+ All Categories
Home > Documents > Speciale Scuola

Speciale Scuola

Date post: 22-Mar-2016
Category:
Upload: mentecritica-mentecritica
View: 216 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
Description:
Speciale Scuola
28
Transcript

Cos'è Mente Critica

Un Web Log nasce per essere la condivisione sulla rete di un diario. Un diario è una cosa molto personale e condividerlo sulla rete planetaria è cosa rivoluzionaria.

Con queste pagine, i fondatori hanno voluto andare oltre la fase di condivisione di un diario in pubblico. Si è inteso creare un diario collettivo, dove le persone possano esprimere liberamente la loro opinione sulle questioni che, da cittadini, vivono continuamente.Rifuggendo l’idea che l’arena della politica sia quella sguaiata e spettacolare della televisione.

Questo è un foro pubblico dove l’unica regola è proporre le proprie opinioni con metodo civile e razionale. Non è importante trovarsi d’accordo, l’importante è ritrovare l’amore per la discussione garbata ed informata.

Qui non c’è spazio per urla, fondamentalismi e persone certe di quello che dicono.

Questo è il posto dove si incontrano persone che hanno dubbi, vogliono capire e trarre arricchimento dalle opinioni degli altri.

Se vi piace litigare andate altrove. Non mancano alternative.

E’ opinione dei fondatori che la più grande ricchezza di questo paese è sempre stata la cultura.

Lo scopo è evitare facili quanto inutili indottrinamenti favorendo la libertà di espressione di ognuno, garantendo sempre il rispetto per le opinioni altrui e cercando di dar vita al vero, costruttivo dialogo.

Solo in questo modo si può ritenere di possedere, sempre più, una mente critica, dove non esistono questioni di principio.

www.mentecritica.netTu sei libero: di riprodurre, distribuire, comunicare al pubblico, esporre in pubblico, rappresentare, eseguire e recitare quest'opera, di modificare quest'opera alle seguenti condizioni:

Attribuzione. Devi attribuire la paternità dell'opera nei modi indicati dall'autore o da chi ti ha dato l'opera in licenza.

Non commerciale. Non puoi usare quest'opera per fini commerciali.

Condividi allo stesso modo. Se alteri o trasformi quest'opera, o se la usi per crearne un'altra, puoi distribuire l'opera risultante solo con una licenza identica a questa.

Ogni volta che usi o distribuisci quest'opera, devi farlo secondo i termini di questa licenza, che va comunicata con chiarezza.

Cartelle e Zainettida redazione

13 Settembre, 2007

Il Futuro è nei Giovani

I bambini di oggi sono molto diversi.

Eppure ci piace pensare che, di fronte all’idea di iniziare la scuola, le emozioni che hanno provato i bambini nella foto siano state molto simili a quelle che provano i nostri ragazzi in questi giorni.

L’infanzia e l’adolescenza hanno una forza intrinseca che le pone al di sopra delle contingenze storiche.

La fantasia e l’entusiasmo di quelle età saranno sempre la motivazione più alta per chi cerca di fare quello che può per rendere questo paese migliore.

La prossima settimana di MC sarà dedicata alla scuola ed ai suoi problemi.

Oltre all’attualità di cronaca e di politica, vi proporremo disagi, proposte, lamentele.

Il quadro di un’opinione che, di fronte alle incertezze della scuola degli ultimi anni, non può che essere divisa.

Grazie per l’attenzione e buona lettura a partire da lunedì 17 alle 9.00 per l’intera settimana.

www.mentecritica.net 2

I Problemi della Scuola? E se Tornassimo a Cuore?da Fully

17 Settembre, 2007

E se tornassimo indietro? Indietro di cent’anni, ai tempi di De Amicis e del libro “Cuore”? Se non esistesse più l’obbligo scolastico ed a frequentare le scuole fossero ammessi solo quei ragazzi che sentono davvero il bisogno di educarsi, di istruirsi o che a questo bisogno sono già stati indotti dalle proprie famiglie?

Dico questo perché ormai un giorno sì e l’altro pure si legge di episodi di goliardia privi persino di un minimo gusto, quando non si arriva a vere e proprie bischerate da codice penale che vengono sbattute su YouTube. E poi se qualcuno prova a reagire, gli danno pure torto.

E’ di qualche tempo fa l’episodio di quella professoressa condannata ad una pena detentiva per aver imposto ad un bulletto recidivo di scrivere 100 volte “Io sono un deficiente” (e pare che il bel tomo l’abbia pure scritto senza la seconda “i”).

Poi leggo che anche le pubbliche scuse pretese da un professore su YouTube da due ragazzi per così dire “intemperanti” sono state stigmatizzate.

Ma insomma, la funzione educativa della scuola esiste ancora? E dove, e come?

No, l’idea di rendere la scuola un “premio” anziché un diritto non mi dispiacerebbe affatto. Non ti interessa la scuola? Non ti va di studiare? Oppure ti va, ma non accetti una convivenza civile con compagni di classe e professori (quella che una

volta si chiamava “disciplina”)?

Bene, quella è la porta, fuori!

Vogliamo scommettere che la nostra scuola si rivaluterebbe un po’ rispetto al livello infimo che ha raggiunto oggi?

Se non altro perché si modificherebbe il rapporto tra domanda e offerta: si sa, alle cose “dovute” si attribuisce meno valore che a quelle “sudate”.

www.mentecritica.net 3

Sfacelo Scolasticoda Laura Costantini

17 Settembre, 2007

Per un breve periodo della mia vita ho accarezzato l’idea di fare l’insegnante. Va detto che ero molto piccola e che il ruolo del maestro (sì, io avevo un maestro maschio, vera rarità all’epoca) mi appariva circonfuso di una magica aura di autorità, rispetto, competenza.

Poi sono cresciuta ed ho fatto altre scelte, tra le quali quella di non mettere al mondo figli. Lo dico subito per non sentirmelo rinfacciare in seguito, visto che vorrei parlare di scuola e vorrei farlo nell’imminenza dell’apertura di un nuovo anno scolastico.

Non ho figli e meno male, perché se li avessi avuti sarei probabilmente incorsa in tutta una serie di querele dopo gli imprescindibili (e direi per lo più inutili) colloqui con gli insegnanti. E non perché sarei stata uno di quei genitori che sostengono le malefatte dei propri pargoli sempre e comunque. No, io sarei stata un genitore vecchio stampo (”mamma, la maestra mi ha messa in punizione…” - “Ha fatto bene, evidentemente te lo sei meritato“), ma avrei preteso per i miei figli degli insegnanti altrettanto vecchio stampo. Dove per vecchio stampo intendo in grado di garantire ai bambini (che sono il nostro futuro, non dovremmo mai dimenticarlo) i mezzi giusti per farsi strada nel mondo. Ma questa garanzia, fatti alla mano, i figli della mia e delle prossime generazioni non l’avranno. Conosco le problematiche legate al lavoro degli insegnanti, al loro precariato, alle difficoltà legate ad un ruolo che non ispira più rispetto né autorità, al quotidiano confronto con bambini e ragazzi che sempre più spesso vedremmo bene come protagonisti de “Il Signore delle Mosche“.

La colpa probabilmente non è loro, ma io guardo all’anello più debole di una tragica catena di scaricabarili che finisce per scaricare, appunto, l’esito di una sequenza di inadempienze e incompetenze su chi della scuola dovrebbe essere il massimo, anzi, l’unico fruitore: L’ALLIEVO.

Non sono madre, ma sono zia. Di nipoti ne ho quattro, di età compresa tra i diciotto anni e i sedici mesi. Il maggiore l’ho seguito dalla materna, alle elementari, alle medie, al liceo linguistico che ha terminato quest’anno strappando il diploma di maturità con quella che lui stesso definisce “una rapina con tanto di passamontagna“. Poi c’è la tredicenne che si è fatta onore all’esame per la licenza media e si accinge ad affrontare il liceo scientifico. Quindi c’è la bimba di nove anni, che si appresta a frequentare la quarta elementare mentre la piccolina, per fortuna, potrà restare lontana dalle aule almeno fino ai quattro anni, visto che ha una mamma in grado di occuparsi di lei.

Cosa li accomuna? Le macroscopiche lacune che tutti e tre gli scolarizzati hanno acquisito durante i cinque anni di elementari e che porteranno con sé per tutta la durata della carriera scolastica, anzi, per tutta la vita. Una condanna pesante per degli innocenti.

Mi riconosco che sono troppo giovane per ritrovarmi a dire “ai miei tempi…“, eppure sono costretta a dirlo: ai miei tempi si iniziava la prima elementare ad ottobre (non a settembre come adesso) e prima di Natale ci si faceva un dovere di essere in grado di leggere non dico bene, ma dignitosamente. Oggi non succede e quando lo si fa presente al corpo docenti (una volta c’era una sola maestra, oggi i bambini ne hanno tre o quattro differenziati nei ruoli ma non nei risultati)

www.mentecritica.net 4

ti viene risposto che i bambini hanno i loro tempi. I loro tempi? Oggi un bambino di due anni capisce al volo come funziona un telecomando, è in grado di giocare con un computer, risponde al telefonino e, se gli va, cambia pure le suonerie.

Ma per leggere ha i suoi tempi?

La nipotina di nove anni, un giorno, mi mostra tutta orgogliosa il frutto delle sue fatiche, non solo mentali. Infatti trascina a fatica uno zaino abnorme (parlo della terza elementare, non della terza liceo) e ne estrae una messe di quadernoni (non quaderni piccoli, quadernoni formato A4, uno per ogni materia) più una serie di libri (noi avevamo il libro di lettura e il sussidiario, ricordate?). A voler sorvolare sul danno ambientale di tutta quella carta sprecata e sul danno fisico che subisce la schiena di mia nipote ogni santa mattina (perché li deve portare tutti, i quadernoni, anche quelli già finiti, per i confronti) per nove mesi l’anno, la sorpresa peggiore doveva ancora arrivare.

Mi mostra il quadernone di italiano, lo apre e io scorro le pagine, ognuna diligentemente vistata dalla penna rossa della maestrina che si sdilinquisce in Ottimo, Bravissima, Eccellente, complimenti e baci ai pupi. Poi, però, alzo gli occhi sui compiti, sulle parole sempre un po’ teneramente sbilenche tracciate con fatica da quelle manine ancora poco agili… e inorridisco. Verbi avere senza l’acca davanti, doppie dove non andrebbero, niente doppie dove invece vanno, apostrofi sbagliati, virgole e punti inesistenti. Mi trattengo davanti alla piccola, ma mi rivolgo alla mamma.

“Ma la maestra è non vedente o cosa?!”Mia sorella si stringe nelle spalle.“Io gliel’ho fatto presente…”“E lei?”“Lei ha detto che l’importante non è l’ortografia…”Una maestra di italiano che dice che l’ortografia non è importante è una contraddizione tale da lasciarmi senza parole. Un caso isolato? E’ mia nipote ad essere tarda? No, ho troppi esempi sotto gli occhi. Ragazzi al liceo che non riescono ad affrontare il latino perché non hanno la più pallida idea di cosa sia l’analisi logica, per non parlare di quella grammaticale. Bambini che non sanno distinguere il congiuntivo dal condizionale (quando non è il passato dal futuro). Allievi delle superiori che, chiamati a leggere ad alta voce, balbettano come bimbetti dell’asilo.

