+ All Categories
Home > Documents > Tariffa Associazioni senza fini di lucro: Poste Italiane S ... · tutto; ne scandaglia i ......

Tariffa Associazioni senza fini di lucro: Poste Italiane S ... · tutto; ne scandaglia i ......

Date post: 24-Feb-2019
Category:
Upload: vanminh
View: 217 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
56
Tariffa Associazioni senza fini di lucro: Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004n. 46) art 1 comma 2 DBC Roma “Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Mt 11,28) Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017 Gesù Maestro
Transcript

Tariffa Associazioni senza fini di lucro: Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004n. 46) art 1 comma 2 DBC Roma

“Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi,

e io vi darò ristoro”(Mt 11,28)

Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

GesùMaestro

Gesù MaestroGennaio-Febbraio-Marzo 2017 - Trimestrale anno 21Istituti Paolini “Gesù Sacerdote” e “Santa Famiglia”

DIRETTORE: Don Roberto Roveran

DIREzIOnE: Circonvallazione Appia, 162 - 00179 Roma Tel. 06.7842609 - 06.7842455 - Fax 06.786941

AuTORIzzAzIOnE TRIbunAlE DI ROMA n° 76/96 del 20/02/1996

Fotocomposizione e stampa: Trullo Comunicazione s.r.l. - Servizi di STAMPA • GRAFICA • WEB

Cell. 335.5762727 - 335.7166301

In copertina: Papa Francesco abbraccia ragazzo brasiliano commosso

le quattro ruote per l’integralità . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

un progetto di formazione per giovani sposi . . . . . . . . 7

l’impronta di Antiochia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

Imparate da me . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

Responsabili zonali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

un’intuizione profetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

Quando la fede è messa alla prova . . . . . . . . . . . . . . . 24

una terapia per far crescere l’amore . . . . . . . . . . . . . . 26

Dio è per il corpo, mai contro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

Per chi sente sete di anime come Gesù . . . . . . . . . . . . 31

Il viaggio del Matrimonio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

In costante atteggiamento di uscita . . . . . . . . . . . . . . 37

la complementarità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

Faremo una cordata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44In ritiro col vescovo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45la vita con un po di… cuore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

uniti nel suffragio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48

libri e film . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52

EDITORIALE

MAGISTERO DELLA CHIESA

CONOSCERE SAN PAOLO

SPIRITUALITà BIBLICA

ISTITUTO “GESU’ SACERDOTE”

ESPERIENzE E TESTIMONIANzE

LETTERA DI UN vESCOvO

CONSIGLI EvANGELICI

IL NOSTRO CORPO

LE NOSTRE PREGHIERE

CONvEGNO ISF

FORMAzIONE DI COPPIA

ESPERIENzE E TESTIMONIANzE

IN MEMORIA

ISTITUTO “SANTA FAMIGLIA”

Comunicazione del delegato

Lettera del delegato

2 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

SO

MM

AR

IO

NOvITà

3Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Editoriale

L’immagine del carro trasportato dalle quattro ruote, con cui viene espressa

l’integralità, ha le sue radici nel pensiero paolino, perché in san Paolo troviamo l’ideale di un uomo completo. In modo particolare ci riferiamo a 2Tm 3,17: “Perché l’uomo di Dio sia completo (in latino perfectus) e ben pre-parato per ogni cosa buona”. Don Alberi-one usa questa citazi-one come titolo degli Esercizi spirituali di un mese per la Società san Paolo nel 1960: “Ut perfectus sit homo Dei”, cioè perché l’uomo di Dio sia ben preparato, attrezzato. Il perfectus non vuol dire uomo senza difetti; il senso di quella parola è com-pleto, pronto, ben attrezzato. Don Alberione, prendendo spunto da quanto dice san Paolo, porta avanti l’ideale di un uomo che sia com-pleto in tutti gli aspetti; questa completezza viene dall’essere in Cristo e ha come scopo il portare avanti la missione.

Sviluppo dell’intera personalità

La necessità di uno sviluppo di tutta la per-sonalità umana è un aspetto che possiamo con-siderare parte integrante del carisma originario. La personalità umana completa per portare avanti la missione si lega naturalmente al fatto che il Maestro, al quale abbiamo consegnato la nostra vita, è il Maestro integrale, il Cristo totale. Sviluppo di tutta la personalità umana e spi-

ritualità integrale sono strettamente congiunti. Don Alberione notava che le varie spiritualità hanno sottolineato l’uno o l’altro aspetto di Cri-sto ma, continuava, “se poi si passa allo studio di san Paolo, si trova il Discepolo che conosce il Maestro Divino nella sua pienezza; egli lo vive tutto; ne scandaglia i profondi misteri della dot-

trina, del cuore, della santità, della umanità e divinità: lo vede Dot-tore, Ostia, Sacerdote; ci presenta il Cristo totale come già si era definito, Via, Verità e Vita… In questa vi-sione vi è Gesù Cristo integrale; per questa devozione l’uomo viene tutto preso, conquistato

da Gesù Cristo” (AD 159).Proprio perchè l’uomo è chiamato a vivere e

rapportarsi con il Cristo integrale, Cristo stesso chiede una pienezza di sviluppo dell’uomo in tutte le sue facoltà.

Dobbiamo portare il Cristo integrale! Ovvia-mente questo richiede uomini e donne, discepo-le e discepoli che “interamente” portano avanti la missione di Cristo.

Possiamo ora comprendere meglio l’immagi-ne che usa don Alberione, quella del carro che avanza su quattro ruote. In AD 100 sono ripor-tati tutti gli elementi di quest’immagine: “Tutto l’uomo in Gesù Cristo, per un totale amore a Dio: intelligenza, volontà, cuore, forze fisiche. Tutto: natura, grazia, vocazione per l’apostola-to. Carro che corre poggiato sulle quattro ruote: santità, studio, apostolato, povertà”.

Tutto l’uomo: perché l’uomo è innestato in

Riprendiamo l’intervento del paolino don Agatino Gugliara in merito alla pedagogia dell’in-tegralità nel pensiero del beato Alberione.

Le quattro ruote per l’integralità

Le quattro ruote per l’integralità

4 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Cristo che si è dato a noi in questa veste in-tegrale. Integralità che – don Albeione non lo dice esplicitamente ma possiamo intuirlo – è come una volontà di Dio per il tempo attuale. Infatti, come aveva già detto, se prima le varie spiritualità avevano approfondito l’uno o l’altro aspetto, ora il Maestro chiede di essere presen-tato e vissuto nella sua integralità, segno che il nostro tempo ha proprio bisogno di questo.

Il carro

L’immagine del carro è molto interessan-te. Il rischio è di fermarsi analiticamente sui

soliti quattro aspetti, senza considerare che l’immagine è unitaria, che le quattro ruote sono le quattro ruote di un carro. Quindi, prima c’è il carro – non possia-mo darlo per scontato – un carro che corre poggiato sulle quattro ruote. Ma, chi è il carro? Non c’è una

risposta univoca. Nella citazione che abbiamo considerato, comprendiamo che il car-ro è il Paolino, la Paolina, tutto l’uomo consi-derato in Cristo.

In altri discorsi don Alberione amplia questa visione per cui il carro non è più solo un singo-lo, ma tutta la Congregazione. Per il quattro0° anno di fondazione delle FSP, don Alberione usa l’immagine del carro in senso collettivo: “La Congregazione è come un carro e cammina su quattro ruote: lo spirito, lo studio, l’apostolato, la povertà. Questo è il carro su cui viene por-tato il Vangelo alle anime e su cui dobbiamo stare per porgere questo Vangelo alle anime”.

Ecco come l’immagine cambia: dal carro che siamo noi al carro che è la nostra famiglia religiosa che ci porta e sopra il quale portiamo avanti la nostra missione evangelizzatrice.

Parlando alle Apostoline nel 1957 don Albe-rione allarga ancora di più l’immagine: “Noi e

tutta la Famiglia Paolina siamo come un carro che ha quattro ruote, cioè la parte spirituale, intellettuale, apostolica e formativa”. C’è in questa citazione sia la parte personale che l’in-tera nostra realtà di Famiglia a cui ognuno deve dare il proprio apporto perché la missione vada avanti. I due aspetti si completano a vicenda. Lo dice in modo esplicito: “Che si cammini per riguardo alle quattro parti come si è impara-to… Tutti facciano il loro particolare apporto di forze spirituali, intellettuali, fisiche, onde pos-sa essere sicuro e accelerato il cammino della Congregazione, sapendo che ogni contributo e apporto santifica, eleva ed è carità che moltipli-ca i meriti”.

Il necessario equilibrio

Don Alberione dice anche che ilo carro cor-re poggiato sulle quattro ruote. “Poggia” sulle quattro ruote: dà proprio il senso della stabilità; le quattro ruote servono a dare stabilità al car-ro. Certo, se a un carro noi togliamo una ruota, chiaramente si sbilancia. Quindi c’è l’aspetto dell’equilibrio che per don Alberione è uno degli elementi più importanti. Curare insieme tutti gli aspetti della vita dà al Paolino e alla Paolina un equilibrio di vita.

