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sezioni unite civili; sentenza 9 luglio 1997, n. 6222; Pres. V. Sgroi, Est. Volpe, P.M. Morozzo...

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sezioni unite civili; sentenza 9 luglio 1997, n. 6222; Pres. V. Sgroi, Est. Volpe, P.M. Morozzo Della Rocca (concl. diff.); Grimaldi (Avv. Canovi) c. Condominio Via Livorno 14, Genova e altri. Cassa App. Genova 5 aprile 1993 Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 12 (DICEMBRE 1999), pp. 3629/3630-3633/3634 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23195252 . Accessed: 28/06/2014 17:18 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.61 on Sat, 28 Jun 2014 17:18:11 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 9 luglio 1997, n. 6222; Pres. V. Sgroi, Est. Volpe, P.M. MorozzoDella Rocca (concl. diff.); Grimaldi (Avv. Canovi) c. Condominio Via Livorno 14, Genova e altri.Cassa App. Genova 5 aprile 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 12 (DICEMBRE 1999), pp. 3629/3630-3633/3634Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195252 .

Accessed: 28/06/2014 17:18

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

mente al relativo obbligo, quanto di chi non ottempera affatto:

disciplina che non si pone in contrasto con il principio costitu

zionale di uguaglianza, attesa la possibilità di graduare la san

zione (Cass. 26 marzo 1984, n. 1991, id., 1984, I, 1263), non

ché, in materia di sanzioni penali edilizie, la violazione dell'art.

20, lett. b), 1. 28 febbraio 1985 n. 47, che costituisce violazione

formale (costruzione in assenza di provvedimento amministrati

vo di concessione), indipendentemente dalla conformità o meno

al piano regolatore, e quindi a prescindere dalla possibile lesio

ne dei valori urbanistici.

La valutazione in astratto, compiuta dal legislatore, circa la

gravità di una messa in pericolo del bene protetto, nella quale si sostanzia anche il semplice transito di una nave carica di idro

carburi, ha convinto della necessità di una difesa anticipata del

bene protetto, non solo con l'obbligo di adottare cautele assicu

rative in ordine alle possibili conseguenze di episodi di inquina mento, ma anche esigendo l'immediata dimostrabilità dell'ot

temperanza all'obbligo. Lo stesso art. 6, 2° e 3° comma, d.p.r.

504/78, riconnette all'esibizione del certificato assicurativo fi

nanco l'accesso e la partenza della nave. E pretende che lo stes

so sia munito di particolare fede probatoria, con la vidimazione

(o addirittura con il rilascio) da parte dello Stato di bandiera.

In relazione al profilo di legittimità costituzionale indotto dal

secondo motivo, non vi è traccia che sia stato sollevato nel giu dizio di merito: esso appare comunque manifestamente infondato.

Deve in primo luogo smentirsi il presupposto da cui sembra

muovere l'eccezione sollevata dal ricorrente, sulla necessità di

specifica delega legislativa al fine di imporre sanzioni. Il princi

pio di legalità, che sovrintende anche la materia delle sanzioni

amministrative (art. 1 1. 24 novembre 1981 n. 689), appare sod

disfatto ove la misura repressiva sia prevista dal decreto legisla tivo, che costituisce atto avente forza di legge. La definizione

dell'oggetto della delega, e la fissazione dei principi e criteri

direttivi da parte della legge delega (art. 76 Cost.), comporta che nella regolamentazione della materia il governo possa raf

forzare i precetti normativi attraverso la previsione di sanzioni

per il caso di inosservanza (conforme, sostanzialmente, Cass.

