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Informazioni generali:
DURATA DEL VIAGGIO: 19 – 20 giorni.
PERIODO DEL VIAGGIO CONSIGLIATO: Maggio – Agosto.
COME ARRIVARE DALL’ITALIA: In aereo. Consigliamo di adoperare per l’andata l’aeroporto di Durban, mentre per il ritorno lo scalo
aeroportuale di Johannesburg.
FUSO ORARIO: + 1 ora rispetto all’Italia in Sudafrica e Lesotho.
DOCUMENTI NECESSARI: Necessario sia il passaporto (in Sudafrica meglio se in forma elettronica) che il visto (solo per il
Suadfrica). Il visto si può richiedere anche direttamente all’arrivo in frontiera ma sarebbe meglio
procurarselo anticipatamente presso le ambasciate o i consolati in Italia. Non si possono far entrare
somme contanti superiori ai 5000 Rand.
PATENTE RICHIESTA: Necessaria la patente internazionale per il noleggio di autoveicoli privati. L’assicurazione RC dei
mezzi è obbligatoria e con massimale illimitato. La rete stradale principale è di buona qualità sia nei
centri urbani che sulle principali interurbane in Sudafrica, prestare però attenzione a possibili
tentativi di rapine durante l’attraversamento delle periferie di Durban e Johanneburg. Nel Lesotho
invece le uniche strade asfaltate sono quelle principali (statali) mentre il resto della rete viaria è
sterrata e con fondi irregolari, specie nelle aree montuose. Necessità assoluta di noleggio di mezzi 4x4
per percorrere le strade montane del Lesotho. Guida a sinistra sia in Sudafrica che in Lesotho.
RISCHI SICUREZZA E SANITARI: Il livello di sicurezza è buono in entrambi i paesi, ma nelle grandi città (Durban) la criminalità è
diffusa e bisogna stare attenti a tentativi di scippo e, in rari casi, di rapine. Da evitare accuratamente,
anche per il solo transito, di notte, le aree centrali di Durban. La situazione sanitaria è buona con
ospedali di buon livello nei principali centri urbani in Sudafrica, mentre le strutture ospedaliere del
Lesotho sono quasi inesistenti in campagna e scarse in città. Si consiglia la vaccinazione antirabbica.
Sebbene siano endemiche malattie come la malaria nelle aree paludose la rickettosi (febbre da zecche)
o la bilharziosi (che si prende immergendosi in acque di laghi o fiumi), non sono necessarie
vaccinazioni particolari per visitare i paesi, ma è buona norma stipulare un’assicurazione sanitaria
che copra le spese per eventuali cure di emergenza da usufruire in caso di necessità in loco e che
prevede un eventuale rimpatrio sanitario. L’AIDS è una piaga largamente diffusa (nel Lesotho il 25%
dell’intera popolazione ne è afflitta, in Sudafrica il 18%).
MONETA: RAND SUDAFRICANO sia in Sudafrica che nel Lesotho.
TASSO DI CAMBIO: 1 € = 14,77 Rand Sudafricani.
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Descrizione del viaggio:
1° - 2° giorno: trasferimento fino a Durban
Nonostante sia uno dei principali aeroporti africani (il settimo in questa speciale classifica, con più di 5 milioni di transiti annuali) e il terzo
scalo aeroportuale del Sudafrica il King Shaka Airport di Durban non ha al momento alcun collegamento diretto da e per l’Italia. Tuttavia
con la sola lungaggine di un singolo scalo intermedio (in genere a Johannesburg o a Dubai) sappiate che potrete completare il vostro viaggio
di andata nell’arco di sole 14-18 ore. A causa della frequente casistica di voli che partono dall’Italia nel pomeriggio sia verso Johannesburg
che Dubai però mettete in conto almeno due giorni effettivi di viaggio per completare il viaggio di andata e per formalizzare tutte le
procedure burocratiche e di noleggio dell’automezzo con cui vi muoverete in Sudafrica e Lesotho. Unica consolazione di questa evenienza è
che avrete a disposizione parecchio tempo per smaltire i postumi del lungo viaggio e del modesto cambio dell’ora.
3° - 4° - 5° giorno: DURBAN
Principale metropoli sudafricana affacciata sull’Oceano Indiano, nonché centro di riferimento della regione dello KwaZulu-Natal, Durban si
attesta ormai da anni come il principale porto commerciale dell’intera Africa orientale con uno volume di oltre 1,6 milioni di container
trattati all’anno. Se questo da un lato la rende una laboriosa realtà urbana d’altro canto non ha fatto altro che richiamare indigenti dalle
campagne che hanno gonfiato le sue periferie in maniera disordinata, aumentando pericolosamente il livello di disoccupazione (30%) e di
conseguenza della criminalità che qui registra uno dei tassi più elevati dell’Africa australe (attenzione a scippi e furti nella zona delle
spiaggia e alle aggressioni notturne che possono verificarsi quasi ad ogni angolo del centro città). Nonostante i suoi disagi sociali Durban
rimane però il centro urbano di riferimento da cui partire alla scoperta dei tesori del Sudafrica orientale e vanta anche una storia secolare:
fu infatti fondata direttamente dal navigatore portoghese Vasco de Gama nel 1497 (con il nome di Port Natal, convertito a Durban nel 1835)
e per questo possiede alcuni monumenti degni di nota nel suo panorama urbano.
