sezioni unite civili; sentenza 9 novembre 1992, n. 12074; Pres. Santosuosso, Est. Rebuffat, P.M.Morozzo della Rocca (concl. conf.); Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno(Avv. dello Stato Onufrio) c. Soc. Calabro Tubi (Avv. Prosperetti). Conferma Cons. Stato, sez.VI, 13 maggio 1989, n. 621Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1993), pp. 2239/2240-2245/2246Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187546 .
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2239 PARTE PRIMA 2240
Cass. 5472/86, id., Rep. 1986, voce Fallimento, n. 319; 3055/87,
id., Rep. 1987, voce cit., n. 448). La pubblica amministrazione convenuta in giudizio, con l'e
manazione dell'ordinanza-ingiunzione adempie al dovere di pro cedere alla riscossione del credito sorto dalla violazione, in via
di autotutela meramente esecutiva, ed il giudice deve controlla
re non solo la validità formale del provvedimento, ma deve esten
dere il sindacato alla sua validità sostanziale, e cioè alla ricor
renza dei pressuposti di fatto e di diritto dell'infrazione. In que sto senso, si tratta di un giudizio sul rapporto, pur essendo
formalmente costruito come impugnazione dell'atto amministra
tivo, che rappresenta il veicolo necessario di accesso al giudizio, con la conseguenza che la materia controversa (salvo il caso
di radicale inesistenza dell'atto) è delimitata dall'atto di opposi zione e dalle successive modificazioni che è possibile apportarvi ai sensi degli art. 183-184 c.p.c. (sez. un. n. 3271 del 1990,
già citata). Sotto il profilo del pregiudizio del diritto di difesa, la que
stione è stata già ritenuta infondata dalla Corte costituzionale
con ordinanza 12 novembre 1987, n. 504 (id., 1988, I, 2546), e non vi sono ragioni per discostarsi da tale orientamento, tenu
to conto della possibilità di esperire la querela di falso, nonché
dell'ambito notevolmente circoscritto in cui opera la fede privi
legiata del verbale. È, infatti da escludere la necessità della que rela di falso quando l'opponente intende contestare la rispoden za alla realtà degli apprezzamenti e delle valutazioni del verba
lizzante (cfr., fra le altre, anche per la casistica ivi contenuta, le sentenze n. 557 del 1990, id., Rep. 1990, voce Caccia, n.
16; n. 4572 del 1990, id., Rep. 1991, voce Sanzioni amministra
tive e depenalizzazione, n. 95; n. 1090 e n. 7913 del 1990, id.,
Rep. 1990, voce Caccia, nn. 13, 14; n. 6628 del 1983, id., Rep.
1985, voce cit., n. 8; n. 1103 del 1985, ibid., voce Prova docu
mentale, n. 5; n. 641 del 1979, id., Rep. 1979, voce Circolazio
ne stradale, n. 199; n. 3077 del 1992, id., Rep. 1992, voce Pro
va documentale, n. 11). Invero, la fede privilegiata non può essere attribuita né ai giudizi valutativi, né alla menzione di quelle circostanze relative a fatti avvenuti in presenza del pubblico uf
ficiale che possono risolversi in suoi apprezzamenti personali,
perché mediati attraverso l'occasionale percezione sensoriale di
accadimenti che si svolgono cosi repentinamente da non potersi verificare e controllare secondo un metro obiettivo, senza alcun
margine di apprezzamento (tipico è l'esempio dell'indicazione
di un corpo o di un oggetto in movimento, con riguardo allo
spazio che cade sotto la percezione visiva del verbalizzante). Là dove la percezione sensoriale può invece essere organizzata staticamente (per esempio, con riguardo alla descrizione di uno
stato dei luoghi, senza oggetti in movimento), non esiste alcun
margine di apprezzamento e l'atto dispiega la propria fede pri
vilegiata. L'atto conserva poi la sua forza probatoria tipica, quando
la parte controinteressata non svolge contestazioni afferenti alla
possibilità di un errore di apprezzamento sensoriale (in tal mo
do godendo della facoltà della prova contraria, con tutti i mez
zi, compresi quelli presuntivi), ma intende provare che le di chiarazioni delle parti e gli altri fatti che il pubblico ufficiale
attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti sono diversi
da quelli attestati, perché in tal caso non si contesta l'apprezza mento ed il giudizio sensoriale del pubblico ufficiale, ma si vuo
le affermare direttamente la falsità dell'atto, e ciò è possibile fare solo attraverso la querela di falso.
L'ipotesi di cui è causa rientra nell'ambito della fede privile
giata, perché l'atto del pubblico ufficiale conteneva l'attestazio
ne di una dichiarazione della parte diretta al pubblico ufficiale, nell'esercizio della funzione propria del medesimo, che compor tava l'accesso nei locali dell'azienda per assumere dal datore
di lavoro dichiarazioni e notizie (1° comma, lett. b, d.l. n. 463 del 1983, come convertito); dichiarazione fatta in sua presenza, in ordine alla quale la parte privata non contestava l'errore di
percezione, ma l'inesistenza di essa, per non essere state pro nunciate quelle parole, bensì soltanto parole diverse (a prescin dere da ogni rilievo che si potrebbe fare, in ordine alla commis
sione della violazione di legge contestata, anche mediante tali
diverse parole, peraltro non contestate e quindi al di fuori della
pretesa amministrativa, secondo la già citata sent. 3271/90). Poi
ché l'assunto della parte, contenuto anche nel ricorso, non con
II Foro Italiano — 1993.
cerneva l'errore di apprezzamento sensoriale, ma la pretesa di
versità del fatto, essa poteva essere provata eliminando la fede
privilegiata dell'atto del pubblico ufficiale, mediante querela di
falso.