18 febbraio 1981, Ranieri, id., Rep. 1981, voce Lavoro (con

tratto), n. 99). A meno che ciò non possa ritenersi escluso dalle

limitazioni contenute nella stessa legge di delega. Nella 1. 6 aprile 1977 n. 185, che all'art. 3 ha delegato il

governo ad emanare decreti legislativi «secondo i principi con

tenuti negli accordi» internazionali a mezzo della stessa ratifica

ti, al fine di «stabilire le norme necessarie ad assicurare l'adem

pimento degli obblighi derivanti dagli accordi stessi», è conte

nuta «espressa autorizzazione a prevedere come illeciti i singoli fatti costituenti inadempimento alla obbligazione di cui al par. 2 dell'art. 13» della convenzione di Bruxelles del 18 dicembre

1971 istitutiva del fondo internazionale per l'indennizzo dei danni

derivanti da inquinamento da idrocarburi, «nonché a punirli con pena pecuniaria amministrativa in misura non eccedente gli

importi insoluti». Tale specifica autorizzazione è indicativa di una intenzione opposta a quella che pretende di enucleare il

ricorrente, di una delega limitata, quanto alle sanzioni, alla sola

violazione dell'art. 13 della convenzione del 1971. L'oggetto della

delega appare, invece, di ampia portata, essendo definito dalla

necessità di assicurare l'adempimento degli obblighi derivanti

dalle tre convenzioni unitariamente ratificate: e in tale prospet tiva si giustificano le sanzioni previste dall'art. 12, atte a raffor

zare l'effettività delle previsioni contenute nelle tre convenzioni

e degli obblighi che ne scaturiscono. Che il legislatore delegante abbia previsto «espressa» autorizzazione a sanzionare uno spe cifico obbligo (quello derivante dall'art. 13 della convenzione

del 1971), non toglie che implicitamente sia consentito al legis latore delegato rafforzare le previsioni emanate in esecuzione

di altre disposizioni dettate dagli accordi internazionali: l'espressa

autorizzazione, dunque, non costituisce una limitazione della

delega, ma un criterio direttivo sulla trattazione di un aspetto

specifico, che lascia intatta la discrezionalità del delegato nel

disciplinare ulteriori aspetti della materia.

Pertanto non è in alcun modo ravvisabile un vizio di eccesso

di delega legislativa, nell'art. 12 d.p.r. 504/78, che faccia dubi

tare circa il rispetto dell'art. 76 Cost.

Il Foro Italiano — 1999.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 9 lu

glio 1997, n. 6222; Pres. V. Sgroi, Est. Volpe, P.M. Moroz

zo Della Rocca (conci, diff.); Grimaldi (Avv. Canovi) c.

Condominio Via Livorno 14, Genova e altri. Cassa App. Ge nova 5 aprile 1993.

Comunione e condominio — Condominio negli edifici — Spese comuni — Criteri di ripartizione — Tabelle millesimali —

Revisione — Presupposti (Cod. civ., art. 1123, 1428; disp. att. cod. civ., art. 69).

In tema di condominio di edifici, l'errore che giustifica, ai sensi dell'art. 69, n. 1, disp. att. c.c., la revisione delle tabelle mil lesimali non coincide con l'errore-vizio del consenso, di cui

agli art. 1428 ss. c.c., ma consiste nell'obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari dell'edi

ficio e il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle. (1)

(1) Con la sentenza in epigrafe (annotata da A. Scarpa e A. Barbie ri, in Ross, locazioni, 1997, 541) le sezioni unite della Cassazione han no risolto il contrasto interpretativo insorto all'interno della II sezione civile circa l'ambito di applicazione dell'art. 69, n. 1, disp. att. c.c., confermando l'orientamento più recente, seguito da Cass. 21 luglio 1988, n. 4734, Foro it., Rep. 1988, voce Comunione e condominio, n. 99 (per esteso, Giusi, civ., 1988, I, 2522, e Arch, locazioni, 1988, 693), e 21 maggio 1991, n. 5722, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 233 (ripor tata in Arch, locazioni, 1991, 738, e Ross, equo canone, 1991, 367, con nota di M. De Tilla), la quale sottolinea (al pari di Cass. 28 gen naio 1995, n. 1028, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 114, annotata da M. De Tula, in Rass. locazioni, 1996, 85) che la possibilità di impu gnare la tabella millesimale sotto il profilo dell'errore, chiedendone la revisione in corrispondenza degli effettivi valori delle singole unità im mobiliari, sussiste anche qualora essa sia stata predisposta dal venditore costruttore e accettata dagli acquirenti delle singole porzioni di piano in sede di stipula dei contratti di compravendita, cui era allegata (sulla rivedibilità ai sensi dell'art. 69, n. 1, delle tabelle millesimali erronee anche se si tratti di tabelle allegate a regolamento condominiale di natu ra contrattuale, v., d'altra parte, da ultimo, in motivazione, Cass. 15 giugno 1998, n. 5942, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 65, riportata in Arch, locazioni, 1998, 691; sulla loro modificabilità, invece, Cass. 2 giugno 1999, n. 5399, Foro it., Mass., 645). Conforme a tale indiriz zo, v., tra le pronunzie di merito, Trib. Piacenza 9 giugno 1998, Arch, locazioni, 1998, 882.

