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sezioni unite; decisione 19 dicembre 1995, n. 4430; Pres. Quartulli, Est. Freni; Ufficio del...

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sezioni unite; decisione 19 dicembre 1995, n. 4430; Pres. Quartulli, Est. Freni; Ufficio del registro di Genova c. Milano Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 9 (SETTEMBRE 1996), pp. 481/482-483/484 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191644 . Accessed: 25/06/2014 02:47 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.107 on Wed, 25 Jun 2014 02:47:34 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezioni unite; decisione 19 dicembre 1995, n. 4430; Pres. Quartulli, Est. Freni; Ufficio del registro di Genova c. Milano

sezioni unite; decisione 19 dicembre 1995, n. 4430; Pres. Quartulli, Est. Freni; Ufficio delregistro di Genova c. MilanoSource: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 9 (SETTEMBRE 1996), pp. 481/482-483/484Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191644 .

Accessed: 25/06/2014 02:47

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

che essi non abbiano proceduto alla verifica dei risultati conse

guiti dagli allievi nell'apprendimento delle singole materie (va in proposito annotato che, ai sensi dell'art. 1, lett. b, ord. min.

3/93, solo tale attività, e non anche quelle enumerate dal ricor

rente, è imposta ai docenti).

Quand'anche, poi, la circostanza risultasse in concreto con

fermata, essa potrebbe rilevare a determinati effetti, ad esempio di tipo disciplinare nei riguardi dei docenti inadempienti, essen do, però, insuscettibile di rifluire, in senso viziante, sulle opera zioni di scrutinio finale.

5. - Con l'ultimo mezzo di gravame si sostiene l'erroneità

della determinazione, assunta nella seduta del 12 maggio 1995,

del collegio dei docenti in ordine ai criteri da seguire per lo

svolgimento degli scrutini (art. 12, 2° comma, cit. ord. min.) essendosi statuito di «valutare se l'alunno nelle varie discipline ha conseguito i contenuti disciplinari minimi per potersi inserire

nella classe successiva».

A detta del ricorrente l'adottato criterio non sarebbe idoneo

a fungere da valido criterio valutativo nel senso indicato dalla

riportata previsione regolamentare, in quanto il collegio dei do

centi avrebbe dovuto più correttamente indicare il conseguimento, da parte degli alunni, non dei contenuti disciplinari minimi»

ma «degli obiettivi minimi nelle varie discipline». 6. - Anche la prospettazione che precede non può trovare

adesione.

Osserva, anzitutto, il collegio che la censura, siccome propo

sta, si attarda su una sterile disputa di carattere terminologico, di dubbia pertinenza, peraltro, al tema della proposta impu

gnativa.

Sembra, comunque, al collegio che le due locuzioni non pre sentino affatto la supposta divergenza semantica, in quanto l'e

spressione utilizzata («contenuti disciplinari minimi») e quella asseritamente indicata più aderente al testo regolamentare («obiet

tivi minimi nelle varie discipline») esprimono la medesima esi genza valutativa, mirata ad accertare se il grado di apprendi mento e di profitto degli allievi nelle varie discipline sia perve

nuto alla soglia di un livello sufficiente tale da consentire il

loro passaggio alla classe successiva.

7. - Per tutte le considerazioni che precedono, il ricorso va

respinto.

COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE; sezioni unite; de cisione 19 dicembre 1995, n. 4430; Pres. Quartulli, Est. Fre

ni; Ufficio del registro di Genova c. Milano.

COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE;

Tributi locali — Invim — Agevolazioni — Acquisto della prima casa — Immobile acquistato in regime di comunione legale — Applicabilità (Cod. civ., art. 177, 179; 1. 22 aprile 1982 n. 168, misure fiscali per lo sviluppo dell'edilizia abitativa,

art. 3).

