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STUDI E DOCUMENTAZIONE DI VITA UNIVERSITARIA Anno XVI - numero 2 - aprile / giugno 1995 - Fratelli Palombi Editori RIVISTA TRIMESTRALE - SPEDIZIONE IN ABB. POSTALE (50%) ROMA - ISSN 0393-2702
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STUDI E DOCUMENTAZIONE DI VITA UNIVERSITARIA

Anno XVI - numero 2 - aprile / giugno 1995 - Fratelli Palombi EditoriRIVISTA TRIMESTRALE - SPEDIZIONE IN ABB. POSTALE (50%) ROMA - ISSN 0393-2702

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UNIVERSITAS 56

•ommarlO

62EUROFLASH

LA COOPERAZIONEUNIVERSITARIA

STORIA EIMMAGINI

3 .L'UNIVERSITA DI OTTAWAIsabella Ceccarini

JL TRIMESTRELa qualita: ipotesi ed esperienze

5FARE QUALITÀNicolò Tartaglia ;

9SUPERARE LA CULTURA DELCONTROLLOIntervista a Paolo Blasi

12IN ITALIA"Bocconi" e "Ca' Foscari"

18IN EUROPATre paesi guida, Conferenze inter­nazionali, Progetti in corso

23VALUTAZIONE STRATEGICAPierre Tabatoni

28APPUNTI SU UNACONTRADDIZIONEGuyNeave

29RECENSIONI

NOTE ITALIANE--

32 .NELL'UNIVERSITA GEMMATA:LA PUGLIAElisabetta Durante

39GLI ORDINAMENTI DI AREAUMANISTICAPasquale Smiraglia

41ESAMI: VERIFICAO AZZARDO?Arturo Cornetta

43 .L'UNIVERSITA IN CIFRE

44BREVITALIA

OCCASIONI

48 .UNIVERSITA IN DIALOGOJosep Bricall

EUROPA OGGI

56INDAGINE SUI GIOVANI DELLANUOVA GERMANIARoberto Peccenini

59VERSO L'ANNO DELLAFORMAZIONE CONTINUAMassimo Gaudina

66IL CENTRO BIT: DA TORINOAL MONDOMassimo Deandreis

69L'UNIVERSITÀ PER LO SVILUPPOUmberto Massimo Miozzi

LA RICERCA...;......_---I

71RICERCA ITALIANA IN CRISILivio Frittella

72RICERCANDO

LEGGI EDECRETI

74DALLA GAZZETTA UFFICIALE

75LEGGE 8 MARZO 1995, N. 63

76NORMATIVA EUROPEA

BIBLIOTECA APERTA

77RIVISTE/SEGNALAZIONI

Le foto di questo numero illustranol'Università di Ottawa.

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UNIDirettore responsabilePier Giovanni Palla

RedazioneBurton Bollag (Praga)llRoberto De Antoniis,Giovanni Maria Del Re (Vienna),

• Giovanni Finocchietti, Livio Frittella," Michele Lener"Maria Luisa Marino,• Umberto Massimo Miozzi, Roberto Peccenini,• Lorenzo RevojeranTiziana Sabuzi Giuliani

Segretaria di redazioneIsabella Ceccarini

Comitato di direzione• Giuliano AugustijtPaolo Bisogno,• Giovanni D'Addona, Umberto Farri,o Tullio Gregory.Guido Martinotti,_ Vitilio Masiello}"Fabio Matarazzo

Comitato scientifico• Paolo BLA5I

Presidente della Conferenza Permanente deiRettori delle Università italiane

'P Josep Maria BRICALLPresidente della Conferenza Permanente deiRettori delle Università europee (CRE)

Vincenzo CAPPELLEITIti Vice Presidente dell'Istituto

dell'Enciclopedia Italiana

• Paolo FA5ELLADirettore Generale per gli affari scientifici, laricerca e lo sviluppo della Commissione delleComunità Europee

Direzione/Redazione/PubblicitàEdiun Coopergion soc. coop. a r.I.Viale G. Rossini, 26 - 00198 RomaTei. 06/85300722Fax 06/8554646c/c postale n. 47386008

Editore e stampaFratelli Palombi EditoriVia dei Gracchi, 181-18300192 Roma - Tei. 06/3214150

Progettazione e realizzazionegrafica e redazionalea cura della Casa Editrice

AbbonamentiFratelli Palombi srlVia dei Gracchi 183 - 00192 RomaTei. 06/3214150 - Fax 3214752c/c postale n. 31825003

Organizzazione RAB srlCasella postale 3010100100 Roma 47Tei. 06/6381177 - 632595c/c postale n. 78169000

Abbonamento annuale (4 numeri):Italia: L. 68.000 -.estero: L. 120.000Prezzo di un numero in Italia: L. 20.000Prezzo di un numero all'estero: L. 32.000

Registrazione Tribunale di Roma n. 300del 6 settembre 1982già Tribunale di Bari n. 595 del 2 novembre 1979

Iscrizione al Registro Nazionale della Stampa n. 1655

• Walter J. KAMBAPresidente dell'Associazione Internazionaledelle Università (AIU)

• Domenico FAZIODirettore Generale del Ministerodell'Università e della Ricerca Scientifica eTecnologica

Articoli, lettere e fotografie anche se nonpllbblicati non si restitllisconol.n rivista non assllme responsabilità delleopinioni espresse dagli alltori

Finito di stampare nel mese di luglio 1995

Enrico GARACI, Presidente del Consiglio Nazionale delle

Ricerche

Sabatino MOSCATI, Presidente dell'Accademia Nazionale dei Lincei

Michele 5cUDIERO• Vice Presidente del Consiglio Universitario

NazionalePeriodico associato all'UsplUnione stampa periodIca Italiana

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STORIA E IMMAGINI

"L'UNIVERSITADIOTTAWA

Fin dal 1848, anno della sua fondazio­ne, per il College di Bytown si pro­spettava un radioso futuro: nel 1866divenne infatti l'Università diOttawa, una dinamica "città del sape­re" proprio nel cuore della capitaledel Canada, la cui popolazione - trastudenti, docenti e personale ­ammonta a circa 30.000 persone. Oggil'Università di Ottawa comprendenove facoltà (Amministrazione,Materie umanistiche, Lettere, Scienzesociali, Ingegneria, Scienze, Scienzesanitarie, Pedagogia, Giurisprudenza,Medicina) e quattordici centri diricerca. Sono attivati inoltre numerosicorsi di specializzazione post-laurea edi perfezionamento professionale,oltre a programmi interdisciplinari.Estesa su una superficie di circa 27ettari su cui sorgono ben 104 edifici, èla più grande università bilingue delNord America ed occupa un postomolto rilevante nello sviluppo cultu­rale ed economico della città. Proprioil bilinguismo è uno dei punti di forzadell'Università di Ottawa; l'ambientemulticulturale garantisce il dinami­smo dell'insegnamento e della ricer­ca, senza dimenticare l'importanzasociale dell'istituzione che gioca unruolo determinante nella promozionedella donna e dei programmi di coo­perazione tanto in Europa, quanto inAfrica e in America centrale.

Sentirsi a casaanche lontano da casa

Arrivare al campus e scoprire le millestrutture didattiche, sportive e ricrea­tive fa sì che gli studenti si sentanosubito a loro agio. Ogni anno, duran­te la prima settimana del semestre

•••••••

Université d'OttawaUniversity of Ottawa

autunnale, la Federazione degliStudenti dell'Università di Ottawa(SFUO) organizza la Welcome Week,una sorta di "settimana dell' acco­glienza" per far ambientare i nuoviarrivati: in quei giorni è prevista unaricca serie di attività non accademi­che che vanno dalle competizionisportive ai concerti. Al termine dellaWelcome Week, i ragazzi potrannosentirsi a casa anche lontano da casa.La Federazione degli Shldenti fornisceun servizio di tutoring per quantoriguarda i problemi relativi allo stu­dio; esiste un Centro Servizi apposita­men te dedica to ai porta tori dihandicap; il Centro Risorse Femminiliorganizza incontri e programmi socio­culturali rivolti particolarmente alledonne; si possono coltivare i proprihobby, come la fotografia, la musica,etc. grazie alle strutture universitarie.Gli studenti, inoltre, possono usufruiredelle moderne attrezzature sportivedell'Università - comprensive di istrut­tore - senza dover pagare alcun costoaggiuntivo: ci sono piscine con tram­polini, macchine per il body building,sale per squash e racquetball, palestre

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per aerobica e lotta, campi da football eda hocke1j, piste da pattinaggio, etc., eperiodicamente vengono organizzatedelle competizioni tra i ragazzi.

Nel cuore della città

Il Servizio Alloggi organizza un pro­gramma estivo di tre giorni chiamatoDiscover per gli studenti che risiede­ranno nel campus dall'autunno suc­cessivo: è un'ottima occasione perfamiliarizzare con il nuovo ambiente,conoscere le altre matricole, acquista­re i libri di testo, visitare la biblioteca,le attrezzature sportive e sanitarie, eacquisire qualsiasi tipo di informazio­ne presso l'Info-campus, un servizioche - come dice il nome - può chiari­re ogni tipo di dubbio relativo allavita universitaria. Se il campus in séoffre molte opportunità di svago, glistudenti apprezzano anche la sua ubi­cazione nel cuore della città: in dieciminuti si possono raggiungere a piedinegozi, ristoranti, musei, teatri, etc.Circa 2.100 studenti alloggiano nel'campus in stanze o appartamentiniparzialmente arredati; nelle residen­ze, ai piani sono disponibili cucinecomuni e lavanderie; ci si può incon­trare con gli altri studenti nelle sale disoggiorno; per eventuali problemi, adogni piano c'è un assistente pronto arisolverli. Nelle residenze è richiestoil rispetto di alcune ore di "quiete".Chi non desiderasse cucinare, conuna modica spesa può mangiare inuno dei numerosi centri di ristoro.L'Università di Ottawa dispone di urieccellente servizio sanitario: le pre­stazioni per gli studenti sono gratuiteper quanti hanno sottoscritto la"carta sanitaria", o coperte per 1'80% I

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da un piano assicurativo negli altricasi.In un campus che ha le dimensioni diuna cittadina non poteva infine man­care un capillare sistema di sicurez­za: l'Università è pattugliata 24 oresu 24 e sono state installate in puntistrategici delle colonnine di chiamatadi soccorso immediato.

Scegliere la propria strada

Scegliere non è sempre facile.L'Università di Ottawa offre ai propristudenti un accurato servizio di counsel­Ung, sia personalizzato che per gruppi.Esiste inoltre un centro informazionispecializzato nel settore professiona­le che si avvale di un ufficio di collo­camento a cui rivolgersi per risolverele incertezze sul come e perché sce­gliere una carriera in particolare, eper sapere quali sbocchi reali si pos­sono avere in un determinato settore.Periodicamente vengono tenuti deiseminari sul "come fare a": dominarel'ansia da esame; migliorare l'autosti­ma; organizzare il tempo in modorazionale; scrivere il proprio curricu­lum; prepararsi ad un colloquio dilavoro.In questo ambito, va segnalatoil programma Co-Or (Co-operativeEducation Programs) i cui coordina­tori si occupano di inserire gli allievinel settore professionale relativo aglistudi in corso. I vantaggi sono molti:gli studenti iniziano a guadagnare,mettono in pratica quello che studia­no sui libri, stabiliscono una interes­sante rete di contatti che si rivelerà digrande utilità al momento della ricer­ca di un lavoro, acquisiscono unaprofessionalità. L'ammissione al pro­gramma Co-Or è però piuttosto diffi­cile, poiché vengono selezionati sologli studenti con il punteggio più alto.L'Università di Ottawa è espressamen­te rivolta all'eccellenza; per tale ragio­ne attribuisce prestiti o borse di studioa studenti rispondenti a precisi requisi­ti di necessità, ma "premia" anchecoloro che hanno mantenuto durantel'anno un alto livello qualitativo.

Isabella Ceccarini

UNIVERSITAS 56

STUDIARE IN CANADA

Sono circa un milione i ragazzi che scelgono di studiare fuori dai confini del propriopaese, specie a livello universitario, e molta parte di essi sceglie proprio il Canada.Perché? I buoni motivi non mancano: livello didattico, attrezzature di ricerca, orga­nizzazione della vita universitaria, varietà dei corsi, disponibilità dei servizi sociali,ambiente multietnico e standard di vita. Recentemente il governo canadese, perfacilitare la permanenza degli studenti stranieri, ha concesso loro il permesso disvolgere lavori temporanei per finanziarsi gli studi e fare pratica professionale.Il primo istituto di istruzione superiore secondo il modello europeo risale al 1663quando fu fondato il Seminario di Quebec, che nel 1852 si trasformò nell'Universitàdi Lavai, la più celebre tra quelle di lingua francese. Nel 1989 è ricorso invece ilbicentenario della prima università anglofona del Canada: il King's College diWindsor in Nuova Scozia.Nel .1867 la nascente Confederazione canadese, composta allora da sole quattroprOVince, disponeva già di otto università. Oggi il Canada dispone di 89 università; lamaggior parte di esse tiene corsi in lingua inglese, una minoranza in lingua francese,e le rimanenti sono completamente bilingui. Alcuni atenei - soprattutto quellimolto specializzati - hanno pochi allievi, ma la maggioranza delle istituzioni registratra i 6.000 e i 15.000 iscritti, con la punta massima di 50.000 presenzenell'Università di Toronto.La maggior parte delle università canadesi è sowenzionata dallo Stato, sia a livellofederale che provinciale. Stime recenti indicano un contributo pubblico del 76%, men­tre donazioni, tasse di iscrizione e contributi vari coprono il restante importo.Vengono rilasciati tre livelli di diploma: quello di primo grado, conseguito dopo 3-5anni secondo la facoltà, il master (che prevede almeno un altro anno di frequenza)e il dottorato, che si ottiene dopo altri due anni. Alcune università limitano i corsi aldiploma di primo grado, ma la maggior parte consente il proseguimento del per­corso.Le donne rappresentano quasi la metà del corpo studentesco: la loro presenza èmaSSICClamente aumentata negli anni, anche se non è equamente distribuita nellediverse discipline.Lo scopo delle università canadesi è fornire al paese una classe di professionisti ericercatori capaci, e in tale ottica operano in perfetta sintonia con il settore privato.Offrono Inoltre una serie di servizi (biblioteche, assistenza legale, consulenze dilavoro e aziendali, etc.) che altrimenti sarebbero di difficile accesso a molta partedella popolazione.Le condizioni di ammissione variano da una provincia all'altra ma, dato che i corsisono generalmente parificati, una licenza liceale o il suo equivalente sono validi peraccedere a una qualunque istituzione canadese. Per gli stranieri sono comunementeconsiderati validi i diplomi conseguiti nei paesi d'origine, purché lo studente dimo­stri di avere una buona conoscenza dell'inglese o del francese.Raramente le università canadesi erogano borse di studio al primo livello, ma met­tono a disposizione corsi di specializzazione post-universitaria per candidati di etàinferiore ai 35 anni che desiderino approfondire materie di stretta pertinenza cana­dese o discipline internazionali in cui i canadesi sono particolarmente qualificaticome multiculturalismo, telecomunicazioni, etc.Le università canadesi sono funzionali e moderne, ed offrono agli studenti una vastagamma di servizi come residenze, attrezzature sportive, laboratori, luoghi di riunio­ne.

I.C.

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IL TRIMESTRE/La qualità: ipotesi ed esperienze

"FARE QUALITANicolò Tartaglia

Fare qualità vuoI dire intervenire inmodo innovativo nei processi di inse­gnamento, di ricerca e di gestionedella "macchina" universitaria.L'università italiana, che sta muoven­do verso un modello nuovo di gestio­ne e di funzionamento, si confrontacon i concetti organizza tivi chevanno sotto il nome di qualità, e siinterroga su come renderli utili econcretamente operativi per condur­re con efficacia l'attuale processo ditrasformazione. ;L'interesse verso la qualità diventaesplicito presso le funzioni di gover­no delle università nel momento incui cambiano i criteri di gestionedelle risorse pubbliche destina teall'università: in base alle recentileggi, gli atenei potranno utilizzarecon maggiore flessibilità rispetto alpassato i budget di spesa e arrivare adeterminare in autonomia le dimen­sioni del proprio organico.Ma l'accresciuta discrezionalità esige,più che in passato, l'introduzione dimeccanismi, interni al singolo ateneo,di controllo dei risultati della spesa,la quale, peraltro, anno dopo anno,risente della generale tendenza allariduzione dei bilanci pubblici.Bisogna insomma spendere meglio eper questo si cercano modi efficaciper verificare con precisione come sispende: la verifica sulla spesa è unostrumento di governo dell'ateneo edè richiesta dalla società, che esige tra­sparenza.In tutta Europa, e non solo da noi,quest'ultimo è stato il fattore princi­pale della rinnovata attenzione allaqualità nell'istruzione superiore. Gliatenei italiani stanno già introducen­do questi principi, e le conseguentisoluzioni organizzative, nei nuovi

statuti universitari che entrano invigore in questi mesi.Altro fattore attuale di attenzionealla qualità è dato dalle sollecitazioni,endogene ed esterne al mondo uni­versitario italiano, di chi sottolinea laurgenza di introdurvi le leggi di mer­cato, di costruire meccanismi nuovidi incentivazione del personale. Sonoproposte che lasciano intendere unmodello "aziendale" per l'universitàfutura. Desiderabile o meno, questomodello è comunque ulteriore moti­vo di ricerca di criteri innovativi dilavoro per l'università.

Occorre un'analisi globaledei meccanismi

neZZ 'università-sistema. Unastrategia complessiva

daZZ'etichetta discussa epolivalente: "qualità"

Siamo convinti che la qualità,nell'accezione che tenteremo di defi­nire in seguito, offra strumenti con­creti e soluzioni adatte ad intrapren­dere questo sentiero di innovazione,e possa facilitare la trasformazioneorganizzativa per tentare di colmareil ritardo rispetto ai sistemi universi­tari degli altri paesi avanzati.Le istituzioni universitarie del nostropaese sono ancora affette dai sintomidi burocratismo, statalismo e perfinoda una certa assenza di stimoli inter­ni al miglioramento. Ed è per questomotivo che l'università, a nostroparere, non può permettersi di tra-

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scurare, senza averlo sperimentato,un fenomeno come quello della qua­lità che già il mondo delle aziende,anche italiane, ha vissuto comeautentica rivoluzione.

Qualità: una definizione perle organizzazioni

È esattamente in contrapposizione atermini come burocratismo, immobi­lismo, e mancanza di stimoli almiglioramento che bisogna tentare diqualificare un concetto multiformecome quello di qualità delle organiz­zazioni.Nella sua accezione più ampia emeno tecnica, si definisce "di qua­lità" un'organizzazione che è gover­nata in modo da conseguire i propriobiettivi in maniera efficace ed effi­ciente, puntando al miglioramentocontinuo di tutte le sue componenti:soprattutto quelle intangibili dellecompetenze delle persone che vilavorano. La combinazione di effica­cia ed efficienza vuoI dire ricercarecostantemente la riduzione deglisprechi, dei costi improduttivi, senzapenalizzare, anzi valorizzando, lapiena rispondenza alle aspettativedegli utenti.In quest' ottica, molto concreta edorientata al miglioramento del "mododi lavorare", diventa fondamentaleidentificare gli obiettivi specificidell' organizzazione, i suoi output,come si direbbe nel linguaggio azien­dale. Da qui bisogna infatti partireper una sistematica comprensione dicome e cosa esattamente migliorare.Non è un esercizio facile in contestidove prevale ancora l'appartenenza"burocratica" alla funzione, all'uffi-

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UNIVERSITAS 56

Università di OUawa: la biblioteca della facoltà di Medicina (foto Newton Photographers)

cio, che crea compartimenti stagni efa perdere di vista i fini ultimi.A partire dagli output è poi necessariocapire come le attività svolte giunga­no a soddisfare i bisogni che le inne­scano, ed in quale misura. Se la sod­disfazione è inferiore agli obiettivi,bisogna intervenire. Sono concettirivoluzionari persino in azienda.Questo è, in definitiva, fare qualità.

L'università nel linguaggiodella qualità

L'università deve essere allora inter­pretata come sistema, non come buro­crazia:. i suoi "prodotti" sono il risul-

tato di sequenze di attività tra di lorointerconnesse, i processi universitari,che superano i confini funzionali isti­tuzionali ("burocratici"). Tutti intuia­mo che gli atenei "producono" lau­reati, giovani abilitati dall'istituzione­università ad entrare nel mondo dellavoro come risultato dei suoi proces­si distintivi: il disegno, l'organizza­zione e l'erogazione di corsi.Ma gli atenei "producono" anche, adesempio, titoli di studio, certificati, cioèoutput del funzionamento ammiIùstra­tivo interno, della sua burocrazia.E ancora, l'università attiva ancheprocessi complessi per la realizzazio­ne di importanti obiettivi di avanza­mento della ricerca: il progresso

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scientifico, socialmente rilevante.Nel linguaggio dell'università, unaclassificazione possibile degli obietti­vi è allora la seguente:1) quelli di tipo scientifico-educativo(i risultati della ricerca, il curriculumdi studio, i corsi, l'insegnamento);2) quelli che attengono alla valprizza­zione del capitale umano (le cono­scenze acquisite dagli studenti, laprofessionalità e preparazione deidocenti, la professionalità e la moti­vazione degli staff);3) quelli di tipo gestionale interno erivolti ad utenti esterni (i risultati delfunzionamento interno, che è simile aquello di un'azienda, riconducibili adun concetto di efficienza; i servizi di

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IL TRIMESTRE/La qualità: Ipotesi ed esperienze

carattere burocratico rivolti allapopolazione universitaria dove con­tano i tempi di risposta, l'affidabilitàe l'efficacia).Ciascun output, così come i processiche lo generano, deve dunque essereanalizzato per essere migliorato. Ed èun lavoro complesso. Ci sono outputimmediatamente evidenti, altrinascosti, intermedi: la qualità delmateriale didattico è, ad esempio, unprodotto intermedio rispetto al­l'obiettivo finale del processo di ero­gazione di corsi di studi superioriche è, tra l'altro, il processo principa­le dell'ateneo.Ne deriva un concetto portante:un'organizzazione non ha solo clientiall'esterno, sul suo mercato, vero ovirtuale; ha anche una serie di rap­porti interni del tipo cliente-fornitoreche, se gestiti con criteri qualitativi,costituiscono la vera leva organizza­tiva a disposizione di chi la governa,perché la gestione perda i connotatideteriori della burocrazia.Il semplice principio alla base è chese trattiamo il nostro collega (docen­te, studente, segretaria, addettoamministrativo) come cliente o forni­tore (vale a dire come un soggettocon aspettative ed esigenze qualitati­ve proprie), a seconda del fatto chericeva da noi una pratica da portareavanti o viceversa, giungiamo piùrapidamente al risultato richiesto evi­tando rilavorazioni, errori, tensioniinterne. E insegnare, seguire uncorso, frequentare una biblioteca,ottenere un documento risulterannoper questo più soddisfacenti.I concetti di sequenza di attività, dioutput intermedio e finale si applicanoinvariabilmente ad ogni livello e pro­cesso universitario: in termini orga­nizzativi, ai momenti decisionali comein quelli operativi e di supporto nellaricerca, nella didattica, nei servizi.Nell'università, che ha sue specificità(non è un'azienda, ma ne condividemolti meccanismi di funzionamento)ci sono gran parte delle stesse distor­sioni organizzative che le impreseoccidentali hanno corretto negli ultimianni ricorrendo alle tecniche dellaqualità (tecniche nate in America ma

utilizzate con successo per prime dallecompagnie giapponesi). Distorsionianzi estremizzate dalla presenza divincoli e complessità esterne all'uni­versità (si pensi ad esempio ai proble­mi di coerenza dati da un contestonormativo nel quale viene reiterato evariato per nove volte il decreto-legge"Norme urgenti per l'università").Vi è quindi potenzialmente ampio spa­zio per lavorare su questi principi.

Quale tipo di qualità viveoggi l'università

Le prime esperienze riflesse nei con­tributi consolidati sul tema della qua­lità si sono soffermate finora sul qua­lity assessment dei processi di inse­gnamento. Si tratta di controllo diqualità, vale a dire della verificasistematica della conformità dellecognizioni trasmesse allo studenteattraverso i corsi ai criteri predefinitida un organismo statale centrale(standard nazionali).Tradizionalmente i sistemi universitarihanno dedicato molto interesse a que­sta interpretazione della qualità, che inEuropa è presente, in forma rinnovata,sin dai primi Anni Ottanta.Con differenze funzionali alle tradi­zioni culturali e politiche dei diversipaesi, infatti, vi sono oggi in Europanumerosi modelli di assessment deiprocessi didattici. Il modello più dif­fuso è l'accentramento delle linee­guida organizzative del sistema uni­versitario con conseguente regola­mentazione legislativa centrale deicurricula, dei programmi di studio edegli esami.I nuovi metodi di controllo di qua­lità, per il cui sviluppo sono statedecisive le esperienze britanniche,francesi ed olandesi, hanno ancheuna importante concretizzazione inattività di ispettorato periodico "dalcentro" degli atenei.Si pensi al sistema in vigore nelleuniversità britanniche dove l'autova­lutazione delle istituzioni prepara ilgiudizio di merito di esperti auditoresterni agli atenei e presiede ai deli­cati meccanismi di erogazione dei

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fondi pubblici. Si tratta di un sistemaa due fasi (autovalutazione e valuta­zione indipendente esterna) ormaicollaudato che ispira le soluzionidegli altri paesi europei.Accennando rapidamente al sistemaitaliano, la maggiore autonomia deci­sionale concessa ai nostri atenei haun contrappeso (nella legge 537/93)negli organismi di valutazione alivello nazionale (osservatorio) e disingolo ateneo (nuclei di valutazione)che si occuperanno anche di control­lo di qualità: dice l'art. 5 della leggeche questi verificheranno "la correttagestione delle risorse pubbliche, laproduttività delle ricerche e delladidattica, nonché l'imparzialità e ilbuon andamento dell'azione ammi­nistrativa".Per inciso, e per concludere, questoapproccio tradizionale alla qualitàcome presidio di standard è legatoalla questione del riconoscimentotransnazionale dei titoli di studio e ingenerale dell'unificazione dei princi­pi che regolano gli atenei nell'areaeuropea, la cui rilevanza è crescente acausa del fenomeno della mobilitàdegli studenti.

La qualità che serveall'università

Ma il controllo di qualità da solo nonassicura la qualità organizzativa cheoggi serve alle nostre università che,non dimentichiamolo, sono caratte­rizzate da meccanismi di funziona­mento non certo moderni. Infatti ilcontrollo è per definizione qualcosadi irrimediabilmente successivoall'esito di un'attività: non è quindiun meccanismo adatto a perseguire ilrisparmio di risorse. Per fare unesempio, il controllo finanziario afine esercizio, utilizzato nel nostrosettore pubblico prima delle recentis­sime innovazioni contabili, non hamai svolto adeguatamente la funzio­ne di controllo.Lo sforzo ulteriore, allora, deve esserequello di analizzare preventivamentei meccanismi operativi per capire ilivelli ottimali di impiego delle risor-

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se e prevenire eventuali sprechi. Inquesti anni molti enti pubblici stannoiniziando ad adottare uno strumentoche va in questa direzione: il controllodi gestione impostato sul budgeting.Budgeting vuoI dire capire gli stan­dard di spesa, frazionarli nei varimesi dell'anno per intervenire tem­pestivamente quando si verificanoscostamenti tra consuntivi e obiettivi.Lo stesso principio di fondo del bud­geting dovrebbe essere utilizzato pergestire in termini di obiettivi-inter­venti-consuntivi ogni variabile orga­nizzativa critica.Un passo avanti, rispetto al controllodi qualità, e su cui esistono già pro­getti avviati nel contesto europeo, èallora quello della quality assurance(assicurazione di qualità).Essa consiste nell'attuazione di unsistema finalizzato alla prevenzionedelle criticità attraverso la definizio­ne di standard o livelli di prestazioneottimali, facilmente controllabili neltempo dalle strutture organizzative.Esistono già esperienze di adozionedi norme organizzative come laEN29000 (1509000) che definisconoquesti standard e che dovrebberogarantire la prevenzione dei proble­mi di efficacia ed efficienza. Anchequi vi è un filo conduttore europeo,visto che si tratta di normative conti­nentali e possono essere viste in pro­spettiva come strumento di unifor­mazione tra i sistemi universitari.Tra l'altro, si parla di quality assur­ance anche nell' ambito dellaConferenza Europea dei Rettori aproposito del progetto di audit istitu­zionale nel quale si esalta la necessitàdi dare un contenuto di "culturacomune", interiorizzata e condivisa,alle norme di assurance (si veda l'arti­colo di Pierre Tabatoni a pago 23).Ancora una volta l'esperienza delleaziende nel campo della assurance ci èutile. Essa mostra come l'adozionedelle norme di certificazione europeanon sia comunque risolutiva per lagestione corrente ed abbia costi spes­so addirittura superiori ai beneficiorganizzativi.Anche la quality assurance da sola nonè sufficiente.

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Qualità universitaria:una proposta

La qualità organizzativa è una strate­gia complessiva e come tale si puòdiscutere a lungo se sia la "strategiagiusta" per la nostra università.Una cosa però è chiara: se interpreta­ta pragmaticamente come un insiemedi iniziative concrete, di progettisnelli, ciascuno mirato a migliorare leprestazioni critiche di un'unità ope­rativa attraverso semplici tecnicheinnovative, la qualità è un'esperienzadi successo.La strada vincente è quella che giàtante aziende lungimiranti ed oraanche alcuni atenei italiani, comedocumentiamo nelle pagine successi­ve, hanno intrapreso: piccoli progetticondotti da gruppi interdisciplinaridi addetti guidati nella fase inizialeda esperti di qualità dei servizi.I progetti-pilota devono concentrarsiprioritariamente sull'analisi di queiservizi dove vi è la certezza di ottene­re risultati significativi e di grandeimpatto sulle percezioni della popo­lazione universitaria, e sulla customersatisfaction.È fondamentale, nei programmi diqualità, ottenere in breve temporisultati che alimentino gli sforzi suc­cessivi (il "miglioramento continuo")e sconfiggano le perplessità e gliostacoli psicologici e operativi.Anche la formazione dei partecipantialle logiche sottostanti ai progetti eall'uso di strumenti analitici è impor­tante, ed anzi ad essa deve esserededicata una delicata fase iniziale diattenta sensibilizzazione a tutti ilivelli, operativi e manageriali.Con questi criteri dovrebbero essereanalizzati in successione tutte leunità e i processi critici dell'ateneo; sidovrebbe introdurre nuove modalitàdi lavoro che incrementino la colla­borazione, pubblicizzare gli sforzi e iprimi successi, progettare misure dimiglioramento nei tempi, costi e qua­lità degli output.Le tecniche della qualità, per l'impor­tanza che danno alla formazione e alcoinvolgimento del personale, fannosempre emergere capacità e disponi-

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bilità nelle persone che le regole delgioco quotidiane nascondono. Lecapacità analitiche e di innovazione,la disponibilità a mettersi in discus­sione sono spesso penalizzate nellestrutture dove si lavora in modo tra­dizionale e sono un capitale sprecatoche i progetti di qualità possono con­tribuire a recuperare.Queste tecniche sono "neutre" equindi applicabili sia alla valutazionedell'insegnamento che alla gestionedella ricerca e alle attività ammini­strative.Gli sforzi dei progetti intrapresi sonoampiamente ripagati in termini orga­nizzativi, come mostrano le esperien­ze degli atenei italiani che riportiamodi seguito, e vi è anche un non tra­scurabile sottoprodotto di ritorno diimmagine nei confronti dei potenzia­li nuovi iscritti, visto che oggi gli ate­nei impiegano risorse nel marketing.Anche qui vi è un filo conduttoreeuropeo o comunque internazionalemolto promettente: uno svilupponaturalmente successivo all'attivazio­ne e al completamento di progetti diqualità è quello del confronto delleprestazioni tra atenei e lo scambio dimodalità operative, ad esempio ilconfronto dei tempi di erogazione diun servizio di supporto allo studente.Si chiama benchmarking ed è giàmolto diffuso nel mondo aziendale.Ecco dunque i due sentieri della qua­lità universitaria che intravediamooggi: il raccordo europeo e l'unifor­mazione degli atenei verso elevatistandard comuni ottenibili attraversola razionalizzazione delle attività diquality assessment e con attività diquality assurance, per scambiare espe­rienze ed evitare gli errori operativiricorrenti; il lavoro progettuale con­creto e che coinvolge dwettainente glistakeholder (chi dètiene gli interessicome utente o responsabile) in cia­scun ateneo, sulla base di obiettivipropri.Su queste linee-guida abbiamo impo­stato questo dossier di UNNER5ITA5.

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IL TRIMESTRE/La qualità: ipotesi ed esperienze

Intervista a Paolo BlasiPresidente della Conferenza permanente dei Rettori delle Università Italiane

e rettore dell'Università degli Studi di Firenze

SUPERARE LACULTURA DEL

CONTROLLOIl professor Blasi ritiene laqualità uno strumentoimportante nell'universitàitaliana di oggi a patto che imeccanismi valutativi nonmettano in pericolol'autonomia dei singoli ateneima attribuiscano a ciascuno ladiscrezionalità di autovalutarsinegli sforzi, nelle iniziative enei risultati dell'attivitàaccademica. ;Il presidente della Conferenzadei Rettori Italiani critica ilmodello anglosassone diqualità universitaria per la suaestrema rigidità, perché nontutela le singole realtà e ledifferenze e vede l'universitàcome una fabbrica.Il ruolo dei nuclei divalutazione introdotti dallalegge 537/93 e dei progetti dimiglioramento dei servizi è

particolarmente evidenziato dalprofessor Blasi come un mezzoper avvicinarsi, anche nelmondo accademico, ad unacultura della responsabilità edella valutazione che solo lamancanza di attenzione e larestrizione dei mezzi finanziaridei governi nazionali puòrendere un obiettivoimpossibile.

Professar Blasi, vuole inquadrare la tema­tica della qualità, e piÙ in generale deilavalutazione, nell'attuale momento di tra­sfonnazione della nostra università?La nostra società, basata finora sullacultura del sospetto e del controllodeve evolvere verso un modellobasato sulla cultura della responsabi­lità e dalla valutazione. È fondamen­tale che in questo momento anchel'università riesca a compiere questopassaggio. Noi oggi siamo a metà delguado: l'autonomia ha portato allenostre università problemi di caratte­re finanziario e, per ora, quasi nessunvantaggio che agevoli il superamentodella cultura del controllo.

Qual è allora la strada da percorrere pergiungere a questa nuova cultura univer­sitaria?A mio parere il problema dellaresponsabilità è propedeutico allaquestione della valutazione. Se par­liamo di responsabilità, è necessarioanzitutto che negli atenei le funzionidi dirigenza e di gestione a tutti ilivelli siano assegnate in modo liberoda chi ha poi la responsabilità dirispondere dei risultati raggiunti.Parlando con i miei colleghi america­ni dico sempre: il rettore di qualsiasiuniversità italiana è migliore del ret­tore di un ateneo statunitense perchériesce a far funzionare l'ateneo senzapoter nemmeno cambiare di postouno dei propri collaboratori.

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C'è ancora molto da fare per definirecon chiarezza il quadro delle respon­sabilità. Nonostante ciò è necessariocomunque cominciare ad acquisiresubito una cultura della valuta­zione.

Quali sono le difficoltà alla base dellacultura della valutazione?La cultura della valutazione devediffondersi a tutti i livelli, dal rettorein giù. Rilevo peraltro che mentre illivello più alto è già abituato ad esse­re valutato, se non altro perché il ret­tore si sottopone periodicamente algiudizio di chi lo ha eletto, nel perso­nale tecnico ed amministrativomanca il concetto stesso di disponibi­lità alla valutazione. Vige inveceancora la cultura dell'avanzamentoin carriera con meccanismi automati­ci o parasindacali. Ciò non vuoI direche non debbano esserci funzioniburocratiche: io sono un sostenitoredella necessità di un'efficiente buro­crazia ma che non sia strumento digestione del potere di mantenimentodella propria posizione.

Quando parliamo di valutazione vienenaturale pensare che anche il corpodocente non la incoraggia, e in Italia lavalutazione della didattica è ancora pocoutilizzata.lo sostengo che il rifiuto della valuta­zione come cultura diffusa sia soprat­tutto presente a livello di organizza-

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zione più che di corpo docente.Perché quest'ultimo è abituato adessere giudicato per quanto riguardaad esempio le attività di ricerca, i cuifondi vengono distribuiti da agenzienazionali ed internazionali in base adun criterio di competizione tra lerichieste di finanziamento. La carrierastessa è regolata da concorsi e, purcon tutto il male che si può dire deiconcorsi e sulla necessità di riformarli(c'è un progetto di legge in questomomento che speriamo passi rapida­mente in Parlamento), i docenti sonocostantemente valutati, dalla comu­nità scientifica, dai colleghi, dagli stu­denti, in modo organizzato o meno.Ritengo comunque che la valutazionedella didattica e della ricerca vadaincrementata.Qui a Firenze abbiamo introdottouna valutazione da parte degli stu­denti a fini di programmazionedidattica. Ma anche questo è un pas­saggio delicato: rischiamo di passaredalla vecchia cultura del sospetto edel controllo, di cui parlavo prima,alla valutazione etica (buono/catti­vo) e non tecnica reintroducendodunque la cultura del sospetto.

Rischio che vale allora anche per i nuovistrumenti di valutazione che stannocominciando a lavorare negli atenei,come i nuclei di valutazione.La valutazione deve poggiare sempreed esclusivamente su concetti dicosto/beneficio, efficacia ed efficienza.I nuclei hanno il compito delicato diinventare i criteri e i parametri di valu­tazione di un'istituzione atipica comeè l'università. Qui c'è molto da fare ein questo contesto si colloca il ruolodel progetto sperimentale europeo.I nuclei sono importanti anche perpoter affrontare un secondo proble­ma della valutazione degli atenei,quello della valutazione da partedella società e del controllo dellarispondenza alle aspettative dei citta­dini che vi hanno investito dei soldi.

Quali sono allora le sue linee-guida sullavalutazione della qualità?La capacità di autovalutarsi è unagaranzia di autonomia per l'ateneo. Il

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controllo esterno degli atenei devevertere solo sul modo in cui l'autova­lutazione viene fatta e non sui singoliatti dell'attività accademica.Non si guardi dall'esterno alle azioniper raggiungere gli obiettivi, ma acome queste sono state valutate daiprocessi autovalutativi delle singoleuniversità. Il controllo sugli atti è unostrumento vecchio che attiene allamentalità vecchia del controllo. Inquesto senso i nuclei di valutazionesono decisivi perché i loro compo­nenti conoscono la propria realtà, lefinalità, le iniziative nella ricerca enella didattica dell'ateneo. Viceversa,se avessimo valutazioni esterne basa­te su parametri del mondo esterno,avremmo un sistema di controllo cherischia di farci perdere l'autonomia,con gravissimo danno per la nostrafunzione istituzionale.

È chiaro dunque che le valutazioni diqualità devono essere adattate alle singo­le realtà, ma l'università è di per sé unmondo con grosse differenze rispetto almondo delle aziende, dove la qualità ènata.L'università non può utilizzare uncriterio di ricerca della qualità perce­pita. La qualità percepita è in definiti­va ciò che conta nel mondo della pro­duzione. Sul mercato il mio giudiziodi acquirente sul design di un prodot­to può farmelo preferire ad un altrotecnicamente migliore. Nell'univer­sità non è così: l'interesse della societàè che la qualità del prodotto non siaquella percepita ma sia quella realeanche perché il prodotto di una uni­versità non è soltanto la formazionedegli studenti, è anche la crescita cul­turale di tutta la società e dei docentioltre che degli studenti. La qualitàdella formazione professionale puòessere facilmente valutabile con test oaltri strumenti anche sufficientementeprecisi. Il grado di formazione è inve­ce più difficile da valutare.

È un tema che i modelli anglosassoni divalutazione della qualità nel/'universitàhanno tentato di risolvere. Cosa pensadei risultati ottenuti?A mio parere l'università deve essere

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soprattutto education più che training.Quest'ultimo è compito dell'ambien­te di lavoro. Ma se lo studente non èdotato di un'education di base, iltraining, che oggi cambia rapidamen­te per tenere il passo delle condizionidi lavoro e di vita, diventa per luidifficile.La qualità è stata introdotta dalla cul­tura anglosassone che invece vedel'università più finalizzata al training.In Gran Bretagna ciò ha portato arisultati drammatici sullo sviluppoculturale e scientifico del paese men­tre ha favorito uno sviluppo tecnolo­gico e di innovazione su tempi brevi;ma l'innovazione si costruisce solo suuna ricchezza culturale e scientificadi base.I meccanismi, molto rigidi e schema­tici della valutazione della qualitàprodotti nel mondo anglosassonesono stati poi trasferiti nel restod'Europa attraverso corsi, esperi­menti e progetti pilota. Questi mecca­nismi in un primo momento hannoaffascinato i rettori e poi nel giro diun paio d'anni di discussione c'èstato il rigetto del modello unico divalutazione.Nell'ultima conferenza del eRE aBudapest non si è più parlato di qua­lity assessment: si è parlato di assuran­ce e soprattutto di autovalutazionecon metodologie che ogni ateneodeve liberamente darsi. Il modello è adue stadi con valutazione finale distrutture di livello nazionale.Questo modello rispetta l'autonomiavera, quella che permette di portareavanti iniziative culturali non frenateda condizionamenti esterni, purgarantendo la trasparenza con ungenerico controllo della società civile.

Perché il modello anglosassone è statobocciato?L'università non è una fabbrica: que­sta è la causa del rigetto del modelloanglosassone. La proposta di unmodello di università uguale per tuttii paesi ha visto la risposta criticadella cultura europea dove la diver­sità è ricchezza e modernità.

Nel modello anglosassone di qualità lei

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IL TRIMESTRE/La qualità: ipotesi ed esperienze

vede dunque il rischio della uniformazioneedel blocco di ogni iniziativa culturale.Non bisogna bloccare la creatività,entrando troppo all'interno delmondo culturale. Ciò è deleterio peruna società in rapidissima evoluzio­ne come la nostra, che dopo 400 annivede la crisi del sapere disciplinare.Oggi i problemi sono globali e accan­to all'approfondimento dei problemidisciplinari è necessario cominciare apensare ad un sapere metadiscipli­nare: si pensi alla bioetica e all'ecolo­gia, che sono tipicamente metadisci­plinari.Siamo in un'epoca di rivoluzione cul­turale profondissima e la qualitàdeve essere vista in questo contestocon estrema cautela: guai se meccani­smi della cultura del sospetto e delcontrollo bloccano le potenzialitàevolutive.Posso farle un esempio italiano delledistorsioni di u!} modello di qualitàtroppo rigido: l'idea che si è avuta dimisurare con il cronometro i carichidi lavoro in una struttura quale l'uni­versità come base per misurare laproduttività del personale.

Come vede la possibilità di introdurrenella nostra università parametri quali­tafivi per l'allocazione dei fondipubblici?Personalmente, ritengo che la forma­zione superiore debba essere diffusae non finalizzata alla professione,perché serve ad uno sviluppo socialepiù ordinato e l'Italia, che ha una cul­tura media abbastanza elevata, nonpuò non investire nella formazionesuperiore. Oggi lo Stato italiano videstina solo 8.000 miliardi l'anno:poco rispetto al ritorno dell'investi­mento. Il fatto è che si tratta di unritorno che non si misura a breve ter­mine e per questo i politici non sonointeressati al mondo della scuola edell'università.Il tema del funding deve essere inqua­drato in questo contesto e quindi nonsolo in funzione della qualità del fun­zionamento di quella singola struttu­ra. Il funding deve essere legato alrapporto tra domanda e offerta.Trovo comunque giusto che una

parte del funding vada a premiare chiriesce ad utilizzare meglio i fondi.Abbiamo chiesto al Ministero che ilriequilibrio delle università previstodalla legge 537 si faccia per primacosa sui dati oggettivi prescindendodal giudizio politico, come ad esem­pio i metri quadrati di spazio per stu­dente, il rapporto docenti/studenti,etc. Solo successivamente si introdur­ranno nel riequilibrio i fattori di qua­lità, anche se l'autovalutazione devenel frattempo andare avanti.

