sezioni unite civili; sentenza 7 marzo 2005, n. 4808; Pres. Carbone, Est. Foglia, P.M. Martone(concl. conf.); Soc. Bulloneria Balestri (Avv. Scognamiglio) c. Inps (Avv. Correra, Pulli, Fonzo).Conferma App. Milano 18 aprile 2000 e rimette gli atti a sezione sempliceSource: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 4 (APRILE 2005), pp. 997/998-1003/1004Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200681 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
porrebbe in contrasto con l'art. 3 Cost., essendo del tutto irra
gionevole ed immotivata la disparità di trattamento tra il con
sumatore, che abbia stipulato direttamente il contratto predispo sto dal professionista, ed il beneficiario non contraente della
polizza cumulativa infortuni, che in qualità di utente è dalla 1.
30 luglio 1998 n. 281, parificato pienamente al consumatore;
che, nel giudizio promosso con r.o. n. 486 del 2002, si è co
stituito l'attore del processo a quo, il quale ha concluso chie
dendo la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma
impugnata; che, nei giudizi promossi con r.o. n. 473, n. 478 e n. 498 del
2003, si è costituita la compagnia di assicurazione convenuta
nei processi a quibus, che ha concluso per l'inammissibilità o, in subordine, per la manifesta infondatezza delle sollevate que stioni;
che, nei giudizi promossi con r.o. n. 486 del 2002, n. 478 e n.
498 del 2003, è intervenuto il presidente del consiglio dei mini
stri, tramite l'avvocatura generale dello Stato, che ha concluso
per l'inammissibilità e, nel merito, per la manifesta infondatez
za delle sollevate questioni. Considerato che le ordinanze di rimessione — tutte emesse
dal Tribunale di Napoli nel corso di processi analoghi — solle
vano, con motivazioni sostanzialmente coincidenti, la medesima
questione, in riferimento allo stesso parametro, sicché i relativi
giudizi possono essere riuniti per essere congiuntamente decisi; che il 2° comma dell'art. 1469 bis c.c. — nel quale, in rela
zione al contratto concluso con il professionista ai sensi del 1°
comma, il consumatore viene definito come «la persona fisica
che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale» — è
censurato, «nella parte in cui non include nella nozione di con
sumatore anche il beneficiario non contraente della polizza cu
mulativa infortuni stipulata dal datore di lavoro», con riferi
mento al profilo della irragionevole ed immotivata disparità di
trattamento tra il consumatore, che abbia stipulato direttamente
il contratto predisposto dal professionista, ed il beneficiario non
contraente della menzionata polizza cumulativa infortuni; che — nei termini in cui sono stati prospettati, rispetto alle ri
ferite vicende contrattuali, nelle quali (secondo l'assunto degli stessi rimettenti) i beneficiari sarebbero titolari di un autonomo
e non derivato diritto ai vantaggi dell'assicurazione, trovandosi
nel loro rapporto con l'assicuratore nella stessa posizione del
contraente — i palesati dubbi di incostituzionalità si basano es
senzialmente su un'apodittica affermazione dell'impossibilità di
dare alla norma impugnata una diversa lettura; che l'assenza di altre argomentazioni al riguardo rivela come
i rimettenti — non adempiendo l'onere gravante sul giudice che intenda proporre una questione di legittimità costituzionale — non abbiano previamente neppure tentato un'interpretazione della norma conforme a Costituzione (cfr., da ultimo, sentenza
n. 229 del 2003, id., Rep. 2003, voce Impiegato dello Stato, n.
768; ordinanza n. 279 del 2003, id., 2004,1, 371); che a questo assorbente vizio di inammissibilità si correla la
mancata qualificazione, in termini di esatta indicazione dei ri
schi effettivamente coperti, dei contratti di assicurazione in
esame, genericamente definiti come «polizze cumulative contro
gli infortuni professionali ed extraprofessionali» stipulate dai datori di lavoro dei beneficiari;
che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale deve
essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, di
chiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1469 bis c.c., sollevata, in riferimento
all'art. 3 Cost., dal Tribunale di Napoli, con le ordinanze indi
cate in epigrafe.
Il Foro Italiano — 2005.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 7 marzo 2005, n. 4808; Pres. Carbone, Est. Foglia, P.M. Mar
tone (conci, conf.); Soc. Bulloneria Balestri (Avv. Scogna
miglio) c. Inps (Avv. Correrà, Pulli, Fonzo). Conferma
App. Milano 18 aprile 2000 e rimette gli atti a sezione sem
plice.
