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Storia Greca

Date post: 14-Dec-2014
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Appunti di storia greca
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Storia Greca Capitolo Primo: “Preistoria e protostoria greca. La civiltà minoica e micenea. Le origini delle polis”. Il periodo neolitico in Medio Oriente comincia dall’VIII millennio a.C.; in Grecia si ritiene iniziato circa un millennio dopo. La vigilia del neolitico antico (mesolitico) e gli inizi di questo periodo, ricevono la definizione di periodo preceramico, il neolitico si qualifica anche per l’avvento della ceramica. Poco è noto del neolitico antico in Grecia, ma vi appaiono già i primi esempi d’abitazioni a pianta quadrangolare; nel neolitico medio, iniziano ad essere presenti forme primitive d’insediamento preurbano. Le abitazioni sono di forma quadrangolare, non mancano elementi integrativi di fortificazioni artificiali e si arricchisce la ceramica, che presenta elementari decorazioni; di questo periodo il sito più rappresentativo è Sesklo. Del neolitico recente il sito più rappresentativo in Grecia è Dimini, dove compaiono almeno due novità caratteristiche: lo sviluppo della tecnica di fortificazione e la diffusione del meandro e della spirale nella decorazione dei vasi. Aspetti di continuità tra il periodo neolitico e il periodo prepalaziale si scorgono a Creta. Il minoico antico, a Creta, è fase prepalaziale, di discussa cronologia, ma che presenta importanti produzioni artigianali. La cronologia del mondo minoico è stata fissata sulla base d’elementi della cronologia orientale attraverso riscontri tra reperti archeologici egiziani e reperti minoici. L’Oriente egiziano e mesopotamico datano il periodo della storia Egea contrassegnato da dal fiorire dei grandi palazzi cretesi. L’età del bronzo, in Grecia, si estende dal 2800 al 1100 a.C. . La consueta tripartizione (antico,medio,recente) vale per l’età del bronzo nel continente ( Elladico), nelle isole (Cicladico) e Creta ( Minoico). Nell’antico Elladico e Cicladico appaiono evidenti le analogie tra le culture dell’Asia Minore e quelle delle isole dell’Egeo settentrionale. E’ caratteristica di quest’epoca la diffusione di una ceramica a vernice lucida, che permette d’individuare affinità tra le civiltà della Tessaglia meridionale, d’alcune località del Peloponneso e delle Cicladi. Al passaggio dall’antico al medio Elladico, 2000-1800, corrisponde la diffusione della Gray Minyan Ware, una ceramica grigia e monocroma, con la cui espansione potrebbe coincidere l’avanzata di genti indoeuropee (Achei), che costituiscono il nucleo della popolazione ellenica d’età pienamente storica. Col medio Minoico I emerse la 1
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Storia Greca

Capitolo Primo: “Preistoria e protostoria greca. La civiltà minoica e micenea. Le origini delle polis”.

Il periodo neolitico in Medio Oriente comincia dall’VIII millennio a.C.; in Grecia si ritiene iniziato circa un millennio dopo. La vigilia del neolitico antico (mesolitico) e gli inizi di questo periodo, ricevono la definizione di periodo preceramico, il neolitico si qualifica anche per l’avvento della ceramica. Poco è noto del neolitico antico in Grecia, ma vi appaiono già i primi esempi d’abitazioni a pianta quadrangolare; nel neolitico medio, iniziano ad essere presenti forme primitive d’insediamento preurbano. Le abitazioni sono di forma quadrangolare, non mancano elementi integrativi di fortificazioni artificiali e si arricchisce la ceramica, che presenta elementari decorazioni; di questo periodo il sito più rappresentativo è Sesklo. Del neolitico recente il sito più rappresentativo in Grecia è Dimini, dove compaiono almeno due novità caratteristiche: lo sviluppo della tecnica di fortificazione e la diffusione del meandro e della spirale nella decorazione dei vasi. Aspetti di continuità tra il periodo neolitico e il periodo prepalaziale si scorgono a Creta. Il minoico antico, a Creta, è fase prepalaziale, di discussa cronologia, ma che presenta importanti produzioni artigianali. La cronologia del mondo minoico è stata fissata sulla base d’elementi della cronologia orientale attraverso riscontri tra reperti archeologici egiziani e reperti minoici. L’Oriente egiziano e mesopotamico datano il periodo della storia Egea contrassegnato da dal fiorire dei grandi palazzi cretesi. L’età del bronzo, in Grecia, si estende dal 2800 al 1100 a.C. . La consueta tripartizione (antico,medio,recente) vale per l’età del bronzo nel continente ( Elladico), nelle isole (Cicladico) e Creta ( Minoico). Nell’antico Elladico e Cicladico appaiono evidenti le analogie tra le culture dell’Asia Minore e quelle delle isole dell’Egeo settentrionale. E’ caratteristica di quest’epoca la diffusione di una ceramica a vernice lucida, che permette d’individuare affinità tra le civiltà della Tessaglia meridionale, d’alcune località del Peloponneso e delle Cicladi. Al passaggio dall’antico al medio Elladico, 2000-1800, corrisponde la diffusione della Gray Minyan Ware, una ceramica grigia e monocroma, con la cui espansione potrebbe coincidere l’avanzata di genti indoeuropee (Achei), che costituiscono il nucleo della popolazione ellenica d’età pienamente storica. Col medio Minoico I emerse la civiltà palaziale, con i primi palazzi che presentano una struttura semplice, che sviluppa l’assetto dello spazio quadrangolare, megaron. Nel 1900 a.C. circa sorgono i palazzi di Cnosso e Festo i quali conoscono in seguito un notevole ampliamento. A questa seconda fase palaziale appartiene il palazzo di Mallia; la raffinatezza delle decorazioni parietali o la ricca policromia degli affreschi dei secondi palazzi illustrano una società organizzata e vitale. Nell’ultima fase del Minoico medio e nelle prime fasi del tardo, all’età neopalaziale, c’è la diffusione della scrittura sillabica (Lineare A), la diffusione dei sigilli e i palazzi appaiono in più stretto rapporto con l’ambiente siropalestinese. I greci parlano di talassocrazia minoica, Minosse dominò le Cicladi e il mare tutt’intorno.TALASSOCRAZIA: significato del termine attribuito dagli storici del V secolo a.C. , ossia dominio sul mare.Il 1450 a.C. , la data di passaggio dal tardo Minoico I al tardo Minoico II, è un momento cruciale. L’età micenea si divide in tre sottoperiodi che corrispondono all’ultimo periodo dell’Elladico, che si distingue tra un tardo Ellaico I (1600/1580-1500), II (1500-1425), III(1425-1100 a.C.). La Lineare A, che era usata per una lingua non greca, viene adattata all’esigenza (Lineare B) di rappresentare graficamente parole greche. Ma il 1450 è una data cruciale nei rapporti fra Creta minoica e il mondo greco, perché dopo di essa si ha l’insediamento di un dominio miceneo a Cnosso e probabilmente nella Creta occidentale, a Chanià. Sono le tavolette di Pilo quelle che ci forniscono un maggiore numero di dati interessanti la struttura della società palaziale d’epoca micenea. La struttura sociale si presenta fortemente centralizzata, sottoposta al dominio di un wanax (signore), affiancato da un lawaghetas (comandante militare); al signore pare nettamente sottoposta un’aristocrazia di capi militari, ma anche di detentori del possesso d’ampie porzioni di terra. Appaiono anche i douloi

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(servi) e sono presenti i ieroduli uomini e donne. I principali prodotti attengono all’agricoltura e all’allevamento. Altre figure della società sono:

Lawoi: aristocrazia militare e fondiaria sottoposta al lawaghetas e collegata al centro del potere.

Damoi: popolazione residente nel territorio o unità territoriali. Chalkewes: lavoratori del bronzo per conto del palazzo. Telestai: funzionari o dignitari.

La complessità della società micenea può riassumersi in alcuni termini: Presenza di un vertice rappresentato dal wanax e dalla struttura palaziale. Presenza del damos cioè delle singole unità territoriali. Presenza d’elementi che complicano e articolano quest’apparente dicotomia.

Il problema più arduo è proprio quello di definire il rapporto che intercorre tra la struttura palaziale e l’aristocrazia che s’intravede, a confronto con la popolarità fra despote e sudditi, propria di tante società dell’antico Oriente. Nei regni micenei non esistono ancora forme d’economia monetaria; gli oggetti d’oro, d’argento, d’avorio provenienti da Cnosso e da altre città, oltre ad attestare l’alto livello dell’artigianato miceneo, dimostrano l’esistenza di scambi commerciali tra quel mondo ed altre civiltà mediterranee. L’archeologia documenta sempre più ampiamente l’espansione nelle regioni del Mediterraneo occidentale. Una funzione di mediazione può avere avuto già la Creta minoica, come ponte tra la Grecia e le regioni del Vicino Oriente, e non va dimenticato quel fattore presente nel mondo antico, i popoli mercanti che operano nelle regioni dell’Egeo e della Grecia stessa. Sembra verificarsi un rafforzamento dei processi d’espansione commerciale dopo la crisi del potere politico a Creta. Per quanto riguarda l’Occidente, punti d’addensamento dei ritrovamenti micenei sono le isole Eolie, la Sicilia orientale, l’Italia ionia; i ritrovamenti in Occidente non sono paragonabili con quelli dei siti del Mediterraneo orientale che documentano presenze, attività commerciali e artigianali, e insediamenti micenei. A metà del XV secolo, un assestamento politico, economico e demografico, ha portato all’espansione anche nell’Egeo, cui corrisponde l’insediamento di un principato miceneo a Cnosso; in parte in coincidenza con questo momento di sviluppo politico si verifica un poderoso fenomeno d’espansione commerciale, determinato da una crescita della popolazione greca che continua la grecizzazione della penisola. Nel II millennio i greci cercano interlocutori validi, società in grado di accoglierli e di fare uso dei prodotti o delle tecniche o dei servizi e delle funzioni di cui essi sono portatori. L’espansione d’epoca arcaica e la sua finalità di creazione di vere e proprie nuove polis vuole contrastare e sostituire società preesistenti. Dalla fine del XIII secolo, fino alla metà del secolo successivo, il mondo miceneo conosce innegabili segni di declino; le distruzioni dei palazzi possono avere le cause più diverse:

Cause naturali. Invasori o/e distruttori. Ribellioni interne.

La tradizione epica e storica ha un nome preciso per i conquistatori dei grandi centri micenei: sono i Dori nel Peloponneso e i Tessali in Tessaglia. I Dori figurano più come conquistatori che distruttori e, in varie regioni, danno vita a forme di convivenza o di fusione con i popoli precedenti. La penetrazione appare come una conquista nel suo insieme graduale, accompagnata da appropriazione di un patrimonio culturale precedente. Secondo la tradizione, un malessere ha investito la società micenea già alcune generazioni prima dell’arrivo dei Dori nell’Argolide. Del palazzo di Pilo sarebbe stato distruttore Eracle, trisavolo dei mitici capi della conquista dorica; nella generazione successiva avrebbe avuto luogo la guerra di Troia. Una teoria dei due tempi nel declino del mondo miceneo si impone all’interno stesso della tradizione greca; ad una prima crisi interna al mondo miceneo succede una progressiva trasformazione delle condizioni del popolamento, ne consegue un rapporto diverso col territorio, che, prima oggetto del dominio di signori dell’epoca micenea, diventa proprietà di tribù d’invasori, organizzate in una forma molto meno gerarchica e verticistica. Il primo tempo del declino miceneo è dovuto ai conflitti sociali tra strati diversi della popolazione, o tra il sovrano e un’embrionale aristocrazia, accompagnate dall’irrompere di fattori distruttivi

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esterni, non i Dori ma, secondo gli storici, i Popoli del Mare. Dal XIII secolo le regioni del Mediterraneo orientale conoscono modificazioni, che potrebbero essere in rapporto con le stesse trasformazioni interne al mondo miceneo; ma ci sono trasformazioni che investono non solo l’area dorica, ma anche, altre aree che, anche se toccate dal movimento dei Dori, non ne furono la destinazione definitiva. C’è un grande mutamento nell’area mediterranea, a cominciare dalle sue regioni orientali, che riguarda l’uso dei metalli, di particolare destinazione militare: il cambiamento segna anche, il passaggio da un’età ad un’altra, dall’età del Bronzo a quella del Ferro. Non si può stabilire tra l’epoca micenea e l’epoca greca arcaica una continuità assoluta, questa non può mascherare due fatti storicamente ineludibili:

1. La fine dei palazzi micenei e delle società e culture palaziali.la nascita della polis, cioè della realtà sociale e istituzionale intorno cui ruota tutta la storia della Grecia classica.

2. La polis è una realtà troppo vitale e troppo organizzata per essere solo il frutto di un illanguidimento della vecchia società micenea.

La società micenea trasmette e consegna al futuro dell’esperienza politica greca il ruolo centrale di un’acropoli, anzi l’idea stessa di un centro di potere; ma se nella società micenea, l’acropoli è il centro del potere del sovrano, nell’età greca arcaica, essa sarà il centro simbolico del potere, il centro sacrale e politico, di un potere che non s’incarna in una persona; topograficamente, attorno all’acropoli si colloca l’asty (città bassa) e intorno a questa la chora (campagna, territorio). Nell’VIII secolo non nasce la polis, ma la forma comune delle tante poleis. La polis nasce come risultato di un lungo e variegato processo, come sviluppo di una forma comune di polis, tra le diverse evoluzioni da ammettere delle più diverse e spontanee comunità nate dalla crisi e dopo la crisi dei palazzi micenei; più che di origine della polis, bisognerà parlare di origini delle poleis, che si formano nei secoli immediatamente posteriori all’età micenea (XI-IX secolo). Con i greci sorge la visione del mondo come città e della città come mondo. Dopo la fine dei regni micenei e l’invasione dorica del Peloponneso, si colloca il fenomeno della colonizzazione delle coste occidentali dell’Asia Minore, colonizzazione ionica. Con la fine del II millennio si determinano crolli di Stati e vuoti di potere anche in Asia Minore, luoghi per i greci d’età micenea già conosciuti e invitanti, lo diventano anche di più nelle nuove condizioni, mentre in patria si crea una nuova consapevolezza o responsabilità delle comunità verso i problemi dell’emigrazione e dello scambio. Dalle Cicladi, dall’Eubea, dall’Attica, muovono i coloni della dodecapoli ionica. Secondo alcuni studiosi, nel periodo geometrico, non c’è stato un solo basileus quanto un collegio di basileis, con poteri uguali fra loro; vanno però fatte delle osservazioni:

1. la filologia micenea ha mostrato chiaramente la genericità del termine basileus (capo).2. occorre distinguere tra la carica di basileus ereditaria o vitalizia e quell’annuale.3. occorre distinguere tra basileis in contesti etnici e basileis in contesti cittadini.

La caratteristica diarchia spartana è stata vista come il risultato di una riduzione a due di un’originaria triade, o come l’esito di un conflitto concluso con un compromesso. La polis nasce già aristocratica, benché all’origine si tratti di un’aristocrazia organizzata intorno ad una leadership, che si fa valere per vantare origini divine, e che ottiene prerogative riconosciute. Le comunità delle età oscure sarebbero state rette da piccole cerchie di leaders ereditari, chiamati basileis, ma non esisterebbero né basileis-re, né basileis-magistrati/capi, fino a gran parte dell’VIII secolo. Esistono, secondo De Sanctis, due modi diversi di concepire il rapporto dinamico fra le fratie, i ghene e le tribù da un lato e lo Stato dall’altro:

Una specie di moto ascensionale delle entità più piccole verso la più grande, attraverso una progressiva aggregazione.

Un processo di articolazione che si svolga all’interno dello Stato e per l’azione di esso.

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chora

asty

acropoli

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I sistemi di organizzazione tribale sembrano appartenere ad epoca post-micenea. Le tribù diventano parte integrante ed essenziale dell’organizzazione cittadina: è lo sviluppo della polis che potenzia le tribù. La tribù mostra una vitalità, una chiarezza e una specificità di funzioni che non ha altrove (zone doriche); meno chiara è la funzione delle tribù ad Atene. Ma se le funzioni delle tribù ioniche non sono chiare, una differenza è invece chiarissima, tra tribù doriche e ioniche: le prime sono ricordate con molte frequenza nei testi, le seconde hanno un ruolo minore. Le fratie si possono ben concepire come originaria ripartizione delle philay, in ambito dorico; i ghene appaiono come l’esito storico della stratificazione sociale presto impiantatasi all’interno delle poleis.

TESSAGLIA: I centri più interni crescono d’importanza, appare divisa in 4 regioni. Come la Tessaglia non conosce grandi sviluppi urbani fino al V secolo, così non conosce quelle forme di vita e di organizzazione collettiva che sono proprie di Sparta.

BEOZIA: La sua storia è da concepire alquanto diversificata nei secoli dell’alto arcaismo. Un certo declino dovette conoscere Tebe, che già nell’alto arcaismo fu quella di ricostruzione del suo ruolo egemone nella regione.

EUBEA: A Calcide in età arcaica si conosce una forma di società aristocratica a caratterizzazione equestre. L’Eubea si rivela come un ambiente di grande interesse storico, per la lunga persistenza di forme politiche di tipo arcaico.

L’economia micenea, non tanto diversa da quella omerica, si fonda su: agricoltura, allevamento, traffici marittimi affidati soprattutto ai Fenici ed ai Feaci. Il commercio di quest’epoca appare concentrato nelle mani di naviganti stranieri e si presenta con qualche connotato sociale e morale negativo; l’aristocrazia sembra disdegnare di esercitarlo. Gli schiavi possono essere, così, acquisiti in due modi:

La conquista di una città Acquisizione della servitù rurale, attraverso l’assoggettamento e la conseguente

conservazione del controllo su un territorio.Inoltre, nel corso dell’età arcaica si va costituendo, entro i confini del politeismo greco, una sorta di canone delle dodici divinità maggiori, un dodekatheon, costituito da sei divinità maschili e sei femminili, e attorno ad essi una folla di divinità minori.

Capitolo Secondo: “La Grecia dalle città fino all’avvento della democrazia e alle guerre persiane”.

Sono tre gli aspetti sotto cui sono considerati gli eventi della storia greca tra il secolo VIII e VII:1. La colonizzazione che assume particolare rilievo in Occidente, ma si svolge sia nel

Mediterraneo orientale che lungo le coste del Mar Nero.2. Le grandi figure dei legislatori cittadini.3. L’avvento di regimi tirannici in molte città greche.

Le legislazioni vanno studiate all’interno della storia delle singole città, sotto due punti di vista: il primo, è quello che vede nelle legislazioni un momento della storia delle trasformazioni e della crisi delle aristocrazie greche. La colonizzazione è una risposta allo squilibrio determinatosi nel rapporto tra le risorse e i bisogni alla fine dei secoli bui; al fenomeno migratorio, si accompagna, la diffusione di una coscienza politica, nel caso della tirannide, il movimento storico assume forme più traumatiche. Va considerato anche il rapporto tra legislazione e scrittura: a Sparta, le leggi di Licurgo non furono scritte, la tradizione conosce al riguardo espliciti divieti, mentre furono scritte le leggi di Zaleuco di Locri o dell’ateniese Draconte, questo sta a dimostrare come l’aristocrazia sappia fare un uso pubblico della scrittura. Autore della prima legislazione scritta, nomografia, del mondo greco è Zaleuco di Locri, uomo della grecità coloniale; benché aristocratiche nelle loro

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origini e nei loro sviluppi, le società coloniali, sono immediatamente disposte a forme di controllo sociale e a principi ugualitari.Sparta:L’ordinamento politico spartano non nacque con Sparta stessa, anzi, secondo Tucidide, la città fu turbata da staseis, conflitti civili, in una misura sconosciuta agli altri Stati greci; ne uscì circa 400 anni prima della guerra del Peloponneso, grazie ad una costituzione severa e stabile, che fu considerata un modello d’eunomia. L’importanza che in essa ha l’assemblea (apella) si ricollega al ruolo dell’esercito, nel numero 30 degli anziani (gherontes) si riflette l’esistenza delle tre tribù, lo spirito d’uguaglianza è il riflesso di condizioni originarie. Il peculiare ordine (kosmos) spartano trovava la sua più caratteristica formulazione nella Grande Rhetra, il grande responso delfico, che Licurgo avrebbe ricevuto nell’VIII secolo: una legge non scritta che sancisce: la struttura tribale spartana, l’organizzazione in phylai (le tre tribù d’origine dorica) e in obai (cinque tribù territoriali o villaggi), l’esistenza di 30 membri compresi gli archaghetai ( capi e capostipiti), il funzionamento politico basato sulla riunione stagionale dell’apella, in cui il damos non aveva potere di controproposta, ma probabilmente diritto alla parola. L’organizzazione sociale di Sparta prevede una fissità nel numero dei cittadini, all’inizio nel numero di 9000, padroni d’altrettanti kleroi (appezzamenti di terreni); gli Spartiati non attendono direttamente al lavoro agricolo, ma lo affidano agli iloti, servi rurali che sono residui dell’antica popolazione. Sono d’origine dorica come gli Spartiati, i perieci (liberi abitatori di borgate periferiche) sottoposti ad obblighi militari ma dediti anche ad attività artigianali e mercantili; questi aspetti si integrano con quelli dell’agoghé, con le forme caratteristiche dell’educazione, fondamenti ne sono:

La divisione in classi d’età. La preparazione costante all’esercizio della vita militare. Le limitazioni poste alla vita familiare per un certo numero d’anni. La partecipazione ai pasti comuni (syssitia) Il rapporto che si sviluppa all’interno di queste forme di familiarità e solidarietà maschile.

Una così articolata struttura può non essere tutta maturata entro l’VIII secolo, ma nell’VIII e VII secolo, Sparta è in fase d’espansione e di conquista; la città non partecipa alle imprese coloniali, l’unica colonia spartana d’Occidente è Taranto. Fino agli inizi dell’VIII secolo, Sparta era stata impegnata nella conquista della Laconia; stando alla tradizione fino alla metà dell’VIII secolo gli spartani aggirano verso Occidente la barriera del Taigeto e conquistano la Messenia.Atene:Il territorio dell’Attica, contiene poche pianure: il pedion, tra l’Imetto ed Egaleo, la pianura per eccellenza per essere in più diretto rapporto con l’asty e l’altra pianura che si estende a sud-est dell’Imetto con il demo di Peania. Atene fu sede di un palazzo miceneo, posto sull’acropoli, che era fortificata con mura ciclopiche. Secondo la tradizione, un ruolo fondamentale lo ebbe Teseo, a lui succedettero almeno altri sette re, segue la dinastia dei Medontidi, che in parte furono considerati una serie di re, in parte come arconti a vita. Al periodo degli arconti a vita sarebbe seguito quello di sette arconti decennali e quindi quello degli arconti annuali. La struttura del territorio e la correlata tendenza autonomistica, danno del potere presente ad Atene fino al XIII-XII secolo un’immagine più modesta di quel che si può verificare altrove. Nella tradizione letteraria, Teseo è oggetto di una forte ideologizzazione, è investito di particolari valori simbolici; talvolta rappresenta l’inizio della democrazia ateniese, in queste vesti egli appare come l’antagonista dei dynatoi, potenti delle aristocrazie locali; in questa contrapposizione a Teseo tocca talora persino il ruolo del tiranno, mentre gli oppositori aristocratici difendono le libertà loro e dei cantoni in cui risiedono, contro un potere accentratore. Nel VII secolo, il tentativo di Cilone d’impadronirsi dell’acropoli e di instaurare una tirannide, era fallito per l’opposizione e l’intervento della famiglia degli Alcmeonidi (636 ca.); al 624 a.C. sarebbe da datare l’opera del legislatore Draconte, di cui la tradizione ricorda la particolare severità e durezza delle pene. Le sue norme sull’omicidio involontario furono ripubblicate alla fine del V secolo, la legislazione di Draconte sottraeva alla sfera privata la punizione dei delitti fino ad allora appartenenti all’iniziativa dei familiari della vittima; egli

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considera prioritaria l’iniziativa e la denuncia da parte dei parenti, ma la integra e la surroga con il potere giudiziario del basileus e dei 51 ephetai. La ricerca di un bilanciamento dei poteri, traspare anche nella composizione del collegio degli arconti: c’è un arconte per eccellenza (eponimo), perché col suo nome s’indica l’anno, c’è un basileus, che eredita il nome e le funzioni sacrali del basileus dello stadio monarchico dell’aristocrazia Attica, un polemarco, che andrà progressivamente perdendo le funzioni militari, ma continuerà ad esercitare la gestione dell’esterno sul piano giudiziario, a questi tre arconti si affiancano i sei tesmotei, all’origine legislatori e custodi di leggi; scaduto l’anno di carica, gli arconti entravano a far parte dell’Areopago, il consiglio dell’Atene aristocratica, che si riuniva sulla collina d’Ares, vicino all’acropoli. Gli arconti in età classica sono chiamati a presiedere i tribunali: l’arconte eponimo ha giurisdizione sulle cause di diritto privato fra cittadini, il polemarco su cause riguardanti gli stranieri, il basileus, oltre alle normali funzioni sacre, presiede i tribunali che giudicano casi di empietà e quei tribunali particolari (Areopago, Palladio, Delfinio, Fratto) che giudicano i diversi casi di omicidio. E’ poco probabile che accanto alla boulè dell’Areopago la comunità aristocratica conoscesse, già prima di Solone, una boulè dei Quattrocento. Nell’ambito degli assetti territoriali e delle ripartizioni regionali vanno considerate quelle caratteristiche associazioni che definiamo come anfizionie, ossia delle leghe di popoli o di città costituite intorno ad un santuario, esse sembra essere proprio una lega sacrale fra popoli abitanti in uno spazio geografico coerente, che non abbiano altri motivi per avere un centro sacrale unico. Gli anfizioni sono in prima istanza i popoli membri della lega e poi, di conseguenza, i rappresentanti nel sinedrio, il cui titolo è propriamente quello di ieromnemoni coadiuvati dai pilagori; nel sinedrio ciascuno dei popoli ha due delegati, il numero complessivo dei popoli anfizionici è dodici: di questi già sette sono i Tessali, accanto a loro ci sono i Beoti, i Locresi, i Focesi, gli Ioni e i Dori (dei due voti ionici uno spetta agli Euboici e uno agli Ateniesi). L’anfizionia si riunisce ordinariamente due volte l’anno, queste riunioni hanno il nome di pylaiai. I Guerra Sacra:Nel primo decennio del VI secolo la prima guerra sacra vede i Tessali, gli Ateniesi e il tiranno di Sicione, Clistene, alleati fra loro e impegnati contro i Focesi di Crisa, che disturbano i pellegrini diretti al santuario: di qui la distruzione di Crisa, la consacrazione del corridoio verso il mare, la proibizione di coltivare la terra sacra, colpisce i Focesi, nel cui territorio sorge Delfi. La vittoria anfizionica segnò il rafforzamento dei Tessali nella Grecia centrale, l’ammissione di Atene nell’anfiziona e la riorganizzazione dei pitici nel 582 a.C.Le Tirannidi:E’ più giusto parlare di passaggio dalle aristocrazie alle tirannidi, che non dall’aristocrazia alla tirannide: a significare che vi furono forme storiche ed esiti storici diversi di tirannidi. La diversità dei casi, delle forme, degli sviluppi nulla toglie alla legittimità di una considerazione sotto un profilo unitario delle tirannidi arcaiche; si potrà comunque distinguere fra le tirannidi istmiche (di città gravitanti intorno all’istmo di Corinto) e tirannidi di città ioniche o egee. Tiranno e tirannide sono parole che indicano un potere personale assoluto, superiore a quello dei basileis, soprattutto perché non definito da prerogative concordate dalla comunità e perciò non basato sul consenso: molte volte i tiranni mirano ad assimilare il loro potere a quello di un basileus. Della tirannide appare necessaria un’evoluzione interna alla stessa città greca, essa può quindi avere avuto le sue prime manifestazioni nella madrepatria. Mentre è certo che la tirannide sia in un rapporto almeno in parte positivo con l’oplitismo, è difficile stabilire se la tirannide sia anteriore o posteriore alle prime testimonianze dell’armatura oplitica; poiché la tirannide nasce all’interno dell’aristocrazia e l’oplitismo è l’espressione militare allargata dell’aristocrazia medesima, si capisce che il percorso da individuare è la nascita della tirannide dal seno dell’aristocrazia. Il problema della genesi della tirannide consiste in primo luogo nella definizione del giusto rapporto tra tre termini in gioco: la tirannide stessa, l’aristocrazia e la struttura oplitica; la tirannide è comunque un momento di crisi dell’aristocrazia, il tiranno è un aristocratico che viene in conflitto con i suoi compagni di gruppo sociale. Una volta considerato l’oplitismo come espressione militare di gran parte dell’aristocrazie greche già dall’alto arcaismo, la spinosa questione del prime e del poi, tra tirannide ed oplitismo,

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perde di significato; l’oplitismo sembra esso stesso espressione dell’aristocrazia, e insieme di quel che ad essa si appoggia e si subordina, perciò l’espressione militare allargata dell’aristocrazia. I tiranni di epoca arcaica erano generali passati alla politica o alla demagogia, nel senso lato della politica di favorire il demos. La base della tirannide è perciò una popolazione contadine che si lascia rappresentare da un capo. Tucidide non afferma che i tiranni siano mercanti, dal canto suo Aristotele invece afferma che la basa sociale delle tirannidi è nelle campagne; quel che Tucidide fornisce è un inquadramento in primo luogo cronologico che naturalmente include anche uno sviluppo commerciale, Aristotele definisce dunque la basa sociologica della tirannide, mentre Tucidide ne fornisce l’inquadramento cronologico storico-economico. L’equazione tirannide=sviluppo del commercio, appare comunque problematica, la questione del rapporto tra aristocrazia bacchiade e artigianato/commercio corinzio è il problema-tipo e la questione paradigmatica, per definire le relazioni tra economia, società e politica nella Grecia arcaica. Il rapporto tra aristocrazia e commercio corinzio non è un fenomeno puramente parassitario; è difficile che non ci fosse una qualche vigilanza dell’aristocrazia sull’attività artigianale o una qualche promozione di essa, o di un’implicazione diretta di qualche membro dell’aristocrazia bacchiade nel commercio. Le opere pubbliche realizzate dai tiranni nella città significano attenzione alla città e promozione del suo sviluppo materiale e funzionale che non è ancora programmatico incremento urbano. Sul piano socioeconomico il tiranno tende ad esercitare una funzione propulsiva, diffusa su tutte le attività, nella prospettiva di dare un equilibrio nuovo, che consenta di dare qualche risposta ai bisogni elementari degli strati più poveri, senza farli entrare nella sfera del potere, che resta personale. La tirannide però non è sempre l’anticamera della democrazia, lo è là dove tutto il processo politico è spostato in avanti, questo accade nelle epoche più avanzate, ma il passaggio dalla tirannide alla democrazia non è né diretto né indolore. La tirannide non lascia in nessun caso le cose immutate, essa produce un’aristocrazia moderata, cioè più temperata rispetto a quella precedente la tirannide. La tirannide non risulta dall’alleanza tra la classe oplitico-contadina e il proletariato urbano, questa è proprio la formula socio-politica della democrazia classica, la quale non ha mai in Grecia caratteri rivoluzionari e si presenta come un’alleanza tra ceti medi e proletariato dei teti, quindi tra medi e piccoli proprietari terrieri ed eventuali imprenditori; la diversità della tirannide rispetto alla democrazia è proprio nel conservare gli originari legami con l’aristocrazia oplitica, nonostante tutte le frizioni, gli attriti, i contrasti, i conflitti. Nel suo esito socio-politico complessivo la tirannide realizza una posizione di equilibrio fra i diversi ambienti sociali: la funzione di equilibrio viene meno più si va avanti nel tempo e si passa ad un’ulteriore generazione, man mano che si accentuano gli aspetti personalistici o le forme di violenza del potere tirannico, caratteristiche che finiscono con l’isolarlo dalla società che esso ha contribuito a creare, per questo le tirannidi arcaiche non riescono a completare più di due generazioni di permanenza al potere; l’idea quindi di un peggioramento progressivo del regime quanto a rapporti con l’aristocrazia, verso una forma più chiaramente tirannica, è comune a tutta la tradizione. La Colonizzazione:E’ la stessa più antica tradizione storiografica a dare una chiara nozione della novità che compete alle fondazioni greche dell’VIII secolo e seguenti, lo storico moderno ha il dovere di raccogliere l’invito della storiografia greca più vicina a fatti e tradizioni di fondazione delle poleis coloniali. La discussione sulla colonizzazione greca è rimasta a lungo impantanata nella falsa alternativa tra l’interpretazione delle fondazioni come colonie commerciali e quella che ne fa colonie agrarie e di popolamento; di fronte al fenomeno coloniale converrà porsi diversi ordini di problemi:

1. Le condizioni demografiche, socio-economiche e politiche della madrepatria.2. Il fondamentale atteggiamento psicologico dei Greci di fronte alla migrazione.3. L’articolarsi e il rapportarsi delle diverse esigenze economiche.4. Il costituirsi d’autentiche “aree di colonizzazione”.5. I rapporti con l’ambiente e con la popolazione locale.6. I rapporti con la madrepatria.

