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INTRODUZIONE
Tutto nasce da un viaggio in Sicilia, nella località Patti che accoglie il teatro greco di Tindari.
In una giornata del 2015 durante una lezione teatrale, il mio insegnate ci propose uno stage di strategia
poetica in Sicilia, in estate. Presa dall’entusiasmo, accettai senza minimante capire di che cosa si trattasse.
Ero estremamente incerta sull’ intraprendere un percorso che si presentava come ”cambiamento
evolutivo”, sinceramente ci credevo poco. Come posso migliorare in una settimana? Come posso cambiare
attraverso un percorso così vicino al teatro?
Spiegare che cos’è la strategia poetica mi riesce ancora molto difficile, nonostante i vari percorsi compiuti
in questi anni. L’unica cosa che posso dire è che durante quel viaggio e altre esperienze in seguito, mi sono
stati proposti dei veri e propri esercizi pratici che mi hanno messo di fronte alle difficoltà della vita e mi
hanno fatto capire in quanti modi la stessa vita può essere vista soprattutto in relazione ad altre persone.
Durante quel viaggio infatti, ogni qualvolta chiudevo gli occhi per riaprirli, vedevo il mondo e il paesaggio in
modo diverso, come se lo scoprissi ogni volta.
Non sono ancora una persona pronta a stare al mondo come si dovrebbe, ma semplicemente ho una
migliore consapevolezza di me stessa e del mondo che mi circonda.
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Si sente ininterrottamente parlare di mancanza di denaro, di crisi economiche, di governi che non
funzionano, di ignobili guerre, di massacri ed omicidi, di slogan privi di consapevolezza, di tasse troppo alte.
Si sente e si vedono persone pronte a massacrarsi e piene di odio sui social network, inondare in modi
imbarazzanti e volgari gli spazi delle strade, delle radio, delle televisioni, del web; accendere mutui per
comprare una casa, un’auto, una moto, un elettrodomestico, una televisione più grande, uno smartphone e
via dicendo.
Nella società si notano miliardi di persone uguali, come se fossero mentalmente malati e si contagiassero a
vicenda.
Nella società moderna le persone corrono da mattina a sera. Si sente continuamente dire “! Di corsa!
muoviti!”. Ogni individuo è continuamente impegnato in dieci, venti, trenta, cento attività; come se
ognuno fosse incanalato in una interminabile coda senza fine. Nessuno sembra essere capace di
intravedere la fine della coda e, soprattutto, nessuno sembra interessarsi a cosa ci sia in fondo a questa
coda.
Bisognerebbe imparare a rallentare, con coraggio, pazienza e consapevolezza affinché non si invecchi
avendo soltanto corso dietro la vita e non avendo mai imparato a viverla.
L’espressione Strategia Poetica, coniata da Federico Barsanti nel 2012, nasce dalla sua esperienza nella
pedagogia teatrale e si ispira a percorsi, ricerche, esperienze e vicissitudini personali.
Essa trova la sua specifica applicazione nel panorama intimo e poetico della persona e propone di rivedere,
rinnovare e riorganizzare la propria visione della vita.
Gli obiettivi si raggiungono attraverso un particolare allenamento pratico, è un percorso basato sull’azione
che mira a eliminare le proprie credenze limitanti; tra le fonti principali da cui attinge per intraprendere
questo percorso vi è l’arte recitativa, cioè l’arte dello sdoppiarsi.
Lo scopo della Strategia Poetica è fornire nuove chiavi di lettura e strumenti pratici per creare delle “leve”
laddove si convive con limitanti modi di pensare che impediscono di vivere la vita.
La Strategia Poetica è l’arte del movimento, del ribaltamento; l’arte del paradosso.
Anche Ulisse nell’ “Odissea” si scomoda, si mette in movimento per scoprire e conoscere.
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Essa vuole riunire la parte razionale dell’uomo con quella poetica. Riunire ciò che un individuo è stato
perché diventi ciò che è veramente.
Il primo passo è la consapevolezza della vita e delle proprie scelte. Insegna, dunque, a comportarsi
consapevolmente, non secondo il significato comune di “imparare a fare la scelta giusta”, ma ogni individuo
agisce consapevolmente capendo e avendo coscienza di ciò che sta facendo. Prendendo in esempio la
funzione vitale di mangiare: l’individuo è conscio che mangiare serve per nutrirsi, ma egli può anche
apprezzare, gustare il cibo, sapere quali sono gli effetti che ha sul suo corpo.
