ben più netto tra la pura e semplice morosità e l'evasione vera e propria, ed attribuendo per la prima volta rilievo decisivo allo specifico elemento intenzionale del

l'evasore, assente nel testo previgente. Non v'è dubbio che la nuova normativa non può applicarsi

con efficacia ex tunc alle vicende pregresse (come, peraltro, ri

levato da Cass. 22 maggio 2002, n. 7524, id., Rep. 2002, voce

cit., n. 671) atteso che il medesimo art. 116 precisa che «per i

crediti in essere ed accertati al 30 settembre 2000, le sanzioni

sono dovute secondo le modalità fissate dai commi 217, 218,

219, 220, 221, 222, 223, 224 dell'art. 1 1. 662/96». Non è mancato, peraltro, in dottrina chi ritiene che, pur non

essendo retroattiva, la nuova disciplina del 2000 per più versi

rende esplicito un principio già ricavabile dalla disciplina pre cedente. In tal senso propende anche Cass. 14727/03 sottoli

neando come l'espressione «occulta il rapporto in essere ovvero

le retribuzioni erogate» (contenuta nel citato art. 116, 8° com

ma, 1. 388/00) ha la funzione proprio di far emergere «un signi ficato normativo estraibile già dalla precedente formula».

Va tenuto presente che gli obblighi di segnalazione del debito

contributivo sono molteplici attenendo essi: a) agli obblighi di

comunicazione nei confronti dell'Inps (e cioè l'obbligo di pre sentare le denunce contributive relative ai periodi di paga sca

duti redatte su moduli predisposti dall'istituto: si tratta della

compilazione e dell'invio dei c.d. modelli DM 10 con cadenza

mensile ex art. 30 1. 21 dicembre 1978 n. 843); b) l'obbligo delle denunce periodiche (giacché l'art. 4 1. 4 agosto 1978 n.

467 impone di presentare all'Inps, entro il 31 marzo di ogni an

no, la denuncia nominativa dei lavoratori occupati mediante

modello 01/M, con l'indicazione anche di tutti i dati necessari

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Page 5: sezioni unite civili; sentenza 7 marzo 2005, n. 4808; Pres. Carbone, Est. Foglia, P.M. Martone (concl. conf.); Soc. Bulloneria Balestri (Avv. Scognamiglio) c. Inps (Avv. Correra, Pulli,

PARTE PRIMA 1004

per l'applicazione delle norme in materia di previdenza ed assi

stenza obbligatoria); c) gli obblighi di registrazione sui libri pa

ga (in cui devono figurare le retribuzioni corrisposte e le relati

ve trattenute, nonché il numero di ore lavorate per ciascun gior no, l'indicazione distinta delle ore di lavoro straordinario, la re

tribuzione effettivamente corrisposta in denaro e in natura, ex

lege 5 gennaio 1953 n. 4 e art. 20 d.p.r. 30 giugno 1965 n.

1124). In particolare, le modalità di denuncia e di versamento dei

contributi previdenziali sono dal citato art. 30 1. n. 843 del 1978

testualmente desunte dal d.m. 5 febbraio 1969 (pubblicato su

G.U. n. 67 del 13 marzo 1969) espressamente ispirato allo scopo di attuare un sistema di versamento «... tale da consentire la di

retta rilevazione della retribuzione imponibile». Detta finalità

veniva perseguita proprio attraverso l'istituzione di un sistema

di denunzia dei contributi basato sulla trasmissione degli elenchi

nominativi dei lavoratori occupati, con l'indicazione delle retri

buzioni corrisposte, di modo che i dati rilevabili da quegli elen

chi potessero consentire anche la tempestiva ricostruzione delle

posizioni assicurative, per una sollecita liquidazione delle pen sioni degli aventi diritto, nonché la periodica informazione ai

lavoratori dell'accreditamento dei contributi versati a loro favo

re. - Tutto ciò premesso, e tenuto conto che, nel caso di specie, la

società ricorrente non aveva provveduto a trasmettere all'Inps i

modelli DM 10 e 01/M contenenti tutti i dati costitutivi del de

bito contributivo (così come ammesso nello stesso ricorso), de

ve rilevarsi che l'orientamento interpretativo seguito dalla sen

tenza impugnata appare preferibile sul piano della coerenza lo

gico-giuridica al sistema sopra delineato.

Non può negarsi, infatti, che l'ipotesi meno grave, di cui alla

lett. a) dell'art. 1, comma 217, si articola in due subipotesi, rav

visabili: a i ) nel mancato o ritardato pagamento di contributi o

premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e registrazio ni obbligatorie; al) nel mancato o ritardato pagamento di con

tributi o premi il cui ammontare è rilevabile dalle denunce o

dalle registrazioni obbligatorie. Nell'ipotesi sub al) la meno

grave fattispecie dell'omissione contributiva si realizza quando tutti gli adempimenti obbligatori risultano regolarmente effet

tuati, mancando solo il pagamento, mentre l'ipotesi sub al), pur nella sua apparente contraddittorietà si spiega perché vi sono

casi in cui non vi è obbligo di registrazioni, pur sussistendo

l'obbligo della denuncia (come nel caso di collaboratori familia

ri) sicché è sufficiente, perché si abbia omissione contributiva, che sia regolare la denuncia, senza il relativo pagamento.

