+ All Categories
Home > Documents > «Siamo solo uomini che aiutano altri uomini» · toccati più o meno direttamente dal problema:...

«Siamo solo uomini che aiutano altri uomini» · toccati più o meno direttamente dal problema:...

Date post: 19-Jul-2020
Category:
Upload: others
View: 0 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
7
Periodico dell’Associazione Onlus Cancro Primo Aiuto Anno 1 - N. 1 - Aprile 2005 L ’Associazione benefi- ca monzese Onlus Cancro Primo Aiuto opera sul territorio a favore dei malati di tumore. Fondata alla fine del 1998 in memoria del senatore Walter Fontana, in breve ha este- so il suo raggio d’azione alle province di Lecco e Sondrio. Le attività dell’associazione sono regolate da un comitato tecnico- scientifico, i cui membri sono medici specialisti in diversi am- biti, vantano prestigiosi curricu- lum e lavorano nelle principali strutture sanitarie sull’asse Monza-Lecco-Sondrio. La missione. La Cancro Pri- mo Aiuto nasce 6 anni fa dalle ceneri della Futuro, un’associa- zione senza fini di lucro che rac- coglieva fondi da destinare al- l’A.I.R.C. (Associazione Italiana per la Ricerca contro il Cancro) e all’A.I.L. (Associazione Italiana Leucemia). Il campo d’azione è rimasto per lo più lo stesso, ma è cambiata la missione benefica: la Cancro Primo Aiuto ha iniziato a raccogliere fondi sul territorio, per finanziare interventi mirati e concreti sul territorio medesi- mo. Primo Aiuto, perché sin dal- l’inizio uno degli obiettivi prin- cipali è stato offrire assistenza immediata alle persone, soprat- tutto nella prima fase della ma- lattia. Ma non solo: in questi an- ni, oltre all’attività di primo in- tervento, la Onlus monzese ha fornito mezzi e personale spe- cializzato agli ospedali delle province di Monza, Lecco e Son- drio, ha avviato una stretta col- laborazione con l’Hospice S. Ma- ria delle Grazie di Monza e con quello della Clinica Zucchi di Carate, e ha investito in forma- zione e sensibilizzazione (iscri- vendo alcuni medici del territo- rio a corsi di aggiornamento e or- ganizzando convegni per spe- cialisti ed eventi culturali per un ampio pubblico). I progetti in cor- so. Sono 4 i progetti più importanti e carat- teristici di questa Onlus (orga- nizzazione non lucrativa di utili- tà sociale), che spazia dalla Brianza alla Valtellina: il servi- zio di assistenza telefonica, il piano di assistenza domiciliare integrata, il finanziamento dell’- Hospice di Morbegno e l’11a edizione del Memorial Fontana. Il primo è un esempio promet- tente della vocazione della Can- cro Primo Aiuto al primo inter- vento: è un centralino di ascolto e orientamento oncologico, ge- stito da un gruppo di volontarie, coordinate da un’equipe di spe- cialisti del comitato tecnico- scientifico dell’associazione. Il servizio è attivo dall’inizio di settembre 2004 ed è rivolto ai cit- tadini che vivono in uno dei 63 comuni dell’ASL MI 3 e sono toccati più o meno direttamente dal problema: cioè i pazienti e i loro cari. Il secondo e il terzo progetto, invece, sono un chiaro esempio dell’impegno dell’asso- ciazione monzese nei confronti dei pazienti a fine vita. Un tema tabù di cui si parla poco e si sa ancor meno. Quando la malattia non risponde più in modo posi- tivo al trattamento ed i rischi su- perano i benefici, il paziente vie- ne sottoposto alle cosiddette cu- re palliative: cioè cure che servo- no ad alleviare il dolore fisico. L’obiettivo è aiutare il paziente ed i suoi cari a vivere fino alla fi- ne nel miglior modo possibile. Il 75% delle persone può ricevere cure palliative a casa propria, grazie ad un piano di assistenza domiciliare integrata; il restante 25%, invece, deve essere ricove- rato in un’apposita struttura sa- nitaria: l’Hospice. Non è un ospizio, né tanto meno un "ghet- to di morte", come lo definisce qualcuno. È la risposta più uma- na ed efficiente ad una situazio- ne critica. Detto questo, nel set- tembre del 2003 la onlus Cancro Primo Aiuto e la Fondazione don Carlo Gnocchi hanno avvia- to un piano comune di assisten- za domiciliare integrata per i pa- zienti a fine vita nei comuni di Monza e Villasanta. Il progetto prevede l’impiego di un’equipe multi-professionale e il coinvol- gimento del medico di base, del- l’ospedale di Monza, dell’ASL e dei due comuni. Sul versante hospice, invece, oltre alla già ci- tata collaborazione con quello di Monza e quello di Carate, la Cancro Primo Aiuto contribuirà a finanziare la costruzione dell’- Hospice di Morbegno, per com- pletare l’offerta di ricovero per cure palliative nella provincia di Sondrio. Il progetto è stato pre- sentato in conferenza stampa a Morbegno il 22 ottobre 2004. In- fine lo sguardo sulle principali attività della Cancro Primo Aiu- to si posa in Valtellina. Sulle pi- ste di Bormio, Chiesa Valmalen- co e Caspoggio, da metà dicem- bre 2004 a metà marzo 2005, si è svolta l’11a edizione del Memo- rial Walter e Ornella Fontana: un circuito di gare internazionali di sci alpino, dedicato al ricordo del senatore monzese e di sua fi- glia. U n uomo geniale e generoso, dotato di uno spiri- to d’iniziativa e di una lungimiranza non comu- ni. Combatté in Russia con l'autoreparto della divisione sforzesca e nel 1943 riuscì a scampare per mi- racolo all'accerchiamento nemico. Terminato il conflit- to, contribuì in modo determinante ad avviare l’impre- sa di famiglia. Non fu solo un grande imprenditore, ma anche un abile politico: fu eletto senatore nel 1988 nel collegio di Monza, presidente della Federmeccanica e della Federlombarda. Per dodici anni ricoprì la carica di presidente dell' A.I.M.B. (Associazione Industriali Monza e Brianza), fu sindaco della sua città, Briosco, presidente della Commissione Industria del Senato e della Camera di Commercio Italo-Cinese, membro del- la giunta esecutiva di Confindustria, vice presidente della Banca del Monte di Milano e presidente dell'Ac- cademia di Brera. Inoltre era un uomo profondamente legato alle sua terra: fu il primo nel 1990 ad promuove- re il progetto per rendere Monza provincia. La onlus Cancro Primo Aiuto è stata fondata in sua memoria. Walter Fontana, imprenditore, politico ma soprattutto uomo generoso «Siamo solo uomini che aiutano altri uomini» È questo il motto che anima gli operatori della Onlus Cancro Primo Aiuto. Chi sono e che cosè l’Associazione copia g copia gr atuita atuita Direttore responsabile: Luigi Losa - Stampa: S.p.A. Tipografica Sociale - Monza - (In attesa di autorizzazione Tribunale di Monza)
Transcript
Page 1: «Siamo solo uomini che aiutano altri uomini» · toccati più o meno direttamente dal problema: cioè i pazienti e i loro cari. Il secondo e il terzo progetto, invece, sono un chiaro

Periodico dell’Associazione Onlus Cancro Primo Aiuto

Anno 1 - N. 1 - Aprile 2005

L’Associazione benefi-ca monzese OnlusCancro Primo Aiutoopera sul territorio afavore dei malati di

tumore. Fondata alla fine del1998 in memoria del senatoreWalter Fontana, in breve ha este-so il suo raggio d’azione alleprovince di Lecco e Sondrio. Leattività dell’associazione sonoregolate da un comitato tecnico-scientifico, i cui membri sonomedici specialisti in diversi am-biti, vantano prestigiosi curricu-lum e lavorano nelle principalistrutture sanitarie sull’asseMonza-Lecco-Sondrio.

La missione. La Cancro Pri-mo Aiuto nasce 6 anni fa dalleceneri della Futuro, un’associa-zione senza fini di lucro che rac-coglieva fondi da destinare al-l’A.I.R.C. (Associazione Italianaper la Ricerca contro il Cancro) eall’A.I.L. (Associazione ItalianaLeucemia). Il campo d’azione èrimasto per lo più lo stesso, ma ècambiata la missione benefica: laCancro Primo Aiuto ha iniziatoa raccogliere fondi sul territorio,per finanziare interventi mirati econcreti sul territorio medesi-mo. Primo Aiuto, perché sin dal-l’inizio uno degli obiettivi prin-cipali è stato offrire assistenza

immediata alle persone, soprat-tutto nella prima fase della ma-lattia. Ma non solo: in questi an-ni, oltre all’attività di primo in-tervento, la Onlus monzese hafornito mezzi e personale spe-cializzato agli ospedali delleprovince di Monza, Lecco e Son-drio, ha avviato una stretta col-laborazione con l’Hospice S. Ma-ria delle Grazie di Monza e conquello della Clinica Zucchi diCarate, e ha investito in forma-zione e sensibilizzazione (iscri-vendo alcuni medici del territo-rio a corsi di aggiornamento e or-ganizzando convegni per spe-cialisti ed eventi culturali per un

ampio pubblico).