Precedentemente, la giurisprudenza di legittimità, argomentando dal carattere negoziale dell'approvazione delle tabelle millesimali (carattere che, peraltro, come osservano in motivazione le sezioni unite, non sem bra potere avere influenza determinante sulla soluzione del problema esaminato), aveva ritenuto, per contro, che l'errore preso in considera zione dall'art. 69, n. 1, disp. att. c.c., dovesse identificarsi con l'errore vizio del consenso di cui all'art. 1429 c.c.: v. Cass. 11 gennaio 1982, n. 116, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 81; 8 luglio 1964, n. 1801, id., 1965, I, 687, con nota critica di L. Florino (annotata anche da L. Salis, in Giust. civ., 1964, I, 2234; Lorenzi, in Giur. it., 1968, I, 1, 387). Nello stesso senso, v. anche, più recentemente, tra le decisio ni di merito, Trib. Torino 20 maggio 1989, Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 120.

La pronunzia in rassegna precisa in motivazione che «gli errori rile vanti ai fini della revisione sono . . . quelli obiettivamente verificabili (ad es.: divergenze di estensione della superficie, di piano e simili), re stando, di conseguenza, esclusa la rilevanza (ai fini dell'errore) dei cri teri soggettivi (ad es.: d'ordine estetico e simili) nella stima degli ele menti necessari per la valutazione ex art. 68 disp. att. c.c.». Nel senso dell'irrilevanza degli apprezzamenti soggettivi nella stima dei suddetti elementi la giurisprudenza si era, peraltro, già ripetutamente espressa (sia pure, in passato, nella prospettiva dell'essenzialità dell'errore inteso quale errore vizio del consenso, ex art. 1428 c.c.): v. Cass. 10 febbraio 1994, n. 1367, id., Rep. 1994, voce cit., n. 162 (riportata in Riv. giur. edilizia, 1994, I, 963, con nota di M. De Tilla, che, nell'escludere che l'accettazione delle tabelle millesimali precluda al condomino la possibi lità di impugnarle per l'obiettiva divergenza tra valore considerato e valore reale dei singoli appartamenti, sottolinea che questa deve discen dere o da errori di fatto in ordine alle caratteristiche degli elementi necessari per la valutazione ai sensi dell'art. 68 disp. att. c.c., o da errori di diritto riguardanti l'identificazione di tali elementi, con la con

seguenza che non può considerarsi errore rilevante ai fini dell'art. 69

disp. att. c.c., l'avere attribuito alle unità immobiliari site al piano ter reno dell'edificio, obiettivamente destinate — in ragione della loro con formazione strutturale — ad attività commerciali, un valore più elevato

rispetto a quello risultante dal mero calcolo della superficie e della cu

batura); 11 gennaio 1982, n. 116, cit. Nello stesso ordine di idee, anche Trib. Parma 14 gennaio 1998, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 126

(secondo la quale ove non siano mutate le caratteristiche obiettive del l'immobile, ma soltanto la situazione esterna ad esso, incidente sulla

