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Susanna Cotena PK 1/5 Le trame celebri della letteratura ......quelli ispirati al periodo storico...

Date post: 25-Jun-2020
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Page 1: Susanna Cotena PK 1/5 Le trame celebri della letteratura ......quelli ispirati al periodo storico della Resistenza; la sua pubblicazione decretò il successo della scrittrice bolognese

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Estratto della pubblicazione

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Copyright © 2010 Esselibri S.p.A.Via F. Russo 33/D80123 Napoli

Tutti i diritti riservatiÈ vietata la riproduzione anche parzialee con qualsiasi mezzo senza l’autorizzazionescritta dell’editore.

Per citazioni e illustrazioni di competenza altrui, riprodotte in questo libro, l’editore è a disposizione degli aventi diritto. L’editore provvederà, altresì, alleopportune correzioni nel caso di errori e/o omissioni a seguito della segnalazione degli interessati.

Prima edizione: maggio 2004Seconda edizione: giugno 2010PK1/5ISBN 978-244-5407-0

Ristampe8 7 6 5 4 3 2 1 2010 2011 2012 2013

Questo volume è stato stampato pressoOfficina Grafica IrideVia Prov.le Arzano-Casandrino, VII Trav., 24 - Arzano (NA)

Per informazioni, suggerimenti, proposte: [email protected]

Grafica e copertina: Gianfranco De Angelis

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Presentazione

Quest’agile volumetto costituisce un valido strumento di affiancamento e di supporto ai libri di letteratura italiana sia per chi frequenta ancora le scuole superiori (può risultare particolarmente utile alla stesura di tesine o relazioni) sia per chi è già iscritto a una facoltà universitaria (la maggior parte dei ma-nuali in circolazione non presenta quasi mai per esteso la trama delle opere trattate). Esso, tuttavia, è anche rivolto a chi voglia semplicemente recuperare conoscenze che il tempo ha affievolito o soddisfare la propria curiosità avvi-cinandosi a una parte importante del nostro patrimonio letterario o, ancora, a chi abbia la necessità di avere “in tasca” uno strumento di consultazione schematico e originale.

Oltre centotrenta capolavori della nostra tradizione, dalle origini al Novecento, sono presentati attraverso uno schema fisso che prevede:

• uno specchietto introduttivo, contenente le informazioni preliminari (autore, genere, data di composizione, personaggi principali);

• un breve trafiletto di contestualizzazione con le coordinate storico-culturali entro cui si colloca l’opera;

• la trama vera e propria, esposta sempre in maniera puntuale e dettagliata.

La disposizione dei titoli secondo l’ordine alfabetico rende immediata la consultazione, possibile, inoltre, anche mediante un indice analitico per autori, posto in calce al testo.

Pur nella snellezza tipica delle sintesi, la trattazione risulta precisa ed esau-stiva anche grazie alle glosse (esplicative o di approfondimento) e ai frequenti rinvii al glossario presente alla fine del volumetto e contenente la spiega-zione dei termini relativi ai generi e alle correnti letterarie, alla narratologia, alle figure retoriche e a tutto quanto possa risultare necessario a completare e arricchire la conoscenza delle opere trattate. Agli incipit più famosi e alla filmografia eventualmente legata ad alcune di esse sono infine dedicate due finestre-jolly (L’incipit e Il film).

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Guida pratica alla consultazione

• Il testo è consultabile: – come un dizionario (i titoli delle opere sono disposti secondo l’ordine

alfabetico)– attraverso l’indice analitico per autori (posto in calce al volumetto)

• Il simbolo ��rinvia a collegamenti intratestuali

• Le parole sottolineate e recanti in apice un triangolino colorato rinviano al Glossario

• Le glosse contengono spiegazioni o approfondimenti relativi a una deter-minata opera

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Autore: Alessandro Manzoni (1785 – 1873)

Genere: tragedia

Data di composizione: 1820 - 1822

Personaggi principali: Adelchi, Carlo Magno, Desiderio, Ermengarda

La tragedia, in versi, è costituita da cinque atti e due Cori , presenti rispet-tivamente nell’atto III e nell’atto IV, e venne rappresentata per la prima volta, senza peraltro riscuotere successo, al Teatro Carignano di Torino il 13 maggio 1843. La vicenda, ambientata in Italia tra il 772 e il 774, si svolge sullo sfondo del periodo storico che vide la caduta del regno longobardo e l’inizio della dominazione franca, con una popolazione latina vittima inerte dei giochi di potere delle due dinastie in lotta, umiliata e soggiogata allo straniero.

Atto I - Siamo alla corte longobarda di Pavia: Ermengarda, figlia di re Desiderio e sorella di Adelchi, è tornata a casa perché suo marito, il re dei Franchi Carlo Magno, l’ha ripudiata. Desiderio, che giura vendetta, decide di favorire le pretese al trono dei Franchi dei figli di Carlomanno e di continuare la sua politica contro la Chiesa, contravvenendo alle richieste dell’ambasciatore franco Albino, che inve-ce gli intima di abbandonare subito le terre del papa occupate. È l’inizio della guerra.Atto II – I Franchi sono accampati lungo il confine longobardo, ma non riescono a superarlo fino a quando il diacono Martino non annuncia di aver scovato un varco praticabile per aggirare l’esercito nemico e attaccarlo alle spalle.Atto III – I Longobardi sono colti di sorpre-sa dall’esercito franco: i traditori giurano subito fedeltà a Carlo Magno, pochissimi oppongono resistenza. Tra questi il fedele scudiero e amico di Adelchi, Anfrido, che resta ucciso durante gli scontri.

Adelchi Figura centrale della tragedia è naturalmente Adelchi, che appare, insieme con la sorella Ermengarda, il personaggio più combattuto e soffe-rente, perennemente diviso tra le sue due “nature” di guerriero e cristiano. Come guerriero, infatti, Adelchi sa bene che il proprio dovere è rimanere fedele a suo padre e al suo popolo, e combattere nel loro nome, ma come cristiano sa altrettanto bene che la causa per la quale combatte non è «né giusta / né glorïosa» (III, vv. 56-57). «Il mio cor m’ange, Anfrido:» — confida Adelchi al suo più caro amico — «ei mi comanda / alte e nobili cose; e la fortuna / mi condanna a inique» (III, vv. 84-86), e in punto di morte, al cospetto di suo padre Desiderio, ribadisce la sua ferma condanna del potere, il cui esercizio è sempre fonda-to sull’ingiustizia e sulla sopraffazione dei più deboli.