CORTE DI CASSAZIONE;
Previdenza e assistenza sociale — Contributi — Omessa
presentazione del modello DM 10 e 01/M — Regolare iscrizione dei lavoratori nei libri aziendali — Evasione
contributiva (D.l. 6 luglio 1978 n. 352, norme per l'attuazio
ne del collegamento tra le anagrafi delle aziende e per il com
pletamento del casellario centrale dei pensionati, art. 4; 1. 4
agosto 1978 n. 467, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 6 luglio 1978 n. 352; 1. 21 dicembre 1978 n. 843, di sposizioni per la formazione del bilancio annuale e plurien nale dello Stato (legge finanziaria), art. 30; 1. 23 dicembre
1996 n. 662, misure di razionalizzazione della finanza pubbli ca, art. 1, comma 217; 1. 27 dicembre 1997 n. 449, misure per la stabilizzazione della finanza pubblica, art. 59; 1. 23 dicem
bre 2000 n. 388, disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001), art.
116).
Nel vigore della l. n. 662 del 1996, il mancato pagamento dei
contributi previdenziali, nel caso in cui l'obbligato abbia
omesso di trasmettere i modelli mensili DM 10 (e 01/M), pur in presenza di regolare iscrizione dei lavoratori nei libri
aziendali, configura l'ipotesi di evasione contributiva (e non
di omissione), con conseguente obbligo di pagare la sanzione
una tantum, non prevista, per converso, nel caso di omissione
contributiva. (1)
(1) Le sezioni unite della Corte di cassazione risolvono nel senso di cui alla riportata massima il contrasto che si era verificato nella sezione
lavoro, anche al fine di non aggravare «la posizione dell'ente previden ziale, imponendo allo stesso un'incessante attività, laddove il sistema
postula, anche nel suo aspetto contributivo, per la sua funzionalità, una collaborazione spontanea tra i soggetti interessati».
11 contrasto era sorto in quanto Cass. 15 gennaio 2003, n. 533, Foro
it., 2003, I, 1497 con nota di richiami (anche per quanto riguarda la
prassi amministrativa), e 2 ottobre 2003, n. 14727, id.. Rep. 2003, voce
Previdenza sociale, n. 408, si erano pronunciate nel senso che la man
cata o tardiva presentazione della denuncia contributiva mensile al
l'Inps tramite il modello DM 10, prefigura l'ipotesi di omissione e non di evasione contributiva, purché il credito vantato dall'ente risulti evin
cibile da altre registrazioni obbligatorie. Cass. 5 aprile 2003, n. 5386,
ibid., n. 411, e 3 febbraio 2003, n. 1552, ibid., n. 407, invece, si erano
pronunciate nel senso che la tardiva presentazione del modello DM 10
configura un'evasione contributiva e non già una semplice omissione contributiva.
Nel vigore della 1. n. 662 del 1996, dopo la riportata decisione, la
fattispecie dell'omissione contributiva è limitata all'ipotesi del mancato
pagamento da parte del datore di lavoro, in presenza di tutte le denunce e registrazioni obbligatorie necessarie, mentre la mancanza di uno solo
degli altri, necessari adempimenti, è sufficiente ad integrare gli estremi dell'evasione contributiva.
Occorre evidenziare, comunque, che il contrasto «risolto» dalla ri
portata decisione attiene a fattispecie antecedenti all'entrata in vigore dell'art. 116, 8° comma, 1. n. 388 del 2000, che ha modificato la prece dente normativa configurando la fattispecie dell'evasione contributiva
in termini diversi e più favorevoli al datore di lavoro. Nella motivazio
ne viene, infatti, evidenziato che, dopo le modifiche di cui al citato art.
116 1. 388/00, si può parlare di evasione contributiva solo nel caso in
cui il datore di lavoro, con l'intenzione specifica di non versare contri buti o premi, occulta il rapporto di lavoro in essere ovvero le retribu
zioni erogate (viene, così, attribuito rilievo decisivo all'elemento inten
zionale dell'evasore). Per riferimenti, da ultimo, cfr. Cass. 7 gennaio 2005, n. 251, in que
sto fascicolo, I, 1038, con nota di richiami.