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Le aree più vitali in epoca micenea non partecipano al moto coloniale dei secoli VIII e VII, nella madrepatria sono interessate le città dell’Istmo, quelle euboiche, le città dell’Acaia; va inoltre notato che i greci che vanno a fondare colonie lontane dalla madrepatria tendono a riprodurre il passaggio, la cornice ambientale e le opportunità strategiche della città di partenza. Per Eusebio, Cuma fu la prima colonia greca in Italia, fondate nel 1050 circa, in realtà, date attendibili, che ci riportano ad una cronologia più credibile di VIII secolo mancano per Cuma, come in generale per le colonie calcidesi d’Occidente, fatta eccezione per quelle di Sicilia, le cui fondazioni sono messe in relazione con la data di fondazione di Siracusa. Nella storia delle colonie greche d’Occidente la storiografia siceliota appare determinante, e quella di V secolo fornisce indicazioni ad annum. Per le città greche del mar Ionio abbiamo due ordini di date:

1. Quelle raccolte da Eusebio e Girolamo, che si avvicinano al 700 a.c. 2. Una data per Crotone più alta e più vicina alle date delle fondazioni di Sicilia.

Si ha l’impressione che proprio in Antioco ci sia la tendenza ad avvicinare le date dei processi coloniali in Sicilia e in Magna Grecia; comunque la tarda tradizione cronografica opera una forte divaricazione tra le fondazioni di Sicilia e quelle della costa ionia d’Italia. Per il passato, l’esistenza di mete preferenziali delle diverse imprese coloniali, che tendono spesso a recuperare condizioni simili a quelle di partenza e a costituire aree di una qualche omogeneità, sono talora interrotte da enclaves mal tollerate. Da Crotone a Sibari a Metaponto si crea un’area achea, che ovviamente non sbocca nella creazione di un’unità territoriale e politica: le poleis restano autonome, ma costituiscono, nel corso del tempo, forme di solidarietà che sono di natura culturale, economica e politica. Il concetto stesso di Megale Hellas, nelle sue diverse accezioni, include lo spazio occupato dalle colonie achee, benché certamente non limitata a queste, in queste nozioni ebbe il suo humus fecondatore. Nel VI secolo, le colonie achee tentano di eliminare l’enclave ionica di Siri, una città fondata da esuli di Colofonie, che erano sfuggiti alla pressione lida. Al loro arrivo in Sicilia i greci trovarono già stanziate varie genti non greche, davano all’isola il nome e la facies culturale preminente i Siculi e i Sicani, i primi attestati nella parte orientale e centro-meridionale, i secondi nella parte occidentale; identificati nella tradizione etnografica ora con gli Itali ora con gli Ausoni ora con i Liguri, e fatti provenire da punti diversi della penisola, i Siculi erano considerati dagli antichi strettamente imparentati con la penisola. Nel corso del Tardo Bronzo, dal XVI/XV al XIII secolo, è verificabile nella Sicilia orientale una presenza notevole di materiale miceneo che è sicura prova di frequentazioni, mancano finora prove di veri e propri insediamenti micenei. Rispetto ai Siculi, i Sicani mostrano minori caratteristiche indoeuropee e perciò sono considerati o una popolazione preindoeuropea proveniente dall’area iberica, via mare o forse anche via terra, o una popolazione indoeuropea che ha perduto, dopo il passaggio nell’isola, le sue caratteristiche originarie. Accanto a Siculi e Sicani, ci sono gli Elimi, con i loro centri di Se gesta ed Erice, ed i Fenici, insediati a Solunto e Panormo; agli Elimi si attribuiva un’origine dai Troiani, nonché da Focesi che avevano partecipato alla guerra di Troia. Le colonie greche in Sicilia:Complessa la storia del rapporto di Siracusa e di Gela col proprio hinterland (entroterra): il disegno di Siracusa è quello di costituire un territorio ampio e continuo. Il rapporto di Siracusa con le popolazioni del territorio appare caratteristico: questa viene asservita, ma costituisce uno strato sociale di particolare rilievo. All’inizio del V secolo il tiranno di Gela, Ippocrate, assediò, nell’area etnea, Callipoli, Nasso, Lentini, più a nord Zancle, più a sud Siracusa e i suoi alleati i Siculi; i tentativi di Ippocrate riescono con le città calcidesi, ma sono destinati a fallire contro Siracusa e contro i Siculi di Ibla. Il tentativo di Ippocrate di costituirsi un dominio continuo trasversale, dalla costa occidentale a quella nord-orientale, fallisce di fronte alla resistenza di indigeni e di parte dei Greci. Quando, poco dopo il 580, Pentatlo arriva in Sicilia con un manipolo di Cnidii, registra il “tutto esaurito”, rispetto alla possibilità di nuovi insediamenti greci. Dai primi due secoli di vita delle colonie trapela qualcosa dell’attività di legislatori, come Zaleuco di Locri o Caronda di Catania, ma del contenuto reale della loro opera ci impediscono di farci un’idea precisa le molte interferenze e sovrapposizioni e soprattutto la manipolazione pitagorica. I primi due secoli di vita

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delle colonie occidentali sono anche quelli in cui a un regime sociale tendenzialmente ugualitario, quale si postula per le prime due o tre generazioni di coloni, succede una sempre maggiore stratificazione sociale, e quindi si determina la possibilità di conflitti (staseis), con conseguenti espulsioni o pericolose successioni di una parte del corpo civico. Le prime tirannidi in Sicilia, a noi note, sono quelle di Panezio a Lentini e quella di Falaride ad Agrigento; la precocità della tirannide di Falaride nella storia della città, fondata appena nel 580, risulta più accettabile, se si pensa che la stessa fondazione di Agrigento potrebbe riflettere conflitti all’interno della società geloa. Nel Mediterraneo orientale e sud-orientale, la colonizzazione greca di I millennio presenta quel carattere di stretta connessione e quasi dipendenza dalle società e dai poteri locali, che aveva avuto nel II millennio, solo che ora, i greci sono meno presenti, perché in epoca arcaica il loro moto coloniale si volge verso regioni e siti, che possono essere acquisiti in maniera ben più netta e stabile che in epoca micenea. Esiodo:Testimone essenziale della società e della cultura dell’alto arcaismo è Esiodo, nato in Beozia e originario di Cuma. Esiodo è negli Erga (Opere) poeta dell’agricoltura e della campagna, e denuncia l’avidità e l’ingiustizia di basileis dorophagoi e tuttavia non è né contro la città né contro i basileis; può essere considerato poeta di una crisi della vecchia aristocrazia fondiaria, ma Esiodo stesso appartiene al ceto dei proprietari, egli, prima che testimone di una crisi dell’aristocrazia, è testimone della realtà dei rapporti vigenti all’interno di essa. Nella concezione d’Esiodo, all’agricoltura s’affianca, come ergon fra gli erga, il commercio: ma è un commercio fortemente collegato all’agricoltura, un commercio stagionale, è ancora assente la moneta; Esiodo è testimone anche dell’avvento di nuove forme commerciali, quelle di un’emporie1 che si è resa autonoma dalle attività agricole. Il periodo in cui si andò definendo questa koiné culturale e agonistica, in cui si esprimeva la cultura delle poleis nella fase aristocratico-oplitica e delle prime tirannidi, va dalla prima metà dell’VIII secolo agli inizi del VI, e rivela ancora una volta l’importanza decisiva dei secoli VIII e VII nella formazione di un modello comune e di una cultura comune delle polis.Le Innovazioni Artigianali:La ceramica del periodo geometrico (dal X alla prima metà dell’VIII secolo) presenta notevoli caratteristiche di continuità con la decorazione minoica e micenea, mediante un processo di schematizzazione e astrazione; per tutto il geometrico, la ceramica presenta aspetti di koiné, con forte connotazione Attica. Con la fine del geometrico si ha una fioritura di stili locali e regionali, spiccano per importanza storica la ceramica corinzia, che va dal protocorinzio (750/25-635ca.) a cui succede la fase corinzia nel 620ca. per durare quasi un secolo. La produzione d’Atene è scavalcata tra la metà dell’VIII secolo e la fine del VII secolo da quella corinzia, ma riprenderà quota e assumerà un ruolo trainante nel VI secolo, con la ceramica Attica (dal 510ca.) a figure nere e rosse. La produzione metallurgica e in particolare la produzione artistica in bronzo fioriscono nel Peloponneso e nella Grecia occidentale e centrale; l’architettura templare, dopo gli inizi dell’IX secolo, si sviluppa fortemente tra il VII e il VI secolo, spiccano per la produzione d’edifici sacrali l’area corinzia e la Ionia. La stessa creazione delle feste panelleniche pitiche (all’inizio del VI secolo) segnala la formazione di un’area regionale d’interessi sacrali e politici comuni che gravita intorno a Delfi e al golfo corinzio.Solone:L’opera di Solone, arconte nel 594/593, porta a piena maturazione le premesse politiche e sociali della comunità aristocratica del medio arcaismo, egli fu riformatore sociale e fu nomotea, autore di leggi costituzionali che sostituirono i thesmoi di Draconte. Solone non appare autore di riforme in grado di stravolgere il vecchio profilo politico ateniese o l’assetto proletario dell’Attica, sul terreno politico-costituzionale la sua opera fu quella di un codificatore, non di creatore della democrazia. Solone avverte acutamente il divario tra la struttura politica, che va conservata anche se perfezionata e resa stabile, e il rapporto sociale, che è diventato conflittuale e drammatico tra

1 < emporoscommerciante.

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proprietari della terra e i suoi coltivatori; è soprattutto in gioco la condizione degli hectemoroi, coloro che lavorano la terra per conto dei ricchi, versando come canone 1/6 del prodotto. Spesso in ogni modo si trascura che il sistema delle misthoseis, sistema di fitti, caratterizza l’evoluzione dei rapporti sociali e lo sviluppo dell’economia monetaria tra il V e il IV secolo, con particolare forza nel IV secolo: salvo che il fitto o il canone del IV secolo si pagano prevalentemente in denaro, e quelli della fine del VII o dell’inizio del VI si pagano prevalentemente in natura. Qualcuno pensa agli hectemoroi come coltivatori di terre appartenenti di diritto allo stato, come residuo di forme micenee, ma è difficile che la fine dei palazzi non abbia coinciso con un certo sviluppo della proprietà privata. Solone realizzò la liberazione della terra (la ricostruzione di condizioni diverse da quelle d’indebitamento e di servitù), proibisce la schiavitù per debiti, cioè la sua premessa, che è la possibilità di contrarre debiti e assumere ipoteche sul proprio corpo(epì tois somasin), inoltre fa un taglio dei debiti (cheron apokopé). Sul piano politico-costituzionale Solone conferma le vecchie articolazioni censitarie, le vecchie classi (i tele), forse aggiungendone una, la prima, e definendo i termini quantitativi dei quattro tele:

Pentacosiomedimni, coloro che avevano una rendita annua di 500 medimni di frumento. Cavalieri, 300 medimni di frumento. Zeugiti, 200 medimni di frumento. Teti, da 200 medimni in giù.

Le cariche degli arconti e dei tesorieri (tamìai) erano rivestite dai pentacosiomedimni, ai teti la costituzione di Solone garantiva non soltanto la partecipazione all’assemblea (ekklesìa), ma anche quella al tribunale del popolo (heliaìa), di cui egli sarebbe stato creatore o massimo potenziatore. E’ incerto se Solone arricchisce il vecchio quadro istituzionale con un nuovo consiglio, quello dei 400, cento per ciascuna delle quattro tribù. La sua debolezza è di operare solo mediazioni: ad Atene egli vuole essere il diallaktés, il pacificatore, non vuole essere, e non è, il tiranno. Finita la sua opera, egli si trasferisce per commercio e turismo in Egitto, ad Atene riprendono le staseis, per 10 anni c’è l’anarchia (= assenza d’arconte) e per un paio d’anni un arcontato di durata irregolare di un Damasia. Abbattuto Damasia, si sperimenta un arcontato decemvirale, composto di 5 eupatridai (gente di nobile lignaggio), 3 agroikoi (contadini), 2 demiurgoi (artigiani). Poco dopo sarà presente una diversa articolazione, ancora una volta in tre gruppi politici, questa volta formati su base territoriale: i pediakoi (proprietari terrieri del pedion), i paralioi (proprietari di regioni più costiere) e i diakrioi (della zona montuosa). Non si tratta di veri partiti, con tanto d’ideologie, ma emerge una dialettica del più grande interesse che tende ad affermarsi come lo strumento della soluzione dei conflitti.Pisistrato:In questo quadro si colloca la tirannide di Pisistrato, le cui caratteristiche e gli stessi infortuni, possono spiegarsi solo alla luce della particolare temperie politica ateniese. La carriera di Pisistrato rappresenta un’ampia conferma dello stretto rapporto che sussiste tra oplitismo e tirannide; egli, infatti, crebbe in prestigio e potere dopo aver esercitato la carica di polemarco ed avere conseguito importanti successi contro Megara, a cui furono sottratti l’isola di Salamina e il porto di Nisea. Pisistrato ha un programma politico e sociale volto a quei problemi che l’opera soloniana aveva lasciato senza risposta: un autentico sviluppo della piccola proprietà ed una politica estera d’espansione. Ma non era facile instaurare una tirannide, col grado di coscienza politica e comunitaria maturata ad Atene: le resistenze sono molteplici. Non è un caso che ad Atene la tirannide sia l’anticamera della democrazia: un’anticamera non pacifica ma pur sempre la vera premessa storica. Solone aveva interpretato il ruolo dell’uomo di potere nella città come una funzione di mediazione e composizione degli interessi in conflitto, che operasse con la forza della legge entro i limiti delle competenze magistratuali: egli era l’antitiranno. Pisistrato tentò per tre volte l’ascesa al potere (nel 560/561, nel 549ca. e nel 534/533) e per due volte fu indotto all’esilio, riuscendo a prendere il potere solo al terzo tentativo. I tre tentativi di governo tirannico presentano caratteristiche diverse fra loro, solo progressivamente emerge in pieno la figura del tiranno. Contrastato inutilmente da Solone, ottiene il potere e lo conserva fino al 556/555, generale illustre

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per le sue imprese contro Megara, suscita un terzo partito, quello dei diakrioi, accanto ai due preesistenti. Feritosi, chiede al popolo una guardia del corpo e invece dei lancieri (=doryphoroi) ottiene dei mazzieri (=korynephoroi); occupa l’acropoli, tuttavia non cambia né magistrature né leggi, ma amministra bene e ordinatamente la città in base alle regole tradizionali, in questa fase di governo Pisistrato sembra una sorta d’aisymnetes, cioè d’arbitro e pacificatore fra i gruppi in lotta. Ma le contese fra i partiti sono all’origine del primo esilio del tiranno, una spregiudicata alleanza tra Licurgo e Megacle sbalza Pisistrato di sella, imponendogli il primo esilio. Il rientro, e il secondo periodo di tirannide, di Pisistrato sono frutto di un’altra alleanza politica, questa volta fra i diakrioi di Pisistrato e i paralioi di Megacle (la strada gli viene spianata da una donna che si traveste da Atena ed entra in città con un corteo conducendo Pisistrato). L’alleanza politica questa volta non regge, per inadempienze matrimoniali di Pisistrato che non voleva figli dalla stirpe sacrilega e maledetta degli Alcmeonidi, dal 549 al 543/542 Pisistrato resta al potere per poi essere costretto all’esilio una seconda volta a causa della pressione dei due gruppi, resterà in esilio per altri 10 anni per poi, nel 533/532, tornare al potere e restarvi fino alla morte (528/527), gli succederà il figlio Ippia, fino al 511/510, anno della sua espulsione. Solo il terzo insediamento ha luogo con quei mezzi straordinari e illegali, che fanno la sostanza d’ogni tirannide: Pisistrato stabilisce il suo quartier generale fuori dall’Attica, prima in Tracia e poi in Eubea; l’esercito insurrezionale sbarca a Maratona e si rafforza di partigiani dai demi di campagna, l’esercito ateniese va incontro a Pisistrato che da Maratona muove verso la città, ma è una reazione fiacca, l’instancabile candidato alla tirannide, dopo aver preso il potere, imbocca subito la strada della riconciliazione cittadina pur provvedendo a rafforzare il potere con numerosi mercenari. Solo in questa terza fase Pisistrato si pone in contrasto con gli opliti: con uno stratagemma “disoplitizza” gli ateniesi rinviandoli alla cura delle faccende private. Pisistrato istituì una forma di credito fondiario per favorire lo sviluppo dell’agricoltura e della piccola proprietà terriera; la creazione di giudici itineranti per i demoi fa capire l’attenzione di Pisistrato alla campagna, la creazione delle Grandi Dionisie cittadine significa che Pisistrato mirava ad un coagulo degli interessi della chora e dell’asty. In politica estera, la riconquista di Salamina e la presa di Nisea rappresentano imprese di Pisistrato nel golfo Sardonico anteriori alla tirannide.Sparta:Nel VI secolo assistiamo al definirsi di un ruolo egemonico di Sparta nel Peloponneso. Le guerre spartano-messeniche costituiscono il naturale seguito espansionistico dell’assestamento del dominio spartano in Laconia; ma il ruolo egemone, Sparta, se l’è guadagnato all’interno del Peloponneso con varie guerre. Nel VI secolo va collocata la guerra condotta da Sparta in aiuto degli Elei contro i Pisati che si volse storicamente a favore di Sparta, di cui gli Elei diventarono i fidi alleati, mentre si delinea il contesto della Lega Peloponnesiaca; di essa, la prima attestazione sicura è del 506, ma si ritiene che il 524 rappresenti un terminus ante quem. La Lega rappresenta un rapporto egemonico fiacco, qui vige il principio dell’autonomia:

Niente tributi. Niente guarnigioni spartane nelle città alleate. Rappresentanza dei membri nel sinedrio federale. Decisioni a maggioranza.

Atene:Nel 528/527 a Pisistrato succedono i figli: Ippia e Ipparco, nati dalla moglie legittima, e Iofonte ed Egesistrato (detto Tessalo) dalla coniuge argiva. Il potere formale è nelle mani del figlio maggiore, Ippia, politico migliore degli altri, Ipparco è l’intellettuale di famiglia, che pratica un meccanismo verso i poeti che da luogo al fenomeno della poesia di corte. La crisi della tirannide dei Pisistratidi esplode solo 14 anni dopo la morte di Pisistrato, nel 514/513, a creare il caso è l’irregolare e violento della famiglia, Tessalo, invaghitosi del giovane Armodio e da lui respinto: da un fatto così personale nasce la prima grave crisi della tirannide e una congiura che dovrebbe eliminare Ippia e Ipparco durante la processione delle Panatee, l’impressione di essere stati scoperti, sconsiglia i congiurati dal dar seguito all’attentato. L’avvento della tirannide ad Atene non aveva cancellato

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l’opposizione, anzi col tempo l’aveva rafforzata; gli Alcmeonidi, esuli a seguito del terzo avvento di Pisistrato, si erano creati una base a Delfi, dove assunsero l’appalto della ricostruzione del santuario. Nemica delle tirannidi, nel VI secolo, è Sparta e tramite i rapporti tra Delfi e Sparta, gli Alcmeonidi riuscirono ad avere l’aiuto di quest’ultima nel 511/510. Oltre all’opposizione esterna, fatta da Sparta, c’era anche quell’interna, di questa era espressione la congiura del 514/513 e dopo la cacciata d’Ippia nel 510, ad Atene si apre uno scontro politico tra l’alcmeonide Clistene, fautore di un profondo rinnovamento politico-costituzionale, e Isagora, che voleva invece l’oligarchia. L’abbattimento della tirannide dei Pisistratidi avviene in due tempi: durante il primo intervento di Sparta, dalla parte d’Ippia combatterono cavalieri tessali. I regni di Samo e Lidia:La tirannide di Policrate a Samo appartiene alle tirannidi di fase arcaica avanzata, che più rapidamente entrano in conflitto con l’aristocrazia locale e che giungono a porre le premesse per l’instaurazione della democrazia. La tirannide samia si lega con ambizioni talassocratiche, che si esplicano in una temibile attività piratesca; la tirannide samia appartiene inizialmente a quel tipo di tirannidi che costituiscono altrettanti regimi fiduciari della Persia: il tiranno è in questi casi l’agente del re. La morte di Policrate fu causata dalla sua politica troppo autonoma nei confronti del re di Persia e dei suoi satrapi per non causare gelosie, fu così ucciso dal satrapo di Lidia. Sul piano economico, nella tirannide di Policrate coesistono diversi aspetti che segnano altrettanti momenti di sviluppo:

Intensi rapporti internazionali. Sviluppo dell’industria della lana. Grandi opere portuali. Costruzioni di gallerie, acquedotti e del nuovo tempio d’Era.

Il regno dei Lidi è la prima realtà storica orientale, di cui i Greci hanno una compiuta esperienza o memoria; è attraverso la storia dei Lidi che i Greci ricordano e rappresentano altri regni orientali.L’ascesa dei Persiani:Ciro II in un trentennio di regno (559-530 a.C.) viene a capo di tutte le situazioni politiche costituitesi dopo la scomparsa dell’impero assirio. Ciro il Grande, pose fine al regno Neobabilonese con la conquista di Babilonia nel 539, impose la sua sovranità alle città fenicie e morì combattendo contro i Massageti, al confine orientale dell’impero. A rafforzare il confine meridionale di quest’impero provvide il figlio Cambise con la conquista dell’Egitto nel 525, Cambise moriva nel 525 senza essere riuscito ad assoggettare Cirene o Cartagine; in Persia si svolgeva un’aspra lotta per il potere tra l’elemento sacerdotale ed elementi dell’aristocrazia iranica, fra i quali s’impose Dario, ragione del suo successo fu la decisa riaffermazione del potere monarchico, in un momento in cui forze diverse si contendevano il potere. L’impero persiano diventa il modello storico dello Stato barbarico potente e in grado di minacciare i greci; un modello per:

La sua sistematica politica d’espansione. Per la sua struttura d’efficienza organizzativa. Per la sua ricchezza.

Clistene:Clistene escogita tutta una nuova geografia e geometria dei rapporti politici. Al posto delle 4 tribù personali, egli introdusse le 10 tribù territoriali: l’appartenenza alla tribù non dipendeva più dal rapporto personale e familiare, ma dalla residenza; sul territorio dell’Attica era disperso un gran numero di centri diversi, i demi, le piccole comunità che preesistono alla riforma clistenica, innovatrice per il fatto di trasformarli nelle cellule vitali della nuova struttura politica. Dei tre vecchi gruppi politici (pediacii, paralii e diacrii) resta una traccia nella costituzione del territorio di ciascuna tribù, che consterà di una trittys dell’asty (città), di una medogaia (interno) e di una paralia (costa). Un elemento in qualche misura nuovo è l’asty (il centro urbano che comunque sorge nel pedion): la mesogaia si compre in larga parte col territorio della diaria, e la paralia continua ad essere la fascia costiera. Al vecchio frazionamento politico-terriroriale si sostituisce una rappresentazione del territorio secondo fasce concentriche; il principio è quello d’immettere nella

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nuova base della struttura comunitaria, fondendole nella medesima tribù, frazioni che un tempo costituivano la base della divisione dell’Attica. La parola d’ordine della riforma di Clistene è mescolare, classificare ciascuno secondo il demo, che è la cellula vivente dello Stato, che, attraverso la tribù, costituisce il quadro organico fondamentale della nuova polis. E’ perciò istituito un consiglio (boulè) dei Cinquecento, cinquanta per ciascuna delle 10 tribù, il prytanis, che altrove è un alto magistrato, ad Atene è il nome di ciascun membro del nuovo consiglio popolare: e la prytaneia (pritania) è al tempo stesso una frazione di 1/10 della boulè e quella frazione di 1/10

dell’anno in cui si prepara l’ordine del giorno dell’assemblea. In ogni pritania ci sono un’assemblea principale, e ordinaria (kyria) e tre straordinarie; per quanto riguarda il modo di designare gli arconti ad Atene, esso dovrebbe essere:

1. Originariamente per elezione.2. Con Solone, per corteggiamento fra 40 eletti dalle 4 tribù.3. Per elezione, da Pisistrato al 487.4. Dal 487 fin oltre il 457, per sorteggio fra 500 candidati eletti dai demi.5. All’epoca d’Aristotele, per sorteggio fra 100 candidati, sorteggiati essi stessi 10 per tribù.

Permane la distinzione in pentacosiomedimni, cavalieri, zeugiti e teti; è istituito l’ostracismo, cioè la procedura attraverso cui si denunciava, in due tempi, il timore che qualcuno e poi semmai un dato personaggio costituisse un pericolo di tirannide per la democrazia. Clistene doveva aver già elaborato gran parte della sua riforma costituzionale, quando gli si oppose Isagora, il primo scontro fu vinto da Isagora, ma il popolo, guidato da una boulè, s’è già insediata e Isagora e Cleomene si arrendono, nello stesso anno Clistene rientra e si può ritenere che abbia completato e reso definitiva la sua opera di rinnovamento. Dal 506 gravi minacce s’addensano sul capo della neonata democrazia ateniese; vecchi rivali si coalizzano contro Atene, invadono l’Attica, ma sono respinti e in seguito vittime del contrattacco ateniese; gli Spartani premono sulla Lega Peloponnesiaca per un intervento contro il nuovo regime politico e per la restaurazione della tirannide d’Ippia, ma i Corinzi si oppongono, invitando gli spartani ad una riflessione storica sui mali della tirannide, l’opera di dissuasione ha effetto e la democrazia ateniese è salva.La I Guerra Persiana:Con le conquiste di Ciro il Grande e del figlio Cambise, l’impero persiano aveva raggiunto dimensioni vastissime: l’avvento di Dario introdusse nuove forme organizzative nella struttura dell’impero e un nuovo dinamismo nella sua politica verso l’esterno, al sovrano la tradizione attribuisce un’organizzazione amministrativa e fiscale dell’impero in venti satrapie. L’origine del conflitto greco-persiano vanno ricercate nelle condizioni dei Greci della Ionia, nei loro rapporti con i dominatori persiani. La rivolta degli Ioni d’Asia, ha una premessa nell’episodio di Nasso: Aristagora, tiranno di Mileto, chiede al satrapo persiano di Sardi di svolgere una spedizione nell’isola di Nasso con la scusa di guerre civili in corso, per poter ricondurvi gli aristocratici scacciati; la spedizione fallisce e Aristagora per paura delle conseguenze da inizio ad una rivolta deponendo la tirannide, egli allora si rivolge dapprima a Sparta, ma Cleomene gli rifiuta l’aiuto da lui richiesto, riceve migliore accoglienza ad Atene, che invia venti navi portando così all’abbattimento di tutti i tiranni delle città ioniche. A Cipro l’adesione alla causa greca fu solo parziale e i ribelli, rimasti fedeli al re, furono abbattuti nei pressi di Salamina da un esercito persiano sbarcato nel 497; Aristagora abbandona il campo e cerca di costruirsi un dominio in Tracia, ma è ucciso a Mircino. La flotta fenicia, con contingenti ciprioti, attaccò Mileto nel 494, all’apparire della flotta, le città di Rodi e Alicarnasso, fanno pace col re, gli Ioni solidarizzano con Mileto ma sono sconfitti nello scontro navale dell’estate del 494. La flotta fenicia tornava in possesso dei suoi vecchi possedimenti (Chio, Lesbo e l’Ellesponto), mentre Milziade II, tiranno del Chersoneso tracico, trovava scampo ad Atene; nel 492, il re Dario inviò il generale Mardonio con un esercito ed una flotta in Tracia, i risultati furono positivi per i Persiani che comunque subirono notevoli perdite. Nel 491 i Persiani iniziarono i preparativi per una spedizione contro gli Ateniesi, quindi nel 490, condussero una flotta prima verso le Cicladi, poi verso l’Eubea e l’Attica; Nasso fu distrutta, le Cicladi si sottomisero e l’Eretria fu data alle fiamme, da lì sbarcò in Attica, a Maratona,

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dove gli ateniesi decisero di uscire dalle mura e affrontare il nemico. I due eserciti si fronteggiarono per alcuni giorni, furono poi gli ateniesi ad attaccare e i persiani furono sconfitti. Nel 488 si apre ad Atene un altro conflitto, quello con Egina, che si risolse in un disastro, appena sbarcati, gli ateniesi, furono subito costretti sulla via del ritorno; con l’inizio della guerra contro Egina coincide una serie di innovazioni nella politica interna:

Prima applicazione dell’ostracismo. Adozione della procedura del sorteggio per l’arcontato.