Essere equilibrato è, dunque, proprio della persona che vive stando ben poggiata su tutti gli aspetti della vita. Quando si lascia da parte qualcosa, si vive uno squilibrio. Non basta una sola ruota e non si può neanche trascurare che una manchi.

L’altro aspetto è che il carro corre poggiato sulle quattro ruote, cioè non è statico, ha il suo movimento, la sua dinamicità. E il movimento, naturalmente, dev’essere armonico. Chissà se don Alberione oggi, invece del carro, avrebbe usato l’immagine dell’automobile… Non a caso, quando a un’auto si mettono le ruote nuove o se ne cambia qualcuna, si fa la convergenza e l’equilibratura perché il loro movimento risulti armonico e il mezzo abbia un assetto stabile

5Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Editoriale

senza scossoni o sbandamenti. Quindi anche nel movimento l’armonicità delle ruote è im-portante. Come ci deve essere equilibrio nell’a-spetto del “poggiare”, nel movimento le quattro ruote devono assicurare armonicità. L’armonia è segno di integrazione dei vari aspetti della vita che fa ben camminare le persone, l’Istituto e la Famiglia Paolina. La disarmonia è dunque un rischio per il movimento del carro.

Una meta

Naturalmente il movimento implica una meta: siamo in cammino verso una direzione che ci ha dato Cristo. Questo aspetto del movi-mento richiama il fatto che la nostra santità non è affatto statica, ma dinamica e su questo – lo ricordiamo – ha molto insistito il nostro Fonda-tore. In Santificazione della mente egli richiama il progredire: “Il santo non è un uomo sfinito, una mezza coscien-za che non sa prendersi la pro-pria parte nella vita… Il santo non s’involve, ma si svolge; non si ferma, ma ha per stemma il proficiebat (= progredire). La san-tità è vita, movimento, nobiltà”.

Progredire, andare avanti è un aspetto principale della nostra vita, è costitutivo. Fermarsi, bloc-carsi è segno che qualcosa sta ve-nendo meno.

Ma il movimento ha un’ori-gine e una direzione ben precise. Don Alberione ci fa comprende-re che ben prima del movimen-to che imprimiamo noi c’è quello originato da Dio. Appunto, alle Apostoline nel 1957 dice: “Questo carro è solo Dio che lo ha messo in moto e che lo fa camminare; noi mettiamo nelle ruote del carro il bastone che fa da impedi-mento: sono le nostre imperfezioni, deficienze, mancanze”.

Prima ancora di essere un imperativo eti-

co, cioè noi dobbiamo camminare, don Albe-rione ci fa considerare che questo movimento ha come attore principale Dio. E’ Dio che ci ha messo in moto, è Dio che ci ha fondati, cioè ci ha messo in questa storia per portare avanti una missione. Il movimento ha questa origine. Certo sta a noi fare in modo che que-sto movimento continui, sia ben direzionato, non prenda strade sbagliate, sia armonico. Perché senza questa armonicità si rischiano degli sbandamenti. Uno dei problemi del movimento sono appunto le scosse: “Sono le quattro ruote del carro che devono procedere assieme, senza scosse, senza troppi rischi del peso che trasportano” (UPS II, 271).

Gli scossoni sono il segno che c’è qualche ostacolo – che abbiamo messo noi o che si pre-senta davanti a noi – o che le quattro ruote non sono ben equilibrate.

Naturalmente l’immagine usata dall’Alberio-ne suggerisce che il carro è da trasporto, quindi non solo deve essere ben poggiato e avere un movimento, ma deve portare qualcosa. Un carro vuoto del resto a cosa serve? Il contenuto del carro è il Vangelo! Questo è il carro su cui viene portato il Vangelo agli uomini. Quindi, il “peso” è notevole. E proprio perché è un peso importante dobbiamo stare attenti: bloccarci non è solo un problema nostro; fermando il nostro cammino, arrestiamo la corsa del Vange-lo. Ancora una volta, nel sotto-fondo, c’è san Paolo, l’Apostolo

che vive la sua corsa perché il Vangelo corra; l’Apostolo che non si ferma perché sa di essere strumento dell’azione di Dio nel mondo. Quin-di il rischio è quello di bloccarsi, ma può essere anche quello di andare a precipizio con tutto il carro, quando il movimento è in una direzione sbagliata o è sconsiderato.

A cura di don Roberto ROVERAN ssp

Magistero della Chiesa

6 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

[...] Papa Benedetto XVI ricordava che «solo aprendosi alla verità di Dio

è possibile comprendere, e realizzare nella concretezza della vita anche coniugale e familiare, la verità dell’uomo quale suo figlio, rigenerato dal Battesimo». È quanto mai necessario approfondire il rappor-to fra amore e verità. «L’amore ha bisogno di verità. Solo in quanto è fondato sulla verità l’amore può perdura-re nel tempo, supe-rare l’istante effimero e rimanere saldo per sostenere un cammi-no comune. Se l’amore non ha rapporto con la verità, è soggetto al mutare dei sentimenti e non supera la prova del tempo. L’amore vero invece unifica tutti gli elementi della nostra persona e diventa una luce nuova verso una vita grande e piena. Senza verità l’amore non può offrire un vincolo solido, non riesce a portare l’“io” al di là del suo isolamento, né a liberarlo dall’istante fu-gace per edificare la vita e portare frutto» (Lumen fidei, 27).Non possiamo nasconderci che una menta-lità diffusa tende ad oscurare l’accesso alle verità eterne. Una mentalità che coinvolge, spesso in modo vasto e capillare, gli atteg-giamenti e i comportamenti degli stessi cristiani (cfr Evangelii gaudium, 64), la cui

fede viene svigorita e perde la propria ori-ginalità di criterio interpretativo e operativo per l’esistenza personale, familiare e socia-le. Tale contesto, carente di valori religiosi e di fede, non può che condizionare anche il consenso matrimoniale. Le esperienze di fede di coloro che richiedono il matrimonio

cristiano sono molto diverse. Alcuni parteci-pano attivamente alla vita della parrocchia; altri vi si avvicinano per la prima volta; al-cuni hanno una vita di preghiera anche inten-sa; altri sono, invece, guidati da un più gene-rico sentimento religio-

so; a volte sono persone lontane dalla fede o carenti di fede.

Curare la formazione

Di fronte a questa situazione, occorre trovare validi rimedi. Un primo rimedio lo indico nella formazione dei giovani, me-diante un adeguato cammino di prepara-zione volto a riscoprire il matrimonio e la famiglia secondo il disegno di Dio. Si tratta di aiutare i futuri sposi a cogliere e gustare la grazia, la bellezza e la gioia del vero amo-re, salvato e redento da Gesù. La comunità cristiana alla quale i nubendi si rivolgono

Un progetto di formazioneper giovani sposi

Parlando al Tribunale della Sacra Rota, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudizia-rio, Papa Francesco ha ribadito l’importanza della preparazione al Matrimonio. In particola-re ha invitato i sacerdoti a far gustare la grazia, la bellezza e la gioia del vero amore, salvato e redento da Gesù e ad affiancarsi con coppie esperte per una pastorale più efficace.

7Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Un progetto di formazione per giovani sposi

è chiamata ad annunciare cordialmente il Vangelo a queste persone, perché la loro esperienza di amore possa diventare un sacramento, un segno efficace della sal-vezza. In questa circostanza, la missione redentrice di Gesù raggiunge l’uomo e la donna nella concretezza della loro vita di amore. Questo momento diventa per tut-ta la comunità una straordinaria occasio-ne di missione. Oggi più che mai, questa preparazione si presenta come una vera e propria occasione di evangelizzazione de-gli adulti e, spesso, dei cosiddetti lontani. Sono, infatti, numerosi i giovani per i quali l’approssimarsi delle nozze costituisce l’oc-casione per incontrare di nuovo la fede da molto tempo relegata ai margini della loro vita; essi, per altro, si trovano in un momen-to particolare, caratterizzato spesso anche dalla disponibilità a rivedere e a cambiare l’orientamento dell’esistenza. Può essere, quindi, un tempo favorevole per rinnovare il proprio incontro con la persona di Gesù Cristo, con il messaggio del Vangelo e con la dottrina della Chiesa.

Inserire nel mistero di Cristo

Occorre, pertanto, che gli operatori e gli organismi preposti alla pastorale fami-gliare siano animati da una forte preoccu-pazione di rendere sempre più efficaci gli itinerari di preparazione al sacramento del matrimonio, per la crescita non solo uma-na, ma soprattutto della fede dei fidanzati. Scopo fondamentale degli incontri è quello di aiutare i fidanzati a realizzare un inse-rimento progressivo nel mistero di Cristo, nella Chiesa e con la Chiesa. Esso compor-ta una progressiva maturazione nella fede, attraverso l’annuncio della Parola di Dio, l’adesione e la sequela generosa di Cristo. La finalità di questa preparazione consiste, cioè, nell’aiutare i fidanzati a conoscere e

a vivere la realtà del matrimonio che inten-dono celebrare, perché lo possano fare non solo validamente e lecitamente, ma anche fruttuosamente, e perché siano disponibili a fare di questa celebrazione una tappa del loro cammino di fede. Per realizzare tutto questo, c’è bisogno di persone con specifi-ca competenza e adeguatamente preparate a tale servizio, in una opportuna sinergia fra sacerdoti e coppie di sposi.

