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«Gli orti sono una parte importante dell’economia contadina e un elemento signifi-
cativo del paesaggio agricolo nel quadro degli insediamenti permanenti.
Oggi tuttavia la loro permanenza sulle Alpi non è più così scontata: spesso, in-
fatti, per le famiglie contadine l’orto cessa di essere l’elemento alla base dell’auto-
consumo, sia nel caso in cui l’agricoltura progressivamente si modernizzi, sia
quando venga del tutto abbandonata. E allora l’orticultura smette di essere un’at-
tività produttiva, per diventare fondamentalmente un’attività distensiva, da prati-
care nel tempo libero. La graduale scomparsa degli orti dalle Alpi è oggi un rischio
concreto e rappresenta una perdita da un punto di vista biologico, culturale ed
estetico.
Nel Sudtirolo, invece, anche ai nostri giorni continua a esistere un numero relativa-
mente elevato di orti. Descriverli e fornirne una documentazione è l’obiettivo che si
pone questo libro, un obiettivo oggi particolarmente importante per il seguente mo-
tivo: gli orti sono il fenomeno meno conosciuto e documentato dell’economia con-
tadina nell’area alpina e del paesaggio agricolo alpino».
Werner Bätzing
Nell’orto uomini e piante non sono protagonisti separati, e proprio sull'inscindibilerelazione tra loro e con il territorio si fonda il principale interesse di questa pub-blicazione che raccoglie il contributo di diversi autori.Dopo la prefazione di Werner Bätzing, geografo e accademico tedesco, uno deimassimi esperti di cultura alpina, Michela Pasquali, curatrice del volume, delineaun ritratto dell’orto contadino con la sua storia, l’evoluzione delle piante coltivatee il ruolo delle contadine nella conservazione della biodiversità. Andrea Heistinger, botanica austriaca, descrive le principali essenze coltivate negliorti. Infine il testo integrale di Wilhelm Pfaff, pubblicato nel 1927 e per la primavolta in italiano, presenta un vero e proprio inventario delle piante coltivate e sel-vatiche in relazione al loro uso nell’alimentazione, nella medicina popolare e neirituali religiosi legati ad antiche tradizioni.
Südtiroler Paradiesorti di montagna
a cura di Michela Pasquali
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a cura di Michela Pasquali
linaria
Prima edizione aprile 2012
© 2012 linaria, roma, Vicolo dell’Atleta, 6I diritti di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservatiIsBN 978-88-907017-0-2
Per la Parte terza testi a cura di Paola Mussano e traduzione di loriana Fabian
Fotografie di Michela Pasquali e Andrea Heistinger (pp. 28, 70, 74, 84, 93, 95, 99)
Foto di copertina di Michela Pasquali
schema grafico della copertina di Amedeo Martegani
esecutivo per stampa Voltapagina, torino
stampato in Italia da .........
www.linariarete.org
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Indice
9 Prefazione, di Michela Pasquali
11 Introduzione, di Werner Bätzing
Parte prima Gli orti giardini del sudtirolo, di Michela Pasquali
15 Introduzione
19 1. Il sudtiroloIl territorio, 19 Il clima, 22 la storia della regione, 22 Un paesaggio culturale, 27
37 2. Gli orti di montagnale piante dell’orto, 37 evoluzione delle piante coltivate, 38 leggere l’orto, 50 Descrizione, 53 le recinzioni, 56Un anno nell’orto, 61 Il lavoro delle contadine, 66
69 3. Coltivare e custodireGli orti, luogo di conservazione e innovazione, 69 Il «modello sudtirolese», 70 la scuola lainburg, di Klara Aichner, 75 le associazioni e musei, 76
81 Note
Parte seconda le piante coltivate negli orti del sudtirolo, di Andrea Heistinger
85 Introduzione
91 1. le piante coltivate negli orti del sudtiroloerba cipollina e lattuga, le onnipresenti, 91 Fagioli e piselli, proteine dall’orto, 92 Il papavero: incantevole, inebriante, nutriente, 94 Crauti e rape, gli ortaggi invernali delle Alpi, 94 Novità negli orti, 98 Voglia di varietàantiche, 99 Cipero dolce, sisaro e pastinaca, una riscoperta, 101 Il caffè di Anterivo, 104 Prospettive future, 107
Parte terza Gli orti contadini della nostra regione, le piante da davanzale e i cimiteri di paese, di Wilhelm Pfaff
111 Premessa, di Paola Mussano
113 Introduzione
117 1. Gli orti contadini
139 2. le piante rustiche da davanzale
145 3. I cimiteri di paese
149 Appendice. le piante utilizzate come ornamento personale e nelle cerimonie religiose
155 Bibliografia
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Südtiroler Paradiesorti di montagna
a enrico e Margherita
Costoro [i contadini], siccome continuano a mantenere un diretto contatto con la natura e conla materia, sanno di non avere il diritto di violentarle, ma devono cercare pazientemente di ca-pirle, di sollecitarle con precauzione, direi quasi di sedurle, attraverso la dimostrazione peren-nemente rinnovata di una familiarità ancestrale fatta di cognizioni, di ricette e di abilità manualitrasmessi di generazione in generazione.ecco perché il lavoro manuale, meno lontano di quanto sembri da quello del pensatore e delloscienziato, costituisce anch’esso un aspetto dell’immenso sforzo dispiegato dall’umanità per ca-pire il mondo: probabilmente l’aspetto più antico e durevole, quello che, più prossimo alle cose,è anche il più adatto a farci concretamente cogliere la loro ricchezza e ad alimentare la meravi-glia che proviamo allo spettacolo della loro diversità.Ci si prodiga oggigiorno ad allestire banche di geni per preservare il poco che sopravvive delle spe-cie vegetali originali create nel corso dei secoli da modi di produzione totalmente diversi daquelli ora praticati. si spera anche di eludere i pericoli della cosiddetta “rivoluzione verde”, valea dire un’agricoltura ridotta a poche specie vegetali di grande rendimento, ma tributarie di con-cimi chimici e sempre più vulnerabili agli agenti patogeni.Non dovremmo forse andare ancora più in là e, non contenti di conservare i risultati di queimodi di produzione arcaici, sforzarci anche di tutelare gli insostituibili savoir-faire grazie ai qualiquei risultati furono acquisiti? Chissà, infatti, se le minacce che pesano attualmente sulla civiltàoccidentale non li renderanno, un giorno, provvidenziali per coloro che verranno dopo di noi.
