sezioni unite civili; sentenza 9 luglio 1997, n. 6222; Pres. V. Sgroi, Est. Volpe, P.M. MorozzoDella Rocca (concl. diff.); Grimaldi (Avv. Canovi) c. Condominio Via Livorno 14, Genova e altri.Cassa App. Genova 5 aprile 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 12 (DICEMBRE 1999), pp. 3629/3630-3633/3634Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195252 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
mente al relativo obbligo, quanto di chi non ottempera affatto:
disciplina che non si pone in contrasto con il principio costitu
zionale di uguaglianza, attesa la possibilità di graduare la san
zione (Cass. 26 marzo 1984, n. 1991, id., 1984, I, 1263), non
ché, in materia di sanzioni penali edilizie, la violazione dell'art.
20, lett. b), 1. 28 febbraio 1985 n. 47, che costituisce violazione
formale (costruzione in assenza di provvedimento amministrati
vo di concessione), indipendentemente dalla conformità o meno
al piano regolatore, e quindi a prescindere dalla possibile lesio
ne dei valori urbanistici.
La valutazione in astratto, compiuta dal legislatore, circa la
gravità di una messa in pericolo del bene protetto, nella quale si sostanzia anche il semplice transito di una nave carica di idro
carburi, ha convinto della necessità di una difesa anticipata del
bene protetto, non solo con l'obbligo di adottare cautele assicu
rative in ordine alle possibili conseguenze di episodi di inquina mento, ma anche esigendo l'immediata dimostrabilità dell'ot
temperanza all'obbligo. Lo stesso art. 6, 2° e 3° comma, d.p.r.
504/78, riconnette all'esibizione del certificato assicurativo fi
nanco l'accesso e la partenza della nave. E pretende che lo stes
so sia munito di particolare fede probatoria, con la vidimazione
(o addirittura con il rilascio) da parte dello Stato di bandiera.
In relazione al profilo di legittimità costituzionale indotto dal
secondo motivo, non vi è traccia che sia stato sollevato nel giu dizio di merito: esso appare comunque manifestamente infondato.
Deve in primo luogo smentirsi il presupposto da cui sembra
muovere l'eccezione sollevata dal ricorrente, sulla necessità di
specifica delega legislativa al fine di imporre sanzioni. Il princi
pio di legalità, che sovrintende anche la materia delle sanzioni
amministrative (art. 1 1. 24 novembre 1981 n. 689), appare sod
disfatto ove la misura repressiva sia prevista dal decreto legisla tivo, che costituisce atto avente forza di legge. La definizione
dell'oggetto della delega, e la fissazione dei principi e criteri
direttivi da parte della legge delega (art. 76 Cost.), comporta che nella regolamentazione della materia il governo possa raf
forzare i precetti normativi attraverso la previsione di sanzioni
per il caso di inosservanza (conforme, sostanzialmente, Cass.