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Desiderio e Adelchi, in compagnia dei pochi amici, riparano in una foresta e progettano la resistenza: il re difenderà Pavia, il principe Verona. Questo atto è suggellato dal famoso Coro Dagli atrii muscosi, dai Fori cadenti…Atto IV – Ermengarda, che si è rifugiata nel Convento di San Salvatore a Brescia, apprende la notizia del nuovo matrimonio di Carlo e, sopraffatta dal dolore, agonizza e muore. La prima scena si chiude con il secondo Coro della tra-gedia, Sparsa le trecce morbide… La seconda scena, invece, si svolge a Pavia, assediata dai Franchi. Qui alcuni Longobardi prendono accordi per tradire re Desiderio, favorendo l’entrata in città dei Franchi.Atto V – Pavia è presa dall’esercito franco e re Desiderio è fatto prigioniero; il nemico avanza poi alla volta di Verona. Qui Adelchi, giudicato inutile ogni tentativo di resistenza, decide di rifugiarsi a Bisanzio per poi riprendere la guerra in un secondo momento. Tuttavia, durante la lotta, viene ferito grave-mente e fatto prigioniero; condotto in presenza di re Carlo, muore ricordando al padre quante ingiustizie produca l’esercizio del potere e quanto sia inutile, di fronte ai voleri del destino, ogni agire dell’uomo.

Adone

Autore: Giovan Battista Marino (1569 – 1625)

Genere: poemetto in ottave

Data di composizione: 1623

Personaggi principali: Adone, Venere, Amore, Clizio

L’Adone racconta, in venti canti di ottave, la storia d’amore, destinata a una fine infelice, della dea Venere e del bellissimo giovinetto Adone. Dedicato a Luigi XIII, re di Francia, è il poema più lungo della letteratura italiana (5123 ottave) ed è preceduto da un proemio, in forma di lettera, dedicato a Maria de’ Medici.

Libro I – Risentito con la madre Venere, Amore fa in modo che il bellissimo Adone giunga sull’isola di Cipro.Libro II – Il giovane è accolto presso il palazzo della dea e qui ascolta dal pastore Clizio la vicenda del giudizio di Paride.Libro III – Adone si assopisce in un boschetto, dove sopraggiunge Venere che, colpita da una freccia di Amore, se ne innamora, presto ricambiata.Libro IV – Il giovane rientra a palazzo e si intrattiene con Amore, che gli narra la favola di Psiche.

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Libro V – Dopo aver ascoltato alcune storie da Mercurio, Adone viene esortato da Venere a evitare i pericoli della caccia ed è condotto ad assistere a una rappresentazione teatrale, durante la quale è colto dal sonno.Libro VI – Al suo risveglio si ritrova, in compagnia di Venere, nel giardino del Piacere, suddiviso in cinque parti (tante quanti sono i sensi dell’uomo); il giovane e la dea attraversano il giardino della vista e dell’olfatto.Libro VII – Nel giardino dell’udito i due innamorati ascoltano la storia della gara di canto tra l’usignolo e il suonatore di liuto; nel giardino del gusto, invece, parte-cipano a un banchetto con Momo, il dio del motteggio.Libro VIII – Nel giardino del tatto sono uniti in matrimo-nio da Mercurio e possono godere delle gioie del sesso.Libro IX – Adone e Venere visitano l’isola della Poesia, dove si svolge una gara di canto tra cigni (simbolo dei maggiori poeti greci, latini e italiani).Libro X – I due novelli sposi ascendono al cielo, sotto la guida di Mercurio, che spiega loro la fisica celeste e parla di Galileo.Libro XI – Nel cielo di Venere vedono le donne più belle e celebri della storia.Libro XII – Marte è informato da Gelosia della relazione tra Venere e Adone e intende vendicarsi. La dea allora spinge l’amato alla fuga. Il giovane finisce presso la crudele fata Falsirena, che lo trasforma in un pappagallo.Libro XIII – Adone riprende le sue sembianze grazie all’intervento di Mercurio.Libro XIV – Finisce però nelle mani di spietati briganti da cui a stento riesce a fuggire.Libro XV – Il protagonista incontra di nuovo Venere e torna a palazzo con lei; qui, grazie a Mercurio, vince a una partita a scacchi il regno di Cipro, che accetta malvolentieri. È indetto un concorso di bellezza per eleggere il nuovo re di Cipro e Adone vi partecipa.Libro XVI – Il bellissimo giovinetto, nonostante l’inganno di Tricane, è eletto re di Cipro.Libro XVII – Venere è in partenza per Citera e concede ad Adone di cacciare nel bosco di Diana.Libro XVIII – Marte, con l’aiuto di Diana, può realizzare la sua vendetta: Adone è aggredito e ucciso da un cinghiale.Libro XIX – Venere è consolata dagli altri dèi; nove giorni dopo si celebrano i funerali di Adone.Libro XX – In onore dello sfortunato giovane vengono indetti tre giorni di giochi.

L’Adone nella prima edizione (1623)

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Agnese va a morire (L’)

Autrice: Renata Viganò (1900 – 1976)

Genere: romanzo

Data di pubblicazione: 1949

Personaggi principali: Agnese, Palita

Il romanzo, ascrivibile alla corrente del neorealismo , è tra i più intensi tra quelli ispirati al periodo storico della Resistenza; la sua pubblicazione decretò il successo della scrittrice bolognese Renata Viganò, che aveva esordito molto giovane come poetessa. La storia è ambientata nelle valli di Comacchio, durante la seconda guerra mondiale: i fatti si svolgono, per l’esattezza, tra l’autunno del 1943 e la primavera del 1945.

Agnese è un’umile contadina di mezza età ed è sposata con Palita, intellettuale comunista impegnato nella Resistenza; un giorno l’uomo viene arrestato dai tedeschi e deportato in Germania, diretto in un campo di concentramento. Agnese, rimasta sola, matura la decisione di aiutare lei stessa i partigiani. Viene così incaricata di svolgere un’importante azione di collegamento tra i componenti dei vari gruppi, che Agnese porta a termine con coraggio ogni giorno, a bordo della sua vecchia bicicletta. La sua nuova esistenza si svolge in questo modo per circa sei mesi, durante i quali viene a sapere che Palita è morto prima ancora di arrivare in Germania. Un giorno Agnese uccide Kurt, un soldato tedesco ospitato dalla famiglia con la quale lei e il marito condi-videvano la casa, e si dà alla macchia entrando a fare pienamente parte della vita clandestina della Resistenza. In breve diviene per tutti “mamma Agnese” e come tale si comporta, prendendosi amorevolmente cura di tutti i partigia-ni. Trascorre ancora un anno, ma un giorno Agnese si trova coinvolta in un rastrellamento, durante il quale viene riconosciuta e crudelmente massacrata dal maresciallo tedesco del soldato che qualche mese prima aveva ucciso.

Agostino

Autore: Alberto Moravia (1907 – 1990)

Genere: romanzo

Data di composizione: 1942

Personaggi principali: Agostino, la madre, Renzo, Berto, Saro

Con Agostino Moravia ottenne nel 1945 il suo primo riconoscimento ufficiale, vincendo il Premio “Corriere Lombardo”. La storia è quella di un adolescente,

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di un’estate che diventa la linea di confine tra l’innocenza dell’infanzia e la scoperta della sessualità.