In questo spirito, mi sento di ribadire la necessità di un «nuovo catecumenato» in preparazione al matrimonio. Accogliendo gli auspici dei Padri dell’ultimo Sinodo Or-dinario, è urgente attuare concretamente quanto già proposto in Familiaris consortio (n. 66), che cioè, come per il battesimo degli adulti il catecumenato è parte del processo sacramentale, così anche la pre-parazione al matrimonio diventi parte inte-grante di tutta la procedura sacramentale del matrimonio, come antidoto che impe-disca il moltiplicarsi di celebrazioni matri-moniali nulle o inconsistenti.

Segno dell’amore di Dio

Un secondo rimedio è quello di aiutare i novelli sposi a proseguire il cammino nella fede e nella Chiesa anche dopo la celebra-zione del matrimonio. È necessario indivi-duare, con coraggio e creatività, un progetto di formazione per i giovani sposi, con inizia-tive volte ad una crescente consapevolezza del sacramento ricevuto. Si tratta di inco-raggiarli a considerare i vari aspetti della loro quotidiana vita coppia, che è segno e strumento dell’amore di Dio, incarnato nel-la storia degli uomini. Faccio due esempi. Anzitutto, l’amore del quale la nuova fa-miglia vive ha la sua radice e fonte ultima nel mistero della Trinità, per cui essa porta questo sigillo nonostante le fatiche e le po-vertà con cui deve misurarsi nella propria

Magistero della Chiesa

8 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

vita quotidiana. Un altro esempio: la sto-ria d’amore della coppia cristiana è parte della storia sacra, perché abitata da Dio e perché Dio non viene mai meno all’impe-gno che ha assunto con gli sposi nel giorno delle nozze; Egli infatti è «un Dio fedele e non può rinnegare se stesso» (2 Tm 2,13).

La comunità cristiana è chiamata ad accogliere, accompagnare e aiutare le gio-vani coppie, offrendo occasioni e strumen-ti adeguati – a partire dalla partecipazione alla Messa domenicale – per curare la vita spirituale sia all’interno della vita familiare, sia nell’ambito della programmazione pa-storale in parrocchia o nelle aggregazioni. Spesso i giovani sposi vengono lasciati a sé stessi, magari per il semplice fatto che si fanno vedere meno in parrocchia; ciò avvie-ne soprattutto con la nascita dei bambini. Ma è proprio in questi primi momenti della vita familiare che occorre garantire maggio-re vicinanza e un forte sostegno spirituale, anche nell’opera educativa dei figli, nei con-fronti dei quali sono i primi testimoni e por-tatori del dono della fede. Nel cammino di crescita umana e spirituale dei giovani sposi è auspicabile che vi siano dei gruppi di ri-ferimento nei quali poter compiere un cam-mino di formazione permanente: attraverso l’ascolto della Parola, il confronto sulle te-matiche che interessano la vita delle fami-glie, la preghiera, la condivisione fraterna.

Coppie in aiuto al sacerdote

Questi due rimedi che ho indicato sono finalizzati a favorire un idoneo contesto di fede nel quale celebrare e vivere il matri-monio. Un aspetto così determinante per la solidità e verità del sacramento nuziale, richiama i parroci ad essere sempre più consapevoli del delicato compito che è loro affidato nel gestire il percorso sacramentale matrimoniale dei futuri nubendi, rendendo

intelligibile e reale in loro la sinergia tra fo-edus e fides. Si tratta di passare da una vi-sione prettamente giuridica e formale della preparazione dei futuri sposi, a una fonda-zione sacramentale ab initio, cioè a parti-re dal cammino verso la pienezza del loro foedus-consenso elevato da Cristo a sacra-mento. Ciò richiederà il generoso apporto di cristiani adulti, uomini e donne, che si affian-chino al sacerdote nella pastorale familiare per costruire «il capolavoro della società», cioè «la famiglia: l’uomo e la donna che si amano» (29 aprile 2015) secondo «il lumi-noso piano di Dio» (20 febbraio 2014).

Lo Spirito Santo, che guida sempre e in tutto il Popolo santo di Dio, assista e sostenga quanti, sacerdoti e laici, si impe-gnano e si impegneranno in questo campo, affinché non perdano mai lo slancio e il coraggio di adoperarsi per la bellezza del-le famiglie cristiane, nonostante le insidie rovinose della cultura dominante dell’effi-mero e del provvisorio.

Cari fratelli, come ho detto varie volte, occorre grande coraggio a sposarsi nel tem-po in cui viviamo. E quanti hanno la forza e la gioia di compiere questo passo impor-tante devono sentire accanto a loro l’af-fetto e la vicinanza concreta della Chiesa. Con questo auspicio vi rinnovo l’augurio di buon lavoro per il nuovo anno che il Signo-re ci dona. Vi assicuro la mia preghiera e conto anch’io sulla vostra, mentre di cuore di imparto la Benedizione Apostolica.

9Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Conoscere san Paolo

In relazione con la citazione dell’antica confessione di fede (1Cor 15,3.5),

Paolo sottolinea il fatto che egli è debitore alla tradizione (v. 3: «Vi trasmisi invero, prima di tutto, quanto anch’io [come tradizione] ho ricevuto») e che questa confessione per lui e per gli Apostoli in Gerusalemme era un possesso comune: «Tanto io, dunque, quanto essi così predi-chiamo» (v. 11).

Capitale della Siria

In maniera del tutto analoga alla con-fessione di fede, Paolo introduce la sua citazione delle parole dell’ultima Cena di Gesù. Egli sottolinea di nuovo il fatto che esso gli è stato comunicato dalla tradizio-

ne (1Cor 11,23). Un’analisi linguistica fa vedere che Paolo si serve di una for-ma che si era strutturata nell’ambito se-mitico, ma che era stata poi grecizzata. A Paolo è dunque familiare una versione delle parole dell’ultima Cena che ebbe la sua strutturazione caratteristica in un ambiente bilingue: a tal proposito molti argomenti si possono addurre a favore di Antiochia. Poiché là, nella capitale della Siria, la terza città per grandezza dell’im-pero romano, dopo Roma ed Alessandria, Paolo aveva già lavorato assieme a Bar-naba prima dei suoi viaggi missionari (At 11,25s.); da Antiochia era stato inviato in missione (At 13,1-3) ed a questa co-munità che sosteneva il suo apostolato egli aveva sempre fatto ritorno (At 14,26; 15,30.35; 18,22).

L’impronta di AntiochiaSiamo alla terza città che può aver contribuito alla formazione teologica dell’Apostolo delle genti. Joachim Jeremias però non la considera determinante.

L’impronta di Antiochia

10 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Un’immagine analoga ci offre l’analisi linguistica dell’Inno a Cristo in Fil 2,5-11. Essa permette di stabilire che Paolo non è l’autore dell’inno, ma che egli lo cita e che esso, in ogni caso, rinvia ad un ambito semitico-ellenistico.

Debitore alla tradizione

Tutto ciò dimostra che Paolo era profon-damente debitore della primitiva tradizio-ne cristiana. Di ciò troviamo tracce in ogni pagina delle sue lettere, ed esse non si limitano affatto alle formule cristologiche

o liturgiche o al patrimonio innologico. Mi limito perciò ad indicare un vasto campo nel quale Paolo, a differenza degli Aposto-li di Gerusalemme, dipendeva interamen-te dalla tradizione: le parole di Gesù. Per cinque volte, Paolo afferma esplicitamente che egli cita parole di Gesù (1Ts 4,15-17; 1Cor 7,10; 9,14; 11,23-25;) ed inoltre egli si riferisce spesso al messaggio di Gesù, senza nominarlo direttamente. Così, per fare un esempio:• conosce l’appellativo a Dio “Abbà” (Rm

8,15; Gal 4,6), che negli scritti del tem-po non è testimoniato in alcun testo all’infuori della preghiera di Gesù (Mc 14,36);

• sottolinea l’annuncio di Gesù su quel Dio che ama i peccatori (Rm 5,8) e chiama

a sé non i sapienti, ma gli insipienti, non i forti ma i deboli, non coloro che sono riveriti ma i disprezzati (1Cor 1,26-29);

• ricorda inoltre l’ammonimento di Gesù, che non ha riscontro fuori del Vangelo: «Benedite coloro che vi perseguitano» (Rm 12,14; cfr Lc 6,28).Avremmo dunque alfine trovato la

chiave per la comprensione della teologia dell’apostolo Paolo: la tradizione cristia-na primitiva? Sarebbe vera pazzia negare il valore fondamentale che la confessione di fede, la Cena del Signore e le parole di Gesù hanno rappresentato per Paolo. Ep-pure Paolo si è difeso appassionatamente contro l’opinione che la dipendenza dalla tradizione sia l’elemento ultimo e decisi-vo della sua posizione di cristiano e della sua teologia (Gal 1,10 – 2,21). Né Tarso, né Gerusalemme, né Antiochia ci offrono la chiave che stiamo cercando (continua).

11Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Spiritualità biblica

I tratti caratteristici, con cui è delineata la figura di Gesù come Maestro, sono

presentati da Matteo nei versetti conclusi-vi del cap. 11 del suo Vangelo: «Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo so-pra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo, infatti, è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,28-30).

La semplicità di queste parole è solo apparente, poiché sulla bocca di Gesù esse esprimono la densità e la profondità del suo stile di maestro e della sequela da parte del suo discepolo (e di chi in ogni tempo intende rivivere l’esperienza del di-scepolato).

Venite a me voi tutti

Lo sfondo di questa espressione è da in-dividuare nella tradizione sapienziale della Bibbia. Nei libri del Siracide e dei Proverbi appare con frequenza l’invito della Sapien-za personificata (immagine di Dio stesso) a cercarla e seguirla, ad affaticarsi per il suo possesso e a divenire suoi discepoli (cf Sir 51,23-30; Pr 8,1-11).

Al termine di questa ricerca e di questa fatica, al discepolo della Sapienza è riser-vato il riposo, un termine che nella Bibbia allude non solo alla piena realizzazione di se stessi (Israele come popolo si è realizza-to entrando nella terra promessa, il singolo credente entrando nel Tempio), ma soprat-tutto allude alla piena comunione con Dio.

Nell’esperienza di Gesù, il verbo venire indica il verbo della sequela. È il verbo del discepolo, che viene invitato a compiere il lungo itinerario che lo conduce al Maestro • uscendo prima di tutto da se stesso: «Se

qualcuno vuol venire dietro a me, rinne-ghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mc 8,34);

• poi dalle abitudini del suo quotidiano: il lavoro, la famiglia, la casa: «Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me» (Mt 10,37);

• dai beni e dalle ricchezze di cui si dispo-

Imparate da meIl giogo di Gesù è dolce e leggero. Egli ci invita ad andare a Lui che è il Maestro umile e mite di cuore per superare la nostra stanchezza e oppressione. Inoltre siamo invitati ad imparare da Lui ad uscire da noi stessi per appartenergli totalmente nell’esperienza del discepolato.

Imparate da me

12 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

ne: «Vendi quello che possiedi, dallo ai poveri... vieni e seguimi» (Mt 19,21);

• infine da tutti gli altri maestri che in Isra-ele invitavano a conformarsi con rigore e scrupolosità alle molte prescrizioni della Legge: «Voi non fatevi chiamare “mae-stri”, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo» (Mt 23,10). Gesù, infatti, non invita

al solo conseguimento della sapienza o alla sola osservan-za della Legge, ma propone se stesso e la sua esperienza di vita come ideale per il di-scepolo che in ogni tempo si pone alla sua sequela.

Il Vangelo di Matteo (che è il vangelo del Maestro e del discepolo) si conclude pro-prio con l’invito ai discepoli storici di riproporre a tutti i popoli (cioè a tutta l’umanità) la stessa esperienza della loro sequela vissuta con Gesù: «Andate e fate discepoli tutti i popoli» (28,19).

Prendete il mio giogo

Anche il termine giogo ci riconduce all’ambiente in cui si è formata la tradizio-ne religiosa di Israele, che lo stesso Gesù ha conosciuto.

In questo ambiente, il giogo indicava ora l’alleanza, ora le prescrizioni racchiuse nella parte legislativa della Bibbia, ora i dieci comandamenti, ma soprattutto indi-cava la Toràh. Infatti un antico testo della tradizione ebraica diceva: «A chi accetta su di sé il giogo della Toràh viene tolto il giogo delle preoccupazioni di questo mon-do, ma a chi scuote da sé il giogo della Toràh sarà imposto il giogo delle preoccu-pazioni di questo mondo» (I Capitoli dei Padri, III, 6).

Nel Vangelo di Matteo, dove troviamo

questo stesso termine, il giogo indica le molte prescrizioni della Legge, che i rab-bini avevano codificato in 613 precetti, di cui 248 positivi e 365 negativi. Sono que-ste prescrizioni che affaticano e opprimono i discepoli dei rabbini, i quali «legano far-delli pesanti e difficili da portare e li pon-

gono sulle spalle della gente» (Mt 23,4), ed essi non li toc-cano neppure con un dito.

Al suo discepolo Gesù propone non una minuziosa casistica che imprigiona ogni gesto e ogni atto della sua vita quotidiana, ma il com-pimento della volontà del Padre, con la fiducia e l’ab-bandono del figlio. Il giogo di Gesù non è dolce e leggero perché egli ha dato un colpo

di spugna alla legge del Signore, ma per-ché ha collocato questa stessa legge nel rapporto filiale che unisce Dio (il Padre) all’uomo (il figlio) e non nel rapporto che lega il padrone allo schiavo.

Imparate da me

Prima di essere Maestro dei suoi disce-poli storici, Gesù è stato discepolo del Pa-dre. Alla scuola del Padre, che si è rivelato nei libri dell’Antico Testamento, Gesù ha imparato a essere «mite e umile di cuore», associandosi a quel piccolo resto di Israe-le, al quale i Profeti avevano promesso la pienezza della gioia messianica e il compi-mento del Regno di Dio.

È Gesù il primo scriba «divenuto di-scepolo del regno dei cieli» e reso capa-ce di estrarre «dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13,52). Dalla paro-la del Padre Gesù ha appreso l’atteggia-mento antico, ma sempre nuovo, del mite e umile, del piccolo e fragile (la Bibbia

13Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Spiritualità biblica

esprime tutto questo con un solo termine, l’ebraico anaw, “il povero/mite”, “l’umile/piccolo”).

Con la sua vita Gesù ha educato i di-scepoli a imparare prima dal tesoro anti-co della Parola del Padre, poi dal tesoro nuovo della sua Parola di Figlio, che è il Vangelo.

Gesù Maestro, pienezza della Legge

La tradizione ebraica, molto cara ai ma-estri di Israele del tempo di Gesù, vedeva la pienezza della Legge nella perfezione della Toràh.

Gli Ebrei amano chiamare la Legge, ol-tre che con il nome tradizionale di Toràh, anche Chumash (che vuol dire cinque). Questo termine allude ai primi cinque li-bri della Bibbia (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio), quelli che fanno

dell’israelita fedele l’autentico discepolo di Mosè, il Maestro di tutto il popolo di Dio che non ha lasciato cadere nemmeno uno iota o “il più piccolo segno dalle parole di questa legge (cf Mt 5,18).

Gesù, in questi versetti del Vangelo di Matteo che abbiamo approfondito, ha of-ferto come una nuova Toràh ai suoi disce-poli. Ispirandosi ai primi cinque libri della Bibbia che la compongono, Gesù offre cin-que nuovi libri nei cinque verbi che rivela-no la sua identità di Maestro:

• “venite a me”, • “stanchi e oppressi”, • “prendete il mio giogo sopra di voi”, • “imparate da me”, • “troverete riposo/ristoro”. Questi cinque verbi illuminano l’identi-

tà e il cammino del discepolo.Don Primo GIRONI ssp

Don Stefano Lamera

Don Stefano Lamera

i sacerdotie le famiglie

25-28 agosto 2017

“Avanti sempre,nell’amore

e nella gioia!”