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• Cuore pulsante della città è il suo perennemente affollato Marine Parade e la sua continuazione pedonale, la Promenade, ossia il
lungomare dove si concentrano grattacieli, snack bar, alberghi ma anche nei viottoli retrostanti diverse strutture fatiscenti e zeppe di
murales che palesano senza indugi pregi e difetti della metropoli. La Marine Parade e la Promenade di Durban sono anche
l’epicentro dell’industria vacanziera balneare locale: sono infatti moltissimi i sudafricani che da decenni vengono qui per crogiolarsi
al sole sulla spiaggia dorata e per nuotare nelle calde acque oceaniche, difese al largo da indispensabili reti anti squalo. In effetti vale
davvero la pena di spendere un’intera giornata su questo litorale sempre animato da folle di giocosi locali o passeggiare sul
lungomare pedonalizzato, facendo però attenzione ai numerosi risciò di stampo asiatico ma decorati con variopinti motivi zulu che
sfrecciano in ogni direzione. Se questa vi potesse sembrare una incongruenza col territorio sappiate che ben il 20% della popolazione
di Durban è di origini indiane, costituendo la minoranza più ampia presente in qualsiasi città africana di genti indiane. Ad allietare le
vostre ore sulla spiaggia di Durban ci pensa inoltre l’uShaka Marine World, un parco tematico che possiede numerosi acquari interni
(con una sezione molto ampia dedicata agli squali australi), un grandissimo delfinario e una serie di giostre e scivoli acquatici che
faranno la gioia di ragazzi e adulti. Giunta quindi l’ora di sera, per i motivi di sicurezza pubblica prima menzionati, molti anche degli
stessi abitanti di Durban sono soliti allontanarsi dalla Marine Parade per raggiungere o il grande centro ricreativo del Sun Coast
Casinò oppure i quartieri più abbienti e ricchi di vita notturna di Berea, Greyville o Morningside.
In prima immagine una vista aerea della Marine Parade di Durban, epicentro della vita cittadina. Quindi un dettaglio della sua
spiaggia urbana dorata con i grattacieli del centro città, infine uno scatto dello spettacolo dei delfini presso l’uShaka Marine World.
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• L’indomani, nel secondo giorno dedicato alla città, potrete quindi riprendere le vostre esplorazioni proprio da questi quartieri
lievemente discostati dal centro di Durban. Al loro interno infatti queste aree posseggono due importanti siti di richiamo per i
visitatori: i Botanical Gardens, un parco botanico tra i più ricchi e suggestivi della Nazione Arcobaleno, e soprattutto le Campbell
Collections, ossia un museo che espone le ricchissime collezioni private imperniate sulla proposizione al grande pubblico dell’arte e
della cultura dei popoli arcaici del Natal, come gli Zulu. Giunta quindi l’ora del pranzo potrete iniziare a fare rotta verso il centro
dell’odierna metropoli di Durban che ruota in tutto e per tutto attorno a Francis Farrell Square, la piazza su cui aggetta il bel
Municipio in stile neorinascimentale del 1910. Da qui vi sarà quindi agevole dirigendovi per pochi isolati verso sud raggiungere il
cosiddetto Victoria Embankment, un poderoso corso stradale che segue dalla terraferma il grandissimo e sempre trafficato scalo
portuale di Durban. Proprio laddove il bacino del porto piega verso sud-est nella penisola di The Point non lasciatevi poi sfuggire il
Vasco de Gama Clock, un bel monumento commemorativo donato alla città dal Portogallo in occasione del quattrocentesimo della
fondazione di Durban, nel 1897. Se vi avanzasse ulteriore tempo infine, non lasciatevi sfuggire l’occasione di fare una puntata al
Victoria Street Market, il mercato dove più che ogni altro luogo di Durban traspare in tutta la sua forza la comunità indiana locale.
Tra centinaia di bancarelle gestite da asiatici potreste anche provare dello street food per palati forti come il bunny chow (pagnotte
farcite con fagioli o stufati al curry). Ancora una volta infine, a sera, vi raccomandiamo però di fare rientro nei quartieri di Berea,
Greyville o Morningside per la notte.
I Botanical Gardens di Durban sono una vera e propria oasi di pace, quiete e ordine nel cuore della caotica realtà urbana della
metropoli sudafricana. Quindi l’inconfondibile profilo neorinascimentale della Town Hall del 1910 ed infine una superba vista
panoramica della collocazione spettacolare di Durban sull’Oceano Indiano.
