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sezioni unite penali; sentenza 24 giugno 1998; Pres. La Torre, Est. Losapio, P.M. Toscani (concl....

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sezioni unite penali; sentenza 24 giugno 1998; Pres. La Torre, Est. Losapio, P.M. Toscani (concl. conf.); ric. Verga. Dichiara inammissibile ricorso avverso Pret. Monza 9 ottobre 1997 Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 9 (SETTEMBRE 1999), pp. 529/530-531/532 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23193666 . Accessed: 28/06/2014 08:17 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.172 on Sat, 28 Jun 2014 08:17:33 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezioni unite penali; sentenza 24 giugno 1998; Pres. La Torre, Est. Losapio, P.M. Toscani (concl. conf.); ric. Verga. Dichiara inammissibile ricorso avverso Pret. Monza 9 ottobre 1997

sezioni unite penali; sentenza 24 giugno 1998; Pres. La Torre, Est. Losapio, P.M. Toscani (concl.conf.); ric. Verga. Dichiara inammissibile ricorso avverso Pret. Monza 9 ottobre 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 9 (SETTEMBRE 1999), pp. 529/530-531/532Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193666 .

Accessed: 28/06/2014 08:17

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GIURISPRUDENZA PENALE

sioni e non poteva non notarne le reazioni di fronte alle reitera

te e gravi intimidazioni fisiche e verbali.

La corte ha dato pertanto adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotta a stabilire che i percorsi del pregresso disa

gio mentale della parte lesa erano stati gravemente intaccati dal

l'intervento scatenante di fattori causali ancorati alle condotte

estorsive dell'autore del delitto doloso presupposto rispetto agli eventi di morte, per i quali il duplice folle gesto, omicida-suicida, del Testa (consumato — devesi sottolineare — nel medesimo

contesto spazio-temporale) non si è affatto posto, nella dinami

ca dei fatti, come un fattore eccezionale, sopravvenuto ed im

prevedibile, idoneo a rompere il delineato nesso di causalità, materiale e psichico.

E l'esattezza delle suddette valutazioni non può formare og

getto di contestazione in questa sede di legittimità, essendo pre clusi alla Corte di cassazione l'esame degli elementi fattuali e

l'apprezzamento fattone dal giudice di merito al fine di perveni re al proprio convincimento, una volta acclarato che l'utilizza

zione delle fonti di prova è stata condotta nella corretta osser

vanza delle regole di giudizio che disciplinano la valutazione

delle testimonianze ed è sorretta da motivazione adeguata e pri va di salti logici, che si sottrae perciò a censura. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite penali; sentenza 24

giugno 1998; Pres. La Torre, Est. Losapio, P.M. Toscani

(conci, conf.); ric. Verga. Dichiara inammissibile ricorso av

verso Pret. Monza 9 ottobre 1997.

Impugnazioni penali in genere — Inammissibilità originaria —

Conseguenze (Cod. proc. pen., art. 129, 581).

La mancanza nell'atto di impugnazione dei requisiti prescritti dall'art. 581 c.p.p., in tutta la sua estensione e in ciascuna

delle sue articolazioni, impedisce di rilevare e di dichiarare

la sussistenza di eventuali cause di non punibilità, dato che

si configura un'ipotesi di inammissibilità originaria dell'im pugnazione. (1)

(1) Il problema oggetto della sentenza su riprodotta riguarda il tema,

già ampiamente dibattuto sotto la vigenza del codice del 1930 (v., per tutti, Atzei, Il problema dei rapporti tra cause di inammissibilità del

l'impugnazione e cause di non punibilità al vaglio delle sezioni unite, in Giur. it., 1996, II, 481; Giostra, in Commentario breve al codice di procedura penale a cura di Conso-Grevi, Padova, 1987, 972, sub art. 207, e 674, sub art. 209; La Greca, Inammissibilità della impugna zione e comparazione delle circostanze, in Cass, pen., 1981, 583), dei

rapporti tra cause di inammissibilità dell'impugnazione e cause di non

punibilità ex art. 129 c.p.p. Le sezioni unite, nel risolvere la questione, si sono uniformate al co

stante orientamento giurisprudenziale secondo cui la mancanza nell'at to di impugnazione dei requisiti prescritti dall'art. 581 c.p.p., tra cui

la non specificità dei motivi, rende l'atto medesimo inidoneo ad intro

durre un nuovo grado di giudizio e non impedisce la formazione del

giudicato allo scadere del termine per impugnare: si è, quindi, in pre senza di una causa di inammissibilità originaria dell'impugnazione che

non consente di rilevare e dichiarare la sussistenza di eventuali cause

di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p. La soluzione interpretativa appare condivisibile in quanto, da un la

to, l'inammissibilità di un atto sanziona l'esercizio di un potere o di

una facoltà delle parti, e, dall'altro, lo stesso potere del giudice viene

meno relativamente ad ulteriori manifestazioni del suo esercizio; in altri

termini, si realizza una specie di decadenza derivata: «il difetto di pote re della parte viene a contagiare lo stesso potere giurisdizionale» (così,

Galantini, I poteri di acquisizione «ex officio» della prova e l'art.

