Sezioni unite penali; sentenza 27 febbraio 1960; Pres. Oggioni P. P., Est. Ciaccio, P. M. Faccini(concl. diff.); ric. PuccioSource: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 4 (1961), pp. 73/74-75/76Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151064 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
di velocità, ed escludendo che fosse vietato, in base alla
predetta disposizione regolamentare, il passaggio dei veicoli
nello spazio compreso fra i due salvagente. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore ge
nerale di Torino, deducendo la erronea interpretazione della disposizione di cui sopra e la mancanza, al riguardo, di un'adeguata motivazione.
Il ricorso è fondato. L'art. 43 del citato regolamento di
circolazione urbana dispone, al secondo capoverso, che
« nelle vie, corsi e viali divisi da rialzi centrali (marciapiedi, marciatram, spartitraffico, salvagente, ecc.) i veicoli deb
bono percorrere esclusivamente la carreggiata corrispondente alla loro destra, salvo che si tratti di zone nelle quali la
circolazione si svolge a senso unico ». L'art. 3 dello stesso
regolamento definisce i salvagente « piattaforme rialzate
situate nella carreggiata e destinate al riparo ed alla sosta
dei pedoni... o ad agevolare la salita e la discesa dei pas
seggeri delle vetture tramviarie ». E dal coordinamento di
queste due norme si evince chiaramente che i salvagente siti
ai lati delle linee tramviarie sono da ricomprendersi fra i
rialzi centrali a cui si riferisce l'art. 43, con conseguente
obbligo, per i veicoli, di passare alla destra di essi.
Ha dunque errato la Corte d'appello nel ritenere che il
passare con un veicolo tra i due salvagente non costituisse
violazione dell'art. 43 del citato regolamento comunale. Né
varrebbe opporre che tale regolamento è stato abrogato,
per espressa disposizione dell'art. 145 del vigente codice
della strada ; che l'art. 513 del regolamento per l'esecuzione
dello stesso codice ha introdotto una disciplina diversa, consentendo ai veicoli di passare indifferentemente a destra
o a sinistra dei salvagente, posti a destra dell'asse stradale,
purché rimangano entro la semicarreggiata relativa al loro
senso di circolazione ; e che l'automezzo del Brendel si
mantenne sulla destra, senza oltrepassare la linea mediana
della strada. Tutto ciò avrebbe rilevanza se al Brendel
fosse stata contestata la violazione del regolamento comu
nale come reato a sè stante (in tal caso, con l'abrogazione del
detto regolamento, sarebbe venuta a cessare la punibilità del fatto, per il principio, sancito dall'art. 2, 2° comma
cod. pen., secondo il quale « nessuno può essere punito
per un fatto che secondo una legge posteriore non costi
tuisce reato »), ma così non è. Il Brendel è chiamato a
rispondere di un reato ben diverso, di un delitto colposo,
rispetto al quale la violazione del regolamento in esame
non ha altra funzione che quella di caratterizzare la con
dotta (elemento materiale del reato) come antigiuridica. Tale delitto non è stato abolito ; e pertanto l'abroga
gazione del regolamento comunale, come pure la diversa
disciplina dettata dal regolamento per l'esecuzione del vi
gente codice stradale, non possono avere come conseguenza di rendere legittimo, e quindi non penalmente sanzionabile, il comportamento del Brendel, il quale era tenuto, ovvia
mente, ad adeguare la propria condotta alle norme vigenti
all'epoca del fatto.
Devesi pertanto annullare l'impugnata sentenza e rin
viare il giudizio ad altra Sezione della stessa Corte d'appello, che dovrà uniformarsi, nella sua decisione, ai principi di
diritto sopra enunciati.
Per questi motivi, ecc.
CORTE SDPREMA DI CASSAZIONE.
Sezioni unite penali ; sentenza 27 febbraio 1960 ; Pres.
Oggioni P. P., Est. Ciaccio, P. M. Faccini (conci,
diff.) ; ric. Puccio.
(Gassa App. Catania 7 ottobre 1959)
Amnistia e indilli» — Decreto pres. li lu<|li» 1959 11.
i60 — Condizioni ostative — Iteeidiva - Sentenze
non contestuali — Necessità (D. pres. 11 luglio 1959
n. 460, concessione di amnistia e indulto, art. 8 ; cod.
pen., art. 99).