Le agevolazioni fiscali previste in materia di Invim per l'acqui sto della prima casa dall'art. 3, 2° comma, I. 22 aprile 1982

n. 168 (c.d. legge Formica) spettano anche nel caso in cui

il contribuente venda la casa di abitazione di sua esclusiva

proprietà e con il ricavato acquisti, in regime di comunione

legale, un'altra casa di abitazione di valore inferiore al dop

pio del ricavato della precedente vendita. (1)

(1) La conclusione raggiunta dalle sezioni unite della Commissione

tributaria centrale — ripetutamente investita, in questi ultimi tempi, dalle sezioni semplici: v., per stare alle ordinanze di rimessione edite, Comm. trib. centrale, ord. 4 marzo 1994, n. 32597, Foro it., Rep. 1994,

Il Foro Italiano — 1996.

Fatto. — Con rogito Bocchiardo del 28 luglio 1982, registra to a Genova il 4 agosto 1982, le sig. Graziella e Gabriella Mila

no, ciascuna per la rispettiva quota del 50%, alienavano, per il prezzo dichiarato di lire 70 milioni, un appartamento di loro

proprietà sito in Genova Nervi, ad esse pervenuto per successio

ne della sig. Angela Milano deceduta il 30 ottobre 1963. Nel

l'atto la sig. Graziella Milano chiedeva l'esenzione dall'Invim, essendo il corrispettivo destinato interamente all'acquisto di al

tra unità immobiliare da adibire a propria abitazione. Successivamente, con atto del 21 dicembre 1982, registrato

a Monza il 7 gennaio 1983, la sig. Graziella Milano e il sig.

Virginio Realini, coniugi in regime di comunione legale dei be

ni, acquistavano congiuntamente per il prezzo dichiarato di lire

55 milioni, un appartamento sito in Casatenovi (Monza), che

dichiaravano di voler adibire a propria abitazione.

Con avviso notificato I'll febbraio 1984, l'ufficio del registro

(atti pubblici) di Genova intimava alla sig. Graziella Milano il pagamento di lire 2.050.000 per Invim, 615.000 per sopratassa, 369.000 per pena pecuniaria, dovute «per decadenza dei benefi

ci fiscali (esenzione Invim) concessi ai sensi della 1. 22 aprile 1982 n. 168, a fronte dell'atto not. Bocchiardo del 28 luglio 1982 registrato il 4 agosto 1982 al n. 14029, per il mancato

reimpiego dell'intero corrispettivo ricavato (pro quota) dalla ven

dita di cui all'atto not. Bocchiardo sopra citato (vendita per lire 70.000.000: pro quota lire 35.000.000, reimpiego in comu

nione legale col coniuge per lire 55.000.000 e quindi pro quota lire 27.500.000).

Avverso il suddetto avviso, la sig. Graziella Milano propone va ricorso alla Commissione tributaria di II grado di Genova,

assumendo che l'effetto dell'acquisto in comunione, scaturente

dal regime legale di comunione dei beni nel quale versavano

i coniugi Milano-Realini, in quanto appunto effetto ope legis, non escludeva che nell'acquisto la sig. Milano avesse investito

l'intero ricavato dalla precedente vendita di altro immobile. Re

sisteva l'ufficio. Nel corso del giudizio la contribuente produce va documentazione, peraltro priva di qualsiasi autenticità, dalla

quale risultava che in data 30 luglio 1982 e 3 settembre 1982

il sig. Virginio Realini — coniuge della Milano — aveva versato

sul suo conto corrente n. 35430/0 presso la Banca popolare di

Lecco due assegni bancari emessi uno in data 30 luglio 1982

e l'altro in data 31 agosto 1982 rispettivamente di lire 32.500.000

e di lire 2.050.000 e che in data 31 agosto 1982, 29 novembre

1982 e 22 dicembre 1982 lo stesso sig. Virginio Realini aveva

emesso sul predetto conto corrente tre assegni, rispettivamente di lire 20.000.000, 5.000.000 e 10.500.000 in favore di Trezzi Giulio.