18 febbraio 1981, Ranieri, id., Rep. 1981, voce Lavoro (con
tratto), n. 99). A meno che ciò non possa ritenersi escluso dalle
limitazioni contenute nella stessa legge di delega. Nella 1. 6 aprile 1977 n. 185, che all'art. 3 ha delegato il
governo ad emanare decreti legislativi «secondo i principi con
tenuti negli accordi» internazionali a mezzo della stessa ratifica
ti, al fine di «stabilire le norme necessarie ad assicurare l'adem
pimento degli obblighi derivanti dagli accordi stessi», è conte
nuta «espressa autorizzazione a prevedere come illeciti i singoli fatti costituenti inadempimento alla obbligazione di cui al par. 2 dell'art. 13» della convenzione di Bruxelles del 18 dicembre
1971 istitutiva del fondo internazionale per l'indennizzo dei danni
derivanti da inquinamento da idrocarburi, «nonché a punirli con pena pecuniaria amministrativa in misura non eccedente gli
importi insoluti». Tale specifica autorizzazione è indicativa di una intenzione opposta a quella che pretende di enucleare il
ricorrente, di una delega limitata, quanto alle sanzioni, alla sola
violazione dell'art. 13 della convenzione del 1971. L'oggetto della
delega appare, invece, di ampia portata, essendo definito dalla
necessità di assicurare l'adempimento degli obblighi derivanti
dalle tre convenzioni unitariamente ratificate: e in tale prospet tiva si giustificano le sanzioni previste dall'art. 12, atte a raffor
zare l'effettività delle previsioni contenute nelle tre convenzioni
e degli obblighi che ne scaturiscono. Che il legislatore delegante abbia previsto «espressa» autorizzazione a sanzionare uno spe cifico obbligo (quello derivante dall'art. 13 della convenzione
del 1971), non toglie che implicitamente sia consentito al legis latore delegato rafforzare le previsioni emanate in esecuzione
di altre disposizioni dettate dagli accordi internazionali: l'espressa
autorizzazione, dunque, non costituisce una limitazione della
delega, ma un criterio direttivo sulla trattazione di un aspetto
specifico, che lascia intatta la discrezionalità del delegato nel
disciplinare ulteriori aspetti della materia.
Pertanto non è in alcun modo ravvisabile un vizio di eccesso
di delega legislativa, nell'art. 12 d.p.r. 504/78, che faccia dubi
tare circa il rispetto dell'art. 76 Cost.
Il Foro Italiano — 1999.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 9 lu
glio 1997, n. 6222; Pres. V. Sgroi, Est. Volpe, P.M. Moroz
zo Della Rocca (conci, diff.); Grimaldi (Avv. Canovi) c.
Condominio Via Livorno 14, Genova e altri. Cassa App. Ge nova 5 aprile 1993.
Comunione e condominio — Condominio negli edifici — Spese comuni — Criteri di ripartizione — Tabelle millesimali —
Revisione — Presupposti (Cod. civ., art. 1123, 1428; disp. att. cod. civ., art. 69).
In tema di condominio di edifici, l'errore che giustifica, ai sensi dell'art. 69, n. 1, disp. att. c.c., la revisione delle tabelle mil lesimali non coincide con l'errore-vizio del consenso, di cui
agli art. 1428 ss. c.c., ma consiste nell'obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari dell'edi
ficio e il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle. (1)
(1) Con la sentenza in epigrafe (annotata da A. Scarpa e A. Barbie ri, in Ross, locazioni, 1997, 541) le sezioni unite della Cassazione han no risolto il contrasto interpretativo insorto all'interno della II sezione civile circa l'ambito di applicazione dell'art. 69, n. 1, disp. att. c.c., confermando l'orientamento più recente, seguito da Cass. 21 luglio 1988, n. 4734, Foro it., Rep. 1988, voce Comunione e condominio, n. 99 (per esteso, Giusi, civ., 1988, I, 2522, e Arch, locazioni, 1988, 693), e 21 maggio 1991, n. 5722, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 233 (ripor tata in Arch, locazioni, 1991, 738, e Ross, equo canone, 1991, 367, con nota di M. De Tilla), la quale sottolinea (al pari di Cass. 28 gen naio 1995, n. 1028, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 114, annotata da M. De Tula, in Rass. locazioni, 1996, 85) che la possibilità di impu gnare la tabella millesimale sotto il profilo dell'errore, chiedendone la revisione in corrispondenza degli effettivi valori delle singole unità im mobiliari, sussiste anche qualora essa sia stata predisposta dal venditore costruttore e accettata dagli acquirenti delle singole porzioni di piano in sede di stipula dei contratti di compravendita, cui era allegata (sulla rivedibilità ai sensi dell'art. 69, n. 1, delle tabelle millesimali erronee anche se si tratti di tabelle allegate a regolamento condominiale di natu ra contrattuale, v., d'altra parte, da ultimo, in motivazione, Cass. 15 giugno 1998, n. 5942, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 65, riportata in Arch, locazioni, 1998, 691; sulla loro modificabilità, invece, Cass. 2 giugno 1999, n. 5399, Foro it., Mass., 645). Conforme a tale indiriz zo, v., tra le pronunzie di merito, Trib. Piacenza 9 giugno 1998, Arch, locazioni, 1998, 882.
