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sezioni unite penali; ordinanza 29 ottobre 1983; Pres. Mirabelli, Rel. Martuscelli, P. M. Ciani...

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sezioni unite penali; ordinanza 29 ottobre 1983; Pres. Mirabelli, Rel. Martuscelli, P. M. Ciani (concl. conf.); ric. Medici. Annulla App. Roma, ord. 12 giugno 1981 Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 1 (GENNAIO 1985), pp. 7/8-9/10 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23177555 . Accessed: 28/06/2014 16:09 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.109.6.2 on Sat, 28 Jun 2014 16:09:11 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite penali; ordinanza 29 ottobre 1983; Pres. Mirabelli, Rel. Martuscelli, P. M. Ciani(concl. conf.); ric. Medici. Annulla App. Roma, ord. 12 giugno 1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 1 (GENNAIO 1985), pp. 7/8-9/10Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177555 .

Accessed: 28/06/2014 16:09

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PARTE SECONDA

parlarsi di applicazione analogica della norma penale, dal mo

mento che la norma, intesa cosi come sopra è stato esposto, non

ha bisogno di interpretazioni diverse da quelle che le sono

proprie. Quanto da ultimo alla asserita depenalizzazione della norma

violata, osserva la corte che, essendo il reato in discussione

punito, nella ipotesi aggravata di cui al capoverso dell'art. 171,

anche con la reclusione, sia pure in forma alternativa, esso non

è compreso fra quelli per i quali può trovare applicazione la

innovazione normativa dell'art. 32 1. 24 novembre 1981 n. 689; il

2° comma dell'art. 32 esclude infatti tutti quei reati che, anche se

puniti con la sola multa, possono in astratto, per il concorso di

aggravanti, essere puniti anche con la reclusione, e ciò anche se

il reato sia contestato senza alcuna aggravante, e quindi sia in

concreto punibile solo con la multa.

Il rigetto del ricorso importa la condanna del ricorrente anche

alle spese in favore della parte civile.

II

Motivi della decisione. — Con rapporto del 24 novembre 1981

la Società italiana degli autori ed editori, a mezzo del direttore della

sede di Cagliari, denunciava Conca Patrizia, quale responsabile dell'emittente televisiva privata « Teleregione » per aver diffuso,

senza averne diritto, programmi comprendenti opere musicali

affidate alla tutela della S.i.a.e.; a titolo esemplificativo il rappor to indicava alcuni brani musicali tutelati, teletrasmessi il 5

settembre 1981.

Ravvisando nel fatto denunciato il reato di cui all'art. 171, lett.

b), 1. 22 aprile 1941 n. 633, questo pretore, con decreto penale del

16 febbraio 1982, condannava l'imputata alla pena di lire 200.000

di multa e, a seguito di rituale opposizione, emetteva decreto di

citazione a giudizio. All'odierno dibattimento, nel corso del quale è stata contestata

la continuazione fino al 2 agosto 1983, la Conca non ha contesta

to di avere trasmesso le composizioni musicali indicate e si è

limitata a sostenere di avere effettuato soltanto delle prove tecniche di trasmissione.

La S.i.a.e. si è costituita parte civile a mezzo del procuratore

speciale dott. Evangelisti il quale ha confermato che la Conca

trasmise attraverso le emittenti da lei gestite composizioni musica

li tutelate e ciò nonostante la lettera di diffida inviatale dalla

S.i.a.e.

L'istruttoria dibattimentale ha in tal modo dimostrato che le

emittenti private « Teleregione » e « Quarta rete » diffusero, a

mezzo della televisione, programmi comprendenti brani musicali

affidati alla tutela della S.i.a.e., senza avere ottenuto la preventiva autorizzazione di tale ente. Tali risultanze processuali consentono

di affermare la responsabilità penale della prevenuta in ordine al

reato contestato, pirca la sussistenza del quale è opportuno fare

alcune considerazioni. In primo luogo deve escludersi che incida

sul reato in esame la norma depenalizzatrice di cui all'art. 32 1.

