+ All Categories
Home > Documents > Sommario - APPACuVI voce_maggio 2017_sp.pdf · vennero in Germania da Laino, nell’Italia...

Sommario - APPACuVI voce_maggio 2017_sp.pdf · vennero in Germania da Laino, nell’Italia...

Date post: 18-Feb-2019
Category:
Upload: trinhdieu
View: 215 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
32
Direttore editoriale: Livio Trivella- Direttore: Stefania Pedrazzani Hanno collaborato: Anna Arneodo, Lucia Bonvicini, Giuseppe Gervasini, Giuseppe Mantegazza, Adalberto Piazzoli, Elisabeth Schwarnweber, Livio Trivella La spedizione de La Voce dell'Appacuvi è riservata ai Soci in regola col pagamento della quota associativa dell’anno in corso Sommario Dialogo con la Storia- I Magistri ....................................................................................... 2 Nel ricordo del centenario della nascita del Professor Eugenio Quaglio. ......................... 2 Vita sociale Appacuvi ed altro ........................................................................................ 7 La Madóna de Laanz (di Adalberto Piazzoli) .......................................................................... 7 Il Santuario della Beata Vergine di Loreto di Lanzo d’Intelvi .......................................... 11 Cenni storici ................................................................................................................... 12 Architettura ed arte nel santuario ................................................................................... 13 Fede e tradizione ........................................................................................................... 21 Il comitato ....................................................................................................................... 24 Il Mondo oggi (di Giuseppe Mantegazza) .............................................................................. 27 Sguardo sull’Ambiente .................................................................................................... 28 Orso e lupo - Ci uccidete senza sporcarvi le mani. (di Anna Arneodo) ............................... 28 Le lettere-Recensioni Forum Corrispondenza ............................................................ 31 Scavi romani in Val d'Intelvi ............................................................................................ 31 Associazione Amici del Museo d’Arte Sacra di Scaria ................................................... 32 PER CANCELLARSI basta inviare un messaggio vuoto a notizie2016- [email protected] ANNO XIII – N. 118 - maggio 2017
Transcript

Direttore editoriale: Livio Trivella- Direttore: Stefania Pedrazzani Hanno collaborato: Anna Arneodo, Lucia Bonvicini, Giuseppe Gervasini, Giuseppe Mantegazza,

Adalberto Piazzoli, Elisabeth Schwarnweber, Livio Trivella

La spedizione de La Voce dell'Appacuvi è riservata ai Soci in regola col pagamento della quota associativa dell’anno in corso

Sommario Dialogo con la Storia- I Magistri ....................................................................................... 2

Nel ricordo del centenario della nascita del Professor Eugenio Quaglio. ......................... 2

Vita sociale –Appacuvi ed altro ........................................................................................ 7

La Madóna de Laanz (di Adalberto Piazzoli) .......................................................................... 7

Il Santuario della Beata Vergine di Loreto di Lanzo d’Intelvi .......................................... 11

Cenni storici ................................................................................................................... 12

Architettura ed arte nel santuario ................................................................................... 13

Fede e tradizione ........................................................................................................... 21

Il comitato ....................................................................................................................... 24

Il Mondo oggi (di Giuseppe Mantegazza) .............................................................................. 27

Sguardo sull’Ambiente .................................................................................................... 28 Orso e lupo - Ci uccidete senza sporcarvi le mani. (di Anna Arneodo) ............................... 28

Le lettere-Recensioni Forum –Corrispondenza ............................................................ 31

Scavi romani in Val d'Intelvi ............................................................................................ 31

Associazione Amici del Museo d’Arte Sacra di Scaria ................................................... 32

PER CANCELLARSI basta inviare un messaggio vuoto a [email protected]

ANNO XIII – N. 118 - maggio 2017

Dialogo con la Storia- I Magistri

Nel ricordo del centenario della nascita del Professor Eugenio Quaglio. Caro Direttore La Signora Heitz mi ha mandato per posta 4 pagine sulla vita di Eugen Quaglio scritte dalla sua figlia Elisabeth nel 1957 ca. Ho trovato il testo molto interessante e ben scritto. Perciò l’ho battuto sul computer e arricchito con qualche foto e alcuni links a luoghi e personaggi menzionati. Poi l’ho inviato alla Sig.ra Heitz che ne era entusiasta. Mi ha dato il permesso di metterlo sul mio sito come aggiunta a una voce su Eugen nella lista „Artisti II“, che devo ancora preparare. Intanto allego il testo „modernizzato“. Forse le sarà utile. Cordiali saluti, Ursula Stevens

(Traduzione dal tedesco a cura di Lucia Bonvicini). Il 3 aprile 1857 venne alla luce a Monaco di Baviera Eugenio Quaglio, figlio dello scenografo reale Angelo Quaglio; egli farà poi parte per 32 anni dei teatri berlinesi – opera e teatro di prosa – come scenografo e direttore della bottega per gli accessori. Egli ricevette da una lunga serie di antenati pittori, incisori, scultori, costruttori, architetti scenografi un’eredità artistica che, in verità, non trasmise a suo figlio, ma che è manifesta nella sua terza figlia Maria. Con Eugenio Quaglio terminò questa lunga catena di artisti che, all’inizio del XVII secolo vennero in Germania da Laino, nell’Italia settentrionale a nord ovest del lago di Como. Si risvegliò presto in lui l’interesse per la scenografia, in particolare quando suo padre lo portò a dieci anni alla prova generale della prima del Lohengrin di Richard Wagner. Da allora in poi nei giorni liberi dalla scuola poté spesso accompagnare il padre nella bottega che si trovava nel Teatro di Corte di Monaco, proprio sopra i posti degli spettatori.

Il Teatro Reale di Corte di Monaco, a sinistra la Residenza, a destra l’antico palazzo Törring-Jettenbach, in primo piano lo scoprimento del monumento al re Massimiliano il 13 ottobre 1835. Litografia di Gustav Kraus, 1835.

Qui osservò la preparazione degli scenari e nel frattempo ascoltava le prove dell’orchestra e poteva imparare le melodie. Angelo Quaglio, scena per la prima rappresentazione a Monaco del Tristano e Isotta di Richard Wagner il 10 giugno 1865. Oltre ai colleghi di suo padre Friedrich Döll e Christian Jank, a quel tempo lavorava come scenografo anche suo nonno Simone Quaglio, la cui specialità

era il modello di costruzioni in prospettiva. Così Eugenio Quaglio venne a poco a poco introdotto nella sua futura professione, alla quale si preparò dopo la scuola di latino e il ginnasio reale, nella scuola di arti e mestieri ed all’accademia di belle arti di Monaco. In seguito agli scenari prodotti per la prima dei drammi di Wagner, suo padre Angelo aveva ricevuto numerosi incarichi per altri teatri tedeschi e decise di costruire un proprio grande atelier che conteneva parecchie sale di circa 30 per 20 metri, magazzini per materiali ed una cucina per le colle ed i colori. Nell’estate 1874 l’edificio del nuovo atelier era pronto a Monaco in Marsstrasse e contemporaneamente Eugenio terminava gli studi all’Accademia; subito dopo entrò come aiuto di suo padre e in seguito divenne collaboratore e socio. Accanto ai lavori per il teatro di corte di Monaco e gli spettacoli speciali per il re Ludwig II, l’atelier Quaglio dovette allestire il fundus per parecchi teatri di nuova costruzione, ossia oltre agli scenari per opere o spettacoli particolari, anche scenari interni ed esterni di ogni tipo, boschi, montagne e paesaggi aperti. Fra l’altro per il nuovo Teatro Civico di Amburgo, il Teatro Nazionale di Praga, (oggi Staatsoper), in parte anche per i teatri di corte di Dresda e Stoccarda che avevano perso molti scenari a causa di incendi. Ai clienti stabili appartenevano anche i teatri reali di Berlino e gli allora nuovi teatri dei direttori Ludwig Barnay e Oscar Blumenthal (Berliner Theater e Lessintheater).