Temistocle:In questo periodo emerge politicamente un nuovo personaggio, Temistocle, che sembra essere stato arconte nel 493, ma che solo dopo il 484 assurge a ruolo di uomo politico decisivo. Fra le vittime politiche dell’ascesa di Temistocle c’è Aristide, ostracizzato nel 482, egli fu in realtà uno dei principali costruttori della potenza navale ateniese favorendo la creazione della Lega navale nel 478/477, definendo gli aspetti della sua organizzazione tributaria e contribuendo ad Atene della creazione del sistema sociale delle indennità e all’inurbamento della gente di campagna.La II Guerra Persiana:Nel 485 Dario muore nel corso dei preparativi di una nuova spedizione contro la Grecia. Serse n’eredita il regno e il disegno della spedizione: si trattava di far valere la specifica qualità militare dell’impero e quindi era necessaria una spedizione di terra affiancata dalla flotta. Nel 481 le truppe sono raccolte in Asia Minore e nel giugno del 480, Serse, fa varcare loro l’Ellesponto su due ponti di barche, raggiungendo la Macedonia. Da parte greca si era tenuto il congresso all’Istmo degli stati greci decisi a resistere ai persiani, si dichiarò pace generale in Grecia e si richiamarono gli esuli politici, gli inviati di Serse, che chiedevano la sottomissione ai greci, riservando la punizione ad ateniesi e spartani, furono rimandati indietro. A difendere le Termopile (uno stretto varco fra il mare e le pendici dell’Eta) furono mandati i popoli della Grecia centrale (Focesi, Locresi, Beoti), le truppe di mare si scontrarono con una dura resistenza greca e furono decimate, mentre le truppe di terra, grazie alla negligenza dei Focesi, aggirarono le Termopile, e furono sconfitti. Allo sfondamento della posizione delle Termopile faceva seguito il dileguarsi dei Focesi e la resa dei Locresi e dei Beoti; ad Atene fu presa la decisione di abbandonare la città, trasferendo donne e bambini a Salamina ed ad Egina. La flotta greca si concentra a Salamina, al comando d’Euribiade, e quella nemica nel Falero; ateniesi, eginesi e megaresi ottengono che i greci affrontino i persiani nel canale tra Salamina e l’Attica: lo scontro avvenne di mattina, esperienza e luoghi giocavano a favore della flotta greca che riuscì a spingere la flotta persiana verso l’Attica, causandole gravi perdite. Nella battaglia di Salamina, i meriti di Temistocle consistettero solo nella scelta strategica di optare per lo scontro navale, lasciando momentaneamente Atene in mano ai persiani. Serse fa rientrare la flotta in Asia per pochi giorni, mentre l’esercito è ricondotto in Tessaglia, quindi affidato al comando di Mardonio, che invade la Beozia e devasta nuovamente Atene. Intanto, le forze peloponnesiache si riuniscono all’Istmo, al comando d’Eurianatte e Pausania, un’avanguardia riesce a mettere in salvo Megara, costringendo i persiani alla ritirata in Beozia 2. Nel 479 da Delo la flotta greca raggiunge Chio e Samo per sollecitare gli Ioni alla rivolta, sono abbattute le tirannidi filopersiane e sono inserite le isole di Samo, Chio e Lesbo nella lega greca: nel 479, si realizzano i fini della rivolta di Aristagora del 499. La flotta greca si dirige verso la zona degli stretti3 ottenendo subito il voltafaccia d’Abido, ma con l’arrivo dell’autunno i peloponnesiaci se ne tornano a casa, lasciando il campo agli ateniesi, che prendono Sesto con l’aiuto degli Ioni. Nella primavera del 478, una flotta peloponnesiaca al comando di Pausania torna ad operare, insieme agli ateniesi e agli ioni, nella zona di Cipro e degli Stretti: è conquistata Bisanzio. Pausania e il suo successore sono rimandati a casa per il loro comportamento troppo duro e per sospetti di filomedismo.La Magna Grecia e la Sicilia:2 E’ catturato Mardonio, l’accampamento persiano è in mano dei greci che liberano la Beozia, puniscono Tebe e sciolgono la lega beotica.3 In quanto l’Ellesponto, Abido e Sesto erano ancora in mano persiana.

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Il VI secolo rappresenta il periodo di massima fioritura della Magna Grecia, in quest’epoca le città achee s’impegnano a costituire un’area unitaria e cancellare ogni traccia d’intrusione. L’espressione Magna Grecia sta quindi ad indicare il dilatarsi verso Occidente della grecità, la “grandezza” è al tempo stesso culturale e politica. La guerra combattuta e vinta dagli Achei contro Siri, e quella combattuta e perduta dai Crotoniani contro i Locresi, hanno ancora l’aspetto di comuni conflitti territoriali; lo scontro tra Crotone e Sibari, che termina con la distruzione di questa ultima e nell’acquisizione del territorio, si arricchisce di un motivo ideologico4. Il gran successo e incremento territoriale si ripercuote negativamente su Pitagora5: la sede dei pitagorici è data alle fiamme e Pitagora è costretto all’esilio. Le tirannidi di Sicilia si rivelano come formula di governo più adatta alle prospettive di un incremento territoriale d’alcune città in epoca post-arcaica. A Gela, Ippocrate cerca di costituire un dominio territoriale a danno di greci e siculi, la sua politica è proseguita da Gelone, della stirpe dei Diomenidi, egli antepone i progetti espansionistici, le prospettive d’ordine territoriale e militare su scelte anti-aristocratiche. Quando, però, questo modello espansionistico è assunto anche dall’agrigentino Terone, Cartagine reagisce immediatamente, come risposta all’atteggiamento nuovo dei greci verso il territorio. Terone scaccia Terillo da Imera e questo ultimo chiede aiuto ai Punici, questi sbarcano a Panormo e si mossero all’assedio d’Imera, l’intervento di Gelone sotto le mura produsse l’annientamento dei cartaginesi ai quali fu concessa la pace. Gelone muore nel 478, gli succede il fratello Ierone, con il quale si accentuano gli aspetti personali del potere, egli osteggia le città calcidesi, assoggettando Catania e trasferendone gli abitanti a Leontini e sostituendone la popolazione con nuovi cittadini. Dopo la morte di Ierone, gli antichi abitanti tornano a Catania, mentre gli Etnei dovettero migrare. Negli anni di Ierone, Messana è strettamente legata a Reggio, ma al di là dello stretto e delle due città sorelle, non manca occasione a Ierone di far sentire la sua voce, la sua politica espansionistica si presenta come intervento occasionale circoscritto. Il fenomeno storico della tirannide in Sicilia si caratterizza anche per l’insediamento di mercenari di varia origine, che costituiscono un problema dopo l’abbattimento e la cacciata dell’ultimo di essi, Trasibulo.

Capitolo Terzo: “Il secolo di Atene”

Per pentecontaetia s’intende il periodo di 50 anni che intercorre tra la fine delle guerre persiane e l’inizio della guerra del Peloponneso. Per Tucidide il periodo è la lunga gestazione dello scontro tra Atene e Sparta, nel quale si mescolano due nozioni fondamentali: l’una è quella secondo cui gli spartani tendono a crescere come esseri organici, se in un determinato spazio storico, geografico e politico coesistono e concrescono due realtà di questo tipo, è anche un dato naturale che esse si scontrano; con questa concezione naturalistica, s’intreccia una concezione delle responsabilità: Sparta è la città che psicologicamente si configura come il mondo della conservazione, Atene è la città del coraggio, dell’intraprendenza che sconfina nel gusto del rischio. Sulla responsabilità di fondo di Atene, Tucidide non ha dubbi, egli attribuisce la responsabilità immediata ai peloponnesiaci.La Lega Ellenica:Momento decisivo per la presa di coscienza, da parte d’Atene, del suo nuovo ruolo, è l’assunzione dell’egemonia della Lega ellenica, la cui sede del sinedrio federale era nell’isola di Delo. La finalità dichiarata, sotto la spinta di Cimone, è quella della continuazione della difesa dai persiani, e di un

4 A Sibari l’aristocrazia è oppressa dalla tirannide e chiede asilo a Crotone, Telys ne chiede l’estradizione e Pitagora, consigliere dell’aristocrazia crotoniana, spinge e convince alla guerra. L’aristocrazia pitagorica è di tipo ideologico e mira ad un regime di proprietà comunitaria che risente del modello spartano.5 Gli estremisti vorrebbero la distribuzione delle terre ai Sibari, mentre i pitagorici vorrebbero la gestione comunitaria della terra.

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regolamento dei rapporti nell’Egeo soddisfacente per i greci. Temistocle era molto più interessato ad un conflitto con gli spartani che con i persiani, una volta ostracizzato, egli si recò dapprima nel Peloponneso, poi in Epiro e infine in Persia; per la tradizione, la causa del suo ostracismo fu il medismo.Argo e l’Elide:Ad Argo, intanto, dopo la sconfitta subita a Seppia nel 494 ad opera degli Spartani, s‘instaura un provvisorio governo di servi, ma si ha soprattutto un’evoluzione della città verso forme democratiche; è introdotta una quarta tribù accanto alle tre tribù doriche tradizionali, ciò sembra segnare questo particolare sviluppo. In Elide, gli sviluppi verso la forma democratica sono il risultato storico della condizione e dell’organizzazione del territorio: una campagna libera, popolata cioè da centri dotati di forte autonomia, e tutti insieme producono e promuovono un centro urbano, sede delle decisioni politiche.Cimone:Ad Atene è ora il momento dell’ascesa di Cimone, il figlio di Milziade II, egli libera dalla residua presenza persiana Eione e assoggetta Sciro, non è, però, certo se egli fu il generale che asservì l’alleata Nasso. Ma l’apogeo della carriera di Cimone è la battaglia dell’Eurimedonte (470/469), una duplice battaglia, navale e terrestre, presso la foce del fiume Panfilia in Asia Minore; notevole fu anche il ruolo di Cimone nella spedizione ateniese contro Taso: nel Pangeo, Taso possedeva e sfuttava numerose miniere d’oro, nel 465 Taso diserta, e dal 465 al 463 inizia il lungo assedio dell’isola. La guerra di Taso rappresenta un salto di qualità nella politica ateniese verso gli alleati, è chiaro che ormai Atene interferisce nello stesso assetto economico delle città alleate. L’intervento ateniese a Taso faceva comunque seguito ad una rivolta, e inoltre quest’area dell’Egeo settentrionale è di grande interesse per Cimone in quanto appartente al Chersoneso tracico. Una volta conseguita la vittoria, fu intentato processo contro Cimone da parte di gruppi democratici radicali per colpire un uomo che era in discesa nella sua carriera politica. Lontano dalle vittorie dell’Eurimedonte, Cimone poté essere denunciato per il sospetto di essere stato corrotto da Alessandro I il Macedone, al fine di evitare una spedizione punitiva contro Alessandro che aveva aiutato i Tasii. Nel 462, egli impegnò Atene a fianco degli spartani, che avevano chiesto il suo aiuto nella guerra contro i Messeni, poiché Sparta era stata distrutta nel terremoto del 464, prima gli iloti della Laconia e della Messenia e poi alcune aree del Taigeto n’avevano approfittato per ribellarsi. L’intervento ateniese, però, non risultò efficace, anzi alimentò negli spartani la paura di collusioni con gli insorti, fu così deciso il rinvio a casa del contingente ateniese, causando un crollo del prestigio di Cimone che fu ostracizzato nel 461. Una volta liquidato Cimone fu facile mettere in atto le riforme proposte da Pericle ed Efialte:

Abolizione dei poteri politici dell’Areopago. Riduzione dei poteri dell’Areopago negli omicidi volontari. La remunerazione dei magistrati.

La ribellione messenica è destinata a durare dieci anni, alla fine un buon numero di messeni lasciò il Peloponneso, a patto di non tornarvi più e fu aiutato da Atene a raggiungere e colonizzare Naupatto, sul golfo di Corinto.Pericle:Dal punto di vista della politica estera, Pericle appare come un personaggio di profilo discutibile, in quanto il suo periodo al governo ingloba il momento della maggior espansione della Lega delio-attica, ma anche un momento di crisi con le ribellioni di Mileto, dell’Eubea e di Samo e con l’avvio della guerra del Peloponneso. La strategia di Pericle, di contenimento e logoramento dell’avversario, ebbe poco tempo per esplicarsi, in quanto morì nel 429, due anni dopo lo scoppio della grande guerra. La grandezza di Pericle è proprio nella sua politica interna e nell’ideologia che la sorregge, egli è il campione della democrazia, viene, infatti, rappresentato come il protos aner che conduce il demos ma sa contraddirlo ma anche farsi amare con la forza dei suoi ragionamenti (Tucidide). L’aspetto più caratteristico, e storicamente rilevante, delle qualità politiche di Pericle è la rigorosa distinzione e decantazione tra pubblico e privato: l’ambito del privato si configura come

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il regno dell’individuale e del diverso, mentre il pubblico si presenta come il regno dell’uguaglianza e dell’omologia; due cose distinte e diverse, in prima istanza, ma che debbono essere messe in rapporto fra loro. Lo stato pericleo s’incaricherà di realizzare l’accordo e l’armonia tra il mondo del diverso e il mondo del conflitto, e quello dell’accordo e dell’intesa nella sfera pubblica. Pericle lascia, di fatto, in vita il mondo del privato tradizionale, quello, cioè, della proprietà e del privilegio ma anche quello dei nuovi bisogni. La tradizione storiografica ha nettamente distinto fra la liberalità di tipo aristocratico di Cimone e la politica assistenziale di Pericle:

La munificenza di Cimone ha dell’improvvisazione, ma si realizza su termini che ricordano il rapporto clientelare.

La politica assistenziale periclea si attua col denaro pubblico e si presenta, non come beneficio-favore a livello privato ma, come remunerazione destinata al cittadino per l’esercizio di una funzione pubblica.

Pericle agisce nella sfera razionale: il suo rapporto col demos è mediato da un filtro intellettuale, il sentimento non è, però, assente ma è solo distinto; in quanto è sulla sfera dei sentimenti che Pericle agisce, determinando un’altalena attraverso la leva della persuasione razionale. Pericle nasce a Santippo intorno al 495, appare sulla scena politica come accusatore di Cimone (463); tra il 472 e il 463 non ci sono eventi di rilievo nella biografia periclea, ma, quando Cimone mancò di trasferire la guerra nel continente contro Alessandro I, Pericle gli intentò un processo, ma a causa dei suoi toni estremamente moderati, Cimone fu assolto. In questo periodo si fa largo sulla scena un personaggio nuovo: l’opinione pubblica, che ha trovato canali istituzionali in cui esprimersi; di questo nuovo personaggio l’ambiente pericleo tiene conto. Il dominio politico di Pericle durò circa 40 anni, e vi si distinguono due fasi:

1. Pericle primeggia contro gli avversari6.2. Successiva all’ostracismo di Tucidide (444/443).

Pericle tenne per almeno 15 anni continui la strategia, e prima del 443 svolse certamente un ruolo politico di primo ordine: la fase più dinamica e aggressiva dell’imperialismo ateniese riflette l’opera di personaggi quali:

Leocrate, generale della guerra condotta contro Egina nel golfo di Saronicco (459-457). Mironide, vincitore della battaglia d’Enofita, in Beozia (457), contro gli Spartani. Tolmide, protagonista del vittorioso circumnavigazione attorno al Peloponneso (455). Cimone, contribuì al rafforzamento navale dell’impero fino al 461.

Le iniziative ateniesi, in politica estera, sono da riconoscere nelle alleanze strette con Argo, con i Tessali e con Megara. Fu Inaro, principe dei Libi ai confini con l’Egitto, a chiedere agli ateniesi d’intervenire in Egitto, la spedizione d’Egitto (megale strateia) fu determinata da un occasione presentatasi in un contesto diverso: l’attacco a Cipro, che gli ateniesi stavano conducendo prima della richiesta d’Inaro, rientrava nel quadro di una liberazione del Mediterraneo dai persiani, e la rivolta in Egitto offriva l’occasione per completare l’opera. Per qualche tempo gli ateniesi riescono ad occupare, in Egitto, la zona del Delta, e per un anno e mezzo resistono all’assedio persiano, poi, però, i persiani prosciugano le acque intorno all’isola di Prosotide, nel quale gli ateniesi erano bloccati all’assedio, e riescono a catturare la flotta ateniese e causano la fuga degli ateniesi occupanti dell’isola, Inaro è tradito, consegnato ai persiani e ucciso. Accanto alla megale strateia, Atene combatté altre guerre:

Contro Corinto, che si sente provocata dall’alleanza tra Megara e Atene. Contro Egina, che cederà dopo tre anni di conflitto, nel 456.

Progressivamente si estende la guerra navale d’Atene nel Peloponneso e dintorni, l’inclusione di Megara all’alleanza d’Atene, favorisce anche il controllo di questa ultima su due porti della città confinante col territorio attico: Nisea, sul golfo Saronico, e Page, sul golfo Corinzio. Un intervento spartano in favore dei Dori della Metropoli contro i Focesi (458/457) blocca i tentativi d’espansione della presenza politica d’Atene nella Grecia centrale, ed ad Atene si ha, per la prima e ultima volta (prima del 411), un complotto contro la democrazia: c’è chi vuole fermare la costruzione delle

6 Efialte, Leocrate, Mironide, Cimone, Tucidide.

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Lunghe Mura e il connesso processo di sviluppo di una democrazia a base navale; ma i conservatori restano leali e gli spartani rischiano di restare bloccati nella Grecia centrale, ma grazie alla vittoria conseguita in una località vicino Tebe (457), gli spartani riescono a forzare il blocco ateniese ed a rientrare nel Peloponneso. Dopo 60 giorni gli ateniesi, al comando di Mironide, si prendono una rivincita ad Enofita, sui beoti, alleati degli spartani; alla vittoria segue un periodo di forte ingerenza ateniese negli affari della Beozia e dell’Attica, è sciolta la lega beotica e si procede ad una correzione dei confini tra Beozia ed Attica, la situazione durerà così fino alla sconfitta subita dagli ateniesi a Coronea (447). Negli anni 50, Atene persegue una politica d’intese con elementi non greci della Sicilia Occidentale e con città non doriche di Sicilia e d’Italia, a questo ambiente si rivolge l’iniziativa dell’invio di una flotta da parte d’Atene nel golfo di Napoli; di spiriti diversi sarà l’iniziativa della fondazione della colonia panellenica di Turii (444/443). Una tradizione colloca nel 449 la stipula di un trattato tra Atene e Persia, che chiuderebbe ai persiani l’accesso al mar Egeo e interdirebbe all’esercito persiano di avvicinarsi alla costa occidentale dell’Asia Minore ad una distanza inferiore ai tre giorni di marcia. II Guerra Sacra:I Focesi avevano, intanto, occupato il santuario panellenico di Delfi, che sorgeva nel loro territorio, ma che non s’identificava con la Focide e i suoi interessi. Gli spartani intervengono a favore dell’autonomia di Delfi, Pericle restituisce ai Focesi l’amministrazione del santuario.Pericle:Pericle convoca nel 448 un congresso di tutti i greci viventi ad est del mar Ionio, per decidere:

1. Della ricostruzione dei templi distrutti dai persiani.2. Dei voti pronunciati durante la guerra.3. Della libertà di navigazione.4. Del mantenimento della pace.

Nel frattempo, in Beozia, c’erano state trasformazione dei governi in senso democratico, giacché un certo numero d’esuli oligarchi riesce ad occupare Orcomeno e Cheronea provocando l’intervento di Tolmide, che riesce ad espugnare Cheronea, ma che nella marcia di rientro, a Coronea, è attaccato da beoti esulti d’Orcomeno, da Locresi, da esuli euboici e da alleati con le stesse idee politiche; alla sconfitta segue la liberazione della Beozia dall’interferenza politica ateniese e la creazione della Lega beotica. Dello stesso segno fu la rivolta dell’Eubea, che seguì subito dopo: Pericle si reca nell’isola, ma gli giunge la notizia della defezione di Megara, sostenuta da una coalizione peloponnesiaca, torna così in Eubea, doma la ribellione e da Istea caccia gli abitanti sostituendoli con una cleruchia ateniese; Calcide ed Eretria sono così vincolate a trattati che limitano fortemente l’autonomia della città. Diversa da queste è la ribellione di Samo tra il 441 e il 439; ma è la seconda metà degli anni 40 il periodo in cui si consolidano la politica sociale di Pericle, l’attività nel campo dell’edilizia pubblica, la costruzione dello Stato sociale, la democrazia nautica e la ricerca di una centralità per Atene nel mondo greco. Più si rafforza il modello pericleo, più cresce l’opposizione: nel 444/443 è ostracizzato Tucidide, le iniziative di politica estera sono meno ispirate a mania di solitaria grandezza, nel 444/443 è fondata, sul sito dell’antica Sibari, una colonia panellenica. Alla pace trentennale del 446/445 segue un periodo d’imperialismo pacifico ad un imperialismo bellicista, anche se sarebbe più giusto parlare di un imperialismo più duro all’interno dei confini dell’impero e ideologicamente più connotato, che succede ad un espansionismo megalomane e dissennato. Nel 443/442 l’impero della lega navale è ripartito in 5 distretti. Scoppia un conflitto fra Mileto e Samo per il possesso del territorio di Priene, Mileto chiede aiuto ad Atene e Pericle interviene con una flotta e s’impadronisce di Samo e v’instaura la democrazia (441); nel 440 una rivolta riporta al potere gli oligarchi, con l’ausilio di Bisanzio, portando Pericle ad intervenire nuovamente con la flotta, il primo intervento non è però risolutivo ma nel 439 Samo si arrende e perde l’autonomia. La politica periclea sembra configurarsi come un complesso sistema, che innovò per alcuni aspetti, e conservò per altri, e verso cui si fece comunque sentire profondamente un’opposizione conservatrice. La complicità che si viene a creare far conservatori e radicali è di tipo obiettivo: gli strumenti della democrazia sono messi in moto dall’opposizione conservatrice, ai

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danni di chi quegli strumenti li aveva inventati, se la parte popolare crea dei problemi a Pericle, questo non accade per un’opposizione ideologica, ma proprio in virtù di un’affinità coerente fino in fondo. Il primo vero conflitto fra Pericle e il popolo si produrrà solo nel 430, quando i sacrifici della guerra faranno individuare in Pericle il capro espiatorio, deponendolo dalla strategia per essere poi rieletto nel 430/429.La Sicilia:Gli aspetti salienti del periodo post-tirannico in Sicilia sono la restaurazione democratica, da intendere come “forma repubblicana” regime politico non soggetto ad un monarca o ad un tiranni, e la questione dei mercenari, questi sono espulsi da Gela, Agrigento e Imera. A Reggio, dopo la morte d’Anassila (476), Micito assunse la tutela dei figli minorenni d’Anassila, Micito accentuò la politica di dinamismo espansionistico che aveva caratterizzato la politica del precedente tiranno, colonizzò Pissunte (471/470) e al tempo stesso prestò aiuto ai Tarentini contro gli Iapigi e con essi condivise una terribile sconfitta. Per i Tarentini, il disastro militare fu l’occasione per un decisa trasformazione politica. A Reggio seguì l’esilio di Micito, l’avvento al potere del tiranno Leofronte e la ribellione e il recupero della libertà (461/460). A questo punto a Messina intervengono i mercenari espulsi da Imera, che s’impadroniscono della città; il conflitto che si viene a creare è fra Imera e Agrigento che riesce a cacciare i mercenari rifugiatisi ad Eraclea Minoa. Una pace generale consentì finalmente ai mercenari di tornarsene in patria, mentre gli esuli furono richiamati nelle città e le terre ridistribuite. Con la fine degli anni 60 si concludono i sussulti politici interni alla Sicilia.Ducezio:Ducezio, il capo dei Siculi, riunì in una sola confederazione tutte le città sicule, raccolto un esercito notevole, trasferì Menai dalle alture in pianure, fondò Manaionon, costituì presso il santuario dei Palici una città, Palice, distribuì ai suoi le terre tutt’intorno Morgantina, e più tardi rivolgerà le sue armi contro Etna-Inessa, occupata dai mercenari e da Diomene proprio su territorio siculo. Ormai Ducezio, che aveva cominciato ad inserirsi nel contenzioso creatosi fra gli stessi greci, può concepire un programma sistematico e organico di conquista delle località interne della Sicilia. Battuti gli agrigentini e i siracusani in campo aperto, Ducezio s’impadronì di qualche tempo di Motyon7, l’anno successivo, sconfitto dai siracusani a Nomai, abbandonato dai suoi, il capo siculo si rifugiò come supplice presso gli altari dell’agorà di Siracusa, la sua sorte fu decisa dalla parte più benevola della cittadinanza che lo relegò a Corinto. Molti aspetti della vicenda di Ducezio, dimostrano che l’opposizione tra Siracusa e Siculi non era radicale. Ducezio è autorizzato a partire da Corinto in forza di un oracolo, porta a Calatte alcuni greci, ma fa partecipare alla fondazione anche dei Siculi; una malattia lo stronca, quando sembrerebbe progettare di nuovo di conquistare il dominio sui Siculi. Questi diventeranno ormai oggetto di protettorati esterni, e alcune delle linee politiche seguite dai tiranni e dalla successiva democrazia saranno ricalcate e sviluppate da un tiranno, Dionisio I, più crudamente coerente nel progetto di creazione di un dominio territoriale continuo ed esteso.L’Arte e la Filosofia:I decenni che cominciano con le vittorie sui persiani, sono anche il periodo, sul piano dell’architettura templare, di grandi realizzazioni in Occidente e nel Peloponneso. La scultura in bronzo fiorisce sia nel Peloponneso sia nell’Occidente. Ad Atene si segnala, negli anni del predominio di Cimone, l’esecuzione di una serie di opere pubbliche: si costruiscono la tholos e la stoà Poikile nell’agorà. Tra il periodo di Cimone e quello di Pericle si distribuiscono i grandi capolavori della statuaria religiosa di Fidia. Il programma pericleo di opere pubbliche si sviluppa dapprima nel senso delle opere difensive delle Lunghe Mura tra Atene e il Pireo e successivamente il programma pericleo prevede di rilanciare Atene come capitale culturale della Grecia attraverso il riassestamento dell’acropoli e dei nuovi lavori ad Eleusi. Al di sopra del vecchio Partenone è costruito, tra il 447 e il 438, il Partenone di Ictino e Callicrate. Sono costruiti tra il 437 e il 432, i

7 Fortezza in territorio agrigentino (451).

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Propilei, ingresso monumentale sul lato ovest dell’Acropoli ad opera di Mnesicle, sulle pendici meridionali dell’Acropoli sorge l’odeion, edificio coperto per audizioni musicali. Ad Eleusi è ampliato il Telesterion8. All’epoca di Pericle appartiene il progetto della ricostruzione del tempio d’Atena Nike, fioriscono anche in questo periodo un notevole quadro di attività artigianali. Il V secolo è anche quello in cui il rapporto “tesaurizzazione-circolazione”, “accumulazione-scambio/investimento”, non solo è presente ed opera, ma attinge il livello della riflessione teorica della cultura. Atene diventa in quest’epoca, un centro capace di richiamo per gli uomini e le espressioni culturali più diverse, un ambiente intrinsecamente cosmopolitico, l’ultima fase periclea è caratterizzata dall’arrivo di grandi filosofi:

Da Clazomene, Anassagora. Dalla Tracia, Protagora, Leucippo e Democrito. Da Elea, Parmenide e Zenone. Da Leontini, Gorgia. Da Ceo, Prodico. Dall’Elide, Ippia.

La Guerra del Peloponneso:Nel 431 scoppia la guerra del Peloponneso che, pur avendo come oggetto la potenza o il potere, ha in più una fortissima connotazione ideologica, corrispondente alla radicalizzazione del conflitto politico in Grecia. Si assume come data d’inizio della guerra l’invasione dell’Attica da parte dell’esercito peloponnesiaco, guidato dal vecchio re di Sparta, Archidamo II. Le guerre greche nascono come conflitto territoriale; alla guerra del Peloponneso si attribuiscono, secondo Tucidide, come cause tre o quattro fatti:

1. L’intervento d’Atene nel conflitto nato tra Corinto e la sua colonia nel mar Ionio, Corcira.2. La ribellione di Potidea, colonia corinzia, contro la pretesa ateniese di indebolirne i rapporti

con la madrepatria.3. Il decreto d’Atene contro i diritti commerciali di Megara.