CAsA Divin MAestrostatale 218 Km 11

00072 AriCCiA (roma)

In occasione del XX anniversario del dies natalis al cielo di don Stefano Lamera ssp (1° giugno 1997-2017), gli Istituti “Gesù Sacerdote”, “Santa Famiglia” e l’Associazione “Ancilla Domini”, con gratitudine organizzano un Convegno per

4 far conoscere la figura di don Stefano che, fedelissimo interprete del Fondatore della Famiglia Paolina, il Beato Giacomo Alberione, ha vissuto con passione il carisma paolino a servizio di sacerdoti e famiglie;

4 “ravvivare il dono ricevuto”;

4 rinsaldare la comunione tra presbiteri e coniugi e operare insieme nella Chiesa di oggi;

4 rispondere alle esigenze dei tempi nella luce di “Amoris Laetitia”

Progra

mma

venerdì 25 agosto 2017Ore 16,00 Accoglienza e sistemazione17,30 Saluto e presentazione del Convegno18,30 Celebrazione eucaristica, presiede sua ecc. AnDreA MUGione igs19,30 Cena21,00 Video sul beato Alberione

* * *sabato 26 agosto 2017Ore 7,30 Lodi e colazione9,00 RELAZIONE di Mons. LORENZO CHIARINELLI

“Consapevolezza e profezia di una memoria: don Stefano Lamera”10,00 Pausa caffè10,30 Risonanze11,30 Celebrazione eucaristica, presiede sua ecc. Lorenzo ChiArineLLi12,30 Pranzo16,00 PRESENTAZIONE della biografia di don Stefano Lamera

di sr BEATRICE IMMEDIATA fsp17,00 Pausa caffè17,30 Risonanze18,30 Adorazione Eucaristica – Vespri19,30 Cena21,00 La fondazione dell’Istituto Santa Famiglia (Power point)

* * *Domenica 27 agosto 2017Ore 7,30 Lodi e colazione9,00 RELAZIONE di don FURIO GAUSS igs

“Don Stefano Lamera, maestro di vita e di guide spirituali per le famiglie”10,00 Pausa caffè10,30 Risonanze11,30 Adorazione Eucaristica - ora media12,30 Pranzo16,00 Tavola rotonda. Don stefano visto da diverse prospettive: Don A. Perez, Postulatore ssp Amalia Usai, Ancilla Domini Don C. Ferri, Ist. Gesù Sacerdote AM e D. Lupi, Ist. Santa Famiglia18,30 Celebrazione eucaristica, presiede sua em. sALvAtore De GiorGi igs19,30 Cena21,00 TESTIMONIANZE

* * *Lunedì 28 agosto 2017Ore 8,00 Lodi e colazione9,30 Trasferimento a Roma, presso il SANTUARIO REGINA DEGLI APOSTOLI 11,00 Celebrazione eucaristica, presiede don vALDir De CAstro, sup. Gen. ssp12,30 Pranzo (per chi lo desidera)

Modalità di partecipazione

euro 135 in camera doppiaeuro 140 in camera singola

Prenotarsi entro il 31 luglio 2017 presso la Segreteria S. Famiglia e Gesù Sacerdote Circonvallazione Appia 162 - 00179 roMA

Tel. 06-7842609 oppure 06-7842455 - Mail: [email protected]

Progra

mma

ISTITuTO “GESù SACERDOTE”Istituto di vita consacrata per Sacerdoti diocesani

Responsabili zonali IGS (2017-2022)

Nei giorni 4-5 gennaio 2017 si è radunato il nuovo Consiglio IGS e, tra le altre de-cisioni prese (daremo le informazioni gradualmente), sono stati nominati i Responsabili zonali. In pratica un presbitero IGS coordinatore per ogni regione, eccetto per la Campa-nia, la Calabria, la Sicilia e il Nord Italia per ragioni che possiamo comprendere: per es. in Calabria e in Sicilia, a motivo della grande estensione e per la difficoltà nella viabilità si svolgono due incontri per i Ritiri in località e giornate diverse.

Esprimo, a nome di tutti, un sentito e non formale ringraziamento a coloro che hanno svolto questo servizio nel precedente mandato, a coloro che hanno accettato di svolgerlo ancora e ai nuovi incaricati. Lo Statuto affida loro anche un compito di animazione mol-to impegnativo: il fatto che poi, in pratica e in parecchi casi, si debbano limitare quasi soltanto ad informare dei Ritiri e a farsi presenti in qualche evento particolare, non è dipeso da loro, ma dalle circostanze e dalla nuova situazione realistica in cui ci troviamo a vivere e operare oggi. Comunque, programmeremo per i Responsabili zonali, insieme ai Consiglieri, un incontro a Roma per migliorare questo servizio di comunicazione, attenzio-ne e vicinanza con tutti i membri delle varie zone d’Italia.

Zone

Italia NordRomagnaMarcheToscana LazioAbruzzo-MoliseCampania CE-AV-BNCampania NA-SAPugliaCalabria CSCalabria CZ-KR-VV-RCSicilia PASicilia AG-CL-SR-CTSardegna

Responsabili

don Marco Bazzani: 328 4618228; [email protected] Mirko Mignani: 338 5242721; [email protected] Marco Mascarucci: 347 7099906; [email protected] don Felice Munaro: 335 5492262; [email protected] Adilson Ferreira: 328 5947267; [email protected] Vladimiro Porfirio: 339 7739429; [email protected] Franco Catrame: 342 8357787; [email protected] Alessandro Gallotti: 338 8313717; [email protected] Andrea Azzollini: 339 7476906; [email protected] Ezio Saporito: 338 3161411; [email protected] Rosario Lamari: 334 3026790; [email protected] Pietro Passantino: 335 7595989; [email protected] Giuseppe Veneziano: 3288289258; [email protected] Franco Pala: 333 8536239; [email protected]

Comunicazione del Delegato

16 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Per evitarvi la tentazione di pensare che stiamo assumendo un atteggiamento troppo tollerante ri-guardo alla situazione realistica della vita dei preti IGS che riflette una certa situazione di crisi dei vari presbiteri diocesani (troppi incontri, poca par-tecipazione, accresciuti problemi di salute…), vi propongo quanto ho comunicato all’inizio dei lavori del Consiglio nazionale (4-5 gennaio). Dopo averle molto pregate e a lungo meditate ho evidenziato alcune considerazioni sul nostro compito di forma-zione dei membri: lo Spirito che ha illuminato me e il Consiglio aiuterà ognuno di voi a discernere in profondità la realtà dell’IGS (luci, grazie e ombre) ricavandone stimoli positivi e cioè più gratitudine al Signore per il dono ricevuto, più partecipazione viva e fraterna alla vita dell’Istituto, impegno ge-neroso e desiderio di bene reciproco, pregando gli uni per gli altri.

Guardiamo al futuro con coraggio e speranza

Carissimi fratelli del Consiglio IGS, “il Dio della speranza ci riempia di ogni gioia e pace, perché abbondiamo nella speranza per la virtù dello Spiri-to Santo” (Rm 15,13) al fine di mantenere motiva-to il nostro prezioso e difficile servizio nell’animare e promuovere con tutte le nostre energie l’Istituto. È un invito che san Paolo ci rivolge per collaborare al meglio, assumendo l’atteggiamento di umili di-scepoli, cioè coloro che prima di tutto apprendono andando dietro al Maestro Divino Via, Verità e Vita

e arricchendoci anche delle molte-plici testimonianze di autenticità e operosità pastorale dei membri dell’IGS.

I presbiteri di oggi e in parte anche i preti IGS stanno attraver-sando difficoltà varie, ponendo sfide nuove a coloro che hanno la responsabilità di curarne la forma-zione continua. Siamo obbligati, potremmo dire, a ripensare il no-stro servizio di animatori, tenen-do presente il clima di ascolto di tanti preti che è diventato molto disincantato. Non solo i giovani e le famiglie, ma anche i preti fanno fatica ad ascoltare ciò che viene loro suggerito dai responsabili-ani-matori, preferendo seguire strade di coscienza e progetti pastorali molto personalistici.

In questo momento di crisi nei presbitèri diocesani (poca fraterni-tà, scarso dialogo tra vescovi e par-roci, personalismi…), guardiamo al presente e al futuro con coraggio e speranza per comprendere ciò che

COMunICAzIOnE DEl DElEGATO

17Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

18 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

amministrare il mistero di Dio deve essere in primo luogo un uomo di fede, cioè deve saper costruire su Dio secondo la sapienza di Cristo”. Come presbiteri dobbiamo mette-re serenamente nel conto che non possiamo sfuggire dalla dinamica del mistero pasquale, non possiamo non essere tribolati: fa parte della nostra identità; dal momento che siamo ministri della croce, della redenzione e della santità come san Paolo ci ribadisce in 2Cor 5, 15-21 e anche san Pietro in 1Pt 2,1-10.

Senza questa esperienza di mi-stica paolina (dono peculiare della nostra spiritualità) risulta difficile non solo diventare punto di rife-rimento e di edificazione per altri presbiteri, ma anche affrontare le fatiche del ministero pastorale nella realtà particolare del nostro tempo e, alla luce delle stimolanti esortazioni di Papa Francesco in Evangelii Gaudium, curare l’acco-glienza evangelica verso tutti, so-prattutto gli ultimi.

Una dimensione importante del ministero dei preti IGS è vive-re e aiutare i fedeli a raggiungere più coscienza illuminata, più liber-tà, più maturità. Dobbiamo essere stimolatori per diffondere cultura liberante, per illuminare le co-scienze degli uomini del nostro tempo. La nostra presenza e mis-sione in mezzo ai fedeli e agli altri preti deve essere segnata da un accrescimento di fraternità since-ra, di apertura mentale, di dinami-cità apostolica secondo lo spirito di san Paolo, del beato Alberione e di Papa Francesco: “Sappiate sempre esercitare il ministero ac-

COMunICAzIOnE DEl DElEGATO

lo Spirito dona e chiede al nostro Istituto chiamato a testimoniare viva fraternità tra i sacerdoti, since-ro e costruttivo dialogo con i vescovi e dinamicità apostolica alla luce dello zelo apostolico di san Pa-olo, del beato Alberione e di Papa Francesco.