I progetti in cor-so. Sono 4 i progettipiù importanti e carat-

teristici di questa Onlus (orga-nizzazione non lucrativa di utili-tà sociale), che spazia dallaBrianza alla Valtellina: il servi-zio di assistenza telefonica, ilpiano di assistenza domiciliareintegrata, il finanziamento dell’-Hospice di Morbegno e l’11aedizione del Memorial Fontana.Il primo è un esempio promet-tente della vocazione della Can-cro Primo Aiuto al primo inter-vento: è un centralino di ascoltoe orientamento oncologico, ge-stito da un gruppo di volontarie,coordinate da un’equipe di spe-cialisti del comitato tecnico-scientifico dell’associazione. Ilservizio è attivo dall’inizio disettembre 2004 ed è rivolto ai cit-tadini che vivono in uno dei 63comuni dell’ASL MI 3 e sonotoccati più o meno direttamente

dal problema: cioè i pazienti e iloro cari. Il secondo e il terzoprogetto, invece, sono un chiaroesempio dell’impegno dell’asso-ciazione monzese nei confrontidei pazienti a fine vita. Un tematabù di cui si parla poco e si saancor meno. Quando la malattianon risponde più in modo posi-tivo al trattamento ed i rischi su-perano i benefici, il paziente vie-ne sottoposto alle cosiddette cu-re palliative: cioè cure che servo-no ad alleviare il dolore fisico.L’obiettivo è aiutare il pazienteed i suoi cari a vivere fino alla fi-ne nel miglior modo possibile. Il75% delle persone può riceverecure palliative a casa propria,grazie ad un piano di assistenzadomiciliare integrata; il restante25%, invece, deve essere ricove-rato in un’apposita struttura sa-

nitaria: l’Hospice. Non è unospizio, né tanto meno un "ghet-to di morte", come lo definiscequalcuno. È la risposta più uma-na ed efficiente ad una situazio-ne critica. Detto questo, nel set-tembre del 2003 la onlus CancroPrimo Aiuto e la Fondazionedon Carlo Gnocchi hanno avvia-to un piano comune di assisten-za domiciliare integrata per i pa-zienti a fine vita nei comuni diMonza e Villasanta. Il progettoprevede l’impiego di un’equipemulti-professionale e il coinvol-gimento del medico di base, del-l’ospedale di Monza, dell’ASL edei due comuni. Sul versantehospice, invece, oltre alla già ci-tata collaborazione con quello diMonza e quello di Carate, laCancro Primo Aiuto contribuiràa finanziare la costruzione dell’-Hospice di Morbegno, per com-pletare l’offerta di ricovero percure palliative nella provincia diSondrio. Il progetto è stato pre-sentato in conferenza stampa aMorbegno il 22 ottobre 2004. In-fine lo sguardo sulle principaliattività della Cancro Primo Aiu-to si posa in Valtellina. Sulle pi-ste di Bormio, Chiesa Valmalen-co e Caspoggio, da metà dicem-bre 2004 a metà marzo 2005, si èsvolta l’11a edizione del Memo-rial Walter e Ornella Fontana: uncircuito di gare internazionali disci alpino, dedicato al ricordodel senatore monzese e di sua fi-glia.

Un uomo geniale e generoso, dotato di uno spiri-to d’iniziativa e di una lungimiranza non comu-ni. Combatté in Russia con l'autoreparto della

divisione sforzesca e nel 1943 riuscì a scampare per mi-racolo all'accerchiamento nemico. Terminato il conflit-to, contribuì in modo determinante ad avviare l’impre-sa di famiglia. Non fu solo un grande imprenditore, maanche un abile politico: fu eletto senatore nel 1988 nelcollegio di Monza, presidente della Federmeccanica edella Federlombarda. Per dodici anni ricoprì la carica di

presidente dell' A.I.M.B. (Associazione IndustrialiMonza e Brianza), fu sindaco della sua città, Briosco,presidente della Commissione Industria del Senato edella Camera di Commercio Italo-Cinese, membro del-la giunta esecutiva di Confindustria, vice presidentedella Banca del Monte di Milano e presidente dell'Ac-cademia di Brera. Inoltre era un uomo profondamentelegato alle sua terra: fu il primo nel 1990 ad promuove-re il progetto per rendere Monza provincia. La onlusCancro Primo Aiuto è stata fondata in sua memoria.

Walter Fontana, imprenditore, politico ma soprattutto uomo generoso

«Siamo solo uomini che aiutano altri uomini»

È questo il motto che anima gli operatori della Onlus Cancro Primo Aiuto. Chi sono e che cosè l’Associazione

copia gcopia grratuitaatuita

Direttore responsabile: Luigi Losa - Stampa: S.p.A. Tipografica Sociale - Monza - (In attesa di autorizzazione Tribunale di Monza)

Page 2: «Siamo solo uomini che aiutano altri uomini» · toccati più o meno direttamente dal problema: cioè i pazienti e i loro cari. Il secondo e il terzo progetto, invece, sono un chiaro

APRILE 2005

Chi è il Dr. Spata? Quali sonoi momenti salienti della sua car-riera?

Dopo la laurea in psicologia, holavorato per dodici anni (dal ’62 al’74) nel carcere minorile Cesare Bec-caria, dove ho appreso l’importanzadi valori quali la comunicazione, larelazione, il lavoro di squadra e ilsenso di appartenenza. Nel ‘72 hoiniziato la mia esperienza in sanità:per vent’anni ho diretto un grandecentro di riabilitazione pubblica perdisabili a Cusano Milanino. Poi dal’91 al ‘94 ho lavorato come ammini-stratore straordinario presso l’USL65 di Sesto S. G. Infine nel ’98 sonodiventato Direttore Generale dell’A-zienda Ospedaliera di Vimercate, conl’obiettivo di aziendalizzare la sa-nità pubblica (secondo le indicazio-ni del Decreto Legislativo 502 del’92).

Cosa intende per “aziendaliz-zare”?

Il ministro circa un anno fa se ne èuscito con questa affermazione: “So-no un aziendalista pentito”. Io noncondivido questa posizione: “azien-dalizzare”, infatti, significa intro-durre nel sistema pubblico una seriedi strumenti tipici dell’azienda pri-vata, storicamente assenti fino adora.

Il processo di aziendalizzazione,per sua natura complesso, comportala definizione degli obiettivi azien-dali per l’attuazione della cosiddet-ta “mission”, l’introduzione di stru-menti atti ad imbrigliare la spesa eda governarla secondo obiettivi diprogramma, la ridefinizione dellacapacità produttiva del personale,sia amministrativo che sanitario.

E’ chiaro che in Sanità l’obiettivonon è il profitto, ma il ripristino del-lo stato di salute del cittadino: perperseguire questo obiettivo, però, ènecessario che tutte le azioni, a tuttii livelli di responsabilità, siano uni-formate ai principi di efficienza, effi-cacia e appropriatezza.

Ispirandosi a questi principi ed

utilizzando strumenti strategiciquali il Controllo di Gestione, anchel’Azienda pubblica può e deve ope-rare un salto di qualità, riducendo ledifficoltà che permangono nella ge-stione del pubblico rispetto al priva-to. L’importante è saper identificarele priorità e muoversi tempestiva-mente. Cercherò di spiegarmi conun esempio: se un privato vuolecomprare una TAC, può decidere in48 ore quale apparecchiatura acqui-sire scegliendola tra le migliori mar-che, non ha bisogno di fare una garad’appalto. Tuttavia, se nel settorepubblico sono in grado di sviluppa-re una attenta azione programmato-ria, posso risolvere il problema: poi-ché il rinnovo tecnologico non è maiurgente, ma programmabile, saràpossibile avviare le procedure d’ap-palto per tempo, al fine di ottenere ilmedesimo risultato.

E’ questa cultura della conoscen-za, della programmazione e dellatempestività di azione che deve es-sere sviluppata.

Spesso si afferma che occorre piùdenaro per la Sanità: io credo inveceche il finanziamento sanitario nazio-nale sia sufficiente, ma che sia neces-sario sviluppare ulteriormente, atutti i livelli, una maggiore oculatez-za nell’utilizzo delle risorse econo-miche in senso lato e quindi denaro,risorse umane, tecnologia.

Una precisazione: cosa inten-de per “controllo di gestione”?

Il controllo di gestione è la vista:voglio vedere cosa accade in casamia. E’ la reportistica per Centri diResponsabilità, è la contrattazionedel budget, è, in una parola, lo stru-mento con il quale il Direttore Ge-nerale “governa” l’Azienda: è pre-zioso verificare trimestralmentel’andamento dei costi e dei ricavi ri-spetto al budget assegnato, ma è an-cora più prezioso ed utile conoscerecon la massima tempestività, direiquasi in tempo reale, l’andamentodei conti entro i primi giorni del me-se successivo a quello di rendiconta-

zione! E nella mia Azienda, graziead un percorso di responsabilizza-zione degli operatori e ad un Siste-ma Informativo pienamente ade-guato alle necessità, tutto ciò è pos-sibile: non solo per il Direttore Ge-nerale, ma per tutti i primari e capisala, che, via intranet, possono acce-dere alla reportistica d’interesse.

Qual è il compito del direttoregenerale?

Il direttore generale deve control-lare che l’offerta sanitaria sia effica-ce, efficiente e soprattutto appro-priata. E appropriatezza significanon curare i sani e curare i malati intempi giusti. Per esempio un Servi-zio di Pronto Soccorso che lavoracon attenzione e cura l’appropria-tezza non dovrebbe superare il 13%di ricoveri sul totale degli accessi.