Scorcio di alcuni edifici dell'Universitàdi GUawa

Quali sono secondo lei i tempi di questocambiamento culturale che l'universitàitaliana è chiamata ad attraversare eall' interno del quale vi è il ruolo dellaqualità?Il budget è stato introdotto dal 1994con un taglio di risorse dovuto aderrori di valutazione del governo. Afronte di questo c'è stata una reazio­ne del mondo universitario inaspet­tatamente efficace. Se a questa rea­zione e alla scelta della sfida,dell'autonomia e della valutazionecorrisponderà un comportamentocoerente del governo rimuovendo iveri ostacoli all'autonomia, i tempisaranno brevi. Oggi dobbiamo gesti-

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re un budget ma non abbiamo ladiscrezionalità ad esempio di aliena­re un bene con il massimo guadagnoper l'istituzione. Allora io dico che osi riesce a farci nuotare con le manilibere o si rischia l'involuzione e ilritorno alla comodità di una realtàsenza valutazione, con semplici con­trolli formali, con efficienza bassissi­ma e costi scaricati sulla collettività.

Dove pensa sia necessario cominciare alavorare per la qualità nell'università dioggi?Nai siamo carenti nell'organizzazio­ne. È necessario uno sforzoorganiz­zativo. La mobilità anche interna delpersonale è ancora difficilissima. Irisultati di sforzi organizzativi sivedono poi nel momento in cui sirichiedono i finanziamenti europeialla ricerca come dimostrano i risul­tati in questo senso dell'ateneo fio­rentino negli ultimi tre anni. L'orga­nizzazione di un ufficio ha creato lecondizioni di un miglior accesso aifondi.Tentiamo anche di introdurre tecni­che manageriali attraverso corsi diformazione seria per il personale.Qui a Firenze sono stati coinvolti idirettori di dipartimento ma, ancora,la managerialità è condizionata aglistrumenti.

Qualche ateneo è partito con progettiorganizzativi molto interessanti e conrisultati già significativi in termini dicustomer satisfaction.Sono chiaramente molto favorevoleperché questi progetti partono dallaconsiderazione che l'utente deveessere privilegiato e il servizio non èqualcosa di cattivo, di stressante, maè un'attività qualificante e che attieneai doveri dell'istituzione. La parteci­pazione, anche emotiva, del persona­le serve a superare questo blocco e aporsi in modo diverso verso lo stu­dente che oggi è un "cliente" chepaga tasse non trascurabili.Anche qui a Firenze, ad esempio,abbiamo dato il via a progetti dimiglioramento sugli orari e la gestio­ne delle biblioteche e sulla qualità delservizio delle portinerie.

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IN ITALIA

BOCCONI:RASSEGNA DELLE INIZIATIVE

La valutazione delladidattica

La valutazione della didattica è stataintrodotta già a partire dall' annoaccademico 19·90/91. Si è scelto direndere permanente un sistema divalutazione degli aspetti didattici daparte degli studenti, secondo uncostume ormai consolidato nelle uni­versità americane. Il fine primario,infatti, è stato quello di creare unabase di dati, costantemente aggiorna­ta dalle rilevazioni periodiche, perconsentire la programmazione disignificativi interventi di migliora­mento delle attività didattiche, rivol­te sia ai docenti che agli studenti.A partire dalla sua introduzione, ilprogramma di valutazione ha inte­ressato un numero sempre più ampiodi discipline e di docenti: dalle 87discipline del primo anno di applica­zione si è passati, cinque anni dopo, a237 insegnamenti, triplicando lacopertura del sistema. Inoltre, idocenti sono passati da 218 a 485.Anche il coinvolgimento degli studen­ti è cresciuto nel tempo: da circa15.000 questionari restituiti compilatinel 1990/91 si è passati a quasi 23.000,espressione di un'adesione elevata aquesta iniziativa, e senza "caduted'attenzione" da parte degli studenti.Grazie a questo vasto monitoraggio èpossibile tenere sotto controllo, annodopo anno, le modifiche di giudiziodegli studenti su ogni aspetto

dell'attività didattica svoltadall'Università, e sapere se gli int~r­

venti correttivi hanno prodotto risul­tati e in quale misura.Soprattutto, il sistema di valutazioneha permesso di salvaguardare la qua­lità didattica dato il più largo accessodi studenti all'Ateneo programmatonegli ultimi anni.

Il progetto "Qualità inUniversità" .

Ma è in particolare sul progetto"Qualità in Università" che vogliamosoffermare la nostra attenzione.Questo progetto, pensato e voluto dalconsigliere delegato dell'Università,prof. Luigi Guatri, è volto ad adegua­re la risposta qualitativa dell'Ateneo,in ogni sua dimensione, alle esigenzedei propri fruitori. In questo senso,esso è destinato a investire tutte learticolazioni dell'Ateneo.Il progetto Qualità, coordinato nellasua esecuzione dal dotto Paolo Magri,è basato su due idee-guida: in primoluogo che le innovazioni di ampiorespiro come quella che l'Ateneo pro­muove con questo progetto passanoattraverso la gestione quotidiana e latensione al miglioramento di singoliprocessi di funzionamento.Secondariamente si è sempre tenutocome obiettivo il miglioramento dellasoddisfazione e la centralità del"cliente-fruitore" di ogni processo

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universitario intendendo nella mag­gior parte dei casi lo studente, che èattore della maggioranza dei processiuniversitari, ma non solo.Gli interventi mirati all'amministra­zione e ai servizi, iniziati con unafase pilota a carattere formativo edesplorativo e proseguite nelle aree­chiave della biblioteca, della segrete­ria studenti e dei costi della strutturasono nati con l'obiettivo di creareun'organizzazione capace di reagireautonomamente ai cambiamentiesterni, che non dovesse attendererichieste formali o prescrizioni legi­slative. Tale obiettivo è stato perse­guito in modo graduale attraverso unpiano che nell'arco di circa quattroanni complessivi condurrà a signifi­cativi miglioramenti delle prestazionie alla modificazione degli stili e deiprocessi gestionali.Le fasi del piano sono tre: la speri­mentazione, che comprende l'assor­bimento degli approcci e dei metodidi lavoro da parte del personalecoinvolto; l'espansione, che com­prende lo sforzo maggiore, quellodella conquista di risultati concreti ilcui impatto possa fornire una spintaulteriore al progetto; il consolida­mento, con la definizione di stru­menti di controllo del miglioramentocontinuo dei processi. È già previstoche si svolgano attività successive alconsolidamento dei progetti, soprat­tutto per ovviare ad uno dei proble­mi più frequenti nei progetti di qua-

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IL TRIMESTRE/La qualità: ipotesi ed esperienze

LA QUALITÀ DEI SERVIZI E LE SUE TAPPE

Fase Periodo Obiettivi Principali attività

Applicabilità degli approcci di qualità tota- Seminario dirigentile in ambiente universitario

Sperimentazione Setto '92-Lug. '934 progetti di miglioramento in biblioteca

Acquisizione di esperienze con le meto-dologie I progetto in segreteria

Awio del processo di miglioramento I progetto in amministrazione

Progetto "Segreteria 2000"

Espansione Setto '93-Sett. '94 Raggiungimento di significativi risultati inProgetto meno costi con la qualità

aree circoscritte

Formazione

Consolidamento dei risultati dei progetti

Creazione di un sistema di monitoraggiodi miglioramento già awiati

complessivo della qualità del servizio Introduzione della cassetta dei suggeri-Consolidamelilto Otto '94 menti

Finalizzazione del miglioramento alle prio-rità Analisi della qualità dei servizi in biblioteca

Pianificazione delle fasi successive

lità: la mancanza di diffusione ade­guata di informazioni sui lavori incorso e sui risultati ottenuti. Per evi­tare che la qualità resti confinata aiservizi coinvolti, il progetto "Qualitàin Università" è opportunamentepubblicizzato anche attraverso ilnotiziario interno.Ancora a livello generale è necessarioevidenziare quanto sia stato intensoil programma di formazione ad ognilivello e in particolare nella fase disperimentazione. Le iniziative, voltea creare una conoscenza diffusa ditecniche e metodologie come anchedi stili gestionali e valori, hanno com­preso undici seminari specifici sullemetodologie di qualità, ventuno gior­nate di aula per la formazione sutemi specifici come quello sulla"comunicazione con l'utente" per ilpersonale di contatto della biblioteca.Momenti d'aula a parte, la formazio­ne è stata un sottoprodotto del coin­volgimento diretto, attraverso riunio­ni e brainstorming, di circa 140 perso-

ne della biblioteca, delle segreterie diistituto, dei centri di ricerca e dei ser­vizi amministrativi.

La biblioteca di facoltàcome area di sperimentazionedella qualità

La centralità del cliente come obietti­vo ha posto delle questioni concet­tuali nel momento in cui il progettosi avviava concretamente. Per questo,il gruppo di lavoro della Bocconi èpartito con una fase pilota imperniatasulla biblioteca di facoltà.La biblioteca è stata considerataun'area ideale per la sperimentazioneper la presenza di una serie di requisi­ti: anzitutto la relativa facilità di anali­si dei suoi processi, ragionevolmenteconosciuti e chiari a tutti; la presenzadi numerosi fruitori, studenti e docen­ti; la consistenza del suo organico equindi la possibilità di coinvolgere unnumero significativo di addetti.

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Terminata la formazione, il personaledella biblioteca ha esposto le propriepercezioni di opportunità di miglio­ramento nelle tecniche di lavoro quo­tidiano. La scelta di procederedall'interno, senza rilevare le perce­zioni degli utenti sembra contraddire

. il principio della centralità di questiultimi ma deriva unicamente dallacompetente cautela nell'applicazionedei principi della qualità.Il personale della biblioteca ha poi"isolato" quattro temi su cui definireobiettivi concreti di miglioramento. Ilprimo problema è quello del serviziodi acquisto e prestito dei libri aidocenti: per la sua soluzione è statoistituito il servizio "libro sulla scriva­nia" e sono state modificate le proce­dure d'acquisto agendo sui tempi diquesto processo.Due temi riguardano i rapporti conl'utenza: le modalità di informazionee gli orari dei servizi. Per quantoriguarda le informazioni, ad esempio,le proposte hanno puntato alla crea-

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VERSO MIGLIORI STANDARD

Intervista a Roberto RuoziRettore dell'Università "Luigi Bocconi" di Milano

Il progetto Qualità di un'università moltopermeobile 01 mondo produttivo come loBocconi ho senz'altro risentito delle espe­rienze aziendali nello qualità. In che modo?E lo qualità è servito o creare un ulteriorefronte di awicinamento tra il mondo uni­versitario ed il mondo produttivo?La qualità negli ultimi anni è stata unodei temi dominanti al centro del dibatti­to economico sull'impresa, divenendoun importante momento di innovazionemanageriale sia nel settore industriale sianei servizi.Non è pertanto sorprendente cheanche il sistema universitario abbia senti­to la necessità di adeguarsi a standardqualitativi migliori, dimostrando maggio­re sensibilità; al livello del servizioofferto.La Bocconi, università libera ed autono­ma, che da sempre si legittima con ilvalore delle sue prestazioni, ha sentitol'esigenza, più ancora di altre realtà uni­versitarie, di mutuare dal mondodell'impresa tali modelli di miglioramen­to qualitativo, dando vita a un articolatoprogetto volto a riaffermare la centralitàdel servizio al "cliente", in primis lo stu­dente.L'Università Bocconi è una finestra aper­ta sul mondo dell'impresa, anticipa e rac­coglie le tendenze emergenti dellasocietà economica e civile del paese,rispondendo alle esigenze di formazionedei giovani.Lo sforzo di rinnovamento e di migliora­mento che - con il progetto Qualità, epiù in generale con il Piano Bocconi2000 - l'Università Bocconi perseguenon può che rafforzare tale legame conil mondo produttivo, da cui ha intesoadottare i migliori standard di efficienzae di servizio.

Un fine non secondario dei programmi diqualità è quello di sensibilizzare 0110 qua­lità organizzativa i suoi partecipanti. Inquanto utenti dei servizi universitari, gli stu­denti sono stati coinvolti in questo nuovomentalità. Ritiene che il progetto Qualità li

posso aiutare o sviluppare uno cultura piùmoderno e spendibile nel mondo produtti­vo nel quale entreranno?Certamente sì. Crescere in un ambientedinamico, capace di ascoltare i bisognidei propri studenti, coinvolgendoli attiva­mente in un importante progetto diinnovazione e di crescita, credo sia unacondizione che abbia in sé un elevatovalore formativo per coloro che entre­ranno presto nel mondo del lavoro edovranno confrontarsi con standard diefficienza sempre più elevati.

Lo Bocconi ho uno reputazione internazio­nale di eccellenza. Ciò non toglie che siaimportante (orsi conoscere ai potenzialinuovi "clienti", i diplomati. Secondo lei, ilprogetto Qualità ho un suo valore aggiuntodi marketing, vale o dire può servire odawicinare potenziali iscritti?La qualità di un'istituzione universitaria simisura anche dalla capacità di portare isuoi messaggi ai giovani che sono prossi­mi ad affacciarsi al mondo universitario,impegnati in una scelta non sempre faci­le e consapevole.Già da alcuni anni l'Università Bocconiha avvertito pertanto l'esigenza di affian­care le scuole medie superiori nella loroattività di orientamento agli studi: surichiesta delle singole scuole mediesuperiori la Bocconi organizza presenta­zioni dell'Ateneo in una ottantina di isti­tuti di tutta Italia; per agevolare gli stu­denti lontani da Milano è prevista la pos­sibilità di ritirare e consegnare le doman­de di preiscrizione in modo decentratosul territorio italiano; da quest'anno, inol­tre, per i ragazzi del sud Italia sarà possi­bile sostenere la prova di selezioneanche a Bari.Purtroppo però la Bocconi oggi non puòaccogliere più di 2.200 matricole ognianno, riuscendo a soddisfare solo circa lametà delle richieste che le pervengono;per noi è però molto importante chequesti 2.000 giovani siano i più motivatie i più adatti ai nostri studi e che la lorosia una scelta davvero consapevole.

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In questo senso, se vuole, l'attività diorientamento che le ho descritto e lamaggiore attenzione alla qualità, anchenel servizio di informazione agli studentimedi superiori, è per noi uno strumentodi mark.eting.

Lo partecipazione del personale delloBocconi è stato molto (orte. Hanno avutospazio, nel progetto Qualità, meccanismi diincentivazione del personale legati o risul­tati di qualità e/o strumenti organizzativiinnovativi che hanno doto risultati significa­tivi e tali do poter essere anche allargatialle università pubbliche, che pure hannovincoli più (orti nello gestione del persona­le?Il coinvolgimento e la motivazione delpersonale in tutti i gruppi sino ad oggiavviati sono stati molto alti, nonostantesi fosse deciso, sull'analisi di alcune realtàuniversitarie che da tempo avevanoavviato simili progetti, di non attivarespecifici meccanismi di incentivazione delpersonale.In futuro il ruolo giocato da tutte lecomponenti del mondo Bocconi saràancora più importante: l'impegno conti­nuo per un sempre più efficace soddisfa­cimento dei bisogni e delle aspettativedei nostri utenti comporta un inevitabileinnalzamento dei costi che nel lungoperiodo potrebbe condurre a una politi­ca difficilmente sostenibile senza gravaresui fruitori dei servizi, gli studenti.È per questo che abbiamo avviato, inparallelo, anche un progetto di riduzionedei costi sostenuti dall'Ateneo: qui verràrichiesto uno sforzo comune ancora piùforte, perché la Bocconi possa sempremeglio confrontarsi con le realtà, acca­demiche più evolute e dinamiche delmondo.Per quanto concerne le altre universitàitaliane credo che le modifiche normati­ve introdotte negli ultimi anni faciliteran­no l'introduzione di importanti innova­zioni a livello di gestione degli atenei,come dimostrato da numerosi progettigià attivati in alcune sedi.

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IL TRIMESTRE/La qualità: ipotesi ed esperienze

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zione di materiale cartaceo di presen­tazione come brochure e schede dipresentazione, al miglioramento deicartelloni e della segnaletica dei loca­li, all'istituzione di visite guidate.Il quarto tema segnalato e analizzatodagli addetti della biblioteca è statoquello della rilega tura nell'ottica diuna riduzione dei costi.

"Segreteria 2000":un'organizzazione disupporto in linea con ilprestigio dell'istituzione

Università di Ottawa: momenti di relax tra una lezione e l'altra

Anno Intervento

1990 Valutazione della didattica

1993 Valutazione dei servizi Bocconi da parte degli studentistranieri del programma scambi

1994 Valutazione dei servizi della biblioteca

In futuro Valutazione di tutti i servizi dell'Università da parte deglistudenti

I;

Il nome del progetto, "Segreteria2000", testimonia il rilievo attribuitoal conseguimento di concreti risultatinell'area della segreteria degli stu­denti, uno degli snodi obbligati perinformazioni, immatricolazioni, iscri­zioni, certificazioni e tutto quantoattiene alla "burocrazia" universita­ria. Per "attaccare" i principali pro­blemi sono state utilizzate tecnicheavanzate di analisi dei processi, divalutazione della customer satisfaction(il livello di soddisfazione dell'uten­za) e di benchmarking (il confrontostrutturato con modalità operative eprestazioni di altre strutture compa­rabili per ricavare idee di innovazio­ne organizzativa).Si è avuta immediata conferma dellacriticità del fattore tempo nei rapportitra studenti e segreterie. Dagli incon­tri con gli utenti è emersa una richie­sta ricorrente: ridurre i tempi di atte­sa. Il personale impegnato nella ricer­ca di soluzioni ha risposto in duemodi complementari, di breve e dimedio periodo. Nell'immediato èstato messo in atto un sistema digestione delle file di attesa neimomenti di massima affluenza(immatricolazioni, consegna docu­menti da parte dei laureandi) basatosull'utilizzo di un dispensatorenumerico per l'accesso agli sportelli esulla proiezione di istruzioni per laverifica del possesso dei documentirichiesti dall'operazione amministra­tiva in questione. Ancora a breve ter­mine è stato prolungato l'orario disegreteria allo scopo di garantire

l'apertura negli orari in cui gli stu­denti non sono impegnati in aula. Nelmedio periodo viene proposta l'auto­mazione di alcuni servizi con termi­nali self-service interrogabili dagli stu­denti per ottenere certificati e infor­mazioni tipicamente centralizzatinella segreteria. L'informatica si pre­sta ad ulteriori progetti che eliminanospiacevoli perdite di tempo: a regimesi prevede una gestione via terminaleself-service anche delle transazionifinanziarie relative all'Università el'utilizzo della "moneta elettronica".

Il futuro dell'impegno sullaqualità in Bocconi

Il progetto di qualità in biblioteca èservito anche a sperimentare unembrione di quello che sarà il pas­saggio successivo alle singole inizia­tive di miglioramento: la creazione diun sistema completo di ascolto degli

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studenti. Dal 1993 ad oggi, gli stu­denti sono stati coinvolti nella qualitàin varie forme: dai colloqui informalialle interviste strutturate 000 stu­denti per l'automazione della segre­teria), ai focus group (riunioni di uten­ti ed addetti al servizio su un temacomune); dal prossimo anno accade­mico, con cadenza biennale, la tota­lità dei servizi e alcuni processi criticiverranno sottoposti al vaglio dellostudente al fine di raccogliere indica­zioni circa le possibili aree di miglio­ramento. Già nel corso di questoanno accademico, a partire dal secon­do semestre, verrà condotto un pro­getto pilota su oltre 4.000 studenti.E evidente che la tensione al migliora­mento continuo, anche dei meccanismidi funzionamento dell'università, enon solo nei processi di insegnamento,sarà continua ed in questo la Bocconitenderà al modello delle aziende eccel­lenti, quelle che nel linguaggio dellaqualità si chiamano world class.

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UNIVERSITAS 56

CA' FOSCARI:UN PROGETTO CONCRETO

Il progetto di sensibilizzazione allaqualità del servizio, attualmente incorso presso l'Università Ca' Foscaridi Venezia è un significativo esempiodi approccio realistico e costruttivoalla qualità.Si tratta di un intervento che punta ainnovare, nella sua complessità, lacultura organizzativa nel settoreamministrativo dell'Ateneo, quellopiù esposto al giudizio dei "clienti".Un progettò dalle finalità ambiziose,nel lungo periodo, ma estremamenteconcreto nelle modalità di attuazionedel ciclo dell'innovazione attraversotre momenti ben definiti e previstisin dall'inizio: la formazione mirata,la costituzione di gruppi di lavorofinalizzati al miglioramento, l'attua­zione di concrete innovazioni.Fare qualità vuoI dire in primo luogo"andare oltre la propria mansione" eimplica due presupposti: l'attività diun "paladino" dell'innovazione e losviluppo di una cultura favorevoleagli sforzi di miglioramento all'inter­no dell'organizzazione.Nel caso di Ca' Foscari, il ruolo di"paladino" della qualità è statoassunto da Antonino Domina, diret­tore amministrativo dell' Ateneoveneziano, il quale oltre ad aver pro­spettato l'idea iniziale, l'ha ancheresa una business proposition, un pro­getto circostanziato, e ne è stato pro­motore istituzionale.Abbiamo incontrato Domina in unasede abbastanza inconsueta per unmanager universitario, la conferenzanazionale dell'Associazione Italianaper la Qualità, nel corso della quale è

stato presentato il progetto di Ca'Foscari.L'alta direzione dell'Ateneo ha inco­minciato a valutare l'idea di un inter­vento di miglioramento della qualitàdel servizio intorno alla metà delloscorso anno. Un impulso non trascu­rabile è venuto dal concorrente attivi­smo legislativo sul rinnovamentoorganizzativo e delle pubblicheamministrazioni e dell'università(D.Lcs 29/93, legge sull'autonomiadelle università, legge sulla traspa­renza amministrativa, etc.).Se l'idea è stata rafforzata dall' esi­stenza di norme, è importante sottoli­neare come l'intuizione dell'interven­to abbia nettamente superato i confi­ni dell' adempimento burocratico esia diventata, come dicevamo prima,business proposition, qualcosa che sivoleva concretamente realizzare ben­ché andasse oltre le singole responsa­bilità organizzative.Qui è il delicato punto di snodo: per­ché vi sia qualità negli atenei è fon­damentale che emergano, all'internodi culture ambientali generalmentepoco favorevoli, manager che superi­no il dilemma dell'incompatibilità trala gestione corrente delle operazionie la responsabilità di attuare cambia­menti, e capaci di mediare conserva­zione e rinnovamento organizzativo.Tutto ciò sembra essersi verificatonell' Ateneo veneziano per quanto,come ci ha raccontato Domina, nonsono mancate le difficoltà ed i ral­lentamenti fisiologici per quello chelui definisce "un forte scetticismoiniziale" .

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Ma vediamo come è impostato illavoro a Ca' Foscari. Il progetto inte­ressa tutto il personale amministrati­vo e tecnico. In primo luogo si è rite­nuta necessaria una prima generalesensibilizzazione per tutti i livelli,con un programma di formazionestudiato e condotto da un esperto diqualità.

Il piano di formazione mirata è statocosì pianificato:- creazione di gruppi di circa 25 per­sone dei vari livelli, escluso il perso­nale con mansioni direttive;- partecipazione a 6 momenti forma­tivi, distribuiti nell'arco di 2 settima­ne, per un totale di 30 ore di aula;- preparazione, in coda alla forma­zione in aula, di gruppi di lavoro.Per il personale di livello direttivo edirigenziale:- incontri mensili di 2 giorni;- coinvolgimento di docenti conresponsabilità didattica ed ammini­strativa (presidi di facoltà, direttoridi dipartimento, etc.).

I contenuti del piano formativo diffe­rivano in relazione al ruolo previstonei progetti di miglioramento del ser­vizio, e quindi:- elementi di qualità del servizio estrumenti per orientare l'apportolavorativo verso la qualità per tutto ilpersonale amministrativo e tecnico,come anche strumenti per la struttu­razione di iniziative di miglioramen­to;- temi di natura giuridico-ammini­strativa e organizzativa per i manager.

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I Il TRIMESTRE/La qualità: ipotesi ed esperienze

Università di Ottawa: lo sportello del servizio info-cmnpus

I gruppi di lavoro, seguiti dagli espertidi qualità che hanno lavorato in pre­cedenza con loro in aula, sono staticostituiti rispettando queste cara tteri­stiche:- personale di categoria omogenea;- finalizzazione alla soluzione diaspetti critici affrontabili con le compe­tenze presenti all'interno del gruppo;- lavoro per obiettivi: una volta rag­giunto il proprio, il gruppo avevafacoltà di sciogliersi;- predisposizione di manuali coninformazioni tecniche per le portine­rie di ciascuna sede universitaria;- realizzazione di cartelloni informa­tivi e segnaletica dei percorsi pedo­nali e di servizi pubblici per raggiun­gere le varie sedi dell'Università daiprincipali punti di accesso della città(P.le Roma e Ferrovia);- distribuzione di una piantina dellacittà con indicazione delle sedi uni­versitarie e degli; orari degli uffici;- preparazione di un vademecum sugliuffici di Ca' Foscari e sulle rispettivecompetenze;- eliminazione delle buste gialle perinvio di circolari e comunicazioniinterne all'ateneo;- azioni di riduzione della spesa dirilegatura di libri e riviste;- realizzazione di contenitori per laraccolta di carta in tutte le sedi;- razionalizzazione delle chiusurepomeridiane delle sedi nel mese diagosto e nei periodi festivi;- erogazione di questionari per son­daggi annuali sul miglioramento delservizio di portineria.

I risultati del progetto sono già signifi­cativi ed evidenti, anche se almomento è prematuro quantificare ilritorno sul budget con un'analisicosti/benefici.Anzitutto, il coinvolgimento attivodel personale è già di per sé un risul­tato positivo e non scontato; la forma­zione sulla qualità del servizio è vistacome esigenza quasi permanente eperiodicamente sollecitata e pianifica­ta all'interno di un gruppo di coordi­namento che, con cadenza mensile,riunisce il pro-rettore, il consulente diqualità, il funzionario per la forma-

zione, il capo personale docente, ilcapo personale tecnico-amministrati­vo, i rappresentanti sindacali.È incoraggiante rilevare non solo lasensibilità al tema della qualità, maanche la partecipazione ad una diffi­cile evoluzione del lavoro quotidianonella realtà amministrativa dal­l'adempimento burocratico al­l'impostazione per progetti, pergruppi che si formano per risolvereproblemi di servizio all'utenza.La concretizzazione di strumenti diqualità, output delle attività dei grup­pi di lavoro, è risultata ancora piùrilevante, soprattutto per i "clienti"dell' amministrazione dell'università,correttamente identificati come"clienti interni" Ci colleghi) e gli uten­ti primi, gli studenti. Inoltre, discen­de direttamente dalla definizione diqualità che le persone di Ca' Foscarihanno adottato. In questo esperimen­to di innovazione, le persone diretta­mente impegnate nel compito di for­nire informazioni agli studenti, adesempio gli addetti alle portinerie,hanno ipotizzato forme concrete,basate sulla loro esperienza di ognigiorno, di informazione a misura distudente, giungendo a progettaremanuali tecnici di supporto alla pro­pria attività ma anche forme nuovedi informazione per la matricola chedeve orientarsi tra le sedi.Un terzo ordine di risultati già evi­denti è il "ritorno di marketing", comesi direbbe in azienda, dell'iniziativache ha accreditato Ca' Foscari comeateneo innovativo nelle tematiche

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organizza tive.Dicevamo prima del convegno nazio­nale stilla qualità, ma Domina aggiun­ge la visibilità data dalla segnalazionedel progetto nell'elenco dei 100migliori premiati dal Dipartimentodella Funzione Pubblica, i convegninazionali del consorzio COINFO el'individuazione, da parte dellaConferenza Europea dei Rettori, comeUniversità da sottoporre a certificazio­ne nell'am10 corrente.È controverso se gli atenei debbanofare del marketing, cioè della promo­zione dei propri servizi o della pro­pria immagine sul "mercato". Se que­sto, con giudizio, è un passo necessa­rio perché consegue dall'impostazio­ne corrente che tende al modelloaziendale, Ca' Foscari è, grazie al suoprogetto di qualità, all' avanguardia epuò pensare di catturare potenziali"clienti" nei futuri "saloni dello stu­dente".In definitiva, quando sarà possibilefare un consuntivo dei risparmi, suiquali alcune iniziative pW1tano diret­tamente, sarà evidente che il proget­to, come sempre nella qualità, è statoun buon investimento, soprattutto inepoca di budget ridotti.

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UNIVERSITAS 56

IN EUROPA

TRE PAESI GUIDA

In una rassegna di esperienzenell'introduzione di metodologie emeccanismi di gestione della qualitànei sistemi universitari dei paesieuropei, assume particolare rilievo ilruolo di "apripista" svolto da GranBretagna, Francia e Olanda.Gli approcci 'del Council for NationalAcademic A\yards e dell'AcademicAudit Unit in Gran Bretagna, delComité National d'Evaluation inFrancia e dell'Association ofUniversities nei Olanda sono infattiun punto di riferimento per queisistemi universitari che hanno recen­temente puntato l'attenzione su meto­di innovativi di governo dei processidi istruzione superiore ed in partico­lare sulla qualità dell'insegnamento,della ricerca e dell'amministrazione.In un importante studio finanziatodalla Commissione Europea, dal titolo ."Quality management and qualityassurance in European higher educa­tion. Methods and mechanisms",Frans van Vught e Don Westerheijdenconcordano con questo quadro edescrivono inoltre l'attuale dimensio­ne europea del fenomeno "qualità".Questo studio, infatti, offre un accura­to e aggiornato quadro complessivodella qualità nei paesi europei.Gli autori centrano l'analisi sulleesperienze dei tre paesi-guida rile­vando la presenza di elementi comu­ni nell'approccio alla qualità. Gli ele­menti comuni sono almeno cinque.Il primo è organizzativo: la gestionedei sistemi di qualità - che poi vuoIdire definire gli standard e renderliapplicabili nel concreto - è general-

mente affidata, all'interno di ognipaese, al coordinamento di un enteindipendente dal governo in carica.Inoltre, gli enti nazionali (che nei trepaesi sono quelli sopra citati) sonodotati di autorità propria, che peròesercitano sempre attraverso la con­sultazione con gli atenei, e che siesplicita, in questi anni di costruzio­ne di meccanismi operativi, nella for­mulazione periodica di linee-guidadi azione per gli atenei stessi, nellaforma di procedure e documentimetodologici.Il secondo elemento comune che per­mette di "leggere" sotto una stessaluce le esperienze di Gran Bretagna,Francia e Paesi Bassi, è l'uso estensi­vo della autovalutazione della qua­lità negli atenei (self-assessment).Vista come meccanismo vessatorio, lavalutazione da parte di organismi oesperti esterni, qualora sia l'unico cri­terio previsto, genera risposteimprontate all'autodifesa e limita lapartecipazione del managementdell'ateneo, più preoccupato delbuon esito formale della revisioneche dell'apprendimento della qualitàcome criterio di gestione per ilmiglioramento continuo.Di qui l'affermarsi del self-assessmentcome primo stadio di valutazione. InOlanda l'autovalutazione, guidatadall'ente di coordinamento universi­tario, ha avuto in passato il ruolo dileva primaria per il coinvolgimentonei programmi-qualità del personaleaccademico ed è stata istituzionaliz­zata come fase uno del quality assess­ment nazionale.

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Terzo elemento unificatore delleesperienze europee è l'utilizzo delmetodo di valutazione noto comepeer review. Esso è, proprio per quan­to detto prima, lo stadio successivoalla autovalutazione. La valutazioneesterna diventa quindi compito diesperti (peer) la cui competenza, nelcampo dove sono chiamati a interve­nire, è unanimemente riconosciuta.La peer review si esercita concreta­mente attraverso un soggiorno degliesperti presso l'ateneo oggetto diverifica (site visit); alla discussionedei risultati dell'autovalutazione edei piani di miglioramento già previ­sti segue una fase nella quale l'asses­SOl' consulta e intervista gli interlocu­tori che ritiene utile sentire ai suoifini.Un'importante evoluzione della peerreview è l'introduzione nei sistemi­qualità nazionali di elementi compa­rativi tra atenei e tra paesi stessi qua­lora, come prefigurano ad esempio leesperienze olandesi, si costituiscanogruppi di esperti specializzati perdisciplina, o gruppi misti di espertiprovenienti da più paesi.Anche la fase di bilancio e pubblica­zione dei risultati dei due stadi divalutazione della qualità (autovaluta­zioni e visite degli esperti esterni) haun peso decisivo nei sistemi-qualitànazionali: nella scelta delle modalitàattraverso cui vengono resi pubblicipunti di forza, e soprattutto di debo­lezza, gli investimenti e impegni nelmiglioramento degli atenei, si devo­no contemperare esigenze di riserva­tezza da un lato, di trasparenza e dicontrollo dall'altro.Dove viene privilegiato quest'ultimo,come ad esempio accade in Francia,si ritiene preferibile mantenere riser­vati al solo uso interno delle istitu-

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IL TRIMESTRE/La qualità: ipotesi ed esperienze

l

zioni i risultati delle autovalutazionie pubblicare invece i rapporti finalidei revisori esterni.In altri casi, come nel sistema olande­se, è il grado di dettaglio dei risultatia distinguere i report ad uso interno,dove il dettaglio è maggiore, da quel­li destinati al pubblico, più generali.Mentre gli elementi comuni dei siste­mi di qualità, visti finora, riguardanole fasi del processo di valutazione,l'ultimo è sostanziale e riguarda ildelicato rapporto tra i risultati dellerevisioni e l'attribuzione di fondipubblici agli atenei.

Il rapporto tra misurazionie fondi

Nei paesi con esperienze più avanza­te in questo campo, Francia e GranBretagna, si è giunti a definire otti­male un rapporto indiretto tra misu­razioni e fondi, dove, nel momentodell'assegnazione di questi, gli indi­catori di qualità sono affiancati daaltri parametri, meno legati a stan­dard di funzionamento interno. Lenuove procedure di funding ora uti­lizzate in Gran Bretagna superano, inquesto modo, le insidie della relazio­ne diretta (più qualità misurata = piùfondi). Quest'ultima, si è visto, fini­sce per causare un'adesione solo for­male alla qualità e soprattuttoun'eccessiva focalizzazione delle atti­vità accademiche su misuratorinumerici comunque settoriali e aset­tici. La pressione sul mondo accade­mico per il conseguimento di risultatiche garantissero l'accesso ai fondi, hacreato reazioni di rigetto perché èstata interpretata come risposta adun approccio punitivo che non pre­mia un percorso di miglioramentoma punisce la mancanza di confor­mità ai criteri qualitativi predefiniti.Gli autori concludono quindi, a que­sto proposito, dopo aver ripercorso leesperienze dei paesi europei, chel'unica impostazione del processo difunding ora ritenuta unanimementeaccettabile, è quella di porre comecondizione all' assegnazione di fondil'apertura degli atenei alle revisioni

esterne nel quadro di sistemi nazio­nali di gestione della qualità a duestadi (autovalutazione e revisioneesterna).I tre paesi più volte citati hanno fattofare enormi passi avanti alla qualità,la cui realizzazione, anche nei sistemiuniversitari, è sempre un processo ditrial and errar: altri sistemi hannopotuto capitalizzare le esperienzemetodologiche ed organizzative pro­venienti da essi.Mentre la discussione sull'adozionedei principi di qualità nelle politichedell'istruzione è presente in tutti ipaesi, non tutte le realtà universitarienazionali hanno creato un sistema dicontrollo di qualità.La Germania, ad esempio, anche perla struttura federale decentralizzata,non ha un quality assessment naziona­le, e peraltro in questi anni ha centra­to la riflessione sulla soluzione diproblemi come gli alti tassi di abban­dono degli studi e la lentezza nelcompletamento del corso di studi daparte degli studenti.La configurazione amministrativa èmotivo di scarsa attenzione ad unsistema nazionale di valutazioneanche per quanto riguarda laSvizzera. Non esiste, a tutt'oggi,neanche in Grecia, dove una recentelegge sull'ordinamento universitarioprefigura un' adesione al modellofrancese basa to su un organismosimile per a ttribuzioni al Comi téNational d'Evaluation.Mancano infine inizia tive nazionalidi controllo della qualità negli ateneianche in Svezia, Norvegia e Austria.Diverse le priorità in Spagna, doveesiste un sistema di valutazione alivello di singolo docente ed internoagli atenei, e dove sta cominciandoad operare l'Agenzia Nacional deEvaluaci6n y Prospectiva con nuovicompiti di valutazione delle istitu­zioni.La valutazione su larga scala è allostadio nascente anche in Portogallo eDanimarca.Già rodato è infine il sistema delleuniversità fiamminghe dove operada circa un decennio il VUR (FlemishInter-University Council).

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E l'Italia? Lo studio riporta sintetica­mente che il nostro paese sta vivendouna fase di trasformazione e pianifi­cazione in seguito alla modifica delsistema di finanziamento e alle misu­re richieste dalla legge sull'autono­mia universitaria. Nella legge siripropone il modello francese delCNE per gestire una serie di indicato­ri di prestazione da definire a livellonazionale (osservatorio); inoltre, sirichiede uno sforzo organizzativo adogni ateneo che dovrà dotarsi di unproprio gruppo interno di valutazio­ne degli standard di insegnamento(nuclei di valutazione).A livello di iniziative di qualità, ven­gono infine ricordati gli sforzi dellaConferenza dei Rettori per la costru­zione di indicatori di qualità e digruppi di valutazione istituzionale, ei progetti di singoli atenei.

Università di Ottawa: la pallacanestro èuno degli sport

praticatinel campus

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UNIVERSITAS 56

CONFERENZEINTERNAZIONALI

le vengono attribuiti sono diversi e lepercezioni addirittura contrastanti.Un commento potrebbe essere: atten­zione a non ripercorrere gli errori ditante aziende che hanno rifiutato lastrategia della qualità perché se neparlava troppo e sembrava "unamoda passeggera".

Benché il fenomeno della qualitàabbia suscitato l'interesse dei governied abbia avuto applicazioni concreteappena nell'arco dell'ultimo triennio,ci sono già state elaborazioni e scam­bi di esperienze a livello europeo inalcuni importanti meeting continenta­li organizzati dalle principali associa­zioni del mondo accademico.Nel 1994, l'evento più significativosulla qualità nel mondo accademicosi è tenuto a Budapes t. Si tra ttadell'Assemblea Generale dellaConferenza Europea dei Rettori (CRE)che ha dibattuto in profondità ilseguente scenario: i governi europeistanno concedendo una maggioreautonomia agli atenei nella gestionedella "domanda" di istruzione, manello stesso tempo vanno definendoschemi nazionali di misurazionedella qualità dell'insegnamento edella ricerca, da una parte sollecitan­do una legittima accountability,dall'altra entrando sempre più nelmerito delle prestazioni degli atenei.Quest'ultima è questione vitale per leuniversità perché correlata all' alloca­zione dei finanziamenti pubblici.Sulle minacce di un utilizzo strumen­tale dei dati qualitativi si è moltodiscusso: il presidente del WolfsonCollege di Oxford ha messo in guar­dia il mondo accademico sugli effettidella pubblicazione di dati non uffi­ciali da parte della stampa. SecondoSir David Smith, in Gran Bretagna ilsistema di misurazione della qualitànella ricerca ha già accresciuto il suopeso rispetto ai primi anni della suaintroduzione, il 1986: oggi il "voto"(da 1 a 5) della commissione naziona­le che esamina la qualità della ricercauniversitaria influisce in positivo o innegativo per un 10% della disponibi­lità totale di fondi. Di qui il pesodell'attribuzione della responsabilità

organizzativa e di gestione deglischerni di realizzazione della qualità.Secondo la CRE, ed è un concetto piùvolte ribadito durante l'Assemblea, ilmanagement for quality non è compitodei governi ma deve diventare com­petenza di organi interni agli atenei apartire dalla definizione degli obietti­vi, per salvaguardare specifiche tra­dizioni e realtà.Ampia risonanza ha avuto il meetinglondinese di novembre a curadell'European Association farInternational Education. Questo enteha dedicato le sessioni centralidell'incontro annuale al tema dellaqualità nel mondo dell'istruzionesuperiore (quality in international edu­cation).Il dibattito si è incentrato su dueapprocci alla qualità universitariaautorevolmente introdotti. Il primo,espresso da Kenneth Bennett, dellaOpen University, potremmo definirloun approccio già "difensivo" essendocompletamente incentrato sulle"minacce" della qualità al mondouniversitario, già sperimentate in unsistema britannico in rapida evolu­zione. Un capitolo dell' esposizione diSir Bennett è particolarmente fertile:la constatazione delle mutate spinte epressioni che gli stakel101der del siste­ma universitario stanno portando inquesti anni. Raccogliere gli stimolidei "clienti" dell'università è il primopasso nel processo di costruzione diun'organizzazione di qualità.Il secondo approccio alla qualità èstato suggerito dal presidentedell'EAlE, De Wit. È il cauto e disin­cantato messaggio di chi in sostanzadice: si parla molto di qualità perchénon ce ne sono esempi tali da poteressere presi unanimemente a model­lo ed anzi si corre il rischio di perder­ne il senso visto che i significati che

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A proposito diautovalutazione

Il tema, nel corso del '94, si è poiallargato anche ai sistemi accademicidell'Europa centro-orientale. L'occa­sione è stata colta a Bucarestnell' ambito della Conferenza su"Quality assurance and institutionalaccreditation: procedures and opera­tional aspects" organizzata dalCErES.Il meeting ha continuato i lavori diuna precedente conferenza che, nel1993, si era soffermata a delineare lequestioni di policy nella qualità. Èquindi evidente che vi è un'evoluzio­ne nella trattazione del tema verso ladiscussione della concreta applica­zione.In particolare le esperienze messe incomune a Bucarest si sono incentratesu snodi applicativi cruciali: si pensial tema dell' accredi tamen to che,ormai concettualmente privo dimisteri, implica di definirne operati­vamente gli standard. NellaConferenza si è lavorato intorno aduno schema di questo tipo: anzituttointrodurre la distinzione tra standardistituzionali, riferiti all'ateneo nel suocomplesso, e standard programmati­ci, costruiti per misurare le perfonnan­ce all'interno di singole unità operati­ve. Nell'indicare specifiche elabora­zioni, sono poi state messe in eviden­za proprietà imprescindibili deglistandard qualitativi, tra tutte la tra­sparenza e la validità nel tempo.Ancora da un angolo visuale moltopratico si è discusso di controllo diqualità, con particolare riferimento alsuo metodo di realizzazione menocostoso: l'autovalutazione. È indicedi preziose esperienze sul campol'aver sottolineato come le relazioni

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Il TRIMESTRE/la qualità: ipotesi ed esperienze

PROGETTI IN CORSOdi autovalutazione non debbanoessere compilate come se fosserodocumenti di public relations ma comeanzi debbano dedicare largo spazioai punti di debolezza dell'organizza­zione analizzata: lo scopo è migliora­re, non autocelebrarsi. Si è poi tocca­to anche il tema della valutazionedall' esterno nelle sue varie modalitàdi realizzazione e sempre nel conte­sto della accountability verso il settorestatale regolamentatore e la società.A nostro parere conferenze che uti­lizzano questo taglio operativo nonpossono che aggiungere valore acoloro che lavorano per il migliora­mento organizzativo dei sistemi uni­versitari.La stessa impostazione, infine, ha carat­terizzato la Conferenza Internazionale1993 della Association for Educationaland Training Technology con la pre­sentazione di numerose esperienze erealizzazioni di sistemi di qualità totalee di qualità nei corsi universitari, nelletecniche di insegnamento e nelle tecno­logie educative.Gli Atti del convegno sono di grandeinteresse e sono recensiti in questonumero di UNIVERSITAS a pago 29.

Parliamo qui dei progetti a carattereeuropeo che si sono sviluppati nelcorso degli ultimi anni sotto la spintae la promozione di enti ed organismiinternazionali di supporto alle atti­vità dei centri accademici.Data la novità concettuale degliapprocci che vanno sotto il nome di"qualità", in molti casi si tratta dicosiddetti progetti-pilota, nei quali sidefiniscono cauti obiettivi che vengo­no perseguiti in un campione ristrettodi università o per i quali non SOfiO

certi i tempi di conseguimento deirisultati attesi, né gli stessi strumentiutilizzati dai gruppi di esperti, e dun­que viene soprattutto testato !'impattodi metodologie di lavoro innovative.Nella maggior parte dei casi è ancoraprematuro addentrarsi in un'analisipreliminare dei risultati dei progetti,i primi dei quali si concluderannonell'anno in corso.