507 c.p.p., in Galantini-Ruggieri, Scritti inediti di procedura penale,

Trento, 1998, 24).

Il Foro Italiano — 1999.

(Omissis). — Appare chiaro come nel caso di specie manchi

quella specificità del motivo di doglianza che il legislatore del

rito penale, in particolare, pretende in ogni ipotesi di impugna zione (art. 581, 1° comma, lett. c, c.p.p.).

Infatti, l'art. 581 c.p.p. stabilisce che l'impugnazione si pro

pone con atto scritto nel quale, tra l'altro, sono «enunciati»:

«a) i capi e i punti della decisione ai quali si riferisce l'impugna zione; b) le richieste; c) i motivi con l'indicazione specifica delle

ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni

richiesta», sicché un atto privo dei requisiti prescritti, che si

limiti ad esprimere la volontà di impugnare senza indicare i capi o i punti cui intende riferirsi, o senza enunciare i motivi di do

glianza rispetto alla decisione censurata (e anche in ciò consiste

la specificità), non può costituire una valida forma d'impugna zione e, quindi, non può produrre gli effetti introduttivi del

giudizio del grado successivo, cui si collega la possibilità di emet

tere una pronuncia diversa dalla dichiarazione d'inammissibilità.

Del resto, se si ritenesse il contrario, si perverrebbe ad una

conclusione assurda, perché si dovrebbe riconoscere ad una ge nerica (ed invalida) dichiarazione d'impugnazione l'effetto di

consentire al giudice una cognizione estesa a tutti i capi della

sentenza, mentre lo stesso effetto non potrebbe riconoscersi ad

una impugnazione proposta validamente ma con riferimento solo

ad alcuni capi della sentenza, dato che per gli altri capi, e i

relativi addebiti, la vicenda processuale dovrebbe ritenersi con

clusa, come questa corte ha già evidenziato (sez. un. 11 novem

bre 1994, Cresci, in motivazione, Foro it., 1995, II, 278). Ne segue che la difettosità della struttura razionale dell'atto

impugnatorio di cui ci si occupa non consente alla corte di con

trollare l'esistenza, o meno, della, genericamente denunciata, mancanza di motivazione a riguardo del regime normativo ap

plicato sulla conforme richiesta della parte ricorrente, ora

«pentita». 6. - Tuttavia, per completezza di analisi, il collegio deve darsi

carico di esaminare il ricorso sotto il diverso, e in qualche mo

do, connesso, profilo dell'operatività, o meno, nella presente

fattispecie processuale, della regola dettata dall'art. 129 c.p.p. Al riguardo, va evidenziato come la mancanza, nell'atto di

impugnazione, dei requisiti prescritti dall'art. 581 c.p.p., in tut

ta la sua estensione e in ciascuna delle sue articolazioni, impedi sca di rilevare e dichiarare la sussistenza di eventuali cause di

non punibilità, dato che si configura l'ipotesi di inammissibilità

originaria dell'impugnazione, la quale si caratterizza per l'ini

doneità dell'atto di parte a mantenere in vita il rapporto pro cessuale.

In sintesi, l'impugnazione priva dei requisiti previsti dalla ri

chiamata disposizione codicistica è, procedimentalmente, torn

iti senso conforme alla decisione in epigrafe, v. Cass., sez. un., 11

novembre 1994, Cresci, Foro it., 1995, II, 278, con nota di Ferraro; 24 febbraio 1992, Vignoli, id., Rep. 1992, voce Impugnazioni penali, n. 53; 7 ottobre 1991, Mattia, ibid., n. 57; 11 gennaio 1991, Cataldo, id., 1991, II, 283, con nota di Ferraro; 4 luglio 1991, Toccasio, id., Rep. 1992, voce cit., n. 59; in dottrina, Ferraro, id., 1995, II, 278;