Atene era interessata ad un’azione provocatoria di portata limitata, che lasciasse percorrere l’ultimo tratto verso la guerra con Corinto9 agli avversari, facendo cadere su di essi la responsabilità morale della guerra10. A Potidea, Atene ingiunge di recidere i legami con la madrepatria, attraverso l’eliminazione dell’epidamiurgo (supermagistrato) mandato annualmente da Corinto e di abbattere le mura verso la Pallene. Nel 432 giunge però il rifiuto di Potidea e la sua disdetta degli obblighi di città alleata d’Atene. Gli interventi ateniesi furono numerosi, per la necessità di contrattaccare e fronteggiare Pedicca II, che si era schierato al fianco di Potidea. Davanti ad una Lega pelonnesiaca sempre più disposta a controazioni, Pericle proibì ai Megaresi di frequentare l’agorà Attica e i porti dell’impero11. Tucidide vede nello scontro tra Atene e i peloponnesiaci, l’esito ineluttabile di un processo naturale, quello della crescita dell’impero ateniese; l’intraprendenza storica che esso esibisce contrasta con i timori di parte peloponnesiaca, nella successione dei fatti l’iniziativa della guerra è dei peloponnesiaci, nelle cause ultime la responsabilità è dell’espansionismo ateniese. I due casi di Potidea e Megara determinano a Sparta un graduale orientamento verso la guerra, i potideti subito dopo la ribellione ad Atene, ottengono dagli spartani una promessa d’aiuto, ma solo il caso di Megara, fa sì che l’assemblea spartana, prima, e quella federale peloponnesiaca, dopo, dichiarino che Atene ha violato la pace, e decidano la guerra. La guerra scoppia all’inizio della primavera del 431 con un incidente a Platea12, dopo di ciò la pace è ormai definitivamente violata. Con Sparta si schierano tutti i peloponnesiaci, tranne gli argivi e quasi tutti gli achei, con Atene sono i chii, i lesbii, i plateesi, i messeni di Naupatto, gli arcanani, Corcira e Zacinto, e le città dell’impero sparse

8 Sala per le iniziazioni.9 Il bersaglio diretto d’Atene sono le colonie di Corinto.10 Si ragiona in termini di “guerra giusta” in quanto sarà l’opinione pubblica a decidere della guerra.11 Questo significò strangolare l’economia di una città che viveva delle esportazioni di tessuti.12 Con la complicità d’oligarchi plateesi, una notte, irrompe in città l’esercito tebano, ma il ritardo nei rinforzi e l’inesperienza dei luoghi da parte degli invasori ne determinano la sconfitta.

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dalla Caria alla Doride d’Asia, alla Ionia e all’Ellesponto. Due mesi dopo l’attacco fallito a Platea, l’esercito peloponnesiaco, al comando del re Archidamo II, invade l’Attica settentrionale, l’invasione dura appena un mese con l’effetto di devastare i campi, mentre gli ateniesi si tengono chiusi in città. L’anno successivo lo schema dell’invasione peloponnesiaca è sempre la stessa, ma è fermata dalla peste che dilaga e costretta a ritirarsi. Nei mesi successivi, il confronto tra Atene e Sparta si ha a distanza: Potidea cade nelle mani degli ateniesi, che, però sono sconfitti nella Bottia. Segue la famosa spedizione del re dei traci in territorio macedone, fin quasi sotto le mura di Pella, Pericle intanto è rieletto alla strategia (429/428), ma muore colpito dalla peste nel 429. Nello stesso anno, i peloponnesiaci, dissuasi dalla peste ad invadere di nuovo l’Attica, concentrarono i loro sforzi su Platea, che cadde nel 427. Nel 427 sul versante radicale emerge come leader Cleone, sul fronte dei conservatori viene alla ribalta Nicia. Nel 428 si ribellano ad Atene le città dell’isola di Lesbo, a capeggiare la rivolta c’è la città di Mitilene, che i peloponnesiaci accolgono nella loro Lega, comincia così l’assedio di Mitilene, per mare e per terra, nella primavera del 427 una flotta peloponnesiaca arriva in Ionia quando ormai Mitilene si è arresa. Cleone propone una punizione esemplare: la distribuzione del territorio cittadino fra i cleruchi ateniesi, la sua proposta è approvata, ma il giorno dopo un ripensamento induce a più miti provvedimenti. Nell’estate del 427, Platea invia la sua resa ai peloponnesiaci, nello stesso anno a Corcira scoppia un violento conflitto fra oligarchi e democratici, e grazie all’invio di una flotta da Atene, il conflitto si volge a favore di quest’ultimi; l’intervento ateniese a Corcira conferma la motivazione anti-corinzia del conflitto ancora nel 427. In quest’epoca Atene sembra aver spostato il suo interesse attivo in zone occidentali, nell’estate del 426 lo stratego Demostene subisce una grave sconfitta nel tentativo di impadronirsi dell’Etolia; nella primavera del 425 gli ateniesi decidono di rafforzare il contingente in Sicilia, Demostene riceve l’incarico di raggiungere la Sicilia costeggiando il Peloponneso, pronto ad intervenire in qualsiasi momento utile. Con poche navi Demostene si assestò a Pilo, in Messenia, all’ingresso della baia dell’isola Sfacteria, Pilo doveva diventare la spina nel fianco dei peloponnesiaci, che per bloccare gli ateniesi a Pilo, decisero di occupare sia la Messenia sia l’isola di Sfacteria; ma l’intervento di una nuova flotta ateniese cambia la situazione: gli ateniesi divennero sia assediati che assedianti, in una posizione più favorevole di quella degli spartani, furono, infatti, quest’ultimi ad aprire le trattative per un armistizio, che consegnava agli stranieri le flotte peloponnesiache radunate davanti a Pilo, ma l’armistizio non giunse a pace, su consiglio di Cleone, e fu bloccato dall’assemblea ateniese. Ma con l’arrivo dell’inverno il blocco ateniese sarebbe stato vanificato, Cleone proponeva d’intervenire tempestivamente, Nicia rispose offrendogli il comando dell’operazione. Cleone guidò a Pilo i soccorsi richiesti da Demostene e l’indomani ci fu lo sbarco ateniese a Sfacteria, lo scontro culminò con la resa degli spartani. Nel 424/423 Cleone fu eletto stratego e fu tra i fautori dell’iniziativa d’Atene contro Megara, che, però fu bloccata da Brasida e nello stesso anno attacco Anfipoli e la conquistò. Il 424 è anche l’anno del rientro dall’impresa siciliana, richiamato Lachete, il nuovo stratego Pitodoro dovette registrare la perdita di Messina, ma l’arrivo della flotta ateniese preoccupò i sicelioti che decisero di lasciar cadere le discordie interne. Nel 423 si ha ad Atene la creazione del primo “partito della pace”, Lachete riuscì a far stipulare nello stesso anno un armistizio della durata di un anno. Intanto in Tracia e Calcidica si espande la ribellione contro Atene, che intende punire in maniera esemplare Scione ed invia al comando di Nicia una flotta che pone l’assedio a Scione. Nel 422/421 è rieletto stratego Cleone che assume l’iniziativa di un attacco diretto alle posizioni di Brasida, con un esercito attacca Eione, ed in una ricognizione sotto Anfipoli è attaccato dallo stesso Brasida, Cleone cade e Brasida muore. Si riaprono così le trattative per la pace che nel 421 è approvata, si stipula un armistizio della durata di 50 anni13. Il trattato garantisce la libertà di tutte le espressioni culturali e l’autonomia di Delfi e del santuario, inoltre ad Atene dovrà essere restituita Anfipoli e le città della Calcifica saranno autonome da Atene, pur continuandole a pagare il tributo, agli spartani, invece, sarà restituita Pilo e

13 La pace di Nicia, che s’ispira al principio delle restituzioni o delle compensazioni obbligatorie al posto delle restituzioni.

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Citera14. Ma le tensioni fra Atene e Sparta si determinano nuovamente sul terreno dell’egemonia, i greci tornano così al confronto e al conflitto immediatamente dopo la stipulazione della pace di Nicia, subito dopo la stipula del trattato iniziarono ad avvertirsi le difficoltà di realizzare gli equilibrati scambi previsti: il nuovo generale spartano del settore tracico non fu in grado di restituire Anfipoli, perciò Atene non restituì né Pilo né Citera; corinzi e beoti si sentivano frustrati nelle loro attese, a questo punto Elide, Mantinea, Corinto e i calcidi, stingono alleanza con Argo, e ad Atene, intanto, è nominato Alcibiade alla strategia che, nel 420, stipula un’alleanza con Argo, mentre nel 419/418 vi è la denuncia ateniese della violazione della pace da parte spartana. Nell’estate del 418 il re spartano, Agide II, penetra l’Arcadia e attacca Argo, con cui, però stipula una tregua destinata al fallimento a causa d’Atene. Grazie a questa battaglia, Sparta riprende il dominio sul Peloponneso 15. Nel 417 Nicia guidò una flotta in Tracia, nel tentativo di riconquistare Anfipoli, con l’aiuto di Perdicca II, nel frattempo ad Argo era restituita la democrazia; nel 416 Nicia riprende un progetto aggressivo contro le Cicladi, dal 416 al 415 si svolge l’assedio di Melo, che finisce con una capitolazione degli assediati16. Nel 415/413 parte una nuova spedizione in Sicilia, a seguito della richiesta d’aiuto da parte di Segesta e Leontini contro Selinunte e Siracusa. Ma ad Atene si formano dei timori sulla spedizione, e dal confronto-scontro con Alcibiade, Nicia non n’esce vincitore, impegnando Atene nella spedizione in Sicilia17. Alcibiade parte nel 415 per la spedizione, la flotta costeggia l’Italia senza riscuotere simpatie nelle città greche, ma a Catania gli Ateniesi forzano la situazione ed irrompono in città, a questo punto è richiamato in patria Alcibiade, a Catania giunge la nave di Stato Salamina, per riportarlo ad Atene, egli l’accompagnò con la sua nave fino a Turii, dove fece perdere le sue tracce, per riapparire poi nel Peloponneso a Sparta (415/414). In Sicilia, la prima stagione di guerre si consuma in un’azione ateniese a sud-ovest di Siracusa, dove l’esercito siracusano ne uscì sconfitto; seguì il trasferimento dell’esercito ateniese a Catania e si cercò di guadagnare alleati in Sicilia. Nel 414 gli ateniesi s’impadroniscono delle alture delle Epipole. Inizia, però, la fase discendente d’Atene: Sparta e Corinto, dietro sollecitazione d’Alcibiade, inviano aiuti a Siracusa, lo spartano Gilippo, prende l’altura delle Epipole e vi fa costruire un muro, dopo il suo arrivo, Nicia, fa fortificare il capo Plemmiro, tra il 414 e il 413 si verificano due scontri navali, uno a favore degli ateniesi e uno a favore dei siracusani. Nel 413 Agide II invase l’Attica e diede inizio all’occupazione stabile di Decelera, intanto sempre nel 413 Atene inviava una nuova flotta in Sicilia, Demostene cerca di conquistare le Epipole, ma subisce una grave sconfitta, così la sera del 27/08/413 la flotta ateniese è pronta a salpare dal porto grande di Siracusa, ma un eclissi sconsiglia a Nicia di partire, permettendo così siracusani di bloccare l’uscita del porto, nel primo scontro muore Eurimedonte e nel secondo gli ateniesi sono costretti a tornare nelle loro basi di terra, i siracusani inseguono l’esercito nemico che si allontana, nella marcia l’avanguardia guidata da Nicia procede troppo velocemente per essere seguita da Demostene che guida il grosso dell’esercito, perduti i contatti, Demostene diventa il primo bersaglio dei siracusani ed è costretto alla resa, Nicia, intanto, procede a marce forzate verso sud, ma giunto al fiume Assinaro, subisce l’ultimo attacco del nemico e cade nelle mani dei siracusani, Nicia e Demostene furono giustiziati. La seconda parte della guerra del Peloponneso (413-404) inizia con l’occupazione spartana di Decelea, e possono individuarsi almeno quattro elementi nuovi, rispetto alla prima parte della guerra:

1. Il ruolo d’Alcibiade, una personalità politica, che tra il 415 e il 411, determina in senso negativo le vicende d’Atene, egli rappresenta l’esplodere della personalità in un contesto in cui i valori della poleis erano stati decisivi.

2. Ad Alcibiade si deve l’avvio di quei contatti con i governanti persiani dell’Asia Minore che dovevano inserirsi nella guerra al fianco di Sparta.

14 Intanto nel 421 era scaduta la pace trentennale fra Sparta e Argo.15 Argo torna al regime oligarchico, mentre Mantinea ed Elide firmano la pace con Sparta.16 Nell’isola s’insedia una cleruchia ateniese.17 In questo momento vi è l’episodio del danneggiamento d’alcune statue d’Ermes, fatto contro Alcibiade, che però è coinvolto nell’accusa di sacrilegio e rinviato a giudizio al momento del ritorno ad Atene della spedizione.

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3. Ad Alcibiade si devono iniziative per modificare la costituzione ateniese, ad esempio l’istituzione di una commissione di 10 probouloi (consiglieri).

4. Le dimensioni ed il ruolo che assume il problema degli alleati d’Atene.La ribellione ad Atene che aveva affiancato la guerra archidamica nell’Egeo orientale, ora si moltiplica e diventa sistematica, vi s’intrecciano la rivolta degli alleati ionici d’Atene, la sollecitazione e la presenza spartana e dello stesso Alcibiade, lo scontro tra le flotte dei due grandi schieramenti greci e gli interventi finanziari, militari e politici, dei persiani. Dopo la presa di Mileto da parte peloponnesiaca, comincia la serie dei trattati tra Sparta e la Persia 18, la materia dello scambio è la rinuncia, da parte persiana, alla difesa dell’autonomia dei greci d’Asia dal re di Persia, e la concessione d’aiuti finanziari per la guerra, da parte persiana. Nel 412 avviene il contrattacco ateniese, dalla base di Samo, muove una flotta per riconquistare Chio, ma all’inizio del 411 gli ateniesi hanno dalla loro solo Lesbo, Cos, Alicarnasso e Clazomene, i punti chiave di Chio, Efeso e Mileto, sono ormai perduti. Secondo Alcibiade, la situazione si poteva ribaltare instaurando ad Atene un regime oligarchico, Pisandro, raggiunge Atene latore di questa proposta. Nell’estate del 412 c’era stata nell’isola una rivoluzione democratica, che aveva fatto strage di capi oligarchi, nel 411 sono gli oligarchi a tentare di rovesciare la situazione uccidendo Iperbolo, l’intervento degli equipaggi ateniesi e dei nuovi strateghi è decisivo per soffocare il tentativo oligarchico. Un ruolo particolarissimo assume l’assemblea dei marinai ateniesi a Samo, si assiste ad una scissione della società: la parte della cittadinanza ateniese che serve nella flotta di Samo, intende incarnare la legittimità democratica; Alcibiade, che nel frattempo ha preso le distanze dagli oligarchi, è il “lontano” garante dell’operazione, i marinai ateniesi a Samo, pongono fine all’esilio d’Alcibiade, richiamandolo fra loro. La guerra navale, intanto, procede male per Atene nella zona dell’Ellesponto e dell’Eubea, una presenza attiva e una minaccia diretta degli spartani si fa sentire con la successione di Mindaro ad Astioco nella navarchia; presso Sesto e presso Abido si ebbero due scontri navali favorevoli ad Atene, nel 411, seguì la riconquista di Cizico, presto riperduto, ma nel 410 la flotta ateniese conseguiva nuovamente la vittoria e la flotta spartana era catturata. In Attica, intanto, il re Agide, spintosi da Decelea fin sotto le mura ateniesi, si trova davanti un esercito, ma rifiuta la battaglia; i tempi sono maturi per una piena restaurazione della democrazia e il personaggio che si mette in luce nel 410 è Cleofonte, è il ritorno del consiglio dei 500 e della democrazia delle indennità, abolite col colpo di stato del 411. Nel 409 la ripresa dei lavori all’Eretteo è segno del ritorno della democrazia, ed Alcibiade coglie (tra il 409 e il 408) nuovi successi nell’Ellesponto contro i peloponnesiaci e contro Farnabazo19. Alcibiade è eletto alla strategia nel 408, il rientro trionfale in patria coincide con l’assunzione della carica. Nel 408 è inviato a Sardi, Ciro, figlio di Dario II, con poteri di karanos20, determina un decisivo avvicinamento tra la Persia e Sparta, per l’intesa che si costituisce fra Ciro e Lisandro. Nel 408 rifiuta la provocazione che gli offre Alcibiade, ma accetta quella che gli fa il luogotenente d’Alcibiade, Antioco nel 407, questo è sconfitto e muore in battaglia. Nella primavera del 407 Alcibiade è deposto e sostituito con Conone; da parte spartana (407/406) è ancora attivo Lisandro, al quale, nella primavera del 406, succede Callicratida, questi conquista la postazione ateniese del Delfinio a Chio, poi spinge fino a Lesbo dove prende Metimna e sconfigge una flotta ateniese dislocata al comando di Conone. Una flotta ateniese affronta una spartana presso le isole delle Arginuse21, il comandante spartano muore nella battaglia, e gli ateniesi perdono 25 strateghi, vittoria pagata ancora più cara in quanto gli strateghi avevano omesso di soccorrere i naufraghi, per questo, quanti degli strateghi erano tornati in patria, furono sottoposti a giudizio di fronte all’assemblea popolare22, alle prospettive di pace sembrava non volersi disporre l’ala democratica-radicale

18 Sono tre, procurati rispettivamente da Calcideo, Terimene e Tissaferne.19 Satrapo persiano della Frigia.20 Capo delle forze persiane in Asia Minore.21 Situate tra Lesbo ed il continente asiatico.22 Il processo non fu un atto di follia della democrazia, ma l’espressione di un’esasperata coerenza che non volle sanare un comportamento colpevole neanche con la vittoria, c’è anche una certa volontà collettiva di

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guidata da Cleofonte. Alla navarchia spartana è tornato Lisandro, che riprende le operazioni nell’area degli stretti e dell’Egeo settentrionale, per quattro giorni gli ateniesi tentano di resistere all’attacco spartano, ma al quinto giorno sono sgominati da Lisandro; presto egli appare con una flotta davanti al Pireo, mentre da terra Pausania II congiunge le forze con quelle d’Agide II e marciano su Atene. Dopo qualche tempo gli eserciti spartani rinunciano all’assedio, ma resta la flotta a bloccare i rifornimenti, le proposte di pace di Sparta sono respinte da Cleofonte. Nonostante corinzi e tebani vogliano la distruzione d’Atene, il governo spartano si oppose e le condizioni furono:

Rinuncia d’Atene a tutti i possedimenti esterni. Abbattimento delle fortificazioni del Pireo e delle Lunghe Mura. Consegna della flotta da guerra. Richiamo degli esuli. Revisione della costituzione, che doveva tornare ad essere quella patria.

Per la seconda volta ad Atene è abbattuta la democrazia, in favore di un regime oligarchico, è instaurata una commissione di 30 costituenti incaricati di redigere le leggi e la costituzione patria. Il colpo di stato ideato da Pisandro, Antifonte e Teramene, tende a rivestirsi di forme legali, di qui la distinzione tra la costituzione del presente e quella del futuro.

Capitolo Quarto: “La crisi della polis”.

Con il crollo d’Atene, e la fine della guerra del Peloponneso, si da l’avvio ad un periodo di crisi che investe tutta la Grecia: si parla di crisi, quando la trasformazione investe una larga parte degli elementi che compongono l’assetto esistente, e quando i mutamenti s’addensano in un determinato periodo, ne risultano la rottura dell’equilibrio esistente e una cesura nel processo storico; una rottura importante è appunto la fine della guerra del Peloponneso, Atene e Sparta, nel V secolo, rappresentano non solo città diverse e nemiche, ma modelli di società, d’economie, di culture diverse, la guerra del Peloponneso è anche il momento del più consapevole divario all’interno del mondo greco: ne risultano lo scontro e il disastro. Con la crisi della polis, che si viene a creare, il disegno egemonico all’interno del mondo greco, quale aveva espresso Atene nel V secolo con la Lega navale delio-attica (407-404), è ripreso da Sparta: questa aveva fatto la guerra in nome dell’autonomia delle città greche, ma, come per uno scambio di ruoli, toccherà ad Atene, dopo la sconfitta e dopo l’oligarchia dei Trenta Tiranni, raccogliere il programma dell’autonomia. Emergono, in questo periodo, centri di minore urbanizzazione: caratteristica di ciò è l’egemonia tebana, che culmina negli anni tra il 371 e il 362, per il modo in cui si esplica, essa non fa che riproporre quel policentrismo, che sarà di nuovo la caratteristica della Grecia; una Grecia policentrica, da un lato, e relativamente omogenea al suo interno (IV secolo). La coscienza dello stacco tra il passato e il presente si esprime nella tendenza che la letteratura del IV secolo ha verso una considerazione in blocco delle esperienze passate, mai si era espresso, nella letteratura greca, un simile gusto dei bilanci storici; si forma una mentalità che considera il passato nella prospettiva della periodizzazione. Dal punto di vista della storia economica e sociale, il IV secolo registra fenomeni che sono nuovi per intensità e qualità, ma che nella sostanza continuano fatti e fenomeni del V secolo, si afferma che nel IV secolo la comunità civica cessa di essere socialmente omogenea, per inglobare categorie economiche diverse, ma, già la comunità economica del V secolo presenta categorie economiche diverse: questa varietà è già conseguenza della creazione dell’impero navale. La società oplitico-contadina è in crisi già nel V secolo, ma queste categorie economiche accentuano, nel IV secolo, le distanze e le ragioni del conflitto. Appare rivelante, nel IV secolo, il

farla finita con la guerra.

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ruolo dello straniero nel commercio, i mercanti stranieri sono al fianco di cittadini ateniesi, che partecipano con il ruolo solo di finanziatori; cresce il fenomeno del mercenariato, a seguito della crescita demografica e dell’impoverimento, che sviluppa il mercato del lavoro della guerra, nel IV secolo si sviluppano, inoltre, le banche private23. Sul terreno istituzionale, superato il governo dei Trenta Tiranni, si passa ad una democrazia di stampo moderato, nel IV secolo, aspetti particolari del radicalismo pericleo e post-pericleo si vanno attenuando; Trasibulo, esule dall’Attica, si trasferisce al Pireo e si batte a Munichia, nel 403, in uno scontro in cui muore Crizia, ma solo nel settembre del 403, gli oligarchi si ritireranno ad Eleusi, creandovi uno Stato che finisce già nel 401/400; Trasibulo è, dopo l’abbattimento dei Trenta, è il restauratore della democrazia. Nel 399 è condannato Socrate, egli è il tipico rappresentante dello sviluppo urbano d’Atene nel V secolo. Crizia, capo dei trenta costituenti, è una figura di politico intellettuale, è autore di poesie, di tragedie e di costituzioni: la sua prima elegia parla dei luoghi dove sono nate certe invenzioni, nelle costituzioni, egli elogia il comportamento severo e guardingo degli spartani verso gli iloti. Teramene, aveva contribuito all’instaurazione del nuovo regime, ma presto ne diviene vittima, egli è spogliato dei diritti politici e sottoposto a processo di fronte alla boulé; nella sua apologia, Teramene, definisce in termini negativi la sua posizione come contraria agli estremismi, nei confronti dei quali si colloca al centro. Le tre posizioni vigenti ad Atene nel 40424, finiscono col dar luogo ad una sostanziale ricomposizione, perciò, nel corso del IV secolo, si ha una convergenza di fatto sull’idea di patrios politeia; formalmente sarà la democrazia a vincere, ma essa si adatterà ad assorbire tante istanze della patrios politeia. La parola democrazia, nel IV secolo, si avvia a significare di nuovo “forma libera, repubblicana”, a recuperare, cioè, il valore originario d’opposizione alla tirannide o alla monarchia. Di fatto, la democrazia restaurata da Trasibulo, da Archino e da Anito, si presenta formalmente come un ritorno alla vecchia costituzione, Clitofonte è, nel 411, l’autore di un emendamento al famoso decreto di Pitodoro, che nel 411, istituiva una commissione di 30 probuloi, che dovevano redigere una costituzione, per Clitofonte si tratta di recuperare le leggi poste da Clistene quando istituì la democrazia. Lo scontro del Pireo del novembre-dicembre del 404, tra oligarchi e democratici, rappresenta una svolta, perché ora i 30 sono indotti a rimettere il potere ad un nuovo collegio di magistrati, i Dieci, che devono sperimentare le vie della pace. I 30, dopo la sconfitta del Pireo, si ritirano ad Eleusi, intanto i cittadini del Pireo, si organizzano e vanno promettendo l’isotelia25 agli stranieri, che continuano a combattere dalla parte dei democratici. Segue l’intervento spartano, condotto da Lisandro, che protegge gli oligarchi, e dal re Pausania II, che contrasta i disegni di Lisandro, e, in un primo momento, è costretto ad attaccare e sconfiggere quelli del Pireo, ma poi, durante la notte, invita i democratici del Pireo a mandargli ambascerie di pace, e fa opera di convincimento anche con “quelli della città”. La pace è fatta, con un’amnistia che esclude solo i 30, gli 11 e i 10 del Pireo, gli oligarchi che lo vogliono possono ritirarsi ad Eleusi, ma gli ateniesi, con Trasibulo, attaccano Eleusi e uccidono i generali oligarchi (401).Il processo a Socrate:Socrate è condannato, nel 399, anche come maestro di Crizia e d’Alcibiade. Secondo Taylor, gli ateniesi non ebbero il tempo di condannare Socrate nel 403, al ritorno della democrazia, infatti tutto il corpo delle leggi andava sottoposto a revisione, e conclusero questi lavori solo nel 401. Secondo De Sanctis, invece, l’integrale unità della polis, che si voleva ricostruire al prezzo della rinuncia alle vendette, sarebbe stata frantumata dal logos di Socrate e dal suo damon, in sostanza, la riconquistata unità, esigeva che si eliminassero gli autori d’azioni dissolvitrici. Sociologicamente legato all’esperienza della cultura democratica e urbana, Socrate ebbe un continuo contatto con l’ambiente degli artigiani, ma era convinto che si dovesse riformare il sistema elettorale ateniese, nel senso della scelta non con il sorteggio, ma con un voto di designazione, che premiasse le competenze

23 Fino al V secolo esistevano solo le banche pubbliche (templari).24 Secondo lo schema aristotelico, che tratta di tre partiti.25 L’isotelia è la condizione di colui che si trova a partecipare dei tele (obblighi fiscali) dei cittadini, si tratta di una categoria privilegiata di meteci.

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reali, anche nel campo politico, come in tutte le attività artigianali. Le accuse a Socrate furono fondamentalmente due nella formulazione definitiva:

1. Il theos ou nomizen, il non onorare gli dei.2. L’aver “guastato” i giovani.

Platone ha stabilito un nesso fra le due: della negazione del culto cittadino e dell’introduzione di nuove divinità egli ha fatto l’oggetto stesso di quest’opera di corruzione. Appare, comunque, evidente, il peso che ebbe il richiamo della responsabilità di Socrate come maestro di Crizia e Alcibiade: nel 399 si è ancora a poca distanza dalla seconda e definitiva conciliazione tra democratici e no; Aristotele ha, in ogni caso, esaltato il 403 come il momento dell’honomia, della concordia, ma la frattura si salda, quando rientrano gli oligarchi da Eleusi. Fra gli accusatori di Socrate, il ruolo d’Anito è notevole, egli è un democratico tradizionalista, un altro accusatore è Meleto: questi rappresentano due linee politiche convergenti, uno è un democratico tradizionalista, l’altro rappresenta un gruppo che con i 30 ha cooperato in certa misura26. Sono i due gruppi mediani della città, che si sono fra loro accordati. Va eliminato Socrate che è stato un cattivo maestro, padre degli “opposti estremisti”; ora che anche Eleusi è stata riassorbita, che l’unità si è ricostruita, che l’amnistia si è fatta compiutamente, si condanna l’uomo che potrebbe continuare a produrre uomini come Crizia ed Alcibiade, Socrate diventa, così, la vittima designata, la sua morte è il suggello della nuova concordia. Lisandro:Come accade in tutti i grandi scontri di natura ideologica, alla fine della guerra del Peloponneso, i due antagonistici somigliano molto più di prima l’uno all’altro. Lisandro diventa un personaggio-chiave per l’interpretazione della storia di Sparta, in cui i fermenti restano allo stadio di fermenti e le trasformazioni avvengono sempre in maniera coperta, egli è l’uomo politico più spartano e insieme più anti-spartano che si possa immaginare, è un “corruttore incorrotto”. Come padrone della Grecia, Lisandro, aveva ricevuto molti doni, era venuto in possesso di bottini, offerte, e li trasferisce a Sparta, dove si svolge un dibattito27, alla fine sarà possibile accogliere la moneta pubblica, con severissimo divieto di possesso privato; intorno al 400 fa il suo ingresso la moneta d’oro e d’argento, ma è moneta straniera ed è depositata in un tesoro pubblico. Lisandro è anche il creatore del culto della personalità, e ciò è non poco sorprendente nel cittadino di una città fondata sul principio della parità dei membri e del rispetto del corpo civico, egli erige una statua di bronzo a Delfi, e fu il primo dei greci a cui vivo furono dedicati altari e sacrifici. Il culto della personalità ha nella politica istituzionale di Lisandro un preciso corrispettivo in tentativi di abolire la basileia, egli vorrebbe rendere elettiva la regalità; fino ad allora la diarchia era stata ereditaria in due sole famiglie (Agiadi ed Euripontidi), ma per Lisandro, queste due famiglie, non sono le uniche rappresentanti degli Eraclidi a Sparta. Il confronto fra Sparta e la Persia:Intanto, in questo periodo, si era aperto un nuovo confronto con la Persia, sono proprio gli spartani a dare man forte a Ciro, quando egli decide di procurarsi un esercito di mercenari28, per marciare contro il fratello Artaserse II. Questa spedizione ha la sua data-cardine nella battaglia di Cunassa (401), dove arriva l’esercito dei mercenari greci, in cui gli spartani hanno un ruolo preminente. Ciro aveva chiesto agli spartani, come compenso per l’aiuto fornito durante la guerra del Peloponneso, il sostegno, l’invio di truppe, il reclutamento di mercenari, per la sua impresa. A Cunassa, Ciro combatte valorosamente e vittoriosamente, ma muore nello stesso scontro, e ciò trasforma la spedizione dei Diecimila in una ritirata. Una parte dei Diecimila, continuerà a combattere al fianco di Sparta, che per gratitudine e lealtà nei confronti di Ciro, si è lasciata attirare nella trappola asiatica; Tissaferne, dopo la morte di Ciro, è inviato come satrapo delle regioni d’Asia ionica.

26 La formula di De Sanctis (“l’unità richiede una vittima”) va applicata ad un accordo fra i due gruppi politici, i quali sanciscono in un’intesa formale quello che è un sentimento comune.27 Dibattito, il cui tema era se proibire l’ingresso della moneta a Sparta, o se giungere ad un compromesso...vince il compromesso.28 Spedizione dei Diecimila, 401-400.