Un altro caso: il libro dei compiti delle vacanze, usanza barbara che ai miei tempi non usava. Mi ritrovo con la nipote di turno a dare una mano. Sfogliamo e arriviamo alla pagina delle equivalenze. Ve le ricordate le equivalenze? Una tortura che costringeva a correre su e giù dal metro al millimetro al chilometro al decilitro al quintale.

Mia nipote mi guarda, in attesa di un’imbeccata, come un passerotto nel nido.

“Zia, come si fanno?”“La maestra non te l’ha spiegato?”“Ci ha fatto ricopiare la scala (metrica decimale) alla lavagna…”“E poi?”“E poi basta.”Quella stessa maestra, credo quella di matematica, si era vantata di aver portato a termine il programma, ma la mia nipotina non riusciva neanche a capire perché in un metro ci fossero dieci decimetri. Ho dovuto spiegarglielo io.

Di fronte a questi esempi, che credo più diffusi di quanto ci piaccia pensare, tremo al pensiero di cosa aspetta la nipotina più piccola, quella di sedici mesi.

Non so di chi sono le colpe e non voglio puntare il dito. Ma so chi sono le vittime di una scuola ormai del tutto screditata e incapace di trasmettere alcunché: i bambini.

Mi sa che ho fatto bene a non fare figli.

www.mentecritica.net 5

La Scuola dell’Orridoda cruman

18 Settembre, 2007

Mio nipote è un disadattato sociale. Questo almeno risulta dall’attenta valutazione di insegnanti di scuola media inferiore che avrebbero inorgoglito la Montessori, estasiato Rousseau, ma che per motivi di prossimità si limitano a sfrangere gli ammennicoli di poveri genitori già ingolgotiti dal cercare di educare bambini in una società in cui il modello di riferimento è lara croft e già distratti dal tentativo di non farsi ammazzare a sprangate dal frutto del loro ventre per degli euri sonanti.

Certo, devo ammettere, che, avendo un residuo organico del mio dna, fornitogli di sponda da mia sorella, nessuno spera che mio nipote diventi PR della baia imperiale. Non ci sono dubbi. Però il ragazzo è capacino. La pagella sbrillucica di voti talmente alti che sembra di vedere i giudici di gara alla fine dell’esibizione della Comaneci. Però la scuola deve educare.

Questa frase che di per sé non ha alcun significato, si traduce nel mettere in fondo alle valutazioni di merito, una frasetta assemblata con poca fantasia e ancor meno voglia, che indichi quali carenze evolutive mostra il pargolo, senza ovviamente perdere tempo nell’indicare motivi e possibili soluzioni.

Mi immagino la professoressa sfortunata di turno che, vittima di un micidiale sorteggione in sala mensa, è costretta ad elaborare le frasette illuminanti.

All’inizio, l’esperta insegnante dall’aspetto gentile e dai modi no (ignara che le palline del sorteggione in sala mensa erano state preventivamente

scaldate), si pone di fronte ai registri col cipiglio giusto. Ad Anselmi ci pensa bene, valuta i risvolti psicologici, la situazione familiare e compone un elaborato pertinente, conciso, completo…manco fosse una professoressa! A Bruzzi già le fumano le palle. I suoi colleghi sono già a casa ed il suo parrucchiere non aspetta certo lei. Così comincia a vomitare frasi fatte come un distributore automatico. “si applica ma non ottiene risultati”.

Che è? Un cerotto per smettere di fumare? Oppure “il ragazzo è piuttosto vivace” o “studia, ma senza costrutto”. Che ne sai tu con chi studia mio figlio??

A Caputi, la solerte docente straparla. Nella sua testa si susseguono pensieri di vaga chiarezza…” nell’amatriciana i pinoli non ci vanno….quest’estate voglio una vacanza esotica, appena esco di qui prenoto due settimane a Vetralla, quanto costa costa”. Così, nelle righe destinate ai suggerimenti per la famiglia, si vedono cose che voi umani eccetera eccetera.

Nello specifico, la sentenza per mio nipote recita “il bambino, PERO’ (immaginate l’eco), non ha ancora maturato un comportamento consono alla

vita sociale”. Tiè beccati questo, la prossima volta prendi meno 8 e spacca qualche banco in testa al compagno.

Ora, dovete sapere (no, non dovete ma ve lo dico lo stesso) che questo benedetto figliuolo ha davvero capacità che, a 11 anni, gli permettono di superare ampiamente l’estensione

mentale di un Giurato o di una Marini a caso.

Il problema (almeno così pare essere) è che vive in un mondo tutto suo, secondo la professoressa. La depositaria dell’istruzione dei nostri cuccioli, però (eco), non si è spinta troppo in là e l’appuntamento col parrucchiere le ha impedito di valutare il fatto che il giovanotto non vive in un suo mondo, semplicemente non vive in quello dei suoi coetanei.

www.mentecritica.net 6

Questo spiacevolissimo inconveniente genetico, preclude al mio nipotino la possibilità di pestare ragazzini più piccoli, bestemmiare come un turcomanno, scimmiottare gli atteggiamenti più idioti degli adulti, dare fuoco a cavallette vive o branchizzarsi dietro qualche bullo figlio di bullone.

Alcuni di questi atteggiamenti, secondo noti criminologi, accomunano l’infanzia di serial killer di successo, ma alla veteromaestra questo è sfuggito. E’ sfuggito probabilmente perché traslando queste consuetudini sociali, specchio di una maturità adattativa, si ritrova esattamente la realtà sociale in cui lei e i suoi colleghi si accapigliano per un sabato libero, sfogano astinenze sessuali su chi è in condizioni di subordinazione e danno fuoco a cavallette vive (certe abitudini sono dure a morire).

Io ho conosciuto molte persone dotate. Persone che hanno qualcosa in più, un guizzo, una scheggia di genialità. Tutte queste persone hanno una sola cosa in comune: da bambini si sono sentiti isolati, emarginati e soli. Questi bambini non vivevano in un loro mondo, perché un loro mondo non lo trovavano intorno a loro. Erano solo spaesati e più li guardavano come alieni, più si sentivano spaesati. Sento sempre dire che le cose devono cambiare, che bisogna fondare una nuova cultura sociale, ma se poi qualcuno non è standard, viene bollato come disadattato e considerato peggio dei violenti.

Non voglio fare un’analisi delle funzioni educative delle strutture scolastiche e dei metodi utilizzati, ma dobbiamo tutti sperare che quel disadattato di mio nipote non trovi la strada della socialità prevista dalla sua insegnante. Perché se un giorno gli taglierete per sbaglio la strada in macchina, vi basterà fare un cenno di scuse.

Ma se alla guida di quell’auto ci troverete il suo compagno definito “simpaticamente vivace” dall’arguta professoressa in pensione, potete star certi di venire colpiti con vivaci criccate fino allo svenimento.

www.mentecritica.net 7

Magari lo Studente Fosse Davvero al Centroda Teknux

19 Settembre, 2007

In questi giorni inizia ufficialmente la scuola, ma questa volta non sarò presente a salutare i ragazzi promossi alla classe successiva, nè a prendere in giro le nuove vittime dei primi anni. Sono passati 6 mesi dal mio abbandono, anche se penso ai miei studenti praticamente tutti giorni.

Quando mi chiedono com’è fare l’insegnante per me che da studente ero un piccolo demonio rispondo sempre che è una delle attività più esaltanti e costruttive che mi sia capitato di fare. A questa risposta segue sempre la seconda domanda di rito: ma allora perché hai lasciato? Perché con un contratto a tempo indeterminato quasi full-time (ufficialmente 30 ore su 36) prendevo 980 euro (lo stipendio pieno di un insegnante è 1150).

Ero in un CFP (Centro Formazione Professionale N.d.R.) indipendente dalle logiche del Ministero dell’Istruzione (non male per creare un percorso formativo non imposto dall’alto), finanziato dalla Provincia e gestito dal Comune. Per circa 2 anni, ho lavorato contemporaneamente a scuola e come consulente per una nota azienda, Finmeccanica (un totale di 12-14 ore di lavoro quotidiane).

È nel secondo posto che ricevevo uno stipendio vero e proprio; la scuola l’ho presa come volontariato considerando la resa economica. Tuttavia, i soldi sono stati solo una questione per così dire marginale, il punto è che non bastavano per inghiottire tutta quella merda che vedevo quotidianamente.

Normalmente dico sempre che tra dentro e fuori l’aula c’è una differenza abissale, nella mia scuola (ma probabilmente anche in altre) addirittura paradossale: il rapporto con colleghi e Direttore è inversamente proporzionale a quello instaurato con gli studenti. E qui cominciano i dolori, perché se il motto era lo studente sempre al centro di tutto, in pratica diveniva pariamoci il sedere e sistemiamo gli amici che tanto per i ragazzi meglio di così si muore, siamo i migliori!

Se qualcuno si sta chiedendo dove sia finita l’umiltà, o volendo anche solo un pizzico di

autocritica, rispondo subito che si tratta di un ambiente controllato da chi lo finanzia, non si può sbagliare, altrimenti la responsabilità è del Sindaco.

Per fare un po’ di chiarezza, e dimostrare la fondatezza di certe affermazioni dovrei raccontare qualche aneddoto:

I monologhi del Collegio Docenti:

Cominciamo pure col dire che il 90% dei collegi affrontati, di norma almeno uno al mese, non erano poi così collegiali, una forma di comunicazione verticale che difficilmente ammetteva alternative alla risposta: “Ha perfettamente ragione Direttore”. Ad essere ancora più precisi, il Direttore ha sempre offerto la sua disponibilità a nuove idee, iniziative e critiche, a difendere lo status quo c’erano altri incaricati strategicamente posizionati all’interno della stanza per le riunioni. Qualsiasi argomenti al di fuori del loro binario prestabilito, veniva soffocato quasi sul nascere dal solito coretto di fedelissimi, in realtà 5-6 persone ben organizzate rispetto alle restanti 10-12.

Spesso massivizzavano i risultati con poco sforzo, nel mio caso essendo laureato in sociologia ma insegnante di informatica, se l’argomento trattava l’abbandono delle aule computer (che il sottoscritto assieme ad una collega si è offerto di rimettere a nuovo gratis et amore dei) non ero adatto a trattare simili argomenti (già, 2 anni di reti, sicurezza, programmazione e consulenze varie dentro Finmeccanica può farli anche un analfabeta…) perché sono un sociologo. Se invece l’argomento trattava i ragazzi (disagi, problemi adolescenziali, droga, etc) non ero adatto in quanto sono solo un informatico. Geniale, ma andiamo avanti.

www.mentecritica.net 8

Un’altra situazione divertente si verificava ogni qualvolta non c’erano ordini del giorno strettamente importanti, cosa fare? Si spolverano i soliti cavalli di battaglia. Se Vespa ha Cogne e Studio Aperto qualche zoccolina di turno, la mia scuola aveva la droga senza alcun tipo di distinzione tra pesante/leggera né qualche barlume di informazione riguardante l’uso che ne fanno i ragazzi. Tralasciando il fatto, già di per sé grave, che l’età media dei miei colleghi è sulla trentina (quindi miei coetanei…), il problema era racchiuso più o meno in questi termini:

1. La droga è un problema! 2. La droga fa male 3. Dobbiamo punire chi viene preso in

flagrante 4. Se si viene a sapere che figura ci

facciamo? 5. Avvisiamo la guardia cinofila 6. Eh si, la droga è un problema 7. Grazie a tutti per il contributo, ci vediamo

domani a scuola

A quel punto, con un minimo di ragionevolezza e background, ho/abbiamo proposto alcune iniziative, a cominciare dal fare informazione in aula partendo da basi attendibili come ad esempio la lettura di un qualsiasi rapporto OMS o trattato di tossicologia, evitando di invitare i soliti ex tossici dalla comunità o qualche medico del SERT, ormai è risaputo che non hanno alcuna autorevolezza agli occhi dei ragazzi. La risposta scusa è sempre stata: servono esperti, quali non è dato saperlo, nel frattempo limitiamoci a reprimere, così non si può dire che la scuola non fa niente.