Versilia, anni Venti del Novecento: Agostino è un tredicenne vissuto sempre sotto le ali protettive della madre, una vedova ancora giovane e bella, che il ragazzo adora e alla quale si sente orgogliosamente legato da un’intimità pro-fonda, da un rapporto che crede unico e totalizzante. Ma un giorno, durante la villeggiatura, la madre accetta con gioia la corte di un bagnino, Renzo, con cui ogni mattina attende con ansia di fare una gita in pattino. Agostino, che spesso si trova suo malgrado a fare da spettatore a questi incontri, è roso dalla gelosia, si sente offeso e umiliato per essere stato soppiantato dal bel giovane bruno. Una rabbia sorda lo prende, vorrebbe vendicarsi, gode quando vede la madre turbarsi se Renzo ritarda, la sfida subdolamente, fino a strapparle uno schiaffo. Per distrarsi si unisce a un gruppo di ragazzacci del popolo, figli di bagnini e di marinai. Aggressivi, violenti, spudorati, i nuovi compagni di “Pisa” (questo è il soprannome che gli attribuiscono in virtù delle sue origini toscane) lo disprezzano per i suoi comportamenti da “cocco di mamma” e lo invidiano per la sua condizione sociale. Quando i ragazzi del gruppo iniziano a fare apprezzamenti volgari sulla bel-lezza e sui comportamenti della madre con il giovane del pattino, si accorgono stupefatti che Agostino del sesso non sa nulla. È dalle espressioni violente dei ragazzi e dai loro gesti osceni con cui si divertono a mimare un rapporto sessuale che avviene l’iniziazione di Agostino al mondo della sessualità. E dopo la sessualità, giunge la perversione: “Pisa” viene accusato di aver accettato le avances di Saro, il losco cinquantenne omosessuale che fa parte del gruppo. Scaraventato in questo nuovo mondo, Agostino apprende un’altra cosa «stra-na e crudele»: che una donna si può avere anche con il denaro, cosa di cui non riesce proprio a capacitarsi. Ma per Agostino questa può essere una via di salvezza: egli ha bisogno di vedere e toccare una donna perché, dopo il «tradimento» subito e da quando ha scoperto la sessualità, la curiosità morbosa che si è impadronita di lui si è andata sempre più appuntando sulla madre. Ma il suo tentativo di entrare in una casa di prostituzione fallisce e Agostino riesce solo a rubare, spiando da una finestra, l’immagine di una donna con il seno nudo: dovranno trascorrere ancora anni difficili perché Agostino si lasci alle spalle la sua adolescenza e diventi finalmente un uomo.

Agostino (La perdita dell’innocenza) Regista: M. BologniniAnno di produzione: 1962Attori principali: I. Thulin, P. Colombo, J. Saxon

Il film

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Aminta

Autore: Torquato Tasso (1544 – 1595)

Genere: favola pastorale

Data di composizione: 1573

Personaggi principali: Aminta, Silvia, Dafne, Tirsi

L’Aminta, in cinque atti in versi preceduti da un Prologo e conclusi da un Epilogo , fu composta nella primavera del 1573 e rappresentata nel luglio dello stesso anno nel palazzo estense dell’isoletta di Belvedere sul Po.

Prologo - Amore, sfuggito alla vigilanza della madre Venere, manifesta il proposito di rifugiarsi tra gli inge-nui pastori per ferire il cuore di una ninfa, Silvia, che si mostra indifferente all’amore appassionato del pastore Aminta.Atto I - Silvia e Aminta colloquiano con i rispettivi con-fidenti, Dafne e Tirsi. Dafne esorta vanamente Silvia ad abbandonarsi alle gioie dell’amore; Aminta rivela a Tirsi il suo tormento. L’atto è concluso da un Coro, che esalta l’amore e la mitica età dell’oro.Atto II - In un monologo un Satiro dichiara di essere innamorato di Silvia. Dafne e Tirsi, dopo una maliziosa schermaglia, per favorire l’unione di Aminta e Silvia stabiliscono che Amore raggiunga la ninfa quando ella

si recherà da sola al bagno presso una fonte.Atto III - Tirsi racconta la disperazione di Aminta, che si è recato alla fonte e ha trovato Silvia legata ad un albero dal Satiro. Nonostante l’abbia liberata, lei è fuggita senza degnarlo neanche di uno sguardo. Aminta ha deciso di uccidersi, decisione divenuta irrevocabile quando la ninfa Nerina gli ha raccontato che Silvia è stata sbranata dai lupi.Atto IV - Silvia torna sorprendentemente in scena e racconta a Dafne come sia riuscita a fuggire dai lupi. L’amica, intanto, le dice che Aminta, credendola morta, ha deciso di uccidersi. Silvia è mossa prima dalla pietà, poi dall’amore. Ma sembra ormai troppo tardi: la ninfa, infatti, viene a sapere che Aminta si è gettato da una rupe.Atto V - Il dramma si scioglie in un finale a sorpresa: Aminta, infatti, si è salvato impigliandosi in un cespuglio, e può finalmente essere felice tra le braccia di Silvia.Epilogo - Venere scende dal cielo a cercare Amore e chiede se sia nascosto tra il pubblico.

L’Aminta in un’edizione illustrata del 1768

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Autore: Jacopo Sannazaro (1457 – 1530)

Genere: prosimetro

Data di composizione: 1483-1496

Personaggi principali: Sincero, Barcinio, Summonte, Meliseo

L’Arcadia , iniziata probabilmente intorno al 1483 e portata a termine tra il 1491 e il 1496, è costituita da dodici ecloghe e altrettante prose. Il capolavo-ro di Sannazaro riscosse un successo immediato, testimoniato dall’edizione, non autorizzata dall’autore, incompleta e notevolmente scorretta, apparsa a Venezia nel 1502; lo scrittore, per rimediare agli innumerevoli errori presenti nella stampa veneziana, permise la pubblicazione del testo a Napoli nel 1504, a cura dell’amico Pietro Summonte. Da quel momento in poi, l’Arcadia conobbe una fortuna incontrastata e duratura nei secoli, imponendosi fino al Settecento come modello indiscusso del genere pastorale in tutta Europa.