Precedentemente, la giurisprudenza di legittimità, argomentando dal carattere negoziale dell'approvazione delle tabelle millesimali (carattere che, peraltro, come osservano in motivazione le sezioni unite, non sem bra potere avere influenza determinante sulla soluzione del problema esaminato), aveva ritenuto, per contro, che l'errore preso in considera zione dall'art. 69, n. 1, disp. att. c.c., dovesse identificarsi con l'errore vizio del consenso di cui all'art. 1429 c.c.: v. Cass. 11 gennaio 1982, n. 116, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 81; 8 luglio 1964, n. 1801, id., 1965, I, 687, con nota critica di L. Florino (annotata anche da L. Salis, in Giust. civ., 1964, I, 2234; Lorenzi, in Giur. it., 1968, I, 1, 387). Nello stesso senso, v. anche, più recentemente, tra le decisio ni di merito, Trib. Torino 20 maggio 1989, Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 120.
La pronunzia in rassegna precisa in motivazione che «gli errori rile vanti ai fini della revisione sono . . . quelli obiettivamente verificabili (ad es.: divergenze di estensione della superficie, di piano e simili), re stando, di conseguenza, esclusa la rilevanza (ai fini dell'errore) dei cri teri soggettivi (ad es.: d'ordine estetico e simili) nella stima degli ele menti necessari per la valutazione ex art. 68 disp. att. c.c.». Nel senso dell'irrilevanza degli apprezzamenti soggettivi nella stima dei suddetti elementi la giurisprudenza si era, peraltro, già ripetutamente espressa (sia pure, in passato, nella prospettiva dell'essenzialità dell'errore inteso quale errore vizio del consenso, ex art. 1428 c.c.): v. Cass. 10 febbraio 1994, n. 1367, id., Rep. 1994, voce cit., n. 162 (riportata in Riv. giur. edilizia, 1994, I, 963, con nota di M. De Tilla, che, nell'escludere che l'accettazione delle tabelle millesimali precluda al condomino la possibi lità di impugnarle per l'obiettiva divergenza tra valore considerato e valore reale dei singoli appartamenti, sottolinea che questa deve discen dere o da errori di fatto in ordine alle caratteristiche degli elementi necessari per la valutazione ai sensi dell'art. 68 disp. att. c.c., o da errori di diritto riguardanti l'identificazione di tali elementi, con la con
seguenza che non può considerarsi errore rilevante ai fini dell'art. 69
disp. att. c.c., l'avere attribuito alle unità immobiliari site al piano ter reno dell'edificio, obiettivamente destinate — in ragione della loro con formazione strutturale — ad attività commerciali, un valore più elevato
rispetto a quello risultante dal mero calcolo della superficie e della cu
batura); 11 gennaio 1982, n. 116, cit. Nello stesso ordine di idee, anche Trib. Parma 14 gennaio 1998, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 126
(secondo la quale ove non siano mutate le caratteristiche obiettive del l'immobile, ma soltanto la situazione esterna ad esso, incidente sulla
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3631 PARTE PRIMA 3632
Motivi della decisione. — Con il primo motivo, denunziando
«violazione e falsa applicazione degli art. 1428-1429 c.c. e 69, n. 1, disp. att. c.c.», il ricorrente sostiene che gli elaborati peri tali prodotti hanno dimostrato l'oggettiva erroneità dei calcoli
delle originarie tabelle, con pregnanti confronti sia con le unità
abitative soprastanti sia con analogo piano fondi del caseggiato
gemello prospiciente. È stata, inoltre, dal c.t. di parte attrice
ben evidenziata l'erroneità oggettiva delle tabelle laddove il cal
colo è stato fatto su un progetto del caseggiato che non preve deva balconi, mentre, a seguito di variante in corso d'opera, sono stati costruiti, a servizio delle unità soprastanti, svariati
balconi, dei quali ovviamente si doveva tener conto nella reda
zione delle tabelle millesimali.