24 novembre 1981 n. 689. Tale articolo stabilisce al 1° comma il

principio generale della depenalizzazione di tutte le violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o dell'ammenda,

escludendo, col 2° comma, tutti i reati che nelle ipotesi aggravate siano punibili con pena detentiva, anche se alternativa a quella pecuniaria. Prescindendo dalla tesi più rigorista di coloro per i

quali all'espressione « ipotesi aggravante » andrebbe riconosciuta la più ampia latitudine di contenuto, si da ritenere che essa vo

glia comprendere sia le circostanze aggravanti in senso tecnico

che le ipotesi in cui l'aggravante porta alla configurazione di un

reato autonomo, non può concordarsi con chi non vede nella

fattispecie ipotizzate dall'ultima parte dell'art. 171 della legge sul

diritto d'autore delle ipotesi aggravate del reato configurato nel 1°

comma e ritiene di ravvisare ipotesi autonome di reato.

L'art. 171 è composto di due parti: la prima prevede sei

ipotesi delittuose che hanno per oggetto il contenuto patrimoniale del diritto d'autore e sono sanzionate con la pena della multa; la

seconda commina la pena della reclusione o della multa se i

reati di cui alla prima parte sono commessi sopra un'opera altrui

non destinata alla pubblicazione, ovvero con usurpazione della

paternità dell'opera, ovvero con deformazione, mutilazione o altra

modificazione dell'opera, qualora ne risulti offesa all'onore e alla

reputazione dell'autore. Queste circostanze hanno per oggetto il

diritto morale e personale dell'autore. Per decidere se le ipotesi della seconda parte dell'articolo costituiscano figure autonome

piuttosto che circostanze aggravanti di quelle previste nella prima

parte, non è esatto riferisi alla pena diversa né all'interesse

protetto che non rappresentano nel nostro sistema un criterio

distintivo. Le ipotesi anzidette presentano struttura identica a

Il Foro Italiano — 1985.

quelle1 più semplici previste nella prima parte e prevedono lo

stesso comportamento di base con un quid pluris evidenziato dal

legislatore che ha comminato una pena più grave per i reati

ipotizzati nella prima parte del medesimo articolo qualora siano

commessi con le descritte circostanze. Sicché le circostanze della

riproduzione di un'opera non destinata alla pubblicazione, della

usurpazione della paternità e della qualificata deformazione, mutila

zione o modificazione presuppongono il reato principale del quale

rappresentano un di più sia pure con contenuto oggettivo diverso, ma non sostitutivo, e del quale stanno a dimostrare una maggiore

gravità. Tale aggiunta di elementi circostanziali al reato base non

determina una fattispecie autonoma e fa si che sussista la

condizione negativa della depenalizzazione stabilita dal 2° comma

dell'art. 32 sopra citato.

Superati i dubbi relativi alla depenalizzazione delle disposizioni che qui interessano, occorre esaminare se il reato in esame

sussista nei sui elementi soggettivi ed oggettivi. Si sostiene diffusamente dai rappresentanti delle emittenti pri

vate che l'art. 171, lett. b), non sarebbe applicabile alla ra

diodiffusione ed alla televisione dal momento che detta norma si

riferirebbe esclusivamente alla « radiodiffusione mediante altopar lante azionato in pubblico ».

L'assurdità di tale tesi appare evidente con la semplice lettura dell'art. 16 che, tra i mezzi di diffusione il cui impiego è tutelato dal diritto d'autore, elenca la radiodiffusione e la televisione. Se

dunque l'art. 16 fissa l'oggetto della «diffusione» e l'art. 171, nel determinare le sanzioni applicabili nei confronti di chi sfrutti illecitamente l'opera protetta, si riferisce anche alla diffusione di

un'opera altrui a qualsiasi scopo e in qualunque forma, ne scaturisce un risultato interpretativo di chiarezza inoppugnabile: non può non ricomprendersi nella dizione usata dal legislatore anche l'abusiva trasmissione radiofonica o televisiva di opere altrui, non potendosi dubitare che la radio e la televisione siano da comprendere oggi tra i più importanti mezzi di comunicazione di massa.

Quanto all'elemento soggettivo del reato, lo stesso atteggia mento tenuto dalla prevenuta che, nonostante le lettere di diffida

inviatele dalla S.i.a.e., prosegui nelle trasmissioni abusive (sia che

si trattasse di prove, sia di programmi definitivi), conferma

l'intenzionalità del comportamento in ordine all'utilizzazione di

opere protette senza averne diritto.