Claude levi straussDal discorso tenuto in occasione del conferimento
del Premio Internazionale Nonino 1986
11
PrefazioneMichela Pasquali
l’orto domestico del sudtirolo è un piccolo, significa-tivo tassello del complesso mondo contadino, ricco ditradizioni e pratiche nate in stretta connessione conla natura. È ancora oggi un elemento culturale forte,legato all’identità di un mondo agricolo vitale, eppure,rispetto all’ampia letteratura dedicata al paesaggio ealla cultura del sudtirolo, le fonti sugli orti sono limi-tate. la loro è una «storia minore», e poco spazio vienededicato allo studio di questa forma così antica e tra-dizionale di coltivazione, anche se insieme a masi, pa-scoli, boschi e sentieri, sono una testimonianza e unsegno che appartengono pienamente al paesaggio cul-turale del sudtirolo. Anche i contadini li vedono comeuna presenza così consueta vicino alla casa, che rara-mente ne lasciano traccia scritta. Nella storia della regione, uomini e piante non sonoprotagonisti separati, e proprio sull’inscindibile rela-zione tra loro e con il territorio si fonda il principaleinteresse di questa pubblicazione che raccoglie il con-tributo di diversi autori. Dopo la prefazione di Werner Bätzing, geografo e ac-cademico tedesco, uno dei massimi esperti di cultura
alpina, Michela Pasquali, curatrice del volume, deli-nea un ritratto dell’orto contadino, ponendo l’accentosulla sua storia, sull’evoluzione delle piante e sul ruolodelle contadine nella conservazione della biodiversità. subito dopo, Andrea Heistinger, botanica austriaca,studiosa delle antiche varietà di piante locali, descrivele principali essenze coltivate negli orti. Infine, per laprima volta in italiano, il testo integrale di WilhelmPfaff, pubblicato sulla rivista mensile Der Schlern nel1927, presenta un vero e proprio inventario delle piantecoltivate e selvatiche in relazione al loro uso nell’ali-mentazione, nella medicina popolare e nei rituali re-ligiosi legati ad antiche tradizioni. senza la pretesa di essere esaustiva, questa raccoltaè parte di una tematica molto più ampia che ri-guarda la conservazione e il recupero di un preziosopatrimonio culturale e geografico. In sudtirolo sirealizzano già da tempo numerose iniziative di va-lorizzazione del territorio, di recupero di antichetradizioni e questo libro vuole offrire un contributoallo studio di un ambiente così unico e peculiare ealla sua ricca cultura.
IntroduzioneWerner Bätzing
Gli orti sono una parte importante dell’economia con-tadina e un elemento significativo del paesaggio agri-colo nel quadro degli insediamenti permanenti. oggituttavia la loro permanenza sulle Alpi non è più cosìscontata: spesso, infatti, per le famiglie contadinel’orto cessa di essere l’elemento alla base dell’autocon-sumo, sia nel caso in cui l’agricoltura progressiva-mente si modernizzi, sia quando venga del tuttoabbandonata. e allora l’orticultura smette di essereun’attività produttiva, per diventare fondamental-mente un’attività distensiva, da praticare nel tempo li-bero. la graduale scomparsa degli orti dalle Alpi è oggiun rischio concreto e rappresenta una perdita da unpunto di vista biologico, culturale ed estetico.Nel sudtirolo, invece, anche ai nostri giorni continuaa esistere un numero relativamente elevato di orti. Descriverli e fornirne una documentazione è l’obiet-tivo che si pone questo libro, un obiettivo oggi parti-colarmente importante per il seguente motivo: gli ortisono il fenomeno meno conosciuto e documentatodell’economia contadina nell’area alpina e del paesag-gio agricolo alpino. studi che forniscono una visioned’insieme esistono solo per quanto riguarda la sviz-zera, mentre per il resto delle Alpi si trovano solo de-scrizioni puntuali di singoli casi. Questo libro ha quindi l’importante compito di fareluce su una tematica piuttosto trascurata. oggi comein passato, gli orti servono per l’autoconsumo e nonper la vendita dei prodotti sul mercato. Per questo mo-
tivo non sono caratterizzati dalla quantità, bensì dallavarietà e dall’elevata qualità dei suoi prodotti, che im-plicano la coltivazione di numerose specie di piante.ecco perché generalmente gli orti presentano unagrande ricchezza biologica e vi si trovano spesso anchepiante antiche e specie che altrove sono scomparse datempo. Gli orti non sono affatto un fenomeno locale e autar-chico, al contrario sono da sempre in continua intera-zione con il mondo che li circonda. Nel Medioevo gliorti rurali subivano l’influenza degli orti dei signori(Capitulare de Villis) e degli orti dei conventi (Hilde-gard von Bingen), più tardi vi trovano accoglienzapiante originarie delle colonie europee, e attualmentepiante provenienti da tutto il mondo. Da questa inte-razione nascono spesso specifiche tipologie di orto conuna marcata impronta estetica, diventando espres-sione dell’identità regionale.Nella storia culturale europea gli orti sono il simbolodi un ideale rapporto uomo-natura: dimostrano chel’uomo, con lavoro, impegno e senso di responsabilitàpuò non solo sopravvivere, ma vivere bene nel vasto eminaccioso mondo della natura. e questo, nonostantetutti i progressi tecnici conseguiti nel modo di agiresulla natura, vale ancora oggi.ecco i motivi per cui scorrere le immagini di questovolume non è solo un piacere, ma può arricchire il no-stro presente, vedendo come agli orti siano legate im-portanti esperienze nel nostro rapporto con la natura.