Bullismo/Teppismo: proteggere i ragazzi (solo se strettamente necessario). Prima di andare avanti, è meglio premettere che, trattandosi di un CFP, non è raro imbattersi in ragazzi particolarmente vivaci, di quelli che non

trovano spazio nelle scuole ministeriali e che quindi vengono sistematicamente allontanati in un modo o l’altro. Qualcuno li definisce ragazzi difficili, ma la difficoltà di relazionarsi è quasi sempre dell’insegnante che non riesce a stabilire un contatto. Del resto molti insegnanti hanno la stessa pretesa che potrebbe avere qualcuno che desidera aprire tutte le porte con la stessa chiave: non è impossibile, ma occorre lavorarci sopra. Premesse a parte, il bullismo non è una novità, nè a scuola tantomeno altrove, anzi lo interpreto innanzitutto come un insieme di prepotenza e maleducazione, il che riporta un po’ più vicino i termini di questo concetto. Come per l’argomento droga, anche in questo contesto l’approccio non cambia di molto, aggiunge solo alcune sottigliezze dovute alla varietà delle casistiche per scegliere la soluzione più comoda alla scuola, poi se avanza anche allo studente vittima/carnefice:

1. il ragazzo dà fastidio alla lezione del Prof. X: se X è visto di buon occhio, il ragazzo diventa un problema a prescindere dalle responsabilità di X. Emblematico il caso di uno studente che ha picchiato un insegnante: allarme generale iniziale, poi si è scoperto (perchè il narratore si è dimenticato di dirlo) che l’insegnante aveva insultato/umiliato il ragazzo e lui ha pensato di rispondere con un calcio alla schiena. Il ragazzo è stato allontanato senza troppo rumore, visto che la famiglia non aveva tempo per venire a scuola. Quasi nessuno si è posto troppe domande in merito all’accaduto, chi lo ha fatto non ha ricevuto risposte.

2. il ragazzo dà pesantemente fastidio anche ai compagni Y, Z e K in particolare: se nessun genitore si è fatto vivo non vedo cosa possiamo fare noi;

3. i genitori di K sono venuti a lamentarsi: ok rassicuriamo i genitori, è sufficiente che vada a un giornale locale e ci ritroviamo nei guai. I ragazzi al centro di tutto!

4. allontanare il ragazzo?: Sì, ma prima controlliamo il numero legale per tenere insieme una classe, altrimenti tocca sopportarlo. Ricordate, avere meno classi vuol dire avere meno lavoro per voi, quindi meno stipendio. Qualcuno ha provato anche a rinunciare alla sua porzioncina di stipendio pur di

www.mentecritica.net 9

rimanere coerenti con una linea educativa degna di tale nome, ma è stato isolato.

5. quel ragazzo non ha un posto dove stare, ha gli assistenti sociali che lo seguono perché la famiglia è… assente, che fare: non ci si può mica prendere sempre carico di tutti, se dà fastidio al Prof. X e il genitore di K si è lamentato, dobbiamo finire sui giornali?

6. se non si può allontanare perché serve per il numero legale come si fa?: appena sgarra si prende dai 5 ai 15 giorni di sospensione senza obbligo di frequenza e poi vediamo. Se serve per il prossimo anno si deciderà agli scrutini di giugno, sempre che non abbia superato il limite di assenze.

7. quel ragazzo del corso camerieri ha lanciato polpette incendiate all’interno del ristorante dove faceva pratica (un fatto vero), oltre a picchiare i compagni, bestemmiare allegramente in aula, etc etc: è già stato segnalato, ma se mandiamo via lui, ci tocca mandare via anche gli altri due, come facciamo col numero legale?

8. il ragazzo di prima, assieme ad altri, molesta continuamente una ragazza (con alcuni problemi di comunicazione). Vada per quello che già fanno normalmente agli insegnanti, ma qui ci va di mezzo una studentessa, ed i genitori si stanno facendo sentire: spostiamo la ragazza in un altro corso (altro fatto vero).

Dovrebbe essere chiaro il tenore adottato in questa scuola, per brevità ho tralasciato altri aspetti che, magari, affronterò in un articolo successivo, per oggi c’è fin troppa carne sul fuoco.

Non è assolutamente corretto pensare di fare di tutta l’erba un fascio, nel mio caso sono intervenuti alcuni fattori che è difficile ritrovare nelle scuole ministeriali perché alcuni meccanismi sono differenti, a cominciare dalla gestione ministeriale paragonata a quella locale. Dovrebbe essere in vantaggio la seconda, ma paradossalmente ha solo contribuito a peggiorare la situazione, considerando che la politica locale influisce molto più intensamente.

Quello che invece posso affermare con ragionevole certezza, e che mi stupisce al tempo stesso, è il constatare la mancata evoluzione nei metodi di insegnamento nonostante il passaggio di generazione.

In bocca al lupo ragazzi, tenete duro!

www.mentecritica.net 10

Imparare l’Inglese alla Scuola Primariada bhuidhe

20 Settembre, 2007

Ormai non c’è niente da fare. Si può discutere sulle qualità di una lingua che la rendono più o meno idonea al ruolo di strumento globale. Si può discutere sulla validità “morale” o meno di come sono andate le cose. Si può (non è difficile) affermare la

correttezza morale di una lingua globale inventata ad hoc e quindi priva di sfumature storiche-culturali-politiche com’è l’Esperanto. Si può (e non è difficile) concordare con l’idea di una lingua logicamente semplice e senza irregolarità (anche se la comunicazione è piena di complicazioni logiche ed irregolarità).

Ma non si può più frenare la marcia della lingua inglese verso lo stato di Lingua Globale.

E quindi che fare? Tutti i genitori che ho conosciuto in 18 anni di insegnamento di questa lingua dicono: prima di tutto, piaccia o no, farla imparare meglio che si possa ai nostri giovani, per dar loro uno strumento utile, tra poco fondamentale, per affrontare la vita da grandi.

E tanti passi sono stati fatti nelle scuole. Da esaminatrice degli esami dell’Università di Cambridge ho constatato con immenso piacere un netto e notevole miglioramento nell’inglese scritto e soprattutto parlato dai ragazzi delle Scuole Medie italiane. Presentandosi per sostenere l’esame di inglese a livello elementare (il così detto KET; Key English Test) i ragazzi spesso si dimostrano preparati oltre il livello richiesto, in grado con ogni probabilità di affrontare l’esame a livello superiore (PET; Pre-Intermediate English Test), con una piacevole scioltezza, ampiezza di possibilità di comunicazione e un accento sempre più accurato, sempre meno pesantemente condizionato da quello della lingua madre.

Allora perché, se questi progressi dimostrabili sono in atto, dobbiamo prendere atto della proposta dell’attuale governo, profondamente

deludente, di togliere attenzione ed enfasi dall’insegnamento della lingua inglese? Semplice “marameo” politico, data l’enfasi (spesso soltanto a livello di parole purtroppo) dato alla lingua dal governo precedente?

Vediamo lo stato attuale dell’insegnamento della lingua inglese nella scuola primaria, che dovrebbe addirittura ridursi.

Le ore attuali sono un paio a settimana (le materie sono tante, sarebbe difficile pretendere di più) per tutti i cinque anni di studio. Un estratto dalle “Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati nella Scuola Primaria” che ho sottomano propone in cinque anni di coprire ciò che una qualunque scuoletta di lingua privata riesce a coprire in massimo due, studiando anche una sola ora a settimana. Dopo cinque anni di studio alla Scuola Primaria, il bambino sarà in grado di affrontare per esempio:

- chiedere e dire l’ora (What’s the time? It’s XXX)

- dire e chiedere ciò che piace e non piace (Do you like XXX? Yes, I like XXX / No I don’t like XXX)

- comprendere ed eseguire istruzioni e procedure (Stand up, sit down, write, listen…)

Cinque anni di studio…

Gli insegnanti spessissimo dimostrano un’immensa buona volontà, fantasia, voglia di scovare nuove idee e metodologie. Spesso mettono mano alla tasca e si autofinanziano corsi di lingua e corsi di metodologia. Ma è abbastanza? Quali qualifiche nella lingua è necessario conseguire in Italia oggi per poter essere considerati “maestra/o di lingua inglese nella scuola primaria”?

Risposta: nessuna. O almeno, diverse Regioni recentemente hanno deciso autonomamente che è idoneo chi ha conseguito il PET. Il test di inglese a livello pre-intermedio menzionato sopra, che una buona percentuale di ragazzi in terza media potrebbe affrontare e superare.

Facciamo un passo indietro. Ma è veramente necessario insegnare inglese nella scuola primaria? Insieme ai miei compagni di scuola ho cominciato ad imparare una lingua straniera a 12 anni, e a 17 ero di un accettabile livello post-intermedio. Non sono un genio, non sarebbe possibile fare la stessa cosa con i ragazzi, aspettando le Medie?

Come risposta, facciamo un breve giretto nei paesi

www.mentecritica.net 11

scandinavi e limitrofi. La loro padronanza della lingua inglese è leggendaria, ed è una leggenda basata sull’obbiettiva verità. Una volta, non trovando un termine (wingspan: l’apertura alare), sono stata prontamente soccorsa da un olandese (un veterinario, neanche un linguista…). Come mai? Non ho abbastanza conoscenza del sistema scolastico nei paesi nordici per poter attribuire tutto il merito del successo ai prof (ma schifo certamente non farà), ma i giovani scandinavi hanno un vantaggio netto in rispetto a quelli italiani - sono letteralmente circondati, bombardati, dalla lingua inglese ogni giorno e in ogni ambiente. Da un po’ di anni le cose stanno migliorando qui, ma soltanto per chi ama ascoltare la musica pop, ha accesso ad Internet o un abbonamento Sky. Per il resto, il cinema è ancora doppiato (egregiamente, spesso meglio dell’originale se è per quello) e soltanto chi ha la TV via satellite a pagamento può vedere programmi in lingua originale sottotitolati e non a casa. Libri, riviste e pubblicazioni in lingua inglese idonei alla loro età non sono facilmente reperibili per i bambini. Bisogna avere dei genitori abbastanza pazienti per affrontare la visione di un DVD adatto in noleggio.

Facile però notare le lacune e poi tacere compiaciuti. Meno facile offrire suggerimenti. Quindi cercherò di fare uno sforzo:

Cerchiamo in qualche maniera di riempire questi vuoti, cerchiamo, almeno in tutte le scuole pubbliche, di fare un piccolo “bombardamento” - un paio d’ore d’inglese di qualità garantita. Non tutti i nostri bambini possono guardare i cartoni in inglese su Sky, fare i giochi in inglese su Internet, non tutte le biblioteche dispongono di libri idonei in lingua. Se non c’è il passivo bombardamento di lingua, usiamo strumenti motivazionali come gli esami di Cambridge, Trinity e altri enti, disponibili anche in forma semplicissima e colorata, che premiano anche la comprensione passiva da parte del ragazzo e non puniscono mai. Cerchiamo fondi per permettere l’iscrizione gratuita ai bambini in difficoltà, facciamo che siano parte integrante del percorso didattico e non un extra facoltativo per chi ha voglia e fondi privati.

