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Studio Zonca - Fotografie Studio fotografico Da Re · turgiche e delle devozioni cattoliche si è...

Date post: 23-Feb-2019
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...rende meraviglia a chiunque lo vede... DI ENDENNA RESTAURATO ...rende meraviglia a chiunque lo vede... IL SAN BERNARDINO DI ENDENNA RESTAURATO Dalla parrocchiale di Endenna, al termi- ne di un restauro realizzato da Delfina Fagnani grazie al finanziamento della Fondazione Credito Bergamasco, ci giun- ge un oggetto straordinario per tipolo- gia, per conservazione, per storia. E il fatto che ancora porti con sé molti interrogativi non fa che accrescerne il fa- scino, sfidando la nostra volontà e la no- stra capacità di comprensione. Proprio perché ci pone tanti e diversi quesiti è utile affrontarlo, sia pure in estrema sintesi, da angolazioni differenti. Forma / tipologia/funzione La nostra conoscenza della immensa varie- tà di suppellettili create dalle necessità li- turgiche e delle devozioni cattoliche si è tanto ristretta che talvolta, davanti a ma- nufatti del passato, si resta privi dei termi- ni per definirli. Lo testimonia l’imbarazzo dei pochi stu- diosi che, a partire dall’inizio del Novecen- to, si sono occupati del San Bernardino di Endenna, chiamandolo, di volta in volta, “trittico” o “tabernacolo”. Non è né l’uno né l’altro. Limitandoci ad una descrizione oggettiva vediamo una scatola lignea, una sorta di armadio a due ante, che racchiude, come una gioia, una tavola lunga e stretta dal profilo mistilineo, conclusa da colonnine tortili che reggono due pinnacoli ed ar- ricchita da foglie pampinose. Su di un fondo aureo granito che simula un dama- sco a gigli vi campeggia san Bernardino da Siena. Il frate regge un libro dove leggia- mo chiaramente “Pater manifestavi no- me(n) tuum omnibus hominibus ut in nomine Yh(es)u omne genu flectatur Ce- lestium terrest(r)ium et infernorum et omnis lingua confiteatur quod dominus noste(r) yh(esu)s Ch(rist)us dei filius deus et homo est in gloria patris o(mn)ipo- tentis amen(n)”. Con la destra indica il trigramma con il nome di Gesù- in minu- scola gotica e con l’asta della h trasforma- ta nel braccio verticale di un Crocefisso in miniatura - entro il sole raggiante che è collocato nella cuspide. Essa è sovrastata da un tabellone a vento ove è dipinto un volto che il nimbo crocesignato e la scrit- ta ci farebbero supporre essere Cristo ma che capelli e barba grigi assimilano piut- tosto all’iconografia di Dio Padre. La cassa è interamente dipinta, all’esterno con semplici campiture rosse, molto usura- te, sulle quali si intravvedono decori floreali bianchi ottenuti con mascherine. Al centro delle ante rimangono due cerchi bianchi, in origine profilati, sui quali si staglia un sim- bolo cruciforme affiancato dalle lettere A P e S P. All’interno invece vediamo su due registri l’angelo annunziante e sant’Anto- nio abate a sinistra, la Vergine annunziata e san Sebastiano a destra. Il fondo che ac- coglie il san Bernardino allude ad un cielo blu trapunto di stelle. Considerata la proporzione della tavola centrale (232 × 80 cm) è difficile che essa fosse destinata ad un altare, si tratta piut- tosto di una ancona da pilastro che ha mi- racolosamente mantenuta pressoché intatta la sua capsa lignea, che serviva da prote- zione e che veniva aperta solo durante le celebrazioni o le solennità. Le capsae sono citate di frequente nei contratti o nelle vi- site pastorali ma ne sopravvivono rarissimi esemplari: considerato il loro scopo soprat- tutto funzionale erano spesso di fattura meno raffinata , talvolta assegnate a artisti diversi dagli autori della tavola principale, e sono state tra i primi elementi ad essere di- spersi mano a mano che le necessità del culto modificarono gli spazi delle chiese e l’ingombro degli altari. È chiara dunque l’importanza di questo pezzo, che di manomissioni ne ha subite pochissime. Esso conserva tracce materia- li impagabili, ma anche dati immateriali di estrema importanza per lo studio della ti- IL SAN BERNARDINO Fondazione Adriano Bernareggi Bergamo Sponsor Sponsor tecnici Sostenitori ufficiali della Fondazione Adriano Bernareggi Restauro a cura di Delfina Fagnani - Sesti Restauri Restauro diretto da Emanuela Daffra La mostra (26 gennaio - 17 marzo 2013) è stata realizzata in collaborazione con la Parrocchia di Santa Maria Assunta di Endenna Museo Adriano Bernareggi Via Pignolo, 76 - Bergamo - Tel. 035.248772 [email protected] FIDELITAS SERVIZI DI SICUREZZA Restauro sostenuto da Studio Zonca - Fotografie Studio fotografico Da Re
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...rende meraviglia a chiunque lo vede...