Sull'obbligo relativo alle somme aggiuntive (c.d. sanzioni civili) che
il datore di lavoro è tenuto a versare in caso di omesso o tardivo paga mento dei contributi, nel senso che costituisce una conseguenza auto
matica dell'inadempimento o del ritardo dell'adempimento in funzione
di rafforzamento dell'obbligazione contributiva e di predeterminazione
legale (con valore di presunzione assoluta) del danno cagionato all'ente
previdenziale (e, pertanto, non è consentita alcuna indagine sull'ele
mento soggettivo del debitore della contribuzione al fine dell'esclusio
ne o della riduzione della sanzione civile), giurisprudenza consolidata:
da ultimo, Cass. 20 novembre 2003, n. 17650, ibid., n. 421; 25 ottobre
2003. n. 16060, ibid., n. 422. In ordine all'idoneità della presentazione del modello DM 10/M ad
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999 PARTE PRIMA 1000
Svolgimento del processo. — Con verbale notificato il 28
gennaio 1999, gli ispettori dell'Inps di Milano contestavano alla
società Bulloneria Balestri: a) di non aver presentato le denunce
mensili di cui ai modelli DM 10/M e DM 10/S; b) di non aver
versato i contributi previdenziali per i mesi di febbraio, marzo,
giugno, luglio, agosto, ottobre e dicembre 1997, nonché per i
mesi dal febbraio all'ottobre del 1998, per un importo comples sivo di lire 215.175.000; c) di avere indebitamente operato la fi
scalizzazione degli oneri sociali relativi ai mesi indicati con ri
ferimento agli anni 1997 e 1998 (nei quali risultavano versati i
relativi contributi per un ammontare complessivo di lire
4.978.000); d) di aver versato contributi inferiori a quelli dovuti
relativamente ad uno dei dipendenti, assunto ed occupato con
contratto di formazione e lavoro a tempo parziale, pari a lire
9.125.000. La Bulloneria Balestri, nei tre mesi successivi, aveva provve
duto al pagamento delle ritenute previdenziali (evitando così la
punibilità dei fatti contestati in sede penale), mentre l'Inps, dal
suo canto, notificando decreto ingiuntivo ed atto di precetto, chiedeva il pagamento della complessiva somma di lire
511.057.473, di cui lire 259.078.000, dovute a titolo di contri buti, di lire 46.253.266, a titolo di somma aggiuntiva, e di lire
257.602.246 a titolo di sanzione una tantum.
La società, dopo aver versato un acconto di lire 13.338.000
(di cui 3.388.000 per spese giudiziali), proponeva opposizione al decreto, lamentando una erronea applicazione, da parte del
giudice di merito, delle norme sanzionatone vigenti in tema di
omissione contributiva.
Con sentenza del 27 giugno 2000 il Tribunale di Milano deci
deva in senso sfavorevole all'opponente, che, nell'interporre
appello, censurava la sentenza impugnata per aver ritenuto ap
plicabile al caso di specie le sanzioni pecuniarie previste per l'evasione contributiva, e non quelle per la mera omissione.
La Corte d'appello di Milano con sentenza del 4 maggio 2001
rigettava a sua volta il gravame sul punto, osservando come la
normativa applicabile ricomprendeva anche la fattispecie in og
getto ove, per i mesi rilevati, non erano stati inviati all'Inps i
modelli DM 10 e DM 10/S, indicativi di tutti i dati costitutivi del debito contributivo. Secondo il giudice del gravame, il fatto
che i dati relativi ai quadri presentati dai datori di lavoro al
l'amministrazione finanziaria in qualità di sostituti d'imposta fossero accessibili all'Inps e all'Inail «non poteva supplire alla
carenza della specifica denuncia obbligatoria all'istituto previ denziale per il periodo consentito», sicché, nella specie, al man
cato pagamento dei contributi si era aggiunta anche l'omissione
di denuncia.
Avverso detta sentenza la società Balestri proponeva ricorso
per cassazione affidato a due motivi dei quali il primo interessa
la presente sede.
Resisteva l'Inps con controricorso, seguito da memoria illu
strativa ex art. 378 c.p.c. La sezione lavoro di questa corte, con ordinanza del 7 no
vembre 2003, disponeva la trasmissione degli atti al primo pre sidente per l'eventuale assegnazione del ricorso a queste sezioni
unite, avendo rilevato l'esistenza di un recente contrasto di giu
risprudenza, insorto in seno alla sezione stessa, sull'interpreta zione dell'art. 1, commi 217 ss., lett. a) e b), 1. 23 dicembre
1996 n. 662. Per il superamento di detto contrasto il primo presidente ha
disposto, ai sensi dell'art. 374, 2° comma, c.p.c., che la corte si
pronunci a sezioni unite.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo — al quale viene limitato l'esame in questa sede — la società ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 12 preleggi, e degli art. 1, comma 217, lett. b), 1. n. 662 del 1996 e 59, 22°
comma, 1. n. 447 del 1997, nonché carenza e contraddittorietà
della motivazione su un punto decisivo della controversia, rile
vando, in particolare, che nel caso di specie gli ispettori proce
interrompere la prescrizione, Cass. 17 dicembre 2003, n. 19334, id., 2004, I, 1116. Sulla nuova disciplina sanzionatoria di cui alla 1. n. 388 del 2000, anche con riferimento ai casi pregressi accertati al 30 settem bre 2000 ma non esauriti, Cass. 19334/03, cit.
