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SISTEMA FONETICO LATINO - Letteratura Latina · PDF file- occlusive bilabiali /p/ sorda /b/...

Date post: 01-Feb-2018
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FONEMI E GRAFEMI I. Il sistema fonetico Il sistema dei grafemi non è perfettamente sovrapponibile a quello dei fonemi di una lingua: accade infatti che uno stesso grafema sia utilizzato per trascrivere fonemi diversi: es grafema italiano –c nella parola casa trascrive una occlusiva velare sorda nella parola cina una occlusiva velare palatalizzata. Queste incoerenze del sistema grafico dell’italiano sono dovute per lo più al fatto che l’italiano ha adattato l’alfabeto latino alla trascrizione di fonemi che il latino mancavano, come è appunto il caso della velare palatalizzata. In latino ad es. vedi quanto annotato sopra per il grafema C. Possiamo ricostruire quale fosse il sistema fonetico e dunque la pronuncia del latino dalle testimonianze dirette dei grammatici antichi quando descrivono i suoni della loro lingua , ovvero dalle scritture fonetiche delle iscrizioni e da altri fenomeni rilevabili negli esiti delle lingue romanze. a. Sistema consonantico del Latino In tutte le lingue le consonanti possono essere classificate in modo naturale secondo il punto di articolazione e il modo di articolazione, cioè dove e in che modo l’aria viene bloccata prima di uscire. Il punto di articolazione indica dove avviene il blocco: a livello labiale, dentale o velare, il modo di articolazione indica la modalità del blocco: 1.totale seguito da esplosione occlusive 2. l’aria esce con una specie di frizione fricative 3. l’aria esce dal naso nasali 4. l’aria esce ai lati della lingua laterali 4. l’aria produce delle vibrazioni vibranti. A secondo che le corde vocali vibrino o meno mentre esce l’aria le consonanti si distinguono in sonore o sorde. - occlusive bilabiali /p/ sorda /b/ sonora dentali /t/ /d/ velari /c/ /g/ fricative: labiodentali /f/ sorda; alveolodentale /s/ sorda -continue nasali: bilabiale /m/ sonora alveolodentale /n/ sonora laterale: alveolodentale /l/ sonora vibrante: alveolodentale /r/ sonora glottidale: /h/
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FONEMI E GRAFEMI

I. Il sistema fonetico Il sistema dei grafemi non è perfettamente sovrapponibile a quello dei fonemi di una lingua: accade infatti che uno stesso grafema sia utilizzato per trascrivere fonemi diversi: es grafema italiano –c nella parola casa trascrive una occlusiva velare sorda nella parola cina una occlusiva velare palatalizzata. Queste incoerenze del sistema grafico dell’italiano sono dovute per lo più al fatto che l’italiano ha adattato l’alfabeto latino alla trascrizione di fonemi che il latino mancavano, come è appunto il caso della velare palatalizzata. In latino ad es. vedi quanto annotato sopra per il grafema C. Possiamo ricostruire quale fosse il sistema fonetico e dunque la pronuncia del latino dalle testimonianze dirette dei grammatici antichi quando descrivono i suoni della loro lingua , ovvero dalle scritture fonetiche delle iscrizioni e da altri fenomeni rilevabili negli esiti delle lingue romanze. a. Sistema consonantico del Latino In tutte le lingue le consonanti possono essere classificate in modo naturale secondo il punto di articolazione e il modo di articolazione, cioè dove e in che modo l’aria viene bloccata prima di uscire. Il punto di articolazione indica dove avviene il blocco: a livello labiale, dentale o velare, il modo di articolazione indica la modalità del blocco: 1.totale seguito da esplosione occlusive 2. l’aria esce con una specie di frizione fricative 3. l’aria esce dal naso nasali 4. l’aria esce ai lati della lingua laterali 4. l’aria produce delle vibrazioni vibranti. A secondo che le corde vocali vibrino o meno mentre esce l’aria le consonanti si distinguono in sonore o sorde. - occlusive bilabiali /p/ sorda /b/ sonora dentali /t/ “ /d/ “ velari /c/ “ /g/ “ fricative: labiodentali /f/ sorda; alveolodentale /s/ sorda -continue nasali: bilabiale /m/ sonora alveolodentale /n/ sonora laterale: alveolodentale /l/ sonora vibrante: alveolodentale /r/ sonora glottidale: /h/