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3631 PARTE PRIMA 3632

Motivi della decisione. — Con il primo motivo, denunziando

«violazione e falsa applicazione degli art. 1428-1429 c.c. e 69, n. 1, disp. att. c.c.», il ricorrente sostiene che gli elaborati peri tali prodotti hanno dimostrato l'oggettiva erroneità dei calcoli

delle originarie tabelle, con pregnanti confronti sia con le unità

abitative soprastanti sia con analogo piano fondi del caseggiato

gemello prospiciente. È stata, inoltre, dal c.t. di parte attrice

ben evidenziata l'erroneità oggettiva delle tabelle laddove il cal

colo è stato fatto su un progetto del caseggiato che non preve deva balconi, mentre, a seguito di variante in corso d'opera, sono stati costruiti, a servizio delle unità soprastanti, svariati

balconi, dei quali ovviamente si doveva tener conto nella reda

zione delle tabelle millesimali.

sua valutazione economica, non si è in presenza delle condizioni per

disporre la revisione o la modifica delle tabelle millesimali ai sensi del l'art. 69 disp. att. c.c.), e Trib. Milano 29 maggio 1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 117 (per esteso, in Arch, locazioni, 1989, 715).

Nel senso che la revisione delle tabelle millesimali si giustifica anche

se l'errore nella valutazione delle unità immobiliari sia stato determina

to dall'applicazione dei criteri stabiliti dal r.d. 15 gennaio 1934 n. 56,

vigenti all'epoca della formazione del regolamento condominiale cui le

tabelle sono allegate (e in esso richiamati), ma abrogati per effetto del

l'entrata in vigore del codice civile del 1942, v., d'altra parte, Cass.

15 giugno 1998, n. 5942, cit. In dottrina, tra gli autori che si sono espressi favorevolmente all'in

quadramento dell'errore ex art. 69, n. 1, disp. att. c.c., nell'ambito

dell'errore vizio del consenso, cfr. A. Visco, Le case in condominio,

1997, 936 ss.; A. Nicoletti-R. Redivo, Ripartizione delle spese condo

miniali e tabelle millesimali, 2a ed., Padova, 1995, 57 ss. In senso con

trario a tale tesi, cfr., invece: G. Branca, Condominio negli edifici, in Commentario aI codice civile a cura di Scialoja e Branca, Bologna Roma, 1982, 403 ss.; Id., Sulla tabella millesima/e nel condominio, in

Riv. trim. dir. e proc. civ., 1969, 781 (l'autore tuttavia distingue, esclu

dendo in tali casi l'ammissibilità della revisione ex art. 69, n. 1, disp. att. c.c., l'ipotesi in cui le tabelle millesimali abbiano formato oggetto di un negozio di accertamento [nel qual caso questo potrebbe essere

impugnato come ogni altro contratto dello stesso tipo], nonché l'ipotesi in cui le tabelle siano state formate dal giudice [nel qual caso gli even

tuali errori, inficiando la sentenza, non potrebbero essere corretti ai

sensi dell'art. 69 cit., ma dovrebbero essere dedotti come mezzi di gra vame]); G. Terzago, Il condominio, 2a ed., Milano, 1993 , 699 ss.; R. Triola, Manuale del condominio, Milano, 1995, 129 ss. Sul punto, v. anche, M. Dogliotti-A. Figone, Il condominio, in Giur. sist. dir. civ. e comm. fondata da Bigia vi, Torino, 1992, 466 ss.; G. Terzago-G.

Sangiorgi, Le tabelle millesimali nel condominio, 2a ed., Milano, 1993; da ultimo, G. Vidiri, Il condominio nella dottrina e nella giurisprudenza, Milano, 1999, 370 ss.