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Parte prima
Gli orti giardini del Sudtirolo
Michela Pasquali
17
Introduzione
ricchi di varietà orticole, colorati da fiori variopinti ecurati con amore dalle contadine, gli orti di montagnacostituiscono uno degli elementi più caratteristici delsudtirolo. «Graditi alla vista e buoni da mangiare»,sono una presenza costante, l’espressione di una pra-tica plurimillenaria che ha accompagnato l’uomo findal suo primo insediamento in queste valli.1
Per Brigitte Griessmair, l’orto «è una componente spe-cifica del paesaggio culturale, formatosi con penosolavoro attraverso la storia. Da secoli, in fedele unionetra casa e fattoria, porta con sé quell’armonia che de-riva dalla meravigliosa fusione del bello e dell’utile».2
Da sempre l’orto è il vero e unico giardino alpino, illuogo recintato, vitale, dominio incontrastato delledonne. l’immagine che evoca è quella di un piccoloappezzamento di terra in sintonia con il paesaggio cir-costante. Con un aspetto sempre così spontaneo, com-pone una macchia folta e colorata che si potrebbeconfondere, se non fosse per il recinto, con i prati tuttointorno.Visti in genere come elementi appartenenti al fol-clore, superati dalla grandiosità delle montagne, dal-l’architettura dei masi e dalla bellezza dei campifioriti e dei boschi di abeti, gli orti sono invece un’im-portante testimonianza del rapporto dell’uomo conl’ambiente, rivelando una comprensione diretta epragmatica della natura, di cui vista, udito, tatto e ol-fatto sono gli strumenti principali. Quella delle con-tadine è infatti una conoscenza profonda e precisadella vegetazione, poiché perfettamente integratanella vita di tutti i giorni.
le piante coltivate nell’orto non vengono utilizzate soloper l’alimentazione, ma forniscono molteplici rimediche nel complesso rappresentano una vera e propriafarmacopea locale, oltre a rivestire un valore simbolicoche si rivela in manifestazioni e usanze in parte ormaidimenticate. l’insieme di questi saperi costituisce unabotanica pratica, una «scienza del concreto» dovepiante, animali, uomini, naturale e sovrannaturale, vi-sibile e invisibile, sono uniti da multiple e sottili con-nessioni.Modificandosi attraverso i secoli, conoscenze antiche,trasmesse di generazione in generazione, coesistonoinsieme a osservazioni empiriche e nuove competenzesull’agricoltura biologica, componendo un patrimo-nio singolare. Cogliere appieno il loro ruolo e il lorosignificato sarebbe però impossibile al di fuori delpaesaggio culturale di cui fanno parte. Nel suo studio sulle Alpi, Werner Bätzing scrive: «Conprofondi interventi nelle valli e sugli alpeggi, nel corsodei millenni l’uomo ha trasformato gli ecosistemi al-pini, ha modificato la distribuzione delle piante e leassociazioni vegetali per adattarle alle proprie esi-genze e ha cercato di rendere più stabili ed equilibratele dinamiche dei processi naturali».3
In sudtirolo, crocevia di culture diverse, ma nellostesso tempo mondo isolato, il rapporto tra situa-zione geografica ed evoluzione storica, tra territorioe istituzioni, ha creato una regione omogenea, doveha sempre prevalso la tutela del patrimonio pae-saggistico sullo sfruttamento intensivo agricolo eturistico.
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Il rispetto per l’equilibrio dell’ambiente, insieme allaforte componente identitaria della popolazione dimontagna ha permesso fino a oggi la sopravvivenzadi un rapporto autentico con la natura.Qui valli, montagne e pianori si estendono a perditad’occhio; non si può non ammirare la diversità delpaesaggio, scandito dalla presenza di boschi e pratiche si alternano a campi coltivati, frutteti, villaggi emasi su uno sfondo di montagne spettacolari. Unluogo ricco di contrasti dove l’uomo, malgrado le durecondizioni di vita, ha imparato a vivere. ogni ver-
sante, ogni valle o prato ha caratteristiche uniche, etutti insieme compongono un patrimonio, fragile e prezioso. Una panoplia di fattori legati al sole, alclima e alla posizione e alla composizione del terreno,conferisce alla biodiversità una abbondanza partico-lare e nello stesso tempo detta rigide regole a chi col-tiva la terra. Il clima è rigoroso, le stagioni nettamentedifferenziate, con inverni lunghi ed estati spessomolto brevi. Ma malgrado tante difficoltà, ci sono ortiovunque, pensati e coltivati sempre in accordo per-fetto con la natura.