Continuiamo a “prenderli giovani”, anche alla

Scuola Materna, anche con le ninne nanne, all’Asilo Nido: non perché così vengono fuori dei madrelingua a 10 anni, ma perché così si forma un atteggiamento, un’apertura mentale che permette un’apertura alare (che ora mi ricordo anche in inglese grazie al mio amico olandese) nell’apprendimento. Permette al giovane di dribblare quelle finte e costruite barriere architettoniche tipiche di chi si avvicina più tardivoi avrete preferito apprendere alla lingua straniera.

Se la Scuola si permette degli insegnanti specializzati scelti insieme al Vaticano per la loro idoneità all’insegnamento della Religione, facciamo la stessa cosa per la lingua: affianchiamo alle maestre delle persone di madrelingua diplomate e specializzate - ce ne sono tante già

residenti in Italia.

Non sostituiamo le maestre italiane: spesso la persona di madrelingua è più preparata a capire e divulgare le differenze logiche della lingua straniera, ma non c’è dubbio che la fluidità, la naturalezza e quindi correttezza di espressione e pronuncia possono essere meglio garantite da un insegnante di madrelingua (voi avreste preferito apprendere l’italiano da Dante o da Shakespeare?).

Nel frattempo investiamo negli insegnanti italiani: aiutiamoli. Dimentichiamoci della vecchia

idiozia “chi sa fare fa, chi non sa fare insegna”. La logica migliore sarebbe: chi sa fare insegna. Troppi insegnanti stanno annaspando nella mancanza di fondi per la formazione che ben volentieri intraprenderebbero.

Sono stati tanti e validi i progressi nell’insegnamento della lingua inglese nelle scuole italiane: raramente in passato ho sentito tanto entusiasmo dagli insegnanti e di conseguenza dagli alunni se non in rari casi di pionieri all’avanguardia e i risultati stanno migliorando di anno in anno. Please don’t stop now!

Per una migliore comprensione del testo si ritiene opportuno precisare che l’autrice è una donna di madre lingua inglese che vive da diversi anni in Italia. (N.d.R.)

www.mentecritica.net 12

Testi Scolastici: Spreco Inutileda Assunta Altieri

20 Settembre, 2007

Ogni anno si spendono dai quattrocento agli ottocento euro in testi scolastici per ogni singolo allievo. Le opere e le poesie di Leopardi, D’Annunzio, Manzoni, Dante…sono sempre le stesse, non mutano. Ma le loro vesti si rinnovano ogni anno.

Sono andata su tutte le furie quando mia figlia si è vista rifiutare i miei testi de “I Promessi Sposi” e “La Divina Commedia” perché “non regolamentari”. Cosa significa “non regolamentari”? Che non sono editi da quella particolare casa editrice che regala agli insegnanti buoni acquisto, libri e altri cadeaux.

Non lo dico per dire: ho insegnato e ho beneficiato personalmente di questi privilegi.

Un tale che conosco bene, che insegna, non sborsa una lira per i testi dei suoi due figli che frequentano il liceo classico. E in taluni casi si adopera anche per i figli di amici cari.

La tecnica è semplice: i rappresentanti contattano gli insegnanti che hanno una quotazione in base al numero delle classi (e relativo numero di allievi).

Se l’insegnante ha una qualche carica autorevole, che gli consente di estendere le proprie scelte anche alle altre classi, il punteggio è più elevato e conseguentemente i benefit.

La maggior parte dei testi potrebbero tranquillamente essere sostituiti da Internet e dalla benedetta abitudine che gli insegnanti dovrebbero riprendere A F A R E L E Z I O N E, con notevole beneficio per la natura (la carta impatta sull’ambiente sia nella fase costruttiva sia nella fase di smaltimento) e per le tasche. Questo lo sappiamo tutti, però ogni anno ci rechiamo per tempo presso la libreria di fiducia per prenotare la pila di testi.

E se cominciassimo realmente a parlare di “diritto allo studio”?

Se cominciassimo a guardare all’essenza piuttosto che all’apparenza?

Ma…ma i nostri figli non devono stare un passo indietro a nessuno. A scuola ci devono andare con tutto il corredo occorrente. Poco importa se non studiano!

www.mentecritica.net 13

Se Ricominciassimoa Prenderli a Ceffoni?da Lameduck

21 Settembre, 2007

Lo so, è brutto rievocare i tempi in cui i maestri menavano con il righello o ti facevano inginocchiare sui ceci o, alla meno peggio, ti mandavano dietro la lavagna (io ci sono stata qualche volta). Gli psicologi di solito in questi casi gridano che i

bambini e i ragazzini non si toccano nemmeno con un fiore. Con un fiore no, ma penso che qualche bello schiaffone a tarantella ogni tanto possa fare solo bene.

Altrimenti a menarti saranno sempre di più loro. Noi adulti dovremo imparare a difenderci e non so se il Jeet Kune Do di Bruce Lee sarà sufficiente.

Lo so, ci sono tanti bravi ragazzini che sono adorabili e che crescono normali, se riescono a sopravvivere ai loro compagni.

Ci credo, come posso credere all’esistenza della vita su altri pianeti, ma quando i ragazzini sono stronzi, cattivi, violenti e senza pietà, cosa dovremmo fare? Scusarli o non saper che cazzo dire, come quella psicologa della scuola di [1] Matteo, il sedicenne che si è ucciso esasperato dalla cattiveria dei compagni, che ci ha spiegato che “le dinamiche interpersonali, l’interazione sociale, il disagio esistenziale” e l’anima de li mortacci?

Matteo si è ucciso, l’hai visto il funerale, e tu invece di ammettere che la tua utilità nella scuola è pari allo zero assoluto, perché i libri sui quali hai studiato erano impregnati dei sensi di colpa per il passato nero della pedagogia, le cinghiate e le fruste e per reazione si è passati alla tolleranza assoluta, che fai? La poveretta non può fare nulla, perché ha armi spuntate e perché quelli sono figli dei loro genitori.

Provate a dire ad un genitore che suo figlio non riesce a scuola perché è sostanzialmente un idiota, perché è un lavativo e uno stronzo che picchia gli altri, magari anche voi. Perché i ragazzini adesso menano pure gli insegnanti. Il signor Stronzo e la signora Stronza, genitori dello Stronzetto, come

minimo si rivolgono al TAR, all’ONU e al Tribunale dell’Aja e voi rischiate il posto.

I loro figli sono tutti degli Einstein e delle Montalcini, solo un po’ vivaci. Si sa come sono i bambini/ragazzini/adolescenti. A volte, manco il Ritlain riesce a calmarli.

Siete voi che non siete in grado di capirli. E soprattutto non siete capaci di riparare ai danni che loro, i genitori, hanno combinato, prima con il non aver usato il guanto e l’averli messi al mondo e secondo con l’essersene fregati della loro educazione. Educazione? Ma che vuol dire? Cos’è, una parola a bassa frequenza? Ci deve pensare la scuola e poi loro che educati non sono cosa potrebbero insegnare, anche sforzandosi, ai loro figli?

Li sbattono davanti alla televisione che frigge lentamente i loro cervellini, li riempiono di cibo e cose per non doversi spremere con le cazzate tipo affettività e amore e ne fanno delle gioiose macchine da soldi, delle slot machines nelle quali devi sempre inserire un gettone: per il giornaletto, per le merendine, per la ricarica del telefonino, per i vestiti, i manga, i cd, l’I-pod. Loro non chiedono, pretendono. Se rivolgi loro la parola non ti rispondono, prendono su e se ne vanno. Game over, insert coin. Rispondono solo al tintinnìo del gettone che cade nelle loro tasche senza fondo.A volte i genitori li pagano solo perché si levino dai coglioni e la finiscano di ciondolargli davanti con l’espressione da encefalogramma piatto. Oppure perchè almeno gli rivolgano un “mmghhgnhhh” senza senso come parvenza di dialogo.

I baby pornostar fanno le maialate a scuola e si riprendono con il telefonino, come ci raccontano quotidianamente i media che amano grufolare in questo tipo di notizie. Perché meravigliarsi? La televisione ha insegnato alle ragazzine che bisogna essere troie e mettersi in mostra, possibilmente

www.mentecritica.net 14

davanti ad un obiettivo, e loro si adeguano. I maschi conoscono solo il tipo di sessualità da richiamo della foresta, il fotti e scappa.

Senza conoscere i valori dell’affettività e dell’amore che rendono il sesso sublime sono tutti condannati a ingrassare la categoria dei sessuologi, che tra qualche anno avranno le file fuori dagli studi di clienti impotenti e frigide. Rimarremo noi vecchi a trombare allegramente come ricci.

Credere solo nel potere d’acquisto del denaro, nello sfrenato individualismo e nel poter fare tutto ciò che si vuole non ti insegna il rispetto per gli altri. Le slot-machines non hanno un cuore, così si credono in diritto di offendere gli altri, soprattutto i deboli e i diversi, che ormai comprendono il resto del mondo meno loro.

Sentono l’omino bianco con la tiara dire che gli omosessuali sono merda, anche se lo dice in maniera così intellettuale e con la voce suadente da cammellini di peluche e quindi l’insulto preferito diventa “sei un frocio”.

I piccoli aguzzini possono infierire indisturbati sui deboli perché gli insegnanti non hanno regole d’ingaggio efficaci e per i genitori sono degli adorabili geni del crimine. Siamo fortunati che i Maso (che uccise i genitori a padellate per i soldi che i vecchi non volevano sganciare) e gli Erika e Omar siano casi così rari.

Sono troppo severa, non sono tutti così, quelli sono casi limite, i giornali esagerano, si vede che non hai figli, sei vecchia?

Sarà, ma quando leggi certe cose e vedi con i tuoi occhi certi esempi vicini a te viene una rabbia blu e ti ricordi di come invece i tuoi genitori si sono fatti il mazzo tanto per educarti e tu sei venuta su con dei valori.

Ne citiamo qualcuno a caso? L’umiltà, la fatica a guadagnare denaro onestamente con il lavoro, il rispetto per gli anziani, i deboli, gli ammalati, i poveri, i lavoratori. Il rispetto e l’amore per gli animali e la natura. Il senso della collettività. L’amore per la cultura, l’arte, la musica, le cose belle della vita, la semplicità del panino con il salame, il divertimento con niente. Il no che tante volte ti sei sentita dire ma che ti ha insegnato che non si può avere tutto nella vita. Il piacere della generosità e della solidarietà, del privarsi di qualcosa per condividerlo con gli altri. La capacità di ascoltare, consolare e piangere assieme agli altri. Qualche volta se non capivi il messaggio ti arrivava uno scapaccione. Ma soccia, se poi lo capivi!

Questi ragazzini, venuti su senza controllo e senza regole come l’erbaccia, fanno rabbia e anche paura.