Con decisione 2-23 maggio 1985, n. 2047 della X sezione, la commissione adita accoglieva il ricorso della contribuente,

con la seguente motivazione:

«Ritenuto che la imputabilità del 50% del prezzo alla quota di comproprietà dell'altro coniuge di cui alla circolare n. 29

del 29 giugno 1982 del ministero è evidentemente una presun zione che ammette la prova contraria. Nel caso concreto detta

prova emerge sia dalla certezza che la acquirente aveva in pre cedenza alienato un altro bene ricavando per la propria parte lire 35.000.000 di cui è logico ritenere sia stato fatto uso nel

nuovo acquisto, sia dal fatto che le produzioni dimostrano che

l'intero importo è stato materialmente versato dal marito Reali

ni Virginio cosa che dimostra come il ricavato della vendita era

confluito nel patrimonio familiare e quidi era entrato in regime di comunione di beni conformemente al disposto dell'art. 179

c.c. così che altrettanto in regime di comunione è stato reimpie

gato. In conseguenza, si è verificato il presupposto per il godi mento del beneficio fiscale. La ricorrente ha venduto un bene

di cui era comproprietaria con la sorella ricavandone lire

voce Tributi locali, n. 110, e 27 giugno 1995, n. 90041, id., Rep. 1995, voce cit., n. 132 (rispettivamente della quarta e della sesta sezione) —

coincide con quella di cui a Cass. 14 marzo 1996, n. 2118, Foro it.,

1996, I, 1219, con nota di richiami: è lecito a questo punto pensare che la questione della spettanza delle agevolazioni in materia di Invim

previste dalla c.d. legge Formica in caso di reinvestimento del denaro

realizzato da una precedente vendita di un proprio immobile nell'acqui sto di un immobile destinato a rifluire nella comunione legale può dirsi

definitivamente chiusa.

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PARTE TERZA

35.000.000 ed ha acquistato con il marito un altro immobile

per lire 55.000.000». L'ufficio proponeva appello, deducendo l'illogicità e comun

que l'erroneità della decisione impugnata. La contribuente resisteva in giudizio e chiedeva altresì la re

stituzione di quanto versato per Invim nelle more del giudizio e successivamente produceva copia di una nota del 30 settembre

1985 della Banca popolare di Lecco attestante che la sig. Mila

no Gabriella risultava essere delegata ad operare sul conto cor

rente intestato al marito, con firma libera e disgiunta. Con decisione 9 maggio-6 giugno 1986, n. 1036, la Commis

sione tributaria di II grado di Genova, sez. IV, confermava la

decisione di primo grado «ritenuto che appare sufficientemente

provato l'avvenuto integrale reinvestimento della somma rica

vata dalla precedente vendita per l'acquisto di altro apparta mento da adibire ad abitazione propria del contribuente come

previsto dalla richiamata legge agevolativa». Con atto notificato alla contribuente il 26 febbraio 1987, l'uf

ficio ha proposto ricorso alla Commissione tributaria centrale, insistendo nelle tesi già svolte nei precedenti gradi di giudizio. La contribuente ha prodotto memoria, resistendo al ricorso. L'uf

ficio con istanza del 15 marzo 1993 ha chiesto, ai sensi degli art. 73, 2° comma, e 75, 2° comma, d.leg. 31 dicembre 1992

n. 546, la trattazione del ricorso.

La sezione VI, investita del ricorso, con ordinanza del 17

gennaio-4 marzo 1994, rilevato il difforme orientamento delle

sezioni XIII e XVI, rimetteva la decisione alle sezioni unite del

la Commissione tributaria centrale, dinanzi alla quale la causa

è stata trattata nell'udienza del 20 ottobre 1995.