1. Il sudtirolo
Il territorio
Il sudtirolo è una delle mete turistiche più conosciutee frequentate di tutto arco alpino, soprattutto graziealle sue famose montagne. Impressionanti variazionialtimetriche, dai 200 metri del fiume Adige fino ai3905 metri dell’ortles nel Parco Nazionale dello stel-vio, insieme a una peculiare configurazione del ter-reno, formano un paesaggio straordinario: montagneperennemente innevate, si contrappongono a dolcipendii dove si coltiva la vite e ad ampie vallate pia-neggianti in cui si trova il più grande frutteto d’eu-ropa. Una regione unica, che ha affascinato e ispiratopoeti e scrittori di tutto il mondo. Cominciamo però con una descrizione più precisa: ilsudtirolo si estende sul versante meridionale delleAlpi orientali e il suo territorio fa parte della provinciadi Bolzano. Dalle valli del fiume Adige e dei suoi af-fluenti, penetra profondamente nelle Alpi centrali,fino allo spartiacque che separa i bacini del Danubio edell’Inn, una posizione strategica fin dall’antichità perle importanti vie di comunicazione tra l’europa delnord e la pianura padana. Ancora oggi i passi di resiae del Brennero sono i principali valichi che unisconol’Italia ad Austria e svizzera. tipica di questo territorio, tanto da esserne il trattopiù specifico e riconoscibile, è l’alternanza di boschi,campi coltivati e prati per il pascolo punteggiati daitipici masi sparsi, testimonianza di una regione an-tropizzata e curata ancora con continuità e sapienza. tutte le aree coltivate, orti, arativi e prati, sono il ri-
sultato del duro lavoro di disboscamento e dissoda-
mento. In bassa quota i terreni vengono utilizzati per
l’agricoltura, a differenza di quelli ad altitudini supe-
riori dove prevale invece l’allevamento del bestiame.
Mentre è rimasta costante la presenza degli orti do-
mestici vicino ai masi, poco a poco si è modificato il
rapporto tra allevamento e agricoltura, originaria-
mente più equilibrato. oggi inoltre la coltura del fieno
ha sostituito in gran parte le coltivazioni a pieno
campo che un tempo includevano cereali, legumi, pa-
tate, ortaggi, oltre a lino e canapa utilizzati per la tes-
situra.
Ai boschi è affidata la stabilità idrogeologica del terri-
torio e per questo motivo sono sottoposti a un co-
stante e regolare lavoro di manutenzione che prevede
tagli eseguiti sempre con moderazione.
Di proprietà privata delle fattorie o vicinali, e cioè uti-
lizzabili da tutta la comunità, i boschi sono ancora le-
gati ad antichissime regole, oggi legittimate da norme
locali, tanto che tutta la «vicinia» può usufruire del le-
gname in funzione delle necessità di ogni famiglia.
Grazie alla morfologia del suolo, allo sviluppo dei ri-
lievi e alla varietà del clima, il sudtirolo può essere
considerato una delle regioni con la maggior biodi-
versità di tutta la penisola. A ogni quota corrispon-
dono diversi biotopi, ciascuno con una vegetazione
differente che varia moltissimo anche con le diverse
condizioni di soleggiamento tra i versanti sud e nord.
A sud i terreni ricevono un calore dieci volte maggiore,
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24
si riscaldano più velocemente, dei terreni esposti a
nord, che rimangono sempre più umidi e freddi.
salendo di quota aumentano le pendenze e di conse-
guenza si intensifica il dilavamento e l’erosione del
terreno coltivato che si impoverisce e diminuisce di
spessore.
I limiti dei diversi strati di vegetazione variano con
l’esposizione ai venti e al sole, con la composizione del
suolo, la piovosità e la temperatura. se fondivalle e
pendii pedemontani sono le zone in cui si sono con-
centrati gli insediamenti e le attività produttive, i ver-
santi tra i 300 e i 700 metri sono ricoperti da boschi di
roverella e carpino nero o vi si pratica l’agricoltura e,
dove possibile, anche la viti e frutticoltura. la fascia
situata tra 800 e 1500 metri ha piogge più abbondanti
che in pianura, i terreni sono freschi, profondi e ricchi
di humus, condizioni perfette per lo sviluppo della fo-
resta mista di latifoglie e conifere. A quote superiori il
paesaggio è caratterizzato da boschi di pino silvestre,
larice e abete rosso, interrotti da castagneti, prati e pa-
scoli. Il bosco ad alto fusto di conifere diventa predo-
minante fino ad arrivare ai 2400-2800 metri dove è via
via sostituito dalle estese praterie utilizzate per l’al-
peggio estivo, dalla vegetazione pioniera e dal pino
mugo. Dopo questo stadio, la montagna è formata
solo da ghiacciai e nevi perenni, le rocce si rivestono di
muschi e licheni, la sola vegetazione possibile a que-
ste altitudini.