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Nella terminologia scolastica rimane in uso che la fricativa /s/ sia detta anche sibilante e che la laterale /l/ e la vibrante /r/ siano dette liquide. All’inventario delle consonanti si devono aggiungere: Le labiovelari sorde e sonore rappresentate dai grafemi qu e gu. Si tratta di digrammi ovvero di due grafemi che trascrivono un unico fonema costituito da una consonante velare sorda o sonora con appendice labiale ( es. italiano questo). Le semiconsonanti (semivocali) Nel sistema fonetico latino esistono due fonemi la cui natura è al confine tra le consonanti e le vocali: il fonema labiale /j/ e palatale /w/. Questi fonemi possono essere definiti più correttamente approssimanti ; nella loro produzione il canale fonatorio è più chiuso che nella produzione delle vocali ma più aperto che in quella delle consonanti. Dal punto di vista acustico nelle semivocali prevale la componente suono, nelle semiconsonanti la componente rumore. La maggior parte dei linguisti preferisce distinguere tali fonemi in base alla loro collocazione nel corpo della parola e chiamarli semiconsonanti quando si trovano davanti ad una vocale ( come nell’italiano ieri o nel latino iam) e semivocali quando si trovano dopo vocale ( come nel latino aula o nell’italiano pausa). Le semiconsonanti funzionano all’inizio di sillaba come le altre consonanti: ad es. lat. iacto è un bisillabo iac.to. b. Sistema vocalico del Latino Come le consonanti anche i fonemi vocalici si possono classificare per le loro caratteristiche fisiche: dal momento che la corrente d’aria non incontra ostacoli nella produzione dei fonemi vocalici viene considerata la posizione della lingua nella bocca mentre viene prodotta la vocale. La classificazione in latino avviene perciò • secondo un asse orizzontale: i- e anteriori o palatali ( la lingua è spostata in avanti vicino al palato) a centrale ( la lingua rimane in posizione centrale) u- o posteriori o velari ( la lingua è ritratta indietro verso la gola) • secondo un asse verticale: i- u alte o chiuse (la lingua in posizione alta produce maggiore chiusura dello spazio di fuoriuscita dell’aria) e-o medie ( la lingua in posizione media produce una minore chiusura dello spazio di fuoriuscita) -a bassa o aperta ( la lingua abbassata permette una maggiore apertura del cavo orale) In latino la quantità vocalica ha valore distintivo, dunque i fonemi vocalici non sono cinque ma dieci perché per ogni fonema vocalico esistono due fonemi autonomi: una vocale lunga e una vocale breve. I dittonghi I linguisti oggi considerano veri e propri dittonghi solo quelli discendenti cioè i gruppi formati da vocale più una semivocale: in latino i dittonghi più frequenti sono tre au- ae- oe ( causa Caesar poena). Più rari sono eu- ei. Poiché i veri dittonghi sono discendenti il suono diminuisce dal primo