Fuori dell'ipotesi dei delinquenti abituali, professionali o
per tendenza, non sussiste la causa ostativa alla concessione del condono previsto dal decreto pres. 11 luglio 1959 il. 460, quando il soggetto sia stato condannato con unica sentenza per più reati, ancorché commessi in epoca diversa e non connessi tra loro. (1)
La Corte, eco. — Premesso che con sentenza 18 aprile 1946 la Corte di assise di Ragusa ebbe a condannare il Puccio ad anni 12 di reclusione e a lire 16.000 di multa
per rapina aggravata continuata, ad anni 4 mesi 6 di reclusione per lesioni volontarie gravi e ad anni uno di arresto per detenzione e porto abusivo di armi ; che con ordinanza 7 ottobre 1959 la Corte di appello di Catania ebbe a respingere l'istanza del Puccio, con la quale si chiedeva la concessione del condono alla pena inflittagli per il reato di lesioni, perchè, a parere di detta Corte,
(1) Le Sezioni unite aderiscono alla tesi già accolta, in con trasto con la precedente costante giurisprudenza del Supremo collegio, dalla Sez. Ili con sent. 21 dicembre 1959, ric. Tegano (Foro it., 1960, II, 155, con nota di richiami), per quanto con cerne, agli effetti dell'art. 8 decreto pres. 11 luglio 1959 n. 460, la condizione di recidivo.
Si precisa che detta condizione può anche derivare da una condanna inflitta con sentenza successiva a quella che sanzionò la condanna per cui è chiesto il beneficio ; mentre nella pro nunzia del 21 dicembre 1959 della III Sez., citata, la qualità di recidivo era riconnessa ad una sentenza di condanna prece dente a quella con cui fu inflitta la condanna per cui è chiesto il beneficio. Nel senso indicato dalla sentenza che si annota, vedi Cass. 10 marzo 1960, ric. Lombardi, Giust. pen., 1960, II, 695 : secondo cui la qualità di recidivo, dovendo essere sta bilita con riferimento al 10 luglio 1959, non richiede necessaria mente la sussistenza di una condanna anteriore alla data del reato per il quale si chiede il beneficio. Nello stesso senso, ma con riferimento all'art. 4 decreto pres. 19 dicembre 1953 n. 922, Cass. 25 giugno 1958, Conte, Foro it., Rap. 1959, voce Amni stia, n. 80.
Il problema della anteriorità o meno della diversa sentenza di condanna che, dando luogo alla condizione di recidivo, osta all'applicazione del beneficio, non è stato preso in esame (nono stante quanto apparrebbe dalla massima) dalla Corte di appello di Lecce 25 settembre 1959, Riv. pen., 1960, II, 55 ; nè dal Trib. Brescia 24 marzo 1960, Giust. pen., 1960, II, 662 : entrambe le sentenze condizionano la causa ostativa della recidiva al con corso di due distinte sentenze irrevocabili di condanna. Così pure App. Catanzaro 25 settembre 1959, Foro it., Rep. 1959, voce cit., n. 38. In dottrina si legga : A. Piraino Leto, Esclu sioni soggettive dall'amnistia e dall'indulto. Recidivi. Delinquenti. Latitanti, in Mon. trib., 1959, 534 ; P. Frisoli, Annotazioni sulla recente amnistia, in Riv. it. dir. e proe. pen., 1960, 19 ; G. Gustapane, Condizioni soggettive per l'applicazione dell'amnistia (nota a App. Lecce 25 settembre 1959, cit.), in Riv. pen., 1960, II, 56 ; G. Castelletti, Amnistia e recidiva (nota a Trib. Brescia 24 marzo 1960, cit.), in Giust. pen., 1960, II, 662.
Per quanto concerne la valutazione dei precedenti penali, può essere utile ricordare che sono state ritenute rilevanti ai fini dell'esclusione dai benefici di cui al decreto n. 460 del 1959 : le condanne estinte per amnistia (Cass. 28 gennaio 1960, Giust, pen., I960, II, 378), quelle inflitte dalle Corti alleate (Cass. 25 marzo 1960, ibid., 231), quelle inflitte per reati politici (Cass. 21 gennaio 1960, ibid., 323), quelle per cui sia utilmente decorso il termine di sospensione condizionale della pena (Cass. 1 giugno 1960, id., 1961, II, 36), quelle in corso di espiazione (Cass. 4 febbraio 1960, id., 1960, II, 378), quelle estinte per qualsiasi causa alla quale la legge non riconnetta la conseguenza della cessazione degli effetti penali (Cass. 4 aprile 1960, ibid., 823, con nota di A. Bracci). Non vanno pertanto comprese tra i
precedenti penali ostativi : le condanne amnistiate sotto l'impero del cessato codice (secondo cui l'amnistia impropria faceva cessare anche gli effetti penali della condanna : Cass. 17 novembre
1959, ibid., 377), quelle per le quali sia intervenuta la riabili tazione (Cass. 10 febbraio 1960, ibid., 379), quelle estinte ai sensi dell'art. 544 cod. pen. per il matrimonio con la persona offesa nei delitti contro la libertà sessuale (Cass. 9 aprile 1960, id., 1961, II, 230).
