quarry & construction120 Febbraio 2011
Sviluppo delle reti fra passato e futuro
150 anni di infrastrutture per unire l’Italia
La rilettura del presente con il senso del passato assume un particolare significato in riferimento alle infra-
strutture di comunicazione e di trasporto, che rappresentano un tema sensibile del dibattito politico, che polarizza i giudizi dell’opinione pubblica e spesso divide i vari gruppi sociali, a seconda delle di-verse visioni sul modo di intendere la tu-tela dell’ambiente, lo sviluppo dell’eco-nomia, le prospettive di evoluzione del Paese e il suo rapporto con l’Europa (nel quadro delle più vaste relazioni compe-titive a livello globale), le priorità nell’uti-lizzo delle risorse pubbliche e, in defini-tiva, il sistema di valori a cui fare riferi-mento nelle scelte individuali e collettive.Queste problematiche caratterizzano for-temente la nostra contemporaneità a ogni livello (anche in un’ottica internazionale) perché intercettano la dialettica cruciale del rapporto tra “locale” e “globale”, non più risolvibile nei termini delle “ma-
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Fabrizio bonomo
gnifiche sorti e progressive” di leopar-diana memoria.Esse infatti presupponevano l’esistenza di un collante culturale nelle scelte politi-che, economiche e sociali, intorno all’i-dea unificante di progresso che, nella vul-gata di massa, si è via via sempre più fatta coincidere con quella di sviluppo – misurato attraverso l’indicatore chiave del Prodotto interno lordo (Pil) – e con l’affermazione pervasiva delle logiche di mercato e la penetrazione della tecnolo-gia in ogni aspetto della vita quotidiana dei cittadini.
Rapporto complesso tra presente e futuro
La discussione sulla realizzazione delle infrastrutture per la mobilità (strade, fer-rovie, porti, aeroporti, centri logistici ecc.), non può che tradursi in un impegnativo
I centocinquant’anni che separano questo nostro
2011, che si annuncia assai problematico, da quel
fatidico 1861 che parve coronare con uno
straordinario successo l’intera epopea
risorgimentale, non sono solo l’occasione per
celebrazioni storiche e riflessioni critiche sul
faticoso e contraddittorio processo unitario per fare
l’Italia e (sfida ancor più improba) per fare gli italiani,
ma diventano anche un’eccezionale opportunità
per rileggere l’oggi in rapporto a un ormai lungo
ieri che ci consente di meglio comprendere la nostra
stessa contemporaneità nazionale in una più
consapevole prospettiva di ampio periodo, oltre le
angustie di una cronaca troppo spesso sovrastata
dalle contingenze quotidiane
1839 Inaugurazione della
ferrovia Napoli-Portici, la prima
ad essere realizzata in Italia
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1849
1859
18691858 circa - Ponte mobile sulla Roma-Civitavecchia
1860 - Sbarco dei Mille, da uno dei primi piroscafi a vapore in servizio regolare in Italia
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confronto sul rapporto tra il presente (delle decisioni da assumere) e il futuro (dei risultati da conseguire).è inevitabile, perchè si tratta di opere ca-ratterizzate da investimenti rilevanti, che impegnano grandi risorse pubbliche per molti anni, da tempi realizzativi obbliga-toriamente lunghi, da impegnative trasfor-mazioni permanenti dei territori interes-sati e da benefici comunque differiti nel tempo. Non sorprende quindi che la questione infrastrutturale sia controversa, ma c’è da chiedersi se la natura e le modalità di tale confronto, specialmente per come si è sviluppato in questi ultimi anni, siano adeguate alle caratteristiche e alla scala delle decisioni da assumere su un tema di tale rilevanza. Oggi la discussione (salvo lodevoli ma rare eccezioni) è per lo più polarizzata fra estremizzazioni unilaterali che, di volta in volta, assolutizzano un singolo connotato prevalente.Si va infatti dalla radicalizzazione delle ra-gioni locali (emblematizzate nella cosid-detta sindrome Nimby), alle generalizza-zioni per cui le infrastrutture altro non sa-rebbero che i simboli materiali di un dato modello di sviluppo (che, se contestato, comporta la contestazione di tutto ciò che lo rappresenta) fino all’opposto di chi ritiene comunque buona ogni infrastrut-tura per il solo fatto che si realizzi e che quindi muova l’economia e generi lavoro.