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L’arrivo d’Agesilao29 in Asia nel 396 sembra cambiare la strategia spartana, sconfigge l’esercito di Tissaferne sotto Sardi, a questo punto il gran visir persiano, Titrauste, è inviato in Asia Minore per punire Tissaferne, però intavola trattative con Agesilao, proponendo invano che i greci d’Asia conservino l’autonomia, ma paghino i tributi alla Persia, e solo ottenendo a pagamento che Agesialo si rechi a fare spedizione nei possedimenti del satrapo di Frigia, Farnabazo. Così fa Agesilao, che verso la fine dell’inverno del 395 ritorna alla piana di Tebe e qui si prepara per una nuova spedizione nell’Asia Minore interna, in cui il bersaglio doveva essere la Cappadocia, usa però una strategia a lungo termine, e nel frattempo le cose in Grecia avevano preso un tale verso da costringere Sparta ad impegnare tutte le sue forze nella madrepatria.La guerra Corinzia:A mettere in moto la ribellione nel 395 della Grecia a Sparta fu, secondo Senofonte30, Titrauste, che invia Timocrate di Rodi, in Grecia, avendogli dato oro che egli doveva distribuire fra i personaggi più importanti delle città greche, ottenendo forti garanzie in previsione di una guerra a Sparta. Il conflitto si apre con scaramucce tra Focesi e Locresi, per questioni di confini e d’elementari razzie, quanto basta per permettere ai beoti d’intervenire a favore dei Locresi, nell’autunno del 395 Lisandro e Pausania II attaccano la Beozia (il primo muore e Pausania è condannato a morte, ma fugge in esilio). La guerra sposta ora il suo centro di gravità nel Peloponneso: qui gli spartani vincono nello scontro di Nemea, segue poi la vittoria navale di Cnido sulla flotta peloponnesiaca per merito della flotta persiana, comandata da Conone, segue poi il rientro d’Agesilao che vince a Coronea, nel 394. La linea politica seguita da Conone, dopo la vittoria del 394, è coerente con il principio dell’autonomia dei greci d’Asia. Il 393 vede il rientro di Conone ad Atene, e per suo impulso sono ricostruite le Lunghe Mura e il Pireo, con l’aiuto di sussidi persiani, che sono destinati anche ai Corinzi, i quali allestiscono una flotta. Nel 392, avviene un nuovo ribaltamento della politica spartana nei confronti della Persia, il cui protagonista è Antalcida, che denuncia al governatore di Sardi, Tiribazo, il fatto che gli ateniesi, con i soldi ricevuti da Farnabazo ricostruiscono le Lunghe Mura e si dotino di una flotta. Seguono le trattative per la pace di Sardi, Antalcida, dopo aver fatto le sue denunce, offre al governatore persiano la rinuncia alla tutela dell’autonomia delle città greche d’Asia, il compenso per Sparta è l’autonomia delle città greche della madrepatria, mentre quelle d’Asia, sono rimesse alla sovranità del re di Persia; di fronte al rischio di vedere frustrate le proprie aspirazioni egemoniche, ateniesi, argivi e tebani, rifiutano la proposta di Tiribazo di una pace fondata sullo “scambio” concordato fra Sparta e Persia. Nel marzo del 392 è annessa ad Argo Corinto, nell’agosto del 392 seguono colpi da una parte e dall’altra, gli spartani conquistano il porto corinzio (Lecheo)e, nell’inverno del 392/391, hanno luogo le trattative di Sparta; nel 391 gli spartani si trovano a riprendere il Lecheo, che nel frattempo era stato riconquistato dagli alleati. In Asia, al posto di Tiribazo, è inviato un nuovo satrapo, Struta, un filo-ateniese, e contro di lui si battono gli spartani, torna Tibrone e Dercillida riprende il controllo dell’Ellesponto; Tibrone riprende l’attacco diretto contro il cuore del dominio persiano, muore e gli succede Difrida. Gli spartani continuano a fare una guerra non contro i persiani, ma contro il filo-ateniese Struta, nel 388 a Sardi c’è il filo-spartano Tiribazo; intanto Conone, arrestato da Tiribazo, riesce a fuggire a Cipro, dove morì, ad Atene risorge, intanto, la stella di Trasibulo. Nel 390, dal Peloponneso, ha luogo una nuova campagna d’Agesilao, contro Argo e Corinto; del 390 è anche una gloriosa vittoria di un generale ateniese, Ificrate, su un reggimento spartano. A questo punto, delegazioni di tutti gli Stati greci confluiscono a Sardi, il satrapo Tiribazo estrae il testo della pace come inviato dal re, che ritiene giusto che le città d’Asia siano sue e sancisce l’autonomia delle città, le cleruchie dovranno essere ateniesi e comunica che se qualcuno si opporrà a questa pace, o non l’accoglierà, Artaserse muoverà guerra su tutti i fronti e con tutti i mezzi. Gli spartani divengono i padroni della pace inviata dal re, mentre ateniesi, tebani ed altri greci rimasero delusi

29 Fratello d’Agide II, gli era subentrato al posto del figlio Leotichida, a causa di un oracolo e dell’intervento di Lisandro in suo favore, 400-398.30 Un’altra versione afferma che l’inizio delle ostilità fu causato da Farnabazo, satrapo di Frigia.

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perché non erano state cedute le città greche d’Asia. L’esito di questa pace è la carta di rifondazione della Lega navale, che si trova iscritta nella stele di Nausinico, il testo si articola in due parti:

1. Le finalità della symmachia (alleanza), ossia che gli spartani lascino vivere in pace i greci liberi e autonomi.

2. Che sia fatta salva la pace generale che i greci e il re avevano giurato.Il principio dell’autonomia, solennemente sancito dalla pace d’Antalcida, è espressamente richiamato come un fondamento che non s’intende in alcun modo violare, ma questa pace è abilmente messa a frutto dagli ateniesi, che si ritagliano tutti gli spazi possibili ed usano il principio di libertà e autonomia proprio contro Sparta. Il decreto d’Aristotele, prevede che alla Lega possano aderire città che non siano nella terra del re di Persia. L’egemonia di Sparta:La pace d’Antacilda non risolveva di colpo tutti i problemi né dissipava tutti i conflitti. Dalla pace era, certamente, avvantaggiata Sparta, ma anche Atene si rimise presto all’opera per guadagnarsi tutto lo spazio politico possibile. Nel Peloponneso il primo conflitto in cui Sparta fu coinvolta fu quello con la città arcadica di Mantinea, che in questo periodo era ancora una roccaforte democratica nel Peloponneso e procede d’intesa con Atene e altri avversari di Sparta, il re spartano Agesipoli, dopo un primo inutile assedio, viene in possesso della città per averla allagata con il disarginamento del fiume, facendo subire alla città un dioikismos, ossia un frazionamento nei primitivi cinque villaggi. Con più gravi conseguenze fu l’intervento di Sparta contro la Lega calcidica, ai confini con la Macedonia: i calcidici (olintii) erano intervenuti a sostegno di un pretendente (Argeo) nelle lotte dinastiche seguite all’assassino del re macedone Archelao, occupando perfino Pella, gli olintii inglobarono Potidea e fecero pressioni sulle città confinanti, le quali chiesero l’intervento spartano; giunse un esercito al comando d’Eudamida, che ottenne la defezione di Potidea, risolutivo avrebbe dovuto essere l’intervento di un altro contingente al comando di Febida, ma durante la marcia, questi sostò a Tebe e, approfittando del conflitto in corso fra partiti filo-spartano e anti-spartano, nonché del tradimento perpetrato dal capo dei filo-spartani, Leontiada, che gli aprì una porta della rocca Cadmea, e se ne impadronì insediandoci una guarnigione (382). Il governo spartano condannò Febida, sotto la pressione della protesta greca, intanto la Lega calcidica era sciolta, e gli antichi confini della Macedonia ripristinati. Agesilao, inoltre, condusse un lungo assedio contro la città di Fliunte, che dopo la resa, consegnò a Sparta, che ne mutò il governo in un’oligarchia (381-379). Da questo momento fino alla battaglia di Leuttra (378-371), Sparta cerca di contrastare la ribellione e l’ascesa di Tebe, liberata nell’inverno del 379 da esuli aiutati da Atene, e di impedire la ricostruzione dell’impero navale ateniese. Sparta non accettò il nuovo stato di cose maturato in Beozia, dopo la liberazione della rocca Cadmea, nel 378 Agesilao invase la regione e giunse quasi sotto Tebe, dove ad attenderlo c’erano i tebani ed un contingente ateniese al comando di Cabria, infruttuose furono le altre spedizioni, sia quella del 377 comandata da Agesilao, che cade malato sulla via del ritorno, sia quella del 376 guidata dall’altro re spartano, Cleombroto, che non riuscì nemmeno a forzare il passo del Citerone. Nel 376, inoltre, Sparta subì un nuovo rovescio, causato dall’affermarsi d’Atene, che aveva ripreso a contrastare il suo dominio; durante l’estate la flotta peloponnesiaca fa rotta sulle Cicladi, dove scaccia da Delo gli ateniesi, ma nel canale tra Nasso e Paro, più di metà della flotta spartana è affondata da quell’ateniese, comandata da Cabria. Nella primavera del 377, Atene lancia il proclama della costituzione di una vasta alleanza, che fa propri i principi del re e non è intesa a contrastare la Persia, e si dichiara diretta contro Sparta. La pace del 375 durò poco, presto cominciarono i tentativi di Sparta contro Corcira31, Timoteo, intanto fu privato della carica di capo della flotta ateniese, e persino sottoposto a processo per le accuse dei due personaggi emergenti della politica ateniese, Ificrate e Callistrato, Timoteo fu assolto, ma rimase privo del comando. La prima, e fondamentale, contestazione dello schema politico su cui la pace del 375/374 era fondata, fu mossa dai tebani, che volevano firmare non come tebani, ma come beoti, la richiesta presentata da Epaminonda fu respinta, e ciò significò l’esclusione di Tebe dalla pace; la rinuncia alla rappresentanza dei beoti, e

31 Due tentativi, uno fallito nel 374 e l’altro nella tarda estate del 373, guidato da Mnasippo.

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quindi, alla conservazione della Lega beotica, era per i tebani inaccettabile: nel tentativo di imporre con la forza quella rinuncia, il re spartano, Cleombroto, attaccò la Beozia, a Leuttra avvenne il contatto col nemico, e fu qui che Epaminonda mise in atto per la prima volta la tattica della “falange obliqua”. Fu per Sparta un colpo durissimo, che segnò l’inizio del suo declino storico.L’egemonia di Tebe:Nell’area a sud della Tessaglia si rafforzava intanto Tebe, che costringeva Orcomeno a aderire alla Lega beotica, e piazzava guarnigioni a Nicea, presso le Termopile. In Arcadia si costituiva, intanto, una confederazione con un’assemblea generale, un collegio di strateghi e uno di magistrati federali, e una milizia stabile. Un intervento d’Agesilao per l’autonomia di Tegea, si risolse in un nulla di fatto, ma questa volta non fu Atene a portare aiuto alla neonata Lega arcadica, bensì Tebe; comincia, così, una serie di spedizioni tebane nel Peloponneso, sempre guidate da Epaminonda. Al compito di rafforzare la presenza e l’influenza beotica nel nord greco, provvede Pelopida, in Tessaglia egli libera Larissa, e poi interviene da paciere nelle contese dinastiche macedoni, tra il re Alessandro II e il cognato di questo, Tolomeo; l’arrivo di Pelopida ristabilisce l’influenza tebana in Macedonia, mediante un nuovo accordo con Tolomeo e la consegna di Filippo e il suo trasferimento a Tebe come ostaggio. Intanto in Arcadia la nuova Lega si rafforzava politicamente e si creava una capitale federale; nel 367 una terza spedizione nel Peloponneso, guadagnava l’Acaia come alleata di Tebe, il costo che però Epaminonda dovette pagare, fu quello della conservazione dei regimi oligarchici. Il segno della difficoltà in cui versa Sparta è nel ricorso all’intervento del re di Persia, ma l’ambasceria spartana a Susa, fu presto seguita da ambasciatori degli altri stati greci, coinvolti nelle contese in corso: Pelopida riuscì a far accettare tutte le richieste tebane con carattere di principio32; ma poi nel congresso di Tebe del 366 i beoti non riuscirono ad ottenere la convalida da parte greca. Altro fatto indicativo è la perdita d’Oropo, da parte d’Atene, a favore d’Eretria e di Tebe, che v’installa una guarnigione nel 366; non mancano conseguenze sul piano politico, come il processo a Callistrato e a Cabria: Callistrato, benché assolto dall’accusa di aver ceduto Oropo per corruzione, perde la propria influenza politica, mentre si riafferma la politica bellicosa e anti-spartana di Timoteo. Atene tenta di trarre vantaggi dei conflitti interni all’impero persiano, con l’invio di Timoteo, che conquista Samo, il re si riconcilia con Atene e le riconosce i diritti su Anfipoli, e Timoteo, nel 363, si sposta in area macedone dove s’impadronisce di Pidna e di Metone. Il 364 è ricco d’eventi anche per Tebe: Epaminonda avvia il suo programma d’armamento e di politica navale, con le prime navi disponibili, egli giunse a Bisanzio, che convinse ad uscire dalla Lega navale ateniese, e strinse buoni rapporti con Chio, Rodi e Cos; ma la politica navale si fermò lì: a Tebe non mancava solo una tradizione di pratica marinara e mercantile o la disponibilità finanziaria, ma non aveva altra ideologia da proporre che quella dell’autonomia e del particolarismo. Nello stesso 364 i tessali richiedono l’intervento tebano contro il tiranno Alessandro di Fere, ma gli è concesso un aiuto limitato, a Cinoscefale, Pelopida vinceva un attacco, ma lasciava la vita nel campo, nel 363 un intervento in forze dei beoti si concludeva con la sconfitta d’Alessandro, di cui si riducevano i domini; circa lo stesso anno, i tebani, procedevano a regolare i conti con Orcomeno, che alla fine fu distrutta e la popolazione maschile adulta sterminata. Nell’estate del 362, Epaminonda scende ancora una volta nel Peloponneso, prendendo base a Tegea, per un’azione contro Sparta, ma da Tegea, Epaminonda poté inviare solo la cavalleria beotica e tessalica, che si trovò davanti Atene e Sparta alleate; forti del sostegno degli alleati peloponnesiaci, i beoti accettarono la battaglia sull’altopiano di Mantinea, Epaminonda pur vincitore fu ferito a morte, e dopo questa battaglia in Grecia ci fu più confusione di prima.La tirannide dei Dionissii in Magna Grecia:Negli anni 415-413, di fronte ai fatti di Sicilia, Cartagine era stata a guardare, ma proprio dal conflitto fra Segesta e Selinunte deriva l’intervento cartaginese del 409, che provocò la distruzione di Selinunte e d’Imera, a cui seguì, tra il 406 e il 405, la distruzione e l’annessione d’Agrigento, Gela e Camarina da parte cartaginese. Nella primavera del 406, i cartaginesi avevano ripreso

32 Indipendenza della Messenia, concessione della Trifilia (contesa dagli Arcadi) agli Elei, ingiunzione ad Atene di disarmare la flotta e indipendenza d’Anfipoli, di cui Atene pretendeva il controllo.

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l’offensiva in Sicilia, il primo attacco è volto contro Agrigento, alla fine riconquistata; a Siracusa si parlò di tradimento: Dionisio, spalleggiato anche dagli aristocratici, Ipparino e Filisto, mise sotto accusa la conduzione della guerra, ottenendo la destituzione dei precedenti strateghi e la nomina di un nuovo collegio, egli accusò i suoi colleghi d’intelligenza col nemico, questi furono deposti e Dionisio divenne stratego con pieni poteri. Nell’estate del 405 i cartaginesi attaccavano Gela, Dionisio non riuscì ad espugnare l’accampamento nemico, fallì e Gela e Camarina furono evacuate. L’esito deludente portò ad una rappresaglia dei cavalieri contro la nuova tirannide, ma Dionisio sopravvenne da Camarina con la sua soldataglia e uccise alcuni cavalieri e ne scacciò altri. Verso la fine del 405 si stipulava la prima pace tra Dionisio e i cartaginesi33; dopo il primo trattato con i cartaginesi, Dionisio badò a rafforzare strategicamente e politicamente la sua tirannide, verso i greci, Dionisio adotta politiche diverse secondo le diverse aree, con il risultato della creazione di un dominio continuo, ma non omogeneo al suo interno, che si estenderà, nel 386, oltre lo stretto e che includerà:

1. Aree annesse a Siracusa.2. Messina, che resta città, per opportunità geografica e strategica, ma in posizione di

dipendenza politica.3. Reggio, che sarà distrutta.4. Locri, che è la sentinella degli interessi e del dominio di Dionisio.

Verso gli Italioti, il tiranno tenta le armi dell’intesa34, con Reggio tenta un’alleanza matrimoniale che però non va in porto, al contrario di ciò che avviene con Locri, ma non portò bene a Locri, Reggio, invece, formò la Lega italiota, a Crotone, contro il principio dello Stato territoriale costituito intorno a Siracusa, e rappresentato da Dionisio. Rapidamente, Dionisio affermò la sua autorità nella Sicilia interna, andando a cozzare contro il dominio cartaginese: nel 397 egli conquistava e distruggeva Mozia, nel 396 sbarcava a Panormo, Imilcone, che recuperò le zone elima e punica. Intanto il modello italiota, si esprimeva in forme d’organizzazione federale, dopo la seconda rivolta anti-pitagorica a Crotone e in altre città magno-greche intervenivano come mediatori gli achei di Grecia. In Sicilia, dopo nuovi scontri con i cartaginesi, nel 392 è pace fra loro e Dionisio35, che ora rivolge il suo sforzo contro Reggio, ma una tempesta risolve in disastro la spedizione navale, egli stabilisce allora una tacita intesa con i Lucani che compiono incursioni nel territorio di Turii; più che di un’alleanza fra Dionisio e i barbari si trattava di una coincidenza strategica, ma il generoso comportamento di Leptine, fratello di Dionisio, vanifica i vantaggi che egli si riprometteva dalla complicità con i Lucani, lo sostituisce, dunque, con l’altro fratello, Tearida. Nel 388 il tiranno passava all’azione contro la Lega italiota, presso il fiume Elleboro ebbe luogo la battaglia, che diede la vittoria decisiva alla Lega. Reggio, rimasta isolata, tentò prima una trattazione col tiranno, che però decise di porre la città sotto assedio, nella primavera del 386 avvenne la resa, sulle rovine della città Dionisio fece costruire un palazzo. In Adriatico, Dionisio fonda la colonia di Lisso, sulla costa illirica, favorisce la colonizzazione di Paro a Pharos e di Cnido in Corcira Nera, ma soprattutto iscrive queste iniziative in un disegno organico di buoni rapporti con gli Illiri; nel Tirrenio, l’attività di Dionisio si concentra contro gli Etruschi, ed impiantò anche una base in Corsica e strinse intese con i Celti. L’assalto dal “confine dell’istmo” si collega con una terza guerra contro Cartagine (379-374), in cui conseguì dapprima successi nella Sicilia occidentale e poi subì una grave sconfitta a Kronion, presso Terme, dove morì Leptine, alla

33 I pace: Selinunte, Agrigento e Imera appartenevano a Cartagine, i cittadini di Gela e Camarina divenivano tributari di questa, che esercitava la sua autorità anche sugli Elimi e i Sicani, e assumeva la tutela dell’autonomia dei Siculi, mentre a Dionisio era riconosciuto il dominio su Siracusa.34 Nel 399 c’era stato un nuovo intervento di Reggio e Messina in favore degli esuli di Nasso e Catania, ma presto Messina stringeva accordi con il tiranno, accettando il ruolo di presidio dello stretto.35 II pace: ottiene la rinuncia di Cartagine ad esercitare un protettorato sui Siculi, e il riconoscimento del proprio dominio in Sicilia, fatta eccezione per i territori punici ed elimi e qualche centro sicano, Agrigento torna sotto il dominio di Dionisio.

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fine della guerra si giunse nuovamente alla pace fra Dionisio ed i cartaginesi36. Sembra che, però, Dionisio abbia condotto una quarta guerra contro Cartagine, nel 367, allo scopo di migliorare le posizioni greche nei territori occidentali: Selinunte, Entella ed Erice caddero subito sotto il controllo del tiranno, ma l’assedio di Lilibeo, fu iniziato ed interrotto al sopraggiungere dell’inverno, durante il quale il tiranno morì. Con il riavvicinamento tra Atene e Sparta, si erano anche create le condizioni per la ricostruzione di buoni rapporti tra Atene e l’archon Sikelias, la vicinanza ideale a Sparta e la notorietà di Dionisio ad Atene, spiegano i primi due, dei tre viaggi di Platone a Siracusa. Dionisio II, figlio di Dionisio I, successe al padre, a dispetto dei tentativi contrari della discendenza d’Aristomache e del fratello di questa, Dione. La sua politica fu di contenimento:

Accordo con Cartagine. Intervento in favore degli italioti contro i lucani. Fondazione di due colonie contro i pirati in Apulia.

All’interno, il governo del giovane Dionisio fu caratterizzato da qualche misura sociale e politica, che nella tradizione ostile suscita l’immagine di perverso demagogo. All’interno della Lega italiota, si assiste ad un progressivo spostarsi del peso strategico da Crotone a Turii ed infine ad Eraclea, sede ideale per una Lega a partecipazione tarentina. La costituzione di Taranto è di tipo democratico-moderato, in essa, il potere più alto è detenuto da un pitagorico d’ultima generazione, Archita37. La rottura fra Platone e Dionisio, è da iscriversi, in primo luogo, nel conflitto tra il tiranno e Dione, che s’adopera per far tornare Platone in Sicilia, e che fu costretto all’esilio, perché sentito dal tiranno come una minaccia; Dione s’insediò in Grecia nell’attesa del momento opportuno per spodestare Dionisio, che, intanto gli sequestrò le rendite delle proprietà, inutile fu il terzo viaggio di Platone in Sicilia, nel 361, allo scopo di metter pace fra i due. Con il sostegno degli allievi di Platone e la complicità dei governi d’Atene e Corinto, Dione organizzò una spedizione contro Dionisio nella città dell’Istmo, Dione raggiunse la costa occidentale della Sicilia ed entrò trionfalmente a Siracusa, dove, però, il tiranno si chiudeva dentro le fortificazioni dell’isola d’Ortigia, riuscendo poi a riparare a Locri e lasciando Ortigia nelle mani del figlio Apollocrate. Nel campo degli avversari scoppiava intanto la discordia, la parte popolare dello schieramento, guidata da Eraclide, riusciva a cacciare Dione; seguirono nuovi successi delle truppe del tiranno, e poi il richiamo a Siracusa di Dione, che ormai diventava strategos autokrator. Comincia, così, una nuova forma di tirannide, ideologicamente diversa da quelle di Dionisio I e II, ma connotata lo stesso da comportamenti autoritari e violenti. In questo clima matura la ribellione di Callippo, che fece assassinare Dione dai suoi mercenari, nel 354, e assunse il potere, ma nel 353 fu spodestato da Ipparino II, uno dei figli d’Aristomache, e assassinato a sua volta da alcuni suoi ufficiali a Reggio nel 351/350. Dopo qualche anno (347/346)Dionisio riusciva a rientrare a Siracusa, scacciandone Ipparino II e l’altro fratellastro Niseo; ma l’opposizione trovava sostegno nel tiranno di Leontini, Iceta, lasciando Locri, Dionisio II espose alla vendetta i suoi familiari, finiva così tragicamente, con violenze reciproche, la buon’intesa fra i Dionisii e Locri, che era durata più di un cinquantennio.

Capitolo Quinto: “Macedonia e Grecia fino ad Alessandro Magno. Le origini dell’Ellenismo”.

36 III pace: appartenenza a Cartagine dei territori ad ovest del fiume Halykos, perciò di Selinunte, e forse d’Eraclea e Terme.37 I motivi ideologici del primo pitagorismo, senza essere rinnegati del tutto, subiscono un adattamento al contesto politico della città, attraverso una pratica di fitti agevolati per l’uso comune delle proprietà.

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Nel V secolo il territorio macedone è sottoposto alla dinastia degli Argeadi, che è d’origine greca, e più specificatamente argolica, in quanto il primo re dei macedoni discenderebbe da un ramo degli Eraclidi, quello dei Temenidi.Aminta I:Le vicende della dinastia macedone cominciano ad assumere i contorni storici solo a cominciare da Aminta I, VI secolo. Sono le spedizioni persiane di Dario I e di Serse ad interessare, anche se solo marginalmente, la Macedonia. Nel corso della spedizione di Scozia, del 513, Dario invia i suoi uomini al re di Macedonia, Aminta I, per ottenere il riconoscimento della sua sovranità formale sulla regione confinante con la Tracia.Alessandro I:Il lunghissimo regno d’Alessandro I, 498-454, sotto l’aspetto culturale, significa il riconoscimento definitivo, da parte greca, della grecità della dinastia macedone, attraverso il collegamento con Argo. Ad Alessandro I va anche attribuita una riorganizzazione dell’esercito attraverso la creazione di un’armata di pezeteri, una fanteria che veniva ad affiancarsi alla cavalleria degli eteri, probabilmente preesistente e che rappresentava un esplicito affermarsi di quei tratti omerici che erano congeniali al grado di sviluppo delle istituzioni politiche e militari della Macedonia.Perdicca II:Durante il regno di Perdicca II , 437-414/413, c’è un più attivo inserimento della Macedonia nello scontro di potere che si determina all’interno del mondo greco. Dall’incertezza della Macedonia di Perdicca II tra Sparta e Atene, si capisce che il vero problema politico e storico della Macedonia è Atene: l’altalena di Perdicca II è tra l’accettazione dell’egemonia di una città il cui ruolo culturale è vitale per la Macedonia, e il rifiuto di forme di dominio che contrastino troppo direttamente con gli interessi della Macedonia e dei suoi vicini. La fondazione di Anfipoli da parte ateniese nel 437/436 avviene senza l’ostilità macedone; dietro la ribellione di Potidea ad Atene e dietro la costituzione del nuovo Stato dei calcidici, nel 432, c’è la mano di Perdicca II.Archelao:Il regno d’Archelao, 414/413-399, è di fondamentale importanza, alla sua corte giungono, infatti, numerosi poeti ateniesi, fra cui Euripide. Tucidide attesta che Archelao dotò di strade dritte e di fortini il suo regno, provvide ad una migliore organizzazione sia della fanteria sia della cavalleria.Aminta III:Sotto Aminta III, 399-37038, la Macedonia conobbe una profonda crisi, risultante dall’assassinio di Archelao e dalle lotte dinastiche che ne seguirono. Egli dovette fronteggiare una Lega calcidica ormai divenuta ostile e intraprendente verso la Macedonia, al punto di occupare la capitale Pella; Aminta III invocò l’aiuto di Sparta, che debellò e sciolse la Lega calcidica dopo una guerra che durò tre anni, la Lega presto si ricostruì e riprese quei buoni rapporti con la Macedonia che ancora sussistevano all’inizio del regno di Aminta III, questi d’altra parte, nel 375, aderiva alla Lega navale ateniese. Perdicca III:Atene sostenne nelle lotte dinastiche il figlio di Aminta III, Perdicca III, 369-359, che dopo essere stato aiutato dagli ateniesi, contesta i loro diritti su Anfipoli, inviandovi ed installandovi una guarnigione, ma nel 359 perisce in una spedizione contro gli Illiri.Filippo II:La Macedonia di Filippo II, 359-336, non si pose il problema di un’unificazione politica, indifferenziata e centralizzata, del restante mondo greco intorno alla Macedonia. La politica egemonica perseguita da Filippo II presentava moduli diversi di politica estera e di forme di predominio, a seconda delle diverse aree e delle diverse regioni a cui quella politica espansionistica era destinata: nell’area macedone e trace, Filippo II perseguì una politica di espansione e annessione territoriale, di unificazione territoriale secondo principi di continuità e compattezza di

38 Dal 370 al 365 si hanno delle lotte dinastiche. E dal 370 al 369 regna Alessandro II, che interviene negli affari di Tessaglia, ma è assassinato da Tolomeo, che deteniene la reggenza per Perdicca III.