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• L’ultimo giorno che vi consigliamo di spendere nella zona di Durban invece non ha nulla a che fare con la città, bensì con le
meravigliose occasioni subacquee che offrono i fondali bassi e sabbiosi di Aliwal Shoal (50km, 45 minuti), situati alcuni chilometri a
sud della metropoli. Generata da un innalzamento repentino dei livelli oceanici circa 6500 anni fa questa barriera corallina è spesso
stata inserita da esperti e riviste del settore tra le più eccezionali del mondo intero. Qui potrete ammirare squali toro, razze,
tartarughe, sfavillanti coralli e un’infinità di pesci tropicali, senza dimenticare poi i resti di numerosi relitti: l’Aliwal Shoal ha infatti
fama di essere una secca particolarmente infida per le imbarcazioni che spesso (come la Aliwal da cui trae il nome, nel 1849)
finiscono per rimanere incagliate e poi affondare in questa sorta di paradiso sommerso. Sono numerose le agenzie che si offriranno di
condurvi in questo microcosmo sottomarino, informatevi bene a riguardo e usufruite solo di servizi ben conosciuti. Sarete
ricompensati da viste che in genere si associano di più ai Caraibi o all’Australia che alla nazione sudafricana. Una volta riemersi
dalle acque, per questioni logistiche di itinerario, vi suggeriamo quindi di guidare per circa un’oretta (90km) verso sud lungo la costa
oceanica fino a raggiungere la località di Margate, vero e proprio epicentro dell’industria turistica dozzinale dello KwaZulu Natal.
Qui i ristoranti, i locali notturni, i club disinibiti e gli alberghi sfarzosi non mancano e il posto risulterà essere perfetto per una nottata
all’insegna di alcuni eccessi imprevisti.
Nelle prime due istantanee alcuni scatti che rendono giustizia dello straordinario sito subacqueo di Aliwal Shoal, dove potrete nuotare
tra banchi di pesci tropicali, foreste coralline e banchi di famelici squali, per un’esperienza che non dimenticherete mai. Infine uno
scorcio sulla vibrante realtà di Margate, fulcro dell’offerta turistica e della vita notturna della costa orientale sudafricana.
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6° - 7° - 8° giorno: WILD COAST
Estesa per circa 350km da East London a sud fino a Port Edward a nord la Wild Coast è indiscutibilmente il tratto di costa affacciato
sull’Oceano Indiano del Sudafrica che regala gli scenari più entusiasmanti sotto un profilo paesaggistico e culturale. Impervia, sferzata dagli
elementi, composta da un continuo alternarsi di scogliere, baie sabbiose e borghi marinareschi lontani anni luce dalla modernità la Wild
Coast possiede anche una storia peculiare. Se negli ultimi secoli sono state le notizie dei numerosi naufragi occorsi in queste acque
tormentate a richiamare l’attenzione degli stranieri nel corso dei millenni invece a farla da padrone sono state invece la cultura e gli usi degli
xhosa, una popolazione povera ma assai propensa all’ospitalità con cui entrerete in contatto durante i vostri spostamenti. Noti con il
soprannome amichevole di Red People (gente rossa) per via dei manufatti in argilla rossa che producono e per i vestiti della stessa tinta che
amano indossare gli xhosa vantano una produzione di gioielli di perline assai elaborata e credono ancora fortemente nello spiritismo e nella
stregoneria, si affidano per le cure a guaritori rituali (igqirha) ed erboristi (ixhwele) e praticano rituali come la circoncisione e riti iniziatori
alla maggiore età come tramandato dalla notte dei tempi. Alcune accortezze e raccomandazioni sono d’obbligo se deciderete di venire in
queste terre spettacolari ma remote: le strade di accesso sono quasi tutte sterrate e in cattivo stato di manutenzione, evitatele accuratamente
dopo intense piogge (di solito da settembre ad aprile) e di notte, guidate con prudenza visto che animali e persone sono solite passeggiare
tranquillamente in mezzo alla carreggiata e ricordate sempre che i cellulari prendono davvero poco e che in caso di necessità il primo
ospedale degno di tal nome nelle vicinanze potrebbe essere a ore se non giorni di distanza.
Il primo classico approccio con la Wild Coast sudafricana avviene generalmente mediante l’accesso alla Silaka Nature Reserve, una
deliziosa oasi naturalistica aggrappata alla costa che si estende pochi chilometri a sud di Port St Johns (230km, 4 ore da Margate). Questa
minuta area protetta tutela un paio di splendide baie sabbiose poste in prossimità dell’estuario del fiume Gxwaleni con macchie di aloe
selvatica che si prolungano praticamente sino al bagnasciuga e con una folta comunità lontre senza unghie del Capo che sono solite
crogiolarsi al sole. Il posto ha un fascino davvero idilliaco e vi terrà impegnati senza problemi per diverse ore tra avvistamenti faunistici e la
possibilità di nuotare nell’Oceano Indiano. Verso metà pomeriggio però ricordate di riprendere per tempo la vostra autovettura e di
procedere alla volta del mitico Kraal Backpackers (50km, 75 minuti), un ostello immerso nella lussureggiante e spettacolare natura della
Wild Coast che ormai da anni si è talmente ben inserito nella società xhosa locale che spesso i suoi ospiti vengono invitati dagli autoctoni ad
assistere a veri e propri rituali autentici di questa popolazione indigena quasi ogni sera.
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Una delle numerose, remote e spettacolari baie idilliache che contraddistinguono la Wild Coast sudafricana. Al centro poi una tradizionale
comunità di xhosa, la popolazione autoctona che ancora persegue millenari usi e costumi ben radicati. Infine il mitico Kraal Backpackers,
ostello ecosostenibile che da decenni è punto di riferimento per i viaggiatori zaino in spalla della zona.