Il clima
tutto il sudtirolo è esposto al benefico influsso delle
calde correnti d’aria da sud che rendono alcune zone
più temperate, tanto che, favorite da un microclima
particolare, si sviluppano in alcune valli colture come
la vite che non potrebbe diffondersi altrimenti.
In generale, le condizioni climatiche della regione va-
riano moltissimo, non solo con il passare delle sta-
gioni, ma anche in relazione all’altitudine.
Mentre nei fondivalle il clima è mite con estati calde e
inverni temperati, in montagna è molto instabile, con
fenomeni atmosferici imprevedibili e a volte violenti,
tra piogge torrenziali e tempeste di neve. I ripidi ri-
lievi provocano l’aumento della velocità dei venti e
quindi un continuo movimento di aria calda e fredda
che genera grandi differenze microclimatiche in una
stessa area, tra una valle e l’altra o addirittura tra un
versante e l’altro. le stagioni intermedie, primavera e
autunno, sono poco marcate, l’estate è breve, calda,
ma caratterizzata sovente da notevoli scarti termici tra
giorno e notte. l’inverno invece è lungo, rigido, con
piogge e nevicate frequenti; in alcune zone comincia
già in ottobre con le prime nevicate che ricoprono il
terreno anche per più di sei mesi.
La storia della regione
le prime tracce della vita di cacciatori e pastori risal-
gono all’età della pietra, anche se l’inizio di una mag-
giore antropizzazione cominciò solo più tardi, con il
ritiro dei ghiacciai. I presupposti per una colonizza-
zione stanziale delle terre alpine si svilupparono du-
rante il Mesolitico fino all’età del Bronzo e del Ferro.
e con i primi insediamenti, si diffuse la cultura di Frit-
zens-sanzeno, propria di quelle popolazioni che, chia-
mate “reti” dalle fonti antiche, si erano insediate tra il
lago Maggiore e il Piave, tra il lago di Costanza e la
Bassa Valle dell’Inn.
Negli ultimi secoli avanti Cristo sorsero le prime sedi
fortificate, costruite sempre in posizioni strategiche,
sulla cima di un colle o su uno sperone roccioso, men-
tre gli insediamenti, condizionati dalle caratteristiche
del terreno, erano situati nei fondivalle o a mezza
costa, in posizioni riparate per evitare il pericolo di
frane o di inondazioni, e vicino a fonti d’acqua e ter-
reni fertili.
sull’origine, la vita e la cultura dei reti non esistono
testimonianze scritte: lo storico greco strabone ne
Parte prima
25
parlava come di un unico popolo, mentre Plinio il Vec-chio sostenne che erano divisi in vari gruppi: «Raeti
in multas civitates divisi». si ipotizza anche che fos-sero Celti, poiché nel IV secolo a.C. questi avevano giàoccupato quasi tutta l’europa. secondo tito livio ap-partenevano alla stirpe etrusca che, guidata dal leg-gendario reto, aveva raggiunto le Alpi. Probabilmentei reti intrattennero importanti relazioni con gli etru-schi che avrebbero svolto un fondamentale ruolo dicollegamento tra il mondo mediterraneo e quello tran-salpino.Nel 15 a.C. i romani conquistarono e occuparono sta-bilmente l’intera regione alpina, anche se probabil-mente non raggiunsero le valli più isolate, limitandola dominazione alle principali vie commerciali e ditransito. secondo una loro consuetudine, non contra-starono in alcun modo le tradizioni e l’identità cul- turale della popolazione autoctona, rimanendone
estranei. Per tutta la durata dell’Impero romano fu ga-rantita la pace, la difesa della proprietà e il libero svi-luppo economico, che portarono a tutta la rezianotevoli vantaggi economici e culturali, dovuti anchealle numerose, nuove conoscenze che miglioraronoagricoltura e commercio. Con tecniche già consoli-date, costruirono un’efficiente rete di comunicazione,con strade stabili, lastricate in pietra, che facilitarononotevolmente gli scambi oltralpe. Da allora acquisìun’importanza strategica l’ampia valle dell’Adige gra-zie alla via Claudia Augusta che collegava l’Italia alleregioni del Danubio. Come dimostrano i resti di alcune chiese paleocri-stiane, i romani facilitarono la diffusione del cristia-nesimo, e di conseguenza l’espansione dei conventibenedettini, così importanti per lo sviluppo degli ortie l’introduzione di nuove piante. Infatti, non solo lacultura classica, ma anche le conoscenze agricole, bo-
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taniche e mediche furono divulgate grazie alle comu-nità monastiche. Dopo il crollo dell’Impero romano, tra il V e il VII se-colo, nuove invasioni sconvolsero tutta la rezia che fuinvestita dalle dominazioni barbariche che si susse-guirono e si sovrapposero portando nuove lingue eculture fino all’insediamento alla fine del V secolonella valle dell’Adige di uno dei sei grossi ceppi ger-manici, i Baiuvari o Bavari. Così comincia «quel pro-cesso di germanizzazione destinato a segnare unanetta divisione economica, culturale e linguistica del-l’arco alpino. A differenza dei romani, insensibili allatradizione montanara, i popoli germanici che si inse-diarono nelle Alpi “romanizzate” sanno adattarsi a unambiente che non è loro familiare e fondano un’effi-ciente economia alpina ancora oggi esemplificata dallaciviltà del “maso”».4 Infatti, al contrario dei romaniche creavano nuovi insediamenti con case ravvicinate,i Baiuvari disseminavano le