Con riferimento all'ipotesi della revisione o della modifica giudiziale delle tabelle millesimali (ai sensi, rispettivamente, del n. 1 e del n. 2 dell'art. 69 disp. att. c.c.), si è puntualizzato:

— che, in caso di accoglimento della domanda, la relativa sentenza, avendo la stessa funzione dell'accordo modificativo delle tabelle rag

giunto dai condomini all'unanimità, ha natura non dichiarativa, bensì

costitutiva, e quindi, in mancanza di specifica disposizione di legge con

traria, diviene efficace con decorrenza dal passaggio in giudicato (v. Cass. 8 settembre 1994, n. 7696, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 84);

— che la legittimazione ad agire spetta esclusivamente al condomino

(o ai condomini), e non al condominio nel suo insieme (v. Trib. Roma 4 marzo 1997, id., Rep. 1997, voce cit., n. 60), né, d'altro canto, a chi sia titolare soltanto di un diritto di godimento su porzioni immobi liari site nell'edificio condominiale (Trib. Milano 29 maggio 1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 117);

— che la domanda di revisione o modifica delle tabelle deve essere

proposta non nei confronti del condominio cumulativamente rappre sentato dall'amministratore, ma nei confronti di tutti i condomini sin

golarmente: v., tra le altre, Cass. 15 aprile 1994, n. 3542, id., Rep. 1994, voce cit., n. 236 (che distingue rispetto al caso ora considerato

quello dell'impugnazione di una delibera modificativa delle tabelle mil

lesimali, contrattualmente approvate, adottata a maggioranza dall'as semblea dei condomini); 6 luglio 1984, n. 3967, id., Rep. 1984, voce

cit., n. 69. Nel senso del litisconsorzio necessario di tutti i condomini, v. anche Trib. Roma 4 marzo 1997, cit., e 11 aprile 1995, id., Rep. 1995, voce cit., n. 134. Per ulteriori riferimenti al riguardo, cfr. la nota di richiami a Cass. 19 gennaio 1995, n. 602, id., 1996, I, 1807, interve nuta in tema di modifica delle tabelle millesimali da parte degli stessi condomini.

Sulle condizioni che rendono necessaria la modifica delle tabelle mil lesimali ai sensi dell'art. 69, n. 2, disp. att. c.c., cfr. Cass. 13 settembre

1991, n. 9579, id., Rep. 1992, voce cit., n. 157 (secondo cui la realizza zione di una sopraelevazione dell'edificio non è di per sé sufficiente, occorrendo che si verifichi una notevole alterazione del rapporto origi nario dei valori dei singoli piani o porzioni di piano).

Il Foro Italiano — 1999.

Deduce ancora il ricorrente che una parte del piano fondi

è stata trasformata successivamente in unità abitativa e che vi

è, quindi, il fondato sospetto, se non la certezza, che le tabelle

siano state redatte sulla base di un mero esame dei documenti

progettuali e catastali, senza una diretta conoscenza dell'effetti

vo stato dei luoghi, ben diverso da quello risultante dai progetti.

Rileva, infine, il ricorrente che, a parte questa già di per sé

pregnante considerazione, è ormai costante l'orientamento della

Suprema corte nel considerare l'errore richiamato dall'art. 69,

n. 1, disp. att. c.c., non già come rilevante in ordine al vizio

del consenso prestato all'atto della stipula del contratto ai sensi

dell'art. 1428 c.c., bensì nella semplice sola ed obiettiva diver

genza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari ed

il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle.

Con il secondo motivo, denunciando «omessa, insufficiente

e comunque contraddittoria motivazione su punti decisivi della

controversia», il ricorrente lamenta che delle considerazioni so

pra esposte la corte non abbia tenuto conto e che la motivazio

ne sia in ogni caso da considerare omessa in ordine a punti evidenziati nelle tre relazioni tecniche di parte. Il giudice di ap

pello dimostra di non averle affatto considerate, se argomenta nel senso di una differenza valutativa soggettiva nella determi

nazione dei criteri millesimali e non nel senso di evidenti errori

di calcolo con rilevanza oggettiva, conseguenti all'omessa consi

derazione di elementi importanti dello stabile.