La seconda giornata nella Wild Coast invece si incentra sulla Hluleka Nature Reserve, per raggiungere la quale dovrete compiere un
funambolico percorso tutto curve e precipizi di 50km (non meno di 2 ore di guida) che forse meglio di qualunque altro tracciato vi darà l’idea
della sovranità ancora attuale della natura da queste parti. Sballottati dalla strada ma mai domi sarete come per incanto rigenerati dalla
vista di questo parco naturale caratterizzato da foreste di sempreverdi costiere perennemente alla mercé dei forti venti oceanici e da una
fauna selvatica che annovera esemplari di zebre di Burchell, blesbok e gnu. Dalla spiaggia principale di Hluleka raggiungibile con le
autovetture non mancate poi per nessuna ragione al mondo il meraviglioso sentiero che lambisce la costa fino alla grandissima spiaggia di
Lutatweni che appare come un vero e proprio gioiello incastonato tra scogliere e rupi erbose incontaminate. Vi esortiamo insomma a
prendervi tutta la giornata per questa riserva e solo nel tardo pomeriggio di continuare il sinuoso percorso stradale che da Hluleka vi
porterà per la notte al centro abitato di Coffee Bay (45km, 90 minuti).
Coffee Bay è forse il paese più sviluppato della zona ma qui si trovano solo un paio di alberghi e di ostelli, nessun fronzolo e un’atmosfera del
tutto intatta che farà di sicuro innamorare i viaggiatori zaino in spalla. L’origine del suo nome è incerta, si dice che derivi dall’arrivo sulla
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sua battigia di migliaia di chicchi di caffè come evento collaterale di un naufragio di una nave commerciale nel 1863, ma ciò che invece è
sicuro è la spettacolarità del sito noto come Hole in the Wall, un grandioso arco naturale sulle scogliere della Wild Coast che sorge 8km più
a sud di Coffee Bay e che può essere la meta di una splendida escursione giornaliera dall’abitato. Oltretutto in zona presso l’Hole in the Wall
ci sono una serie di magnifiche spiagge quasi sempre deserte dove farsi un indimenticabile bagno nell’Oceano Indiano. Inutile dire però che
per la serata vi raccomandiamo di fare rientro a Coffee Bay prima che le luci del sole spariscano inesorabilmente oltre i crinali montuosi
limitrofi.
In prima immagine la collocazione veramente spettacolare dell’abitato di Coffee Bay, gioiello urbano della Wild Coast. Al centro poi un
dettaglio sulla formazione geologica nota come Hole in the Wall ed infine un tipico villaggio di capanne degli xhosa sulle alture retrostanti la
meravigliosa linea di costa che si allunga sull’Oceano Indiano.
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9° - 10° - 11° giorno: SEMONKONG
La nona giornata di questo tour coincide con il vostro ingresso nel misconosciuto e quasi leggendario stato del Lesotho, letteralmente
abbarbicato sui contrafforti più alti e spettacolari dei Monti dei Draghi sudafricani, l’ultimo lascito dell’immenso plateau d’alta quota
africano primordiale. L’origine di questo strano stato va ricercata nelle tensioni sociali (che sfociarono nelle ignominiose difaqane,
migrazioni forzate) e nelle guerre che contrapposero i boeri alle popolazioni autoctone sudafricane nell’800. Per ovviare alla conquista da
parte dei coloni bianchi il re del popolo dei Basotho, per lo più allevatori che abitavano i territori dell’attuale Free State sudafricano, optò
per ripiegare su quest’area montuosa impervia e difficilmente accessibile e riuscì così a mantenere l’indipendenza fondando il “regno del
cielo”, traduzione letterale del termine Lesotho. Nonostante un inizio bellicoso ma vittorioso del regno, che dovette scontrarsi in ben due
guerre coi boeri tra il 1858 e il 1863, nel 1868 il Lesotho dovette piegarsi alla dominazione inglese, divenendone un protettorato. Questo
status però impedì all’atto della formazione del moderno Sudafrica, nel 1910, di entrarne formalmente a farne parte, e così quando l’impero
coloniale britannico svanì in seguito alla seconda guerra mondiale il Lesotho riacquistò l’indipendenza nel 1966. Purtroppo la seconda metà
del XX secolo fu caratterizzata in Lesotho da una serie di colpi di stato e tensioni socio politiche assai elevate, fattore che drammaticamente
contribuì a un ristagno economico assai marcato rispetto al vicino Sudafrica (il prodotto interno lordo pro capite a parità di potere di
acquisto è di 3.900 dollari all’anno in Lesotho contro i 13.400 dollari in Sudafrica, nel 2017) e al diffondersi della piaga dell’AIDS nella
popolazione (oggi addirittura il 25% della popolazione del Lesotho ne è afflitto, dato secondo solo al piccolo regno dello Swaziland).
