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SOMMARIO - Iusletter · 2015-09-22 · La legge 20 giugno 2007, n. 77, recante la de-lega...

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Page 1: SOMMARIO - Iusletter · 2015-09-22 · La legge 20 giugno 2007, n. 77, recante la de-lega legislativa per il recepimento di alcune diretti-ve, tra cui, anche la direttiva 2004/39/CE
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SOMMARIO

ATTUALITA’ NORMATIVE

“Governance pubblica” abrogazione dell’art. 2450 del codice civile. 1

Relazione dei sindaci e deposito del bilancio - modifica del secondo comma dell’art. 2429 e dell’art. 2409- ter del codice civile. 1

Banche: controlli intensificati contro accessi non autorizzati alla Centrale rischi della Banca d’Italia. 1

Modifiche al regolamento 14 aprile 2005 in materia di gestione collettiva del risparmio. 1

Percorso attuativo della direttiva Mifid. 2

Un “restyling” dei regolamenti in materia di intermediari e di emittenti. 2

Privacy e assicurazioni: informativa semplificata e più adeguata alla complessita’ della "catena

assicurativa". 3

Operatori telefonici e call center “sotto la lente” del Garante Privacy per l’illecita attività di marketing. 3

Circ. n. 42/E del 6 luglio 2007. 3

Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 14 giugno 2007, n. 134/E – società non operative detenute

attraverso società fiduciaria. 4

Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 1 giugno 2007, n. 122/E. Trasferimenti immobiliari: presunzione di occultamento del corrispettivo e finanziamento mediante mutuo. 4

Risoluzione 130/e del 6 giugno 2007. 4

DOTTRINA: LETTURE E ORIENTAMENTI

Il leasing d’azienda. 5

Test di validità per il contratto di “sale and lease-back”. 5

Le condizioni necessarie per la sussistenza della cessione pro soluto nel contratto di factoring. 6

Societa’ fiduciarie, intestazione fiduciaria e riserva di attivita’. 6

Codici di comportamento e societa’ quotate. 7

Per l’estinzione anticipata dei mutui resta aperta la questione “prima casa”. 7

Ancora sull’anatocismo. 8

I conflitti di interesse fra intermediari finanziari e clienti nella direttiva MIFID. 8

Portabilità dei mutui solo per i consumatori. 9

Il rapporto tra l’art. 2645-ter c.c. e l’art. 2740 c.c.: un'analisi economica della nuova disciplina. 9

Cancellazione delle ipoteche senza notaio. 10

L’adempimento dell’obbligazione pecuniaria nella società contemporanea: tramonto della carta moneta e attribuzione pecuniaria per trasferimento della moneta scritturale. 10

Prime applicazioni giurisprudenziali dell’art. 150 d.lgs. 5/2006 e rito applicabile ai giudizi per azione revocatoria fallimentare. 11

Prime applicazioni delle nuove norme sul concordato fallimentare. 11

La Corte di Cassazione rafforza il proprio indirizzo in tema di estensione applicativa dell’art. 184, legge fallimentare al socio unico di societa’ di capitali. 12

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I rapporti giuridici pendenti nella riforma del fallimento (art. 72 e 72 bis della legge fallimentare). 12

Arbitrato e giustizia civile: verso un sistema dualistico di risoluzione delle controversie? 13

In merito ai requisiti di tutela del diritto d’autore nel software e sulla conformazione del relativo onere della prova. 13

Il diritto di accesso ai contenuti nel mercato radiotelevisivo digitale multipiattaforma. 13

I format televisivi tra acquisto di know-how e tutela della proprieta’ intellettuale. 14

Brevi osservazioni in tema di adozione quale ditta, ragione o denominazione sociale di unpatronimico già incluso in un antecedente marchio altrui. 14

Irap e lavoratori autonomi: i più recenti orientamenti della Cassazione e le problematiche non ancora affrontate. 15

GIURISPRUDENZA

Selezione delle decisioni più recenti della Corte di Cassazione e dei tribunali. 16

OSSERVATORIO

DIRITTO CIVILE, CONCILIAZIONE E “ADR” 28

Separazione personale: nessuna statuizione in mancanza di figli minori o conviventi. 28

CREDITO AL CONSUMO, LEASING E FACTORING 29

Mutuo di scopo: collegamento tra contratto di finanziamento e contratto di fornitura. 29

DIRITTO SOCIETARIO 30

Il merger leveraged buy-out nel nuovo diritto societario. 30

DIRITTO BANCARIO 31

Circa l’opportunita’ dell’istituzione di un’ipoteca europea. 31

MERCATI FINANZIARI 32

Le domande di nullita’ e/o risoluzione di un ordine di acquisto per asserito inadempimento dell’intermediario alla normativa di settore non possono essere accolte se non viene contestualmente chiesto il medesimo accertamento anche nei confronti del contratto-quadro. 32

DIRITTO FALLIMENTARE 33

Gli accordi di ristrutturazione del debito e la compatibilità con la struttura del trust. 33

ESECUZIONI IMMOBILIARI 34

Modifiche al codice di procedura civile previste dalla legge n. 80 del 2005: titolo esecutivo e intervento nella procedura esecutiva. 34

INTELLECTUAL PROPERTY AND INFORMATION TECHNOLOGY 35

Il file sharing in Italia. L’analisi condotta in chiave europea del caso “Peppermint”. 35

DIRITTO TRIBUTARIO 36

L’imposta sostitutiva sui finanziamenti a medio lungo termine: i punti fermi alla luce delle recenti interpretazioni dell’agenzia del territorio e della dottrina. 36

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BREVISSIME

Antitrust. 38

Diritto d’autore: proposte di liberalizzazione. 38

Guida pratica per le piccole e medie imprese in materia di protezione dei dati personali. 38

Legge fallimentare e termini processuali. 38

Presunzioni sui prelievi. 38

Pubblicità e multe. 38

Rinnovate le autorizzazioni generali per il trattamento dei dati sensibili e giudiziari. 38

COSE NOSTRE

Nuove dallo studio 39

Convegni 39

BIBLIOTECA

Nuovi acquisti 40

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ATTUALITA’ NORMATIVE

“GOVERNANCE PUBBLICA” ABROGAZIONE

DELL’ART. 2450 DEL CODICE CIVILE.

Il decreto legge n. 10 del 15 febbraio 2007, convertito in Legge n. 46 del 6 aprile 2007, ha abrogato l'articolo 2450 del c.c. in attuazione di obblighi comunitari ed al fine di evitare le conse-guenze di una procedura d'infrazione. La disposizione abrogata — di scarsa, concreta at-tuazione nel sistema societario — appariva, invero, in contrasto con la normativa comunitaria, in quan-to permetteva allo Stato ed agli enti pubblici di in-gerirsi nella gestione e nel controllo di società (di cui neppure detenevano partecipazioni azionarie), nominando e revocando amministratori, sindaci e componenti del consiglio di sorveglianza. Secondo la commissione UE l’articolo era in con-

flitto con il principio della libera circolazione

dei capitali ed il diritto di stabilimento, come rispettivamente indicati dall'articolo 56 e dall'artico-lo 43 del Trattato CE. (c.c.)

* * *

RELAZIONE DEI SINDACI E DEPOSITO

DEL BILANCIO - MODIFICA DEL SECON-

DO COMMA DELL’ART. 2429 E DEL-

L’ART. 2409-TER DEL CODICE CIVILE.

In attuazione della direttiva 2003/51/CE che modifi-ca le direttive 78/660, 83/349, 86/635 e 91/674/CEE relative ai conti annuali ed ai conti consolidati di taluni tipi di società, delle banche ed altri istituti finanziari e delle imprese di assicurazione, il decre-

to legislativo n. 73 del 28 marzo 2007 G.U. ha apportato modifiche all’art. 2409-ter ed al se-

condo comma dell’art. 2424 del c.c..

In particolare il nuovo art. 2409-ter relativo alle funzioni di controllo contabile, prevede che la rela-zione debba contenere: (i) un paragrafo intro-

duttivo che identifica il bilancio sottoposto a revi-sione ed il quadro delle regole di redazione applica-te dalla società; (ii) la descrizione della portata

della revisione svolta con l'indicazione dei principi di revisione osservati; (iii) il giudizio sul bilancio che indica chiaramente se questo è conforme alle norme che ne disciplinano la redazione e se rappre-senta in modo veritiero e corretto la situazione pa-trimoniale, finanziaria e il risultato economico del-l'esercizio; (iv) eventuali richiami di informati-

va che il revisore sottopone all'attenzione dei desti-natari del bilancio, senza che costituiscano rilievi; (v) un giudizio sulla coerenza della relazione sulla gestione con il bilancio. In sostanza la relazione dei revisori si uniforma a quella predisposta per le società quotate. La norma, inoltre, prevede che se il revisore esprime un giudi-zio sul bilancio con rilievi, un giudizio negativo, oppure rilascia una dichiarazione di impossibilità di esprimere un giudizio, la relazione deve illustrare analiticamente i motivi della decisione.

La modifica al secondo comma dell'art. 2429 c.c. introduce il principio secondo cui il collegio sindaca-le, se esercita il controllo contabile, redige anche la relazione di revisione prevista dall'art. 2409-ter. (c.c.)

* * *

BANCHE: CONTROLLI INTENSIFICATI

CONTRO ACCESSI NON AUTORIZZATI

ALLA CENTRALE RISCHI DELLA BANCA

D’ITALIA.

Il Garante Privacy ha prescritto a un istituto di

credito di adottare misure di sicurezza idonee a contenere i rischi di accesso non autorizzato alla Centrale rischi della Banca d’Italia e ai dati

personali dei clienti. Solo legittime esigenze pos-sono giustificare l’accesso mentre controlli tempe-stivi ed efficaci vanno effettuati sulla necessità che esso avvenga. (a.a.)

* * *

MODIFICHE AL REGOLAMENTO 14

APRILE 2005 IN MATERIA DI GESTIO-

NE COLLETTIVA DEL RISPARMIO.

Il Regolamento 14 aprile 2005 sulla gestione col-

lettiva del risparmio (“Regolamento”) è stato modificato dal Provvedimento della Banca d’Italia del 21 giugno 2007 (“Provvedimento”), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 luglio 2007, n. 155, ed entrato in vigore il 7 luglio u.s., nei seguenti tre ambiti disciplinari: Sgr che gestiscono fondi specu-lativi; procedimenti di approvazione e modificazione

IUSLETTER n. 43/07 ATTUALITA’ NORMATIVE

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dei regolamenti dei fondi comuni di investimento; schema di regolamento semplificato.Il Provvedimento, innanzitutto, elimina dal Rego-lamento la norma che imponeva alle Sgr che vo-lessero istituire o gestire fondi comuni di investi-mento speculativi di prevedere come proprio ogget-to sociale esclusivo l’istituzione e la gestione di tale tipologia di fondi. Pertanto, a specifiche condizioni, qualsiasi Sgr può istituire e gestire fondi spe-

culativi.

E’ da evidenziare inoltre che il Provvedimento facili-ta il lancio di nuovi prodotti sul mercato, riducendo i tempi di approvazione dei regolamenti di gestione e delle relative modifiche. La semplificazione dei

menzionati procedimenti si pone in linea con quanto stabilito dall’art. 39, comma 3-bis, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, ai sensi del quale la Banca d’Italia, in base all’oggetto dell’investimento, alla categoria di investitori o alle regole di funzionamen-to del fondo, determina le situazioni nelle quali il regolamento e le sue modificazioni si intendono approvati in via generale. (v.a.)

* * *

PERCORSO ATTUATIVO DELLA DIRETTI-

VA MIFID.

La legge 20 giugno 2007, n. 77, recante la de-lega legislativa per il recepimento di alcune diretti-ve, tra cui, anche la direttiva 2004/39/CE (c.d. MI-FID), e pubblicata nella G.U. n. 142 del 21.06.2007, è entrata in vigore lo scorso 22 giugno.L’art. 1 di tale legge fissa al 30 settembre 2007 il

termine entro il quale il Governo deve adottare, con le procedure previste dall’art. 1 della legge n. 62 del 2005, i decreti legislativi di attuazione

della MIFID, i quali dovranno conformarsi ai prin-cipi e ai criteri individuati dagli artt. 2 e 9-bis della legge n. 62 del 2005. In attuazione dei predetti principi e criteri, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha predisposto il 3 marzo 2007 una bozza contenente modificazioni al d.lgs. n. 58 del 1998 (“TUF”).Entro due anni dalla data di entrata in vigore dei suddetti decreti legislativi, il Governo potrà adotta-re, nel rispetto dei richiamati principi e criteri diret-tivi e con la procedura indicata nel comma 5 del-l’art. 1 della legge n. 62 del 2005, disposizioni cor-rettive e integrative dei decreti stessi, al fine di te-nere conto delle eventuali norme di attuazione adottate dalla Commissione europea secondo la procedura di cui all’art. 64, paragrafo 2, della MI-FID. (v.a.)

* * *

UN “RESTYLING” DEI REGOLAMENTI IN

MATERIA DI INTERMEDIARI E DI EMIT-

TENTI.

La legge n. 262 del 2005 – recante interventi per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finan-ziari – ed il relativo d.lgs. n. 303 del 2006 – di coor-dinamento del d.lgs. n. 58 del 1998 (“TUF”) e del d.lgs. n. 385 del 1993 (“TUB”) con la legge n. 262 del 2005 – hanno apportato al TUF rilevanti modifi-che con riguardo alla disciplina degli intermediari mobiliari.Molte di queste nuove disposizioni attendevano la loro attuazione regolamentare da parte della Con-

sob, che, con la delibera 30 maggio 2007 n. 15961, entrata in vigore il 13 giugno 2007 (salvo quanto previsto dalle disposizioni transitorie), vi ha ora provveduto, novellando in vari punti il regolamen-

to in materia di intermediari, adottato con la delibera 1 luglio 1998 n. 11522.Le modifiche e integrazioni al regolamento in mate-ria di intermediari concernono tre rilevanti aspet-

ti di novità introdotti dalla legge per la tutela del risparmio nel corpo del TUF: la distribuzione di

prodotti finanziari emessi da banche e da impre-se di assicurazione (art. 25-bis, comma 2, del TUF); la finanza etica e socialmente responsabile (art. 117-ter del TUF); l’albo e l’attività dei promoto-

ri finanziari (art. 31, comma 6, del TUF).La legge n. 262 del 2005 ed il successivo d.lgs. n. 303 del 2006 hanno modificato in più punti an-che la disciplina degli emittenti contenuta nel

TUF.

Con le delibere 3 maggio 2007 n. 15915 e 30 mag-gio 2007 n. 15960, entrate in vigore rispettivamen-te il 16 maggio 2007 (salvo quanto previsto dalle norme transitorie) e il 13 giugno 2007, la Consob ha modificato e integrato il regolamento in ma-

teria di emittenti, adottato con la delibera 14 maggio 1999 n. 11971, nei seguenti nove ambiti disciplinari: sollecitazione all’investimento di prodot-ti finanziari emessi da imprese di assicurazione (art. 11, comma 2, lett. b), della legge n. 262 del 2005); fusioni fra società con azioni quotate e società con azioni non quotate (art. 117-bis, comma 2, del TUF); informazione societaria, ricerche e valutazioni del merito di credito (art. 114, commi 8 e 9, del TUF); dirigente preposto alla redazione dei docu-menti contabili societari (art. 154-bis del TUF); in-formazioni da fornire al mercato in materia di attri-buzione di strumenti finanziari a esponenti azienda-li, dipendenti o collaboratori (art. 114-bis del TUF); informazione relativa ai codici di comportamento (artt. 124-bis e 124-ter del TUF); controllo sulle informazioni fornite al pubblico (art. 118-bis del TUF); disciplina degli organi di amministrazione e di controllo (artt. 147-ter, comma 1, 148, comma 2, e 148-bis del TUF); revisione contabile (artt. 159,

IUSLETTER n. 43/07 ATTUALITA’ NORMATIVE

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comma 7, 160, 161, comma 4, 165 e 165-bis del TUF). (v.a.)

* * *

PRIVACY E ASSICURAZIONI: INFORMA-

TIVA SEMPLIFICATA E PIÙ ADEGUATA

ALLA COMPLESSITA’ DELLA "CATENA AS-

SICURATIVA".

Il Garante Privacy, dando seguito ad alcune istanze dell'Ania, ha autorizzato le compagnie di assicurazione ad adottare una nuova procedura per informare la clientela sull'uso dei dati perso-

nali in modo più agevole nell'ambito della cosiddet-ta "catena assicurativa" che coinvolge molti sog-getti (ad esempio, co-assicuratori e riassicuratori). L'informativa potrà essere resa in modo più efficace "una tantum". L'assicurazione che stipula il contrat-to dovrà continuare a far conoscere al cliente l'uso che verrà fatto dei dati personali, per quali finalità sono raccolti, a chi possono essere comunicati, ma potrà farlo meglio anche per conto di altri soggetti della "catena assicurativa". (a.a.)

* * *

OPERATORI TELEFONICI E CALL CEN-

TER “SOTTO LA LENTE” DEL GARANTE

PRIVACY PER L’ILLECITA ATTIVIT À DI

MARKETING.

Il Garante Privacy ha emesso cinque provve-

dimenti, al termine di una apposita attività ispetti-va, nei confronti dei principali operatori telefo-

nici e dei relativi call center. Il Garante ha prescrit-to agli stessi di interrompere i trattamenti illeciti di dati - riguardanti soprattutto le “sportive” pratiche di teleselling - informando l'Autorità sullo stato di adempimento delle misure richieste (organizzative, tecniche e procedurali), che andranno comunque adottate al più tardi entro il 10 settembre 2007.Il Garante si è riservato di adottare provvedimenti più drastici in caso di mancato adempimento, quali blocchi o divieti.Per le violazioni relative ad omessa o insufficiente informativa agli utenti, nel corso del 2007, il Garan-te ha avviato nei confronti dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica e call center 44 procedi-menti sanzionatori, 22 dei quali già definiti con il pagamento di somme per un totale di oltre 130 mi-la euro. (a.a.)

CIRC. N. 42/E DEL 6 LUGLIO 2007.

Con la predetta circolare l’Agenzia, prendendo atto degli orientamenti riportati nelle recenti sentenze 24 novembre 2006, n. 24973 e 30 gennaio 2007, n. 1910, della Sezione tributaria della Corte di Cas-sazione è tornata a pronunciarsi in merito alla de-

ducibilità, ai fini della determinazione del reddito d'impresa, degli accantonamenti ai fondi per

indennità suppletiva di clientela e per inden-

nità meritocratica fissando una volta per tutte le regole di deducibilità e il trattamento fiscale da ri-servare a tali accantonamenti.Sulla base dei nuovi orientamenti, l’Agenzia disco-nosce quanto dalla stessa affermato con risoluzione n. 59/E del 9 aprile 2004 e recepisce i nuovi orien-tamenti della corte di cassazione.In particolare viene recepita l’interpretazione se-condo cui l’accantonamento per l’indennità da

corrispondersi agli agenti al termine del rap-

porto di lavoro (indennità suppletiva di clientela) costituisce “in pendenza del rapporto di agenzia, un costo meramente eventuale sia nell'an che nel quantum, come tale non accantonabile fiscalmen-te e, quindi, non deducibile dal reddito d'impresa, manifestando, invece, la qualità di componente negativo deducibile solo nell'esercizio in cui venga concretamente corrisposta.”Giacché l’incertezza di trattamento, anche a seguito della precedente diversa interpretazione, può aver indotto i contribuenti a non operare correttamente l’Agenzia precisa che “ai sensi del comma 8 del-l'art. 2 del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, i contri-buenti possono emendare le dichiarazioni ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive (Irap) entro il termine previsto dall'art. 43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ossia entro il 31 dicembre del quar-to anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione originaria (cfr. circolare n. 6/E del 25 gennaio 2002, punto 3.2).I contribuenti possono altresì avvalersi del ravve-dimento previsto dall'art. 13 del d.lgs. 18 dicem-bre 1997, n. 472, entro il termine per la presen-tazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale la violazione, l'errore o l'omissione si sono verificati, ovviamente a condizione che la violazione non sia stata già constatata o comun-que non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza.” (a.d.c.)

* * *

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RISOLUZIONE DELL’AGENZIA DELLE

ENTRATE 14 GIUGNO 2007, N. 134/E

– SOCIET À NON OPERATIVE DETENUTE

ATTRAVERSO SOCIETÀ FIDUCIARIA.

Con la Risoluzione n. 134/E del 14 giugno 2007, l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto valido lo

scioglimento agevolato delle società risultan-

ti non operative ai sensi dell’articolo 30 della Legge 23 dicembre 1994, n. 724 o la loro trasfor-mazione in società semplici, anche qualora le parte-cipazioni in dette società siano detenute tramite l’interposizione di una società fiduciaria. L’articolo 1, commi 111 e seguenti della Legge Finanziaria per l’anno 2007 prevede che l’assegnazione agevolata o la trasformazione in società semplice delle società non operative si renda possibile soltanto a condi-zione che tutti i soci persone fisiche detengano le partecipazioni al di fuori del regime di impresa e che gli stessi risultino iscritti a libro soci.Pertanto, l’interposizione di una società fiduciaria non costituisce elemento ostativo alla fruizione del-l’assegnazione agevolata o della trasformazione in società semplice, purché le predette condizioni sia-no soddisfatte con riferimento a tutti i soggetti fidu-cianti. (a.d.c.)

* * *

RISOLUZIONE DELL’AGENZIA DELLE

ENTRATE 1 GIUGNO 2007, N. 122/E. TRASFERIMENTI IMMOBILIARI: PRE-

SUNZIONE DI OCCULTAMENTO DEL

CORRISPETTIVO E FINANZIAMENTO

MEDIANTE MUTUO.

Rispondendo ad apposito interpello l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito all’in-

terpretazione dell’articolo 35, commi 2, 3 e

23-bis del d.l. n. 223/2006. In particolar modo, nel caso sottoposto all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate, la società istante ha chiesto se la stipula, da parte dell’acquirente di un immobile, di un mu-tuo per un importo superiore al corrispettivo dichia-rato, sia pur prevedendo esplicitamente nel contrat-to la destinazione di parte delle somme erogate a finanziamento di lavori di restauro da eseguirsi sul-l’immobile medesimo, possa autorizzare l’Agenzia delle Entrate alla rettifica “senza alcuna preventiva attività istruttoria” della dichiarazione IVA e all’ac-certamento di maggiori ricavi ai fini delle imposte dirette ai sensi dell’articolo 35, comma 23-bis del d.l. n.223/2006.A tali dubbi l’Agenzia delle Entrate ha risposto chia-rendo che “nel caso in cui l’imponibile dichiarato

sia inferiore all’ammontare del mutuo concesso all’acquirente in relazione all’acquisto di un immo-bile lo stesso può essere rettificato in aumento, almeno sino a concorrenza dell’ammontare del mutuo, ferma restando la possibilità del contri-buente di fornire prova contraria. Nel caso in cui nel contratto sia specificato che parte della som-ma mutuata è destinata a coprire i costi dei lavori di ristrutturazione dell’immobile, per vincere la presunzione secondo cui il valore normale del-l’immobile è determinato in misura non inferiore all’ammontare del mutuo, occorre fornire la prova documentata dei lavori di ristrutturazione effet-tuati sull’immobile acquistato. A tale scopo po-tranno essere esibite le autorizzazioni ad eseguire i lavori rilasciate dall’ente locale competente, ove previste, i preventivi relativi ai lavori da svolgere, le fatture di pagamento e ogni altra utile docu-mentazione”. (a.d.c.)