La vicenda è ambientata nella regione greca dell’Arcadia, in cui, tra una natura florida e incontaminata, i pastori trascorrono il tempo «in cantare et in sonare le sampogne a pruova l’un de l’altro» (facendo a gara tra loro). Le ecloghe, dunque, danno voce ai canti dei vari personaggi, che esprimono le loro gioie e le loro sofferenze amorose. Fungono da raccordo i brani di prosa, interamente dedicati alla descrizione del paesaggio dell’Arcadia e della vita dei pastori. Ma nella prosa VII prende corpo una storia vera e propria, di cui è protagonista il pastore Sincero, dietro il quale si nasconde il poeta stesso. Egli, dopo aver raccontato la propria vita, spiega di aver abbandonato Partenope (Napoli) e di essere giunto in Arcadia per trovare sollievo alle sue sofferenze d’amore, che non riesce comunque a lenire poiché l’immagine della donna amata (la nobile napoletana Carmosina Bonifacio) non lo abbandona mai. In seguito Sincero, angosciato da continui e funesti segnali che lasciano presagire la morte della fanciulla, è accompagnato da una ninfa in un lungo viaggio nel mondo sotterraneo, al termine del quale si ritrova a Napoli. Qui incontra i pastori Barcinio, Summonte e Meliseo, i quali non sono altro che la trasposizione letteraria dei cari amici dell’autore Benedetto Gareth, detto il Cariteo, Pietro Summonte e Giovanni Pontano, e apprende la dolorosa noti-zia della morte dell’amata. L’ultima ecloga è un canto denso di dolore, in cui trova espressione, accanto alle sofferenze personali, l’angoscia per la Napoli travolta dall’invasione francese. Toni dolenti e malinconici dominano anche il componimento A la Sampogna, che chiude l’opera.

Estratto della pubblicazione

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Autore: Teofilo Folengo (1491 – 1544)

Genere: poema in esametri

Data di composizione: 1517 - 1540

Personaggi principali: Baldo, Guido, Baldovina, Fracasso, Cingar, Merlin Cocai

Il Baldus, poema in 25 canti di esametri scritto in latino “maccheronico” (for-ma caricaturale e burlesca del latino classico, infarcito di termini del dialetto mantovano) fa parte in realtà delle Maccheronee, alla cui stesura Folengo – sotto lo pseudonimo di Merlin Cocai – si dedicò dal 1517 al 1540. Vero e proprio controcanto al classicismo l’opera è una parodia dei generi letterari illustri del Cinquecento, come il poema epico classico e il poema cavalleresco volgare. Il Baldus è nettamente distinto in due parti: la prima costituita dai libri I-XI, la seconda dai libri XII-XXV.

Libri I-XI - Guido di Montalbano, discendente del prode Rinaldo, si innamora di Baldovina, figlia del re di Francia, la rapisce e fugge con lei a Cipada, una località contadina nei pressi di Mantova. Dovendo partire per la Terrasanta, Guido affida Baldovina alle cure di un buon contadino, Berto Panada, nella cui casa nasce Baldo, l’omonimo protagonista del poema. Il fanciullo, che ritiene di appartenere alla nobile schiatta degli eroi, cresce leggendo le gesta di Orlando, ma l’ambiente rustico e grossolano in cui vive lo trasforma presto in un attaccabrighe nullafacente. Un giorno, durante una rissa in strada, un nobile resta ucciso e Baldo finisce in prigione, causando la morte di sua madre, che non regge al dolore. Intanto Baldo viene liberato per intercessione di un amico di Guido, ma una volta uscito dal carcere si dedica a ben altre male-fatte in compagnia di alcuni amici, tra cui Fracasso (discendente di Morgante) e Cingar (che ricorda, invece, l’astuto e truffaldino Margutte). Alla morte di Berto, che lo ha cresciuto come un figlio, ne dissipa l’eredità e, denunciato dal vecchio console Tognazzo al podestà di Mantova, finisce ancora dietro le sbarre. A questo punto il nuovo protagonista del poema, almeno nei libri VI-XI, diviene Cingar, che mette in moto una lunga serie di diabolici espedienti per riuscire a liberare l’amico, fino a quando non vi riesce, facendosi introdurre travestito da frate nella sua cella, con la scusa di dover accogliere la sua ultima confessione. Giungiamo così alla seconda parte del poema.

Estratto della pubblicazione

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Libri XII-XXV - Baldo, nuovamente libero, lascia Cipada e con i suoi amici bri-ganti si imbarca a Chioggia, iniziando a vagabondare senza meta e affrontando innumerevoli scontri con pirati, mostri e streghe. In una caverna incontra un vecchietto, Merlin Cocai (il quale altri non è che il poeta stesso), che racconta la sua storia e poi accompagna la brigata in una visita all’Inferno, dove Baldo e i suoi amici possono assistere al convito delle ombre, cupa allegoria di tutte le miserie umane. Sopraggiunge così l’ultimo colpo di scena: un’enorme zucca, più alta del monte Olimpo, si configura come la sede dei filosofi, dei poeti, degli astrologhi, di tutti coloro, insomma, che nella vita raccontarono “frottole”. Qui un barbiere strappa loro i denti, tanti quante furono le bugie dette: e i denti prontamente ricrescono. Il poema termina così: con Merlin Cocai che abbandona la brigata di Baldo, avendo riconosciuto nella grande zucca il luogo di residenza a lui più consono.

Baruffe chiozzotte (Le)

Autore: Carlo Goldoni (1707 – 1793)

Genere: commedia

Data di composizione: 1762

Personaggi principali: Lucietta, Checca, Orsetta, Toffolo, Titta, Beppo

Rappresentata al teatro San Luca nel gennaio del 1762, la commedia in dia-letto Le baruffe chiozzotte (in prosa e divisa in tre atti ) fu immediatamente precedente a Una delle ultime sere di carnovale, con la quale Goldoni, prima di partire per Parigi, chiuse la sua pluriennale attività di commediografo svolta a Venezia e si congedò in maniera commossa dal suo pubblico.

Chioggia: in una strada un gruppo di donne lavora ai merletti e parla dei propri uomini, che svolgono attività di pescatori. Sono Donna Pasqua e sua cognata Lucietta, Donna Libera e le sue giovani sorelle: Orsetta e Checca. Entra in scena Toffolo che, pur essendo innamorato di Checca, siede accanto a Lucietta, scatenando una baruffa, fermata dal sopraggiungere dei pescatori. Tra loro è padron Toni, marito di Pasqua e fratello di Lucietta; le due donne lo accolgono con gioia, ma informano Beppe, fratello di Toni e fidanzato di Orsetta, che la sua donna ha chiacchierato a lungo con Toffolo. Donna Libera e le sue sorelle, dal canto loro, dopo aver salutato padron Fortunato, il capo di casa, scatenano la gelosia di Titta Nane, innamorato di Lucietta, informan-dolo del comportamento di Toffolo. In una clamorosa baruffa Beppe affronta Toffolo, coinvolgendo le due famiglie, e Titta Nane, armato di coltello. Toffolo allora decide di querelare tutti.