Occorre tenere presente che ognigiorno di ricovero è un costo per l’o-

spedale e quindi per la collettività:non esiste solo il costo del personale(ed il suo difficile reperimento, spe-cie nella professione infermieristi-ca), ma dei pasti e della biancheria(13 – 14 euro) e, ovviamente, dei far-maci (circa 15 euro). Rapportato alnumero di ricoveri annuo (circa60.000) potete ben comprenderequanto incida.

Dal ’98 al ’03 l’Azienda di Vimer-cate ha ridotto di oltre 100.000 legiornate di degenza (attenzione, ilnumero di giornate non il numerodelle prestazioni offerte!) Ed è dimi-nuito anche il numero dei ricoveri,sempre secondo il criterio dell’ap-propriatezza: effettuiamo in day-hospital prestazioni e interventi cheprima facevamo in regime di ricove-ro, ed eroghiamo in regime ambula-toriale prestazioni che prima si face-vano in day-hospital.

E tutto ciò a favore di un altrogrande obiettivo che ci siamo postifin dall’inizio: l’umanizzazione del-le cure.

Qual è il progetto oncologicodell’azienda ospedaliera di Vi-mercate?

Il progetto è incentrato sul poten-ziamento del dipartimento onco-logico, secondo le direttive dellaRegione Lombardia, mediante il co-ordinamento di tutta la nostra atti-vità oncologica: quella ambulatoria-le, quella ospedaliera (ricoveri ordi-nari e day-hospital) e il Servizio diCure Palliative ambulatoriali e do-miciliari, che ha una forte e storicapresenza nel vimercatese e nel de-siano ed una attività più ridotta, macomunque significativa nella città diSesto.

La realizzazione e la piena opera-tività del dipartimento ha consenti-to di valorizzare le risorse del terri-torio e di creare una rete efficiente diservizi, per curare il cittadino vicinoa casa. Oggi, infatti, sono diminuiti iflussi migratori di cittadini dellaBrianza verso Milano.

Al completamento del progetto

oncologico dell’Azienda Ospedalie-ra di Vimercate, mancano ora solo 3elementi:– l’apertura dell’Hospice di Giussa-

no (prevista per il 2005);– l’attivazione di due linee radiote-

rapiche (progetto autorizzato dal-la Regione e finanziato per 3.9 mi-lioni, ma il cui costo si aggira intor-no a 11 milioni di euro);

– 0la ricollocazione e l’adeguamen-to della degenza di Oncologia Me-dica nel presidio di Desio che at-tualmente è ospitata all’internodel reparto di Medicina Generale.

Soffrite per la mancanza di in-fermieri?

Per la verità sì, ma non più di al-tre strutture sanitarie: per contenereil problema e favorire la presenza digiovani infermieri provenienti daaltre regioni, specie dal Sud, abbia-mo dotato di convitti tutti i nostriospedali.

Questo servizio a prezzi calmie-rati (100-150 euro per una camera),la presenza in Azienda di una sedeterritoriale del Corso di Laurea inInfermieristica dell’Università diMilano-Bicocca, e l’elevata profes-sionalità che è possibile acquisirepresso i nostri reparti di degenza,stimolano parecchi giovani a lavora-re nei nostri ospedali.

Comunque in futuro i problemisono destinati a diminuire: in Lom-bardia non saremo mai in grado didisporre di un numero di infermieriadeguato, ma nei prossimi anni, conl’allargamento dell’Europa a 25, po-tremo attingere anche alle risorseprovenienti dai paesi dell’Est, chesono dotati di ottima scuola.

Chi è il Dr. Bertoglio? Quali so-no i momenti salienti della suacarriera?Il mio nome è Ambrogio Bertoglio:58 anni, psichiatra, 25 anni di espe-rienza professionale in Lombardiae da sempre appassionato ai temidell’organizzazione sanitaria. Nel’95, dopo aver concluso un percor-so di strutturazione della psichia-tria in Brianza, ho iniziato ad ap-profondire alcuni aspetti organiz-zativi alla vigilia della legge regio-nale 31/97, che ha definito un nuo-vo modello per le aziende ospeda-liere lombarde.Dal ’95 al ’97 sono stato direttoresanitario e poi, dal ’98 al ’02, diret-tore generale dell’Azienda Ospe-daliera di Busto Arsizio, che com-prende gli ospedali di Busto, Tra-date e Saronno. Quest’ultimo è sta-to il primo in Lombardia ad ottene-re l’Accreditamento all’Eccellenzasecondo il metodo della Joint Com-mission International. Infine, nel 2003, ho assunto la cari-ca di direttore generale dell’Azien-da Ospedaliera San Gerardo Mon-za, che può sfruttare la sinergia traterapia e ricerca. È infatti uno dei 3ospedali universitari in Lombardiainsieme a Brescia e Varese, e vanta3.000 studenti, la laurea in medici-na, 3 lauree triennali e 30 scuole dispecialità post-laurea.

Qual è la portata della legge31/97?

Nei miei trent’anni di esperienzalavorativa mi sono più volte resoconto di una stranezza: uno scarsosuccesso a fronte di un grande im-pegno da parte degli operatorisanitari, cioè medici e infermieri.In altri termini prestazioni insuffi-cienti, nonostante l’impiego di in-genti risorse umane ed economi-che. Perché? A causa della burocra-zia, di un apparato amministrativoinadeguato. La legge 31/97 ha se-gnato una svolta sostanziale nellagestione della sanità pubblica: haintrodotto il meccanismo dellacompetizione, la libera scelta delcittadino, la distinzione tra eroga-tori (ospedali) e assicurazioni(ASL), il criterio dell’accredita-mento e il pagamento per presta-zioni. In particolare l’accredita-mento di strutture private rinoma-te ha innescato la competizione einnalzato la qualità dell’offerta. Adesempio una prestazione in unaclinica accreditata costa al cittadi-no come una prestazione in ospe-dale, cioè niente, e viene remune-rata nello stesso modo dalla regio-ne. In generale la legge in questio-ne ha dato il via all’aziendalizzazio-ne della sanità pubblica. Cosa intende per “aziendalizza-re”? Significa impiegare negli ospedalistrumenti tipici dell’azienda perraggiungere il miglior equilibriopossibile tra le risorse impiegate ela quantità e la qualità dell’offerta.

In questi 7 anni gli ospedali hannocambiato faccia: si è cominciato aparlare di programmazione, di nu-meri e di valutazione. Non siamoun’azienda, ma abbiamo iniziato aimpiegare strumenti aziendaliquali ad esempio la contabilitàanalitica, l’attribuzione per centridi costo e il controllo di gestione.L’aspetto fondamentale rimanel’impegno professionale, il capitaleumano, tuttavia non si può trascu-rare il criterio dell’appropriatezzatra budget e terapia: ad esempio larevisione del reparto di anestesia erianimazione ha permesso di au-mentare il numero di posti letto adisposizione. Tuttavia vi sono an-cora medici che pensano al budget

come ad una responsabilità scomo-da, un giogo, un limite. Siamo difronte ad un percorso culturale in-compiuto.A questo proposito qual è ilruolo del direttore generale?Il direttore generale è un grande in-tegratore, una figura che ha il com-pito di coordinare e valorizzare leunità operative, cioè i reparti. È unargomento caldo: vi è chi crede cheil direttore generale detenga trop-po potere. Per smentire questo giu-dizio abbiamo introdotto 3 piccolistrumenti: il tavolo del lunedì, ibracci destro e la riunione delle ca-posala. Il primo è un tavolo dire-zionale allargato ai clinici, un’occa-sione di dialogo tra i responsabilidella direzione generale, dei dipar-timenti, delle amministrazioni edei presidi. Inoltre abbiamo desi-gnato 3 bracci destro per ogni re-parto: per il controllo della qualità,dell’appropriatezza e del budget.Infine abbiamo istituito la riunionedelle caposala, che prefigura la rea-lizzazione del dipartimento infer-mieristico.Chiarite queste premesse, qualè il progetto oncologico dell’A-zienda Ospedaliera San Ge-rardo Monza?Il nostro obiettivo a breve termineè realizzare il Reparto di OncologiaMedica, in modo da completare ilDipartimento Oncologico. Questo,allo stadio attuale, è formato da 3reparti: Radioterapia, Ematologia

Adulti ed Ematologia Pediatrica.Due precisazioni a riguardo: il Re-parto di Oncologia Medica non èancora attivo, ma l’ospedale forni-sce cure oncologiche a livello diambulatorio, di day-hospital e ri-covera pazienti oncologici, soloche per il momento li ospita in altrireparti. Inoltre il San Gerardo è ilsecondo ospedale generalista inLombardia per numero di ricoverioncologici (ordinari + day-hospi-tal), secondo la classifica pubblica-ta sul numero di gennaio ’05 di QuiSanità notizie, il periodico della Di-rezione Generale Sanità. Tuttavia ilnostro progetto oncologico non silimita all’apertura del Reparto diOncologia Medica, ma prevede an-che lo sviluppo di un servizio inno-vativo sul territorio.Di cosa si tratta?Si tratta di un’agenzia di valuta-zione guidata dalla D.ssa Spe-ranza. La funzione di questa nuovaequipe è valutare la situazione deipazienti sottoposti a cure oncologi-che per programmarne la dimis-sione nel modo più opportuno.Questo è possibile solo a patto dicreare una rete di collaborazionetra gli specialisti del San Gerardo, imedici di base, l’hospice e l’equipedell’assistenza domiciliare integra-ta. Quindi l’agenzia di valutazioneha il compito di gestire questa rete:funge da collante tra i vari operato-ri e strutture sanitarie.

GGIIUUSSEEPPPPEE SSPPAATTAA

AAMMBBRROOGGIIOO BBEERRTTOOGGLLIIOO

Direttore generaleEnte Ospedaliero Vimercate

Direttore generaleAzienda Ospedaliera San Gerardo Monza

LE INTERVISTE

Page 3: «Siamo solo uomini che aiutano altri uomini» · toccati più o meno direttamente dal problema: cioè i pazienti e i loro cari. Il secondo e il terzo progetto, invece, sono un chiaro

APRILE 2005

All’inizio di settembre Cancro PrimoAiuto ha inaugurato un servizio di assisten-za telefonica per i cittadini che vivono inuno dei 63 comuni dell’ASL MI 3 e sono toc-cati più o meno direttamente da un proble-ma oncologico: in particolare è rivolto ai pa-zienti e ai loro famigliari. Un problema fratanti: portare una persona non autosuffi-ciente in ospedale. A chi chiedere? Se chia-mate lo 039/2494290 (dal lunedì al venerdì,dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18), una volon-taria di Cancro Primo Aiuto vi può darel’indirizzo della tal associazione di volonta-riato che vi offre un servizio di trasportoadeguato alle esigenze e alle disabilità delcittadino. Certo i problemi come questi so-no tanti, ma spesso il cittadino non sa che cisono diverse soluzioni a portata di mano.Basta farlo sapere: così è nata l’idea di atti-vare un servizio telefonico per ascoltare lepersone ed aiutarle a orientarsi nel labirintodei servizi socio-sanitari. Per questo CancroPrimo Aiuto ha inaugurato un servizio tele-fonico di ascolto e orientamento oncologi-co, ispirato, pur con le debite differenze, alservizio di assistenza telefonica S.O.S Tu-mori dell’Istituto dei Tumori di Genova.Questo è finanziato dalla Regione Liguria edal Ministero della Salute ed è gestito dauna squadra di professionisti; quello diCancro Primo Aiuto, invece, è gestito da ungruppo di volontarie, coordinate da un’e-quipe di specialisti del comitato tecnico-scientifico della onlus.

Ascolto. Le volontarie di Cancro Primo

Aiuto hanno seguito un corso di formazio-ne tenuto da una psico-oncologa e da spe-cialisti in oncologia, secondo le linee guidadel documento europeo relativo alle com-petenze del consulente telefonico (Euro-pean Helpline operators competencies: va-

lue base requirements for good practice). Loscopo del corso è prepararle ad ascoltare ledomande, analizzarle e dare risposte chiaree precise, nel breve corso di una telefonata.Inoltre seguono una lezione di aggiorna-mento una volta al mese. Orientamento.

Prima di attivare il servizio di assistenza te-lefonica, le volontarie hanno passato mesi araccogliere informazioni sui servizi socio-sanitari offerti all’interno dell’ASL MI 3 dal-le aziende ospedaliere, dall’ASL stessa, daicomuni e dalle associazioni di volontariato.1) Se, ad esempio, volete sapere dove e co-me usufruire di un servizio di diagnosticaper immagini, di un ambulatorio speciali-stico o di cure palliative, le volontarie han-no a disposizione le informazioni sulleaziende ospedaliere pubbliche (Vimercate eMonza) e private (Policlinico di Monza eClinica Zucchi a Monza), accreditate incampo oncologico sia per quanto riguardala diagnosi (cioè l’individuazione della ma-lattia) che la terapia (cioè la cura della ma-lattia). 2) Se avete domande sull’esenzionedel ticket per patologia (per farmaci, visitespecialistiche, ecc.), sull’invalidità civile osu come ottenere gli ausilii a cui ha diritto ilmalato (bastone, materasso antidecubito,pannolone per assorbenza, catetere, ecc.), levolontarie hanno a disposizione le informa-zioni rilasciate direttamente dall’ASL. 3)Inoltre hanno raccolto dati sui servizi socia-li offerti dal comune: ad esempio pasti a do-micilio e servizi A.S.A. (igiene personale,pulizie domestiche, ecc.). 4) Infine hannoraccolto dati sui servizi forniti dalle diverseassociazioni di volontariato attive nei 63 co-muni dell’ASL MI 3.

Nel settembre del 2003 la OnlusCancro Primo Aiuto ha concordatocon la Fondazione don CarloGnocchi un importante accordo diprogramma per l’attuazione di unaassistenza domiciliare per gli am-malati a fine vita nei comuni diMonza e Villasanta. Il progetto siinserisce in un piano di accordocon la Regione Lombardia e con laASL MI 3 per l’assistenza domici-liare oncologica.

Il progetto, preparato congiun-tamente dalla Fondazione donCarlo Gnocchi e dalla Onlus Can-cro Primo Aiuto, prevede il coin-volgimento dei comuni interessati, dell’Azienda ospedaliera di Mon-za e il contributo fondamentale deimedici di medicina generale, peroffrire una assistenza sia sanitariache socio-assistenziale, cardinefondamentale per una assistenzache si prende carico non solo deibisogni sanitari del paziente, maanche dei problemi di carattere psi-cologico ed esistenziale dei paren-ti nei confronti della ineluttabilitàdella malattia.

L’Hospice della Fondazionedon Carlo Gnocchi di Monza è ilcentro operativo e gestionale del-l’assistenza domiciliare.

Per garantire un’assistenza se-condo gli obiettivi prefissati, ab-biamo concordato di costruire unprogetto che vuole prendersi cari-co del paziente e della famiglia, persoddisfare i bisogni essenziali diun’assistenza domiciliare che si ba-sa su alcuni punti cardine:

1. Accoglienza: una figura pro-fessionale sanitaria di grande espe-rienza in campo oncologico, conuna forte carica umanitaria acco-glie i parenti , raccoglie i bisognidella famiglia e concorda un pro-gramma di contatto telefonicogiornaliero per verificare gli stan-dard assistenziali e per analizzarenuovi bisogni e problemi emersi .

L’infermiera è in costante contattosia con il medico che con l’infer-miere deputati all’assistenza ed inqualsiasi momento può attivareuna visita sia medica che infermie-ristica per sopravvenute nuoveemergenze o per modificare il pia-no assistenziale. Si confronta con ilmedico curante, con il personaledei reparti delle Aziende Ospeda-lieri, con i servizi sociali comunali.

2. PERSONALE SANITA-RIO: sia i medici che gli infermierisono stati selezionati secondo unparametro che ad una provata ca-pacità professionale associa unaetica professionale per garantireuna assistenza domiciliare chevuole prendersi carico sia dell’am-malato che dei famigliari. Settima-nalmente vi è una riunione di tuttigli operatori per analizzare se l’as-sistenza ha garantito i bisogni siasanitari che socio- assistenziali del-l’assistito e della famiglia. Per otti-mizzare l’attività assistenziale èstata costruita una cartella clinica,sulla base delle esperienze clinichepiù significative, che analizza iparametri clinici, la presenza didisabilità parziali o totali, la com-

parsa di complicanze, gli stadi evo-lutivi della malattia, l’efficacia del-la terapia del dolore. Analizza inol-tre la consapevolezza della malat-tia e della sua gravità sia nel pa-ziente che nei parenti e lo stressevidenziato nei componenti dellafamiglia.

3. ASSISTENTE SOCIALE:verifica la presenza di problemati-che socio- assistenziali nell’ambitodella famiglia per preparare unarelazione da sottoporre ai servizisociali comunali per completarel’assistenza domiciliare. Collaboraalle riunioni di equipe.

4. PSICOLOGA: viene coin-volta quando gli operatori sanitaririscontrano problematiche psicolo-giche concomitanti all’evoluzionedella malattia, sia nell’ammalatoche nei componenti della famiglia,e nelle fasi della elaborazione dellutto.

Per garantire una assistenza do-miciliare sia il medico che l’infer-miere hanno una reperibilità nelle24 ore per 7 giorni settimanali: almomento della presa in carico del-

l’assistenza i famigliari hanno adisposizione il cellulare sia del me-dico che dell’infermiere. Il medicocurante può comunicare con il per-sonale sanitario in qualsiasi mo-mento, sia per concordare una tera-pia o per valutare un nuovo pianoassistenziale.

Per migliorare l’assistenza do-miciliare sono stati concordati con iresponsabili dell’ASL di affidarel’incarico di redigere le richieste diausilii quali il letto a snodo, il ma-terasso anti-decubiti, la carrozzina,i pannoloni ad assorbenza al medi-co specialista oncologo della Fon-dazione, dott. Carlo Cacioppo,mentre il direttore del Distretto diMonza dott. Antonio Mauri, ga-rantisce che questo materiale ven-ga portato al domicilio del pazien-te entro 72 ore dalla richiesta.

Con i Comuni di Monza e Villa-santa sono state concordate moda-lità di collaborazione per garantirenel più breve tempo possibile l’at-tuazione di un piano socio-assi-stenziale al domicilio.

Nel 2004 sono stati assistiti 148pazienti nei comuni di Monza eVillasanta per un totale di 5159giornate di assistenza domiciliare.

Sono state effettuate 1023 visitemediche, 2185 visite infermieristi-che. 22 pazienti sono stati valutatidall’assistente sociale che ha atti-vato una assistenza socio-assisten-ziale: di questi 12 sono stati seguitisolo da personale Don Carlo Gnoc-chi, mentre 10 sono stati seguiti dapersonale comunale, in collabora-zione con personale Don Gnocchi.12 pazienti sono stati valutati dallapsicologa per problemi emersi du-rante l’assistenza sia nei confrontidei pazienti che dei famigliari.L’infermiera dell’accoglienza hagestito 3581 telefonate con una me-dia di 0.97 telefonate /paziente/giorno. Secondo i parametri dellaSocietà Italiana di Cure Palliative,una caratteristica di eccellenza diun servizio che segua i pazienti afine vita è rappresentato dalla per-centuale dei pazienti che decedepresso il proprio domicilio: nel2004 il 92% dei pazienti sono statiseguiti fino alla fine al domicilio.Garanzia di una buona assistenza èanche il numero limitato di ricove-ri impropri e nel nostro caso solo 4sono ricorsi alle prestazioni diPronto Soccorso o hanno avuto ri-coveri impropri

ATTIVITÀASSISTENZA

DOMICILIARE 2004

PAZIENTI 148

VISITE MEDICHE 1023

VISITE INFERMIERISTICHE 2185

PAZIENTI VALUTATI ASS. SOCIALE 22

PAZIENTI VALUTATI PSICOLOGA 12

TELEFONATE EFFETTUATE 3581

ASSISTENZAL’Hospice della Fondazione don Carlo Gnocchi di Monza

Servizio di assistenza TELEFONICA

Page 4: «Siamo solo uomini che aiutano altri uomini» · toccati più o meno direttamente dal problema: cioè i pazienti e i loro cari. Il secondo e il terzo progetto, invece, sono un chiaro

stirli?, eppure ce l’abbiamo fatta e l’esperien-za è stata molto positiva non solo per gliOspiti che, anche mediante queste esperienzevenivano aiutati a riappropriarsi della pro-pria identità, ma anche per il personale chetrovava sempre più significato e motivazionenella propria operatività.

Per alcuni Ospiti, inoltre, questi momentiparticolari di vita hanno rappresentato un’oc-casione di riscatto sociale perché c’erano per-sone che non avevano mai visto dal vero, nétanto meno utilizzato il mezzo aereo; c’eranoOspiti che non avevano mai visto il mare. Aduno di loro, una volta, ho chiesto: Come se loimmaginava? Grande. Ed ora che l’ha visto comele sembra? Immenso.

Il dolore avvicina l’uomo a Dio? “… Vai a recuperare la vita che non c’è, ma ci

potrebbe essere”: queste sono parole di DonCarlo Gnocchi. Per il nuovo contesto in cui mitrovo ad operare queste parole sono, innanzitutto, un incitamento a lenire il dolore ed a cu-rare sempre anche quando non si può guarireperché, se la persona umana non soffre o sof-fre meno, è più libera interiormente di rela-zionarsi con gli altri ed, eventualmente, conDio.

Solo allora può essere possibile accostarsial paziente ed, eventualmente, proporgli dinon gettare via la propria sofferenza, di tentare divalorizzare anche il suo dolore inchiodandolo allacroce di Cristo sulla quale si perpetua non solo laredenzione dell’umanità e della storia a partiredalla Risurrezione, ma anche la ‘via crucis’ dellasofferenza, in ogni creatura ancora violentata daldolore. Tutto ciò ha valore per colui che tentadi credere. Il Dio di Gesù Cristo è un Dio vici-

no. Ecco il senso anche delNatale che tra un mese an-cora celebreremo: Dio, inGesù Cristo, è già venuto, ègià qui.

La Chiesa è contro laterapia del dolore?

Non è scritto da nessunaparte nella Bibbia che non sidebba fare tutto il possibileper curare chi soffre. Sareb-be sufficiente utilizzare lapropria razionalità per in-tuire, percepire questo im-portante concetto esisten-ziale. Soprattutto, ci rincuo-rano e ci supportano oltreche tante testimonianze didedizione di ogni fede e diogni cultura, anche ciò che iVangeli ci tramandano del-l’agire di Cristo, sempre cir-condato da folle che cerca-vano in Lui guarigione e di-gnità. Valga, comunque, ilsuo mandato agli Apostoli:”…Chiamò a sé i Dodici ediede loro potere ed autori-tà su tutti i demòni e di cu-rare le malattie” (Lc. 9,1) o,più direttamente: “…Quan-do entrerete in una città,[…] curate i malati che vi sitrovano e dite loro che si èavvicinato il regno di Dio”(Lc. 10, 8-9).

Nella storia del Cristia-nesimo vi sono stati periodibui nei quali è stato enfatiz-

zato il dolore (dolorismo) nel senso di un vo-ler/dover soffrire: essere cristiani non significaessere masochisti. Pertanto, visto che mi sta in-terpellando sul senso, sul significato della ‘te-rapia del dolore’, le dico che non solo non èamorale; non solo è compatibile con il credocristiano, ma anche è profondamente etica elecita. Il dolore deforma la persona; se allevioil dolore, allontano la rabbia e il risentimento.Solo così il paziente può raggiungere queltanto di serenità che necessita per relazionar-si all’altro. La relazionalità è fondamentale edeterminante sempre, perché è una parte es-senziale di noi che ci definisce. Lo è ancor piùquando mi trovo in situazioni così delicate esegnanti come può essere la situazione di ter-minalità in cui la persona vuole essere cerca-ta, trovata, accudita, accarezzata, curata. Inaltri termini: non vuole sentirsi sola perché la

solitudine è la nientificazione dell’essere. Ec-co il valore delle cure palliative.

Qual è la differenza tra cure palliativee accanimento terapeutico?

Le cure palliative, dandosi per scontatoche abbiano un protocollo olistico, servono acurare ed a togliere o, quantomeno, ad alle-viare il dolore psicofisico ed a stemperare ildramma psicologico e spirituale del distaccoche il morire significa e comporta. Il loroobiettivo principale è quello di ottenere la mi-gliore qualità di vita per i pazienti e per i lorofamiliari.

Nel mondo dell’etica e della morale si defi-nisce ‘accanimento terapeutico’, l’insistenzanel ricorso a presidi medico-chirurgici chenon solo non migliorano in modo significati-vo la condizione del malato ma, addirittura,ne peggiorano e ne prolungano, senza spe-ranza di guarigione, l’esistenza penosa. Per-tanto, arriva il momento in cui ci si deve fer-mare, prendere atto della propria ed altrui na-turale relatività ed accompagnare come versol’estuario, con altrettanta dedizione e profes-sionalità, la vita che ancora esiste. In altre pa-role, ognuno ha il diritto di morire con digni-tà; ognuno ha il diritto a vivere la propriamorte in modo umano senza trasformare lapropria vita in un artificio tecnico.

Un altro pensiero le voglio lasciare. Portareun supplemento di umanità dove una perso-na soffre e muore è compito dei parenti, degliamici ma, anche, del personale sanitario che èinterpellato direttamente da questa esigenzadi umanizzazione del morire, perché non sipuò separare del tutto l’arte del guarire, dallacapacità di incontrare, come uomini, la perso-na che soffre.

Chi ha il privilegio di accompagnare qual-cuno negli ultimi istanti della vita, sa di entra-re in una dimensione molto intima perché lapersona, prima di morire, vuole lasciare ac-canto a chi l’accompagna l’essenziale di sé.Soprattutto, si riimpara a vivere più intensa-mente e con maggior coscienza ciò che ci è da-to di vivere, gioie e dolori, apprezzando an-che le più piccole cose quotidiane ed ovvie co-me il semplice fatto di respirare o di cammi-nare.

I cosiddetti ‘moribondi’ sono grandi mae-stri!

APRILE 2005

Chi è il Dr.Cacioppo?Cosa ha fatto prima di di-ventare il direttore medico dell’hospice“Madonnadelle Grazie”a Monza, in via Montecassino?

Fin dai tempi del liceo ho pensato di iscrivermi al-la Facoltà di Medicina, seguendo l’esempio di miononno, che era medico condotto nel bellunese. E co-sì ho fatto, mostrando sin dall’inizio una spiccatapreferenza per la medicina rispetto alla chirurgia. Alquarto anno ho iniziato a frequentare l’ospedale Ni-guarda di Milano, dove ho incontrato il prof. Ghis-landi, allora aiuto anziano in oncologia generale, unreparto all’avanguardia che consentiva ai medici diseguire il paziente a 360°: dalla diagnosi al decesso.Poi, dopo tre anni trascorsi in un piccolo ospedale inValtellina, sono ritornato a Niguarda come oncolo-go. Negli ultimi tempi, però, anche lì la musica ècambiata, così ho colto l’occasione e sono venuto alavorare all’hospice, senza sapere che di fatto avreicambiato mestiere: sì, perché la medicina palliativaè una medicina perdente, che offre poche possibilitàoperative. Per certi aspetti si tratta di un ritorno allavecchia medicina, volta più che altro a curare i sin-tomi, i disturbi. In ospedale si curano le malattie, in ho-spice le persone.

Cos’è hospice?L’hospice è una struttura di ricovero vicina al ver-

de, con poche camere, facile accesso e personale al-tamente qualificato. L’hospice è una risposta effi-ciente in un momento critico, aggravato dall’impos-

sibilità di ricevere assistenza domiciliare (cioè di es-sere curati a casa propria). Infatti il 20% dei pazientia fine vita non sono gestibili in questo modo, perchémanca la casa o la famiglia. Oppure la famiglia c’è,ma non è in grado di sostenere il peso del problema.L’alternativa all’hospice è il via vai ospedaliero ouna serie di brevi ricoveri. Inoltre nei nostri ospeda-li il dolore non è considerato un problema e, in ge-nerale, è dimostrato che l’attenzione al malato è in-versamente proporzionale alla gravità della malat-tia: più la malattia è grave, meno attenzione riceve ilpaziente. In altri termini il periodo di morte non èconsiderato un periodo di cura. Non è un atto di ac-cusa contro gli ospedali, è solo un problema di nu-meri: nel nostro hospice ci sono 20 persone per untotale di 18 pazienti.

Il paziente come percepisce il ricovero in ho-spice?

Il 50% dichiara di non conoscere la diagnosi, cioèla malattia o il suo stadio di evoluzione; l’80% di-chiara di non conoscere la prognosi (in questo caso iltempo che gli resta da vivere). I nostri ospiti, se vo-gliono, possono parlare di cancro e di terminalità,altrimenti hanno l’opportunità di guardarsi intorno:ogni 3 giorni si contano 2 “partenze”. In questo sen-so l’hospice diviene un’occasione per raggiungereun diverso stato di consapevolezza. Ricordo che ungiorno un paziente mi ha detto: Forse morire non è poicosì complicato e così doloroso come sembra.

CCAARRLLOO CCAACCIIOOPPPPOO

DDOONN SSEERRGGIIOO DDIIDDOONNÈÈ

Direttore medico dell’hospice “Madonna delle Grazie” a Monza, in via Montecassino

L’HOSPICE«MADONNA

DELLE GRAZIE»A MONZA

APRILE 2005

I numeri dell’ hospice dall’1.4.2000 al 31.12.2004

Ricoveri Sesso % Età media Ricoveri l’anno458 Uomini 55 70 98381 Donne 45 71 81Tot. 839 Tot. 179

Chi è don Sergio? Cosa ha fattoprima di diventare il direttoredell’Hospice ‘S. Maria delle Grazie’a Monza?

1) Ordinato sacerdote nel 1976, hoinsegnato per 19 anni religione in varilicei milanesi e, per alcuni anni, sonostato docente di etica alla Clinica ‘Ca-pitanio’ ed all’Ospedale’ S. Carlo’ diMilano, vivendo, nel contempo, l’e-sperienza di vita pastorale in Oratorioed in Parrocchia. Dopo un discreto pe-riodo di direzione di un liceo linguisti-co e scientifico di Milano, sono passatoa tempo pieno, ormai da 10 anni, inFondazione Don Carlo Gnocchi – ON-LUS dove ho operato come Direttoredi Centro. Da pochi mesi, gli ultimi in-carichi affidatimi sono quelli di Diret-tore dell’Hospice ‘S. Maria delle Gra-zie’ di Monza ed, in sede a Milano, dicollaboratore con il Presidente dellaFondazione. Alterno, pertanto, il miotempo settimanale tra Monza e Mila-no.

Credo che una teologia ed un’eticanon solo non possano prescindere dal-l’uomo, ma anche non possano partirese non dall’uomo, perché è il verticedel creato. Inoltre, la mia dedizione al-l’insegnamento ha sempre avuto unfondamentale aggancio pastorale e so-ciale, perché ho sempre tentato dicomprendere l’uomo nel suo agire enel suo vivere proprio a partire dalproprio inalienabile contesto esisten-ziale. Anche per questo motivo, quan-do posso, sono molto interessato adaccostare ed a scoprire l’uomo in ogni la-

titudine. E’ questo il senso dei mieiviaggi all’estero

2) Per 10 anni sono stato Direttoredel Centro ‘S. Maria al Monte’ di Mal-nate (VA), la prima ad esserci della cin-que R.S.A. di cui dispone la Fondazio-ne Don Carlo Gnocchi. E’ un Centrogeriatrico di assistenza per anziani to-talmente non autosufficienti, dalla ca-pienza di n. 180 posti letto-degenzacon n. 140 dipendenti.

Se la situazione ottimale è quella didare a tutti la possibilità di essere cura-ti ed assistiti nella propria abitazione,il realismo del dato quotidiano è chenon sempre è possibile attuare questasignificativa ipotesi non solo per le si-tuazioni personali e familiari di tantiassistiti, ma anche per la polipatologiae l’acuzie che minano tante personeanziane. Pertanto, le R.S.A (ResidenzeSanitarie Assistenziali) non solo han-no ragion d’essere ma, per tante perso-ne, sono strutture provvidenziali doveessere accompagnati nel proprio ine-vitabile e delicato declino psicofisico,con il massimo rispetto della propriairripetibile identità. Evidentemente,tutte le strutture sanitarie e/o socio sa-nitarie vanno controllate nel modo concui vengono gestite e sulla qualità divita che riservano ai degenti.

Durante questi miei anni di servizioho potuto toccare con mano, quotidia-namente, la fragilità e la precarietàcreaturale. Eppure, anche in questoparticolare contesto esistenziale hotrovato una ricchezza umana inesti-mabile da assumere, proteggere e da

valorizzare, sentendo più che mai verele parole di S. Paolo: “… Portiamo in va-si di creta tesori inestimabili”.

In questi Ospiti erano di gran lungaprevalenti le patologie neuro-psichi-che (vasculopatie cerebrali e loro esiti,morbo di Alzheimer e sindromi de-menziali, malattie psichiche in sensostretto), seguite dalle patologie cardio-vascolari (cardiopatie scompensate evasculopatie periferiche), da malattieosteoarticolari invalidanti (artrosi,osteoporosi e fratture) e dalle patolo-gie respiratorie croniche. Negli ultimiquattro anni di mia permanenza alCentro, particolare rilievo avevano as-sunto i ricoveri anche per patologieneoplastiche avanzate e l’accoglienzadi malati in condizioni gravi, taloraterminali.

Opportunamente seguiti e stimola-ti, queste persone anziane e malate cheamano il rapporto umano e la chiac-chiera, si raccontavano volentieri equeste loro testimonianze sono poistate trascritte e raccolte in appositi fa-scicoli editati.

Inoltre, stante l’indispensabile col-laborazione di personale seriamentepreparato, formato e motivato, siamoriusciti ad organizzare per i nostriOspiti (sei anni consecutivi), la vacan-za al mare (Diano Marina e LignanoSabbiadoro), accolti in strutture op-portunamente attrezzate ed, almenodue volte, abbiamo raggiunto anche lameta di Lourdes. Anche per questeuscite, inizialmente, molti si chiedeva-no perché volete farlo? Come fate poi a ge-

I sani, invece, come percepiscono l’hospice?La maggior parte non sa cosa sia. Per certi aspet-

ti è un problema culturale: il tabù della morte. Ri-cordo la contestazione del vicinato prima dell’aper-tura dell’hospice. Purtroppo però misconoscerequesti problemi significa ridurre le possibilità di as-sistenza. Non bisogna dimenticare che il paziente afine vita ha il diritto di morire bene. La medicinapalliativa ha la presunzione di potersi prendere cu-ra del paziente, grazie ad un’assistenza globale (omultiprofessionale): oncologi, infermieri, assistentisociali, psicologi e preti. Ma è fondamentale sapereche in hospice non ci si prende cura solo di una per-sona, ma di una famiglia. Spesso, infatti, le difficol-tà disgregano, ma, aiutando i famigliari a gestire ilproblema, è possibile ridare loro un po’ di serenitàe di unità. Mi viene in mente la storia di un padre edi due figli che si sono riavvicinati nelle ultime set-timane, dopo anni di lontananza. Tenete presenteche in hospice non ci sono orari di ingresso, c’è unletto extra, una cucinetta e pasti gratuiti per i fami-gliari. Inoltre è mia premura far cambiare periodi-

camente i fiori in camera mortuaria. E l’assistenzaalle famiglie continua, senza limiti di tempo, anchedopo la morte del paziente, con la terapia del lutto:un modo per aiutare i famigliari a superare il mo-mento critico della scomparsa di una persona cara.

“… Vai a recuperare la vita che non c’è,

ma ci potrebbe essere”Direttore dell’hospice “Madonna delle Grazie”

L’hospice “Madonna delle Grazie” a Monza, in via Montecassino

Vuoi aiutare l’Associazione:

Conto Corrente bancario per il bonifico: CANCRO PRIMO AIUTO ONLUS C/OBanca Popolare di Sondrio Fil. Seregno ABI 5696 CAB 33840 C/C 26828

Credito Artigiano Filiale di Seregno ABI 3512CAB 33841 C/C 2100

Conto Corrente postaleCancro Primo Aiuto Onlus c/c nr. 32176273

Page 5: «Siamo solo uomini che aiutano altri uomini» · toccati più o meno direttamente dal problema: cioè i pazienti e i loro cari. Il secondo e il terzo progetto, invece, sono un chiaro

APRILE 2005

Dal dicembre 2001 presso l’ospedale di Sondalo, nella parte set-tentrionale della provincia, è attivo un reparto di cure palliative e te-rapia del dolore, che offre servizi di ambulatorio (aperto 4 giorni lasettimana), di day-hospital e di hospice: 5 camere singole fornite dibagno personale, un letto extra per un ospite ed una piccola cucina.Questa struttura di ricovero rientra nella rete di cure palliative dellaRegione Lombardia e ha ricoverato in media 110 pazienti l’anno, conun tasso d’occupazione vicino al 100%. Tuttavia servono altri postiletto per pazienti a fine vita: la conferma viene dagli standard regio-nali, secondo cui la provincia di Sondrio si può dotare di 10 posti let-to per cure palliative (rispetto ai 5 attualmente disponibili), e dall’e-sperienza maturata in quasi 3 anni di attività del reparto di cure pal-liative e terapia del dolore presso l’ospedale di Sondalo. Inoltre laletteratura scientifica conferma l’importanza dell’accessibilità ai ser-vizi sanitari: il paziente a fine vita non può allontanarsi troppo dalproprio luogo di residenza per garantire un rapporto costante con lasua famiglia.

Alla luce di queste considerazioni, l’apertura di un secondo hospi-ce con 5 posti letto a Morbegno, nella parte meridionale della pro-vincia di Sondrio, è la soluzione più adeguata per completare l’of-ferta di ricovero per cure palliative sul territorio.

IILL PPRROOBBLLEEMMAA L’ HOSPICEA MOR BEGNO

SportGiorgioRocca

Nella provincia di Sondrio l’incidenza di morti per tumore tocca quasi il 33%

di tutte le cause di mortalità.

LLAA SSOOLLUUZZIIOONNEEL’Onlus Cancro Primo Aiuto ha l’obiettivo didonare fondi all’Ospedale di Morbegno per co-struire un hospice a Morbegno: l’obiettivo è completare l’offerta di ricoveroper cure palliative nella provincia di Sondrio.

Nel periodo 1997-2001, su 176.838 abitanti (nel 2001), in media 550malati l’anno sono morti di cancro. Questo è il frutto di una ricerca svol-ta dal dott. Valenti, responsabile dell’hospice di Sondalo, e dalla direzio-ne sanitaria dell’azienda ospedaliera di Sondrio. I dati sono in linea conquelli raccolti nelle altre province della Regione Lombardia e, allo stadioattuale, non vi sono ragioni per credere che il numero possa diminuirenei prossimi anni.

Inoltre il 90% dei pazienti oncologici a fine vita ha bisogno di cure palliative:ciò si evince dalla letteratura scientifica, dalla conferenza Stato-Regionidel 2000 e dal Piano Sanitario Regionale 2002-2004. Di questo 90% poi

il 75% può essere assistito a domicilio;il 25% invece non può essere assistito a casa per problemi familiari o

legati alla malattia stessa: quindi è necessario il ricovero in hospice.L’hospice è un reparto speciale che offre al paziente a fine vita un ser-

vizio di cure palliative con disponibilità di alcuni posti letto per la de-genza, secondo le norme regionali vigenti. Situato all’interno o nei pres-si di un ospedale, è progettato in modo da ricreare un ambiente il piùpossibile domestico.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce le cure palliativecome una serie di interventi terapeutici e assistenziali mirati alla “curaattiva, totale, di malati la cui malattia di base non risponde più ai tratta-menti specifici. Fondamentale è il controllo del dolore e degli altri sinto-mi e, in generale, dei problemi psicologici, sociali e spirituali. L’obietti-vo delle cure palliative è il raggiungimento della migliore qualità di vitapossibile per i malati e le loro famiglie. Molti aspetti dell’approccio pal-liativo sono applicabili anche più precocemente nel corso della malat-tia”.

IILL FFUUTTUURROONell’ottica di Cancro Pri-

mo Aiuto l’hospice rappre-senta il primo passo versol’attivazione di un serviziospecialistico di assistenzadomiciliare nella provinciadi Sondrio.

Si tratta di un progettod’assistenza integrata cherichiede la stretta collabora-zione di quattro attori:• il medico di medicina di

base, che è il motore del-l’assistenza domiciliare;

• gli specialisti in cure pal-liative dell’Azienda Ospe-daliera;

• il personale sanitario del-l’ASL;

• gli operatori sociali delComune che, con l’ero-gazione dei servizi socio-assistenziali, completanoil bisogno della famiglia.

La storia. La collaborazione tra Cancro PrimoAiuto e lo Sci Club Futuro è iniziata 15 anni fa,quando hanno organizzato alcune gare pro-mozionali in Valtellina. Poi col tempo sonopassati a gare provinciali, regionali e nazionali.Il salto di qualità, però, risale a 7 anni fa, quan-do hanno iniziato a inserire gare di livello in-ternazionale nel programma dell’evento. Nel1997 il circuito è stato abbinato alla LotteriaNazionale e ha avuto come madrine due cam-pionesse di fama mondiale: Deborah Compa-gnoni e Manuela Di Centa. Nel 2003 altre duenovità importanti: lo slalomista livignascoGiorgio Rocca è diventato il nuovo testimonialdel circuito e nel tabellone delle gare sono statiinseriti i campionati italiani assoluti di sci alpi-no, che si sono svolti in Valtellina nel mese dimarzo. A Chiesa Valmalenco si sono disputatele discipline tecniche: slalom speciale e slalomgigante; a Caspoggio, invece, quelle veloci: di-scesa libera e super gigante. “Caspoggio infat-ti è una delle uniche piste sempre attrezzateper le discipline veloci. A questo proposito va

detto che noi, come Sci Club Futuro, abbiamocontribuito a valorizzare questa vecchia pistache era stata smessa” precisa il presidente An-gelo Pozzoli.

Il tabellone. La prima parte del circuito si èsvolta nel mese di dicembre, a Bormio, dal 13al 16 dicembre: due slalom giganti e due sla-lom speciali (questi ultimi valevoli per la Cop-pa del Mondo Cittadini Trofeo Arnold Luun).23 nazioni e 280 atleti: questi sono i numeri del-l’evento. “C’è stata un’affluenza massiccia diconcorrenti, che hanno mostrato un elevato li-vello tecnico. Sono state alcune tra le prime ga-re disputate in Europa, perché c’è poca nevedappertutto in questo avvio di stagione. Pro-prio per questo vorrei ringraziare il mio staff,la S.I.B. (Società Impianti Bormio), che è riusci-ta a predisporre una pista adatta a gare di livel-lo internazionale, e le forze dell’ordine” affer-ma il presidente dello Sci Club Futuro. Il cir-cuito di gare internazionale è proseguito poi agennaio, dal 7 al 10, a Chiesa Valmalenco, con

altre due gare di gigante e due di slalom. 200atleti di 13 nazioni si sono sfidati in questa se-conda tappa. Poi a febbraio, dal 21 al 25, lostaff dello Sci Club si è spostato a Caspoggio,dove si sono disputate due discese libere e duesuper giganti. Infine a marzo, dall’8 al 13, il cir-cuito si è chiuso con icampionati italiani citta-dini.

World Cup 2005. Dal 19gennaio al 13 febbraio,Bormio ha ospitato icampionati mondiali disci alpino. In questo con-testo, l’11 febbraio, laCancro Primo Aiuto e loSci Club Futuro hanno or-ganizzato un evento col-laterale allo scopo di rac-cogliere fondi: un concer-to dei Dik Dik al Pentago-no di Bormio.

Bormio, lunedì 13 dicembre2004. Uno slalom speciale hadato il via all’11a edizione delMemorial Fontana, un circui-to internazionale di sci alpinointitolato alla memoria diWalter Fontana e di sua figliaOrnella. Il circuito è riservatoagli atleti della categoria citta-dini, è composto da 16 gare in-ternazionali e si chiuderà ametà marzo sulla pista diChiesa Valmalenco. Lo scopodell’evento è raccogliere fondiper la onlus Cancro PrimoAiuto. L’organizzazione dellegare è affidata allo Sci ClubFuturo di Seregno, presiedutodall’architetto Angelo Pozzo-li. Lui e il suo staff sono ilbraccio operativo di CancroPrimo Aiuto sulla neve: lamontagna è il loro mestiere.

Un trofeo di sci intitolato a Walter Fontana

Nasce a Coira in Svizzera il 6 ago-sto 1975. Vive a Livigno sin dal-l’infanzia. Fa parte del GruppoSportivo carabinieri. Nel 1996 de-butta in Coppa del Mondo a Fla-chau, in Austria. Nella stagione’98-’99 conquista il primo podioin carriera a Kitzbuhel. Nella sta-gione ’01-’02 viene consacrato trai migliori slalomisti del mondo.Nel ’02-’03 ottiene la prima vitto-ria in Coppa del Mondo a Wengen.In questa stagione e nella succes-siva si piazza al quarto posto nel-la classifica di specialità dellaCoppa del Mondo. Il 22 dicembre2004 a Flachau conquista la quar-ta vittoria in Coppa del mondo,nell’ultimo slalom dell’anno so-lare. Travolge gli avversari a Cha-monix il 10 gennaio 2005, ma è untrionfo velato di tristezza: "A dif-ferenza di Flachau non ho stappa-to la bottiglia, non ho brindato.Ovviamente soddisfattissimo perla vittoria, la mia quinta in car-riera, ma il mio pensiero in questigiorni va alle tragedie che hannocolpito il mondo: lo tsunami el'incidente ferroviario. E ancheper il papà del mio compagno disquadra Mirko Deflorian, scom-parso improvvisamente".

Page 6: «Siamo solo uomini che aiutano altri uomini» · toccati più o meno direttamente dal problema: cioè i pazienti e i loro cari. Il secondo e il terzo progetto, invece, sono un chiaro

APRILE 2005

LA DIAGNOSI PRECOCEIn generale, e in tutte le fasi della vita, l’esamepiù utile e semplice da eseguire èl’autopalpazione che consente di riconoscereeventuali formazioni anomale da segnalare alproprio medico. Seguendo un opportunoprogramma di screening, modulato in base all’età,le possibilità di guarire da questo tumorearrivano anche al 90%.