Il Consiglio Europeo

Già nel giugno del 1991 il ConsiglioEuropeo e i ministri dell'Istruzionedella CEE avevano dato il via ad unlungo processo di studio comparati­vo delle metodologie di valutazionedella qualità utilizzate negli Statimembri nel campo dell'istruzionesuperiore. L'attività di studio è stataportata avanti dalla CommissioneEuropea con l'assistenza delComitato di Collegamento delleConferenze dei Rettori e del­l'EURA5HE (European Association ofInstitutions in Higher Education) edè sfociata, all'inizio del 1994, nellaproposta di lancio di due progetti­pilota'.L'obiettivo primo è di costruire unametodologia che riprenda gli elemen­ti distintivi dei principali sisteminazionali di valutazione e con laquale valutare gli standard di istru-

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zione in un certo numero di discipli­ne. Le discipline prescelte sono ini­zialmente le scienze ingegneristiche ele scienze della comunicazione /informazione, art/design.Le fasi del progetto sono graduali:dall'autovalutazione iniziale da partedel personale dell' istituto si passaall' adozione generalizzata di stan­dard comuni al progetto e all'indagi­ne di esperti esterni secondo il meto­do della peer review, con la pubblica­zione di un rapporto finale.Il Comitato europeo che dovrà esa­minare i rapporti finali provenientidai 23 istituti partecipanti non è lasola struttura che dovrà essere creataex novo. Nella proposta dellaCommissione vi è la creazione diComitati nazionali di autorità edesperti con il compito di coordinarele attività di progetto. La costituzionedi organismi a due livelli (nazionaleed europeo) si teme possa rallentareil fitto cronogramma del progetto chene prevede la conclusione entrol'autunno di quest'anno.2

l Cfr. "Gestione della qualità e garanzia dellaqualità nell'istruzione superiore in Europa",Studi n. 1, Task Force Risorse Umane,Istruzione, Formazione e Gioventù, ottobre1993.2 Il Comitato nazionale italiano è composto da:prof. Modica, rettore dell'Università di Pisa epresidente del CONICS, presidente; prof. DeMaio, rettore del Politecnico di Milano; prof.Augusti, Ingegneria, Roma "La Sapienza";dotto Fonti e aott.ssa Remora, MURsT; prof.Ciardi, Pisa; dotto Dal Poggetto, Ministero deiBeni Culturali; dott.ssa Stefani, Conferenza deiRettori, segretaria.I due gruppi di valutatori esterni hanno sotto­posto a valutazione i Politecnici di Bari eTorino per l'area di Ingegneria e le facoltà diConservazione dei beni culturali di Viterbo(Università della Tuscia) e Udine.La prima éqllipe era presieduta dal prof.Rizzarelli, rettore dell'Università di Catania, laseconda dal prof. Fonseca, già rettoredell'Università della Basilicata.Il Comitato nazionale sottoporrà entro luglio ilrapporto nazionale al Comitato europeo. Nelcorso di una conferenza finale, fissata per il 18dicembre 1995, si presenteranno e discuteran­no i risultati del rapporto europeo.

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La Conferenza Europeadei Rettori

Un secondo progetto-pilota da passa­re in rassegna è quello promossodalla Conferenza Europea dei Rettori(CRE) nel 1994 con l'obiettivo princi­pale di verificare l'applicazione delcontrollo di qualità (quality assess­ment) agli atenei. Su questo tema laCRE ha incentrato i lavori della suaAssemblea Generale quinquennale,mostrando uno specifico interesse adapprofondire le modalità di organiz­zazione, nei vari sistemi, della distri­buzione di responsabilità nellagestione del controllo di qualità con igoverni nazionali.Il progetto si esplicita nell'applicazio­ne della policy elaborata dalla CRE nelcampo del controllo di qualità: assi­curare il sostegno metodologico (unametodologia unica) alle universitàeuropee nelle iniziative di verifica diconformità delle prestazioni univer­sitarie a vari livelli per il migliora­mento dei singoli atenei, alla luce delprincipio secondo cui non è auspica­bile che siano i ministeri gli enti abili­tati a definire i parametri di valuta­zione qualitativa quanto piuttostociascuna istituzione universitaria,"sulla base delle proprie tradizioni eaccogliendo nuove sfide".La CRE ha costituito per questo pro­getto un gruppo di auditol' che forni­scono assistenza alle attività di auto­valutazione della qualità nelle facoltàdei tre atenei che fanno parte del cam­pione sperimentale: le università diGoteborg, Porto, Utrecht. L'assistenzadegli auditol's è mirata alla formazionedei valuta tori interni delle università esecondariamente alla revisione dellefasi di compilazione dei documenti diauditing della qualità.Quest'anno l'attività del gruppodella CRE sarà allargata ad altri 15atenei europei, ciascuno dei qualiporterà a termine il suo progetto diqualityassessment.

L'EsMu

È invece più ampio l'ambito applica­tivo di un'altra iniziativa promossa

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dalla Conferenza Europea dei Rettoriin collaborazione con l'EuropeanCentre for Strategic Management ofUniversities (ESMU). Data la tipologiadi interlocutori di questa associazio­ne, che si rivolge, per così dire,all' alta direzione, il tema del pro­gramma-pilota è di livello "alto", inaltre parole meno operativo, ed èrelativo alla strategia della qualitàtotale nella gestione delle università(Total Quality Management Methodsin University Administration).Il progetto, che riguarda diciotto ateneieuropei, ha l'ambizione di far applicarela strategia della qualità totale inun'ottica di miglioramento del rappor­to qualità/costi nei processi principalie, in particolare, incrementare l'effica­cia delle attività universitarie chehanno referenti esterni e aumentarel'efficienza dei processi interni di sup­porto. L'enfasi sul carattere strategicodel progetto lascia intendere un signifi­cativo investimento nella formazionedel personale alle metodologie dellaqualità totale, che di per sé è un impor­tante passo di avvicinamento ai piùavanzati strumenti di management. Lacompartecipazione al programma diatenei di sei diversi paesi europeipotrebbe assicurare anche, come nontrascurabile sottoprodotto, un confron­to tra pratiche gestionali, un'attività dibenchmal'king (così si chiama il confron­to sistematico delle modalità di lavorodi organizzazioni diverse) allo scopo diidentificare i processi più qualitativi inassoluto (best pl'ocess) e diffonderlipresso gli atenei europei. Un altro sot­toprodotto del progetto CRE-EsMU èinfine la creazione di un manuale digestione di qualità dei processi univer­sitari che superi i problemi di adatta­mento delle linee-guida dei processiaziendali generici esistenti.Il termine "manuale di qualità" èormai ben conosciuto nelle aziende.Tutte le compagnie manifatturiere,per competere sul mercato globale,devono certificare i propri prodotti eprocessi aziendali. La certificazione diqualità viene concessa da enti indi­pendenti che valutano il risultato dellavoro di revisione dell' azienda, spes­so lungo e faticoso, compiuto con il

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supporto di consulenti, confrontan­dolo con le normative europee comegli standard 1509000: il manuale chedescrive il sistema integrato di assu­rnnce, prevenzione e presidio dell'ido­neità all'uso dei prodotti.Esiste, in questo momento, un pro­getto europeo di adeguamento allenormative europee di qualità ed èrelativo alla valutazione dei corsi diaggiornamento per gli ingegneri(CET, Continuing Education and Train­ing). Il progetto è noto comeAquafol'ce Initiative. Esso punterà allacertificazione di qualità degli eroga­tori dei corsi secondo gli standardEN29000 (1509000). Un passo versol'applicazione di norme che rischia diaccreditare un approccio burocraticoe costoso, come molte aziende hannosperimentato in questi anni.Ancora nel campo del controllo diqualità si stanno muovendo le busi­ness school, che quindi applicano a sestesse ciò che insegnano agli studen­ti, con un'iniziativa dell'EuropeanFoundation for ManagementDevelopment (EFMo).Le iniziative di certificazione, basatesu normative continentali, hannoreso ancora più europeo un fenome­no, quello della qualità, che nasce giàtendenzialmente internazionale.Tuttavia, nello stesso tempo, gli svi­luppi della cooperazione tra atenei dipaesi diversi hanno richiesto e stimo­lato la riflessione, soprattutto sullaqualità dei programmi di studio.Il riconoscimento dei titoli tra univer­sità di paesi diversi passa proprioattraverso la chiara esplicitazione dellivello qualitativo richiesto e sostenu­to dagli atenei per i programmi distudio, una strada percorsadall'European Community CourseCredit Transfer Scheme (ECTS).

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IL TRIMESTRE/La qualità: ipotesi ed esperienze

VALUTAZIONESTRATEGICA

Pierre TabatoniCentre Européen de Management Stratégique (ESMU) di Bruxelles

Se è esatto e confortante constatareche le nostre istituzioni sussistono dasecoli, non si contano le moltepliciriforme ed i vari progetti tendenti arilanciare la qualità delle attività daesse svolte.*Durante gli Anni Ottanta, il temadella "qualità globale" quale idea­forza per una riforma è andato affer­mandosi nella gestione di ogni orga­nizzazione. Esso invita ad una criticaintegrale del modo in cui le nostreistituzioni funzionano e a considera­re il vincolo della qualità in tutte lenostre strategie.In Gran Bretagna ogni università ètenuta ad effettuare una propriavalutazione della qualità e a sotto­porla a dei revisori esterni. Nel suorapporto Choosing to Change, del1994, l'Higher Education QualityCouncil si è posto deliberatamentenella prospettiva di un sistema di for­mazione permanente, considerando­la una strategia di qualità per l'insie­me dell'insegnamento superiore. Intutta Europa, ad ovest come ad est, siscambiano esperienze e si esaminanoi metodi di valutazione e di accredi­tamento.'Il rapporto del professor Frans vanVught2 ci spiega molto chiaramenteciò che va inteso per gestione dellaqualità o, più esattamente, "manage­ment per la qualità". Se i nostri istitutil'adottassero, tutti i loro sistemi digestione sarebbero più raffrontabili,malgrado le differenze istituzionali eculturali.Il management per la qualità rientranaturalmente fra i metodi di manage­ment strategico, i quali esprimono

La valutazionenon va intesa come unostrumento di controllo,

ma come elementocatalizzatore

della dinamica innovativadi qualità nelle

strategie di gestione

l'au tonomia, la responsabilità,l'attenzione alla qualità delle istitu­zioni, attraverso strategie che vengo­no valutate. La prassi di ricorrere astrategie specifiche per migliorare laqualità, in tutti i campi di attivitàdell'università, è vista come un pro­cesso di cambiamento collettivo e diapprendimento (learning process).L'a ttenzione alla qualità fa partedella sua "cultura".L'audit istituzionale, o valutazionestrategica3

, concerne quindi l'istitu­zione nel suo insieme nonché la suaprassi strategica. Analizza il modo incui l'università esprime la sua visio­ne, le sue strategie di sviluppo e lasua "normativa ordinaria"; studia isuoi principi organizzativi ed i suoicriteri di gestione delle risorse, dellecomunicazioni e dei rapporti, con­sen tendone l'a ttuazione; infine,l'audit esamina come essa valutil'efficacia delle sue diverse attività infunzione dei suoi obiettivi primari, lesue politiche di promozione della qua­lità, e i risultati che ha conseguito.Il progetto della CRE (Conferenza dei

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Rettori Europei) per un audit istitu­zionale europeo pone in particolarel'accento sull'efficacia delle politichedi gestione e di promozione dellaqualità, che fanno parte delle strate­gie istituzionali.

QUALITÀ E STRATEGIA

Nel suo rapporto, Frans van Vughtricorda che non si può parlare divalutazione fuori del contesto strate­gico in cui essa interviene. Pertanto,un organismo dotato di autonomianon è in grado di apprezzare il "valo­re" delle sue attività senza far riferi­mento agli obiettivi che persegue,specie quelli strategici. È evidenteche tutte le nostre istituzioni hannomissioni fondamentalmente parago­nabili. Nondimeno, ciascuna disponedi una maggiore o minore autonomianell' eIaborare e condurre politichespecifiche.Dovendo rispondere a bisogniampiamente diffusi, le strategie isti­tuzionali debbono conciliare la sod­disfazione delle domande con la qua­lità delle prestazioni offerte. Da quil'importanza delle politiche di qualità(qualityassurance).

Strategia istituzionaleed obiettivi

Che sia esplicitamente formulata inprogrammi pluriennali o abbia unaforma più tacita e flessibile, essa èsempre il frutto di contrattazioniinterne e dell' esercizio di una leader-

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ship. Definisce le regole del gioco incui inquadrare le particolari strategiedei suoi organi e dei suoi attori, nelsuo ambito o al di fuori.Essa porta ad adottare, piÙ o menoespressamente, delle nonne collettive(c01111110n rules of conduct) che rappre­sentano la cultura dell'istituzione, adefinire degli obiettivi istituzionaliprioritari (focus) e alcuni equilibri darispettare (ba la nce)". Sono q ues tenorme, questi obiettivi e questi equi­libri che esprimono l'identitàdell'organismo, che ne garantisconouna certa coesione ai fini del suo svi­luppo a lungo termine. Sono i suoicriteri di qualità istituzionale.Nel suo rapporto, Frans van Vught5

insiste su due elementi di base qualistrumenti di questa coesione e delmanagement della qualità.Si tratta, da un lato, della necessità diassicurare - grazie ad una piÙ effica­ce collaborazione dei gruppi docenti- una maggiore coerenza nei pro­grammi di studio; dall' altro, di accor­dare un' attenzione piÙ costante ai"clienti", secondo il vocabolario dellagestione "globale" della qualità.Questi due criteri di qualità riguarda­no certamente un gran numero diuniversità in Europa.Altre politiche istituzionali, che fre­quentemente vengono evocate nelquadro di quelle europee, suggeri­scono sforzi qualitativi e politicheappropriate nei seguenti campi:- ricerca di base e ricerca applicata,programmi di formazione attraversola ricerca e per la ricerca;- sviluppo di programmi pluridisci­plinari;- "europeizzazione", internazionaliz­zazione e apertura mentale nei con­fronti di altre culture;- partenariati e reti;- pianificazione di studi a favoredegli adulti (formazione permanente)e dei gruppi meno favoriti;- riforme pedagogiche per accrescerel'iniziativa degli studenti, la lorocreatività e la loro capacità di lavora­re in gruppo, di discutere e comuni­care, così come la loro capacità di uti­lizzare le nuove tecniche di informa­zione;

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- riforme concernenti i programmi, imetodi ed il modo di vita nell'uni­versità, al fine di rafforzarne gliobiettivi culturali nel senso ampiodel termine;- raccolta e gestione delle risorse,etc.Qualsiasi verifica istituzionale portanaturalmente ad interrogarsi sulmodo in cui l'università formula eraggiunge degli obiettivi specifici inquesti campi considerati importantiper tutto il sistema universitarioeuropeo.

Obiettivi e strutture

Le strategie istituzionali puntano perlo piÙ su attività o rapporti prioritarioAltre pongono l'accento sulla flessi­bilità delle strutture e delle norme difunzionamento per spingere gli orga­ni decentrati ed il personale ad ade­guarsi ai cambiamenti, a cogliere lenuove opportunità, a sfruttarle e adiffonderle. In realtà, questi duepassi strategici sono spesso associati,e la verifica istituzionale deve accer­tare allo stesso tempo la validità diquesta combinazione ed i suoi risul­tati in termini di cambiamento effetti­vo.In ogni politica per la qualità, la diffi­coltà iniziale sta nel definire degliobiettivi in modo "operativo", cioè ingrado di precisare dei veri e propricriteri di qualità e di guidare i pro­cessi di trasformazione. Un obiettivodeve rappresentare delle finalità spe­cifiche in termini quantitativi o quali­tativi, ma sempre in modo sufficien­temente differenziato; deve precisarequali attività ne conseguono, attra­verso quale organizzazione e conquali riso.rse verrà realizzato; indicacome valutare la qualità (scala) edefinisce le procedure per determi­narla (valutazione); traccia lo schemadelle procedure per migliorare laqualità o per modificare l'obiettivostesso.Data la complessità delle nostre atti­vità e missioni ed il cara ttere colle­giale delle decisioni, una simile defi­nizione non è semplice. Inoltre, nei

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nostri istituti, gli obiettivi sono spes­so vaghi o esprimono dei compro­messi. Riflettono le usanze tipichedelle discipline in oggetto, la memo­ria dell' is ti tu to, gli orien tamen tigenerali dei consigli, particolariimpulsi impressi dalla leadersl1ipdell'università, soprattutto le iniziati­ve dei suoi membri piÙ influenti.L'audit istituzionale deve quindivalutare il modo in cui gli obiettivisono formulati e capiti da tutti coloroche partecipano alla vita universita­ria; deve anche analizzare se rifletto­no criteri sufficientemente chiari peravviare vere e proprie politiche dellaqualità, assicurandone il fol/oIO-up.Aumentando i campi e le fonti divalutazione, è importante vigilaresulla loro coerenza, preparare bene ilterreno, evitare la loro proliferazione,ridurre i rischi di una risposta mecca­nica, se non di un allontanamentodalle procedure da parte degli inte­ressati qualora giudicassero taliobiettivi eccessivi o poco significativi.La verifica cerca di misurare questacoerenza e le eventuali disfunzionirilevate nelle prassi valutative.

I "segnali" inerentialla prestazioneed il loro utilizzo

Le interazioni tra università esocietà, moltiplicatesi da alcuni anni,e la preoccupazione dei pubblicipoteri e dell' opinione pubblica diapprezzare piÙ chiaramente il fun­zionamento in genere e le prestazio­ni di detta istituzione hanno creatoun ambiente piÙ competitivo ecomunicativo. In breve, l'universitàriceve sempre piÙ segnali sull'insie­me delle sue attività, non solo diquelle scientifiche. Questi messaggiprovengono dagli utilizza tori deisuoi servizi, da chi fornisce le suerisorse, dai suoi membri, dagli stessimass-media. La verifica valuta ilmodo in cui l'istituzione li raccogliesistematicamente, se è sensibile adessi, e come li utilizza per formulareo riformulare le sue politiche inmateria di qualità.

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IL TRIMESTRE/La qualità: ipotesi ed esperienze

Universitrì di Ottawa: Health Sciences Centre

Gli effettidella frammentazioneistituzionale sulla qualità

Una università è naturalmente fram­mentata, come ricordava Frans vanVught. Le sue innovazioni riposanoampiamente sulla sua scissione esulle sue specializzazioni, che per­mettono di approfondire ed innova­re, con punte creative ed. errori. Lepossibilità di innovare sono spessoaccresciute dalla ricchezza di intera­zioni tra le varie iniziative, seppurenel disordine6

• La verifica deve quin­di accertare la flessibilità delle strut­ture e l'efficacia delle comunicazioniin seno all'istituto.L'esperienza dimostra che questacomunicazione incontra molto spessodegli ostacoli di natura "organica" e"culturale". Migliorare la qualità inquesto campo esige un'analisiapprofondita e critica dei rapporti fragli organi decisionali e quelli di coor­dinamento (rettorato, consigli, facoltàe dipartimenti, istituti, operatori) edella cura con cui i vertici, ai varilivelli, promuovono gli scambi fra lediverse componenti dell'istituzione.A questo titolo, la verifica è attentaalla suddivisione delle rispettiveresponsabilità per quanto concerne ilmiglioramento della qualità e valutala portata ed il ruolo delle strategieistituzionali nell'ambito di sistemidecisionali fortemente decentrati.

LA VALUTAZIONE ISTITUZIONALE,PROCESSO CULTURALE DICAMBIAMENTO

Si sa che qualsiasi valutazione, e per­tanto qualsiasi politica per la qualità,si inserisce nei processi di cambia­mento collettivo e individuale.

Le condizioni delcambiamento

L'analisi classica del cambiamento ciricorda che i responsabili debbonoregistrare eventuali disfunzioni e fru­strazioni, possedere una chiara visio-

ne dei cambiamenti auspicati nonchéla volontà di attuarli, essere convintiche i cambiamenti sono possibili,valutare i costi, e disporre di struttu­re e risorse adattabili. La valutazionedeve analizzare questi elementi.Essa deve inoltre considerare glieffetti derivanti dal contesto competi­tivo e cooperativo in cui l'istituzioneesaminata opera, la mobilità dellerisorse e la qualità dell'informazione.In genere, la pressione che questiesercitano è favorevole al cambia­nlento, ma eventuali "eccessi" com­petitivi o eventuali "lacune" sulpiano della cooperazione - veri opresunti tali che siano - possonoanche comportare dei blocchi e deiritardi.Ogni istituzione ha una certa culturache determina il suo modo di funzio-

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nare, le sue capacità di cambiare,l'atteggiamento dei suoi membri neiconfronti di una politica di qualitàcapace di favorire le trasformazioni.Tale cultura è contemporaneamentefrutto della storia e della memoria.La sua direzione e la sua influenzasulle politiche concernenti la qualitàrivestono un ruolo fondamentale, sianel rafforzarla che nel promuoveretrasformazioni, quando ciò si rendanecessario.Esistono dei metodi formali di dia­gnosi culturale di una istituzione,quale lo studio del "clima organizza­tivo", che richiedono una verificaapprofondita. La difficoltà sta neldefinire esattamente quale cultura sivuole e nel misurare la distanza tra leaspettative e l'evoluzione in corso.Una cultura istituzionale è sempre

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rafforzata da strategie coerenti, dastrutture e sistemi informativi e deci­sionali adeguati, da pratiche parteci­pative, da una gestione delle risorseumane, in breve da un modo di fun­zionare che conferma i valori e le"norme" di condotta auspicabili.Nondimeno una cultura innovatriceammette anche orientamenti diversidai propri.

L'ambiguità della qualità

La valutazione, che è sempre al cen­tro di una politica di qualità, puòessere unicamente fondata su chiariconcetti, criteri ed obiettivi di qua­lità?Secondo Frans van Vughf, non esisteuna "descrizione definitiva e finaledella qualità". Pertanto, egli proponeuna concezione nominalista, soggettivae relativistica della valutazione. I cri­teri di qualità "fitness for purpose"costituiscono gli obiettivi propri diun'università.Tuttavia, una valutazione comparatafornisce anche punti di riferimento eincentivi per il cambiamento. Essa èpraticata dai pubblici poteri, daimass-media, dai ricercatori che ope­rano nel campo dell'educazione.Quand'anche il criterio di valutazio­ne adottato consista nell' evitare ungiudizio comparato, per attenersirigidamente agli obiettivi specifica­mente perseguiti dall'università,qualsiasi valutazione sarà influenzatadai modelli adottati da organismisimilari. Inoltre, gli obiettivi di ogniistituzione vengono spesso definitifacendo riferimento a quelli di altreistituzioni modello.

Analisi critica dei processi

La cultura di un'istituzione si mani­festa concretamente nel comporta­mento quotidiano dei suoi membri,nella definizione dei loro obiettivi,nelle loro relazioni, nello svolgimen­to delle loro funzioni, nell'ambito deidiversi processi operativi a cui parte­cipano.

Sono questi processi a regolare lemissioni, l'organizzazione, l'alloca­zione delle risorse, il controllo delleprestazioni. Attraverso le regole cheinducono, essi influenzano gli atteg­giamenti ed i valori dei propri attori.L'analisi critica di quei processi chesono considerati maggiormenteimportanti è quindi fondamentaleper qualsiasi verifica. Essa consentedi individuare i punti deboli rispettoalle politiche perseguite nonché imotivi di scontento onde evitare chesi approfondiscano o si accumulino.Simile individuazione è spesso piùimportante di quanto non lo sianodei risultati contestabili.Una verifica della qualità comportain particolare la critica dei processi divalutazione e l'esame del loro impat­to sui processi decisionali.

Le esigenze di una valutazioneai fini del cambiamento

Per svolgere pienamente il suo ruolodi incentivo al cambiamento, la valu­tazione deve almeno soddisfare quat­tro requisiti:1. Innanzitutto, essa implica l'adesio­ne e la partecipazione di tutti coloroche sono interessati agli obiettividella valutazione e al suo svolgimen­to. Non è dunque un processo di con­trollo, bensì una sensibilizzazione alcambiamento. La definizione e l'uti­lizzo dei criteri di valutazione debbo­no pertanto essere discussi, se nonnegoziati.Chiunque partecipi alle valutazionideve comprendere ciò che l'univer­sità si attende da esse, in che misuraed in che modo esse possono influen­zare le riforme, l'allocazione dellerisorse e degli aiuti, l'attribuzionedelle responsabilità.2. Una valutazione deve interessarsisoprattutto ai fattori-chiave di cam­biamento, positivi e negativi. A taletitolo, essa analizza i processi innova­tivi la cui storia, nell'università, ègeneralmente illuminante in quantomette a nudo i fattori istituzionali,culturali più duraturi, siano essifavorevoli o no.

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Nell'esame del potenziale innovati­vo, l'apprezzamento, tradizionale,dei punti di forza e di debolezzadell'istituzione deve porsi in un'otti­ca e in una prospettiva evolutiva,tenuto conto delle politiche di incen­tivazione. Questo approccio dinami­co della valutazione segue la logicadell'apprendimento (learning pmcess)che caratterizza qualsiasi processo dicambiamentd.3. La valutazione rappresenta l'occa­sione per un'analisi approfondita delfunzionamento dell'istituto e dellavalidità delle sue politiche. Dato chel'informazione è spesso sommaria,valu tazione e ricerca scien tificadovrebbero dunque articolarsi mag­giormente fra di loro. Un programmadi ricerca pluridisciplinare, che sifondi sulla loro dinamica istituziona­le, dovrebbe normalmente figurarefra le politiche di ricerca delle nostreuniversità.4. Infine, nell'analisi del contesto cul­turale e delle sue trasformazioni, lavalutazione deve tener conto dellementalità dei diversi attori, la cuicondotta sembra essere la piùinfluente. Si tratta dei dirigenti, delpersonale, ma anche degli assistenti,dei partner delle varie reti e, beninte­so, degli studenti. Il valore che essiattribuiscono ai loro studi, al lorodiploma, all'educazione in genere, el'influenza delle prospettive diimpiego costituiscono fattori di qua­lità di prim' ordine. Le politiche inmateria di qualità debbono prender­ne atto, così come ogni accerta­mento.

L'accertamento istituzionaleeuropeo della eREper la gestione della qualità

I commenti del capitolo precedenteillustrano l'obiettivo nonché le proce­dure di un accertamento istituzionaleeffettuato dalla stessa università intempi debiti. Detto accertamento puòessere più succinto se intende solovalutare le strategie concernenti laqualità, che normalmente fanno partedelle strategie istituzionali, benché la

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IL TRIMESTRE/La qualità: ipotesi ed esperienze

loro formulazione non sia tanto siste­matica quanto si vorrebbe. Ne restatuttavia il fondamento e la tappa pre­liminare.La CRE ha preso l'iniziativa di tentareuna verifica istituzionale della gestio­ne della qualità. Essa si propone diincoraggiarne l'uso in Europa, previasperimentazione. Questa verifica hacarattere istituzionale nel senso cheriguarda le capacità di un'universitàdi includere delle strategie di qualitànelle sue strategie istituzionali. Si trattadi verificare la politica in materia diqualità come è espressa dall'univer­sità, non di valutare a fondo l'insie­me delle strategie istituzionali. Il suoobiettivo consiste nell'accertare chequeste strategie esistano, come sianoformulate, capite ed attuate, e comecontribuiscano a realizzare i compitidell'istituzione. Tale accertamento siapplica a tutte le sue attività - ricer­ca, didattica, relazioni, servizi esterni- e ai suoi metodi organizzativi emanageriali. L'attenzione alla qualitànon riguarda solo i settori per i qualisi ambisce all' eccellenza, bensìl'insieme dei servizi offerti.Valutare il carattere globale e costan­te dell'attuazione delle politiche diqualità fa parte della verifica dellestesse.Essendo un atto di sintesi, tale accer­tamento non può esaminare le politi­che di qualità nei diversi settorid'attività se non per illustrare unprincipio o una pratica di portata piùgenerale. Nondimeno, esso rivelafino a che punto l'istituzione sipreoccupa per la qualità e quali sonole procedure di cui si serve per colle­gare fra loro le osservazioni effettua­te in questi settori dai rispettiviresponsabili. Si sa, infatti, che i fattoridi qualità sono spesso interdipenden­ti e che la promozione della qualitàrichiede interventi coerenti:Onde contribuire a questo accerta­mento della qualità, l'universitàdeve, dopo una verifica interna,esprimere in termini essenziali maestremamente concisi - come si èsoliti fare nelle note di uno StatoMaggiore - le sue strategie, le sueregole interne, formali o informali,

più significative. A tal fine, essa devecreare un comitato speciale distacca­to presso il rettore che organizza esegue la procedura.Vari momenti di dialogo fra i reviso­ri, il rettore ed il suo comitato ed idiversi attori ("clienti") della vitauniversi taria permettono diapprofondire il funzionamentodell'università ed il modo in cui lesue politiche vengono definite edattuate.L'esperienza dimostra che, nello spi­rito di collegialità e di collaborazioneche regna durante la verifica, e nellalibertà di dialogo fra i diversi attori eclienti, è possibile, in breve tempo,far emergere le regole del gioco e lebasi delle strategie istituzionali, valu­tare il ruolo che riveste la cura dellaqualità nella cultura dell'istituzione.È quindi probabile che i due o tregiorni successivamente dedicatiall'approfondimento delle primeimpressioni consentano di esprimereun giudizio d'insieme sulle politicheriguardanti la qualità, di rilevare ifattori chiave di successo o di insuc­cesso delle stesse, e di raccomandarel'arricchimento o la trasformazionedi alcuni loro punti.

Gli atout della dimensioneeuropea della verifica

L'efficacia di questa verifica può solomigliorare estendendo la sua applica­zione alle più diverse istituzionieuropee. La verifica permetterà diindividuare - con l'esperienza - glielementi comuni nella gestione dellaqualità e la possibilità di trasferire leprassi efficaci da un'istituzioneall'altra. E sempre questa l'ambizionedi una procedura europea.Restando sul piano europeo, ritenia­mo che la priorità eventualmenteaccordata alla qualità e la comunanzadi metodi per pervenirvi rafforzereb­bero l'identità europea delle univer­sità. Nonostante le differenze istitu­zionali e culturali presenti in Europa,incontestabilmente fattori differen­ziali di qualità, le politiche concer­nenti la qualità costituiscono sempre

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un motivo di contatto.Promuovere la qualità è un modo dilavorare in comune, di adottaredeterminate strutture e norme orga­nizzative, soprattutto di sviluppareuna cultura della qualità in senoall'istituzione. Con il tempo, l'imma­gine pubblica ne beneficerebbe in ter­mini di qualità, creando così premes­se favorevoli ai successivi negoziatisulle risorse.Inoltre, la mobilità intereuropea nonpuò che guadagnarvi. Diverrebbe piùfacile per le nostre istituzioni collabo­rare nell'ambito di reti e partnershipeuropee, in quanto si sceglierebberoreciprocamente in funzione della loroqualità rispettiva. In seno a questereti, degli accordi per l'ammonizza­zione di programmi, di metodi diinsegnamento e di diplomi, sarebbe­ro indubbiamente meno difficili darealizzare per via delle comuni pro­cedure a favore della qualità. Il molti­plicarsi delle verifiche aumenterà ediversificherà le esperienze: un'ulte­riore carta vincente per lo sviluppodelle politiche di europeizzazione.

* L'articolo riporta l'intervento del prof.Tabatoni nel corso della X Assemblea generaledella CRE (Conferenza dei Rettori Europei)svoltasi a Budapest dal 31 agosto al 2 settem­bre 1994. Il testo, comparso su CRE Actioll n.104,1994 è stato tradotto da Bianca Bagella.

l VAN VUGHT F.A. e WESTERHEIJDEN D.F., Q/lalitymallagemellt alld q/lality aSS/lrallce in E/lropeallEd/lcatioll, CHEPS, 1993.'Vedasi VAN VUGHT F.A., Mallagemellt for Q/lal­ity towards a Q/lality Malrngelllellt Approaclr forHiglrer Ed/lcatioll, pago 79.3 TABATONI P., L'evar/latioll instit/ltiollllelle, étapecentrale d/l mallagelllent stratégiq/le, CERPEM,Univo Paris Dauphine e ESMU, 1988. TAVERNIERK., "Evaluation stratégique de la gestion uni­versitaire", GestiOlI de l'ellseignelllellt s/lpérie/lr,voI. 3, n. 3, OCSE, Paris, novembre 1991., Si tratta, ad esempio, di equilibri da preserva­re tra gli obiettivi secondan dell'insegnamentoe della ricerca, tra insegnamento (teaclring) eapprendimento (/eal'l1illg), tra diversi mezziper realizzarii, tra decentramento e politichecentrali, tra risorse e rapporti di natura diver­sa, etc.'Op. cito'Op. cito7 MITCHELL W., COlllplexity: tlre elllergillg scienceat the edge of order and clraos, Viking, Penguin,1992.8BERQUIST W., The post lIIodel'll organisatioll,]ossey Bass, 1993 e FRECH R. e BAZALGUETTE J.,Frolli leal'l1ing orgallisatioll to teaching-leal'l1illgorganisation, EFMD Conference, Paris, 1993.

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APPUNTI SU UNACONTRADDIZIONE

Guy NeaveDirettore della Ricerca dell'Association Internationa/e des Universités (Alu)

Una persona nel pieno possesso delleproprie facoltà mentali non potrebbenegare che il traguardo di estendere1'opportunità di un' istruzione supe­riore di buon livello a tutti coloro checredono di poter trarre da essa unbeneficio sia di per sé cosa ottima,lodevole e generosa. * Né si puòobiettare alcunché al corollario diquesta ambizione, ossia che la qualitàesiste per esser.e conseguita. Tuttaviac'è qualcosa di leggermente sconve­niente nello spettacolo offerto daigoverni che insistono sulla qualitàdell'istruzione superiore proprio nelmomento in cui sono strenuamenteimpegnati a modificare la qualitàdelle condizioni in cui l'istruzionesuperiore si trova ad operare. Essipretendono la qualità mentre sonorestii o incapaci di metterla in prati­ca. Inoltre la responsabilità finanzia­ria che i governi cercano di "scarica­re" viene passata all'istruzione supe­riore come un bene auspicabile.Su un piano più ampio esiste unacontraddizione palese - e gravida diconseguenze che vanno ben al di làdell'istruzione superiore - nel volereuna qualità comprovata in questosettore proprio nel momento in cui ladisoccupazione (che può essere con­siderata come una carenza nella qua­lità della vita) è in crescita anche tra ipossessori dei migliori diplomi. Èuna situazione paradossale e poten­zialmente esplosiva, perché la logicastessa che sottolinea i concetti di"soddisfazione del cliente" o di"responsabilità verso il cliente" comebase morale o anche filosofica delcontrollo di qualità porta in sé ilgerme della propria rovina. La soddi-

sfazione del cliente è strettamentecollegata alle aspettative che eglinutre sulle possibilità di utilizzo delproprio diploma. Più la dichiarazio­ne di qualità è esplicita, maggiorisono le aspettative. Il che è ottimo inuna economia in crescita. Ma quandomancano i posti di lavoro o quando igoverni non ritengono più che le pro­prie responsabilità includano lagaranzia di un posto di lavoro per ipropri cittadini perché si sonodimenticati di impedire che quegliimpieghi migrassero altrove, la situa­zione si fa critica. Si pone per laprima volta dopo molto tempo laquestione della possibile rinascita diun meccanismo ben noto e descrittonel XIX secolo dal commentatorepolitico francese Alexis deTocqueville. Nel suo studiosull'ancien régime, de Tocquevillenotava che il malcontento non esplo­de tanto nei tempi di peggiore mise­ria, quanto con il miglioramentodella situazione, quando la gente hatempo per riflettere sulle proprieaspettative disattese e sulle propriesperanze frustrate.Se i governi si sono preparati a difen­dere strenuamente le conseguenzedella "ritirata dello Stato", dei pro­grammi di copertura dei costi e delleprivatizzazioni come modo di ridur­re la spesa pubblica abbattendo ilivelli salariali e smantellando loStato sociale, essi non potranno certa­mente meravigliarsi troppo dell'irri­tazione di quella parte della popola­zione - i giovani - le cui aspettative,accresciute dalla nuova retorica delcontrollo di qualità, sono rapidamen­te frustrate dalla politica di delibera-

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to impoverimento che i governihanno permesso si sviluppasse nelmercato del lavoro. Per prendere inprestito una frase di Louis Chevalier,storico dei movimenti sociali francesidell'BOO, in questo modo le classeslaborieuses diventano classes dangereu­ses.Chiaramente la politica della qualità,anche nella sfera limitata dell'istru­zione superiore, ha conseguenze chevanno molto al di là dei corridoi delPalazzo, degli allori del mondo acca­demico o degli archivi degli organi­smi di sorveglianza. Le universitànon hanno niente da temere dai siste­mi di valutazione della qualità, mahanno ogni motivo di essere scetticheverso coloro che li elaborano bensapendo che tali misure varranno pergli altri, ma non per loro. A ragione,invece, le università temono il dete­riorarsi della qualità della vita nellealtre istituzioni e nelle altre parti deltessuto sociale, una situazione, que­sta, spesso convenientemente mini­mizzata dal moltiplicarsi delle richie­ste di migliorare la qualità dell'istru­zione superiore; e quest'ultima servea nascondere la realtà globale.

(Traduzione di Raffaella Cornacchil1i)

* Si rinvia iliettore all'interessante relazione diNeave, The politics 01 quality: developmellts iIIhigher educatioll iII Westem Eurape 1992-1994 (in"European Journal oE Education", voI. 29, n. 2,1994) di cui pubblichiamo, come una sorta diprovocazione a riflettere, soltanto la parte con­clusiva.

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IL TRIMESTRE/La qualità: ipotesi ed esperienzerI

Recensioni

M. Shaw, E. Roper (acura di)Quality in Education andTrainingCollana "Aspects ofEducational and TrainingTechnology" voI. XXVI,Nichols, London 1993

I diversi aspetti del tema dellaqualità e il mondo universitariosono passati in rassegna conspunti di notevole interesse inquesti Atti della Conferenzainternazionale dellaAssociation for Education andTraining Technology.In questo volume sonocontenuti: un inquadramentoconcettuale, varie definizioni diqualità nel concreto della vitauniversitaria, sperimentazioniapplicative a vari stadisistematizzate ed esposte dadocenti e consulenti diuniversità britanniche comeLeeds, nella quale insegnano icuratori, BradfordManagement Centre, CentraiEngland ed altre.Parlare di qualità nel contestouniversitario diventa attualeanche da noi nel momento incui si prende attodell'importanza che assume ilprincipio di dare agli utenti unservizio all'altezza del costocrescente che sopportano edella occountobility, oresponsabilità sui risultati, chele strutture pubblichedovranno fare propriasecondo un sentiero dimodernizzazione auspicato damolti anni. E ciò valeindistintamente per tutte leorganizzazioni: strutturepubbliche e private.La qualità totale è una tecnicamanageriale, vale a dire un

insieme di strumenti per lagestione aziendale, che mira alraggiungimento di una sempremaggior produttività edefficienza, e quindicompetitività, attraverso ilcoinvolgimento delle risorseumane.I principi fondamentali sonoquindi quelli della ricerca dellamassima soddisfazione delcliente (utente nel caso diservizi) attraverso il controllopreventivo di quanto vieneerogato dall'organizzazione(assicurazione di qualità), inun'ottica di miglioramentocontinuo delle attività fino aprocessi "zero difetti", e delcontributo del personale.Da quanto appena dettorisulta un insieme concettuale,ed una terminologia,abbastanza distante dalmondo dell'università. Lostesso testo di cui parliamo,nella sua parte introduttiva, sipone l'interrogativo di fondose sia possibile e/o utiledisegnare processi educativi"zero difetti" utilizzandotecniche di tipo aziendale:"non abbiamo qui a che farecon processi a contenuto'umano' nei quali l'errore èanzi spesso occasione dinuove scoperte econoscenze?".Ma sgombriamo subito ilcampo da equivoci: la qualitàdi cui si parla in questovolume non si spinge mai allarevisione della didattica ed ingenere delle finalità educative,come ci sembra peraltrocorretto.Il suo campo di azionecoincide invece con i processidi erogazione del servizio, cheè un ambito organizzativo ed

"aziendale" nel quale ci sipone l'obiettivo dimassimizzare la soddisfazionedegli studenti e dei docenti.Tra i contributi di maggioreinteresse contenuti nelvolume, quello del professorDicks, dell'Università diConcordia, che mette aconfronto il sistema educativosuperiore giapponese,fortemente imbevuto diconcetti di qualità totale, conquello anglosassone "fordista",al quale si ispirano le riformedel nostro sistemauniversitario.Risultato: da una parteun'organizzazione universitariadotata di processi chemassimizzano il capitaleumano, l'investimento checiascuno studente compie suse stesso negli anni di studio,secondo uno schema diistruzione che si sviluppa lungoi confini professionali e non siperde nel momentodell'inserimento nelle aziendealle quali è naturalmenteindirizzato da canali informativiin tempo reale Oust-in-timeskills delivery); dall'altraun'organizzazione universitariache non si vede comeorganismo dinamico ma comestruttura burocratica che devemassimizzare il suo profittofinanziario piuttosto che laresa del capitale umano.Conseguentemente da unaparte troviamo tecnicheoperative basate sul concettodi lavoro di gruppo, dall'altral'idea che l'istruzione è unbene individuale che serve aprepararsi per offrirsi sulmercato del lavoro.Quest'ultima differenza èquella che rende più arduoawicinarsi ad un modellogiapponese, ammesso che siadesiderabile.In questi anni, invece, sarebbesicuramente auspicabileutilizzare le teorie manageriali

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per rispondere agli appelli chesi lanciano periodicamente allariduzione delle inefficienze edegli sprechi (anche inrelazione alla autonomia deicentri universitari), allacooperazione tra università eimprese (esempio: ilprotocollo Confindustria­Conferenza dei Rettori del'93), alla valorizzazione delleprofessionalità, ad un correttorapporto costi/risultati per glistudenti.Qualche università italiana stapromuovendo in questo sensoqualche esperienza, giàsignificativa, come dimostranoi primi risultati del ProgettoQualità del Centro per losviluppo delle capacitàdidattiche e di apprendimento(CESDIA) della Bocconi diMilano.

N.T.

H.R. KellsSelf-Regulation in HigherEducation. A Multi­National Perspective onCollaborative Systems orQuality Assurance andControlLondon-Philadelphia,Jessica KingsleyPublishers, 1992, 238pp., 25 sterline; ISBN 1­85302-528-3

Il vivacizzarsi del dibattito sulcontrollo della qualitànell'istruzione superiore haportato alla pubblicazione dinumerosi libri e saggi, diversitra loro per ampiezza eimpostazione, dedicati aquesto tema.L'opera di H.R. Kells sidistingue tuttavia da lavorianaloghi per la sua accuratezzaed esaustività, fruttodell'esperienza ventennaledell'autore in questo settore. Illettore viene introdotto alproblema mediante unapanoramica dei vari modi in

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cui il controllo della qualitàdelle strutture universitarie èstato affrontato dai vari sistemidi istruzione superiore apartire dal Medioevo.Dopo aver così presentato ipunti di forza o di debolezzadei diversi sistemi divalutazione, Kells passa apresentare il proprio modellotridimensionale, basato sullacombinazione di cinque formedi controllo, tre livelli di analisirelativi alle questioniistituzionali, ai servizi e aiprogrammi offerti e due tipi dimeccanismi, a seconda che lavalutazione sia intema oestema all'istituzione. Cosìfacendo si hanno trentasottosistemi corrispondenti adaltrettanti modi di affrontare ilproblema della valutazione acui possono essere ricondotti icasi analizzati nella panoramicastorica. Èimplicito l'invito allettore ad elaborare unproprio sottosistema originalesulla base delle esigenzespecifiche dell'istituzione diappartenenza. In questo stannola forza e la debolezza

dell'opera di Kells: il suofruitore potrà di volta in voltasentirsi stimolato all'analisipersonale o trovarsi ingabbiatoin una rigida struttura.L'opera contiene altri spunti diestremo interesse: utili consiglipratici per la preparazione el'attuazione di procedure divalutazione e per laformazione dei valutatori; unacarrellata dei sistemi divalutazione attualmenteesistenti in ventidue paesi e unprezioso elenco degliorganismi e degli esperti ditutto il mondo operanti inquesto settore.Va infine sottolineato come lavalutazione e il controllo dellaqualità siano riuniti da Kellsnell'unico concetto di"regolazione", nel quale sonoimpliciti sia l'esame di unacondizione o di un servizioerogato che l'azione necessariaper mantenerli o migliorarli. Lavalutazione si trova così adavere l'azione come necessariae logica conseguenza.