Note:

[1] Matteo: Articolo Corriere della sera online

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/04_Aprile/06/inchiesta_morte_matteo.shtml

www.mentecritica.net 15

Il Bullismo e i Disagi Adolescenziali: il Pensiero di Pier Paolo Pasolinida Cristina

22 Settembre, 2007

“Caro Gennariello, i tuoi coetanei, in questo momento della tua vita (quindici anni) sono i tuoi più importanti educatori. Essi esautorano ai tuoi occhi sia la famiglia che la scuola. Riducono a ombre boccheggianti padri e maestri.

E non hanno affatto bisogno di un grande sforzo per ottenere questo risultato. Anzi, non ne sono nemmeno coscienti.

E’ sufficiente per loro - per distruggere il valore di ogni altra fonte educativa - semplicemente esserci: esserci così come sono.

Essi hanno in mano un’arma potentissima: l’intimidazione e il ricatto. Cosa, questa, antica come il mondo. Il conformismo degli adulti è tra i ragazzi già maturo, feroce, completo. Essi sanno

raffinatamente come far soffrire i loro coetanei: e lo fanno molto meglio degli adulti perché la loro volontà di far soffrire è gratuita: è una violenza allo stato puro. Scoprono tale volontà come un diritto. Vi investono tutta la loro vitalità intatta, e anche, naturalmente, la loro innocenza.

La loro pressione pedagogica su te non conosce né persuasione, né comprensione, né alcuna forma di pietà, o di umanità.

Solo nel momento in cui i tuoi compagni divengono amici scoprono forse persuasione, comprensione, pietà, umanità: ma gli amici sono quattro o cinque, al massimo.

Gli altri sono lupi: e adoperano te come cavia su cui sperimentare la loro violenza e nei cui confronti verificare la bontà del loro conformismo.”

Da: Pier Paolo Pasolini, ” I ragazzi sono conformisti due volte”, Il mondo, 15 maggio 1975

www.mentecritica.net 16

Un’Avventura Didatticada Daniela Tuscano

23 Settembre, 2007

In Il Futuro è nei Giovani, Il Lavoro degli Italiani

Nel corso del precedente anno scolastico ho somministrato ai miei studenti di seconda superiore un percorso di Educazione alla diversità. Si è trattato di un’iniziativa volutamente “artigianale”: non intendevo avvalermi di “esperti” che tenessero asettiche e cattedratiche lezioni.

Scopo di questa iniziativa era valorizzare la diversità in ognuno di noi, per imparare a riconoscerla e ad amarla, coi suoi pregi e i suoi limiti. In una società da un lato violentemente omologatrice e dall’altra frastornata da svariati stili di vita, sensibilità, credi e ideologie è facile, per i giovani, cedere allo smarrimento o, per reazione, alla chiusura. Occorre invece uno sguardo ampio ed evoluto, scevro da preconcetti ma non impreparato, per affrontare le sfide e gli stimoli di ogni giorno. I livelli sono stati essenzialmente quattro.

Primo livello

Mi sono avvalsa degli strumenti didattici tradizionali: antologie, letture di libri, riassunto degli stessi e loro commento in classe, cercando di trovare

sempre i legami con l’attualità. E’ indispensabile che i ragazzi si convincano dell’”utilità” della letteratura. Soprattutto chi frequenta, come nel caso dei miei alunni, un Istituto tecnico, è intimamente convinto che le materie umanistiche siano una perdita di tempo; e non solo per una generale, scarsa volontà di applicarsi. E’ proprio che, in questo mondo iper-tecnologico e velocizzato, tutto quanto non fornisca un risultato immediato e “tangibile” è scartato a priori. La mia materia è “lenta” per antonomasia, per certi versi si può assimilare al sonno, o meglio all’otium dei latini, al “riposo” dei Greci. Affinché non restino solo parole, però, bisogna dimostrare che le cose stanno proprio così. Ho quindi affiancato agli strumenti “canonici” l’interdisciplinarità (in particolare

con l’insegnante di religione) e, a un certo punto dell’anno, le “[1] esperienze guidate“. Si tratta di letture da ascoltare a occhi chiusi, nel silenzio o con un rilassante sottofondo musicale, durante le quali il fruitore si immedesima nella situazione descritta. Se non riesce, non importa, ciò che conta è l’assoluto abbandono. Alla fine seguiva un breve dibattito su quello che si era provato.

Molti si sorprendevano delle difficoltà incontrate a immaginarsi in situazioni anche molto tranquille, e si rendevano conto di conoscersi pochissimo e di non essersi mai davvero soffermati su di sé.

Secondo livello

Una seconda tappa sono stati giochi interattivi, scambio di ruoli, elenco alfabetico delle cose che mi piacciono/non mi piacciono e perché, le mie virtù e i miei difetti

ecc. Il tutto da presentare in classe, ad alta voce, di fronte agli altri.Poi tornavamo su una lettura idonea, per esempio Calvino o (nel secondo quadrimestre) le poesie di Saba, Penna e Vivian Lamarque (in particolare La signora dei baci), dove si mettevano a nudo i propri pregiudizi e le proprie resistenze.

Nel frattempo era però indispensabile che l’insegnante stessa si mettesse in gioco. Ritengo che i ruoli debbano rimanere ben distinti. E tuttavia gli studenti devono percepire di avere davanti a sé, una persona “adulta” (sono io, per loro, la prima “diversa”) ma nello stesso tempo uguale in umanità. Percepire l’umanità dell’altro/a, e non semplicemente il suo ruolo e altre sovrastrutture, è essenziale per il successo di simili (e non solo) iniziative.

Terzo livello

Verso la fine del primo quadrimestre e l’inizio del secondo ho sottoposto ai ragazzi un questionario sulla diversità, rigorosamente anonimo, dove, però, bisognava specificare il sesso di appartenenza. La scelta del singolare è stata ponderata: è vero che le diversità sono molteplici, ma è altrettanto vero che i ragazzi, e le persone in generale, temono un’idea, “la” diversità appunto, quasi fosse un mostro da esorcizzare. Mentre rendersi conto che si ha paura di qualcosa di astratto è il primo passo per rapportarsi in modo

www.mentecritica.net 17

corretto con la realtà. In linea di massima è emerso quanto segue:

Il 95% degli allievi della ritiene che la diversità sia qualcosa presente in ognuno di noi, a seconda della propria natura. Del restante 5%, la maggioranza (solo maschile) pensa sia qualcosa che esce dalla norma. Circa la metà degli alunni considera “diversi”

tutti, o nessuno (con una netta prevalenza della prima opzione). Seguono, rispettivamente, “chi devia dalla norma” (solo risposte maschili), chi non si adegua ai canoni imposti dalla società e quelli/e che la società considera tali. Alla domanda “E a me, càpita di sentirmi diverso/a?” il 90% ha risposto affermativamente (con una netta preponderanza di “qualche volta”), il 9% ha risposto “Diverso da chi?”, l’1% considera diverso “sé stesso/a”. Le motivazioni addotte sono le seguenti: circa la metà si sente diverso/a quando sostiene idee contrarie a ciò che pensa la massa; il resto, nell’ordine, per svariati motivi (opzione: altro), perché è felice della propria unicità, perché si sente incompreso/a da genitori, amici e insegnanti. Riguardo allo stato d’animo provato in quel momento, la maggioranza ha risposto che la cosa l* lascia indifferente, il resto si sente, rispettivamente, “felice” e “incompreso/a”. Per una buona maggioranza di alunni, la diversità è qualcosa di potenzialmente positivo; seguono, nell’ordine, qualcosa di “neutro” e “positivo”. Sempre la maggioranza è convinta che, per la società, la diversità sia invece “un problema, anche se si sta adeguando per accettarla”. Una significativa minoranza ritiene, al contrario, che sia una ricchezza almeno potenziale, benché permangano ingiustizie da risolvere. Chi ha scelto, a vari gradi, l’opzione “un problema”, individua i nodi irrisolti dalla società rispettivamente negli extracomunitari, nelle povertà del Terzo Mondo e nel razzismo; alcuni segnalano poi la mancanza di alcuni diritti civili per le persone omosessuali, l’emarginazione di chi non si adegua ai canoni imposti dalla moda, dai grandi media o dell’estetica, la mancata attenzione per disabili e tossicodipendenti. Chi ha parlato di “ricchezza” si

è rifatt* alle proprie esperienze personali o ha esaltato i pregi del multiculturalismo. Una significativa minoranza non ha invece saputo o voluto rispondere. La quasi totalità della classe è convinta che gli extracomunitari e gli omosessuali siano considerati “diversi” dalla nostra società; seguono, nell’ordine, i disabili e i tossicodipendenti, gli ebrei, i disoccupati o sotto-occupati. Tra i “diversi” simpatici si annoverano i bambini, seguiti dai disabili e dagli anziani, dagli omosessuali (risposte maschili e femminili) e dalle donne. Si aggiungono poi quelli che credono nell’amicizia e altre categorie. 1/6 della classe non ha risposto. Tra i “diversi” antipatici spiccano gli extracomunitari e nessuno. Si nota, solo da qualche risposta maschile, diffidenza verso gli omosessuali. Alcuni non hanno fornito risposte.

I risultati sono molto interessanti e per alcuni versi incoraggianti, mentre in altri permangono alcune chiusure; prevedibilmente, le ragazze si sono dimostrate più aperte e malleabili dei loro compagni maschi, ma anche in alcuni di questi ultimi sembra emergere una mentalità più aperta, meno rigida, dove i valori di comprensione e tenerezza - “femminili” per eccellenza - non sono del tutto rifiutati.

Certi ragazzi hanno anzi approfittato del questionario per confidare le loro incertezze, ansie, dubbi e per manifestare, al riparo da emarginazioni, la loro intimità.

Quarto livello

Per l’ultima tappa mi sono avvalsa della collaborazione del mio amico Cristiano, attore e animatore, molto vicino ai temi della gioventù e dell’emarginazione, col quale avevo seguito un incontro sui volti dell’amore tenuto a Padova. Niente è più “diverso”, poliedrico, sfaccettato ma - al giorno d’oggi - banalizzato dell’amore. E poi cosa s’intende per amore? Questo scambio “triangolare” fra me, loro e Cristiano - che rispondeva tramite computer - è stato molto appassionante e arricchente, in qualche modo ha aperto anche loro gli spiragli sull’”indecifrabile” mondo adulto e li ha messi in relazione con un uomo dalla grande umanità - e “diversa” per la sua vicenda personale - . Sono partita da alcuni pensieri del mio amico e li ho sottoposti alla classe, facendoli loro analizzare (anche dal punto di vista grammaticale: tutto serve!).

www.mentecritica.net 18

Qui di seguito il testo:

“Il sentimento non può annullare il valore insito in ognuno di noi. L’amore mi cambia ma non mi snatura, semmai dovrebbe potenziarmi, facendomi crescere con qualcuno: confrontarsi, fronteggiarsi, integrarsi nelle proprie diversità è il simbolo di un rapporto d’amore serio e maturo! L’albero ha bisogno della collina per il sostentamento, il nutrimento e ci si aggrappa con forza; la collina ha bisogno dell’albero per consolidarsi, per non rovinare a valle sotto le piogge scroscianti, per ripararsi dal sole cocente dell’estate infuocata; ma uno è sempre albero, l’altra è ancora collina: nella forza del legame reciproco c’è qualcosa di nuovo”.

(Cristiano C.)

E qui sotto le analisi dei ragazzi (i nomi sono di fantasia) e le risposte del mio amico:

ANTONELLA: Sono d’accordo con l’autore perché l’amore è una cosa unica e rara che ci fa crescere ogni giorno di più anche se ci fa soffrire.