Calati, in Siracusano, Galati, Tranchina, Zappalà, Diritto proces suale penale, Milano, 1996, II, 450; Giustozzi, in AA.VV., Manuale

pratico del nuovo processo penale, 3a ed., Padova, 1993, 1000; Ma

randola, Sul rapporto tra l'inammissibilità dell'impugnazione e l'im

mediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, in Cass.

pen., 1994, 3296; Mercuri, in Codice di procedura penale commentato

a cura di Giarda-Spangher, Milano, 1997, sub art. 129, 485; Mele, in Commento al nuovo codice di procedura penale coordinato da Chia

vario, Torino, 1991, VI, 141. In particolare, nel senso della prevalenza della declaratoria di inammissibilità, tranne nel caso in cui l'inammissi

bilità del gravame dipenda dalla carenza di interesse, v. Valentini, I

profili generali della facoltà di impugnare, in Le impugnazioni penali, in Trattato diretto da Gaito, Torino, 1998, I, 263.

Per l'opposta tesi della prevalenza della declaratoria delle cause di

non punibilità, soprattutto alla luce di quanto disposto dall'art. 648, 2° comma, c.p.p. in relazione al momento in cui matura l'irrevocabilità

della decisione impugnata, v. Cass. 8 marzo 1994, Di Maio, Foro it.,

Rep. 1994, voce cit., n. 101; 8 ottobre 1990, Martino, id., Rep. 1992, voce Cosa giudicata penale, n. 1; in dottrina, Lozzi, Lezioni di proce dura penale, 2a ed., Torino, 1997, 492. [A. Scaglione]

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PARTE SECONDA

quam non esset e non impedisce la formazione del giudicato allo scadere del termine per impugnare.

Questa conclusione vale anche per il caso di carenza di speci ficità del motivo, cioè della mancanza dell'indicazione (specifi

ca) delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggo no la doglianza e, conseguentemente, la richiesta che sostanzia

l'atto impugnatorio. Sul punto appare sufficiente rinviare alla

citata decisione di queste sezioni unite su ricorso Cresci, ove

è stata approfondita la disamina della questione, alle cui con

clusioni il collegio ritiene di aderire, non ravvisando ragioni per discostarsene.

7. - Come la predetta decisione di questa corte non ha man

cato di rilevare, diversa è la soluzione da adottarsi in caso di

manifesta infondatezza del motivo (art. 606, 3° comma, c.p.p.: vizio riguardante solo il ricorso per cassazione), pur specifico, dedotto a fondamento dell'impugnazione, posto che, come è

stato detto (e diversamente da quanto una isolata decisione del

la corte ha ritenuto: sez. Ili 22 settembre 1995, Mauro, id.,

Rep. 1996, voce Impugnazioni penali, n. 138), in questo caso

è necessario procedere ad analisi da parte del giudice dell'impu

gnazione all'esito della quale egli perviene a una decisione di

«manifesta infondatezza»; conclusione che, rispetto a quella di

(semplice) «infondatezza», spesso si basa su giudizi incerti e

persino, a volte, opinabili. 8. - Conclusivamente, dunque, deve riaffermarsi il principio

secondo il quale la mancata specificità del motivo a sostegno

dell'impugnazione si risolve in una ipotesi di inammissibilità

originaria inidonea a mantenere in vita il rapporto processuale sino al momento della cognizione del giudice dell'impugnazio ne il quale, conseguentemente, non è abilitato a rilevare l'esi

stenza o sopravvenienza di cause di non punibilità ex art. 129

c.p.p. 9. - Alla declaratoria d'inammissibilità del ricorso segue la

condanna del ricorrente a pagare le spese processuali e a versa

re, a titolo di sanzione pecuniaria, alla cassa delle ammende, la somma, ritenuta congrua in relazione alla condotta proces

suale, di lire un milione.

I

TRIBUNALE DI FERMO; ordinanza 1° giugno 1999; Pres. ed

est. Fanuli; imp. Ripani e altra.

TRIBUNALE DI FERMO;

Dibattimento penale — Mutamento di composizione del colle

gio — Prove precedentemente acquisite — Regime di utilizza

bilità — Condizioni (Cod. proc. pen., art. 511).

Nel caso di rinnovazione del dibattimento a causa del muta

mento della composizione del giudice collegiale, la testimo

nianza in precedenza raccolta è utilizzabile, dal giudice nella

nuova composizione, mediante semplice lettura, senza ripete re l'esame del dichiarante, allorché la parte che ne abbia di

ritto, avendo presentato nei termini la lista di cui all'art. 468

c.p.p., non riproponga la richiesta di riassunzione della pro va orale già assunta; a ciò non potranno fondatamente op

porsi le altre parti, che non abbiano a suo tempo ritualmente

chiesto l'ammissione dello specifico mezzo di prova ex art.

