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sezioni unite civili; sentenza 8 luglio 1998, n. 6626; Pres. Fanelli, Est. Catalano, P.M. Iannelli...

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sezioni unite civili; sentenza 8 luglio 1998, n. 6626; Pres. Fanelli, Est. Catalano, P.M. Iannelli (concl. conf.); Comune di Arona (Avv. Ubertini) c. Caligara (Avv. Sinibaldi, Brovelli). Cassa App. Torino 6 settembre 1995 Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 12 (DICEMBRE 1998), pp. 3571/3572-3575/3576 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192744 . Accessed: 28/06/2014 08:10 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.116 on Sat, 28 Jun 2014 08:10:23 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 8 luglio 1998, n. 6626; Pres. Fanelli, Est. Catalano, P.M. Iannelli(concl. conf.); Comune di Arona (Avv. Ubertini) c. Caligara (Avv. Sinibaldi, Brovelli). Cassa App.Torino 6 settembre 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 12 (DICEMBRE 1998), pp. 3571/3572-3575/3576Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192744 .

Accessed: 28/06/2014 08:10

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3571 PARTE PRIMA 3572

arbitrariamente eseguita dalla società, con inosservanza anche

dei doveri discendenti dal rapporto concessorio.

Dopo il relativo abuso, infatti, il comune non ha reclamato

la rimozione del manufatto, né l'ha imposta con provvedimenti

autoritativi, e, quindi, assumendone e mantenendone la pro

prietà per effetto di accessione (art. 934 ss. c.c.), ha accettato

e fatto propria la scelta di radicale mutamento della destinazio

ne dell'area edificata.

Il terzo motivo del ricorso, che si esaurisce in una generica

protesta per la subita condanna alle spese del giudizio di merito

in ragione della pretesa erroneità della pronuncia impugnata, resta superato dalla reiezione delle censure dinanzi esaminate.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 8 lu

glio 1998, n. 6626; Pres. Fanelli, Est. Catalano, P.M. Ian

nelli (conci, conf.); Comune di Arona (Aw. Ubertini) c.

Caligara (Aw. Sinibaldi, Brovelli). Cassa App. Torino 6

settembre 1995.

Espropriazione per pubblico interesse — Occupazione appro

priativa — Azione di risarcimento — Giurisdizione ordinaria — Decreto di occupazione — Illegittimità — Disapplicazione

(Cod. civ., art. 2043; 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, sul

contenzioso amministrativo, art. 2, 4, 5).

Espropriazione per pubblico interesse — Occupazione tempora nea e d'urgenza — Proroga legislativa dei periodi di occupa zione — Automaticità (L. 25 giugno 1865 n. 2359, espropria zioni per causa di pubblica utilità, art. 71, 73; 1. 22 ottobre

1971 n. 865, programmi e coordinamento dell'edilizia resi

denziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica

utilità; modifiche ed integrazioni alle 1. 17 agosto 1942 n. 1150, 18 aprile 1962 n. 167, 29 settembre 1964 n. 847, ed autorizza

zione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edili

zia residenziale, agevolata e convenzionata, art. 20; 1. 29 lu

glio 1980 n. 385, norme provvisorie sull'indennità di espro

priazione di aree edificabili nonché modificazioni di termini previsti dalle 1. 28 gennaio 1977 n. 10, 5 agosto 1978 n. 457, 15 febbraio 1980 n. 25, art. 5; d.l. 22 dicembre 1984 n. 901,

proroga della vigenza di taluni termini in materia di lavori

pubblici, art. 1; 1. 1° marzo 1985 n. 42, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 22 dicembre 1984 n. 901, art. 1; d.l. 29 dicembre 1987 n. 534, proroga di termini previsti da

disposizioni legislative ed interventi di carattere assistenziale

ed economico, art. 14; 1. 29 febbraio 1988 n. 47, conversione

in legge, con modificazioni, del d.l. 29 dicembre 1987 n. 534, art. 1; 1. 20 maggio 1991 n. 158, differimento di termini pre visti da disposizioni legislative, art. 22).

Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la domanda di

risarcimento del danno da occupazione appropriatila, se ri

corrano i presupposti per la disapplicazione del decreto che

ha autorizzato l'occupazione d'urgenza oltre il termine massi

mo di legge. (1)

(1) Si ribadisce il principio per cui la giurisdizione del giudice ordina rio e quella del giudice amministrativo vanno determinate non già in base al criterio della c.d. prospettazione della domanda (ossia in base alla qualificazione giuridica soggettiva che l'istante dà all'interesse di cui domanda la tutela), bensì sulla base del c.d. petitum sostanziale, nel senso che, ai fini del riparto della giurisdizione, non è sufficiente e decisivo avere riguardo alle deduzioni ed alle richieste formalmente avanzate dalle parti, ma occorre tener conto della vera natura della

controversia, con riferimento alle concrete posizioni soggettive delle parti in relazione alla disciplina legale della materia (Cass. 5 dicembre 1995,

Il Foro Italiano — 1998.

Qualora la legge incida in maniera diretta ed immediata sulla

scadenza dei periodi di occupazione temporanea come con

cretamente determinati dall'autorità amministrativa, attuan

done il prolungamento, la proroga è automatica, e non neces

sita apposito provvedimento amministrativo di applicazione al caso concreto. (2)

Motivi della decisione. — Il ricorrente, con il primo motivo, attinente alla giurisdizione ed in relazione al quale la causa è

stata assegnata a queste sezioni unite, deduce che il giudice del

merito ha erroneamente giudicato sul punto avendo ritenuto che

qualsiasi provvedimento sia suscettibile di disapplicazione inci

dentale laddove, invece, tale cognizione può essere esercitata

soltanto in relazione agli atti emessi in carenza di potere. Un

argomento ulteriore a sostegno di questa tesi viene desunto dal

tenore dell'art. 3, 1° comma, 1. 27 ottobre 1988 n. 458 per il

quale il proprietario del terreno utilizzato per finalità di edilizia

pubblica, agevolata o convenzionata, (come nella specie) ha di

ritto al risarcimento del danno causato dal provvedimento espro

priativo dichiarato illegittimo con sentenza passata in giudicato. Il ricorrente lamenta, altresì, che nessuna delibazione è stata

compiuta relativamente al decreto con il quale il termine del

l'occupazione venne prorogato ai sensi dell'art. 5 1. n. 385 del

1980. Il motivo di ricorso così proposto è del tutto privo di fonda

mento ed al riguardo va richiamato il consolidato orientamento

di questa corte, per il quale i criteri in base ai quali debbono

essere regolati i rapporti tra la giurisdizione del giudice ammini

n. 12523, Foro it., 1996, I, 378, con nota di richiami): l'irreversibile trasformazione del fondo ai fini della costruzione dell'opera pubblica, senza che sia stato emesso rituale decreto di esproprio, è ascrivibile a fatto illecito della pubblica amministrazione, e integra un comporta mento senza potere, che a fronte della perdita della proprietà privata, comporta il diritto al risarcimento per il proprietario estromesso (da ultimo, Cass. 26 gennaio 1998, n. 761, in questo fascicolo, I, 3615). Spetta al giudice ordinario accertare tanto se il diritto vantato esista e sia configurabile in concreto, quanto se la situazione giuridica sogget tiva sia tale da determinare a carico dell'autore dell'illecito l'insorgenza di un'obbligazione risarcitoria (Cass. 22 maggio 1998, n. 5144, id., Mass., 565; 29 agosto 1998, n. 8597, ibid., 924). La deduzione di illegittimità di atti della procedura espropriativa non incide sulla questione di giuris dizione, proprio in quanto trattasi di atti (e comportamenti) in carenza di potere (Cass. 3 marzo 1994, n. 2076, id., Rep. 1994, voce Espropria zione per p.i., n. 236): nella fattispecie di cui alla pronuncia in epigra fe, si trattava di provvedimento autorizzativo all'occupazione, di dura ta eccedente il quinquennio previsto quale termine massimo dall'art. 20 1. 22 ottobre 1971 n. 865. Sulla surrettizia proroga dei termini per il compimento dei lavori e l'esaurimento della procedura espropriativa, con disapplicabilità dei relativi provvedimenti, in quanto idonei a com