Fortunatamente dalle elezioni del 2002 la situazione pare essersi stabilizzata, i governi cercano di ridurre l’immenso tasso di disoccupazione
(intorno al 40%) e di fronteggiare la piaga dilaniante della diffusione del virus dell’HIV, anche se va detto che il Lesotho non possiede molto
per far ripartire la sua economia se non alcuni giacimenti minerari (diamanti), imponenti risorse idriche (per le quali sono in atto progetti di
mutua convenienza col Sudafrica) e la straordinaria bellezza delle sue montagne. Proprio per questo viaggiare alla scoperta delle meraviglie
del Lesotho può anche essere un modo lungimirante e perfetto per stimolare la neonata industria turistica del paese. Ricordate sempre che
questo stato rimane comunque ad oggi ancora una meta solo per viaggiatori avventurosi e che hanno voglia di cimentarsi con realtà locali
strenuamente tradizionaliste (vi ritroverete ad esempio a vedere moltissime persone che si aggirano per le strade con le tipiche coperte di
lana addosso) e che non sono alla ricerca di particolari agi. Sarete ricompensati ad alcuni dei paesaggi montani più deliziosi dell’Africa
intera.
Per quanto concerne la vostra giornata di viaggio invece siate accorti e puntate una sveglia davvero mattutina. La distanza stradale che
dovrete coprire per portarvi da Coffee Bay, affacciata sull’Oceano Indiano, fino a Semonkong, villaggio basotho immerso nel cuore del
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“regno del cielo”, è infatti di ben 480km da farsi però dapprima su impervie stradine secondarie che risalgono la Wild Coast, quindi su
strade più agevoli fino al punto di confine di Qacha’s Nek (aperto dalle 8 alle 20, 360km, 6 ore da Coffee Bay), e poi lungo le tortuose ma
incredibilmente spettacolari statali montane A4 e A5 del Lesotho fino a Semonkong (altri 120km, 2 ore da Qacha’s Nek). Come intuirete la
giornata trascorrerà via in toto per il trasferimento verso il cuore del Lesotho ma potrete iniziare a familiarizzare con lo stile di vita locale
tradizionalista e con ritmi esistenziali davvero lontani dai nostri usi moderni imperniati sulle tecnologie. Dal canto suo Semonkong è un po'
la quintessenza di questo mondo rurale, ma presenta un bellissimo e funzionale lodge per accogliere i viandanti. Le due giornate successive
che vi consigliamo di trascorrere in zona sono giustificate dal fatto che qui potrete compiere una bellissima escursione di un paio di giorni a
cavallo (o a dorso di pony se preferirete accorciare il percorso) in direzione di due delle cascate più belle di tutta l’Africa australe: le
Maletsunyane Falls (alte 204m e prossime a Semonkong) e le Ketane Falls (alte 122m e distanti una ventina di chilometri dall’abitato). Oltre
che per la vista delle roboanti e meravigliose cascate l’escursione è interessante per la possibilità di entrare in stretto contatto con alcuni
villaggi basotho remoti e ancorati al passato (se vi farete accompagnare da guide esperte potrete persino dormire in questi villaggi). Queste
comunità seguono rituali antichi come cerimonie festose per la nascita, la pubertà, il matrimonio e la morte dei suoi membri, credono negli
antenati e in un animismo puro, ammettendo la boloi (stregoneria) e la presenza degli thkolosi (piccoli esseri malevoli che interferiscono con
la tranquilla quotidianità della comunità). Inoltre, elemento fondante per il fabbisogno dei basotho, questi villaggi sono imperniati
sull’allevamento del bestiame che viene condotto al pascolo e gestito mediante strumenti singolari a fiato (lekolulo) o a corda (setolo-tolo o
thomo). Inutile insomma dire che spendere un paio di giorni immersi in queste aree collinari disseminati di gemme naturali e comunità
sospese nel tempo sarà uno dei momenti più emozionanti di questo viaggio. Per la serata della terza giornata cavalcate quindi a ritroso verso
Semonkong per far rientro al vostro lodge.
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Nella prima e terza fotografia è ritratta la maestosa cascata di Maletsunyane Falls, nei pressi di Semonkong, che si può romanticamente
raggiungere a cavallo. Al centro invece un tipico villaggio basotho delle campagne con cui familiarizzerete durante la vostra escursione.