468 c.p.p., non potendo le stesse essere rimesse in termini

Il Foro Italiano — 1999.

per il solo fatto dell'intervenuto mutamento della composi zione dell'organo giudicante. (1)

II

TRIBUNALE DI CASSINO; sentenza 9 aprile 1999; Pres. ed

est. Capurso; imp. Cancelli e altro.

Dibattimento penale — Mutamento di composizione del colle

gio — Prove precedentemente acquisite — Regime di utilizza

bilità — Condizioni (Cod. proc. pen., art. 511).

Nell'ipotesi in cui, nel corso della fase dibattimentale, interven

ga un mutamento di composizione del giudice, è da escludere

che sia necessario il consenso delle parti al fine di procedere a rituale lettura-acquisizione, a norma dell'art. 511 c.p.p., delle

dichiarazioni rappresentative orali rese avanti al giudice nella

precedente composizione. (2)

I

La tematica merita un opportuno approfondimento, anche

alla luce della recente pronunzia delle sezioni unite della Cassa

zione 15 gennaio 1999, Iannasso (Foro it., 1999, II, 145). Va premesso che l'art. 525, 2° comma, c.p.p. stabilisce che

«alla deliberazione concorrono, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento».

La ratio di tale disposizione è stata correttamente individuata

nel nesso funzionale che deve sussistere tra prova e decisione.

Detta ratio ne delimita, anche con riferimento alla sequenza

procedimentale normale, l'ambito di operatività nel senso che

tutte le attività precedenti la formale dichiarazione di apertura del dibattimento ed il suo immediato susseguente (richiesta di

ammissione di prova delle parti) non radicano la composizione fisica del giudicante.

Così, secondo consolidata giurisprudenza, la verifica della co

stituzione delle parti, il rinvio in limine litis, la trattazione di

questioni preliminari, l'impedimento a comparire dell'imputato o del difensore, la rinnovazione della citazione, la dichiarazione

di contumacia, esulano dal nesso prova-decisione (cfr., per tut

te, Cass. 22 maggio 1997, Manna, id., Rep. 1998, voce Senten

za penale, n. 53). In sostanza, il principio di immutabilità del giudice impone

che quando muti la persona del giudice monocratico o la com

(1-2) Entrambe le pronunce in rassegna evidenziano il cospicuo dis senso manifestatosi, nella giurisprudenza di merito, in ordine all'appro do sancito da Cass., sez. un., 15 gennaio 1999, Iannasso (Foro it., 1999, II, 145, con osservazioni di Di Chiara). Nel comporre un aspro dissi dio interpretativo emerso in sede di legittimità, le sezioni unite, nel se

gno di una pregnante logica dell'immediatezza in sede di elaborazione della prova dibattimentale, hanno enunciato il principio per cui, nel caso di rinnovazione del dibattimento a causa del mutamento di com

posizione del giudice, la prova rappresentativa orale assunta avanti al

giudice nella precedente composizione non può essere utilizzata median te semplice lettura senza ripetere l'esame del dichiarante, allorché que sto possa avere luogo e sia stato richiesto da una delle parti. Interlo

quendo circa il ruolo delle parti nelle dinamiche della lettura-acqusizione, le due su riportate pronunce per contro escludono — pur su piani di versi — che solo al coagularsi del consenso (o, recte, del non dissenso) delle parti sia ricollegabile l'acquisizione de plano, tramite semplice let tura (o ficta lectio), del verbale della precedente escussione: la massima sub 1 si è anzitutto fatta carico di rimarcare come solo la parte che

abbia, ilio tempore, chiesto e ottenuto l'ammissione del dichiarante è titolare del diritto di promuovere, avanti al «nuovo» giudice, la richie sta di rinnovazione, posto che — ad avviso del giudice di merito —

il riconoscimento di analogo diritto in capo alle parti che non abbiano dedotto il mezzo nella lista ex art. 468 c.p.p. si tradurrebbe in surretti zia, automatica e generalizzata rimessione in termini allo scopo; il prin cipio sub 2 — sulla scorta di un ampio apparato motivativo — eviden zia, invece, un serrato e più radicale fronte critico nei confronti dell'ap proccio interpretativo fatto proprio dalle sezioni unite. I successivi sviluppi della vicenda ermeneutica in atto meriteranno di essere monitorati con attenzione: l'alto profilo degli interessi in gioco suggerisce, comunque, l'auspicio che possa a breve superarsi ogni residua incertezza in mate ria. [G. Di Chiara]

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