Sulla maxisanzione prevista dall'art. 16 1. n. 289 del 2002 per l'im
piego di lavoratori irregolari (e sul ricorso alle commissioni tributarie), cfr. la circolare dell'agenzia delle entrate n. 41 del 17 settembre 2004. Dir. e pratica lav., 2004, 2782.
Il Foro Italiano — 2005.
denti avevano potuto accertare la mancata corresponsione dei
contributi di cui al decreto ingiuntivo opposto, proprio alla stre
gua dei modelli DM 10 e DM 10/S regolarmente compilati e
non ancora trasmessi all'Inps, nonché dalle iscrizioni nei libri
aziendali e delle denunzie fiscali. Di conseguenza, inerendo l'i
nadempienza contestata esclusivamente alla fase solutoria (es sendo stati predisposti regolarmente tutti gli elementi indispen sabili per l'accertamento dei contributi dovuti) poteva parlarsi di omissioni contributive, e non anche di evasione contributiva, il che avrebbe dovuto giustificare le meno gravi sanzioni previ ste dall'art. 1, comma 217, lett. a), citata 1. n. 662 del 1996.
Resiste l'Inps sostenendo che mentre l'omissione contributi
va si sostanzia nel tardivo o mancato versamento delle contribu
zioni il cui ammontare è rilevabile da documenti e registrazioni aziendali sempreché presentati, l'evasione contributiva si ha in
vece — come nella specie — nel caso di inadempimento contri
butivo accompagnato dall'omessa registrazione o mancata de
nuncia dei contributi dovuti.
Va premesso che l'art. 1, comma 217, 1. n. 662 del 1996 te
stualmente recita:
«I soggetti che non provvedono entro il termine stabilito al
pagamento dei contributi o premi dovuti alle gestioni previden ziali ed assistenziali, ovvero vi provvedono in misura inferiore a
quella dovuta, sono tenuti:
a) nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o
premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registra zioni obbjigatorie, al pagamento di una somma aggiuntiva, in
ragione d'anno, pari al tasso dell'interesse di differimento e di
dilazione di cui all'art. 13 d.l. 29 luglio 1981 n. 402, convertito, con modificazioni, dalla 1. 26 settembre 1981 n. 537, e successi
ve modificazioni ed integrazioni, maggiorato di tre punti; la
somma aggiuntiva non può essere superiore al cento per cento
dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la sca
denza di legge; b) in caso di evasione connessa a registrazioni o denunce ob
bligatorie omesse o non conformi al vero, oltre alla somma ag
giuntiva di cui alla lett. a), al pagamento di una sanzione, una
tantum, da graduare secondo criteri fissati con decreto del mini
stro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il mi
nistro del tesoro, in relazione all'entità dell'evasione e al com
portamento complessivo del contribuente, da un minimo del
cinquanta per cento ad un massimo del cento per cento di
quanto dovuto a titolo di contributi o premi; qualora la denuncia
della situazione debitoria sia effettuata spontaneamente prima di
contestazioni o richieste da parte degli enti impositori, e co
munque entro sei mesi dal termine stabilito per il pagamento dei
contributi o premi, la sanzione di cui alla presente lettera non è
dovuta sempreché il versamento dei contributi o premi sia ef
fettuato entro trenta giorni dalla denuncia stessa».
Quest'ultima parte della lett. b) è stata così modificata dal
l'art. 59, 22° comma, 1. 27 dicembre 1997 n. 449, la quale ha
accentuato il carattere premiale del pagamento spontaneo. Sulla materia è intervenuto l'art. 116, 8° comma, 1. 23 dicem
bre 2000 n. 388, secondo cui:
«8. I soggetti che non provvedono entro il termine stabilito al
pagamento dei contributi o premi dovuti alle gestioni previden ziali ed assistenziali, ovvero vi provvedono in misura inferiore a
quella dovuta, sono tenuti:
a) nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o
premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registra zioni obbligatorie, al pagamento di una sanzione civile, in ra
gione d'anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di
5,5 punti; la sanzione civile non può essere superiore al qua ranta per cento dell'importo dei contributi o premi non corrispo sti entro la scadenza di legge;
b) in caso di evasione connessa a registrazioni o denunce ob
bligatorie omesse o non conformi al vero, cioè nel caso in cui il
datore di lavoro, con l'intenzione specifica di non versare i
contributi o premi, occulta rapporti di lavoro in essere ovvero le
retribuzioni erogate, al pagamento di una sanzione civile, in ra
gione d'anno, pari al trenta per cento; la sanzione civile non può essere superiore al sessanta per cento dell'importo dei contributi
o premi non corrisposti entro la scadenza di legge. Qualora la
denuncia della situazione debitoria sia effettuata spontanea mente prima di contestazioni o richieste da parte degli enti im
positori e comunque entro dodici mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi o premi e sempreché il versamento
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dei contributi o premi sia effettuato entro trenta giorni dalla de
nuncia stessa, i soggetti sono tenuti al pagamento di una sanzio
ne civile, in ragione d'anno, pari al tasso ufficiale di riferimento
maggiorato di 5,5 punti; la sanzione civile non può essere supe riore al quaranta per cento dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge».