Osserva, infine, il ricorrente che la motivazione è contraddit

toria laddove, dopo aver argomentato nel senso sopra descritto, al momento della statuizione sulle spese di lite, ricordato il prin

cipio della soccombenza, la corte opera una parziale compensa zione delle spese stesse «in considerazione dell'evidente erronei

tà dei calcoli effettuati nel predisporre la vigente tabella mille

simale».

Il primo motivo è fondato e merita, quindi, accoglimento. La questione prospettata dal ricorrente attiene all'interpreta

zione dell'art. 69 disp. att. c.c., secondo il quale i valori pro

porzionali dei vari piani o porzioni di piano possono essere ri

veduti o modificati, anche nell'interesse di un solo condomino,

quando risulta che sono conseguenza di un errore, oppure quan

do, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conse

guenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione

parziale o di innovazioni di vasta portata, è notevolmente alte

rato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzio ni di piano.

In particolare, nel caso in esame, la questione riguarda il si

gnificato da attribuire all'errore contemplato dal n. 1 di detto

articolo, la cui interpretazione ha dato luogo al contrasto di

giurisprudenza sottoposto al vaglio delle sezioni unite per la sua

composizione.

Invero, com'è stato rilevato nell'ordinanza 9 febbraio 1996, della seconda sezione, che ha sollecitato l'assegnazione del ri

corso alle sezioni unite, mentre in precedenza l'errore in que stione è stato identificato nel vizio di consenso di cui all'art.

1428 c.c., riferito al negozio di approvazione delle tabelle (v. sent. 8 luglio 1964, n. 1801, Foro it., 1965, I, 687; 11 gennaio

1982, n. 116, id., Rep. 1982, voce Comunione e condominio, n. 81), alcune recenti decisioni hanno affermato che il detto

errore consiste nella semplice, obiettiva divergenza tra il valore

effettivo delle singole unità immobiliari di un edificio in condo

minio ed il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle

stesse (v. sent. 21 luglio 1988, n. 4734, id., Rep. 1988, voce

cit., n. 99; 21 maggio 1991, n. 5722, id., Rep. 1992, voce cit., n. 233).

La sentenza impugnata segue il primo di tali due indirizzi, in quanto si basa sul rilievo che quando, come nella specie, i millesimi attribuiti ai piani o alle singole porzioni di piano sono stati determinati da un regolamento contrattuale, la loro

revisione è consentita per errori rilevanti come vizi del consenso

ai sensi dell'art. 1428 c.c.

Nel caso in esame, ad avviso della corte di merito, si è in

presenza di errori di calcolo non rilevanti al fine voluto.

È chiara l'adesione della predetta sentenza all'orientamento

espresso da questa corte con la prima delle ricordate decisioni,

per la quale la domanda di revisione o modificazione può essere

proposta non soltanto per l'errore di calcolo disciplinato dal

l'art. 1430 c.c., ma anche per ogni tipo di errore rilevante come

vizio del contratto ai sensi dell'art. 1428 c.c. In questa seconda

ipotesi la domanda dà luogo ad un unico e più semplice proce

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dimento, compensativo sostanzialmente di quello di annullamento

del contratto per effetto dell'errore vizio (errore essenziale e

riconoscibile, ex art. 1428, 1429 c.c.) e di quello di determina

zione delle nuove tabelle.

Per questa e per l'altra citata sentenza 116/82 costituiscono

errori essenziali, e possono, quindi, dar luogo a revisione delle

tabelle millesimali a norma dell'art. 69, n. 1, disp. att. c.c.,

gli errori sia di fatto sia di diritto che — come ripete appunto la sentenza impugnata con il ricorso in esame — attengono alla

determinazione degli elementi necessari per il calcolo del valore

dei singoli appartamenti (come l'estensione, l'altezza, l'ubica

zione, l'esposizione). Non possono, invece, qualificarsi essen

ziali gli errori determinati soltanto dai criteri più o meno sog

gettivi con cui la valutazione dei singoli elementi necessari per la stima sia stata compiuta, poiché l'errore di valutazione, in

sé considerato, non può mai essere ritenuto essenziale, non co

stituendo un errore sulla qualità della cosa a norma dell'art.