La vita è bella, bisogna capirla e apprezzarla.
È famoso il passo nella Gaia Scienza di Nietzsche: “Che faresti se un giorno o una notte un demone si
introducesse di soppiatto nella tua solitudine più solitaria e ti dicesse: «Questa vita, quale la stai vivendo
adesso e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte; e in essa non ci sarà
niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e ogni sospiro e ogni cosa incredibilmente
piccola e grande della tua vita dovrà per te ritornare, e tutto nello stesso ordine e successione – e così pure
questo ragno e questo chiaro di luna tra gli alberi, e così anche questo attimo e io stesso. L’eterna clessidra
dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta – e tu con essa, granello di polvere!» – Non ti getteresti a
terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così avrebbe parlato? Oppure hai vissuto una volta
un attimo prodigioso, per cui gli diresti: «Tu sei un dio e mai ho sentito una cosa più divina!»? Se questo
pensiero acquistasse potere su di te, avrebbe su di te, quale sei, l’effetto di trasformarti e forse di
schiacciarti; la domanda di fronte a tutto e a ogni cosa: «Vuoi tu questo ancora una volta e ancora
innumerevoli volte?» graverebbe sul tuo agire come il peso più grande! O quanto dovresti amare te stesso
e la vita per non desiderare nient’altro che quest’ultima eterna conferma e suggello?” , così il demone
trasforma il dormiente in uno sveglio. Come è possibile dire sì all’eterno ritorno vivendo ogni singolo attimo
nel sacro dire di si alla vita? Trasvalutando tutti i valori in senso vitalistico. Non è necessario che l’eterno
ritorno sia concreto e reale, cosmologico, è già efficace nel suo essere pensiero abissale. Lo stesso
Nietzsche nel frammento della Gaia Scienza lo formula in senso ipotetico: “se” un demone strisciasse nella
tua solitudine, “se” ti dicesse… e l’ipotesi negativa: allora non ti rotoleresti a terra gridando no?… e l’ipotesi
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positiva: chi avrebbe la forza di gridare “sì, lo voglio” con accettazione entusiastica? L’oltreuomo
nietzschiano: non è un supereroe, niente di disumano, ma un uomo che si pone sopra la sua stessa umanità
accettandola entusiasticamente, diventando vero creatore della sua vita. È il fanciullo che è “ruota ruotante
da sola”. È colui che dice in pieno il sacro dire di sì. L’eterno ritorno è dunque, oltre che ipotesi
cosmologica, un monito, una domanda esistentiva: cosa risponderesti se? Sei in grado di dire di sì? Ecco
perché: “L’uomo è un cavo teso tra la bestia e l’oltreuomo -, un cavo al di sopra di un abisso. Un passaggio
periglioso, un periglioso essere in cammino…La grandezza dell’uomo è di essere un ponte non uno scopo:
nell’uomo si può amare che egli sia una transizione e un tramonto” (da Così parlò Zarathustra). È la
spiegazione che segna la separazione tra “gregge” e “signori”, il signore nietzschiano è in primo luogo
signore su di sé, in pieno. E in questo voler volere si definisce la volontà di potenza, come volontà di
signoria, volontà di trasvalutare i valori in una nuova dimensione etica, volere l’eterno ritorno, volere dire sì
alla vita.
La strategia poetica è, per così dire, un lungo percorso che vuole fare avvicinare l’uomo al superuomo
nietzschiano.
In genere molte persone, prima di intraprendere qualcosa di nuovo vogliono fondamentalmente sapere di
che cosa si tratta.
La maggior parte degli individui dell’ epoca attuale sono profondamente chiusi dentro il loro proprio punto
di vista della vita; bisogna infatti notare che troppo spesso si discute per sostenere una propria tesi o
credenza finendo sempre per litigare e mai per mutare il proprio punto di vista.
Entrare in azione è il fondamento della strategia poetica; il tutto sta nel capire il limite e “azionarci” per
superarlo;
La strategia poetica esplora molti aspetti della vita: denaro, affetti, professione, quotidianità, separazioni,
paure, timori, gioie, sesso, visione e gestione del tempo, l’albero genealogico. Attraverso l’azione, l’essere
umano può comprendere per poi progredire, evolvere, rivedere e conoscere il mondo in un altro modo.