loro fattorie, i masi, di-stanti tra loro, ma vicino a campi e prati. «l’area latina e l’area germanica produssero modelliculturali completamente diversi, dando impronte di-verse all’intero comportamento economico e sociale,anche per lo sviluppo futuro».5 la comprensione diquest’epoca è di grande importanza, poiché determinain sudtirolo la nascita di quel mondo di tradizioni e diquel senso di identità e appartenenza che costitui-scono ancora oggi una realtà viva.Nell’opera De origine et situ Germanorum, scritta nel98 d.C. circa, i Germani che vivevano al di fuori deiconfini romani, rappresentavano per tacito un mo-dello da imitare per il loro stile di vita semplice e ge-nuino, la solidità delle strutture sociali, i forti vincolifamiliari e l’amore ostinato per la libertà, in netto con-trasto con il lusso, la ricchezza e la corruzione che ave-vano precipitato i romani nella decadenza.Alla fine dell’VIII secolo, la Baviera, già allora una delleregioni più civili e ricche d’europa, venne annessa daCarlo Magno all’Impero Carolingio e in seguito alsacro romano Impero. Ma è nei secoli centrali del Me-
dioevo che il tirolo diventa uno stato autonomo e,grazie al consolidamento politico ed economico, lestrade che lo attraversavano acquistarono nuova im-portanza per gli scambi commerciali tra la Germaniameridionale e la pianura italiana. si crearono così ipresupposti per la fondazione di alcune importanticittà tirolesi nate tra il XIII e il XIV secolo.Una delle riforme più importanti dei conti del tirolofu di includere negli affari politici ed economici il cetocontadino. All’inizio del Quattrocento si costituì laDieta tirolese a cui parteciparono non solo le famiglienobili, i vescovi di trento e Bressanone e i rappresen-tanti di abbazie e monasteri, ma anche i contadini chein tirolo avevano già ottenuto la libertà, affrancandosidallo stato di servi della gleba, e godevano di rispettosociale. Dopo la morte di Massimiliano, nel 1525, la guerra ci-vile iniziata dai nobili luterani coinvolse anche i con-tadini che si rivoltarono contro le tasse troppo gravosee l’eccessivo sfruttamento economico da parte delleautorità straniere. Il capo e ideologo della rivolta tiro-lese, Michael Gaismair, teorizzò la costituzione di unarepubblica contadina senza re, nobili e clero e convocòla Dieta per chiedere l’eguaglianza di fronte alla legge,l’abolizione dei privilegi della nobiltà e del potere dellaChiesa. Ma nonostante gli accordi, le richieste furonotutte respinte e la rivolta repressa.successivamente, con gli Asburgo, il tirolo rivestì unruolo politico ed economico sempre più marginale, ri-manendo prevalentemente rurale, anche perché i no-bili tirolesi, più che interessarsi agli affari di corte,abitavano nelle loro terre, vicino ai contadini.Dalla seconda metà del XVIII secolo, si sentì anche in ti-rolo la crescente influenza delle idee illuministiche chemettevano in discussione la fede cristiana e i costumitradizionali. Allora la regione era contras segnata da unaprofonda tradizione cattolica che permeava tutta la vitaprivata e pubblica. la popolazione contadina, che intuìben presto la portata di queste idee rivoluzionarie e an-ticristiane, si oppose fin dall’inizio alle riforme. Inoltre,
Parte prima
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quando all’inizio dell’ottocento il tirolo fu annesso daNapoleone alla Baviera, il governo cominciò a imporrenuove riforme cancellando ogni diritto e imponendonuove tasse, oltre a prendere radicali provvedimenticontro molte usanze religiose: si vietarono le novene, leprocessioni, i pellegrinaggi e addirittura il suono dellecampane. Così, capeggiati da Andrea Hofer, i contadinidiedero inizio a una nuova rivolta. Dopo aver repressol’insurrezione, Napoleone frazionò il territorio del ti-rolo sotto la giurisdizione di tre diverse autorità statali,ma questo nuovo ordinamento ebbe vita breve e iltirolo ritornò a essere un’unica regione, seppure senzaconservare gli antichi privilegi. Il processo di creazione degli stati nazionali, con l’in-tento di riunire le popolazioni che parlavano la stessalingua, portò al conflitto tra l’Italia e Austria. Al ter-mine della Prima Guerra Mondiale, l’Italia rivendicòl’annessione non solo del trentino, ma anche di tutta
l’area di lingua tedesca, lungo la linea dello spartiac-que alpino. Così, nel 1919 l’antica Contea del tirolo fudivisa tra Austria e Italia. Nonostante le garanzie di ri-spetto per la lingua e la cultura locali, cominciò unamassiccia opera di italianizzazione forzata: furono tra-dotti i nomi di persone, città e paesi, fino a quelli deicampi e dei masi più isolati. l’italiano diventò l’unicalingua ammessa nelle scuole, nelle amministrazioni enei tribunali. Fu abolita la legge del maso chiuso, ri-pristinata solo dopo la seconda Guerra Mondiale. Così la popolazione di lingua tedesca diventa improv-visamente «minoranza etnica» ed è indotta, per nonperdere la propria identità, a esasperare il senso di ap-partenenza ai luoghi e alle tradizioni.oggi il sudtirolo, insieme alla provincia di trento,forma la regione trentino-Alto Adige/südtirol e le duecittà, trento e Bolzano, sono i capoluoghi di provinciacon statuto speciale di autonomia.