Pertanto, affermata la responsabilità penale dell'imputata, avuto

riguardo ai criteri dettati dall'art. 133 c.p. e ritenuta la continua

zione contestata in udienza, pena equa da irrogare appare quella di lire 400.000 di multa (p.b. lire 200.000 + 81 cpv = 400.000).

La condanna al pagamento delle spese processuali segue ai sensi

dell'art. 488 c.p.p.

L'imputata deve inoltre essere condannata al risarcimento del

danno, che dovrà essere liquidato in separato giudizio civile, ed

alla rifusione delle spese che si liquidano in complessive lire

162.100 di cui Mre 150.000 per onorari in favore della S.i.a.e.,

costituitasi parte civile.

Ricorrono infine le condizioni per la concessione del benefìcio

di cui all'art. 175 c.p.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite penali; ordinanza 29

ottobre 1983; Pres. Mirabella Rei. Martuscelli, P. M. Ciani

(conci, conf.); ric. Medici. Annulla App. Roma, ord. 12 giu

gno 1981.

Valore aggiunto (imposta sul) — Fatturazione di operazioni inesistenti — Pregiudizialità tributaria — Esclusione (D.p.r. 26

ottobre 1972 n. 633, istituzione e disciplina dell'imposta sul

valore aggiunto, art. 50, 58).

Il definitivo accertamento tributario per i casi di fatturazione di operazioni inesistenti a seguito della sentenza n. 89/82 del

la Corte costituzionale non svolge più effetti ai fini dell'eser

cizio dell'azione penale, restando, per contro, in vigore quan to alle ipotesi di cui all'art. 50, 2° comma, d.p.r. 633/72. (1)

(1) Conformandosi a quanto già ritenuto da Cass. 27 aprile 1981,

Signorini (Foro it., 1982, II, 85, e annotata da Amodio, in Giur. it.,

1982, II, 97, nonché da Ramatoli, in Giust. pen., 1982, III, 90; sul

punto, da ultimo cfr. Trib. Bolzano 9 febbraio 1982, Foro it., Rep. 1983, voce Valore aggiunto (imposta sul), n. 161, e in Giur. merito,

1983, 759, con nota di Cerqua) il provvedimento in epigrafe è, per altro verso, conseguente all'affermata incostituzionalità dell'art. 58 d.p.r.

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GIURISPRUDENZA PENALE

Motivi del ricorso. — Violazione dell'art. 524, nn. 1 e 3, c.p.c., in

relazione agli art. 148, 252, 254 e 263 bis c.p.p., e 58, ult. comma,

d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633.

Per tutte le ipotesi di reato, nessuna esclusa, previste dall'art.

50 d.p.r. n. 633/72, « l'azione penale ha corso dopo che l'accer

tamento dell'imposta è divenuto definitivo », ai sensi dell'art. 58

dello stesso d.p.r. La chiarezza della norma, sostiene il ricorrente, non ammette distinzioni tra i comportamenti vietati dall'art. 50, i

quali, oltre a costituire reati, danno sempre luogo ad una

imposizione tributaria, il cui accertamento è soggetto alle normali

impugnazioni, dinanzi ai competenti uffici tributari ed alla stessa

giurisdizione ordinaria.

È, quindi, illegittimo il mandato di cattura in ordine ai reati

previsti dall'art. 50 citato, per i quali l'azione penale non può essere iniziata, per il difetto di una condizione di procedibilità. L'ordine di scarcerazione, di conseguenza, era ineluttabile, essen

do illegittimo il mandato di cattura.

È infondato, conclude il ricorrente, ritenere che nella fattispe cie non sarebbe sorto alcun rapporto d'imposta, che sorgeva,

invece, con la stessa costituzione della società e per tutti gli

adempimenti cui questa era tenuta nei confronti degli uffici

finanziari.

Il ricorrente chiede annullarsi senza rinvio l'ordinanza impu

gnata, dichiarandosi la nullità del mandato di cattura.

Motivi della decisione. — (Omissis). La questione di merito

può formularsi come segue: se, alle ipotesi criminose previste dall'art. 50, 2° e 4" comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, fosse

applicabile la pregiudiziale tributaria; e, quindi, se, in mancanza

della definitività dell'accertamento dell'imposta, fosse improcedibi le l'azione penale ed illegittimo il mandato di cattura emanato

nei confronti del ricorrente.