12° - 13° - 14° giorno: SEHLABATHEBE NATIONAL PARK
I successivi tre giorni che vi consigliamo di spendere nel Lesotho vi permetteranno quindi di immergervi in una delle aree naturalistiche
montane più selvagge e ammalianti di tutti i Monti dei Draghi, una vera oasi sospesa nel tempo che risponde al nome di Sehlabathebe
National Park. Confinante con il più esteso Maloti-Drakensberg sudafricano questo parco nazionale istituito nel 1969 si colloca ad un altezza
media considerevolmente elevata (circa 2400m) e presenta al suo interno tutti i variegati ambienti tipici montani dell’Africa australe: rupi,
cascate, piscine naturali, decine di siti di arte rupestre oltre a possedere un numero elevati di specie di flora e fauna d’alta quota. Anche
l’accesso a quest’area protetta è di per sé un motivo di richiamo e di sfida: per raggiungere l’abitato di Sehlabathebe infatti dovrete
percorrere 190km (6 ore e mezza di guida) di strada da Semonkong, dapprima in buone condizioni di fondo (almeno sino al punto di frontiera
di Qacha’s Nek (120km, 2 ore) e poi su una pista a ridosso del confine con il Sudafrica in genere in discreto stato di manutenzione ma per la
quale è sempre bene dotarsi di mezzi 4x4 sufficientemente elevati da terra e da evitare dopo cospicue piogge (in genere concentrate tra
settembre ed aprile). Il paesaggio in direzione di Sehlabathebe si fa man mano più spettacolare e meno antropizzato con borghi spesi sui
versanti montani e gole a precipizio che si inoltrano nei fondovalle. Giunti infine a Sehlabathebe sappiate che qui esistono alcune strutture
ricettive, insospettabilmente di discreto livello, alle quale potrete riferirvi anche per noleggiare una guida e dei cavalli per le escursioni dei
due giorni successivi. In effetti la bellezza naturale del luogo è tale da giustificare senza indugio il trascorrere almeno due giorni nella natura
selvaggia del parco caratterizzata da cascate nascoste, pascoli d’alta quota, rupi rocciose solitarie, fiumi pescosi, una ricca avifauna (tra cui
diversi gipeti), ma ricordate che dovrete del tutto essere autosufficienti sia per le scorte di cibo che di acqua (bere da questi rii può essere
pericoloso per la presenza di malattie endemiche). Tra i luoghi da non perdere che ogni brava guida locale non dovrebbe mancare durante i
suoi percorsi esplorativi vi raccomandiamo le cascate Tsoelikana e la vetta panoramica del monte Kepising. Ovviamente potrete anche
muovervi più liberamente in anfratti meno battuti se opterete per l’opzione trekking in luogo delle uscite a dorso di cavallo. Al termine di ogni
giornata l’ideale sarebbe rientrare al lodge di Sehlabathebe ma se vi organizzerete a dovere potreste anche piantare delle tende nel cuore del
parco. Poco battuto e ancora allo stato selvaggio questo parco nazionale non potrà che rimanere impresso nei vostri cuori.
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Un paio di scorci dei classici paesaggi montani incontaminati del Sehlabathebe National Park del Lesotho, una delle aree più autentiche e
spettacolari dei Monti dei Draghi. Qui potrete dilettarvi in memorabili escursioni a cavallo o trekking di più giorni scoprendo angoli
dell’Africa sconosciuti ai più ma di una bellezza mozzafiato ed entrare in contatto con realtà basotho altamente rurali.
15° giorno: SANI PASS
La quindicesima tappa dell’itinerario è probabilmente la più lunga ed estenuante sotto un profilo di guida dell’intero percorso. La giornata si
consta infatti di un trasferimento di ben 365km di strada quasi completamente a curve che vi terrà impegnati alla guida per circa 9 ore
effettive, tramutandosi così in una sorta di rally imprevisto tra le guglie dei Monti dei Draghi. Particolarmente tecnico e impervio è il primo
tratto di strada, sterrata e dal fondo sconnesso, che vi permetterà di portarvi da Sehlabathebe fino all’intersezione con la statale lesothiana
A1, una sezione di soli 90km che costeggia anche un tratto iniziale del grande fiume Orange ma per la quale dovrete mettere in conto non
meno di 3 ore di smottamenti e abilità anche di orientamento. Qui non ci sono assolutamente indicazioni e dovrete sapervi destreggiare con
mappe e foto satellitari a menadito, giacché anche i navigatori non coprono l’itinerario. Una volta recuperata la statale A1 (sempre e
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comunque sterrata) sappiate però che vi separano dal Sani Pass ancora 120km di piste, per altre 3 ore di percorrenza. Anche se guidare in
queste condizioni, specie per noi abituati a strade in perfette condizioni, è duro ed estenuante non potrete però non rimanere ammaliati dai
paesaggi meravigliosi montani che vi circondano e compiere diverse soste nelle borgate del Lesotho interno che sembrano davvero essere al
di fuori del tempo. Proprio per questo però ricordate di essere del tutto autosufficienti sia per quanto concerne gli approvvigionamenti di
carburante, fate sosta ogni volta che potete, che per quanto concerne gomme di scorta e attrezzi per le riparazioni basilari: rimanere
invischiati in queste valli bisognosi di assistenza meccanica potrebbe far tramutare il viaggio in una sorta di mezzo incubo. Se tutto però
scorrerà liscio, presumibilmente, verso il primo pomeriggio se sarete partiti per le 6 circa da Sehlabathebe al mattino, avrete modo di
raggiungere il mitico Sani Pass, l’unico valico carrozzabile in essere tra la provincia sudafricana del KwaZulu Natal e il Lesotho. Chiunque
abbia una ben che minima conoscenza dell’ambiente dei Monti dei Draghi conosce per fama questo passo di alta montagna (2865m) che per
decenni è stato un vero spauracchio e leggenda per gli automobilisti più impavidi. Se dal lato lesothiano la strada è ben asfaltata, la sezione
sudafricana si sta invece man mano munendo del suddetto nastro solo in questi ultimi anni (si stima che la sezione sommitale del percorso
verrà ultimata per il 2019), un’idea che ha avuto numerosi osteggiatori per via del calo di charme che gli ultimi arditi tornanti in terra
battuta avrebbero avuto se convertiti in asfalto, ma di fatto è l’unico modo per rendere più accessibile e regolare al traffico la zona. La
strada pochi chilometri prima del valico in salita dal Lesotho lambisce poi i contrafforti del monte Thabana Ntlenyana che con i suoi 3482m
risulta essere il massimo rilievo dei Monti dei Draghi. Per chiunque abbia avuto l’ardore di seguire i nostri consigli il piccolo lodge situato
in prossimità del passo apparirà poi come un provvidenziale luogo per una sosta panoramica tra le nuvole e le guglie del tetto dei Monti dei
Draghi. Vi consigliamo di fermarvi per almeno un’ora o due in zona e di godervi questo superbo scenario, ma siate sempre accorti nel
guardare l’orologio: il valico di frontiera in ingresso verso il Sudafrica, qualche chilometro più a valle, chiude infatti quotidianamente alle
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raggiungere la vostra agognata meta, ossia la cittadina di Pietermaritzburg che accoglierete in maniera trionfale non solo per un ritorno alla
civiltà ma anche e soprattutto perché sarà così giunta a conclusione questa interminabile tappa dell’itinerario.