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Un paesaggio culturale
Terra montium, terra tra i monti, così il tirolo era chia-
mato nel Medioevo, ed è sempre stata anche terra di
confine, di passaggio, di incontro tra diverse culture,
tradizioni e innovazioni. Ponte tra il mondo mediter-
raneo e quello mitteleuropeo, al di qua e al di là delle
Alpi, ha accolto e integrato influssi da sud e da nord:
commercianti, pellegrini, principi con il loro seguito,
avventurieri, soldati e monaci lo hanno attraversato la-
sciando molteplici testimonianze. Il paesaggio che,
sembra immutato da secoli, è invece il frutto di conti-
nue evoluzioni e cambiamenti che poco a poco hanno
formato una forte identità e un particolare senso di ap-
partenenza, grazie allo straordinario equilibrio tra
l’uomo e la natura, tra il suo intervento e il territorio.
È una regione eterogenea per le sue caratteristiche
morfologiche, la sinuosità delle valli, la varietà dei ri-
lievi, la ricchezza delle acque, ma anche per la pre-
senza di aree profondamente connesse all’azione
umana, alle coltivazioni e all’allevamento, all’archi-
tettura dei masi e infine anche agli orti contadini. In
altre parole qui «la maggior parte di quello che chia-
miamo naturale, naturale non è; anzi è piuttosto ar-
tificiale». Pur non riferita al sudtirolo, questa frase di
leopardi si adatta perfettamente alla sua situazione
ambientale. Infatti, qui «il paesaggio è frutto di un la-
voro plurisecolare sul territorio e ha sempre con-
servato, oltre al suo carattere rurale, anche i tratti
insediativi originari, continuando a esprimere una ci-
viltà materiale che è riuscita a modellare, anche in
luoghi apparentemente inaccessibili, le componenti
naturali, adattandole alle pratiche dell’agricoltura di
montagna».6
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si è così sviluppato un paesaggio culturale, ci ricordaBätzing, ben conservato, dall’aspetto peculiare che lorende sostanzialmente unico e inconfondibile comenessun altro luogo delle Alpi. «le persone che vi abi-tano possono perciò riconoscere, nella conformazionespecifica del paesaggio il loro lavoro e quello delle ge-nerazioni che li hanno preceduti, un concetto che nel-l’area di lingua tedesca viene tradizionalmenteespresso col termine Heimat (piccola patria) e cheoggi spesso è chiamato “identità regionale”».7
l’uomo è riuscito a sfruttare le risorse senza esaurirle,attento agli equilibri naturali e lontano da ogni logicadi supersfruttamento. l’economia agricola di auto-consumo, la lavorazione del suolo ponderata tra pro-duzione e manutenzione, la scelta della posizione degliinsediamenti e delle tecnologie costruttive hannoconcorso a creare un modello sostenibile fondatosulla difesa dell’agricoltura, sulla conservazione della
popolazione di montagna e sul sostegno del turismo agestione familiare. «Il suo perimetro montuoso ha per-messo di mantenersi fedele ad atteggiamenti ecologicigià consolidati, e al contempo l’assimilazione gradualedi nuovi modelli culturali. la mutevolezza delle rela-zioni con il mondo esterno, insieme alla tenace ade-renza ai propri costumi tradizionali, ha caratterizzatoil tirolo sin dai tempi antichi».8 su questi presuppostisi sono innestate numerose leggi che fin dal lontanopassato hanno contribuito alla consevazione dell’equi-librio esistente tra le attività dell’uomo e il paesaggio.si è delineata così una grande omogeneità culturale,definita anche dalla particolare situazione sociale deicontadini tirolesi. Infatti «fin dai primissimi tempi ilmovimento di colonizzazione e le favorevoli condi-zioni di possesso stimolarono la crescita di un cetocontadino politicamente libero. In questo, il tirolo sitrovò in una posizione più avanzata rispetto alle zone
vicine, tanto che l’indipendenza del contadino era de-stinata a rimanere una delle caratteristiche salientidella popolazione tirolese fino al giorno d’oggi».9
I contadini indossano ancora con fierezza il loro tra-dizionale grembiule blu che ha assunto un forte si-gnificato simbolico. Già i conti del tirolo perseguirono una politica «voltaad accrescere l’indipendenza economica dei contadinidai signori feudali attraverso l’assegnazione di favore-voli diritti ereditari di possesso della terra»,10 così chei contadini diventarono la base strutturale della so-cietà. In seguito riuscirono ad acquisire pieni dirittisui loro poderi e, grazie allo sviluppo del commercio edelle città, a creare un mercato per i loro prodotti. Ciòcomportò il passaggio da un’agricoltura di sussistenzaa una di tipo commerciale, anche se «in generale, sonostate le aziende situate ad altitudini inferiori, nelleprincipali valli fluviali, a essere maggiormente in-fluenzate dal mercato, mentre quelle poste più in altohanno continuato a bilanciare strategie di mercato constrategie di sussistenza».11
oggi la scarsa redditività dell’agricoltura, le possibilitàofferte dal turismo e da altri settori hanno prodotto fe-nomeni di esodo selettivo e di riduzione della manodo-pera nei campi, provocando una parziale atrofizzazionedell’economia agricola che si limita sempre più alla mo-nocoltura del fieno. Per impedire il progressivo impo-verimento del paesaggio agrario, con la sua ricchezza ebiodiversità, si sono sviluppate iniziative locali e regio-nali con l’intento di valorizzare l’identità storica e cultu-rale della regione. l’impronta dell’uomo nell’ambiente,con tutte le forme di cultura materiale tramandatecinell’edilizia, nei manufatti e nelle tecnologie, ha un cor-rispettivo nell’apparato legislativo della Provincia diBolzano che è particolarmente sensibile alla tutela delpaesaggio naturale e antropico. Ma la conservazione del territorio è avvenuta, più checon norme recenti, grazie alla particolare tipologiadegli insediamenti, i masi sparsi o Einzelhöfen, pre-
senti in tutto il sudtirolo e le viles, piccoli villaggi for-temente aggruppati, diffusi nelle cinque valli ladine.Così si sono preservate le testimonianze dei modelliinsediativi antichi e originali, la cui presenza in mon-tagna garantisce ancora oggi un continuo controllogeologico e paesaggistico del territorio.