Si premette che l'art. 58 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 dispone che « nelle ipotesi previste nell'art. 50, l'azione penale ha corso

dopo che l'accertamento dell'imposta è divenuto definitivo »; ma

la Corte costituzionale, con sentenza del 12 maggio 1982, n. 89

(Foro it., 1982, I, 2737) ha dichiarato illegittimo, per violazione

dell'art. 112 Cost., l'art. 58 citato, nella parte in cui dispone che

l'azione penale ha corso dopo che l'accertamento è divenuto

definitivo, anche per l'ipotesi di cui al 4" comma dell'art. 50.

Si premette ancora che il d.l. 19 luglio 1982, convertito in 1. 7

agosto 1982 n. 516 ha abrogato, con gli art. 13 e 35, con

effetto dal 1" gennaio 1983, l'intero art. 50 e l'ult. comma dell'art.

58 d.p.r. n. 633/72 cit.; ma che il successivo d.l. 15 dicembre

1982 n. 916, convertito in 1. 12 febbraio 1983 n. 27, ha modificato

il 2° comma del citato art. 13 con la seguente norma: « Per i

reati previsti dagli articoli indicati nel comma precedente conti

nuano ad applicarsi le norme, anche processuali, vigenti alla data

del 31 dicembre 1982 ».

A parte i dubbi ai quali ha dato luogo tale norma, che,

interpretata letteralmente, si risolverebbe nell'abrogazione dell'a

brogazione degli art. 50 e 58, operata dalla 1. n. 516/82, e quindi nella riviviscenza delle suddette norme, va rilevato che, comun

que, essendo i reati, per i quali fu emesso il mandato di cat

tura, sono stati commessi anteriormente al 31 dicembre 1982,

essi sono regolati dai suddetti art. 50 e 58, restando, quindi,

operante la pregiudiziale tributaria, naturalmente nei limiti di cui

alla sentenza della Corte costituzionale.

Premesso quanto sopra, ed inoltre che la sentenza n. 89/82

633/72 di cui a Corte cost. 12 maggio 1982, n. 89, Foro it., 1982, I,

2737, con nota di richiami e osservazioni di Spinzo, La pregiudizialità tributaria tra « volontà » del legislatore, diritto penale giurisprudenziale e decisioni della Corte costituzionale.

Del pari Cass. 21 febbraio 1984, Barletta, Giust. pen., 1984, III,

557, aderisce all'orientamento fatto proprio dall'ordinanza in epigrafe, peraltro conferendo valore assorbente, più che all'interpretazione con

divisa, all'effetto invalidativo della citata sentenza della Corte costitu

zionale. La stessa questione si è riproposta — conseguentemente alla già

menzionata pronuncia di incostituzionalità, e quindi con ovvia reiezio ne — in Corte cost., ord. 22 dicembre 1983, n. 234, Foro it., 1984, I, 380, con nota di richiami.

Quanto ai recenti interventi legislativi in tema di pregiudizialità tributaria, cfr., oltre alla dottrina citata nella nota di richiami da ultimo

menzionata, Nobili, Prime osservazioni sul nuovo processo penale

tributario, id., 1982, V, 253; Id., La normativa processuale penale tributaria dopo le riforme del 1982, in Giur. comm., 1983, I, 639; Nuvolone, L'abolizione della pregiudiziale tributaria, in Dir. e pratica trib., 1982, I, 1358; Dominioni, La pregiudiziale tributaria fra declara toria di incostituzionalità e abrogazione legislativa, in Cass, pen., 1982, 1475; Giarda, La pregiudiziale tributaria (punti fermi e residue

incertezze), in Legislazione pen., 1983, 409.

Il Foro Italiano — 1985.

della Corte costituzionale ha effetto anche per i reati di data

anteriore, nel senso che dal giorno successivo alla pubblicazione cade la pregiudiziale tributaria per l'esercizio dell'azione penale, in relazione a tutte le ipotesi riconducibili al 4° comma dell'art. 50 d.p.r. n. 633/72, il ricorso va rigettato su tale punto, non

potendosi più tener conto della pregiudiziale tributaria, neppure in sede di valutazione della legittimità del mandato di cattura. La corte nota che già, precedentemente all'emanazione della sentenza della Corte costituzionale n. 89/82, l'improcedibilità dell'azione

penale, in attesa della definitività dell'accertamento dell'imposta,

presupponeva, ai sensi dello stesso art. 58, ult. comma, d.p.r. n.