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dominio, nelle restanti regioni del mondo greco egli perseguì moduli diversi, i quali ricalcano fedelmente le tradizioni delle diverse regioni; in Tessaglia, Filippo II assunse la carica di tago, generalissimo, investito di ampi poteri non solo militari ma anche finanziari nell’ambito delle città tessaliche. A sud delle Termopile, la politica di Filippo II non poteva che essere d’egemonia, cioè di controllo dall’esterno, dapprima attraverso l’utilizzazione d’organismi panellenici preesistenti, e poi, quando questi organismi non bastavano più al suo scopo, attraverso la creazione di nuove forme associative e federative, improntate al principio dell’autonomia. Quel che risultò dalla battaglia di Cheronea, 338, non fu la morte della democrazia greca in assoluto, anzi essa conobbe la sua maggiore diffusione nel mondo greco proprio a cominciare dal IV secolo. I primi anni del regno di Filippo II, 359-357, sono contrassegnati da azioni dapprima diplomatiche, poi militari, rivolte a contenere, e successivamente a respingere, la pressione degli Illiri, dei Peoni, dei Traci sui confini della Macedonia. La fase successiva del regno di Filippo II, 357-336, rappresenta il periodo in cui si pongono le premesse dello scontro con Atene; in un trattato stipulato segretamente con Atene, il re macedone si era dimostrato disponibile a conquistare per Atene medesima Anfipoli e a consegnargliela, in cambio di Pidna. Ma nel 357 Filippo II procedeva all’annessione di Anfipoli, il suo gesto s’inserisce in un momento difficile per Atene, che reagisce con l’invio di una flotta al comando di Carete e di un’altra al comando di Cabria, ma nell’attacco intrapreso contro il porto di Chio, Cabria perde la vita; Carete ebbe a questo punto il comando generale della flotta, e intervenne nella rivolta guidata dal satrapo di Frigia, Artabazo, contro il re persiano. Nel clima del periodo successivo alla guerra sociale39, si colloca la figura di Eubulo, un finanziere di Atene, che amministrò dal 354 al 350 la cassa del theorikòn, cioè dei fondi per poter assistere agli spettacoli teatrali; egli svolse una politica di contenimenti degli interventi bellicosi e limitò al massimo tentazioni d’insediamenti coloniali.III Guerra Sacra:Dal 356 al 346, scoppia la III guerra sacra come espressione del tentativo di Tebe di tenere in vita un’egemonia che, di fatto, era stata compromessa dalla battaglia di Mantinea del 362, a ciò si aggiunge anche il desiderio di rivalsa dei beoti nei confronti sia dei Focesi sia degli spartani: agli spartani era imputato di aver occupato la Cadmea nel 382, e ai Focesi di aver coltivato la terra sacra di Cirra. A seguito dell’imposizione ai Focesi di una multa troppo forte, il loro generale Filomeno, occupa il santuario sostenendone l’originaria appartenenza ai Focesi. I beoti non si lasciarono sottrarre la funzione di tutori del santuario, perciò essi inviarono ambasciatori ai Tessali e agli altri anfizioni, invitandoli a prendere le armi contro i Focesi usurpatori; ne seguì una spaccatura all’interno del mondo greco. Nel 354 una svolta: i Tessali irrompono nella Locride e combattono contro i Focesi presso il colle Argola, ma ne sono sconfitti, successivamente l’intervento dei beoti raddrizza le cose. Il coinvolgimento dei tessali e quello successivo di Filippo II sono legati ad uno sviluppo particolare del conflitto intra-greco: i tessali chiedono a Filippo II di sostenerli contro il tiranno Licofrone di Fere, e Filippo interviene una prima volta nel 354, e poi nei due successivi scontri Filippo II, seguito dai Tessali è sconfitto da Onomarco: il 353 è l’anno più critico nella storia dell’ascesa politica di Filippo II e dell’espansione della Macedonia. Nel 352, Filippo II rientra per attaccare Licofrone, questi, però, ricorre all’aiuto dei Focesi, mentre Filippo induce i tessali ad associarsi con lui, che consegue una vittoria straordinaria su Onomarco; Filippo cerca ora di forzare il passaggio delle Termopile, ma qui lo bloccano gli ateniesi e gli spartani, che erano venuti in soccorso ai Focesi, Filippo rinuncia così ad attraversare il passo. Nel 351, Filippo dirige il suo attivismo militare ed espansionistico verso l’Egeo settentrionale, qui sembra essere giunto nei pressi di Perinto. Nel 347, logorati dal confronto con i Focesi, i beoti chiedono l’aiuto di Filippo, finalmente nel 345 i Focesi cominciano ad accusare segni di stanchezza e Filippo riuscirà in quell’anno a domarli, smilitarizzando poi le città e consentendo la partenza delle forze mercenarie. Conseguenza dell’intervento di Filippo fu la piena legittimazione del re nel quadro di quello che era lo strumento panellenico per eccellenza, il sinedrio anfizionico: Filippo aveva così realizzato il

39 Quando la Lega navale ateniese conosce una prima grave crisi a seguito della ribellione delle città alleate, cui presto s’aggiunge Bisanzio su sollecitazione del satrapo di Caria, Maussollo.

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disegno d’intervenire nel mondo delle città greche nella posizione e forma più legittima possibile, e gli venne anche attribuita la presidenza dei giochi pitici.La Guerra di Olinto:La guerra fra Filippo e Olinto, 349-348, cioè quella con la Lega calcidica, è causata da provocazioni dall’ambiente calcidico. Ma fu anche l’occasione per la precisazione storica del ruolo politico dell’oratore Demostene, quale antagonista di Filippo. Filippo ottenne la distruzione di Olinto.Filippo II:Nel 344 Filippo riorganizza la Tessaglia in quattro tetrarchie, al tempo stesso egli s’interessa alla Persia: nel 343 stipula un patto d’accordo con l’impero persiano, e successivamente dirigerà la sua attenzione alla Tracia occidentale e alla zona degli Stretti, lavora, dunque, per crearsi punti d’appoggio in Anatolia. Nell’area delle poleis Filippo dispiega un’attività, che è di tipo politico:

In Eubea favorisce le tirannidi. Nel Peloponneso ricalca la vecchia politica tebana di intesa con gli Stati avversi a Sparta.

Gli eventi del 341, mostrano come le azioni militari Filippo le concentrasse in aree ben diverse da quelle della Grecia centrale o dell’Attica. Verso Atene egli sembra aver costantemente adottato una politica di “guerra limitata”, limitata appunto nelle aree di diretta frizione tra Macedonia e Atene. A sud delle Termopile il vero problema, per Filippo che voleva tutta la Grecia dietro di sé, era quello di una scelta tra Tebe ed Atene, proprio in considerazione dei conflitti che da sempre dividevano le due città.Demostene:Per Demostene contrastare Filippo significava da un lato operare in modo che Filippo non scegliesse in favore di Tebe, dall’altro avere Tebe al fianco d’Atene nell’opposizione comune a Filippo. Nel 343/342 Demostene tentava di regolare alcuni conti politici interni ad Atene. Filocrate accusato d’alto tradimento da Iperide, andò in esilio e fu condannato a morte in contumacia. Eschine si rivelò un osso più duro del previsto: l’orazione “Sulla falsa ambasceria”, composta da Demostene in contrasto con quella d’analogo tema, composta da Eschine, è il tentativo di dimostrare la corruzione dell’avversario politico ad opera di Filippo. Negli ultimi anni prima di Cheronea, lo scontro fra Atene e Macedonia assume i contorni di un conflitto personale di dimensioni titaniche; al di là della passione che muove Filippo, non si può fare a meno di notare che sono all’opera due intelligenze di prima grandezza, che raccolgono eredità storiche che vanno oltre le loro personali passioni. Al principio del 340, Demostene era riuscito a stringere intorno ad Atene l’Eubea, Megara, Corinto, l’Acaia e l’Arcanina; Filippo, intanto aveva sostituito Aribba sul trono dell’Epiro, nel 342, col proprio cognato Alessandro il Molosso, ed era riuscito anche a fronteggiare le crociate diplomatiche di Demostene nel Peloponneso, nel 341.IV Guerra Sacra:I Locresi di Anfissa muovono ad Atene l’accusa di aver offerto scudi d’oro nel santuario delfico, non ancora riconsacrato, pronta è la replica di Atene, che avviene per bocca di Eschine; i Locresi di Anfissa sono accusati di aver coltivato la terra sacra, di qui la necessità della guerra anfizionica: è l’inizio della IV guerra sacra, 339-338. L’accusa di Eschine dovrebbe servire al disegno di Filippo40, l’azione anfizionica contro i Locresi difficilmente poteva trovare il consenso di Tebe: ma era quello che invece Filippo sperava, e che avrebbe nei suoi intenti determinato appunto l’auspicata costellazione politica, quella cioè di un’Atene alleata di un Filippo riconosciuto egemone. Filippo sperava di avere con se almeno Atene, il gioco era difficile e complesso, e il rischio di non riuscirvi era notevole; il capolavoro politico di Demostene fu quello di rovesciare le aspettative di Filippo, allineando su un’identica posizione ostile Tebe ed Atene. E in Eubea si ha un confronto anche militare fra Filippo ed Atene: ad Eretria truppe macedoni rovesciano il governo democratico, per sostituirlo con uno oligarchico sotto la guida di Clitarco, 349. Nel 343 la situazione sembra alquanto mutata: Filippo voleva servirsi dell’Eubea come base di pressione sull’Attica. Per Filippo, nel 340, lo strumento da attivare era l’anfizionia, e lo usò fino alla

40 Quello di avere Atene dalla sua in una guerra contro gli Anfissei.

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dichiarazione della guerra sacra contro i Locresi di Anfissa. Una prima spedizione non ottenne nel 339 il pagamento della multa da parte degli Anfissei. Nell’autunno del 339, Filippo intervenne con la rapidità di un fulmine: da Eraclea Trachinia raggiunse la Doride e quindi Platea nella Focide; la notizia suscitò lo sgomento in Atene, che si riteneva in stato di guerra con Filippo. A Tebe, Atene dovette cedere il comando generale delle operazioni di terra e metà del comando per mare; mentre l’esercito cittadino si spostava in Beozia e poi, con i tebani, in Focide, un esercito mercenario al comando di Carete infliggeva due sconfitte al macedone presso Cefiso. Nella primavera del 338 Filippo si prese la rivincita sconfiggendo duramente Carete, attaccò quindi Anfissa, che si arrese e dovette abbattere le mura e mandare in esilio i responsabili. Assolti i suoi doveri anfizionici, Filippo occupava Delfi e, in seguito, Naupatto costringendo i confederati nemici a ritirarsi in Beozia, a Cheronea, dove, nel 338, ebbe luogo l’epocale battaglia. Della vittoria Filippo fece un accortissimo uso politico, Tebe dovette accogliere una guarnigione macedone sulla Cadmea, consentire la rinascita di Platea ed Orcomeno, richiamare gli esuli e condannare gli avversari di Filippo.La strategia politica di Filippo contro Atene:Ad Atene, intanto, ci si disponeva ad un’ultima difesa da un attacco militare di Filippo: furono così chiamati alle armi i cittadini d’età fino ai 60 anni, ma rapidamente il partito pacifista, di Focione ed Eschine, riprende in mano la situazione. Presto si arrivò all’accordo: Atene doveva cedere alla Macedonia il Chersoneso tracico, ma otteneva, in compenso, l’Oropo sempre contesa ai Tebani, essa scioglieva la Lega navale e aderiva alla Lega Panellenica, che Filippo si accingeva a fondare, riotteneva i prigionieri di Cheronea senza pagamento di riscatto, in cambio, Filippo s’impegnava a non varcare con l’esercito i confini dell’Attica. Nel momento della vittoria si conferma la tenace volontà di Filippo di non distruggere Atene, ma di aggregarla al proprio disegno panellenico. Al re fu eretta una statua nell’agorà d’Atene, e al figlio Alessandro fu concessa la cittadinanza. E cominciava subito, appena otto anni dopo la pace di Filocrate, la stagione delle grandi aperture di Filippo al mondo greco, nel segno dell’egemonia macedone, di quest’ultima erano espressione le guarnigioni installate nei punti-chiave per il controllo della Grecia, e nell’autunno del 338 Filippo in persona entrava con un esercito nel Peloponneso, dove invadeva e devastava la Laconia, pur senza entrare a Sparta. Seguì il congresso di tutti “i greci a sud delle Termopile”, cui rimase estranea Sparta, fu dapprima proclamata una pace generale e l’autonomia di tutti gli stati greci: non vi dovevano essere mutamenti violenti né nei regimi né nei rapporti di proprietà; si creò un consiglio comune di tutti i greci con sede a Corinto, e, in caso di guerra, il comando generale, per terra e per mare, sarebbe spettato a Filippo, 337. Poco dopo, Filippo II sposava Cleopatra, una giovane della nobiltà macedone, che presto gli avrebbe dato un figlio; fu la “grande passione” della vita di Filippo II, Olimpiade, madre d’Alessandro, si sentì ripudiata ed abbandonò la capitale per l’Epiro. A Filippo fu dato d’inviare solo un’avanguardia sul territorio asiatico, come premessa della guerra contro la Persia, l’assassinio del re per mano di Pausania, nel teatro d’Ege, doveva porre uno storico schermo fra l’opera del padre, il politico che alla fine era riuscito a legare a sé la Grecia, e quella del figlio, il conquistatore di un immenso impero. Del primo era stata l’azione instancabile, che alternava e fondeva l’iniziativa militare con l’abile tessitura politica, dell’altro fu la conquista fulminea di spazi immensi.La Sicilia e la Magna Grecia:In Sicilia alla metà del IV secolo, la crisi del regime dei Dionisii, il frantumarsi di un potere accentratore in diversi poteri locali, il vuoto di potere che ne derivava, suscitavano ovviamente l’interesse di Cartagine ad una rinnovata espansione in Sicilia: è il perdurare del conflitto fra Iceta e Dionisio il Giovane, oltre alla minaccia di Cartagine, a provocare l’appello dello stesso Iceta a Corinto, per l’invio d’aiuti. Corinto intervenne, nel 344, inviando un esercito di mercenari al comando di Timoleonte, che raggiunse la Sicilia dopo esser passato da Metaponto e da Reggio. Intanto, Iceta di Leontini preferì cambiare fronte e passare dalla parte dei cartaginesi, mentre Dionisio II si consegna a Timoleonte e ottiene di potersi trasferire a Corinto. Timoleonte ha sotto controllo Ortigia e poi Acradina: con l’aiuto di nuovi rinforzi corinzi riesce a tenere in scacco i cartaginesi, e a riguadagnare l’ubbidienza dei tiranni. Il massiccio reclutamento di forze da parte di

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Cartagine porta alla campale battaglia presso Segesta, 341, in cui i cartaginesi sono battuti. Iceta di Leontini e Mamerco di Catania sono vinti rispettivamente al fiume Damyrias e presso Catania, l’alleanza punico-calcidese è ormai battuta. L’Alico torna ad essere l’ovvio confine tra le zone d’influenza punica e siracusana. Iceta sarà giustiziato dalla sua stessa gente, Catania e Messina cadono sotto il dominio di Timoleonte che fa giustiziare gli infidi Ippone di Messina e Mamerco di Catania. In Sicilia comincia il ripopolamento ad opera di Timoleonte, con coloni provenienti da tutte le parti del mondo greco: le risorte città debbono fondersi in una Lega, di cui Siracusa è città egemone, ed entro cui vige il principio d’autonomia; a Siracusa, Timoleonte instaura un regime d’oligarchia moderata. Nel 337, conclusa la sua opera, Timoleonte, nel frattempo divenuto cieco, depone la carica di strategos autokrator, da lui detenuta per otto anni, e resta a Siracusa. L’intervento corinzio è da considerarsi come uno sviluppo della III guerra sacra, perché mercenari Focesi furono utilizzati sia nella spedizione di Timoleonte, sia in quella del re spartano Archidamo III, che intervenne in aiuto di Taranto, che aveva richiesto il sostegno della madrepatria contro Iapigi e Lucani, ma il re spartano sotto le mura di Manduria, fu sconfitto ed ucciso, 338. Dopo Archidamo, il successivo condottiero, da cui Taranto e la grecità d’Italia otterranno aiuto è Alessandro il Molosso, che affronta tutti i popoli barbari dell’Italia meridionale, libera Siponto ed Eraclea, e da Paestum fa una sortita per affrontare e sconfiggere in battaglia i Sanniti e i Lucani, egli stringe un patto anche con i romani.Alessandro Magno:Nell’estate del 336 veniva assassinato Filippo II, e nell’autunno del 335 Alessandro distruggeva Tebe, che si era ribellata alla Macedonia; nei primi mesi del 337, la symmachia aveva eletto Filippo II generale con pieni poteri contro i persiani: il re di Persia, doveva lasciare libere le città greche d’Asia, come la richiesta fu respinta, un’avanguardia di 10.000 uomini, al comando di Parmenione e d’Attalo, varcò l’Ellesponto nella primavera del 336. In Persia, intanto, l’eunuco Bagoa, aveva eliminato sia il re Artaserse III sia suo figlio Artasete, per favorire l’ascesa al trono di Dario III, di fronte, comunque, all’iniziativa macedone non vi fu alcuna risposta dal potere centrale persiano. Dopo la morte del padre, Alessandro eliminò il cugino Aminta IV, figlio di Perdicca III, e i personaggi della casa reale di Lincestide, che avevano sostenuto i diritti d’Aminta IV. Ad Alessandro in Tessaglia fu confermata la tagia, alle Termopile ottiene il rinnovato riconoscimento di protettore del santuario delfico, Tebe ed Atene sono indotte a formali tributi d’ossequio e a Corinto si rinnova il patto fra greci e macedoni e Alessandro eredita la carica di strategos autokrator. Alessandro doveva, però, difendersi ancora all’interno della situazione familiare e dinastico: fece uccidere Attalo, che era sempre stato nemico d’Alessandro e che aveva tramato con il partito ateniese anti-macedone, a tradimento con la complicità di Parmenione, e Cleopatra, fu indotta al suicidio da Olimpiade e la sua prole assassinata. Partito da Anfipoli nel 335, Alessandro affrontò in seguito i popoli dell’area tracica, danubiana, peonica ed illirica. Particolari difficoltà offrì l’assedio di Pelion, nel cuore del territorio illirico; la lontananza del re macedone e il diffondersi della notizia della sua morte in battaglia, determinarono un moto di rivolta in Grecia: ad Atene furono assassinati i capi del partito filo-macedone, a Tebe fu assediata nella rocca Cadmea la guarnigione macedone, si ricostituì l’alleanza di Cheronea. L’intervento d’Alessandro fu simile a quello di Filippo: bisognava centrare la reazione su Tebe e dare ad Atene una risposta ferma ma differente. In 14 giorni il re, informato della rivolta tebana, raggiunse la capitale beotica: Cadmea e città furono prese dai macedoni con un’azione decisa, che consegnò nelle loro mani la polis ribelle, che fu distrutta nell’ottobre del 335. Sembrava dovesse toccare analoga sorte ad Atene, che inviò ad Alessandro un’ambasceria guidata dal filo-macedone Demade, Alessandro pose condizioni dure, quale l’estradizione dei rifugiati tebani e dei politici anti-macedoni. Nella primavera del 334 Alessandro lasciava il governo ad Antipatro e varcava l’Ellesponto41; i satrapi di Frigia, Lidia e Cappadocia, raccolte tutte le truppe disponibili, affrontarono Alessandro presso il fiume Granico, lo scontro fu deciso dal valore delle cavallerie macedoni e tessaliche, fu facile l’avanzata d’Alessandro da Dascileo a Sardi ad Efeso, ad altre città della Ionia e dell’Eolide: solo Mileto

41 Fra i suoi primi atti in terra asiatica vi fu la visita a Troia e gli onori resi alla tomba d’Achille.

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oppose una qualche resistenza. Più Alessandro si spingeva a sud, più doveva piegare la resistenza dei persiani e del loro comandante, Alessandro prendeva, quindi, nell’autunno del 334, la decisione di rinviare a casa gran parte della flotta; egli dovette superare un altro punto di resistenza in Alicarnasso, ma avanzò senza problemi in Licia e Panfilia, e poi ancora nel cuore della Frigia fino a Gordio. Siamo appena all’inizio del 333, ed Alessandro comincia a mandare segnali e cercare conferme del suo disegno di conquista dell’Asia, come acquisizione di un’eredità storica; intanto Memnone, dopo lo scacco subito ad Alicarnasso, aveva guadagnato Chio e Lesbo, e suscitato simpatia ed adesioni fra le città delle Cicladi, e nella stessa Atene, tuttavia una malattia lo uccise durante l’assedio di Mitilene. I persiani Farnabazo e Autofradate costrinsero alla resa Mitilene e riconquistarono Mileto e Alicarnasso, ma la ricostituzione della flotta greca, ebbe come conseguenza un paio di sconfitte per le flotte persiane. Alessandro riuscì a riconsolidare il suo dominio sui greci, grazie soprattutto alla sua vittoria ad Isso, nella Siria settentrionale, nell’autunno del 333, ottenuta con una geniale contromanovra al tentativo d’aggiramento da parte persiana: Dario fuggì con parte dei suoi uomini oltre l’Eufrate; nell’Egeo, intanto, i persiani perdevano una posizione dopo l’altra: nel 332, gli oligarchi di Chio e i tiranni di Lesbo, saranno puniti con la deportazione in Egitto e con esecuzioni capitali. Alessandro procedeva, nel frattempo, dalla Siria in Fenicia, dove conquistava in successione le principali città42, ma trovò una forte resistenza da parte di Tiro, che alla fine riuscì ad espugnare; dalla Fenicia passò alla conquista dell’Egitto (332/331), dove la sua campagna fu favorita dal fatto che l’elemento indigeno aveva fresco il ricordo del periodo d’indipendenza dai persiani, qui il macedone fu accolto come un liberatore, e i sacerdoti lo nominarono “Alessandro figlio d’Ammon”, in quanto signore dell’Egitto. Egli era, ormai, entrato per la prima volta a tutti gli effetti nel ruolo di signore riconosciuto di un paese straniero, in Egitto fondò la sua prima capitale: Alessandria. Dopo la fondazione della sua città, il re ripartì dall’Egitto, raggiunse la Fenicia e poi la Mesopotamia, addentrandosi per qualche giorno in territorio nemico, prese contatto con l’esercito di Dario presso il villaggio di Gaugamela: la battaglia di Gaugamela (01/10/331), presenta alcune peculiarità tattiche, come la creazione di una seconda linea per un intervento d’emergenza. Difficoltà vi furono, fin dall’inizio, per l’ala sinistra dello schieramento macedone, comandato da Parmenione, a cui solo con ritardo l’ala destra, con Alessandro vincente, poté portare aiuto, lo scontro si chiude con la fuga del re sconfitto, e un vano inseguimento da parte del re vittorioso; la conquista di Babilonia, di Susa e di Persepoli, furono le tappe successive. In Grecia, a turbare la quiete della rassegnazione provvide Sparta, con le trattative intavolate con la Persia, l’effimera conquista della maggior parte di Creta e la sobillazione della parte del Peloponneso filo-spartana e anti-macedone, tuttavia Argo, Messene, Megalopoli e Corinto, si tennero dalla parte d’Alessandro; in altre regioni, come la Tessaglia e l’Attica, il tradimento rimase allo stato embrionale. Antipatro, il reggente della Macedonia, scese in Tessaglia e poi nel Peloponneso, dove portò soccorso alla città di Megalopoli assediata da Agide III, che si ritirò nell’altura a sud della città, ma che fu lo stesso raggiunto da Antipatro, nello scontro Agide III morì (331). Nell’inverno 331/330, Alessandro sostò in Perside, dove distrusse il palazzo di Persepoli e, nella primavera del 330, mosse ancora verso l’interno; Dario, intanto, si rifugia in Media e nelle estreme regioni orientali, Alessandro lo incalza in Media, raggiungendo Ectabana dove lascia Parmenione, e continua la sua marcia. Dario viene deposto dai suoi stessi generali, e il comando è assunto da Besso, satrapo di Battriana, che uccide Dario per non lasciarlo vivo nelle mani d’Alessandro (07/330), riuscendo poi a rifugiarsi nella sua satrapia, dove si proclama re col nome d’Artaserse. Alessandro s’impadronisce della salma di Dario e la trasferisce a Perside, per una solenne sepoltura nella necropoli reale di Persepoli; tutto, negli atti d’Alessandro, è inteso a presentarsi come il legittimo successore di Dario III, e questo ha l’obbligo morale di continuare nell’inseguimento di Besso. Spesso i satrapi del distrutto regno persiano facevano atto di sottomissione, quelli che si rifiutavano cercavano scampo e sostegno a Battriana e in India; alla fine

42 Quando era ancora a Marato, Alessandro ricette da parte di Dario una proposta di pace, in cui il re persiano gli dava l’Asia al di qua dell’Eufrate, un risarcimento in denaro, e in sposa una delle sue figlie, Alessandro non scese a compromessi.

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Alessandro occupò Battriana, abbandonata da Besso, e lo inseguì fin oltre il fiume Oxos: l’usurpatore fu consegnato a Tolomeo e giustiziato. Alessandro aveva, quindi, vinto anche come tutore dei legittimi diritti della dinastia achemenide. Nel 330 si era comunque alla svolta, alla corte del re si svolgeva una prima tragedia: Filota, uno dei figli di Parmenione, fu accusato d’alto tradimento, condannato a morte e giustiziato, mentre il fratello Nicanore, moriva per gli strapazzi affrontati nell’inseguimento di Dario; alcuni ufficiali ricevettero dal re l’ordine di eliminare Parmenione. Tra il 328 e la primavera del 327, Alessandro fronteggiò la rivolta di Spitamene e degli abitanti della valle dell’Oxos, i macedoni subivano scacchi a Samarcanda (Maracanda) e Battra, finalmente, però, Spitamente fu vinto ed ucciso. Nello stesso periodo, altri due drammi s’erano svolti nella cerchia d’Alessandro, a Samarcanda, nel 328/327, durante una lite, il re trafisse con una lancia Clito, e quando volle imporre la genuflessione davanti a lui, la risposta fu la “congiura dei paggi43”, il capo della congiura era Ermolao, la responsabilità morale dell’intellettuale greco era, agli occhi del re, inequivocabile e ne seguì la condanna a morte (327). Raggiunto ormai il confine del caduto regno di Persia, Alessandro poteva pensare alla conquista dell’India: superato il Paropamiso, nell’estate del 327, e assoggettati gli abitanti della valle del fiume Kabul, Alessandro attraversò l’Indo nella primavera del 326. In queste zone, Alessandro conta sull’alleanza del re Taxila, che egli aiuta contro il vicino re Poro, nonostante gli elefanti che è in grado di schierare, Poro è sconfitto e fatto prigioniero, ma resta come principe vassallo nel suo dominio. La politica d’Alessandro si rivela, fin dall’inizio della spedizione indiana, razionalmente orientata a considerare l’Indo come limite estremo: superare l’Ifasi in direzione del Gange sarebbe stato l’atto che avrebbe rotto con lo schema della “politica dell’Indo”; ma il malumore dell’esercito e l’esito dei sacrifici per la traversata (diabateria) determinarono un’inversione della rotta di marcia, e sulla riva dell’Ifasi furono eretti 12 altari, simbolo sacrale e monumentale di un confine fluviale consolidato. Dopo la consacrazione dell’Ifasi, a soglia ultima dell’impero, comincia la marcia di rientro: l’esercito si ritira all’Idaspe, dove è completata la costruzione di una flotta, seguono l’Idaspe fino all’Acesine, e questo fino alla confluenza con l’Indo; le popolazioni si assoggettano tranquillamente, ma alla presenza di un impianto urbano iniziano a sorgere complicazioni; questo è il caso dei Malli: nell’assalto di una loro città (326/325) il re, spintosi incautamente troppo avanti, è ferito gravemente al torace e subisce delle lesioni polmonari44. In Carmina, ci fu il ricongiungimento delle diverse forze, nell’inverno 325/324, Alessandro attraversa la Perside in direzione di Susa, dove giungeva nella primavera del 324; in Anatolia e in Siria, il potere, sia militare sia civile, fu assegnato ad ufficiali macedoni, in Caria, l’amministrazione civile fu affidata ad Ada, mentre in Egitto a Tolomeo fu attribuito il potere militare e a Cleomene il governo delle finanze (334). In Mesopotamia ed in Iran, la politica d’Alessandro fu, dopo Gaugamela, fondamentalmente diversa: dal 334 egli opera come erede a pieno titolo del trono achemenide e adotta la politica dell’affidamento a satrapi persiani dell’amministrazione civile delle regioni conquistate; il re affida, invece, la difesa d’alcuni punti forti a contingenti macedoni. Un clamoroso caso di defezione fu quello del tesoriere generale, l’ateniese Arpalo, che già una volta si era reso colpevole di malversazione poco prima della battaglia di Isso e aveva cercato rifugio in Grecia, ma una seconda fuga fu quella con cui Arpalo si salvò dalla rappresaglia del re, nel 324, Arpalo fuggì ad Atene, l’esercito non vi fu accolto, ma le porte della città furono aperte all’infedele, alla richiesta d’estradizione presentata da Filosseno, gli ateniesi arrestarono Arpalo. L’anno 324 segna per Alessandro il periodo dell’esposizione dei vari problemi, l’anno in cui mette in luce il problema dei rapporti fra le diverse nazionalità: una risposta pragmatica è data con le nozze di massa celebrate a Susa, in cui Alessandro sposa Statira e Paristatide, Efestione sposa Drypetis e altri 80 ufficiali si unirono ad altrettante donne persiane. Alla fine delle conquiste, l’entità dell’esercito d’Alessandro era di 100.000 effettivi, ma il re istituì un corpo di 30.000 persiani (epigonoi) educati ed addestrati alla macedone. Ad Opi, sul Tigri, il re affrontò il problema dei veterani desiderosi di tornare in

43 Nobili macedoni destinati al servizio personale del re.44 Il re affida a Filippo, Pitone e Poro il governo delle satrapie create ad est dell’Indo, mentre a Nearco è affidata il governo della flotta che deve prendere il mare attraverso l’Oceano Indiano fino al Tigri.

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patria: egli propose dapprima di dimettere gli invalidi, l’esercito si ammutinò e Alessandro venne a capo della rivolta, sia facendo valere di fronte ai soldati i meriti storici della dinastia, sia congedando tutti i veterani, i capi della rivolta furono, però, giustiziati. I veterani, premiati ciascuno con un talento, si misero in viaggio per la macedonia, sotto il comando di Cratero, che veniva anche investito della funzione di “stratego d’Europa”, cioè della successione ad Antipatro, che era venuto a duro conflitto con Olimpiade, che dopo la morte del fratello, Alessandro il Molosso (331), si era ritirata in Epiro, mentre in Macedonia rientrava Cleopatra, moglie d’Alessandro il Molosso. Anche per altri aspetti il 324 si rivela come anno di grandi svolte: richiesta degli onori divini, rivolta ai greci, la decisione di far rientrare tutti gli esuli politici, rispondeva da un lato ad una scelta politica di pacificazione del mondo greco, dall’altro alla concezione di monarchia universale che irradia i suoi benefici all’umanità intera. Negli anni della spedizione, il governo d’Atene era stato nelle mani dei filo-macedoni quali Demade e Focione, ma anche d’indipendentisti come Licurgo e Demostene, e infine degli intransigenti45 quali Iperide ed altri; furono proprio gli intransigenti ad assumere nell’affare d’Arpalo il ruolo della pubblica accusa, dando pieno seguito alla reazione dell’Areopago sulle responsabilità di Demostene e Demade, nella sparizione di parte del denaro sequestrato ad Arpalo. Ancora nello spirito di quegli atti simbolici, è da leggere la decisione del re di passare la stagione calda del 324 ad Ectabana, dove morì Efestione, da Ectabana il re si trasferì nell’inverno 324/323 a Babilonia, dove l’attendevano ambascerie provenienti da Stati greci e dalla stessa Italia; Alessandro si accingeva, infatti, alla conquista dell’Occidente, a cominciare dall’Arabia. Quando già tutto era pronto per la spedizione arabica, il re cade malato, una febbre lo consumò in appena 12 giorni, e morì il 13/06/323. I conflitti fra i Successori: Il primo periodo delle lotte dei Diadochi (323-321).Si apriva un problema di successione gravissimo per vari e concorrenti motivi:

L’età ancora giovane del re. La vastità e la complessità dell’impero conquistato. La confusa situazione familiare ed ereditaria. Le difficoltà d’istituire, sul piano politico, una rigorosa gerarchia tra le funzioni che

Alessandro aveva creato attorno a sé.Al momento della morte, Alessandro non aveva figli legittimi, Eracle era un illegittimo, in quanto nato da una concubina, e tuttavia un figlio legittimo stava per nascere da Rossane, dai soldati fu fatta, però, una scelta legittimista in favore di Filippo Arideo di sua moglie Euridice; i generali macedoni e anche gli archigrammateus (capi della cancelleria regia) erano, invece, favorevoli ad attendere il parto di Rossane46. L’anello dato in punto di morte da Alessandro a Perdicca, era più una soluzione contingente che non la ratifica di una posizione di primato assoluto già in precedenza conferita, Perdicca riesumò per sé il titolo di chiliarchos, primo ministro47. Nel 323 il problema della forma del potere centrale aveva ricevuto una soluzione complessa:

A Cratero, si era affidato il ruolo di rappresentante del regno d’Arideo. Al trono erano destinati Filippo Arideo e il nascituro figlio di Rossane. A Perdicca, fu concesso il ruolo di chiliarchos, che, però aveva sotto di sé i territori asiatici. Ad Antipatro, resta affidata la funzione di stratego d’Europa. A Tolomeo, va l’Egitto. Ad Eumene, vanno i territori da conquistare di Paflagonia e Cappadocia. Ad Antigono, vanno la Panfilia, la Licia e la Frigia maggiore. A Leonnato, la Frigia ellespontica. A Lisimaco, la Tracia, anche se formalmente sotto l’autorità d’Antipatro.