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La scena si sposta nella cancelleria criminale, dove il coadiutore Isidoro cerca di ricostruire la dinamica dei fatti, interrogando uno dopo l’altro tutti i personaggi della vicenda, ma le testimonianze sono confuse e contrastanti. Decide dunque di convocare gli uomini coinvolti, ma nel frattempo, in strada, le donne litigano furiosamente. I tentativi di Isidoro di convincere le due parti a riappacificarsi falliscono, ma proprio quando il povero coadiutore decide di arrendersi i rancori sono accantonati e la pace è fatta.

Bella estate (La)

Autore: Cesare Pavese (1908 – 1950)

Genere: raccolta di racconti

Data di pubblicazione: 1949

Personaggi principali: Ginia, Amelia, Rodriguez, Guido (La bella estate); io-narrante ,

Pieretto, Oreste (Il diavolo sulle colline); Clelia, Rosetta, Momina, Mariella (Tra donne

sole).

La trilogia, pubblicata la prima volta a Torino, include l’omonimo racconto della raccolta, scritto nel 1940 e intitolato inizialmente La tenda, Il diavolo sulle colline, del 1948, e Tra donne sole, composto nel 1949.

La bella estate – La giovane Ginia vive con il fratello Severino e lavora in un atelier. Per caso conosce Amelia, più grande di lei, che la spinge a vincere tutte le sue remore infantili e a superare ogni pudore. La donna, che posa come modella per alcuni pittori, presenta Ginia a Rodriguez e Guido, due artisti esordienti. Guido, tutto preso dal suo entusiasmo creativo, affascina l’ingenua e inesperta Ginia, che se ne innamora e, dopo mille perplessità, gli si concede. Guido, però, non ne è innamorato e la trova peraltro poco adatta a lui, data la sua eccessiva inesperienza. Intanto Amelia, che intrattiene ambigui rapporti con Rodriguez, si scopre innamorata di Ginia. Quest’ultima, superando l’imbarazzo, decide di posare nuda per Guido, ma non regge alla vergogna e decide definitivamente di allontanarsi dai tre. Rivedrà dopo lungo tempo la sola Amelia, che le confiderà di essere guarita dalla sifilide, contratta durante una relazione con una donna. Il diavolo sulle colline – Il narratore e i suoi amici Pieretto e Oreste sono tre giovani in cerca di nuove esperienze e trascorrono il loro tempo sulle colline di Torino, tra appassionate discussioni e allegre bevute. Un giorno conoscono il benestante e viziato Poli e la sua amante Rosalba, e per un breve periodo i cinque ragazzi fanno gruppo, divertendosi a bighellonare di notte nei dintorni di Torino. Rosalba, però, tradita e umiliata da Poli, gli spara e poi si toglie la

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vita. In seguito al tragico episodio il gruppetto si scioglie e i tre amici vanno a trascorrere le vacanze estive in campagna. Qui inaspettatamente incontrano di nuovo Poli, che si è sposato con la bella e affascinante Gabriella. Oreste se ne invaghisce, ma la donna, che in un primo momento sembra ricambiarne i sentimenti, all’improvviso lo allontana, preferendogli il marito. Poli, intanto, è tormentato da continui attacchi di tubercolosi, per cui decide di fare ritor-no a Milano con la moglie. L’avventura dei tre amici termina qui: anch’essi torneranno in città, e questa volta con una nuova consapevolezza di sé e un’acquisita maturità.Tra donne sole – Clelia, maturata la sua esperienza professionale a Roma, torna a Torino, sua città d’origine, dove intende aprire un negozio di abbigliamento. Quello che nella sua fantasia immaginava come un ritorno alle radici e un recupero dell’infanzia perduta, si trasforma tuttavia nel contatto forzato con una realtà corrotta e crudele. Intorno alla nuova boutique che sta nascendo ruotano in particolare tre donne: Rosetta, che entra in scena appena dopo aver tentato un suicidio, Momina e Mariella. Ricca e viziata ma schiacciata da un mondo vuoto e senza valori, Rosetta è trattata con insensibilità da Momina e con fredda indifferenza da Mariella. Piombata nuovamente in uno stato di profonda depressione, tenta ancora di togliersi la vita, e questa volta ci rie-sce, tra le tiepide reazioni di Momina e Mariella e la disperazione della sola Clelia. E Clelia sarà l’unica a trarsi in salvo da un mondo che sembra in totale disfacimento, attraverso la breve relazione con l’operaio Beccuccio, che le farà recuperare la fantastica dimensione della sua adolescenza perduta.

Berretto a sonagli (Il)

Autore: Luigi Pirandello (1867 – 1936)

Genere: commedia

Data di composizione: 1917

Personaggi principali: Ciampa, Beatrice Fiorica

La versione originale di questa commedia fu scritta in dialetto siciliano e si intitolava ’A birritta cu’ i ciancianeddi. Rappresentata la prima volta nel no-vembre del 1917 dalla compagnia teatrale di Angelo Musco, soltanto qualche anno dopo fu tradotta in italiano raggiungendo la celebrità.

Atto I – Beatrice, sposata al cavalier Fiorica, è convinta che il marito la tradisca con la moglie di un suo dipendente, lo scrivano Ciampa. Organizza allora un piano per cogliere i due amanti in flagrante adulterio, e chiede il sostegno di Ciampa. L’uomo, convocato da Beatrice, lascia intendere, pur non dichiarandolo

Estratto della pubblicazione

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apertamente, di essere consapevole della situazione, ma parla per sottintesi e disquisisce astrattamente sulle convenzioni sociali vissute come inutili costri-zioni. Beatrice, per liberarsi della sua presenza e portare a termine il piano, gli affida una commissione, costringendolo a partire per Palermo.Atto II – Il cavalier Fiorica e la moglie di Ciampa sono stati arrestati: Beatrice, che è riuscita nel suo intento, esulta felice, ma i suoi familiari, preoccupati dello scandalo, vogliono mettere tutto a tacere. Ciampa, da parte sua, è sconvolto, e soprattutto si sente in obbligo di vendicare l’offesa subita uccidendo i colpevoli. Gli altri personaggi cercano di farlo desistere, ma è Ciampa stesso, paradossal-mente, a individuare una soluzione alternativa: Beatrice dovrà fingersi pazza. In un mondo dove a trionfare è la falsità, infatti, la follia (simboleggiata dal berretto a sonagli del buffone) diventa l’unica condizione possibile per poter sostenere liberamente la verità. Beatrice prima tentenna, poi si cala a tal punto nella parte da dare in escandescenze.

Bottega del caffè (La)

Autore: Carlo Goldoni (1707 – 1793)

Genere: commedia

Data di composizione: 1750

Personaggi principali: Ridolfo, don Marzio, Eugenio, Placida, Vittoria

La bottega del caffè, scritta in prosa e divisa in tre atti , appartiene alle sedici commedie che Goldoni compose nella stagione teatrale 1750-51 per il teatro Sant’Angelo, dove fu rappresentata dalla compagnia Medebach nell’autunno del 1750. I personaggi che animano l’intreccio non sono più le maschere stereotipate della commedia dell’arte né tipi fissi; ogni figura presenta una ben definita individualità e una netta caratterizzazione sociale.