* * *

RISOLUZIONE 130/E DEL 6 GIUGNO

2007.

Rispondendo ad apposita istanza l’Agenzia delle entrate ha affermato che ai fini IVA (sulla base di quanto previsto all’articolo 135 della Direttiva di rifusione 2006/112/CE e della sentenza della corte di giustizia emessa il 23 giugno 2003, causa C-305/01) i servizi di recupero crediti e l’amministrazione dei crediti medesimi costituisce un operazione di natura finanziaria anche se la causa giuridica delle prestazioni non è un finanziamento. Per tale motivo se tali servizi finanziari sono resi a favore di una banca comunitaria da un operatore italiano, l’IVA non si applica per mancanza del requisito territoria-le (art. 7 dpr 633/72) trattandosi di consulenza tec-nica soggetta nel paese del committente.Con riferimento ai servizi di Compliance, inclusi nel contratto di servicing insieme al servizio di recupero e gestione dei crediti, l’Agenzia ha osservato come i medesimi rivestono comunque natura strettamente tecnica e specialistica e sono quindi riconducibili alla norma che disciplina le prestazioni di consulenza e assistenza tecnica (art. 7, quarto comma, lett. d) ed e) citato). (a.d.c.)

* * *

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DOTTRINA:

LETTURE E ORIENTAMENTI

IL LEASING D’AZIENDA.- di Massimo Plasmati , in Contratto e Impresa, n. 2/07, pag. 576.

Qualora il contratto di leasing abbia ad oggetto l’azienda, si pone il problema di individuare la disciplina ad esso applicabile e, quindi, se ad esso siano riferibili le norme che regolano gli atti di

disposizione di azienda.

Considerato il carattere eccezionale delle suddette norme, si deve innanzitutto escludere la loro ap-plicazione per analogia al leasing d’azienda, re-stando pertanto possibile, qualora si addivenga alla conclusione che il leasing rientra direttamente nel loro ambito di applicazione, una interpreta-

zione estensiva delle stesse.Non si può prescindere, al fine di verificare appun-to se al predetto contratto possano essere applica-te le norme che regolano gli atti di disposizione d’azienda, dalla individuazione della natura giu-

ridica e della struttura dell’operazione di lea-sing: a tal riguardo, se ci si attiene alla teoria che considera la predetta operazione come una fatti-specie a formazione progressiva, articolata nei due momenti – distinti e non necessariamente collega-ti l’uno all’altro - dell’utilizzazione dei beni che ne sono l’oggetto e dell’eventuale riscatto degli stessi, ne consegue che, inizialmente, il contenuto del diritto di godimento dei beni da parte dell’utilizza-tore in nulla differisce da quello dell’affittuario d’azienda, mentre nella fase successiva ed even-tuale del riscatto dei beni utilizzati, egli acquista la proprietà piena dell’azienda, trovandosi nella iden-tica situazione del compratore.Posta la predetta similitudine di ruoli tra l’utilizza-tore da una parte e l’affittuario d’azienda o il com-pratore dall’altra, ne consegue che il leasing d’azienda rientra nell’ambito di applicazione delle disposizioni di cui sopra e che, pertanto, le norme che ne regolano l’affitto e l’alienazione possono essere direttamente ed estensivamente applicate anche al leasing d’azienda.Secondariamente, preme rilevare che, appurata la possibilità di un’interpretazione estensiva delle suddette norme in relazione al particolare tipo di leasing in esame, gli articoli del codice civile che regolano alcune vicende inerenti la gestione del-l’azienda - come ad esempio quella dell’art. 2560 c.c. sui debiti dell’azienda ceduta o quella di cui all’art. 2557 c.c. sul divieto di concorrenza – an-dranno tuttavia interpretati e conseguentemente applicati al leasing d’azienda anche alla luce pro-

prio della specialità di quest’ultima fattispecie contrattuale.Lo stesso vale in relazione a determinati aspetti oggettivi e soggettivi del contratto in esame – co-me ad esempio l’oggetto del contratto e la sua impossibilità sopravvenuta, la successione nei con-tratti o la successione mortis causa nel contratto o ancora la cessione dei crediti aziendali – i quali devono essere disciplinati tenendo conto altresì delle problematiche derivanti dalla particolare na-tura della predetta operazione di leasing. (l.t.)

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TEST DI VALIDITÀ PER IL CONTRATTO

DI “SALE AND LEASE-BACK”.- di Martina Petri, in Diritto e Pratica delle So-cietà, n. 9/07, pag. 70.

L’Autore commenta una recente sentenza (Cass., III Sezione Civile, 14 marzo 2006, n. 5438 per la cui massima si rimanda alla Sezione Giurispruden-za), con la quale la Suprema Corte torna ad af-frontare l’annosa questione sulla liceità dello schema della vendita con contestuale loca-

zione finanziaria di ritorno (c.d. sale and lea-se-back) rispetto al divieto di patto commissorio sancito dall’art. 2744 c.c..La predetta sentenza, pur non apportando alcuna specifica innovazione al panorama già consolidato della giurisprudenza di legittimità, ha tuttavia il merito di aver rafforzato l’assoluta liceità del

contratto di lease-back e di avere altresì trat-tato in maniera specifica gli elementi sintomatici di anormalità in presenza dei quali il predetto con-tratto è nullo per violazione del divieto di patto commissorio.Con il contratto di sale and lease-back un’impresa commerciale o industriale (lesse) vende un pro-prio bene di natura strumentale per l’esercizio del-l’impresa o dell’attività a un’impresa di leasing (lessor) la quale lo concede contestualmente in locazione finanziaria (leasing) alla stessa società alienante, che avrà poi la facoltà di riacquistare la proprietà del bene venduto, corrispondendo al termine del contratto il prezzo stabilito per il ri-scatto.Il lease-back, così come descritto, ha indotto par-te della dottrina e della giurisprudenza ad assimi-larlo alla vendita in funzione di garanzia, accosta-

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mento quest’ultimo che ha subito posto il proble-ma della liceità del lease-back in relazione al noto divieto del patto commissorio sancito dall’art. 2744 c.c..Nonostante l’ampia divergenza di opinioni sull’ar-gomento, si è venuta consolidando, peraltro sup-portata da diversi interventi nello stesso senso della Suprema Corte, la tesi che, basandosi sulla considerazione che lo scopo del lease back è quel-lo di assicurare all’imprenditore che vende il suo bene denaro liquido da investire, senza tuttavia privarsi della materiale disponibilità del bene (si realizzerebbe, in altri termini, una vendita con scopo di leasing e non una vendita con scopo di garanzia), ravvisa nel lease back un contratto di

impresa socialmente tipico, diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela e non integrante, per sua natura e nel suo fisiologico operare, una fatti-specie negoziale nulla per illiceità della causa in relazione al divieto di patto commissorio.Quanto sopra a condizione che non ricorrano però i predetti indici rivelatori dell’illiceità del lease back per violazione del patto commissorio e che, ad avviso della dottrina e della giurisprudenza maggioritaria, sono essenzialmente tre: 1) la pre-senza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria (concedente) e l’impresa venditrice utilizzatrice, preesistente o contestuale alla vendita; 2) le difficoltà economiche del-l’impresa venditrice, legittimanti il sospetto di un approfittamento della sua condizione di debolezza; 3) la sproporzione tra il valore del bene trasfe-rito e il corrispettivo versato dall’acquirente. (l.t.)

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LE CONDIZIONI NECESSARIE PER LA

SUSSISTENZA DELLA CESSIONE PRO

SOLUTO NEL CONTRATTO DI FACTORING.- di Francesco Accettella, in Banca Borsa e Ti-toli di credito, n. 2/07, pag. 244.

L’articolo in oggetto, commentando la sentenza del Tribunale di Milano 4 novembre 2005 (per la quale si rimanda alla Sezione Giurisprudenza), prende in esame una clausola contenuta nelle condizioni generali del contratto di factoring aven-te ad oggetto, in generale, le condizioni dell’as-

sunzione, da parte del factor, del rischio del

mancato pagamento del debitore ceduto e che consiste invece, nel caso specifico preso in esame dal giudice milanese, nel pervenimento al factor dell’accettazione della cessione dei crediti da parte del debitore ceduto “entro il termine di scadenza di ogni singola fattura”. Così come previsto dall’art. 4 della l. 21 febbraio 1991, n. 52 sulla cessione dei crediti di impresa,

anche il contratto in esame prevede che le cessio-ni dei crediti avvengano di regola pro solven-do, mentre prospetta come ipotesi particolare quella della cessione pro soluto, subordinandola tuttavia al verificarsi di una determinata condizio-ne. La medesima impostazione è peraltro accolta anche nelle “condizioni generali per le future operazioni di factoring” formulate dall’Assifact, associazione di categoria rappresentante la quasi totalità del mercato del factoring italiano. Nessuna questione si pone in merito alla vali-

dità ed all’utilità di una simile clausola.

Quanto alla validità, posto che l’assunzione della garanzia di solvenza da parte del cessionario costi-tuisce pur sempre uno dei molteplici servizi acces-sori rientranti nella complessa operazione di facto-ring, ne consegue che, se le parti possono libera-mente rinunciare a questo servizio complementa-re, lasciando al cedente l’obbligo di garantire la solvenza del debitore, deve anche ritenersi am-missibile che il medesimo servizio venga ad essere condizionato dal verificarsi di taluni presupposti.Quanto invece all’utilità della predetta clausola, se si considera l’accettazione della cessione dei credi-ti da parte del debitore ceduto come un ricono-scimento di debito, risulta conveniente per un’im-presa di factoring, in quest’ottica, formalizzare contrattualmente il nesso tra il ricevimento dell’at-to di accettazione e l’assunzione di quello che rap-presenta uno dei principali rischi connessi all’ope-razione, ovvero la garanzia di solvenza del debito-re ceduto. (l.t.)

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SOCIETA’ FIDUCIARIE, INTESTAZIONE

FIDUCIARIA E RISERVA DI ATTIVITA’.- di Alessandra Caron, in Diritto e Pratica delle Società, n. 9/07, pag. 34.

L’articolo in esame analizza la portata ed i limiti della riserva di attività di cui all’art. 1, Legge n.

1966/1939, prevista a favore delle società fidu-ciarie nell’ordinamento italiano. L’Autrice, data l’ampiezza della definizione legisla-tiva delle attività proprie delle società fiduciarie (amministrazione di beni per conto terzi, organiz-zazione e revisione contabile, rappresentanza dei portatori di azioni e obbligazioni) ed essendo le stesse esercitabili anche da parte di soggetti di-versi dalle società fiduciarie, ritiene necessario individuare gli elementi che determinano la porta-ta della riserva a soggetti previamente autorizzati. L’Autrice risponde negativamente a chi doman-da se è l’intestazione fiduciaria a contraddi-stinguere le società fiduciarie da altri soggetti che esercitano attività rientranti nella nozione di “amministrazione di beni per conto terzi” ed a

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determinare, conseguentemente, l’applicazione del regime di autorizzazione amministrativa cui tali società sono soggette. L’intestazione fiduciaria, infatti, sarebbe soltanto uno degli strumenti ope-rativi utilizzati dalle società fiduciarie, elemento solamente accessorio alla fattispecie “amministra-zione dei beni per conto terzi”. Quest’ultima sus-siste, in realtà, nel momento stesso in cui il fidu-ciante trasferisce i beni alla società, indipenden-temente dal fatto che l’affidamento dei beni ne comporti l’intestazione alla società stessa.L’elemento distintivo sarebbe, invece, indivi-duato, sempre secondo l’Autrice, da un inciso con-tenuto nell’art. 1 della L. 1966/1939 secondo cui le attività in esame devono essere caratterizzate dall’esercizio “in forma di impresa”.

Se dunque non è lo strumento dell’intestazione fiduciaria a circoscrivere l’ambito di operatività lo sarebbe, invece, l’esercizio delle attività in forma imprenditoriale. In conclusione, laddove l’attività di amministrazio-ne di beni per conto terzi (così come quelle di or-ganizzazione e revisione contabile, rappresentanza dei portatori di azioni e obbligazioni) sia svolta sulla base di accordi occasionali, essa potrà essere esercitata da parte di qualunque soggetto, sulla base dei diversi schemi giuridici previsti dall’ordi-namento (es. deposito titoli in amministrazione presso una banca, amministrazione di bene in co-munione o condominio di edifici). Al contrario, nel caso in cui l’esercizio di tale attività avvenga in maniera continuativa e non occasionale, e, dunque, professionalmente, attraverso un com-plesso di beni organizzati in forma di impresa, si renderà necessaria l’autorizzazione ammini-

strativa. (c.c.)

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CODICI DI COMPORTAMENTO E SO-

CIETA’ QUOTATE.- di Nicola Brutti, in Giurisprudenza Commer-ciale, n. 2/07, I, pag. 236.

L’articolo in esame concerne principalmente i “co-dici di comportamento”. Con tale espressione, scrive l’Autore, si suole descrivere una pluralità di fenomeni la cui essenza comune è costituita da un insieme di regole comportamentali destinate a disciplinare uno specifico ambito di attività ed adottate volontariamente dagli stessi soggetti cui esse si rivolgono.L’espressione “codici di comportamento” calata nella cornice delle politiche di corporate gover-nance, continua l’Autore, identifica i “codici di au-todisciplina”, in base ai quali le imprese impongo-no a sé stesse una serie di norme sul loro corretto funzionamento e tramite i quali si vuole porre una

barriera più rigorosa di quella legale ai rischi di abuso e conflitto di interessi da parte degli azioni-sti di maggioranza ovvero del management. Tali codici non sono legalmente vincolanti, tuttavia la loro adozione è requisito per la quotazione in bor-sa e, comunque, opportuna ai fini della buona reputazione sul mercato.L’Autore pone poi un interrogativo, ossia se sia opportuno esaurire la nozione di codici di compor-tamento al modello dell’autodisciplina. Potrebbero considerarsi, infatti, anche altre tipologie di codici detti etici e di condotta, in capo ai quali non è rin-venibile una vera e propria rilevanza giuridica. Nel-l’adottare il proprio codice etico, diversamente da ciò che accade con i codici di autodisciplina, l’im-presa può rielaborare una pluralità di modelli, li-nee guida, raccolte di best practices, maturati presso associazioni di categoria ed istituzioni in-ternazionali che integrano i principi della c.d. Cor-porate Social Responsibility, preparando succes-sivamente rapporti che illustrino le azioni even-tualmente intraprese in questa direzione. Seppur contraddistinti, normalmente, da una maggior ge-nericità di contenuti e da una formale indifferenza ai fini della quotazione in borsa, rispetto ai codici di autodisciplina, quelli etici paiono destinati a ri-vestire, rispetto a questi ultimi, una preponderante valenza d’immagine presso i mercati, incidendo attivamente in un insieme più esteso di rapporti giuridici. I codici etici poi, sono stati, forse impro-priamente rileva l’Autore, interpretati dalle imprese come veri e propri paradigmi di organizzazione, gestione e controllo.Sotto il profilo del richiamo di atti e Convenzioni internazionali all’interno dei codici, l’Autore evi-denzia che questi ultimi prevedono, al più, obbli-gazioni a carico degli Stati. Pertanto, il rinvio a queste fonti nei codici di comportamento potrebbe comportare il consolidamento di quegli stessi prin-cipi, quali principi fondamentali di diritto interna-zionale e, in quanto tali, vincolanti e direttamente azionabili tra privati. (v.a.)

* * *

PER L’ESTINZIONE ANTICIPATA DEI

MUTUI RESTA APERTA LA QUESTIONE

“PRIMA CASA”.- di Mauro Leo, in Guida al Diritto, n. 20/07, pag. 114.

Il 2 maggio 2007 l’ABI e le Associazioni dei con-sumatori, hanno raggiunto l’accordo di cui all’art. 7, comma 5, del D.L. 31/01/07, convertito con legge 2 aprile 2007 n. 40, determinando la misu-

ra massima dell’importo della penale dovuta per il caso di estinzione anticipata o parziale

dei contratti di mutuo stipulati prima del 2 feb-

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braio 2007 (data di entrata in vigore del D.L. 7/07), secondo quanto previsto dall’art. 7, comma 5, del predetto decreto legge.Tale intesa distingue da un lato tra i mutui bancari per l’acquisto della prima casa, stipulati prima del 2 febbraio 2007 e in essere a questa data, e, d’altro lato, quelli stipulati prima e dopo il 3 aprile 2007 (data di entrata in vigore della legge 40/07) da banche e da altri soggetti mutuatati per l’ac-

quisto o per la ristrutturazione di immobili

di tipo abitativo e professionale, e in essere a questa data.In particolare, con riferimento ai mutui per l’acqui-sto della prima casa, l’accordo ritiene che questi siano quelli destinati “all’acquisto effettuato da persona fisica della casa dove intende stabilire la propria residenza”.Al fine di comprovare la ricorrenza delle condizioni che consentono la riduzione della penale nelle misure indicate nell’accordo, il debitore dovrà far pervenire alla banca o al soggetto mutuante una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà con tenente l’attestazione dei requisiti previsti. (c.g.)

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ANCORA SULL’ANATOCISMO.

- di Angelo Riccio, in Contratto e Impresa, n. 2/07, pag. 387.

L’Autrice commenta favorevolmente la sentenza del Tribunale di Roma, 8 gennaio 2007 (sentenza non ancora disponibile), che ha accolto la ormai diffusa tesi, secondo la quale l’anatocismo è sempre illegittimo, al di fuori dei casi previsti dall’art. 1283 c.c. Secondo il predetto Tribunale, infatti, in conseguenza della nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi, deve essere negato anche l’anatocismo semestrale

ovvero annuale, perché non esiste la possibilità di sostituzione legale o automatica di clausole che prevedano una diversa periodicità di capitalizza-zione degli interessi.Dopo aver rammentato l’opinione della Corte di Cassazione in materia, l’Autore critica quindi le decisioni di alcuni giudici di merito, che hanno ritenuto legittimo l’anatocismo annuale, ri-chiamando l’art. 1284 c.c. ovvero applicando all’obbligazione di interessi il comune regime

dell obbligazioni pecuniarie. Egli ritiene, inol-tre, opportuno precisare che, nonostante una re-cente sentenza della Suprema Corte (Cass. 31 gennaio 2006, n. 2140) sembri sostenere il contra-rio, il fenomeno dell’anatocismo non può trovare applicazione neppure nei mutui fondiari, atte-sa l’intervenuta abrogazione dell’art. 38, r.d. 16 luglio 1905, n. 646.

L’ultima parte dell’articolo è quindi dedicata al-l’esame dell’art. 120 T.U.B. e della delibera CICR

9 febbraio 2000, norme che dopo il 2000 sono usualmente richiamate dagli istituti di credito per legittimare la capitalizzazione trimestrale degli in-teressi passivi. A detta dell’Autore, l’art. 120 T.U.B., se interpreta-to in deroga all’art. 1283 c.c., deve ritenersi inco-stituzionale, perché non pare accettabile che il legislatore delegante abbia legittimato un’autorità amministrativa, quale è il CICR, a stabilire, in de-roga ad una norma generale, le modalità e i criteri per la produzione di interessi su interessi. La que-stione di incostituzionalità è stata peraltro solleva-ta dal Tribunale di Catania e si è ora in attesa della relativa decisione da parte della Consulta. (s.d.)

* * *

I CONFLITTI DI INTERESSE FRA IN-

TERMEDIARI FINANZIARI E CLIENTI

NELLA DIRETTIVA MIFID.- di Sergio Scotti Camuzzi, in Banca Borsa Titoli di Credito, n. 2/07, pag. 121.

Nella prima parte dell’articolo, dedicato ai conflit-

ti di interessi fra intermediari finanziari e

clienti nella Direttiva 2004/39/CE (c.d. MIFID) relativa ai mercati degli strumenti finanziari, l’Au-tore afferma che stabilire e applicare “disposizioni organizzative ed amministrative” efficaci al fine di “evitare che i conflitti di interesse incidano ne-gativamente sugli interessi dei loro clienti” (obiettivo finale) sembra ciò che è necessario e sufficiente all’impresa di investimento, ed ai suoi managers, «per navigare tranquillamente anche nei bracci di mare che si sanno infestati dai con-flitti di interessi». Per conseguire il menzionato obiettivo finale, è necessario che ne siano rag-giunti due intermedi: quello dell’identificazione dei tipi di potenziale conflitto di interessi, tramite l’adozione da parte delle imprese di apposite

misure, e quello della gestione delle situazioni di conflitto di interessi, che è rimessa all’autorego-

lazione delle imprese di investimento.

Nella seconda parte del testo in commento, l’Auto-re esamina le disposizioni in materia di conflitto di interessi contenute nella Direttiva 2006/73/CE, il cui scopo è quello di assicurare, negli Stati membri dell’Unione Europea, l’applicazione uniforme

dei principi della Direttiva 2004/39/CE. Tali disposizioni, intese a regolare l’organizzazione del-l’impresa autorizzata, la sua struttura e le sue pro-cedure amministrative, disciplinano solo indiretta-mente e per via dei principi e delle norme generali sulla responsabilità civile, contrattuale, precontrat-tuale ed extracontrattuale, la relazione intersog-gettiva fra intermediario e cliente.

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L’Autore, infine, conclude l’articolo richiamando l’attenzione su due argomenti. Il primo è quello della disciplina del conflitto di interessi nella

negoziazione in contropartita diretta. Il se-condo argomento, invece, concerne la legge n. 262 del 2005 (intitolata “per la tutela del rispar-mio e la disciplina dei mercati finanziari”), conte-nente specifiche norme in materia di conflitti di interessi: conflitti che possono inquinare la con-cessione di credito da parte delle banche agli “esponenti bancari”, conflitti nella gestione collet-tiva e nella gestione individuale dei portafogli e conflitti nella prestazione dei servizi di investimen-to. (v.a.)

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PORTABILIT À DEI MUTUI SOLO PER I

CONSUMATORI.- di Mauro Leo, in Guida al Diritto, n. 16/07, pag. 52.

L’art. 8 del d.l. 7/2007 ha reso concretamente possibile per il debitore, parte di un contratto di finanziamento bancario, prendere una somma

di denaro a mutuo, al fine di estinguere la

propria esposizione debitoria derivante dal pri-mo finanziamento. La finalità è quella di consenti-re al debitore di sostituire al vecchio creditore il nuovo secondo lo schema della surrogazione ex art. 1202 c.c., con il vantaggio di evitare l’iscrizio-ne di una nuova ipoteca e la cancellazione della precedente, contenendo così i costi.Prima dell’entrata in vigore della normativa in og-getto, tale facoltà era di fatto ostacolata dalla pre-senza, nei contratti di mutuo, di clausole che ne impedivano l’esercizio. Ora il citato decreto legge ha stabilito la nullità delle clausole che precludano o rendano più onerosa detta possibilità, preve-dendo nel contempo che il mutuante surrogato

subentri nelle garanzie accessorie, personali e reali, al credito surrogato.Il soggetto finanziato deve essere un consu-

matore, mentre il creditore surrogante può, sia coincidere con un soggetto esercente istituzional-mente attività bancaria ex art. 10 del T.U.B., sia un ente di previdenza che sovvenzioni i propri iscritti. Inoltre, la nuova disciplina consente al de-bitore di esercitare la facoltà accordatagli anche nelle ipotesi in cui il credito sia sottoposto a ter-

mine o condizione.