Ciò premesso sul piano della base normativa, va detto che la
questione posta all'esame di queste sezioni unite può tradursi
nel seguente interrogativo: se il mancato pagamento dei contri
buti previdenziali — nel caso in cui l'obbligato abbia omesso di trasmettere i modelli mensili DM 10, pur in presenza di regolare iscrizione dei lavoratori nei libri aziendali —
configuri la fatti
specie dell'«omissione contributiva» di cui alla lett. a) della
norma predetta, ovvero integri i diversi, più gravosi estremi
dell'«evasione», di cui alla successiva lett. b), con conseguente
obbligo, in tale ultimo caso, di pagare la sanzione una tantum, non prevista, per converso, nel primo.
Su tale quesito, all'interno della sezione lavoro della corte
sono emersi, di recente, due diversi orientamenti: il primo di
questi (cfr. Cass. 15 gennaio 2003, n. 533, Foro it., 2003, I, 1497, e 2 ottobre 2003, n. 14727, id., Rep. 2003, voce Previden
za sociale, n. 408) ritiene che il connotato essenziale dell'ipote si più grave, dell'«evasione contributiva», sia l'impossibilità di
diretta rilevazione, da parte dell'ente previdenziale, dell'esi
stenza e dell'ammontare del credito contributivo vantato: tale
ipotesi non ricorrerebbe, viceversa, tutte le volte in cui i relativi
dati siano ricavabili dalle registrazioni obbligatorie (libri paga e matricola), e, quindi, anche in assenza di regolare trasmissione
delle denunzie attraverso i modelli mensili DM 10.
Osserva, in particolare, la sentenza n. 533 del 2003:
a) che, dovendosi intendere per «denunce» le comunicazioni
obbligatorie che il soggetto è tenuto ad effettuare nei confronti
dell'Inps, e per «registrazioni» le annotazioni che il medesimo
deve fare sui libri di cui è obbligatoria la tenuta, vi è omissione, e non evasione, qualora il credito dell'istituto sia rilevabile in
quanto risultante o dalle denunce o dalle scritture (considerando che la legge usa anche la disgiuntiva «o»);
b) che in tale caso, ricorre l'ipotesi meno grave perché il cre
dito dell'Inps, seppure non segnalato in piena conformità alle
complesse regole prescritte, è comunque evincibile attraverso
documentazione di provenienza del soggetto obbligato, renden
do così agevole per l'istituto il reclamo di quanto dovuto;
c) che, se il connotato essenziale dell'omissione contributiva
è la possibilità di rilevazione da parte dell'ente dell'esistenza e
della misura dei contributi non pagati, la diversa e più grave
ipotesi ricorre quando (e solo quando) la rilevazione non sia
possibile perché il credito non risulta da nessuna documentazio
ne di provenienza del soggetto obbligato; d) che diversamente opinando
— e cioè includendo nell'ipo tesi più grave la mancata ottemperanza anche ad uno solo dei
numerosi obblighi di segnalazione del debito contributivo
(quale, ad esempio, il mancato invio dei DM 10 alla scadenza
pur in presenza di regolare tenuta dei libri paga) o comunque di
elementi asseveranti chiaramente il debito contributivo — il si
stema peccherebbe di coerenza e di logicità, perché finirebbe
per sanzionare allo stesso modo detta fattispecie e quella, molto
più grave, di assenza completa di documentazione che occulti il
debito medesimo.
Conviene subito sgombrare il campo da quest'ultima osserva
zione, solo apparentemente decisiva: a ben vedere una tale in
coerenza non è ravvisabile poiché non è irragionevole equipara re l'assenza della necessaria documentazione al mancato invio
della medesima all'istituto previdenziale nei termini prescritti. In entrambi i casi, infatti, le funzioni di accertamento istituzio
nalmente spettanti all'istituto risultano ostacolate, se non com
promesse nel tempo. Né potrebbe ritenersi che l'ipotesi di ca
renza assoluta di documentazione debba essere sanzionata più severamente solo perché può occultare rapporti di lavoro «in ne
ro»: una situazione del genere potrebbe infatti essere nascosta
anche dietro una documentazione incompleta o comunque trat
tenuta nella disponibilità del datore di lavoro, pronto ad esibirla
non appena «visitato» dagli ispettori. Secondo l'opposta tesi (sostenuta da Cass. 3 febbraio 2003, n.