La vicenda si svolge sullo sfondo di una piazzetta veneziana dove, posto tra un locale di parrucchiere e una bisca, c’è il caffé di Ridolfo. Qui si incontrano vari personaggi: Ridolfo viene a sapere dal gestore della bisca che il giovane mercante Eugenio ha perso in una sola notte 130 zecchini, giocando con il conte Leandro. Alla bottega sopraggiunge anche don Marzio, un napoletano maligno e pettegolo, che ha prestato ad Eugenio 10 zecchini, tenendo in pegno gli orecchini della moglie. Il debito è però generosamente saldato da Ridolfo. Intanto entrano in scena, in cerca dei rispettivi mariti, Placida, moglie di Flaminio, che si spaccia per il conte Leandro, e Vittoria, moglie di Eugenio. Quest’ultima viene a sapere da don Marzio che suo marito ha il vizio del gioco e che inoltre nutre simpatia per la ballerina Lisaura. Vittoria chiede chiarimenti

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ad Eugenio, il quale, dopo aver riconosciuto le sue colpe, le giura che cambierà vita. La sua promessa, tuttavia, si rivela presto tradita: il giovane continua a giocare e a perdere, ma viene ancora aiutato dal buon Ridolfo. In seguito a una vittoria, Eugenio organizza un’uscita con Leandro, Lisaura e don Marzio, ma Placida e Vittoria scoprono tutto e ne nasce un tumulto. Nel frattempo, Lisaura scopre che il falso conte Leandro, cioè Flaminio, le ha mentito e lo caccia dalla propria casa. Questi chiede aiuto a don Marzio per sfuggire all’ira della moglie, ma l’uomo prima gli consiglia un nascondiglio e poi lo rivela a Placida, e inoltre fa arrestare il gestore della bisca. Nell’epilogo le due coppie si riappacificano e don Marzio, scacciato da tutti, è costretto a lasciare la città.

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Autore: Giordano Bruno (1548 – 1600)

Genere: commedia

Data di composizione: 1576 – 1582

Personaggi principali: Bonifacio, Bartolomeo, Manfurio

Scritta in prosa e divisa in cinque atti , la commedia fu pubblicata a Parigi nel 1582. Si tratta di una delle opere più originali e complesse del teatro del Cinquecento, ma esprime anche la particolare temperie culturale del secolo XVII, ancora oscillante tra il rispetto di canoni estetico-morali ormai superati e l’aspirazione al rinnovamento.

L’azione si svolge a Napoli nell’arco temporale di una notte, ma, a differenza di quanto si possa pensare, il rispetto da parte di Bruno delle unità aristoteliche è solo apparente: stravolgendo il canone della rappresentazione di un’unica vicenda, infatti, l’autore mette in scena tre storie diverse che hanno per pro-tagonisti altrettanti personaggi, destinati a cadere vittime di crudeli inganni. Il primo è Bonifacio, «l’insipido amante», che, sebbene sposato con l’affasci-nante Carubina, è tutto intento a fare la corte a Vittoria; per indurla a ricam-biare il suo amore, si rivolge al mago Scaramuré, il quale gli combina un appuntamento garantendogli la compiacenza di Vittoria. Bonifacio, travestito da Gioan Bernardo pittore, si reca nel luogo stabilito, ma vi trova Carubi-na, fuori di sé per la gelosia. Ne nasce un violento litigio, durante il quale Bonifacio è condotto via da alcuni falsi sbirri, mentre Carabina va via con il vero Gioan Bernardo pittore, con il quale intende vendicarsi del tradimento subito dal marito. Altra vicenda è quella dell’alchimista Bartolomeo, persuaso di poter trasfor-mare i metalli in oro; anch’egli è ingannato da un truffatore, Cencio, il quale, in cambio di una falsa polvere miracolosa, gli estorce un buon numero di scudi. Bartolomeo, accortosi dell’inefficacia della presunta polvere miracolosa, accusa Consalvo lo speziale, che gliel’ha venduta: ne nasce un litigio, durante il quale anche Bartolomeo è condotto dai soliti falsi sbirri nella casa in cui è stato portato Bonifacio.Terza vicenda è quella che coinvolge Manfurio, ridicolo pedante, chiuso nella sua cultura vuota e stantia e nel suo goffo latino; derubato del mantello e della

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borsa, cerca di recuperare il maltolto, ma viene a sua volta accusato di furto e arrestato dai falsi sbirri, che lo conducono nella solita casa.Nel finale della commedia, pertanto, ritroviamo tutti insieme Bonifacio, Bar-tolomeo e Manfurio: per essere liberati dai balordi che li tengono prigionieri ciascuno di loro dovrà pagare una ingente somma di denaro.

Canne al vento

Autrice: Grazia Deledda (1871 – 1936)

Genere: romanzo

Data di pubblicazione: 1913

Personaggi principali: Efix, Ruth, Ester, Noemi, Giacinto

A partire dal 1888 Grazia Deledda iniziò a pubblicare una serie di romanzi di stampo verista , molti dei quali ambientati nella natìa Sardegna, riscuo-tendo un tale successo di pubblico da ottenere nel 1926 il premio Nobel per la letteratura.

Canne al vento è ambientato a Galtellì, un paese costiero della Sardegna, e narra la storia di Efix, servo devoto e fedele delle tre dame Pintor, cadute in disgrazia dopo la morte del loro rigido padre, Don Zame. Efix si occupa con grandi sacrifici dell’ultimo podere rimasto alla famiglia, consentendo a Ruth, Ester e Noemi di conservare l’antico tenore di vita. In realtà l’uomo è consumato da un grave senso di colpa, poiché nel passato, per aiutare Lia, la quarta delle sorelle Pintor, a fuggire nel continente, aveva causato di nascosto la morte di Don Zame. Un giorno si presenta a Galtellì Giacinto, il figlio di Lia. Il ragazzo è uno sfaccendato truffatore che porta nel mondo arcaico delle zie le novità del continente, comprese le cambiali scadute, e ne sconvolge l’esistenza, esercitando inspiegabilmente un certo fascino su tutte quante - e su Noemi, in particolare, che si sente attratta da lui e si lacera per l’inconfessabile desiderio. Quando Giacinto si allontana per cercare un lavoro le dame Pintor, per saldare i suoi debiti, sono costrette a vendere il podere a don Predu, di cui Noemi ha rifiutato la corte, soggiogata dal legame con il nipote. Intanto Efix, convinto che la casa sia stata colpita da una maledizione per il delitto che ha commesso, decide di allontanarsene e inizia una vita da mendicante. Fa ritorno solo tempo dopo per aiutare le sorelle Pintor ancora una volta: convince infatti Noemi a sposare don Predu e può finalmente morire in pace dopo aver saputo che Giacinto, per riparare ai suoi errori, lavora stabilmente e ha sposato Grixenda, la figlia della serva Pottoi da sempre innamorata di lui.