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Alcuni pastori basotho vestiti con la tipica coperta di lana portano al pascolo i loro greggi nelle sperdute vallate dei Monti dei Draghi
lesothiani. Al centro poi una classica cartolina del Sani Pass sul versante sudafricano: un vero toboga di curve e tornanti sterrati che solo nei
prossimi anni saranno asfaltati. Infine il famoso cartello del passo, vero miraggio dopo ore di convulse curve nel cuore del Lesotho.
16° giorno: PIETERMARITZBURG
Pietermaritzburg non è solo il capoluogo della provincia dello KwaZulu Natal ma ne è anche la custode del suo periodo coloniale, essendo
eccezionalmente zeppa rispetto alle sue dirimpettaie di monumenti architettonici che evocano i fasti del XIX secolo. La città venne fondata
come capitale della neonata Repubblica del Natal nel 1838 e si scelse di porre qui gli edifici pubblici ed amministrativi poiché il luogo era
assai meno umido e più confortevole del grande porto di Durban, poco distante. La Pietermaritzburg moderna si manifesta come una
popolosa conurbazione (vi risiede circa mezzo milione di persone) ricca di minoranze zulu e indiane e contraddistinta da una vivace vita
culturale e notturna, stimolata in questo da una nutrita schiera di studenti universitari che frequentano la University of KwaZulu Natal.
L’unico vero problema riscontrabile in città è quello dello smog, che specie nei mesi invernali (aprile-agosto) poco piovosi attanaglia la città
a causa della sua ubicazione sul fondo di un vasto catino naturale.
Snodo principale viario e della vita di Pietermaritzburg è l’intersezione tra Church Street e Chief Albert Luthuli Street dove trova ubicazione
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il raffinatissimo City Hall, il municipio del 1901 che all’epoca della sua apertura fu il più grande edificio in soli mattoni rossi mai costruito in
tutto l’emisfero australe. Spostandovi di qualche centinaio di metri verso sud lungo Church Street vi imbatterete quindi velocemente nei due
principali monumenti di Pietermaritzburg: la Tatham Art Gallery e il Voortrekker Museum. La prima è una pinacoteca privata donata alla
città nel 1903 da Ada Tatham e comprende tele di maestri inglesi e francesi dell’800, mentre il Voortrekker Museum oltre alla solita sezione
etnografica sulle popolazioni indigene serba al suo interno la storia Church of the Vow, eretta dai voortrekker nel 1841 come adempimento
del voto che avevano fatto durante la vittoriosa battaglia di Blood River. Merita inoltre almeno un’oretta del vostro tempo il KwaZulu Natal
Museum che meglio di qualsiasi altra mostra cittadina approfondisce i temi legati alla cultura zulu e indigena di questa sezione del Sudafrica
e propone esibizioni di animali selvatici impagliati della zona. Giacché giungerete in quei di Pietermaritzburg esausti dalle giornate
precedenti nel Lesotho e consci che l’indomani ripartirete alla volta del Royal Natal National Park, altro sontuoso parco naturale dei Monti
dei Draghi, vi raccomandiamo di prendervi tutta la giornata per un po' di sano ozio e riposo, magari mettendo a punto anche le vostre
provviste e attrezzature per i giorni a venire. Come preannunciato ad ogni modo la vita serale è qui molto più vivace che in qualsiasi altro
centro dei dintorni: seguite la folla e fatevi trasportare, non ve ne pentirete.
Tre istantanee che immortalano i principali siti di intesse di Pietermaritzburg, storica capitale della regione dello KwaZulu Natal. In prima
istanza la Church of the Vow, eretta come voto dai voortrekker nel 1841, quindi una vista panoramica della splendida City Hall locale in
mattoni rossi del 1901 ed infine una delle sale interne del KwaZulu Museum, perfetta introduzione a questa singolare regione sudafricana.
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17° - 18° giorno: ROYAL NATAL NATIONAL PARK
Il diciassettesimo e diciottesimo giorno dell’itinerario proposto, gli ultimi due effettivi del vostro viaggio, si incentrano infine sul Royal Natal
National Park che racchiude probabilmente entro i suoi confini gli scenari dei Monti dei Draghi più spettacolari appartenenti al Sudafrica.