1552, ibid., n. 407, e 5 aprile 2003, n. 5386, ibid., n. 411) la mancata o tardiva presentazione del modello DM 10, recante la
dettagliata indicazione dei contributi previdenziali dovuti, con
figurerebbe di per sé la fattispecie dell'evasione contributiva di
Il Foro Italiano — 2005.
cui alla lett. b), con conseguente obbligo di pagamento dell' una
tantum (il cui importo andava da un minimo del cinquanta per cento ad un massimo del cento per cento dei contributi dovuti), a carico del trasgressore.
A sostegno si è rilevato che per integrare la fattispecie più
grave dell'evasione contributiva è sufficiente che sia omesso
uno degli adempimenti obbligatori, sia la denuncia, sia le regi strazioni, come reso palese sia dall'uso della disgiuntiva «o», sia dalla minore sanzione stabilita dall'ultima parte della lett. b)
per l'ipotesi di denuncia tardiva spontanea. Tale interpretazione è stata seguita da Cass. 5386/03, la quale
ha ribadito il rilievo che il ravvedimento operoso previsto dal
l'ultima parte della lett. b) presuppone una denuncia mensile
tardiva, la cui mancanza appartiene quindi all'ipotesi di evasio
ne.
Quanto all'interpretazione della disposizione di cui alla lett.
a), la citata sentenza 1552/03 ha ritenuto che la congiunti
va/disgiuntiva «e/o» ivi contenuta comporta: al) il mancato o
ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è ri
cavabile dalle denunce e registrazioni obbligatorie; al) mancato
o ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è
rilevabile dalle denunce o dalle registrazioni obbligatorie. Men
tre l'ipotesi sub al) comporterebbe che la meno grave fattispe cie dell'omissione contributiva possa dirsi realizzata quando tutti gli adempimenti obbligatori risultano regolarmente effet
tuati, mancando solo il pagamento, l'ipotesi sub al), pur nella
sua apparentemente contraddittorietà (perché parrebbe configu rare la meno grave fattispecie di omissione contributiva in caso
di mancanza della sola denunzia, quando, viceversa è già inte
grata la più grave fattispecie di evasione) si spiega perché vi so
no dei casi in cui non v'è l'obbligo della denuncia (ad es., nel
caso dei rapporti di lavoro domestico) quando sarebbe, cioè,
sufficiente, perché si abbia omissione contributiva, che sia re
golare la denuncia, senza il relativo pagamento. Osserva l'ordinanza di rimessione che non giova a superare il
contrasto l'entrata in vigore del citato art. 116, commi 8 ss., 1.
23 dicembre 2000 n. 388, il quale, nel modificare la normativa
precedente, configura la fattispecie dell'evasione contributiva in
termini diversi e più favorevoli al datore di lavoro.
Ed infatti, detta norma — come emerge dal testo sopra ripor tato — dopo aver reiterato la precedente dizione («... in caso di
evasione connessa a registrazioni o denunce obbligatorie omes
se o non conformi al vero ...»), specifica, diversamente che in
passato, la circostanza secondo cui è legittimo parlare di evasio
ne solo «... nel caso in cui il datore di lavoro, con l'intenzione
specifica di non versare contributi o premi, occulta il rapporto di
lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate ...», fornendo
oggi un criterio discretivo ben più netto tra la pura e semplice morosità e l'evasione vera e propria, ed attribuendo per la prima volta rilievo decisivo allo specifico elemento intenzionale del
l'evasore, assente nel testo previgente. Non v'è dubbio che la nuova normativa non può applicarsi
con efficacia ex tunc alle vicende pregresse (come, peraltro, ri
levato da Cass. 22 maggio 2002, n. 7524, id., Rep. 2002, voce
cit., n. 671) atteso che il medesimo art. 116 precisa che «per i
crediti in essere ed accertati al 30 settembre 2000, le sanzioni
sono dovute secondo le modalità fissate dai commi 217, 218,
219, 220, 221, 222, 223, 224 dell'art. 1 1. 662/96». Non è mancato, peraltro, in dottrina chi ritiene che, pur non
essendo retroattiva, la nuova disciplina del 2000 per più versi
rende esplicito un principio già ricavabile dalla disciplina pre cedente. In tal senso propende anche Cass. 14727/03 sottoli
neando come l'espressione «occulta il rapporto in essere ovvero
le retribuzioni erogate» (contenuta nel citato art. 116, 8° com
ma, 1. 388/00) ha la funzione proprio di far emergere «un signi ficato normativo estraibile già dalla precedente formula».