Per costante giurisprudenza non va infine valutata tra i
precedenti penali rilevanti ai fini dell'esclusione dai benefici, la condanna per la quale si chiede l'applicazione dell'amnistia o del condono (da ultimo: Cass. 23 ottobre 1959, id., 1960, II, 230).
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75 PARTE SECONDA 76
ostava alla concessione del beneficio la condanna riportata con la medesima sentenza dall'istante per la rapina conti
nuata ; che avverso detta ordinanza il Puccio ha proposto ricorso per cassazione.
Questa Suprema corte ritiene che la Corte di merito
è incorsa nella pronuncia impugnata in erronea appli cazione della legge penale. È anzitutto da tenere presente
che, per disposizione generale posta dagli art. 151 e 174
cod. pen., l'amnistia e l'indulto non si applicano ai recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell'art. 99, nè ai delin
quenti abituali e professionali o per tendenza. Per rispetto al potere sovrano fu prevista la possibilità di determinare
in modo diverso, con il decreto di clemenza, le condizioni
soggettive per usufruire dei benefici con esso concessi.
E infatti di tale facoltà il Capo dello Stato si è sempre valso per ampliare i limiti fissati dai citati articoli, nel
l'intento di evitare che precedenti penali di lieve entità
potessero essere di ostacolo all'applicazione del beneficio.
Però, mentre nei primi tre decreti emanati dopo la pro
mulgazione del codice penale (e precisamente nei r. decreti
5 novembre 1932 n. 1403, 25 settembre 1934 n. 1311 e 24
febbraio 1940 n. 77) furono prese in considerazione soltanto
le condanne già riportate all'epoca del commesso reato, nei decreti successivi si ebbe riguardo alle condanne ripor tate alla data del provvedimento di clemenza, e quindi anche a quelle successive al reato per cui si chiede l'ap
plicazione del beneficio. Ne consegue che, mentre i pre cedenti penali nei primi tre decreti erano riguardati come
elemento soggettivo di aggravamento del reato cui il bene
ficio avrebbe dovuto essere applicato, nei decreti succes
sivi essi furono presi in considerazione quali indici di peri colosità del soggetto al momento della concessione della
clemenza.
Questa diversa impostazione del fondamento dei prece denti penali quali elementi ostativi alla applicazione del
beneficio, congiunta al fatto che in alcuni dei detti decreti
(decreto pres. 22 giugno 1946 n. 4 e decreto pres. 23 dicem
bre 1949 n. 930), nel determinare le cause di esclusione, non si parlava di recidiva, diede consistenza all'inter
pretazione, accolta in più pronunce da questa Corte suprema
(sent. 12 ottobre 1951, ric. Samo, Foro it., Eep. 1952, voce Amnistia, n. 128 ; 28 aprile 1951, ric. Cappai, idi,
Rep. 1951, voce cit., n. 268 ; ord. 13 dicembre 1952, ric.
Perotta), secondo cui ai fini dell'applicazione del condono
dovesse tenersi conto anche delle condanne inflitte con
la stessa sentenza che pronunciò la condanna per la quale il beneficio era richiesto.
Senonchè gli ultimi due decreti (19 dicembre 1953
n. 922 eli luglio 1959 n. 460) nelle disposizioni relative
alle condizioni soggettive per l'applicazione dell'amnistia
e dell'indulto fanno espresso riferimento ai recidivi. Ora
è chiaro ohe non può essere considerato recidivo chi, non
avendo riportato precedenti condanne, è condannato
con unica sentenza per più reati, anche se commessi in
epoca diversa e non connessi tra di loro.