Per vostra fortuna la rete stradale sudafricana è molto più sviluppata ed agevole di quella lesothiana e pertanto potrete raggiungere
abbastanza rapidamente nell’arco di 2 ore e mezza nella mattinata del primo giorno (205km da Pietermaritzburg) l’insediamento del
Thendele Upper Camp, ossia la postazione nella quale si concentrano i principali camping e servizi di alberghieri del parco nazionale del
Royal Natal. Una volta qui giunti potrete decidere autonomamente, a seconda delle energie residue, se dedicare la giornata a brevi
passeggiate nel fondovalle e a ristorarvi all’ombra dei versanti montani locali oppure se intraprendere la bella escursione, non difficile, alla
volta della sommità del Policeman’s Helmet (4 ore tra andata e ritorno), una curiosa formazione geologica scolpita dagli agenti erosivi che
vi permetterà una prima strabiliante visione del cosiddetto Amphitheater, il gioiello del parco nazionale. Lungo il percorso avrete modo di
scorgere anche diverse decine di specie botaniche delle oltre 2100 che caratterizzano il Royal Natal, vera e propria oasi botanica nel cuore
del Sudafrica. Tanta biodiversità è il risultato di una felice combinazione di piogge costanti e diversi habitat racchiusi in pochi chilometri
quadrati comprendenti praterie, rupi rocciose e persino piccoli tratti di savana. Anche la fauna è ben rappresentata, ma meno diversificata, e
si compone di branchi di antilopi, lepri, iraci, sciacalli, babbuini e fiumi stracolmi di trote.
La seconda giornata nel parco è invece quasi obbligatoriamente completamente da dedicare alla splendida escursione che segue il sentiero
detto Tugela Gorge Walk (23km, tra andata e ritorno circa 6 ore di cammino). Questa traccia di fondovalle vi permetterà di raggiungere dal
Thundele Upper Camp l’incredibile cornice dell’Amphitheater. Questo complesso geologico alla testata della valle principale del Royal Natal
National Park si costituisce di un catino largo 6km e alto mediamente 1200m dalla sua base alla cui sommità si stagliano i picchi del Mont
aux Sources (3254m, scalabile con una lungo trekking da 10 almeno e un giorno aggiuntivo di permanenza) che generano due importanti
corsi d’acqua: l’Orange River e il Tugela River. Se il primo risulta essere il più lungo (2200km di percorrenza) e possente tra i fiumi
sudafricani e va a sfociare nel lontano Oceano Atlantico, il secondo è noto in tutto il mondo per la sua origine: le Tugela Falls. Alte nel
complesso 947m e composte da cinque salti consecutivi queste cascate sono le seconde più alte del mondo e, nonostante una portata misera
per gran parte dell’anno, sono davvero mozzafiato per la loro collocazione. La lunga escursione che segue il tracciato del Tugela Gorge
Walk vi ricondurrà quindi verso sera al Thundele Upper Camp, non prima di aver compiuto ancora qualche spettacolare guado e passaggio
tra le rocce, lasciandovi dentro di voi i ricordi di una straordinaria escursione montana nel cuore della catena dei Monti dei Draghi.
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In queste tre immagini si riassume il meglio dello scrigno naturale immerso nella catena dei Monti dei Draghi del Royal Natal National Park:
in prima immagine una vista da lontano del celebre Amphitheater, quindi un dettaglio sulle Tugela Falls, le seconde cascate al mondo per
altezza complessiva, ed infine una giovane escursionista impegnata lungo il Tugela Gorge Walk, sentiero più rappresentativo del parco.
19° - 20° giorno: trasferimento fino in Italia
Il percorso per il rientro dai Monti dei Draghi sudafricani e nella fattispecie dal Royal Natal National Park verso l’Italia non è propriamente
il percorso più veloce e agevole che possiate intraprendere. In effetti già l’avvicinamento dalla zona montuosa adiacente al confine con il
Lesotho fino all’aeroporto intercontinentale di Johannesburg vi terrà impegnati per tutta la mattina della prima giornata dedicata al rientro
verso la madrepatria (350km, 4 ore e mezzo di guida effettiva la distanza tra i due luoghi). Una volta giunti all’OR Tambo Airport di
Johannesburg ricordate quindi che solo Roma possiede dei collegamenti aerei diretti che vi permetteranno in un’unica tratta (11 ore) di poter
completare il vostro viaggio di rientro. Alternativamente se siete diretti verso Milano o se vorrete risparmiare qualcosa sul biglietto aereo
non disperate: sappiate che ci sono svariate opzioni aeree che vi permetteranno in tempi solo lievemente più lunghi (16-22 ore) di fare rientro
in Italia con scali intermedi che di solito si svolgono presso Dubai, Parigi, Addis Abeba, Istanbul , Abu Dhabi o Doha. In qualsiasi caso
complice il lungo viaggio di avvicinamento all’aeroporto di Johannesburg e alla durata intrinseca dello spostamento aereo mettere in conto
di dedicare almeno due giorni effettivi di calendario al vostro percorso di rientro verso l’Italia.