L'altro assunto del ricorrente, secondo il quale l'atto non con
teneva l'indicazione del fatto, ma soltanto l'enunciazione di un
giudizio (vale a dire, del giudizio sull'impedimento, che eviden temente non doveva essere dato dallo stesso pubblico ufficiale, in modo definitivo, potendo e dovendo essere compiuto dal giu
dice, nell'esercizio del suo autonomo potere di qualificazione
giuridica del fatto), non è suffragato dalla sentenza, impugna
ta, la quale ha menzionato la circostanza di fatto indicata nel
verbale, là dove ha affermato l'impossibilità della contestazione
immediata, sia pure descrivendola come aver «impedito l'acces
so nei locali», anziché come «intimazione di allontanarsi dai
locali», e cioè sotto il profilo dell'effetto voluto tramite le paro le pronunciate.
Quanto alla qualificazione del fatto materiale suddetto come
«impedimento» ai sensi del citato art. 3 d.l. del 1983, esso co
stituisce un giudizio di diritto corretto e nemmeno censurato
in modo espresso (stante il contenuto del ricorso, che assume
che il fatto commesso era stato diverso).
Infine, la censura secondo la quale il pretore avrebbe dovuto
dare un termine per consentire la proposizione formale della
querela di falso, non è fondata, perché — come risulta dall'art.
318 c.p.c. — la presentazione della querela doveva avvenire in
modo formale (sia pure subordinatamente all'ammissione della
prova testimoniale) ed il giudice non aveva alcun obbligo di
concedere un altro termine per la sua proposizione. La sentenza impugnata si regge su una doppia motivazione:
da un lato la necessità della querela di falso per impugnare le
risultanze del verbale di accertamento; dall'altro, l'esito negati vo della prova testimoniale. Una volta rigettate le censure atti
nenti alla prima motivazione, è inutile esaminare quelle concer
nenti la seconda.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 9 no
vembre 1992, n. 12074; Pres. Santosuosso, Est. Rebuffat, P.M. Morozzo della Rocca (conci, conf.); Agenzia per la
promozione dello sviluppo del Mezzogiorno (Avv. dello Stato
Onufrio) c. Soc. Calabro Tubi (Aw. Prosperetti). Confer ma Cons. Stato, sez. VI, 13 maggio 1989, n. 621.
Mezzogiorno (provvedimenti per il) — Contributo in conto ca
pitale — Diritto soggettivo — Esclusione — Interesse legitti mo — Giurisdizione amministrativa (Cod. proc. civ., art. 37,
41, 360; r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, art. 26; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 36; d.p.r. 6 marzo 1978 n. 218, testo unico delle leggi sugli interventi
nel Mezzogiorno, art. 69, 72, 75).
Deve essere negata la giurisdizione dell'autorità giudiziaria or
dinaria nelle controversie sulla erogazione dei contributi in
conto capitale previsti dal t.u. delle leggi sugli interventi nel
Mezzogiorno, in quanto subordinata, anche in riferimento agli stati di avanzamento o ai lotti delle opere oggetto della sov
venzione, ad una valutazione discrezionale della pubblica am
ministrazione, nei confronti della quale il privato può vantare
una mera posizione di interesse legittimo, non di diritto sog
gettivo. (1)
(1) In motivazione si esclude espressamente che la decisione si ponga in contrasto con Cass. 7 luglio 1988, n. 4480, Foro it., Rep. 1988, voce Mezzogiorno (provvedimenti), n. 14 (e Giusi, civ., 1988, I, 2934), secondo la quale «concesso, dalla Cassa per il Mezzogiorno, un contri buto a fondo perduto (ai sensi dell'art. 102 d.p.r. 30 giugno 1967 n.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — L'Agenzia per la promozione e lo sviluppo del Mezzogiorno impugna per cassazione la sen
tenza del Consiglio di Stato, indicata in epigrafe, che respinge
l'appello da essa proposto contro pronuncia (n. 54/87) del Tar
della Calabria, di annullamento di deliberazione (n. 4112, in
data 23 novembre 1985) con cui il commissario del governo per l'intervento straordinario nel Mezzogiorno, dopo l'esito favore
vole del collaudo della costruzione di uno stabilimento indu
striale della s.p.a. Calabro Tubi, subordina all'accertamento della
situazione economica e produttiva di quella società la liquida zione del saldo del contributo in conto capitale alla stessa in
precedenza concesso dalla cassa, ai sensi dell'art. 69, 1°, 4°
e 5° comma, d.p.r. 6 marzo 1978 n. 218.
L'agenzia enuncia come unico motivo dell'impugnazione il
difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. La s.p.a. Ca
labro Tubi resiste con controricorso e memoria.