Da ultimo l’Autore, rammentando che la surroga-zione deve essere annotata presso la Conservato-ria dei RR. II., si sofferma ad esaminare quali for-malità debbano essere adempiute per svolgere quest’ultimo incombente. (s.d.)

IL RAPPORTO TRA L’ART. 2645-TER

C.C. E L’ART. 2740 C.C.: UN'ANALISI

ECONOMICA DELLA NUOVA DISCIPLI-

NA.- di Giacomo Rojas Elgueta, in Banca Borsa Ti-toli di Credito, n.2/07, I, pag. 185.

L’Autore commenta la novella apportata al codice civile dall’art. 39 novies della legge n. 51 del 23 febbraio 2005 n.273 con l’introduzione dell’art.

2645 ter. Tale norma è finalizzata ad assicurare, con la tra-

scrizione del vincolo di destinazione, che i beni destinati e i loro frutti costituiscano la garan-zia generica esclusiva per i creditori il cui titolo è legato allo scopo di destinazione. Di conseguenza il disponente, in virtù dell’atto di destinazione, ve-drà articolarsi il suo patrimonio da un lato, in un comparto qualificato destinato all’esclusiva garan-zia dei creditori il cui titolo è connesso con il vin-colo di destinazione e, dall’altro, in un comparto generale chiamato a rispondere di tutte le obbli-gazioni in quanto non sottratto alla responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c. e alla garanzia ge-nerica dei suoi creditori non titolati. L’art. 2645 ter si colloca nella categoria della

separazione patrimoniale i cui tratti essenziali devono individuarsi nel principio del numero chiu-so e, quindi, della tipicità e nell’efficacia reale, at-teso che la posizione soggettiva del beneficiario del vincolo di destinazione è tutelata erga omnes. Del resto se l’art. 2645 ter c.c. riconoscesse all’au-tonomia privata la facoltà di creare un effetto se-parativo al fine della realizzazione di qualsivoglia interesse lecito, l’interprete si troverebbe di fronte ad una marcata contraddizione fra detta norma e l’art. 2740 comma 2 c.c. giacché quest’ultima au-torizza l’autonomia privata a muoversi lungo il ter-reno dell’efficacia reale con il solo limite della licei-tà, mentre l’art. 2645 ter c.c. sanziona con l’ineffi-cacia l’effetto separativo realizzato al di fuori degli schemi tipici.Un tentativo di attribuire alla clausola della meri-tevolezza di cui all’art. 2645 ter c.c. un significato ulteriore rispetto alla mera liceità è stato proposto ripercorrendo il ragionamento svolto dai sostenito-ri della teoria del negozio di destinazione allo sco-po atipico. Secondo tale teoria, il Giudice dovreb-be da un lato estendere il giudizio di meritevolezza a quei negozi di destinazione volti a realizzare in-teressi già selezionati dal legislatore avuto riguar-do alle fattispecie tipiche e, dall’altro, sanzionare con la nullità i negozi di destinazione la cui unità effettuale si esaurisca nella stessa separazione patrimoniale. Si tratta di una prospettiva che muo-ve dall’interpretazione dell’art. 2740 comma 2° c.p.c. quale norma imperativa diretta a vietare gli atti di disposizione il cui fondamento si esaurisca in una limitazione della responsabilità patrimoniale ma omette di considerare che il giudizio sull’am-

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missibilità della separazione patrimoniale è pur sempre un giudizio sul tipo rimesso all’esclusiva valutazione del legislatore. Altra via interpretativa si traduce nel leggere nella clausola di meritevolezza dell’interesse l’esigenza di realizzare una finalità di pubblica utilità. Per cui se è possibile utilizzare l’atto di destinazione al fine di soddisfare bisogni di soggetti determinati, dall’altro sarebbe necessario che tale atto realiz-zasse un interesse generale, un’utilità per la collet-tività. Tesi, questa, che consente di ricondurre l’art. 2645 ter c.c. entro la logica della standardiz-zazione delle forme separative fissata dal comma 2° dell’art. 2740 c.c.. (i.c.)

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CANCELLAZIONE DELLE IPOTECHE

SENZA NOTAIO.- di Mauro Leo, in Guida al Diritto, n. 16/07, pag.54.

L’Autore commenta il nuovo procedimento di

cancellazione dell’ipoteca nei mutui immobilia-ri introdotto dall’art. 13 del d.l. 31 gennaio 2007 n. 7 comma 8 sexies e seguenti. L’ambito applicativo della suddetta disciplina opera con riferimento alle ipoteche iscritte a garan-

zia di obbligazioni derivanti da contratto di mu-

tuo e quando il mutuante esercita attività

bancaria e finanziaria o previdenziale (in re-lazione ai finanziamenti concessi ai loro iscritti). Ne deriva che in presenza di altri contratti di fi-nanziamento e/o di una diversa qualificazione del creditore la normativa applicabile sarà quella del-l’art. 2882 c.c..Prima del decreto legge in esame, alla cancella-zione dell’ipoteca a garanzia di un mutuo ipoteca-rio si perveniva col completamento di una fatti-specie a formazione progressiva che prevedeva: l’estinzione del mutuo da parte del cliente, la sti-pula di un atto notarile col quale la banca consen-tiva alla cancellazione dell’ipoteca e l’esecuzione materiale della cancellazione da parte del Conser-vatore dei registri immobiliari.A questa procedura – comunque sempre utilizzabi-le – se ne affianca ora una più breve e meno co-stosa.L’estinzione automatica delle ipoteche, secondo la ricostruzione prospettata dal legislatore, si articola in 3 fasi semplificate: 1) il creditore a seguito del-l’estinzione dell’obbligazione rilascia al debitore quietanza attestante la data di estinzione dell’ob-bligazione; 2) entro 30 giorni dalla predetta data il creditore trasmette al Conservatore dei registri immobiliari la relativa comunicazione senza alcun onere per il debitore; 3) decorsi i 30 giorni il Con-servatore cancella d’ufficio l’ipoteca se sussiste la

comunicazione del creditore che dia atto dell’av-venuta estinzione e se quest’ultimo non rilascia la dichiarazione di permanenza dell’ipoteca fondata su un giustificato motivo ostativo.Tuttavia l’Autore rileva come la comunicazione del creditore al Conservatore circa l’avvenuta estinzio-ne dell’obbligazione, non sia assistita – nell’ipotesi di suo inadempimento – da alcuna sanzione, sic-ché l’unica conseguenza a suo carico potrebbe essere la responsabilità civile per i danni derivanti dal ritardo nella cancellazione dell’ipoteca.Da ultimo, l’esclusione nella nuova disciplina della necessità dell’autentica notarile, comporta per il Conservatore il dovere di verificare la sussistenza di tutte le condizioni formali e sostanziali che con-sentono la cancellazione delle ipoteche, e ciò sotto la propria personale responsabilità. (i.c.)

* * *

L’ADEMPIMENTO DELL’OBBLIGAZIONE

PECUNIARIA NELLA SOCIET À CONTEM-

PORANEA: TRAMONTO DELLA CARTA

MONETA E ATTRIBUZIONE PECUNIA-

RIA PER TRASFERIMENTO DELLA MO-

NETA SCRITTURALE.

- di Bruno Inzitari, in Banca Borsa e Titoli di Credito, n. 2/07, pag. 133.

L’Autore pone l’interrogativo relativo alla possibili-tà, per il creditore pecuniario, di rifiutare il pa-

gamento del debito pecuniario che il debitore intenda effettuare piuttosto che in denaro circo-lante (banconote o monete) in altro modo e cioè attraverso mezzi alternativi di pagamento (assegni circolari, di conto correte, bonifici, ecc.).Si tratta cioè di determinare quale sia la presta-zione dovuta dal debitore, quale sia l’esatto adempimento ex art. 1218 c.c. ed, in particolare, se l’adempimento con mezzi diversi dal denaro contante, costituisca adempimento inesatto, con conseguente possibilità per il creditore pecuniario di considerare in mora ed inadempiente il debito-re.Secondo l’Autore, la ragione che può indurre ad attribuire il carattere di esattezza al solo paga-mento effettuato con la dazione al creditore di pezzi monetari in contanti, trova la sua origine in una interpretazione non più condivisibile, e co-munque superata, che identifica il concetto di de-

naro inteso come unità monetaria, con quello di moneta emessa dallo Stato, coniata o stampata sotto forma di carta moneta.Non soltanto una tale concezione risulta incompa-tibile con un moderno significato della moneta adottata dallo Stato quale unità di misura dei valo-ri e quale mezzo di scambio, ma appare addirittu-ra vetusta e sul piano tecnico inapplicabile rispet-

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to alla attuale definizione del denaro quale ideal unit, astratta unità ideale monetaria creata dallo Stato.In conclusione, nella società contemporanea si è assistito al moltiplicarsi ed all’ampliamento della circolazione di unità monetarie e contemporanea-mente ad una significativa riduzione della circola-zione di pezzi monetari. Allo stesso modo si è as-sistito all’ampliamento della detenzione di unità ideali monetarie sotto forma di moneta scritturale, piuttosto che nella rischiosa, antieconomica ed antistorica forma della detenzione dei pezzi mone-tari.La carta moneta, in altre parole, si trova in cre-scente grande affanno a svolgere con ragionevole sicurezza ed efficienza la funzione di circolazione ed accettazione delle unità monetarie dello Stato. In un siffatto contesto attribuire al pagamento con menta contante un ruolo predominante ed addirit-tura esclusivo delle possibili modalità di estinzione del debito pecuniario, risulta oltre che concettual-mente errato, anche irrealistico e antistorico, con-siderata la assoluta marginalità e limitatezza della circolazione monetaria attraverso banconote, ri-spetto a quella realizzata con altri mezzi di paga-mento. (c.g.)

* * *

PRIME APPLICAZIONI GIURISPRU-

DENZIALI DELL’ART. 150 D.LGS. 5/2006 E RITO APPLICABILE AI GIU-

DIZI PER AZIONE REVOCATORIA FAL-

LIMENTARE.- di Valentina Piccinini, in Il Diritto Fallimenta-re, n. 2/07, II, pag. 254.

L’Autore commenta un recente provvedimento (per la cui massima si rimanda alla Sezione Giuri-sprudenza) con il quale il Tribunale di Treviso, in data 12 dicembre 2006, ha dichiarato applicabile

il rito camerale previsto dall’art. 24 della novel-lata legge fallimentare anche ai giudizi di revo-

catoria fallimentare promossi in relazione a procedure concorsuali iniziate prima dell’entrata

in vigore del d.lgs. 5/06.Dopo aver premesso un’interessante trattazione sull’applicabilità generale del c.d. “diritto transi-torio” e sui provvedimenti sinora emessi in rela-zione all’interpretazione dell’art. 150 d.lgs. 5/06, con particolare riferimento alla dicotomia sinora registratasi in relazione all’applicazione della nuo-va o della vecchia disciplina in relazione alla data di deposito dell’istanza di fallimento ovvero della sentenza dichiarativa dello stato d’insolvenza, l’Au-tore critica la decisione assunta dal Tribunale tre-vigiano, ritenendo più consona alla ratio della ri-forma una lettura della disposizione transitoria

basata su un collegamento tra l’entrata in vigore della riforma ed il rito applicabile ai giudizi deri-vanti da dette procedure. (s.b.)

* * *

PRIME APPLICAZIONI DELLE NUOVE

NORME SUL CONCORDATO FALLIMEN-

TARE.- di Marco Morici, in Giurisprudenza di Merito, n. 5/07, pag. 1344.

L’Autore commenta un recente decreto con ilquale il Tribunale di Roma in data 10 novembre 2006 (per la cui massima si rimanda alla Sezione Giuri-sprudenza) ha dichiarato l’inammissibilità di

due proposte di concordato fallimentare pre-sentate successivamente al provvedimento con il quale il Giudice Delegato, ai sensi dell’art. 125, comma III, l.f. ha ordinato la comunicazione della proposta iniziale ai creditori.Nell’ambito dell’articolo vengono, inoltre, esamina-te le questioni, esposte nel provvedimento, del-l’applicabilità della nuova normativa del con-cordato fallimentare, con particolare riferimento ai problemi legati alle disposizioni transitorie intro-dotte con l’art. 150 d.lgs. 5/06, e della carenza

dei poteri in capo al Giudice Delegato di

esprimere valutazioni di merito relativamente alla domanda di concordato fallimentare, resi-duando unicamente un controllo di legittimità, circa l’ammissibilità della domanda.Ma, come detto, l’aspetto di maggior importanza nel caso in specie è rappresentato proprio dal termine per la presentazione delle domande ulteriori, in relazione al quale l’Autore condivide la decisione in esame, volta a privilegiare le esigenze di celerità della procedura concorsuale.Viene, però, dedicata attenzione anche alla diver-sa opzione interpretativa, la quale individua nel decreto di chiusura del fallimento (se non addirit-tura nel riparto finale) il termine ultimo per la pre-sentazione di nuove domande di concordato, nella prospettiva di consentire che siano avanzate pro-poste migliorative, valutando prioritariamente l’esigenza di tutelare il soddisfacimento dei credi-tori concorsuali. (s.b.)

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LA CORTE DI CASSAZIONE RAFFORZA

IL PROPRIO INDIRIZZO IN TEMA DI

ESTENSIONE APPLICATIVA DELL’ART. 184, LEGGE FALLIMENTARE AL SOCIO

UNICO DI SOCIETA’ DI CAPITALI.- di Andrea Tosti, in Il Diritto Fallimentare, n. 2/07, pag. 210.

L’Autore commenta un recente provvedimento, (Cassazione 8 febbraio 2005 n. 2532, per la cui massima si rimanda al n. 35 di Iusletter) con la quale la Suprema Corte ha respinto il ricorso pre-sentato da una società di capitali in relazione alla possibilità di estendere l’effetto esdebitatorio

dell’omologazione del concordato preventi-

vo anche ai soci illimitatamente responsabili di una società di capitali.Con tale pronuncia viene ulteriormente consolida-to l’orientamento, che ormai può definirsi graniti-co, della giurisprudenza di legittimità che ha escluso l’operatività degli effetti previsti dal-

l’art. 184, comma II, l.f. anche ai soci illimi-

tatamente responsabili delle società di capi-

tali (diversi dai soci accomandatari della società in accomandita per azioni), in quanto frutto di si-tuazioni patologiche, contrariamente a quanto previsto dal codice civile per le società di persone.L’orientamento in esame trova il proprio fonda-mento nel parallelismo operato dalla Suprema Corte tra il disposto dell’art. 184, comma II, l.f. e quanto previsto dall’art. 147, comma I, l.f..Proprio in relazione a quest’ultima norma, l’Autore sottolinea come il Legislatore, nel riformare la leg-ge fallimentare con il d.lgs. 5/06, abbia espressa-mente confermato tale orientamento, limitando i casi di estensione del fallimento ai soci illimitata-mente responsabili. Precisazione omessa in rela-zione al disposto dell’art. 184, comma II, l.f. ed in relazione al quale viene ipotizzata la possibilità di troncare il parallelismo poc’anzi evidenziato. (s.b.)

* * *

I RAPPORTI GIURIDICI PENDENTI

NELLA RIFORMA DEL FALLIMENTO

(ART. 72 E 72 BIS DELLA LEGGE FAL-

LIMENTARE).- di Claudia Mascarello, in Il Diritto Fallimenta-re, n. 2/07, I, pag. 289.

L’Autrice, magistrato presso la sezione fallimentare del Tribunale di Torino, una volta evidenziato che con il d.lgs. 5/2006 il Legislatore ha inteso offrire una serie di principi validi ed applicabili a tutti i rapporti contrattuali, anziché dettare regole speci-fiche per i singoli contratti come previsto dalla precedente normativa, esamina le più rilevanti modifiche apportate alla disciplina fallimentare in materia di effetti del fallimento sui rapporti

giuridici pendenti, muovendo in taluni casi delle censure alle scelte assunte dal Legislatore.A tal proposito, si rileva che l’Autrice avanza delle perplessità sulla scelta compiuta dal legislatore di attribuire al comitato dei creditori, anziché al GD, il potere di autorizzare il Curatore a suben-

trare nei contratti, in considerazione del fatto che la decisione di subingresso in contratto non implica esclusivamente delle valutazioni sui mezzi finanziari a disposizione dell’amministrazione falli-mentare, ma comporta anche l’analisi dell’assetto negoziale, con riferimento anche alle specifiche clausole contrattuali che possono comportare con-seguenze giuridiche ed economiche onerose.Nell’intervento vengono, inoltre, riportate le varie ipotesi di impedimento alla facoltà di interven-to del curatore, nonché i casi in cui la regola ge-nerale della scelta devoluta al curatore non può ritenersi operativa, come rispetto ai contratti di lavoro.Un ultimo accenno è destinato alla disciplina, di recente introduzione, dettata per regolamentare il potere di subingresso nel contratto preliminare da parte del Curatore. (f.s.)

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ARBITRATO E GIUSTIZIA CIVILE: VERSO UN SISTEMA DUALISTICO DI

RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE?- di Vito Amendolagine, in Giurisprudenza di Merito, n. 5/07, pag. 1263.

Trattasi di un breve contributo con cui l’Autore illustra le novità introdotte dalla riforma legislati-va del 2006 in materia di arbitrato, evidenzian-done la ratio legis, consistente nella facoltà data alle parti di poter scegliere tra due sistemi al-

ternativi alla risoluzione delle controversie civili.Nell’articolo viene esaminata la nuova figura – recentemente codificata - dell’arbitrato irritua-

le - , della cui regolamentazione l’Autore critica alcune scelte compiute in materia dal Legislatore, quali la permanenza di un nucleo di regole proces-suali destinate a trovare comunque applicazione, che ad avviso dello stesso decreteranno un sorta di secondarietà di tale ipotesi di arbitrato rispetto a quello secondo diritto.L’Autore muove ulteriori critiche alla novella legi-slativa, evidenziando come il mancato riconosci-mento del potere da parte degli arbitri di emette-re provvedimenti cautelari, mal si concili con la ratio della riforma tendete a creare un valido ed efficace rimedio di natura privata, alternativo ri-spetto a quello giudiziario, per poi affrontare la questione dei rapporti fra arbitri e giudici regolati dall’art. 819 ter c.p.c.. (f.s.)

* * *

IN MERITO AI REQUISITI DI TUTELA

DEL DIRITTO D’AUTORE NEL SOFTWARE

E SULLA CONFORMAZIONE DEL RELA-

TIVO ONERE DELLA PROVA.- di Gaia Mari, in Il Diritto d’Autore, n.2/07, pag. 242.

L’Autrice, partendo dall’ordinanza del Tribunale di Bologna del 17 gennaio 2006 (per la cui massima si rimanda alla Sezione Giurisprudenza), interviene sul complesso tema dell’individuazione dei requisiti della tutela del diritto d’autore sul software.

Nell’articolo si sottolinea l’attenzione che il Tribu-nale ha dedicato alla verifica dei requisiti di ori-

ginalità e creatività necessari per considerare il programma presunto contraffatto opera dell’inge-gno protetta da diritto d’autore.L’Autrice precisa che – in base alla legge sul diritto d’autore - tale verifica dovrebbe venir condotta, partendo dal presupposto che la tutela assicurata al software si estende alle forme espressive, ma non alle idee informatiche alla base del pro-gramma.

L’applicazione dei principi in materia di diritto d’autore alla tecnologia, tuttavia, comporta inevi-tabilmente degli sconfinamenti.Nell’ordinanza annotata, pur affermandosi la ne-cessaria ricorrenza dei requisiti di protezione pre-visti dalla legge sul diritto d’autore nonché della distinzione tra idee e forme espressive, viene evi-denziata la contraddizione logica insita nella scelta di tutelare il software, non come invenzione industriale, bensì come opera dell’ingegno.Secondo l’Autrice, resta, quindi, vano il tentativo di ricondurre l’originalità del software ai tradizionali canoni della creatività stilistica e novità espressiva, in quanto i soli principi validi sono quelli della razionalità e pratica utilità del sistema.L’articolo si chiude, infatti, con l’affermazione che nel software l’idea e l’espressione risultano indis-solubilmente connesse e, quindi, se è vero che - come il diritto d’autore impone - l’esclusione della protezione dei contenuti del software comporta l’impossibilità pratica di accordare tutela alle forme espressive, rispetto alle quali è molto spesso im-possibile dimostrare la ricorrenza del requisito del-la creatività, è altrettanto vero che riconoscendo protezione alle forme espressive del programma per elaboratore, spesso carenti del presupposto della creatività, si finiscono per blindare i contenu-ti veicolati ed espressi. (m.p.)

* * *

IL DIRITTO DI ACCESSO AI CONTENU-

TI NEL MERCATO RADIOTELEVISIVO

DIGITALE MULTIPIATTAFORMA.- di Fabrizio Barzanti, in Diritto dell’Informa-zione e dell’Informatica, n. 1/07, pag. 37.

L’Autore evidenzia come i recenti cambiamenti tecnologici abbiano mutato l’approccio legislativo, passando da una regolamentazione verticale (che distingueva tra norme per la radiotelevisione e norme per telecomunicazioni) ad una orizzon-

tale. Non si distingue più tra le attività ma tra reti e contenuti. A tal proposito viene messo in luce come, ferma la libertà dispositiva delle parti in causa nel regolare i loro rapporti, si registra l’in-tervento del regolatore che impone, nei rapporti negoziali tra operatori di rete e fornitori di conte-nuti, obblighi di non discriminazione e parità

di trattamento: misure riconducibili al concetto di must carry.L’Autore si sofferma infine sull’altro lato della “medaglia”: il diritto d’accesso ai contenuti da parte delle piattaforme trasmissive. A tal proposito viene messa in luce l’incisiva attività svolta dal-l’Unione europea e dalla Commissione nonché dal-le Autorità indipendenti italiane (AGCom e AGCM), seppure circoscritta a casi specifici. (a.a.)

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I FORMAT TELEVISIVI TRA ACQUISTO

DI KNOW-HOW E TUTELA DELLA PRO-

PRIETA’ INTELLETTUALE.- Eugenio Prosperetti, Ferdinando Tozzi e Vincenzo Visco Comandino, in Diritto dell’Informazione e dell’Informatica, n. 1/07, pag. 1.

Gli Autori analizzano il fenomeno del format te-

levisivo sotto molteplici angolazioni (i profili eco-nomici; le forme di tutela in dottrina e giurispru-denza; la concorrenza sleale e la possibilità di estenderne la tutela sulla base della legge sul Di-ritto d’Autore, la giurisprudenza interna ed euro-pea rilevante, per citarne alcune).Sulla base dei casi esaminati, gli Autori rilevano come il format carente di originalità non è mai tutelato dal Diritto d’Autore, allo stesso tempo un format che possiede tale requisito non sempre riceve tutela: l’originalità deve essere provata caso per caso. Altro requisito, secondo un indirizzo ge-nerale, sarebbe quello di non tutelare ciò che non è stato pubblicato. Costituirebbe una ecce-zione, a tal proposito, il caso “Stranamore” consi-derato il principale esempio di una tutela accorda-ta in astratto, sulla base della legge sul Diritto d’Autore. (a.a.)

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BREVI OSSERVAZIONI IN TEMA DI

ADOZIONE QUALE DITTA, RAGIONE O

DENOMINAZIONE SOCIALE DI UN PA-

TRONIMICO GI À INCLUSO IN UN AN-

TECEDENTE MARCHIO ALTRUI.- di Paola Esposito, in Rivista di Diritto Indu-striale, n.1/07, pag. 26.

L’Autrice commenta la sentenza della Corte di Cas-sazione in data 26 agosto 2004 n. 17004 (per la cui massima si rimanda alla Sezione giurispruden-za), relativa al caso “Invernizzi”, che ripropone la problematica relativa alla liceità, nel vigore della legge marchi anteriore alla riforma del 1992 e, quindi, al Codice di Proprietà Industriale (d.lgs. 10 febbraio 2005 n.30), dell’utilizzo come segno di-

stintivo dell’attività di impresa di un patronimi-

co identico o simile a quello precedentemente utilizzato da altri come marchio.

L’Autrice rileva come il principio affermato dalla Suprema Corte, trova conferma nella attuale nor-mativa in materia di marchi, successiva alla intro-duzione del Codice di Proprietà Industriale.Già nel regime giuridico antecedente, il divieto di adottare una ditta o una denominazione sociale simile ad un marchio altrui non era assoluto, bensì circoscritto in prospettiva concorrenziale, in quan-

to condizionato dalla concreta possibilità di con-

fusione.

Con l’entrata in vigore del Codice di Proprietà In-dustriale, l’art. 22 stabilisce che anche l’uso di un segno come ditta, denominazione o ragione socia-le o insegna possa costituire violazione di un marchio, allorché si sia in presenza di un rischio

di confusione o anche di associazione, ovve-ro, se il marchio è rinomato, quando questo dia luogo ad un pregiudizio per il titolare del mar-chio o ad un indebito vantaggio per l’utilizzatore del segno.In ogni caso – anche laddove vi sia un effettivo rischio di confusione - le eventuali modificazioni o integrazioni imposte dalla Autorità Giudiziaria non potranno giungere sino all’inibizione dell’uso del segno e, più in particolare, alla eliminazione del patronimico identico a quello incluso nell’altrui marchio.L’Autrice conclude, quindi, affermando che qualora non sussista la possibilità di introdurre alcuna mo-difica idonea a differenziare due patronimici “cuo-re” di diversi segni distintivi, l’utilizzo da parte di un concorrente, quale ditta, insegna, o ragione sociale del proprio nome dovrà ritenersi legittima, in forza dell’art. 8 CPI nonché delle disposizioni codicistiche che prevedono come obbligatorio l’in-serimento del patronimico nella ditta o nella ra-gione sociale. (m.p.)

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IRAP E LAVORATORI AUTONOMI: I PIÙ

RECENTI ORIENTAMENTI DELLA CAS-

SAZIONE E LE PROBLEMATICHE NON

ANCORA AFFRONTATE.

- di Alessandro Riccioni, in Il Fisco, n. 21/07, pag. 1-3095.

L’autore prova a fornire una sorta di guida ragio-nata che consenta di cogliere convergenze e di-vergenze nella serie di sentenze emesse dalla cor-te di cassazione in tema di applicabilità del-

l’IRAP a lavoratori autonomi e professioni-

sti. Le sentenze di Cassazione infatti non forni-scono indicazioni del tutto univoche in merito al requisito della sussistenza “dell’autonoma or-ganizzazione” e quindi della sottoposizione o meno del reddito professionale o autonomo al-l’IRAP. L’articolo, infine, evidenzia alcuni interroga-tivi che la corte non ha ancora affrontato esplici-tamente.Si riporta di seguito una tabella contenente i rife-rimenti delle sentenze emesse dalla corte. (a.d.c.)

CORTE DI CASSAZOIONE

N. SENTENZA

13 giugno 2007 n. 13810n. 13811

11 giugno 2007 n. 13570

9 maggio 2007 n. 10594n. 10595n. 10596n. 10597n. 10598n. 10599

18 aprile 2007 n. 9211n. 9212n. 9213n. 9214

16 aprile 2007 n. 8971

2 aprile 2007 n. 8166n. 8167n. 8168n. 8169n. 8170n. 8171n. 8172n. 8173n. 8174n. 8175n. 8176n. 8177n. 8178

30 marzo 2007 n. 7891n. 7892n. 7893n. 7894n. 7895n. 7896n. 7897n. 7898n. 7899

19 marzo 2007 n. 6499n. 6500n. 6501n. 6502n. 6503n. 6504n. 6505

12 marzo 2007 n. 5747

7 marzo 2007 n. 5258

5 marzo 2007 n. 5009n. 5010n. 5011n. 5012n. 5013n. 5014n. 5015n. 5016n. 5017n. 5018n. 5019n. 5020n. 5021n. 5022n. 5023

1 marzo 2007 n. 4838n. 4839n. 4840

16 febbraio 2007 n. 3672n. 3673n. 3674n. 3675n. 3676n. 3677n. 3678n. 3679n. 3680n. 3681n. 3682

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GIURISPRUDENZA

SELEZIONE DELLE DECISIONI PIÙ RECENTI DELLA CORTE DI CASSAZIONE E DEI TRIBUNALI.

DIRITTO DI FAMIGLIA

Cass., 22 marzo 2007, Sez. I, n. 6979.- in Guida al Diritto, n. 16/07, pag. 74.

In materia di separazione (come di divorzio) l’as-

segnazione della casa familiare, malgrado abbia anche riflessi economici, particolarmente valorizzati dall’articolo 6, comma 6, della legge n. 898 del 1970 (come sostituito dall’art. 11 della l. n. 74 del 1987), essendo finalizzata all’esclusiva tutela della prole e dell’interesse di questa a per-manere nell’ambiente domestico in cui è cresciuta, non può essere disposta a titolo di componente

degli assegni rispettivamente previsti dagli art. 156 del c.c. e 5 della l. n. 898 del 1970, allo scopo di sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole, al soddisfacimento delle quali sono destinati unicamente gli assegni sopra indicati. Ne consegue che in difetto di figli, minorenni non autosufficienti conviventi con i coniugi, sia che la casa familiare sia in comproprietà tra i coniugi, si che appartenga in via esclusiva a un solo coniuge, il giudice non potrà adottare con la sentenza di separazione un provvedimento di assegnazione

della casa coniugale, non autorizzandolo nep-pure l’art. 156, che non prevede tale assegnazione in sostituzione o quale componente dell’assegno di mantenimento. In mancanza di una normativa speciale in tema di separazione, la casa familiare in comproprietà è soggetta, infatti, alle norme sul-la comunione, al cui regime dovrà farsi riferimento per l’uso e la divisione.

Cass., 19 settembre 2006, Sez. I,

n. 20256.- in Giurisprudenza di Merito, n. 1/07, I, pag. 112.

In tema di separazione personale dei coniugi, le nuove disposizioni in tema di assegnazione del-la casa familiare, introdotte dalla l. 8 febbraio 2006 n. 54 non possono trovare applicazione nei giudizi pendenti, alla data della sua entrata

in vigore, in sede di legittimità, atteso che in un tale giudizio non possono essere prospettate questioni di diritto il cui esame richiede l’accerta-mento di nuove circostanze di fatto (nella specie: la stabile convivenza del coniuge cui era stata as-segnata la casa coniugale con altro soggetto pro-prio in quell’alloggio). Deve, pertanto, in una tale eventualità, trovare applicazione la regola fissata dall’art. 4, comma 1, di tale legge, secondo cui qualora sia stata già pronunziata sentenza di separazione personale dei coniugi, le nuove disposizioni possono trovare ap-plicazione attraverso un nuovo procedimento, nelle forme previste dall’art. 710 c.p.c..L’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale e anche un comportamento estremo quale l’abban-donarsi al meretricio non può giustificare, da sola, una pronunzia di addebito, qualora una tale con-dotta sia successiva al verificarsi di un'accertata situazione di intollerabilità della convenienza, sì da costituire non la causa di detta intollerabilità ma una sua conseguenza.

Trib. Brescia, 14 ottobre 2006.- in Giurisprudenza di Merito, n. 4/07, pag. 984.

Il comportamento del coniuge cui è addebitata

la separazione, in presenza di una lesione dei diritti fondamentali dell’altro coniuge, è fonte di un’obbligazione risarcitoria, anche con riguar-do ai danni non patrimoniali, con particolare rife-rimento a quello esistenziale.

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CONTRATTI

Cass., 20 marzo 2007, Sez. II, n. 6640.- in Guida al Diritto, n. 22/07, pag. 38.

Qualora sia stato stipulato un preliminare di ac-

quisto per persona da nominare il promissorio adempiente può ottenere in giudizio pronuncia

di trasferimento direttamente a favore del terzo. Quanto ai tempi e alle forme necessarie per tale indicazione la stessa non può che essere fatta nel corso del giudizio e la eventuale tardività della

nomina, quale ragione di decadenza da tale fa-coltà, non è rilevabile d’ufficio. Deriva da quanto precede, pertanto, che la indicazione della persona del terzo fatta in sede di conclusioni è ammissibile.

Cass., 28 febbraio 2006, Sez. II,

n. 4786.- in Guida al Diritto, n. 21/07, pag. 56.

In ipotesi di compravendita di costruzione realizzata in difformità della licenza edilizia, non è ravvisabile un vizio della cosa, non vertendosi in tema di anomalie strutturali del bene, ma trova applicazione l’articolo 1489 del c.c., in materia di oneri e diritti altrui gravanti sulla cosa me-

desima, sempre che detta difformità non sia sta-ta dichiarata nel contratto o comunque non sia conosciuta dal compratore della pubblica ammini-strazione, tanto da determinare deprezzamento o minore commerciabilità dell’immobile. In mancan-za di tali condizioni non è possibile riconoscere all’acquirente la facoltà di chiedere la riduzione del prezzo.

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CREDITO AL CONSUMO

LEASING E FACTORING

Cass., 14 marzo 2006, Sez. III, n. 5438.- in Diritto e Pratica delle Società, n. 9/07, pag. 70, con nota di Martina Petri.

Il contratto di sale and lease back è nullo in quanto dissimulante un patto commissorio, quando si accerti la contestuale presenza dei se-guenti tre elementi, ordinariamente sintomatici della frode alla legge: la presenza di una situazio-ne di credito e debito tra la società finanziaria (concedente) e l’impresa venditrice utilizzatrice, preesistente o contestuale alla vendita; le difficoltà economiche dell’impresa venditrice, legittimanti il sospetto di un approfittamento della sua condizio-ne di debolezza; la sproporzione tra il valore del bene trasferito e il corrispettivo versato dell’acqui-rente. (massima non ufficiale).

Trib. Milano, 4 novembre 2005.- in Banca Borsa e Titoli di Credito, n. 2/07, II, pag. 244, con nota di Francesco Accettella.

Qualora sia prevista nelle “condizioni generali per le future operazioni di factoring” l’espressa as-

sunzione da parte del cedente della garan-

zia della solvenza del debitore e sia prevista come eventuale la cessione pro soluto - subordi-nata alla richiesta della società fornitrice e all’ac-cettazione del debitore che deve pervenire “al fac-tor entro il termine di scadenza di ogni singola fattura” - è legittimata la revoca del plafond ac-cordato e la trasformazione delle cessioni oggetto di causa in cessioni pro solvendo qualora sia mancata l’accettazione delle singole fatture, non essendo sufficiente a soddisfare l’onere richiesto la comunicazione iniziale della cessione di crediti in massa.

* * *

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SOCIETA’

Trib. Torino, 13 ottobre 2006.- in Giurisprudenza di Merito, n. 5/07, pag. 1394.

Ai sensi dell’art. 17 d.l. n. 5 del 2003 le notifica-

zioni possono essere fatte, oltre che a norma de-gli artt. 136 ss. c.p.c., con trasmissione a mez-

zo fax o con trasmissione dell’atto a mezzo po-

sta elettronica, purché vengano effettuate, in tali ipotesi, nel rispetto della normativa anche re-golamentare concernente la sottoscrizione e la trasmissione dei documenti informatici e teletra-smessi. Poiché non sono state emanate disposi-zioni che regolino le modalità di trasmissione, a fini di notifica, degli atti a mezzi del telefax tra avvocati che rappresentano parti contrapposte, non è sufficiente la produzione del rapporto

di trasmissione del fax poiché non consente di verificare il reale contenuto dell’atto teletrasmesso nella data indicata e la sua conformità alla com-parsa costitutiva delle convenute. La trasmissione dello stesso atto a mezzo di posta elettronica ese-guita senza l’ausilio dello strumento della posta

elettronica certificata, condizione posta dall’art. 48 d.l. 7 marzo 2005, n. 82 non è equiparabile alla notificazione per mezzo della posta.

Trib. Torino, 29 settembre 2006, Sez. I. - in Giurisprudenza di Merito, n. 5/07, pag. 1392.

A prescindere dalla controversia questione circa la validità o meno della notifica a mezzo fax eseguita direttamente dal difensore nel rito di cui al d.l. n. 5 del 2003, l’assoluta incertezza sull’identità di colui che avrebbe provveduto alla notifica, nonché l’assoluta incertezza su quale atto o documen-

to sia stato asseritamente notificato, unitamente alla dichiarazione della controparte di non aver

comunque ricevuto via fax la comparsa avver-saria, bensì di averla casualmente rinvenuta depo-sitata in Cancelleria nel corso di ordinari controlli, integrano circostanze tali da determinare l’asso-

luta inesistenza della notificazione.

Il riferimento contenuto nell’art. 13 d.l. n. 5 del 2003 alla nozione di contumacia è improprio, dal momento che la conseguenza processuale di rite-nere non contestati i fatti affermati dall’attore in base alla loro concludenza viene fatta discendere non già dall’essere il convenuto rimasto fuori dal processo, ma, specificatamente, dalla sua man-

cata tempestiva attività difensiva, incentrata sulla notifica ovvero di mancata notifica entro il termine ex lege previsto, cui va ovviamente equi-parata l’ipotesi di notifica ritenuta giuridicamente

inesistente, con il conseguente effetto della non contestazione dei fatti allegati in giudizio dall’atto-re.

Trib. Vercelli, 28 settembre 2005.- in Giurisprudenza di Merito, n. 4/07, pag. 1019.

La revoca cautelare degli amministratori ex art. 2476 comma 3 c.c. non può essere richiesta ante causam.

Trib. Milano, 30 agosto 2006, Sez. VIII.- in Giurisprudenza di Merito, n. 5/07, pag. 1377.

E’ ammissibile la revoca ante causam degli amministratori di s.r.l. ai sensi dell’art. 2476 c.c..

Trib. Salerno, 4 luglio 2006, Sez. I.- in Il Fallimento, n. 5/07, pag. 591.

L’esclusione di soci di una società (nella spe-cie cooperativa) è ammissibile anche durante la fase di liquidazione della società, e la relativa competenza deve essere riconosciuta al liquida-tore.

Trib. Milano, 30 gennaio 2006.- in Il Fallimento, n. 5/07, pag. 600.

Il ruolo duplice del socio persona giuridica, al contempo acquirente di un immobile della società partecipata, che abbia determinato la maggioran-za in sede di voto della delibera assembleare della società partecipata venditrice con la quale è stato posto in vendita un immobile della società ad un prezzo notevolmente inferiore al valore effettivo dello stesso, integra un’ipotesi di conflitto d’in-

teressi ex art. 2373, comma 1, c.c. e comporta, di conseguenza, l’annullamento della delibera.

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DIRITTO BANCARIO E

FINANZIARIO

App. Milano, 26 marzo 2005.- in Banca Borsa Titoli di Credito, n. 2/07, II, pag. 189.

La diligenza esigibile dal banchiere nell’esame della genuinità e della fedeltà del titolo presentato per il pagamento deve essere riferita non a quella di qualsiasi osservatore di medio interesse e dili-genza, ma a quella di un esaminatore attento

ex art. 1176, comma 2, c.c.; essa va valutata anche con riferimento alle circostanze concrete che caratterizzano la negoziazione.La banca trattaria e quella girataria per l’incasso sono responsabili nei confronti del traente nell’ipo-tesi di pagamento di un assegno visibilmente alte-rato.

Trib. Mantova, 30 novembre 2006.- in www.ilcaso.it.

Costituisce un incarico gestorio, qualificabile come un mandato fra cliente e intermediario, avente ad oggetto l’attività di negoziazione di strumenti finanziari, il contratto di negoziazio-

ne che contiene espressioni quali: “vi conferiamo l’incarico di: A) negoziare…, B) sottoscrivere…, C) raccogliere i miei/vostri ordini…” (v. art. 1703 c.c.); “art. 13: commissioni e spese” (v. art. 1720 c.c.); “art. 14: per ogni operazione la Cassa di Risparmio invierà al cliente, entro il terzo gior-no…” (v. artt. 1712 e 1713 c.c.); “art. 15: durata del contratto. Il presente contratto è a tempo indeterminato e ciascuna parte può recedervi con preavviso…” (v. artt. 1722, 1723, 1727 c.c.). I singoli successivi ordini di acquisto impartiti dal cliente all’intermediario non costituiscono pertanto autonomi contratti ma il momento esecutivo del contratto di mandato in attuazione del programma negoziale contenuto nel contratto di prestazione dei servizi di investimento.Gli obblighi comportamentali previsti a carico

dell’intermediario dall’art. 21 d.lgs. n. 58/98 non attengono alla struttura o al contenuto del contratto quadro o del singolo ordine di acquisto, ma riguardano in generale l’esecuzione del con-tratto che ha regolamentato il servizio d’investi-mento, per cui la loro violazione concerne essen-zialmente il profilo dell’adempimento o inadempi-mento agli obblighi assunti con detto negozio. Nullità, annullamento e risoluzione per violazione degli obblighi comportamentali non possono dun-que che attenere al contratto quadro, non poten-do configurarsi con riguardo all’ordine d’acquisto,

nell’esecuzione del quale l’intermediario Banca agisce solo come commissionario del proprio clien-te.

* * *

TITOLI DI CREDITO

Trib. Nocera Inferiore, 15 novembre

2006.- in Giurisprudenza di Merito, n. 3/07, pag. 617.

In caso di emissione di assegni senza provvi-

sta, il traente - al fine di evitare l’iscrizione nell’archivio informatico, la conseguente revoca di ogni autorizzazione ad emettere assegni (c.d. re-voca di sistema) nonché l’avvio del procedimento amministrativo sanzionatorio - è tenuto al paga-

mento non solo dell’assegno (c.d. valore faccia-le del titolo), ma anche degli interessi, della pe-

nale del 10% e delle eventuali spese per il protesto o per la constatazione equivalente ai sen-si dell’art. 8 l. n. 386 del 1990.

* * *

FALLIMENTO

Corte Costituzionale, 5 aprile 2007,

n. 118.- in Il Fallimento, n. 5/07, pag. 515.

Dichiara la manifesta infondatezza della que-

stione di legittimità costituzionale dell’art.

6, commi 1 e 1-ter, del D.L. 23 dicembre

2003, n. 347 (Misure urgenti per la ristruttura-zione industriale di grandi imprese in stato di in-solvenza), convertito, con modificazioni, nella leg-ge 18 febbraio 2004, n. 39, come modificato dal-l’art. 4-ter e aggiunto dall’art. 4-quarter del D.L. 3 maggio 2004, n. 119 (Disposizioni correttive ed integrative della normativa sulle grandi imprese in stato di insolvenza), convertito, con modificazioni, nella legge 5 luglio 2004, n. 166, nonché del com-binato disposto degli artt. 6, comma 1, e 4-bis, comma 10, del medesimo D.L. n. 347 del 2003, come modificato dall’art. 4-ter e sostituito dall’art. 3 D.L. n. 119 del 2004, modificato dalla legge di

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conversione n. 166 del 2004, in riferimento agli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione.

Corte Costituzionale, 28 dicembre 2006,

n. 456.- in Il Fallimento, n. 5/07, pag. 519.

Dichiara la manifesta infondatezza della que-stione di legittimità costituzionale dell’art. 6 D.L.

23 dicembre 2003, n. 347, convertito con mo-dificazioni, in legge 18 febbraio 2004, n. 39, come modificato dall’art. 4-ter d.l. 3 maggio 2004, 119 (Disposizioni correttive ed integrative della norma-tiva sulle grandi imprese in stato d’insolvenza), convertito con modificazioni, nella legge 5 luglio 2004, n. 119 in riferimento agli artt. 3 e 41 Cost., nella parte in cui consente l’esercizio delle

azioni revocatorie previste dagli artt. 49 e

91 d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270 (nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi im-prese in stato d’insolvenza, a norma dell’art. 1 della legge 30 luglio 1998 n. 274), in costanza di

un programma di ristrutturazione.

Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 1-ter d.l. 23 dicembre 2003, n. 347, aggiunto dal-l’art. 4-quarter d.l. n. 119 del 2004, come modifi-cato dalla legge di conversione n. 166 del 2004, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui dispone che i termini stabiliti dalle disposi-zioni della sezione III del capo III del titolo secon-do del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (disciplina del fallimento e della liquidazione coatta amministrati-va) si computano a decorrere dalla data di ema-nazione del decreto di ammissione dell’impresa alla procedura di amministrazione straordinaria e rende applicabile tale disposizione anche in tutti i casi di conversione della procedura di fallimento.Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità degli artt. 6, comma 1 e 4-bis, com-ma 10 d.l. 23 dicembre 2003, n. 347, come rispet-tivamente modificato dall’art. 4-ter e sostituito dall’art. 3 d.l. n. 119 del 2004, modificati dalla legge di conversione n. 166 del 2004, in riferimen-to all’art. 42 della Costituzione, nella parte in cui prevede una sostanziale espropriazione del credito di cui all’art. 71 R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (leg-ge fallimentare).

Cass., 14 febbraio 2007, Sez. I, n. 3273.- in Guida al Diritto, n. 16/07, pag. 83.

Ai fini dell’accertamento della conoscenza dello stato d’insolvenza deve tenersi conto delle quali-

tà e delle specifiche conoscenze tecniche del creditore; in particolare, quando il creditore sia una banca, va considerato il fatto che gli istituti di credito, disponendo di operatori professionali qua-lificati e di peculiari strumenti conoscitivi, sono in grado di acquisire informazioni sulla situazione patrimoniale ed economica dei propri debitori in modo certamente più puntuale e tempestivo ri-spetto agli altri creditori. In particolare si ritiene che assumano rilevanza l’esistenza di esecuzio-

ni immobiliari a carico del debitore e, quando si tratti di una società, la chiusura in passivo dei suoi bilanci di esercizio, da presumersi noti a ope-ratori professionali come le banche.

Cass., 14 dicembre 2006, Sez. I,

n. 26831.- in Il Fallimento, n. 5/07, pag. 533.

E’ inammissibile il ricorso straordinario in cassazione avverso il decreto della corte

d’appello che accoglie il reclamo contro la di-

chiarazione di chiusura del fallimento e di-spone la rimessa degli atti al tribunale per la ria-pertura della procedura, avendo tale provvedimen-to carattere ordinatorio, in quanto produttivo di effetti interinali meramente processuali, ed essen-do inserito in un procedimento complesso il cui momento conclusivo è costituito dalla sentenza di riapertura del fallimento.

Cass., 10 novembre 2006, Sez. I,

n. 24051.- in Il Fallimento, n. 5/07, pag. 538.

Il coniuge in comunione legale dell’acquirente di un bene immobile, laddove non abbia partecipato alla stipulazione del contratto, non è litisconsor-

te necessario nel giudizio promosso dal curatore fallimentare nei confronti del venditore per la re-vocatoria fallimentare dell’atto di compravendita.

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Cass., 20 ottobre 2006, Sez. I, n. 22629.- in Il Fallimento, n. 5/07, pag. 589.

In ipotesi di fallimento di una società di persone e dei soci illimitatamente responsabili (art. 147 l.fall.), il curatore del fallimento sociale non ha

legittimazione processuale nelle controversie coinvolgenti la massa attiva personale del falli-mento del socio che abbia ad oggetto diritti che già spettavano al fallito. Tale legittimazione deve, viceversa, essere riconosciuta nel caso di azione revocatoria contro atti di disposizione del

socio, trattandosi di azioni che incrementano le masse attive dei diversi fallimenti, in relazione alle quali il curatore agisce in rappresentanza di tutti i creditori.

Cass., 15 settembre 2006, Sez. I,

n. 19941.- in Il Fallimento, n. 5/07, pag. 588.

Il decreto di approvazione dello stato passi-

vo di cui all’art. 96 l.fall., se non impugnato,

preclude nell’ambito del procedimento fallimenta-re ogni questione relativa all’esistenza del credito, alla sua entità, all’efficacia del titolo da cui deriva e all’esistenza di cause di prelazione.

Cass., 15 settembre 2006, Sez. I,

n. 19940.- in Il Fallimento, n. 5/07, pag. 588.

In materia di revocatoria fallimentare delle rimesse del conto corrente bancario dell’imprendi-tore poi fallito, la banca che eccepisce la natura non solutoria della rimessa, per l’esistenza alla data della stessa di un contratto di apertura di

credito, ha l’onere di dimostrarne la stipula-

zione, anche per facta concldentia, nel caso in cui risulti applicabile la deroga al requisito della forma scritta, prevista nelle disposizioni adottate dal C.I.C.R. e dalla Banca d’Italia, ai sensi dell’art. 117 del T.U.L.B. (e, anteriormente, ex art. 3 della legge n. 154 del 1992), per essere stato tale con-tratto già previsto e disciplinato da un contratto di conto corrente stipulato per iscritto.

App. Bari, 24 maggio 2006.- in Il Diritto Fallimentare e delle Società Commerciali, n. 2/07, II, pag. 221.

Il mancato coordinamento fra gli art. 180, comma 4, e 181 legge fallimentare, da un lato, e gli art. 168, comma 1, e 185, legge fallimentare, dall’altro lato, deve essere apprezzato alla stregua di mero errore materiale del legislatore nel senso che la

sostituzione del termine “decreto motivato” al termine “sentenza” - pure ripreso dal altre dispo-sizioni - non può essere tuttavia negato il crisma di provvedimento a contenuto essenziale

decisorio.

Pertanto, il carattere camerale del rito non esclude che il gravame avverso il decreto di rigetto del-l’istanza di concordato vada proposto con l’ap-

pello e non anche nella forma del reclamo.

Trib. Milano, 15 marzo 2007.- in Il Fallimento, n. 5/07, pag. 591.

Al fine di stabilire se un’impresa sia assoggettabile al fallimento, l’accertamento del capitale in-

vestito può essere svolto avendo riguardo all’ul-

timo bilancio depositato, ancorché questo sia anteriore agli ultimi tre anni (sempre che non sia riferito ad un periodo eccessivamente risalente), in quanto i valori espressi nelle componenti attive indicate nello stato patrimoniale sono destinati, almeno in via tendenziale, a rimanere immobilizza-ti nell’azienda e a non trasformarsi in flussi finan-ziari; pertanto, è possibile ritenere operante una presunzione di permanenza degli investimenti nel-l’azienda.

Trib. Roma, 26 gennaio 2007.- in Il Fallimento, n. 5/07, pag. 592.

Nella vendita a rate con riserva di proprietà, il fal-limento del venditore non è causa di sciogli-

mento del contratto, poiché l’effetto traslativo è già vincolante tra le parti al momento della stipu-lazione, ancorché sia procrastinato nel tempo su-bordinatamente all'integrale pagamento del prez-zo.

Trib. Roma, 4 gennaio 2007.- in Il Fallimento, n. 5/07, pag. 592.

Qualora, tramite un’operazione di giroconto, la somma erogata a titolo di anticipazione da una banca su un conto corrente di corrispondenza, a fronte della rimessa di effetti salvo buon fine da parte del cliente, venga riaccreditata su altro con-to corrente scoperto del medesimo cliente, l’ope-razione non assume natura meramente contabile, ma funzione satisfattoria, venendo l'accredita-mento utilizzato ad estinzione dello scoperto, con la conseguenza che la rimessa è soggetta a re-

vocatoria fallimentare, senza che possa soste-nersi, in senso contrario, che l’estinzione del pre-gresso debito è frutto di una legittima compensa-zione tra i saldi attivi e passivi di più conti - sot-tratta come tale alla revocatoria - non essendosi al

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cospetto di tale forma di estinzione in senso tecni-co - giuridico, ma di mera operazione di congua-glio, è non potendo comunque la compensazione avvenire tramite utilizzazione di introiti da antici-pazioni bancarie concesse al medesimo debitore, ossia costituendo corrispondente passività su altro conto.

Trib. Palermo, 20 dicembre 2006, Sez.

IV fall.- in Giurisprudenza di Merito, n. 5/07, pag. 1342, con nota di Marco Morici.

Per effetto delle modifiche in materia di concor-dato fallimentare, deve ritenersi sottratta al-l’apprezzamento ed al vaglio del giudice dele-

gato al fallimento la valutazione circa la con-

venienza (per il ceto creditore) della proposta concordataria, attribuita invece alla competenza del curatore, il cui parere sul punto costituisce vera e propria condizione di procedibilità. E’ da ritenersi ammissibile il concorso tra diverse

proposte concordatarie poiché espressamente contemplato dall’ultima parte del novellato art. 125 comma 4 l.f.. Tale disposizione, nel prevede-re che, in tale ipotesi, le proposte devono essere portate in votazione contemporanea, l’ultima parte dell’art. 125 comma 4 l.f. introduce una condizione di ammissibilità di detto concorso. Deve conseguentemente ritenere preclusa la possibilità di formulare nuove proposte concorda-tarie concorrenti con una prima istanza dopo l’emissione del provvedimento con il quale il g.d., ai sensi dell’art. 125 comma 4 l.f. abbia fissato il termine entro il quale i creditori devono far per-venire presso la cancelleria le manifestazioni di eventuale dissenso in ordine alla prima proposta. Le istanze concordatarie successive a tale prov-vedimento vanno dunque dichiarate inammissi-

bili, non potendosi realizzare in tale ipotesi la condizione di legge della contemporanea sotto-posizione al voto di tutte le proposte tra di esse concorrenti.

Trib. Pescara, 19 dicembre 2006.- in Il Fallimento, n. 5/07, pag. 553.

La nuova formulazione dell’art. 15, ultimo comma l.fall. introduce una ulteriore condizione per la dichiarazione di fallimento o, se si preferisce, una circostanza impeditiva della dichiarazione me-desima (debiti scaduti e non pagato per un impor-to complessivo inferiore ad euro 25 mila), la cui sussistenza deve comunque essere necessaria-mente valutata dal tribunale in base al mate-riale probatorio e informativo acquisito, a prescin-dere dalla proposizione di apposita eccezione da

parte del debitore (non richiesta dalla norma e implicitamente resa irrilevante dal riferimento alle risultanze degli atti).

Trib. Treviso, 12 dicembre 2006.- in Il Diritto Fallimentare, n. 2/07, II, pag. 254, con nota di Valentina Piccinini.

Nei giudizi per azione revocatoria fallimentare promossi dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 5/06, ancorché il fallimento sia stato dichiarato prima di tale data, si applica il rito camerale

ordinario, secondo quanto disposto dal nuovo art. 24 l.f..

Trib. Mantova, 19 settembre 2006.- in Il Diritto Fallimentare e delle Società Commerciali, n. 2/07, II, pag. 238.

Non può essere dichiarato il fallimento di una società in cui il capitale investito, comprensivo dell’erogazione di un mutuo finalizzato all’inizio dell’attività, ed il volume di affari non risultino superiori alle soglie indicate dall’art. 1 comma 2 legge fallimentare.

* * *

PROCEDIMENTO CIVILE

Corte Costituzionale, 19 gennaio 2007,

n. 5.- in Giustizia Civile, n. 1/07, pag. I.

Dichiarazione di manifesta infondatezza della que-stione di legittimità costituzionale del combinato disposto dall’art. 82 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37 e dell’art. 330 c.p.c., sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 cost..Le suddette disposizioni sono state censurate “nella parte in cui prevedono che l’atto di citazio-ne in appello sia validamente notificato al procu-ratore costituito di controparte presso la cancel-leria del giudice di primo grado, ove quel procu-ratore, esercente fuori della circoscrizione di quel tribunale, non abbia eletto domicilio nella sede di causa”.La lesione degli invocati parametri incostituzionali non sussiste in quanto l’operatività della domi-

ciliazione nella cancelleria deriva da una scel-

ta volontaria del difensore, il quale, pur es-sendo consapevole di esercitare fuori del circonda-

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rio in cui è iscritto, ha omesso l’elezione di domici-lio. D’altra parte, contrariamente a quanto sostie-ne il rimettente, la parte ha sempre il diritto di chiedere al proprio difensore il risarcimento inte-grale dei danni patiti, in ragione dell’agire non dili-gente di quest’ultimo, che non sia venuto a cono-scenza del processo di appello e che non abbia conseguentemente apprestato una difesa.La questione, pertanto, è manifestamente infon-data.

Cass., 18 aprile 2007, Sez. III, n. 9296.- in Guida al Diritto, n. 21/07, pag. 56.

In tema di spese processuali, la facoltà di di-sporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensa-zione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motiva-zione.

Cass., 7 marzo 2007, Sez. I, n. 5278.- in Guida al Diritto, n. 21/07, pag. 53.

Qualora la parte abbia richiesto gli interessi se-condo il tasso bancario o comunque superiore, non è viziata da extrapetizione la pronuncia del giudice che li abbia liquidati nella misura le-

gale, essendo una tale richiesta implicitamente contenuta in quella più ampia di pagamento degli interessi secondo un tasso più elevato. Non sussi-ste, infatti, il vizio di extra o ultrapetizione allor-quando il giudice accolga una domanda non espressamente formulata, ma implicitamente con-tenuta nella pretesa fatta valere e a questa neces-sariamente connessa.

Cass., 20 febbraio 2007, S.U., n. 3840.- in Il Corriere del Merito, n. 5/07, pag. 589.

Nel caso in cui il giudice d’appello, dichiarata inammissibile l’impugnazione, svolga comunque, ad abundantiam, argomentazioni attinenti al me-rito della controversia, l’appellante non ha

l’onere di impugnare, unitamente alle sta-

tuizioni di rito, anche quelle di merito (peral-tro, non consacrate nel dispositivo della sentenza), poiché l’affermazione di infondatezza del gravame contenuta nella sentenza che ne abbia pregiudi-zialmente dichiarata la inammissibilità è, ad ogni effetto, priva di rilevanza giuridica (e, quindi,

tamquam non esset) in quanto resa sul presup-posto della carenza del potere del giudice di esa-minare nel merito la questione. Ne consegue che la Corte di Cassazione, nell’esaminare un ricorso avente ad oggetto tanto la statuizione di inammis-sibilità quanto il rigetto nel merito dell’appello, non può e non deve, una volta ritenute fondate le cen-sure del ricorrente attinenti alla declaratoria di inammissibilità, procedere all’esame dei motivi concernenti il merito della controversia, ma deve cassare la sentenza impugnata con rinvio ad altro giudice di appello.

Cass., 17 gennaio 2007, Sez. III, n. 916.- in Guida al Diritto, n. 16/07, pag. 89.

In tema di regolamento di spese processuali il sindacato di legittimità della Corte di Cassazione è limitato alla violazione di legge che si verifica nel caso in cui le stesse sono poste a carico della

parte totalmente vittoriosa. Esula, pertanto, da tale sindacato, rientrando nei poteri discrezio-nali del giudice di merito, la valutazione dell’op-portunità della compensazione totale o parziale, sia nella ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di sussistenza di altri giusti motivi. Salva la censurabilità, peraltro, della relativa motivazione, ove siano addotte a giustificazione della disposta compensazione ragioni illogiche o erronee.

Cass., 11 gennaio 2007, Sez. III,

n. 385.- in Il Foro Italiano, n. 4/07, I, pag. 1119.

Ove dagli atti processuali risulti che la questione di difetto di competenza, fondata sul criterio del foro

esclusivo del consumatore, non fosse stata eccepita o rilevata entro la prima udienza di trat-tazione e che, ciò nonostante, i giudici di primo e di secondo grado abbiano esaminato la fondatezza di tale questione, la corte di legittimità ha il potere di rilevare d’ufficio la sua tardiva proposizione.

Cass., 9 novembre 2006, Sez. III,

n. 23891.- in Giustizia Civile, n. 1/07, I, pag. 69.

Analogamente alla ripartizione delle funzioni fra le sezioni lavoro e le sezioni ordinarie di un orga-no giudicante, anche la ripartizione delle fun-

zioni fra le sezioni ordinarie e quelle desti-

nate alla trattazione delle controversie so-

cietarie è estranea al concetto di competenza e attiene alla distribuzione degli affari all’interno dello stesso ufficio, con conseguente inammis-

sibilità del regolamento di competenza pro-

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posto avverso l’ordinanza con la quale il giudice adito affermi la competenza di altra sezione del medesimo organo giudicante e disponga il mu-tamento del rito e la cancellazione della causa dal ruolo.

Cass., 27 ottobre 2006, Sez. I,

n. 23168.- in Il Foro Italiano, n. 4/07, I, pag. 1195.

In controversia instaurata nel 1994, è valida la notifica dell’atto di appello eseguita dal procu-ratore costituito in primo grado per la società incorporata, ove lo stesso non abbia dichiara-

to la fusione per incorporazione intervenu-ta, nel 1998, in corso di giudizio e della stessa (fusione) non sia risultata comunque provata la pubblicazione per estratto nella Gazzetta ufficia-le secondo le norme ratione temporis applicabili.

Cass., 11 ottobre 2006, Sez. I, n. 21814.- in Giustizia Civile, n. 1/07, I, pag. 92.

In tema di scrittura privata, il timbro postale deve ritenersi idoneo a conferire carattere di

certezza alla data di una scrittura, ex art. 2704 c.c., tutte le volte in cui lo scritto faccia corpo

unico con il foglio sul quale il timbro stesso risulti apposto, poiché la timbratura eseguita in un pub-blico ufficio deve considerarsi equivalente ad un’attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui essa è stata eseguita, e ciò anche nell’ipotesi che il timbro po-stale di annullo del francobollo sia quello contem-plato dall’art. 41, lett. b, d.P.R. n. 156 del 1973 (oggi abrogato ex d.l. n. 261 del 1999), riferito, come nella specie, alla corrispondenza c.d. “a cor-so particolare”. Da ciò consegue che spetta even-tualmente al terzo che contesti la certezza della data l’onere di fornire la prova specifica del fat-to anomalo della redazione del contenuto della scrittura in un momento diverso dalla data stessa così accertata.

Cass., 11 ottobre 2006, Sez. III,

n. 21741.- in Giustizia Civile, n. 1/07, I, pag. 93.

Il vizio di motivazione contraddittoria, de-nunciabile con ricorso per cassazione ai sensi del-l’art. 360, n. 5, c.p.c., sussiste solo in caso di con-

trasto insanabile tra le argomentazioni addotte nella sentenza impugnata, tale da non consentire la identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione. Detto vizio, pertanto, non è ipotizzabile nel caso in cui la contraddizione

denunziata riguardi non già più proposizioni con-tenute nella sentenza impugnata, tra loro inconci-liabili, ma le valutazioni contrastanti compiute dal giudice di primo gradi e dal giudice d’appello. Di-versamente argomentando, dovrebbe, infatti, per-venirsi alla conclusione che sono indiscriminata-mente viziate le risultanze di causa in modo dif-forme rispetto a quanto ritenuto dal primo giudice.

App. Roma, 5 dicembre 2005, Sez. I.- in Giurisprudenza di Merito, n. 4/07, pag. 1015.

I termini processuali ordinatori possono esse-re prorogati, anche d’ufficio dal giudice, ma ciò è possibile soltanto prima della loro scadenza, con la conseguenza che il loro decorso senza la presentazione di un’istanza di proroga, determi-nando gli stessi effetti preclusivi della scadenza dei termini perentori, impedisce la concessione di un nuovo termine.

Trib. Milano, 1 dicembre 2006, Sez. II,

n. 13153.- in Il Fallimento, n. 5/07, pag. 572.

In materia di azione revocatoria ordinaria, si ri-chiede, a fondamento dell’azione, il compimento di un atto che renda più incerto o difficoltoso il

soddisfacimento del credito, incombendo al convenuto, che eccepisca l’assenza dell’eventus damni, l’onere di provare l’insussistenza del predetto rischio in ragione di ampie residualità patrimoniali. Pertanto, essendo la concessione di ipoteca un negozio di disposizione patrimoniale suscettibile di determinare una diminuzione della garanzia patrimoniale del debitore, incombe al beneficiario della garanzia dimostrare che l’entità del patrimonio residuo del debitore è tale da non esporre ad apprezzabile rischio il soddisfacimento dei crediti chirografari.

Trib. Roma, 11 luglio 2006.- in Giurisprudenza di Merito, n. 5/07, pag. 1334.

La violazione dell’art. 23 del T.U. n. 82 del 2005, a norma del quale nel caso di notifica telematica degli atti processuali deve essere apposta la firma digitale ovvero allegata la dichiarazione di con-formità all’originale comporta esclusivamente la mancata attribuzione alla copia informatica della stessa efficacia probatoria riconosciuta al docu-mento originale formato su supporto cartaceo «quando richiesto ad ogni effetto di legge»: ne deriva che l’inosservanza della suddetta previsione

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non si traduce in un vizio di invalidità derivata dell’atto originale, ed a fortiori nell’inesistenza del-lo stesso, ma pongono a carico della parte che non si è conformata a dette disposizioni l’onere della prova della conformità del documento informatico all’originale e della certezza della data della trasmissione.

Trib. Milano, 14 aprile 2005.- in Giurisprudenza di Merito, n. 4/07, pag. 1031.

Nel rito societario la cancellazione della causa dal ruolo può essere disposta solo quando l’ordi-nanza di mutamento del rito sia pronunciata anteriormente all’udienza di prima compari-

zione. L’art. 1 comma 5 d.l. n. 5 del 2003, infatti, nell’ipotesi che l’ordinanza di mutamento del rito sia adottata a seguito dell’udienza di prima com-parizione, prevede lo scambio di memorie ex artt. 6 e 7 d.l. n. 5 del 2003, che risulta incompatibile con al cancellazione stessa.Il sistema così delineato trova conferma non solo dalla formulazione letterale della norma, ma dal rilievo che non si richiede una nuova citazione in riassunzione come modo di prosecuzione della causa. Lo scambio di memorie di cui agli artt. 6 e 7 d.l. n. 5 del 2003 - oltre ad avere termini diversi dalla riassunzione - si innesta nella precedente trattazione senza costituire un nuovo inizio della causa, che prosegue dalla costituzione delle parti attraverso il semplice mutamento del rito - di cui la memoria di replica risulta espressione.

Trib. Napoli, 1 aprile 2006.- in Giurisprudenza di Merito, n. 4/07, pag. 1017.

E’ illegittima la riserva apposta dal conservato-re dei registri immobiliari alla trascrizione di una domanda giudiziale sul presupposto dell’assenza della raccomandata inviata ai sensi dell’art.

140 c.p.c., atteso che la notifica si perfeziona con il compimento delle formalità previste dal citato articolo.

* * *

PROCESSO ESECUTIVO

E PROCEDIMENTI

SOMMARI

Cass., 31 marzo 2007, Sez. III, n. 8055.- in Diritto e Pratica delle Società, n. 24/07, pag. 51.

In caso di esecuzione promossa sulla base di un decreto ingiuntivo non opposto nei termini non sussiste una ipotesi di sospensione neces-

saria del giudizio di opposizione avverso tale esecuzione, sino alla definizione del diverso giu-dizio di opposizione tardiva avverso quello stesso decreto ingiuntivo.

Cass., 28 febbraio 2007, Sez. III,

n. 4741.- in Guida al Diritto, n. 21/07, pag. 48.

La nullità della notificazione del precetto la si deve considerare sanata per consecuzione dello scopo, quando la parte la fa valere con opposi-

zione agli atti esecutivi, proposta nel termine di cinque giorni da quello in cui la notificazione è stata eseguita.

Trib. Roma, 10 novembre 2006.- in Giurisprudenza di Merito, n. 5/07 pag. 1331, con nota di Marco Morici.

Il potere del giudice di sospendere la vendita del bene aggiudicato ai sensi dell’art. 586 c.p.c. costituisce una facoltà discrezionale che può essere legittimamente esercitata tutte le volte che il giudice ritenga sussistente una sproporzione tra il prezzo dell’aggiudicazione ed il “giusto” prezzo.

* * *

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DIRITTO D’AUTORE

Cass., 26 agosto 2004, Sez. I, n. 17004.- in Rivista di Diritto Industriale, n. 1/07, II, pag. 20, con nota di Paola Esposito.

Non rinvenendosi alcun richiamo legislativo all’ipo-tesi di una identità o somiglianza tra ditta ed

altrui marchio, la questione delle legittimità del-l’uso di quest’ultimo come elemento della propria ditta non trova regolamentazione nelle disposizioni del regio decreto n. 929 del 1942 e deve, perciò, essere risolta sulla base delle norme contenute nel codice civile, ovvero ai sensi degli artt. 2563 ss. c.c., segnatamente in relazione al combinato disposto degli artt. 2564, comma 1, e 2567, com-ma 2.

App. Milano, 21 novembre 2006.- in Rivista di Diritto Industriale, n. 1/07, II, pag. 40.

Un’espressione “artistica”, per essere tale, deve trascendere il risultato del semplice abbelli-mento dell’oggetto cui è applicata ed essere ap-

prezzabile come forma in sé. Se è vero che tra le attività umane può dirsi “arte” sia la manifesta-zione di talenti espressivi nel campo estetico, sia anche l’abilità tecnica nel campo delle realizzazioni pratiche, non vi è dubbio che il riferimento legisla-tivo vada alla prima nozione: in questo senso la facile riproduzione in modo seriale è sintomo di un prevalente aspetto industriale-funzionale.

Trib. Milano, 18 gennaio 2007.- in Rivista di Diritto Industriale, n. 1/07, II, pag. 41.

I prodotti del design industriale sono per loro natura espressione di un’attività imprenditoriale improntata alla ricerca di valenze estetico-funzio-nali e si connotano, per definizione, della caratte-

ristica tecnico-funzionale e della suscettibili-

tà di riproduzione seriale.

Ai fini della tutelabilità ex art. 2 n. 10 l.a., oltre al carattere creativo, prerogativa generale di tutte le opere dell’ingegno proteggibili con il diritto d’autore e definibile come l’apporto individuale dell’autore quale sua estrinsecazione soggettiva, è postulato il “valore artistico”, certamente impli-cante la ricorrenza di pregi diversi della semplice gradevolezza estetica dell’oggetto e trascendenti la sua destinazione naturale.Nell’indagare la sussistenza del requisito del “va-lore artistico” per un oggetto del design industria-

le, che rimane comunque un prodotto imprendito-riale e di concreta destinazione d’uso, non può prescindersi da una prospettiva che contempli lo sfondo storico, culturale, ambientale in cui la crea-zione si colloca.L’inserimento della Panton Chair nella corrente artistica della Pop Art, la presenza della stessa in alcuni musei di arte contemporanea, l’accredita-mento della tendenza stilistica ed il consolidamen-to del successo del prodotto presso la collettività ed ambienti culturali, storicizza il giudizio e lo an-cora a criteri di obiettività, non spostando il mo-mento valutativo in un ambito esterno e successi-vo all’opera, ma piuttosto suffragandolo con in-dubbi elementi di conferma.

Trib. Milano, 29 dicembre 2006.- in Rivista di Diritto Industriale, n. 1/07, II, pag. 41.

L’espressione del valore artistico di un prodotto del design industriale non può ritenersi in radi-ce compromessa dal carattere industriale del pro-dotto, posto che in tale ambito sussiste la possibi-lità che l’opera del design possegga caratteristiche tali da suscitare un apprezzamento sul piano este-tico che prevalga sulle specifiche funzionalità del prodotto in misura superiore al normale contributo che il design apporta all’aspetto esteriore di linee e forme particolarmente gradevoli, raffinate ed eleganti.Al fine di dare, per quanto possibile, concreto fon-damento a tale valutazione - al di là dei giudizi comunque sempre personali ed arbitrari in ordine al valore artistico o meno di un’opera, destinati spesso nel tempo a mutamenti anche radicali - appare necessario rilevare nella maniera più og-gettiva possibile la percezione che di una determi-nata opera del design possa essersi consolidata nella collettività ed in particolare negli ambienti culturali in senso lato.In tale prospettiva acquista particolare significati-vità della qualità artistica di un’opera del design il diffuso riconoscimento che più istituzioni

culturali abbiano espresso in favore dell’apparte-nenza di essa ad un ambito di espressività che trae fondamento e che costituisce espressione di tendenze ed influenze di movimenti artistici, al di là delle intenzioni e della stessa consapevolezza del suo autore, posto che l’opera a contenuto arti-stico assume valore di per sé per effetto delle ca-pacità rappresentative e comunicative che essa possiede e che ad essa vengono riconosciute da un ambito di soggetti più ampio del solo consuma-tore di quello specifico oggetto.

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Trib. Milano, 28 novembre 2006.- in Rivista di Diritto Industriale, n. 1/07, II, pag. 40.

Non possono essere condivise le interpretazioni dell’attuale assetto normativo che ripropongono sostanzialmente il divieto di cumulabilità della

tutela del diritto d’autore con quella dei di-

segni e modelli fondate sul carattere di serietà e di larga scala produttiva, sulla inerzia dell’aspetto creativo ad esigenze di natura funzionale, sulla presenza di forme e caratteristiche funzionali che risultano estranee ai valori estetici e rappresenta-tivi propri delle opere d’arte comunemente ricono-sciute come tali.Al di là dei giudizi personali ed arbitrari sul valore artistico dell’opera, è necessario rilevare nella ma-niera più oggettiva possibile la percezione che di una determinata opera del design possa essersi consolidata nella collettività ed in particolare negli ambienti culturali in senso lato.La circostanza che molti importanti musei di arte contemporanea comprendano un’opera del design nelle loro collezioni costituisce elemento di con-ferma obiettiva dell’attribuzione all’opera del de-sign in questione di un significato e di un valore che trascende la mera caratterizzazione di un mo-dello di sedia ed è idonea ad attribuirle un più ampio interesse non caratterizzato da motivazioni di esclusiva natura economica.

Trib. Roma, 28 luglio 2006.- in Giurisprudenza di Merito, n. 5/07, pag. 1335.

Anche i ricorsi cautelari in materia di privacy vanno notificati al Garante per la protezione dei dati personali.

Trib. Bologna, 17 gennaio 2006.- in Il Diritto di Autore, n. 2/07, pag. 238, con nota di Gaia Mari.

La creatività nel settore del software va inte-sa come autonomo sforzo creativo posto in essere da parte dell’autore, in modo tale che si possa distinguere la detta opera da ogni altra preceden-te. Più l’apporto creativo si riduce rispetto alle opere precedenti, meno la sua funzione coincide con la forma espressiva e di più con quella della semplice divulgazione, non proteggibile nel campo del diritto d’autore.

* * *

DIRITTO FISCALE E

TRIBUTARIO

Cass., 16 febbraio 2007, Sez. trib.,

n. 3682.- in www.fisconline.it.

L’adesione al contribuente alle sanatorie fiscali

previste dall’articolo 9 legge n.289/2002 è ostativa della prosecuzione del giudizio di rimborso per l’IRAP che si assume indebitamente versata.

Cass., 18 gennaio 2007, S.U. civ.,

n. 1064.- in Guida al Diritto, n. 8/07, pag. 57.

Nel sistema delle norme previste dalla legge n. 413 del 1991 per la definizione agevolata dei

periodi di imposta e delle controversie tribu-

tarie, la notifica di un accertamento parziale ex art. 41-bis, del Dpr n. 600 del 1973 preclude al contribuente la possibilità di definire mediante la procedura del cosiddetto condono tombale prevista dall’art. 38 della l. n. 413 del 1991 il pe-

riodo di imposta inciso da detto accertamento, con la conseguente inidoneità alla scopo dell’even-tuale domanda di definizione agevolata che fosse presentata ai sensi del suddetto art. 38 e l’obbligo del contribuente di avvalersi in ogni caso della dichiarazione integrativa semplice ex art. 36 della medesima legge, adeguando per intero talse di-chiarazione al reddito accertato al fine di conse-guire l’estinzione della controversia per il periodo considerato.

* * *

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OSSERVATORIO

DIRITTO CIVILE,

CONCILIAZIONE E

“ADR”

SEPARAZIONE PERSONALE: NESSUNA

STATUIZIONE IN MANCANZA DI FIGLI

MINORI O CONVIVENTI.

Con la sentenza 17 gennaio – 22 marzo 2007, n. 6979, la Corte di Cassazione, Sezione I Civile, per la cui massima si rimanda alla Sezione Giurispru-denza, si è espressa sull’assegnazione della

casa coniugale, nell’ipotesi di separazione/divor-zio, in assenza di figli minori o conviventi.

Nella propria pronuncia la Corte ripercorre la pro-pria giurisprudenza formatasi sul tema.Evidenzia così che l’art. 155 c.c., nel testo anterio-re alla legge 08 febbraio 2006, n. 54, il cui comma 4 prevedeva che “L’abitazione della casa coniugale spetta di preferenza, e ove sia possibi-le, al coniuge cui vengono affidati i figli”, fosse norma di natura eccezionale non applicabile al coniuge non affidatario, atteso il potere ricono-sciuto al giudice di assegnare l’abitazione della casa familiare al coniuge cui vengono affidati i figli minorenni che non sia il titolare o l’esclusivo titola-re del diritto di godimento (reale o personale).Fatta questa premessa, rileva la Corte che dopo l’entrata in vigore della legge 74/1987 in materia di divorzio – il cui art. 6 ha disposto che “l’abita-zione della casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età” e “in ogni caso il giudice dovrà valutare le condizioni eco-nomiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge più debole” - è stata estesa l’ammissibilità dell’assegnazione della casa familia-re a favore del genitore con il quale convivono

figli maggiorenni, non ancora economicamente autosufficienti, posta l’identità di ratio rispetto all’assegnazione in caso di affidamento di figli mi-norenni.Identità di ratio confermata, peraltro, dalla Corte Costituzionale.Osserva, infine, la Corte che i principi enunciato debbono essere confermati alla luce della legge 54/2006.Tale legge, avendo introdotto nel Codice Civile l’art. 155-quater, nel quale si fa riferimento espresso all’interesse dei figli, dimostra che la no-vella ha inteso dare attuazione legislativa proprio

all’orientamento della stessa Corte, prevedendo che “il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli” e che “dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici fra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà”.Per queste ragioni, quindi, il Supremo Collegio ha enunciato il seguente principio, “in materia di se-parazione (come di divorzio) l’assegnazione della casa familiare, malgrado abbia anche riflessi economici, particolarmente valorizzati dall’artico-lo 6, comma 6, della legge 898/70 (come sosti-tuito dall’articolo 11 della legge 74/1987), es-sendo finalizzata alla esclusiva tutela della prole e dell’interesse di questa a permanere nell’am-biente domestico in cui è cresciuta, non può es-sere disposta a titolo di componente degli as-segni rispettivamente previsti dagli articoli 156 c.c. e 5 della legge 898/70, allo scopo di soppe-rire alle esigenze economiche del coniuge più debole, al soddisfacimento delle quali sono de-stinati unicamente gli assegni sopra indicati (co-sì, da ultimo, Cassazione, 12309/04). Ne conse-gue che, in difetto di tale elemento, sia che la casa familiare sia in comproprietà fra i coniugi, sia che appartenga in via esclusiva ad un solo coniuge, il giudice non potrà adottare con la sen-tenza di separazione un provvedimento di asse-gnazione della casa coniugale, non autorizzan-dolo neppure l’articolo 156, che non prevede tale assegnazione in sostituzione o quale componen-te dell’assegno di mantenimento. In mancanza di una normativa speciale in tema di separazio-ne, la casa familiare in comproprietà è soggetta, infatti, alle norme sulla comunione, al cui regime dovrà farsi riferimento per l’uso e la divisione”.

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DIPARTIMENTO DI DIRITTO CIVILE, FAMI-

GLIA E ADR:

Paola Ventura ([email protected]);

Diego Tresoldi ([email protected]);

Stefano La Porta ([email protected]).

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CREDITO AL CONSUMO,

LEASING E FACTORING

MUTUO DI SCOPO: COLLEGAMENTO

TRA CONTRATTO DI FINANZIAMENTO E

CONTRATTO DI FORNITURA.

Ai sensi dell’art. 121 TUB, il credito al consu-

mo consiste nella concessione di credito da parte di un intermediario nell’esercizio della propria atti-vità professionale nei confronti di una persona fisica che agisce per scopi estranei alla propria attività imprenditoriale (ad esempio acquisto ra-teale di beni di consumo).Giuridicamente, il contratto di credito al consumo (cioè, la pluralità degli atti posti in essere al fine di conseguire il risultato dell'operazione economica), viene considerato quale contratto atipico trilate-

rale riconducibile ad una pluralità di cause distinte tra loro, ma preordinate alla realizzazione della funzione economico-sociale di uno dei negozi col-legati.Secondo il prevalente orientamento giurispruden-ziale, si ha collegamento negoziale quando due o più negozi diversi e distinti tra loro, pur conser-vando l'individualità propria di ciascun tipo nego-ziale, vengono tuttavia concepiti e voluti come avvinti teleologicamente da un nesso di reciproca interdipendenza e coordinazione, per cui le vicen-de dell'uno debbono ripercuotersi su quelle dell'al-tro, condizionandone validità ed efficacia (cfr. Cass. n. 8410/98). In sostanza, una complessiva funzione economico-sociale si realizza solo attra-verso il ricorso a più negozi, ciascuno dei quali produce gli effetti giuridici che gli sono propri, ma tali effetti, in stretta interdipendenza funzionale, concorrono ad un unico risultato complesso (Cass. n. 11932/97). Sul punto, è estremamente chiara la giurispruden-za della Cassazione che, offrendo una rilettura sistematica delle decisioni dello stesso Supremo Collegio, ne ripercorre le tappe principali.Afferma, in particolare, la S.C. che “per stabilire se ricorra un collegamento negoziale, trattandosi di materia in cui è sovrana l’autonomia privata, occorre rifarsi alla volontà delle parti e ricercare, oltre i diversi schemi negoziali, se ricorra un col-legamento specifico, per cui gli effetti dei vari negozi si coordinino per l’adempimento di una funzione unica” (cfr. Cassazione Civile 23/4/01 n. 5966). L’interdipendenza dei rapporti non è dunque un effetto legale, ma un risultato conforme all’inter-pretazione del contratto così come regolamentato dalle parti. Con sentenze n. 8253/03 e n. 12567/04, la S.C. ha chiarito che il collegamento tra due negozi “…

deve esprimersi in termini di causa del negozio e non di semplice motivo che abbia indotto il mu-tuatario a richiedere in prestito la somma”.Nel contratto di finanziamento posto al vaglio della Cassazione era contenuta la clausola qui riportata: “Il ruolo della Banca è esclusivamente limitato alla erogazione del credito per cui il sovvenuto riconosce la totale estraneità della Banca dal rapporto commerciale con il venditore e da qual-siasi altro rapporto ad esso collegato sussistente con terzi”. Da ciò ne discende, sempre secondo l’orientamen-to della S.C., che quando è presente in un contrat-to di finanziamento relativo al credito al consumo una clausola siffatta, quest’ultima indica che le parti hanno voluto tenere distinta la fattispe-

cie del contratto di vendita da quella del

contratto di finanziamento e negare quindi l’esistenza di un “collegamento negoziale”: “…ne consegue che in presenza di clausola che esclu-da in modo palese il collegamento negoziale, il contratto di mutuo rimane estraneo alle vicende che interessano quello di vendita ed il mutuata-rio… non può opporre al mutuante l’eccezione di inadempimento per rifiutare il pagamento delle rate del mutuo”.E’ pertanto evidente che, in conformità a quanto sopra esposto, la Suprema Corte, riconosca un ruolo fondamentale all’elemento letterale delle clausole contrattuali “nella ricerca della comune intenzione delle parti, con la conseguenza che il Giudice può ricorrere ad altri criteri ermeneutici solo quando le espressioni letterali non siano chiare, precise ed univoche, mentre, quando esse si presentino inequivocabili secondo il lin-guaggio corrente, il Giudice può attribuire alle parti una volontà diversa da quella delle parole usate soltanto se individua ed esplicita le ragioni per le quali i contraenti, pur essendosi espressi in un determinato modo, abbiano in realtà inteso manifestare una volontà diversa” (Cass. 11609/02; 12268/02; 10493/01).

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CREDITO AL CONSUMO,

LEASING E FACTORING:

Paola Guidi

([email protected]);

Sabrina Savazzi

([email protected]);

Laura Terenzi

([email protected]).

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DIRITTO SOCIETARIO

IL MERGER LEVERAGED BUY-OUT NEL

NUOVO DIRITTO SOCIETARIO.

Il leveraged buy out è una complessa opera-zione societaria tramite la quale una compagine imprenditoriale mira ad acquisire una diversa so-cietà di maggiori dimensioni e dotata di un capita-le sociale superiore, sfruttando i finanziamenti concessi da terzi. I finanziatori saranno rimborsati, in un secondo momento, grazie ai flussi di cassa (c.d. cash flow) della società acquisita. Si realizza, pertanto, l’acquisto di partecipazioni o di un

complesso aziendale della società prescelta (c.d. “target”) mediante un utilizzo minimo di un capitale di rischio appartenente alla società acqui-rente ed un massiccio ricorso al capitale di presti-to, ottenuto sulla base della capacità di indebita-mento della società che si vuole acquisire. Il pa-trimonio della target costituisce, dunque, il para-metro di riferimento dei finanziatori che su di esso faranno affidamento al momento di valutare se concedere o meno il prestito, costituendo la liqui-dità e la produttività della target la loro primaria garanzia. La forma più diffusa di tale operazione è rappresentata dal c.d. merger leveraged buy out in cui l’acquisizione della società obietti-

vo si realizza tramite la fusione (da qui il ter-mine “merger”). Nella giurisprudenza precedente la riforma del diritto societario, l’operazione di merger leveraged buy out aveva destato forti perplessità, dettate soprattutto dal timore che, per suo tramite, si potesse concretizzare una viola-

zione dell’art. 2358 c.c., che vieta alle società di concedere prestiti o garanzie per la sottoscrizio-ne e l’acquisto di proprie partecipazioni. La rifor-

ma del diritto societario ha invece legittima-

to tale operazione, introducendo l’art. 2501-bis c.c.. Il d.lgs. 6/03 ha, infatti, confermato la valen-za positiva del merger leveraged buy out, indivi-duando in tale operazione diversi aspetti favorevo-li. In particolare, il favor legislativo trova i suoi fondamenti teorici-pratici nelle concezioni che ve-dono nella promozione del mercato del controllo e nell’avvicendamento del management una delle più auspicabili conquiste del settore di capitali, soprattutto per incentivare lo sviluppo delle picco-le-medie imprese. Sulla base della nuova disposi-zione normativa, affinché l’operazione sia legittima è necessario che siano rispettate le regole pre-

viste dai commi secondo e quinto della pre-

detta norma, che costituiscono formalità indero-gabili, tendenti a tutelare i creditori sociali, i soci di minoranza ed i soci uscenti. In particolare, si tratta di una serie di obblighi informativi che devono risultare dal progetto di fusione, dalla re-lazione degli amministratori, dalla relazione degli

esperti e dalla relazione della società di revisione. In particolare, nel progetto di fusione, gli ammini-stratori devono indicare le risorse economiche con le quali si farà fronte all’indebitamento; dovranno cioè presentare un financial plan con l’indicazione delle fonti cui si attingerà per restituire il debito contratto per l’acquisizione. Ma la nuova disciplina pone soprattutto l’attenzione al piano economico e finanziario, oggetto della relazione che gli am-

ministratori dovranno presentare all’assem-

blea (c.d. business plan), nella quale dovranno essere indicati gli obiettivi prefissati, le risorse fi-nanziarie adoperate e le ragioni per le quali si adotta questa tecnica di acquisizione. Gli esperti dovranno, invece, valutare sia la congruità del rapporto di cambio delle vecchie azioni o quote con le nuove e sia la ragionevolezza delle indica-zioni fornite dagli amministratori nel progetto di fusione. Il riscontro della ragionevolezza inerisce sia ai motivi strategici dell’operazione sia ai debiti, nel senso che l’acquisizione non deve comportare un eccessivo indebitamento rispetto alle possibilità future di rimborso e di adempimento di tutte le obbligazioni assunte. Infine, l’ultimo comma del-l’art. 2501-bis c.c. prevede un controllo anche sui conti che sono stati fatti nel piano economico-fi-nanziario giacché impone alla società di revisione di presentare una relazione da allegare al progetto di fusione. L’inosservanza delle previsioni normati-ve sopra illustrate pervade l’intero procedimento di fusione fino al punto di rendere addirittura nulla anche la stessa delibera di fusione.

IUSLETTER n. 43/07 OSSERVATORIO

PAGINA 30

DIPARTIMENTO CORPORATE - M&A:

Carlo Emanuele Rossi

([email protected]);

Claudia Casagrande ([email protected]);

Danilo Restuccia ([email protected]);

Valentina Zanelli

([email protected]);

Simona Nicolosi

([email protected]).

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DIRITTO BANCARIO

CIRCA L’OPPORTUNITA’ DELL’ISTITU-

ZIONE DI UN’IPOTECA EUROPEA.

E’ ormai da anni al vaglio degli organi comunitari l’istituzione della cosiddetta “Euroipoteca” la cui introduzione, nelle intenzioni dei promotori, dovrebbe rivelarsi vantaggiosa sotto molteplici aspetti, in considerazione del fatto che, attualmen-te, ognuno dei 25 Stati membri della Comunità Europea adotta una propria disciplina delle garan-zie immobiliari.Deve, infatti, essere considerato che l’odierna dif-ferenziazione, a livello comunitario, dei sistemi di garanzia immobiliare, è d’intralcio allo sviluppo di un mercato unitario, in un ambito di particolare rilevanza economica, quale quello dell’erogazione del credito finalizzato all’acquisizione di immobili.Se si considera infatti che l’ammontare complessi-vo, in ambito europeo, delle somme da restituire al ceto bancario, in ragione di mutui garantiti da garanzia ipotecaria, è equivalente a circa il 40% dell’intero PIL prodotto annualmente dall’intera Unione Europea, ci si può agevolmente rendere conto che non pare opportuno lasciare la discipli-na di una materia così importante in via esclusiva ai singoli diritti nazionali.La ragione storica per cui, sinora, i singoli Stati della UE hanno manifestato una certa ritrosia al

progetto di ipoteca europea è dovuta al fatto che gli stessi, considerando i singoli immobili posti sul proprio suolo quali, sia pur piccole, por-

zioni del territorio statale su cui esercitare la propria sovranità, hanno sempre preferito che sia la legge regolatrice delle controversie relative ai diritti reali sugli immobili stessi, sia conseguente-mente la legge regolatrice delle garanzie che ac-cedevano agli immobili, dovesse essere esclusiva-mente quella del luogo in cui essi erano situati.Oggi, come è possibile evincere da quanto soste-nuto nel c.d. “Libro Verde sul credito ipote-cario nell’UE”, pubblicato dalla Commissione Europea nel luglio 2005, l’indirizzo pare comple-tamente mutato e i membri dell’Unione sono con-cordi nell’intravedere i vantaggi che deriverebbero dall’istituzione di un sistema uniforme di garanzie ipotecarie a livello europeo, che possa affiancare le vigenti normative nazionali.La strutturazione che dovrebbe quindi avere que-sto nuovo istituto è stata delineata segmentando il rapporto ipotecario in tre distinti elementi: 1) il contratto di finanziamento; 2) la garanzia immobi-liare non accessoria, ma autonoma ed indipenden-te rispetto al credito; 3) il c.d. contratto di colle-gamento (definito anche “security agreement”), che costituirebbe il vincolo di accessorietà tra i contratto di finanziamento e la garanzia immobilia-re.

In particolare il secondo degli elementi ora indicati costituirebbe la maggiore innovazione del concetto di garanzia ipotecaria, rispetto alla attuale discipli-na prevista dalla normativa nazionale.Infatti la possibilità di rendere accessoria la garan-zia ipotecaria rispetto al contratto di finanziamen-to, solo in ragione del c.d. “security agreement”, (mentre la garanzia immobiliare singolarmente considerata resterebbe comunque autonoma ri-spetto all’effettiva erogazione del credito), consen-tirebbe ai clienti degli Istituti di Credito prima di istituire il vincolo ipotecario sull’immobile, ed in un momento separato e successivo, di trasferire la garanzia ipotecaria alla Banca scelta per la mate-riale erogazione del finanziamento.Gli effetti reali dell’ipoteca così costituita sarebbe-ro comunque garantiti per la Banca dal contratto di “security agreement”.Sussisterebbe inoltre la possibilità, da parte del cliente, una volta saldato il proprio debito nei confronti della Banca che gli ha concesso il finan-ziamento, di ottenere il ritrasferimento della

garanzia ipotecaria, che potrebbe essere nuo-vamente “girata” ad un altro soggetto, a fronte dell’erogazione di un nuovo finanziamento, con un evidente risparmio per il cliente, il quale non do-vrebbe sostenere i costi inerenti la costituzione di una nuova e diversa ipoteca.Altre ragioni per cui la realizzazione dell’innovazio-ne precedentemente indicata è da considerarsi auspicabile, sono quelle relative alla possibilità per le Banche di concedere credito senza dover corre-re i rischi inerenti l’erogazione della somma mu-tuata, prima del perfezionamento della garanzia ipotecaria, nonché la possibilità, in particolare per gli Istituti di Credito di minori dimensioni, di poter-si inserire in mercati differenti rispetto a quelli dei paesi d’origine, in un regime di maggiore concor-renzialità, senza dover sostenere gli ingenti costi relativi ad una strutturazione di un imponente si-stema di filiali in altri stati.

IUSLETTER n. 43/07 OSSERVATORIO

PAGINA 31

DIPARTIMENTO DIRITTO BANCARIO:

Luciana Cipolla

([email protected]);

Simona Daminelli

([email protected]);

Raffaella Tavacca

([email protected]);

Guido Malberti

([email protected]);

Cesare Grassini

([email protected]).

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MERCATI FINANZIARI

LE DOMANDE DI NULLITA’ E/O RISO-

LUZIONE DI UN ORDINE DI ACQUISTO

PER ASSERITO INADEMPIMENTO DEL-

L’INTERMEDIARIO ALLA NORMATIVA

DI SETTORE NON POSSONO ESSERE

ACCOLTE SE NON VIENE CONTESTUAL-

MENTE CHIESTO IL MEDESIMO ACCER-

TAMENTO ANCHE NEI CONFRONTI DEL

CONTRATTO-QUADRO.

Con sentenza resa in data 30 novembre u.s. (per la cui massima si rimanda alla Sezione Giurispru-denza), il Tribunale di Mantova, in composizione collegiale, ha sostanzialmente dichiarato l’impossi-bilità di dichiarare la nullità e/o la risoluzione di un singolo ordine di compravendita di strumenti fi-nanziari per asserito inadempimento dell’interme-diario agli obblighi informativi prescritti dalla nor-mativa di settore.In particolare, secondo l’argomentazione condivi-sibile del Tribunale di Mantova: “Gli obblighi com-portamentali previsti a carico dell’intermediario dall’art. 21 del d.lgs. n. 58/98 non attengono alla struttura o al contenuto del singolo ordine di ac-quisto, ma riguardano in generale l’esecuzione del contratto che ha regolamentato il servizio di investimento, per cui la loro violazione concerne essenzialmente il profilo dell’adempimento o inadempimento agli obblighi assunti con detto negozio. Nullità, annullamento e risoluzione per violazione degli obblighi comportamen-tali non possono dunque che attenere al contratto quadro, non potendo configurarsi con riguardo all’ordine di acquisto, nel-l’esecuzione del quale l’intermediario Ban-ca agisce solo come commissionario del proprio cliente.Poiché nel caso di specie nessuna azione è stata esplicitata, la domanda così come formulata, unicamente riferita all’invalidità del singolo ordi-ne di acquisto, non può che essere rigettata, non potendo neppure essere esaminati – senza in-correre nel vizio di ultrapetizione – gli eventuali profili di responsabilità contrattuale della conve-nuta per inadempimento all’originario contratto di mandato”.Pertanto, secondo tale innovativo orientamento nel caso in cui dovesse essere ravvisato un ina-dempimento dell’intermediario talmente grave da farne discendere la nullità/annullamento/risoluzio-ne del contratto, ciò che andrebbe annullato/risol-to non è il singolo ordine di acquisto (atto mera-mente esecutivo del contratto-quadro), ma il rap-porto contrattuale sottostante effettivamente in essere tra le parti e cioè il c.d. contratto-quadro.

Gli obblighi di informazione di cui parliamo sono obblighi legali, in quanto scritti nelle norme di leg-ge (o di regolamento Consob). Ma sono anche obblighi contrattuali, e s’intende del contratto quadro fra banca e cliente: sia perché sono stati trasfusi dalle parti nello stesso contratto quadro, diventando contenuto delle clausole di questo; sia perché, se anche non vi fossero stati trasfusi per volontà delle parti, sarebbero entrati a fare parte del regolamento contrattuale per via di integrazio-ne ex art. 1374 c.c., a norma del quale il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge.Gli obblighi di informazione della banca sono dun-que contrattuali dal punto di vista della loro fonte, nel senso che derivano da un contratto fra banca e cliente: il contratto quadro per la prestazione di un servizio di investimento. Se la banca viola questi obblighi, viola dunque il contratto quadro. L’orientamento (condiviso dalla più autorevole dot-trina - cfr. Vincenzo Roppo, “La tutela del rispar-miatore fra nullità, risoluzione e risarcimento”, in Trattato di Diritto Commerciale e di Diritto Pubbli-co dell’Economia a cura di Francesco Galgano, vol. XLIII, pp. 142 e ss., 2006, CEDAM) è, come detto, senz’altro innovativo in quanto si pone in netto ed evidente contrasto con quello che fino ad oggi si è formato presso i maggiori Tribunali italiani.

IUSLETTER n. 43/07 OSSERVATORIO

PAGINA 32

DIPARTIMENTO MERCATI FINANZIARI/REAL

ESTATE:

Christian Faggella

([email protected]);

Sabrina Galmarini

([email protected]);

Vittorio Accarino

([email protected]);

Barbara Bandiera

([email protected]).

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DIRITTO

FALLIMENTARE

GLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE

DEL DEBITO E LA COMPATIBILITÀ CON

LA STRUTTURA DEL TRUST.

Con la riforma del diritto fallimentare (d.l. 14 mar-zo 2005 n. 35), è stato introdotto uno strumento innovativo, volto a consentire alle imprese di far fronte alla propria crisi economica: l’accordo di

ristrutturazione del debito, disciplinato dall’art. 182 bis l.f..Tale disposizione normativa consente di superare tutte le questioni che in passato avevano ostacola-to la possibilità di dare corso al risanamento della impresa in crisi a mezzo di accordi stragiudiziali. Appare un lontano ricordo il timore di vedere sotto accusa quegli accordi considerati, nel caso di suc-cessivo fallimento, la causa dell’aggravamento del dissesto economico dell’impresa.Quest’ultima concezione, portava a colpire dette transazioni, sul piano civile, con le azioni revo-

catorie e quelle per abusiva concessione del

credito e, sul piano penale, con l’incriminazione per bancarotta preferenziale.Il legislatore ha superato le antiche ostilità, consi-derando legittima la possibilità di affrontare la crisi dell’imprenditore con lo strumento civilistico della autonomia contrattuale. Viene, dunque, lascia-ta alle parti (all’imprenditore e ai propri creditori) la facoltà di trovare una soluzione alle difficoltà economiche incontrate nella gestione della impre-sa.L’accordo dovrà fondarsi sulla pianificazione di varie operazioni, che vanno dalla primaria ristrut-turazione del passivo, alla previsione del trasferi-mento degli assets, fino alla valutazione della ca-pacità della impresa di permanere nel circuito del-la produzione economica.Il tutto presuppone la volontà negoziale dell’im-prenditore e dei creditori aderenti, i quali ultimi garantiranno la rimessione dei debiti, piuttosto che le dilazioni di pagamento o la erogazione di nuova finanza, a fronte di un potere di controllo nella gestione e realizzazione del progetto economico prospettato.Appare dunque evidente la complessità di tali ne-goziazioni ove, al pari di una piramide, al vertice vi è un contratto quadro, soggetto alla omologazione del Giudice, e rappresentato dall’accordo di ristrut-turazione del debito, e alla base vi sono tutti que-gli accordi volti a garantire al realizzazione del primo.L’accordo in sé può ritenersi avere una causa one-rosa, in quanto se da un lato l’imprenditore-debi-tore riceve un assetto più vantaggioso della pro-pria esposizione debitoria, dall’altro i creditori ade-

renti ricevono le informazioni veritiere sulla situa-zione dell’impresa con facoltà di ingerenza capilla-re nella gestione della stessa.Tali particolari negozi giuridici si fondano sulla pre-senza di tre figure: il proprietario (l’imprenditore in crisi), il titolare dei poteri di gestione e i beneficia-ri.Da qui dunque, l’idea di realizzare i suddetti

accordi a mezzo dell’istituto del trust, nel quale le tre figure sopra richiamate risultano ben individuate (art. 2 della legge 16 ottobre 1989 n. 363 che ha ratificato la Convenzione dell’Aja, sta-bilisce che per trust si intendano quei rapporti giu-ridici istituiti da una persona, il costituente, il qua-le sottopone dei beni al controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario).Sul punto, la giurisprudenza di merito ha già avuto modo di precisare, in una recente ordinanza (Tri-bunale di Reggio Emilia del 14 maggio 2007 - nel-la procedura esecutiva n. 200/2006), che sussiste la compatibilità tra le norme e i principi generali dell’ordinamento italiano e le finalità che il dispo-nente intende perseguire con l’istituzione di un trust.In particolare, con la citata ordinanza, il Tribunale di Reggio Emilia ha confermato la legittimità del trust istituito su alcuni beni del socio accomanda-tario, di una società in accomandita semplice in crisi, finalizzato a garantire il buon esito di un ac-cordo di ristrutturazione del debito, ex art. 182 bis l.f., a favore dei creditori aderenti. Nel caso in esame il trust era dunque inquadrato non come strumento per frodare i creditori o eludere la loro parità di trattamento, bensì come strumento per consentire agli stessi creditori di esserne i benefi-ciari, in quanto garantiti dal fatto che quei beni non sarebbero stati dispersi.

IUSLETTER n. 43/07 OSSERVATORIO

PAGINA 33

DIPARTIMENTO DIRITTO FALLIMENTARE:

Luciana Cipolla ([email protected]);

Daniela Calvano ([email protected]);

Monica Biella ([email protected]);

Simone Bertolotti ([email protected]);

Flora Schiavenato ([email protected]);

Davide Greco

([email protected]).

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ESECUZIONI

IMMOBILIARI

MODIFICHE AL CODICE DI PROCEDU-

RA CIVILE PREVISTE DALLA LEGGE N. 80 DEL 2005: TITOLO ESECUTIVO E

INTERVENTO NELLA PROCEDURA ESE-

CUTIVA.

Il Legislatore, con la Legge n. 80 del 14 maggio 2005 ha varato una serie di importanti modifiche al codice di procedura civile. Con riferimento al processo esecutivo, tra le numerose novità intro-dotte da detta riforma, in questa sede esaminiamo alcune fattispecie che rivestono particolare inte-resse quali l’art. 474 c.p.c. relativo al titolo ese-cutivo e l’art. 499 c.p.c., relativo all’intervento nelle procedure esecutive.In particolare, segnaliamo che l’art. 474 c.p.c., fra il novero dei titoli esecutivi, contempla anche “le scritture private autenticate relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse con-tenute”. L’introduzione di questo nuovo titolo fa sorgere alcuni interrogativi in quanto non sono stati indi-cati i limiti ed i soggetti ai quali sono stati attribuiti i poteri di autentica; inoltre la Legge n. 80/05 non menziona se la spedizione in forma esecutiva sia o meno necessaria affinché la scrittura privata au-tenticata possa valere ai fini dell’esecuzione forza-ta.Al riguardo, in mancanza di disposizioni specifiche e considerato che l’efficacia del titolo esecutivo deve sussistere ab origine, si ritiene necessario che la stessa venga acquisita al momento di for-mazione della scrittura ed è preferibile che la po-testà di autentica sia esercitata da un Notaio o da altri pubblici ufficiali a ciò autorizzati.Anche se la norma non lo prevede espressamente, si ritiene, inoltre, che la spedizione del titolo con l’apposizione della formula esecutiva non sia ne-cessaria, assimilando così il regime esecutivo della scrittura privata autenticata a quello di cambiale e assegno; il creditore procedente dovrà “trascrive-re integralmente la scrittura privata autenticata nel corpo del precetto”.In relazione alla seconda fattispecie, l’art. 499

c.p.c., la principale innovazione consiste nell’in-troduzione, accanto alle precedenti, di un’ulteriore categoria di creditori intervenuti e nella sottoposi-zione di tutti gli interventi non fondati su titolo esecutivo ad una fase di verifica a valenza mera-mente interna al processo esecutivo.Oltre ai creditori muniti di titolo esecutivo, pos-sono infatti dispiegare intervento i creditori che al

momento del pignoramento avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati o avevano un dirit-

to di pegno o prelazione risultante dai pubblici registri ovvero erano titolari di un credito di

somma di denaro risultante dalle scritture

contabili di cui all’art. 2214 c.c..

Tale ultima categoria possiede i requisiti dell’asso-luta novità poiché la norma prevede che coloro che tengono regolarmente le scritture contabili previste dall’art. 2214 c.c. possano dispiegare in-tervento allegando, a pena di inammissibilità,

l’estratto autentico notarile delle scritture

medesime.

I creditori intervenuti privi di titolo esecutivo, do-vranno inoltre notificare al debitore, entro i

dieci giorni successivi al deposito, copia del

ricorso e dell’estratto autentico notarile at-

testante il credito. La legge prevede altresì che il ricorso debba essere depositato prima che sia tenuta l’udienza in cui è disposta la vendita o l’as-segnazione ai sensi degli artt. 530, 552 e 569 c.p.c..L’art. 499 c.p.c. introduce infine la c.d. udienza

di verificazione, nella quale sono chiamati a comparire il debitore ed i creditori interve-

nuti privi di titolo esecutivo. A tale udienza se il debitore non compare (intendendo così ricono-sciuti tutti i crediti) o se, comparendo, li riconosce in tutto o in parte, il credito non titolato viene as-similato per legge in sede distributiva al credito titolato per effetto del comportamento concluden-te del debitore. Al contrario, il disconoscimento di un credito da parte del debitore, comporta l’onere per il credito-re intervenuto di munirsi di un adeguato titolo.Ove volesse insistere nell’intervento, anche dopo l’espresso disconoscimento, il creditore intervenu-to non titolato, ai sensi dell’art. 510, terzo comma, c.p.c., ha diritto all’accantonamento in sede di di-stribuzione alla duplice condizione che egli ne fac-cia esplicita istanza e che dimostri di aver propo-sto, entro i trenta giorni successivi all’udienza di riconoscimento, l’azione necessaria per conseguire il titolo esecutivo in ordine al medesimo credito.

IUSLETTER n. 43/07 OSSERVATORIO

PAGINA 34

DIPARTIMENTO ESECUZIONI IMMOBILIARI:

Paola Guidi

([email protected]);

Silvia Folcini

([email protected]);

Isabella Rago

([email protected]);

Manuela Riva

([email protected]);

Isabella Corbetta

([email protected]).

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INTELLECTUAL

PROPERTY

AND INFORMATION

TECHNOLOGY

IL FILE SHARING IN ITALIA. L’ANALISI

CONDOTTA IN CHIAVE EUROPEA DEL

CASO “PEPPERMINT”.

Facendo seguito alla (notizia) brevissima apparsa sullo scorso numero di Iusletter appare utile in-formare i lettori più dettagliatamente in merito ad una vicenda recentemente balzata agli onori delle cronache. Infatti, di “Peppermint” oramai si par-la in tutta Europa (e non solo), a causa della bat-

taglia che imperversa tra i titolari dei diritti

d’autore sulle opere dell’ingegno “liquide” e

gli utenti delle reti peer to peer (“p2p”). Dalla Francia all’Inghilterra passando per la Germania ed ora in Italia, per citarne alcune, si utilizzano strategie processuali di stampo nordamericano, che, forse, mal si adattano ai sistemi giuridici eu-ropei, proprio a causa delle differenze normative in materia di tutela dei dati personali (come è no-to disciplinata, in Europa, dalla Direttiva 95/46/CE - Direttiva sul trattamento dei dati personali) e dalla Direttiva 2002/58/CE (ePrivacy); recepite, in Italia, dal Codice Privacy, d.lgs. 196/2003.Ma passiamo ad esaminare il caso italiano, facen-do alcune indispensabili premesse: l’indirizzo IP (e cioè il numero che individua un’utenza connes-sa ad Internet) è un dato personale ed il tratta-mento del medesimo, anche se effettuato in parte all’estero, ricade nella sfera di applicazione della legge italiana. Una piccola casa discografica tede-sca, Peppermint Jam Record Gmbh, lamentando violazioni del diritto d’autore sulle proprie opere, ha incaricato Logistep AG – una altrettanto picco-la realtà svizzera specializzata in investigazioni antipirateria - di monitorare i servizi di comunica-zione elettronica, registrando circa 4.000 indirizzi IP di utenti p2p italiani, i file posti in “condivisio-ne” da questi ultimi che si assumono di titolarità di Peppermint, l’ora in cui la violazione sarebbe av-venuta ed altri dati. Successivamente, Peppermint ha adito il Tribunale di Roma - in via d’urgenza, ai sensi dell’art. 156-bis Legge sul Diritto d’Autore (articolo recentemente introdotto a seguito del recepimento della Direttiva 2004/48/CE) – chie-dendo di obbligare gli Internet Service Provider (ISP) gestori delle utenze tracciate, che inizial-mente avevano opposto un rifiuto, a rivelare nome ed indirizzo dei propri abbonati. Alcuni ricorsi si sono conclusi con la vittoria (parziale) di Pepper-mint (si precisa che si tratta di provvedimenti cau-telari: il Giudice compie solo un’analisi sommaria

del caso), mentre altri sono ancora pendenti pres-so il Tribunale romano. Queste ordinanze favore-voli a Peppermint, se confermate, stabilirebbero una sorta di obbligo di collaborazione degli ISP (non solo nei confronti delle forze dell’ordine) ma anche a favore di soggetti privati. Sostanzialmen-te, il dato relativo all’indirizzo IP dell’utente p2p (perdonate il “bisticcio”), che “condivideva” file musicali di artisti prodotti da Peppermint (ren-dendoli disponibili a terzi), è stato trattato, grazie agli ISP, per risalire al nome ed all’indirizzo del titolare del contratto di accesso ad Internet (figura che può non coincidere con quella del presunto utilizzatore illegittimo). Sembra che, nell’interesse di Peppermint, a questi soggetti siano state invia-te circa 4000 lettere di diffida contenenti una pro-posta di definizione amichevole della controversia, a fronte di un esborso, da parte dell’utente, di circa 330 Euro. Il Garante Privacy non si è fatto attendere, costituendosi nei giudizi intentati da Peppermint (fatto non comune), ed aprendo, pa-rallelamente, distinti procedimenti amministrativi di controllo per verificare, autonomamente, la

liceità e la correttezza dei trattamenti effet-

tuati dalla società e da Logistep. Il Garante Privacy sembra intenzionato a verificare i profili riguardanti la liceità stessa del monitoraggio in rete, la notificazione dei trattamenti (l’utilizzo di strumenti volti a monitorare i servizi di comunica-zione elettronica devono essere preventivamente notificati al Garante), l’istituto del controllo pre-ventivo, l’obbligo della preliminare informativa agli interessati da parte di chi effettua il trattamento e la conseguente applicazione delle relative sanzioni amministrative o penali previste per le violazioni riscontrate. Da ciò potrebbero scaturire conseguenze di non poco rilievo nell’ambito dei giudizi pendenti (e di quelli a venire) che, sino ad ora, hanno affrontato i profili riguardanti la privacy, ci sembra, in modo non molto approfondito. Se il Garante dovesse riscontrare le violazioni ipotizzate, ne potrebbe derivare l’inutilizzabilità dei dati raccolti ed utilizza-ti da Peppermint e Logistep anche in sede pro-cessuale.

IUSLETTER n. 43/07 OSSERVATORIO

PAGINA 35

DIPARTIMENTO INTELLECTUAL PROPERTY

AND INFORMATION TECHNOLOGY:

Daniela De Pasquale ([email protected]);

Massimiliano Pappalardo

([email protected]);

Luisa Fiorina

([email protected]);

Andrea Antognini

([email protected]).

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DIRITTO

TRIBUTARIO

L’IMPOSTA SOSTITUTIVA SUI FINAN-

ZIAMENTI A MEDIO LUNGO TERMINE: I PUNTI FERMI ALLA LUCE DELLE RE-

CENTI INTERPRETAZIONI DELL’AGEN-

ZIA DEL TERRITORIO E DELLA DOT-

TRINA.

Come noto, al ricorrere di determinati requisiti, i finanziamenti bancari a medio e lungo termine sono soggetti all'imposta sostitutiva nella misura dello 0,25% dell’ammontare del finanziamento in luogo delle ordinarie imposte d’atto. Sulla base a quanto riportato all'art. 15 del

D.P.R. n. 601/1973 l’applicazione dell’imposta sostitutiva è subordinata al realizzarsi dei seguenti presupposti o requisiti: - deve trattarsi di operazioni relative a finan-

ziamenti a medio e lungo termine, aventi cioè durata contrattuale superiore a diciotto mesi (re-quisito oggettivo);- le operazioni devono essere effettuate da azien-de di credito (requisito soggettivo). Inoltre, in virtù del rinvio, operato dall’art. 20 del D.P.R. n.601/1973, alle norme sull'imposta di regi-stro, è richiesta la sussistenza del presupposto di territorialità.

Soggetto passivo del tributo è la banca, la quale, tuttavia, si rivale sul cliente in base a specifica pattuizione contrattuale. Tale regime sostitutivo riveste natura age-

volativa in tutte quelle ipotesi in cui i tributi

sostituiti risultino di ammontare superiore

alla tassazione complessiva dello 0,25%. Ciò si verifica, in particolare, qualora si tratti di finanziamento assistito da garanzia ipoteca-

ria, per la cui iscrizione sarebbe dovuta l'imposta del 2% in base al d.lgs. n. 347 del 1990.La definizione dell'ambito di operatività delle agevolazioni previste dall'art. 15 del D.P.R. 29 set-tembre 1973, n. 601 costituisce motivo di con-

tinuo esame da parte della dottrina e della

giurisprudenza, in special modo per ciò che

concerne la corretta qualificazione del pre-

supposto oggettivo cui la norma ricollega l'ap-plicabilità del regime fiscale sostitutivo.Sono da ritenersi compresi nell'agevolazione tutti i provvedimenti, atti, contratti e formalità inerenti alle operazioni di finanziamento aventi durata su-periore a 18 mesi, alla loro esecuzione, modifica-zione, ed estinzione, alle garanzie di qualunque tipo prestate e alle loro eventuali surroghe, sosti-tuzioni, postergazioni, frazionamenti e cancellazio-ni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credi-to stipulate, effettuate da aziende e istituti di cre-

dito che esercitano, in conformità a disposizioni legislative, statutarie o amministrative, il credito a medio lungo termine.Esiste tuttavia un ampia casistica (dovuta al mag-giore utilizzo di nuovi e perfezionati strumenti fi-nanziari da parte degli istituti di credito) che ac-cresce la necessità di una interpretazione puntuale del dettato normativo in relazione al presupposto del requisito della durata minima contrattuale. Su tale requisito (anche di recente) dottrina, pras-si e giurisprudenza sono sovente arrivate a con-clusioni molto diverse.I dubbi interpretativi, riguardano quasi sempre quelle operazioni di finanziamento i cui atti con-tengono particolari clausole che, a vario titolo, interferiscono sulla durata dell'operazione e che, in taluni casi, non vengono ritenute compatibili con il requisito oggettivo previsto dalla norma in esame (durata minima contrattuale superiore a diciotto mesi).Gli operatori, pertanto, in sede di verifica

dell’applicabilità della disciplina in esame a

contratti di finanziamento, dovranno riporre

la maggiore attenzione alle clausole con-

trattuali che influiscono sulla durata del-

l'operazione di finanziamento.