Cosa manca nel dibattito sulle infrastrutture
Sono tre le assenze più rilevanti che si no-tano in questo dibattito politico-culturale.La prima è una programmazione che sia al riparo dalle contingenze politiche e da-gli interessi di varia scala e natura – ov-viamente a valle di un adeguato percorso democratico di formazione delle decisioni – così che la mancanza di un percepibile senso di programmazione ha fatto leg-gere molte opere come occasionali e come tali opinabili.La seconda riguarda la qualità comples-siva delle opere (non solo funzionale e
tecnica, ma anche architettonica, paesag-gistica e ambientale), come elemento ca-ratterizzante della loro accettabilità per i territori; infatti, l’abbassamento della qua-lità progettuale di molte infrastrutture e l’assenza di attenzione al contesto in cui venivano inserite, hanno contribuito alla perdita di fascino delle grandi opere presso l’opinione pubblica.La terza è una visione di lungo periodo relativa agli effetti di connessione territo-riale e di coesione sociale che le infra-strutture della mobilità possono assumere, al di là del loro stretto valore d’uso misu-rato all’interno delle logiche di mercato.
Ruolo delle infrastrutture nell’Unità d’Italia
In questa chiave risulta illuminante la ri-lettura (oggi) del ruolo svolto dalle infra-strutture di trasporto nei 150 anni dall’u-nità d’Italia, sia per unire il Paese, ma an-cor più per unire i suoi cittadini, unifican-done progressivamente i comportamenti, rendendo via via più uniforme il quadro delle opportunità di vita e di lavoro entro cui muoversi come gente del nord, del centro e del sud, come giovani, adulti e anziani, come uomini e come donne, come laici e come credenti, come nativi e come emigranti e immigrati e, in definitiva, come italiani senza aggettivi e connotazioni di sorta.Questo scenario emerge con chiarezza da una ricerca che chi scrive ha svolto in vista di una delle mostre previste nell’am-bito delle iniziative promosse da “Italia 150” (con la fondamentale collaborazione di Fabrizio Bonomo) e che consente di leggere in modo semplice e diretto alcuni di questi fenomeni, riportando sulla carta d’Italia la progressiva realizzazione, anno dopo anno, di tutte le principali infrastrut-ture (lineari e puntuali) che nel corso di un secolo e mezzo sono state realizzate.Il processo di infrastrutturazione del Paese evidenzia, legando storia e geo-grafia, alcuni dei grandi fenomeni che hanno caratterizzato la nostra particolare unificazione (non certo esente da squili-bri, che in parte ancora permangono).
1871 - L’inaugurazione del traforo del Frejus
1880 - Funicolare del Vesuvio, la prima realizzata in Italia, e spartito della canzone ad essa dedicata
1892 Inaugurazione della linea del
Gottardo, a Bellinzona, che
apre i collegamenti diretti con la
Germania
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1879
1889
1899
1892 Inaugurazione della linea del
Gottardo, a Bellinzona, che
apre i collegamenti diretti con la
Germania
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Sviluppo delle reti dall’Unità ad oggi
Le mappe del processo evolutivo delle reti di comunicazione, sintetizzate qui, per comodità espositiva, in una periodizza-zione decennale, evidenziano e consen-tono di misurare intuitivamente il cambia-mento intercorso, seguendo le nuove opere realizzate in ciascuno di quegli in-tervalli di tempo.è così possibile capire, con un semplice colpo d’occhio, dove e come è andato lo sviluppo del Paese (di dieci anni in dieci anni) leggendolo in termini di reti ferro-viarie e stradali via via costruite a partire dal nord più sviluppato verso il sud se-condo un processo che resta in parte an-cora incompiuto.Alle reti si aggiungono, e con esse pro-gressivamente si integrano, i nodi di in-terscambio delle varie modalità di tra-sporto di cui sono da sempre emblemi storici i porti e più recentemente gli ae-roporti e i centri logistici.Tuttavia nello scenario nazionale consi-derato, assumono una significativa rile-vanza anche quelle opere della mobilità complementare costituite da quelli che oggi chiameremmo i trasporti ettometrici, che ebbero una particolare rilevanza tra la fine dell’Ottocento e i primi del Nove-cento, infrastrutturando città e territori con ascensori urbani, cremagliere, funi-colari ecc. Nell’insieme si evidenzia un processo quantitativo che porta progressivamente ad estendere ciascuna rete sull’intero ter-ritorio nazionale e poi a incrociare e con-nettere tutte le reti in un vero e proprio sistema infrastrutturale delle molte mo-bilità che caratterizzano una società com-plessa come quella attuale in cui viviamo.Decennio per decennio si assiste anche al duplice cambiamento che le infrastrut-ture di trasporto hanno via via prodotto nel nostro Paese, cambiandone da un lato il paesaggio fisico, nel bene e nel male, e dall’altro modificando il costume e lo stile di vita dei suoi abitanti.è un racconto affascinante in cui si per-cepisce il progressivo cambiamento della realtà nazionale attraverso gli innumere-
voli segni che si susseguono, con il mu-tare di personaggi, abbigliamenti, oggetti, veicoli, manufatti, opere d’arte, scenari di un’Italia in continua trasformazione, in cui non sono assenti momenti dramma-tici legati ai grandi incidenti e agli atti di terrorismo che hanno as-sunto come bersaglio le in-frastrutture e i trasporti.