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al secondo elemento: dunque se la sillaba è accentata l’accento si posa sempre sulla prima vocale del dittongo. Nel latino tardo ( ma anche nella pronuncia dialettale della stessa età classica chiamata “rustica”) i dittonghi –ae –oe furono monottongati, cioè ridotti al valore di un solo fonema –e lungo. Il dittongo –au invece, di cui si hanno pure tracce di monottongazione nel latino rustico e in alcuni esiti dell’italiano (cfr. ital. Oro da aurum), nel latino letterario si mantiene stabile fino ad età tarda. c. La sillaba E’ l’unità fonologica gerarchicamente superiore al fonema: si può definire cioè come un insieme formato da uno o più fonemi, l’unità fonetica minima che può essere pronunciata da sola. Struttura della sillaba Attacco rima Nucleo coda C U M Questa struttura consente di dare una definizione precisa ad un concetto fondamentale per il latino: la distinzione tra sillabe aperte e sillabe chiuse Una sillaba chiusa ha una rima dotata di coda e sono lunghe, una sillaba aperta ha una rima senza coda e la loro quantità dipende dalla quantità della vocale-nucleo: se la vocale è breve la sillaba è breve, se la vocale è lunga la sillaba sarà lunga.. Questa definizione è più comprensiva di quella tradizionale secondo cui la sillaba aperta è quella che termina in vocale e la sillaba chiusa è quella che termina per consonante. Vi sono infatti anche sillabe che finiscono in dittongo ( es. pau-sa) e il dittongo non è propriamente né una vocale né una consonante. Se invece consideriamo il secondo elemento del dittongo come una coda le sillabe che finiscono con un dittongo sono chiuse in quanto presentano una coda. N.B: bisogna tener presente che il parlato è di fatto una catena continua di suoni: nella catena parlata in un sintagma come honestatem laudat la sillaba finale –tem risulta chiusa e quindi lunga in quanto la nasale finale seguita da altra consonante iniziale di parola si aggrega nella pronuncia alla vocale precedente costituendo perciò la coda della sillaba. In un sintagma come honestatem amat la nasale finale si aggrega nella pronuncia alla iniziale vocalica successiva e la sillaba risulta aperta e la sua quantità dipende dalla quantità della vocale.

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RITMO

successione ordinata nel tempo di forme in movimento (suoni o figure) e la frequenza con cui

le varie fasi si succedono: caratteristica del ritmo è dunque: 1. regolarità 2. ripetibilità

A) Ritmo verbale: successione ordinata ripetuta e organizzata di suoni

(sillabe ) secondo il criterio

dell’intensità o della durata o dell’ altezza

frequenza delle vibrazioni prodotte dall’apparato fonatorio nella produzione dei suoni

energia articolatoria impiegata nella produzione dei suoni

tempo impiegato nella produzione dei suoni

Ogni lingua può rendere funzionale una o più di queste caratteristiche: in latino sono funzionali DURATA e ALTEZZA (almeno nel periodo repubblicano e imperiale della sua storia)

1) DURATA : in realtà la durata come l’altezza e l’intensità è un fatto fisico, presente necessariamente in tutte le lingue nella produzione verbale di un messaggio, poiché il fatto implica TEMPO. Tuttavia non tutte le lingue rendono funzionale questo tratto fisico; il latino invece lo ha reso funzionale ( pertinentizzato) e ne ha fatto un elemento del suo sistema, capace di distinguere una coppia minima di parole come rosă/ rosā. Per indicare questa pertinentizzazione si utilizza il termine quantità, ovvero durata resa pertinente. 2) La quantità in latino convenzionalmente fissata in due misure: breve /lunga (equivalente a due brevi) quantità vocalica : quella propria del fonema vocalico; quantità di sillaba quella propria della sillaba risultante dalla quantità vocalica + minima durata della consonante di chiusura . La quantità determina la posizione dell’accento ( legge della penultima) distingue casi della flessione (es. nominativo e ablativo di I declinazione) o radici e temi verbali ( temi del presente e temi del perfetto venit/ venit) 3) ALTEZZA : rappresenta la natura prevalente dell’accento di parola e dell’accento ritmico del verso

Nel sistema della lingua latina le cellule ritmiche elementari rappresentate dalla successione regolare e ripetuta di sillabe lunghe e sillabe brevi venivano chiamate piedi.

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La misura convenzionale della breve è detta tempo primo. Una lunga vale dunque due tempi primi. UNITA’ RITMICHE FONDAMENTALI

Piedi bisillabici nome tempi primi

breve+ breve pirrichio 1+ 1

breve+ lunga giambo 1 +2

lunga+ breve trocheo 2+1

lunga+ lunga spondeo 2+2

Piedi trisillabici

breve+breve+ breve tibraco 1+ 1+ 1

lunga+breve + breve DATTILO 2+1+ 1

Si definiscono elementi le parti costitutive delle cellule ritmiche elementari: nel dattilo abbiamo due elementi che si ripresentano regolarmente sillaba lunga seguita da due sillabe brevi. Il primo elemento del piede è sempre uguale e ripresentandosi regolarmente ad intervalli di tempo stabiliti permette all’ascoltatore di riconoscere una struttura ritmica costante. Questo elemento lo chiameremo elemento guida. Nel dattilo il secondo elemento ( le due brevi) può essere sostituito da una sillaba lunga equivalente come tempi: in questi casi il piede si presenta come spondeo. Accanto alle unità ritmiche elementari esistono unità ritmiche maggiori; gli antichi chiamavano queste unità maggiori metra e stabilivano che fossero necessari 4 tempi primi perché l’orecchio avverta non più pedes ma metra. Il pirrichio ad es. non è un metrum ma può essere utilizzato per costruire metra. Un dattilo è un pes ma può anche essere considerato un metrum perché ha 4 tempi primi. I versi sono realizzati dall’accostamento di un certo numero di metri che sono le parti costituenti.

ESAMETRO:

1. l’elemento guida (longum) è realizzato dalla lunga; il pirrichio (due brevi) è l’elemento non guida (biceps) Il primo rimane immutato il secondo può essere realizzato anche da una lunga. La sillaba situata alla fine di un verso ( indifferens) non è in relazione con le sillabe seguenti perché con questa sillaba appunto il verso termina : la sua quantità perciò è indifferente. L’esametro è dunque un verso costituito dal presentarsi regolare di sei unità minime costutite da un longum (realizzato da una sillaba lunga) e un biceps ( realizzato da due sillabi brevi o da una sillaba lunga). L’ultima unità minima è costutita da un longum e da un indifferens: normalmente si dice che l’esametro è incompleto perché per la presenza dell’indifferens finale la sesta unità minima può realizzarsi come lunga-brreve ( tre tempi primi trocheo) o come lunga-lunga- (4 tempi primi spondeo). In realtà possiamo pensare che la fine di verso comporti una pausa e la pausa è comunque una misura di tempo perciò la misura di 4 tempi primi viene comunque compensata dal tempo pausa anche quando la sesta unità è realizzata da un trocheo.

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II. Il sistema grafico: l’alfabeto

Nel Fedro, Socrate indirizza una serie di critiche specifiche al medium alfabetico a partire dalla narrazione del mito di Theuth, un'esplicita invenzione che gli permette di portare l'attenzione del suo interlocutore, tramite la componente magica, sull'aspetto innovativo che l'origine della scrittura alfabetica reca con sé. Come il re di Tebe, Socrate afferma che la scrittura non ha, in sé, una funzione conoscitiva: essa è utile nella misura in cui aiuta chi già sa a ricordare [275c].

Il mito di Theuth dal capitolo LIX del Fedro di Platone SOCRATE: "Ho udito , dunque, che nei pressi di Naucrati d' Egitto c' era uno degli antichi dèi locali, di nome Theuth, al quale apparteneva anche l' uccello sacro chiamato Ibis. Fu appunto questo dio a inventare il numero e il calcolo, la geometria e l' astronomia e, ancora, il gioco del tavoliere e quello dei dadi, e soprattutto la scrittura. Regnava a quel tempo su tutto l' Egitto Thamus, che risiedeva nella grande città dell' Alto Egitto che i Greci chiamano Tebe e il cui dio chiamano Ammone. Recatosi al cospetto del faraone, Theuth gli mostrò le sue arti e disse che occorreva diffonderle tra gli altri Egizi. Quello allora lo interrogò su quali fossero le utilità di ciascuna arte mentre Theuth gliela spiegava, il faraone criticava una cosa, ne lodava un' altra, a seconda che gli paresse detta bene o male. Si dice che Thamus abbia espresso a Theuth molte osservazioni sia pro sia contro ciascuna arte, ma riferirle sarebbe troppo lungo. Quando Theuth venne alla scrittura disse: "Questa conoscenza, o faraone, renderà gli Egizi più sapienti e più capaci di ricordare: é stata infatti inventata come medicina per la memoria e per la sapienza". Ma quello rispose: "Ingegnosissimo Theuth, c' é chi é capace di dar vita alle art , e chi invece di giudicare quale danno e quale vantaggio comportano per chi se ne avvarrà. E ora tu, padre della scrittura, per benevolenza hai detto il contrario di ciò che essa é in grado di fare. Questa infatti produrrà dimenticanza nelle anime di chi l' avrà appresa, perché non fa esercitare la memoria. Infatti, facendo affidamento sulla scrittura, essi trarranno i ricordi dall' esterno, da segni estranei, e non dall' interno, da sé stessi. Dunque non hai inventato una medicina per la memoria, ma per richiamare alla memoria. Ai discepoli tu procuri una parvenza di sapienza, non la verasapienza: divenuti, infatti, grazie a te, ascoltatori di molte cose senza bisogno di insegnamento, crederanno di essere molto dotti, mentre saranno per lo più ignoranti e difficili da trattare, in quanto divenuti saccenti invece che sapienti" .

FEDRO: Socrate, con che facilità tu fai discorsi egizi e di tutti i Paesi che vuoi !

SOCRATE: Gli antichi, mio caro, dissero che nel santuario di Zeus a Dodona, da una quercia , provennero i primi discorsi divinatori. Agli uomini di quel tempo dunque, dato che non erano sapienti come voi giovani, bastava nella loro semplicità ascoltare una quercia o un sasso, purchè dicessero il vero. A te invece importa forse sapere chi é colui che parla e da dove viene; non ti accontenti infatti di esaminare se le cose che dice stanno o meno così.

FEDRO: Hai fatto bene a rimproverarmi : anche a me pare che circa la scrittura le cose stiano

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come sostiene il Tebano.

SOCRATE Dunque, chi credesse di affidare alla scrittura la trasmissione di un' arte e chi a sua volta la ricevesse, convinto che dalla scrittura gli deriverà qualche insegnamento chiaro e solido, sarebbe molto ingenuo e ignorerebbe in realtà l' oracolo di Ammone, credendo che i discorsi scritti siano qualcosa di più del richiamare alla memoria di chi già conosce gli argomenti trattati nello scritto."

Diverse tipologie di ALFABETI 1. Alfabeto pittografico

Le forme più embrionali di scrittura sono state serie di immagini, organizzate in sequenza lineare, utilizzate per raccontare una storia, lasciare un messaggio o annotare informazioni utili in avvenire. Universale e sempre valida, la registrazione per mezzo del disegno è però lunga, faticosa e non sempre chiara. La fase successiva, quindi, fu quella della riduzione, della stilizzazione e della standardizzazione delle immagini, in modo da poterle disegnare rapidamente, facilmente e senza ambiguità, costituendo un codice. Se con i pittogrammi , segni elementari delle scritture pittografiche, si possono rappresentare oggetti particolari, non è invece possibile "disegnare" nello stesso modo, concetti come la luce, il giorno, il tempo, per i quali furono creati pittogrammi nuovi, che prendono il nome di ideogrammi.

Pittogrammi moderni

La scrittura pittografica non è comprensibile sempre, a tutti e comunque. La cifratura, però, non passa per le forme di una lingua determinata, ma individua referenti ben identificabili cui agganciare nodi conoscitivi: se si riconoscono quei nodi e si conosce il contesto in cui si collocano, la comprensione è più immediata della decifrazione di una parola e, a parità di sfondo culturale, taglia fuori la diversità della lingua. A conferma di ciò anche oggi, in luoghi di interesse turistico, aeroporti e stazioni, in occasioni sportive, o per oggetti destinati all'esportazione, si fa ricorso a simboli estremamente stilizzati , immediatamente leggibili e interpretabili in modo non ambiguo.

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2. Alfabeto ideografico

Ideogrammi

I veri e propri sistemi di scrittura nacquero quando si rinunciò alla somiglianza, cioè alla conservazione della forma dell'oggetto da rappresentare. La stilizzazione fantastica che rende irriconoscibili gli oggetti, le immagini astratte e i simboli, non si imposero di colpo; accanto agli ideogrammi , segni che soltanto una convenzione imparata e ricordata a memoria associa a un oggetto o a un'idea, convissero a lungo le vecchie immagini pittografiche. Con la scrittura ideografica nulla impedisce di inventare segni per idee astratte, qualità, relazioni. Gli ideogrammi sono un mezzo valido per rappresentare parole isolate e per comunicare informazioni semplici con facilità e rapidità, ma per esprimere idee complesse e per la narrativa, la scrittura ideografica è ingombrante, poichè raggiunge, appena si esca da un livello primitivo, l'ordine delle migliaia e delle decine di migliaia di segni. Nell'intuizione di usare certi segni già esistenti per indicare non l'idea, ma il suono della parola rappresentata, c'è il germe del sistema fonetico, una scrittura radicalmente nuova, molto più semplice e potente di quella ideografica.

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Ideogrammi egizi rappresentanti esseri viventi e cose (in alto) e azioni percettibili con i sensi (in basso).

Gli unici ad usare ancor oggi una scrittura ideografica sono i Cinesi, la cui lingua, per le sue particolarità, ha i requisiti ideali per essere scritta attraverso ideogrammi. Ciò fa della scrittura cinese, assai più della lingua parlata che differisce totalmente dal nord al sud del paese, l'elemento di unità linguistica della Cina. Gli ideogrammi, comunque, resistono, almeno per usi circoscritti, anche presso chi utilizza scritture alfabetiche. Noi, per esempio, ne facciamo uso soprattutto quando scriviamo i numeri, veri e propri ideogrammi, ma anche nei segni convenzionali sulle carte geografiche, nelle insegne di farmacie, posti telefonici, tabaccherie.

Il salto decisivo che portò alla scrittura vera e propria, consistette nel fare in modo che i segni rinviassero non più soltanto a oggetti, esseri viventi, concetti, ma anche al suono delle parole della lingua parlata. L'astuzia dei Sumeri e poi quella degli antichi egizi fu di utilizzare un procedimento semplice come un gioco: il rebus (img). Essi ebbero l'idea di servirsi di pittogrammi che designavano non gli oggetti direttamente rappresentati, ma altri oggetti dal nome foneticamente simile. Proprio come nei nostri rebus, dove il disegno di un amo e quello di un re non hanno nulla a che vedere con la pesca e con la monarchia, ma significano amore. Per fare un altro esempio, il pittogramma sumero della freccia,"ti", designava anche la vita, che si pronunciava appunto "ti". L'adattamento del simbolo al suono fu molto graduale e andò di pari passo con la semplificazione dei segni che rappresentarono prima sillabe (alfabeto sillabico)e infine singole lettere( alfabeto fonetico).

3. Alfabeto sillabico A partire dall’intuizione linguistica che le parole possono essere scomposte in unità più piccole si individua la sillaba come unità minima e ad ogni sillaba si fa corrispondere un grafema. Gli alfabeti

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sillabici tipici delle grandi civiltà dell’oriente antico sono quello geroglifico e il cuneiforme ma anche la lineare B il più antico alfabeto utilizzato per trascrivere il greco. 4. Alfabeto fonetico

L'invenzione dell'alfabeto fonetico attribuita ai Fenici presuppone la capacità di analizzare la parola fino a scoprire i suoi costituenti minimi quelli che i linguisti chiamano fonemi.

L’alfabeto fonetico associa ad ogni segno grafico un fonema. La sua comparsa non fu improvvisa. Già nel XIV secolo a.C., ad Ugarit, si utilizzava un sistema di scrittura di soli 30 segni. Nel Sinai, dove gli Egiziani impiegavano manodopera semitica nelle miniere di turchesi, si adoperava un sistema di 35 segni, simili nella forma ai geroglifici egiziani. Ogni segno doveva esser letto con la consonante iniziale dell'oggetto rappresentato. Alla fine del II millennio i Fenici, partendo da queste basi, svilupparono un loro alfabeto di 22 segni consonantici, che venivano tracciati da destra verso sinistra. Ogni segno aveva valore fonetico, corrispondeva cioè a un suono. Le iscrizioni sul sarcofago di re Ahiram di Biblo (img) costituiscono il più importante esempio dell'alfabeto fonetico fenicio. Grazie ai navigatori fenici l'alfabeto si diffuse rapidamente in tutto il Mediterraneo occidentale. Nel IX secolo fu adottato dai Greci che, per primi, annotarono anche le vocali. Dai Greci la scrittura fonetica passò agli Etruschi e da loro ai Latini. Il nostro alfabeto, come tutti gli

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alfabeti di oggi, proviene dalla scrittura semitica occidentale: Perfino il nome ha origini lontane: deriva infatti dalle prime due lettere dell'alfabeto greco, alfa e beta, aleph e beth dei Fenici.