Negli anni 323-321 le personalità dominanti e più attive nei due grandi tronconi dell’impero macedone sono Antipatro in Europa e Perdicca in Asia, che progettava di sposare Cleopatra, sorella

45 Intransigenti soprattutto verso i compagni di parte politica.46 Su questa linea furono Perdicca, Leonnato, Lisimaco, Tolomeo, Pitone, Seleuco ed Eumene.47 Si apriva il conflitto fra il principio unitario e il principio particolaristico.

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d’Alessandro, e di porsi come erede legittimo della dinastia degli Argeadi, Perdicca, però, cade vittima di un attentato, nel 321, alle porte dell’Egitto. Intanto, la vocazione europea d’Antipatro è quasi paradossalmente confermata dallo scoppio in Grecia della “guerra lamiaca”, detta così dal nome della roccaforte tessalica Lamia, dove Antipatro fu per qualche tempo, nel 323, bloccato dai greci ribelli. Protagonisti furono gli ateniesi, Iperide e Leostene, la lega ellenica di Corinto si sciolse, Demostene poté rientrare in patria; la battaglia navale d’Amorgo, nell’estate del 322, segnò la vittoria del macedone Clito il Bianco sulla flotta ateniese, poco dopo Antipatro, raggiunto dai soccorsi di Cratero, sconfiggeva per terra gli ateniesi a Crannone, gravissime le conseguenze per gli ateniesi: nel 322 la democrazia ateniese subiva il contraccolpo di un radicale cambiamento di regime, che diveniva di tipo timocratico48, ne seguì la condanna a morte d’Iperide, mentre Demostene si tolse la vita. Il 321 collega momentaneamente le vicende d’Europa ed Asia: Antigono era sbarcato nel 322 ad Efeso, nella primavera del 321, Cratero ed Antipatro varcano l’Ellesponto e, mentre Antipatro avanza verso la Cilicia, Cratero si fa incontro ad Eumene, ma è sconfitto e trova la morte sul campo. La scomparsa dei due grandi rappresentanti del potere regale, Cratero e Perdicca, impone un riassetto dell’impero, che è attuato nel convegno di Triparadiso:

Antipatro è nominato rappresentante dei re e si ritira in Europa con Filippo Arideo, Euridice ed Alessandro IV, figlio di Rossane.

Eumene è condannato a morte per mano d’Antigono. Antigono è nominato erede per progetto d’impero asiatico di Perdicca. Seleuco ottiene la satrapia di Babilonia. Arideo diviene satrapo della Friga ellespontica. Clito il Bianco è nominato satrapo di Lidia.

A scopo di conciliazione, Antipatro metteva il figlio Cassandro accanto ad Antigono, come comandante della cavalleria; all’interno Antipatro rappresenta un caso di saggezza politica, volta a conservare l’armonia fra le diverse parti in causa. Il secondo periodo delle lotte dei Diadochi (321-316).Nelle decisioni prese da Antipatro prima della morte (319), alla preminente intenzione legittimistica si mescola il riconoscimento di fatto della ricostituita dicotomia tra Europa ed Asia: il vecchio generale, morendo, non lasciava al figlio Cassandro le sue stesse posizioni di potere, ma nominava reggente del regno il veterano Poliperconte. Dopo la morte d’Antipatro, si crea contro Poliperconte una naturale coalizione tra i 4 personaggi più importanti: Antigono, Tolomeo, Cassandro e Lisimaco. In Asia, Antigono, accantona per il momento la resa dei conti con Eumene, procede ad eliminare gli ostacoli minori e s’impadronisce d’Efeso49, Cassandro abbandona la Macedonia e raggiunge Antigono in lotta contro Poliperconte, che entra sempre di più nel suo ruolo di governatore d’Europa ed emana un decreto, nel 318, con cui si restaurano i regimi vigenti sotto Filippo II, si richiamano gli esuli, si ritirano le guarnigioni macedoni, si restituisce Samo ad Atene, e nell’aprile dello stesso anno è abbattuto il governo oligarchico d’Atene; ma nello stesso 318 cominciano i rovesci per Poliperconte: Clito è sconfitto da Antigono in una battaglia navale sul Bosforo, ad Atene Cassandro impone il governo di Demetrio di Falero e fu restaurata la costituzione timocratica50, primo stratego fu nominato Demetrio, che governò come curatore della città per 10 anni. Cassandro rientra, quindi, in Macedonia e affronta Poliperconte, a cui non resta che abbandonare il campo, portandosi dietro Alessandro IV e Rossane51; avviene, intanto, il rientro d’Olimpiade in Macedonia, Euridice l’affronta al confine fra l’Epiro e la Macedonia, ma le truppe macedoni l’abbandonano per schierarsi al fianco della madre d’Alessandro Magno, che prende le sue vendette, facendo uccidere Filippo III ed Euridice (317). Alla notizia di questi avvenimenti, Cassandro lascia l’assedio di Tegea per la Macedonia, Olimpiade si chiude a Pidna, con Alessandro

48 Basato sul censo, definito nella misura minima di una proprietà di 20 mine.49 Ormai la rottura fra Poliperconte e Antigono è consumata.50 Vi è però l’abbassamento del censo minimo a 10 mine.51 Nasce l’alleanza formale tra Cassandro ed Euridice, che sostituisce il marito nell’esercizio del potere politico.

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IV e Rossane, ma nella primavera del 316 è costretta a capitolare: le condizioni della resa le garantivano salva la vita, ma fu comunque sottoposta a processo e condannata a morte, ed Alessandro IV fu trasferito ad Anfipoli sotto la tutela di Cassandro. In Asia, intanto, continuava il confronto tra Antigono e i suoi nemici, Eumene, rotto il blocco di Nora, aveva raggiunto la Fenicia e poi la Siria, Antigono s’impegnò nel suo inseguimento dalla Mesopotamia fino alla Gabiene, dove Eumene subisce l’ultima sconfitta, a cui seguì la defezione delle truppe; Antigono mosse verso Babilonia per chiedere a Seleuco i rendiconti della sua amministrazione come satrapo della regione, ciò causò la fuga di Seleuco presso Tolomeo.Il secondo periodo di lotte è caratterizzato da:

Cassandro, assume il ruolo di successore d’Alessandro in Europa. Antigono, diviene erede d’Alessandro in Asia. Eumene, Potidoro, Olimpiade furono protagonisti di residui progetti legittimistici.

Antigono rivolge, ora, il suo sforzo di conquista verso i domini di Tolomeo, la sua marcia contro l’Egitto comporta l’invasione della Siria, Fenicia e Palestina, egli tenta di attirare la Grecia52; a Tiro è convocata un’assemblea dell’esercito macedone che proclama Antigono reggente del regno, dichiarando Cassandro come nemico. Il terzo periodo delle lotte dei Diadochi (315-311).Nel 314, Antigono consegue alcuni grandi risultati:

Attacchi alle posizioni d’Atene nell’Egeo. Acquisizione di Lemno ed Imbro. Liberazione di Delo. Creazione di un koinòn dei Nesioti.

Tra la fine del 314 la primavera del 313 Antigono estende il suo dominio anche in Asia Minore. Il 313 porta significativi successi per Antigono in Grecia:

Il Peloponneso, la Beozia, l’Eubea passavano sotto il dominio d’Antigono e resistevano a Cassandro.

Il dominio di Cassandro vacillava anche nelle regioni che si affacciavano sul mar Ionio ed Adriatico.

Oltre a Cassandro, il bersaglio principale d’Antigono era Tolomeo, questi andava consolidando nel Mediterraneo orientale il suo dominio che aveva come aree d’appoggio necessarie Cipro, la Cilicia e la Siria; lo scontro principale fra Antigono e Tolomeo avvenne in Celesiria, dove Demetrio, subiva una dura sconfitta nella primavera del 312, egli dovette ritirarsi fin oltre Sindone, ma la conseguenza più rilevante della sconfitta di Gaza, fu il ritorno a Babilonia di Seleuco. Antigono reputò opportuno stipulare un accordo di pace con Cassandro e Lisimaco, a cui si aggiunse Tolomeo nel 311; ad Antigono era riconosciuto il controllo di tutta l’Asia, e i Greci restavano autonomi, Cassandro, intanto, doveva restare stratego d’Europa fino alla matura età d’Alessandro IV53, che però fu assassinato da Cassandro nel 310/309. Con la pace del 311 nasceva il sistema dei cinque stati ellenistici, gli anni immediatamente successivi furono quelli della fondazione di grandi capitali, che rafforzavano il processo di regni indipendenti. L’assassinio d’Alessandro IV causò una serie di reazioni a catena, Poliperconte tentò nel 309 il rientro in Macedonia, facendosi scudo d’Eracle, figlio illegittimo d’Alessandro Magno, ma Cassandro parò la minaccia riconoscendo a Poliperconte la strategia del Peloponneso, in cambio della morte d’Eracle. Nel 307 la flotta del figlio di Demetrio occupa di forza il Pireo e porta direttamente la sua minaccia su Atene, governata da Demetrio del Falero, pronta fu la sollevazione della parte popolare ateniese, in favore di Poliorcete, il Falero lasciò subito la città per rifugiarsi prima a Tebe e poi in Macedonia. Ad Atene il Poliorcete manteneva i suoi impegni in tema di libertà ed autonomia54; nel 306 si svolge la

52 Si allea con Poliperconte, che diventa “stratego del Peloponneso”.53 La clausola fu solo la premessa all’assassinio d’Alessandro IV e Rossane nel 310/309.54 Furono abbattute le fortificazioni di Munichia, fu restaurata la piena democrazia, con a capo Stratocle, ad Antigono e Demetrio furono costruite statue nell’agorà, e gli fu tributato il titolo di basileus, furono aggiunte 2 tribù recanti il loro nome.

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grand’offensiva di Demetrio Poliorcete contro Cipro e Salamina, la battaglia si conclude con uno scontro navale in cui la flotta di Demetrio sconfigge quella di Tolomeo, che perde Cipro ed è costretto a rifugiarsi in Egitto. La vittoria di Salamina cipria dà l’avvio alla nascita formale dei regni ellenistici, con l’assunzione del titolo di basileus da parte d’Antigono, che intendeva con ciò il regno come unitario; egli giunse con l’esercito fino al delta orientale del Nilo, che, però, non riuscì a penetrare con la flotta, il sopraggiungere dell’autunno lo costrinse, inoltre, a tornare in Siria55. In Grecia, intanto, erano contrapposti Demetrio e Cassandro, che rappresentavano le due scelte politiche di fondo: entrambe filelleniche, ma l’una di stampo autonomistico-democratico, l’altra di carattere più conservatore e ispirata al principio di un controllo diretto, anche militare, nel rapporto tra Macedonia e poleis. Nella primavera del 301 l’offensiva contro Antigono si scatenava su tutti i fronti, ad Ipso vinsero i collegati contro Antigono, che morì nel campo (estate del 301); seguì la ripartizione dei domini asiatici d’Antigono:

A Seleuco andò la Siria e i restanti possessi fino al Tauro. A Lisimaco andò l’Asia Minore occidentale.

Seleuco:Per Seleuco e il suo regno si trattò di una svolta decisiva, accentuava l’occidentalizzazione del regno, che ormai veniva ad avere il suo polo principale in Siria e in Asia Minore; dopo la battaglia di Ipso, Tolomeo non volle cedere a Seleuco la Siria meridionale e quell’interna: si apriva così un contenzioso inesauribile tra le due monarchie, che doveva portare a ben sei “guerre di Siria”.Demetrio Poliorcete:Per Demetrio Poliorcete cominciano gli anni difficili. Fu Atene a dare il segnale della rivolta: l’influenza di Stratocle di Dionea crollò, mentre crescevano uomini come Democare e Filippide; il distacco d’Atene da Demetrio avvenne all’insegna del fair play: furono consegnate a Demetrio, su sua richiesta, le navi in sosta nel Pireo, ma l’alleanza con lui fu lasciata cadere, e in sua vece subentrarono buoni rapporti con Lisimaco. Negli anni successivi si definiscono nuovi schieramenti, determinati da alleanze matrimoniali:

Lisimaco sposa Arsinoe, figlia di Tolomeo. Seleuco sposa Stratonica, figlia di Demetrio Poliorcete. Demetrio Poliorcete si fidanza con Tolemaide, figlia di Tolomeo, e il cognato Pirro, fratello

della prima moglie di Demetrio, è inviato in Egitto come ostaggio.Alla morte di Cassandro, 298/297, l’area dove si verifica il maggiore sconvolgimento è quella greco-macedone. Ad Atene un democratico-radicale, Lacare, suscita contro di sé la reazione d’amici di Demetrio, che provocano l’intervento di quest’ultimo; Demetrio conquista Salamina, Eleusi e Ramnute, e assedia Atene, da cui Lacare dovette cercare scampo in Beozia, 294, dopo aver opposto una dura resistenza. Demetrio restaurò ad Atene la democrazia, ma pose guarnigioni sulla collina del Museo, e in città, presso la costa. A Cassandro era succeduto sul trono di Macedonia, il figlio Filippo, morto quest’ultimo (298/297), il regno era passato ai fratelli Antipatro e Alessandro, sotto la tutela di Tessalonice, che favoriva Alessandro: Antipatro uccise la madre e si rivolse contro il fratello, che chiamò in suo aiuto Pirro e Demetrio, quando, però, Demetrio fu arrivato, Alessandro gli si fece incontro per licenziarlo e lo accompagnò nella marcia di ritorno fino a Larissa, dove Demetrio lo uccise; ma Lisimaco, suocero d’Antipatro, fece un compromesso con Demetrio: a lui Macedonia e Tessaglia, e a se stesso i possedimenti d’Asia di recente acquisizione. Nel 294 Demetrio controllava quasi l’intera Grecia, e fondava una sua capitale, Demetriade, a metà fra la Macedonia e la “Grecia delle città”. Per un paio d’anni si susseguono in Beozia ribellioni al Poliorcete, ogni volta domate, a Tebe, conquistata (291) dopo un difficile assedio, il re riservò un trattamento mite, ma sul piano politico, fu fortemente limitata l’autonomia della regione, ad Atene si ebbe il richiamo degli esuli oligarchi e l’esilio di Democare (291). Nel 289/288 si forma una nuova coalizione tra Lisimaco, Seleuco e Tolomeo, a cui presto s’aggiunge anche Pirro, Demetrio, stretto tra due fuochi, sceglie di affrontare Pirro, re dell’Epiro, ma al momento del contatto tra i due

55 Nel 305 Tolomeo assunse ufficialmente il titolo di basileus e dopo di lui lo fecero anche Cassandro, Lisimaco e Seleuco (305/304).

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eserciti, quello di Demetrio defeziona e il re è costretto ad abbandonare il campo; intanto Pirro e Lisimaco si spartivano la Macedonia, ed Atene si ribellava a Demetrio, sotto la guida d’Olimpiodoro, che liberava il Museo dalla guarnigione macedone (288/287). L’ultima avventura Demetrio la tenta in Asia, sbarcandovi nell’autunno del 287 e acquisendo Mileto, Sardi e il sostegno della Cappadocia; l’inizio dell’impresa sembrava reso facile dall’impopolarità di Lisimaco, ma il difficile attraversamento del fiume Lico, costrinsero Demetrio a rinunciare alla marcia in Armenia e a ripiegare in Cilicia. Seleuco non volle accettare la presenza di Demetrio in Cilicia e gli offrì in cambio la Cataonia, Demetrio rifiutò l’accordo, e ne seguì la defezione dell’esercito del Poliorcete, che si diede alla fuga nel tentativo di raggiungere il mare, ma fu bloccato da Seleuco, che n’ottenne la resa (286/285), dopo la quale seguì la prigionia di Demetrio presso l’Oronte, dove morì nel 283.Pirro:Il personaggio di Pirro è caratterizzato da un attivismo inquieto; già parecchio tempo prima dell’intervento in favore di Taranto, egli è, fra i successori d’Alessandro, quello più attento alle possibilità d’intervento in Occidente, la prima parte della sua vita è, però condizionata dalle lotte dei Diadochi.Antigono Gonata:Durante l’assenza di Demetrio, ne rappresentava gli interessi il figlio Antigono Gonata, questi riuscì a fatica a conservare il Pireo, ma non poté impedire che Eleusi fosse recuperata dagli ateniesi; un accordo stipulato tra il Gonata e Pirro, consentì al re epirota si affrontare presso Edessa l’avversario re di Tracia: ma un ammutinamento dei macedoni dell’esercito di Pirro, lo indusse a rientrare in Epiro, lasciando Lisimaco, nel 284, in possesso dell’intera Macedonia.Lisimaco:La giovane moglie di Lisimaco, Arsinoe figlia di Tolomeo, mise in cattiva luce il figliastro Agatocle, ottenendo dal re la sua condanna a morte, e la vedova d’Agatocle, Lisandra, cercò scampo presso Seleuco, alla rivolta si aggiunse anche Filetero, tesoriere di Lisimaco. Seleuco superò il monte Tauro ed invase l’Asia Minore in possesso di Lisimaco, a Curupedio, nel 281, si svolse lo scontro decisivo con Lisimaco, che trovò la morte sul campo.Seleuco:Seleuco mirava ora a ricostruire a suo vantaggio quello stato eurasiatico di cui aveva da poco privato Lisimaco: egli voleva finire i suoi giorni come re di Macedonia, ma progettava una spartizione col figlio, Antioco I, a cui sarebbe toccato governare le province asiatiche; a questi disegni pose una brusca fine Tolomeo Cerauno, il fratello di Lisandra, che era rimasto deluso nelle sue attese di restituzione sul trono d’Egitto, e che perciò scelse di eliminare Seleuco a tradimento (280).Antioco I ed Antigono Gonata:Passate nel 278 in Asia le tribù galliche furono indotte a stabilirsi nella Frigia interna, a seguito della sconfitta loro inferta dal re di Siria, Antioco I, nella “battaglia degli elefanti”, 275/274, che mise in luce il ruolo di campioni dell’ellenismo d’Asia Minore che i Seleucidi si assumono e che eserciteranno più tardi i pergameni Attalidi. Negli stessi anni si assiste all’insediamento di uno stabile potere monarchico in Macedonia, con l’ascesa al trono d’Antigono Gonata (277/276). Nella battaglia di Lisimachia, nel Chersoneso tracico (277), il Gonata sconfisse le retroguardie dei Celti, che avevano per la maggior parte già varcato l’Ellesponto, e la vittoria conseguita più ad occidente, su Antipatro Etesia, consegnò nelle sue mani il regno di Macedonia.Il Regno di Siria:La conquista seleucida dell’Anatolia ad ovest del Tauro era stata fin dall’inizio limitata al controllo della grand’arteria di collegamento con la costa egea dell’Asia Minore, e della costa medesima; altro fattore di relativa insicurezza è la vicinanza dell’Egitto, assillante nella sua pretesa di controllo dell’area siriana. Le diverse guerre di Siria, che si susseguono fra Siria ed Egitto nel 280-168, seguono spesso lo stesso copione, raramente gli esiti sono tali da stravolgere il rapporto tra i tormentati e labili confini fra i due regni; Antioco I si trova davanti un carico particolare di problemi, dopo l’assassinio del padre ad opera del Cerauno, e di fronte all’attivismo ormai

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dispiegato dall’Egitto sotto il nuovo dominio. Il regno di Siria continuò anche in seguito ad essere scosso da lotte di successione dinastica: nel 240-237 arse la “guerra dei fratelli” tra Seleuco II e Antioco Ierace, che fino al 228 amministrò in maniera indipendente i possedimenti seleucidici dell’Asia Minore occidentale. Intanto alla metà del III secolo avviene la perdita, da parte dei Seleucidi, delle regioni a sud-est del Mar Caspio; già durante il regno e per effetto della politica occidentale d’Antioco II, si avviò un processo di distacco della Partia e poi della stessa Battriana.La Grecia:In Grecia si andavano rafforzando le posizioni di quelle popolazioni delle regioni occidentali, che finora avevano svolto un ruolo minore: gli Etoli e gli Achei, fondarono due diverse leghe (koinà). L’elemento dinamico nella storia della Lega achea fu rappresentato dalla dorica Sicione, che fu liberata dal regime di cronici tiranni, nel 251, ad opera d’Arato di Sicione. A Corinto, nel 253/252, si era ribellato al Gonata, Alessandro, figlio di Cratero; intanto nel 243 Arato liberava la rocca dell’Acrocorinto e gli Achei si rivolgevano in aiuto all’Egitto di Tolomeo III. I decenni centrali del III secolo sono quelli della massima fioritura politica e culturale dell’Ellenismo56; alla sostanziale stabilità interna dell’Egitto e della Macedonia, corrisponde una tenuta del regno seleucidico. Dopo la morte d’Antigono Gonata (239), il confronto tra la Macedonia e le libere città di Grecia passa attraverso diverse fasi:

Regno di Demetrio II, figlio del Gonata (239-229): si ha lo scontro della Macedonia con le nuove realtà federali; la “guerra demetriaca” non è risolutiva per la Macedonia.

Regno d’Antigono Dosone, tutore e reggente per Filippo V (229-222/221): la Macedonia entra in un periodo di raccoglimento (229-224), durante il quale si verifica un significativo attivismo dei Tolomei in Grecia, e la restaurazione della democrazia ad Atene.

A Sparta sale al potere Cleomene III, che fu sconfitto dalla nuova alleanza acheo-macedone nella battaglia combattuta nel 222 a Sellasia; fuggì in Egitto, dove morì in una rivolta contro Tolomeo IV Filopatore, nel 219.

Regno di Filippo V, figlio di Demetrio II: alla morte d’Antigono Dosone (222/221), avvenuta in un conflitto con gli Illiri, gli succedeva Filippo V, che continuò la politica filoachea; nel 220-217 Filippo s’impegna in una guerra a fianco degli Achei contro gli Etoli; la pace di Naupatto, nel 217, chiude un conflitto su cui pesavano le ombre dei Romani e dei Cartaginesi.

Gli Stati Ellenistici:Dei nuovi stati a dirigenza macedone e greca, l’aspetto più caratteristico è l’estensione territoriale: un dato fondamentale a cui ne conseguono direttamente degli altri, d’ordine demografico, amministrativo, socio-economico e politico. Lo Stato monarchico territoriale comporta l’esistenza di una capitale, cui si affianca una chora, in cui sorgono altre poleis. La vastità della chora disponibile, in generale è causa immediata dell’estensione territoriale appartenente allo Stato, accanto al quale sussistono proprietà private e templari, che possono assumere dimensioni diverse che nell’ambito di una polis. Il territorio dei regni ellenistici, si presta ad una suddivisione, con la conseguenza della dislocazione delle forze in più punti, cui si accompagna la creazione di più centri di comando; l’ampiezza del territorio comporta inoltre la divisione in distretti. Nel tessuto compatto della chora del regno, si trovano inserite entità politiche autonome, come le poleis, organizzate di norma secondo gli istituti della democrazia, e fornite di un certo grado d’autonomia e d’eleutheria.Teoria degli Stati Ellenistici:Bikerman ha formulato in maniera precisa i fondamenti su cui poggia la monarchia ellenistica:

1. Il diritto di vittoria.2. La trasmissione ereditaria del diritto una volta acquisito.

La monarchia ellenistica si fondava sulla capacità di guidare un esercito e di amministrare saggiamente la cosa pubblica, una concezione che si contrapponeva all’idea che la posizione

56 L’acme politica e culturale dell’Ellenismo avviene tra il 280 e il 220, periodo definibile anche come alto Ellenismo.

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monarchica fosse fondata o sulla nascita o su un diritto. A sua volta il sovrano diventa legge animata e vivente (nomos empsychos), un’idea che risale in certa misura a Platone e ad Aristotele. Le definizioni teoriche della figura e delle funzioni del re dell’età ellenistica indicano tre mansioni essenziali:

1. Quella del comando militare.2. Quella del giudice.3. Quella del sacerdote.

Tali caratteri saranno in parte comuni a tutte le monarchie ellenistiche. Il re-generale è caratteristico della Macedonia, ed è certo anche un portato del predominio storico di questa, se l’età ellenistica si configura come età militare per eccellenza, dove il militare predomina sul politico. Lo Stato monarchico ellenistico ha una varietà di designazioni, in termini singoli o espressioni pluriverbali:

Ta pragmata: l’insieme degli affari; è un’espressione generica che indica lo Stato come attività.

Philoi e dynameis: gli amici e le truppe; è un’espressione globale, includente il re, vi si esprime l’ideologia della monarchia militare nella sua interezza e nella sua forma più autentica.