sua valutazione economica, non si è in presenza delle condizioni per
disporre la revisione o la modifica delle tabelle millesimali ai sensi del l'art. 69 disp. att. c.c.), e Trib. Milano 29 maggio 1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 117 (per esteso, in Arch, locazioni, 1989, 715).
Nel senso che la revisione delle tabelle millesimali si giustifica anche
se l'errore nella valutazione delle unità immobiliari sia stato determina
to dall'applicazione dei criteri stabiliti dal r.d. 15 gennaio 1934 n. 56,
vigenti all'epoca della formazione del regolamento condominiale cui le
tabelle sono allegate (e in esso richiamati), ma abrogati per effetto del
l'entrata in vigore del codice civile del 1942, v., d'altra parte, Cass.
15 giugno 1998, n. 5942, cit. In dottrina, tra gli autori che si sono espressi favorevolmente all'in
quadramento dell'errore ex art. 69, n. 1, disp. att. c.c., nell'ambito
dell'errore vizio del consenso, cfr. A. Visco, Le case in condominio,
1997, 936 ss.; A. Nicoletti-R. Redivo, Ripartizione delle spese condo
miniali e tabelle millesimali, 2a ed., Padova, 1995, 57 ss. In senso con
trario a tale tesi, cfr., invece: G. Branca, Condominio negli edifici, in Commentario aI codice civile a cura di Scialoja e Branca, Bologna Roma, 1982, 403 ss.; Id., Sulla tabella millesima/e nel condominio, in
Riv. trim. dir. e proc. civ., 1969, 781 (l'autore tuttavia distingue, esclu
dendo in tali casi l'ammissibilità della revisione ex art. 69, n. 1, disp. att. c.c., l'ipotesi in cui le tabelle millesimali abbiano formato oggetto di un negozio di accertamento [nel qual caso questo potrebbe essere
impugnato come ogni altro contratto dello stesso tipo], nonché l'ipotesi in cui le tabelle siano state formate dal giudice [nel qual caso gli even
tuali errori, inficiando la sentenza, non potrebbero essere corretti ai
sensi dell'art. 69 cit., ma dovrebbero essere dedotti come mezzi di gra vame]); G. Terzago, Il condominio, 2a ed., Milano, 1993 , 699 ss.; R. Triola, Manuale del condominio, Milano, 1995, 129 ss. Sul punto, v. anche, M. Dogliotti-A. Figone, Il condominio, in Giur. sist. dir. civ. e comm. fondata da Bigia vi, Torino, 1992, 466 ss.; G. Terzago-G.
Sangiorgi, Le tabelle millesimali nel condominio, 2a ed., Milano, 1993; da ultimo, G. Vidiri, Il condominio nella dottrina e nella giurisprudenza, Milano, 1999, 370 ss.