primere il diritto dominicale: Cass. 22 maggio 1998, n. 5144, cit.; sulla

disapplicazione dei decreti di proroga dopo la scadenza dell'occupazio ne legittima: Cass. 25 gennaio 1989, n. 427, id., Rep. 1989, voce cit., n. 275; 13 settembre 1993, n. 9487, id., Rep. 1993, voce cit., n. 373, in ipotesi in cui il provvedimento di proroga dell'occupazione emesso successivamente a detta scadenza, e dopo che si era compiuta l'irrever sibile trasformazione del fondo, è, ancor prima che illegittimo, irrile vante ed inidoneo a produrre effetti, essendone venuto meno l'oggetto.

(2) Riceve l'avallo delle sezioni unite la tesi sul carattere automatico delle proroghe legislative alle occupazioni di urgenza, disposte a partire dal d.l. 22 dicembre 1984 n. 901, convertito in 1. 1° marzo 1985 n. 42 (sulla questione, tuttavia, non erano nati contrasti — e le sezioni unite intervengono essendo sollevata in causa questione di giurisdizione — riferendosi le pronunce di segno contrario alle ipotesi in cui la legge abbia differito in via generale e astratta il termine di durata delle occu

pazioni di urgenza, com'è avvenuto con l'art. 5 1. 29 luglio 1980 n. 385: Cass. 20 ottobre 1995, n. 10922, Foro it., 1996, I, 141, con nota di richiami).

Su tale orientamento (conf., da ultimo, Cass. 27 febbraio 1998, n.

2234, id., Mass., 238, e Giur. it., 1998, 1032, e 12 giugno 1998, n.

5879, Foro it., Mass., 662) esprimeva qualche critica S. Benini, in nota a Cass. 24 luglio 1996, n. 6649, id., 1997, I, 1577. Dalla proroga delle

occupazioni va tenuta distinta la proroga dei termini finali dei procedi menti espropriativi (ossia dei termini entro i quali doveva esser pronun ciato il decreto di espropriazione), che non può essere ritenuta estensi bile alle occupazioni già scadute (Cass. 26 gennaio 1998, n. 761, in

questo fascicolo, I, 3615, con riferimento alle occupazioni finalizzate alle espropriazioni per l'attuazione di piani per l'edilizia economica e

popolare). Per un'ampia ricostruzione della problematica, v. A. Cam

marella, in nota a Trib. Parma 6 febbraio 1998, id., 1998, I, 2569.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

strativo e la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, so no quelli della domanda e della natura della controversia i quali si integrano a vicenda e si fondono nell'unico criterio del peti tion sostanziale, ossia dello specifico oggetto e della reale natu

ra della controversia, da identificarsi non soltanto in funzione

della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche, e soprattutto, in funzione della causa petendi, che è costituita

dall'intrinseca natura della posizione soggettiva, dedotta in giu dizio ed individuabile in relazione alla sostanziale protezione

accordata, in astratto, dall'ordinamento alla posizione medesi

ma, senza che a tal fine possa assumere rilievo la prospettazio ne della parte (per tutte, Cass., sez. un., 5 dicembre 1995, n.