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C’è una grande differenza tra affrontare la vita e viverla. Il termine “affrontare” ha già in sé un significato
negativo, si affronta una battaglia o una gara, dunque un qualcosa che scaturisce ansie, angosce e rabbia
nell’individuo.
Non sempre bisogna cercare una ragion d’essere, a volte basta agire soltanto perché si vuole agire.
La Strategia poetica è un lavoro intimo e personale che l’individuo compie per scrollarsi da dosso inutili
rabbie e rancori, evitando di complicarsi la vita, cosa non complicata se si vive senza vittimismo.
La strategia poetica prende consapevolezza di come un individuo moderno si comporta in relazione alla vita
e come la vita gli appare.
Bisogna partire dal presupposto che la vita è movimento, perciò la strategia poetica si basa sull’azione
perché la vita stessa è azione.
Dal momento che l’uomo conosce che cos’è la vita concreta, è libero, autentico e leggero.
Con la strategia poetica, un individuo può mettersi in gioco, quindi affrontare gli abissi che si incontrano nel
corso della vita, ma con il sorriso. Forse che il segreto che sta al di sotto di una vita sana e libera da limiti
imposti dalla società e da noi stessi è vivere con amore. Non a caso Osho Rajneesh disse “ L'amore è l'unica
religione. Tutto il resto è solo spazzatura.”
Osho condannò perentoriamente tutte le religioni organizzate considerandole spazzatura alla stregua delle
superstizioni, ed auspicò il superamento di tali credenze pronosticando l'avvento di una nuova, unica
religiosità, una “scienza della dimensione interiore”, soggettiva, incentrata sull'essere, così come la scienza
“oggettiva” si occupa del mondo esteriore. Affermò che le religioni tradizionali hanno represso lo sviluppo
naturale dell'essere umano e sono destinate a scomparire, e che non hanno alcun senso i vari credo, le fedi
e i dogmi imposti dalla società; la dimensione spirituale deve sorgere dall'esperienza diretta, dalla ricerca,
da una effettiva maturazione interiore; “per raggiungere la verità è necessario liberarsi da tutte le dottrine,
da tutte le strutture formali”. L'errore fondamentale compiuto dalle religioni storiche, secondo Osho, è che
nessuna ha avuto il coraggio di riconoscere che ci sono cose che l’uomo non sa, ognuna ha finto di essere
onnisciente, di essere l'unica vera religione condizionando l'uomo fin dalla nascita con effetti deleteri.
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Osho affermò che il vero uomo religioso è un ribelle in totale armonia con la sua luce, col flusso divino
dell'esistenza, che vive in assoluta libertà senza essere condizionato dalla società, dalla cultura e dalle
tradizioni.
Il Tao, "l'eterna danza degli opposti", per Osho era un simbolo fondamentale.
Osho commentò le sacre scritture delle grandi religioni mondiali, di cui forniva dotte interpretazioni
personali. Le sue feroci posizioni contro le tradizioni spirituali gli attirarono l'ostilità del mondo religioso. “il
valore supremo, non esiste nulla di più elevato della libertà”. La vita , spiega il mistico , è un continuo
mutamento, le persone dovrebbero incontrarsi e amarsi.
È la realtà che viviamo a ostacolare la stessa vita, è necessario spostarsi, superare la realtà perché tutto il
mondo è un’illusione creata dall’uomo stesso. La vita è la realtà oggettiva e allo stesso tempo è illusione in
quanto esperienza sensibile dei singoli individui. Ogni individuo moderno vive la realtà come può, ma al
contempo si crea continuamente ansie, angosce e preoccupazioni in una vita che dovrebbe semplicemente
vivere; infatti quando si presenta un imprevisto nella vita quotidiana subentra una crisi.
Qui c’è la parola d’ordine della strategia poetica, cioè “sperimentare”.
Mettendosi continuamente in movimento per sperimentare nuove esperienze, l’essere umano può
cambiare la vita quotidiana, egli può riconoscere il mondo che già conosceva in modo sbagliato, e può
distruggere quella realtà illusoria da lui creata per vivere la realtà oggettiva con consapevolezza.
Come si distrugge la realtà illusoria?
In questo percorso si riprende la filosofia di Eraclito: l’apparenza non significa inganno, ma ciò che si vede
a prima vista, che non contiene il logos, il sapiente va oltre l’apparenza trovando una realtà strutturata
logicamente.