[Cristiano] Cara Antonella, dici una cosa vera: l’amore ci fa crescere. Non sono le cose che possediamo, o le cose che facciamo che ci danno il nostro valore. E’ l’amore che ci restituisce la dignità di uomo e di donna, in quanto persone in grado di donarsi agli altri. Focalizzandoti su un’esperienza di amore, cosa ti ha fatto soffrire ed in cosa ti ha fatto crescere? FRANCESCO: Tanti sono i tipi d’amore che una persona può provare: l’amore tra i genitori e i figli, quello tra gli amici e quello con il proprio ragazzo. Mi è piaciuto molto il paragone tra l’albero e la collina perchè

la persona ha bisogno d’affetto sincero di un’altra persona, come l’albero ha bisogno della collina. GIACOMO: Sono d’accordo con l’autore perchè l’amore ci fa crescere l’uno con l’altro. Bella la similitudine usata per l’albero con la collina.

[Cristiano] Sono contento che la similitudine ti/vi sia piaciuta. Nell’immagine dell’albero e della collina ho visto una simbiosi fatta di radicamento nell’altro. Non quindi un semplice esserci, ma un essere compenetrati, essere saldati l’uno all’altro in maniera forte, tenace, importante e costruttiva. Nella tua vita Giacomo, con chi ti senti fortemente radicato? da chi ti senti compenetrato?SUSANNA: Sono d’accordo con Cristiano, perché penso che l’amore sia un sentimento bellissimo condiviso tra persone che veramente si vogliono bene e farebbero qualunque cosa per il compagno. E’ una cosa bellissima anche se a volte l’amore non permette di ragionare lucidamente, quando è troppo forte e intenso. Bisogna saper accorgersi di stare sbagliando anche per salvare il rapporto.

[Cristiano] Cara Susanna, l’aspetto della non lucidità dell’amore è sicuramente quello più misterioso. Per amore riesci a fare cose impensabili, che la tua ragione , se avesse voce in capitolo, ti urlerebbe . “Ma cosa stai facendo?” Eppure, come tu sottolinei, talvolta questo fiume in piena ha bisogno di lucidità, di razionalità. Anzi aggiungo: l’amore vero è solo quello in cui anche la testa entra e fa la sua parte. Nell’amore vero (cioè maturo) infatti io leggo anche la VOLONTA’ di capire,costruire. Per l’albero mettere le radici nella collina non è una cosa né semplice né scontata, e tanto meno per la collina lasciarsi penetrare, aprirsi. Ci vuole forza e costanza di andare dritti verso l’obiettivo, in una parola volontà. Una domanda: come fai ad accorgerti che stai sbagliando? chi te lo dice?PIERA: Credo che l’amore sia il sentimento più grande che un uomo possa provare. le leggi dettate dall’amore sono le più sincere e le più pure. Ogni persona può trarre delle lezioni di vita da questo sentimento e un giorno potrà anche raccoglierne i frutti per una crescita personale che va oltre le cose materiali che la nostra società ci impone. A partire dalla nascita fino alla morte, ogni persona viene amata e a sua volta ama,

www.mentecritica.net 19

basti pensare all’amore della mamma nei confronti del suo bambino.

[Cristiano] Che bello l’amore della mamma verso il bambino. E pensa anche alle svariate forme in cui l’amore si manifesta , e quanto queste siano importanti per prendere consapevolezza di sé e poter rispondere alle domande che alla fine ogni uomo si pone: chi sono? cosa sono venuto a fare sulla terra?quali migliori frutti di questi, eh, Piera? Qual è la forma di amore che senti a te più congeniale adesso?PAOLO: Penso sia una poesia affettuosa nella quale per chiarire il concetto di amore pone come protagonisti luna collina e un albero che vivono in simbiosi come due fidanzati che si aiutano vicendevolmente. Considera anche la possibilità che l’uno o l’altro non possano vivere senza mettendo come esempio la rovinosa caduta della collina senza l’albero durante le piogge.

[Cristiano] Ciao Paolo, mi soffermo sulla parola fidanzati, che hai usato non a caso. Nel senso che, comunemente, quando vogliamo dare l’immagine di una tenerezza/disponibilità e dedizione al massimo grado si parla in genere di quel momento particolare che è il pre- (matrimonio, convivenza o comunque impegno più solido). Ti sei mai chiesto il perché succeda che le persone siano più disponibili in questa “fase”?LILIANA: Sono d’accordo con l’autore di questa poesia… Oltre all’amore tra un uomo e una donna, esistono tanti modi di amare. c’è l’amore per i genitori e i figli e c’è l’amicizia. E’ incredibile il legame d’amicizia che possono avere due persone… Accadde così anche a me, come a chiunque altro, quando ero una ragazzina…Trovai una persona speciale, una bambina che come me amava il calcio. Era destino che prima o poi ci saremmo incontrate. Da piccole eravamo due “snobbine”, sempre pronte a confrontarci, fronteggiarci, misurarci per capire chi fosse la migliore…Era più grande di me solo di un mese…Giocavamo insieme a calcio…per quel poco tempo che stavamo insieme, avevamo un legame fortissimo l’una con l’altra. Un legame simile ad una lunga catena… Le altre persone che prima o poi avrei conosciuto, non avrebbero mai avuto con me il legame che io avevo con lei…

Crescendo, ci telefonavamo, e quando tutte e due avevamo il cellulare ci mandavamo i messaggi. Pian piano ci conoscevamo, eravamo e siamo completamente diverse, ma ci integravamo nelle nostre diversità… E poi, quella voce, quella gioia quando mi chiamava o mi cercava… un litigio non durava mai molto…Con il passare del tempo, ci sentivamo sempre, sempre. Era diventata la mia migliore amica. L’amicizia è una cosa favolosa!

[Cristiano] Cara Liliana, mentre leggevo queste tue righe mi si dipingeva un sorriso sul viso: come ti ho sentita vicina, come anch’io ho conosciuto questo legame che cresce nel tempo e diventa tutt’uno con noi e la ns vita! Sai, non credo sia soltanto questione di fortuna: credo che sia questione di disposizione verso gli altri… una lunga catena: bella quest’immagine! Perché l’amicizia è salda come una catena (c’è, la si sente, è forte) ma è anche lunga: cioè ti lascia tanta libertà, quasi come se il vincolo non ci fosse (ma c’è..) Domanda per te: quanto ti senti libera e quanto costretta nel rapporto di amicizia od in generale in un qualsiasi rapporto di amore?GIUSEPPE: Secondo me Cristiano ha ragione. Perché l’amore non è un sentimento che fa cambiare il carattere e la personalità ma lo rende solo più dolce. Con l’amore vero un’altra persona impara a conoscere i pregi e i difetti dell’altro, a discutere su quando non si è d’accordo crescendo insieme, provando delle emozioni. Inoltre quando le cose non vanno bene e sembra che tutto il mondo ti crolli addosso avere una persona vicino che prova un sentimento d’amore è molto utile. Io personalmente penso che l’amore sia un sentimento dolce e tenero che fa apprezzare quello che abbiamo, e cioè la vita e la possibilità di amare. Io l’ho provato quando mesi fa è nata la mia nipotina.

[Cristiano] Caro Giuseppe, se questi sono i presupposti sarai un buono zio per la tua nipotina! Apprezzo molto le tue parole e mi permetto di andare oltre quello che tu dici. Amore è anche prendersi cura dell’altro, nel modo opportuno per l’altro: un bambino piccolo lo imbocchi e lo prendi in braccio; uno un po’ più grande lo guidi nei suoi passi; un coetaneo amico lo ascolti,lo consigli,ne condividi gioie e

www.mentecritica.net 20

sofferenze etc. In alcuni casi il rapporto è univoco (tua nipote non ti imbocca né ti prende in braccio) in altri è biunivoco (reciproco). Ma è proprio vero quello che ho appena detto, oppure anche tua nipote ti ha “dato” qualcosa?in amore si dà e si riceve sempre?SEBASTIANO: Io sono d’accordo con l’autore anche se non ho mai avuto un vero amore. Secondo me l’amore non snatura le persone ma le aiuta a condividere il prossimo con serenità con altre. L’amore aiuta in qualsiasi cosa, aumenta la voglia di vivere, di scoprire e di andare avanti nella vita, è un sentimento reciprovìco tra persone ma non solo; può accadere anche quando una persona svolge un lavoro o qualsiasi altra cosa con questo sentimento. E’ una delle poche cose che ogni singolo individuo proverà almeno una volta nella vita.

[Cristiano] Sebastiano, mi ha fatto immensamente simpatia quel RECIPROVICO che hai scritto: sì perché l’amore è più bello se reciproco ma ha dentro di sé tutta la tensione e tutta l’incertezza di una PROVA. Che bel termine ti è uscito dalla penna! E senti, quando l’amore non è un sentimento “reciprovico” (come portavi tu ad esempio nel tuo commento) da che cosa nasce? da dove viene?MARCO: Io sono d’accordo con l’autore riguardo a quello che ha detto. Gli interessi tra due persone si intensificano e sboccia una relazione sempre più stretta. Mi è piaciuta la similitudine dell’albero con la collina. due esseri diversi ma che hanno bisogno l’uno dell’altro.

[Cristiano] Caro Marco, visto che sei stato molto stringato a te faccio subito la domanda: il bisogno di cui parli è una forma di dipendenza? crea dipendenza? e se l’amore crea dipendenza come fa a liberarti?LUIGI: Sono d’accordo con l’autore, l’amore tra due persone serve a far crescere, a rafforzarle, anche interiormente, ma non per questo cambia il nostro modo di fare, di comportarci, siamo sempre noi stessi. Come dimostra il paragone con l’albero e la collina.

[Cristiano] Sono felice che il paragone ti sia piaciuto. E tu, se dovessi descrivere con una tua immagine l’amore, a che cosa lo assimileresti?FILOMENA: Sono d’accordo con l’autore di questa poesia perché credo che l’amore sia la cosa più bella che la vita ci possa offrire anche se nel frattempo è capace di farti soffrire molto.

[Cristiano] Cara Filomena, mi fa piacere che tu sia d’accordo con me e voglio domandarti: in che cosa ti fa soffrire l’amore? quali sono le cause possibili? è proprio necessaria un po’ di sofferenza nell’amore?ALBERTO: Io sono d’accordo con Cristiano perché il sentimento che lui descrive è vero.

[Cristiano] Alberto, tu devi essere un tipo che bada poco alle parole e molto ai fatti: ed in questo mi trovo molto simile a te! In cosa trovi che il sentimento che descrivo è vero? quali sono le parole/definizioni/pennellate che ti fanno sentire ciò che ho scritto molto vicino alla tua esperienza?GIANNI: L’autore di questa lettera a parer mio scrive cose giuste. Anche per me l’amore ti rafforza e ti fa diventare diverso. Diventi una persona allegra, serena e secondo me ti impegni anche a scuola. Ci sono diversi tipi di amore: amore per i genitori, per lo sport e per gli amici. Secondo me l’amicizia è molto importante a tutte le età. Io senza amici non riuscirei a vivere perchè ti fanno sentire importante. Io credo di avere molti amici e con loro mi sento anche al di fuori della scuola. Quando arrivo a casa alcune volte mi dispiace perché a me piace andare a scuola soprattutto per stare con i miei amici. Mi è piaciuto il paragone di Cristiano e credo che si addica molto al contesto e

www.mentecritica.net 21

soprattutto alla parola amore!