Va tenuto presente che gli obblighi di segnalazione del debito
contributivo sono molteplici attenendo essi: a) agli obblighi di
comunicazione nei confronti dell'Inps (e cioè l'obbligo di pre sentare le denunce contributive relative ai periodi di paga sca
duti redatte su moduli predisposti dall'istituto: si tratta della
compilazione e dell'invio dei c.d. modelli DM 10 con cadenza
mensile ex art. 30 1. 21 dicembre 1978 n. 843); b) l'obbligo delle denunce periodiche (giacché l'art. 4 1. 4 agosto 1978 n.
467 impone di presentare all'Inps, entro il 31 marzo di ogni an
no, la denuncia nominativa dei lavoratori occupati mediante
modello 01/M, con l'indicazione anche di tutti i dati necessari
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PARTE PRIMA 1004
per l'applicazione delle norme in materia di previdenza ed assi
stenza obbligatoria); c) gli obblighi di registrazione sui libri pa
ga (in cui devono figurare le retribuzioni corrisposte e le relati
ve trattenute, nonché il numero di ore lavorate per ciascun gior no, l'indicazione distinta delle ore di lavoro straordinario, la re
tribuzione effettivamente corrisposta in denaro e in natura, ex
lege 5 gennaio 1953 n. 4 e art. 20 d.p.r. 30 giugno 1965 n.
1124). In particolare, le modalità di denuncia e di versamento dei
contributi previdenziali sono dal citato art. 30 1. n. 843 del 1978
testualmente desunte dal d.m. 5 febbraio 1969 (pubblicato su
G.U. n. 67 del 13 marzo 1969) espressamente ispirato allo scopo di attuare un sistema di versamento «... tale da consentire la di
retta rilevazione della retribuzione imponibile». Detta finalità
veniva perseguita proprio attraverso l'istituzione di un sistema
di denunzia dei contributi basato sulla trasmissione degli elenchi
nominativi dei lavoratori occupati, con l'indicazione delle retri
buzioni corrisposte, di modo che i dati rilevabili da quegli elen
chi potessero consentire anche la tempestiva ricostruzione delle
posizioni assicurative, per una sollecita liquidazione delle pen sioni degli aventi diritto, nonché la periodica informazione ai
lavoratori dell'accreditamento dei contributi versati a loro favo
re. - Tutto ciò premesso, e tenuto conto che, nel caso di specie, la
società ricorrente non aveva provveduto a trasmettere all'Inps i
modelli DM 10 e 01/M contenenti tutti i dati costitutivi del de
bito contributivo (così come ammesso nello stesso ricorso), de
ve rilevarsi che l'orientamento interpretativo seguito dalla sen
tenza impugnata appare preferibile sul piano della coerenza lo
gico-giuridica al sistema sopra delineato.
Non può negarsi, infatti, che l'ipotesi meno grave, di cui alla
lett. a) dell'art. 1, comma 217, si articola in due subipotesi, rav
visabili: a i ) nel mancato o ritardato pagamento di contributi o
premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e registrazio ni obbligatorie; al) nel mancato o ritardato pagamento di con
tributi o premi il cui ammontare è rilevabile dalle denunce o
dalle registrazioni obbligatorie. Nell'ipotesi sub al) la meno
grave fattispecie dell'omissione contributiva si realizza quando tutti gli adempimenti obbligatori risultano regolarmente effet
tuati, mancando solo il pagamento, mentre l'ipotesi sub al), pur nella sua apparente contraddittorietà si spiega perché vi sono
casi in cui non vi è obbligo di registrazioni, pur sussistendo
l'obbligo della denuncia (come nel caso di collaboratori familia
ri) sicché è sufficiente, perché si abbia omissione contributiva, che sia regolare la denuncia, senza il relativo pagamento.
Pertanto, la fattispecie dell'omissione contributiva deve rite
nersi limitata all'ipotesi del (solo) mancato pagamento da parte del datore di lavoro, in presenza di tutte le denunce e registra zioni obbligatorie necessarie, mentre la mancanza di uno solo
degli altri, necessari adempimenti — in quanto strettamente
funzionali al regolare svolgimento dei compiti di istituto del
l'ente previdenziale, ed alla tempestiva soddisfazione dei diritti
pensionistici dei lavoratori assicurati — è sufficiente ad integra re gli estremi dell'evasione.