PROGRAMMA DI SCREENINGPER IL TUMORE AL SENO, ESAMI DA EFFETTUARETra i 25 e i 40 anniECOGRAFIA: un esame che utilizza gli ultrasuoni e non le radiazio-ni.Viene eseguito, a giudizio del medico, soprattutto al di sotto dei 40anni, quando il seno è più giovane, più denso e quindi più difficilmen-te individuabile dai raggi.Viene effettuato anche oltre i 40 anni, in ge-nere associato alla mammografia.

Verso i 40 anniMAMMOGRAFIA: questo esame radiologico può individuare preco-cemente il cancro, quando cioè il tumore è troppo piccolo per essereidentificato con l’autopalpazione. Eventualmente può essere associa-ta a un’ecografia.

Dopo i 40 anniMammografia a cadenza annuale.

Il cancro alla mammella

SSAANNDDRROO BBAARRNNII

IENTITÀ DEL PROBLEMA.

Il tumore alla mammella, insiemea quello dell’utero, è il più fre-quente nella donna e colpisce so-prattutto quelle con età superioreai 40 anni.

FATTORI DI RISCHIO.

1) la predisposizione familiare: il ri-schio aumenta, se una donna haun parente di primo grado(mamma o sorella) oppure dueo più parenti di secondo grado(nonna o zia) con tumore allamammella o all’ovaio, special-mente se bilaterale o diagnosti-cato in età giovanile;

2) la gravidanza: il rischio aumentase una donna non ha avuto figli(nullipara); se ha avuto il pri-mo quando aveva più di 30 an-ni; se ha avuto la prima me-struazione in età precoce (me-narca precoce) e/o è entrata inmenopausa più tardi del nor-male (menopausa tardiva);

3) l’obesità;

4) i contraccettivi orali: l’uso dellapillola, in alcuni casi, aumentaun poco il rischio, che comun-que scompare dopo 10 anni dal-l’interruzione; 5) la terapia or-monale sostitutiva, solo in pre-senza di altri fattori di rischioaggiuntivi.

PREVENZIONE PRIMARIA.

Significa evitare o rimuovere lecause che provocano il tumore.Importanti lo stile di vita e l’ali-mentazione: soprattutto niente fu-mo (responsabile del 30% dei tu-mori) e una dieta corretta (è im-portante consumare spesso cibiche contengono fibre e vitamine).L’obesità aumenta il rischio di tu-more al colon-retto, alla prostata eanche alla mammella. Detto que-sto, il 50% dei tumori può essere cu-rato, specialmente se viene individua-to in tempo.

DIAGNOSI PRECOCE.

È facile nel caso della mammellache è un organo esterno.

1) auto-ispezione: consiste nelguardare se vi sono cambiamen-ti nell’aspetto della mammella(ispessimenti cutanei, gonfiori,increspature, retrazioni cutaneeo secrezioni anomale dal capez-zolo); auto-palpazione: consistenel palpare con le dita le mam-melle e le ascelle alla ricerca dieventuali noduli che prima nonsi erano sentiti.

2) screening: deve coinvolgere tut-te le donne che non hanno sinto-mi e che devono essere sottopo-ste a mammografia. Attual-mente è rivolta alle donne tra i49-69 anni e in genere è gratuitoe promosso dall’ASL locale. E’ancora in corso di valutazionela opportunità di iniziare loscreening a partire dai 40 anni.

In ogni caso dopo i 40 anni, so-prattutto se ci sono rischi o su in-dicazione del curante, è bene effet-tuare una visita alle mammelle(visita oncologica), una mammo-grafia e/o un’ecografia. Sono esa-mi indolori e non invasivi. Se vie-ne individuata un’area sospettaall’interno della mammella, siprocede all’ago-aspirato percuta-neo: con un piccolo ago si aspiranella zona sospetta un gruppo dicellule e lo si esamina al microsco-pio. I rari casi se non basta, si pro-cede a biopsia: si preleva un pez-zettino di tessuto mammario e losi esamina.

TERAPIA.1) Terapia Chirurgica. In questi ulti-

mi anni molto si è fatto per cer-care di ridurre l’intervento chi-rurgico e salvaguardare l’im-magine corporea e la qualitàdella vita delle pazienti. Il vec-chio intervento di mastectomiaradicale (asportazione di tutta

2) Terapia Medica. La terapia medi-ca è legata all’uso di farmaciche uccidono o rallentano lacrescita delle cellule tumorali.Si può fare prima dell’interven-to chirurgico allo scopo di ri-durre le dimensioni del tumoree permettere una chirurgia piùconservativa. Si può fare dopoo a scopo precauzionale (cioèper eliminare, in caso di rischio,le cellule eventualmente rima-ste) oppure al posto dell’inter-vento (nei casi non operabili).Essa comprende: la chemiotera-pia, cioè la somministrazione disolito endovenosa di farmacidetti antiblastici (che uccidonole cellule tumorali), la terapiaormonale, cioè l’uso di ormonigeneralmente per bocca (solonel caso il tumore sia sensibile aquesti farmaci e cioè abbia i re-cettori positivi) e l’immunotera-pia: un trattamento poco attivoe che stimola il sistema immu-nitario.

la mammella compreso il ca-pezzolo) viene oggi riservato atumori di grosse dimensioni (>di 3-5 cm e che non si sono ri-dotti dopo terapia medica) chearrivano tardi alla osservazionedello specialista. Ovviamento èsempre possibile una chirurgiaricostruttiva, anche con protesiche possono a volte essere inse-rite durante lo stesso interven-to. Nella maggior parte dei casisi effettua una quadrantecto-mia (asportazione del quadran-te della mammella in cui si tro-va il tumore). Oltre a ciò si do-veva procedere alla asportazio-ne dei linfonodi dell’ascella l’a-scella dallo stesso lato dellamammella (linfoadenectomiaascellare). Per fortuna da qual-che tempo esiste la possibilitàdi evitare questo svuotamentose il linfonodo cosiddetto senti-nella è libero da malattia.

3) Radioterapia. Utilizza radiazioniad alta energia e serve soprat-tutto per evitare le recidive lo-cali dopo interventi conservati-vi. Si usa anche nella malattiaavanzata a scopo palliativo equando non è possibile l’inter-vento chirurgico.

RISULTATII risultati del trattamento sono og-gi molto incoraggianti e soddisfa-centi : a 5 anni dall’intervento 8donne su 10 sono vive; di queste 7possono essere considerate guari-te. Se il tumore è di dimensioni infe-riori ad 1 cm, presenta recettori or-monali e i linfonodi dell’ascellasono negativi (nei linfonodi nonsono presenti cellule tumorali), al-lora la percentuale di guarigione èsuperiore al 90%.

I tumori e le malattie del cuore sono le cause più frequenti di morte nei paesi più sviluppati.Nonostante i progressi in campo oncologico, vi sono alcuni tumori che rimangono non guaribili.Quello alla mammella, invece, è tra i più curabili, soprattutto se viene diagnosticato in fase precoce.

PREVENZIONETUMORALE

LE STRUTTURETERRITORIALI

• Ospedale San GerardoMonza

• Ospedale di Vimercate• Ospedale di Desio• Ospedale di Sesto San

Giovanni• Ospedale di Carate• Ospedale di Vaprio• Ospedale di Seregno

Offerta Oncologica dell’A-zienda:

ONCOLOGIA MEDICA• Ambulatorio• Day-hospital

RADIOTERAPIAEMATOLOGIA• Adulti• Pediatrica

ONCOLOGIA GINECOLOGICACHIRURGIA• Generale• Toracica

• Neurochirurgia• Maxillo Facciale e Chi-rurgia Plastica• Urologia• O.R.L.

DERMATOLOGIAENDOSCOPIAANATOMIA PATOLOGICARADIODIAGNOSTICA (TAC, RMN, mammogra-fia, radiologia interventi-stica)

AZIENDA OSPEDALIERA «SAN GERARDO» MONZA

Offerta Oncologica dell’A-zienda:

ONCOLOGIA MEDICA• Vimercate• Desio• Sesto San Giovanni

ANATOMIA PATOLOGICA• Vimercate• Desio

CHIRURGIE GENERALI• Vimercate• Desio• Sesto San Giovanni• Carate• Vaprio

SPECIALITA’ CHIRURGICHE• Urologia: Vimercate – De-sio• Otorinolaringoiatria : Vi-

mercate – Desio• Gastroenterologia ed en-doscopia digestiva : Vimer-cate – Desio - Sesto SanGiovanni – Carate

RADIOLOGIA DIAGNOSTICA,ECOGRAFIA GENERALE• Vimercate • Desio• Sesto San Giovanni• Carate• Vaprio• Seregno

RISONANZA MAGNETICANUCLEARE• Vimercate

AZIENDA OSPEDALIERA DI VIMERCATE

Page 7: «Siamo solo uomini che aiutano altri uomini» · toccati più o meno direttamente dal problema: cioè i pazienti e i loro cari. Il secondo e il terzo progetto, invece, sono un chiaro

039-2494290CancroPrimoAiuto

Ti ascolta.Da Lunedì a Venerdì: 9.00-12.00, 15.00-18.00I volontari di Cancro Primo Aiutoti ascoltano e rispondono alle domande su problemi oncologici.


Recommended