[Cristiano] Caro Gianni, sono contento che tu viva l’amicizia con questo entusiasmo e con questo desiderio. Hai proprio ragione: gli amici ci fanno sentire importanti perché ci apprezzano per quello che siamo. Questa è la base, questo è il punto di partenza per ogni rapporto: conoscere ed apprezzare il valore dell’altro. Ma allora perché in amicizia o amore (con tutte le accezioni che anche tu hai citato) talvolta si litiga? è amore se ci si scontra? è normale litigare o discutere anche animatamente? perché, a quale fine? VINCENZO: Sono d’accordo con questa riflessione perché è vero che l’amore e l’amicizia rafforzano una persona e le permettono di confrontarsi con altri individui. Però è anche vero che il vero amore è difficile trovarlo e i veri amici si contano sulle dita di una mano. Comunque quando un amore o un’amicizia si consolidano è difficile separarli perché non possono fare a meno l’uno dell’altro. E’ anche vero che nella forza del loro legame può nascere qualcosa di nuovo, ad esempio un figlio.

[Cristiano] Caro Vincenzo, vera amicizia e vero amore sono difficili da trovare. Il bello è che non si trovano una volta per tutte, nel senso che non sono “cose” statiche ma hanno bisogno del ns contributo nel tempo. Sono legami che si costruiscono, insieme. E’ vero che tra un uomo ed una donna la forza del legame può essere feconda e generare un’altra vita. Ma si misura solo nel far figli la fecondità? Ogni legame vero è fecondo, cioè produce qualcosa ? e che cosa secondo te?LUCA: Questa è una metafora dell’amore che in alcuni casi secondo me è esatto paragonando l’amore in una simbiosi tra collina e albero, ma a volte non è così, magari stanno insieme perchè una delle due sfrutta l’altra e praticamente usa l’amore per guadagno come quando a volte succede che una persona sta insieme ad un’altra per i soldi che ha.

[Cristiano] Giusto Luca, la metafora si adatta solo al caso di un amore sincero, vero e maturo. L’opportunismo non è certo amore, quindi non produce una simbiosi ma fa avvicinare due persone soltanto a livello superficiale, per scopi egoistici. Se una persona sta insieme ad un’altra per i soldi, che cosa ci “guadagna” l’altro da questa persona? Secondo te perché una persona

può accettare un tale (od un altro simile) compromesso? A te è mai successo ? è giusto chiamare anche questi rapporti amicizia, amore etc o si rischia di fare confusione? KATIA: In questi versi c’è una metafora che tenta di spiegarci che cos’è l’amore attraverso due figure: un albero e una collina. Infatti l’albero e la collina formano due simbiosi proprio come due persone che si amano perché l’uno ha bisogno dell’altro. All’inizio di questo pensiero c’è una riflessione che ci fa capire che per amore non bisogna cambiare le proprie abitudini, perchè come noi accettiamo le diversità del compagno, questi deve accettare le nostre. L’amore tra due persone può essere anche un motivo di confronto per provare a scoprire nuovi orizzonti in ambiti precedentemente sconosciuti. Due persone si confrontano in vari modi, per esempio parlandosi o con esperienze personali, come io ho scoperto un nuovo campo, quello dell’aeronautica, dato che il mio ragazzo mi parla spesso di questo argomento. Credo che il confronto e l’accettare le abitudini del partner siano i due punti fondamentali da cui partono le basi per un solido rapporto di coppia e il confronto può essere utile per potenziare anche le proprie conoscenze.

[Cristiano] Cara Katia, dalle tue parole sento che sei una ragazza con la testa sulle spalle. Interpreto (e vado anche un po’ oltre!) quello che tu dici: io parto da quello che sono , questa è la mia verità. Conoscendo l’altro posso anche scoprire altre cose di me, mettermi in discussione, magari anche un po’ cambiare: nel senso di andare in una direzione un po’ diversa da quella che avrei seguito da sola, però una direzione nostra. Al di là di quelle che tu chiami conoscenze, che cosa ha potenziato o fatto maturare in te il rapporto con questo “pilota aeronautico”? in cosa ti senti diversa come persona rispetto a prima di conoscerlo?DEMETRIO: Questa storia è molto simpatica e parla dell’amore che in questo caso sembra corrisposto e spiega che nessuno dei due può fare a meno dell’altro. Ciò significa che loro due hanno trovato la rispettiva metà. Chissà se la troverò anch’io?

[Cristiano] caro Demetrio, sono contento che la

www.mentecritica.net 22

“storia” ti sia piaciuta. Il modo di dire “trovare la dolce metà” è un argomento interessante di approfondimento: cosa ne pensi? perché ci si esprime in questi termini secondo te? ma io nel rapporto sono metà o sono uno? che idea hai della metà che cerchi?CARLO: L’amore è quando due persone hanno bisogno l’una dell’altra, quando si sentono complete confrontandosi con il partner. Secondo me il racconto ha ragione. Almeno penso sia così, visto che non ho mai sperimentato sulla mia pelle l’argomento in questione.

[Cristiano] Caro Carlo, spero che tu sperimenti presto “sulla tua pelle l’argomento in questione”.. Comunque esistono altri tipi di amore che puoi aver già sperimentato e che hanno un po’ le stesse caratteristiche di quello da me descritto. L’amicizia vera non è in fondo un po’ così? quali sono le caratteristiche dell’amicizia che la fanno simile all’amore? ed in che cosa si differenzia da esso?FILIPPO: Secondo me questa riflessione è sbagliata perché molte persone sono in grado di restare da sole anzi è proprio nel momento della difficoltà che si vede se una persona è uomo oppure no. A volte fa comodo appoggiarsi a una persona o a un amico ma di veri amici ce ne sono pochi e anche la tua ragazza ti può mollare da un momento all’altro. Finiscono i matrimoni per delle stupidate, figuriamoci se non finiscono le storielle dell’asilo.

[Cristiano] Caro Filippo, ma sei veramente il ragazzo tutto d’un pezzo che trapela dal tuo commento? È vero, come tu dici, che molte persone sono capaci di restare/vivere da sole. Ma lo sono veramente sempre? o c’è anche in queste un bisogno di stare con gli altri, che magari viene fuori in certe occasioni? Allora ti faccio una domanda. Cercare l’amicizia o l’amore degli altri è sintomo di fortezza o debolezza? Cosa vuol dire per te essere forti?STEFANO: Secondo me questa “favola” vuole significare che due persone (uomo, donna = albero, collina) hanno bisogno comunque l’una dell’altra e non possono vivere sole, o comunque se lo fanno non vivono felici.

[Cristiano] Ciao Stefano, non è polemico quello che sto per scrivere ma è mosso dal mio desiderio sincero di comprenderti : non capisco se sei d’accordo oppure no con quello che dico. Il termine “favola” è una parola per te che indica la metafora oppure c’è dentro il senso di qualcosa di irrealizzabile? Sai è molto importante essere chiari nei termini, proprio perché si possono creare degli involontari fraintendimenti. Secondo te se le persone vivono da sole sono infelici? oppure ci può essere un’infelicità anche a due?e il “bisogno” che hanno due persone l’una dell’altra, è un bisogno nato prima che si conoscessero oppure dal momento che si sono conosciute?KATIA B.: L’amore o semplicemente un rapporto d’amicizia tra due persone viene paragonato a un albero e a una collina. Entrambi hanno bisogno l’uno dell’altra per crescere. Se questo loro legame, questo loro essere una cosa sola venisse a meno, tutti e due si sentirebbero persi, soli, privi di quella metà che li costituiva fino a quel momento. Il bisogno di avere qualcuno al tuo fianco che ti capisca, ti aiuta, che ti ami, e che condivida le tue idee; ma anche una persona con la quale potersi sfogare e confidare i propri pensieri. L’amico vero è colui che non ti abbandona, soprattutto nei momenti di difficoltà. Come scrisse Battaglia: “Non devi essere triste, non permettere che le incertezze e le paure ti travolgano. Cammina lungo la pianura e nelle valli incantate, e quando la tempesta si abbatterà sui campi di grano, cerca riparo sotto un grande albero”. Il temporale che si abbatterà non deve scoraggiarci, cerchiamo quindi riparo sotto un grande albero, di aggrapparci ad un appoggio sicuro e… amico. Affrontare le proprie incertezze in due rende possibile quello che prima avremmo considerato

www.mentecritica.net 23

impossibile poiché uno è di sostegno all’altro rendendo sicuri i propri passi.

[Cristiano] Cara Katia, da quello che scrivi sento che sei già una ragazza molto matura. E che vivi con profondità il valore dell’amicizia. Credo che i tuoi amici questo lo provino giorno dopo giorno. Ti è mai successo di essere tradita da un amico/a? che cosa hai provato? che cosa hai fatto? sei riuscita a recuperare il rapporto?SERAFINA: Sono d’accordo con chi ha scritto questo brano perché è vero che c’è sempre un legame in tutto quello che facciamo o comunque tutto quello che esiste come la natura. Infatti, stando con qualcuno si possono capire gli sbagli che facciamo e migliorare e ci si può aiutare a vicenda se c’è qualche difficoltà.

[Cristiano] Vedo Serafina che sei d’accordo con me sul tema della reciprocità di scambio nel legame di amicizia/amore. Prova a fare un elenco dettagliato delle cose che tu dai ai tuoi amici/al tuo ragazzo (se ce l’hai) e di quello che ricevi. Sono le stesse cose? c’è un equilibrio o c’è sproporzione?JOELLE: Io credo che in un rapporto molto stretto come fra un ragazzo e una ragazza o fra due amici ci sia una certa complicità e ognuno ha bisogno dell’altro sia come sostegno morale che d’affetto. Però questo forte sentimento non deve diventare morboso perché è giusto che ognuno abbia comunque la sua libertà.

[Cristiano] Brava Joelle, il sentimento che genera il legame non deve essere morboso. Un legame crea comunque delle limitazioni alle tue libertà (anche se non le avverti come costrizioni). Qual è il confine tra legame “sano” e legame morboso? quali atteggiamenti o dinamiche contraddistinguono la morbosità? secondo te cosa ci sta dietro l’atteggiamento morboso? GIORGIO: Il brano vuole far capire che quando sei innamorato ognuno ha bisogno dell’altro. L’albero vuole la collina e la collina vuole l’albero insomma non puoi vivere senza il tuo compagno, il brano dice anche che l’amore ti fa entrare nelle diversità del tuo compagno/a perché sei completamente in simbiosi con lui.

[Cristiano] Ciao Giorgio, sintetico tu, sintetico io: cosa vuol dire entrare nelle diversità dell’altro? questa diversità può creare crisi in me? simbiosi è

sintomo di dipendenza?ULISSE: L’amore è quando due persone si amano e hanno bisogno l’una dell’altra. Sono d’accordo con quello che dice anche se non l’ho mai provato personalmente.

[Cristiano] Ciao Ulisse, spero che tu possa avere presto la possibilità di sperimentare l’amore: sarà un’esperienza che ti cambierà sicuramente! Prova a trovare 10 verbi che, secondo te, hanno a che fare con l’amore (sono cioè azioni che due persone che si amano compiono l’una verso l’altra) e dimmi quali di questi verbi hai sperimentato in altri legami della tua vita. In che cosa sta la differenza tra il legame amoroso e questi altri legami?BENEDETTO: In questo racconto abbiamo visto come l’albero ha bisogno della collina e la collina dell’albero, proprio come quando due persone sono innamorate, l’uno non può stare senza l’altro. Confrontandosi con le caratteristiche dell’altro ci si sente completi e ci si affeziona molto.