R.e.

A. Ashworth, R.e.HarveyAssessing Qua/ity inFurther and HigherEducationJessica Kingsley, HigherEducation Policy Seriesno. 24, London 1993

Tra le molte opere apparserecentemente sul tema dellaqualità Assessing Quolity sidistingue per la suaimpostazione semplice epratica. Senza voler proporrealcuna teorizzazione delproblema, gli autori, chehanno a lungo operato nelsettore della valutazione comeHMI (Her Majesty'sInspectors), hanno redatto unmanuale di criteri per lavalutazione di corsi eistituzioni; pur ammettendoche le situazioni reali possanoessere più complesse di quellepresentate, Ashworth eHarvey rifuggono da unapprofondimento della loroanalisi.Se ci si accontenta diconsiderare l'opera sul piano

della manualistica, tuttavia, sipotrà apprezzare l'esameaccurato dei problemi dellavalutazionedell'organizzazione e dellerisorse istituzionali, deidiscenti, dei docenti edell'attività didattica, deicurriculo e degli standardqualitativi. Ognuna di questetematiche è illustrata inun'apposita sezione, chespiega sulla base di qualicriteri si possa giungere adattribuire una valutazionesufficiente o insufficiente allavoce presa in esame. Èproprio questa caratteristica arendere Assessing Quolityconsigliabile a coloro che sitrovano a operareconcretamente nel settoredella valutazione.Nuocciono all'opera una certasuperficialità, una lettura avolte erronea dei dati statistici,un accento posto più sullavalutazione gestionale che suquella curriculare oltre ad unaserie di appendici di scarsarilevanza e utilità.

R.e.

Questo "Trimestre" è stato realizzatoa cura di Nicolò Tartaglia.

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IL TRIMESTRE/La qualità: ipotesi ed esperienze

abstractThis .tim.e th.e section "Il.Trimestre" deals IOith the issue ofqualzty m 11lgher educatlOn and examines proposals andexperiences carried out in Italy and abroad.To enhance quality means to modiftj teaching, reserach andmanagement activities in the universities. The interest toIOardsquality is more evident IOhen a change in the management ofthe pub~ic funds allocated to higher education has taken piace.Accordmg to some recent Italian laIOs, universities - thoughaffected by the overall cuts to public expenditure - noIO enjoy agreater autonomy in using their resources. In brief, financialresources should be used better and in order to do so effectivelythe assessment systems already existing in several Europeancountries are noIO under scrutiny.Another point that is noIO being examined is the introduction ofmarket ~aIOs in higher education and the neIO incentives for theacademlc staff (theJj both imply the idea of higher educationinstitutions as companies).We can undoubtedly affirm that quality is obtained IOhen ano~g~nization reaches its goals both efficiently and effectively byazml11g at the constant improvement ofall its componentsstarting from its employees.Paolo Blasi, chairman of the Conference of the Italian Rectors,in an inte~ieIO appeared in this section remarks that quality isextremely Important for the Italian universities provided thatthe ~sse~sm~nt mechanisms do not jeopardize the autonomy ofthe mstltutlOns but rather promote the self-assessment of theirefforts and initiatives as IOell as the results of the academicactivities. According to Blasi the Anglo-Saxon pattem ofq~ality. ass~ssn:ent is n~t flexible enough, it does not protect thesl11g1e I11stltutlOns and It puts on the same level universitiesand companies. Blasi stresses hoIO the "assessment nuclei"introduced in Italy by laIO in 1993 and the projects aimed atimproving the services offered are a good IOay to foster theculture of responsibility and quality in the academic IOorld.Not only does the section examine the experiences of the Italianuniversities Bocconi of Milan and Ca' Foscari of Venice, but italso carries out a surveJj on the European experiences in thefield of quality management in higher education IOhich stressesthe pioneering role of United Kingdom, France and theNetherlands hinting at the same time at some intemationalprojects and meetings focusing on quality."Il Trimestre" ends IOith an interesting paper of PierreTabatoni on the objectives and strategies in the field of qualityand IOith the opinions of Guy Neave.

Dans ce numéro le "Trimestre" affronte l'argument de laqualité dans l'universitè en analysant des hypothèses et desexpériences soit en Italie soit à l'étranger.Faire de la qualité signifie intervenir d'une façon innovativedans le processus d'enseignement, de recherche et de gestion del'université. L'intéret pour la qualité est plus esplicite quand semodifient les critères de gestion des ressources publiquesdestinées à l'université. 5elon les lois italiennes récentes, lesuniversités jouissent d'une plus grande liberté dans ladistribution des ressources, meme si elles souffrent de latendance générale à la réduction des budgets publics. Enquelques mots, il faut mieux dépenser et pour cela on recherchedes systèmes de vérification efficaces qui dans de nombreuxpays européens sont en vigueur depuis longtemps.Il faut ajo.uter aussi un noveau facteur d'attention à la qualité.On solllcite de toutes parts l'urgence d'introduire dans lesystème universitaire les lois de marché et de construire desmécanismes nouveaux pour stimuler le personnel: propositionsqui prévoient un modèle "d'entreprise" de l'université.Une organisation peut etre définie "de qualité" quand elle estgérée d'une façon efficace, en recherchant l'améliorationconstante de toutes ses composantes en commençant par lescompétences de ceux qui y travaillent.Paolo Blasi, président des Recteurs italiens interviewé danscette rubrique, considère la qualité comme un instrumentimportant dans l'université italienne d'aujoud'hui à conditionque les mécanismes d'évaluation ne mettent pas en dangerl'autonomie des universités memes, mais attribuent à chacunela liberté de juger en pleine autonomie de leurs efforts, de leursinitiatives, des résultats de l'action académique.Blasi n'approuve pas le modèle anglo-saxon de la qualitéuniv~rsitaire à cause de son extrème rigidité, qui ne protège pasles différentes réalités et considère l'université comme uneus.ine. Les "noyaux d'évaluation" (introduits en Italie par une101 de 1993) et les projets d'amélioration des services sont misen évidence par Blasi comme moyen pour s'approcher, mémedans le monde académique, à une culture de la responsabilité etde l'évaluation.Cette rubrique présente ensuite deux expériences italiennesconcrètes: l'Université Bocconi de Milan et Ca' Foscari deVenise.Suit un examen d'expériences européennes dans l'introductionde méthodes de gestion de la qualité dans les systèmesun~versitaires: le role de Grande Bretagne, France et Pays Bas,qUi o!"t frayé le chemin, a été mis particulièrement en relief. La~ubrzque. slgnale en outre les projets et les conférencesI11tematlOnales SUI' la qualité.Le "Trimestre" présente aussi en essai intéressant de PierreTabatoni SUI' les objectifs et les stratégies en théme de qualité, etprend fin avec le point de vue de Guy Neave.

~ ~resume31

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,NELL'UNIVERSITA GEMMATA:

LA PUGLIAElisabetta Durante

Proseguendo nel giro d'orizzontededicato ai "luoghi della gemmazio­ne" dell'università italiana, veniamoal caso della Puglia. Anche qui a par­tire dalla seconda metà degli anni,SO, si è aVvia to un processo didecentramento del sistema universi­tario che ha esteso ad aree periferichel'offerta formativa, cercando nel con­tempo di migliorare la condizione diforte congestionamento dell' Ateneodi Bari. Una realtà quest'ultima, che ­diversamente da Lecce, secondo polouniversitario pugliese - appartienealla categoria dei mega-atenei con unnumero di iscritti di poco inferiore ai70.000 nella sola Università (SO.OOO sesi aggiungono gli studenti di Foggiae Taranto) di cui un'alta percentualeè costituita da fuori sede (il 2S% sonodi province pugliesi diverse da Bari,il 10% di altre regioni, il 2% sonostranieri); a questi numeri vannosommati quelli del Politecnico, checonta circa 10.500 iscritti nelle sedi diBari, Foggia e Taranto.Era del resto negli intendimenti dellalegge 245/90 - che ha messo a puntoobiettivi, metodi e criteri della gem­mazione - quello di fornire uno stru­mento per sviluppare l'offerta sunuovi fronti e limitare nel contempoil sovraffollamento delle maggiorisedi universitarie, migliorando l'effi­cienza del servizio e riducendo ilfenomeno della "mortalità" attraver­so un avvicinamento ai bacini diutenza: volendo tentare un tempora-

Il viaggionell'università gemmata

fa tappa in Puglia:un 'indagine 11101to

approfondita rileva luci edOlnbre di iniziative che,

accanto ad elementiindiscutibilmente positivi,

mostrano ancora moltecarenze strutturali e

finanziarie di difficilerisoluzione

neo bilancio del fenomeno gemma­zione, ci sembra questa la chiave dilettura utile ad interpretare i dati finoad oggi disponibili come primisegnali di successo o di insuccesso: inattesa che il fenomeno maturi e con­senta, sulla base di risultati piÙ chiarie definiti, una valutazione di caratte­re complessivo.Bari, come già Milano e Torino, ospi­ta tan to un' Universi tà che unPolitecnico. La massa critica comples­siva è di oltre 7S.000 studenti, maconserva al suo interno una fonda­mentale distinzione: l'Università è diper sé un mega-ateneo, tanto nel datostrettamente quantitativo quanto nelsenso di una realtà pienamente con­solidata nel tempo e nello spazio. Il

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Politecnico invece, pur nascendodalla quarantennale esperienza dellafacoltà di Ingegneria, è un'istituzionerecente che, se anche soffre di graveaffollamento nel biennio ingegneristi­co, di carenza di spazi e di una strettaconvivenza con l'Universitànell'ambito del campus, resta lontanadallo status di mega-ateneo.Le iniziative di gemmazione sonostate originate tanto dall'Universitàquanto dal Politecnico: quelledell'Università hanno riguardato inmisura maggiore Foggia, quelle delPolitecnico Taranto.

Il polo di Foggia

Potrebbe essere la storia di un succes­so annunciato, o forse è la storia diun "mezzo" successo: in gran partedovuto al fatto che la gemmazione hacorrisposto ad un'aspettativa forte eantica della Capitanata. Quando cin­que anni fa ha preso avvio l'esperien­za, quella di Foggia era infatti lamaggiore provincia italiana ad espri­mere una diffusa aspirazione univer­sitaria: non a caso essa seppe tempe­stivamente dar vita ad un "Consorzioper l'Università di Foggia", compo­sto da enti locali tra i quali ilComune, la Provincia e la Camera diCommercio, che in questi anni si èdimostrato attento alle esigenze delcaso. I dati, almeno quelli fino adoggi disponibili, indicano come posi-

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tivi soprattutto gli interventi che piùdirettamente sono andati incontro aibisogni del territorio: esaminiamoanzitutto i casi di Economia e diAgraria, che hanno puntato non aduna semplice duplicazione di quantogià esisteva a Bari, ma ad una diver­sificazione dell'offerta.Già a partire dall'S7 la facoltà diEconomia di Bari aveva portato aFoggia alcune attività di tipo semina­riale, con l'intento di alleggerire ilcarico della sede centrale, una strut­tura sorta di recente ed ispirata a cri­teri di avanguardia, ma già affollataai limiti della capienza dai suoi12.000 studenti. Dopo due anni ditraining foggiano, il preside GiovanniGirone - che era già stato promotoredella seconda facoltà pugliese diEconomia a Lecce - inaugurava unprimo corso di laurea in Economia aFoggia e successivamente un corso dilaurea breve in Economia e Gestionedei servizi turistici, al quale si sta peraggiungere quello in Economia eAmministrazione delle imprese. Neisuoi primi quattro anni di vita l'espe­rienza foggiana è stata gestita da unComitato tecnico ordinatore espressodal Consiglio di facoltà della sedebarese: una fase conclusasiquest'anno con la costituzione di unafacoltà del tutto autonoma e indipen­dente.Il prof. Girone non esita a definirecomplessivamente positivi i risultaticonseguiti a partire dal giorno in cui,collaborando con il ministro Rubertinel mettere in piedi il programma didecentramento dell'università italia­na, propose l'uso di un termine di cuiegli stesso non poteva immaginarel'immediato successo: quello di"gemmazione". In particolare il casodi Foggia, se lo scopo dell'operazioneera quello di combinare l'interessedella facoltà madre con quello dellarealtà gemmata, è andato a buon fine:da un lato si è raggiunto l'obiettivodi decongestionare la sede di Bari(grazie anche all'attivazione aTaranto di corsi destinati agli studen­ti dei primi due anni), dall' altroFoggia ha visto crescere costante­mente il numero dei suoi iscritti

NOTE ITALIANE

(quest' anno si sono sfiorate le SOOimmatricolazioni), in buona parterientrati da sedi vicine e lontane, daBari come da Bologna.Ma l'entusiasmo per i primi risultatiè temperato dalla prospettiva di unfuturo che Girone vede incerto,soprattutto a causa dei recenti prov­vedimenti del Governo orientati tuttial risparmio e al ridimensionamentodelle risorse. Se una riduzione dirisorse dell'ordine del 3% comportaqualche sacrificio ad una strutturauniversitaria consolidata, vecchia dicent'anni, forte di 100 docenti e12.000 studenti com'è il caso diEconomia a Bari, per una realtà neo­nata con appena lO docenti per 3.000iscritti, quello stesso 3% può rivelarsifatale: basta il parametro relativo alrapporto docenti/studenti O a 120per Bari e 1 a 300 per Foggia) percapire che una struttura che parte giàfortemente squilibrata non può supe­rare agilmente un futuro di tagli.Eppure l'operazione di Foggia (checonta oggi 9.000 iscritti) è per Gironeuna delle più riuscite nel panoramanazionale, per la qualità e per laquantità non solo delle iniziative uni­versitarie ma di tutta una serie diprogrammi che intorno ad esse ruo­tana, contribuendo a creare un gene­rale clima di vivacità culturale.Gli enti locali che fanno capo alConsorzio hanno fino ad oggi contri­buito in modo significativo alla rea­lizzazione del polo universitario,provvedendo a reperire gli spazi, adotarli di attrezzature e di servizi(per esempio dei laboratori e dellasala calcolo), ma difficilmente baste­ranno a far fronte alle crescentinecessità di una realtà che - si osser­va - una volta fatta nascere, dovreb­be aver diritto di svilupparsi adegua­tamente.Alla facoltà di Agraria - cui Foggiatiene in special modo, trovandosi alcentro di un comprensorio che inquesto settore ha interessi di prima­ria importanza - la Provincia hadestinato una vecchia struttura, oggiin via di restauro; nella contigua anti­ca lavanderia sono stati già ricavatiun laboratorio didattico e due biblio-

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teche, mentre si stanno edificando sulvasto terreno annesso spazi ex novoper trasferirvi le lezioni, che attual­mente si tengono, come quelle diEconomia, nel vecchio tribunale dellacapitale dauna.Anche Agraria ha raggiunto nelnovembre '94 la piena autonomia difacoltà. Il corso attivato è radicalmen­te diverso da quello barese, di impo­stazione più tradizionale: nel '90 sioptò per un corso di Scienze eTecnologie alimentari - presenteall' epoca solo a Milano - che subitoparve centrare le aspettative del terri­torio. Pur trattandosi di un corsoimpegnativo, la risposta fu decisa­mente positiva, raggiungendo sin dalprimo anno il numero di 170 matrico­le contro le 140 di Scienze agrarie e le60 di Scienze forestali, i due corsi diBari. Oggi gli iscritti sono 600: nume­ro di tutto rispetto se si considera cheal termine del primo biennio inter­viene uno sbarramento che bloccal'accesso al terzo anno a chi non è inpari con gli esami.L'investimento per l'attivazione diAgraria a Foggia è stato ad oggi di 7,5miliardi nei primi tre anni 0990-1992)e di 2 nel biennio successivo e per ilsolo funzionamento della facoltà: aciò va1U10 sommate le risorse destina­te all' edilizia. Ma trattandosi di uncorso sperimentale, è indispensabilefar affidamento su attrezzature emateriale scientifico, oltre che su aulee biblioteche; inoltre il corso foggiano,possedendo almeno per una buonametà caratteristiche di tipo innovati­vo e sostanzialmente diverse da quel­le baresi, non può far ricorso a risorsegià disponibili nella facoltà madre:tanto dal punto di vista delle esigenzesperimentali e della ricerca, quanto intermini di organico, 'il corso foggianoha necessità di essere ancora forte­mente sostenuto.Quello che è il secondo polo alimen­tare italiano si è visto fino ad oggidestinare 4,1 miliardi - di cui 1 a cari­co della Provincia - per la realizza­zione della sua sede definitiva. IlConsorzio per l'Università, che fafronte al costo dei borsisti e contri­buisce alle spese per la ricerca, segue

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con attenzione la crescita di unarealtà che considera di capitaleimportanza per lo sviluppo del terri­torio e fida nell'ingresso e nella colla­borazione di nuovi partner industrialie finanziari. Non mancano alcuniprimi risultati interessanti: con i prin­cipali insediamenti industriali delterritorio (per esempio Barilla) e conaltre importanti istituzioni (per esem­pio l'Istituto Zooprofilattico) si sonogià stabiliti rapporti e convenzioni, esi lavora ad un programma semprepiù ampio di esperienze di stu­dio/lavoro per gli studenti.Un ulteriore potenziamento è inter­venuto con l'attivazione, nell'ambitodell'ultimo piano triennale, di un Dv(diploma universitario) a numerochiuso in Enologia, che va incontroalle esigenze di un comparto produt­tivo di grande importanza in Pugliaed offre quindi buone garanzie disbocco proféssionale: si tratta di undiploma che appartiene alla medesi­ma area tematica del corso di laureache quindi dovrebbe favorirlo, diver­samente dall'altro Dv foggiano inProduzioni vegetali con orientamen­to in Tecnica vivaistica ortofrutticola,che soffre di scarse connessioni con ilcorso di laurea e dipende in buonaparte dalle risorse baresi.Diverso è il caso della facoltà diGiurisprudenza, la cui gemmazionefoggiana, pur avendo raggiunto an­ch'essa il quinto anno di vita, non hatrovato ancora sbocco in termini diautonomia. La chiave di lettura offer­ta dal preside della facoltà di Bari,Vincenzo Starace, è una sostanzialeconferma di quanto già suggerisconoi risultati di Economia e Agraria: gliinteressi di natura socio-economicache hanno giocato un ruolo positivonei due casi precedenti non sono statialtrettanto importanti per Giurispru­denza.Se sul versante barese non si è rag­giunto lo scopo di alleggerire il caricodegli iscritti (che è di 20.000), perquello di Foggia emergono dati benpoco incoraggianti: ciò non apparetanto evidente se si considera il solonumero delle iscrizioni - che è dicirca 4.000 e, almeno fino al '94, risul-

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Università di Gttawa: lettura degliappunti sullo sfondo degli Stanton andMarchand Residences

ta in crescita nella sede di Foggiacome in quella di Bari - quanto se siguarda al dato degli abbandoni, chea Foggia rislùta essere molto più alto(circa il 40%). La ragione di ciò risie­de certamente nell'inadeguatezza, siain termini di strutture che di servizi,della nuova realtà (un problema peròin gran parte comune anche adEconomia e Agraria), ma anche inuna risposta del territorio che si starivelando inferiore alle aspettative.Agli studenti di Foggia mancanoadeguate opportunità di incontro coni docenti, quasi tutti supplentl, cheoffrono una presenza limitata, conti­nuano a gravitare su Bari e a svolgerequi la loro attività di ricerca. Esisteevidentemente per Giurisprudenzal'aggravante di essere una facoltà"professionale" in cui, come si sa,gran parte dei docenti svolge attivitàin proprio: ed ecco che si affacciaun'altra e tutt'altro che trascurabile"chiave di lettura".Pur non mancando alcune risorse dipregio - come ad esempio la bibliote­ca, nata per una volta con un intelli­gente criterio di integrazione conquella di Economia - lo statodell' arte di Giurisprudenza a Foggiaè complessivamente critico, ed ancorpiù lo sarà con l'imminente riduzio­ne di bilancio che finirà per coprire lesole spese di gestione del personale.Il Politecnico di Bari ha attivato aFoggia un corso di laurea breve inIngegneria meccanica che conta 148iscritti. Nonostante il sostegno di entipubblici e privati, i problemi vannodalla mancanza di personale (adesempio, i servizi di segreteria, nondipendendo dal Politecnico madall'Unione degli Industriali che neha offerto la disponibilità, non arriva­no a coprire l'intero orario dellelezioni esteso al pomeriggio per age­volare gli studenti lavoratori) all'ina­deguatezza della sede, un istituto tec­nico in cui vi è carenza di laboratori emanca la possibilità di svolgere atti-

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vità di ricerca: ciò, nonostante labuona volontà della Provincia che hafinanziato i lavori di ristrutturazionee della Camera di Commercio che haprovveduto, per esempio, all'acqui­sto dei computer. Il Politecnico nonha invece reso operativo un Dv inIngegneria chimica: un corso che asuo tempo fu attribuito alla sede diFoggia dal MVR5T, senza che ilPolitecnico ne avesse mai avanzatorichiesta.Quello della facoltà di Medicina è uncaso a sé, soprattutto per la specifi­cità del problema che coinvolge lestrutture sanitarie locali: questione dicentrale importanza come apparvechiaro sin da subito, quando nel '91una delegazione del Consorzio perl'Università di Foggia si recò dal pre­side della facoltà di Bari, Paolo

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Livrea, per chiedere l'istituzione diun corso di laurea decentrato. La pro­posta fu accolta con interesse per piùdi una ragione: da un lato la mega­facoltà di Bari (che oggi conta untotale di 5.700 iscritti) non poteva cheguardare con favore ad un'iniziativain grado di alleggerire una pesantecondizione di sovraccarico tanto dalpunto di vista didattico quanto daquello sanitario (il Policlinico di Barifa fronte ad un bacino di utenza,senza eguali nel nostro paese, di circa5 milioni di potenziali utenti prove­nienti dalla Puglia, dalla Basilicata edalla Calabria); per altro verso laCapitanata, oltre a costituire di per séun bacino particolarmente vasto econsistente, vantava già un significa­tivo patrimonio di strutture sanitarieche dall'apporto di un'università

NOTE ITALIANE

poteva a sua volta trarre un notevoleguadagno di carattere scientifico.Il programma di gemmazione preseavvio nel '92 con un corso di laureabreve in Scienze infermieristiche ­che quest'anno matura i suoi primidiplomati - e proseguì l'anno succes­sivo con il corso di laurea inMedicina e Chirurgia. Per quantoriguarda quest'ultimo, si puntò subi­to a dotare di strutture didattiche e dilaboratori i due ambienti che aFoggia ospitano l'Università: gliOspedali Riuniti e l'OspedaleMaternità, che costituiscono unanotevole realtà edilizia ma non sonoin condizioni di sfruttare a pieno ipropri spazi, in buona parte daristrutturare. Carenze di questa natu­ra, già gravi per i soli ospedalieri,diventano drammatiche se si tieneconto delle esigenze di un corso dilaurea che prevede un'importanteattività pratico-applica tiva.Da parte della facoltà di Bari si decisequindi di entrare gradualmente nelmondo ospedaliero (che, come si sa,viene direttamente coinvolto neltriennio delle "cliniche") con piccolinumeri: nel '93 vennero attivati con­temporaneamente il primo ed ilquarto anno di corso, quindi il secon­do ed il quinto anno, per arrivare conil prossimo anno al terzo e al sesto, eai primi laureati. Scopo dell'opera­zione è quello di effettuare un perio­do di rodaggio con la struttura ospe­daliera, immettendo dapprima neltriennio clinico solo pochissimi eselezionati studenti (furono ammessisolo cinque studenti al quarto annodel '93 e quindici a quello del '94,tutti di "provato valore" e con unreale e dimostrabile interesse a trasfe­rirsi a Foggia), per preparare il terre­no agli studenti del prossimo anno,che sono invece le cento matricole del'93 giunte in questo frattempo al tra­guardo delle"cliniche".Ma questo attento lavoro di incubazio­ne, questo oculato investimento haportato solo in parte i frutti sperati.Anzitutto l'uso di un lotto degliOspedali Riuniti, concesso con il pare­re favorevole del Comune all'Univer­sità, è stato poi negato dalla Regione,

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nonostante la concessione di un finan­ziamento agevolato di 36 miliardi daparte del MURST per la sua ristruttura­zione: ciò significa che, per quantoriguarda 1'edilizia, si è tornati al puntodi partenza con un terreno da trovareed un progetto da realizzare e farapprovare alla svelta per non perdereil finanziamento. Ma anche il collega­mento con 1'ambiente ospedaliero nonsembra aver raggiunto i livelli di coo­perazione che si auspicava potesseraggiungere in tempi brevi.Resta aperta anche per Medicina lagrave questione delle risorse econo­miche che, fino ad oggi, sono state di1,7 miliardi in massima parte assorbi­te dalle spese di personale, di infra­strutture e arredo: il domani appare adir poco incerto. Nonostante ciò, ilprof. Livrea è ottimista (o per megliodire non è pessimista) sul futurodella Medicina a Foggia: da un lato ilbilancio della gemmazione si presen­ta senz'altro positivo per la sedebarese, che ha oggi un numero pro­grammato di 450 ma può realistica­mente sperare di portarlo a 300 dirot­tando appunto 100 iscrizioni suFoggia; dall'altro, quest'ultima ha giàrisposto bene e può risponderemeglio in futuro, soprattutto in con­siderazione del forte sviluppo chedovrebbe avere nella capitale daunail programma dei Du, grazie a quan­to prevede in materia di sanità lalegge 517 del '93 che trasferisceall'università la competenza dellescuole regionali di formazione para­medica. Proprio sul versante deidiplomi si è registrata a Foggia larisposta migliore, con una domandaenormemente superiore all' offerta.Insomma, nonostante le carenzeinfrastrutturali e didattiche (anche inquesto caso i docenti sono pendolarie continuano quindi a gravitare suBarO, nonostante l'esiguità dellerisorse, nonostante una certa debo­lezza del sistema di collegamento trala realtà universitaria e la realtà ospe­daliera, nonostante le difficoltà dellaburocrazia ed i ritardi della Regione,le ricadute culturali sono significativee le aspettative del territorio sonomolte: ambedue non vanno tradite.

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Università di Ottmva: il lancio del tocco di un gruppo di neo-laureati

Il polo di Taranto

L'Università di Bari ha prodotto aTaranto tre iniziative di gemmazione:se per Economia si tratta della sempli­ce duplicazione dei corsi più affollatidel primo biennio, l'iniziativa diMedicina veterinaria riguarda uncorso di laurea breve in Produzionianimali con orientamento in"Maricoltura, pesca e trasformazionedei prodotti". il Dv di Veterinaria traeorigine da una scuola diretta a finispeciali, la cui trasformazione furichiesta al MVR5T nell'ambito di unaserie di iniziative tese a sostenere losviluppo di un settore - quello appw1­to del mare e della gestione delle suerisorse rinnovabili - considerato stra­tegico per l'economia della regione e,più in generale, del paese. Con lalegge 41/82 il Ministero della Marinamercantile ha istituito fondi specialiper promuovere attività di ricercaapplicata in questo campo: è proprio aquesta fonte di finanziamento che faricorso il Dv di Taranto, che nei suoitre anni di vita ha ottenuto dallaMarina mercantile contributi impor­tanti ed anzi essenziali, che purtroppo- osserva il prof. Cosimo Sebastio ­hanno carattere non sistematico edipendono da una copertura economi­ca che va verificata di anno in anno.L'Amministrazione comunale ha con­cesso la sede, cioè i quattro piani delbel Palazzo Amati SlÙ mare della vec­chia Taranto; la Provincia ha invececoncesso un miliardo a fondo perdutoper gli arredi e le attrezzature didatti­che e scientifiche. Il Dv fW1ziona conW1 numero programmato di 20 allieviper am10 e comprende due anni di for­mazione di base ed lU1 terzo di specia­lizzazione; grande importanza rivesto­no le attività di ricerca applicata chevengono svolte negli impianti di mari­coltura realizzati con i contributi dellaMarina mercantile (una linea fito­planctonica ed una zooplanctonica,uno schiuditoio, acquari, vasche,impianti a circuito chiuso, etc.). Di otti­mo livello la risposta del territorio, chevede nel Dv lU1'occasione di formazio­ne qualificata con buone opportunitàdi collocazione professionale. Non si

registrano casi di abbandono: docentimotivati e disponibili, pur se pendola­ri, lavorano intensamente con studentiassidui, interessati ed anzi entusiasti inparticolare delle attività di carattereapplicativo.La terza iniziativa di gemmazionedell'Università di Taranto fa capoalla facoltà di Scienze di Bari: questa,dopo aver attivato una scuola direttaa fini speciali in Biologia del mare

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che oggi si cerca di trasformare in unDv per tecnici dell'ambiente, avevarichiesto nell'ambito del piano qua­driennale 1986-90 un corso di laureain Scienze ambientali con un indiriz­zo marino divenuto operativo nel '90,e con un indirizzo terrestre che par­tirà probabilmente nel prossimoanno. Anche per Scienze ambientali èprevisto un numero programmatoche è di 150, sul quale è intervenuta

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però una forte selezione, in particola­re nei primi due anni: le aspettativedel territorio verso questa nuovamateria così vicina agli interessi deigiovani erano - e permangono - fortied hanno portato all'iscrizione dinumerosi studenti lavoratori, di fattoimpossibilitati a seguire i ritmi inten­si di un corso con frequenza obbliga­toria e con molte esercitazioni. Il pro­blema maggiore è quello della sede:dopo varie e complesse vicissitudini(tra cui il fallimento della ditta appal­tatrice), gli studenti sono oggicostretti a svolgere l'attività di labo­ratorio in due sedi diverse, l'unaattrezza ta per la fisica, l'altra per lachimica: il prof. Aresta, presidentedel corso di laurea, chiede che si trovial più presto una sistemazione ade­guata per gli attuali 300 iscritti, anchese sembra ormai sfumata la prospet­tiva di occupare l'ex centro direzio­nale dell'ILvA che, con i suoi 14.000mq di aule e laboratori, rappresente­rebbe la migliore delle soluzioni. Incompenso, avvalendosi delle occasio­ni di scambio offerte da programmicomunitari quali Erasmus e Comett, ilaureandi di Scienze ambientalihanno tutti avuto l'opportunità diformarsi per un anno presso alcunetra le più importanti realtà scientifi­che o produttive d'Europa.Ma ciò che più conta per le iniziativedi gemmazione a Taranto è che si siavoluto puntare ad Wl'offerta formativadi tipo specialistico, alternativa ed anzicompetitiva rispetto a quella di Bari; eche si sia cercato di coordinare gliinterventi dell'Università e delPolitecnico per realizzare un "polo tec­nologico del mare", in realtà gradual­mente evoluto verso una sorta di "wu­versità verde": questo progetto ha lmafinalità ambiziosa, quella di sostenerele esigenze di Wl territorio che è oggialla ricerca di una nuova via di svilup­po, fornendogli Wl supporto in termi­lU di ricerca applicata e di nuovi profiliprofessionali provvisti di un elevatogrado di specializzazione.E in questo quadro che si inserisceanche l'intervento del Politecnico, checi sembra costituire un caso per certiversi emblematico. Il Politecnico di

NOTE ITALIANE

Bari è stato ufficialmente istituito nel'90 ma è partito operativamente nelnovembre dell'anno successivo: unicoPolitecnico del Mezzogiorno, nutrivain origine ambiziOlu di tipo innovati­vo - quella in particolare di un pro­getto di formazione integrata con"pezzi" di Scienze ed Economia - cuila burocrazia non ha consentito didare seguito, comportando invecel'adozione di una formula di tipo tra­dizionale. Tra Politecnico edUniversità di Bari permangono lega­mi di tipo logistico (per esempio laconvivenza nell'area del campus), ditipo scientifico e didattico (in partico­lare nell'ambito dei dipartimenti inte­runiversitari) e la comune partecipa­zione a consorzi come il Centro Lasere come Tecnopolis, il primo parcoscientifico italiano che sorge nei pres­si di Bari.10.422 sono gli studenti delPolitecnico di Bari e solo 1.300 (connumero programmato) appartengonoad Architettura. Il dato relativo al rap­porto tra numero delle matricole enWllero dei laureati è grosso modo di1 a 4, sostanzialmente nella medianazionale: volendo ricercare la ragio­ne di questa "mortalità", il prof.Michele Napolitano, ordinario diFluidodinamica delle macchine e pre­sidente del Du in Ingegneria meccani­ca di Foggia, dichiara: "Siamo forseun po' più difficili e certamente un po'meno orgmuzzati degli altri politecni­ci". C'è chi pensa infa tti che ilPolitecnico di Bari, ancor prima diinvestire nella gemmazione di nuoveiniziative, avrebbe dovuto destinarealla sede centrale risorse adeguate ailivelli di selezione che intende appli­care. Il Politecnico sta oggi per rad­doppiare la propria capacità ricettivainaugurando 10.000 mq di nuoveaule, laboratori e servizi, che però nonbastano a risolvere tutti i problemi: inparticolare Arclutettura, che non puòcontare nella consolidata esperienzadella vecchia facoltà di Ingegneria, èin una situazione di assoluta carenzadi spazi e solo la prospettiva del recu­pero dell'ex Mmufattura dei tabacchilascia sperare in un futuro migliore,che comunque non è domalu.

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È in questa difficile fase di passaggioe poi di avvio della neonata realtà delPolitecnico che interviene l'operazio­ne delle gemmazioni a Taranto e aFoggia: un' operazione che, come lealtre, appariva giustificata dal conge­stionamento della sede centrale, dallavastità del bacino di utenza (a Lecceesiste un' altra facoltà di Ingegneriache lavora nei settori di Informatica eIngegneria dei materiali, ma si avvaleper lo più di risorse baresi) e dai nonfacili collegamenti all'interno diun'area molto estesa.Nell'ambito degli ultimi piani di svi­luppo, il Politecnico di Bari avevaavanzato al MUR5T, oltre alla richiestadi un corso di laurea in Ingegneriaedile per Bari (subito approvato acosto zero), quella di un corso di lau­rea in Ambiente e territorio perTaranto e di tre diplomi: un primodiploma nel settore industriale (attri­buito a Foggia), un secondo nel setto­re dell'informazione ed un terzo inquello civile.Per quanto riguarda il corso diIngegneria per l'ambiente e il territo­rio, la decisione nUlusteriale andò aldi là di quanto si richiedeva, conce­dendo tout court per la sede distacca­ta di Taranto non il semplice corso dilaurea ma una facoltà. La decisionemutò non di poco i termini della que­stione, intervenendo radicalmentesulla "dimensione" del problema: larichiesta del Politecnico era stata for­mulata in un'ottica di realistica con­venienza, proprio in considerazionedelle potenzialità effettive e dei limitiche si attribuivano all'operazione,nonché per il timore di non vederarrivare le risorse indispensabili agestire iniziative di maggior peso.Le preoccupazioni di quanti non con­divisero il diverso orientamento delMinistero e ritennero che una piùattenta disamina avrebbe dovutocondurre alla sola concessione diquanto richiesto, lasciando a Bari lafacoltà di decidere i tempi di un' e­ventuale autonomia della sede taran­tina, sembrano oggi accrescersi ·allaluce del fatto che le risorse utili alcorretto funzionamento della nuovafacoltà non sono mai arrivate, ed è

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lecito dubitare che mai arriveranno.A tutt'oggi la gemmazione di Tarantoè affidata alla gestione di un Comitatotecnico ordina tore espresso dalConsiglio di facoltà di Ingegneria diBari. Ai cinque posti di professori diprima fascia, ai dodici ricercatori e adalcuni posti di personale non docente,non si sono mai aggiunti i sette pro­fessori di seconda fascia indispensabi­li all'effettiva attivazione della facoltà,né mai sono stati banditi i relativi con­corsi: e nonostante le varie deliberedel Politecnico che nel tempo hannotentato di riportare al rango di corsodi laurea l'inizia tiva ministeriale,nulla fa prevedere che le cose possanoevolvere in questa direzione.Un grosso problema è rappresentatodalle risorse infrastrutturali, anche sequest'anno si è ottenuto l'uso incomodato gratuito per 9 anni di unedificio scolastico di 4.000 mq. Moltoc'è però da ;fare, a cominciare dailaboratori: si tratta in alcuni casi dilaboratori che dovrebbero essereduplicati per i 230 studenti diTaranto, oppure di laboratori chenon sono disponibili neppure nellasede di Bari.Ma esiste un'altra preoccupazione diordine più generale, che potrebbeprobabilmente valere anche in altricasi, ma che solo in ambiente diPolitecnico è stata formulata a chiarelettere: nell'operazione di gemmazio­ne, quanto si è tenuto conto del rap­porto costi/benefici? Pur dando perscontato l'interesse dell'area cultura­le prescelta, quali sono le reali oppor­tunità che il mercato del lavoro riser­verà ai futuri ingegneri dell'ambien­te, e quale il peso economico diun'iniziativa che rischia di esserelimitata a piccolissimi numeri?Al Politecnico si considera una fortu­na il fatto che gli iscritti siano al disotto nel numero programmato,tanto che negli ultimi due anni non èstato necessario operare selezioni tra­mite concorso. Saggezza popolare,diffidenza o, più banalmente, inade­guatezza del servizio? Forse un mixdei tre fattori.A Taranto sono operativi anche duecorsi di laurea breve, quello in

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Ingegneria delle infrastrutture e quel­lo in Ingegneria meccanica medianteTeledidattica partito quest'anno pres­so il Polo tecnologico dell'Ilva. Maanche per i Du di Taranto la vita non èfacile. Partiamo dai numeri: 112 sonogli studenti di Infrastrutture e 78 quel­li di Meccanica con la Teledidattica.Le esigenze didattiche complessivedei diplomi gemmati vengono copertecon quattro docenti di prima fascia ecinque di seconda; proprio il rapportodocenti/studenti, cioè quello chedovrebbe essere il pW1to di forza dellesedi decentrate, si presenta ancoraW1a volta come il suo lato più debole.Osserva il prof. Napolitano che trop­po spesso succede nelle sedi gemmateche "solo i docenti più coscienziosigarantiscono un servizio accettabile,mentre quelli che sono solo disponibi­li finiscono con l'offrire un servizioscadente ed i meno scrupolosi un ser­vizio decisamente pessimo: pur essen­do un vero e proprio paradosso, èproprio nella sede decentrata che sirischia di raggiungere un grado diinefficienza in più".Se dunque dal punto di vista qualita­tivo le cose non sono certo soddisfa­centi, dal punto di vista della quantitàecco presentarsi ancora un paradosso:l'attuale tendenza alla diminuzionedelle iscrizioni è un dato che molti alPolitecnico finiscono con il leggerecome "confortante". La ragione diquesta amara visione delle cose risie­de anzitutto nell'insoddisfazione perun servizio che la carenza di risorserende qualitativamente inadeguato,ma anche nella consapevolezza chemanca ancora ogni forma di tutelaprofessionale della nuova figura deldiplomato: un po' provocatoriamen­te, qualcuno dice che chi sceglie unDu oggi lo fa a suo rischio e pericolo,e che il vuoto legislativo in questamateria è gravemente colpevole.

Alcune conclusioni

In conclusione, ci sembra di poteraffermare che anche nel caso puglie­se non mancano elementi a favoredelle iniziative di gemmazione: in

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particolare là dove si sono espressevolontà e capacità di diversificazio­ne del programma rispetto allafacoltà madre, e là dove si sono pri­vilegiate aree tematiche nuove e piùrispondenti alle reali necessità deltessuto economico, si sono raggiuntirisultati credibili e si è ottenuto unbuon livello di coinvolgimento e diresponsabilizzazione degli enti loca­li. Ma tutto questo, anche quando sirealizza, si realizza per metà, conser­vando un maggiore o minore gradodi approssimazione e di insufficien­za: insufficienti sono gli investimen­ti per il passato e ancor più lo saran­no per il futuro, insufficienti sono lerisorse didattiche, infrastrutturali,scientifiche e di servizio, per lo piùinsufficienti la programmazione,l'organizzazione, l'analisi delle rica­dute economiche e delle prospettiveoccupazionali, insufficiente anche lapartecipazione degli enti locali, cuimanca un adeguato cointeressamen­to dei partner privati - quando esi­stono - e soprattutto manca il sup­porto ed il coordinamento del sog­getto pubblico più importante, che èla Regione.Del resto per la gemmazione nonpossono che valere le medesimeconsiderazioni che valgono più ingenerale per la scuola e l'università:con l'aggravante che, trattandosi diun sistema giovane e strutturalmen­te carente, o lo si sostiene adeguata­mente o muore. Irrinunciabile,anche in tempi di decentramento edi autonomia, è l'attenzione costantedel governo, che alla formazionedovrebbe guardare come ad unarisorsa strategica e ad un'opportu­nità di investimento più che dispesa, un' opportunità irrinunciabiledi sviluppo per la quale occorronotempi lunghi e massima determina­zione. Insomma, una volta imbocca­ta la strada del decentramento uni­versitario, essa va monitorata peraccertarne la "convenienza" e, doveè il caso, perseguita con decisione,né ci si può limitare a fornire glistrumenti minimi per la sola soprav­vivenza, che è cosa sterile e impro­duttiva.

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NOTE ITALIANE

GLI ORDINAMENTIDI AREA UMANISTICA

Pasquale SmiragliaOrdinario di Letteratura latino medievale nello Terzo Università di Roma e membro del Consiglio Universitario Nazionale

La revisione degli ordinamenti didat­tici universitari, stabilita dalla legge341/90, può considerarsi naturalesviluppo e coronamento della speri­mentazione prevista dal DPR 382/80e del vasto dibattito culturale e politi­co che alla sperimentazione si accom­pagnò nel corso degli Anni Ottanta.Fu allora da più parti rilevato, elamentato, che fra il versante delladidattica e quello dell'organizzazio­ne, cioè fra i due ambiti fondamentalidella sperimentazione voluta dallegislatore, l'interesse del mondoaccademico tendeva a privilegiarenettamente la problematica sollevatadai nuovi assetti organizzativi propo­sti all'università, riservando solomarginale attenzione alle delicate evitali questioni della formazione, aimodelli didattici innovativi che lasperimentazione rendeva possibili. Inquel contesto, il ministro dellaPubblica Istruzione, allora competen­te per l'università, assunse, intornoalla metà degli Anni Ottanta, l'inizia­tiva di costituire delle commissioni ditecnici per singoli corsi di laurea, conil compito di proporre i nuovi assettidella didattica universitaria. Le rela­zioni presentate al ministro da cia­scuna di quelle commissioni alla con­clusione dei lavori hanno costituito labase di partenza per gli interventi delCUN in tema di riordinamento delletabelle didattiche della nostra univer­sità, a partire dalla fine degli AnniOttanta, e cioè già prima che entrassein vigore la legge 341/90. Presero

così avvio le procedure per il riordi­namento didattico di numerosi corsidi laurea, sia nell'ambito delle scien­ze fisiche (per esempio Matematica,Fisica), sia in quello delle disciplineumanistiche (Lettere, Filosofia,Lingue). Al tempestivo interventodel Ministero non corrisposero allora,in verità, né seguirono poi, da partedel mondo accademico, spinte abba­stanza determinate ed univoche perconsentire al CUN di avviare e con­cludere sollecitamente le procedureper la definizione delle nuove tabelledidattiche. Così, per esempio, latabella del corso di laurea inMatematica, per il quale la commis­sione ministeriale aveva ultimato ilavori alla fine del 1986, poteva esse­re pubblicata solo dopo circa cinqueanni (CU del 4/5/1991). Per l'areaumanistica, un tentativo di riordina­mento del corso di laurea in Lettere,effettuato nel corso del 1989 dal CUN,nella composizione precedentel'attuale, non incontrò adeguato con­senso da parte della comunità scienti­fica interessata e dovette fermarsi,per fine del mandato consiliare,nell'autunno di quell'anno.