Diritto. — L'art. 3, 2° comma, 1. 22 aprile 1982 n. 168 esen

ta dall'Invim «gli incrementi di valore conseguenti all'alienazio

ne a titolo oneroso ...di fabbricati o porzioni di fabbricato de

stinati ad abitazione non di lusso... a condizione che l'alienante

dichiari nell'atto che il corrispettivo è destinato interamente al

l'acquisto... di altro fabbricato o porzione di fabbricato da de

stinare a propria abitazione».

La stessa disposizione fa carico al soggetto interessato di «pro

durre, entro 60 giorni dalla data di acquisto, all'ufficio che ha

proceduto alla registrazione dell'atto, copia del contratto di ac

quisto», mentre il successivo 3° comma stabilisce che «l'ufficio

accerta il verificarsi della condizione e, in difetto, procede al

recupero dell'importo dovuto ed applica la soprattassa nella mi

sura del trenta per cento della stessa imposta». La questione da decidere è se ed a quali condizioni possa

ritenersi soddisfatto l'onere del reinvestimento dell'intero corri

spettivo (ricavato dalla vendita) nell'acquisto di altro immobile

allorché la vendita abbia avuto ad oggetto un bene (immobile)

personale di uno dei coniugi soggetti al regime patrimoniale della

comunione legale, mentre il successivo acquisto di altro immo

bile per un prezzo corrispondente o superiore a quello ricavato

dalla vendita sia stato operato congiuntamente dai coniugi ov

vero, comunque, il bene sia caduto nella comunione legale di

cui all'art. 177 c.c.

Al riguardo, la giurisprudenza della Commissione centrale in

alcune occasioni si è orientata nel senso che l'esenzione dall'In

vim spetta anche nel caso in cui l'intero corrispettivo ricavato

dalla vendita di un fabbricato di uno solo dei coniugi venga

reimpiegato nell'acquisto di altro fabbricato che — per effetto

dell'esistente regime della comunione legale dei beni — diviene

di proprietà anche dell'altro coniuge, pur non avendo quest'ul timo corrisposto alcun prezzo per l'acquisto del fabbricato me

desimo» (cfr. Comm. centrale, sez XIII, 9 marzo 1990, n. 1894, Foro it., Rep. 1990, voce Tributi in genere, n. 791; sez. XXI

22 maggio 1991, n. 4158, id., Rep. 1991, voce cit., n. 905). In altre occasioni, l'orientamento è stato, invece, nel senso

(conforme a quello espresso dalla r.m. n. 12 del 24 agosto 1983, richiamata nel ricorso dell'ufficio) che, nel caso suddetto, l'e

senzione spetta a condizione che l'inteo corrispettivo reimpiega to corrisponda «almeno alla metà del prezzo del nuovo fabbri cato acquistato e caduto in comunione, non potendosi compu tare, a tali effetti, a favore dell'alienante tenuto al reinvestimento

legale, la quota del prezzo di acquisto imputabile alla quota di comproprietà dell'altro coniuge» (cfr. sez. XVI 8 marzo 1990, n. 1836, id., Rep. 1990, voce cit., n. 792).

L'orientamento da ultimo riferito non può essere condiviso

in quanto muove dalla errata supposizione che, negli acquisti

Il Foro Italiano — 1996.

a titolo oneroso, l'effetto ex lege (art. 177, lett. a, c.c.) dell'as

soggettamento alla comunione legale dei beni tra i coniugi, che

a tale ragione siano soggetti, per quota paritaria (cfr. art. 194

2° comma, e art. 210, 4° comma, c.c.) postuli la corrisponden te provenienza (e imputabilità) per la stessa quota paritaria del

relativo corrispettivo. A smentire siffatta supposizione è sufficiente il richiamo del

l'art. 179, lett. f), c.c., a norma del quale «non costituiscono

oggetto della comunione i beni acquistati con il prezzo del tra

sferimento di beni personali, purché ciò sia espressamente di

chiarato nell'atto di acquisto». Dalla norma si desume a con

trario che la regola è nel senso che costituiscono oggetto della

comunione anche i beni acquistati con denaro ricavato dall'alie

nazione di beni personali, salvo — che è dunque l'eccezione — che l'acquirente non dichiari espressamente la particolare pro venienza del denaro» (cfr. C.M. Bianca, Diritto civile, Milano,