Il Teatro Nazionale Tedesco a Praga, costruito nel 1886-87, cartolina del 1900 circa. Negli spettacoli speciali per il re Ludwig II venivano rappresentate soprattutto opere di Wagner, ma anche tragedie classiche come La pulzella di Orleans di Schiller, Ruy Blas di Victor Hugo, Armida di Christoph Willibald Gluck, Fedora di Victorien Sardou e il dramma Narciso di Albert Emil Brachvogel.

Quest’ultimo era in calendario ogni anno in primavera ed autunno ed ogni volta con scenari diversi. Poiché si trattava soltanto di saloni rococò, non era certo un compito facile trovare sempre nuovi motivi, tanto più che questi scenari di stanze per desiderio del re dovevano essere, quasi senza eccezione, mantenuti sul blu. Un dramma, Le memorie della Marchesa di Bayreuth, fu scritto per queste rappresentazioni speciali da Karl August Von Heigel. Il re aveva dato l’incarico all’autore con queste parole: “Scrivetemi un’opera in cui Federico il Grande gioca un ruolo importante, ma non compare la parola Prussia”. Per questa opera dovettero essere dipinti in modo veristico gli scenari del tempietto del sole e della camera della musica nella residenza estiva Eremitage vicino a Bayreuth e ne venne incaricato Eugenio Quaglio.

La residenza estiva, Bayreuth Eremitage, 1749-1753 Il suo lavoro all’atelier fu interrotto dal 1 ottobre 1876 per un anno di servizio volontario presso il 2° reggimento in fanteria reale bavarese “Kronprinz”. Lì divenne capitano della riserva con il permesso di

portare l’uniforme, cosa che ebbe spesso l’opportunità di fare alle parate di Berlino e Potsdam. Nell’autunno 1880 Eugenio Quaglio si recò a Vienna per un semestre di perfezionamento della sua preparazione presso il cosiddetto consorzio scenografi al quale appartenevano gli illustri pittori Carlo Brioschi, Hermann Burghart e Johann Kautsky. Nell’autunno 1883 Eugenio si sposò; seguirono anni felici, pieni di lavoro, fino a quando, all’inizio del 1890, morì suo padre Angelo, appena sessantenne, dopo una breve malattia. Ora la conduzione dell’atelier era tutta sulle sue spalle. A suo tempo vi era stata promessa l’assunzione al teatro di corte di Monaco come successore del padre, nonno e bisnonno, ma ciò non si verificò, perché la situazione dopo la morte di Ludwig II nel 1886 era mutata e il principe reggente Leopoldo dovette adoperarsi per cancellare i debiti lasciati dal re. E se talvolta si accumulavano le commesse per l’atelier, così che solo con molta fatica potevano rispettare i tempi, c’erano anche periodi in cui si aveva poco da fare. Nel frattempo erano sorti in Germania altri buoni atelier di scenografia. Come quello dei fratelli Max e Gotthold Brückner. Così Eugenio dovette procurare ordinazioni per il suo atelier. Nella primavera del 1890 fece un giro fra i più grandi teatri cittadini e di corte della Germania centrale e settentrionale ed un altro in Svizzera, entrambi con un buon successo. Durante un breve soggiorno a Stoccarda dove egli allestì personalmente le nuove scenografie per la prima del balletto La fata delle bambole, pervenne ad Eugenio Quaglio dal Teatro Prussiano di Berlino la prestigiosa chiamata ad assumere il posto dello scenografo Prof. J. Lechner scomparso da poco e a presentarsi presso l’allora intendente generale Bolko conte di Hockberg. La rappresentazione della Fata delle bambole a Stoccarda gli procurò un grande successo di pubblico e stampa e ripetute chiamate come pure un’udienza dal re Carlo di Württemberg. Seguì, alcune settimane dopo il suo primo riconoscimento, la medaglia d’oro del re di Württemberg per l’arte e la scienza.

La presentazione dal conte Bolko di Hockberg a Berlino portò ad un impiego stabile come scenografo con il compito di progettare e seguire l’esecuzione di tutte le scenografie necessarie per i teatri reali (Opera e teatro di prosa); inoltre poté anche accettare privatamente lavori per altri teatri. Fu certamente decisivo per l’accettazione del posto il tempo libero relativamente lungo per le pause tra una stagione teatrale e la seguente. In questo tempo egli poteva effettuare studi di paesaggio e architetture nella natura, cosa di cui aveva sempre avuto un appassionato desiderio. Durante una sua escursione pittorica nella marca Brandenburg conobbe Karl Hagemeister, di cui divenne subito amico ed entrambi girovagarono spesso insieme alla ricerca di utili spunti da Geltow lungo l’Havel. Le settimane seguenti portarono lavoro febbrile perché dovette liquidare e vendere l’atelier a Monaco ed avviare il trasferimento della famiglia a Berlino. Il 1 marzo 1891 andò, dapprima solo, a Berlino per lavorare nella sua nuova sede operativa nella bottega del teatro reale in Französischen Strasse – fra teatro dell’opera e teatro di prosa – alla nuova messa in scena e allestimento del Lohengrin.

Casa dell’Opera di Berlino 1852, tratto da:” J. Poppel, il regno di Prussia in un’originale veduta pittorica delle sue regioni più interessanti, città importanti.. e altri notevoli monumenti del vecchio e nuovo tempo”. La rappresentazione di quest’opera nel maggio 1891 gli fruttò l’approvazione del suo nuovo capo e pieno successo di pubblica stampa. Anche negli anni seguenti della

sua attività in relazione ai teatri berlinesi – che dopo il ritiro del conte Bolko von Hochberg nel 1903 furono sotto i nuovi intendenti conte Georg von Hülsen-Heseler e, dal 1918, Max von Schillings – Eugenio Quaglio registrò molti successi fino al suo pensionamento nel 1923, tanto che non si pentì mai del suo trasferimento a Berlino che divenne per lui una seconda patria. Tra i numerosi progetti per l’opera e per la prosa dobbiamo citare in particolare l’allestimento per la prima rappresentazione del dramma Hanneles Himmelfahrt di Gerhart Hauptmann. Nel libro di Hugo Fetting la Storia dell’opera nazionale tedesca (Henscel Verlag Berlin) pubblicato nel 1955 sono raffigurate la scena di chiusura della nuova messa in scena dell’opera Mignon di Ambroise Thomas e una scena per la prima berlinese dell’opera Feuersnot di Richard Strauss. A Richard Strauss lo legava un’amicizia giovanile dei loro padri. Poiché Eugenio Quaglio aspirava ad essere ammesso al “Harbi-Orden” (una società fondata nel 1850), a dimostrazione della sua idoneità eseguì al fagotto una composizione del suo amico Richard Strauss. Insieme al consigliere intimo, direttore dei macchinari Fritz Brandt che aveva lavorato prima per lungo tempo a Monaco ed aveva facilitato la nomina di Quaglio a Berlino, spinse Engelbert Humperdinck a raccogliere singole scene fiabesche in una commedia musicale oppure in un’intera opera, Hänsel e Gretel. La prima rappresentazione ebbe luogo a Weimar nel 1893 sotto la direzione musicale di Richard Strauss.