12523, Foro it., 1996, I, 378). Nella specie, non è contestabile, alla stregua delle concrete

emergenze acquisite al processo, che gli istanti agirono per con

seguire il risarcimento del danno che assumevano di avere subi

to in seguito alla illegittima occupazione, da parte del comune, di aree di loro proprietà ed è perciò evidente la riconducibilità

della controversia così introdotta nella giurisdizione del giudice

ordinario, sulla base dei criteri generali che regolano il riparto delle competenze tra il detto giudice e quello amministrativo, trattandosi di una pretesa risarcitoria fondata sulla lesione del

diritto di proprietà cagionata dal fatto ingiusto, ascrivibile, se

condo gli istanti, alla condotta illecita della pubblica ammini

strazione.

Quanto agli ulteriori profili nei quali si articola la censura, va rilevato, in primo luogo, che, nella specie ricorrono i presup

posti per la disapplicazione del provvedimento sindacale con il

quale venne disposta l'occupazione dei cespiti di proprietà dei

resistenti, ove si consideri che la compressione delle facoltà di

godimento venne stabilita per una durata eccedente il limite mas

simo fissato dalla legge, sicché l'incisione del diritto dei privati ebbe luogo in una situazione di carenza di potere, e ciò consen

tiva la disapplicazione dell'atto ai sensi dell'art. 5 1. n. 2248, ali. E, del 1865.

Per quanto concerne l'addebito circa il mancato esame del

provvedimento di proroga, si rinvia a quanto si dirà innanzi.

Con il secondo motivo, sotto il profilo della violazione del

l'art. 5 bis 1. 1 ° marzo 1985 n. 42, il comune di Arona contesta

la pronuncia impugnata nella parte in cui è stata esclusa l'auto

maticità della proroga del termine di occupazione ai sensi della

norma sopra indicata, e si richiama all'orientamento in tal sen

so espresso da questa corte.

La questione prospettata con la censura così riassunta ripro

pone la tematica concernente gli effetti che debbono essere at

tribuiti ai vari provvedimenti legislativi di proroga dei termini

dell'occupazione che si sono susseguiti a partire dall'anno 1980.

Giova al riguardo rilevare che la prima protrazione dei termi

ni dell'occupazione risale, come è noto, alla 1. 865/71, il cui

art. 20, 2° comma, abrogando l'art. 73 della legge fondamenta

le sull'espropriazione 2359/1865, ha disposto che l'occupazione

può essere prorogata fino a cinque anni dalla data di immissio

ne nel possesso del bene da espropriare. Il termine, pur così prolungato, è stato ulteriormente proro

gato con successivi provvedimenti legislativi, le cui cadenze so

no così contrassegnate. L'art. 5 1. 29 luglio 1980 n. 385 (recante norme provvisorie

sull'indennità di espopriazione di aree edificabili, nonché modi

ficazioni di termini previsti dalle 1. 28 gennaio 1977 n. 10, 5

agosto 1978 n. 457, 15 febbraio 1980 n. 25) ha concesso la pro

roga di un anno, ma il termine è stato differito al 31 maggio

1982, e, poi, al 31 dicembre 1982 ed al 31 dicembre 1983, per

effetto, rispettivamente, del d.l. 29 luglio 1981 n. 396 (converti to nella 1. 25 settembre 1981 n. 535), del d.l. 29 maggio 1982

n. 298 (convertito nella 1. 29 luglio 1982 n. 481) e della 1. 23

dicembre 1982 n. 943; con l'art. 5 bis 1. 1° marzo 1985 n. 42

(di conversione del d.l. 22 dicembre 1984 n. 901) è stata, poi, prevista una proroga annuale, mentre, invece, una proroga bien

nale è quella che è stata concessa con gli art. 14 1. 29 febbraio

1988 n. 47 (di conversione del d.l. 19 dicembre 1987 n. 54) e 22 1. 20 maggio 1991 n. 158.

Questa corte, nell'interpretare la disposizione di cui all'art.