Con riferimento all'ipotesi della revisione o della modifica giudiziale delle tabelle millesimali (ai sensi, rispettivamente, del n. 1 e del n. 2 dell'art. 69 disp. att. c.c.), si è puntualizzato:
— che, in caso di accoglimento della domanda, la relativa sentenza, avendo la stessa funzione dell'accordo modificativo delle tabelle rag
giunto dai condomini all'unanimità, ha natura non dichiarativa, bensì
costitutiva, e quindi, in mancanza di specifica disposizione di legge con
traria, diviene efficace con decorrenza dal passaggio in giudicato (v. Cass. 8 settembre 1994, n. 7696, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 84);
— che la legittimazione ad agire spetta esclusivamente al condomino
(o ai condomini), e non al condominio nel suo insieme (v. Trib. Roma 4 marzo 1997, id., Rep. 1997, voce cit., n. 60), né, d'altro canto, a chi sia titolare soltanto di un diritto di godimento su porzioni immobi liari site nell'edificio condominiale (Trib. Milano 29 maggio 1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 117);
— che la domanda di revisione o modifica delle tabelle deve essere
proposta non nei confronti del condominio cumulativamente rappre sentato dall'amministratore, ma nei confronti di tutti i condomini sin
golarmente: v., tra le altre, Cass. 15 aprile 1994, n. 3542, id., Rep. 1994, voce cit., n. 236 (che distingue rispetto al caso ora considerato
quello dell'impugnazione di una delibera modificativa delle tabelle mil
lesimali, contrattualmente approvate, adottata a maggioranza dall'as semblea dei condomini); 6 luglio 1984, n. 3967, id., Rep. 1984, voce
cit., n. 69. Nel senso del litisconsorzio necessario di tutti i condomini, v. anche Trib. Roma 4 marzo 1997, cit., e 11 aprile 1995, id., Rep. 1995, voce cit., n. 134. Per ulteriori riferimenti al riguardo, cfr. la nota di richiami a Cass. 19 gennaio 1995, n. 602, id., 1996, I, 1807, interve nuta in tema di modifica delle tabelle millesimali da parte degli stessi condomini.
Sulle condizioni che rendono necessaria la modifica delle tabelle mil lesimali ai sensi dell'art. 69, n. 2, disp. att. c.c., cfr. Cass. 13 settembre
1991, n. 9579, id., Rep. 1992, voce cit., n. 157 (secondo cui la realizza zione di una sopraelevazione dell'edificio non è di per sé sufficiente, occorrendo che si verifichi una notevole alterazione del rapporto origi nario dei valori dei singoli piani o porzioni di piano).
Il Foro Italiano — 1999.
Deduce ancora il ricorrente che una parte del piano fondi
è stata trasformata successivamente in unità abitativa e che vi
è, quindi, il fondato sospetto, se non la certezza, che le tabelle
siano state redatte sulla base di un mero esame dei documenti
progettuali e catastali, senza una diretta conoscenza dell'effetti
vo stato dei luoghi, ben diverso da quello risultante dai progetti.
Rileva, infine, il ricorrente che, a parte questa già di per sé
pregnante considerazione, è ormai costante l'orientamento della
Suprema corte nel considerare l'errore richiamato dall'art. 69,
n. 1, disp. att. c.c., non già come rilevante in ordine al vizio
del consenso prestato all'atto della stipula del contratto ai sensi
dell'art. 1428 c.c., bensì nella semplice sola ed obiettiva diver
genza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari ed
il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle.
Con il secondo motivo, denunciando «omessa, insufficiente
e comunque contraddittoria motivazione su punti decisivi della
controversia», il ricorrente lamenta che delle considerazioni so
pra esposte la corte non abbia tenuto conto e che la motivazio
ne sia in ogni caso da considerare omessa in ordine a punti evidenziati nelle tre relazioni tecniche di parte. Il giudice di ap
pello dimostra di non averle affatto considerate, se argomenta nel senso di una differenza valutativa soggettiva nella determi
nazione dei criteri millesimali e non nel senso di evidenti errori
di calcolo con rilevanza oggettiva, conseguenti all'omessa consi
derazione di elementi importanti dello stabile.
Osserva, infine, il ricorrente che la motivazione è contraddit
toria laddove, dopo aver argomentato nel senso sopra descritto, al momento della statuizione sulle spese di lite, ricordato il prin
cipio della soccombenza, la corte opera una parziale compensa zione delle spese stesse «in considerazione dell'evidente erronei
tà dei calcoli effettuati nel predisporre la vigente tabella mille
simale».