Formazione sana e integrale

Formare se stessi e gli altri è un compito fon-damentale anche se impegnativo, difficile e im-perscrutabile. Formare anche paolinamente i pre-sbiteri IGS comporta orientare, con fermezza e dolcezza, la libertà della risposta al dono ricevuto (cf Gal 5,13) per sviluppare la mistica apostolica paolina (configurazione piena a Cristo: cf Fil 3,7-14; Ef 3,14ss), la quale abilita alla radicalità della fede e alla generosità della carità pastorale (cf Ef 4,1-16) e consente la testimonianza del carisma peculiare dell’IGS.

Animare-formare in modo efficace è strappare alla ripetitività e alla improvvisazione, aiutando il sacer-dote a ravvivare la consapevolezza che l’unità di vita, la libertà interiore e la capacità di annunciare a tutti la Buona Novella con tutti i mezzi, coin-volgendo validi collaboratori non sopporta appros-simazioni o divagazioni: scaturisce dall’adesione totale della sua persona (mente, volontà, cuore) a Cristo Maestro e Pastore Via, Verità e Vita.

E’ fondamentale rimanere nel magnetismo di Cri-sto, lasciarsi fare diagnosi e terapia dalla sua Paro-la e dal suo Spirito: “Senza di me non potete fare nulla” (Gv 15,8). Scrive Kasper: “Il prete che deve

19Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

si; esortare a rimanere in Cristo Parola ed Eucarestia per riuscire a perseverare nel bene manifestan-do uno zelo apostolico aperto, uni-versale, paolino.

Nello svolgere questo difficile compito di animazione anche noi (Delegato, Consiglieri, Responsa-bili zonali, ma anche ogni presbi-tero) saremo chiamati ad essere martiri della gioia e della fatica. Lo affermava con forza don Lorenzo Milani: “Tutto è speranza, perché tutto è fatica”. Allora, con le ama-rezze e le gioie del nostro servizio, anche il nostro cuore saprà narrare il suo stupore e la sua meraviglia non per chissà quale miracolo, ma per le tante giornate senza mira-coli in cui il Signore, rimanendoci accanto, ci ripete sempre il suo “Non temere, perché io sono con te!”.

Preghiamo san Paolo, nostro ispiratore e padre, perchè ci aiuti a svolgere il servizio di animazione volentieri: “Per conto mio mi spen-derò ben volentieri anzi consume-rò me stesso per le vostre anime!” (2Cor 12,15).

Don Emilio CICCONI, Delegato [email protected]

COMunICAzIOnE DEl DElEGATO

compagnando, comprendendo, aiutando, amando, abbracciando tutti, specialmente le persone che si sentono sole, aride: le periferie esistenziali del cuore umano…”.

Animazione coraggiosa, ma comprensiva e affabile

Si tratta di traguardi di spiritualità, formazione e vita apostolica molto elevati ed ardui; ed è im-portante proporli con coraggio assumendo anche un atteggiamento di evangelica comprensione perché realisticamente tutti facciamo molta fatica a cammi-nare verso questi ideali.

L’animazione e la formazione delle persone, soprattutto dei confratelli, risulta un’esperienza progettabile e imprevedibile, difficile e avvincente, divina e umana; sono necessari contenuti validi, testimonianza coerente di vita, coinvolgimento di tutto il proprio essere, soprattutto lasciarsi guida-re dallo Spirito che ci dona anche il coraggio (la parresia) di subire ferite e amarezze e queste varie dimensioni interagiscono tra di loro.

Dovremmo distinguerci nel fasciare le esigenze formative da proporre ai membri con una presenza fraterna silenziosa e rispettosa, che significa essere accanto ai membri IGS con fraterna trepidazione nei momenti di splendore e in quelli problematici della vita con lo spirito caratteristico dell’evangelo: attenzione, gratuità, assenza di giudizio e amore-volezza. Ho sperimentato spesso che un silenzio partecipe è più fecondo e coinvolgente di continui e vari richiami: perché questo atteggiamento di comprensione non significa abbandono o indiffe-renza, ma, sia pur pallidamente, è immagine della paternità di Dio verso ognuno di noi come ce l’ha manifestata il Cristo.

Nello svolgere il servizio di animazione dei fra-telli vogliamo avere una presenza discreta, anche se, sempre vigile, orientata a risultati sostanziali. Aiutare a mantenere il contatto con le radici (le tradizioni passate) senza però essere la ripetizione del passato; aiutare a diventare presbiteri grintosi e audaci senza essere individualistici e presuntuo-

20 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

GIUBILEI dei membri IGS nel 201770° Ordinazione sacerdotale

DE GIROLAMO sac. MONS. ALFREDO: 22/06/1947

60° Ordinazione sacerdotale1) BETTI sac. STEFANO: 25/08/1957

2) D’AGOSTINI sac. ESTERINO: 29/06/19573) D’IPPOLITO sac. MARIO: 29/06/19574) GALEONE sac. MARIO: 14/07/1957

5) MONTERISI Card. FRANCESCO: 16/03/19576) PORCU sac. GIOVANNINO: 15/08/1957

7) RAPACCIUOLO sac. GIOVANNI: 07/07/19578) PIERRO Mons. GERARDO: 12/12/1957

9) TROMBETTA sac. RAFFAELE: 14/07/195710) ZEPPINI sac. GIORGIO: 29/06/1957

50° Ordinazione sacerdotale1) BREGLIA sac. ANTONIO: 30/07/1967

2) COZZOLINO sac. ANTONIO: 29/06/19674) MASTRANGELO sac. NICOLINO: 25/06/1967

5) VENEZIANO sac. GIUSEPPE: 02/07/1967

25° Ordinazione sacerdotale1) MARTINO sac. FRANCESCO: 04/10/1992

2) TUNDO sac. PIETRO: 07/12/1992

50° Professione nell’IGS1) DE SIMONE sac. FRANCESCO: 20-09-1967

40° Professione nell’IGS1) IMPERATO sac. FRANCESCO: 26-08-19772) INNOCENZI sac. GUALFARDO: 24-06-1977

3) MAZZOTTA sac. GIUSEPPE: 16-09-19774) PIANO sac. SALVATORE: 14-10-1977

5) PIERONI sac. ALDO: 24-06-1977 6) SCORTINI sac. PRIMIERO: 08-07-1977

25° Professione nell’IGS1) BETTI sac. STEFANO: 11-07-1992

2) COMPAGNONI sac. IVO: 25-09-19923) OTTIERI sac. CIRO: 13-11-1992

4) SAPORITO sac. EZIO: 20-11-1992

21Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Sacerdoti IGS defunti nel 20161) RECANATINI sac. ANTONIO 12-01-2016 MARCELLI DI NUMANA (AN)

2) DE MICHELE sac. ERMENEGILDO 15-01-2016 GIUGLIANO (NA)

3) PANI sac. PIETRINO 25-03-2016 TRIEI (NU)

4) RIVELLI sac. ATTILIO 11-04-2016 CUCCURANO (PU)

5) GIUNTA sac. VINCENZO 28-04-2016 BELVEDERE M. (CS)

6) NEGRI sac. SERGIO 08-06-2016 CASTEL GOFFREDO (MN)

7) MARATTA sac. CARMELO 23-06-2016 PALERMO (PA)

8) LEONE sac. GIUSEPPE 31-08-2016 PIEDIMONTE MATESE (CE)

9) TOMAINO sac. DOMENICO 24-09-2016 TIRIOLO (CZ)

10) CRISCUOLO sac. GIUSEPPE 11-10-2016 AVERSA (CE)

N.B.: per vedere foto e profilo dei defunti IGS si può valorizzareil sito gesusacerdote.org cliccando su Ricordiamoli.

Esercizi spirituali ad Ariccia, novembre 2014

Esperienze e testimonianze

22 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

A vent’anni dalla morte di don Stefano Lamera, un prete fisicamente robusto

e insieme fragile e magro, dalla faccia tagliata con l’accetta, il corpo ricurvo e gli occhi lucidi e appassionati, dal parlare fluente e graffiante, è doveroso rivisitare la grande intuizione del beato Giacomo Alberione che ha dato vita agli Istituti “Gesù Sacerdote” e “Santa Famiglia”.

Il sacerdozio e il matrimonio sono due sacramenti sociali che collaborano siner-gicamente all’esistenza e alla crescita del-la famiglia umana e della Chiesa. Don La-mera ricevette da don Alberione l’incarico per far germogliare e fruttificare abbon-dantemente questi due semi, nel nostro tempo e in ogni luogo.

Fermiamo brevemente la nostra atten-

zione sull’Istituto “Gesù Sacerdote” di cui sono felicemente e con vivissima gratitu-dine membro.

E’ risaputo che qualunque formazione, per essere adeguata alle esigenze mute-voli del tempo, deve essere permanente. Per quanto concerne i Sacerdoti, dopo la formazione seminaristica, il Vescovo ha il compito primario di essere, secondo l’e-

spressione paolina, irreprensi-bile ed essere Padre, Maestro e Pastore dei suoi Sacerdoti. Si potrebbe banalizzare il compito con l’espressione: la Parrocchia del Vescovo sono i Sacerdoti.