La maggior parte delle persone si fermano all’apparenza e non approfondiscono. Bisogna andare oltre la
realtà immediata per capire il logos.
Nella visione di Eraclito tutto è instabile e in movimento tutto scorre, “panta rei” , tutto si trasforma sotto
gli occhi dell’umanità. La realtà è come un fiume, nessuno si bagna mai due volte nello stesso fiume, anzi
nello stesso fiume non ci si bagna mai neanche una volta perché l’acqua scorre.
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Eraclito capisce che bisogna rompere l’abitudine. L’essere, la realtà è un continuo divenire, un continuo
modificarsi, niente è fermo.
L’essere umano che vive sulla terra come individuo continua a definirsi “io stabile”, infatti il logos
rappresenta l’elemento stabile della realtà in movimento, ma allo stesso tempo è il motore del
cambiamento.
Il logos di Eraclito indica contraddizione, infatti il contrasto non produce caos, ma la più grande armonia.
Così la strategia poetica spinge a mischiare il nero e il bianco, il bello e il brutto della vita. “Sbagliando si
impara” dice un proverbio popolare, gli errori, i lati oscuri della vita, il nero fanno parte della realtà
oggettiva e sono utili all’individuo.
Il buio è un effetto della luce.
Nella vita bisogna sempre fare delle scelte e se non si sceglie singolarmente c’è sempre qualcuno che
provvederà a scegliere per gli altri, per evitare che sia lenita questa libertà la strategia poetica vuole
rendere gli individui consapevoli della loro libertà. È una libertà che si sviluppa su due livelli: il primo
politico e sociale in quanto ogni individuo è libero, per legge, di scegliere; il secondo è una libertà interiore.
Nella “Repubblica”, Platone afferma che l’uomo è un animale politico, vive e si definisce all’interno di una
comunità e attraverso il rapporto con gli altri.
L’individuo greco non è un Io, ma un Noi.
Il far politica contraddistingue la libertà personale, la parola Io in sé non vuol dire niente.
Essere liberi è conseguenza dell’ambiente in cui si vive.
Sulla stessa via di pensiero è Luigi Pirandello. Secondo lo scrittore italiano infatti la moltitudine degli esseri
umani è afflitta dal dubbio della conoscenza di se stessi, migliaia di domande tormentano l’uomo sulla
propria esistenza, sul proprio vivere, perché sceglie proprio quelle azioni da compiere, quel cibo da
mangiare, quella persona di cui innamorarsi, perché quel tipo di abbigliamento, quel taglio di capelli. La
vita è una scelta continua e sempre un uomo decide di essere qualcuno, di crearsi un proprio Io.
“Ogni uomo non vive per vivere senza saper di vivere, ma per dare senso alla sua vita” scrive Pirandello in
“sei personaggi in cerca d’autore”.
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Ma quando si decide di analizzare questo Io non esce che fumo.
Ci si trova di fronte alla disgregazione dell'Io: entra in crisi l'idea di una realtà definita e ordinata in cui l'Io si
smarrisce.
Durante i secoli la società ha influito negativamente sull'uomo fino al suo annullamento.
Come si può conoscere la fonte della disuguaglianza fra gli uomini, se non si comincia dal conoscere se
stessi? Ma come può l'uomo svincolarsi dalla propria esistenza se le circostanze e i suoi progressi, che
hanno mutato il suo stato primitivo, sono state istituite da lui stesso?
L'Io è continuamente alterato dalla società per mille cause, ha acquisito una moltitudine di conoscenze ed
errori, fino a mutare d'aspetto ed essere quasi irriconoscibile.
L’Io non esiste, si è annullata quella differenza tra parte esteriore e parte interiore che caratterizza l’uomo,
se questo Io è il carattere, la parte più profonda, la fonte da cui partono le proprie scelte, probabilmente si
prefigura nel cervello.
“Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci,
signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi
le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha
dentro ? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai!” .
La fonte delle scelte non si trova dentro se stessi, ma all’esterno; ovvero negli altri. E allora un uomo non è
che lo specchio di un altro uomo.
Tutte quelle scelte che un uomo qualunque attua la mattina prima di uscire e andare in società sono una
conseguenza della società stessa.