633/72, che fosse necessario accertare un'imposta, e che esistesse il rapporto di pregiudizialità (Cass. 27 aprile 1981, Signorini, id.,

1982, II, 85); ciò che non si verifica nell'ipotesi di emissione di fatture per operazioni inesistenti (4° comma dell'art. 50, d.p.r. n.

633/72), reato del tutto indipendente dalla entità del tributo, e

per il quale la « pregiudizialità tributaria » costituirebbe una

deroga, del tutto ingiustificata, al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, di cui all'art. 112 Cost.

A soluzione opposta si perviene, invece, per il reato previsto dal 2° comma dell'art. 50 d.p.r. n. 633/72 (conseguimento di

indebito rimborso dell'i.v.a., per un ammontare superiore a lire

50 milioni), per il quale deve ritenersi tuttora operante la

pregiudiziale tributaria.

Essa, infatti, presuppone un evento di danno come è l'indebito

rimborso d'imposte, il cui accertamento è devoluto alla compe tenza esclusiva di organi diversi dal giudice penale, cui resta sottratto ogni potere di cognizione, anche incidentale, al riguardo.

Occorre, pertanto, attendere la definizione della procedura di

accertamento tributario, per stabilire se ricorrano gli estremi

previsti dal suddetto 2° comma, e, cioè, se vi sia stato indebito

rimborso per oltre 50 milioni, e per quale ammontare, cui è

rapportata la multa irrogata con la norma suddetta.

L'ordinanza impugnata deve essere, dunque, annullata, limita tamente al reato di cui al 2° comma dell'art. 50 d.p.r. n. 633/72, e gli atti debbono essere rinviati alla stessa sezione istruttoria,

perché accerti se e quando sia intervenuto l'accertamento definiti vo dell'imposta, che condiziona l'esercizio dell'azione penale e

quindi la legittimità sostanziale del titolo di custodia.

CORTE D'ASSISE DI CALTANISSETTA; sentenza 24 luglio 1984; Pres. Meli, Est. Vagliasindi; imp. Rabito e altri.

CORTE D'ASSISE DI CALTANISSETTA;

Personalità dello Stato (delitti contro la) — Strage politica in concorso con altri reati — Aggravante della finalità di terro

rismo o di eversione dell'ordine democratico — Sussistenza —

Fattispecie (Cod. pen., art. 110, 285, 336, 339, 575, 576, 577, 582,

583, 585; d.l. 15 dicembre 1979 n. 625, misure urgenti per la tutela dell'ordine democratico e della sicurezza pubblica, art. 1; 1. 6 febbraio 1980 n. 15, conversione in legge, con modifica

zioni, del d.l. 15 dicembre 1979 n. 625, art. unico). Ordine pubblico (reati contro 1") — Associazione di tipo mafioso

— Aggravante della finalità di terrorismo o di eversione del l'ordine democratico — Sussistenza — Fattispecie (Cod. pen., art. 416 bis; d.l. 15 dicembre 1979 n. 625, art. 1).

Integra ì reati di strage politica, omicidio plurimo, lesioni perso nali e violenza a pubblico ufficiale, tutti aggravati dalla finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, l'aver

fatto esplodere, al fine di uccidere il capo dell'ufficio istruzione del Tribunale di Palermo (il consigliere istruttore Rocco

Chinnici, professionalmente e culturalmente impegnato nella lotta contro la mafia), una automobile carica di tritolo in una pubblica via, con conseguente uccisione del magistrato, di due uomini della scorta e del portiere dello stabile e con

ferimento di numerose persone e danneggiamento di fabbricati vicini, in modo da creare uno stato di panico nella popolazione e di intimidire le forze preposte alla repressione della criminali tà mafiosa, cosi minacciando la sicurezza dello Stato e metten

do in discussione l'ordine democratico. (1)

(1-2) Strage mafiosa e giurisprudenza «sociologica».

1. - La sentenza in epigrafe, emessa con una celerità che non ha mancato di suscitare l'apprezzamento degli organi di stampa (cfr. ad es. l'articolo Segnali di novità a firma F. N. pubblicato sul Giornale di Sicilia del 25 luglio 1984), ha ad oggetto la nota vicenda dell'attentato mafioso contro il coraggioso giudice palermitano Rocco

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