L’esperienza grida da ogni parte che preti santi generano cristianità riconoscibili e credi-bili e che l’efficacia pastorale del Vescovo si raggiunge non moltiplicandosi egli stesso, come dice don Tonino Bello, “burocrate del sacro” e “notaio delle pubbliche manifestazio-ni”, ma coltivando con umiltà, fraternità e perseveranza la for-mazione dei suoi Sacerdoti.

Formazione specifica

L’istituto “Gesù Sacerdote”, si pre-occupa di offrire ad ogni suo membro di continuare con discrezione, perseveranza, qualità, gratuità e amore la formazione sacerdotale, integrativa della formazione che la Diocesi offre ad ogni Sacerdote.

Un’intuizione profeticaDiamo voce ad un presbitero dell’Istituto “Gesù Sacerdote” che sintetizza in breve e con viva riconoscenza l’intuizione carismatica del beato Alberione a favore dei sacerdoti diocesani. Uno stimolo per rafforzare l’appartenenza.

I voti pubblici di castità, obbedienza e povertà che si emettono dopo un con-gruo periodo di formazione, pur essendo Istituto Secolare, non aggiungono ulteriori impegni già inscritti nella stessa ordina-zione sacerdotale e rinno-vati annualmente il Gio-vedì Santo, ma esprimono una disponibilità più gene-rosa verso la Chiesa e il Si-gnore che dona una grazia supplementare per esserne gioiosamente fedeli.

I Ritiri, altra iniziativa significativa, sono alcuni incontri zonali, autonomi dalle iniziative diocesane che si concludono con il pranzo, lo scambio di espe-rienze e la crescita della comunione fraterna. La rivista Gesù Maestro colle-ga e informa i due Istituti mentre l’Agenda paolina ti fa sentire partecipe dell’in-tera Famiglia Paolina, ti suggerisce un pensiero spi-rituale al giorno del Fondatore, ti proietta dall’ombra del tuo campanile ad una vi-sione universale secondo il cuore dell’a-postolo Paolo e aiuta a ricordare i defunti con una preghiera.

Attraverso Internet arriva personalmen-te la comunicazione di conferenze, artico-li, documenti, iniziative significative parti-colari, ad ogni membro dell’Istituto.

Un’altra iniziativa fondamentale per la formazione è l’organizzazione di diversi corsi di Esercizi spirituali, distribuiti lun-go l’anno per i Sacerdoti dell’Istituto e per chi voglia parteciparvi.

Essi sono un momento forte e qualifi-cato della formazione sacerdotale e quelli programmati dall’Istituto si distinguono per il coinvolgimento attraverso predica-

tori stimolanti, la ricerca attenta di Case accoglienti e la cura di un clima fraterno e raccolto: per questo motivo risultano sem-pre molto apprezzati dai partecipanti.

Non manca, poi, l’augurio e un mes-

saggio significativo per il giorno della tua ordinazione sacerdotale.

L’Istituto non distoglie il presbitero dal suo ministero peculiare, anzi lo aiuta ad essere un prete diocesano, nel miglior modo possibile; non ci sono preti focola-rini, preti neocatecumenali, preti del rin-novamento dello Spirito, ma soltanto preti diocesani aiutati a diventare genuinamen-te autorevoli, preti della propria gente con il proprio Vescovo.

Davvero l’intuizione di don Alberione è stata un grande dono per i Sacerdoti e per le Chiese sparse nel mondo e don Lamera ne è stato l’intelligente e fedele esecutore. Di qui un doppio grazie e un grato ricordo di don Stefano.

Don Michele CIPRIANI igs

23Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Un’intuizione profetica

Lettera di un vescovo

24 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Sento il bisogno di farmi presente in questo momento di sofferenza della

nostra Diocesi, sofferenza per me, per i preti, i diaconi, le persone consacrate, ma anche per tutte le nostre comunità. Immagino quanto siano provate, confuse, scandalizzate da vicende collegabili con la nostra Chiesa. Non è la prima volta che viene messa a prova la fede di tanti di noi.

Anche a me stesso ri-cordo che ogni cristiano, ogni credente resta un uomo, che ogni giorno deve rinnovare, proprio per la sua fragilità di cre-atura, la sua alleanza con il Signore e la sua comu-nione con lui e con la co-munità. Il male esiste anche nelle chiese come nei singoli credenti. Spero che que-ste esperienze non facciano ritenere inu-tile il nostro impegno per il bene, per la purezza, per l’onesta e per tutte le altre virtù umane che noi cristiani riteniamo ne-cessarie per raccontare la nostra fede. Non cambiamo la strada indicata dal Vangelo e insieme continuiamo a lottare per il bene, nonostante tutto!

Anzi, sento ancora più urgente e neces-sario crescere nella fede proprio a causa di queste “pesanti situazioni”, sento an-cora più forte la chiamata a costruire la mia vita su Gesù e il suo Vangelo come su

una roccia, l’unica sicura e so che sempre più tenacemente devo aggrapparmi a Lui, anche quando i miei compagni, quelli su cui contavo, tradiscono l’impegno preso insieme. Ne abbiamo attraversate altre di situazioni gravi e ogni volta sappiamo che dobbiamo tornare all’origine della nostra

fede per trovare forza. Sappiamo anche che Dio sarà sempre fedele.

Adesso sono nella cir-costanza di dover cercare forza spirituale non solo per me stesso, ma anche per i miei fratelli nel pre-sbiterato e nel diaconato e so che con loro siamo chiamati a sostenere voi carissimi fratelli e sorel-le, voi che giustamente

vi aspettate sostegno e aiuto dal nostro servizio. Altro non possiamo fare che in-ginocchiarci insieme e invocare aiuto e misericordia dal Signore. Sempre di più. Sapendo che nessuno è arrivato alla meta e che vive nel continuo pericolo di passare da santificatore a tentatore, da servo del bene a servo del male.

Vi ho raggiunto per chiedere una pre-ghiera più intensa per la nostra Chiesa, per i suoi preti e diaconi, per le nostre fa-miglie, e anche per me: che il Signore ci soccorra e ci doni la sua pace.

Mi hanno fatto bene in queste settima-ne le preghiere, la vicinanza e la solidarie-

Quando la fede è messa alla provaMons. Claudio Cipolla, vescovo di Padova, ha scritto un’accorata lettera ai fedeli della sua diocesi in seguito alla vicenda che ha coinvolto un prete indagato per violenza privata e fa-voreggiamento della prostituzione. Chiede perdono, preghiera, vicinanza, solidarietà e lotta contro il male ed ogni forma di scandalo. Uno stimolo per tutti noi a riconoscere soprattutto il bene che ci circonda e a superare le prove con fede salda.

tà di tanti fratelli e sorelle, soprattutto di tanti amici preti e vescovi. Mentre i nostri giornali si gloriano di aver bucato lo scher-mo a livello internazionale, io mi vergogno – non solo come uomo di Chiesa – perché abbiamo guadagnato sola-mente la commiserazione di molti, l’ironia e la bef-fa di molti altri. Non tutti stanno capendo che è una ferita dolorosa per la nostra Chiesa e per la nostra so-cietà padovana.

Questi fatti gettano un’ombra tenebrosa soprat-tutto sulla nostra Chiesa: forse è per questo che mi vergogno e vorrei chiede-re io stesso perdono per quelli che, nostri amici, hanno attentato alla credi-bilità del nostro predicare. In questo campo anche se penalmente non ci fosse rilevanza, canonicamente, cioè secondo le regole che come Chiesa ci siamo dati, siamo in dovere di prendere provvedimenti disciplinari perché non possiamo accettare fraintendi-menti.

Ma non dobbiamo dimenticare che la nostra Chiesa splende per storie e perso-ne sante, sia nel passato sia nel presente. Non merita di essere ridotta solo a tutti gli errori e peccati commessi nella sua recen-te storia, come se si trattasse di una storia di malefatte, nè è giusto presentarla così ai nostri giovani, ai nostri ospiti, alle no-stre famiglie. Io sono arrivato da poco qui ma di fronte alla mia Chiesa patavina so di dovermi togliere i calzari... perché è terra santa! Questo male, che fa tanto rumore, non mi impedisce di ricordare e di vedere i tanti preti e diaconi che hanno sacrificato

la vita nella coerenza, con umiltà e fedeltà, il bene che tanti uomini e donne stanno vi-vendo nella discrezione e fuori dai rifletto-ri, a Padova, in Italia, all’estero... la nostra è terra santa! In essa vive il Signore! Chie-

do rispetto, in questo momento di dolore, per il bene che ha compiuto, per l’amore manifesto per ammalati, anziani, portatori di handicap, poveri... per le opere di giu-stizia, di carità, di cultura ed educative per le quali si è sempre spesa, come oggi.