DI ENDENNA RESTAURATO

...rende meraviglia a chiunque lo vede...

IL SAN BERNARDINODI ENDENNA RESTAURATO

Dalla parrocchiale di Endenna, al termi-ne di un restauro realizzato da DelfinaFagnani grazie al finanziamento dellaFondazione Credito Bergamasco, ci giun- ge un oggetto straordinario per tipolo-gia, per conservazione, per storia.E il fatto che ancora porti con sé moltiinterrogativi non fa che accrescerne il fa-scino, sfidando la nostra volontà e la no-stra capacità di comprensione.Proprio perché ci pone tanti e diversiquesiti è utile affrontarlo, sia pure inestrema sintesi, da angolazioni differenti.

Forma/ tipologia/funzioneLa nostra conoscenza della immensa varie-tà di suppellettili create dalle necessità li-turgiche e delle devozioni cattoliche si ètanto ristretta che talvolta, davanti a ma-nufatti del passato, si resta privi dei termi-ni per definirli.Lo testimonia l’imbarazzo dei pochi stu-diosi che, a partire dall’inizio del Novecen-to, si sono occupati del San Bernardino diEndenna, chiamandolo, di volta in volta,“trittico” o “tabernacolo”.Non è né l’uno né l’altro. Limitandoci ad una descrizione oggettivavediamo una scatola lignea, una sorta diarmadio a due ante, che racchiude, comeuna gioia, una tavola lunga e stretta dalprofilo mistilineo, conclusa da colonninetortili che reggono due pinnacoli ed ar-ricchita da foglie pampinose. Su di unfondo aureo granito che simula un dama-sco a gigli vi campeggia san Bernardino daSiena. Il frate regge un libro dove leggia-mo chiaramente “Pater manifestavi no-me(n) tuum omnibus hominibus ut innomine Yh(es)u omne genu flectatur Ce-lestium terrest(r)ium et infernorum etomnis lingua confiteatur quod dominusnoste(r) yh(esu)s Ch(rist)us dei filiusdeus et homo est in gloria patris o(mn)ipo-

tentis amen(n)”. Con la destra indica iltrigramma con il nome di Gesù- in minu-scola gotica e con l’asta della h trasforma-ta nel braccio verticale di un Crocefissoin miniatura- entro il sole raggiante che ècollocato nella cuspide. Essa è sovrastatada un tabellone a vento ove è dipinto unvolto che il nimbo crocesignato e la scrit-ta ci farebbero supporre essere Cristo mache capelli e barba grigi assimilano piut-tosto all’iconografia di Dio Padre.La cassa è interamente dipinta, all’esternocon semplici campiture rosse, molto usura-te, sulle quali si intravvedono decori florealibianchi ottenuti con mascherine. Al centrodelle ante rimangono due cerchi bianchi, inorigine profilati, sui quali si staglia un sim-bolo cruciforme affiancato dalle lettere AP e S P. All’interno invece vediamo su dueregistri l’angelo annunziante e sant’Anto-nio abate a sinistra, la Vergine annunziatae san Sebastiano a destra. Il fondo che ac-coglie il san Bernardino allude ad un cieloblu trapunto di stelle.Considerata la proporzione della tavolacentrale (232×80 cm) è difficile che essafosse destinata ad un altare, si tratta piut-tosto di una ancona da pilastro che ha mi-racolosamente mantenuta pressoché intattala sua capsa lignea, che serviva da prote-zione e che veniva aperta solo durante lecelebrazioni o le solennità. Le capsae sonocitate di frequente nei contratti o nelle vi-site pastorali ma ne sopravvivono rarissimiesemplari: considerato il loro scopo soprat-tutto funzionale erano spesso di fatturameno raffinata , talvolta assegnate a artistidiversi dagli autori della tavola principale, esono state tra i primi elementi ad essere di-spersi mano a mano che le necessità delculto modificarono gli spazi delle chiese el’ingombro degli altari.È chiara dunque l’importanza di questopezzo, che di manomissioni ne ha subitepochissime. Esso conserva tracce materia-li impagabili, ma anche dati immateriali diestrema importanza per lo studio della ti-