La sovranità dei re ellenistici trova espressioni in tipiche insegne, quali il diadema, la veste purpurea, lo scettro e l’anello col sigillo d’oro: porpora ed oro sono, quindi, i colori tipici delle monarchie ellenistiche. La monarchia macedone è stata definita una monarchia nazionale, una monarchia più popolare che militare, e a carattere religioso, più che dotata di poteri giudiziari. Forti affinità degli Antigonidi in Macedonia, almeno nella struttura costituzionale, presenta la monarchia degli Eacidi in Epiro; il capo della federazione epirotica era Pirro, essa comprendeva diverse tribù e città, oltre ai Molossi, c’erano anche i Caoni e i Tesproti, che erano le tribù più importanti; ma il problema storico-costituzionale che pone la monarchia epirotica è quello del rapporto tra il sovrano e la struttura federale. La fondamentale opera di Launey sulle armate ellenistiche, approda al risultato di una notevole penetrazione degli elementi non greco-macedoni nelle armate ellenistiche, determinata dall’incapacità demografica dei greci e dei macedoni di far fronte alle esigenze militari dei vari stati; a fornire uomini alle armate provvedono, nel primo ellenismo, la penisola balcanica e l’Asia Minore, a partire dal II secolo subentrano iranici, semiti ed egiziani.La Sicilia:L’assetto dato da Timoleonte alla Sicilia greca nella seconda metà del IV secolo durò all’incirca un ventennio, ma furono proprio le caratteristiche del regime da lui instaurato a Siracusa a dare il via ad una crisi dei rapporti politici interni. All’interno di Siracusa il governo oligarchico, capeggiato da Eraclida e Sosistrato, è rovesciato dai democratici, ma poco dopo torna ad affermarsi; fra gli esuli democratici c’è Agatocle, figlio di Carcino di Reggio. I primi anni della politica d’Agatocle sono caratterizzati da un susseguirsi d’esili, ne derivo, quindi, un compromesso con Sosistrato, al quale fu lasciato il potere all’interno della città, mentre i presidi extrasiracusani erano affidati ad Agatocle (319/318), che presto riuscì ad espellere gli avversari da Siracusa, e ad ottenere la carica di stratego unico, adottando misure popolari quali l’abolizione dei debiti e una ridistribuzione delle terre (316). Fuori del dominio d’Agatocle restavano Agrigento, Gela e Messina; la posizione d’Agatocle si rafforzava anche nei confronti dei cartaginesi, che riconoscevano l’egemonia di Siracusa, e quindi d’Agatocle, sulle altre città della Sicilia orientale. La politica di Cartagine era stata fino ad allora di tolleranza con Agatocle, e di questo Cartagine dava la responsabilità ad Amilcare, era chiaro ad Agatocle, soprattutto dopo la morte d’Amilcare, che conveniva prendere l’iniziativa antipunica, come fece nel 311, con un attacco ad Agrigento; i cartaginesi intervennero a favore della città e s’installarono al promontorio d’Ecnomo, vicino Gela. Agatocle trasferì, allora, la guerra in Africa, prese Megalopoli e Tunisi e si accampò davanti Cartagine, l’esercito punico accettò la sfida, ma dovette ripiegare sotto i colpi dell’armata siracusana; parte delle truppe puniche avevano dovuto lasciare la Sicilia, per correre in difesa del territorio metropolitano, il resto subì una nuova sconfitta ad opera dei siracusani nella valle dell’Anapo. In Sicilia i cartaginesi perdevano il sostegno degli agrigentini, che s’illusero per qualche tempo di potersi assicurare una posizione d’indipendenza tra

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le due parti in lotta; in Africa, Agatocle strinse un patto con il signore di Cirene, Ofella, per la spartizione dei domini cartaginesi, Ofella raggiungeva Agatocle sotto Cartagine, 309, ma qui fra i due scoppiarono dissensi culminati in uno scontro armato, in cui Ofella perdé la vita, mentre il suo esercito passava sotto le insegne del sircusano. Una dopo l’altra cadevano nelle mani di questo le città suddite di Cartagine, che, però, restava in piedi; Agatocle, dopo la costruzione di una nuova flotta, lasciava gran parte dell’esercito in Africa al comando del figlio, Arcagato, e fece rientro in Sicilia, 307, per fare il punto della situazione e riprenderne il pieno controllo. In Africa, intanto, i cartaginesi riuscivano a riconquistare la maggior parte delle posizioni perdute e a chiudere Arcagato a Tunisi; fu la fine dell’audace spedizione: le truppe al servizio dei siracusani si ribellarono agli sconfitti e trucidarono Arcagato. Agatocle puntò ad un accordo con Cartagine, in cui, alle cessioni territoriali in Sicilia in favore di quest’ultima, fece da contrappeso il versamento di un forte risarcimento da parte cartaginese (306). Dopo ciò, Agatocle poté affrontare in battaglia l’esercito degli emigrati ed assestargli il colpo definitivo, e poté finalmente assumere il titolo di basileus e sposare Teossena, figlia di Tolomeo I.L’Italia:In Italia, dopo la conclusione (304) della seconda guerra romano-sannita, Taranto capisce che il pericolo indigeno proviene da Roma, con cui stipula, nel 302/301, il trattato del capo Lacinio, che cerca di conservare i caratteri di un mare tarentino, vietandone l’attraversamento alla flotta romana da guerra; Taranto, alla fine del IV secolo, prevede lo scontro con Roma, ma combatte ancora gli ultimi conflitti con i Lucani, che ora si scherano con i romani, la città greca chiede aiuto alla madrepatria Sparta, e, nel 303, giunge un esercito di mercenari al comando di Cleonimo, che agisce con modi spregiudicati, usando i Lucani contro gli stessi greci di Metaponto, pressati da Taranto, Cleonimo s’impadronì di Corcira e si spinse fino alla laguna veneta, dove subì una sconfitta da parte dei padovani. A questo punto, contro gli Italici, i tarentini non possono che tornare a chiedere l’aiuto di Siracusa, cioè d’Agatocle, che conseguì alcuni primi successi, con l’aiuto dei Brettii, sposando sempre più a nord e ad oriente la sua attenzione, e rivolgendo le sue mire su Corcira; l’isola, nel 298, venne in possesso d’Agatocle, che la diede in dote alla figlia Lanassa, quando questa fu data in sposa a Pirro (295). Sulla via del ritorno da Corcira, Agatocle dovette fronteggiare la rivolta dei Brettii ed occupò Crotone; in Iapigia, stipulò un trattato con i Peucezi, diretto contro Roma, e, una volta rientrato in Sicilia, tornò poi ad invadere il territorio brettio, occupò Ipponio nel 293 e ottenne la resa dei Brettii. Gli ultimi anni, Agatocle allestisce una gran flotta, rompe con Pirro, fa divorziare da lui la figlia Lanassa, che resta però in possesso di Corcira, e stringe intese con Demetrio Poliorcete. Poco prima della morte, si complicò la questione della successione al trono siracusano, cui era stato destinato in un primo momento Arcagato II, avendo, però, avuto un altro figlio, Agatocle il giovane, da un altro matrimonio, egli preferì all’ultimo momento la successione del figlio, segnandone così il destino, perché Arcagato II fece assassinare il giovane rivale; il nonno morente, ne vanificò l’ambizione, concedendo ai siracusani la libertà (289). Un trattato stabiliva limiti alla navigazione romana nel golfo di Taranto, per l’intenzione della città greca di tener Roma lontana dai greci della costa; nei confronti dei Lucani, Taranto voleva esercitare in prima persona la funzione di tutelatrice delle popolazioni greche, quando, perciò, nel 282, Turii chiese aiuto ai romani contro i Lucani, e Roma inviò G. Fabrizio Luscino con un esercito che sgominò gli Italici, Taranto reagì sequestrando una squadra navale romana.Pirro:Taranto si rivolse, ancora una volta, per aiuto a Pirro, sfortunato pretendente al trono di Macedonia, che era disponibile per un’impresa in Italia, e Tolomeo Cerauno, salito al trono macedone nel 281, gliene fornì i mezzi, in uomini ed elefanti; con la spedizione di Pirro, l’Oriente ellenistico s’immetteva si forza nella storia dell’Occidente greco. I progetti di Pirro in Occidente ebbero come perno la Grecia e la Macedonia, sia la spedizione in Italia sia quella in Sicilia non erano previste nei piani di Pirro. La storica traversata (diabasis) dell’Adriatico da parte di Pirro avvenne nel maggio del 280, egli portava con sé un cospicuo esercito; P. Valerio Levino tentò di impedire il contatto tra Pirro e i suoi alleati lucani, ad Eraclea ebbe luogo il primo scontro con i romani, che fu vittorioso

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per l’epirota57. Durante la spedizione di Pirro in Sicilia, i romani avevano recuperato molte delle posizioni perdute tra gli Italici come fra i greci, la stessa traversata di ritorno del re epirota in Grecia non fu senza difficoltà; la flotta punica cercò di ostacolarlo, e sulla terraferma lo scontro, avvenuto nel 275 nel Sannio, tra i romani e Pirro, segnò la vittoria dei primi. In tutta fretta Pirro abbandonò Taranto nello stesso 275 con gran parte delle sue forze, lasciandovi un presidio al comando del figlio Eleno; rientrò in Grecia, dove voleva contendere ad Antigono Gonata il trono di Macedonia. L’irruzione dell’epirota in Macedonia e in Tessaglia fu al momento un successo; trasferitosi nel Peloponneso, Pirro vi fu accolto da molti come un liberatore, e si spinse fino a minacciare Sparta, che si rivelò imprendibile senza un duro assedio, Pirro si limitò a saccheggiare la Laconia e punto poi su Argo, offrì in vano battaglia campale al Gonata, si decise a rientrare ad Argo, dove aveva partigiani che di notte gli aprirono una porta, si spinse, però, incautamente all’interno della città, che in gran parte gli era nemica, e nel corso di un combattimento rimase ucciso (272).I Romani:Intanto Roma consolidava le sue posizioni sulla costa greca d’Italia: Taranto si arrese nel 272 e dovette accogliere una guarnigione romana, dare ostaggi e assicurare un contingente navale a Roma, in seguito, Locri entrava in rapporti di fiducia con i romani, che, invece, a Reggio procedevano ad una punizione esemplare per la legio Campana, che al comando di Decio Vibellio, aveva emulato i misfatti dei Mamertini. In Sicilia, i greci si andavano disponendo all’avvento del dominio di Roma, che nell’Italia meridionale era ormai un processo storico difficilmente reversibile. Ancora una volta, Siracusa fu teatro dell’avvento di un potere personale, quello di Ierone II, che ottenne la carica di stratego per combattere i Mamertini, ma il successo su questi non fu immediato, un po’ alla volta, Ierone riuscì a ricacciarli a Messina, notevole fu il successo che ottenne contro questi al fiume Longano, presso Milazzo (269-265/264), dopo questa vittoria egli assunse il titolo di basileus e il suo lunghissimo regno (durato fino al 215) segnò in profondità la storia della Sicilia greca. Ad attirare in Sicilia i romani, furono proprio i Mamertini, dapprima contro la pressione dei siracusani, essi avevano chiesto ed ottenuto un presidio cartaginese, ma poi prevalse un orientamento nazionalistico e filo-romano, che faceva leva sulla coscienza dell’affinità di stirpe fra Osci e romani; con la tentata traversata dello Stretto di Sicilia da parte d’Appio Claudio nel 264, e la riuscita diabasis per opera di M. Valerio nel 263, cominciava la I guerra punica (264-241), che doveva rendere i romani padroni della Sicilia. Ierone stringe alleanza con i cartaginesi, nella guerra contro i Mamertini, ma, dopo lo sbarco e le prime vittorie romane, decise di voltare pagina: nessuna resistenza trovò l’esercito romano che, nel 263, avanzava da Messina, e poi conquistava Enna. Quando M. Valerio si avvicinò a Siracusa, il re accettò di rinunciare alle città conquistate da Roma, e di confinare il suo dominio a Siracusa, Leontini, Acre, Noto e Tauromenio e si alleò con Roma contro Cartagine.Arte, cultura, religione ed economia nell’Ellenismo:Un rinnovamento urbanistico e edilizio percorre già nel IV secolo tante regioni del mondo greco, e un approdo di grandiose dimensioni è rappresentato dall’attività commerciale dei re ellenistici. L’Ellenismo è, per i greci, epoca di fusione tra le forme della cultura greca e alcune espressioni delle culture orientali; l’Oriente è da sempre di casa in Grecia, e culti stranieri sono praticati già in epoca classica. Nel regno seleucidico si coglie l’importanza delle vecchie divinità olimpiche; il regno tolemaico è il più produttivo, sul terreno della creazione e diffusione di divinità che, egiziane nella sostanza, abbiano un volto e un nome più accessibile per i greci. Figure eroiche greche assurgono a rango divino, come ad esempio Asclepio, divenuto figura dominante di dio guaritore. Una religione più esigente, e più fortemente collegata con tradizioni nazionali, come il monoteismo giudaico, manifesta la sua diffusione come diaspora dei Giudei stessi, ma riesce a conquistare anche un buon numero d’adepti, e diventa sempre più nota al mondo greco. Il cosmopolitismo investe la letteratura e la scienza dell’età ellenistica, nei grandi centri di sapere dei nuovi templi, alla corte dei nuovi sovrani, si raccolgono greci d’ogni regione del mondo ellenico, e d’ogni ramo della scienza.

57 Nel clima della vittoria si crea quell’unione greco-italica contro Roma, che era stata già da tempo nei piani di Taranto.

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Un campo scientifico in cui i progressi sono direttamente e necessariamente collegati con la conquista d’Alessandro e con la creazione e definizione dei confini dei nuovi stati territoriali, è la geografia. E’ del tutto naturale che a questa nuova cultura, di cui erudizione e realismo, tecnicismo e gusto per la scrittura, individualismo e cosmopolitismo, sono le caratteristiche salienti, corrisponda una letteratura in cui si coniugano un contenuto dotto, una forma ricercata ed una tecnica raffinata.

Capitolo Sesto: “Il mondo ellenistico e Roma”

La conquista romana e il declino dei regni ellenistici:Dopo ripetute aggressioni compiute dai pirati illirici a danno dei commercianti italici, questi riescono a far valere la loro voce presso il Senato romano, nel 230, per difendersi da quegli stessi nemici, ricorreranno alla fides di Roma città greche come Corcira, Epidammo, Apollonia, Issa e popoli dell’area illirica; un’ambasceria inviata da Roma alla regina illirica Teuta, non ottiene ciò che era richiesto e subisce anche un agguato. Nel 228 s’instaura il protettorato romano sull’Illiria, e sia Etoli sia Achei mostrano gratitudine per l’azione romana; nel 229 Roma ha dalla sua un principe illirico, Demetrio, che, però, dieci anni dopo, arreca nuovi danni alle città d’area illirica e alle isole dell’Egeo, è, quindi, espulso (219). I greci avvertivano Roma come un pericolo, Filippo V di Macedonia intuì che il pericolo maggiore erano i romani, dei suoi rappresentanti scambiano un giuramento d’intesa, nel 215, con Annibale; in Grecia, Roma non poteva che appoggiarsi alla Lega etolica, con la quale stipula un patto per la spartizione della Macedonia; al nucleo romano-etolico si aggregano i soliti nemici della Lega achea nel Peloponneso, ed anche Attalo I di Pergamo. In questo primo confronto Filippo V riuscì a fiaccare gli Etoli, che conclusero con lui, nel 206, una pace separata, cui non tardò a seguire la pace di Fenice del 205, tra i romani e Filippo. Le pressioni dei rodii e d’Attalo I sui romani, li indussero ad intervenire contro Filippo V; nell’agosto del 200 M. Emilio Lepido rivolgeva a Filippo richieste esose

Smettere di guerreggiare con i greci. Ritirarsi dall’Asia.

Storicamente questo avrebbe significato rinunciare a tutte le conquiste fatte da Filippo II e da Alessandro Magno; Roma si garantiva in questo conflitto la neutralità d’Antioco III, dopo due anni d’operazioni non risolutive condotte da P. Sulpicio Galba Massimo e da P. Villo Tappalo, nel 198 T. Quinzio Flaminio impresse una svolta decisiva alla guerra, che ormai si basava su programmi filellenici. Filippo V fu costretto a ritirarsi fino a Tempe, la Lega achea aderiva allora alla coalizione anti-macedone. Un tentativo di composizione ebbe luogo a Nicea, cui presero parte Filippo e Flaminino, che fallita la trattativa s’impossessò della Locride, mentre Filippo tornava ad avanzare in Tessaglia, dove, nel giugno del 197, affrontava, a Cinoscefale, l’esercito romano, che ebbe la meglio; nell’inverno del 196 si giunse alla pace in cui Filippo dovette cedere i possedimenti di Grecia e d’Asia Minore e l’intera flotta. Alle feste Istmie del 196, Flaminino proclamava l’autonomia dei greci fino ad allora soggetti alla Macedonia, i romani rispettarono questa premessa solo fino al 194, quando intervennero contro Nabide di Sparta, che fu vinto e punito con la riduzione dei suoi domini, ma morì nel 192 per mano degli Etoli. Intanto si andavano creando le premesse per lo scontro tra Roma ed Antioco III, che andava consolidando le sue posizioni nel Chersoneso tracico, mettendo le mani sui possedimenti tolemaici in Siria, Asia Minore e Tracia, e rafforzava i suoi legami con l’Egitto dando in moglie a Tolomeo V la figlia Cleopatra. Nel 196, nel corso di una “guerra fredda”, i romani ammonirono Antioco III ad astenersi dall’aggredire le città greche d’Asia Minore, l’aver poi Antioco dato asilo ad Annibale, rafforzò i sospetti dei romani, ma fattore decisivo, fu l’iniziava presa dagli Etoli, della creazione di una coalizione anti-romana, a capo della quale vollero Antioco, che ricevette il titolo di strategos autokrator della Lega etolica. La

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spedizione d’Antioco III in Grecia fu mal preparata, M. Acilio Glabrione si scontrò con le truppe alle Termopile , nel 191, sconfitto, Antioco si ritirò ad Elatea in Focide; a due sconfitte navali in Asia Minore, subite dal Seleucide, nel 191 e nel 190, seguì la battaglia di Magnesia del Sipilo (190/189), in cui Antioco fu battuto dai romani, comandati da L. Cornelio Scipione affiancato da P. Cornelio Scipione l’Africano, come consigliere,e da Eumene II di Pergamo. Nei preliminari della pace di Sardi, cui seguì la pace d’Epamea (188), Antioco dovette rinunciare a tutti i possedimenti di qua dal Tauro, riconsegnare gli schiavi, estradare Annibale e riaprire i mercati di Siria a Rodii e alleati. Nell’Asia Minore di qua dal Tauro, s’ingrandirono i possedimenti d’Eumene II, inglobando quelle città che erano già state tributarie d’Attalo e d’Antioco; Rodi acquisì la Caria a sud del Meandro e la Licia, le città greche conservarono la loro autonomia. Fu l’epoca della fioritura culturale e religiosa di Pergamo58; in Grecia, gli etoli avevano continuato la guerra, dopo alcuni successi conseguiti contro i romani, 189, essi dovettero cedere al nuovo attacco di M. Fulvio Nobiliore, alla caduta dell’epirotica Ambracia, seguì, nel 188, la stipulazione di una pace che imponeva agli etoli l’obbligo di assistere i romani in caso di guerra. Nel 188-180, nel Peloponneso, si acuisce il conflitto fra la Lega Achea e Sparta e la Messenia; nel corso di una spedizione contro quest’ultima, lo stratego della Lega Achea fu fatto prigioniero ed ucciso. In Asia Minore si avviava un conflitto tra Eumene II e Stati come la Bitinia, il Ponto e Rodi, tutto ciò finiva col far sospettare , Eumene II agli occhi dei romani; sono anche per la Siria seleucidica anni di crisi: tuttavia sotto Seleuco IV, si avvia un processo di riavvicinamento tra Siria e Macedonia, suggellato dal matrimonio di Perseo, re di Macedonia dal 179, con Laodice, figlia di Seleuco; i romani adottarono verso Perseo una diplomazia volta a colpevolizzarlo e provocare così una rottura che consentisse l’estirpazione del regno di Macedonia: portatore di questa nova sapientia fu Q. Marcio Filippo, che nel 172, condusse le trattative volta alla rottura e guidò la campagna, nel 169, che portò i romani nel cuore della Macedonia. Nel 168, col passaggio del comando a L. Emilio Paolo, Perseo, appostatosi a sud-est dell’Olimpo, fu aggirato con una manovra che rischiava di chiuderlo fuori dalla Macedonia, tornò verso Pidna, e a sud di questa, subì una sconfitta da parte romana; Perseo salvò la vita con una fuga nel santuario di Samotracia, ma qui cadde nelle mani dei romani, che lo portarono a Roma (165/162) dove morì. La Macedonia fu divisa in 4 repubbliche, fu proibito il commercio del legname e furono chiuse le miniere d’oro e d’argento; fra gli stati greci migliorava la posizione d’Atene, erano puniti gli epiroti e i rodii, che risultavano mortificati e multati nell’entrate portuali. I grandi regni ellenistici sentivano la forte interferenza romana, nel corso della II spedizione in Egitto, Antioco IV Epifane, fu giunto ad Alessandria, il console Q. Popillio Lenate, lo raggiunse ad Eleusi e gli intimò di lasciare il paese. Roma mostra così di non accettare compromessi, e dopo Pidna cambia anche il suo atteggiamento verso Eumene II e il regno di Pergamo, in Asia, dove darà sostegno a Prusia II di Bitinia, avversario d’Eumene. I cardini della politica romana cambiarono anche in Grecia, la Lega Achea fu per molti anni oggetto della rappresaglia romana, che opposero, fino al 151/150 un rifiuto alle sollecitazioni achee per la liberazione degli ostaggi, seguì una ribellione che culminò nella guerra acaica. Intanto, in Macedonia e in Grecia si andavano accumulando motivi concreti per un ultimo tentativo di ribellione: in Macedonia, nel 151-149, Andrisco, pretendendo d’essere Filippo figlio di Perseo s’incoronò re a Pella, conseguendo un rilevante successo su P. Iuvenzio, che perì in battaglia; la campagna guidata da Q. Cecilio Metello pose fine alla ribellione d’Andrisco, nel 148, e la Macedonia fu ridotta a provincia (147/146), e le furono aggregati prima l’Illiria e l’Epiro e poi, dopo la rivolta acaica (147-146), anche la Grecia. Il conflitto tra Roma e la Lega achea trovò la sua causa in una ribellione contro le ambascerie romane: la guerra dichiarata a Sparta dagli Achei, nel 146, trascinò con sé la guerra contro i romani, che inflissero agli Achei due sconfitte, una a Scarfea e l’altra sull’Istmo; la conseguenza fu la distruzione di Corinto, avvenuta poco dopo quella di Cartagine (146), seguirono lo scioglimento della Lega Achea e un intervento pacificatore svolto da Polibio di Megalopoli. Nel regno di Siria, Antioco IV Epifane interpretò il ruolo mandando

58 Fu costruita la celebre ara, furono riorganizzate le feste Niceforie, in onore di Atena Nikephoros “portatrice di vittoria”.

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l’impulso dell’ellenizzazione, quest’acculturazione forzata ebbe esiti diversi: Babilonia ricevette docilmente le strutture e gli edifici di una polis ellenistica, ma il disegno si rivelò più complicato nei confronti dei Giudei, l’azione riformatrice fu diretta prima agli aspetti del costume e poi privò il culto di Jahvè, causando una rivolta che durò tre anni, guidata da Giuda Maccabeo. Nel 134 Antioco VII Sidete, conquistò Gerusalemme, ma la sconfitta subita dai Parti, impose un ripensamento sulla questione giudaica, e garantì la sopravvivenza dello Stato degli Asmonei. Il II secolo, nell’Egitto tolemaico, è caratterizzato dal miglioramento della condizione e del ruolo della popolazione indigena, ma è anche il secolo in cui l’elemento indigeno subisce una profonda ellenizzazione, che, comunque, investe soprattutto le classi più elevate, Alessandria continua ad assolvere un ruolo culturale trainante; un’altra caratteristica significativa è la tendenza ad una frammentazione del regno in tre nuclei fondamentali: Alessandria con la chora egiziana, Cipro e la Cirenaica. L’Egitto conobbe, sotto Tolomeo VI, un sussulto di vitalità, nel primo periodo di regno egli fu sotto la tutela della madre e successivamente d’Euleo e Leneo, sposò nel 175 la sorella Cleopatra II, e regnò in comune per vari periodi con Cleopatra e Tolomeo VIII fino al 164; nel 145 Tolomeo VI fu acclamato basileus tes Asias, ma morì combattendo contro il seleucide Alessandro Balas. Gli succedette Tolomeo VIII, che nel frattempo aveva allacciato buoni rapporti con Roma, e in favore della quale, nel 162, aveva dettato un testamento, che rimase segreto fino al 155, e venne pubblicato a seguito dell’attentato subito dal re: quel testamento, in favore di un altro popolo diventava un’assicurazione sulla vita del sovrano; nel 145 Tolomeo VIII realizzava la sua aspirazione al dominio dell’Egitto, che dovette però dividere con le due mogli, la sorella Cleopatra II e sua figlia Cleopatra III, nel 131-127 Tolomeo dovette abbandonare Alessandria. Il destino dell’Egitto era ormai la sua frantumazione in tre tronconi, dalla morte di Tolomeo VIII (116), dopo un breve periodo di regno di Cleopatra II, emerse come protagonista la figlia di questa Cleopatra III; il figlio favorito, Tolomeo X Alessandro I, ebbe l’Egitto, l’altro figlio, Tolomeo IX Sotere II, ottenne Cipro, ed Apione, la Cirenaica, che alla sua morte, nel 96, passò nominalmente in eredità ai romani, che procedettero all’annessione solo nel 74. Nel I secolo a.c. , i regni di matrice ellenistica si avviano al tramonto, che giunse per i Seleucidi nel 63, con la creazione della provincia di Siria, per opera di Pompeo, e per l’Egitto fu solo ritardato dalla volontà di potenti uomini politici romani e dai conflitti scoppiati fra essi, nonché dai rapporti affettivi fra Cleopatra VII e Cesare, e fra Antonio e la stessa Cleopatra. Il personaggio più notevole è Mitridate VI Eupatore, re del Ponto (121-63), negli anni 89-85, 83-81, 74-67, egli si scontrò con eserciti romani in Asia Minore e, nel primo conflitto, anche in Grecia; Atenione capeggiò la rivolta d’Atene contro i romani, a dar corso alla dura reazione dei romani fu L. Cornelio Silla. Dopo le vittorie conseguite sul generale di Mitridate, Archelao, in Beozia, all’inizio dell’86, Atene fu saccheggiata, cui seguì il saccheggio dei santuari d’Olimpia e Delfi; la pace di Dardano (85/84) chiudeva il primo conflitto fra Roma e il re del Ponto. Negli anni successivi, Roma combatté con decisione i pirati, che si rifugiavano nei porti di Cilicia e Creta, nel 67, dopo le vittorie conseguite sui pirati, Pompeo riorganizzò la provincia di Cilicia e, nel 58, veniva annessa l’isola di Cipro; nel 63, veniva creata la provincia di Siria e circondata di Stati clienti dei romani, come la Cappadocia e la Commagene; il problema del rapporto con lo Stato giudaico fu affrontato in maniera diversa da Pompeo, più inteso ad espandere l’area dell’ellenizzazione, e da Cesare, che riconobbe vari privilegi ai giudei. Quanto all’Egitto, fin dalla morte di Tolomeo IX Sotere II (80), la forte ingerenza romana aveva ridotto i sovrani a delle semplici marionette, salì, allora, sul trono d’Egitto il figlio del Sotere, Tolomeo XII Neodionisio, che fu trattato per vent’anni da Roma come un vassallo, e che, dal 55, regnò sotto la sorveglianza di un cavaliere romano preposto alle finanze del regno. Nella guerra tra Cesare e Pompeo le città greche si barcamenarono, la clemenza di Cesare valse nei confronti delle grandi città dell’Asia Minore, da Pergamo a Cizico a Meleto; dopo la battaglia di Farsalo (48 a.C.), Pompeo si rifugiò in Egitto e fu fatto uccidere da Tolomeo XIII, Bruto e Cassio punirono le città greche d’Asia, e la stessa Rodi, per la loro resistenza59. Nella battaglia d’Azio (02/09/31), Antonio ebbe dalla sua la flotta della regina

59 L’Oriente greco divenne, poi, la base d’Antonio e tale rimase anche nel conflitto con Ottaviano.

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egiziana Cleopatra, che aveva saputo attirare a se G. Giulio Cesare60, che combatté per conto della regina, una tipica guerra tolemaica vecchio stampo, contro i ribelli d’Alessandria (48/47), successivamente ella sostenne Bruto e Cassio; Antonio la convocò a Roma, perché si discolpasse, e dall’incontro nacque una nuova passione. Cleopatra era del tutto compenetrata del suo ruolo di sovrana del passato, che si fece nominare la Nuova Iside, e nel frattempo, Antonio le andava ingrandendo il regno, con concessioni di territori, dalla Celesiria a Cipro a parte della Cilicia, e nel 34, si arrivò ad una solenne proclamazione dei ruoli di un’intera famiglia di re, e alla relativa spartizione dei territori, fra Cleopatra e Cesarione, che divenivano re dei re, e i figli di Cleopatra ed Antonio. La centralità assegnata all’Egitto rappresenta un rovesciamento della politica pompeiana, fu facile ad Ottaviano ergersi a difensore della causa dell’Italia e dell’Occidente contro le pretese egemoniche dell’Egitto tolemaico61, e nella guerra d’Azio i greci furono sottoposti ad umilianti corvees in favore d’Antonio. L’impero in Grecia:Con Augusto si svilupparono i centri della Grecia occidentale: Nicopoli, costruita sul sito dell’accampamento d’Ottaviano nella battaglia d’Azio, Patre, che si sviluppò in funzione del suo ruolo di città cui facevano capo le rotte di navigazione italiane; sul piano politico-amministrativo, la gran novità fu la creazione, nel 27, della provincia senatoria d’Acaia, retta da un proconsole di rango pretorio, con sede a Corinto. Inoltre, Augusto avvia la trasformazione di Sparta, riducendone drasticamente il territorio, con la creazione della Lega degli Eleuterolaconi, in epoca augustea essa diventa un’entità archeologica. Nella storia dell’impero, all’orientamento tradizionalistico e nazionalistico d’Augusto e di Tiberio, fecero seguito gli imperi d’impronta ellenistica; fu soltanto Nerone a prendere decisioni di gran rilievo in favore della Grecia: nel 67 d.c. , egli rinnovava la dichiarazione di T. Quinto Flaminino sulla libertà della Grecia, aboliva, dunque, la provincia d’Acaia; le frequenti discordie, e i disordini connessi in ambito greco, fornirono a Vespasiano il pretesto per ritogliere le condizioni di libertà e d’esenzione dal tributo alla Grecia, i filosofi furono espulsi, nel 74, da Roma. Le conquiste di Traiano in Oriente, furono le premesse per quella poderosa ripresa dell’Ellenismo, che caratterizzò il suo governo e quello degli Antonini suoi successori; in Egitto, diventa difficilissimo indicare il momento finale della storia greca antica, si può certo ancorare la storia della grecità al suo fenomeno organizzativo più evidente, cioè alla storia delle città, ma la città, come forma di comunità e d’amministrazione, appare indistruttibile, e perciò si trasmette da un’epoca, e da una forma d’organizzazione sociale, all’altra. Nella seconda metà del II secolo d.c. , il regno del filelleno Marco Aurelio (161-180) vede il singolare concorso di due grandi fattori di crisi e di declino:

La grande peste degli anni intorno al 166. L’invasione della Grecia per opera dei barbari Costoboci (170).

Dall’epoca dei Severi si diffondono, anche nella parte occidentale dell’impero, culti orientali, tutto questo mentre si consolida la diffusione del Cristianesimo, che si accinge a cogliere, con l’editto di Costantino (313) la sua vittoria definitiva. Nel 253 navi di barbari fanno la loro comparsa nelle acque dell’Asia Minore, nel 256-262 si susseguono anche invasioni, via terra, delle stesse regioni anatomiche; storicamente significativa è l’invasione della Grecia, del 267, da parte degli Eruli, i quali espugnano Atene e devastano il Peloponneso, a contrastarli fu P. Erennio Dexippo. Antiochia62 conosce ancora nel IV secolo un periodo di vitalità, di cui è testimonianza l’opera del retore Libanio; ad Alessandria, intanto, continuano a vivere le vecchie istituzioni culturali d’età tolemaica. La fase conclusiva della storia greca si ha con l’epoca di Giustiniano, che vietò la retribuzione e l’esercizio dell’insegnamento pubblico dei maestri pagani ad Atene nel 529.Polibio:

60 Cleopatra gli diede un figlio, Cesarione.61 Riuscì a presentare la guerra tra Italia ed Egitto, come un decisivo scontro di civiltà, tra Occidente ed Oriente.62 La cultura antiochena irradierà la sua influenza anche sui Padri cristiani e sull’oratoria dei grandi Padri cappadoci del IV secolo.

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Polibio (205-123 a.c.), è nativo di Megalopoli nell’Arcadia e figlio di Licorta, uno dei più autorevoli uomini politici della Lega achea. Polibio percorse una notevole carriera politica, diventando ipparco nel 169/168, durante la III guerra macedonia, combattuta dai romani contro Perseo; egli seguiva la linea politica di Filopemene, che mirava a salvaguardare l’autonomia degli Stati greci. Dopo la vittoria romana a Pidna (168), Polibio fu deportato a Roma, e l’amicizia di Scipione Emiliano gli permise di fare viaggi in Gallia, Spagna ed Africa del Nord. Legato ormai strettamente a Roma, disapprovò la ribellione greca degli anni 147/146, e dopo la distruzione di Corinto, ebbe dai romani l’incarico di cooperare alla definizione dell’assetto politico di varie città del Peloponneso. Le Storie di Polibio, in 40 libri, coprivano il periodo 246-146/144, dalla I guerra punica alla distruzione di Corinto e le sue conseguenze, ma il centro fondamentale dell’opera erano gli anni 220 e seguenti. Noi conserviamo per intero i libri I-V e gran parte del VI.

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