Pertanto, la fattispecie dell'omissione contributiva deve rite

nersi limitata all'ipotesi del (solo) mancato pagamento da parte del datore di lavoro, in presenza di tutte le denunce e registra zioni obbligatorie necessarie, mentre la mancanza di uno solo

degli altri, necessari adempimenti — in quanto strettamente

funzionali al regolare svolgimento dei compiti di istituto del

l'ente previdenziale, ed alla tempestiva soddisfazione dei diritti

pensionistici dei lavoratori assicurati — è sufficiente ad integra re gli estremi dell'evasione.

Supporta tale conclusione la considerazione — fatta propria dalle citate sentenze 1552/03 e 5386/03 — che, diversamente

opinando, non troverebbe mai applicazione l'ipotesi particolare — ricadente appunto nella lett. b) e non nella lett. a) secondo

l'espressa previsione dell'ultimo periodo dell'art. 1, comma

217, cit. — della spontanea denuncia tardiva (c.d. ravvedimento

operoso) entro sei mesi dalla scadenza del termine stabilito per il pagamento dei contributi se il ritardo della denuncia dovesse

equipararsi per ciò solo (e quindi sempre) alla fattispecie del

mero mancato o ritardato pagamento dei contributi. E, se è vero

che, nel caso di denuncia presentata spontaneamente entro i sei

mesi dalla scadenza del termine di adempimento, la sanzione

una tantum non è dovuta, realizzandosi una fattispecie di «rav

vedimento operoso», previsto dal legislatore, occorre pur sem

pre considerare che, per beneficiare della misura premiale del

l'eliminazione della sanzione predetta, il versamento dei contri

buti o premi deve essere effettuato entro trenta giorni dalla de

nuncia stessa.

Senza trascurare di considerare che un'interpretazione meno

rigorosa del concetto di omissione, esteso a tutte le ipotesi che

in qualunque modo abbiano reso possibile all'ente previdenziale l'accertamento degli inadempimenti contributivi, anche a di

stanza di tempo, o in ritardo rispetto alle cadenze informative

Il Foro Italiano — 2005.

periodiche prescritte dalla 1. n. 843 del 1978, aggraverebbe la

posizione dell'ente previdenziale, imponendo allo stesso un'in

cessante attività ispettiva, laddove il sistema postula, anche nel

suo aspetto contributivo, per la sua funzionalità, una collabora

zione spontanea tra i soggetti interessati.

Del resto, l'espresso riferimento da parte del legislatore alle

denunce mensili obbligatorie non può restare privo di signifi

cato, anche in considerazione del valore legale attribuito a tali

titoli: ne deriva, quindi, che, nel vigore della 1. n. 662 del 1996

(applicabile alla specie), in ogni ipotesi in cui le denunce obbli gatorie non siano state presentate è integrata la fattispecie legale sanzionabile, anche qualora i dipendenti risultino registrati nei

libri matricola.

Non è inutile sottolineare, da ultimo, che il rigore della disci

plina si giustifica in base alla circostanza che le denunce mensili

obbligatorie costituiscono titolo esecutivo ai sensi dell'art. 2 1.

n. 389 del 1989 e consentono, pertanto, all'istituto previdenziale di agire immediatamente per il recupero del credito.

In conclusione, la sentenza impugnata non merita censura, sicché il ricorso — limitatamente al primo motivo per il quale sono state investite queste sezioni unite — non può essere ac

colto.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 15 feb

braio 2005, n. 3038; Pres. Plenteda, Est. Salvato, P.M. Ce

niccola (conci, conf.); Comune di Parma (Avv. Rossi) c. Pre

fetto di Parma e altra. Conferma Giud. pace Parma 27 giugno 2001.

Circolazione stradale — Sanzioni amministrative — Verbale

di accertamento dei vigili urbani — Ricorso amministrati

vo al prefetto — Ordinanza di archiviazione — Opposi zione del comune — Inammissibilità (L. 24 novembre 1981

n. 689, modifiche al sistema penale, art. 22; d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, nuovo codice della strada, art. 203, 204, 205).

Circolazione stradale — Violazione amministrativa — Ri

corso amministrativo al prefetto — Ordinanza di archi

viazione — Opposizione

— Esclusione — Questione mani

festamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 24, 128;

1. 24 novembre 1981 n. 689, art. 22; d.leg. 30 aprile 1992 n.

285, art. 203, 204, 205).

È inammissibile l'opposizione proposta dal comune contro

l'ordinanza di archiviazione del prefetto (pronunciata ai sen

si dell'art. 204, 1° comma, d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, nuo

vo codice della strada), in relazione a un verbale di accerta

mento di violazione alle norme del codice della strada elevato

dalla polizia municipale. (1) E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu

zionale degli art. 204 e 205 d.leg. 30 aprile 1992 n. 285 (nuo vo codice della strada), nella parte in cui non ammettono la

possibilità di opposizione contro l'ordinanza di archiviazione

del prefetto, in riferimento agli art. 24 e 128 Cost. (2)

(1-2) La questione risulta affrontata per la prima volta dalla Cassa zione.

Il nuovo codice della strada (art. 205, 1° comma, d.leg. 30 aprile 1992 n. 285), così come la 1. 24 novembre 1981 n. 689 (art. 22) am mettono l'opposizione contro l'ordinanza-ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria; non contemplano rimedi con tro l'ordinanza di archiviazione. Tale ordinanza, in base all'art. 18, 2°

comma, 1. 689/81, va però comunicata «integralmente all'organo che ha redatto il rapporto» e ciò riflette una rilevanza dell'archiviazione anche

rispetto all'organo che abbia accertato la violazione. La circostanza che l'opposizione sia ammessa solo nei confronti del

provvedimento sanzionatorio rispecchia la convinzione che tale proce dimento coinvolga interessi qualificati solo dell'amministrazione com

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