20 1. 865/71, modificato dall'art. 10 1. n. 10 del 1977, secondo cui l'occupazione d'urgenza «può essere protratta fino a cinque anni dalla data della immissione in possesso» ha fissato i se

guenti principi. La norma, nell'indicare il termine massimo di durata delle

li Foro Italiano — 1998.

occupazioni provvisorie connesse all'esecuzione di opere di pub blica utilità, non esonera l'amministrazione dall'obbligo di de

terminare, con il decreto che autorizza l'occupazione, il termine

di durata della stessa, il quale va stabilito in concreto, con rife

rimento al prevedibile tempo di realizzazione dell'opera program mata. La regola è valida, ovviamente, anche nel caso in cui

con il detto provvedimento l'occupazione sia stata autorizzata

per un tempo inferiore a cinque anni, sicché la norma consente

all'amministrazione di prorogare il termine fino a raggiungere

questo limite massimo. In questo caso la proroga va specifica mente concessa con provvedimento evidenziarne le ragioni che

impongono l'ulteriore protrarsi della compressione del diritto

del proprietario, che è, per sua natura, transitoria; pertanto, l'entrata in vigóre di una norma che elevi, in via astratta e ge

nerale, il termine massimo di durata delle occupazioni, attribui

sce all'amministrazione il potere di prorogare il termine della

concreta occupazione entro i nuovi limiti temporali, ma la pro

roga, non essendo conseguenza automatica della nuova legge, richiede l'emanazione di un apposito provvedimento ammini

strativo in difetto del quale la prosecuzione dell'occupazione è illegittima e comporta il diritto del privato di adire il giudice ordinario per conseguire la restituzione dell'immobile, ovvero, nel caso che questa sia preclusa dalla definitiva acquisizione del

bene nella realizzazione dell'opera pubblica, il risarcimento del

danno (in tal senso per tutte: Cass. 465/87, id., Rep. 1987, voce

Espropriazione per p.i., n. 228).

Questo orientamento è stato poi ribadito anche con riguardo all'art. 5 1. n. 385 del 1980 che, nel dichiarare provvisoriamente

applicabili, a titolo di acconto e salvo successivo conguaglio, i criteri di determinazione dell'indennità di esproprio stabiliti

dall'art. 16 1. n. 865 del 1971 e dichiarati illegittimi con la sen tenza n. 5 del 1980 della Corte costituzionale, id., 1980, I, 273,

dispose, contestualmente, l'ulteriore proroga di un anno dei ter

mini di cui al citato art. 20 1. 865/71, in corso alla data di

entrata in vigore della legge stessa.

Queste sezioni unite hanno ritenuto (sentenza n. 9826 del 1993,

id., Rep. 1994, voce cit., n. 206), che esiste un innegabile paral lelismo tra la norma da ultimo indicata e l'art. 20 1. 865/71

(del resto richiamato dalla nuova disposizione di proroga), nel

senso che in entrambi i casi si ha riguardo, in astratto, al termi

ne massimo entro il quale deve intervenire il decreto di espro

prio, e da ciò è conseguita la formulazione del principio per il quale deve essere esclusa la proroga automatica e generalizza ta dei decreti di occupazione, onde la necessità di non potersi

prescindere, ai fini della dilazione, da uno specifico provvedi mento da emanare in base ad un'indagine legata alla concreta

situazione concernente i singoli procedimenti ablatori. E ciò con

siderando anche il fatto che gli eventuali ritardi incorsi nelle

procedure ablatorie cui quella nuova proroga intendeva ovvia

re, erano legati all'incertezza del quadro normativo, caratteriz

zato dall'attesa della definizione del previsto «conguaglio», ad

integrazione della disciplina già recata dalla 1. 385/80.

Un diverso orientamento circa la natura e gli effetti della pro

roga si è, tuttavia, manifestato nella successiva elaborazione giu

risprudenziale la quale, senza contraddire i precedenti innanzi

richiamati, è pervenuta a conclusioni diverse con riguardo alle

ulteriori proroghe di cui alle 1. 58/91, 47/88, 42/85.