Passaggi dell’unificazione infrastrutturale
Il processo di unificazione in-frastrutturale dell’Italia evi-denzia alcuni passaggi chiave:
- l’iniziale, assoluta prevalenza della fer-rovia e il suo carattere strutturante della mobilità del Paese, con una centralità an-che urbana (potremmo addirittura dire ur-banistica) delle stazioni come fulcri dei sistemi insediativi;- il consolidarsi della rete ferroviaria com-plessiva, intorno alla prima guerra mon-diale, con completamenti di tracciato e soprattutto innovazioni tecnologiche e ammodernamenti di materiale mobile e stazioni (anche con capolavori dell’archi-tettura del Movimento Moderno) negli anni Trenta;- lo straordinario ruolo dei trafori alpini, intesi come “porte” dell’internazionaliz-zazione dei collegamenti dell’Italia con l’Europa;- l’eclisse, nel secondo dopoguerra, del ruolo primario delle ferrovie e l’emergere della prevalenza di strade e autostrade con il parallelo, progressivo affermarsi della motorizzazione privata di massa nella Ricostruzione e soprattutto negli anni del Boom;- in questa nuova temperie di sviluppo im-petuoso, degli anni Sessanta, il maggior simbolo di unificazione infrastrutturale dell’Italia diviene l’Autostrada del Sole, con le sue opere d’arte e con i fenomeni di costume che hanno accompagnato il cambiamento degli stili di vita;- con la metà degli anni Settanta si inter-rompe il processo realizzativo del sistema infrastrutturale autostradale, che riprende solo in anni recenti, in parallelo con una riscoperta della centralità della ferrovia,
La capacità di immaginare il futuro
1907 - Ciclisti alla prima Milano-Sanremo, nelle campagne lombarde
1909 - Wright presenta il suo aereo a Roma Centocelle
1919 Milano, servizio taxi
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1909
1919
Schema della rete ferrovia-
ria italiana ipotizza nel 1846
da Camillo Benso Conte di
Cavour, inserito nel suo ar-
ticolo “Des Chemins de Fer
en Italie”, pubblicato sulla
Revue Nouvelle, Parigi, 1
maggio 1846.
La capacità di immaginare il futuro
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declinata secondo i nuovi standard inter-nazionali dell’alta velocità/alta capacità;- nel frattempo il traffico aereo da moda-lità di nicchia è diventato fenomeno di massa, evidenziando la centralità della rete aeroportuale e soprattutto degli hub intercontinentali.
L’integrazione delle reti e il rilancio della ferrovia
Negli ultimi anni, la rivoluzione internazio-nale nel trasporto merci, generata dall’in-troduzione del container, ha fatto emer-gere la centralità dell’intermodalità e quindi delle connessioni tra i vari modi di trasporto (mare, ferro, gomma, aria) evi-denziando il ruolo strategico dei nodi (so-prattutto porti e interporti).Tuttavia, la trasformazione epocale di maggior rilievo in campo trasportistico degli ultimi anni è costituita dal sistema europeo TEN-T che individua la rete delle dorsali fondamentali che devono infra-
strutturare l’intero continente, attraverso Corridoi prioritari a vocazione plurimo-dale di cui però la ferrovia costituisce la modalità chiave.All’interno di questo disegno europeo nel nostro Paese si sta realizzando in questi anni la più importante nuova operazione di ulteriore unificazione infrastrutturale dell’Italia attraverso la realizzazione e la messa in esercizio dell’Alta Velocità (Alta Capacità) tenendo conto dei nuovi para-
digmi dell’efficienza che misurano le di-stanze non più in termini di chilometri ma in base al tempo impiegato a percorrerli.In questa logica si ripropone, circa un se-colo dopo la prima generazione delle gal-lerie transfrontaliere, una nuova centra-lità degli attraversamenti alpini, concepiti secondo i moderni standard che richie-dono ai treni di mantenere un esercizio “da pianura” anche in presenza di grandi montagne, attraverso la realizzazione dei cosiddetti Tunnel di base a quota di cam-pagna.L’Alta Velocità in Italia, così come nel re-sto d’Europa, sta propiziando un nuovo ruolo di centralità urbana per le stazioni che si traduce anche in una nuova gene-razione di grandi architetture per la mo-bilità comparabile solo con le più signifi-cative esperienze della seconda metà dell’Ottocento e della grande stagione del Movimento Moderno nei primi de-cenni del Novecento.