Sceglie di seguire la moda, di uniformarsi a chi già si è uniformato a qualcuno.
Colui che, invece, si reputa “un diverso”, ha solamente l’illusione di essere se stesso, anche egli è
condizionato dalla società poiché è un escluso, ed essendo tale si costruisce, o meglio, gli viene costruita la
maschera di “diverso”.
Il diverso combatte contro la realtà, ritendendola ostile al proprio modo di vivere; la realtà però è l’insieme
di tutti gli esseri umani e quindi, dei vari Io che lo compongono.
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Anche se ognuno ha un proprio modo di agire, di affrontare quella che è considerata la realtà, le varie
esperienze delle varie persone conducono alla creazione di tanti Io, tanti Io spesso all’interno dello stesso
uomo.
Tutte le figure della coscienza moderna si formano con lo scontro con il mondo esterno; la soggettività si
forma, non chiudendosi in se stessi, ma attraverso l’esperienza esterna, l’interiorità non esiste.
Si finisce così con l’essere soltanto l’immagine che la società ha di noi, dato che si vive in dipendenza
dall’altro. E l’altro non è che un altro se stesso.
La vita è unica perché va condivisa; condividendola l’uomo la costruisce come più gli piace.
Un uomo è uguale a un altro uomo.
Con lo scorrere del tempo, si è accentuato il valore dell’individuo fino a un estremo egoismo che ha
condotto l’individuo alla solitudine e di conseguenza all’annullamento dello stesso individuo.
Forse la difficoltà sta proprio nell’essere, nell’esistenza.
C’è una differenza tra essere e sembrare, e capire l’esistenza è più difficile di capire la sembianza, ma un
uomo è oppure sembra?
Se continuamente l’essere umano è plagiato dalla società, facilmente si direbbe che egli sembra perché si
costruisce delle maschere per dare senso alla vita.
Per poter essere allora, l’uomo deve vivere in solitudine. La solitudine quindi dovrebbe portare l’uomo alla
conoscenza del proprio Io.
Se l’essere umano non è mai vissuto in società allora l’Io non esiste; se egli invece corre in solitudine dopo
l’esperienza in società allora il suo Io è uguale a quello di un altro uomo.
Il proprio Io non si annienta affrontando gli altri, ma affrontare gli altri è la creazione del proprio Io.
L’individuo deve rispecchiarsi nella realtà per trovare una corrispondenza e non sentirsi solo.
L’essere umano è tale solo quando fa parte di uno stato organizzato razionalmente.
Oggi viviamo in una società in cui si crede che i diritti e le libertà fondamentali siano consolidate, ma in
realtà sono una conquista continua.
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L’individuo moderno però non lotta per l’affermazione dei propri diritti perché è convinto di averli già
conquistati in passato, illuso da tutti i falsi benefici che gli offre la società odierna in cui vive.
L’uomo infatti è plasmato secondo la logica del consumismo.
Zygmunt Bauman ha inteso spiegare la postmodernità usando le metafore di modernità liquida e solida.
Sostiene che l'incertezza che tormenta la società moderna deriva dalla trasformazione dei suoi protagonisti
da produttori a consumatori. In particolare, egli lega tra loro concetti quali il consumismo e la creazione di
rifiuti umani, la globalizzazione e l'industria della paura, lo smantellamento delle sicurezze e una vita liquida
sempre più frenetica e costretta ad adeguarsi alle attitudini del gruppo per non sentirsi esclusa.
L'esclusione sociale elaborata da Bauman non si basa più sull'estraneità al sistema produttivo o sul non
poter comprare l'essenziale, ma sul non poter comprare per sentirsi parte della modernità.
Secondo Bauman il povero, nella vita liquida, cerca di standardizzarsi agli schemi comuni, ma si sente
frustrato se non riesce a sentirsi come gli altri, non sentirsi accettato nel ruolo di consumatore.
In tal modo, in una società che vive per il consumo, tutto si trasforma in merce, incluso l'essere umano.
Secondo Bauman, l' "omogeneizzarsi" indica un processo affine all'omologazione, all'assorbimento passivo
dovuto a usi e consuetudini, a modelli culturali e di condotta prevalenti in un dato contesto sociale, si
riferisce a comportamenti o valori che, aprioristicamente e in maniera dogmatica, vengono accettati e
tramandati tra le generazioni di individui senza alcuno spirito critico o alcuna capacità riflessiva.