Estratto della pubblicazione

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Ciascuno a suo modo

Autore: Luigi Pirandello (1867 – 1936)

Genere: commedia

Data di composizione: 1924

Personaggi principali: Amalia Moreno, barone Nuti, Doro Paleagri, Delia Morello,

Michele Rocca

Assieme a ��Sei personaggi in cerca d’autore e ��Questa sera si recita a sog-getto, la commedia in tre atti Ciascuno a suo modo fa parte della trilogia del cosiddetto “teatro nel teatro”. Rappresentata per la prima volta a Milano nel maggio del 1924, l’opera è incentrata sul costante intrecciarsi tra la finzione teatrale e una realtà priva di qualunque consistenza oggettiva, nel tentativo di dimostrare quanto siano labili i confini tra le due dimensioni e come la verità possa mutare a seconda di chi se ne fa interprete.

La commedia sarebbe ispirata a un fatto realmente accaduto, per cui, prima ancora che entrino in sala, agli spettatori viene consegnato un foglio dove si spiega come la vicenda che andrà in scena sia ispirata alla tragica fine dello scultore Giacomo La Vela, suicidatosi dopo aver scoperto il tradimento della fidanzata, Amalia Mo-reno, con il barone Nuti. Questi ultimi saranno presenti in teatro e assisteranno allo spettacolo.

Atto I – In un salotto Doro Paleagri viene duramente criticato per aver difeso l’at-trice Delia Morello, ritenuta colpevole della morte del fidanzato, suicidatosi dopo averne scoperto il tradimento con Michele Rocca (il riferimento alla vicenda di Amalia e Giacomo è esplicito). Dopo una più profonda riflessione, però, Paleagri cambia idea e inizia a credere alla colpevolezza della Morello; intanto cambia opinione anche il suo più aspro contestatore, che adesso sostiene l’innocenza dell’attrice. I due discutono animatamente, litigano e finiscono addirittura con lo sfidarsi a duello. Sulla scena, a questo punto, giunge la stessa Delia, che desidera ringraziare Paleagri per aver preso le sue parti: le accorate parole della donna confondono Doro, che dubita nuovamente della sua colpevolezza. Le diverse opinioni sulla delicata questione si sovrappongono e si annullano a vicenda, rendendo la verità sempre più inafferrabile. Il duello appare adesso come l’as-surda conseguenza di un’insanabile contrapposizione tra due diverse opinioni.

Teatro nel teatro Con questa espres-sione si indica quella particolare fase della produzione teatrale di Pirandello in cui l’autore porta a compimento la sua dissacrazione del teatro borghe-se: oggetto dell’opera teatrale diventa il teatro stesso e i suoi meccanismi di rappresentazione; la metateatralità pirandelliana, tuttavia, è pretesto per una riflessione sulle finzioni della realtà sensibile.

Estratto della pubblicazione

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Atto II – Entra in scena Michele Rocca e, mentre avvengono i preparativi per il duello, l’uomo incontra Delia e i due hanno un chiarimento: si dichiarano pubblicamente il reciproco amore, pur carico di sensi di colpa, che avevano tenuto nascosto per non disonorare la memoria del morto. Ma i colpi di sce-na non sono finiti: la finzione teatrale, infatti, invade ora la “realtà”, per cui Amalia Moreno e il barone Nuti, che siedono in sala, seguono l’esempio dei personaggi della commedia e come loro si riconciliano e vanno via insieme. Il fatto produce grande impressione nel pubblico, la cui agitazione rende impossibile la rappresentazione dell’atto conclusivo.

Ciociara (La)

Autore: Alberto Moravia (1907 – 1990)

Genere: romanzo

Data di composizione: 1957

Personaggi principali: Cesira, Rosetta, Concetta, Rosario, Michele

La ciociara è ascrivibile alla “fase neorealista ” della produzione moraviana, che annovera romanzi, come La romana, i cui protagonisti appartengono agli strati poveri ed emarginati della società, che più di tutti subiscono duramente i disagi del secondo dopoguerra.

La protagonista è una donna del popolo, Cesira, rimasta vedova di un indivi-duo rozzo e violento. La donna, stanca di occuparsi del negozio lasciatole dal marito, decide di abbandonare Roma con la figlia Rosetta e di ritirarsi sui monti della Ciociaria, sua terra d’origine, nella speranza di sfuggire ai pericoli della guerra (siamo nel 1943). Cesira e Rosetta prendono un treno per Fondi, quando un’interruzione ferroviaria le costringe a proseguire a piedi. Una famiglia di contadini offre loro ospitalità, ma Cesira si accorge che la madre Concetta e i figli Rosario e Giuseppe hanno ambigui rapporti con le autorità fasciste, alle quali tentano addirittura di vendere i favori di Rosetta, quindi lascia la casa e chiede aiuto a Tommasino Festa, un negoziante del luogo, perché trovi una nuova sistemazione per lei e sua figlia. Le due donne finiscono così a Sant’Eu-femia, una località di montagna dove si sono nascosti anche altri sfollati. Tra di essi vi è il figlio di Tommasino, Michele, che con le sue idee antifasciste e socialiste conquista l’ammirazione e l’amicizia di Cesira e Rosetta. Trascorrono due anni. Un giorno alcuni tedeschi in fuga costringono Michele a guidarli tra i monti, dai quali il giovane non farà più ritorno. Cesira, intanto, fidando nell’imminente arrivo delle truppe alleate, decide di far ritorno a Roma. A Fondi, però, madre e figlia restano nuovamente bloccate, ma vengono scortate

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da alcuni americani fino al paese natio di Cesira. E qui avviene l’irreparabile: mentre le due donne riposano in una chiesa, alcuni soldati marocchini le aggrediscono e violentano Rosetta. Le circostanze riportano le sventurate protagoniste a essere ancora ospiti presso Concetta. Rosetta, nel frattempo, si mostra profondamente cambiata dopo il trauma subìto, e così, priva ormai di ogni pudore e amor proprio, diviene prima l’amante di un amico di Rosario, e poi di Rosario stesso. Passano i giorni e finalmente giunge la notizia della liberazione di Roma: Rosario accetta di accompagnare Cesira e Rosetta a casa, ma resta ucciso prima ancora di raggiungere la città. Riescono a farlo, invece, madre e figlia che, dopo tante sciagure, di fronte alla ritrovata libertà sentono rinascere in loro la speranza.