Giuffrè, 1985, II, 72, il quale rileva che cadono in comunione

anche gli acquisti eseguiti con i proventi dell'attività separata di uno dei coniugi pur trattandosi di beni comuni solo de resi

duo e quindi ancora personali nel momento in cui vengono im

piegati, senza che in tale acquisto sia ravvisabile una liberalità). In conclusione, l'acquisto cade in comunione anche se le ri

sorse investite appartengono ad uno solo dei coniugi e perciò è del tutto arbitraria l'illazione che dalla quota paritaria della

comproprietà acquisita ex lege possa presumersi una corrispon dente quota del corrispettivo riferibile a ciascuno dei coniugi. Viene quindi meno l'argomento che il reinvestimento debba pre sumersi pari alla quota di comproprietà e perciò che, al fine

della conservazione dell'esenzione dall'Invim, per potersi consi

derare realizzata la condizione del reinvestimento dell'intero cor

rispettivo realizzato dalla precedente alienazione di bene perso

nale, occorra che tale corrispettivo corrisponda almeno alla me

tà del prezzo del nuovo fabbricato acquistato e caduto in

comunione.

D'altra parte la stessa norma tributaria, ai fini della conser

vazione dell'esenzione accordata alla precedente alienazione ri

chiede soltanto ed in sostanza che il nuovo acquisto avvenga

per un corrispettivo non inferiore a quello della precedente alie

nazione (significativamente ammettendosi — cfr. r.m. 4/2051

del 21 dicembre 1983 — che tale corrispettivo sia pagato parte in contanti e parte mediante accollo di mutuo).

La realizzazione di siffatta condizione non potrebbe essere

fondatamente messa in dubbio nell'ipotesi che l'atto di acquisto sia stipulato «separatamente» dal coniuge che abbia alienato

un suo bene personale, sempreché il corrispettivo di tale acqui sto non sia inferiore a quello della precedente alienazione. In

tal caso l'effetto legale della caduta nella comunione dei coniu

gi del bene così acquistato si presenta, infatti, come vicenda

ulteriore e irrilevante ai fini tributari, atteso che la norma di

esenzione è riferita all'atto di acquisto e agli effetti suoi propri e non all'evenienza — quindi, ultronea — che l'acquirente sia

soggetto al regime legale ordinario di comunione legale col co

niuge e, per effetto di ciò, i beni acquistati durante il matrimo

nio cadano nella predetta comunione.

Ma la norma civilistica (art. 177 c.c.) tratta allo stesso modo

«gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente ed in dipendenza di tale equiparazione è perciò indifferente che i coniugi, acquistando «insieme» anticipino l'effetto della co

munione legale paritaria del bene, che si verificherebbe comun

que anche se acquistassero «separatamente» (o congiuntamen te, ma per quote non paritarie).

Sicché non vi è ragione alcuna per differenziare, sia pure ai

soli fini tributari, gli acquisti operati congiuntamente da quelli

operati separatamente, atteso che comunque essi ricadano nella

comunione legale tra i coniugi. Né argomento in contrario può trarsi dalla possibilità — pre

vista come eccezione — dell'art. 179 c.c., già ricordato, sia per ché la norma ha carattere derogatorio, mentre la regola è in

senso opposto, sia perché sarebbe in contrasto con il favor com munionis una interpretazione della norma tributaria agevolatri ce che invece di privilegiare gli acquisti in comunione favorisse

gli acquisti personali, eccezionalmente consentiti dall'art. 179, in tal modo sfavorendo i coniugi che mostrano di sentire più intensamente il regime di comunione legale dei beni nel quale vivono, come scelta consapevole (e non solo per non avere ope rato una diversa scelta: art. 159 c.c.).

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