Pionierismo innovativo e senso di festa
Due elementi non possono non essere evidenziati fra i molti che pure emergono in questa lunga storia del rapporto tra le infrastrutture, l’Italia e gli italiani.Da un lato i molti esempi di pionierismo innovativo che hanno fatto, per molti anni, del nostro un Paese leader nel campo della creatività e della innovazione; per non citare che qualche esempio, tra gli innumerevoli casi in tutti i settori: treni e linee tecnologicamente avanzati; le auto-strade (inventate da Puricelli negli anni Trenta); l’invenzione degli autogrill; i gio-ielli di design di Corradino d’Ascanio, Dante Giacosa, fino a Giugiaro, il Pendo-lino ecc. Dall’altro il senso di festa
e di immedesimazione popolare che in epoche passate hanno accompagnato la realizzazione delle infrastrutture; qualche esempio fra i molti: il “Ballo Excelsior”, nato per celebrare il traforo del Frejus del 1871; l’Aida, composta da Verdi per l’i-naugurazione del Canale di Suez; la ce-leberrima “Funiculì Funiculà”, un suc-cesso internazionale creato per la funico-lare sul Vesuvio.La riflessione inevitabile che scaturisce dal confronto con la situazione attuale è che ieri le infrastrutture facevano anche sognare mentre oggi fanno solo discu-tere.
Qualità della classe dirigente risorgimentale
L’ultima considerazione che emerge con forza è la qualità straordinaria della classe dirigente risorgimentale, di cui Cavour è sicuramente l’emblema. Per comprenderlo, se mai ce ne fosse bi-sogno, si richiama l’attenzione su due do-cumenti in particolare che descrivono la situazione dei trasporti e delle comunica-zioni agli albori dell’Unità d’Italia.Il primo è il testo tratto dal libro “Vent’anni di vita Italiana attraverso l’annuario” di Er-nesto Nathan (pubblicato da Roux e Via-rengo, nel 1906) che riprende la testimo-nianza del Senatore Antonio Cefaly (1850-1928), per alcuni anni Sindaco di Cortale (CZ), dove si descrive come si viaggiava allora, a dorso di mulo, su precarie strade sterrate in quelle parti d’Italia.Il secondo è costituito dalla mappa della rete ferroviaria presente in Italia nel 1849: si tratta di cinque microscopici “ragnetti”
1921 - Transito in una stazione del
treno che da Aquileja porta il Milite Ignoto a
Roma, unendo tutta l’Italia in un omaggio
commosso
1924 - Inaugurazione dell’autostrada Milano-Laghi, la prima in Italia e nel mondo
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1929
1939
1949
1930 circa - Porto di Genova, realizzazione dei nuovi bacini di Sampierdarena 1949 - Vespa con sidecar
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Come si viaggiava alloraCortale, alle falde del monte Contessa, circondato dai fiumi-torrenti
Pilla e Pesipe, spesso in inverno si trovava segregato da tutto il mondo.
Il monte si copriva di neve, i fiumi s’empivano d’acqua, e strade per
valicare il primo e ponti per traversare gli altri non esistevano.
Il procaccia (era lui la posta) doveva, a condizioni normali, arrivare
una volta la settimana; grazie ai briganti che albergavano in mon-
tagna e lo svaligiavano una volta si e una volta no, la settimana si
allungava in quindicina. Ma quando aveva trionfalmente superato
tutte le difficoltà ed arrivava a casa mia recando i due giornali del
Regno delle due Sicilie, l’Omnibus ed Il Paese, era un avvenimento!