Si è al riguardo rilevato (sentenza n. 7807 del 1995, id., Rep.

1995, voce cit., n. 224, alla quale si sono uniformate le successi

ve pronunce 6649/96, id., 1997, I, 1577, e 3798/97, id., Rep.

1997, voce cit., n. 257), che con gli anzidetti provvedimenti le

gislativi, significativamente inseriti nel quadro di una normativa

concernente la proroga di termini previsti da disposizioni di va

rio genere, a differenza di quanto è dato dedurre con riguardo alla più volte menzionata proroga di cui alla 1. 385/80, non

è stato elevato in via astratta e generale il termine massimo quin

quennale di durata delle occupazioni di urgenza, con l'attribu

zione alla pubblica amministrazione del potere di prorogare il

termine delle concrete occupazioni entro i nuovi limiti tempora

li, ma si è inciso in maniera diretta ed immediata sulla scadenza

dei periodi di occupazione temporanea come già concretamente

determinati dall'autorità amministrativa, attuandone il prolun

gamento, ed a tal fine si è fatto riferimento al tenore letterale

delle espressioni usate dal legislatore, posto che sia l'art. 5 bis

1. 42/85, che l'art. 14 1. 47/88 espressamente fanno riferimento

«alle occupazioni in corso» e dispongono entrambi (diversamente

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3575 PARTE PRIMA 3576

dall'art. 20 1. 865/71) che il termine «è» (non già «può» essere)

prorogato. Orbene, sulla base di questa impostazione, alla quale le sezio

ni unite prestano adesione avuto riguardo alla fondatezza delle

ragioni giuridiche che la sorreggono, ne consegue che si è qui in presenza, come ha posto in rilievo la Corte costituzionale

con le decisioni nn. 244 del 19 maggio 1993, id., Rep. 1993, voce cit., n. 34, e 163 del 28 aprile 1994, id., 1995, I, 80, con

le quali sono state dichiarate non fondate le questioni di legitti mità costituzionale degli art. 14, 2° comma, d.l. 29 dicembre

1987 n. 534, convertito nella 1. 29 febbraio 1988 n. 47, 22 1. 20 maggio 1991 n. 158 e 1 1. 1° marzo 1985 n. 42, di un appara to normativo che è stato attuato al fine di protrarre la validità

delle occupazioni dei suoli connesse ai procedimenti espropriati vi in attesa che il parlamento procedesse all'approvazione della

nuova disciplina dell'indennità di esproprio, ed è, perciò, ispi rato ad una logica diversa da quella posta a base delle proroghe

disposte subito dopo la dichiarazione di illegittimità costituzio

nale dei criteri di determinazione dell'indennità di esproprio delle

aree a vocazione edificatoria, di cui alla sentenza n. 5 del 1980,

sopra indicata, e poiché nel caso in esame si fa questione della

proroga disposta con l'art. 5 bis 1. 42/85, che per le ragioni in precedenza esposte ha dato luogo all'automatico prolunga mento dei termini dell'occupazione, ne consegue l'accoglimento del motivo del ricorso, e la cassazione, sul punto, della sentenza

impugnata con il rinvio della causa ad altro giudice, che si desi

gna in altra sezione della Corte d'appello di Torino. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 6 luglio

1998, n. 6566; Pres. Pontrandolfi, Est. Battimiello, P.M.

Leo (conci, conf.); Mattioni (Aw. Rinaldi) c. Inps (Aw.

Starnoni, Gorga). Cassa Trib. La Spezia 16 gennaio 1995.

Previdenza e assistenza sociale — Pensione — Coltivatore diret

to — Nozione (L. 26 ottobre 1957 n. 1047, estensione dell'as

sicurazione per invalidità e vecchiaia ai coltivatori diretti, mez

zadri e coloni, art. 2; 1. 9 gennaio 1963 n. 9, elevazione dei

trattamenti minimi di pensione e riordinamento delle norme

in materia di previdenza dei coltivatori diretti e dei coloni

e mezzadri, art. 2, 3).