IL SAN BERNARDINO

FondazioneAdriano BernareggiBergamo

Sponsor

Sponsor tecnici

Sostenitori ufficiali della Fondazione Adriano Bernareggi

Restauro a cura di

Delfina Fagnani - Sesti Restauri

Restauro diretto da

Emanuela Daffra

La mostra (26 gennaio - 17 marzo 2013)è stata realizzata in collaborazione con laParrocchia di Santa Maria Assunta di Endenna

Museo Adriano BernareggiVia Pignolo, 76 - Bergamo - Tel. [email protected]

FIDELITASSERVIZI DI SICUREZZA

Restauro sostenuto da

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pologia, come ad esempio il diverso registro,linguistico e tecnico, tenuto dal pittore, chein questo caso è lo stesso, nel dipingere l’im-magine principale e le parti accessorie delcontenitore.

Briciole di storiaNon è noto quando il dipinto sia arrivato aEndenna. Non è citato nella visita pastora-le di San Carlo Borromeo e neppure nellefrequenti ma sintetiche visite del secolosuccessivo. La prima menzione che fino adora è stata rintracciata (ma non è stato pos-sibile uno spoglio completo della docu-mentazione) è quella del corrispondente dipadre Donato Calvi che cita nell’oratoriodel cimitero della parrocchiale “un quadroancona dell’effigie intera di san Bernardinoda Siena, di pittura tanto al vivo che rendemaraviglia a chiunque lo vede”. Lo stessoCalvi nell’Effemeride sagro profana (1676)ne precisa ulteriormente la collocazione ri-cordando “nella porta sopra il cimiterio l’ef-fige al vivo di San Bernardino da Siena”.L'oratorio, dedicato a san Bernardino, al-l'epoca di san Carlo voltato e aperto, eraposto accanto alla chiesa antica. Grazie aiprogetti di rifacimento e agli appunti dellavisita Bernareggi può essere identificato colvano a sinistra dell’attuale presbiterio e col-legato all'antico campanile mediante il ri-postiglio realizzato tra 1845 e il 1853.Da lì la nostra ancona fu trasportata inchiesa, nella collocazione che ha ancora og-gi, probabilmente alla fine dell’Ottocento,dopo la radicale ristrutturazione in stileneoclassico dell’edificio: Pinetti la descrivenell’inventario degli oggetti d’arte dellaprovincia di Bergamo, pubblicato nel 1931,rammentando che “trent’anni sono trova-vasi ancora nell’oratorio di San Bernardinovicino alla chiesa”.Spostamenti e traslochi comportarono an-che, con ogni probabilità, interventi di ma-nutenzione.L’unico del quale si ha notizia è quello ef-fettuato da Antonio Quarti nel 1959, do-

cumentato attraverso fotografie. In quel-l'occasione però il restauratore rimosse an-che una ridipintura, testimoniata dalleimmagini, che aveva allargato le brache disan Sebastiano, rendendole più castigate:segno tangibile di almeno un altro inter-vento più antico.

Il restauroL’intervento odierno, accompagnato dallaconsapevolezza dell’eccezionalità del ma-nufatto, ha proceduto secondo alcune li-nee di indirizzo così sintetizzabili: studioquanto più possibile attento dei materiali edei metodi costitutivi; assoluto rispettodell’oggetto e dunque riduzione al minimoindispensabile delle operazioni invasivequalora avessero comportato la manomis-sione di elementi originali; messa in sicu-rezza di struttura e pellicola pittorica;restituzione di una migliore leggibilità adun oggetto sostanzialmente intatto. Dalle osservazioni fatte è emersa imme-diatamente la tecnica differente con cuisono state realizzate le pitture sulla cassa,stese rapidamente e con colori liquidi sudi una preparazione molto sottile, appe-na sufficiente a velare il supporto, e la ta-vola centrale. Qui l’oro, la pastiglia, lapellicola pittorica sono curatissimi. La fo-glia oro, di buono spessore, è sistematica-mente lavorata a punzone. Si tratta dimotivi assai semplici: cerchi, rosette, pun-zoni arrotondati che corrono lungo tuttala carpenteria e che combinati e variaticon sapienza permettono effetti di granderaffinatezza grazie alla differente rifrazio-ne della luce. Esemplari sono, ad esempio,la scritta frammentaria “Sanctus Bernar-dinus de [Senis]” che corre alla base del-la figura principale o, ancora di più, ilmotivo damascato dello sfondo ottenutoattraverso una fittissima granitura dellezone opache che fa emergere, lucido, ilmotivo delle foglie e dei gigli. Ma anche la stesura pittorica trasparente,a fitte pennellate che si ispessiscono nei