Si mandava in giro un messo per avvertire i maggiorenti, e riuniti
in circolo, si leggevano e si discutevano avidamente le fresche, per
noi, notizie di quei due effemeridi (...)
Se di notte babbo e mamma confabulavano, quasi cospirassero,
era segno, ricordo, di vicino viaggio. E a
mezzanotte si mandavano a chiamare gli
armigeri (la necessaria scorta di fedeli ora
scomparsa); scaricavano e caricavano i fucili,
si somministrava loro una dose misurata di
acquavite, tutto si allestiva nel silenzio e nel
mistero si partiva, a cavallo s’intende, appena
apparivano i primi chiarori del giorno.
Se la mèta era Catanzaro, si pigliava la via di
Nicastro, poi ad un certo punto si cambiava
rotta per depistare possibili assalitori; ed in ordine sparso, mandando
innanzi gli esploratori, fra tattica e strategia, si mettevano giornate intere
per arrivare là ove con un legnetto si giunge in poche ore.
Quando poi si trattava di oltrepassare i confini della provincia, le difficoltà,
i dubbi, le previdenze sembrano oggi incredibili. Chi doveva recarsi a
Napoli non partiva senza prima fare testamento; chi aveva oltrepassato
il Faro di Messina s’acquistava tale fama in paese da convertire la sua
saliva in specifico per la guarigione delle eczeme!
Fra i ricordi narrati mi vengono in mente quelli di mio zio, il quale, avendo
in principio del secolo menato in moglie una gentildonna napoletana,
tanto dovette preoccuparsi per la fatica ed il tempo indispensabili per
condurla a Cortale, che arrivò finalmente insieme ad una figlia di sette
anni! I preparativi di quel viaggio non impallidiscono di fronte a quelli
della “Stella Polare”. Su di una barcaccia, oltre a grandi provvigioni di
bocca, v’era un piccolo esercito. Appena si agitava il mare e s’increspa-
vano le onde si approdava dovunque e l’esercito si schierava a difesa
dei briganti, che erano fra le istituzioni di quelle
regioni scarsamente popolate, senza adeguati
mezzi di comunicazione. Quaranta furono i giorni
di navigazione da Napoli sino a Tropea; di là due
giorni di lettiga dalla spiaggia sino a Cortale.
La mia povera zia vide costruire la ferrovia; ma
la reminiscenza di quel primo e terribile viaggio,
la convinzione di essere sepolta in un angolo
estremo della terra le tolse ogni voglia, fin ogni
speranza di rivedere la sua diletta Napoli!
che indicano i tratti di binari allora esi-stenti: quattro al nord, tra cui la Torino-Moncalieri, e uno al sud, cioè la Napoli-Portici e le sue prime diramazioni.Era dunque questo il quadro generale da cui doveva prendere le mosse il tema dell’infrastrutturazione dell’Italia, a par-tire da una situazione estremamente ar-retrata.Mai come in questa occasione si può co-gliere la straordinaria capacità di Cavour
di immaginare il futuro, come un futuro che non c’è ancora ma che dovrà esserci e che egli prefigurò, per quanto riguarda l’assetto ferroviario italiano di lungo pe-riodo, con il suo articolo “Des Chemins de Fer en Italie” pubblicato sulla Revue Novelle, a Parigi, il 1° maggio 1846, dove di fatto si delinea la rete ferroviaria che verrà poi sostanzialmente realizzata nei termini da lui previsti nei sessant’anni successivi.
C’è da chiedersi se le moderne (e pur in-dispensabili) tecniche di valutazione co-sti/benefici, se applicate a quel contesto decisionale (ma il ragionamento non è molto diverso se riferito alla scelta del 1857 di realizzare il traforo ferroviario del Frejus) sarebbero in grado di dar conto pienamente di quella lungimiranza politica che costituì uno straordinario investimento di idee per la trasformazione del Paese e per la sua unificazione materiale e ideale.
1952 - Primo Autogrill Pavesi, a Novara, dopo l’ampliamento
1959 - Viadotto Aglio della A1 1979 - Traforo del Frejus, ultima volata
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1959
1979
1969
Caro mio, le cose oggi sono cambiate. Si va e si
torna da Napoli nell’istesso giorno; (...)
Due volte al giorno si riceve la posta (...)