Il primo motivo è fondato e merita, quindi, accoglimento. La questione prospettata dal ricorrente attiene all'interpreta
zione dell'art. 69 disp. att. c.c., secondo il quale i valori pro
porzionali dei vari piani o porzioni di piano possono essere ri
veduti o modificati, anche nell'interesse di un solo condomino,
quando risulta che sono conseguenza di un errore, oppure quan
do, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conse
guenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione
parziale o di innovazioni di vasta portata, è notevolmente alte
rato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzio ni di piano.
In particolare, nel caso in esame, la questione riguarda il si
gnificato da attribuire all'errore contemplato dal n. 1 di detto
articolo, la cui interpretazione ha dato luogo al contrasto di
giurisprudenza sottoposto al vaglio delle sezioni unite per la sua
composizione.
Invero, com'è stato rilevato nell'ordinanza 9 febbraio 1996, della seconda sezione, che ha sollecitato l'assegnazione del ri
corso alle sezioni unite, mentre in precedenza l'errore in que stione è stato identificato nel vizio di consenso di cui all'art.
1428 c.c., riferito al negozio di approvazione delle tabelle (v. sent. 8 luglio 1964, n. 1801, Foro it., 1965, I, 687; 11 gennaio
1982, n. 116, id., Rep. 1982, voce Comunione e condominio, n. 81), alcune recenti decisioni hanno affermato che il detto
errore consiste nella semplice, obiettiva divergenza tra il valore
effettivo delle singole unità immobiliari di un edificio in condo
minio ed il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle
stesse (v. sent. 21 luglio 1988, n. 4734, id., Rep. 1988, voce
cit., n. 99; 21 maggio 1991, n. 5722, id., Rep. 1992, voce cit., n. 233).
La sentenza impugnata segue il primo di tali due indirizzi, in quanto si basa sul rilievo che quando, come nella specie, i millesimi attribuiti ai piani o alle singole porzioni di piano sono stati determinati da un regolamento contrattuale, la loro
revisione è consentita per errori rilevanti come vizi del consenso
ai sensi dell'art. 1428 c.c.
Nel caso in esame, ad avviso della corte di merito, si è in
presenza di errori di calcolo non rilevanti al fine voluto.
È chiara l'adesione della predetta sentenza all'orientamento
espresso da questa corte con la prima delle ricordate decisioni,
per la quale la domanda di revisione o modificazione può essere
proposta non soltanto per l'errore di calcolo disciplinato dal
l'art. 1430 c.c., ma anche per ogni tipo di errore rilevante come
vizio del contratto ai sensi dell'art. 1428 c.c. In questa seconda
ipotesi la domanda dà luogo ad un unico e più semplice proce
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dimento, compensativo sostanzialmente di quello di annullamento
del contratto per effetto dell'errore vizio (errore essenziale e
riconoscibile, ex art. 1428, 1429 c.c.) e di quello di determina
zione delle nuove tabelle.
Per questa e per l'altra citata sentenza 116/82 costituiscono
errori essenziali, e possono, quindi, dar luogo a revisione delle
tabelle millesimali a norma dell'art. 69, n. 1, disp. att. c.c.,
gli errori sia di fatto sia di diritto che — come ripete appunto la sentenza impugnata con il ricorso in esame — attengono alla
determinazione degli elementi necessari per il calcolo del valore
dei singoli appartamenti (come l'estensione, l'altezza, l'ubica
zione, l'esposizione). Non possono, invece, qualificarsi essen
ziali gli errori determinati soltanto dai criteri più o meno sog
gettivi con cui la valutazione dei singoli elementi necessari per la stima sia stata compiuta, poiché l'errore di valutazione, in
sé considerato, non può mai essere ritenuto essenziale, non co
stituendo un errore sulla qualità della cosa a norma dell'art.
1429, n. 2, c.c.