1429, n. 2, c.c.

Questa interpretazione dell'art. 69 disp. att. c.c. è legata, co

me si vede, al carattere negoziale dell'approvazione delle tabelle

millesimali, affermato in numerose decisioni di questa corte, che hanno in proposito parlato di negozio di accertamento. Co

sì la menzionata sentenza 1801/64, secondo cui, in materia di

condominio di edifici, la determinazione dei valori dei piani o

porzioni di piano di proprietà di ciascun condomino e la loro

espressione in millesimi esigono o l'accordo di tutti i condomini — il quale si esprime in un negozio che, normalmente, non

ha carattere dispositivo e che va, pertanto, inquadrato nella ca

tegoria dei negozi di accertamento — ovvero la determinazione

giudiziale, ad istanza degli interessati, con sentenza di accerta

mento (di negozi di accertamento, a proposito della formazione

delle tabelle millesimali e della loro modifica nelle ipotesi previ ste dall'art. 69 disp. att. c.c., parlano, tra le altre, le sentenze

17 ottobre 1980, n. 5593, id., Rep. 1981, voce cit., n. 58, e

24 novembre 1983, n. 7040, id., Rep. 1984, voce cit., n. 58). Non sembra, però, che la soluzione del problema in esame

dipenda dal carattere negoziale o no della determinazione delle

tabelle millesimali e che l'errore di cui all'art. 69, n. 1, disp. att. c.c. debba inquadrarsi nell'errore-vizio del consenso, con

templato dall'art. 1428 c.c. come causa di annullamento del con

tratto, quando è essenziale e riconoscibile dall'altro contraente.

Invero, anche riconoscendo carattere negoziale all'approva zione delle tabelle, e non piuttosto quello di riconoscimento del

l'esattezza di un'operazione puramente tecnica (di calcolo dei

valori proporzionali dei piani o porzioni di piano dell'edificio

condominiale), l'errore di cui all'art. 69, n. 1, in parola va rav

visato ogniqualvolta vi sia un'obiettiva divergenza tra il valore

effettivo delle singole unità immobiliari ed il valore proporzio nale ad esse attribuito nelle tabelle.

Il contrasto di giurisprudenza va composto, cioè, proprio nel

senso della sentenza n. 4734 del 1988, cit., le cui argomentazio ni sono condivisibili.

Al riguardo, infatti, si osserva che la predetta norma conside

ra l'errore nella determinazione dei valori proporzionali dei vari

piani o porzioni di piano non già come causa di annullamento, bensì come causa di revisione delle tabelle.

Di tale revisione non fa da presupposto l'annullamento, non

essendo ciò desumibile dalla formulazione dell'art. 69, che ac

cenna semplicemente a valori da rettificare in quanto conse

guenza di un errore, con riferimento, pertanto, non già all'erro

re quale vizio del consenso, contemplato dall'art. 1428 c.c. in

materia contrattuale, ma all'oggettiva presenza di una difformi

tà tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari ed il

valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle.

Su questa linea si pone anche la sentenza 21 maggio 1991,

n. 5722, cit. (richiamata dalla sentenza 10 febbraio 1994, n.

1367, id., Rep. 1994, voce cit., n. 162), secondo cui, in tema

di condominio di edifici, l'accettazione da parte dei condomini

della tabella millesimale, predisposta dal venditore-costruttore

ed allegata ai singoli contratti di vendita degli alloggi, non pre clude l'impugnativa della tabella medesima, ai sensi dell'art. 69, n. 1, disp. att. c.c., sotto il profilo dell'errore, al fine di otte

nerne una revisione in corrispondenza agli effettivi valori delle

singole unità immobiliari. La causa petendi di detta azione, come precisa questa senten

za, non è un vizio del volere che infici la formazione della vo

lontà contrattuale, ma solo un errore oggettivo delle tabelle e

Il Foro Italiano — 1999 — Parte 1-66.

il relativo petitum si sostanzia nella sola revisione o modifica

delle tabelle medesime.