L'eccezione di Lingue eLetterature straniere

Quasi un'eccezione, nell'ambito dellediscipline umanistiche, quella costi­tuita dal corso di laurea in Lingue eLetterature straniere, per il quale gli

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adempimenti procedurali di spettan­za del CUN si svolsero nel corso del1988, così da consentire che la nuovaTabella didattica venisse pubblicatanella CU del 2/10/1989. Una lietaeccezione, certamente propizia tadalla peculiare situazione del settore,una situazione a sua volta del tuttoeccezionale si trattava di riordinare efondere i curricula didattici di trediversi corsi di laurea (quelli contras­segnati, nell'ordinamento nazionale,dai numeri IX, XIII bis, XVI) che con­ducevano a conseguire lo stesso tito­lo di studio attraverso percorsi for­mativi che prevedevano da un mini­mo di 16 a un massimo di 20 annua­lità didattiche, con le relative provedi esame. Tutto ciò si aggiungevaallo squilibrio costituito dalla diversadurata degli studi secondari richiestiper accedere al corso di laurea nellediverse facoltà in cui esso risultavaattivato: 4 anni per il Magistero; 5anni per le altre facoltà legittimate adospitare il corso. L'intervento razio­nalizzatore già effettuato ha resoabbastanza agevole al CUN riscrivere,nel corso dell'ultimo anno, la Tabella,già unificata (n. IX dell'ordinamentonazionale), per adeguarla alle esigen­ze poste dalla legge 341/90, tenendoanche conto dell' esperienza compiu­ta nelle diverse sedi e dei suggeri­menti dei singoli corsi di laurea.Mentre si è confermata la durataquadriennale del corso, per quantoriguarda le annualità didattiche (giàrigidamente fissate in 19), si è stabili-

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to che il loro numero è "non inferio­re a 19", lasciando libere le singolesedi di aggiungere una o alcuneannualità, in rapporto con peculiariesigenze della didattica. Non è lasola, né la più significativa, conces­sione fatta al nuovo contesto norma­tivo, che rinvigorisce ed amplia1'autonomia decisionale degli atenei,ponendo anche nuovi, delicati com­piti per il CUN, impegnato a garanti­re il giusto equilibrio fra libertàdidattica delle sedi universitarie evincoli a livello nazionale, indispen­sabili per tutelare il valore legale deititoli di studio. Così, mentre si è con­fermato il complessivo impianto cur­ricolare della Tabella divenuta ese­cutiva nel 1989, si sono anche indivi­duati spazi di autonoma scelta per lefacoltà e i criteri generali per fruirne.In particolare, se si è ripresa la strut­tura del corso in due bienni, appor­tando solo qualche modifica margi­nale per il biennio comune, e se si èconfermata, per il biennio di specia­lizzazione, l'articolazione in tre indi­rizzi (1. filologico-letterario; 2. lin­guistico-glottodidattico; 3. storico­culturale), si è introdotta, proprio suquest'ultimo punto, una significativainnovazione: ad ogni facoltà è rico­nosciuto il diritto di istituire indiriz­zi diversi da quelli previsti inTabella, in rapporto con la peculia­rità degli interessi scientifici e didat­tici e in considerazione di specificherichieste del mercato del lavoro; perciascun indirizzo attiva to, ilConsiglio di facoltà individua, inpiena libertà, le cinque annualitàcaratterizzanti "sulla base delle fina­lità specifiche di ogni indirizzo, delledisponibilità effettive dei docenti ...nonché delle attrezzature e delnumero di studenti iscritti al corso dilaurea". L'autonomia decisionaledelle facoltà si concretizza ulterior­mente nella scelta delle aree discipli­nari in cui raccogliere gli insegna­menti attivati; oltre alle numerosearee già previste dalla precedenteTabella e tutte confermate, le facoltàpossono liberamente introdurnealtre, in rapporto con le esigenzedidattiche degli indirizzi istituiti.

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Una soluzione di flessibilitàper Filosofia

Un'analoga soluzione di ampia flessi­bilità, sempre nel rispetto dei criteriispiratori della legge 341/90 e deirisultati della sperimentazione con­dotta nelle sedi universitarie, è stataadottata per la nuova Tabella delcorso di laurea in Filosofia, recente­mente approvata dal CUN in via defi­nitiva. Qui, su 21 annualità didatti­che previste (cui si aggiunge lanovità di una prova scritta, consi­stente nel commento a un testo clas­sico di filosofia), sono solo 3 le disci­pline, indicate come tali, di cui lefacoltà devono garantire la presenzain ciascun piano di studio: Storiadella filosofia; Filosofia teoretica;Filosofia morale. Tutto il resto delcurriculum formativo è strutturato suaggregazioni disciplinari più o menoampie, costituite ciascuna da più set­tori scientifico-disciplinari fra loroomogenei. Inoltre, il secondo deibienni del corso può essere libera­mente articolato in indirizzi speciali­stici, anche se la Tabella non ne pre­vede nessuno in particolare; le facoltàpossono anche approvare piani distudio individuali in cui un massimodi 4 insegnamenti del secondo bien­nio siano scelti fuori delle aree indi­cate dalla Tabella (precisamente: a.delle Scienze umane; a. storica; a.delle Scienze del linguaggio e dellacomunicazione) e anche fra disciplinenon impartite nel corso di laurea, nénella facoltà, con la sola condizioneche "la scelta sia culturalmente e pro­fessionalmente qualificata ed organi­ca all'intero piano di studio". Lanorma consente agli studenti interes­sati di seguire fino a 4 insegnamentiin facoltà come, ad esempio, quella diScienze; sembra legittimo sperare cheessa contribuisca ad attenuare, siapure in maniera marginale e, per ora,unilaterale, la condizione di grave,dannosa separatezza, in cui vivono edi cui soffrono nella nostra univer­sità, ma non solo nella nostra, le "dueculture", quella umanistica e quellascientifica. Un segnale forte in questadirezione la nuova Tabella lo dà cer-

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tamente, quando inserisce fra leaggregazioni disciplinari del corso dilaurea in filosofia un"'area scientifi­ca" che comprende, fra gli altri, setto­ri scien tifico-disciplinari come iseguenti: A 01 A. Logica matematica;B 02 A. Fisica teorica; B 02 B. Metodimatematici della fisica; K 05 A.Sistemi di elaborazione delle infor­mazioni; K 05 C. Cibernetica.

Lettere, un caso ancora daadeguare

Fra i corsi di laurea di più consolidatatradizione in ambito umanistico restadunque da riordinare e adeguare allenorme della legge 341/90 solo il corsodi laurea in Lettere. È il compito a cuiil CUN e, in particolare, il comitatoumanistico (Lettere-Magistero­Lingue) del consesso si è accinto giàda alcuni mesi, raccogliendo su unasua proposta provvisoria i suggeri­menti delle facoltà interessate, ancheper il tramite della Conferenza per­manente dei Presidi; consultazione,questa, svolta in via informale, men­tre i pareri formali delle facoltà diLettere erano stati a suo tempoespressi sulla relazione della commis­sione ministeriale. Questa, dopo averpreso posizione a favore di unaTabella unica, che sostituisse le attualiTabelle XII (Lettere, presso le facoltàdi Lettere e Filosofia) e XVI (Materieletterarie, presso le facoltà diMagistero) dell' ordinamento nazio­nale, con l'ovvio suggerimento delladurata quinquennale, per tutti, deltitolo di ammissione, si rifacevaall'impianto tradizionale del corso dilaurea in Lettere, confermandone siala durata (4 anni), sia l'articolazionein 2 indirizzi (1. Classico; 2.Moderno). Innovativa, invece, la pro­posta di scandire il complessivoambito culturale del corso per vastearee scientifico-disciplinari; delle 8aree individuate, 6 venivano indicatecome caratterizzanti (1.a. artistica; 2.a.filologica; 3.a. geografico-antropolo­gica; 4.a. letteraria; S.a. linguistica;6.a. storica), 2 come opzionali (1.a.filosofica; 2.a. psico-pedagogica). In

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ESAMI UNIVERSITARI:VERIFICA O AZZARDO?

conseguenza, si proponevano uncerto numero di curricula (3 per l'indi­rizzo classico, 5 per il moderno), pre­vedendo per ciascuno quali areecaratterizzanti e in che misura doves­sero essere presenti e lasciando liberele singole facoltà di organizzarne altrinello stesso modello. Strutturando ladidattica su 8 "semestri" (compren­denti ciascuno da 300 a 360 ore diattività didattica e corrispondenti allearee scientifico-disciplinarO, si stabili­vano per ogni curriculum le 6 seme­stralità caratterizzanti. Così, peresempio, il curriculum linguisticodell' indirizzo classico prevedeva 2"semestri" dell' area linguistica e 1"semestre" per ognuna delle restanti4 aree presenti: filologica, letteraria,storica, geografico-antropologica; ilcurriculum linguistico-antropologicodell'indirizzo moderno prevedeva 3"semestri" dell' area linguistica, 2dell'area geografico-antropologica, 1dell'area letteraria. A conclusione diciascun "semestre" si prevedeva losvolgimento di una prova d'esameunica, relativa ai diversi corsi, mono­grafici o integrati del semestre stesso.Pur senza nominare nessuna partico­lare disciplina nella Tabella proposta,ma solo aree disciplinari, la commis­sione ministeriale segnala l'esigenzache agli studenti vengano indicate"le discipline professionali", quellecioè che costituiscono requisito perchi intende accedere a determinateprofessioni (insegnamento scolastico,carriera delle soprintendenze etc.). Ela relazione si conclude, significativa­mente, auspicando "che per assicura­re una chiara e sicura rispondenzadei piani di studio agli sbocchi pro­fessionali, il ministro della PubblicaIstruzione si faccia promotore di unprovvedimento legislativo che fissiesplicitamente i programmi dei con­corsi attinenti ai singoli sbocchi equindi le materie la cui frequenza èda considerarsi obbligatoria".Sul complesso delle indicazioni con­tenute nella relazione, come di quellesuccessivamente fornite dalla legge341/90, ma anche sui risultati dellasperimentazione didattica nelle sin­gole facoltà e sui suggerimenti for-

NOTE ITALIANE

mulati, direttamente o attraverso laConferenza dei Presidi, dalle facoltàstesse, come da istituzioni culturali,associazioni, singoli studiosi sta oraoperando il CUN, per elaborare laproposta definitiva di Tabella didatti­ca del corso di laurea in Lettere. Perquanto riguarda le globali finalitàculturali e professionali da attribuireal corso, non sembrano manifestarsiragioni serie per sostanziali innova­zioni rispetto alla Tabella vigente.Non certo perché, in oltre mezzosecolo di storia universitaria (spessomolto intensa), l'ambito culturaleidentificato dalle facoltà letterarie edal loro più tradizionale corso distudi non abbia espresso esigenze eambizioni di tipo innovativo. Ma aqueste richieste di "nuovo", che sonostate numerose e forti, si è dato rispo­sta adeguata con i corsi di laurea, direcente e recentissima istituzione, inStoria, DAMS, Conservazione dei Beni

Arturo Cornetta

Se agli studenti universitari si fannodomande sull'ordinamento didatticodel proprio corso di laurea, cadonodalle nuvole. Eppure la conoscenzadella concatenazione delle disciplineche bisogna affrontare e superare perconseguire un diploma universitarioo una laurea dovrebbe essere patri­monio di ogni studente.Ma la colpa di questo inizio alla ciecadel percorso formativo è dell'allievoo del docente?Povero studente, egli sa che vi sonoesami obbligatori, fissati dalla facoltàdi appartenenza ed esami facoltativifissati non si sa da chi; egli sa che vi

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culturali, Scienze della comunicazio­ne, Geografia e con quelli allo studio,come Giornalismo e Scienze dellaformazione primaria, nonché con idiplomi universitari che a tali corsiafferiscono.Spetta al corso di laurea in Lettere ilcompito e la responsabilità di essere lasede e lo strumento d'elezione per assi­curare continuità alla più genuina tra­dizione degli studi umanistici nelnostro paese. Su questo fondamento,antico e sempre attuale, e utilizzandogli spazi di autonomia che il quadronormativo consente, le singole facoltàpotranno costruire i percorsi formativipiù consoni ai propri interessi cultura­li, insieme badando a soddisfare leattese del mercato del lavoro, sianell'ambito più scontato e, secondouna recente indagine (ISTAT, 1994),sempre nettamente maggioritario,dell'insegnamento, sia nei diversiambiti delle professionalità emergenti.

sono esami difficili e facili che nondipendono tanto da obiettive diffi­coltà della materia, quanto dal pro­fessore titolare di essa. Sa anche chealcuni professori attirano gli studentiperché fanno "politica di cattedra",mentre altri è meglio scansarli perchéhanno la bocciatura come permanen­te metodo di comportamento. Lo stu­dente allora cerca di scaltrirsi perandare avanti.Ora, a parte ogni mitizzazione di casisingoli, che tuttavia creano in alcunistudenti gravi problemi di naturapsicologica ed approcci errati diapprendimento, questa prassi conso-

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lidata di considerare gli esami uni­versitari di profitto come un terno alotto, come capriccio momentaneodel caso e dell'esaminatore, non puòche mortificare la funzione docente,il metodo di valutazione e la serietàdegli studi.Dov' è il rapporto allievo-docente,dove va a finire l'aspetta tiva dellostudente coscienzioso che si aspettauna giusta e serena valutazione delsuo percorso formativo compiutonello studio di una disciplina?L'esame dovrebbe essere una verificad'apprendimento o una correzione dimetodo per l'allievo ed una verificadella capacità di trasmissione dellavoro fatto dal docente e non unaseduta nervosa tra un giudice severo,il più delle volte sconosciuto, ed unostudente che vuole strappare, comun­que, una promozione ed Wl voto chelo avvicinerà al titolo di studio.Ma questa sihiazione è rimediabile?Esiste una normativa che possa ridur­re gli abusi e questo metodo errato divalutazione dell'apprendimento? Visono più corretti metodi e tecniche divalu tazione dell' iter forma ti vodell'insegnamento universitario, al dilà del sistematico ricorso al tanto vitu­perato colloquio orale, dinanzi ad unmuto, stanco e teso esaminatore?Crediamo proprio di sì e senza farricorso a specialisti nel campo dellalegislazione universitaria e dellascienza docimologica, ossia la scienzache tenta di migliorare i sistemi ed icriteri di classificazione e valutazionedel merito degli studenti.Ci viene in aiuto, nel primo caso, latuttora vigente legislazione universi­taria, che consiste nel vecchio regola­mento del 1938.Così gli esami di profitto, che sonopoi quelli sulle singole materie, neces­sari per conseguire il titolo di studioprescelto, debbono essere ordinati inmodo da accertare la maturità delcandidato e la sua preparazione orga­nica nella materia sulla quale verte1'esame, senza limitarsi alle nozioniimpartite dal professore del corso acui lo studente è iscritto.Lo studente deve essere esaminatodavanti ad una commissione di tre

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membri: il professore titolaredell'insegnamento, un professore dimateria affine ed un cultore dellamateria stessa; ed ogni membrodispone di dieci punti per arrivare alfatidico trenta.Il voto di semplice idoneità è indicatocon sei decimi del totale dei punti dicui la commissione dispone.Lo studente è approvato a pieni votilegali se ottiene i nove decimi deipunti: 27/30, a pieni voti assoluti seconsegue la totalità dei punti: 30/30.In caso di pieni voti assoluti la com­missione può concedere la lode chedeve essere deliberata all'unanimità.Lo studente che si ritira durantel'esame è considerato riprovato. Lostudente riprovato non può ripetere1'esame nella medesima sessione.Ma chi rispetta più queste regole fis­sate dalla legge?Chi mai si è mosso per controllare leprocedure degli esami? Un solo com­missario il più delle volte, con notevo­li differenze tra le facoltà e le singolesedi universitarie, fa il buono e il catti­vo tempo, in dieci minuti ti approva,ti boccia o ti consiglia distrattamentedi presentarti un'altra volta.Si dice che l'eccessivo numero di esa­minandi impedisce il regolare svolgi­mento degli esami: ma quale accerta­mento di maturità intellettuale puòessere una sistematica violazionedella legge vigente?Il sistema deve essere riportato nelsuo primitivo alveo, solo così si eli­mineranno gli abusi anche involonta­ri e lo studio di una disciplina ridi­venterà 1'apprendimento di un meto­do e di maturità culturale e di com­portamento: il furbo, l'arruffone,l'avventuriero non avrebbero scampoe si riaffermerebbe il principio che ilrispetto delle regole deve valere pertutti.Però questo discorso non esauriscetutto il problema: infatti, può il soloesame orale, pur se effettuato davantiad una commissione regolarmentecostituita, essere un metro coerentedi valutazione dell'apprendimento oci sono altri mezzi più aggiornati diverifica del profitto?È noto che in molte università non

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italiane vengono usati, con frequen­za, diversi strumenti di verifica delprofitto degli allievi accanto al classi­co colloquio orale: le domande arisposta multipla, i temi tradizionali,i brevi componimenti scritti e/obrevi risposte da completare o dacorreggere, esami pratici, moduli divalutazione continua.Ovviamente, tutti questi criteri pos­sono essere utili non solo come con­trollo del profitto degli allievi in ter­mini di conoscenza, capacità, attitu­dini, ma anche come parametro diverifica della efficacia didattica.Certamente non esiste un metodo divalutazione che non presenti puntiforti e punti deboli, né si vuoI soste­nere che i criteri descritti esauriscanoil problema.L'ordinamento italiano, infatti, con­sente anche di sperimentare nuoveforme di valutazione della didattica, eciò rientra nella sfera della libertà diinsegnamento, sia come contenuti checome metodologie, garantito dallaCostituzione al docente wliversitario.Così il ricorso a questi criteri diaccertamento della preparazione el'utilizzazione della normativa attua­le regolante gli esami di profitto uni­versitario, visto anche il valore legaledel titolo di studio, che va comunquesalvaguardato, non potranno che gio­vare a quegli allievi che non vannoall'università solo per guadagnaretempo in attesa di un lavoro.C'è, infatti, un notevole numero digiovani che va all'università perapprendere e per trovare una confer­ma al fatto che l'impegno e l'assi­duità allo studio non potranno chedare buoni frutti.

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NOTE ITALIANE

"L'UNIVERSITA IN CIFRETabella I - Iscritti in corso nelleuniversità italiane nel 1993/94

gruppi di corsi di laurea iscritti

Letterario 22/.615

Giuridico 200.601

Ingegneria 195.270

Economico 186.615

Scientifico 125.814

Politico-sociale 96.063

Medico 44.098

Agrario 22.997

Totale 1.093.073

(Dati ISTAT)

Tabella 3 - Percentuale dei fuoricorso sugli iscritti nel 1993/94

gruppi di corsi di laurea % fuori corsosugli iscritti

Medico 40,4

Agrario 31,4

Economico 30,6

Letterario 30,5

Ingegneria 30,3

Giuridico 29,9

Scientifir.o 29,5

Politico-sociale 27,2

Totale 30,5

(Dati 1STAT)

Tabella 2 - Distribuzione degli immatricolati nel 1993/94 e percentuale sul totale

gruppi di corsi di laurea immatricolati % sul totale

Giuridico 71.394 21,2

Letterario 71.066 21,1

Economico 56.026 16,6

Ingegneria 50.125 14,9

Scientifico 39.557 I 1,7

Politico-sociale 32.508 9,7

Medico 9.150 2,7

Agrario 7.141 2,1

Totale 336.967

corsi di diploma universitario 18.069

(Elaborazione Universitos su dati ISTAT)

Tabella 4 - Laureati nell'anno solare 1993 per gruppi di corsi di laurea

gruppi di corsi di laurea laureati % F/MFMF F

Letterario 20.038 16.735 80,9

Economico 16.010 6.666 41,6

Giuridico 13.961 7.239 51,9

Ingegneria 12.711 2.797 22,0

Scientifico 12.171 6.666 54,8

Medico 8.459 3.698 43,7

Politico-sociale 6.644 3.427 51,6

Agrario 2.473 763 30,9

Totale 92.467 47.991 51,9

(Dati ISTAT)

Tabella 5 - Andamento iscrizioni e lauree

a.a. iscritti in corso immatricolati laureatial I anno (anni solari)

1990/91 960.727 322.854 89.481

1991/92 1.019.238 336.60 I 90.657

1992/93 1.044./82 334.273 90.113

1993/94 1.093.073 336.967 92.467

(Dati 1STAT)

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BREVITALIAa cura di Livio Frittella

Bologna:Almalaurea,passaporto per illavoro

L'Italia è la terra delleraccomandazioni. L'uso delle"conoscenze familiari" peraccedere a un posto di lavorofa parte delle tradizioni delnostro paese: lo confenmaanche un'indagine effettuatanel '9 I dalla CommissioneEuropea in tutto il continente.Per cambiare lostotus qua edare ai laureati più meritevolila possibilità di trovare unimpiego, è stato fatto unprimo passo.All'Università di Bologna,infatti, è stata varata una bancadati - concepita in viasperimentale due anni fa - checontiene oltre I IOinformazioni per ognuno dei6.500 laureati che ogni annoconcludono la loro esperienzanell'Ateneo felsineo. Si chiamaAlmalaurea, è stata finanziataanche dal Ministero perl'Università e la Ricercascientifica e tecnologica econsente la ricerca immediatadi neolaureati secondoun'ampia gamma dicaratteristiche individualirelative alla caniera scolasticae accademica, alle esperienzedi studio e di lavoro compiutein Italia e all'estero, alleaspirazioni e agli interessi.Attraverso le rilevazioni cherappresentano le infonmazionida inserire nella banca dati,l'Ateneo bolognese punta adue obiettivi principali:assicurare un'attendibile etempestiva base documentaria

agli organi di governodell'università, ai presidi, aipresidenti dei corsi di laurea edi diploma, favorendoverifiche, modifiche e scelteoculate nei settori dellaprogrammazione e delladidattica; quindi facilitarel'accesso dei giovani alcomplesso universoprofessionale, agevolandoanche le aziende nella lororicerca di personale qualificatoper le loro esigenze eriducendo i tempi di incontrotra domanda e offerta dilavoro.Almalaurea è una banca datidel tutto innovativa e originaleche garantisce la completezzadella popolazione indagata(fornendo i dati di tutti ilaureati dell'Ateneo),l'ampiezza delle infonmazionidisponibili, I 15 in tutto tra datianagrafici, studi pre-universitarie accademici, competenzelinguistiche ed informatiche,studi all'estero, esperienze dilavoro e prospettiveprofessionali; la tempestività el'affidabilità delle infonmazioni,aggiornate alla fine di ognisessione di laurea; infine, lacontinuità del servizio resoaccessibile al mondo dellavoro.Almalaurea apre la strada auna diffusione capillare dei datirelativi ai laureati su tutto ilterritorio nazionale; questa èl'intenzione del ministrodell'Università Giorgio Salvini edel presidente dellaConferenza dei Rettori PaoloBlasi, che hanno espressoapprezzamenti al rettoredell'Ateneo bolognese, Fabio

Roversi Monaco, perl'iniziativa. Il futuro diAlmalaurea passa attraversol'ampliamento del sistema dianagrafe dei laureati in tuttaItalia che porterà a prospettiveoccupazionali di granderespiro. Esiste già un nucleo diistituzioni accademiche - aBologna si affiancano Ferrara,Modena, Panma - pronto adawiare un comune progettoche dovrebbe condurre, entroil 1995, alla messa a punto diuna banca dati riguardantel'intero sistema universitariodella Regione Emilia-Romagna.Le infonmazioni contenute inAlmalaurea sono rese piùaccessibili grazie allapubblicazione su dischettoPClWindows, ma soprattuttocon l'ausilio dell"'autostradainfonmatica" Internet chediverrà la corsia preferenzialeper arrivare rapidamente a unposto di lavoro.

Medici part-time?

Agli italiani piace laprofessione medica.In tutto il territorio nazionalece ne sono trecentomila, chesi dividono equamente trasettore pubblico e struttureprivate. Per fare un paragone,in Francia i "camici bianchi"sono la metà, meno ancora inBelgio e in Spagna, un terzo inGran Bretagna. Il giustorapporto medico-abitante è diI ogni 400: in Italia neabbiamo I ogni 200. Di chi èla colpa? Delle promesse dibenessere economico diqualche anno fa, dell'abolizionedella maturità liceale cometitolo di accesso edell'abbandono del numeroprogrammato. Allo statoattuale, il settore fa registrarecentomila disoccupati, checercano di sbarcare il lunarioesercitando attività per cui

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non hanno studiato. Per usciredall'impasse, il ministro dellaSanità Guzzanti immaginasoluzioni come il tempoparziale e le fasce orarie; e faun esempio: i serviziambulatoriali ospedalieri ilpomeriggio non funzionano? Sichiamino in servizio medicidisposti a lavorare per dueore, dalle 17 alle 19,agevolando così anche illavoro delle donne checostituiscono il 35% deilaureati e prestoraggiungeranno una posizioneparitaria rispetto agli uomini.La proposta lanciata da LuigiFrati, presidente del ConsiglioSuperiore di Sanità e presidedella facoltà di Medicina de"La Sapienza" va a monte:bisogna arrivare a unaprogrammazione generale delnumero di medici da fonmaree a una ripartizione per lesingole università. Se oggi sonoammessi 7.500 studenti, spiegaFrati, in futuro ci si dovrebbelimitare a 5.000. Per agevolarei medici già laureati, invece, ilConsiglio dei Ministridovrebbe approvare ilprowedimento che istituirà3.000 borse di studio per lespecializzazioni mediche cheandranno ad aggiungersi alleI .500 attuali.

Veneto/Università inespansione

I mali delle università italianesono sempre gli stessi. Ancheuna regione che vanta unodegli atenei più antichid'Europa, il Veneto, non sisottrae ai problemi dimancanza di spazi e di carenzadi personale checaratterizzano l'intero universoaccademico del nostro paese.Ma ci sono segnaliincoraggianti, specialmente sulfronte dei corsi di

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NOTE ITALIANE

specializzazione che simoltiplicano per rispondere auna precisa esigenza delmercato del lavoro. Diamouno sguardo al sistemauniversitario veneto: la piùantica istituzione è l'Ateneo diPadova, sorto nel 1222 periniziativa di alcuni professoriprovenienti da Bologna. Dodicifacoltà per 34 corsi di laurea e13 diplomi universitari.Ingegneria gestionale e trelauree brevi si tengono nellasede distaccata di Vicenza; èimminente il varo della facoltàdi Economia e Commercio e ildiploma in Tecnologie dellegno. Ma su tutto pende laspada di Damocle dellacarenza del personale, speciein quei corsi seguiti danumerosi studenti, qualiIngegneria, Psicologia eScienze politiche. Si aspettanoancora finanziamentiministeriali mai arrivati.L'Istituto Universitario diLingue Modellle (luLM), dal '68attivo a Feltre, che accoglie720 studenti che fruiscono di21 insegnamenti, unlaboratorio linguistico e unafornita biblioteca che, essendoin costante ampliamento, ponesei-i problemi di spazio. Unasperanza pel- il futuro èlappresentata dal corso dilaurea in Pubbliche Relazioniche dovrebbe essere istituito.A Verona il locale ateneo,staccatosi da I 3 anni da quellodi Padova, dispone di 9 corsidi laurea e 4 diplomi di laureabreve per un totale di I 3.200studenti e 800 specializzandi. Ilprogetto nell'Universitàscaligela è di attivare nellafacoltà di Medicina diplomi perTerapisti della riabilitazione,Scienze infennieristiche,Tecnico di labolatoriobiomedico, audiometria eaudioprotesi e nella facoltà diLettere la laurea breve inServizio sociale. In programma

anche l'istituzione della facoltàdi Giurisprudenza.Ca' Foscari, a Venezia, conta 4facoltà (Economia, Lingue,Lettere e Scienze MFN), 7master, 6 corsi diperfezionamento. Èinoltreprevisto l'awio dei diplomi perTraduttori e Interpreti e inTecniche artistiche e dellospettacolo. Nove dottorati diricerca completano il quadrodi questo Ateneo frequentatoda circa 19.000 studenti. Inservizio ci sono 349 docenti,quindi mediamente si registraun professore ogni 53 iscritti.La carenza dell'organicodocente è uno dei problemi diCa' Foscari. L'altro è lamancanza di spazi perl'insegnamento e per l'alloggiodegli studenti fuori sede.L'Ateneo veneziano hacomunque un progetto:realizzare a San Servolo,un'isola della laguna, la "VeniceIntelllationai University", unpunto di incontro con lemaggiori istituzioniaccademiche europee.Molte speranze sullo sviluppotecnologico sono riposte nelparco scientifico Tecnopolis,che sorgerà nella vecchia zonaindustriale tra Mestre e laSerenissima. Con uninvestimento di dieci miliardi sirealizzeranno il Centro perl'innovazione con laboratori,servizi infonnativi e spazi perle nuove imprese, il "BusinessIncubator Centre" construtture per prove esperimentazioni, per iltrasferimento di tecnologie ein più il centro direzionale e didocumentazione nonché lesale riunioni. Tecnopolis sioccuperà di settori specificiquali la chimica, il restauro, letecnologie ambientali,l'infonnatica e l'ingegneria.Glandi margini di espansionesono galantiti dai fondi chegiungelanno dall'Unione

Europea: 40 miliardi con i qualisi awierà la seconda fase delprogetto, che prevede un'areadi 9 ettari a disposizione delleimprese e 60 mila metriquadrati di edifici. A gestire ilparco è una società a cuipartecipano aziende,associazioni d'impresa ed entilocali; è inoltre in programmaun ampliamento a fiancodell'università con uncollegamento fisico traincubatore e campusdell'Ateneo con un ponte eun'area adibita a parco sulbordo della laguna.Terzo polo di questoaggregato scientifico saràl'antico Arsenale, dove sisvolgeranno studi dedicati allosviluppo delle tecnologiemanne.

Finanziamenti alleuniversitàlDisparità Nord-Sud

Ci sono realtà che rendonoconto del divario abissale chesi riscontra tra nord e sudd'Italia. Una è riscontrabileanche nelle fonti difinanziamento agli atenei:l'incidenza delle tasse pagatedagli studenti sul budgetcomplessivo a disposizionedelle varie istituzioniaccademiche. Se da una parteal Politecnico di Milano icontributi degli iscritticostituiscono il 18,7% delleentrate e a Bergamo(diventata statalerecentemente) addirittura il27,8%, a Reggio Calabria iversamenti degli studentirappresentano 1'1,7% sugliintroiti complessivi, a Potenzaun bassissimo 0,9%. L'Italia èdivisa in due, se si consideraanche che nel Meridione siaddensano le università conun'incidenza gettito-entrateinferiore al 5%; non mancano

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comunque ecceZioni comeUdine e Trieste. Èunaclassifica molto significativadelle disparità nel territorio diun solo paese elaborata dallaCommissione tecnica per laspesa pubblica del Ministerodel Tesoro su dati fornitidall'lsTAT, in base ai bilanci1993 degli enti universitari(comprendenti la seconda ratadelle tasse 1992/93 e il primoversamento 1993/94). Lesomme considerate sono alnetto della quota destinata alleRegioni per il diritto allo studioe leggennente sovrastimate,perché comprensive degliimporti pagati dagli studentidelle scuole di specializzazionee di perfezionamento post­laurea. A proposito dellerisorse per il diritto allo studio,che solo per quest'annorimangono il 30% delle tasseversate dagli iscritti alleuniversità, gli entiamministrativi regionalichiedono anche per il futuro lacontinuità dei finanziamentiche vengono impiegati peraiutare gli studenti meritevoliin precarie condizionieconomiche. Secondo ilCoordinamento interregionaleper il diritto allo studio ènecessario stabilire una tassafissa e costante su cui fareaffidamento per pianificare gliinterventi ed elargire contempestività i fondi agli entiche si occupano dei servizi. Inpiù si chiede trasparenza suicriteri di merito cui riferirsinell'assegnazione delle borsedi studio.Ma tOllliamo alla graduatoriacompilata dalla Commissionetecnica per la spesa pubblicadel Ministero del Tesoro.Emergono dati di notevoleinteresse. Ad esempio, nel1993 il totale delle tasse e deicontributi ha toccato quota855 miliardi, con un aumentodel I 8,6% rispetto al 1992. È

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un segno palese dell'aumento ha nominato una In questa nonma l'agevolazione informazione utile sui corsi, idegli iscritti: lo dimostra il fatto commissione presieduta da era espressamente prevista diplomi, le scuole dirette a finiche l'importo medio unitario Sabino Cassese, incaricata di per il presalario che, istituito speciali.su scala nazionale non ha valutare i progetti selezionati. nel 1963, è stato cancellato A dimostrare il successo delsubìto variazioni di rilievo: si è L'Associazione dei Parchi dalla legge 390/199 I e dal suo tutorato ci sono le cifre: nelpassati da 520 mila e 586 mila. Scientifici e Tecnologici regolamento di attuazione, il febbraio '94 hannoAltro dato: nel I994 - come Italiani (ApsTI) ha inviato una DCPM I 3 aprile 1994. (Fonte: partecipato ai colloqui 70fatto notare da Paolo Slasi, lettera al ministro per So/e 24 Ore). docenti e 60 sono state lepresidente della Conferenza sollecitarlo a dare una spinta schede compilate; neldei Rettori - le università decisiva al programma: è in settembre dello stesso anno ihanno ricevuto 370 miliardi in ballo il decollo della ricerca Sessione docenti sono saliti a 93 e lemeno rispetto alle necessità, e meridionale, e si teme una straordinaria degli schede a 543, sempreper quest'anno si prevede un battuta d'arresto esami di abilitazione rigorosamente anonime con"buco" di 430 miliardi. all'attuazione del Programma per i medici dati utili a fini statistici. Tra leConseguenza della carenza di triennale di sviluppo. Il domande più"gettonate"finanziamenti l'abolizione di Programma in questione Nello scorso maggio si è l'organizzazione delle facoltà,corsi di laurea o di diploma prevede circa 300 nuovi svolta una sessione gli indirizzi, i programmi deiappena istituiti. Slasi sollecita lo addetti per l'avvio; circa 600 straordinaria degli esami di corsi e i piani di studio, laStato a stabilire il valorizzati e stabilizzati nelle Stato per l'abilitazione per frequenza, gli sbocchifinanziamento pubblico e rispettive organizzazioni di l'esercizio della professione di professionali e i test selettivi.l'incidenza della partecipazione appartenenza; 300 imprese medico chirurgo, prevista Con la legge 390/91 anche glidelle quote corrisposte dagli direttamente impegnate nella nell'ambito del decreto legge studenti possono fare i tutor, astudenti; queste ultime infatti gestione dei parchi con una "Disposizioni urgenti per il patto che siano individuate lenon possono daVvero supplire partecipazione azionaria; funzionamento delle loro capacità di collaborarealle mancanze di fondi di 1.300 imprese innovatrici su università". Secondo il ministro per l'orientamento dellecompetenza cui sicuramente si dell'Università e della Ricerca matricole. Per loro è previstodall'amministrazione centrale, registreranno delle ricadute; scientifica e tecnologica un modesto contributo aunica garanzia di autonomia e circa 80 atenei ed enti di Giorgio Salvini, si è trattato di titolo di incentivo; perdi un omogeneo sviluppo ricerca pubblica in rapporto "un provvedimento partecipare a questa iniziativaculturale. Serpeggia tra gli stretto con la realtà straordinario, limitato al occorre essere regolanmentestudenti un disagio sempre industriale sul territorio; corrente anno accademico, iscritti al terzo, quarto, quintocrescente per la carenza di infine, 50 progetti di attraverso il quale si è inteso o sesto anno del corso dirisorse e assistenza da parte innovazione misurati sulla dare una risposta concreta alle laurea, oppure al primo edello Stato, l'assenza di domanda espressa dai sistemi numerose sollecitazioni secondo anno fuori corso oun'efficace politica per il diritto locali di produzione provenienti dagli atenei e dai ripetenti da non più di dueallo studio, lo squilibrio nella attraverso indagini dirette su neolaureati in Medicina che annI.distribuzione dei fondi tra le un totale di circa 5.000 vedevano, per pochi giorni,sedi e le aree disciplinari. Imprese. preclusa la possibilità di

completare il periodo di A Umbria Libri iltirocinio prescritto dal nuovo punto sull'editoria

In pericolo il decollo Il fisco "risparmia" le ordinamento delle facoltà di universitariadella ricerca nel borse di studio Medicina".Meridione L'editoria universitaria è stata

Il fisco rispanmia le borse di al centro di un convegnoAncora ritardi per i parchi studio concesse agli studenti Siena I Grande svoltosi nel Palazzo dei Priori ascientifici e tecnologici del universitari meritevoli ma in successo del Perugia in occasione dellaMeridione d'Italia, di cui disagiate condizioni tutorato manifestazione "Umbriaabbiamo diffusamente economiche. Con la circolare Libri".parlato nei numeri I09/E del 6 aprile 1995, il Il tutorato all'Università di Si è parlato del ruoloprecedenti di UNIVERSITAS. Ministero delle Finanze ha Siena funziona ed è in grande fondamentale di questaSono 13 le istituzioni stabilito che alle borse di espansione. A febbraio e a produzione in materia diinteressate ai finanziamenti studio si applichi l'esenzione settembre presso le sedi delle fonmazione: una produzioneancora bloccati dopo un dall'imposizione sui redditi, otto facoltà, i docenti che fa registrare un fatturatolungo periodo di stasi. Un secondo una "lettura ricevono gli studenti annuo di 400 miliardi di lire. AIpasso verso l'erogazione è aggiornata" dell'art. 4 della intenzionati a intraprendere gli convegno ha partecipato granstato fatto: il ministro Salvini legge 13 agosto 1984, n. 476. studi per fornire ogni tipo di parte degli editori specializzati.

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NOTE ITALIANE

Gli intetTogativi sull'argomentosono andati dall'assenza nelnostro paese di una"University Press" che stampidal manuale ad uso limitatofino al testo da esportareall'estero, alla tipologiadell'editore universitarioideale, etc.Durante l'incontro si è parlatodell'abitudine tutta italiana dipubblicare libri che pochileggeranno ma che servonoper la carTiera interna deldocente autore e dellatendenza di questa editoria adiminuire le tirature ma adaumentare i titoli, visto ilprogresso continuo che spingea costanti aggiornamenti cherendono obsoleto ogni testodopo pochi anni. Su una cosatutti gli editori eranod'accordo: potTe \Jn freno almalcostume e al reatodell'editoria a pagamento edella fotocopiatura dei testi.

Guida all'università1995

Ricca di informazioni utili ed

esauriente nei contenuti:queste le caratteristiche dellanuova Guido all'Università1995, giunta ormai alla terzaedizione, realizzata dalMinistero dell'Università edella Ricerca scientifica etecnologica con il C1MEA dellaFondazione Rui.Informare e orientare sono leparole d'ordine che hannoispirato gli autori della Guida,distribuita in 500 mila copieagli studenti delle scuolemedie superiori; si passadall'indice degli atenei delnostro paese all'elenco deicorsi di laurea e dei diplomiuniversitari; dalle schededescrittive delle varie disciplineai servizi per gli studenti e aglisbocchi professionali per- ilaureati.Uno sguardo ad alcuni dati: gliiscritti all'università sonoI .630.000, le rnatricole 340mila, laureati e diplomati 99mila, 1.683 le possibilità discelta tra corsi di laurea,diplomi e scuole dirette a finispeciali. Da quest'anno laGuida, inoltre, grazie allacollaborazione dell'Università

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di Camerino e del Poligraficoe Zecca dello Stato èconsultabile su CD-rom (dalsignificativo nome di"Colombo 1995" che richiamal'idea della navigazioneattraverso le informazioni).Volumi e CD-rom sonodisponibili gratuitamentepresso la Segreteria tecnica delMinistro (te!. 06/59912915 ­fax 599 12239).

Etnofarmacologia eantropologia medica

Da sempre l'uomo ha attintodal suo habitat i rimedi percurarsi adottando differentistrategie terapeutiche infunzione della propria cultura,delle proprie strutture socialima anche in funzione dellecaratteristiche climatiche,geologiche, fito-geografiche,faunistiche, etc. Sulla base di taliconoscenze l'Etnofarmaco/ogiasta sviluppando numeroseindagini scientifiche e dilaboratorio teseall'identificazione di principiattivi contenuti in medicinali

della farmacopea storica etradizionale con la speranza diisolare nuovi farmaci. Inoltre,grazie all'Antropologia medico lecause fondamentali dellemalattie vengono studiatesecondo un approccio nonsolo fondamentalista, tipicodella medicina, ma soprattuttocontestualista, oweronell'ambiente socio-culturale.Dal 29 maggio al 2 giugno1996 a Genova con il ]0

Colloquio Europeo diEtnofarmaco/ogia e la Ia

Conferenza Internazionale diAntropologia e Storia delloSalute e delle Malattie. si daràla possibilità alle comunitàscientifiche internazionali diconfrontarsi su questetematiche.Owiamente non solo glistorici, i farmacologi e gliantropologi sono interessati ecoinvolti nelle ricerche inoggetto, ma anchefarmacognosti, medici dellevarie specializzazioni, biologi,naturalisti, botanici, zoologi,etnologi, filosofi, psicologi delcomportamento, sociologi,neuro-fisiologi, immunologi.

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,UNIVERSITAIN DIALOGO

Josep M. BricallPresidente della Conferenza Permanente dei Rettori delle Università Europee (CRE)

La relazione che qui pubblichiamo èstata presentata in occasione della conferenza internazionale "La responsabilità europeadelle università" (Pisa, 23-26 novembre 1994). Un incontro che può considerarsi punto di snodo tra due fasi: la prima,

che ha portato al Memorandum sull'istruzione superiore in Europa; la seconda, che ne è l'ideale prosecuzione, tesa ad avviare unnuovo dialogo tra università, governi e Unione Europea per uno spazio universitario comune e tuttavia muIticultumle.

Nuovi campi di indagine; formule diverse di cooperazione, coordinamento, interconnessione comunicativa a flusso costante,non limitata alla sola mobilità; ricerca di un rapporto piÙ profondo tra cultura intellettuale e realtà sociali.

Sono queste (ed altre ancora) le facce diverse di quella "responsabilità" universitaria che può coltivare e diffondere l'idea europeasenza massificarla.

Un progetto ambizioso

Il tema della conferenza ospitatadall'Università di Pisa e organizzatadalla Commissione Europea, conl'aiuto del Ministero italianodell'Università e della Ricerca, è laresponsabilità delle nostre universitànella costruzione dell'Europa. Le uni­versità non hanno soltanto il compitodi conservare il loro tradizionaleruolo storico nella società europea,ma anche di essere capaci di adattarsiai nuovi bisogni e di prevedere leprossime evoluzioni, o meglio anco­ra, di contribuirvi.Si tratta di un progetto ambizioso e,d'altra parte, siamo in un momentoparticolarmente delicato nella vitadelle nostre istituzioni, per cui unaconferenza come questa è di grandeutilità perché ci permette di unire inostri sforzi e di discutere gli orienta­menti.

Università e "multiversità"

L'università ha una tradizione di uni­versalità, che si definiva sia geografi­camente (le università ottenevano un

riconoscimento pontificio, sovrana­zionale e aspiravano a un riconosci­mento universale) sia in rapporto alcarattere generale dell'insegnamentoimpartito (studium generale). Questaaspirazione all'universalità stimolavanelle università anche la ricerca, per­mettendo di estendere i confini dellaconoscenza e di contribuire maggior-

Nella"dimensione europea"

in costruzione c'è spazioper i tratti comuni e per

le diversità,per l'universalità come per

un clima multiculturaleche arricchisca il confronto.Una strategia flessibile deve

dunque guidare la"riprogrammazione" del

mondo accademico in chiaveeuropea

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mente alla comprensione della natu­ra e della società. La ricerca, quindi, èuna conseguenza dell' aspirazioneall' universalità.Bisogna sottolineare che questo desi­derio di universalità ispira sempre leuniversità che resistono ai tentativi dilimitazione della loro missione.Nonostante il lungo periodo in cuisono state sottomesse ad un'autoritànazionale, le università conservanoancora questo desiderio di universa­lità nella delimitazione dei diversicampi di studio e a volte anche nellaseparazione, più o meno imposta, trainsegnamento e ricerca. Le universitàhanno in parte la tendenza a supera­re i confini delle specializzazioninelle varie discipline, a includere, làdove esistono, gli studi universitarisuperiori e di dottorato e, attualmen­te, a favorire la mobilità degli studen­ti e del personale docente e nondocente fuori dai ristretti confini delterritorio nazionale.N on bisogna però sottovalutareun'altra tendenza. Accanto a questavocazione all'universalità, le univer­sità coltivano la tendenza sia alla spe­cializzazione e al particolarismo, cioèalla concentrazione dell'insegnamen-

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to e della ricerca entro campi specifi­ci, sia all'adattamento all'ambientesociale e politico. L'esistenza di unospazio comune europeo, favoritodall'Unione Europea, richiede senzadubbio di prendere in considerazionei bisogni di grande portata di questaimportante area culturale ed econo­mica. Ma è proprio la liberalizzazio­ne economica all'interno di questospazio che porterà alla specializza­zione di alcune aree, da cui ci siaspetta una formazione superiore euna ricerca specialistica e in funzionedei bisogni e delle esigenze. D'altraparte, bisogna aggiungere che questatendenza alla specializzazione richie­derà alle università, con il passare deltempo, che assicurino a queste aree lacapacità di cambiare e di rinnovarsi,continuando così la loro vocazione alsuperamento dei confini del presentee del transitorio.Siamo di front~ a due tendenze: unasembra spingere verso l"'università",1'altra verso la "multiversità". È chia­ro che in ogni centro universitario siritrovano entrambe le tendenze inproporzioni variabili. Ma è difficiledefinire in modo preciso un tipogenerale di università, mentre è pos­sibile mettersi d'accordo sui vari ele­menti che costituiscono, in propor­zioni variabili, un'università.

