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Simm2013

Date post: 21-Mar-2016
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8 | medici manager | numero due duemilatredici m edici m anagerfamosi di CORRADO DE ROSSI RE Dott. Santoro, qual è stato il suo primo pensie- ro alla notizia di essere il “Medico Manager del 2012”? In realtà non avevo ben realizzato, prima, quanto or- mai il mio ruolo fosse a ca- vallo fra attività clinica e ge- Intervista ad Armando Santoro, Medico Manager 2012 UN MODO DIVERSO DI INTERPRETARE LA MEDICINA UN MODO DIVERSO DI INTERPRETARE LA MEDICINA
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8 | medicimanager | numero due duemilatredici

m e d i c i m a n a g e r f a m o s i

diCORRADODE ROSSI RE

Dott. Santoro, qual èstato il suo primo pensie-ro alla notizia di essere il“Medico Manager del2012”?

In realtà non avevo benrealizzato, prima, quanto or-mai il mio ruolo fosse a ca-vallo fra attività clinica e ge-

Intervista adArmando Santoro,

Medico Manager 2012

UN MODODIVERSO DIINTERPRETARELA MEDICINA

UN MODODIVERSO DIINTERPRETARELA MEDICINA

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stione organizzativa. Di fatto, senzaquasi rendermene conto, in questiultimi anni da Direttore del CancerCenter ho sempre più dovuto af-frontare tematiche organizzative egestionali. Oltre a dover comunqueagire, o meglio interagire, con Di-rezione Generale e Direzione Sani-taria su scelte strategiche ed ope-rative. Oggi, infatti, una strutturache vogl ia realmente esserecompetitiva a livello nazionale einternazionale non può pensare di“estraniarsi” dall’evoluzione costan-te del mondo medico ed assisten-ziale, al contrario deve “governa-re” i processi di innovazione e ri-cerca clinica.

Che rapporto deve essercioggi tra la medicina e lamanagerialità? Il Medico-Ma-nager è una “forzatura” cultu-rale o un’accezione necessariaper il presente e ancora di piùil futuro della sanità italiana?

Ritengo che il rapporto fra me-dicina e managerialità debba esse-re sempre più stretto, in una sortadi coabitazione, indispensabileseppur talvolta accettata con diffi-coltà o subita. Credo che oggi unmedico non possa prescindere dal-l’avere entrambi i ruoli. Purtroppoperò è ancora troppo frequentesentire colleghi, anche giovani equindi più pronti ad accettare lenovità e l’evoluzione, rifiutare ilruolo di manager “rivendicando” lapropria missione di medico.

È un errore che bisogna correg-gere, cominciando da un adeguatopercorso universitario e del corso

di specialità. Far comprendere chericoprire i due ruoli non è unaforzatura, ma una necessità in unsistema sanitario sempre più com-plesso dove la gestione ottimaledelle scarse risorse è l’unica alter-nativa possibile per dare la miglio-re assistenza al maggior numero dicittadini. Un recente articolo delNew York Times riportava un con-cetto che condivido totalmente:“eliminating needless care is notrationing. It is sound medicine andsound economics”. Noi abbiamo ildovere di insegnare questo facen-do comprendere, in una società chepensa di avere nella tecnologia larisoluzione dei problemi, come sianecessario avviare un processo dia-gnostico e terapeutico adeguatocon l’utilizzo ottimale delle risorsedisponibili…..magari provando aragionare e a trarre delle conclu-sioni basandosi anche su valutazioni“cliniche” oltre che strumentali. Equesto non è un problema solo ita-liano, ma una realtà di tutti i Paesioccidentali. Ed è una realtà in evo-luzione.

Quando ha realizzato di es-sere un Medico-Manager? È sta-ta una scelta o una necessità?

Non so se l’ho ancora totalmen-te realizzato, diciamo che sto cer-cando di “metabolizzare” questomio nuovo ruolo. Quella che ini-zialmente è stata una necessità, oraè diventata chiaramente una scel-ta. È un cambiamento mentale: sitratta di comprendere come si pos-sano aiutare i pazienti anche offren-do loro i migliori servizi, la miglio-

re organizzazione, l’attenzione adaspetti di informazione e comuni-cazione. Inoltre, supportando cam-pagne di prevenzione e screening,gestendo i casi complessi con piùpatologie concomitanti, affrontan-do i problemi dei lungo-sopravvi-venti che non sempre sono coscien-ti di essere guariti e pronti a torna-re ad una “vita normale”. Tutto sen-za, ovviamente, trascurare la neces-sità di fornire diagnosi adeguata etrattamenti ottimali. È un modo di-verso di interpretare la medicina, amio parere più completo ed esau-stivo.

Quante e quali capacitàmanageriali ritiene di aver ac-quisito quale Direttore di Hu-manitas Cancer Center? Qualidi queste erano già parte delsuo bagaglio esperienziale-for-mativo o personale? E come leconcilia con le “tensioni” cli-niche e assistenziali?

Sicuramente il ruolo di Diretto-re di Humanitas Cancer Center miha aiutato ad acquisire nuove capa-cità manageriali; già dall’inizio dellamia collaborazione con Humanitas,a differenza dell’ospedale pubblicoda cui provenivo, sono stato coin-volto in una modalità più operativadi gestione delle tematiche organiz-zative. Di fatto, il confronto conamministratori competenti, coinvol-ti nel funzionamento ottimale dellastruttura, con i quali discutere econdividere scelte e progettualità èstato uno stimolo formidabile ad uncoinvolgimento manageriale semprepiù convinto. Inoltre, va sfatato il luo-

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go comune che il medico debbaconcentrarsi solo sugli aspetti assi-stenziali: per riuscire veramente atenere il paziente “al centro” dellanostra attenzione è necessario offri-re servizi completi e diversificati, chetengano conto di tutti gli aspettidella malattia e soprattutto del “ma-lato”. È una sfida che andrebbe af-frontata con maturità e convinzio-ne. Anche conciliare tali aspetti ma-nageriali con le eventuali problema-tiche cliniche ed assistenziali può di-ventare più semplice, se si pensa dipoter in qualche modo agire permodificare in meglio gli aspetti or-ganizzativi. Perché di fatto oggi civiene sempre di più richiesta unadifferente visione del nostro ruolo;la capacità di motivare e dare ade-guati stimoli assistenziali e di ricer-ca ai giovani medici, una visione

chiara della mission della strutturapresso cui si lavora, la capacità diallocare le risorse disponibili nellamaniera più opportuna. E tutto que-sto deve essere fatto con la maggio-re trasparenza possibile con un con-cetto di “accountability” ancoratroppo poco diffuso nel nostro Pae-se. Ma non basta, l’efficienza nondeve minimamente ridurre la quali-tà delle prestazione e soprattutto glioutcome da raggiungere.

Quali sono a Suo giudiziole competenze, le stabilità, cheun clinico dovrebbe saper col-tivare nell’arco della propriavita professionale per impe-gnarsi con successo anche nel-l’ambito del management e del-la leadership in sanità?

Vedere il paziente al centro della

propria attività, saperlo ascoltare,imparare dal suo vissuto e dai suoiracconti, aiutarlo a scegliere il per-corso di cura più adatto, accettarnele scelte senza contestarle o infasti-dirsi. In sintesi, riuscire a svilupparegli aspetti olistici dell’essere medico.Proust scriveva che “una gran partedi quello che i medici sanno è inse-gnato dai loro malati”. Ritengo siaprofondamente vero. Questi presup-posti medici sono fondamentali persviluppare un percorso adeguato dimedico-manager. Non si è obbligatiad abbandonare nulla del propriopercorso precedente. Al contrario,bisogna integrarlo con le nuove man-sioni. Il mio percorso è “da medico”e non accetterei di abbandonarlo perdedicarmi totalmente ad una attivitàmanageriale…..ma questo non miviene richiesto.

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Nella quotidianità profes-sionale, la sua attività vedecompimento in ambiti di asso-luto rilievo quali l’assistenza aipazienti oncologici ed emato-logici e sempre più spesso ilmanagement e la leadership (siveda il ruolo per la direzionedel Cancer Center dell’Huma-nitas, le iniziative nazionali edinternazionali per una curapiù consapevole e integratadel cancro e tanto altro) … isuoi impegni, potremmo dire,la portano ad impiegare mol-to tempo lontano dalla corsiae dal letto del paziente… mi sadire quale è il valore che intali nuove e impegnative atti-vità il suo camice da oncologole continua a dare? Quanto lasua formazione di medico e lasua identità di clinico incido-no sul ruolo manageriale equanto il contrario?

Direi che anche su questo pun-to non vedo conflittualità ne incom-patibilità. Bisogna riuscire a coniu-gare ruoli, mansioni ed impegni,cercando possibilmente di utilizza-re il meglio di ognuna delle espe-rienze per migliorare l’altra. Allafine è più semplice ed automaticodi quanto generalmente si pensi.Basta superare alcuni bias ideolo-gici che ancora condizionano i no-stri atteggiamenti. Ritengo chel’esperienza clinica sia un elemen-to positivo che condiviso con i di-rigenti amministrativi, quasi semprenon medici, possa permettere unaintegrazione ottimale. Non pensoche senza tale collaborazione ed in-

FIRMECorrado De Rossi ReDirettore ResponsabilePanorama della Sanità

tegrazione saremmo riusciti in cosìbreve tempo a creare una strutturad’avanguardia come HumanitasCancer Center, oltretutto in una re-altà già altamente competitiva in cam-po oncologico come quella milane-se. Il successo della nostra strutturaè, a mio parere, una chiara dimostra-zione del successo di una nuova for-mula per cambiare il nostro modo difare “medicina”. Ma non basta; oggici confrontiamo sempre di più con

realtà europee ed internazionali edanche su questo dobbiamo cercaredi essere competitivi. È una sfida peril presente …..non per il futuro, edobbiamo essere pronti ad affrontar-la e possibilmente a vincerla.

Armando Santoro, oncologo, ema-tologo, è il Direttore di Humani-tas Cancer Center presso l’IRC-CS Istituto Clinico Humanitas diMilano.Humanitas, considerato dalla Har-vard University come uno fra gliospedali più innovativi al mondo,funge da modello organizzativo diriferimento per la capacità di co-niugare qualità clinica, innovazio-ne, umanizzazione, ricerca medi-co-scientifica e sostenibilità eco-nomica.Humanitas Cancer Center è par-te dell’ospedale e costituisce unriferimento per pazienti e familia-ri con un’organizzazione in gradodi garantire percorsi diagnostico-terapeutici, innovazione nella dia-gnosi e terapia, approccio multi-disciplinare, continuità delle cureattraverso l’ospedalizzazione do-miciliare e la collaborazione congli hospice del territorio. Tutto ciòsenza mai dimenticare la vocazio-ne all’umanizzazione dell’assisten-za coniugata ad innovazione e ri-cerca. Un’attenzione particolareviene dedicata alla diagnosi pre-coce (prevenzione, centro antifu-

mo, diagnosi ge-netica, scree-ning), così comealla gestione a360° di pazienticon multimorbi-dità e lungo so-pravviventi, chenecessitano di adeguati supporticlinici e psicologici.La capacità di Armando Santorodi dedicare con lo stesso impegnoil proprio tempo e la propria pas-sione tanto negli aspetti eminen-temente clinici del proprio man-dato quanto gli aspetti organizza-tivo-gestionali motivano dunque lacandidatura e l’assegnazione delPremio “Medico Manager SIMM2012”.La Giuria del Premio ha ritenutoparticolarmente degno di meritoil carattere di innovatività ed am-bizione metodologica, la serietàdel progetto e il raggiungimentodi risultati così eccellenti, da ren-dere dopo pochi anni dalla suacostituzione, Humanitas CancerCenter come uno dei centri on-cologici di riferimento non solo alivello italiano.