Il maso chiusol’antica istituzione del maso chiuso, il Geschlosse-
ner Hof, è caratterizzata da una particolare formavincolistica del territorio che ha garantito nei secolil’indivisibilità dell’azienda agricola, preservandoladal frazionamento e assicurando nello stesso tempoalla famiglia contadina sufficienti condizioni di so-stentamento. Il maso viene ereditato per legge dalprimogenito, mentre i fratelli e le sorelle minori potevano rimanervi, ma come manodopera a costozero. ogni maso include un complesso di edifici con desti-nazioni diverse, come l’abitazione, la stalla, il fienile,insieme a terreni agricoli e forestali di proprietà. oltreall’attività prevalente, costituita dall’allevamento, sicoltivano i campi e l’orto, seguendo ancora un sistemadi agricoltura mista che ha consentito fin dall’antichitàl’occupazione per tutto l’anno. Il maso chiuso ha origine nella tradizione germanicaportata nel tirolo dai Bavari e poi sviluppata nel tardoMedioevo. I proprietari terrieri avevano capito che unasuddivisione delle fattorie e dei terreni avrebbe ridottola capacità produttiva e diminuito il raccolto, così conun editto del XV secolo proibirono ai contadini di ce-dere la coltivazione di parte dei terreni del maso senzala loro autorizzazione. In questo modo la famiglia ru-rale divenne la cellula fondamentale dell’organizza-zione sociale tanto che quando fu abolita nel 1929 aseguito dell’annessione del sudtirolo all’Italia, mostrònotevoli resistenze alla trasformazione, rimanendonell’uso comune e rispettata dalla maggioranza deicontadini. solo dopo il riconoscimento dello statuto
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d’Autonomia del 1948, fu creata una legge provincialea tutela del maso chiuso che da allora rappresenta unapeculiarità civilistica propria del sudtirolo. l’unitarietà e l’integrità del maso sono tuttora valoriculturali socialmente condivisi, anche se oggi questaistituzione predomina nelle zone di montagna, men-tre si è perduta in parte nei fondivalle a favore diun’agricoltura più intensiva.
le viles
Nelle cinque valli del Gruppo del sella si conserva ilricco patrimonio materiale e culturale ladino. In par-ticolar modo in Val Badia e nelle sue valli laterali, alungiarü, Marebbe, la Valle, situate ai margini dellecolonizzazioni e dei flussi economici, si è mantenutauna particolare tipologia di insediamento rurale, rap-presentata dalle viles, piccoli villaggi formati da di-verse aziende agricole familiari. le origini sembrano risalire alla colonizzazione ro-mana dei reti, tanto che presentano analogie anchecon altre aree affiliate alla cultura reto-latina, comele regioni svizzere confinanti. sviluppatesi nell’altoMedioevo nella forma che è ancora oggi abitata e vis-suta, le viles, come i masi, sono rimaste fedeli alla ti-pologia originaria, nonostante i continui restauri emodifiche. sono costruite sui versanti esposti al sole, al centrodelle aree coltivate, a un’altitudine compresa tra i1200 e i 1700 metri. In funzione della conformazionedel terreno, assumono vari modelli di aggregazione,a ventaglio, lineari o concentrici, per poter sfruttaremeglio l’esposizione e il rifornimento idrico, e peruna migliore organizzazione dei diversi fabbricati. Inlinea di massima ogni nucleo familiare possiede dueedifici: la ciasa, cioè l’abitazione, con cantina e ma-gazzino, e il majun, spesso collegato a terra da un ti-pico passaggio aereo, che include la stalla il fienile,chiamato tablé. In qualche caso si aggiungono il mu-lino, il granaio e la legnaia, in funzione delle esigenze
produttive e della situazione geografica. ogni vila compone un microcosmo, caratterizzatoda una forte omogeneità sociale, economica e cultu-rale evidenziata, nella maggior parte dei casi, anchedall’assenza di gerarchia tra gli edifici e dall’equa di-stribuzione del suolo coltivabile. Caratteristica diquesta tipologia di insediamento è il profondo sensodi solidarietà. la piazzetta centrale diventa il luogoprincipale della vita di relazione dove la fontana e ilforno per il pane sono a disposizione di tutta la co-munità.
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