Supporta tale conclusione la considerazione — fatta propria dalle citate sentenze 1552/03 e 5386/03 — che, diversamente
opinando, non troverebbe mai applicazione l'ipotesi particolare — ricadente appunto nella lett. b) e non nella lett. a) secondo
l'espressa previsione dell'ultimo periodo dell'art. 1, comma
217, cit. — della spontanea denuncia tardiva (c.d. ravvedimento
operoso) entro sei mesi dalla scadenza del termine stabilito per il pagamento dei contributi se il ritardo della denuncia dovesse
equipararsi per ciò solo (e quindi sempre) alla fattispecie del
mero mancato o ritardato pagamento dei contributi. E, se è vero
che, nel caso di denuncia presentata spontaneamente entro i sei
mesi dalla scadenza del termine di adempimento, la sanzione
una tantum non è dovuta, realizzandosi una fattispecie di «rav
vedimento operoso», previsto dal legislatore, occorre pur sem
pre considerare che, per beneficiare della misura premiale del
l'eliminazione della sanzione predetta, il versamento dei contri
buti o premi deve essere effettuato entro trenta giorni dalla de
nuncia stessa.
Senza trascurare di considerare che un'interpretazione meno
rigorosa del concetto di omissione, esteso a tutte le ipotesi che
in qualunque modo abbiano reso possibile all'ente previdenziale l'accertamento degli inadempimenti contributivi, anche a di
stanza di tempo, o in ritardo rispetto alle cadenze informative
Il Foro Italiano — 2005.
periodiche prescritte dalla 1. n. 843 del 1978, aggraverebbe la
posizione dell'ente previdenziale, imponendo allo stesso un'in
cessante attività ispettiva, laddove il sistema postula, anche nel
suo aspetto contributivo, per la sua funzionalità, una collabora
zione spontanea tra i soggetti interessati.
Del resto, l'espresso riferimento da parte del legislatore alle
denunce mensili obbligatorie non può restare privo di signifi
cato, anche in considerazione del valore legale attribuito a tali
titoli: ne deriva, quindi, che, nel vigore della 1. n. 662 del 1996
(applicabile alla specie), in ogni ipotesi in cui le denunce obbli gatorie non siano state presentate è integrata la fattispecie legale sanzionabile, anche qualora i dipendenti risultino registrati nei
libri matricola.
Non è inutile sottolineare, da ultimo, che il rigore della disci
plina si giustifica in base alla circostanza che le denunce mensili
obbligatorie costituiscono titolo esecutivo ai sensi dell'art. 2 1.
n. 389 del 1989 e consentono, pertanto, all'istituto previdenziale di agire immediatamente per il recupero del credito.
In conclusione, la sentenza impugnata non merita censura, sicché il ricorso — limitatamente al primo motivo per il quale sono state investite queste sezioni unite — non può essere ac
colto.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 15 feb
braio 2005, n. 3038; Pres. Plenteda, Est. Salvato, P.M. Ce
niccola (conci, conf.); Comune di Parma (Avv. Rossi) c. Pre
fetto di Parma e altra. Conferma Giud. pace Parma 27 giugno 2001.
Circolazione stradale — Sanzioni amministrative — Verbale
di accertamento dei vigili urbani — Ricorso amministrati
vo al prefetto — Ordinanza di archiviazione — Opposi zione del comune — Inammissibilità (L. 24 novembre 1981
n. 689, modifiche al sistema penale, art. 22; d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, nuovo codice della strada, art. 203, 204, 205).
Circolazione stradale — Violazione amministrativa — Ri
corso amministrativo al prefetto — Ordinanza di archi
viazione — Opposizione
— Esclusione — Questione mani
festamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 24, 128;
1. 24 novembre 1981 n. 689, art. 22; d.leg. 30 aprile 1992 n.
285, art. 203, 204, 205).
È inammissibile l'opposizione proposta dal comune contro
l'ordinanza di archiviazione del prefetto (pronunciata ai sen
si dell'art. 204, 1° comma, d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, nuo
vo codice della strada), in relazione a un verbale di accerta
mento di violazione alle norme del codice della strada elevato
dalla polizia municipale. (1) E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale degli art. 204 e 205 d.leg. 30 aprile 1992 n. 285 (nuo vo codice della strada), nella parte in cui non ammettono la
possibilità di opposizione contro l'ordinanza di archiviazione
del prefetto, in riferimento agli art. 24 e 128 Cost. (2)
(1-2) La questione risulta affrontata per la prima volta dalla Cassa zione.
Il nuovo codice della strada (art. 205, 1° comma, d.leg. 30 aprile 1992 n. 285), così come la 1. 24 novembre 1981 n. 689 (art. 22) am mettono l'opposizione contro l'ordinanza-ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria; non contemplano rimedi con tro l'ordinanza di archiviazione. Tale ordinanza, in base all'art. 18, 2°
comma, 1. 689/81, va però comunicata «integralmente all'organo che ha redatto il rapporto» e ciò riflette una rilevanza dell'archiviazione anche
rispetto all'organo che abbia accertato la violazione. La circostanza che l'opposizione sia ammessa solo nei confronti del
provvedimento sanzionatorio rispecchia la convinzione che tale proce dimento coinvolga interessi qualificati solo dell'amministrazione com
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