Ai fini dell'assicurazione per l'invalidità e la vecchiaia, per la

qualifica di coltivatore diretto non è richiesto il carattere im

prenditoriale dell'attività con la destinazione dei prodotti del

fondo, anche solo in parte, al mercato, essendo sufficiente invece che il reddito prodotto (avente il carattere della preva

lenza) sia destinato direttamente al sostentamento proprio del

coltivatore e della sua famiglia. (1).

(1) Contra, nel senso che per la tutela previdenziale non può essere attribuita la qualifica di coltivatore diretto a colui che coltiva il proprio fondo al solo scopo di destinare i prodotti al suo diretto consumo e non al mercato, Cass. 3 novembre 1992, n. 11915, Foro it., Rep. 1994, voce Previdenza sociale, n. 258.

Per la sussistenza della qualifica di coltivatore diretto, ai fini del go dimento delle prestazioni previdenziali ed assistenziali, nel senso che

presupposti sono in primo luogo la diretta, abituale e normale coltiva zione del fondo, sempre che la lavorazione di tale fondo richieda un

fabbisogno di mano d'opera non inferiore a centoquattro giornate la vorative annue, Cass. 4 febbraio 1997, n. 1047, id., Rep. 1997, voce

cit., n. 244. Nel senso che si intende realizzato il requisito dell'abituali tà quando le attività agricole vengano svolte in modo esclusivo o alme no prevalente, e cioè quando esse impegnano il coltivatore diretto per il maggior periodo di tempo nell'anno e costituiscono la sua maggiore fonte di reddito, Cass. 2 maggio 1995, n. 4810, id., Rep. 1995, voce

cit., n. 243; 14 marzo 1995, n. 2947, ibid., n. 920; Pret. Matera 19 dicembre 1992, id., Rep. 1993, voce cit., n. 174. Nel senso che la legge,

Il Foro Italiano — 1998.

Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato I'll no

vembre 1987 Mattioni Ilva convenne in giudizio davanti al Pre

tore del lavoro di La Spezia il servizio contributi agricoli unifi

cati (Scau) e l'Inps, chiedendo che venisse riconosciuto, nei con

fronti del primo, il diritto ad essere iscritta negli elenchi

nominativi dei coltivatori diretti per il periodo dall'I gennaio 1975 al 31 dicembre 1979, e, nei confronti del secondo, il diritto

a fruire della pensione di invalidità. Lo Scau eccepì che la ricorrente non aveva diritto alla iscri

zione, non essendo in possesso dei requisiti richiesti, e cioè la

lavorazione di un fondo con fabbisogno di almeno centoquat tro giornate e la professionalità ed abitualità dell'attività svolta.

nel definire attività prevalente quella che occupi il soggetto per la mag gior parte dell'anno e ne costituisca la maggior fonte di reddito, nega qualsiasi rilievo ad attività non redditizie (come quella di casalinga), dovendo la comparazione istituirsi, ai fini della prevalenza suddetta, fra le varie occupazioni produttive di reddito svolte nell'anno lavorati

vo, Cass. 30 maggio 1991, n. 6117, id., Rep. 1991, voce cit., n. 168. Per la necessità di fare riferimento, per la valutazione dei requisiti

richiesti per la iscrizione negli elenchi dei coltivatori diretti, ai criteri fissati dagli art. 2 e 3 1. 9 gennaio 1963 n. 9, senza che possano trarsi elementi in contrario dal riferimento al concetto di coltivatore diretto contenuto in altre norme di legge, Cass. 8 marzo 1979, n. 1455, id., Rep. 1979, voce cit., n. 154. Con riferimento al periodo antecedente l'entrata in vigore della 1. 9 gennaio 1963 n. 9, per il diritto all'iscrizio ne negli elenchi nominativi dei coltivatori diretti, Cass. 25 luglio 1984, n. 4371, id., 1984, I, 2755.