Per una strategia flessibile

Riguardo alla determinazione di que­ste proporzioni, un nuovo tipo diesercizio dell'autonomia universita­ria, che oggi ha un ruolo moltoimportante, viene definito dallaMagna Charta Universitatum (1988):"eum universitas non nisi inquirendidoeendi instituendi libertate vigent, hnnesuis quneque in finibus praestent ne pro­moveant universitntes et rei publicnepotestntes".Oggi l'autonomia universitaria staassumendo nuove dimensioni. Unaparte degli organi responsabili diogni università deve elaborare unastrategia riguardante gli orientamentiche la singola università deve segui­re, tenendo conto delle prospettive a

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lungo termine e della realtà imme­diata. La considerazione di questoapporto dato da ogni università rap­presenta W1a condizione necessaria einsostituibile per una politica univer­sitaria europea, che deve tener contodi questi contributi all'interno delloro quadro di riferimento.La strategia universitaria dovrà unirei caratteri comuni - effetto della ten­denza all'universalità e alla globalità- con i caratteri specifici, effetto dellatendenza alla diversità e alla specia­lizzazione; dovrà considerare il con­testo esterno immediato e le grandilinee evolutive della società edell' economia; dovrà esaminare lerisorse economiche e umane di cuidispone, considerando che il perso­nale accademico costituisce una ric­chezza particolare rispetto ad altreorganizzazioni; infine, dovrà svilup­pare critiche e innovazioni affinchél'università non sia soltanto in balìadegli avvenimenti, ma piuttosto lianticipi e li favorisca.In ogni caso, dovrà cercare di rag­giungere l'optimum in termini econo­mici (il migliore uso possibile dellerisorse disponibili) e in particolaredovrà cercare di sostenere e migliora­re la qualità dell'insegnamento edella ricerca.Si potrebbe pensare che diamo trop­pe responsabilità a questo piano stra­tegico, in rapporto ai mezzi moltovariabili di cui dispongono i respon­sabili delle università. In parte èvero, per cui dovremo accrescere ilgrado di libertà del sistema di forma­zione superiore.È chiaro che questa maggiore libertàpuò implicare la trasformazione dialcuni elementi della struttura tradi­zionale delle nostre università, che hauna flessibilità limitata, tutta da cor­reggere.Di conseguenza, per concepire unastrategia universitaria, bisogna modi­ficare la sua struttura tradizionale,soprattutto se le implicazioni socialidegli obiettivi previsti suppongonoun adeguato grado di flessibilità.Vorrei aggiungere un'ultima consi­derazione a questo proposito. Lastrategia elaborata dalle università

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può trasformarsi facilmente in unosforzo inutile, se non si prende inconsiderazione la collaborazione conle altre università. Le dimensionidelle nostre istituzioni e le difficoltàdi gestione richiedono una nuovaripartizione del lavoro tra di esse,all'interno dello spazio europeodell'istruzione superiore. Abbiamoappena affermato che le universitàdevono conservare e anche migliora­re la loro qualità, ma nessuno puògarantirlo oggi in tutti i campi: èquindi inevitabile una ripartizionedel lavoro fra le università.Le nostre università sono giunte pro­gressivamente a questa nuova ripar­tizione del lavoro. Innanzitutto, lamobilità degli studenti e degli inse­gnanti si è consolidata ed è divenutaun fenomeno irreversibile e semprepiù importante: l'Unione Europeapuò essere particolarmente orgoglio­sa di questo movimento che essa hapromosso. Questa mobilità si accom­pagna ora alla mobilità del lavoro,perché "man mano che il crescenteimpatto della graduale unionedell'Europa si farà sentire, sottol'impulso del Mercato Unico, coloroche sono impegnati in un numerocrescente di attività professionalidovranno prendere coscienza delcontesto comunitario del loro lavoro"(Memorandum sull'istruzione supe­riore nella Comunità Europea, 119).Accanto alla mobilità, la cooperazio­ne istituzionale tra università costi­tuisce una tappa ulteriore, che parteda uno scambio di informazioni epuò finire con la ripartizione deicompiti fra di esse e fra i dipartimen­ti universitari, al di là dei confini diogni università.Questa cooperazione tra le universitàeuropee aprirà nuovi orizzonti per larealizzazione della funzione sussidia­ria della Comunità nel campodell'istruzione. Ma anche la cono­scenza delle lingue, delle culture edelle mentalità trasformerà l'insiemedel territorio europeo in un camponaturale di attività, costituendo unpatrimonio culturale comune allapratica della vita quotidiana(Memorandum sull'istruzione supe-

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Università di OUawa: gruppo di studio mu/tietnico

riore nella Comunità Europea, 99 e133).Sarà anche possibile affrontaremeglio e risolvere in condizionimigliori i grandi problemi legatiall' ambiente, alla ripartizione dellavoro nel settore della produzione edei servizi, e alla riduzione delle dif­ferenze sociali.

Un contesto comune:solidarietà e dialogo

Nel caso di questo convegno, abbia­mo approfondito il tema delledimensioni storiche, sociali, linguisti­che e politiche della dinamica cultu­rale europea. Ma l'Europa è ancheuna realtà che si manifesta attraversole caratteristiche comuni dell' orga­nizzazione della vita sociale in ognu­no dei nostri paesi. L'esistenza distrutture e di idee simili in diversicampi facilita il nostro compito dicostruzione comunitaria.Nei nostri vari paesi, condividiamol'idea che la collettività debba farsicarico dei bisogni più urgenti e piùessenziali dei cittadini. È superfluoaggiungere che non si è sempred'accordo su ciò che bisogna conside­rare urgente o essenziale, ma condi­vidiamo una certa idea di solidarietà,di fratellanza e di giustizia che obbli­ga i nostri organi politici di rappre­sentanza, eletti democraticamente, afarsi carico di alcuni bisogni o agarantire certe procedure. Il che simanifesta attualmente nella relativagratuità di alcuni servizi collettivi, inparticolare la sanità, l'insegnamentoe l'infrastruttura economica,

....... ..Q..e.,ll: at!rj,~,u~~()12~. ~i _c~r.te prestazioni.. Te nellO sVifuppo di un sistema fiscale

importante e complesso. Mettendoda parte gli interessi elettorali o poli­tici, mi sembra comunque che questapratica sia parte del nostro continen­te; permettetemi dunque di esprime­re la mia soddisfazione personale perquesto aspetto del nostro patrimoniocomune: la società umana non accet­ta di essere regolata dalla selezionenaturale, come avviene per altre spe­cie, e vuole invece difendere i deboli

e incoraggiare la solidarietà.In termini economici, ciò significache una parte rilevante del valoreaggiunto passa per il settore pubbli­co, attraverso le imposte per il finan­ziamento dei bisogni collettivi. Diconseguenza, una parte essenzialedel finanziamento delle costose isti­tuzioni dell'insegnamento superioree della ricerca rientra quasi semprefra le sovvenzioni statali, secondo lalogica della ripartizione delle risorse.Il che non avviene invece in altri conti­nenti.Un altro aspetto della nostra vita col­lettiva in Europa riguarda l'impor­tanza del consenso e del dialogo.Secoli di confronto hanno abituato inostri paesi alla pratica del dialogopaziente e del consenso difficile daottenere. Questa pratica del compro­messo si è mostrata infine molto piùrapida e meno rischiosa rispetto al

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confronto e allo scontro. Formule piùo meno federative, e più o menocomplesse, applicate a territori limi­tati, sono pratiche a volte difficilmen­te comprensibili per i non-europei;invece rappresentano architetturesociali stabili, nonostante periodi dipericolosa instabilità. Non a caso lecattedrali, i centri culturali, l'urbaniz­zazione e anche i centri di vita com­merciale e di scambio economico.hanno a lungo rappresentato lamanifestazione più significativa del­l'unità europea.Le caratteristiche appena descrittenon devono dare adito ad autocom­piacimento, perché spesso ne abbia­mo abusato: sotto la voce servizi col­lettivi, i contribuenti hanno finanzia­to privilegi ingiustificati. Ogni strut­tura crea dei rapporti rigidi e la rigi­dità perpetua il passato, a volte senzagiustificazioni razionali. Inoltre, la

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pratica del consenso può nasconderela difesa di egoismi e l'incapacità diabbandonare certi interessi personali.Abbiamo sufficientemente insistitosu questi aspetti e su altri che dimo­strano l'importanza del nostro patri­monio comune. Permettetemi di spie­gare la mia scelta riguardo a questedue caratteristiche. Credo che esseriflettano due particolarità di unsistema di comportamento che dob­biamo accettare e da cui dobbiamotrarre il meglio. Non si tratta più dimetterle in pratica semplicementeper continuare come prima, ma perpromuovere meglio i cambiamenti.Abbiamo ricordato le parole del ret­tore Brugmans: "tutto ciò che diimportante è successo agli europei hariguardato sempre tutta l'Europa".Mi sembra che abbiamo ragione dipensare che l'impresa che ci attendesia abbastanza importante per richie­dere questo supplemento di unità.La storia e l'attuale contributo socialedelle università impone loro di avereun ruolo attivo nella costruzionedell'università europea. Ma questaunità non si construisce a prescinderedai problemi quotidiani dei cittadinieuropei, per cui dobbiamo tenerconto dell'importanza degli attualiproblemi socio-economici. Le ideolo­gie teoriche non si imporranno con laforza e questo costituisce una garan­zia: il progresso socio-culturale e ilprogresso economico hanno bisognouno dell'altro.Se c'è una cosa che è diventata chiaradopo il 1989, è che qualsiasi progressocomporta necessariamente alcuni fat­tori. Innanzitutto, la crescita progres­siva del mercato, che si fonda su undesiderio di maggiori consumi,soprattutto individuali; secondo,l'importanza di investimenti cherichiedono o stimolano - a secondadei casi - l'evoluzione tecnologica(investimenti programmati e valoriz­zati in funzione del loro rendimento).Il ruolo delle università - nell'inse­gnamento e nella ricerca - è di pri­maria importanza per il progressoeconomico, ma non deve limitarsi aquesto. L'Europa è una realtà multi­culturale, la cui storia include un

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patrimonio comune di ambizioni e diideali umani: se l'università si limi­tasse a un contributo al progressoeconomico, rinuncerebbe al suo pas­sato, tradendo ciò che gli europei siaspettano da essa.

Dal Libro Biancodella Commissione Europea

Il progresso sociale ed economicopassa per determinate vie. I varipaesi o, forse, meglio ancora, le variezone geografiche si sforzano di trova­re il loro posto in questo processo, edè su questo piano che l'Europa devefare la sua scelta. Il nostro continenteha una storia e delle ambizioni chegli permettono di avere chiara la suascelta. In questo senso, il LibroBianco sulla crescita, la competitivitàe l'occupazione della CommissioneEuropea prende in considerazionedei fattori, come l'utilizzazioneappropriata del lavoro e la tuteladell' ambiente.Questi fattori vengono spesso sacrifi­cati in nome dell'aumento dei tassi dicrescita della produzione e della pro­duttività per ogni singolo lavoratore.Questo Libro Bianco segnala ancheche negli ultimi venti anni, in parti­colare in rapporto agli Stati Uniti, ilnostro potenziale di crescita si è dete­riorato per quel che riguarda l'impie­go, la partecipazione europea ai mer­cati esterni, la ricerca, lo sviluppo e leinnovazioni, come pure la creazionedi nuovi prodotti. A questo bisognaaggiungere la recente penetrazionedei paesi asiatici e latino-americaninei mercati di svariati settori indu­striali.Trovare un posto adeguato per lanostra società nella competizioneeconomica mondiale presupponeuno sforzo di produttività. Si puògiungere a questa crescita della pro­duttività grazie alla capacità deimanager di trovare nuovi metodi diproduzione più efficaci, grazieall'applicazione delle tecnologie perla creazione di nuovi prodotti e gra­zie alla formazione dei lavoratori, lecui qualifiche devono essere adattate

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ai bisogni della produzione. La cre­scita della produttività e la nUOvaripartizione geografica del lavorohanno introdotto dei cambiamentifondamentali nell'industria e nei set­tori economici in generale; inoltresono apparse nuove industrie enuove attivi tà economiche, chehanno sostituito del tutto quellepreesistenti o le hanno trasferite inaltre zone. In tal modo, il migliora­mento della produttività modifica lastruttura economica dell'industria edi altri settori.Questa evoluzione, soprattutto nelcorso degli ultimi anni, dimostra che"la ricchezza delle nazioni si basasempre più sulla promozione e l'uti­lizzazione del sapere. Bisogna valo­rizzare al meglio questa nuova formadi progresso offerta alle nostre impre­se e rispetto alla quale la Comunitàdispone di enormi vantaggi. La sma­terializzazione dell'economia si espri­me in particolare attraverso l'uscita dicerte attività dalle imprese industrialie attraverso una crescita più rapidadei servizi. Ciò non significa chel'industria manifatturiera perda diimportanza, poiché essa stessa sitrova al centro di questa evoluzione,continuando a determinare la compe­titività globale del sistema produtti­vo" (Libro Bianco, p. 80).

Verso nuove formule:tempo parziale, formazionecontinua

Sembra che i paesi con i livelli diistruzione simili abbiano anche livellidi reddito simili fra di loro, lasciandoda parte però i paesi con i livelli diistruzione più alti.L'istruzione e la formazione dannoun contributo decisivo sia alla solu­zione dei problemi economici fonda­mentali dell'Europa, sia alla soluzio­ne di problemi sociali di crucialeimportanza, come la disoccupazioneo l'emarginazione. Questa realtà puòessere ben illustrata dall'esempiodegli Stati Uniti, in cui negli anni '80l'aumento del reddito dei diplomatiusciti da studi superiori è stato mag-

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giore del 30% rispetto a quello deidiplomati usciti da scuole secondarie,mentre la remunerazione di chi haconseguito meno di 12 anni di scola­rità è scesa del 20%.Il "Memorandum sull'istruzionesuperiore nella Comunità Europea"segnala che "in passato, le proiezioniin materia di iscrizioni hanno sempreavuto la tendenza a sottostimare ladomanda di studi superiori da partedei giovani. Questa domanda è inco­raggiata dai cambiamenti nelle strut­ture sociali e nei valori culturali,come pure dalla domanda del merca­to del lavoro di una manodopera piùqualificata. Dal momento che questifattori non soltanto persisteranno, masi faranno più pressanti nel prossimodecennio, bisogna aspettarsi una cre­scita generale della domanda di inse­gnamento universitario: ciò dovrebberiflettere il contesto del nuovo decen­nio e implicare un uguale tasso dipartecipazione all'istruzione fra i duesessi e una forte espansione delnumero degli studenti a tempo par­ziale e in formazione continua".L'importanza raggiunta dall'istruzio­ne ha portato naturalmente a unariflessione sulla forma e sulla duratadell' insegnamento universi tario,come pure sull'età di accesso, al di làdell'età tradizionale compresa fra i 18e i 25 anni. Non basta acquisire delleconoscenze e delle tecniche preciseuna volta per tutte a 25 anni: questoapprendimento deve proseguire pertutta la vita e non deve riguardaresoltanto tecniche specialistiche. Devepreparare alla capacità diagnostica eanalitica, oltre che ai continui cam­biamenti: deve cioè comprendere unaformazione generale e umanistica.L'insegnamento a tempo parzialenon deve essere un' eccezione, mauna forma di insegnamento che corri­sponde ai nuovi bisogni della società.Infine, per ottenere un utilizzomigliore delle risorse, in un' età dimassificazione dell'insegnamentouniversitario, è necessario includerele nuove tecniche di informazione edi comunicazione interattiva.Il fatto che l'università si interessi afasce nuove di età sembra corrispon-

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dere a nuove forme di organizzazio­ne del lavoro e dell'apprendimento(in Germania), in cui la flessibilità e illavoro a tempo parziale, soprattuttonei Paesi Bassi e in Norvegia, hannoun ruolo importante.

Ricerca orientata:non solo mercato!

La ricerca dà un significato particola­re all'insegnamento universitario,nella misura in cui determina l'orien­tamento dell'insegnamento e chiari­sce i suoi limiti. In effetti, essa allargai confini della conoscenza e introducegli studenti nel mondo della scienza,inclusi i campi caratterizzati dallamancanza di certezze. A questoriguardo, l'insegnamento universita­rio presenta una particolarità: non sitratta soltanto dell' acquisizione dinuove conoscenze e di nuove tecni­che, ma anche di porsi nuove doman­de e rimettere coraggiosamente incausa le risposte tradizionali.A partire dalla rivoluzione industria­le, nei paesi più industrializzati laricerca è andata di pari passo con ilmiglioramento della sua utilità. Unosforzo rilevante negli investimentiper la ricerca e lo sviluppo è necessa­rio. Secondo il Libro Bianco, inGiappone la crescita media annualedelle spese per la ricerca e lo svilup­po è stata del 10% a partire dallaseconda metà degli anni '80; questacrescita è stata dell'8,l % nell'UnioneEuropea, che ha così superato il 7,9%degli Stati Uniti. Tuttavia, inGiappone come in Europa, questatendenza indica anche un'inquietantebattuta d'arresto: insieme ad un'azio­ne per stimolare e diffondere gli sfor­zi di ricerca e di sviluppo delle tecno­logie, la Commissione propone diagire sulle tecnologie dell'informa­zione, sulla biotecnologia e sulle tec­nologie dell' ambiente.Ma il volume delle spese non èl'unico elemento importante: bisognaorientarle adeguatamente, cioè tra­sformare i processi scientifici e le rea­lizzazioni tecnologiche in risultatipositivi sul piano industriale e com-

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merciale, grazie a meccanismi opera­tivi di trasferimento delle tecnologiee di scambi tra i laboratori, con lapartecipazione attiva delle imprese edelle università. In questo contesto,l'aiuto finanziario del settore produt­tivo e dei governi tende sempre più asviluppare nelle università una ricer­ca orientata verso una valorizzazionecommerciale. La diffusione di istitu­zioni di questo tipo ha preoccupatole università, dal momento chel'impegno tradizionale dell'univer­sità nella ricerca di base rischiava diessere ridimensiona to per ragionicommerciali che privilegiano i risul­tati a breve termine e l'applicazioneimmediata; oltre ad aggiungersi iltimore della perdita di autonomiaintellettuale da parte del professoreuniversitario.Questo rischio non deve però portarea rifiutare in blocco questa evoluzio­ne, anche se bisogna prendere dellemisure per ridurre al minimo i possi­bili effetti negativi.Esistono anche altri pericoli. Ladomanda di applicazioni scientifichea fini commerciali va di pari passocon la crescita dell'intercomunicabi­lità tra studiosi (facilitata dai nuovisistemi telematici), al di là dei confinitradizionali. Recentemente è statosegnalato che esiste un pericolo sem­pre maggiore di conservatorismo e dispecialismo tra gli studiosi.Conservatorismo nel senso in cui lacollaborazione tende a privilegiare lacorrente dominante nella scienza,incoraggiando così il consenso e ren­dendo difficile la contraddizione, cheè invece utilissima; specialismo nelsenso in cui le interconnessioni tra unalto numero di studiosi favorisconola specializzazione in un campo par­ticolare di ricerca.La nostra società progredisce ancheattraverso le opposizioni e la cono­scenza, per il fatto che lo specialistatrasforma in variabile ciò che per luiè un'incognita.È un campo in cui il dialogo continuodelle università con il settore produt­tivo, con l'amministrazione e con leistituzioni europee può essere moltofruttuoso.

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Obiettivi occupazionali

Sul piano storico, le università hannoreso importanti servizi alla colletti­vità, andando oltre la loro funzione diinsegnamento superiore e di ricerca.Il loro ruolo nella cultura e nel siste­ma sanitario (quest'ultimo attraversol'ausilio degli ospedali) si è sempreunito alloro ruolo tradizionale.Le preoccupazioni dell'UnioneEuropea riguardo all'impiego e allacreazione di nuovi posti di lavoropotrebbero unirsi ad un'azione parti­colare da parte delle università. Sonoapparsi nuovi posti di lavoro nel setto­re dei servizi e bisogna abbandonarel'idea che la perdita di posti di lavoronell'industria debba essere compensa­ta dalla crescita del numero di funzio­nari nel servizio pubblico, come èavvenuto in Europa negli anni '70 e'80, senza che se ne fosse precedente­mente discusso. La creazione di nuoviservizi, in cui gli' universitari possonotrovare impiego, si accompagna allacrescita di certe prestazioni di serviziresi dalle università, in risposta alladomanda delle imprese. Certamentequeste prestazioni rischiano di avereun carattere troppo commerciale. Aquesto proposito, la CommissioneEuropea propone di prendere in consi­derazione nuovi bisogni che potrebbe­ro contribuire anche alla crescita eco­nomica: ad esempio i servizi legatiall' ambiente, al sistema sanitario, allacultura e al miglioramento della qua­lità della vita.Uno sforzo delle università a favoredell'orientamento di una parte deglistudi e della ricerca nelle scienzeumane e sociali in questa direzionepotrebbe contribuire in modo rile­vante agli obiettivi previsti dal­l'Unione Europea.

Quattro lineedi cambiamento

All'inizio del mio intervento, ho fattoriferimento alla necessità di una pro­grammazione strategica delle univer­sità e di un nuovo esercizio della loroautonomia. Questa autonomia non

OCCASIONI

può consistere in una rivendicazionecontinua e ritenuta indiscutibile delproseguimento della tradizione: inostri centri universitari devonopiuttosto dotarsi di nuove strutture erispondere alle sfide del presente conun profondo rinnovamento. Solo cosìle università potranno servire megliola società ed essere nelle condizionidi lavorare con efficacia per tutta lasocietà europea. Questo rinnovamen­to riguarda quattro campi.Innanzitutto, la modifica del sistemadi finanziamento delle universitàeuropee. Il settore pubblico contri­buisce almeno per due terzi allerisorse di bilancio delle universitàeuropee. Abbiamo già menzionato lastruttura del sistema fiscale e le carat­teristiche della ripartizione del pro­dotto nazionale nei nostri paesi.Senza alcun dubbio, indipendente­mente dal futuro dello sviluppo eco­nomico e della politica economicadell'Europa, difficilmente potremorivivere i tempi delle sovvenzionistatali generose a favore dei servizicollettivi in generale e delle univer­sità in particolare. Comunque, loStato chiederà alle università di farsidirettamente carico della responsabi­lità di una parte degli obiettivi dellepolitiche universitarie.La relativa riduzione delle risorse dicui beneficiano le università può por­tarle a intraprendere nuove azioni,piuttosto che a lamentarsi della loroinsufficienza. La loro responsabilitàdinanzi alla società richiede l'intro­duzione di sistemi di valutazione, lapratica di diverse forme di organiz­zazione finanziaria e l'adozione dinuovi criteri di selezione delle spese.Il finanziamento di certe spese non sirisolve domandando all' amministra­zione, ma piuttosto con la riduzioneo il rinvio di altre spese.In secondo luogo, la ristrutturazionedella gestione delle università. Leuniversità cercano già di far funzio­nare nuove strutture, con un diversorapporto tra gestione centrale efacoltà, tra personale docente e nondocente, tra direzione tecnica e dire­zione dell'insegnamento, etc.Contemporaneamente, le istituzioni

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introducono certe pratiche di gestio­ne seguite dalle imprese di servizi.Questi cambiamenti toccherannosicuramente il rapporto tra i diversielementi della comunità universita­ria, il suo modo di funzionamento eil sistema di valori condiviso dal per­sonale docente e non docente.Tuttavia questi cambiamenti sonoinevitabili, se si vuole conservarel'autonomia e l'indipendenza delleuniversità e il carattere collettivo delloro servizio.In terzo luogo, vorrei dare una rispo­sta rapida riguardo alle richieste delmondo esterno. L'utilizzazione otti­male delle risorse universitarie non èfine a se stessa; l'obiettivo finale è larisposta ai bisogni in mutamento diuna società dinamica. A questoscopo, l'università deve dotare i suoiorgani di direzione della capacità dicommisurare le risorse agli obiettiviprescelti, grazie alla diversificazionedell'università, a una previsione amedio termine sulle risorse umane ealla riorganizzazione dei localidell'università. Un dialogo attentocon i rappresentanti del settore socia­le e del mondo politico esterniall'università deve permettere di for­mulare con chiarezza e sicurezza gliobiettivi universitari.Per concludere, vorrei accennare allafine dell'autosufficienza. Questocambiamento rilevante implicaun'ampia cooperazione fra le univer­sità, come ho prima accennato. Il chesignifica una partecipazione congiun­ta delle università alla creazione diuna nuova ripartizione del lavoro fradi esse. Al di là di una cooperazionegenerale sotto forma di organizzazio­ni di carattere europeo, è possibileche la vicinanza geografica, quelladelle discipline o la realizzazione diun programma più generale incorag­gino una ripartizione delle funzionifra le università e la loro presenza inuna rete che permetta una facilecomunicazione e una collaborazionefra università ad un livello più globa­le. Il "Memorandum sull'istruzionesuperiore nella Comunità Europea"presenta un elenco completo degliostacoli più importanti che bisogna

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r

superare per raggiungere questa col­laborazione (paragrafi 104 e 105).

Un ampio ~essutocomunIcatIvo

Ho affermato prima che l'Europacostituisce una realtà multiculturale, lacui storia ha accumulato Wl patrimo­nio comune di ideali e di ambizioni.Una parte dell'attività umana riflettele speranze e le frustrazioni dellasocietà: questa manifestazione deidesideri dell'uomo tocca sempre unsistema di valori largamente condivi­so. Noi ci troviamo davanti al mondoineffabile della cultura, che è espres­sione di rapporti interpersonali, maanche causa di numerose divisioni.Uno degli elementi fondamentalidella definizione di cultura è proba­bilmente la comunicazione.La comunicazione stabilisce un tessu­to di relazioiti di carattere culturaleche varia enormemente in Europa aseconda delle aree geografiche.Certamente questo fenomeno esiste­va già nelle società passate, come peresempio in quella europea, e si è con­servato, senza soluzione di conti­nuità, fino ai nostri giorni. D'altraparte, l'Europa è stata quasi sempreil centro di una intensa comunicazio­ne culturale, che non ha creato sol­tanto un contatto superficiale, ma hainvece profondamente segnato levarie culture nazionali. Questo flussodi comunicazione nasconde una pra­tica di comprensione, di critica, dimescolamento, di rifiuto e di adozio­ne: ciò che si può considerare con­traddittorio in una visione statica,assume un senso chiaro esaminando­lo in una prospettiva storica.Questo flusso di comunicazione èstato - ed è ancora - a volte violento,ma ha reso possibili periodi straordi­nari di sintesi, che rappresentano inostri riferimenti culturali. Nonsiamo protetti dalle esplosioni di vio­lenza, ed è per questo che dobbiamocontinuare a coltivare un destinocomune, fondato su un insieme divalori e di speranze.Le università hanno il compito parti-

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colare di studiare e diffondere lanostra profonda unità culturale: que­sto studio deve rivelare le ambiguitàe i limiti di questa unità e offrirenuove prospettive di comprensione,superando le approssimazioni miti­che, parziali e nazionalistiche cheostacolano la comunicazione.Questo lavoro di studio e di diffusio­ne ha anche una portata pratica.Attraverso l'istruzione, comprendia­mo meglio che i lati positivi delnostro patrimonio comune sono unagaranzia di libertà, di convivialità edi solidarietà. Il nostro contributopuò "rendere gli studenti più consa­pevoli delle politiche seguite a questoscopo, del loro successo e delle diffi­coltà. Si tratta anche di un modo fon­damentale per contribuire alla nasci­ta e alla diffusione del sentimento dicittadinanza europea".Le condizioni minime necessarieall'organizzazione di questa comuni­cazione sono ormai acquisite. In pas­sato, gli universitari costituivano unaparte ininfiuente della popolazione enon appartenevano al mondo dellavoro. Per secoli, il mondo del lavo­ro produttivo, tecnico o intellettualee il mondo del tempo libero, in cui siproducevano normalmente le mani­festazioni culturali, non coincideva­no: gli economisti classici hanno ana­lizzato molto bene questo tipo disocietà. La recente evoluzione storica,in particolare dopo il 1945, ha avvici­na to fenomeni precedentementeappartenenti a campi diversi dellasocietà. Non a caso dal 1945 ad oggi,i paesi europei hanno deciso di coo­perare in modo multilaterale, crean­do una nuova realtà politica ed eco­nomica che fa dell'Europa un'unicarealtà, al di là delle astrazioni.Questa nuova realtà permette di inte­grare la "dimensione europea" nelleuniversità, grazie a politiche che stan­no ottenendo un successo crescente(mobilità degli studenti e del persona­le, accademico e non, sistema di trasfe­rimento di unità di valori, partecipa­zione a programmi dell'UnioneEuropea, reti di programmi congiwlti,insegnamento di altre lingue europee,corsi sulla cultura di altri paesi europei

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e slùl'Europa in generale). Questo per­corso porta a risultati incontestabili.Forse dovremmo definire qui le lineed'azione che costituirebbero, a partiredalle università, il nostro contributoalla cultura comune della fine delsecolo. L'esercizio di analisi e di razio­nalità è una caratteristica delle nostreistituzioni. Permetteterni di suggerireche questa razionalità sia messaall'opera per contribuire a una miglio­re comprensione della vita quotidia­na. Le discipline letterarie e le scienzeumane hanno davanti a sé Wl campodi investigazione ricco e complesso.Come abbiamo già notato, la nostraeconomia stimola ed è a sua volta sti­molata da consumi crescenti. Questodesiderio di consumo è stato incorag­giato senza porre limiti e viene sod­disfatto da beni materiali provenientidal settore produttivo. Dato l'impe­gno in questa ricerca, il tempo adisposizione è già totalmente saturo,fino a rendere impossibile uno spazioper respirare tranquillamente, percoltivare desideri forse più nobili.Contemporaneamente, il settore pro­duttivo elimina le forze lavoratricirese superflue dalle nuove forme dienergia, di attrezzature e di mezziproduttivi: da ciò derivano altre con­seguenze importanti sul piano umano.È fuori discussione che questi feno­meni, così come altri ugualmente opiù rilevanti, suscitano interrogativiriguardo ai diritti dell'uomo e alladignità della persona umana, riguar­do alla libertà e alla morale. Noncredo che questi interrogativi possa­no restare estranei alla nostra esisten­za, ma, anzi, debbano essere formu­lati a partire dalla nostra vita quoti­diana, cioè dalla nostra vita sociale edalle preoccupazioni economiche.Le università dispongono dellanecessaria autonomia per collaborarealla costruzione di una Europa di cit­tadini liberi, preoccupati della giusti­zia. A questo scopo, devono sforzarsidi prendere in considerazione i biso­gni reali della società e dell' econo­mia, seguendo i quali potranno intro­durre le riforme ad esse necessarieper il giusto proseguimento dellaloro evoluzione storica.

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OCCASIONI

abstract

The pnper of Josep M. Bricall, the new chnirmnn of theEllropenn Conference of Rectors, which nppenrs in the section"Occasioni" thanks to the width of its scope, was submitted tothe internationalmeeting "The European responsibility ofhigher education" held in Pisa in November 1994. The meetingwas a tllrning-point marking the passage from a period ofintensive preparation culminnted in the Memorandum onHigher Education in Europe to its ideai continuation aimed atestablishing a new dialoglle involving tlniversities,governments nnd Ellropean Union and at promoting acommon, though multicultural, activity in the field of highereducation.New fields of resenrch; different forms of coopemtion andcoordination; an increased flow of communication not limitedto mobility only; the search for n deeper connection betweenintel1ectual world nnd social issues, between questions andanswers. These are only some fncets of the responsibility ofhigher education in promoting and disseminnting the idea ofEurope.Universities should not only plny their traditional role in theEuropean society: they should also meet the new needs andforesee or rather contribute to deve/opment.The cooperation among European universities will open newhorizons to the activity of the EU in the field of education. Theknowledge of other Innguages and cllitures wil/ tmnsform thewhole European territory into a natural field of activitiesrepresenting a com111011 cultural heritage.

Le mpport de Josep M. Brical/- nouvenu président de InConférence des Recteurs Européens - publié dans la rubrique"Occasioni" vue son ampleur panoramique, a été présentépendant la Réunion international de Pise sur "La responsabilitéeuropéenne des Ùniversités" (novembre 1994). C'est unerencontre qui peut etre considérée comme charnière entre deuxphases: la première, qui a porté au "Memorandum SUI'

!'instruction supérieure en Europe" après une longuepréparntion; la seconde, qui en est la suite idéale, visant àentreprendre un nouveau dialogue entre universités,gouvernements et Union Européenne pour un espaceuniversitaire "commun" mais "multiculture/".De nouveaux domaines d'enquete; des formules différentes decoopérntion et coordination; circulation continue decommunications, en ne se limitatant donc pas à la seule1110bilité: recherche d'un rnpport pltls profond entre cultureintel1ectuel/e et réalités sociales ou mieux entre questions etréponses. Ce sont là uniquement quelques uns des n0111breuxaspects de cette "responsabilité" universitaire qui peut cultiveret diffuser !,"idée européenne".Les universités, en effet, n'ont pas seulement le devoil' deconserver leur role historique dans In société européenne, maisaussi celui de s'adapter aux nouveaux besoins et de prévoir lesnouvel/es évolutions, oumieux d'y contribuer.La coopération entre les universités européennes ouvrira de110uveaux horizons pour les fonctions C0/11111unautaires dans ledomaine de !'instruction. Mais encore, la connaissance deslangues, des cultures et des 111entalités transformera l'ense111bledu territoire européen dnns un terrain nnturel d'activité enconstituant un patril110ine culturel commun.

~ ~resume55

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INDAGINESUI GIOVANI DELLANUOVA GERMANIA

Roberto Peccenini

Il 9 novembre 1989 veniva aperto ilMuro di Berlino. Un giorno come glialtri per la maggioranza dei giovanitedeschi. Solo un terzo di essi consi­dera adesso quella data come ungiorno di felidtà e il 9% addiritturacome un giorno di lutto nazionale.Questo dato, insieme ad altri ugual­mente notevoli, risulta da un'inchie­sta svolta per conto dello Spiegeldall'Enmid-lnstitut su un campionerappresentativo di 2.034 giovani tra i14 e i 29 anni. È necessario adottarealcune riserve critiche nei confrontidi indagini di questo tipo, quandonon hanno l'estensione e l'approfon­dimento che caratterizzano, ad esem­pio, le tre inchieste IARD coordinateda Alessandro Cavalli e Antonio deLillo!. Inoltre, come ha dichiarato lostorico Giovanni Levi, coautore diuna ponderosa Storia dei giovani2

, isondaggi "sui valori giovanili sonocredibili solo a metà. Il teen-ager deverispondere troppo rapidamente suconcetti sistematizzati che lui invecenon ha nessuna voglia di sistemare,perché è soprattutto in divenire e larisposta sarà comunque congiuntura­le, volubile". Tuttavia è lecito trameconferme o smentite a linee di ten­denza che sembrano affermarsi inmodo durevole.Dall'indagine emerge l'autoritratto diuna generazione disillusa, spessoinsicura, politicamente disorientata,talvolta violenta e deviante. I valori,se proprio non sono tramontati,

restano confinati in un lontano oriz­zonte. La maggioranza, infatti, pensadi essere al mondo per godersi lavita, già percepisce circa 1.100 marchial mese e a 35 anni vorrebbe perce­pirne, in media, più di 4.000 al mese.Gli altri possibili sensi dell' esistenzapassano molto in secondo piano:costruirsi una famiglia per cercaresicurezza (20%), mostrare a tutti ilproprio valore (14%), mentre solo1'11 % pensa di essere al mondo per

Cosa pensano e sognano,in cosa credono

e come si comportanoi giovani tedeschi

. .a cmque annz

dal crollo del Muro?

fare qualcosa di buono. La classificadi ciò che conta nella vita vede alprimo posto la salute e l'amore, indi­cati dal 54% degli intervistati, poil'amicizia e la famiglia, scelti rispetti­vamente dal 45 e dal 43%. Solo il 25%segnala un valore ideale (la giusti­zia), il 22% il denaro e, in percentualipiù ridotte, altre mete edonistiche(divertimento, tempo libero, sesso) odi autoaffermazione (carriera). Ildenaro, più che la soddisfazione per-

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sonale, sembra essere lo scopodell'attività professionale per circa lametà degli intervistati. Circa un quar­to dichiara di aver fatto uso di dro­ghe leggere. I valori religiosi appaio­no anch'essi in declino. Se ancora piùdella metà (il 54%) dichiara di crede­re in Dio, solo un terzo del campionecrede nella divinità di Cristo. L'impe­gno sociale e ancor meno quello poli­tico non vengono presi in gran consi­derazione. Anche se tra le organizza­zioni più stimate vi sono Greenpeacee Amnesty International (dal 64% edal 50%), solo il 4% dichiara di volercondurre una vita da attivista in unadi queste associazioni.Interessanti le considerazioni riguar­do all'istituzione familiare che, tuttosommato, continua a svolgere un suoruolo e ad essere considerata dai gio­vani tedeschi. Tra gli intervistati soloil 50% risiede ancora in famiglia e ben1'85% è cresciuto con entrambi i geni­tori. L'educazione ricevuta solo inuna porzione ridotta è stata autorita­ria 0119% dice di essere stato educatoseveramente e il 4% anche con per­cosse). Una piccola parte lamentaun' insufficiente attenzione educativa(7%), ma la maggioranza (40%) rico­nosce di aver avuto un'educazioneamorevole e il 32% permissiva. Ilrisultato è che il 61 % dichiara chesono i genitori ad aver avuto il mag­gior influsso sul proprio pensiero,mentre 1'80% afferma di avere soprat­tutto fiducia in loro. Elevata è anche

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la percentuale di coloro che intendo­no procreare figli (85%), tuttavia fariflettere, in un paese a crescita zerocome la Germania, la discreta percen­tuale (14%) di coloro che non deside­rano bambini. Costoro si possonosuddividere in due gruppi equivalen­ti a seconda delle motivazioni: alcuneche potremmo definire di auto-affer­mazione (economica, professionale,nel tempo libero), altre di tipo pessi­mistico (la sfiducia nel futuro).Veniamo così a un altro punto impor­tante, che riguarda la soddisfazione ele aspettative in generale e poi nelbreve, nel medio e nel lungo periodo.I giovani considerati sono general­mente soddisfatti non solo delle lorofamiglie ma anche del loro paese: soloil 31 % vorrebbe vivere in un altropaese, il 52% è orgoglioso di esseretedesco, in primo luogo per motivieconomici, poi per la realtà politica ein terzo luogo pE;r la cultura tedesca.Nel breve periodo, però, ai più sem­bra che la situazione sia peggiorata: il63% si sente più minacciato dalla vio­lenza rispetto ad alcuni anni fa e il48% pensa che la Germania si trovioggi in condizioni peggiori rispetto alperiodo della riunificazione. Per ilprossimo futuro torna però l'ottimi­smo, sebbene con una maggioranzaristretta: il 54% vede il futuro dellasocietà con fiducia e il 46% negativa­mente. Tuttavia, se ci proiettiamoverso un avvenire più lontano, osser­viamo che le visioni utopistichehanno definitivamente ceduto ilpasso a quelle apocalittiche: solo il 6%preconizza l'abolizione delle guerre eil 4% una società senza problemi nellaquale sarà disponibile tutto ciò che ènecessario. Il prevalere dell' indivi­dualismo esasperato è previsto dal37% contro il 15% che ipotizza unritorno alla socialità. Tra gli spettriche minacciano gli incubi dei giovanitedeschi è ovviamente in ribasso iltimore della guerra atomica (12%)mentre godono ottima salute le pauredi stampo ecologistico generate dallascarsità di materie prime (46%) odall'ipertrofia della scienza e dellatecnica (45%). Viva anche la minacciadel Grande Fratello: il 30% pensa che

EUROPA OGGI

gli uomini del futuro verranno com­pletamente controllati dai computer.

Politica, democrazia,neonazismo

Abbiamo accennato prima alla gene­rica sfiducia nella politica che alli­gnerebbe nei giovani della Germaniacome in quelli degli altri paesi avan­zati. In realtà il discorso è più com­plesso, per la peculiarità della storiaremota e recente della Germania.Vi è una percentuale di una certa rile­vanza che manifesta poco o nullo inte­resse per la politica (30%), più o menopari alla percentuale di coloro che nonvotano, non intendono farlo o lofanno saltuariamente (32%). I partiti, iministri, i politici in genere sono alminimo della credibilità e della fidu­cia (rispettivamente 5,3 e 2%). D'altraparte vi è un nutrito gruppo chedichiara di occuparsi molto o moltissi­mo di politica (28%). Se però si guar­da ai valori di fondo della convivenzacivile il consenso si fa più ampio: per1'80% vale la pena difendere il presen­te ordine sociale, mentre il 90% ritieneche la democrazia in Germania siaqualcosa di prezioso e 1'81 % è dispo­sto ad assumere iniziative per proteg­gerla qualora fosse minacciata. Dallevarie risposte al questionario si evinceinoltre una adesione maggioritaria aideologie o, meglio, ad atteggiamentigenericamente ambientalisti, pacifisti,tolleranti.Vi sono però due questioni che preoc­cupano: da una parte l'esistenza diuna frangia giovanile numericamentecircoscritta, ma molto presente grazieal fatto di essere sotto i riflettori deimedia, che trova nel richiamo ai sim­boli del Terzo Reich una coonestazio­ne alle manifestazioni violente edevianti del proprio disagio.Leggendo trasversalmente il questio­nario emerge sempre una percentualedal 2 al 5% che dichiara di esserededita occasionalmente ai pestaggi oal furto, di sporcare o danneggiareoggetti per rabbia o per noia, di dise­gnare svastiche, di rispondere "SiegHeil" a chi salutasse con "Heil Hitler",

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di avere simpatia per i Republikaner,di andare in giro armato, di desidera­re maggiore violenza negli spettacolicinematografici e televisivi, e così via.Se questi rigurgiti neonazisti, nel lorointersecarsi con le altre costellazionidella galassia giovanile (skinheads, hoo­ligans, punk, complessi rock, etc.)richiedono attenzione e vigilanza daparte di politici, educatori e comunicittadini, si può però pensare che sitratti di fenomeni isolabili e forse tran­sitori. Dall'altra parte, tuttavia, destastupore il fatto che, nonostante l'accet­tazione dei valori democra tici di cuiprima dicevamo, persistano in largaparte della popolazione giovanilealcuni dei pregiudizi nazionalisticiche hanno purtroppo caratterizzato lastoria tedesca di questo secolo. Peresempio, ben il 45% degli intervistatiha risposto affermativamente alladomanda se i tedeschi sono superioria qualche altro popolo e, alla richiestadi precisazioni, 1'87% ha indicato ipolacchi, il 74% i turchi, il 63% i russi,il 20% i francesi e 1'11 % gli statuniten­si come popoli inferiori ai tedeschi.Ancora, ben il 41 % vede negativa­mente il fatto che un ebreo tedescodiventi presidente della RepubblicaFederale Tedesca; il 24% ritiene cheHitler, prescindendo dalla II guerramondiale, sia stato un buono statista;il 15% indica tra le persone più odiategli stranieri che cercano asilo politicoe il 23% ritiene che vivano alle lorospalle; il 47% pensa che i tedeschivadano favoriti rispetto agli stranierinell' assegnazione dei posti per inse­gnanti e studenti.