Motivi della decisione. — Sotto la rubrica di violazione e fal
sa applicazione dell'art. 26 t.u. n. 1054 del 1924 e degli art. 69
1523) per la costruzione e l'ampliamento di impianti industriali alla con
dizione che le relative opere siano utilizzate per un predeterminato pe riodo di tempo, ove, sull'assunto che tale condizione non sia stata os
servata, la cassa «revochi» il contributo stesso, pretendendo la restitu
zione della somma erogata, la controversia conseguente — siccome la
pretesa della pubblica amministrazione non è ricollegabile a poteri pub blici di autotutela — è devoluta alla giurisdizione dell'a.g.o. (e non
a quella dei giudici amministrativi)».
Infatti, «in quella situazione — secondo la motivazione della senten za in epigrafe — il rapporto obbligatorio si era costituito con il compi mento della concessione e persino estinto col pagamento del contributo.
La successiva cancellazione del provvedimento concessorio rendeva in
sostanza semplicemente "indebito" quel pagamento; generava cioè, un'ob
bligazione inversa rispetto a quella sorta con l'effettuazione della con
cessione: di qui la natura "di diritto soggettivo" del petitum sostanziale».
È, peraltro, principio costante e consolidato in tema di obbligazioni della pubblica amministrazione, quello per il quale, allorché il legislato re tipicizza tutti gli elementi del rapporto obbligatorio e non lascia spa zio alcuno a valutazioni discrezionali, anche di natura economica, alla
pubblica amministrazione o agli enti erogatori di pubblico denaro, la
situazione imputabile ai beneficiari va qualificata come diritto soggettivo. Già Cass. 18 settembre 1970, n. 1572, Foro it., 1970, I, 2333, in
riferimento all'assegno vitalizio in favore dei ciechi, aveva posto in evi denza come i principi che regolano la giurisdizione ordinaria ed i suoi
limiti in tema di obbligazioni a carico della pubblica amministrazione, attribuiscono al giudice ordinario pienezza di poteri ricognitivi, sia pri ma sia dopo l'emanazione dell'atto amministrativo, quando quest'ulti mo abbia la sola funzione di accertare la sussistenza del fatto da cui
deriva il diritto, l'insorgenza del rapporto obbligatorio con la pubblica amministrazione e di fornire solo i requisiti della liquidità ed esigibilità del credito.
E Cass. 16 luglio 1983, n. 4894, id., 1983, I, 2787, in riferimento
ai contributi concessi alle pellicole di produzione nazionale, ha affer
mato: «il testo legislativo esclude il dubbio che il produttore non abbia
un vero e proprio diritto al contributo: ciò in quanto non solo la for
mula usata (è concesso) non ammette discrezionalità nell'attribuzione
del beneficio, una volta accertato che il film è stato ammesso alla pro grammazione obbligatoria; ma il legislatore prevedendo la misura del
contributo (tredici per cento dell'introito lordo) riduce in questa fase
l'intervento degli organi amministrativi ad una operazione meramente
contabile». A queste conclusioni, la corte era già pervenuta in tema di integrazio
ne del prezzo del grano duro, stabilendo che i regolamenti Cee «preve dono analiticamente ed inderogabilmente i casi in cui devono essere
corrisposti gli aiuti (. . .) fissano in modo preciso e tassativo gli importi
degli aiuti medesimi; ne consegue che la domanda proposta da un pro duttore di grano contro l'Aima per la corresponsione di detti aiuti è
devoluta alla cognizione del giudice ordinario, in quanto trae fonda
mento da norme direttamente ed automaticamente costitutive di un'ob
bligazione di diritto pubblico, sottratta a valutazioni od apprezzamenti discrezionali da parte dell'autorità amministrativa, e, quindi, da norme
di relazione attributive al privato di una posizione di diritto soggetti vo»: Cass. 14 marzo 1977, n. 1009, id., Rep. 1977, voce Comunità
europee, n. 213 (e Giust. civ., 1977, I, 738 e Giur. it., 1977, I, 1, 801). Nello stesso senso, v. Cass. 26 novembre 1983, n. 7101, Foro it.,
Rep. 1983, voce Agricoltura, n. 90: «la domanda proposta da un pro
duttore di grano nei confronti dell'Aima, per la corresponsione di inte
grazioni sul prezzo, secondo la disciplina di aiuti prevista dalle norme
del regolamento Cee n. 120 del 13 giugno 1967 e dei successivi regola menti di attuazione relativi alle singole annate agrarie, spetta alla cogni zione del giudice ordinario, in quanto investe un rapporto obbligatorio direttamente costituito da dette norme, sottratto a valutazioni ed apprezza
li. Foro Italiano — 1993.
ss. t.u. n. 218 del 1978 in relazione all'art. 36 1. 1034/71 e al
l'art. 360, n. 1, c.p.c., nel ricorso per cassazione si sostiene
che la controversia appartenga alla giurisdizione del giudice or
dinario perché involge veri e propri diritti soggettivi. All'uopo si fa richiamo, per conforto, alla sentenza n. 4480, datata 7
luglio 1988 (Foro it., Rep. 1988, voce Mezzogiorno (provvedi menti), n. 14) di questa stessa corte.
La tesi non ha fondamento. Nella specie, la posizione giuridi ca fatta valere in giudizio della società Calabro Tubi ha natura
di interesse legittimo perché anche l'erogazione finale del «con
tributo in conto capitale» previsto nell'art. 69 d.p.r. 6 marzo
1978 n. 218, testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzo
giorno, comporta uno specifico provvedimento, con cui si esprime — e, allora soltanto, negli effetti costitutivi di un diritto di cre
dito, si esaurisce — il permanente potere di amministrazione
della sovvenzione che la legge conferisce alla cassa.
In primo luogo, la sovvenzione complessiva è «libera» (i.e.
discrezionale) nella deliberazione («per la realizzazione di mi
nienti discrezionali dell'amministrazione e quindi si ricollega ad una po sizione di diritto soggettivo».
In tema di integrazione sul prezzo dell'olio di oliva, Cass. 19 dicem
bre 1977, n. 5530, id., Rep. 1977, voce Giurisdizione civile, n. 109, ha affermato: «le norme comunitarie non attribuiscono alle ammini
strazioni dei singoli Stati membri poteri discrezionali nella procedura di erogazione dell'integrazione del prezzo dell'olio di oliva ai produttori dell'olio prodotto nella Comunità con olive raccolte nella Comunità, in quanto tali amministrazioni sono incaricate solo di accertare che co loro i quali chiedono il beneficio, ad essi concesso direttamente dalla
Comunità, si trovino effettivamente nelle condizioni prescritte per otte
nerlo; in virtù di questo principio, deve ritenersi che la posizione dei
pretendenti all'integrazione non è diversa da quella di un qualunque cittadino che assuma avere un credito verso la pubblica amministrazio
ne, cosicché, trattandosi di una controversia sull'esistenza di un diritto
soggettivo, su di essa deve pronunciarsi il giudice ordinario». Nello stesso senso, v. Cass. 17 marzo 1977, n. 1060, id., 1977, I,
2509 e 12 novembre 1983, n. 6738, id., Rep. 1984, voce Comunità eu
ropee, n. 266, e Giust. civ., 1984, I, 42; Giur. agr. it., 1984, 91, con
nota di Agnoli e Giur. it., 1984, I, 1, 856.
In tema di esportazione di prodotti ortofrutticoli verso paesi estranei
alla Cee, Cass. 18 giugno 1981, n. 3967, Foro it., Rep. 1981, voce
Giurisdizione civile, ri. 73 (nonché in Giust. civ., 1981, I, 2217) ha af fermato che «le cosiddette restituzioni in favore dell'esportatore previ ste come premio od aiuto con funzione correttiva delle differenze di
prezzo fra i mercati intercomunitari e quelli di Stati terzi, dal regola mento della Cee n. 159 del 25 ottobre 1966, nonché dal d.l. 17 marzo
1967 n. 80 (convertito nella 1. 13 maggio 1967 n. 267) e dai decreti
ministeriali emessi in sua esecuzione, integrano veri e propri diritti di
credito dell'esportatore medesimo, come tali tutelabili davanti al giudi ce ordinario, atteso che vanno riconosciute e quantificate in base a cri
teri direttamente fissati dalle norme dell'ordinamento comunitario e del
l'ordinamento statuale con esclusione di ogni discrezionalità dell'autori
tà amministrativa»; in motivazione, la corte ha osservato che «se la
disciplina normativa ricollega la nascita dell'obbligazione pubblica al
verificarsi di una situazione giuridica compiutamente descritta e disci
plinata, che non lasci spazio all'apprezzamento discrezionale, si è in
presenza di una norma di relazione, attributiva di un diritto soggettivo». In tema di premi per la macellazione dei bovini, v. Cass. 4 agosto
1977, n. 3461, Foro it., 1977, I, 2145.
In riferimento ai contributi ai quotidiani sul prezzo della carta, Cass.
5 novembre 1984, n. 5585, id., 1984, I, 2696 e Corriere giur., 1985,
169, con nota di G. Costantino, I contributi sul prezzo della carta
sono un diritto soggettivo, ha affermato: «Solida base dottrinaria assi ste sia l'inquadramento dei contributi, come delle sovvenzioni e delle
incentivazioni finanziarie, in genere, nel novero delle obbligazioni pub
bliche, sia la distinzione tra queste, di quelle originate direttamente dal
la legge, rispetto ad altre nascenti da provvedimento amministrativo.
Le prime scaturiscono da una previsione normativa rigida, mediante
la quale il legislatore, istituendo il contributo, manifesta inequivocabil mente la volontà di attribuirlo a determinati soggetti o ad una categoria di soggetti che si trovino in una determinata situazione che presenti una particolare rilevanza per interessi pubblici. In tal caso, se la legge non condiziona la concreta erogazione del beneficio ad una discreziona
le determinazione volitiva dell'amministrazione, ma la riconnette imme
diatamente all'esistenza di determinati elementi di fatto rigorosamente e compiutamente precisati dalla norma ed accertabili obiettivamente,
non può contestarsi che — realizzatisi i presupposti del contributo —
i suoi beneficiati vantino, rispetto ad esso, un diritto soggettivo per effetto della entrata in vigore del provvedimento legislativo e della indi
cazione della sua copertura finanziaria (. . .). A seconda quindi che
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2243 PARTE PRIMA 2244
ziative dirette alla costruzione, alla riattivazione e all'amplia mento di stabilimenti industriali può essere concesso dalla Cas
sa per il Mezzogiorno un contributo in conto capitale» . .
art. 69, 1° comma). La legge, dunque, non attribuisce direttamente al possibile
beneficiario un diritto a ottenerla: egli, giuridicamente, è in quella fase semplicemente un sovvenzionabile, non un sovvenzionando.
La sovvenzione stessa, poi, ha titolo permanente nell'interes
se pubblico a specifiche opere future («la realizzazione di inizia
tive», comma cit.; «specifici settori da sviluppare», 4° comma; «iniziative che si localizzino nelle zone riconosciute particolar mente depresse», 5° comma).
Quell'interesse è la nota costante e indefettibile dell'intera ope
razione, dai suoi esordi alla conclusione amministrativa. La leg
ge è rigorosa, in proposito. Alla domanda del sovvenzionabile segue una «istruttoria del
la iniziativa rivolta a valutare la validità tecnica, finanziaria ed
economica della iniziativa stessa con particolare riguardo alla
consistenza patrimoniale e finanziaria dell'impresa promotrice e alla congruità dei mezzi finanziari all'uopo destinati.
L'istruttoria deve riferirsi alle prospettive di mercato, agli ef
fetti occupazionali del progetto, ai preventivi finanziari ed eco
nomici e agli obiettivi da realizzare in termini di capacità pro duttiva e di produzione conseguibili» (art. 71, 3° comma).
L'ammissione è subordinata all'accertamento, con validità tem
porale delimitata da condizione di decadenza, «della risponden za delle singole iniziative alle direttive all'uopo emanate del Ci
pi» (art. 72). «Lo stato di realizzazione dell'iniziativa viene accertato dalla
Cassa per il Mezzogiorno» (art. 72, 8° comma): nella specie, il parere ministeriale di conformità dichiara «salve le condizioni
e verifiche previste dalle disposizioni indicate in premessa».
il contributo o la sovvenzione corrisponda ad una obbligazione pubbli ca che trovi la sua fonte diretta nella legge oppure nel provvedimento amministrativo, in termini diversi si pone l'attività amministrativa d'ac certamento dei presupposti condizionanti l'erogazione: nel primo caso
essa, escluso ogni margine di discrezionalità, assume natura ricognitiva e di certificazione di fatti storici già di per sé idonei a determinare la nascita di un rapporto obbligatorio, e si configura quale atto o iter di verifica occorrente in sede esecutiva per la liquidazione in concreto e per il soddisfacimento di un diritto di credito già insorto».
Ancora nel senso che la «controversia promossa da un istituto di ricovero di minori in stato di abbandono per conseguire il rimborso delle relative rette è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, avendo ad oggetto un diritto soggettivo», v. Cass. 19 dicembre 1990, n. 12024, Foro it., Rep. 1990, voce Giurisdizione civile, n. 161.
Nell'ambito dei rapporti di lavoro e di quelli previdenziali ex art. 442 c.p.c., si è escluso ogni margine di discrezionalità della pubblica amministrazione e si è, quindi, affermata la giurisdizione del giudice ordinario, in riferimento:
— alla «indennità mensile prevista dalla 1. reg. sic. 6 giugno 1975 n. 42 in favore dei lavoratori minerari cinquantenni, per il periodo com
preso tra il licenziamento ed il reimpiego con rapporto di lavoro a ca rattere continuativo o il raggiungimento dell'età pensionabile»: Cass. 30 gennaio 1991, n. 898, id., Rep. 1991, voce Sicilia, n. 158;
— alla indennità di accompagnamento prevista dalla 1. 11 febbraio 1980 n. 18, in favore degli invalidi civili, totalmente inabili, perché «l'in teresse privato viene tutelato in maniera incondizionata e l'autorità de cidente non può esercitare alcun potere discrezionale, sia sull'art, sia sul quantum, che sul quando della prestazione, essendo l'indennità og getto di una obbligazione pubblica cui corrisponde il diritto soggettivo del privato»: Tar Veneto 23 luglio 1985, n. 514, id., Rep. 1986, voce Invalidi civili e di guerra, n. 10;
— allo sgravio dei contributi per i periodi di paga scaduti tra il 23 novembre 1980 ed il 30 giugno 1981, previsto dall'art. 11 d.l. 26 no vembre 1980 n. 776, convertito dalla 1. n. 874 del 1980, vuoi perché sono «rimaste immutate l'entità e l'intrinseca natura previdenziale ed assistenziale delle somme predette», vuoi perché è «estraneo alle con cessioni degli sgravi ogni margine di discrezionalità»: Cass. 28 marzo 1990, n. 2506, id., Rep. 1991, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 95.
In tema di c.i.g., nel senso che appartengono alla giurisdizione am ministrativa le controversie aventi ad oggetto il provvedimento di man cata ammissione alla c.i.g., v. Tar Puglia, sez. Lecce, 19 giugno 1990, n. 626, id., Rep. 1991, voce Lavoro (rapporto), n. 1191; nello stesso senso «ancorché la contestazione di tale atto sia finalizzata alla realiz zazione del diritto del datore di lavoro al rimborso delle integrazioni anticipate», Cass. 15 luglio 1991, n. 7837, ibid., voce Previdenza socia
le, n. 626; cfr. anche Tar Lazio, sez. Ili, 20 novembre 1989, n. 1947, id., 1991, III, 148; ancora nel senso che «l'insorgenza di posizioni di
Il Foro Italiano — 1993.
Gli istituti di credito hanno il dovere di «assicurare» che per la durata del mutuo l'impiego dei mezzi da essi erogati sia con
forme ai programmi «finanziati» (art. 75, 3° comma). Nella sua architettura, la sovvenzione si articola in momenti
ed episodi provvedimentali distinti. Essa è «deliberata dalla cassa con un unico provvedimento»
ed è poi «effettuata sulla base di stati di avanzamento dei lavo
ri, in relazione alle categorie o lotti di opere». Attesi l'interesse pubblico costante suddetto e il potere/dove
re permanente (infra procedimentale) di controllo della cassa, la effettuazione in discorso non è una mera operazione, obbli
gatoria in senso civilistico, un pagamento subordinato solo a
numerazione. Essa, invece, in ciascuna sua espressione, ha na
tura di provvedimento. Significativamente, nella specie, la deli
berazione avverte che «il contributo verrà determinato in via
definitiva con successivi provvedimenti presidenziali» e il decre
to di concessione conclude: «la cassa si riserva di effettuare,
periodicamente, indagini presso l'impianto oggetto delle agevo lazioni al fine di verificare l'osservanza delle condizioni di cui
al presente provvedimento». È nel sistema della legge, sopra tratteggiato, che, in tal prov
vedere, la cassa conserva ancora il potere di amministrare l'o
perazione, pur nel rispetto delle ordinarie norme di azione e
delle determinazioni legittimamente già adottate nel procedimen to, sicché, nel polo privato del rapporto corrisponde una sem
plice posizione di interesse legittimo. Diversamente opinando, si esproprierebbe, in sostanza, alla
cassa l'amministrazione delle «effettuazioni» del contributo, tra
sformandola in materia dalla giustiziabilità immediata e non al
la stregua di norme di diritto (ma di criteri sostanzialmente eco
nomici) oltreché a cura di un giudice ontologicamente portato a valutare piuttosto i profili privatistici delle controversie. Di
diritto soggettivo (. . .) postula il provvedimento amministrativo di au torizzazione della integrazione, il quale configura atto di natura discre zionale di portata costitutiva», Cass. 12 ottobre 1990, n. 10016, id., Rep. 1990, voce cit., n. 896 e 10 agosto 1989, n. 3687, ibid., n. 898; ancora nel senso che l'ammissione alla c.i.g. dipende da una «valuta zione discrezionale rimessa a provvedimento amministrativo, eventual mente sindacabile davanti al giudice amministrativo», in motivazione, Cass. 20 luglio 1989, n. 3413, id., 1990, I, 135; e v. soprattutto Cass. 20 giugno 1987, n. 5454, id., 1988, I, 2201, con nota di D'Antona e Salimbeni, secondo la quale «il provvedimento amministrativo di am missione alla c.i.g. ha carattere discrezionale (. . .); pertanto, di fronte al provvedimento positivo o negativo di ammissione alla c.i.g., si han no posizioni di interesse legittimo che sia il datore di lavoro che i lavo ratori possono far valere davanti al giudice amministrativo». In base all'art. 1 d.l. 30 ottobre 1984 n. 726, convertito in 1. 19 dicembre 1984, n. 863 (per il quale «il ministro del lavoro e della previdenza sociale
(. . .) concede il trattamento di integrazione salariale», tuttavia, nel senso che possa essere «riconosciuto in via d'urgenza dal giudice ordinario il diritto dell'impresa esercente attività di produzione di servizi nel set tore sanitario alla ammissione alla cassa integrazione guadagni, nonché a compensare il credito derivante da tale ammissione con l'obbligazione relativa al pagamento dei contributi previdenziali», v., da ultimo, Pret. Bari 2 giugno 1992, in questo fascicolo, parte prima.
In riferimento alla «devoluzione» ai consigli dell'ordine degli avvoca ti e dei procuratori delle somme destinate alla assistenza, Cass. 29 no vembre 1988, n. 6471, id., Rep. 1989, voce Avvocato, n. 109 (nonché in Giust. civ., 1989, I, 1410 e Giur. it., 1989, I, 1, 978) ha affermato che «i consigli dell'ordine degli avvocati e procuratori assumono, in relazione all'attuazione delle finalità istituzionali della cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore degli avvocati e procuratori, la veste di organi della cassa stessa, si che non è configurabile un rapporto creditorio tra i consigli stessi e la cassa, con l'ulteriore conseguenza che deve dichiararsi il difetto assoluto di giurisdizione, nella causa in nanzi al giudice ordinario promossa da un consiglio nei confronti della cassa per reclamare la devoluzione di somme da destinare al trattamen to assistenziale degli iscritti». Diversi giudici di merito, invece, appunto in base alle decisioni prima indicate, avevano ingiunto il pagamento ed avevano negato la sospensione dell'esecuzione dei decreti opposti: v. Pret. Bari 7 marzo 1987 e 19 dicembre 1986, Foro it., 1987, I, 1309.
In dottrina, in generale, v. G. Falcon, Obbligazione. Vili. Obbliga zioni pubbliche, voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1990, XXI; A. Barettoni Arleri, Obbligazioni pubbliche, voce dc\VEnciclo
pedia del diritto, 1979, XXIX, 383 ss., spec. 404 s.; sui provvedimenti per il Mezzogiorno, v. i commenti di S. Mazzamuto, in Nuove leggi civ., 1979, 1365 ss., e di M. Libertini, id., 1980, 774 ss.; sulle conse
guenze della violazione dello scopo del finanziamento, anche per indi
cazioni, v. G. Costantino, Le espropriazioni forzate speciali. Linea menti generali, 1984, 209 ss.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
versamente opinando, ancora, si costringerebbe, in sostanza, la
cassa a una sorta di solve et repete, con tutti gli incongruenti costi e rischi di tale innaturale meccanismo.
La concisione della motivazione impone di porre qui termine
alla disamina. È giustificato chiarire, in aggiunta, che, per la
diversità delle rispettive vicende sostanziali di riferimento, quanto
premesso non contrasta con il principio enunciato nella prece dente sentenza 4480/88 di queste stesse sezioni unite. In essa,
infatti, la giurisdizione del giudice ordinario fu dichiarata in relazione alla lite sulla pretesa della cassa alla ripetizione delle
somme versate, una volta «revocato» il contributo (già ef
fettuato). In quella situazione, e non nella diversa sopra considerata,
il rapporto obbligatorio si era costituito, con il compimento della
concessione, e persino estinto, col pagamento del contributo.
La successiva cancellazione del provvedimento concessorio dal
mondo giuridico rendeva, in sostanza, semplicemente «indebi
to» quel pagamento; generava, cioè, un'obbligazione inversa ri
spetto a quella storicamente sorta con l'effettuazione della con
cessione: di qui la natura «di diritto soggettivo» del petitum sostanziale.
Il ricorso, si è visto, merita il rigetto, con declaratoria della
giurisdizione del giudice amministrativo.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 9 novem
bre 1992, n. 12053; Pres. Scala, Est. Picone, P.M. Arena
(conci, conf.); Cerioni e altri (Aw. Falzetti, Belletti) c.
Soc. Bmg Ariola (Avv. Attolico). Conferma Trib. Roma 14
dicembre 1989.
Lavoro (rapporto) — Società collegate — Prestazioni lavorative
succedutesi alle dipendenze delle varie società — Rapporto
unico — Esclusione — Limiti — Fattispecie (Cod. civ., art.
2094, 2359).
Il collegamento tra società, in quanto fenomeno di mero fatto,
non esclude l'autonoma personalità giuridica delle singole so
cietà né dà luogo ad un diverso centro di imputazione dei
rapporti distinto da esse, sicché non è consentito attribuire
la titolarità del rapporto di lavoro ad un soggetto diverso da
quello che formalmente assume la qualità di datore di lavoro,
e purché non siano stati adottati meccanismi volti, in viola
zione dei principi del diritto di lavoro desunti in particolare dalla disciplina dettata dalla l. 1369/60, a far apparire frazio nato in distinti rapporti un rapporto di lavoro sostanzialmen
te unico (nella specie, è stata confermata la sentenza che, at
tenendosi ai detti principi, ha negato che l'intensità del colle
gamento, quale derivante dalla complementarità delle attività
produttive o dall'identità delle persone fisiche titolari degli
organi di due società, costituisca elemento idoneo a compro vare l'esistenza fra queste di un rapporto di interposizione
fittizia o reale nel rapporto di lavoro, ed ha anzi accertato
l'esistenza di circostanze di segno contrario). (1)
(1) Il lavoro nei gruppi e la Cassazione: sforzi metodici e insoluti
dilemmi.
1. - Resterebbe deluso chi volesse rinvenire nella giurisprudenza di
legittimità di questi ultimi anni in tema di lavoro nei gruppi di società
un segno di svolta o di rottura rispetto alla massima, stancamente ripe tuta in innumerevoli giudicati, che vuole, anche per il diritto del lavoro,
il collegamento di società come «fenomeno di mero fatto» e reputa
tal punto di vista l'unico conforme al diritto positivo (v., ex plurimis, Cass. 9 dicembre 1991, n. 13226, Foro it., Rep. 1991, voce Lavoro
(rapporto), n. 1344; 3 agosto 1991, n. 8532, ibid., n. 1345; 8 giugno
1991, n. 6524, ibid., n. 1346; 20 settembre 1991, n. 9815, ibid., n.
1448; 9 giugno 1989, n. 2819, id., Rep. 1990, voce cit., n. 1634; 3
novembre 1989, n. 4579, id., 1989, I, 3420, con nota di Amoroso).
Il Foro Italiano — 1993.
Svolgimento del processo. — Gli eredi di Alberto Ferraguzzi hanno convenuto in giudizio, dinanzi al Pretore di Roma, la
Rea s.p.a. — la cui denominazione sociale è stata in seguito modificata in Bmg Ariola s.p.a. — per ottenerne la condanna
al pagamento delle differenze retributive derivanti dalla mag
giore anzianità di servizio che doveva essere riconosciuta al dante
causa.
Esponevano i ricorrenti che Alberto Ferraguzzi era stato as
sunto alle dipendenze della Rea italiana, con qualifica di impie
gato, il 16 giugno 1958; licenziato il 31 marzo 1966, era stato
assunto senza soluzione di continuità, quale dirigente, dalla so
cietà Rea Amici del disco, che gestiva un ramo della Rea italia
na; nuovamente licenziato il 30 giugno 1968, era stato assunto
ancora alle dipendenze della Rea italiana il 1° luglio 1968 ed
era poi deceduto in data 15 dicembre 1978; che, per tutta la
durata del servizio, le mansioni erano rimaste identiche e diret
tive ed ordini gli erano stati impartiti dall'unico direttore gene rale delle due società; che, di conseguenza, presso la società
Tale impressione resterebbe, tuttavia, monca ove si sottovalutassero
le non indifferenti suggestioni interpretative che in materia ormai si affermano anche presso la Suprema corte e che danno ben conto delle
persistenti inquietudini che i processi di trasformazione dell'impresa proiet tano sulle categorie interpretative dei giudici e sul riscontro di effettivi
tà delle loro risposte ordinamentali. Da questo punto di vista, anche la decisione in epigrafe può ascriver
si al novero di quelle pronunce che, con sempre maggiore frequenza, sembrano tese ad instaurare un confronto ravvicinato coi problemi del metodo di ricostruzione della fattispecie del lavoro nei gruppi, in coe
renza con le indicazioni che provengono dagli studi più recenti (cfr. Meiiadò, Il rapporto di lavoro nei gruppi di società, Milano, 1991;
Nogler, Gruppo di imprese e diritto del lavoro, in Lavoro e dir., 1992,
291; De Simone, La «forma gruppo» nel diritto di lavoro, in Giornale
dir. lav. relazioni ind., 1991, 69; Veneziani, Gruppi di imprese e diritto
del lavoro, in Lavoro e dir., 1990, 609; Mattatolo, Gruppi di imprese e diritto del lavoro, in Rìv. giur. lav., 1990, I, 495; Mazzotta, «.Divide
et impera»: diritto del lavoro e gruppi di imprese, in Lavoro e dir.,
1988, 359), e per come è, del resto, proprio di un tema è collocabile
con estrema difficoltà al di fuori di una unitaria considerazione dell'in
tero diritto delle società (cosi Galgano, Qual è l'oggetto della società
holding?, in Contratto e impresa, 1986, 337; P. Pettiti, Il gruppo di
imprese o di società, in Riv. dir. comm., 1992, I, 827).
2. - Non può, del resto, trascurarsi come la storia giurisprudenziale dei gruppi, anche quella meno recente, non può essere solo descritta
come un continuum, come un rifrangersi, sotto molteplici angolazioni, dell'unico principio dell'assoluta insensibilità delle vicende del rapporto
rispetto alla «forma» dell'impresa creditrice della prestazione. E se ciò è certo per la giurisprudenza di merito (catalizzata, anzi,
dall'esigenza di riassorbire gli spazi vuoti di tutela che inducono tali
strategie), non lo è meno, anche se in termini oltremodo più problema
tici, per la giurisprudenza di legittimità. Che non solo non manca di
avvertire, in modo quasi costante, «che il collegamento fra più soggetti dotati di propria responsabilità giuridica può fornire strumenti ed occa
sioni per eludere precetti normativi o diritti dei terzi» mercé «interposi zioni fittizie o, viceversa, reali ma fiduciarie, di un'impresa ad un'altra e persino mediante la costituzione simulata di una società» (cosi, ad iniziare da Cass. 28 gennaio 1981, n. 650, Foro it., 1981, I, 1984), ma va in qualche caso anche oltre, per richiedere «un esame particolar mente penetrante dei comportamenti dei soggetti collegati, al fine di
assodare, ad esempio, se tra gli stessi sia stato posto in essere un accor
do societario di fatto nella gestione di un rapporto di lavoro» (cosi Cass. 18 aprile 1986, n. 2756, id., 1987, I, 1847, con osservazioni di
Meiiadò, I persistenti dilemmi del lavoro nelle società collegate, e v.
anche Cass. 10 giugno 1986, n. 3845, id., Rep. 1986, voce cit., n. 1945; 20 novembre 1984, n. 5941, id., Rep. 1985, voce Lavoro e previdenza
(controversie), n. 142). Tuttavia, le due prospettive non sono fra loro omogenee né nei pre
supposti né negli esiti operativi. Se si considera che per la prima è l'inesistenza di una reale struttura
a gruppo (quale situazione tipicamente una e plurima, sia sotto l'aspet to giuridico che economico) a segnare il confine dell'intervento corretti
vo del giudice, mentre per la seconda è l'intensità del collegamento fra
più società — effettive e reali, e non puramente apparenti — a costitui
re metro di giudizio di una operazione complessa, che porta a verificare
l'influenza che la struttura articolata dell'impresa esercita sulla gestione del rapporto di lavoro e, quindi, sulle pretese esigibili tanto dal datore
di lavoro (specie in punto di mobilità della manodopera, attraverso «di
stacchi» e «prestiti» fra le società collegate ampiamente ammessi dalla
giurisprudenza: v. infra, sub 7) che dal lavoratore (ai fini, fra l'altro,
della conservazione del rapporto all'interno del più ampio mercato del
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