[Cristiano] Ciao Benedetto, ti provoco subito: l’amore è avere bisogno dell’altro per completarsi o qualcosa di più? e se sì che cos’è per te? PIERO: L’amore in qualsiasi forma, che sia amicizia o che sia qualcosa di più profondo è insediato nella natura dell’animo umano perchè ogni persona non può stare da sola, ma ha bisogno sempre di qualcuno; però in un rapporto non bisogna sopprimere l’altro o l’altra ma crescere insieme confrontandosi con i propri difetti.

[Cristiano] Ciao Piero, è vero che, per la sua natura a socializzare,nessun uomo vuol stare da solo: anche gli eremiti, se ci pensi, stanno da soli per sentire meglio la voce dell’Altro che è Dio! Perché , secondo te, ci sono dei legami in cui uno dei due tende a prevaricare sull’altro? e poi così facile confrontarsi serenamente con l’altro ed accettarne i limiti? e crescere insieme?ANTONIO: Questo testo spiega come l’uomo ha bisogno sempre di una persona, un amico o una ragazza con cui confidarsi e confrontarsi anche se è molto difficile trovare la persona giusta ma alcuni preferiscono stare soli.

[Cristiano] Ciao Antonio, perché secondo te è difficile trovare la persona giusta? quali caratteristiche deve avere? e l’intimità (nel senso

www.mentecritica.net 24

più ampio possibile) che ruolo gioca in tutto questo? MARIO: Questo testo ha un grosso significato. Cioè che un rapporto sereno, come per esempio un’amicizia forte, può portare dei cambiamenti, ma comunque non più di tanto drastici. Un’altra cosa che spiega è che “l’amore” comunque è molto importante perchè chiunque in un momento della sua vita ha bisogno di un rapporto d’amore, per confidarsi, fronteggiarsi comunque dove può esprimere la sua esperienza o il suo pensiero.Se una persona non ha nessun rapporto dove può esprimersi su tutto quello che pensa quella persona è malata, ed è malata di una malattia difficilmente curabile: la solitudine.

[Cristiano] Beh, Mario, per fortuna la solitudine non è così incurabile come altre malattie, altrimenti staremmo veramente in filo! La solitudine si può combattere, bisogna un po’ forzare la persona ad uscire dal proprio gusto, farla schiudere per gradi come un fiore alla luce del sole. Mi aggancio a questo esempio e faccio a te una domanda che potevo fare a molti altri: hai detto che l’amore è utile per confidarsi, fronteggiarsi, conoscersi, altri tuoi compagni hanno detto che è utile per parlare di sé e sfogarsi. Avete cioè usato verbi che esprimo azioni reciproche o che in qualche modo esprimono un vantaggio per voi che vivete la storia . Provocazione: ma l’amore non è anche prendersi cura? e in che modo? fino a che punto?FEDERICO: L’amore è così complesso che è quasi impossibile da descrivere.E’ il bisogno reciproco tra due persone che si amano e grazie al quale rimangono unite in ogni condizione di vita, fino alla fine dei loro giorni; a volte ci saranno momenti di disagio e di controversie, ma se verranno superati insieme, il legame tornerà più rafforzato di prima.

[Cristiano] Ciao Federico, mi ha molto colpito la tua frase “fino alla fine dei giorni”. E’ una cosa che spero anch’io fortemente. Però se guardiamo la realtà attorno a noi, quante coppie finiscono prima o anche dopo del matrimonio, più che in passato. Quali sono a tuo parere le cause di questa maggiore fragilità dei rapporti? quali le contromisure che secondo te andrebbero adottate? nella tua esperienza di legami

importanti (amicizia o amore) sei riuscito ha superare le controversie o hai vissuto anche momenti di rottura? come hai affrontato sia gli uni che gli altri?ELENA: Io sono d’accordo con questa frase, l’amore tra due persone deve riempire di cose buone, aiutare a crescere e a maturare. L’altra persona ti deve riprendere se sbagli, insieme ci si deve divertire e questo amore ti deve rimanere nel cuore, un domani che la storia finirà, sia come ricordi belli sia come ricordi brutti. Però l’altra persona non ti deve soffocare o ostacolarti in tutto o non avere rispetto per te. Ognuno dei due deve avere i suoi spazi e fare anche amici diversi, però insieme bisogna crearsi una propria vita, ma non dipendere del tutto dall’altro, ma avere anche altri “svaghi”.

[Cristiano] Molto bello il tuo pensiero, Elena. Tu dici sostanzialmente questo (provo a sintetizzarlo!): nella coppia devono esistere contemporaneamente un IO, un TU ed un NOI. Tre entità ben distinte e che hanno bisogno l’una dell’altra per poter creare una coppia vera ed equilibrata. Sento che vivi e senti come valore quello della diversità (diversità di alcuni interessi ed amici per esempio, rispetto delle opinioni differenti). Credi sia più semplice creare un legame con una persona simile o diversa da noi? in quali cose secondo te è necessario che le due persone siano simili? in quali cose la troppa somiglianza può creare difficoltà o “sterilità” nel rapporto?

Tutti sono rimasti piacevolmente stupiti dell’attenzione prestata loro da alcuni “grandi” che non si presentavano loro con atteggiamenti di superiorità. In fondo, se per i ragazzi gli adulti sono, come si diceva, “diversi”, è anche vero che essi stessi si percepiscono tali di fronte a noi perché in posizione subordinata. Si sentono a volte sottovalutati, ridicolizzati. Un’esperienza la cui freschezza si riflette nelle testimonianze degli alunni, lasciate intatte e senza correzioni, e che - almeno per l’entusiasmo che ci ha accomunati - ha aiutato giovani e meno giovani a coltivare la giusta autostima, nel rispetto di sé e degli altri.

fotografie e immagini a cura di Petalo, Cristiano C. e Giulia Boschetto

[1] esperienze guidate: http://www.sosdirittiumani.it/cavaliere/opere_complete.htm#esperienze_guidate

www.mentecritica.net 25

Aiuta MC Gratis

Ecco, a dire la verità il gattino non c’entra molto. L’abbiamo piazzato qui per farvi commuovere e predisporvi benevolmente. Forse siete arrivati qui con l’inganno, ma non vi incazzate e continuate a leggere. Se serve a convincervi siamo anche disposti a dire che ci prendiamo cura dei gattini abbandonati, dei cagnolini e dei pulcini, anche se, in genere, il pollo piace di più dopo essere stato abbondantemente lampadato e con molte patate fritte.

Veniamo a noi. Prima di tutto non chiediamo soldi, quindi potete continuare a leggere tranquillamente. Abbiamo bisogno del vostro aiuto perché MenteCritica è in una posizione difficile. Abbiamo scelto di non aggregare i nostri articoli. Aggregare è un termine tecnico che significa pubblicizzare. Non pubblicizziamo perché le piattaforme di aggregazione spesso sono molto politicizzate e MenteCritica ha il difetto di apparire di destra a quelli di sinistra e di sinistra a quelli di destra. Quindi, se non si ammicca con complicità a chi usa l’aggregatore, si viene inesorabilmente emarginati. Ora stiamo cercando piattaforme meglio bilanciate, ma i tempi sono lunghi.

Questa scelta editoriale, che in realtà è una vera e propria imposizione di MC, il principale curatore della rivista, ci consente di mantenerci liberi nelle nostra espressione. Scriviamo per dire quello che pensiamo e non per adescare i lettori. La scelta, però, è molto penalizzante in termini di contatti. Quindi abbiamo bisogno di pubblicità fatta da chi legge MenteCritica e pensa che sia utile che continui a fornire i suoi contenuti.

Ci puoi aiutare così:

Se non sei un blogger

• Manda una mail ai tuoi amici segnalando il nostro sito e chiedendo di venire a dare un’occhiata. Magari puoi mettere il link a uno o due articoli che ti sono piaciuti particolarmente o che hai trovato utili.

• Se partecipi a un forum o a una comunità, segnala il nostro sito.

Se sei un blogger

• Scrivi un post segnalando e raccomandando MenteCritica.

• Prendi l’incipit di qualche articolo che ti ha colpito, pubblicalo sul tuo blog e metti il link all’articolo invitando a continuare la lettura su MenteCritica.

• Metti il nostro banner e linka MenteCritica. Se il banner non ti piace, limitati a linkarci

In entrambi i casi partecipa alle discussioni che ti interessano e scrivi qualcosa per noi, possibilmente qualcosa di speciale per MenteCritica.

Cosa ci guadagnate a fare questo? Nulla. In questo caso sarete esattamente nella nostra stessa posizione. Avrete speso tempo senza guadagnarci. Noi non abbiamo pubblicità, non andiamo in televisione, non siamo sponsorizzati, non aderiamo a formazioni politiche o movimenti. La nostra è un’azione politica di puro volontariato. Non ci conosciamo nemmeno di persona e la nostra redazione è sospesa nello spazio virtuale di un forum.

Se ci dai una mano, lascia un messaggio qui. Così ti potremo citare nelle nostre preghiere. Nel frattempo puoi scaricare il santino di Don Walter. E’ un nostro piccolo omaggio per ciò che farai.

www.mentecritica.net 26

Scrivi per MC

La Tua Opinione Ci InteressaMenteCritica fa affidamento sul contributo dei propri lettori. Incoraggiamo tutti a spedirci i loro articoli su questioni di interesse generale, politica, attualità, cronaca, mezzi di comunicazione di massa. Nell’ottica di condividere il metodo ma non necessariamente le conclusioni, tutte le opinioni sono rispettate e quindi possono essere espresse in piena libertà. Quello che ci attendiamo da voi è un contributo per accrescere la nostra consapevolezza, la nostra cultura e la nostra capacità critica. Cerchiamo di dimostrare che fuori dai salotti rissosi della televisione, in questo paese esistono ancora persone civili, in grado di offrire il loro apporto con entusiasmo, passione ed idee concrete. Anche se la politica non vi interessa, ma avete a cuore il destino della società in cui vivete siete arrivati nel posto giusto. Risvegliate la vostra capacità critica: non esistono questioni di principio.

Attenzione

Gli articoli rimangono di proprietà dell’autore e sono pubblicati sotto licenza Creative Commons. Non è previsto alcun compenso per la pubblicazione.

Gli articoli propagandistici e violenti non saranno presi in considerazione.

MenteCritica non è un giornale. Non siamo in grado di controllare le affermazioni contenute negli articoli. L’autore è responsabile in prima persona per ciò che scrive.

Se non verrà fornito un indirizzo di EMail esistente, l’articolo non verrà preso in considerazione.

Per favorire la diffusione di contenuti originali, gli articoli inediti o non segnalati su aggregatori saranno privilegiati in fase di pubblicazione.

Per articoli non inediti e già diffusi su aggregatori i tempi medi di pubblicazione superano le sei settimane.

Proponete il testo o il sorgente HTML, ma non inviateci link ad articoli già pubblicati in rete per favore, non possiamo prenderli in considerazione.

www.mentecritica.net 27

http://www.mentecritica.net/mandaci-un-articolo/

www.mentecritica.net 28

Leggi i commenti a questi articoli o lascia un tuo commento su

www.mentecritica.net


Recommended