Questa interpretazione dell'art. 69 disp. att. c.c. è legata, co
me si vede, al carattere negoziale dell'approvazione delle tabelle
millesimali, affermato in numerose decisioni di questa corte, che hanno in proposito parlato di negozio di accertamento. Co
sì la menzionata sentenza 1801/64, secondo cui, in materia di
condominio di edifici, la determinazione dei valori dei piani o
porzioni di piano di proprietà di ciascun condomino e la loro
espressione in millesimi esigono o l'accordo di tutti i condomini — il quale si esprime in un negozio che, normalmente, non
ha carattere dispositivo e che va, pertanto, inquadrato nella ca
tegoria dei negozi di accertamento — ovvero la determinazione
giudiziale, ad istanza degli interessati, con sentenza di accerta
mento (di negozi di accertamento, a proposito della formazione
delle tabelle millesimali e della loro modifica nelle ipotesi previ ste dall'art. 69 disp. att. c.c., parlano, tra le altre, le sentenze
17 ottobre 1980, n. 5593, id., Rep. 1981, voce cit., n. 58, e
24 novembre 1983, n. 7040, id., Rep. 1984, voce cit., n. 58). Non sembra, però, che la soluzione del problema in esame
dipenda dal carattere negoziale o no della determinazione delle
tabelle millesimali e che l'errore di cui all'art. 69, n. 1, disp. att. c.c. debba inquadrarsi nell'errore-vizio del consenso, con
templato dall'art. 1428 c.c. come causa di annullamento del con
tratto, quando è essenziale e riconoscibile dall'altro contraente.
Invero, anche riconoscendo carattere negoziale all'approva zione delle tabelle, e non piuttosto quello di riconoscimento del
l'esattezza di un'operazione puramente tecnica (di calcolo dei
valori proporzionali dei piani o porzioni di piano dell'edificio
condominiale), l'errore di cui all'art. 69, n. 1, in parola va rav
visato ogniqualvolta vi sia un'obiettiva divergenza tra il valore
effettivo delle singole unità immobiliari ed il valore proporzio nale ad esse attribuito nelle tabelle.
Il contrasto di giurisprudenza va composto, cioè, proprio nel
senso della sentenza n. 4734 del 1988, cit., le cui argomentazio ni sono condivisibili.
Al riguardo, infatti, si osserva che la predetta norma conside
ra l'errore nella determinazione dei valori proporzionali dei vari
piani o porzioni di piano non già come causa di annullamento, bensì come causa di revisione delle tabelle.
Di tale revisione non fa da presupposto l'annullamento, non
essendo ciò desumibile dalla formulazione dell'art. 69, che ac
cenna semplicemente a valori da rettificare in quanto conse
guenza di un errore, con riferimento, pertanto, non già all'erro
re quale vizio del consenso, contemplato dall'art. 1428 c.c. in
materia contrattuale, ma all'oggettiva presenza di una difformi
tà tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari ed il
valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle.
Su questa linea si pone anche la sentenza 21 maggio 1991,
n. 5722, cit. (richiamata dalla sentenza 10 febbraio 1994, n.
1367, id., Rep. 1994, voce cit., n. 162), secondo cui, in tema
di condominio di edifici, l'accettazione da parte dei condomini
della tabella millesimale, predisposta dal venditore-costruttore
ed allegata ai singoli contratti di vendita degli alloggi, non pre clude l'impugnativa della tabella medesima, ai sensi dell'art. 69, n. 1, disp. att. c.c., sotto il profilo dell'errore, al fine di otte
nerne una revisione in corrispondenza agli effettivi valori delle
singole unità immobiliari. La causa petendi di detta azione, come precisa questa senten
za, non è un vizio del volere che infici la formazione della vo
lontà contrattuale, ma solo un errore oggettivo delle tabelle e
Il Foro Italiano — 1999 — Parte 1-66.
il relativo petitum si sostanzia nella sola revisione o modifica
delle tabelle medesime.