Se urge l’occasione a due passi da casa vi è
l’ufficio telegrafico. Armigeri, che farne? Non v’è
contrada italiana più della calabrese tranquilla
per ciò che riguarda la pubblica sicurezza:
spezzato il manutengolismo, assicurate delle
vie sicure e rapide di comunicazione, il brigan-
taggio non ha più possibilità riprodursi: dei 4.000
abitanti del Comune, che non arrivavano mai
ai confini della provincia, emigrarono, secondo
l’ultimo censimento, 864; oggi la cifra sarà forse
raddoppiata; vanno e vengono dall’America
del Nord e del Sud colla massima facilità e
disinvoltura.
Tratto da: Ernesto Nathan, Vent’anni di vita
italiana attraverso l’annuario, Roux e Viarengo,
Roma-Torino, 1906, pp. 56 – 58.
Capitolo sulla condizione delle vie di comu-
nicazione dopo l’Unità d’Italia, che riprende
la testimonianza del senatore Antonio Cefaly
(1850-1928), nato a Cortale (CZ), di cui è stato
Sindaco per oltre quattro anni.
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La storica seduta del 25 giugno 1857 del Parlamento Subalpino inizia poco dopo Mezzogiorno, che per le abitudini piemontesi del tempo è l’inizio del pomeriggio. Nell’aula di Palazzo Carignano si respira un’atmosfera di attesa e perfino di tensione, come emerge dal rendiconto parla-mentare (vedi Atti del Parlamento Subalpino. Sessione del 1857, V Legislatura, dal 7 gennaio al 6 luglio 1857. Raccolti e corredati di note e documenti inediti da Galletti Giuseppe e Trompeo Paolo, Tip. Eredi Botta, Palazzo di Monte Citorio, Roma 1873,
vol. V; pp. 2707-2837).Quel giorno vengono sbrigati in fretta tre provvedimenti minori, residuati dalla seduta del giorno prima, poi il Presidente del Parlamento annuncia la discussione del Progetto di legge per la riforma del capitolato colla Società della Ferrovia Vittorio Ema-nuele, e per il traforo del Moncenisio,
Estratto delle storie a fumetti “Cera una vol-Tav”, ideate e scritte da Mario Virano, con disegni di Marco D’A-ponte, pubblicate dal quotidiano La Stampa nelle edizioni domeni-cali dal 15 marzo al 3 maggio 2009
Il dibattito sul Frejus al Parlamento Subalpino
Decisione politica e oggettivazione tecnica
In conclusione, l’esperienza infrastruttu-rale dall’Unità d’Italia ad oggi mette in evi-denza l’importanza della oggettivazione tecnico-scientifica nelle istruttorie delle decisioni in campo infrastrutturale.Ma mette altresì in guardia circa la ten-denza a considerarle surrogati sostitutivi delle decisioni politiche la cui straordina-ria importanza va, invece, pienamente re-cuperata come elemento connotante il valore di una classe dirigente, politica in primo luogo, capace di esercitare grandi discrezionalità motivate dopo un processo di ascolto e di confronto della pluralità delle posizioni, assumendosi l’onere e l’onore delle decisioni nell’interesse del
Paese. Forse questa è la più importante delle lezioni che si può trarre dall’esame, ancorché sintetico, di centocinquant’anni di infrastrutture per unire l’Italia. n
1983 - Perugia, percorso meccanizzato all’interno della Rocca Paolina, il primo del genere in Italia
1995 - Il Porto Gioia Tauro inizia la sua attività
2008 - AV Milano-Bologna, ponte sul Po
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progetto del quale è regista Camillo Cavour (all’epoca Presidente del Consiglio, Ministro degli Esteri e Ministro delle Finanze), con la collaborazione di Pietro Paleocapa, Ministro dei Lavori Pubblici, uno degli ingegneri di maggiore peso in Italia, progettista di impor-tanti sistemazioni idrauliche nel Veneto che in seguito contribuisce ai progetti del traforo ferroviario del Frejus e del canale di Suez.Cavour giocherà il tutto per tutto; sa che la fine della legislatura è imminente e vuole stringere i tempi a ogni costo.Quindi, non più mezze misure, rinvii, nuovi esperimenti, nuove commissioni di studio.In questa seduta parlamentare si dovrà pren-dere o lasciare in blocco il “suo” progetto di un grande percorso ferroviario dal Rodano (confine degli Stati Sardi con la Francia) a Torino, e di qui verso il Ticino (quindi Milano e Venezia), Bologna (puntando a Brindisi) e Genova, per il quale sono decisivi quei dodici chilometri di galleria sotto il Frejus.
1989 1999
2011
* Estratto dagli Atti parlamentari