In ordine alla necessità del consenso del concedente ai fini dell'iscri zione (ai fini previdenziali) nell'elenco dei mezzadri del familiare del

mezzadro, Cass. 8 febbraio 1997, n. 1211, id., 1997, I, 1089. Per l'attribuzione della qualifica di coltivatore diretto, ai fini previ

denziali, anche a persone che svolgano attività di coltivazione di un fondo in forma associata, Cass. 19 marzo 1988, n. 2527, id., Rep. 1988, voce cit., n. 214.

In caso di contestazione dell'ente previdenziale, per l'onere del lavo ratore di provare i fatti costitutivi del rapporto lavorativo, CaSs. 4 feb braio 1997, n. 1047, id., Rep. 1997, voce cit., n. 244.

Sulla prassi amministrativa per l'accertamento della qualifica di colti vatore diretto (e problemi previdenziali in genere) dopo la soppressione dello Scau (ed il trasferimento all'Inps della procedura di accertamen

to), circolari e messaggi Inps (essenziali): — circ. n. 208 del 2 ottobre 1998 (contributo aggiuntivo ivs per cd/cm); — circ. n. 207 del 2 ottobre 1998 (riscatti, ricongiunzioni e altri rico

noscimenti per cd/cm); — circ. n. 187 del 17 agosto 1998 (contenzioso in materia di accerta

mento contributivo e assicurativo dei lavoratori agricoli autonomi e su

bordinati); — circ. n. 151 del 14 luglio 1998 (lavoratori autonomi agricoli e pre

stazioni Inail); — messaggio n. 25527 del 4 luglio 1998 (applicazione di sanzioni

ed interessi sui contributi agricoli dovuti dai coltivatori diretti, coloni, mezzadri ed imprenditori);

— messaggio n. 26770 del 13 luglio 1998 (versamento dei contributi 1998 per cd/cm e imprenditori agricoli);

— circ. n. Ili del 23 maggio 1998 (frazionamento dei contributi per imprenditori agricoli e cd/cm);

— circ. n. 56 del 5 marzo 1998 (frazionamento dei contributi per i lavoratori agricoli autonomi);

— circ. n. 54 del 5 marzo 1998 (abolizione dei contributi sanitari e conseguenze in agricoltura);

— circ. n. 256 del 18 dicembre 1997 (contributi volontari per coloni e mezzadri);

— circ. n. 250 del 6 dicembre 1997 (agevolazioni contributive per il settore agricolo);

— circ. n. 235 del 21 novembre 1997 (cd/cm: adempimenti contribu tivi e diritto alla pensione);

— messaggio n. 20785 del 9 agosto 1997 (cd/cm, reddito giornaliero contributi e pensioni);

— circ. n. 121 del 28 maggio 1997 (cd/cm e contributi integrativi); — circ. n. 7 del 16 gennaio 1997 (reddito da pensione per lavoratori

agricoli autonomi); — circ. n. 198 del 15 ottobre 1996 (operai agricoli e cd/cm: addizio

nale del venti per cento sul contributo Inail); — messaggio n. 3581 del 6 settembre 1996 (cd/cm, reddito giornalie

ro, contributi e pensioni). Sulla procedura di accertamento dei lavoratori agricoli dopo la sop

pressione dello Scau, ed il trasferimento all'Inps di tutte le strutture e funzioni (ad opera della 1. 23 dicembre 1994 n. 727), L. Carbone, La «nuova» procedura di accertamento dei lavoratori agricoli, id., 1996, I, 2986. In dottrina, G. D'Imperio, Settore agricolo: l'accertamento delle

giornate lavorative, in Dir. e pratica lav., 1997, 984; Id., Il registro delle imprese agricole, ibid., 660.

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