Nel corso della sua lunga attività teatrale, Eugenio Quaglio conobbe da vicino molti compositori, musicisti, attori e cantanti. Fra gli altri Richard e Siegfrid Wagner, Giacomo Puccini, Leoncavallo, sir Arthur Sullivan. Inesauribili erano i suoi racconti di avvenimenti divertenti, casualità e aneddoti della vita teatrale. Ed era prorompente la sua alta elasticità fisica e spirituale, giovanile anche negli anni della tarda vecchiaia. Dopo il suo pensionamento ritornò ancora per breve tempo a Monaco, dove tenne lezioni all’Accademia di Belle Arti sulla scenografia, in particolare la prospettiva teatrale e nel 1924 fu nominato Professore. Anche negli anni seguenti si dedicò alla sua amata arte. Ogni anno faceva viaggi di studio nello Hessen, Franken, Salzkammergut, Jugoslavia, oppure conduceva le sue figlie a Karlsbad e Hohensaaten sull’Oder. Risultato di tutti questi viaggi erano studi di architetture e paesaggi ad olio o acquerello. Era spesso al lavoro anche nella sua casetta di vacanza sul monte Konrad presso Berlino. Poi in inverno a casa faceva acqueforti a uno o più colori e xilografie secondo gli schizzi presi in natura. Quando dovette lenire il dolore per la morte della moglie Therese nel 1927 venne ancora una volta in Italia, dove, seguendo le tracce dei suoi antenati, visitò la Casa Quaglio, con gli affreschi in parte ancora esistenti. All’età di oltre 70 anni lo vediamo una volta a Karlsbad arrampicarsi d’inverno con la neve alta e scintillante nel bosco con il suo cavalletto per dipingere sulla schiena; a questo riguardo venne rimproverato aspramente il genero che lasciava praticare ancora gli sport invernali all’anziano suocero! Dopo il suo 85° compleanno, festeggiato nella cerchia famigliare, nell’estate del 1942 fece ancora un viaggio di studio a Traunkirchen, durante il quale trascorse alcune settimane a Karlsbad e sulla via del ritorno fece una scappata a Weschitz sull’Eger, patria di sua moglie. Tornato a Berlino si accinse a copiare l’autoritratto del suo antenato Giulio Quaglio (1602-1657) del 1628. Appena ebbe finito il lavoro ed ebbe posto in basso anche la scritta in italiano che diceva: “Giulio Quaglio che dipinse il suo ritratto a 26 anni per tentare, con l’ombra della pittura, di fermare l’ombra fuggente che è l’uomo. -1628”, depose per sempre il pennello. Si addormentò per sempre il 24 settembre 1942 dopo una breve ma grave malattia, circondato dai suoi figli e nipoti. Un destino benevolo gli ha risparmiato di assistere alla distruzione delle sue opere ed al crollo della Germania. Elisabeth Schwarnweber, nata Quaglio Berlino-Friedenau Links

https://de.wikipedia.org/wiki/Státn%C3%AD_opera_Praha https://de.wikipedia.org/wiki/Berliner_Theater https://de.wikipedia.org/wiki/Lessingtheater_(Berlin) https://de.wikipedia.org/wiki/Karl_August_von_Heigel https://de.wikipedia.org/wiki/Eremitage_(Bayreuth) https://de.wikipedia.org/wiki/Carlo_Brioschi https://de.wikipedia.org/wiki/Schauspielhaus_Berlin https://de.wikipedia.org/wiki/Bolko_von_Hochberg https://de.wikipedia.org/wiki/Karl_(Württemberg) https://de.wikipedia.org/wiki/Max_Brückner https://de.wikipedia.org/wiki/Karl_Hagemeister https://de.wikipedia.org/wiki/Georg_von_Hülsen-Haeseler https://de.wikipedia.org/wiki/Max_von_Schillings https://de.wikipedia.org/wiki/Hanneles_Himmelfahrt

Vita sociale –Appacuvi ed altro La Madóna de Laanz (di Adalberto Piazzoli) “Sono maestose, dolci ed enigmatiche, le sembianze della Madonna Nera del santuario della Beata Vergine di Loreto di Lanzo. Vederla passare per le strade del paese tra la neve dell'ultima domenica di gennaio, leggermente traballante sulle spalle di concentratissimi e quasi emozionati Lanzesi, costringe ad abbassare gli occhi, disorientati, anche i non credenti. Chissà chi fu lo sconosciuto artista che da un pezzo di legno ha saputo trarre un simile delicatissimo volto”. Così scrivevo nel 2001 in un articolino riportato nel libro Ombre di memoria che finiva con la frase: “Tempo fa ho udito un Lanzese, certamente non credente, esclamare: la nostra è la Madonna più bella del mondo. E sono d'accordo.” Il santuario si trova in Via Volta e fu edificato tra il 1673 e il 1674 su disposizione testamentaria dell'architetto Pietro Spazzi, nativo di Lanzo e operante a Tirnava in Slovacchia, dove aveva già realizzato una cappella dedicata alla Vergine di Loreto con le stesse dimensioni della santa casa (quella che, secondo la leggenda, è stata trasportata dagli angeli a Loreto, nei pressi di Recanati, nel 1294). Lo Spazzi mise a disposizione un terreno di sua proprietà, unitamente al progetto e a seicento scudi. La devozione dei lanzesi alla Beata Vergine di Loreto era però precedente all'erezione del santuario, come attestato dall'affresco di Via Volta 7, datato 1616. Secondo un antico cerimoniale, i solenni festeggiamenti della Madonna Nera di Lanzo si svolgono l'ultima domenica di gennaio, dal sabato al lunedì, e sono preceduti da una novena propiziatoria. Una volta la festa era fissata al 10 dicembre ma, credo nell’800, è stata spostata in gennaio per favorire la presenza dei nostri numerosi migranti stagionali. Lo svolgimento dei festeggiamenti, a cura di un apposito comitato, è abbastanza complesso, ma credo che i Lanzesi lo conoscano a menadito. Trascrivo quello del 2016.

COMITATO FESTEGGIAMENTI BEATA VERGINE DI LORETO SANTUARIO DI LANZO D'INTELVI

SABATO 8.30 Santa Messa in Santuario 14 Esposizione del Simulacro della Beata Vergine 15/16 Confessioni in Parrocchia 17.30 Santa Messa in Parrocchia; al termine processione al Santuario 20/21 Veglia di preghiera per i giovani 21/22 Veglia di preghiera DOMENICA 5 Suono dell'Ave Maria 7 Recita delle Lodi Mattutine 10.15 Santa Messa solenne in Santuario 14 Solenne processione con il Simulacro della Beata Vergine dal Santuario alla Parrocchiale e ritorno. 20.45 Recita della Filodrammatica Lanzese al Palalanzo LUNEDI' 9 Santa Messa in Santuario, processione alla Parrocchiale, benedizione e canto del Te Deum. 13.30 Riposizione del Simulacro della Beata Vergine Dopo la processione della domenica e la riposizione del lunedì incanto dei canestri (asta di beneficenza). Il Parroco Il Direttore don Remo Giorgetta Gabriele Lombardo