Passo successivo a ciò sono processi di spersonalizzazione e alienazione.
La strategia poetica vuole rendere l’individuo, vittima della società, conscio dei propri desideri in quanto
uomo libero.
Tutti i giorni l’uomo moderno indossa una maschera perché è un aiuto ad affrontare la realtà. Egli si copre
per entrare in un luogo che non conosce o di cui ha paura. Anche truccarsi o vestirsi in un certo modo è una
maschera.
L’individuo deve spogliarsi.
Quindi la strategia poetica è anche uno studio dell’umanità e di come questa viene plasmata dalla società,
cercando di ricondurre chi compie questo percorso al suo stato di natura.
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Per questo, si avvicina molto al pensiero rousseauiano. Nell’Emilio infatti, J. J. Rousseau scrive “in quello
che è ormai lo stato delle cose, un uomo che dalla nascita fosse abbandonato a se stesso in mezzo agli altri
sarebbe il più deformato di tutti. I pregiudizi, l’autorità, la necessità, l’esempio, tutte le istituzioni sociali
nelle quali ci troviamo sommersi, soffocherebbero in lui la natura e non metterebbero nulla al suo posto
[…] Ci si lamenta dello stato d’infanzia e non si capisce che la razza umana sarebbe perita se l’uomo non
avesse cominciato con l’esser bambino.”
Tutto ciò però non significa che ogni uomo deve vivere solo secondo i suoi istinti vitali.
Secondo Platone esistono tre anime nella natura umana: razionale, irascibile ed concupiscibile.
Infatti le tre diverse “funzioni” dell’anima vengono collocate in precisi organi del nostro corpo: l’anima
razionale ha sede nel cervello, quella irascibile nel cuore e quella concupiscibile nelle parti più basse del
corpo.
E’ bene da subito precisare che in ogni uomo albergano queste tre diverse anime le quali dovrebbero
presiedere a funzioni specifiche ed uniche: l’anima razionale per l’ intelletto e il pensiero razionale, l’anima
irascibile per il coraggio e l’ impulsività; l’anima concupiscibile per la libido e la gola.
L’anima più influente tra le tre è quella concupiscibile, paragonata ad un mostro dalle tante teste, è una
forza che i desideri materiali, spesso inconsci e molteplici, possono esercitare sulle restanti parti dell’anima.
L’anima irascibile, viene legata al leone, animale che più di tutti riecheggia potenza; questa è molto
importante ma deve essere posta al servizio di quella razionale; se infatti un individuo venisse controllato
solo dall’anima concupiscibile, la parte razionale non sarebbe più in grado di governare il corpo, portando
ad un’esistenza caratterizzata da forti squilibri.
Infine, l’anima razionale viene legata proprio all’uomo; l’essere umano, infatti, si distinguerebbe da tutte le
altre creature per la sua razionalità.
I rapporti tra le diverse parti dell’anima sono esemplificati al meglio dal mito dell’auriga e del carro alato,
presente nel Fedro; l’auriga rappresenta l’anima razionale, che vuole guidare il carro in alto, verso il
mondo delle Idee, essa deve saper guidare bene i due cavalli, uno bianco che rappresenta l‘anima irascibile
e uno nero che rappresenta l’anima concupiscibile. I due cavalli, senza una guida, andrebbero verso il
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basso. La forza dei cavalli è quindi più forte di quella dell’auriga, che, se ben educato ed esperto dei suoi
cavalli, può condurre il carro verso la retta via. Il carro rappresenta il corpo umano.
Anche la Strategia Poetica presuppone l’esistenza di quattro cavalli (come nell’uso dei Tarocchi, ad
esempio), metaforicamente parlando, all’interno dell’essere umano.
Questi cavalli simboleggiano i quattro stati di coscienza che maggiormente agiscono nell’uomo e nel suo
modo di comportarsi.
I quattro stati di coscienza sono: materiale, sessuale, intellettuale e emozionale.
Questi quattro cavalli dovrebbero sempre andare allo stesso ritmo; se uno supera un altro, l’individuo vive
male. Sta a noi imparare a scoprire, curare ed alimentare questi cavalli.
“Responsabilità è la traduzione dell’essere adulto”. Ogni individuo deve imparare a conoscersi e a tenere in
equilibrio tutti i freni e gli impulsi che si muovono dentro di sé.
Francesca martone