Conclusivamente si osserva che l'art. 69 disp. att. c.c. — nor

ma che specificamente contempla, nel condominio degli edifici, la revisione o modifica dei valori proporzionali dei piani o por zioni di piano — al n. 1 regola il caso della revisione di qualun

que tipo di tabella millesimale in presenza di errori oggettivi, causa di apprezzabile divergenza tra il valore attribuito nella

tabella alle unità immobiliari ed il valore effettivo delle stesse, senza che in proposito rilevi il carattere negoziale della forma

zione di alcune tabelle.

Gli errori rilevanti ai fini della revisione sono, dunque, quelli obiettivamente verificabili (ad es.: divergenze di estensione della

superficie, di piano e simili), restando, di conseguenza, esclusa

la rilevanza (ai fini dell'errore) dei criteri soggettivi (ad es.: d'or

dine estetico e simili) nella stima degli elementi necessari per la valutazione ex art. 68 disp. att. c.c.

L'accoglimento del primo motivo determina l'assorbimento

del secondo.

L'impugnata sentenza va, pertanto, cassata e la causa va rin

viata ad altra sezione della stessa corte d'appello che nel riesa

me dovrà attenersi al seguente principio di diritto:

«In tema di condominio di edifici l'errore il quale, ai sensi

dell'art. 69 disp. att. c.c., giustifica la revisione delle tabelle

millesimali non coincide con l'errore-vizio del consenso, disci

plinato dagli art. 1428 ss. c.c., ma consiste nell'obiettiva diver

genza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari ed

il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle».

CORTE D'APPELLO DI FIRENZE; sentenza 23 giugno 1998; Pres. Santilli, Est. Massetani; Serlupi Crescenzi e altro (Avv.

Arcangeli, Puccioni) c. Comune di Firenze (Aw. Selvaggi).

CORTE D'APPELLO DI FIRENZE;

Donazione — Destinazione di immobile a un determinato uso — Inadempimento dell'onere — Risoluzione della donazione — Esclusione (Cod. civ., art. 793).

Donazione — Revocazione — Esclusione — Fattispecie (Cod. civ. del 1865, art. 1080).

Poiché il trasferimento a titolo gratuito di un immobile da de

stinare ad un determinato uso e a condizione che sulla sua

facciata permanga una data iscrizione non costituisce dona

zione modale, la domanda di risoluzione della donazione per inadempimento da parte del soggetto avente causa dal dona

tario a titolo particolare non può essere accolta, mancando,

peraltro, un'espressa previsione in tal senso. (1) Non può essere revocata, ai sensi dell'art. 1080 c.c. del 1865

la donazione di un immobile da destinare a un determinata

uso e a condizione che sulla sua facciata permanga una data

iscrizione, ove la domanda non sia stata trascritta anterior

mente alla trascrizione dell'acquisto del terzo (nella specie, avvenuto per successione a titolo particolare del comune di

Firenze all'Orimi, soppresso con l. n. 698 del 1975). (2)

(1-2) Non constano precedenti in termini. La necessità dell'espressa previsione della risoluzione della donazione

sembrerebbe principio ormai indiscusso in giurisprudenza: cfr. riferi menti in nota a Trib. Catania 25 marzo 1993, Foro it., 1995, I, 696. In dottrina, la risolubilità della donazione, anche in mancanza di una

previsione espressa, è affermata da Carnevali, Modo, voce dell'Enci

clopedia del diritto, Milano, 1976, XXVI, 686, il quale si oppone, così, all'orientamento, più accreditato in giurisprudenza e prevalente in dot trina (cfr., per tutti, Torrente, La donazione, in Trattato di diritto civile e commerciale a cura di Cicu e Messineo, Milano, 1956, XXII,

494), cui aderisce anche la sentenza in epigrafe, che afferma, infatti,

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