dettagli naturalistici come la barba, lascioltezza dei profili, sistematicamente ri-presi in nero ed in bruno, ci parlano di unmaestro dal mestiere consumato.

Un marchigiano in Val BrembanaCon una certa sorpresa questi può essereidentificato in Giovanni Antonio da Pesa-ro, come indica Andrea De Marchi. In suofavore ci parlano le fisionomie allungate, igesti anchilosati, i corpi irrigiditi su pavi-menti ripidissimi, i colori che alternanorosa e grigi pallidi a blu e rossi sonori, lamorbidezza delle stesure pittoriche rac-chiuse in nitidi contorni elastici, le minu-te notazioni naturalistiche come le unghiesporche di san Bernardino o i denti dellaVergine.Nato (1415 c.) da un pittore di origineparmense trasferitosi a Pesaro, nella cuiarea abbiamo le testimonianze più anti-che della sua attività, si formò nel multi-forme ambiente adriatico che facevaperno su quell'autentico crocevia di cul-ture che fu Ancona. Il dipinto di Endenna, in attesa di trovaredocumentazione più precisa, può esserecollocato nella porzione finale della suacarriera, accanto ad opere datate quali ilpolittico ora conservato a Urbino, nellagalleria Nazionale delle Marche, ma pro-veniente dall’abbazia di santa Croce aSassoferrato (1467).Si tratta, a mia conoscenza, di un casounico a queste date di presenza marchi-giana in Valle e dunque sarebbe di estre-mo interesse conoscerne modi di arrivo ecommittenza.Un aiuto a rispondere a questo quesitopotrà forse venire anche dalla lettura ico-nografica dell’insieme, anche se la sceltadelle raffigurazioni non è rara. L’Annun-ciazione non stupisce accanto a san Ber-nardino, devotissimo alla Vergine cuidedicò un trattato, prediche e sermoni,mentre sant’Antonio abate e san Seba-stiano - santi di gennaio- sono di frequen-te accomunati quali protettori dalla peste.

Meno usuale invece il pannello centrale,con il santo che non regge il signum masoltanto il volume con la lunga iscrizioneche si apre con Pater manifestavi nomentuum. Il versetto è tratto dal vangelo diGiovanni (17,6) ma costituiva anche l’an-tifona ai primi vespri della festività del-l’Ascensione, antifona che secondo labiografia del Santo i suoi frati cantavanomentre egli spirava, quasi simbolico sug-gello di una vita tutta spesa ‘nel nome diGesù’. Il resto invece è un calco dall’epi-stola di Paolo ai Filippesi, che abitualmen-te accompagnava il signum bernardinianoma che in questo caso assume nell’ultimaparte coloriture trinitarie e allusive alla du-plice natura, umana e divina, di Cristo.

I temi qui sommariamente esposti dovran-no ora intrecciarsi per chiudere la ricerca.Si dovrà chiarire l’epoca di fondazione del-l’oratorio di san Bernardino anche esami-nandone murature e tracce decorative, chila promosse e capire se la nostra pala vifosse destinata da subito, e quindi indivi-duare i possibili tramiti con le Marche. Gli studi sui commerci nella regioneadriatica hanno posto in evidenza la pre-senza di mercanti di tutta Italia, berga-maschi compresi, soprattutto intorno almercato dei panni. Non bisogna però di-menticare che il beato Tommaso Vitali,Servo di Maria nato a Endenna nel 1425,fu mandato dai superiori del suo ordine aPesaro, nei cui pressi morì in odore di san-tità. Nel Quattrocento dei membri dellafamiglia Vitali sono ricordati in stretta re-lazione con la chiesa (un Taddeo Vitalicompare tra i benefattori della Misericor-dia nel 1471) e questa coincidenza indicauna ulteriore traccia da seguire per recu-perare pienamente una storia fino ad orasommersa.

Emanuela Daffra


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