La ciociara Regista: V. De SicaAnno di produzione: 1960Attori principali: S. Loren, E. Brown, J. P. Belmondo, R. Salvatori

Codice di Perelà (Il)

Autore: Aldo Palazzeschi (1885 – 1974)

Genere: favola allegorica

Data di pubblicazione: 1911

Personaggi principali: Perelà, Olivia di Bellonda, Alloro

Carica di elementi allusivi e allegorici , questa favola (o antiromanzo) costi-tuisce un esempio di narrativa futurista .

Al centro della vicenda è Perelà, un uomo fatto di fumo che si configura pa-rodisticamente come un nuovo Cristo-messia con il compito di salvare l’uomo dalla razionalità e dalle costrizioni sociali. Perelà è vissuto per 33 anni nel camino di una villa, dove ha ascoltato le lunghe conversazioni di tre anziane signore, Pena, Rete e Lama (il nome Perelà nasce dall’unione delle prime due lettere di ciascuno di questi nomi), e da dove è uscito, una volta morte queste ultime. Recatosi in città, attira subito l’attenzione di tutti per la sua essenza e la maniera semplice e “leggera” di parlare. Presto è accolto dal re, che lo invita a restare a corte, dove Perelà incontra facoltose dame, tra cui Olivia di Bellonda, che se ne innamora. Intanto il re, che ormai lo stima molto, gli affida l’importante compito di stendere un codice di leggi per il paese. Perelà allora si reca in visita presso vari, emblematici personaggi come la peccatrice

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Marianna Fonte e la suora Colomba Messerino, l’ex re Iba e il principe Zarli-no. Ma la situazione a corte è inaspettatamente mutata: il vecchio domestico Alloro, infatti, sperando di diventare come Perelà si è dato fuoco. Perelà è accusato di averlo spinto al suicidio, per cui viene processato e, dopo essere stato crudelmente insultato dalla folla, viene rinchiuso in carcere. La salvezza gli arriva da Olivia di Bellonda, che ha convinto il re a munire la cella di Perelà di un camino: sarà la via di fuga del misterioso protagonista, che si dileguerà in cielo come una nuvola di fumo.

Cognizione del dolore (La)

Autore: Carlo Emilio Gadda (1893 – 1973)

Genere: romanzo

Data di pubblicazione: 1963

Personaggi principali: Gonzalo Pirobutirro, la «Signora»

Frutto di una lunga e complessa elaborazione, il romanzo, pubblicato prima a episodi sulla rivista «Letteratura» e poi in volume, non fu mai portato a ter-mine dall’autore. La vicenda narrata, a sfondo autobiografico, è ambientata in un fantomatico paese dell’America Latina, il Maradagàl; il protagonista è l’ingegner-hidalgo Gonzalo Pirobutirro d’Eltino, uomo burbero e solitario, tormentato dal rapporto conflittuale con la vecchia madre, la «Signora», con la quale vive nella tetra villa di Lukones.

Higueròa, medico condotto di Maradagàl, piuttosto infastidito per essere stato disturbato per l’ennesima volta, si reca alla villa dei Pirobutirro per un controllo al quarantenne Gonzalo, che vive nella villa con la vecchia madre. Ma il dot-tore sa bene che la malattia di cui soffre l’uomo è “invisibile” e riguarda la sua anima. La gente del paese ha paura di lui e della sua inquietante solitudine: «Recentemente si erano sparse altre voci, tutte assai tristi o addirittura disgu-stose. Adesso circolava la diceria che, iracondo, in accessi bestiali di rabbia usasse maltrattamenti alla vecchia madre…». In realtà Gonzalo è combattuto tra la tenerezza che prova per l’anziana donna, alla quale sono dedicati i pochi squarci lirici del romanzo, e la rabbia per la sua maniacale prodigalità, che la spinge a dedicare continue attenzioni ai bisognosi, mentre la rende insensibile ai bisogni del figlio. E allora con violenza irrefrenabile Gonzalo scaccia via lo studentello somaro, al quale la madre si ostina inutilmente a insegnare il francese; il «peone» Josè, il vecchio giardiniere furbo e approfittatore; la servitù, di cui nella casa vuota non ci sarebbe più bisogno ma che, per un insensato orgoglio, la madre continua a mantenere. Il romanzo si interrompe con l’as-

Estratto della pubblicazione

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sassinio della Signora: chi sia stato a compiere l’efferato delitto non è dato sapere, anche se sul protagonista cala l’ombra del matricidio. Gonzalo, la sera prima dell’omicidio, dopo un’ultima terribile scenata in cui aveva calpestato il ritratto del padre, era stato visto uscire misteriosamente di notte dal cancello della villa: da qual momento nel romanzo non compare più. I sospetti cado-no anche su dei loschi figuri di un “Istituto” (il «Nistitùo de Vigilancia para la Noche») che impone subdolamente un servizio di sorveglianza a chi abita in ville isolate e al quale Gonzalo non si era mai voluto piegare. L’arroganza, la venalità e la prepotenza di questo “Nistitùo” sono una pungente metafora del regime fascista.

Con gli occhi chiusi

Autore: Federigo Tozzi (1883 – 1920)

Genere: romanzo

Data di pubblicazione: 1919

Personaggi principali: Pietro Rosi, Domenico Rosi, Ghìsola

Il romanzo è il primo, insieme con ��Tre croci e ��Il podere, della trilogia di Tozzi incentrata sulle vicende di personaggi inetti, incapaci di sottrarsi al proprio destino di rovina. Intriso di elementi autobiografici, è considerato il capolavoro dello scrittore senese.

La storia narrata, ambientata a Siena, ha per protagonista Pietro Rosi, figlio di Domenico, proprietario di un’osteria e di un terreno, e di Anna, donna mite e remissiva, affetta da disturbi nervosi. L’adolescenza di Pietro trascorre all’ombra del difficile rapporto con il padre, uomo rozzo e violento, e della precoce morte della madre. Introverso e scontroso, si innamora di Ghìsola, nipote della coppia di salariati che si occupano di uno dei poderi paterni, Poggio a’ Meli. Pietro si abbandona completamente al sentimento che nutre per la giovane contadina, sperando che possa porre fine al tormento del suo animo. Ma Ghìsola, scaltra e istintiva, ha ben altra sensibilità e, trasferitasi in città, diventa l’amante di Alberto, un uomo più maturo di lei, il quale, dopo aver scoperto che aspetta un bambino, l’abbandona. Nel frattempo anche Pietro si è trasferito a Firenze e, incontrata nuovamente la ragazza, riscopre l’amore che prova per lei, incapace di vedere la realtà (da qui il titolo del romanzo “con gli occhi chiusi”). Ghìsola cerca allora di approfittarsi della situazione, cercando di farsi sposare. Soltanto una lettera anonima spingerà Pietro a giu-dicare la donna per quello che è, dopo averla scoperta a prostituirsi in una casa di tolleranza.

Estratto della pubblicazione


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