Condizione Biovanile eorientamentI politici

Questi dati sono stati oggetto diinterpretazione in un convegno svol­tosi a Genova alla fine del '94, orga­nizzato dal locale Goethe Institut, ehanno permesso un confronto tra lasituazione italiana e quella tedesca,soprattutto per quanto riguarda letendenze politiche giovanili.Wilhelm Heitmeyer, dell'Universitàdi Bielefeld, ha confermato con i dati

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in suo possesso che gli orientamentipolitici che minacciano la democrazia,come la violenza xenofoba, ottengononotevole consenso non solo dai margi­ni ma anche dal centro della società.Va tuttavia considerato, secondo ilsociologo tedesco, che in Germaniaesistono due società e quindi due tipidi condizioni di vita e di orientamentipolitici, improntati all'Ovest dal pre-

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valere dell' individualizzazione eall'Est dalla transizione da una societàstrutturata. In ogni caso, le condizionidi vita determinate dalla crescenteindividualizzazione e da nuove possi­bilità culturali portano al ritorno dellevecchie questioni sociali e delle corri­spondenti strutture della disugua­glianza. In questa tensione si svilup­pano gli orientamenti politici, che da

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L'Università di Ottawa dispone di unefficiente servizio di informazione eorientamento professionale

anni mostrano le seguenti tendenze:crescente scetticismo sull' elezionecome elemento di partecipazione;atteggiamento distaccato nei confrontidelle istituzioni sociali; scetticismoanche slùle attività politiche non con­venzionali come quelle attuate daimovimenti.Dieter Baacke, pedagogista ed esper­to di comunicazione, sottolinea chequesti sviluppi non vanno però inter­pretati in chiave di depoliticizzazio­ne, ma piuttosto come la ricerca deigiovani verso nuove forme di impe­gno che esulano dalle tradizionaliforme di rappresentanza politicadella democrazia parlamentare e deipartiti. In particolare ha messo inluce che nella Germania Est, al tenni­ne del vecchio regime, le culture gio­vanili hanno avuto la funzione diesprimere la trasgressione, la rivoltae la resistenza contro l'ordine politicoesistente. Da quando si è realizzatal'integrazione anche in questi gruppisi è via via affermata la tendenzaverso l'allontanamento dalla politica,così come da tempo si era già verifi­cato all'Ovest. In conclusione, si assi­ste a un ripiegamento su se stessi,con un' amara rinuncia a esigere epromuovere mutamenti dell' ordinepolitico e sociale.C'è uno slogan che riassume questoatteggiamento: "La vita è una fotoco­piatrice e noi siamo soltanto unacopia".Come trovare una sintesi di quantoabbiamo esposto? Forse nel punto n.82 del questionario che abbiamo cita­to prima. Alla domanda su che cosasi pensa quando si sente la parola"Germania", il 79% degli intervistatiha risposto "il marco".

I L'ultima, intitolata Giovnni nnlli '90, è statapubblicata nel 1993 presso Il Mulino.

La citazione riprende alcune dichiarazionirilasciate a "la Repubblica" del 31/10/94. Iltesto menzionato è G. LEVI - J.c. SCHMITT,Storin dei giovnni, val. I: Dnll'nntichitlÌ nll'etlÌlIlodel'lln, val. II: L'etlÌ contelllporanen, Laterza,Bari 1994.

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EUROPA OGGI

VERSO L'ANNODELLA FORMAZIONE CONTINUA

Massimo Gaudina

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Dodici mesi, sei obiettivi

I) Sensibilizzare il pubblico europeo sull'importanza della fOI-mazione lungo tutto l'arco

della vita, come fattore fondamentale dello sviluppo del singolo e della sua partecipazioneal processo decisionale democratico.2) Promuovere una migliore cooperazione tra enti di formazione e imprese, in particolarequelle di piccole e medie dimensioni.

3) Contribuire a una crescita economica europea ad alta densità occupazionale, favorendola consapevolezza delle parti sociali sull'importanza di creare opportunità di istruzione eformazione permanente.4) Sensibilizzare i cittadini europei sulle iniziative assunte dall'Unione Europea in tema diriconoscimento dei titoli accademici e professionali e di promozione di una dimensioneeuropea dell'istruzione (Leonardo e Socrates).

5) Sottolineare l'importanza di garantire a tutti, indipendentemente dal sesso, dall'età,dall'origine etnica e dalle condizioni economiche e sociali, l'accesso all'istruzione e alla for­mazione permanente.

6) Sostenere i genitori e i tutori nell'adempimento delle loro responsabilità nell'istruzione enell'educazione dei giovani.

Il 1996 sarà l'anno europeodell'Istruzione e della Formazionecontinua. Lo ha deciso l'UnioneEuropea sullo slancio del LibroBianco di Delors ("Crescita, competi­tività e occupazione") che, nel suocapitolo VII' prevedeva la futura"proclamazione e l'organizzazione diun Anno europeo" quale segnale estrumento di sensibilizzazione sullenuove esigenze e sugli obiettivi alungo termine delle politiche europeedi "education and .training".Tali politiche, na'te in sordina a metàdegli anni '80 e inizialmente cono­sciute da una ristretta cerchia diaddetti ai lavori, hanno via via acqui­sito importanza e "notorietà" I coin­volgendo, attraverso i vari program­mi di mobilità, un numero crescentedi studenti e di docenti. Tuttavia, allesoglie del terzo millennio e di frontealle mutevoli sfide di una societàsempre più complessa, un salto qua­litativo si è reso necessario.L'Europa ha infatti compreso chel'autentica chance per il suo sviluppoe per il mantenimento di una posizio­ne centrale nel mondo risiede nel suostraordinario patrimonio culturale enella capacità di collegarlo, in modoarmonico e fruttuoso, alle sue risorseumane e a quelle ambientali.La riuscita di questo modello di cre­scita sociale ed economica risultaintimamente connessa non soltantocon il ruolo centrale assegnatoall'istruzione ed alla formazionedelle risorse umane, ma anche con lacapacità di trasmettere a tutti i citta­dini europei la percezione di questacentralità.Accanto al potenziamento dei variprogrammi comunitari (non soltantoSocrates e Leonardo, ma anche le ini-

ziative AOAPT e EMPLOI, finanziatedal Fondo Sociale Europeo e destina­te alla formazione "job-oriented"), laCommissione ha deciso di sensibiliz­zare l'intera opinione pubblica euro­pea sull'importanza dell'istruzione edella formazione, in particolare diquella permanente, nella loro duplicefunzione: da un lato in quanto stru­menti di sviluppo individuale, diintegrazione del singolo nella vitaattiva e nei processi decisionalidemocratici, di adattamento costantedell'uomo al mutevole ambiente eco­nomico e tecnologico in cui opera;dell'altro, in quanto fattori-chiave diuna crescita socio-economica ad altaintensità occupazionale, che possadelineare un "modello europeo disviluppo" secondo la linea tracciatada Delors.Per meglio affrontare le opportunitàe i rischi prodotti della cosiddetta"società dell'informazione", occorre

in sostanza immaginare l'affermarsiparallelo di una "società della forma­zione", nella quale il sapere e il saperfare saranno determinanti non sol­tanto per entrare nel mondo del lavo­ro, ma anche per poterlo dominare,per poter gestire i numerosi muta­menti professionali e tecnologici eper valorizzare al massimo le poten­zialità e le caratteristiche di ogni indi­viduo.Di questa "società della formazione"il 1996 dovrebbe costituire l'anticipa­zione e la presa di coscienza a livelloeuropeo, attraverso una capillareazione di divulgazione e di sensibi­lizzazione diretta sia al grande pub­blico che agli addetti ai lavori.L'iniziativa dell'Anno europeo dovràanche costituire un viatico per per­mettere a tutti i soggetti coinvolti(accademici, istituzionali ed economi­ci) di avviare una riflessione a 360gradi sui vari sistemi educativi euro-

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LEONARDO GARANTISCE LA FORMAZIONE EUROPEAAlle soglie dell'Anno europeo dell'Istruzione edella Formazione continua è lecito chiedersinon solo a che punto è la formazione, masoprattutto cosa ci sarà dopo la formazione.Se da un lato si fa sempre più evidente ilproblema della disoccupazione, un'analisiattenta mostra che non sono soltanto i postidi lavoro a mancare, ma soprattutto il perso­nale qualificato. Il mercato è in costantecambiamento; quando la formazione profes­sionale è di qualità, multidisciplinare e flessi­bile per adattarsi alle evoluzioni tecniche etecnologiche è più facile inserirsi nel mondodel lavoro. I giovani europei, invece, nonsono attrezzati per affrontare questi muta­menti, e non bisogna illudersi che per gliadulti le cose vadano meglio, a meno chenon abbiano proweduto a rinnovare la loroformazione. Il nuovo programma comunita­rio Leonardo - presentato a Firenze il I 8 e il19 maggio - si propone proprio di trovarerisposte adeguate alla richiesta di qualifica­zione e riqualificazione professionale di gio­vani e adulti.Leonardo è un programma quinquennale(1995-1999) che dispone di un finanziamen­to di 620 milioni di ecu, pari a circa 1.150miliardi di lire. È piuttosto articolato poichériunisce in sé una serie di obiettivi che in pas­sato erano suddivisi tra vari programmi(Petra, Force, Eurotecnet, Comett).Leonardo può essere suddiviso in due grandicapitoli. Il primo riguarda la "formazione ini-

pei, sulla loro efficacia rispetto ai biso­gni emergenti e sulla possibilità di unloro adattamento e rinnovamento.Inizialmente limitata ad alcuni temicircoscritti (ad esempio formazionecontinua, spazio europeo dell'istru­zione, formazione per le piccole emedie imprese, pari opportunitàuomo-donna nell'accesso all' istruzio­ne), la proposta della CommissioneEuropea su questa iniziativa ha inseguito accolto numerosi emenda­menti sia da parte del Parlamento diStrasburgo che in seno al Consiglio.La proposta modificata della decisio­ne che istituisce l'Anno europeodell'Istruzione e della Formazione

ziale" (miglioramento dei sistemi di formazio­ne professionale e di tutte le metodologieformative che portino al raggiungimento diuna qualifica professionale riconosciuta); ilsecondo è relativo alla cosiddetta "formazio­ne continua" (aggiomamento e riqualificazio­ne dei lavoratori). Vanno inoltre ricordateanche altre misure, come il sostegnoall'apprendimento linguistico e il confrontotra esperienze di paesi diversi.Gli strumenti a disposizione sono i progettipiloto e gli scambi, entrambi di carattere tran­snazionale: owero devono essere coinvoltipartner di almeno tre paesi diversi (due inalcuni casi). I progetti pilota sono rivolti allasperimentazione di soluzioni innovative nelcampo della formazione (nuovi materialididattici o metodi di apprendimento all'avan­guardia). Qui è la vera originalità del pro­gramma: Leonardo non finanzia la formazio­ne, ma lo ricerco e /'innovazione nel campodello formazione, owero tutto quanto prece­de l'intervento formativo assicurandone laqualità. Grazie agli scambi, invece, studenti,formatori e operatori possono fare nuoveesperienze nel corso di soggiomi all'estero. Ilprogramma renderà quindi più stretto e orga­nico il legame tra le università e le industriefavorendo la conoscenza delle lingue in ambi­to professionale.Gli operatori più diversi (istituti tecnici eprofessionali, università, imprese, parti sociali,centri di ricerca), sia pubblici che privati,

lungo tutto l'arco della vita2 contem­pla così sei obiettivi prioritari (vediriquadro), che riguardano di volta involta l'istruzione di base, la forma­zione universitaria, quella professio­nale e quella permanente.Le azioni da realizzare nel corso del'96, che la Commissione potrà finan­ziare o cofinanziare a seconda deicasi, sono classificabili in cinque cate­gorie:a) Sondaggi e studi: incentrati sull'ana­lisi dello status quo e sulle aspettativedei giovani e degli adulti, servirannoad alimentare il dibattito politico e lariflessione sui temi dell'Anno euro­peo.

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possono presentare i loro progetti a patto dicoinvolgere partner di altri paesi comunitali,oltre a Svizzera, Norvegia e Islanda, Cipro,Malta e ai paesi dell'Europa centrale associatiall'Unione Europea (come Ungheria ePolonia). La scadenza per presentare ledomande di finanziamento è il prossimo 3 Iluglio.

I.C.

Per informazioni:

Marina RozeraIsfol - Tel. 06/44590 I - 44590249 Fax06/8547321

Guido Corazzi ari, Franco Carinci, RitaGrazianoMinistero del Lavoro e Previdenza sociale ­Ufficio CentraleTel. 06/4941323 Fax 06/4440935

Giuseppe Martinez y Cabrera, AnnamariaLeuzziMinistero della Pubblica Istruzione ­Istruzione professionaleTel. 06/58495189 Fax 06/58495208

Achilleas MitzosCommissione Europea - DG XXII Istruzione,Formazione e GioventùTel. 003212/2958560

b) Conferenze: quella d'aperturadovrebbe svolgersi in Italia, in coinci­denza con l'inizio del semestre italia­no di presidenza del Consiglio (gen­naio 1996), quella di chiusura si terràa Bruxelles dodici mesi dopo. Altreconferenze saranno ospitate in tuttigli Stati membri, sia sulla dimensioneeuropea della formazione che su temisettoriali (istruzione superiore, biso­gni delle piccole e medie imprese,ruolo dei genitori, etc.).c) Progetti decentrati (colloqui, fiere,giornate "porte aperte", etc.): indi­spensabili ai fini di un'autentica sen­sibilizzazione dei cittadini, permette­ranno di identificare, analizzare e

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EUROPA OGGI

SOCRATES PENSA ALL'ISTRUZIONEAll'alba del XXI secolo, sullo sfondo di fatto­ri legati al cambiamento strutturale, allo svi­luppo della tecnologia, all'internazionalizza­zione, emerge con crescente vivacitàl'importanza conferita o da attribuire alruolo dell'educazione, intesa nel senso piùampio del termine.Socrates costituisce la risposta a tali cambia­menti nell'ottica di una dimensione europeadell'educazione: questo è infatti il program­ma d'azione dell'Unione Europea per la coo­perazione transnazionale nel campodell'educazione. Ha durata quinquennale(1995-1999) ed è applicabile dai 15 Statimembri più Islanda e Norvegia'. Scopo pri­mario del programma è quello di valorizzarela qualità dell'educazione dei bambini, deigiovani e degli adulti; favorire l'accesso allemolteplici modalità di apprendimento pro­prie dei diversi paesi della Comunità e offri­re maggiori chance ai giovani consentendoloro di aumentarE) le proprie esperienze per­sonali negli altri Stati europei, sì da prepararlialle carriere future.Socrates fa parte di una strategia più ampiaper la promozione del concetto dell'appren­dimento durevole come unica risposta allarapida e costante evoluzione dell'educazionee alla necessità di formare "cittadini euro­pei". Oggetto del programma è dunquel'istruzione: la centralità di tale argomento èdeterminata sia dalla crescente consapevo­lezza della sua rilevanza per il successo pro-

diffondere le esperienze più signifi­cative compiute da università, impre­se, associazioni o individui.d) Azioni per il grande pubblico: trasmis­sioni televisive, manifestazioni cultu­rali o sportive, premi e concorsi a livel­lo regionale, nazionale ed europeo.e) Progetti-pilota: iniziative originali einnovative da inserirsi nell' ambitodei programmi Socrates, Leonardo,Gioventù per l'Europa III o in altriprogrammi comunitari.Nella selezione dei progetti sarannoprivilegiati quelli in grado di dimo­strare in modo pratico i benefici dellaformazione per un individuo, perun'i mpresa o per lo sviluppo di una

fessionale dei giovani, sia dalla realizzazionedei processi di unificazione reale dell'UnioneEuropea e dalla correlata necessità di rende­re omogenei i sistemi formativi e le qualifi­che professionali dei paesi membri. Socratesdifferisce dalle precedenti iniziative comuni­tarie nel settore dell'istruzione perché neabbraccia tutti i tipi e i livelli entro un unicoprogramma di cooperazione europea: com­prende infatti, tra l'altro, l'istruzione superio­re (Erasmus), l'insegnamento scolastico(Comenius), la promozione delle competen­ze linguistiche (Lingua), un network. di infor­mazioni educative (Eurydice).Gli obiettivi specifici di Socrates sono:- sviluppare una dimensione educativa euro­pea a tutti i livelli, tenendo conto del patri­monio culturale proprio di ciascuno Statomembro;- promuovere le conoscenze linguistiche;- favorire la cooperazione ad ampio raggiofra le istituzioni dei diversi paesi dell'Unionepreposti all'istruzione;- incoraggiare la mobilità dei professori, cosìcome promuovere una dimensione europeanegli studi;- sollecitare la mobilità degli studenti, con­sentendo loro di portare a termine unaparte dei loro studi in un paese europeodiverso da quello di appartenenza;- favorire i contatti fra studenti di diversiStati comunitari;- incoraggiare il riconoscimento europeo dei

regione; quelli che valorizzano il con­cetto di formazione continua; quelliche si riferiscono ai programmicomunitari; infine quelli che illustra­no l'apporto della cooperazione trans­nazionale.La gestione dell'intera iniziativa, perla quale sono stati stanziati 8 milionidi ecu, sarà affidata alla Commis­sione e ad un comitato consultivo adhoc composto dai rappresentanti deiQuindici.Ogni Stato membro dovrà inoltredesignare un ente responsabile dellaselezione, del coordinamento e dellarealizzazione delle azioni di respironazionale.

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diplomi, dei periodi di studio e di altre quali­ficazioni, con lo scopo di facilitare lo sviluppodi un'area europea aperta nel campo dellacooperazione all'educazione;- incoraggiare la formazione aperta e adistanza;- favorire lo scambio di informazioni sullediverse modalità di insegnamento nei sistemidegli Stati comunitari, dando modo diapprontare soluzioni omogenee per casisimili.Socrates è chiamato anche a contribuire ascopi "trasversali", quali:- maggiore coesione fra i paesi comunitariattraverso la condivisione di esperienze e ilmiglioramento delle modalità educative traStati membri;- promozione delle pari opportunità;- perfezionamento delle opportunità educa-tive per i cittadini svantaggiati o portatori dihandicap;- partecipazione, sempre nell'ottica educati­va, a programmi in altri campi, quali quellisulla salute e l'ambiente.

Agostino Latino

I Ai sensi dell'art. 126 del Trattato di Maastllcht ilprogramma può essere applicato anche dai paesidell'Europa centrale e dell'Est (attualmenteBulgaria, Ungher'ia, Polonia, Repubblica Ceca,Repubblica Siovacca e Romania). Con accordibilaterali può anche essere esteso a Cipro e Malta.

Entro il 31 dicembre 1997 laCommissione presenterà alle altreistituzioni dell'Unione Europea unrapporto sui risultati e sulla valuta­zione globale di questa iniziativa,proponendo le modalità per il suoseguito: l'obiettivo è quello di evitareil destino di altri Anni europei cadutinell'oblio, con la speranza di gettarele basi di una "società della formazio­ne" moderna, continua e accessibile atutti coloro che vorrano viverla.

I Vedi Commissione Europea, Libro Bianco"Crescita, competitività, e occupazione", capi­tolo VII, Bruxelles, novembre 1993.2 Proposta del 31 marzo 1995, COM (95) 124 def.n. di catalogo CB-CO-95-132-IT-C.

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EUROFLASHa cura di Carla Sa/vetti

Nuova Commissionee DG XXII

Dopo il voto favorevoleottenuto davanti alParlamento Europeo il 18gennaio si è insediata aBruxelles la nuovaCommissione dell'UnioneEuropea. Alla guida dei 20commissari sarà per i prossimicinque anni (fino al 31dicembre 1999) illussemburghese JacquesSanter, che riceve il testimoneda Jacques Delors.Il portafoglio dell'istruzione,delle risorse umane e dellaricerca scientifici dellaCommissione Santer è statoaffidato alla socialista franceseEdith Cresson, più volteministro negli anni '80(Agricoltura, Commercioestero e Turismo, Sviluppoindustriale, Affari europei) eper un breve periodo( 1991 /92) capo del govemo aParigi. Madame Cressonsubentra ad Antonio Ruberti,che lascia Bruxelles dopoquattro anni di intenso edapprezzato lavoro, suggellatidal varo dei programmiSocrates e Leonardo.Per quanto riguarda lacooperazione allo sviluppo, icompiti sono stati ripartiti traquattro commissari: lospagnolo Manuel Marin sioccuperà delle relazioni con ipaesi mediterranei, del MedioOriente, dell'America Latina edell'Asia (esclusi Cina,Giappone e alcuni Nics). Lerelazioni con l'Europa centro­orientale saranno affidate albelga Hans Van den Broek,che si occuperà anche deipaesi dell'ex-Unione Sovieticae di Turchia, Cipro e Malta.

Joao de Deus Pinheiro,portoghese, sarà ilcommissario incaricato diseguire i rapporti con i paesiAcp (compresa laConvenzione di Lomé) e ilSudafrica. Il portafoglio degliaiuti umanitari, infine, è statoaffidato a Emma Bonino (cheseguirà anche la protezionedei consumatori e la politicacomune della pesca).Nell'ambito dei servizi dellaCommissione, inoltre,un'importante novità ècostituita dalla "promozione"della Task Force Risorseumane, Istruzione,Formazione, Gioventù, salita alrango di Direzione Generale apartire dal mese di marzo1995. Il moltiplicarsi delleiniziative dedicate all'HigherEducotian e la crescenteimportanza attribuita al"capitale umano" qualemotore dello sviluppoeuropeo hanno infatti spintol'esecutivo di Bruxelles arafforzare, sia nella sostanzache nella forma, le suestrutture amministrative eorganizzative in questo campo.La neonata DG XXII"Istruzione, Formazione,Gioventù" è guidatadall'irlandese ThomasO'Dwyer, già al timone dellaTask Force, e si divide in duetronconi: la Direzione A(Istruzione e Gioventù) restaaffidata a DomenicoLenarduzzi, mentre a capodella Direzione B (Formazioneprofessionale) è statonominato il greco AchilleasMitsos.Giuseppe Massangioli restacapo-settore alle relazioniesteme e interistituzionali,mentre il tedesco Franz

Kuepper sarà responsabiledella cooperazione con i paesiterzi, compresi il programmaTempus e la FondazioneEuropea per la Formazione diTorino.A capo di quest'ultima è statonominato l'olandese Peter deRooij (ex direttore delDipartimento IstruzioneSuperiore del Ministero perl'Istruzione dei Paesi Bassi).

Task Forceindustria-ricerca

AI fine di coordinare meglio leattività e le politiche di ricercae di rafforzare le capacità deglieuropei nel trasformare irisultati in campo scientifico etecnologico in successi dalpunto di vista industriale ecommerciale (come è statoindicato dal Libro Bianco sullacrescita, competitività eoccupazione), sono statilanciati a Bruxelles i primi"progetti comuni d'interesseindustriale".I commissari Edith Cresson(Ricerca, Educazione eFormazione) e MartinBangemann (Affari industriali,Telecomunicazioni eTecnologia dell'informazione)hanno deciso di creare sualcuni temi circoscritti alcunetosk farce, in comune tra ledirezioni generali della ricerca(DG XII), dell'industria (DGIII), della formazione (DGXXII) e delletelecomunicazioni (DG XIII).Cinque sono le aree giàindividuate: l'informatica e i"multimedia" applicatiall'istruzione e alla formazione;l'automobile, l'aereo e il trenodel futuro; i vaccini per lemalattie virali.Compito principale di questetosk farce sarà quello didefinire delle priorità di ricercaattraverso consultazioni con

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l'industria (in particolare lepiccole e medie imprese) econ gli utilizzatori finali.Esse dovranno inoltreassicurare un efficacecoordinamento delle risorse adisposizione, in particolarequelle del 4° Programmaquadro per la ricerca e losviluppo tecnologico, chedispone di 12,3 miliardi di ecu(a cui nel 1996 si potrannoaggiungere altri 700 milioni diecu), ma anche quelle previstenel quadro dei vari programmidi formazione e dei fondistrutturali.Sarà inoltre incoraggiato ilricorso a mezzi finanziarisupplementari (per esempio ilricorso a capitali di rischio,come awiene negli USA) e sicercherà di creare un quadrogenerale più favorevole allacooperazione con le impreseinteressate.Dopo queste cinque aree­pilota, la strategia delle toskfarce potrà essere estesa adaltri campi della ricercaapplicata, in modo da porre lebasi per l'applicazione di alcuniarticoli del Trattato diMaastricht sin qui inutilizzati. il130H (coordinamento con lepolitiche di ricerca degli Statimembri): il I 30L(partecipazione alle iniziativedegli Stati membri) e il 130K(realizzazione di programmicomplementari nel campodella ricerca scientifica etecnologica).

Nuove iniziative"Jean Monnet"

Nell'ambito dell'azione "JeanMonnet 1995", laCommissione ha lanciato 227nuove iniziative in materia diinsegnamento universitariosull'integrazione europea, perun costo totale di 1,23 milionidi ecu.

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EUROPA OGGI

Si tratta, in pariicolare, dellacreazione di 56 nuovecattedre "Jean Monnet"(insegnamento a tempo pienosull'integrazione europea), di64 nuovi corsi permanenti eobbligatori, di 71 modulieuropei, di 18 aiuti alla ricercae di 18 iniziativecompletamentari legate allecattedre Monnet.Lanciata nel '90 su esplicitarichiesta del mondouniversitario europeo, l'azione"Jean Monnet" si propone dipromuovere l'insegnamentosull'integrazione europea intutte le discipline più attuali epiù richieste da studenti edocenti (diritto comunitario,integrazione economicaeuropea, storia e studi politicieuropei, etc.).Dal 1990 più di 4.000candidature sono statepresentate, di cui 565 perl'anno '95. Prossimamente sieffettuerà anche la selezioneper i tre nuovi paesi membri(Austria, Svezia e Finlandia) eper Polonia e Ungheria, chepaliecipano all'azioneattraverso i finanziamenti delprogramma Phare.Due cattedre "Jean Monnet"sono state create anche fuoridai confini europei: la prima, inScienze politiche europee, èstata attivata pressol'Università di Montréal; laseconda, in Dirittocomunitario, all'Università diHarvard.

IV Programmaquadro per laricerca: 306 nuoviricercatori

Nell'ambito del programmaper la ricerca in materia dicapitale umano e mobilità, laCommissione europea haapprovato una nuova lista di306 ricercatori che

beneficeranno di borse perproseguire le loro attivitàpresso laboratori e istituti diricerca di altri Stati membri.Tale decisione paria a 2.142 ilnumero dei borsisti giàproposti da istituti di ricerca efinanziati dalle dotazioni del IIIProgramma quadro per laricerca. Il numero di questiborsisti "istituzionali"dovrebbe salire all'inizio del1996 a 3.400, ai quali siaggiungeranno altri 2.500borsisti individuali.Il fine che l'Unione Europeaintende perseguire,promuovendo la mobilità deiricercatori, il loro accesso aimaggiori centri di ricerca e lacostituzione di reti di istituti, èquello di creare una comunitàscientifica di alto profilo,capace di rispondere allecrescenti sfide cheprovengono dal camposcientifico e tecnologico.A tale scopo il IV Programmaquadro (1994-1998), nellasua parte dedicata allaformazione e alla mobilità deil-i cercatori , dispone di 744milioni di ecu (1.500 miliardidi lire) e prevede di sostenerecirca 5.000 ricercatori ognianno. Contrariamente aquanto si è verificato finora,sarà direttamente laCommissione europea e nonpiù i singoli istituti adattribuire le borse agliinteressati.

European StudentsFair

Si è svolta nel febbraio scorso(dall'8 all' I I) a BI-uxellesl'ottava edizione del SaloneEuropeo dello Studente, lamanifestazione più imponentenel suo genere in Europa chemira in particolare a fornire aigiovani informazionisull'istruzione superiore di

secondo e terzo grado.AI Salone erano presenti circa400 fra università e istitutisuperiori, non soltantoeuropei ma anche australiani,statunitensi e siberiani, che sisono presentati a circa 10.000studenti. Nell'ampia areadisponibile, inoltre, sono statiallestiti degli stand ad hoc: asottolineare, ad esempio,l'importanzadell'appr-endimento dellelingue nel percorso formativodei giovani è stato preparatouno spazio "Euro-lingua",dove erano disponibili leinformazioni necessarie perorientarsi in questo campo.Nello spazio "Terzo ciclo eprimo impiego" sono statipr-esentati ai giovani i diversipercorsi di studio post­universitari ed è stato inoltrepossibile simulare, con l'aiutodi programmi informatici,colloqui di lavoro e possibilitàdi impiego.Momento qualificante dellamanifestazione sono state poile conferenze, tenute daesperti delt'istr-uzionesuperiore, nel corso dellequali sono state forniteinformazioni sulle carriere piùsvariate, da quella artistica aquella umanitaria, e sullepossibilità di lavorareall'estero.Più specialistico 1"'Euro­Meeting on HigherEducation", owero unminiciclo di conferenze conl'obiettivo di far incontrareresponsabili ed esperti delmondo accademico europeo,pr-estando una particolareattenzione fii nuoviprogrammi europei In campoeducativo e formativo, qualiSocrates e Leonardo, oltrealle anticipazioni delle attivitàche accompagneranno l'Annoeuropeo dell'Educazione edella Formazione continua,previsto per il 1996.

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L'Europa per la Cina

Prosegue la lunga marcia dellaCina verso l'economia dimercato: è stata infattiinaugurata a Shanghai la ChinaEurope International BusinessSchool (CEIB5), destinata acostituire un polo d'eccellenzaper- tutta l'Asia orientale sianella formazione dei futuriquadri aziendali, sia nellaricerca applicata.Il nuovo centro è statorecentemente inaugurato conla partecipazione di Sir LeonBrittan, intervenuto atestimoniare l'interesse e ilsostegno dell'Unione Europea.Il CEIB5 sarà finanziatodall'Unione e dal Comune diShanghai con 25 milioni di ecu,che serviranno per la suacostruzione e i suoi pl-imi annidi funzionamento, mentre amedio termine la scuola sidovrebbe autofinanziare,principalmente attraversodonazioni pubbliche e private.Partner principali sarannol'Università di ShanghaiJaotong (da quasi 100 anniuno dei principali atenei delpaese, strettamente collegatoal mondo produttivo), laFondazione europea per losviluppo della gestione(consorzio tra imprese escuole di commercio d'altolivello) e l'istituto diamministrazione "ChinaEurope", già fucina di giovaniquadri e dirigenti d'azienda.Con la creazione dell'istituto,primo nel suo genere, ci sipone l'obiettivo di creare unambiente intemazionale dovepossano formarsi quadri ingrado di mettere in contatto larealtà economica cinese con ilmondo degli affari nel suocomplesso.I programmi del CEIB5,incentrati su metodi modernie strettamente collegati con leesigenze produttive, saranno

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sottopoti al controllo di unconsiglio accademico,composto da rappresentantidelle migliori università escuole di commercio delmondo. Gli allievi, scelti sullabase di una severa selezione,potranno seguire corsi didiversa durata e composizione:corsi brevi per direttori diimprese miste o cinesi, Masterdi diciotto mesi per giovaniquadri, cinesi o stranieri, concorsi intensivi in inglese; unprogramma MBA di due anni atempo parziale per i quadrisuperiori delle imprese locali estraniere.

Cooperazionescientifica nelMediterraneo

Intervenendo al convegno"L'Europa della ricerca e delMediterraneo: sfide dellacooperazione scientifica"(Sophia Antipolis, 21 e 22marzo 1995), il commissarioEdith Cresson ha tracciato gliobiettivi e le linee d'azionedelle politiche di cooperazionescientifica tra Unione Europea

e paesi mediterranei, nellaprospettiva della mega­conferenza di Barcellona(novembre 1995)."II Mediterraneo devericollocarsi in una posizionestrategica in fatto diproduzione di sapere" - haaffermato il neo-commissariofrancese - "sia per la suacapacità storica di mettere lascienza al servizio della società,sia per le sfide economiche esociali che in esso sisusseguono".Tre ragioni, in particolare,inducono l'Unione Europea arafforzare la cooperazionescientifica e accademica inquest'area.In primo luogo, l'importanzaemblematica di alcuniproblemi specifici, e la"riproducibilità" delle relativesoluzioni: "Pensiamoall'ambiente - ha sostenutoCresson -. L'equazione tracrescita economica,urbanizzazione rapida e buonagestione delle risorse naturali(acqua, zone costiere, etc.)metterà alla prova la comunitàscientifica di fronte allaquestione dello 'sviluppo

sostenibile': ingegneri e tecnicidovranno propon-e glistrumenti per attenuare eprevenire le varie forme diinquinamento; le scienzeumane dovranno inveceimmaginare nuovi modelli disviluppo e sensibilizzare icittadini, al fine di includere gliaspetti ecologici nelladomanda sociale dei popolimediterranei".La seconda ragione è il ruolodella conoscenza scientifica neltrasferimento di tecnologie: ilmancato decollo degliinvestimenti esteri nei paesidel Mediterraneo meridionaleè dovuto, secondo l'ex­premier francese, ancheall'inadeguato numero dilaureati in discipline tecniche escientifiche di quei paesi,aggravato peraltro daifenomeni di broin-droin.Infine la cooperazionescientifica va rafforzata perché"essa esiste già e funzionapositivamente". MadameCresson ha ricordato i successidel Programma Avicenna,relativo a sanità, acqua edenergia (72 progettiattualmente in corso tra 300

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partner di cui 2/3 noncomunitari), il IV Programmaquadro aperto allapartecipazione dei paesi terzi egli accordi di cooperazionescientifica con la Turchia e conIsraele (quest'ultimo in via difinalizzazione).In relazione al futuro sarannodue gli assi portanti delle azionidell'UE: da un lato laprotezione dell'ambiente,principale risorsa per losviluppo dell'area, unita allaricerca sulle energie rinnovabili;dall'altro l'integrazione delMediterraneo nella "societàdell'informazione": "di fronteall'emergere degli integralismi edei fanatismi, le tecnologiedell'informazione possonorompere l'isolamento sociale ediffondere i valori di tolleranzae solidarietà. Esse potrannoinoltre assumere un ruolodeterminante sia nellacooperazione economica eindustriale (mettendo in rete lepiccole e medie impresedell'area), sia per lacooperazione tra università,laboratori e centri di ricerca",ha sostenuto il neo­commissario UE.

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EUROPA OGGI

abstractThe Berlin Wall collapsed 011 the 9th of November 1989. It wasa day like any other for most youl1g people in Germany. ButnolO that five years have passed, which are their hopes anddreams; their beliefs and behaviours? The section "Europaoggi" opens lOith an artiele analyzing the results of a researchcarried out for the Spiegel by the Emnid-Institut on a sampleof 2,034 young people aged 14 to 29 years. Even though thedata obtained by this kind of research are not completelyfaithful to reality, it is holOever possible to detect some trends10hich seem to be here to stay. The survey outlines the profile ofa generation that seems to be disenchanted and insecure,politicnlly disoriented and sometimes violento Values, when notlost, seem to be confined on a remote horizon.The section goes onwith an artiele on1996, the Eurapean Yearof Educntion and Continuous Training proelaimed by theEuropean Union in the aftermath of the White Book of JacquesDelors (Growth, Competition and employment) which1Oelcomed the organlzation and proelamation of a EuropeanYear on this subject in order to foster the awareness of the newneeds and the long-tenn goals of the European policies in thefield of education and training. These policies, started silentiyin the mid-80's and initially knolOn to few experts, have no1Oacquired a great importance involving teachers and students inseveraI mobility programmes. Europe has realized that itsdevelopment and the safeguarding of its rale are strict/y relatedto its cultural heritage: a model of social and economic growthpivoted on educatiO/i as well as on the ability to transmit alithese data to the European citiziens.In this framework we 100uld like to hint at the new Europeanprogrammes Socrates and Leonardo; the former fosters thetransnational cooperation in the field of educntion at every levelby promoting linguistic skills and mobility as well as theinformation exchange and the acknolOledgement of diplomas;the latter is an attempt at meeting the needs in the field ofprofessional and further training and of the young and adults."Europa oggi" ends with an interesting survey of briefaJ'tieleson higher education, research and training as 10ell as on theacndemic and scientific cooperation with the developingcountries.

Le 9 novembre 1989 le mur de Berlin tomba. Un jour comme lesautres pour la plupart des jeunes allemands. Mais aujourd'hui,après cinq ans, à quoi pensent et revent, en quoi croient-ils etcomment se comportent les jeunes allemands? La rubrique"Europa oggi" commence par un artiele qui analyse les résultatsd'une enquete réalisée pour le Spiegel par Enmid-Institut sur unéchantillon de 2.034 jeunes gens, de 14 à 29 ans. Meme si lesdonnées fournies par ces enquetes ne peuvent etre considéréescomme valeurs absolues, on peut toutefois en tirer des impressionssur quelqlles lignes de tendance qui semblent s'affirmer de façondurable. L'enquete donne l'image d'une jeunesse déçue, souventincertaine, politiquement désorientée, quelquefois violente. Lesvaleurs, meme si elles n'ont pas complètement disparu, restentconfinées dans un lointain horizon.La rubrique présente ensuite un artiele consacré à "1996.Année européenne de l'instructuion et de de la formatiO/icontinue", comme décidé par /'Union Eurapéenne SUI' les tracesdu Livre Blanc de Jacques Delors (Croissance, compétitivitéet occupation) oÙ l'on prévoyait la "proelamation etl'organisation d'une Année Européenne", et cela comme signalet instrument de sensibilisation SUI' les nouvelles exigeances etsur les objectifs à long terme des politiques européennesd'"education and training". Ces politiques, nées en sourdine àla moitié des années 80 et tout d'abord peu connues, ont bientOtpris une certaine importance en intéressant enseignants etélèves dans les différents programmes de mobilité. L'Europe acompris ques son développement et le maintien de sa positionsont étroitement liés à son patrimoine culturel: un modèle decroissance sociale et économique qui non seulement se base SUI'

la centralisation de l'instruction, mais aussi SUI' la capacité detransmettre ces données à tous les citoyens européens.Toujours à propos de /,instruction et de la fonnation voiciquelques informations SUl' les nouveaux programmes européensSocrates et Leonardo; le premier est consacré à la coopérationtransnationale dans le domaine de l'éducation à tous lesniveaux, en développant les connaissances linguistiques, enfavorisant la mobilité, l'échange d'informations et laréconnaissance des diplOmes; le second a pour but de trouverdes réponses adéquates à la demande de qualification etrequalification professionnelle de jeunes gens et d'adultes."Europa oggi" prend fin avec un examen des nouveautés dansle domaine de l'université, de la formation et de la recherche etdans ce1ui de la coopération universitaire et scientifique avec lespays en voie de développement.

" "resume65

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IL CENTRO BIT: DATORINO AL MONDO

Massimo Deandreis

parazione alla carriera diplomatica ealle carriere internazionali. Il corsoche si inserisce nell'ambito di W1 pro­gramma di preparazione al concorsoin diplomazia è sponsorizza to dalMinistero degli Affari Esteri e vieneorganizzato simultaneamente anchein altre città italiane tra cui Milano(Ispr), Roma (LUlSS), Napoli (SIOI).Torino si è così aggiunta alla listapermettendo ai suoi laureati inScienze politiche, Giurisprudenza,Economia e Commercio o Lettere distudiare per sei mesi (gennaio-giu­gno), all'interno di un campusdell'ONu, materie come diritto edeconomia internazionale, storiadiplomatica, inglese e francese.L'iniziativa è quindi strettamenteconnessa alla preparazione del con­corso per la carriera diplomatica oper le carriere internazionali in orga­nismi come l'Unione Europea o leNazioni Unite. Tuttavia le sue finalitàsono anche quelle di dare una forma-

Il corso di preparazione allecarriere internazionali

Nel 1990 in via provvisoria3 e dal 1992in via definitiva è stato inaugurato ilprimo corso post-universitario di pre-

nazionalità, non poteva essere ignora­to dalle forze vive della città. D'altrocanto il BIT, soprattutto dalla metàdegli anni '80, si è progressivamenteaperto alla città, ospitando nel belcampus in riva al Po sia la sede torine­se della Sro! (Società Italiana perl'Organizzazione In ternazionale) che ilCORIPE (Consorzio per la Ricerca ei'Istmzione Permanente in Economia)2.Così, su iniziativa di alcuni docenti dimaterie internazionali nell'Universitàdi Torino e in seguito alla disponibi­lità dimostrata dai vertici BIT diTorino, hanno preso il via due inizia­tive particolarmente importanti pergli studenti di questa città.

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Università di OUawa: 1I11a studentessa al computer

L'Organizzazione Internazionale delLavoro nasce nel 1919 a Ginevra,dove tuttora ha sede, come ente spe­cializzato della Società delle Nazioni.Il fallimento di quest'ultima, e la suatrasformazione dopo la SecondaGuerra Mondiale in Nazioni Unite,non pregiudicò la continuazionedell'attività dell'OIL-BIT che anzi siampliò nel contesto del moltiplicarsidei problemi legati al mondo dellavoro: disoccupazione, problemati­che sociali e nuove normative didiritto internazionale del lavoro.Nell'ambito di queste attività, attua­te, soprattutto a partire dagli anni'60, con particolare attenzione verso ipaesi del Terzo Mondo, si inseriscel'attività svolta dal 1965 dal CentroInternazionale di Formazione del BIT diTorino, direttamente dipendentedalla sede di Ginevra. Il capoluogotorinese fu scelto come sede per viadella sua natura di grande città indu­striale strettamente legata ai proble­mi del mondo del lavoro. Nel corsodei decenni la sua natura di "capita­le" della formazione professionale siè amplificata notevolmente, sia pergli aumentati impegni del BIT (che hainiziato, dopo il 1989, ad operareanche per i paesi dell'Est Europa) siaper l'apertura alcuni mesi or sono,della Fondazione Europea per laFonnazione l

• Torino si presenta cosìcome una delle pochissime città almondo ad essere contemporanea­mente sede delle Nazioni Unite edell'Unione Europea per i problemidel mondo del lavoro e della forma­zione professionale.Un tale patrimonio di professionalità,inserito in un contesto di forte inter-

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zione internazionalistica a quei giova­ni laureati che vogliano poi proporsinel mondo del lavoro all'interno dicentri studio o uffici relazioni esternedi grandi imprese o multinazionali.Il corso ha cinque anni di vita ed èdunque ormai possibile compiereuna prima verifica sulla sua effettivautilità e sugli effetti che esso produceper l'entrata nel mondo del lavorodei suoi partecipanti.Se si osserva il numero dei giovaniche, in seguito alla frequentazionedel corso a Torino, riescono effettiva­mente a superare il concorso indiplomazia, si sarebbe tentati di direche l'esito è disastroso. La percentua­le dei fallimenti si aggira intorno al98% in assoluto sul numero di tutti ipartecipanti dal 1990!Questo risultato non è tanto il fruttodi una preparazione insufficiente deicandidati torinesi (anche perché ana­loghe percentua,li di fallimenti siriscontrano nelle altre città con ecce­zione di Roma), quanto l'esito di unconcorso estremamente difficile4

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organizzato sulla base di un vecchiomodello di selezione.Rispetto a tale obiettivo il bilancio diquesto corso appare dunque assaimodesto; tuttavia esiste anche un altroaspetto che è necessario considerare.Torino è proiettata verso il CentroEuropa, soprattutto verso la Francia,ed è una città che sta tentando consuccesso di rompere un isolamentoverso l'estero dovuto anche alla scar­sità dei collegamenti. In questo con­testo vi è un certo spazio per l'assor­bimento, nel mondo del lavoro, digiovani che abbiano maturato, oltrealla laurea, anche una formazioneinternazionalistica multidisciplinareche il corso sicuramente offre.Inoltre, grazie ad un accordo con ilMinistero degli Affari Esteri, ad alcu­ni partecipanti è offerta una borsa distudio per seguire nei mesi di giugnoe luglio un seminario di studi inter­nazionali presso la prestigiosa EcoleNationale d'Administration di Parigi.In un periodo di crisi occupazionalein cui nemmeno più i Master in Busi­ness Administration possono rappre­sentare l'elemento decisivo per trova-

LA COOPERAZIONE UNIVERSITARIA

re lavoro, sarebbe falso dire che que­sto corso svolge tale funzione; tutta­via esso contribuisce sicuramente adare una formazione complessivache può essere apprezzata e può rap­presentare l'elemento aggiuntivo cheaiuta nell'inserimento nel mondo dellavoro.D'altro canto, nonostante la risaputadifficoltà del concorso in diplomazia, ilnumero dei candidati è sostanzialmen­te stabile negli anni, con l'eccezione delpicco verificatosi nel 1992 a seguitodell'ammissione al concorso diploma­tico anche dei laureati in Lettere eLingue, cosa che ovviamente favorì,soprattutto per quell'anno, aspettativee quindi nuove candidature.La media di 70 candidati è sostanzial­mente il bacino di utenza dei laureatiin Scienze politiche ad indirizzointernazionale e dei laureati inGiurisprudenza, a Torino, nel corsodi ogni anno. L'ammissione al corsoavviene a seguito di una selezioneche consiste in una prova scritta piùun test di inglese e un colloquioorale.Non bisogna dimenticare, comun­que, che una percentuale stabile del30-40% dei partecipanti proviene dafuori e anche da altre regioni, proprioa causa del fatto che tale corso non èattivato in tutte le città italiane.