Il Comitato istituito con atto notarile nel 1753 organizza i festeggiamenti rispettandone rigorosamente le tradizioni e cura la manutenzione del santuario. Io ho conosciuto quattro appassionati direttori del Comitato, dall'imponente Cesarin Bosi, al dolcissimo Bruno Quadri, all'attentissimo Mario Sais, all'attuale dinamico Gabriele Lombardo. Qualche commento al programma. Alle ore 14 del sabato i tira föö la Madóna, cioè il simulacro viene estratto dalla nicchia dove è custodito, mentre nel porticato il corpo musicale di Lanzo intona una dolce cantilenante melodia appositamente composta. A mio avviso, è questo il momento più toccante dei festeggiamenti, anche se il meno solenne, tanto che non è difficile vedere qualche occhio lucido. Finita la breve spartana cerimonia, si chiudono le porte e i cancelli del santuario e il Comitato procede al cambio d'abito della Madonna che lascia l'abito di tutti i giorni per indossare quello sontuoso della festa. La circonda un ricco diadema trapuntato con preziosi gioielli donati dalla popolazione. La processione (funziun) dopo la messa delle 17.30 è la più coreografica: i partecipanti muniti di fiaccola, i lumini alle finestre, centinaia di rose di carta, le candeline infilzate nella neve, la gente che la attende impaziente davanti al santuario e che si chiede continuamente: i è scià?, finché non si sentono i primi lontani suoni del Corpo Musicale. Questa processione ha anche una motivazione… tecnica: portare al santuario i paramenti sacri che il giorno dopo saranno utilizzati nella solenne processione che porterà il Simulacro in Parrocchiale e lo riporterà indietro. Ma torniamo alla fiaccolata. All'arrivo in santuario la Madonna appare in tutto il suo splendore di luci e di colori, tra uno scoppio di mortaretti (murtée) e il fiammeggiare di un enorme falò, acceso proprio sotto al cimitero e di buona visibilità dal santuario. Il materiale per il falò viene raccolto nelle precedenti settimane, un tempo dai ragazzi che giravano per il paese cantando la seguente filastrocca: Dem ques'cos de fa l'falò sa da no va rubarò va rubarò in sü la casina una bela culmiscina. La culmiscina era il fusto rinsecchito della pianta di granoturco (carlun). Per Veglia di Preghiera riportata nel programma si intende nà a truvà la Madóna dopo cena e accenderle una candela. Un tempo il santuario rimaneva aperto ben dopo le 22 e ognuno cercava di ritardare il più possibile questa visita considerandola di maggiore devozione. L'Ave Maria delle 5 di mattina della domenica con un festoso e insistente scampanio non ha mai infastidito alcun lanzese anzi, mi è capitato di sentire qualcuno che avrebbe voluto registrarlo per risentirselo a casa, non saprei se proprio … alle 5 di mattina. La solenne processione delle 14 è proprio … solenne, a partire dal numero di partecipanti che solitamente è dell'ordine di 7/800. Vari preti officianti, carabinieri in alta uniforme, sindaco con fascia tricolore, corpo musicale al completo, confratelli del SS. Sacramento in cotta bianca e mantellino rosso (ruchet), pesanti crocefissi e candelabri sorretti da cinturoni di cuoio, portati anche da donne, striscioni colorati detti sandalin e decine di angelin. Questi sono bambinetti di ambo i sessi, e anche di pochissimi anni, travestiti da santi riconoscibili, da fraticelli, da monachine. Alcuni muniti di un bastoncino con un piccolo campanello in cima. E anch'io som nai in angelin (così si dice) vestito da S.Pancrazio (con una bandiera in mano, simile a quella svizzera, ma non so più il perché) credo per due anni di seguito. Conservo gelosamente una foto di questo S.Pancrazio che mi fece l'indimenticabile (per i non più giovani) fotografo Masneri. E' curioso che il Sig. Brenta (quello della Vila del Duce

in Via Tiboni), devoto di S.Pancrazio, ne abbia acquistata una copia dal Masneri : non vorrei essere stato oggetto di … devozione da parte di questo signore. E ricordo nel '44 alcuni soldati tedeschi, alloggiati all'Albergo Annunciata, che osservano rispettosi e senza berretto la processione. Ho anche una foto e uno di loro è proprio quello che l'anno dopo ucciderà un mio cugino sedicenne (al fiöö del Cec Barbée). Dell' incanto dei canestri ricordo bene il banditore degli anni quaranta e cinquanta, che era al Pegurin (Ceresola) sull'angolo sopraelevato del giardino dell'Annunciata proprio davanti alla farmacia: torte, lüganig, bottiglie di vino, un barin, cioè un agnello vivo, e tanto altro ancora. La sera dopo cena spettacolo della Filodrammatica Lanzese, ora al Palalanzo ma un tempo allo scomparso Teatro Sociale (piccolo, ma con ben due gallerie) ubicato dove ora c'è il Bar Teatro. Una volta le rappresentazioni erano per lo più drammi, come Le due orfanelle, Dio non paga il sabato, Il padrone delle ferriere, La muta di Portici. Anche mio padre era un attore abbastanza quotato e specializzato in parti da cattivo, tanto che alla fine dello spettacolo veniva spesso insultato, anche per la strada, da indignati spettatori. Si racconta anche che alla battuta di un attore “la contessa è bigama” il pubblico rimase sbalordito a causa dell'incomprensibile vocabolo. In tono dimesso e un poco melanconico è il lunedì: un'altra processione ... tecnica per riportare i paramenti sacri alla parrocchiale e alle 13.30 i met via la Madóna, cioè si rimette il simulacro, con gli abiti feriali, nella sua nicchia. A lungo ho pensato che le processioni non fossero mai state sospese per il cattivo tempo, ma ho saputo che invece lo furono nel 1919 e nel 1930. Si dice che un anno, forse il 1915, c'era così tanta neve che la processione della domenica era preceduta da un tranò trainato da una coppia di buoi, anche loro con il ruchet. La festa della Madonna Nera di Lanzo non è certo per turisti, anche perché ha dei risvolti sentimentali e nostalgici che forse solo i lanzesi possono capire fino in fondo. Il piccolo amatissimo santuario è posto sulla via che nei secoli passati percorrevano i nostri migranti avviandosi in Valmara, per raggiungere la Svizzera e magari anche Praga, o Budapest: alla Madonna chiedevano mestamente protezione e la garanzia di un buon ritorno. E all'ultima di gennaio i soldati lanzesi di tutte le guerre erano presi da una profonda nostalgia. Al Negru mi ha raccontato che il giorno della Madonna del 1945 si trovava in un improvvisato rifugio a Berlino durante un furioso bombardamento e che proprio alle due del pomeriggio ha sentito come un forte impulso, che ha trasmesso anche ad alcuni compagni, ad abbandonare il rifugio che dopo pochi minuti è stato polverizzato da una bomba. Ricordo anche la Savina che per più di dieci anni è stata presa da un pianto convulso durante la processione della domenica, per un figlio disperso in Russia. E per tornare un poco indietro nel tempo, vorrei ricordare un episodio poco noto: nel luglio 1848 i sodati austriaci, venuti in Valle per sedare una rivolta, hanno cucinato allo spiedo un bue intero sequestrato con rilascio di regolare ricevuta a un certo Giacum de Camartazura, sul sagrato del santuario. Nessuno conosce il nome dell'artista, né la provenienza, del simulacro della Madonna di Lanzo. Si tratta probabilmente di un magistro di Lanzo che si è portato a casa da qualche parte dell'Europa Centrale le teste della Madonna e del Bambino che poi i lanzesi hanno montato su una grossolana struttura lignea rivestita con abiti preziosi. E' per questo che più che di statua è meglio parlare di simulacro, tanto che così si esprime sempre il Comitato, anche se nel 1953, per volere del Vescovo di Como Felice Bonomini, si è proceduto alla trasformazione in una vera statua (ma sempre vestita), con un vero corpo ligneo, la sostituzione dell'antico abito fatiscente e un trattamento chimico delle teste per difenderle dal tarlo. Piccoli frammenti dell'antico manto sono stati inclusi in un'immaginetta distribuita alla popolazione e anch'io ne posseggo una. L'11 e il 12 aprile del '53 cerimonie varie e solenne benedizione della … nuova Madonna,