Anche noi, Chiesa di Padova, vogliamo onestà e coerenza, soprattutto al nostro interno. A questo educhiamo ed è questo che crediamo e che cerchiamo con tutte le nostre forze, da sempre.

Sia benedetto quindi anche chi ci aiuta a togliere il male anche quando si infiltra così prepotentemente tra noi.

Mons. Claudio CIPOLLA,vescovo di Padova

25Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Quando la fede è messa alla prova

Consigli evangelici

26 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

L’obbedienza

E’ un rimedio efficace contro il male in-teriore che si chiama orgoglio, amor

proprio o narcisismo che ci rende schiavi, sottoposti al potere della nostra volontà malata e bisognosa di continue conferme del proprio valore e potere. Obbedire si-gnifica ristabilire una giusta immagine di sé e tale immagine non può che avere co-me riferimento Gesù. Essa ci libera dalla falsa certezza di essere gli unici detentori delle risposte da dare alla nostra vita, di

sapere con esattezza in che cosa consiste il nostro bene e come trovare la via per la felicità.

L’obbedienza come rimedio all’amor proprio ci insegna ad integrare la diversi-tà nella nostra vita. Nel nostro mondo in-teriore esistono il mio punto di vista e il mio progetto a scapito del tuo oppure il

mio contro il tuo. Il passaggio dal livello mentale a quello relazionale è molto breve e con estrema rapidità dalla differenza di opinione si passa allo scontro e alla lotta. Tutta la realtà diventa allora simbolica di un potere esercitato o creduto, attraverso il quale affermiamo il nostro Io o ci ar-rendiamo, sottomettendoci dolorosamen-te alla volontà di un altro. Tutta la realtà, anche la più banale, diventa un possibi-le stimolo per rivendicare e affermare il potere personale. Cedere, non reagire, far prevalere la volontà altrui appare come un piccolo morire a se stessi, un lasciarsi

schiacciare dall’imposizione di un altro. Se vissuta all’interno del dinamismo pasquale, que-sta piccola morte apre però alla vita e alla libertà vera: fa uscire dal bisogno compulsi-vo di affermare testardamente una posizione a cui spesso noi stessi non crediamo fino in fon-do, ma che diventa indispen-sabile sostenere solo per con-trapporci all’altro. Scopriamo così che accettando un punto di vista diverso, piegandoci ad una volontà contrastante, adattandoci ad un’esigenza

che può essere contraria alla nostra come nella relazione di coppia, acquistiamo una libertà fino ad allora sconosciuta. Il nostro Io si ristruttura non più lungo la coordi-nata dell’autoaffermazione, ma nella linea dell’umiltà. Alla contrapposizione e alla sudditanza sostituiamo l’obbedienza e la ricerca sincera e disponibile della volontà di Dio.

Una terapia per far cresce l’amoreProseguiamo la pubblicazione della seconda parte dell’articolo iniziato sul numero precedente in merito al significato dei consigli evangelici nel mondo di oggi.

27Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Una terapia per far cresce l’amore

L’obbedienza poi è una manifestazione dell’amore perché favorisce l’esodo dalla ricerca della propria autoaffermazione alla docilità rispetto alla volontà dell’altro. Che non significa assoggettarsi passivamente ad un disegno di cui non si riesce a vede-re la bontà, ma invita al dialogo, al con-fronto, all’impegno e ad essere propositivi. L’obbedienza insegna ad amare attraverso la dura scuola della dimenticanza di sé e dell’abbandono.

La castità

Ogni essere umano vive la dolorosa esperienza di riconoscere in sé una pro-fonda ambivalenza rispetto alla capacità di amare, di riscontrare una grave scollatura tra il suo essere fatto per donare se stesso e il costante ripiegarsi su di sé, nel tenta-tivo di soddisfare il proprio egocentrismo. Abitato da un dinamismo di trascendenza, l’uomo si ripiega sul suo centro e diventa idolatra di se stesso.

Molti sono i mezzi che la vita cristiana ci offre per rimediare a tale divisione in-teriore, in primo luogo la conversione del cuore e la pratica della carità.

L’amore casto che tutti i battezzati sono chiamati a vivere e a sviluppare compor-ta un mutamento che si concretizza nel passaggio dall’affetto fragile e spesso ego-centrico dell’infanzia all’amore maturo dell’età adulta. Colui che ama con il cuore di figlio non è il bambino esigente e ca-priccioso, ma l’adulto capace di entrare in relazione, la cui interiorità si è trasformata passando attraverso numerose purificazio-ni. Esse sono necessarie a causa del nostro egoismo e non riguardano unicamente o prevalentemente la sfera della sessualità. Anch’essa però deve essere oggetto di con-versione: in una società come la nostra in cui il sesso è offerto come una realtà appe-

tibile, da usare pressoché unicamente per il proprio godimento e senza alcun lega-me con la dimensione relazionale, sarebbe ingenuo sottovalutare il potere regressivo che esso esercita sulle persone. Esso, in-fatti, orienta verso la ricerca di un piacere fine a se stesso e insieme così appagan-te da non lasciar spazio ad altro, provo-cando un bisogno compulsivo e ripetitivo di gratificazione. La castità mira quindi a rendere la persona libera dall’egoismo dei sensi, che spinge all’incontro per utilizzare la sessualità come puro oggetto del proprio godimento.

La castità trasforma interiormente il no-stro modo di percepire l’altro e, di conse-guenza, di avvicinarci a lui, cambia il no-stro sguardo tendente, come quello di Eva, a reificare la realtà, persone incluse, a ren-derle oggetti capaci di offrirci un bene tan-

Consigli evangelici

28 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

to desiderato. Essa ci libera dal nostro bi-sogno di “divorare” l’altro, dal tentativo di eliminare la differenza, sostituendola con il rifiuto o la fusione. Nello stesso tempo unifica interiormente la persona, altrimenti divisa dalle spinte compulsive e frammen-tate dell’istinto. La castità non mira quin-di all’eliminazione dell’impulso sessuale, causa di rigidezza, grettezza e acredine, ma affranca dalla sua schiavitù, evitando la divisione interiore e la condanna alla ri-cerca spasmodica di gratificazione.

Essa aiuta a mettere ordine e armonia all’intero della persona, attraverso un pro-cesso di integrazione, dove la dimensio-ne istintuale viene accolta e nello stesso tempo incanalata nel solco del progetto di vita personale. Non una semplice sublima-zione, ma un passaggio ad uno stadio su-periore di funzionamento, ad un modo più evoluto di venire a contatto con la realtà: superiore e più evoluto perché non narci-

sistico, ma capace di rispondere meglio a dei criteri di trascendenza e di percepire la realtà in modo più oggettivo e rispetto-so dell’alterità. La castità si esprime nel non essere più schiavo della necessità o asservito alle passioni, ma invece capace di amare in modo trasparente.

La castità converte il nostro sguardo: il mondo non è più una preda, ma un riflesso del Figlio di Dio, Gesù, in cui è stato creato. La nostra percezione purificata può intuire i segni della sua presenza in ogni elemento della realtà: come l’innamorato scorge in tutto i segni del passaggio dell’innamorata così noi possiamo vedere Dio in ogni cosa.

L’amore casto desidera amare Gesù con lo stesso amore con cui egli ama; per que-sto non può fare a meno di desiderare la definitività, di voler essere fedele, di dura-re in eterno.

Sr Anna BISSI,Fraternità della Trasfigurazione

Esercizi spirituali a Baida (PA), maggio 2016

29Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Il nostro corpo

E’ proprio così: Dio è per il corpo, mai contro. Se così non fosse avrebbe

creato solo spiriti. Tutta la storia della salvezza racconta la cura e la passione del Creatore per la materia. Egli è il genio del-le cose visibili. L’Architetto celeste, che nessuno può fissare in volto, ha amato che noi vedessimo nell’armonia dei corpi un riflesso, finanche pallido, della sua bellez-za e perfezione. Il cosmo, dal contorno dei buchi neri spaziali alla spirale sul guscio delle lumache, è divinamente progetta-to sulla sezione aurea. Questo suscita sommo stupore. Ma la prova più strin-gente dell’amo-re del Padre per questa nostra carne mortale è l’umiltà con cui il suo Figlio ha acconsentito a prendere un cor-po e con quello stesso corpo ri-sorgere alla vi-ta eterna. Cristo ha fatto allean-za con la car-ne per sottrarla ai dispetti della morte. Ha vinto il demonio per tutti noi e il corpo che ho non è più mio ma è “bottino di guerra” del Verbo. Glorificare

Dio è mangiare, dormire, lavarsi, correre, lavorare, godere della bellezza, innamo-rarsi, crescere e invecchiare. Quando facciamo tutte queste cose ringraziando il Donatore, noi celebriamo il trionfo della risurrezione.

L’impurità è contro il corpo

Il corpo maschile è un ponte verso l’altro non un acrobata che fa numeri da

circo. Il corpo femminile è una casa, non una spugna. