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sezioni unite civili; sentenza 9 novembre 1992, n. 12074; Pres. Santosuosso, Est. Rebuffat, P.M....

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sezioni unite civili; sentenza 9 novembre 1992, n. 12074; Pres. Santosuosso, Est. Rebuffat, P.M. Morozzo della Rocca (concl. conf.); Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno (Avv. dello Stato Onufrio) c. Soc. Calabro Tubi (Avv. Prosperetti). Conferma Cons. Stato, sez. VI, 13 maggio 1989, n. 621 Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1993), pp. 2239/2240-2245/2246 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23187546 . Accessed: 28/06/2014 12:57 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.51 on Sat, 28 Jun 2014 12:57:34 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 9 novembre 1992, n. 12074; Pres. Santosuosso, Est. Rebuffat, P.M.Morozzo della Rocca (concl. conf.); Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno(Avv. dello Stato Onufrio) c. Soc. Calabro Tubi (Avv. Prosperetti). Conferma Cons. Stato, sez.VI, 13 maggio 1989, n. 621Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1993), pp. 2239/2240-2245/2246Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187546 .

Accessed: 28/06/2014 12:57

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2239 PARTE PRIMA 2240

Cass. 5472/86, id., Rep. 1986, voce Fallimento, n. 319; 3055/87,

id., Rep. 1987, voce cit., n. 448). La pubblica amministrazione convenuta in giudizio, con l'e

manazione dell'ordinanza-ingiunzione adempie al dovere di pro cedere alla riscossione del credito sorto dalla violazione, in via

di autotutela meramente esecutiva, ed il giudice deve controlla

re non solo la validità formale del provvedimento, ma deve esten

dere il sindacato alla sua validità sostanziale, e cioè alla ricor

renza dei pressuposti di fatto e di diritto dell'infrazione. In que sto senso, si tratta di un giudizio sul rapporto, pur essendo

formalmente costruito come impugnazione dell'atto amministra

tivo, che rappresenta il veicolo necessario di accesso al giudizio, con la conseguenza che la materia controversa (salvo il caso

di radicale inesistenza dell'atto) è delimitata dall'atto di opposi zione e dalle successive modificazioni che è possibile apportarvi ai sensi degli art. 183-184 c.p.c. (sez. un. n. 3271 del 1990,

già citata). Sotto il profilo del pregiudizio del diritto di difesa, la que

stione è stata già ritenuta infondata dalla Corte costituzionale

con ordinanza 12 novembre 1987, n. 504 (id., 1988, I, 2546), e non vi sono ragioni per discostarsi da tale orientamento, tenu

to conto della possibilità di esperire la querela di falso, nonché

dell'ambito notevolmente circoscritto in cui opera la fede privi

legiata del verbale. È, infatti da escludere la necessità della que rela di falso quando l'opponente intende contestare la rispoden za alla realtà degli apprezzamenti e delle valutazioni del verba

lizzante (cfr., fra le altre, anche per la casistica ivi contenuta, le sentenze n. 557 del 1990, id., Rep. 1990, voce Caccia, n.

16; n. 4572 del 1990, id., Rep. 1991, voce Sanzioni amministra

tive e depenalizzazione, n. 95; n. 1090 e n. 7913 del 1990, id.,

Rep. 1990, voce Caccia, nn. 13, 14; n. 6628 del 1983, id., Rep.

1985, voce cit., n. 8; n. 1103 del 1985, ibid., voce Prova docu

mentale, n. 5; n. 641 del 1979, id., Rep. 1979, voce Circolazio

ne stradale, n. 199; n. 3077 del 1992, id., Rep. 1992, voce Pro

va documentale, n. 11). Invero, la fede privilegiata non può essere attribuita né ai giudizi valutativi, né alla menzione di quelle circostanze relative a fatti avvenuti in presenza del pubblico uf

ficiale che possono risolversi in suoi apprezzamenti personali,

perché mediati attraverso l'occasionale percezione sensoriale di

accadimenti che si svolgono cosi repentinamente da non potersi verificare e controllare secondo un metro obiettivo, senza alcun

margine di apprezzamento (tipico è l'esempio dell'indicazione

di un corpo o di un oggetto in movimento, con riguardo allo

spazio che cade sotto la percezione visiva del verbalizzante). Là dove la percezione sensoriale può invece essere organizzata staticamente (per esempio, con riguardo alla descrizione di uno

stato dei luoghi, senza oggetti in movimento), non esiste alcun

margine di apprezzamento e l'atto dispiega la propria fede pri

vilegiata. L'atto conserva poi la sua forza probatoria tipica, quando

la parte controinteressata non svolge contestazioni afferenti alla

possibilità di un errore di apprezzamento sensoriale (in tal mo

do godendo della facoltà della prova contraria, con tutti i mez

zi, compresi quelli presuntivi), ma intende provare che le di chiarazioni delle parti e gli altri fatti che il pubblico ufficiale

attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti sono diversi

da quelli attestati, perché in tal caso non si contesta l'apprezza mento ed il giudizio sensoriale del pubblico ufficiale, ma si vuo

le affermare direttamente la falsità dell'atto, e ciò è possibile fare solo attraverso la querela di falso.

L'ipotesi di cui è causa rientra nell'ambito della fede privile

giata, perché l'atto del pubblico ufficiale conteneva l'attestazio

ne di una dichiarazione della parte diretta al pubblico ufficiale, nell'esercizio della funzione propria del medesimo, che compor tava l'accesso nei locali dell'azienda per assumere dal datore

di lavoro dichiarazioni e notizie (1° comma, lett. b, d.l. n. 463 del 1983, come convertito); dichiarazione fatta in sua presenza, in ordine alla quale la parte privata non contestava l'errore di

percezione, ma l'inesistenza di essa, per non essere state pro nunciate quelle parole, bensì soltanto parole diverse (a prescin dere da ogni rilievo che si potrebbe fare, in ordine alla commis

sione della violazione di legge contestata, anche mediante tali

diverse parole, peraltro non contestate e quindi al di fuori della

pretesa amministrativa, secondo la già citata sent. 3271/90). Poi

ché l'assunto della parte, contenuto anche nel ricorso, non con

II Foro Italiano — 1993.

cerneva l'errore di apprezzamento sensoriale, ma la pretesa di

versità del fatto, essa poteva essere provata eliminando la fede

privilegiata dell'atto del pubblico ufficiale, mediante querela di

falso.

L'altro assunto del ricorrente, secondo il quale l'atto non con

teneva l'indicazione del fatto, ma soltanto l'enunciazione di un

giudizio (vale a dire, del giudizio sull'impedimento, che eviden temente non doveva essere dato dallo stesso pubblico ufficiale, in modo definitivo, potendo e dovendo essere compiuto dal giu

dice, nell'esercizio del suo autonomo potere di qualificazione

giuridica del fatto), non è suffragato dalla sentenza, impugna

ta, la quale ha menzionato la circostanza di fatto indicata nel

verbale, là dove ha affermato l'impossibilità della contestazione

immediata, sia pure descrivendola come aver «impedito l'acces

so nei locali», anziché come «intimazione di allontanarsi dai

locali», e cioè sotto il profilo dell'effetto voluto tramite le paro le pronunciate.

Quanto alla qualificazione del fatto materiale suddetto come

«impedimento» ai sensi del citato art. 3 d.l. del 1983, esso co

stituisce un giudizio di diritto corretto e nemmeno censurato

in modo espresso (stante il contenuto del ricorso, che assume

che il fatto commesso era stato diverso).

Infine, la censura secondo la quale il pretore avrebbe dovuto

dare un termine per consentire la proposizione formale della

querela di falso, non è fondata, perché — come risulta dall'art.

318 c.p.c. — la presentazione della querela doveva avvenire in

modo formale (sia pure subordinatamente all'ammissione della

prova testimoniale) ed il giudice non aveva alcun obbligo di

concedere un altro termine per la sua proposizione. La sentenza impugnata si regge su una doppia motivazione:

da un lato la necessità della querela di falso per impugnare le

risultanze del verbale di accertamento; dall'altro, l'esito negati vo della prova testimoniale. Una volta rigettate le censure atti

nenti alla prima motivazione, è inutile esaminare quelle concer

nenti la seconda.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 9 no

vembre 1992, n. 12074; Pres. Santosuosso, Est. Rebuffat, P.M. Morozzo della Rocca (conci, conf.); Agenzia per la

promozione dello sviluppo del Mezzogiorno (Avv. dello Stato

Onufrio) c. Soc. Calabro Tubi (Aw. Prosperetti). Confer ma Cons. Stato, sez. VI, 13 maggio 1989, n. 621.

Mezzogiorno (provvedimenti per il) — Contributo in conto ca

pitale — Diritto soggettivo — Esclusione — Interesse legitti mo — Giurisdizione amministrativa (Cod. proc. civ., art. 37,

41, 360; r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, art. 26; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 36; d.p.r. 6 marzo 1978 n. 218, testo unico delle leggi sugli interventi

nel Mezzogiorno, art. 69, 72, 75).

Deve essere negata la giurisdizione dell'autorità giudiziaria or

dinaria nelle controversie sulla erogazione dei contributi in

conto capitale previsti dal t.u. delle leggi sugli interventi nel

Mezzogiorno, in quanto subordinata, anche in riferimento agli stati di avanzamento o ai lotti delle opere oggetto della sov

venzione, ad una valutazione discrezionale della pubblica am

ministrazione, nei confronti della quale il privato può vantare

una mera posizione di interesse legittimo, non di diritto sog

gettivo. (1)

(1) In motivazione si esclude espressamente che la decisione si ponga in contrasto con Cass. 7 luglio 1988, n. 4480, Foro it., Rep. 1988, voce Mezzogiorno (provvedimenti), n. 14 (e Giusi, civ., 1988, I, 2934), secondo la quale «concesso, dalla Cassa per il Mezzogiorno, un contri buto a fondo perduto (ai sensi dell'art. 102 d.p.r. 30 giugno 1967 n.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — L'Agenzia per la promozione e lo sviluppo del Mezzogiorno impugna per cassazione la sen

tenza del Consiglio di Stato, indicata in epigrafe, che respinge

l'appello da essa proposto contro pronuncia (n. 54/87) del Tar

della Calabria, di annullamento di deliberazione (n. 4112, in

data 23 novembre 1985) con cui il commissario del governo per l'intervento straordinario nel Mezzogiorno, dopo l'esito favore

vole del collaudo della costruzione di uno stabilimento indu

striale della s.p.a. Calabro Tubi, subordina all'accertamento della

situazione economica e produttiva di quella società la liquida zione del saldo del contributo in conto capitale alla stessa in

precedenza concesso dalla cassa, ai sensi dell'art. 69, 1°, 4°

e 5° comma, d.p.r. 6 marzo 1978 n. 218.

L'agenzia enuncia come unico motivo dell'impugnazione il

difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. La s.p.a. Ca

labro Tubi resiste con controricorso e memoria.

Motivi della decisione. — Sotto la rubrica di violazione e fal

sa applicazione dell'art. 26 t.u. n. 1054 del 1924 e degli art. 69

1523) per la costruzione e l'ampliamento di impianti industriali alla con

dizione che le relative opere siano utilizzate per un predeterminato pe riodo di tempo, ove, sull'assunto che tale condizione non sia stata os

servata, la cassa «revochi» il contributo stesso, pretendendo la restitu

zione della somma erogata, la controversia conseguente — siccome la

pretesa della pubblica amministrazione non è ricollegabile a poteri pub blici di autotutela — è devoluta alla giurisdizione dell'a.g.o. (e non

a quella dei giudici amministrativi)».

Infatti, «in quella situazione — secondo la motivazione della senten za in epigrafe — il rapporto obbligatorio si era costituito con il compi mento della concessione e persino estinto col pagamento del contributo.

La successiva cancellazione del provvedimento concessorio rendeva in

sostanza semplicemente "indebito" quel pagamento; generava cioè, un'ob

bligazione inversa rispetto a quella sorta con l'effettuazione della con

cessione: di qui la natura "di diritto soggettivo" del petitum sostanziale».

È, peraltro, principio costante e consolidato in tema di obbligazioni della pubblica amministrazione, quello per il quale, allorché il legislato re tipicizza tutti gli elementi del rapporto obbligatorio e non lascia spa zio alcuno a valutazioni discrezionali, anche di natura economica, alla

pubblica amministrazione o agli enti erogatori di pubblico denaro, la

situazione imputabile ai beneficiari va qualificata come diritto soggettivo. Già Cass. 18 settembre 1970, n. 1572, Foro it., 1970, I, 2333, in

riferimento all'assegno vitalizio in favore dei ciechi, aveva posto in evi denza come i principi che regolano la giurisdizione ordinaria ed i suoi

limiti in tema di obbligazioni a carico della pubblica amministrazione, attribuiscono al giudice ordinario pienezza di poteri ricognitivi, sia pri ma sia dopo l'emanazione dell'atto amministrativo, quando quest'ulti mo abbia la sola funzione di accertare la sussistenza del fatto da cui

deriva il diritto, l'insorgenza del rapporto obbligatorio con la pubblica amministrazione e di fornire solo i requisiti della liquidità ed esigibilità del credito.

E Cass. 16 luglio 1983, n. 4894, id., 1983, I, 2787, in riferimento

ai contributi concessi alle pellicole di produzione nazionale, ha affer

mato: «il testo legislativo esclude il dubbio che il produttore non abbia

un vero e proprio diritto al contributo: ciò in quanto non solo la for

mula usata (è concesso) non ammette discrezionalità nell'attribuzione

del beneficio, una volta accertato che il film è stato ammesso alla pro grammazione obbligatoria; ma il legislatore prevedendo la misura del

contributo (tredici per cento dell'introito lordo) riduce in questa fase

l'intervento degli organi amministrativi ad una operazione meramente

contabile». A queste conclusioni, la corte era già pervenuta in tema di integrazio

ne del prezzo del grano duro, stabilendo che i regolamenti Cee «preve dono analiticamente ed inderogabilmente i casi in cui devono essere

corrisposti gli aiuti (. . .) fissano in modo preciso e tassativo gli importi

degli aiuti medesimi; ne consegue che la domanda proposta da un pro duttore di grano contro l'Aima per la corresponsione di detti aiuti è

devoluta alla cognizione del giudice ordinario, in quanto trae fonda

mento da norme direttamente ed automaticamente costitutive di un'ob

bligazione di diritto pubblico, sottratta a valutazioni od apprezzamenti discrezionali da parte dell'autorità amministrativa, e, quindi, da norme

di relazione attributive al privato di una posizione di diritto soggetti vo»: Cass. 14 marzo 1977, n. 1009, id., Rep. 1977, voce Comunità

europee, n. 213 (e Giust. civ., 1977, I, 738 e Giur. it., 1977, I, 1, 801). Nello stesso senso, v. Cass. 26 novembre 1983, n. 7101, Foro it.,

Rep. 1983, voce Agricoltura, n. 90: «la domanda proposta da un pro

duttore di grano nei confronti dell'Aima, per la corresponsione di inte

grazioni sul prezzo, secondo la disciplina di aiuti prevista dalle norme

del regolamento Cee n. 120 del 13 giugno 1967 e dei successivi regola menti di attuazione relativi alle singole annate agrarie, spetta alla cogni zione del giudice ordinario, in quanto investe un rapporto obbligatorio direttamente costituito da dette norme, sottratto a valutazioni ed apprezza

li. Foro Italiano — 1993.

ss. t.u. n. 218 del 1978 in relazione all'art. 36 1. 1034/71 e al

l'art. 360, n. 1, c.p.c., nel ricorso per cassazione si sostiene

che la controversia appartenga alla giurisdizione del giudice or

dinario perché involge veri e propri diritti soggettivi. All'uopo si fa richiamo, per conforto, alla sentenza n. 4480, datata 7

luglio 1988 (Foro it., Rep. 1988, voce Mezzogiorno (provvedi menti), n. 14) di questa stessa corte.

La tesi non ha fondamento. Nella specie, la posizione giuridi ca fatta valere in giudizio della società Calabro Tubi ha natura

di interesse legittimo perché anche l'erogazione finale del «con

tributo in conto capitale» previsto nell'art. 69 d.p.r. 6 marzo

1978 n. 218, testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzo

giorno, comporta uno specifico provvedimento, con cui si esprime — e, allora soltanto, negli effetti costitutivi di un diritto di cre

dito, si esaurisce — il permanente potere di amministrazione

della sovvenzione che la legge conferisce alla cassa.

In primo luogo, la sovvenzione complessiva è «libera» (i.e.

discrezionale) nella deliberazione («per la realizzazione di mi

nienti discrezionali dell'amministrazione e quindi si ricollega ad una po sizione di diritto soggettivo».

In tema di integrazione sul prezzo dell'olio di oliva, Cass. 19 dicem

bre 1977, n. 5530, id., Rep. 1977, voce Giurisdizione civile, n. 109, ha affermato: «le norme comunitarie non attribuiscono alle ammini

strazioni dei singoli Stati membri poteri discrezionali nella procedura di erogazione dell'integrazione del prezzo dell'olio di oliva ai produttori dell'olio prodotto nella Comunità con olive raccolte nella Comunità, in quanto tali amministrazioni sono incaricate solo di accertare che co loro i quali chiedono il beneficio, ad essi concesso direttamente dalla

Comunità, si trovino effettivamente nelle condizioni prescritte per otte

nerlo; in virtù di questo principio, deve ritenersi che la posizione dei

pretendenti all'integrazione non è diversa da quella di un qualunque cittadino che assuma avere un credito verso la pubblica amministrazio

ne, cosicché, trattandosi di una controversia sull'esistenza di un diritto

soggettivo, su di essa deve pronunciarsi il giudice ordinario». Nello stesso senso, v. Cass. 17 marzo 1977, n. 1060, id., 1977, I,

2509 e 12 novembre 1983, n. 6738, id., Rep. 1984, voce Comunità eu

ropee, n. 266, e Giust. civ., 1984, I, 42; Giur. agr. it., 1984, 91, con

nota di Agnoli e Giur. it., 1984, I, 1, 856.

In tema di esportazione di prodotti ortofrutticoli verso paesi estranei

alla Cee, Cass. 18 giugno 1981, n. 3967, Foro it., Rep. 1981, voce

Giurisdizione civile, ri. 73 (nonché in Giust. civ., 1981, I, 2217) ha af fermato che «le cosiddette restituzioni in favore dell'esportatore previ ste come premio od aiuto con funzione correttiva delle differenze di

prezzo fra i mercati intercomunitari e quelli di Stati terzi, dal regola mento della Cee n. 159 del 25 ottobre 1966, nonché dal d.l. 17 marzo

1967 n. 80 (convertito nella 1. 13 maggio 1967 n. 267) e dai decreti

ministeriali emessi in sua esecuzione, integrano veri e propri diritti di

credito dell'esportatore medesimo, come tali tutelabili davanti al giudi ce ordinario, atteso che vanno riconosciute e quantificate in base a cri

teri direttamente fissati dalle norme dell'ordinamento comunitario e del

l'ordinamento statuale con esclusione di ogni discrezionalità dell'autori

tà amministrativa»; in motivazione, la corte ha osservato che «se la

disciplina normativa ricollega la nascita dell'obbligazione pubblica al

verificarsi di una situazione giuridica compiutamente descritta e disci

plinata, che non lasci spazio all'apprezzamento discrezionale, si è in

presenza di una norma di relazione, attributiva di un diritto soggettivo». In tema di premi per la macellazione dei bovini, v. Cass. 4 agosto

1977, n. 3461, Foro it., 1977, I, 2145.

In riferimento ai contributi ai quotidiani sul prezzo della carta, Cass.

5 novembre 1984, n. 5585, id., 1984, I, 2696 e Corriere giur., 1985,

169, con nota di G. Costantino, I contributi sul prezzo della carta

sono un diritto soggettivo, ha affermato: «Solida base dottrinaria assi ste sia l'inquadramento dei contributi, come delle sovvenzioni e delle

incentivazioni finanziarie, in genere, nel novero delle obbligazioni pub

bliche, sia la distinzione tra queste, di quelle originate direttamente dal

la legge, rispetto ad altre nascenti da provvedimento amministrativo.

Le prime scaturiscono da una previsione normativa rigida, mediante

la quale il legislatore, istituendo il contributo, manifesta inequivocabil mente la volontà di attribuirlo a determinati soggetti o ad una categoria di soggetti che si trovino in una determinata situazione che presenti una particolare rilevanza per interessi pubblici. In tal caso, se la legge non condiziona la concreta erogazione del beneficio ad una discreziona

le determinazione volitiva dell'amministrazione, ma la riconnette imme

diatamente all'esistenza di determinati elementi di fatto rigorosamente e compiutamente precisati dalla norma ed accertabili obiettivamente,

non può contestarsi che — realizzatisi i presupposti del contributo —

i suoi beneficiati vantino, rispetto ad esso, un diritto soggettivo per effetto della entrata in vigore del provvedimento legislativo e della indi

cazione della sua copertura finanziaria (. . .). A seconda quindi che

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2243 PARTE PRIMA 2244

ziative dirette alla costruzione, alla riattivazione e all'amplia mento di stabilimenti industriali può essere concesso dalla Cas

sa per il Mezzogiorno un contributo in conto capitale» . .

art. 69, 1° comma). La legge, dunque, non attribuisce direttamente al possibile

beneficiario un diritto a ottenerla: egli, giuridicamente, è in quella fase semplicemente un sovvenzionabile, non un sovvenzionando.

La sovvenzione stessa, poi, ha titolo permanente nell'interes

se pubblico a specifiche opere future («la realizzazione di inizia

tive», comma cit.; «specifici settori da sviluppare», 4° comma; «iniziative che si localizzino nelle zone riconosciute particolar mente depresse», 5° comma).

Quell'interesse è la nota costante e indefettibile dell'intera ope

razione, dai suoi esordi alla conclusione amministrativa. La leg

ge è rigorosa, in proposito. Alla domanda del sovvenzionabile segue una «istruttoria del

la iniziativa rivolta a valutare la validità tecnica, finanziaria ed

economica della iniziativa stessa con particolare riguardo alla

consistenza patrimoniale e finanziaria dell'impresa promotrice e alla congruità dei mezzi finanziari all'uopo destinati.

L'istruttoria deve riferirsi alle prospettive di mercato, agli ef

fetti occupazionali del progetto, ai preventivi finanziari ed eco

nomici e agli obiettivi da realizzare in termini di capacità pro duttiva e di produzione conseguibili» (art. 71, 3° comma).

L'ammissione è subordinata all'accertamento, con validità tem

porale delimitata da condizione di decadenza, «della risponden za delle singole iniziative alle direttive all'uopo emanate del Ci

pi» (art. 72). «Lo stato di realizzazione dell'iniziativa viene accertato dalla

Cassa per il Mezzogiorno» (art. 72, 8° comma): nella specie, il parere ministeriale di conformità dichiara «salve le condizioni

e verifiche previste dalle disposizioni indicate in premessa».

il contributo o la sovvenzione corrisponda ad una obbligazione pubbli ca che trovi la sua fonte diretta nella legge oppure nel provvedimento amministrativo, in termini diversi si pone l'attività amministrativa d'ac certamento dei presupposti condizionanti l'erogazione: nel primo caso

essa, escluso ogni margine di discrezionalità, assume natura ricognitiva e di certificazione di fatti storici già di per sé idonei a determinare la nascita di un rapporto obbligatorio, e si configura quale atto o iter di verifica occorrente in sede esecutiva per la liquidazione in concreto e per il soddisfacimento di un diritto di credito già insorto».

Ancora nel senso che la «controversia promossa da un istituto di ricovero di minori in stato di abbandono per conseguire il rimborso delle relative rette è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, avendo ad oggetto un diritto soggettivo», v. Cass. 19 dicembre 1990, n. 12024, Foro it., Rep. 1990, voce Giurisdizione civile, n. 161.

Nell'ambito dei rapporti di lavoro e di quelli previdenziali ex art. 442 c.p.c., si è escluso ogni margine di discrezionalità della pubblica amministrazione e si è, quindi, affermata la giurisdizione del giudice ordinario, in riferimento:

— alla «indennità mensile prevista dalla 1. reg. sic. 6 giugno 1975 n. 42 in favore dei lavoratori minerari cinquantenni, per il periodo com

preso tra il licenziamento ed il reimpiego con rapporto di lavoro a ca rattere continuativo o il raggiungimento dell'età pensionabile»: Cass. 30 gennaio 1991, n. 898, id., Rep. 1991, voce Sicilia, n. 158;

— alla indennità di accompagnamento prevista dalla 1. 11 febbraio 1980 n. 18, in favore degli invalidi civili, totalmente inabili, perché «l'in teresse privato viene tutelato in maniera incondizionata e l'autorità de cidente non può esercitare alcun potere discrezionale, sia sull'art, sia sul quantum, che sul quando della prestazione, essendo l'indennità og getto di una obbligazione pubblica cui corrisponde il diritto soggettivo del privato»: Tar Veneto 23 luglio 1985, n. 514, id., Rep. 1986, voce Invalidi civili e di guerra, n. 10;

— allo sgravio dei contributi per i periodi di paga scaduti tra il 23 novembre 1980 ed il 30 giugno 1981, previsto dall'art. 11 d.l. 26 no vembre 1980 n. 776, convertito dalla 1. n. 874 del 1980, vuoi perché sono «rimaste immutate l'entità e l'intrinseca natura previdenziale ed assistenziale delle somme predette», vuoi perché è «estraneo alle con cessioni degli sgravi ogni margine di discrezionalità»: Cass. 28 marzo 1990, n. 2506, id., Rep. 1991, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 95.

In tema di c.i.g., nel senso che appartengono alla giurisdizione am ministrativa le controversie aventi ad oggetto il provvedimento di man cata ammissione alla c.i.g., v. Tar Puglia, sez. Lecce, 19 giugno 1990, n. 626, id., Rep. 1991, voce Lavoro (rapporto), n. 1191; nello stesso senso «ancorché la contestazione di tale atto sia finalizzata alla realiz zazione del diritto del datore di lavoro al rimborso delle integrazioni anticipate», Cass. 15 luglio 1991, n. 7837, ibid., voce Previdenza socia

le, n. 626; cfr. anche Tar Lazio, sez. Ili, 20 novembre 1989, n. 1947, id., 1991, III, 148; ancora nel senso che «l'insorgenza di posizioni di

Il Foro Italiano — 1993.

Gli istituti di credito hanno il dovere di «assicurare» che per la durata del mutuo l'impiego dei mezzi da essi erogati sia con

forme ai programmi «finanziati» (art. 75, 3° comma). Nella sua architettura, la sovvenzione si articola in momenti

ed episodi provvedimentali distinti. Essa è «deliberata dalla cassa con un unico provvedimento»

ed è poi «effettuata sulla base di stati di avanzamento dei lavo

ri, in relazione alle categorie o lotti di opere». Attesi l'interesse pubblico costante suddetto e il potere/dove

re permanente (infra procedimentale) di controllo della cassa, la effettuazione in discorso non è una mera operazione, obbli

gatoria in senso civilistico, un pagamento subordinato solo a

numerazione. Essa, invece, in ciascuna sua espressione, ha na

tura di provvedimento. Significativamente, nella specie, la deli

berazione avverte che «il contributo verrà determinato in via

definitiva con successivi provvedimenti presidenziali» e il decre

to di concessione conclude: «la cassa si riserva di effettuare,

periodicamente, indagini presso l'impianto oggetto delle agevo lazioni al fine di verificare l'osservanza delle condizioni di cui

al presente provvedimento». È nel sistema della legge, sopra tratteggiato, che, in tal prov

vedere, la cassa conserva ancora il potere di amministrare l'o

perazione, pur nel rispetto delle ordinarie norme di azione e

delle determinazioni legittimamente già adottate nel procedimen to, sicché, nel polo privato del rapporto corrisponde una sem

plice posizione di interesse legittimo. Diversamente opinando, si esproprierebbe, in sostanza, alla

cassa l'amministrazione delle «effettuazioni» del contributo, tra

sformandola in materia dalla giustiziabilità immediata e non al

la stregua di norme di diritto (ma di criteri sostanzialmente eco

nomici) oltreché a cura di un giudice ontologicamente portato a valutare piuttosto i profili privatistici delle controversie. Di

diritto soggettivo (. . .) postula il provvedimento amministrativo di au torizzazione della integrazione, il quale configura atto di natura discre zionale di portata costitutiva», Cass. 12 ottobre 1990, n. 10016, id., Rep. 1990, voce cit., n. 896 e 10 agosto 1989, n. 3687, ibid., n. 898; ancora nel senso che l'ammissione alla c.i.g. dipende da una «valuta zione discrezionale rimessa a provvedimento amministrativo, eventual mente sindacabile davanti al giudice amministrativo», in motivazione, Cass. 20 luglio 1989, n. 3413, id., 1990, I, 135; e v. soprattutto Cass. 20 giugno 1987, n. 5454, id., 1988, I, 2201, con nota di D'Antona e Salimbeni, secondo la quale «il provvedimento amministrativo di am missione alla c.i.g. ha carattere discrezionale (. . .); pertanto, di fronte al provvedimento positivo o negativo di ammissione alla c.i.g., si han no posizioni di interesse legittimo che sia il datore di lavoro che i lavo ratori possono far valere davanti al giudice amministrativo». In base all'art. 1 d.l. 30 ottobre 1984 n. 726, convertito in 1. 19 dicembre 1984, n. 863 (per il quale «il ministro del lavoro e della previdenza sociale

(. . .) concede il trattamento di integrazione salariale», tuttavia, nel senso che possa essere «riconosciuto in via d'urgenza dal giudice ordinario il diritto dell'impresa esercente attività di produzione di servizi nel set tore sanitario alla ammissione alla cassa integrazione guadagni, nonché a compensare il credito derivante da tale ammissione con l'obbligazione relativa al pagamento dei contributi previdenziali», v., da ultimo, Pret. Bari 2 giugno 1992, in questo fascicolo, parte prima.

In riferimento alla «devoluzione» ai consigli dell'ordine degli avvoca ti e dei procuratori delle somme destinate alla assistenza, Cass. 29 no vembre 1988, n. 6471, id., Rep. 1989, voce Avvocato, n. 109 (nonché in Giust. civ., 1989, I, 1410 e Giur. it., 1989, I, 1, 978) ha affermato che «i consigli dell'ordine degli avvocati e procuratori assumono, in relazione all'attuazione delle finalità istituzionali della cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore degli avvocati e procuratori, la veste di organi della cassa stessa, si che non è configurabile un rapporto creditorio tra i consigli stessi e la cassa, con l'ulteriore conseguenza che deve dichiararsi il difetto assoluto di giurisdizione, nella causa in nanzi al giudice ordinario promossa da un consiglio nei confronti della cassa per reclamare la devoluzione di somme da destinare al trattamen to assistenziale degli iscritti». Diversi giudici di merito, invece, appunto in base alle decisioni prima indicate, avevano ingiunto il pagamento ed avevano negato la sospensione dell'esecuzione dei decreti opposti: v. Pret. Bari 7 marzo 1987 e 19 dicembre 1986, Foro it., 1987, I, 1309.

In dottrina, in generale, v. G. Falcon, Obbligazione. Vili. Obbliga zioni pubbliche, voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1990, XXI; A. Barettoni Arleri, Obbligazioni pubbliche, voce dc\VEnciclo

pedia del diritto, 1979, XXIX, 383 ss., spec. 404 s.; sui provvedimenti per il Mezzogiorno, v. i commenti di S. Mazzamuto, in Nuove leggi civ., 1979, 1365 ss., e di M. Libertini, id., 1980, 774 ss.; sulle conse

guenze della violazione dello scopo del finanziamento, anche per indi

cazioni, v. G. Costantino, Le espropriazioni forzate speciali. Linea menti generali, 1984, 209 ss.

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Page 5: sezioni unite civili; sentenza 9 novembre 1992, n. 12074; Pres. Santosuosso, Est. Rebuffat, P.M. Morozzo della Rocca (concl. conf.); Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

versamente opinando, ancora, si costringerebbe, in sostanza, la

cassa a una sorta di solve et repete, con tutti gli incongruenti costi e rischi di tale innaturale meccanismo.

La concisione della motivazione impone di porre qui termine

alla disamina. È giustificato chiarire, in aggiunta, che, per la

diversità delle rispettive vicende sostanziali di riferimento, quanto

premesso non contrasta con il principio enunciato nella prece dente sentenza 4480/88 di queste stesse sezioni unite. In essa,

infatti, la giurisdizione del giudice ordinario fu dichiarata in relazione alla lite sulla pretesa della cassa alla ripetizione delle

somme versate, una volta «revocato» il contributo (già ef

fettuato). In quella situazione, e non nella diversa sopra considerata,

il rapporto obbligatorio si era costituito, con il compimento della

concessione, e persino estinto, col pagamento del contributo.

La successiva cancellazione del provvedimento concessorio dal

mondo giuridico rendeva, in sostanza, semplicemente «indebi

to» quel pagamento; generava, cioè, un'obbligazione inversa ri

spetto a quella storicamente sorta con l'effettuazione della con

cessione: di qui la natura «di diritto soggettivo» del petitum sostanziale.

Il ricorso, si è visto, merita il rigetto, con declaratoria della

giurisdizione del giudice amministrativo.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 9 novem

bre 1992, n. 12053; Pres. Scala, Est. Picone, P.M. Arena

(conci, conf.); Cerioni e altri (Aw. Falzetti, Belletti) c.

Soc. Bmg Ariola (Avv. Attolico). Conferma Trib. Roma 14

dicembre 1989.

Lavoro (rapporto) — Società collegate — Prestazioni lavorative

succedutesi alle dipendenze delle varie società — Rapporto

unico — Esclusione — Limiti — Fattispecie (Cod. civ., art.

2094, 2359).

Il collegamento tra società, in quanto fenomeno di mero fatto,

non esclude l'autonoma personalità giuridica delle singole so

cietà né dà luogo ad un diverso centro di imputazione dei

rapporti distinto da esse, sicché non è consentito attribuire

la titolarità del rapporto di lavoro ad un soggetto diverso da

quello che formalmente assume la qualità di datore di lavoro,

e purché non siano stati adottati meccanismi volti, in viola

zione dei principi del diritto di lavoro desunti in particolare dalla disciplina dettata dalla l. 1369/60, a far apparire frazio nato in distinti rapporti un rapporto di lavoro sostanzialmen

te unico (nella specie, è stata confermata la sentenza che, at

tenendosi ai detti principi, ha negato che l'intensità del colle

gamento, quale derivante dalla complementarità delle attività

produttive o dall'identità delle persone fisiche titolari degli

organi di due società, costituisca elemento idoneo a compro vare l'esistenza fra queste di un rapporto di interposizione

fittizia o reale nel rapporto di lavoro, ed ha anzi accertato

l'esistenza di circostanze di segno contrario). (1)

(1) Il lavoro nei gruppi e la Cassazione: sforzi metodici e insoluti

dilemmi.

1. - Resterebbe deluso chi volesse rinvenire nella giurisprudenza di

legittimità di questi ultimi anni in tema di lavoro nei gruppi di società

un segno di svolta o di rottura rispetto alla massima, stancamente ripe tuta in innumerevoli giudicati, che vuole, anche per il diritto del lavoro,

il collegamento di società come «fenomeno di mero fatto» e reputa

tal punto di vista l'unico conforme al diritto positivo (v., ex plurimis, Cass. 9 dicembre 1991, n. 13226, Foro it., Rep. 1991, voce Lavoro

(rapporto), n. 1344; 3 agosto 1991, n. 8532, ibid., n. 1345; 8 giugno

1991, n. 6524, ibid., n. 1346; 20 settembre 1991, n. 9815, ibid., n.

1448; 9 giugno 1989, n. 2819, id., Rep. 1990, voce cit., n. 1634; 3

novembre 1989, n. 4579, id., 1989, I, 3420, con nota di Amoroso).

Il Foro Italiano — 1993.

Svolgimento del processo. — Gli eredi di Alberto Ferraguzzi hanno convenuto in giudizio, dinanzi al Pretore di Roma, la

Rea s.p.a. — la cui denominazione sociale è stata in seguito modificata in Bmg Ariola s.p.a. — per ottenerne la condanna

al pagamento delle differenze retributive derivanti dalla mag

giore anzianità di servizio che doveva essere riconosciuta al dante

causa.

Esponevano i ricorrenti che Alberto Ferraguzzi era stato as

sunto alle dipendenze della Rea italiana, con qualifica di impie

gato, il 16 giugno 1958; licenziato il 31 marzo 1966, era stato

assunto senza soluzione di continuità, quale dirigente, dalla so

cietà Rea Amici del disco, che gestiva un ramo della Rea italia

na; nuovamente licenziato il 30 giugno 1968, era stato assunto

ancora alle dipendenze della Rea italiana il 1° luglio 1968 ed

era poi deceduto in data 15 dicembre 1978; che, per tutta la

durata del servizio, le mansioni erano rimaste identiche e diret

tive ed ordini gli erano stati impartiti dall'unico direttore gene rale delle due società; che, di conseguenza, presso la società

Tale impressione resterebbe, tuttavia, monca ove si sottovalutassero

le non indifferenti suggestioni interpretative che in materia ormai si affermano anche presso la Suprema corte e che danno ben conto delle

persistenti inquietudini che i processi di trasformazione dell'impresa proiet tano sulle categorie interpretative dei giudici e sul riscontro di effettivi

tà delle loro risposte ordinamentali. Da questo punto di vista, anche la decisione in epigrafe può ascriver

si al novero di quelle pronunce che, con sempre maggiore frequenza, sembrano tese ad instaurare un confronto ravvicinato coi problemi del metodo di ricostruzione della fattispecie del lavoro nei gruppi, in coe

renza con le indicazioni che provengono dagli studi più recenti (cfr. Meiiadò, Il rapporto di lavoro nei gruppi di società, Milano, 1991;

Nogler, Gruppo di imprese e diritto del lavoro, in Lavoro e dir., 1992,

291; De Simone, La «forma gruppo» nel diritto di lavoro, in Giornale

dir. lav. relazioni ind., 1991, 69; Veneziani, Gruppi di imprese e diritto

del lavoro, in Lavoro e dir., 1990, 609; Mattatolo, Gruppi di imprese e diritto del lavoro, in Rìv. giur. lav., 1990, I, 495; Mazzotta, «.Divide

et impera»: diritto del lavoro e gruppi di imprese, in Lavoro e dir.,

1988, 359), e per come è, del resto, proprio di un tema è collocabile

con estrema difficoltà al di fuori di una unitaria considerazione dell'in

tero diritto delle società (cosi Galgano, Qual è l'oggetto della società

holding?, in Contratto e impresa, 1986, 337; P. Pettiti, Il gruppo di

imprese o di società, in Riv. dir. comm., 1992, I, 827).

2. - Non può, del resto, trascurarsi come la storia giurisprudenziale dei gruppi, anche quella meno recente, non può essere solo descritta

come un continuum, come un rifrangersi, sotto molteplici angolazioni, dell'unico principio dell'assoluta insensibilità delle vicende del rapporto

rispetto alla «forma» dell'impresa creditrice della prestazione. E se ciò è certo per la giurisprudenza di merito (catalizzata, anzi,

dall'esigenza di riassorbire gli spazi vuoti di tutela che inducono tali

strategie), non lo è meno, anche se in termini oltremodo più problema

tici, per la giurisprudenza di legittimità. Che non solo non manca di

avvertire, in modo quasi costante, «che il collegamento fra più soggetti dotati di propria responsabilità giuridica può fornire strumenti ed occa

sioni per eludere precetti normativi o diritti dei terzi» mercé «interposi zioni fittizie o, viceversa, reali ma fiduciarie, di un'impresa ad un'altra e persino mediante la costituzione simulata di una società» (cosi, ad iniziare da Cass. 28 gennaio 1981, n. 650, Foro it., 1981, I, 1984), ma va in qualche caso anche oltre, per richiedere «un esame particolar mente penetrante dei comportamenti dei soggetti collegati, al fine di

assodare, ad esempio, se tra gli stessi sia stato posto in essere un accor

do societario di fatto nella gestione di un rapporto di lavoro» (cosi Cass. 18 aprile 1986, n. 2756, id., 1987, I, 1847, con osservazioni di

Meiiadò, I persistenti dilemmi del lavoro nelle società collegate, e v.

anche Cass. 10 giugno 1986, n. 3845, id., Rep. 1986, voce cit., n. 1945; 20 novembre 1984, n. 5941, id., Rep. 1985, voce Lavoro e previdenza

(controversie), n. 142). Tuttavia, le due prospettive non sono fra loro omogenee né nei pre

supposti né negli esiti operativi. Se si considera che per la prima è l'inesistenza di una reale struttura

a gruppo (quale situazione tipicamente una e plurima, sia sotto l'aspet to giuridico che economico) a segnare il confine dell'intervento corretti

vo del giudice, mentre per la seconda è l'intensità del collegamento fra

più società — effettive e reali, e non puramente apparenti — a costitui

re metro di giudizio di una operazione complessa, che porta a verificare

l'influenza che la struttura articolata dell'impresa esercita sulla gestione del rapporto di lavoro e, quindi, sulle pretese esigibili tanto dal datore

di lavoro (specie in punto di mobilità della manodopera, attraverso «di

stacchi» e «prestiti» fra le società collegate ampiamente ammessi dalla

giurisprudenza: v. infra, sub 7) che dal lavoratore (ai fini, fra l'altro,

della conservazione del rapporto all'interno del più ampio mercato del

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