accolta da una grande folla sul piazzale del monumento dei caduti, trasportata dal camion del Fiumberti riccamente addobbato. Purtroppo non ricordo di avere visto questa cerimonia: dovevo essere stato in collegio. Tutto bene dunque, anche se di dice che alcuni anziani lanzesi abbiano severamente sentenziato: l'è pü la nosa Madóna ! Ma perché una Madonna nera e per di più con in braccio un Bambino nero ? Si sentono talvolta ipotesi inverosimili e puerili, come “erano palestinesi” o “sono stati in Egitto”. Qualcuna più dotta, come il ricorso a un versetto del Cantico dei Cantici “Nigra sum sed formosa”. E nemmeno risulta che un famoso artista, che avrebbe suscitato imitazioni, abbia per primo impiegato un legno scuro, come l'ebano. L'ipotesi più accreditata è tutt'altra, anche se ancora si parla di Enigma delle Madonne Nere e se c'è persino un libro di un certo Ean Beg dedicato a questo tema. Dunque, l'ipotesi più accreditata è che si tratti della cristianizzazione di vergini pagane, nere perché simboleggiavano la fertilità della madre terra. Anche Iside con in braccio Horus sarebbe una vergine pagana nera. Sarà anche bene ricordare che le Madonne Nere in Europa sono 741 e che quella di Lanzo viene considerata tra le più antiche (e una datazione col C14? ): la ragione della grande diffusione di questo culto non è del tutto chiara. Forse nessun lanzese ha mai pensato a un'analogia con Iside e non lo penserà nemmeno ora, dopo aver letto questo scritto. Comunque non c'è nulla di dissacrante in questa ipotesi e nulla che possa turbare la grande devozione riservata alla Madonna Nera. Anch'io ritengo che “la nostra sia la Madonna più bella del mondo”. Anche se non sono credente. Confido che la festa della Madonna Nera di Lanzo diventi la festa del nuovo comune Alta Valle Intelvi. Desidero ringraziare Gabriele Lombardo (attuale direttore del Comitato) per le preziose informazioni che mi ha cortesemente fornito.

Adalberto Piazzoli Breve bibliografia - “L'oratorio della Beata Vergine di Loreto a Lanzo d'Intelvi” Arte Cristiana n° 635 - genn/febbr 1977. - “Il santuario della Beata Vergine di Loreto in Lanzo d'Intelvi” A.D. MMXV a cura di Gabriele Lombardo. - “Festeggiamenti in onore della Beata Vergine di Loreto. Ricognizione storica di don Remo Giorgetta”. Comunità di Lanzo, Scaria, Ramponio Verna. Quaderni di Cultura - n° 2. - “ La Madonna nera” pg. 9 di “Ombre di Memoria” di Adalberto Piazzoli - Edizioni Edlin

Il Santuario della Beata Vergine di Loreto di Lanzo d’Intelvi

Fede, storia, tradizione

A.D. MMXV

Cenni storici

Il santuario dedicato alla B.V. di Loreto fu

Con dedicazione alla Santa Casa di Loreto si

diffusero in Valle Intelvi molti edifici di piccole

dimensioni definibili come oratori.

A Lanzo l’oratorio è sorto in posizione isolata poco fuori dal paese, lungo l’antica strada che conduceva in Svizzera e da là verso le lontane terre del centro Europa, l’antica chiesetta spiccava isolata tra i prati verdeggianti. Un ultimo saluto alla Vergine Lauretana prima

di lasciare la propria terra di origine. Da quel luogo di devozione gli emigranti lanzesi cercavano un ultimo conforto al loro amaro viaggio. Eretto tra il 1673 ed il 1674 su disposizioni testamentarie di Pietro Spazzi, architetto nativo di Lanzo ed operante in terra slovacca il quale lasciò una lauta donazione per la costruzione del luogo sacro che doveva sorgere su terreno di sua proprietà. L’oratorio fu costruito su disegno dello stesso Spazzi. Il 3 luglio 1678, data di apertura al culto dell'oratorio, venne celebrata la prima S. Messa ad opera dell’arciprete e vicario foraneo Luraghi … con la presenza del clero di tutta la valle e del popolo di Lanzo. Nel corso dello stesso anno la piccola chiesetta venne fornita di “tutte le suppellettili necessarie” e ricevette molti legati perché vi venissero celebrate messe ogni mese. L’oratorio fu juspatronato della famiglia Spazzi che eleggeva il proprio cappellano per le funzioni religiose; poi passò alla famiglia Canevali e successivamente fu annesso alla parrocchia di S. Siro. L’importanza dell’oratorio, considerato già verso la fine del 1800 santuario, doveva essersi di molto accresciuta; i pellegrini che andavano alla piccola chiesa si erano fatti sempre più numerosi ed una vera folla di fedeli prendeva parte alla processione che ogni anno, nell’ultima domenica di gennaio, si svolgeva in onore della Beata Vergine di Loreto. Nel 1874 venne acquistato lo spazio per uso sagrato prospiciente la chiesa e gli abili artigiani lanzesi sistemarono elegantemente il sagrato così come appare oggi. Fu nel corso del 1925 che, per volere del parroco don Carlo Lasio e di una parte della popolazione, vennero iniziati significativi lavori di restauro.

Con decreto vescovile di Mons. Alessandro Macchi vescovo di Como, il 23 agosto 1942 l’Oratorio della Beata Vergine di Loreto fu innalzato alla dignità di Santuario.

Già prima della costruzione dell’oratorio a Lanzo era vivo il culto alla Madonna di Loreto. Infatti in via Volta n.7 troviamo, sulla facciata di casa Canevali, sopra un portico in pietra, un affresco del 1616 ove è rappresentata la Madonna di Loreto insieme a San Carlo, a S. Siro (patrono di Lanzo) e al committente proprietario della casa.

Architettura ed arte nel santuario

Il Santuario della B.V. di Loreto di Lanzo è in stile barocco di fine ‘700. Il disegno dell’edificio, così come risulta anche dalla rappresentazione grafica della sezione orizzontale, è semplice e rigoroso, quale si addice ad un’architettura paesana ove la riproduzione della Santa Casa costituisce il nucleo principale, circondato tutto intorno da un ambulacro. L’impianto architettonico è simile a quello dei numerosi oratori e santuari dedicati alla Beata Vergine di Loreto che vennero costruiti in Cecoslovacchia ed Ungheria nel corso del XVII e XVIII secolo così come in altri luoghi d’Italia. La cella interna riproduce le stesse dimensioni di lunghezza e larghezza della Santa Casa di Loreto (m. 9,50 x 4,50); si accede ad essa o da un’ampia porta frontale oppure attraverso le due porte laterali simmetriche.

La facciata del santuario risente l’influsso dei modelli boemi cui lo Spazzi ebbe modo di ispirarsi; è adornata con cornicioni e lesene ed ospita entro la nicchia ricurva una statua della Madonna di Loreto.

Di particolare pregio è l’esecuzione degli elementi stilistici quali i profili sagomati del basamento, le sagome dei capitelli, i cornicioni, il portale, le lesene e le cornici delle finestre tutti realizzati in grigio serizzo.

La facciata è la nota di maggior richiamo di questa semplice architettura paesana.

La chiesetta è impreziosita e valorizzata dal vasto sagrato di fine ‘800 con motivi dell’architettura seicentesca nelle linee dei bassi muretti che lo delimitano e nei vasi di pietra con fiori, simili per disegno a quelli posti sul frontone del sacro edificio.

L’entrata del santuario è costituita da un elegante portale in pietra, che rappresenta l’elemento fondamentale della facciata, sagomato e sormontato da un bel cartiglio con l’iscrizione “TU LETIZIA POPULI NOSTRI”.

Il visitatore è qui accolto da un atrio coperto da una cupola a sesto ribassato con affreschi di scuola Carlonesca. Due acquasantiere in marmo rosa sono presenti ai lati del portone principale d’ingresso alla cappella interna.

L’affresco raffigurante l’Assunzione della Vergine in mezzo ad angeli musicanti, presente sul soffitto a tazza del portico d’ingresso, è opera ascritta all’artista di Arogno Luca Antonio Colomba.

Si suppone che Carlo Innocenzo Carloni, lavorando con suo fratello a Scaria (XVIII sec.) affrescò parte del peribolo esterno dell’oratorio. Nulla delle decorazioni è rimasto in quanto l’edificio subì molti restauri nel tempo e forse anche trasformazioni di un certo rilievo.

Entrati nel santuario si passa nei corridoi laterali per accedere alla cappella interna dalle porticine di lato. La copertura dei vani laterali dell’ambulacro è in legno con travi e soprastante assito che conferiscono all’interno il severo e semplice aspetto dell’architettura montana. Oltre alle due porte laterali di ingresso alla Santa Casa sono presenti nei corridoi laterali due finestre simmetriche che, unitamente al portone centrale d’ingresso, danno luce alla cella interna. Le finestre hanno il contorno in serizzo non lavorato con colonna cilindrica al centro. Le grate in ferro sono state aggiunte durante i lavori eseguiti negli anni venti del novecento.

Dall’ambulacro si giunge al cuore del santuario, la cappella che conserva la statua della Madonna. La cella interna ha la copertura a botte e la parete di fondo è chiusa dal campanile quadrato e dal vano sagrestia. In passato la parete di fondo era in mattoni a vista. Il rivestimento in noce lucido, con l’intarsio dell’Ave Maria in latino, è stato realizzato durante i lavori di restauro del 1925 così come la preziosa cancellata in ferro battuto che divide l’aula in due parti. Le trasformazioni decorative realizzate tra il 1925 ed il 1931 hanno di fatto modificato l’aspetto originario della cella.

La teca dorata che conserva il simulacro della Madonna è stata più volte restaurata nel corso degli anni. La porticina della nicchia è stata posata nel corso dei lavori di restauro dell’antica cornice iniziati nel 1925.

Putti lignei apposti alla cornice della nicchia della Madonna nera

L’altare con il paliotto in scagliola policrona del XVIII secolo è ritenuto opera dei Solari di Verna: E’ tripartito, d’impaginazione intelvese e di grande effetto pittorico con lastre laterali che presentano il motivo a cuore ed uccellini realistici (fringuelli e cardellini). Al centro la Madonna Nera adagiata sopra una nuvola ed attorniata da due angeli che reggono dei candelabri. L’altare rappresenta l’elemento artistico principale presente all’interno della cella.

Il mosaico, realizzato nel 1930, presente al centro del pavimento della cella interna, rappresenta la S. Casa in volo sospesa tra le nuvole con decorazioni floreali.

La statua della Madonna di Loreto conservata nel Santuario di Lanzo è da ritenersi fra le più antiche esistenti. Precisamente la testa della Vergine ed il Bambino sono gli originali del XVII secolo con il caratteristico colore nero che richiama la primitiva figura della Vergine di Loreto (tale effetto è da ricondurre alla velatura di elettro - una vernice speciale composta da una lega naturale d’oro e d’argento - che il tempo appunto riduce in tinta nerastra). Fu nel corso dell’anno 1953 che, per espressa disposizione del vescovo di Como Mons. Felice Bonomini venuto in visita pastorale nell’ottobre del 1951, viene “completata” la statua della Madonna. Si passava da una statua vestita ad una statua di legno. Veniva superata così la spinosa questione del completamento della statua come prescritto da Mons. Bonomini di cui si fece carico, per disposizione del comitato, l’allora neo parroco di Lanzo don Cirillo Salici.

La statua lignea della Madonna con il manto che veste durante il corso dell’anno.

Fede e tradizione Secondo la leggenda la Sacra dimora di Nazareth, minacciata dai saraceni, fu portata dagli angeli sul colle di Loreto nella Marche, nella notte del 9-10 dicembre 1294. La narrazione di questo prodigioso evento accese la fede e portò speranza negli afflitti ed il culto per la Santa Casa di Loreto e della Beata Vergine si propagò in tutto il mondo cattolico.

Proprio dalla realizzazione dall’opera voluta dal valente “magistro intelvese” Pietro Spazzi nasce la tradizionale festa dedicata alla Madonna di Loreto che anima da secoli, ogni anno, l’ultimo fine settimana di gennaio.

I festeggiamenti si svolgono secondo un antico cerimoniale. Le celebrazioni iniziano il venerdì precedente la festa con una novena. Lo scampanio delle campane caratterizza l’intera settimana sino al termine delle celebrazioni. Il sabato alle ore 14 al canto ed al suono della “Ave Maris Stella”, unitamente allo sparo dei murtee (cilindri in ghisa con un foro al centro ove veniva caricata la polvere da sparo), oggi sostituiti con altri sistemi idonei, avviene l’esposizione del simulacro della Madonna sul trono. Successivamente si procede alla vestizione della Madonna con il prezioso manto ed adornandola dei preziosi gioielli e degli ex voto. Segue la suggestiva fiaccolata che, al termine della santa messa prefestiva, dalla Parrocchiale si sviluppa verso il santuario. All’arrivo della processione alla chiesetta sui prati soprastanti viene acceso un gran falò. Seguono le ore suggestive dell’adorazione personale durante l’intera notte ove ognuno “và giù” a trovare la sua Madonna. Alle ore 5 della domenica il suono dell’Ave Maria con concerto intervallato delle campane del santuario e della parrocchiale. Alle ore 10,30 la S. Messa nella piccola chiesetta ed alle due del pomeriggio inizia la solenne processione con il simulacro della Beata Vergine di Loreto che viene portato a spalla dai confratelli con abito bianco e rocchetto rosso e, per l’occasione, scortato dai Militari della Guardia di Finanza e dei Carabinieri in alta uniforme. Il Corpo musicale di Lanzo intona quindi l’antica marcia “Santa Tecla” che da tradizione accoglie la statua della Madonna all’inizio della processione. Per l’occasione le vie paese sono adornate dalle “sandaline” celesti con dipinte le Litanie Lauretane e da moltissime rose di carta confezionate manualmente dalle donne lanzesi. Giunti nella Parrocchiale la statua viene accolta con il canto “Alla Vergine Celeste”, vengono poi recitati i vespri, la predica dopo la quale viene intonato il canto del Magnificat ed infine la solenne Benedizione Eucaristica. Si riprende la processione tornando verso il santuario dove giunti sul sagrato, prima di rientrare all’interno della chiesetta, la statua della Madonna viene rivolta al popolo per la solenne benedizione: alla tripla invocazione del Sacerdote “Nos cum prole pia”, rispondono per altrettante volte i fedeli“Benedicat Virgo Maria”. Quindi, accompagnata dagli spari dei murtee, la Madonna ritorna alla sua casa, ove i fedeli l’accolgono intonando l’inno “Alla tua casa”. Al lunedì mattina, dopo la celebrazione della S. Messa in santuario, vi è la Processione alla parrocchiale; con la benedizione ed il bacio della reliquia, viene quindi intonato l’inno di ringraziamento del “Te Deum”. Alle ore 13,30 il simulacro della Beata Vergine è riposto nella nicchia al canto ed al suono della “Ave Maris Stella” e nuovamente si ha, per l’ultima volta, lo sparo dei murtee. Al termine della processione della domenica ed alla riposizione del lunedì si tiene l’incanto dei canestri che una volta venivano interamente offerti dalla popolazione.

La data della Festa risulta spostata rispetto alla ricorrenza ufficiale della Madonna di Loreto il 10 dicembre. E’ questa una tipica caratteristica di quasi tutti i paesi della Valle Intelvi al fine di rispettare le esigenze degli emigranti di un tempo che ritornavano a casa per le feste natalizie e rimanevano in paese per un paio di mesi potendo così onorare le celebrazioni alla Madonna del proprio paese.

La statua della Madonna con il prezioso manto in argento del 1840 ornata dei gioielli e degli ex voto in occasione della tradizionale festa di fine gennaio. Il trono sul quale viene posto il simulacro è l’originale del XVII secolo.

Una mistica e genuina festa vissuta con una intensa religiosa spiritualità che investe un popolo veramente devoto. In quelle fredde giornate di gennaio nessuno accusa freddo o stanchezza, ma si vive di fede e di gioia: è dalla fine del 1600 che la processione avviene ogni ultima di gennaio, senza eccezione alcuna: nessuna nevicata, guerra o calamità ha mai impedito la processione. (Adalberto Piazzoli)

Il comitato

Il Comitato è l’erede di più antichi ordinamenti creati nei secoli dai lanzesi. Diversi documenti testimoniano che la popolazione lanzese aveva stipulato con il Sindaco ed il Console di territorio delle “obbligatio” (contratti) per la manutenzione della chiesetta e dei paramenti; le stesse autorità nominavano, con pubblico giuramento, seguito da regolare atto notarile, l’Amministratore del Venerando Oratorio della B.V. di Loreto. Il primo atto notarile risale al 1753. Il Comitato è dunque da considerarsi “l’istituzione” più antica della nostra comunità, fortemente riconosciuto nel tessuto sociale lanzese. Principale scopo dell’attuale Comitato è l’effettuazione, nel rispetto delle tradizioni e delle normative dell’Autorità Religiosa, dei festeggiamenti in onore alla Madonna Nera da svolgersi annualmente per l’ultima domenica di gennaio. Svolge altresì in sintonia con il Consiglio degli Affari Economici Parrocchiale il compito della manutenzione del Santuario.

PREGHIERA ALLA MADONNA

Ricordati, o Vergine Maria, che non si è mai

udito che alcuno, ricorrendo al tuo patrocinio,

implorando il tuo aiuto e la tua protezione, sia

stato da te abbandonato.

Animato da tale confidenza, a te ricorro, o

vergine delle vergini e madre mia, a te io vengo

e davanti a te me ne sto, povero peccatore

gemente.

Non disprezzare le nostre suppliche, ma

ascoltaci, propizia, ed esaudiscici.

Amen

Cartolina dei primi anni del ‘900, testimonianza di come appariva la nicchia e la statua

della Madonna prima dei lavori di restauro del 1925. Si noti la parete in mattoni forse voluta dallo stesso Spazzi.

Anche se “artisticamente povero” il nostro Santuario è sin dall’origine il cardine della fede e della devozione della popolazione lanzese alla Beata Vergine Lauretana. Esso è richiamo di migliaia di fedeli sia durante la tradizionale “Festa della Madonna” sia durante il corso dell’anno. Esso rispecchia, con il suo aspetto severo e semplice, le caratteristiche della popolazione montana.

La devozione alla Madonna, la storia del piccolo Oratorio e la tradizione che da secoli lo circondano rappresentano ciò di più caro che ogni Lanzese si porta nel cuore. Chiunque del paese quotidianamente, praticante o no, passando davanti al santuario volge lo sguardo alla sua Madonna e traccia un segno della croce per un saluto devozionale.

Un grazie lo si deve ai sacerdoti ed al Comitato, a coloro che con umiltà lavorano quotidianamente, a coloro che si sono adoperati nel corso degli anni, per la conservazione del Nostro Santuario e delle Sue Tradizioni.

Maggio 2015 Il Direttore del Comitato Gabriele Lombardo

Note

Schede tecniche redatte recentemente dalla Regione Lombardia - Beni Culturali attestano

che: “il Santuario della Beata Vergine di Loreto di Lanzo d’Intelvi è in buono stato di

conservazione”.

In occasione del Giubileo Lauretano del 1995, con decreto di S. E. Mons. Pasquale

Macchi, il Santuario della B.V. di Loreto in Lanzo d’Intelvi, con il suo Comitato, sono stati

iscritti alla Congregazione Universale della Santa Casa di Loreto.

Nell’anno 2004 è stato donato al nostro santuario un frammento di mattone (esemplare

costituente “Il muro dei Recanatesi” che tra il XIV ed il XVI secolo cinse e protesse la

Santa Casa di Loreto.

Concessione rara che evidenzia i vincoli speciali che legano la S. Casa ad alcune chiese

dedicate alla B.V. di Loreto.

Il frammento è contenuto in una vetrinetta in vista all’interno del nostro santuario.

Nel corso del 2014 sono state donate al nostro Santuario le reliquie di due papi santi che

molto erano devoti alla Madonna: San Giovanni XXIII e San Giovanni Paolo II.

Foto e testi sono del Direttore del Comitato sviluppati con riferimenti a precedenti opere che hanno trattato del Santuario.

Un ringraziamento a don Remo Giorgetta per il particolare interessamento dimostrato nei confronti del santuario e della sua secolare Festa.

Lanzo vive e conserva una festa religiosa che è sua, perché suoi sono i legami con un

tempo ed una cultura che le appartengono. (Gabriele Pagani)

Madonna di Loreto in scagliola realizzata da Floriano Bodini (scultore di Papa Paolo VI)

donata al santuario dall’Ordine Costantiniano

in occasione delle giornate di preghiera per Sinodo della Famiglia nell’agosto del 2014

Il Mondo oggi (di Giuseppe Mantegazza)

Circa 7 miliardi e duecento milioni di persone vivono sul nostro Pianeta, a centinaia sono le etnie che lo popolano, vi si parlano quasi settemila lingue diverse; Cristianesimo, islam ed induismo le religioni con il più alto numero di fedeli (insieme contano più 5 miliardi di persone). Attualmente sono più di 400 le aree al Mondo in cui si registrano conflitti armati (più di un terzo di queste aree si trova in Africa).

Dialogo, incontro, giustizia, cultura, lotta alle sperequazioni economiche e sociali, non possono non far proprio un paradigma di complessità per affrontare le grandi questioni di pace e di sviluppo sul nostro pianeta.

