TAMELINOELACAPRA
Inunpaese lontano,sul risalirdellavallealmarginedelbosco, senestavasedutoTamelino, un giovane ragazzo, a governare pecore, che tutt'intorno andavanocercandosparuticiuffettid'erbatra lepietre.Eranotempidifficiliper il regno:unaprolungata siccità aveva pesantemente compromesso il raccolto tanto che neivillaggigiàsitemevanofameecarestia.Gli alberi arsi sembrava volessero graffiare il cielo con gli scarni rami, quasi areclamareunpo'dipioggia,enellepiazzelebronzeecannelleleoninedellefontanerimanevanomuteedasciutte.Nelfrattempoacorteilreandavaripetendo,mentrepercorreva avanti e indietro l'affollata sala di palazzo: “Povero me! Povero me!Ancheogginemmenounagoccia,nemmenounagoccia,nemmenounanuvola!”,eaggiunse: “Offrirò un ricco compenso a chi saprà aiutarmi. Araldi al galoppo!Informate le genti!”. Qualcuno tra i presenti in sala, di nascosto, già si fregava lemani,pregustandolalautaricompensa,convintodiessereilpiùfurboedastutoneltrovare una soluzione e divenire ricco.Manon era affare semplice: è risaputo, daquandomondoèmondo, chea cieloe cuore,non si comanda. Intanto inpaese, iragazzetti più audaci rischiavanomemorabili punizioni nell'impresa di discendere ipozziormaiasciutti,eandavanopoi raccontando ingirodiaveresconfitto là sottotopi enormi,esageratamente grandi, grossi quasi come cavalli, obuoi, e anchedipiù,tantocheibambinipiùpiccoli,nell’ascoltarelelorogesta,rimanevanoaboccaapertaperlostuporeelospavento,mentreigrandicelliselaridevano.Tamelino,quasiimmobile,pensavaall'araldoedalmessaggiodelsovrano:“Iosonosolounpoveroragazzo,checosamaipotreifareperaiutareilre?”.Ementrecercavadi escogitare una soluzione, giunse dalla boscaglia un singolare belato. IncuriositoTamelinosialzò in frettaesiaddentrò tra rovie sterpaglie, seguendo l'inconsuetoverso, a tratti flebile, a tratti deciso ed insistente. Si ritrovò così dinnanzi ad unacapra,sdraiatasudiun fianco,con lezampeperbene legatedarobuste funi,che,carichedinodiegrovigli,lecingevanotuttoilcorpo,passandoledisottoedisopra,imbrigliandolepersinolecorna.Lecordeeranosaldamenteancorateinfinealtroncodiungrossoalbero.Lapoverettacosìintrappolata,nonpotevamuoversi,ebelava,belava, nellasperanzachequalcuno lapotesseudire.“Tiprego liberami,poiché ilTorvosaràdiritornoedhapromessocheconilsuocoltellacciomifaràfareunafinecrudele ed atroce” mormorò la poveretta. Tamelino già scosso per la vistadell'animale in tal maniera legato, ma ancora più sbalordito per aver sentitopronunciareparoleumaneadunacapra, rimaseperunattimoconfuso.Compreseperòtuttal’angosciadell’animaleesenzaindugiarepiù,iniziòcolliberarla.Lacapra,tremante, conocchiprofondi edumidi,sollevavaa tratti ilmusodal fogliame,perquelpocochelecordelepermettevano,eosservavailragazzointentoadistricareesciogliere nodi. La poverina, sfiancata e tremante, esprimeva talvolta il proprio
timoreconsommessie lievibelati; ilgiovane,caparbiononsiperdevad'animo,edincalzava svelto nello sbrogliare. Finalmente anche l'ultimo groppo fu sciolto e lacaprabalzòinpiediconvigoreeritrovataenergia,splendenteintuttalasuabellezzaanimale.Sulmantobrunolecorrevadallanuca, lungotuttoildorso,unastrisciadipelo candido, che, come una raffinata pennellata, si smorzava armoniosaall'attaccatura dellaminuta coda. Le corna svettavano superbe contro il cielo, chefattosicobaltogiàmostravaleprimestelle;l'eleganteposturadelcorpoprotesoedilmovimento nervoso degli zoccoli esprimevano tutta la voglia e la fretta diandarsenedalì.“SeguimiTamelino,iotiguiderò!”disselei.Lui,esausto,macaricodimeraviglia, senza porsi troppe domande la seguì. Attraversarono impervie valli,pascoli ormai ingialliti e risalirono infine il letto di un torrente in secca. La caprabalzavadaunsassoall'altroconnaturalezzaedagilità,mentreTamelinofaticavanonpoco a starle dietro; lei si volgeva e aspettava che l'amico la raggiungesse. Sifermaronoentrambisopraadungrandemasso:“Tamelino,ora iomeneandrò.Turestaquiedaspetta”.Spiccòunsaltoesparìtralerocce.Iltempopassava,erabuio.Luiiniziòamugugnare:“Aspetto,aspetto,sì...macosaaspetto?”