Conclusivamente si osserva che l'art. 69 disp. att. c.c. — nor
ma che specificamente contempla, nel condominio degli edifici, la revisione o modifica dei valori proporzionali dei piani o por zioni di piano — al n. 1 regola il caso della revisione di qualun
que tipo di tabella millesimale in presenza di errori oggettivi, causa di apprezzabile divergenza tra il valore attribuito nella
tabella alle unità immobiliari ed il valore effettivo delle stesse, senza che in proposito rilevi il carattere negoziale della forma
zione di alcune tabelle.
Gli errori rilevanti ai fini della revisione sono, dunque, quelli obiettivamente verificabili (ad es.: divergenze di estensione della
superficie, di piano e simili), restando, di conseguenza, esclusa
la rilevanza (ai fini dell'errore) dei criteri soggettivi (ad es.: d'or
dine estetico e simili) nella stima degli elementi necessari per la valutazione ex art. 68 disp. att. c.c.
L'accoglimento del primo motivo determina l'assorbimento
del secondo.
L'impugnata sentenza va, pertanto, cassata e la causa va rin
viata ad altra sezione della stessa corte d'appello che nel riesa
me dovrà attenersi al seguente principio di diritto:
«In tema di condominio di edifici l'errore il quale, ai sensi
dell'art. 69 disp. att. c.c., giustifica la revisione delle tabelle
millesimali non coincide con l'errore-vizio del consenso, disci
plinato dagli art. 1428 ss. c.c., ma consiste nell'obiettiva diver
genza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari ed
il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle».
CORTE D'APPELLO DI FIRENZE; sentenza 23 giugno 1998; Pres. Santilli, Est. Massetani; Serlupi Crescenzi e altro (Avv.
Arcangeli, Puccioni) c. Comune di Firenze (Aw. Selvaggi).
CORTE D'APPELLO DI FIRENZE;
Donazione — Destinazione di immobile a un determinato uso — Inadempimento dell'onere — Risoluzione della donazione — Esclusione (Cod. civ., art. 793).
Donazione — Revocazione — Esclusione — Fattispecie (Cod. civ. del 1865, art. 1080).
Poiché il trasferimento a titolo gratuito di un immobile da de
stinare ad un determinato uso e a condizione che sulla sua
facciata permanga una data iscrizione non costituisce dona
zione modale, la domanda di risoluzione della donazione per inadempimento da parte del soggetto avente causa dal dona
tario a titolo particolare non può essere accolta, mancando,
peraltro, un'espressa previsione in tal senso. (1) Non può essere revocata, ai sensi dell'art. 1080 c.c. del 1865
la donazione di un immobile da destinare a un determinata
uso e a condizione che sulla sua facciata permanga una data
iscrizione, ove la domanda non sia stata trascritta anterior
mente alla trascrizione dell'acquisto del terzo (nella specie, avvenuto per successione a titolo particolare del comune di
Firenze all'Orimi, soppresso con l. n. 698 del 1975). (2)
(1-2) Non constano precedenti in termini. La necessità dell'espressa previsione della risoluzione della donazione
sembrerebbe principio ormai indiscusso in giurisprudenza: cfr. riferi menti in nota a Trib. Catania 25 marzo 1993, Foro it., 1995, I, 696. In dottrina, la risolubilità della donazione, anche in mancanza di una
previsione espressa, è affermata da Carnevali, Modo, voce dell'Enci
clopedia del diritto, Milano, 1976, XXVI, 686, il quale si oppone, così, all'orientamento, più accreditato in giurisprudenza e prevalente in dot trina (cfr., per tutti, Torrente, La donazione, in Trattato di diritto civile e commerciale a cura di Cicu e Messineo, Milano, 1956, XXII,
494), cui aderisce anche la sentenza in epigrafe, che afferma, infatti,
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