Le ideologie sono uscite sconfitte proprio per l'intrinseca loro natura semplicistica, semplicizzante la realtà ed incapace a far proprio questo paradigma di complessità. Sono più di un miliardo e trecento milioni i cattolici nel Mondo ed i numeri continuano a crescere soprattutto in Africa ed Asia (l'Europa è invece l'unico continente in cui diminuiscono). la Chiesa Cattolica gestisce nel mondo 73.580 scuole materne,96.283 scuole primarie segue 2.477.636 alunni delle scuole superiori e 2.719.643 studenti universitari.5.158 ospedali con le presenze maggiori in America (1.501) ed Africa (1.221); 16.523 dispensari, per la maggior parte in Africa (5.230), America (4.667) e Asia (3.584); 612 lebbrosari distribuiti principalmente in Asia (313) ed Africa (174); 15.679 case per anziani, malati cronici ed handicappati, per la maggior parte in Europa (8.304) ed America (3.726); 9.492 orfanotrofi per la maggior parte in Asia (3.859); 12.637 giardini d’infanzia con il maggior numero in Asia (3.422) e America (3.477); 14.576 consultori matrimoniali, per gran parte in Europa (5.670) ed America (5.634); 3.782 centri di educazione o rieducazione sociale e 37.601 istituzioni di altro tipo (fonte agenzia Fides).

Giuseppe Mantegazza

Foto World Mission Day a Detroit su: http://appuntidimissione.blogspot.com/2016/10/paradigma-di-complessita-e-world.html

Sguardo sull’Ambiente Orso e lupo - Ci uccidete senza sporcarvi le mani. (di Anna Arneodo)

Ci uccidete senza sporcarvi le mani. J'accuse di una pastora Ci uccidete per imporre la vostra civiltà di plastica. Ci uccidete con ipocrisia, camuffando il genocidio con il pretesto di quella natura che state distruggendo e del lupo elevato a bandiera Sta nevicando: neve di febbraio, pesante, neve che già sente la fine dell’inverno. Pochi chilometri più a valle è già pioggia; qui è passato stanotte tardi lo spazzaneve, ma ora si sale solo con le catene. Le stalle sono piene di agnelli: belli, grassi, sono già agnelloni oltre i 30 kg, ma quest’anno nessuno riesce a vendere … la crisi, l’importazione …? Intanto nelle stalle pecore e agnelli mangiano… Fuori del giro dei pastori nessuno si accorge di niente. L’altro ieri ho parlato con un pastore: un gregge di una cinquantina di bestie adulte, la passione che lo teneva vivo per continuare: «Come vanno le bestie? » «Ne ho caricate 82, le ho tolte tutte, basta! Non vendi più un agnello, d’estate l’alpeggio, d’inverno il fieno, il lupo, la burocrazia che ti mangiano. Ho chiuso tutto! » Un’altra sconfitta! Pian piano questa società ci sconfiggerà tutti, chiuderà la montagna, ne farà un grande parco da sorvolare con gli elicotteri, per posarsi sulle punte -eliturismo!- e guardare dall’alto il presepio delle borgate abbandonate. Questo sarà fra poco la nostra montagna! E intanto: il lupo! Povero lupo, il simbolo ecologico, il simbolo della coscienza sporca di tanta gente, salviamo il lupo! “La Stampa” di mercoledì 1 febbraio ne ha una pagina piena: non una parola sui pastori, su chi vive e mantiene viva la montagna. Chi scrive, chi protesta, chi difende il lupo e le teorie ecologiste sta in città, ha lo stipendio assicurato, tanto tempo libero per farsi sentire, magari è anche vegano per sentirsi la coscienza pulita.

Noi pastori, allevatori, gente di montagna siamo quassù a presidiare il territorio, a mettere in pratica quotidianamente l’ecologia (ecologia- da “oikos”= casa), noi difendiamo ogni giorno la nostra casa, il nostro paese, il nostro ambiente.

Sopra: Anna fa il fieno con i figli per le sue pecore. Per solidarizzare con Anna scriverle [email protected] Ma di noi nessuno si ricorda, diamo perfino fastidio, siamo pietra di inciampo. Noi, gente della montagna, che da secoli su questa terre scomode abbiamo saputo creare una cultura, una sapienza di vita per sopravvivere in un ambiente ostile, noi con la nostra storia, la nostra lingua, noi non contiamo niente: l’economia e la politica hanno deciso così. Vivi ormai quassù ogni giorno con una malinconia, una inquietudine dentro che ti spegne ogni entusiasmo, ogni voglia di combattere. Ci state massacrando. È un nuovo genocidio della montagna, fatto senza sporcarsi le mani. Ultima bandiera il lupo.

Anna Arneodo

Le lettere-Recensioni Forum –Corrispondenza

Scavi romani in Val d'Intelvi

Buonasera, sono Laura Benatti e Vi sono estremamente grata perché sempre mi tenete informata

sulle Vostre splendide iniziative che io non indugio a divulgare nella scuola dove insegno.

In questa sede Vi chiedo purtroppo un ulteriore favore: i miei studenti sarebbero interessati

ad approfondire il sito archeologico romano di Laino in Val d'Intelvi: sareste così gentili da

darmi delle utili indicazioni in merito?

Scusate il disturbo, ma Vi ritengo le persone più qualificate e attendibili.

Distinti saluti, Laura Benatti

ll sito di Laino, ben noto agli studiosi per la famosa lapide di Marcelliano, che ne attesta la

fondazione nel VI secolo, sta probabilmente per avere un arretramento di uno o due

secoli…

Gli ultimi scavi hanno portato al ritrovamento di monete di una zecca danubiana che

risalgono all'epoca dell'abbandono del limes da parte delle legioni romane.

Potrebbe, quindi attestare la presenza di legionari da là provenienti in un castrum (Laino )

dell'epoca. Troppo lungo sarebbe dare ulteriori notizie. Ricordo solo che ritrovamenti di

manufatti dell'epoca romana in Valle Intelvi sono stati fatti anche a Ponna, Pellio

Superiore, San Fedele . Di epoca bizantina a Scaria.

La visita ai siti www.appacuvi.org e www.lavalleintelvi.it possono soddisfare molte delle

sue domande.

Cordiali saluti

Livio Trivella- Presidente APPACUVI

Associazione Amici del Museo d’Arte Sacra di Scaria Al Presidente di Appacuvi - Dr. Livio Trivella Caro Presidente, con grande piacere Ti invio la lettera “istituzionale” di presentazione della neonata Associazione Amici del Museo d’Arte Sacra di Scaria. Abbiamo grande bisogno del supporto di Appacuvi e Tuo personale che sono certo non ci farete mancare. Colgo l’occasione per informarTi che il Museo riaprirà il prossimo 1° Aprile e sarà aperto come da locandina allegata e su prenotazione come negli anni scorsi. Ti invio un cordialissimo saluto

Giovanni Peduzzi Al Presidente dell’Associazione Amici del Museo d’Arte Sacra di Scaria Che bella notizia! Il gioiello che conserva e mostra capolavori degli Artisti del territorio, così come tanti altri monumenti, ha bisogno di un continuo e sollecito sostegno da parte nostra. APPACUVI sarà senz’altro a disposizione sia con la promozione della sua conoscenza che, a fianco del Direttore Don Remo Giorgetta, per la guida alle visite.

Cordialmente Livio Trivella

PER CANCELLARSI basta inviare un messaggio vuoto a [email protected]


Recommended