L’alfabeto latino Come per ogni lingua non più parlata anche per il latino possiamo avvalerci solo di testimonianze scritte. È inevitabile dunque partire dall’alfabeto, per cercare poi di ricostruire il sistema fonetico di cui esso è espressione.

La storia dell’alfabeto latino è lunga e complessa, dato che la diffusione della scrittura è stata lenta e per molti secoli la civiltà latina si è valsa di forme di comunicazione prevalentemente orale che possiamo racchiudere nella definizione di “ fase della oralità primaria”. Per altro verso poiché nell’alfabeto di un popolo si riflette la storia del suo percorso culturale l’alfabeto latino porta le tracce delle due civiltà che in fasi diverse della sua storia influenzarono profondamente Roma: quella etrusca e quella greca. L’alfabeto latino come si può ricavare da uno dei monumenti scritti più antichi rinvenuto nel Foro sotto un pavimento lastricato di età repubblicana nei pressi della Curia, sede del Senato ( il Cippo del Foro cfr. foto 1) ovvero da un oggetto di uso domestico( il vaso di Dueno, cfr. foto 2)

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mostra chiaramente la sua derivazione greca e l’influsso etrusco pur con notevoli differenze rispetto all’ordine al valore, alla forma e al nome dei grafemi . Vedi a titolo esemplificativo: il grafema koppa usato nel greco come sigla numerica trascrive Q nel sistema latino; il grafema eta (= e lunga) usato dal latino per l’aspirata H; il grafema chi ( aspirata sorda ) usato per il fonema doppio cs. Nel corso dei secoli l’alfabeto subì una serie di interventi rispetto alla sua forma più antica fino a stabilizzarsi intorno alla seconda metà del sec. III a.C. nella forma documentata di 23 grafemi.In realtà i Romani nella fase più antica conobbero solo l’uso della maiuscola ( sistema di scrittura bilineare ) sia nell’andamento posato ( i singoli grafemi sono tracciati isolatamente: cfr. le iscrizioni

che nell’andamento corsivo (i grafemi sono tracciati in nesso: cfr. i graffiti). Dal II- III sec. a. C. compare documentato l’uso della minuscola ( sistema di scrittura quadrilineare ).

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OSSERVAZIONI C : il grafema nell’alfabeto arcaico trascriveva sia la velare sorda che quella sonora, probabilmente per influsso dell’ etrusco che non considerava la velare sonora come fonema autonomo ma come variante di un unico fonema velare. Secondo la tradizione grammaticale latina Spurio Carvilio, liberto del console del 234 Spurio Carvilio Massimo Ruga che aveva aperto una scuola a Roma, introdusse il grafema G per la velare sonora. K: nell’alfabeto arcaico questo grafema si alternava con C in posizione ante vocalica. Nell’uso classico si conserva solo nei nomi kalendae e Karthago. I: L’alfabeto latino, come quello italiano, non distingue graficamente la vocale dalla semivocale. Nel Rinascimento lo studioso Pierre dela Ramée (1515- 1575) propose l’introduzione di nuovi grafemi, che pertanto si dicono “lettere ramiste”, con lo scopo di distinguere le vocali dalle semivocali : j /J. Ma questa innovazione non ebbe molta fortuna nella grafia del latino. V: Nel sistema fonetico latino non esisteva il suono /v/ ( fricativa labiodentale come nell’italiano vino) e dunque non esisteva il grafema per indicarlo. Nel nome latino vinum la consonante iniziale era una semiconsonante come nell’inglese wine. Poiché la vocale /u/ e la semivocale /w/ erano suoni molto simili per entrambi i fonemi si utilizzava un unico grafema V maiuscolo. Y, Z: Questi grafemi sono di uso rarissimo perché non appartengono alla forma più antica dell’alfabeto ma furono introdotte nel I sec. a.C. per traslitterare i nomi greci. In particolare il latino non possedeva l’affricata dentale sorda presente invece nel sistema fonetico greco e dunque ha dovuto importare dal greco il grafema corrispondente per traslitterare i nomi greci. X : è un semplice grafema unico per indicare la sequenza di un fonema velare seguito da una /s/


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