Il corso di Diritto delcommercio internazionale

Questa è la seconda importante ini­ziativa attivata presso il CentroInternazionale di Formazione del BITdi Torino. Si tratta di un corso, svoltoin lingua inglese e della durata di tremesi (aprile-giugno), che si proponedi formare operatori giuridico-econo­mici specializzati nelle materie delcommercio e della contrattualisticainternazionale.La materia, di grande interesse, siinquadra nell' attuale tendenza deirapporti economici internazionali,dove la cooperazione industriale traimprese di paesi diversi è condizioneessenziale per una costante crescitaeconomica. In questo contesto il

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corso vuole affrontare argomentiquali le strategie di concorrenza com­merciale e industriale tra i sistemidell'Unione Europea e degli StatiUniti, e tra aree a sviluppo economi­co e sociale differente (nord-sud; est­ovest) nonché alcune tipologie dicontratto di commercio internaziona­le quali il trasferimento di tecnologie,le joint venture, il countertrade, etc.La peculiarità di questo corso è quel­la di proporsi non tanto ai giovanitorinesi, quanto ai giovani di tutto ilmondo. Dopo il primo anno dirodaggio (1992) ogni anno una trenti­na di giovani provenienti da tutto ilmondo (Australia, Cina, Europadell'Est, Stati Uniti, etc.) vivono estudiano insieme per tre mesi nelcampus BIT a Torino.Il successo di tale iniziativa si evinceda due elementi: il differenziale tranumero delle candidature e numerodegli ammessi (circa il rapporto10/1) e il numero, valutabile intornoall'80%, di partecipanti stranieri chevengono selezionati sulla base deicurricula presentati.In questo caso è più difficile valutarel'impatto sul mondo del lavoro, siaperché gli studenti stranieri, termina­to il corso, rientrano nei loro ambien­ti d'origine, con condizioni relative almondo del lavoro sensibilmente dif­ferenti le une dalle altre, sia perchél'iniziativa si rivolge prevalentemen­te a laureati che hanno già maturatouna prima specializzazione e che giàsono inseriti, seppure in via provvi­soria, nel mondo del lavoro.Il corso svolge (anche grazie alla suabrevità, che da questo punto di vistaè un vantaggio) una funzione vicinaa quella di formazione-lavoro alta­mente specializzata: una soluzione ametà tra il corso post-universitario eil corso di specializzazione affianca­bile al lavoro. Alcuni partecipanti alcorso dell'anno passato, ad esempio,erano praticanti presso studi di avvo­cati, ed avevano scelto di interrompe­re per un breve periodo il loroapprendistato per dotarsi di una spe­cializzazione utile ai fini della lorocrescita professionale.Per entrambi i corsi (di preparazione

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Università di GUawa: Tabaret Hall

alle carriere internazionali e di Dirittodel commercio internazionale), il BITè membro del comitato organizzatoree svolge quindi un ruolo attivo, anchese l'attività di formazione è a caricodell'Istituto Universitario di StudiEuropei. Il BIT offre inoltre l'ospitalitàlogistica e garantisce l'inserimento,per la durata dei corsi, di tutti i parte­cipanti all'interno di un ambiente for­temente internazionale.

Il Masterin Economia politica

Diversamente avviene per il Masterin Economia politica organizzato dalCORI PE, sempre presso il Cen traInte1'l1azionale di Formazione di Torino.In questo caso il corso è interamenteorgalùzzato dal Consorzio e il Centrosi limita ad offrire l'ospitalità nelle

sue strutture. Nell'anno accademico1990/91, quando è stato inaugurato,questo era il primo Master inEconomia politica in Italia.Questo terzo corso si rivolge ai laureatiin Econonùa e Commercio e in Scienzepolitiche ad indirizzo economico chevogliano affrontare nove mesi di stu­dio intensivo di econonùa con docentiprovenienti dall'Ulùversità di Torino eda altri atenei europei tra cui la Londol1School o[ Ecol1omics.Si tratta di un vero Master, altamentespecialistico per modalità e disciplineinsegnate, finalizzato a preparareeconomisti applicati, utile a giovaniche vogliano dotarsi di un backgroundtecnico-economico forte da poterspendere nel mondo del lavoroall'interno del settore bancario, assi­curativo, della consulenza aziendalee di centri studio italiani e stranieri.Anche in questo caso, come nei due

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precedenti, la partecipazione è nonnal­mente assicurata da giovani prove­nienti in larga misura da fuori Torino.Questo elemento è prova della buonafama di cui gode il corso nell'ambito diquelli organizzati nello stesso settoreda altri istituti o wùversità italiani. Ladurata di quindici mesi assicura l'ade­sione di giovani realmente motivati edè un periodo di tempo sufficientemen­te lungo da garantire uno standardqualitativo elevato.

Conclusioni

Dal pW1tO di vista dei fruitori dei corsiè difficile affermare che una di questetre esperienze sia di per sé risolutivaper trovare lavoro. È tuttavia possibiledire che essi sono utili se inseriti in W1percorso individuale di formazionepost-laurea e possono essere quell'ele-

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LA COOPERAZIONE UNIVERSITARIA

L'UNIVERSITÀPER LO SVILUPPO

mento aggiuntivo che fa la differenzaper l'esito positivo del cammino per­sonale di ricerca del lavoro. Bisognainoltre considerare che spesso chi par­tecipa a questi corsi ha un livello dipreparazione complessiva medio-altae che ha conseguenti aspettative sulproprio inserimento professionale.Aspettative che, nel contesto di attua­le crisi occupazionale, spesso necessi­tano di tempi medio-lunghi prima diessere soddisfatte.Dal punto di vista degli organizzato­ri, invece, questi tre corsi post-univer­sitari rappresentano il cuore del rap­porto di collaborazione esistente tra ilCentro Internazionale di Formazione delBIT e la città di Torino.Anche se un primo bilancio di alcunicorsi può essere incerto in termini diimmediata utilità, non vi è dubbioche il modello di partenariato esi­stente tra la città e il Centro sia unmodello vincente, sia perché apre almondo esterno, e particolarmenteagli studenti, una sede delle NazioniUnite, sia perché offre un clima diinternazionalità ideale per chi si pro­pone di studiare o approfondire pro­prio tali materie.Inoltre esiste un risvolto più imme­diato: tale collaborazione permette ilcontenimento dei costi organizzativie offre dunque agli studenti interes­sati la possibilità di accedere a corsidecisamente economici in rapporto aiprezzi di mercato applicati a corsianaloghi svolti in altre parti d'Italia.

I Cfr. UNIVERSITAS, n. 53 luglio-settembre 1994,p- 61.Il Consorzio è formato dall'Università di

Torino, la Fondazione San Paolo, laFondazione CRT, la Camera di Commercio diTorino e la Regione Piemonte, ed ha sede pres­so il BIT.J Nel 1990 gli studenti ammessi al corso furono25 a fronte di 55 candidature. Fonte: IUSE,Torino.• Per essere ammessi alle prove orali (dirittoprivato, diritto costituzionale, diritto ammini­strativo, geografia politica, storia delle dottrinepolitiche) è infatti necessario superare tutte lecin'lue prove scritte prendendo almeno 60/100in ciascuna ed avendo comunque una mediapari a 70/100. Le cinque prove scritte consisto­no in temi di storia diplomatica, diritto inter­nazionale, economia mternazionale, linguainglese e una lingua a scelta.

Il terzo incontro dedicato alla coope­razione universitaria allo sviluppocon i paesi emergenti (L'Aquila,novembre 1993)* offrì occasioni dianalisi, di riflessione e di proposteconcrete. La cooperazione universita­ria, per i caratteri sperimentali che ladistinguono e la tensione culturaleche la anima, si precisò come un ele­mento intrinseco del rinnovamentoscientifico con cui affrontare le strate­gie del Duemila, fissando come obiet­tivo primario il superamento del gapnord-sud.Tale Colloquio internazionale, come idue precedenti (Trieste 1985, Bari1988) realizzato dall'Istituto per laCooperazione Universitaria con lacollaborazione dei rispettivi atenei,ha costituito una tappa di un impe­gnativo piano di lavoro e, al tempostesso, un itinerario culturale in cuidefinire modelli e proposte ed analiz­zare i risultati ottenuti.Le università italiane, largamenterappresentate in questi incontri,hanno potuto confrontare ed integra­re approcci e metodologie propria­mente accademiche con le tecnicheoperative della cooperazione. Hannocosì individuato l'area dei bisognieconomici e sociali dei paesi in via disviluppo; proposto un soddisfaci­mento delle finalità accademichedegli atenei cooperanti; provvedutoalla formazione dei formatori, conl'intento di far avanzare un gradualeprocesso di autosviluppo dei PV5. Neè derivata una sintesi tra esigenzediverse: la dimensione scientifico­accademica, la componente organiz­zativo-manageriale, le spinte motiva­zionali del volontariato.

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Umberto Massimo Miozzi

I risultati raggiunti nel corso dei treColloqui (lo scambio di docenti ericercatori, di esperienze e di compe­tenze; l'avanzamento dei programmi,una maggiore apertura internaziona­le del sistema universitario e dellesingole università italiane) hannogettato le basi per una autentica "cul­tura della cooperazione".Il lavoro condotto a Trieste e Bari, inparticolare, puntò al raggiungimentodi una strategia complessiva rivoltaal futuro, fatta di accordi bilaterali trauniversità italiane e dei PV5, e di retidi cooperazione tra istituzioni uni­versitarie ed enti vari.Una ulteriore occasione di riflessionel'ha offerta la presentazione degliAtti del terzo Colloquio internazio­nale, editi da Le Monnier, svoltasi loscorso marzo nella prestigiosa sededell'Accademia Nazionale dei Lincei.La tavola rotonda ha visto la parteci­pazione di accademici ed esperti,come il presidente dei Lincei,Saba tino Mosca ti, il minis trodell'Università e della Ricerca scienti­fica e tecnologica, Giorgio Salvini edil presidente dell' AccademiaNazionale delle Scienze, nonché ret­tore dell'Università della Tuscia,Gian Tommaso Scarascia Mugnozza.Nel suo indirizzo di saluto, Moscatiha sottolineato il ruolo dell'Italianell'area del Mediterraneo: un ruoloben definito dalla sua collocazionegeografica, che ne fa l'avampostomeridionale dell'Europa. Un ruolo dimediazione, dunque, tra mondidiversi e spesso in violentocontrasto.Anche Salvini ha sollecitato lo stru­mento della cooperazione universita-

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ria nello scambio di competenzescientifiche, nella diffusione di reti dicollaborazione in quest'area geografi­ca che fa da cerniera tra il nord e ilsud del mondo. Salvini ha inoltre sot­tolineato l'esigenza di una riorganiz­zazione del sapere che superi i livelliteorici e talora astratti, elaborandonuove strategie per affrontare larealtà del nostro tempo.Nell'introduzione alla tavola roton­da, promossa dall'Istituto per laCooperazione Universitaria edall'Università de L'Aquila, ScarasciaMugnozza ha ripercorso il camminoverso la cooperazione con i Pvs intra­preso dall' universi tà italiananell'ultimo decennio, che ha spintonella direzione dell' aumento degliscambi e dell'istruzione, quale veico­lo della riduzione della povertà.Aumento dello spirito universitario,verso la crescita dello sviluppo eco­nomico e sociale, ma anche per ridur­re le differenze e superare i contrasti,ricordando il carattere di sovranazio­nalità del sapere: questa la sollecita­zione di Raffaello Cortesini, presi­dente dell'lcv, nel suo intervento allatavola rotonda. Cortesini ha registra­to il notevole innalzamento del livel­lo di partecipazione e di impegno,durante le giornate aquilane, daparte dei rappresentanti di numeroseuniversità dei Pvs, taluni dei quali,pur divisi da ragioni etniche e politi­che, si sono ritrovati uniti propriodallo spirito universitario. È quantoaccaduto agli studiosi e ricercatoriprovenienti da Marocco, Algeria,Libano, Palestina, Israele, Tunisia,Albania, che si sono trovati concordinell'individuare nella cooperazioneuniversitaria lo strumento per la cre­scita dello sviluppo ed il superamen­to dei divari esistenti, ed il mezzo permigliorare la comprensione fra popo­li ed individui, promuovendo così lacultura della pace.Il ruolo del mondo scientifico e delleuniversità è essenziale per innescareuna riflessione sui contenuti dellapolitica estera - ha sostenuto il consi­gliere Paolo Sannella, assistente deldirettore generale della cooperazioneallo sviluppo del Ministero degli

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Affari Esteri - ed anche per la defini­zione delle politiche di aiuto allo svi­luppo: bisogna superare la linea degliinterventi di emergenza e adottareiniziative a contenuto economico dilungo periodo.Essendo l'università il luogo dellapace, il terreno della reciprocità edell'interazione, essa è legata all'ideadel superamento delle differenze, diqualunque tipo esse siano. Per taleragione - ha sostenuto LucianoModica, rettore dell'Università diPisa e presidente del CONICS, il con­sorzio interuniversitario che lega traloro venticinque università italiane ­occorre lavorare sui due frontidell'attività formativa della coopera­zione universitaria: quella dei nostridocenti, esperti e tecnici nei Pvs, equella di studenti e docenti delle uni­versità dei Pvs in Italia. Modica haricordato inoltre come si sia progres­sivamente passati da una fase esclu­sivamente volontaristica ad una sem­pre più strategica.L'università italiana, grazie all'auto­nomia, oggi è una struttura sempremeno centralizzata, in grado di valo-

• I sistemi di istruzione dei paesidella sponda sud

• Le forme di cooperazioneuniversitaria multi laterale

• La cooperazione bilaterale diFrancia, Italia, Spagna e Grecia

• Gli accordi fra universitàdel mondo arabo

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131~170

rizzare le spinte e le vocazioni deisingoli atenei verso l'internazionaliz­zazione; in questo contesto si potràquindi intervenire per facilitare lamobilità di docenti e studenti con iPvs, studiando nuovi percorsi forma­tivi in grado di coniugare l'acquisi­zione delle competenze con le esigen­ze più diverse.Il prof. Urbani, moderatore dellatavola rotonda, ha offerto una sugge­stiva rappresentazione socio-econo­mica del "villaggio globale" in cuiviviamo, suddiviso in due tipi dimercati: alcuni controllati e guidatidalle economie finanziarie, altri anco­rati alle economie reali. I primiriguardano grandissimi o grandipaesi; i secondi, piccoli o piccolissi­mi. Una chiave di lettura essenzial­mente economica per riflettere sulgrosso divario esistente tra i diversipaesi e impegnarci per colmarlo. Inquesta prospettiva la solidarietà siconfigura come responsabilizzazionee spinta all'autosviluppo.

* Cfr. UNIVERSITAS, 11. 50, dicembre 1993.

LA COOPERAZIONEDELLE UNIVERSITÀ EUROPEE

NEL BACINO DEL MEDITERRANEO

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LA RICERCA

RICERCA ITALIANAINCRISI

Se fino ad ora il governo italiano nonha dedicato molta attenzione allaricerca - destinandole solo 1'1,4% delprodotto interno lordo, una quotanettamente al di sotto della mediadegli altri paesi industrializzati - gliultimi dati segnalano che il disinte­resse può acuirsi ancora di più. Enti elaboratori continuano ad essere snob­bati con una politica di tagli ai finan­ziamenti che da più parti viene defi­nita miope. Basti pensare che dal1990 ad oggi i fondi per la ricercasono passati da 2.0.648 miliardi a19.939 con un decremento del 3,4%;nella finanziaria '95 il governo haprevisto decurtazioni della ricercaextrauniversitaria per 76,6 miliardirispetto alla precedente manovra,con un calo degli investimenti del7,6% rispetto al 1993. Dal 1990 al 1992i ricercatori nelle imprese sono passa­ti da 31.530 a 28.479.Il trend non accenna ad invertirsi e, inmaniera direttamente proporzionale,con l'aumento del disinteresse simoltiplicano le proteste e le lamente­le degli "addetti ai lavori". "L'Italiadimentica la scienza", tuona ilPremio Nobel Carlo Rubbia dallepagine di Repubblica. Il fisico ha evi­denziato il pericolo rappresentatodalla crescita dei paesi in via di svi­luppo che per molti anni hanno inter­pretato il ruolo di fonti delle risorsedi base. Attualmente, però, questipaesi hanno raggiunto un livello diproduzione dei manufatti estrema­mente competitivo. E allora le nazio­ni industrializzate, per non farsisuperare da questo sviluppo, devonopuntare sull'umovazione tecnologica.In Italia l'appello di Rubbia non è statorecepito: stessi fu1anziamenti (U1 alcLUusettori addirittura uueriori), lacune incampi quali l'energia, le telecomLUuca-

zioni e la salute pubblica, mentreFrancia, Gem1aIua e Giappone staimostanziando fondi più consistenti per laricerca. Il problema, secondo Rubbia, ètipicamente italiano: non viene com­preso lo stretto legame che esiste tra lascienza e l'umovazione da lilla parte elo sviluppo economico e civiledali'altra; il politico pecca di lLU1guni­ranza e pensa soltanto a risolvere pro­blenu entro la durata naturale del suomanda to senza porre le basi per ilsuperamento di questioni di maggioreimportanza. Quindi, il consiglio delPremio Nobel è: diamo alla scienza LU1sostegno a lungo termmine, per unadecina d'anni, con delle priorità chenon cambu10 ad ogni altemanza nuru­steriale.D'accordo con Rubbia è anche l'astro­noma Margherita Hack su L'Unità."Ci sono u1credibili spreclu da elimi­nare e spese che si dovrebbero mcre­mentare uwece che dm1Ìnuire, come siè spesso fatto e si sta facendo per laricerca", scrive la scienziata, e ricordacome Francia, Gran Bretagna eGermania destinino il 2,8-3% del piIalla ricerca. Secondo la Hack è moltoindicativo esaminare il numero di bre­vetti rilasciati negli Stati Uniti perpaese di residenza degli inventori (idati si riferiscono a 5 anni or sono):2.600 alla Francia e al Regno Unito,più di 7 mila alla GermaIua, più di 16IMa al Giappone e poco più di 1.000all'Italia. Fa eco il divulgatore FrancoPrattico, sempre su Repubblica, snoc­ciolando altri dati: ci troviamo al 17°posto sul mercato internazionale deiprodotti e dei supporti della ricerca; inmateria di esportazione di prodotti adalta tecnologia l'Italia indossa la"maglia nera" con un mi$ero 3,5%,contro il 6 della Francia, 1'8 della GranBretagna, il 13% della Germania, il 20

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degli USA e il 23 del Giappone.Felice Ippolito, direttore de LeScienze, fa un esame dei "problemiche travagliano attualmente il mondodella ricerca in Italia". E non sonopochi. C'è innanzitutto un problemastrutturale: gli enti, gli istituti, gliorganismi esistenti non sono prontiad affrontare le sfide del futuro; sonototalmente impreparati alle esigenzedel domani,'soprattutto a causadell'incompetenza e del disinteressedei politici. A ciò si aggiunge la com­plessità dei rapporti tra la ricercalibera e spontanea, praticata nelleuniversità, e la ricerca programmata,che secondo Ippolito "dovrebbe esse­re precipuo compito del CNR e deglialtri organi di ricerca come l'Enea,l'Asi, l'Istituto Superiore di Sanità,per non elencare che i maggiori".Negli istituti di ricerca italiani - comedenunciato dai due ricercatoriGiorgio Parisi e Luciano Pietronero ­l'organizzazione è pletorica e forte­mente politicizzata a qualLU1que livel­lo e questo conduce a un'attivitàscientifica complessiva al di sottodelle aspettative rispetto agli investi­menti e alle possibilità teoriche. Laricetta di Ippolito prevede "una svol­ta nella direzione politica del paese enel modo di concepire il nostro stessomodello di società". Sempre che nonci si attardi "in operazioni di retro­guardia a difesa del sistema attuale".Ricerca italiana in crisi, dunque. Epensare che il nostro paese ha tantepotenzialità, come ricorda Prattico:l'università con 64 sedi di cui 51 pub­bliche, 53 mila docenti, un milione e300 mila studenti; il CNR, con 249 isti­tuti e laboratori, 112 centri di ricerca,7 mila dipendenti in ruolo, 2.500ricercatori; l'Enea, 5 mila dipendentidi cui 1. 717 laureati in disciplinescientifiche; l'Istituto Nazionale diFisica Nucleare, 2.000 scienziati e tec­nici all'avanguardia in campo inter­nazionale. È una qualità scientificatipica della tradizione italiana che ciha fatto conseguire i premi Nobel,scoperte come quelle del top quark oconquiste in campo medico.

L.F.

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UNIVERSITAS 56

RICERCANDOa cura di Livio Frittella

L'Italia è un paeseindustrializzato?

L'Italia, uno dei sette paesi piùindustrializzati del mondo, nononora il posto che occupa etradisce la considerazioneinternazionale disinvestendonella ricerca. La denuncia vienedalla rivista Sapere, diretta dalfisico Carlo Bernardini, che hapresentato un ampio dossier inmateria durante un convegnoal Consiglio Nazionale delleRicerche.Chi fa le spese di questasituazione è l'occupazione: afronte di un cqlo di spesa del3,4% negli ultimi quattro anni,tra il 1990 e il 1992 hannoperso il lavoro 4.038 addettialla ricerca e sviluppo. Diquesti 3.05 I sono ricercatori,pari al 9,7% dei 31.530 chel'Italia ha messo in campo nel1990.L'inquietante domanda che hacaratterizzato il convegno("L'Italia è veramente un paeseindustrializzato?") ben descrivel'ormai trito paradosso italiano:quello dello sviluppo con pocao inesistente ricerca,soprattutto grazie al saldocommerciale positivo neisettori a bassa e medio-bassatecnologia.Secondo Sapere la tendenzaallo smantellamento dellerisorse umane impegnate nellaricerca non accenna adiminuire e il futuro non sipresenta certo roseo. Con ilmercato globale si assisterà auna vera rivoluzione nelladivisione internazionale dellavoro: i settori a basso valoretecnologico si sposterannoverso i paesi di nuovaindustrializzazione, dal sud-estasiatico al Messico. Queste

realtà produttive finiranno persconfiggere il nostro sistemabasato su salari alti e scarsabase tecnologica.

Quinta settimanadella culturascientifica

Per la quinta volta la scienza èstata al centro dell'attenzionedurante sei giorni densi diawenimenti. La nuovaedizione della "Settimana dellacultura scientifica etecnologica", l'iniziativa ideatanel 1991 dall'allora ministrodell'Università e della RicercaAntonio Ruberti, si è svolta dal3 all'8 aprile scorsi in tuttaItalia. Lo scopo della"Settimana" è duplice: ladiffusione della culturatecnico-scientifica el'indicazione ai giovani di nuoviindirizzi orientativi versoprofessioni spessosconosciute.Enti pubblici e soggetti privatihanno lavorato insieme dandovita a 802 percorsi didatticidistribuiti su 236 comuni delterritorio nazionale; le scuolehanno partecipato con 174istituti, la presenza del lavorosi è ulteriormenteincrementata con 60 aziendeaderenti. Il coordinamentodella selie di iniziative è statoaffidato all'AccademiaNazionale dei Lincei e per laprima volta il voluminosocatalogo della "Settimana" èstato divulgato attraverso larete Internet.Tanta attenzione per i temiscientifici si spiega con lavolontà del MURsr di usarequesta manifestazione giuntaalla sua quinta edizione come

strumento per sperimentare epromuovere l'ambiziosoprogetto di un sistemanazionale di istituzionipermanenti (musei, centri ecittà della scienza e dellatecnica), impegnato nelcompito di garantire ai cittadiniun'informazione tecnico­scientifica aggiornata ecertificata. La "Settimana" haofferto convegni e seminari suvari temi, mostre, filmati, ciclidi conferenze, teleconferenzee forum telematici,presentazione di nuoviprogetti, allestimenti, servizi opacchetti didattici presso imusei scientifici, gli ortibotanici e i parchi naturali;inoltre sono stati organizzatilaboratori aperti presso lestrutture di ricerca, programmidi turismo tecnico-scientificoper le scuole, spettacoliteatrali, musicali e multimediali.Il tutto seguendo una formulaormai collaudata e tuttaitaliana, che ha fatto damodello alle Settimaneeuropee della culturascientifica promosse nel 1993dall'Unione Europea.

Sbloccati ifinanziamenti per laricerca applicata

Sono stati finalmente sbloccatipiù di 2 mila miliardi destinatialla ricerca applicata e sono incorso di assegnazione.All'inizio di febbraio il ministrodell'Università e della Ricerca,Giorgio Salvini, ha convocato ilConsiglio Nazionale dellaScienza e della Tecnologia.Nell'occasione questoorganismo ha designato, neiprofessori Gianni Fabri eLuciano Maiani i suoi membrieffettivi e nei professoriPasquale Smiraglia e FrancescoFaranda, i due membrisupplenti per la composizione

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del Comitato TecnicoScientifico per la ricercaapplicata, che valuta ledomande di finanziamentodella legge 46 del 1982. Inseguito sia la Confindustria chelo stesso ministro hannodesignato i loro rappresentantiin seno al Crs, che si riuniràdue volte al mese e dovrebbesmaltire entro l'estate tutto illavoro arretrato accumulatodurante il periodo di inattività.Il ministro Salvini si èdichiarato disponibile arecepire quanto espresso nelpiano triennale della ricerca1994-1996 e ha indicato comeprioritaria la promozione diuna reale collaborazione traprogrammi nazionali edeuropei, soprattutto perquanto attiene agli indirizzi dicarattere generale in favore ditutti i comparti industriali.

La Campaniapromuove la ricerca

La Campania in prima fila perla promozione della ricerca. Ilgoverno locale ha promulgatotre leggi regionali cheriguardano lo sviluppo delleattività di ricerca, leintegrazioni e le modifiche allanorma relativa alla disciplinadelle attività trasfusionali e perla promozione della donazionedi sangue in Campania, infineper il funzionamento deiservizi del Proweditorato,delle Casse economali e delPatrimonio.Nel dettaglio, la legge 3 Idicembre 1994, n. 41,persegue l'obiettivo dipromuovere e diffondere laconoscenza scientifica ingenerale e in particolare laricerca applicata e di sviluppo,favorendo il compito di ognisingola entità territoriale el'interazione tra mondo dellaricerca e universo produttivo.

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LA RICERCA

I finanziamenti di interventi inanmonia con gli indirizzi dellaprogrammazione nazionale elocale si attuano attraversoprogrammi triennali, sostenutida un comitato scientifico confunzioni consultive fonmato daesperti dei vari settori dellasperimentazione scientifica.

Fondi europei perlaricerca negli ateneidel sud

Boccata di ossigeno per leuniversità del Meridione. Negliatenei del sud Italia, infatti,saranno investiti 2.500 miliardiprevisti dal programma

"Ricerca, sviluppo tecnologicoe alta fonmazione" nell'ambitodel Quadro comunitario disostegno 1994-99, approvatodall'Unione Europea.L'organismo continentaleintende finanziare interventiper il miglioramento dellestrutture universitarie, ilpotenziamento della ricerca edell'innovazione e l'altaformazione. Beneficeranno deifondi, quindi, quegli atenei chevorranno istituire dottorati diricel"ca, borse di studio post­laurea e post-dottorato,formazione a distanza ediplomi univer·sitari. Sarannocreati inoltre laboratorididattici e collegi universitari.

Lo sportello APRE adAncona

Apre il primo sportello APRE inuna università italiana.L'Agenzia per [a Promozionedella Ricerca Europea dal1990 ad oggi aveva inauguratoservizi di informazione e diassistenza alle imprese in seicittà. Ma non aveva mai creatouno sportello all'interno di unateneo. Questo privilegio ètoccato ad Ancona, dove oraè possibile accedere a nuovefonti di finanziamento per laricerca industriale, tecnologicae scientifica, owiando così allapenuria di sowenzioni statali.Il punto APRE presso il

rettorato dell'Università doricafornisce ragguagli edocumentazione suiprogrammi di ricerca sostenutidall'Unione Europea, ed ècomposto da 6 soci sostenitori- Confindustria, Enea, Fast,Fiat, 1st e Mondimpresa - più15 soci ordinari tra banche edenti di associazione.Le infonmazioni più richiestesono que[le che riguardano ilIV Programma delle azionicomunitarie di ricerca esviluppo che prevedeerogazioni per 23 mila miliardidi lire dal 1995 al 1998.

Università di Ottmva: Dowl1towl1 Campus

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UNIVERSITAS 56

DALLA GAZZEnA UFFICIALE {febbraio-maggio 1995}

Leggi, decreti, deliberazioni

Decreto-legge 21 febbraio 1995, n. 40Disposizioni urgenti per il funzionamen­to delle università (reiterato il decreto­legge n. 697) (GU del 21 febbraio)

Decreto-legge 25 febbraio 1995, n. 55Disposizioni urgenti in materia di differi­mento di termini previsti da disposizionilegislative: art. 6, interventi nel campodella ricerca; art. 7, acquisto di inunobiliper le wlÌversità e gli istituti pubblici diricerca (GU del 28 febbraio)

Legge 8 marzo 1995, n. 63Conversione in legge, con modificaziOlù,del decreto-legge 7 gennaio 1995, n. 4,recante disposizioni urgenti concernentiil Consiglio Universitario Nazionale (GUdel1'8 marzo) ;

Decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120Reiterato il decreto-legge n. 40 (GU del 22aprile)

MURST

Decreto 7 ottobre 1994Modificazioni all'ordinamento didatticodelle scuole di specializzazione del setto­re agrario (CU del 17 febbraio)

Decreto 4 ottobre 1994Regolamento recante modalità per l'ele­zione dei rappresentanti delle lmiversità edegli studenti nella "Consulta nazionaleper il diritto agli studi universitari" e peril fwlZionamento della Consulta stessa

OrdinallZa del 26 ottobre 1994Indicazione delle elezioni dei rappresen­tanti nelle Consulte (GU dellO aprile)

Decreto 18 maggio 1995Ripartizione delle borse di studio perl'anno accadellÙco 1994/95 per medicispecializzandi (CU del 25 maggio)

CIPE

Deliberazione del 13 marzo 1995Finanziamento finalizzato al completa-

mento dell'Università della Calabria inRende-Arcavacata (GU del 28 aprile)

Istituzione di facoltà ecorsi di laurea

CATANIACdI in Scienze agrarie tropicali e subtro­picali, sede decentrata ill Ragusa (GUdell'l1 marzo)

URBINO

CdI in Lingue e Letterature orientalinell' ambito della facoltà di Lingue eLetterature stralùere (CU del 6 maggio)

Istituzione di diplomi universitari

BENI CULTURALICattolica del Sacro Cuore di Milano (GUdel 24 maggio)Salerno (GU del 29 maggio)

SERVIZIO SOClALEVenezia (CU del 4 febbraio)Ancona (C LI del 13 marzo)Messina (GU del 23 marzo)

INGEGNERIA

Politecnico di Milano (GU del 7 febbraio)

STATISTICAPalermo (GU del 7 febbraio)

MEDICINAVerona (CU del 16 febbraio)Trieste (GU dell'8 marzo)Ancona (CU del 15 maggio)Genova (CU del 6 aprile)

AGRARIABasilicata in Potenza (GU del 23 marzo)

SCrENZA DEI MATERIALISalerno (GU del 27 marzo)

GIURISPRUDENZASalerno (CU dellO aprile)

FAR1vlACIAParma (CU del 6 maggio)

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Riordinamenti

FACOLTÀ DJ ECONOMIATerza Università di Roma (GU del 13 feb­braio)

FACOLTÀ DI ARCHITETTURA

Reggio Calabria (CU del 27 aprile)

CDL IN SCIENZE DELL'EDUCAZIONESassari (CU del 24 febbraio)Cassino (CU del 14 aprile)

CDL IN MATEMATICACatania (CLI del 25 febbraio)Ferrara (GU del 27 marzo)

Cm IN LINGUE E LETIERATURE STRANIERECatania (GU del 27 febbraio)

CDL IN INFORMATICAVenezia (CU del 27 febbraio)

CDL IN MEDICINA VETERINARIABologna (CU del 23 maggio)

SCUOLE or SPECIALIZZAZIONEBologna (GU del 24 mllggio)

Statuti

UNIVERSITÀ PER STRANIERi DI SIENA

Approvazione del nuovo statuto(GU del 13 febbraio)

UNIVERSITÀ DI SASSARI

Approvazione del nuovo statuto(supplemento ordinario n. 22 della GUdel 16 febbraio)

SECONDA UNIVERSITÀ DI NAPOLI

Approvazione statuto dell'azienda poli­clinica (GU del 23 marzo)

UNIVERSITÀ DJ MACERATA

Approvazione del nuovo statuto(CU del 23 marzo)

SCUOLA NORMALE SUPERIORE DJ PISA

Approvazione del nuovo statuto(GU del 27 marzo)

UNIVERSITÀ CA' FOSCARI DI VENEZIA

Approvazione del nuovo statuto(CU dellO aprile)

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rLEGGI EDECRETI

LEGGE 8 MARZO 1995, N. 63(G.U. dell'8 marzo 1995)

Università di Gttawa: una sala di lettura della biblioteca centrale (Morisset Hall)

Conversione in legge, con 1II0dificazioni,del decreto-legge 7 gennaio J995, n. 4,recante disposizioni urgenti concernentiil Consiglio Universitario Nazionale

La Camera dei deputati ed il Senatodella Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

PROMULGA

la seguente legge:

Art. 1

1. Il decreto-legge 7 gennaio 1995, n.4, recante disposizioni urgenti con­cernenti il Consiglio UniversitarioNazionale, è convertito in legge conle modificazioni riportate in allegatoalla presente legge.2. Restano validi gli atti ed i provve­dimenti adottati e sono fatti salvi glieffetti prodottisi ed i rapporti giuridi­ci sorti sulla base dei decreti-legge 8settembre 1994, n. 532, e 7 novembre1994, n. 620.La presente legge, munita del sigillodello Stato, sarà inserita nellaRaccolta ufficiale degli atti normatividella Repubblica italiana. È fattoobbligo a chiunque spetti di osser­varla e di farla osservare come leggedello Stato.

Data a Roma, addì 8 marzo 1995

SCALFARO

OlNI, presidente del Consiglio deiMinistri

SALVlNI, ministro dell'Università e dellaRicerca scientifica e tecnologica

Visto, il Guardasigilli: MANCUSO

Testo del decreto-legge 7 gennaio 1995,n. 4 (in Gazzetta Ufficiale - serie genera­le - n. 5 del 7 gennaio 1995), coordinatocon la legge di conversione 8 marzo1995, n. 63, (in questa stessa GazzettaUfficiale) recante: "Disposizioni urgenticoncernenti il Consiglio universitarionazionale"

Le modifiche apportate dalla legge diconversione sono stampate in carat­teri corsivi.

Art. 1

1. Fino al rinnovo del Consiglio

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Universitario Nazionale (CUN),secondo le modalità di cui all' articololO della legge 19 novembre 1990, n.341, e del relativo regolamento diattuazione, e comunque non oltre il30 giugno 1995, il CUN, la corte didisciplina ed i comitati consultivisono prorogati nell'attuale composi­zione. Sono fatti salvi gli atti e le deli­berazioni adottati dai predetti organiprima della data di entrata in vigoredel presente decreto.2. In sede di prima elezione del CUN,in applicazione della legge 19novembre 1990, n. 341, non sono rie­leggibili né designabili gli attuali mem­bri del Consiglio.

Art. 2

1. Il presente decreto entra in vigoreil giorno successivo a quello della suapubblicazione nella Gazzetta Ufficialedella Repubblica italiana e sarà pre­sentato alle Camere per la conversio­ne in legge.

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UNIVERSITAS 56

NORMATIVA EUROPEA(IO dicembre 1994 - 31 marzo 1995)

I

Ricerca

94/9 I IICE: Decisione della Commissione del 15 dicembre1994 che adotta un programma specifico di ricerca, di svilup­po tecnologico e di dimostrazione nel settore dell'ambiente edel clima (1994-1998) (GUCE* L 361 del 31112/94, p. I).

94/9 12/CE: Decisione del 15 dicembre 1994 che adotta unprogramma specifico di ricerca, di sviluppo tecnologico, com­presa la dimostrazione nel settore della biotecnologia (1994­1998) (GUCE L 361 del 31112/94, p. 25).

94/9 I3/CE: Decisione del Consiglio del 15 dicembre 1994relativa all'adozione di un programma specifico di ricerca, disviluppo tecnologico e di dimostrazione nel settore della bio­medicina e della sanità (1994-1998) (GUCE L 361 del 31112/94,p.40). '

94/9 15/CE: Decisione del Consiglio del 15 dicembre 1994 cheadotta un programma specifico di ricerca, di sviluppo tecnolo­gico e di dimostrazione nel settore della ricerca socio-econo­mica finalizzata (1994-1998) (GuCE L 361 del 31112/94, p.77).

94/9 I 6/CE: Decisione del Consiglio del 15 dicembre 1994che adotta un programma specifico di ricerca, di sviluppo tec­nologico e di dimostrazione nel settore della formazione edella mobilità dei ricercatori (1994-1998) (GUCE L 361 del311/2/94, p. 90).

94/9 I7/CE: Decisione del Consiglio del 15 dicembre 1994relativa all'adozione di un programma specifico per la diffusio-

76

ne e l'ottimizzazione dei risultati nel settore della ricerca edello sviluppo tecnologico, compresa la dimostrazione (1994­1998) (GuCE L 36/ del 3//12/94, p. IO I).

94/9 I8/CE: Decisione del 15 dicembre 1994 che adotta unprogramma specifico di ricerca, di sviluppo tecnologico e didimostrazione che sarà seguito per la Comunità Europea, dauna parte dal CeR, mediante azioni dirette, dall'altra medianteattività che rientrano nell'ambito di un approccio concorren­ziale e sono destinate al sostegno scientifico e tecnico dellepolitiche comunitarie (1994-1998) (GUCE L 361 del 311 12/94,p. 1/4).

Università e formazione

94/819/CE: Decisione del Consiglio del 6 dicembre 1994 cheistituisce un programma d'azione per l'attuazione di una poli­tica di formazione professionale della Comunità Europea(Leonardo) (GuCE L 340 del 29112/94, p. 8).

95/C 62/07: Programma Leonardo da Vinci. Awiso relativoall'aggiudicazione di servizi n. DG XXII/06/95 , da attribuirecon procedura aperta di appalto, sulla realizzazione di unostudio sull'apertura del programma Leonardo da Vinci aipaesi dell'Europa centrale e orientale (GUCE C 62 del/' 1113195,p.7).95/C 66/08: Chiamata a presentare proposte per azioni diformazione nel campo dell'ambiente (GUCE C 66 del /7/3195,p. Il).

il< GUCE = Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee.

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BIBLIOTECA APERTA

RIVIS!E I Segnalazioni

NOTIZIARIO L'Università di Trieste in HIGHER EDUCATION Università, studenti eDELL'UNIVERSITÀ DI Antartide POLICY impiegoUDINE Antonio Brambati Trimestrale dell'AIU P. Desmarez e F. Thys-

C1émentN. 4, dicembre 1994 NOTIZIARIO N. 4, dicembre 1994Udine, ateneo dinamico e DELL'UNIVERSITÀ DI Tema speciale: la mobilità Due ricerche sui laureatiin crescita CAMERINO dei cervelli in Gran Bretagna eMarzio Strassoldo Germania

N. 27, aprile 1995 Brain drain e sviluppo:I laureati in Scienze La facoltà di Medicina opportunità o minaccia? Il ruoloeconomiche: quale sbocco veterinaria a Matelica D. Kallen dell'orientamentoprofessionale ]. LangePaolo Colucci Riflessioni dall'America

UNIVERSITÉS LatinaTrimestrale dell'AUPELF ].c. Tercin Dutari HIGHER EDUCATION

GENUENSE IN EUROPEATHENAEUM N. 4, dicembre 1994 Un punto di vista cineseBimestrale di Asia del sud-est, nuova Guoguang Mu N. 4, 1994informazione frontiera francofona Diversificazionedell'Università di Genova dell'istruzione superiore

KOOPERATIONEN EUROPEAN JOURNAL Fra gli atti, scritti diN. 15, 31 dicembre 1994 Higher Education, OF EDUCATION Leo c.]. Goedegebuure, U.Intervista al preside di Science and Research in Teichler, G. Hills, R. RibierScienze politiche Austria N. l, marzo 1995Piero Giorgio Seghene Istruzione superiore e

Vol. l, n. l, autunno 1994 impiego REVISTA ESPANULADelegiferazione, La situazione in Olanda, DE PEDAGOGIA

PIAZZALE EUROPA decentramento e Austria, Slovenia,Notiziario autonomia: la riforma Norvegia, Irlanda, N. 198, maggio-agostoquadrimestrale universitaria austriaca Finlandia 1994dell'Università di Trieste Gli studi umanistici e la

Vol. l, n. 2, inverno formazione completaN. 2, marzo 1995 1994/95 HIGHER EDUCATION della personaStudiare a Gorizia nel Fachhochschulen: MANAGEMENT con scritti di V. Gardaculto dell'Europa diversificando Hoz, ].A. Ibaiiez- Martin,Maria Paola Pagnini l'istruzione superiore N. 3, novembre 1994 A. Lopez Quintas e altri

77

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r

Il BANCO rER IGIOVANI: BANCO SrORT, BANCO SrORT JUNIOR, BANCO ElODE

"Banco sport", "Banco sport junior" e "Banco e lode" sono i tre prodotti fondamentali

proposti dal Banco S. Geminiano e S. Prospero di Modena ai giovani, sia per soddisfa­

re le loro esigenze scolastiche ed universitarie, sia per quanto riguarda lo sport ed il

tempo libero. La serie di prodotti, ben collaudata e che fin dal suo approccio iniziale al

mercato ha riscosso vastissimi consensi, è basata su alcune proposte notevolmente van­

taggiose, che nel tempo sono state costantemente aggiornate ed arricchite di offerte ed

opportunità collaterali. Ciò ha reso la gamma di prodotti offerti dal Banco ai giovani

altamente competitiva e proporzionalmente apprezzata.

Il primo della serie, "Banco sport", si rivolge ai giovani da 10 a 25 anni, ai quali offre

tassi agevolati su libretto o conto corrente, una congrua assicurazione relativa ali'atti­

vità sportiva ed al tempo libero, la possibilità di precostituire un capitale tramite versa­

menti mensili di modesta entità, sconti in oltre 1.500 esercizi convenzionati. Analoghe

le opportunità previste da "Banco sport junior", che è riservato ai bambini da zero a 9anni ed ulteriormente potenziato grazie ad accordi assicurativi e sanitari molto apprez­

zati dai genitori dei titolari. Per entrambi, poi, accesso agevolato ad innumerevoli

manifestazioni quanto a corsi sportivi convenzionati. Infine, realmente imponente è la

serie di eventi sponsorizzati dal prodotto, a beneficio dei tesserati.

Questo primo pacchetto di servizi specializzati nello sport e nel tempo libero a sua

volta "passa con lode", o meglio entra a scuola, dove ripropone la formula di notevole

successo già realizzata nel mondo sportivo. AI mondo scolare il Banco S. Geminiano e

S. Prospero propone infatti "Banco e lode", che di "Banco sport" costituisce una natura­

le estensione rivolta alle esigenze degli studenti, cui a sua volta riserva un pacchetto di

agevolazioni di prim'ordine. "Banco e lode" anzitutto si rivolge agli studenti che hanno

compiuto i 14 anni ed intendono aprire un conto corrente a condizioni di particolare

favore presso uno qualsiasi degli oltre 120 sportelli del Banco S. Geminiano e S.

Prospero. Per gli universitari, poi, è stato contestualmente allestito "Banco e lode univer­

sità".

Vantaggi? Molti, come al solito, anche per questa sorta di "carta di credito" degli studenti,

oltre ai tassi di favore per il conto comuni a tutta la gamma, consistenti sconti in libreria

per l'acquisto di testi sco/astici e universitari, ed altrettanti sconti per l'acquisto di personalcomputer e programmi di software, ovvero per corsi di lingua straniera presso la Benedicted infine per stages ali'estero, sempre nelle scuole del gruppo Benedict."Banco e lode" e la sua estensione universitaria costituiscono dunque un naturale com­

pletamento di "Banco sport" e "Banco sport junior", rendendo panoramicamente com­

pieta e fortemente concorrenziale l'offerta del Banco S. Geminiano e S. Prospero ai

giovani sia nella loro veste di studenti sia durante lo sport ed il tempo libero.

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