11 rilievo che, trattandosi di reati commessi in tempi diversi e non legati da vincolo di connessione, l'unicità
del processo e della sentenza di condanna costituisce un
fatto meramente casuale, non appare argomento sufficiente
per superare l'ostacolo costituito dalla esplicita lettera
della disposizione. Ciò posto, pur tenendo fermo il principio che nella
valutazione delle condizioni di applicabilità del condono
deve tenersi conto anche delle condanne inflitte con la
stessa sentenza, che pronunciò la condanna per cui si chiede
il beneficio (principio che trova conferma nell'inciso, man
tenuto nei due decreti anzidetti, « sia pure con una mede
sima sentenza »), non appare dubbio che, se pure dette
condanne siano tali da comportare da sole l'esclusione del
beneficio stesso, ciò non basta a porre in essere il difetto
delle condizioni soggettive previste dai decreti medesimi
per l'applicabilità dell'indulto, giacche essi richiedono
espressamente il concorso di due condizioni, e cioè quella di non essere recidivo e quella di non avere riportato condanne (oltre quelle per cui si chiede il beneficio), per delitti non colposi, a pena detentiva superiore comples
sivamente a duo anni : ed è evidente che la prima di dette
condizioni non può ritenersi insussistente se non quando il soggetto abbia subito, con una diversa sentenza, altra
condanna, anche se non influente nella determinazione della pena detentiva necessaria per l'insufficienza del l'altra condizione.
E poiché, come è stato detto, i provvedimenti di cle menza successivi al r. decreto 24 febbraio 1940 n. 77 pren dono in considerazione, ai fini dell'esclusione dei benefici da
essi concessi, i precedenti penali del soggetto alla data del provvedimento medesimo, deve dedursi che la condi zione di recidivo può anche derivare da condanna inflitta con sentenza successiva a quella, con cui fu inflitta la condanna per cui è stato chiesto il beneficio.
Nella specie, dal certificato penale del^Puccio non
risultano altre condanne oltre a quelle inflitte con la sen
tenza 18 aprile 1946 della Corte di assise di Ragusa e non
sussiste quindi la condizione di recidivo prevista dal decreto di clemenza da lui invocato. Erroneamente dunque la
Corte di appello ha negato il beneficio. L'ordinanza im
pugnata va pertanto annullata per violazione di legge e va
dispostò il rinvio ad altro giudice, il quale dovrà attenersi al principio che per l'applicazione dell'indulto concesso con decreto pres. 11 luglio 1959 n. 460, fuori dell'ipotesi di
esclusione dei delinquenti abituali o professionali o per tendenza, è necessario il concorso di due distinte condi zioni soggettive, e cioè quella che il soggetto non sia alla
data del 10 luglio 1959 recidivo, e quella che egli non abbia
alla stessa data riportato condanne, sia pure con la stessa
sentenza con la quale fu inflitta la condanna per cui si chiede il beneficio, a pena detentiva per delitti non colposi
superiore nel complesso ad anni due.
Per questi motivi, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I penale ; sentenza 16 gennaio 1960 ; Pres. Vista
P., Est. Bonomo, P. M. Pioletti (conci, parz. diff.) ;
imp. Ebner e altri.
(Conferma Assise appello Trento 27 marzo 1958)
Cori e (l'assise — Sostituzione di ((iudice popolare impedito con ((indice aggiunto — Modalità (L. 10
giugno 1951 n. 287, riordinamento dei giudizi d'assise, art. 26).
Dibattimento penale — Ispezione locale — Inter
vento personale dell'imputato — Discrezionalità
del ((iudice (Cod. proc. pen., art. 454, 457). Concorso (li persone nel reato — Concorso nel reato
di lesione •— Morte della vittima provocata da uno dei partecipanti — Responsabilità dcc(li altri — Estremi (Cod. pen., art. 116, 575, 582).
Appello in materia penale — Appello del Pubblico
ministero — Ultrapetizione — Fattispecie (Cod.
proc. pen., art. 515 ; cod. pen., art. 69).
Nei giudizi d'assise è rituale la sostituzione di giudice popo lare aggiunto ad altro effettivo impedito, della quale si faccia menzione nel processo verbale senza uopo di esplicito prov vedimento del presidente della corte. (1)
L'intervento personale dell'imputato all'ispezione locale può essere eccezionalmente permesso dal giudice del dibatti
mento e non forma oggetto di diritto dell'imputato mede
simo. (2)
Qualora più persone concorrano nel delitto di lesioni personali
fi) Nel senso che l'intestazione della sentenza all'assessore, sostituito dopo l'interrogatorio dell'imputato, costituisca errore materiale, che può essere rettificato, Cass. 22 ottobre 1952, Fiora vanto. Foro it., Rep. 1952, voce Corte d'assise, nn. 17, 18.
(2) Non risultano precedenti editi.
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