L’Amministrazione finanziaria ha chiarito che ai fini dell'applicazione dell'imposta sostitutiva si deve avere riguardo alla durata risultante dalle pattui-zioni contrattuali "e non a quella, minore o mag-giore, che l'operazione può effettivamente avere in difformità alle clausole stesse".In pratica, occorre avere riguardo alla durata con-trattualmente pattuita e non alla durata effettiva del finanziamento, misurata ex post.Sono, invece, esclusi dall'ambito applicativo del-l'imposta sostitutiva, e quindi soggetti alle ordina-rie imposte indirette, "i finanziamenti assunti senza un impegno a fermo o, comunque, a tempo indeterminato e quelli pattuiti con riserva, per il mutuante, di chiedere l'estinzione anticipa-ta in qualsiasi momento ovvero entro un periodo di tempo inferiore al termine prescritto dalla leg-ge, salve, beninteso, le clausole meramente cautelative, come ad esempio, il patto dell'estin-zione anticipata in caso d'insolvenza o di diminu-zione delle garanzie per fatto del debitore (art. 1186 del codice civile)".Nell’ambito del dibattito, sempre in corso, ha de-stato particolare “scalpore” tra gli operatori la pre-sa di posizione dell'Agenzia del Territorio che,

nella Circolare 5 dicembre 2006, n. 6/T, ave-va ritenuto non applicabile l'imposta sostitutiva ai contratti di finanziamento a medio e lungo termine in cui siano previste delle clausole esplicite che consentono al debitore l'anticipata risoluzione del rapporto attraverso l'estinzione del debito.Questa posizione, se rigidamente interpretata, poteva provocare la disapplicazione della norma ai tantissimi contratti che contengono clausole che consentono al debitore l'anticipata risoluzione del

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rapporto attraverso l'estinzione del debito, quali ad esempio quelli di:- mutuo agevolato per l'acquisto della prima casa; - finanziamenti erogati dagli istituti di credito ai propri dipendenti; - contratti relativi ad operazioni di finanziamento con intervento di contributi pubblici; - finanziamenti in valuta garantiti da meccanismi di copertura quali stop loss che qualora vengano superati comporterebbe la facoltà per l'istituto del roll-over automatico ovvero la risoluzione antici-pata.In proposito l’Associazione Bancaria Italiana (ABI)

con la circolare 22 gennaio 2007, n. 3, ha fortemente criticato l’impostazione dell’Agenzia del territorio, evidenziandone i limiti attraverso ampie e convincenti motivazioni. A seguito delle predette critiche l'Agenzia del

Territorio con la circolare del 14 giugno

2007, n. 6/T ha mutato le sue considerazioni in merito facendo un deciso dietrofront.Nella recente circolare n. 6/T del 14 giugno 2007 si è ritenuto che la durata in un'operazione di fi-nanziamento non viene alterata dalla previsione nel contratto delle condizioni economiche del-l'eventuale esercizio della facoltà di estinzione an-ticipata spettante al debitore. Inoltre non rende il contratto privo di termine, l'eventuale riconoscimento nel contratto medesimo della facoltà di adempimento anticipato, con effet-to estintivo del rapporto, riguardando l'adempi-mento delle obbligazioni che dal contratto deriva-no e che possono esaurire il rapporto ante tem-pus, ossia prima del "tempo contrattuale" conve-nuto.Anche sulla base di ulteriori considerazioni effet-tuate dall’Avvocatura di Stato, autorevole dottrina ha concluso che le clausole espresse che consen-tono al debitore di restituire in ogni momento l'importo finanziato e di risolvere anticipatamente il rapporto, non dovrebbero incidere negativamen-te sull'applicabilità del regime agevolato di cui al-l'art. 15 del D.P.R. n. 601/1973, se non nel mo-mento in cui dovessero ricevere concreta attua-zione; ossia, quando il debitore dovesse effettiva-mente richiedere l'adempimento anticipato e la conseguente estinzione del rapporto.Si rileva che tale interpretazione sembra essere in linea anche con quanto previsto dal legislatore in tema di portabilità di mutui e agevolazioni per il debitore introdotte dal cosiddetto dal cosiddetto Bersani-bis.In tal senso si deve concordare con chi ritiene che “Ai fini dell'applicabilità del regime sostitutivo, ciò che assume rilievo determinante è la circostanza che la durata del rapporto di finanziamento sta-bilita contrattualmente sia superiore a quella mi-nima stabilita dalla legge, non rilevando possibili vicende o eventi successivi al rapporto, né l'evolversi dello stesso al di fuori e al di là delle clausole contrattuali.

D'altra parte, come è noto, per effetto di quanto previsto dall'art. 1184 del codice civile, il termine per l'adempimento dell'obbligazione, se non di-versamente stabilito, si presume a favore del debitore, il quale, quindi, può effettuare la pre-stazione anche prima della scadenza del termine pattuito.”

Per maggiori informazioni è possibile rivolgersi tramite e-mail al Dott. Alberto De Candia.

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DIPARTIMENTO TRIBUTARIO:

Angelo Carlo Colombo ([email protected]);

Alberto De Candia ([email protected]);

Marilena Biella ([email protected]);

Cristina Fontana

([email protected]);

Luca Nicoletti

([email protected]);

Enrico Tosi

([email protected]);

Enrico Bezzi

([email protected]).

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BREVISSIME

ANTITRUST.

L’Antitrust ha deliberato che la circolare Abi sullo ius variandi del 7 agosto 2006 costituisce un’inte-sa restrittiva della concorrenza. Tuttavia, non è stata comminata nessuna sanzione, a fronte delle iniziative spontaneamente assunte dall’Abi nel cor-so del procedimento, per porre fine all’infrazione. (s.d.)

DIRITTO D’AUTORE: PROPOSTE DI LIBERALIZ-

ZAZIONE.

Il 13 giugno u.s., alla Camera sono stati approvati tre ordini del giorno che impegnano il governo a rivedere la disciplina sul diritto d’autore, al fine di rendere le norme in materia meno severe e di in-trodurre una liberalizzazione. Una petizione in tal senso è stata avanzata anche da Altroconsumo. (s.d.)

GUIDA PRATICA PER LE PICCOLE E MEDIE IM-

PRESE IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI DATI

PERSONALI.

Il Garante Privacy ha messo a punto la "Guida pratica" (consultabile sul sito del Garante: www.garanteprivacy.it) per facilitare le piccole e medie imprese nell'assolvimento degli obblighi che la normativa sulla privacy impone a chi raccoglie, utilizza, conserva dati personali. (a.a.)

LEGGE FALLIMENTARE E TERMINI PROCESSUALI.

Con una circolare in data 11 giugno u.s., il presi-dente della sezione fallimentare del Tribunale di Milano, Dott. Bartolomeo Quatraro, ha chiarito quali siano i procedimenti per cui, anche in segui-to alla riforma del diritto fallimentare, opera la sospensione feriale dei termini. (s.d.)

PRESUNZIONI SUI PRELIEVI.

Con sentenza 4 giugno 2007, n. 158, la Commis-sione tributaria provinciale di Bologna ha stabilito che, per vincere la presunzione che i prelevamenti dal conto corrente siano equiparabili ai compensi o ai ricavi non dichiarati, basta indicare all’ufficio le mere generalità del beneficiario. (s.d.)

PUBBLICITÀ E MULTE.

Nel 2006 sono state ritenute ingannevoli oltre 180 campagne pubblicitarie, con conseguente inflizio-ne di multe per oltre cinque milioni di euro, da parte dell’Autorità antitrust in materia di controllo della pubblicità in Italia (Agcm). (s.d.)

RINNOVATE LE AUTORIZZAZIONI GENERALI PER

IL TRATTAMENTO DEI DATI SENSIBILI E GIUDI-

ZIARI.

Il Garante ha rinnovato le autorizzazioni al tratta-mento dei dati sensibili e giudiziari che saranno efficaci dal 1° luglio 2007 sino al 30 giugno 2008.Le nuove autorizzazioni non recano significative modifiche rispetto a quelle in scadenza, alle quali sono state apportate solo alcune circoscritte inte-grazioni relative a modifiche normative intervenute nei settori considerati. (a.a.)

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COSE NOSTRE

NUOVE DALLO STUDIO

LAVORANO CON NOI.

Dal mese di giugno collaborano con la sede mila-nese Sonia Spagnolo e Silvia De Lutti.

Sonia, avvocato dal 2005, è nata il 22 marzo 1977 e si è laureata presso l’Università statale di Milano con una tesi in Diritto Penale: “La tenuità del fatto nel diritto penale minorile e nella legge del Giu-dice di Pace”.

Risponde all’interno 353 e il suo indirizzo e-mail è [email protected].

Silvia è nata il 30 giugno 1977 e si è laureata presso l'Università Cattolica di Milano con una tesi in Diritti dell’Uomo: “Requisiti linguistici e divieto di non discriminazione tra norme nazionali ed obblighi internazionali”. Da gennaio 2004 a gen-naio 2005 ha svolto un master in Diritto Comuni-tario ed Internazionale presso l’Università Statale di Trento.

Risponde all’interno 362 e il suo indirizzo e-mail è [email protected].

Dal mese di giugno collabora con il dipartimento Mercati Finanziari - Real Estate Barbara Bandie-

ra.

Barbara è nata il 25 maggio 1981 e si è laureata presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore a Mi-lano con una tesi in Diritto Internazionale Privato: “Giurisdizione e legge applicabile in materia di adozione internazionale dei minori”.

Risponde all’interno 311 e il suo indirizzo e-mail è

[email protected].

Dal mese di giugno collabora con il dipartimento Esecuzioni Immobiliari Isabella Corbetta, avvo-cato dal 2006.

Isabella è nata il 1 ottobre 1973 e si è laureata presso l’Università Cattolica di Milano con una tesi in Diritto Penale: “La tutela penale della famiglia”.

Risponde all'interno 319 e il suo indirizzo e-mail è [email protected].

Lo Studio partecipa al Cowparade.

Il nostro Studio ha partecipato all'asta di "Cowpa-rade Milano 2007”, nella quale sono state messe all'asta per beneficenza le 65 "mucche d'artista" che hanno animato le strade di Milano in questi mesi.La cifra complessivamente raccolta dagli acquirenti (924.000 Euro, circa 15.000 euro di media a muc-ca!) é stata consegnata alla Fondazione Cham-pions For Children, promossa dal calciatore del Milan Clarence Seedorf, che segue progetti di aiu-to a bambini che si trovano nelle condizioni spa-ventose che affliggono tantissimi paesi del mondo.Offrendo 20.000 Euro lo studio si è aggiudicato uno dei pezzi più pregiati sotto il profilo artistico: la Mucca di Karim Rashid, un designer di fama internazionale che ama molto l’Italia ed espone spesso le sue opere nelle gallerie milanesi (www.karimrashid.com).L'opera - temporaneamente al pascolo in reception - allieterà i nuovi locali del seminterrato.E' una scelta della quale lo Studio è orgoglioso e che speriamo di poter presto festeggiare, anche insieme all’artista, nei nuovi locali.

* * *

CONVEGNI

“European Data Protection Intensive” - Grand Hotel Krasnapolsky - Amsterdam, 24-25 maggio 2007, Organizzato da Ecomlex.

Partecipazione in qualità di relatrice di:Daniela De Pasquale([email protected]).

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BIBLIOTECA

NUOVI ACQUISTI

• AA.VV., Compravendita e figure collegate, UTET, 2007.

L'opera fa parte della collana "Il Diritto Privato nella Giurisprudenza, a cura di Paolo Cendon".Si compone di due tomi e tratteggia in ogni suo aspetto l'istituto della compravendita, attraverso l'esposizione precisa e ragionata della dottrina e della giurisprudenza.Un testo certamente utile nella pratica quotidiana, che offre una risposta pronta ai diversi temi che ruota intorno all'istituto.

• Arieta G. e De Santis F. (a cura di), L’esecuzio-ne forzata, CEDAM, 2007.

I due volumi, facenti parte del trattato di diritto processuale curato da CEDAM, rappresentano un aiuto fondamentale ed indispensabile per affrontare le tematiche più complesse della procedura esecuti-va immobiliare.L’opera facilita il lettore, ponendo a continuo con-fronto la normativa ante e post riforma del 2005-2006, conseguentemente individuando la corretta disciplina transitoria per ogni step della procedura esecutiva.I due tomi sono inoltre arricchiti da continui riferi-menti giurisprudenziali che agevolano chi legge nel-l’interpretazione degli istituti più complessi.

• Bianchi G. (a cura di), Le operazioni sul capi-tale sociale, CEDAM, 2007.

Il volume esamina, alla luce delle nuove disposizio-ni, le problematiche connesse con le relative opera-zioni straordinarie per le società di capitale. Al ter-mine di ogni capitolo è presentata una rassegna di giurisprudenza sull’argomento trattato contenente tutte le massime delle sentenze più significative commentate nel testo. Sono riportate, oltre alle pronunce recentissime intervenute sul nuovo testo legislativo, le sentenze dell’ultimo ventennio che, alla luce delle riforme intervenute, mantengono la loro validità interpretativa o che hanno influenzato il legislatore delegato nella stesura della nuova nor-mativa.

• Butturini P. (a cura di), Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’eco-nomia - L’impugnazione del bilancio d’eser-cizio, CEDAM, 2007.

Il testo esamina la funzione informativa del bilancio d’esercizio, i caratteri della sua disciplina e gli inte-ressi da questa tutelati, i soggetti interessati al con-tenuto del bilancio, all’interno ed all’esterno della società e le problematiche inerenti alla loro effettiva tutela nonché il procedimento di formazione del bilancio, con particolare attenzione al rilievo delle novità introdotte dalla riforma del 2003 in ambito di amministrazione e controllo. Costituisce oggetto di approfondita trattazione la disciplina codicistica re-lativa alla formazione del bilancio d’esercizio nelle società di capitali (art. 2429 c.c.) e agli aspetti generali della sua compilazione (artt. 2423 ss. c.c.), nonché la disciplina dell’invalidità delle delibere as-sembleari (artt. 2377 ss., 2479 ter c.c.), per ogni aspetto rilevante per il tema oggetto d’indagine (in particolare, art. 2434 bis c.c.).

• Campeis G. e De Pauli A. (a cura di), Le esecu-zioni Civili, Procedimenti ordinari e speciali. Casi speciali di esecuzione. L’attuazione., CEDAM, 2007.

Il volume offre una visione globale sui diversi istituti relativi la procedura esecutiva in genere; tuttavia si propone di illustrare attentamente i casi speciali dell’esecuzione, ed in questo intento (vista la com-plessità dell’argomentazione prescelta) il libro appa-re quantomeno sommario e riassuntivo. Certamen-te, come primo approccio al tema affrontato, lo stesso può essere valutato come uno strumento completo.

• Clarizia R. (a cura di), I Contratti Informatici, UTET, 2007.

Il Trattato dei Contratti, diretto da Pietro Rescigno ed Enrico Gabrielli, si propone al professionista qua-le strumento unico di approfondimento - di elevato valore scientifico - sulle diverse tipologie di contrat-ti.Un Trattato in senso classico ma anche un Trattato moderno, per l’attenzione che rivolge all’esegesi del dato normativo, senza prescindere dall’analisi degli apporti della dottrina e degli aspetti giurispruden-ziali di legittimità e di merito.L'hardware e il software, beni fondamentali nella moderna economia, sono oggetto di contratti parti-

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colari sui quali si è concentrato l'interesse degli operatori e degli studiosi. Quest'opera, tenendo conto della dottrina e della recente giurisprudenza, si sofferma sulla categoria dei contratti informatici ponendo attenzione alle figure maggiormente ricor-renti nella pratica commerciale come, ad esempio, il c.d. disater ricovery, il body rental, le licenze open source e l'outsourcing. Il volume affronta, inoltre, alcuni aspetti connessi ai contratti informatici quali, ad esempio, quello della sicurezza e qualità del software. Il testo è completato da una ragionata appendice che tiene conto delle fondamentali nor-me in materia.

• Costi R. (a cura di), L’ordinamento Bancario, IL MULINO, 2007.

Il testo esamina in modo esauriente la legislazione bancaria italiana, con riferimento sia al suo profilo storico sia alle specifiche funzioni delle autorità cre-ditizie. L’Autore affronta inoltre i temi della vigilanza bancaria - offrendo a tal proposito un’interessante analisi sul potere di informazione della Banca d’Ita-lia e sul controllo operato per il tramite la Centrale Rischi - nonché della struttura del mercato banca-rio, della trasparenza dei rapporti tra banche e della disciplina applicabile in caso di crisi di queste ulti-me.

• Ferro M. (a cura di), La legge fallimentare - commentario teorico pratico, CEDAM, 2007.

• Ghiaini G., Libonati B., Marchetti P. (a cura di), Rassegna degli orientamenti dell’Autorità Garante, GIUFFRE’, 2007.

Il testo racchiude una rassegna in lingua italiana ed inglese degli ultimi orientamenti dell’Autorità Garan-te della Concorrenza e del Mercato dal 2005 a 2006 nonché alcuni contributi di approfondimento di ar-gomenti di particolare interesse da parte dei più importanti autori del settore a livello nazionale ed internazionale.

• Hodges S. e Picchi G. (a cura di), Strumenti e casi di marketing per avvocati, UTET, 2007.

• Lozupone R. (a cura di), La diffida ad Adem-piere, GIUFFRE’, 2007.

Il testo analizza la diffida ad adempiere innanzitutto nei suoi aspetti formali e presupposti operativi, per poi affrontare la questione dell’inadempimento e, per l’effetto, della costituzione in mora del diffidato e delle conseguenze derivanti dall’intimazione ad adempiere inviata direttamente dal creditore o da un suo legale rappresentante. Il volume contiene inoltre, nella sua parte finale, la trattazione dell’op-posizione del diffidato alla richiesta di adempimento a lui rivolta, nonché l’analisi di alcuni profili proces-suali inerenti la diffida.

• Pappalardo A. (a cura di), Il diritto comunita-rio della concorrenza - profili sostanziali, UTET, 2007.

Il libro contiene un approfondito ed aggiornatissimo trattato di diritto comunitario della concorrenza, aggiornato con la riforma legislativa attuata dal Re-golamento CE n. 1/2003.Il testo analizza dettagliatamente, sotto il profilo giuridico e sostanziale le intese, con particolare rife-rimento agli accordi orizzontali e verticali, l’abuso di posizione dominante, le concentrazioni di imprese alla luce della nuova disciplina comunitaria, il trasfe-rimento di tecnologia nonché la posizione dei poteri pubblici di fronte alle regole di concorrenza.

• Patriarca S. e Benazzo P. (a cura di), Codice Commentato delle S.r.l., UTET, 2006.

L’opera affronta compiutamente gli aspetti di mag-giore interesse inerenti al tema delle S.r.l.. Il com-mento articolo per articolo della nuova disciplina delle società, punta l’attenzione sulla prima giuri-sprudenza successiva alla riforma, rendendo le ope-re strumenti indispensabili per la risoluzione di tutti i problemi pratici, sia sotto il profilo sostanziale che processuale.

• Tedeschi G. A. (a cura di), Consorzi - Riunioni temporanee geie (l’associazionismo im-prenditoriale nel Codice dei contratti pubbli-ci), GIUFFRE’, 2007.

• Vasapolli G e Vasapolli A. (a cura di), Dal bilan-cio d’esercizio al reddito d’impresa - XIV edizione, IPSOA, 2007.

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In questo numero la selezione delle riviste è aggiornata ai numeri ricevuti sino al 14 giugno 2007:

Banca Borsa e Titoli di Credito, n. 2/2007;

Banche e Banchieri, n. 1/2007;

Bollettino Tributario, n. 9/2007;

Circolari Assonime, n. 41/2007;

Contabilità Finanza e Controllo, n. 6/2007;

Contratto e Impresa, n. 2/2007;

Contratto e Impresa/Europa, n. 1/2007;

Corriere Tributario, n. 25/2007;

Diritto Comunitario e degli Scambi Internazionali, n. 3/2007;

Diritto dell’Informazione dell’Informatica, n.1/2007;

Diritto e Giustizia (supplemento), n. 7/2005;

Diritto e Pratica delle Società, n. 11/2007;

Diritto del Turismo, n. 1/2007;

Famiglia e Diritto, n. 5/2007;

Fiscalità Internazionale, n. 3/2007;

Forum Fiscale, n. 12/2006;

Giurisprudenza Commerciale, n. 2/2007;

Giurisprudenza di Merito, n. 5/2007;

Giustizia a Milano, n. 2/2007;

Giustizia Civile, n. 1/2007;

Guida al Diritto, n. 24/2007;

I Contratti, n. 4/2007;

Il Corriere Giuridico, n. 2/2007;

Il Corriere del Merito, n. 6/2007;

Il Diritto d’Autore, n. 2/2007;

Il Diritto Fallimentare e delle società commerciali, n. 2/2007;

Il Diritto Industriale, n. 1/2007;

Il Fallimento, n. 5/2007;

Il Fisco, n. 24/2007;

Il Foro Italiano, n. 5/2007;

Il Massimario del Foro Italiano, n. 11/2006;

Impresa Commerciale e Industria, n. 4/2007;

Int’l Lis, n. 2/2006;

Italian Intellectual Property, n. 2/2006;

Le Nuove Leggi Civili e Commentate, n. 3-4/2007;

Le Società, n. 5/2007;

Pratica Fiscale e Professionale, n. 29/2007;

Rivista dell’Esecuzione Forzata, n. 1/2007;

Rivista delle Società, n. 2-3/2007;

Rivista dei Dottori Commercialisti, n. 3/2007;

Rivista di Diritto Industriale, n. 1/2007;

Rivista di Diritto Tributario, n. 4/2007;

Trust & Attività Fiduciarie, n. 3/2007.

I redattori di IUSLETTER esaminano inoltre tutte le massime della Cassazione Civile pubblicate dal

Massimario del Foro Italiano.

Questo numero è aggiornato allasentenza n. 27619 del 29 dicembre 2006

(n. 11/2006 - fasc. n. 21-22).

Questo numero è stato chiuso il giorno09 luglio 2007.

IUSLETTERE’ una testata registrata il 24.9.2001

presso il Tribunale di Milano, al n. 525/01.

E’ di proprietà dell’Associazione Professionale

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TORINO 10143, Corso Francia, 25 - TEL. 011/4340782-FAX 011/4344737 - [email protected]

VICENZA 36100, Contrà Do Rode, 14 - TEL. 0444/541689 - FAX 0444/546778 - [email protected]

PADOVA 35131, Via Niccolò Tommaseo, 70/D - TEL. 049/661780 – FAX 049/655813 - [email protected]

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MANTOVA 46100, Via Principe Amedeo, 33 - TEL. 0376/222626 - FAX 0376/382346 - [email protected]

Direttore Responsabile

Giuseppe La Scala

Redattore Capo

Luciana Cipolla

Comitato di Redazione

Simona Daminelli (coordinamento)Vittorio AccarinoAndrea AntogniniSimone Bertolotti

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Laura TerenziPaola Ventura

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Segreteria di Redazione

Cristiana Cianfagna - Alessia Caltagirone

Viene distribuita gratuitamente

ai clienti dello studio a cura diAlessia Caltagirone ([email protected])

alla quale ci si può rivolgereper riceverla (anche via e-mail) e

per ottenere copia di tutto il materiale citato.Tutti i numeri di Iusletter, dal n. 1 della V° serie (febbraio 2000),

sono disponibili in formato elettronico sul sito www.lascalaw.com.

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