.Poid'untratto,sentì una strana voce, quasi un bisbiglio : “ Tamelino, Tamelino,mi puoi sentire?”Tamelinoscrutònell'oscurità tutt'intorno, incercadellaprovenienzadellavocemanon vide nessuno. E ancora: “Tamelino, Tamelino,mi puoi sentire?” ripeté quellostrano e roco sussurro. “Chi sei? Dove sei? Parla!” disse allora lui. E il sussurrorispose:“Sonoproprioqui,quisottodite...tumisiedisopra”.Tamelinosiresecontoallora che la voce apparteneva al grossomasso sul quale se ne stava seduto. E ilmasso continuò: “Non avere paura, sono un Guardiano dell'Acqua e discendo daun'anticastirpedicustodideifiumi.SonoaconoscenzasaiTamelinodelledifficoltàdel regno e delle preoccupazioni del tuo re; sappi però ragazzo che se tume lochiederaiiopotròfarsgorgareacquapurainabbondanza,eseloriterrainecessariolo stesso faranno i miei amici Guardiani. Siamo in molti disseminati tra questevallate.Lacaprachehaiappenaliberatoèunanostravecchiaamicaecièdavveromolto cara. Eravamomolto allarmati per lei. Ti saremoper sempre riconoscenti egrati dell'aiuto prestatole Tamelino. Ora va' e corri a corte”. Tamelino ringraziò ilGuardiano e con lui si accordò per il giorno nel quale l'acqua sarebbe sgorgatacopiosaintuttoquantoilregno.Poicorseaperdifiatogiùperlavalle.Nel frattempo il crudele Torvo, tornato nel luogo dove aveva lasciato la capra,trovandovi solamente funi sciolte, fu preso dall'ira e brandendo la pesante spadainiziòasferrarecolpiadestraeamanca,così,acasaccio,imprecandoadaltavoce.Per la foga e per la rabbia inciampò proprio in uno dei legacci da lui usati perintrappolarla.Ruzzolòtraicespugli,battéilcapoerimaseaterratramortito.Attiratein zona dal suo sbraitare, due guardie reali a caccia di fagiani, lo videro. “Ohibò,guarda un po' che grossa e pericolosa spada porta questo” disse il primo. “Hairagione, mi sembra pure puzzi di polvere da sparo per archibugi. Senti unpo'... ”aggiunse il secondo annusando l'aria “Non ti pare?” “Portiamolo nella
segreta!”-“Sì,buonaidea!”.Sireseroinsommasubitocontodiessereincappateinun individuo losco e sospetto. Lo condussero nelle prigioni di palazzo e là lorinchiusero.EraormaimattinopienoeTamelinosipresentòacorte.“Sire, comprendoquantosia difficile per voi credermi, ma non fatevi trarre in inganno dalle mie scarpeconsumateodallamiacasaccamalconcia.Iocredodiessereingrado,sire,dipoterfarscorrereacquainquantitàsufficienteperridarefertilitàaicampieserenitàatuttigliabitanti.Fidatevidime,oalmeno,datemianchesololapossibilitàdidimostrarviquellochehoappenadetto”.Talunidellacorte,vistalatenutadiTamelino,avevanogià iniziatoaparlottare.Sbottòallora il re, in lorodirezione:“Per lebarbedeimieitrisavoli:silenzio!”.Zittitiquelli,ilrepure,rimaseinsilenzio.Rifletteva,conilpugnoasostenereilmento,escrutòTamelinodacapoapiediedapiediacapo,dacapoapiediedapiediacapo,perbenduetreoforseanchequattrovolte,soffermandosipropriosullesuescarpeconsunte,ilcappelloscamosciato,lebrachedifustagnoelapesantecasaccadilanad'agnello.Infine,datounpiccolocolpettoditosse,esclamò:“Ragazzo,iointeintendoriporrelamiafiducia.Dammiprovaconcretadiquellochehaiappenadettoericeverailaricompensa.Masappi,chesesolotistaigiocandodime, te ne farò amaramente pentire, parola di sire ”. Un brusio subito percorse lasala,e il re,dinuovo li zittì. “GrazieSire,nonvideluderò”.“Traduegiorni statenecerto, avremo acqua in abbondanza” ribadì convinto Tamelino. Anche se nonavvezzoapalazzi, anobili, a corti e tantomenoa re, in tuttoquel tempo, che inveritàglieraparsoun'eternità,Tamelinomaiavevaabbassatolosguardoesisentìpiùforteesicurochemai.Enelgiornostabilito, ilGuardianononmancòdiparola:fiumietorrentisigonfiaronod'acqua.Il re, con la barba pure lui, allamoda dei trisavoli, ne fu strabiliato e felicissimo.Nellepiazzesi festeggiòed inoccasionedella festa il sovrano, ormaivecchioeunpo’ stanco,decisedipassare lo scettroal ragazzo: cedetteconquelgesto tronoecoronaaTamelino,ilgiovanepastoredipecore,riconoscendoinluil'animonobile,onestoegagliardo,cheavrebbeassicuratoalsuopopoloprosperitàepacepertantietantilunghianniancora.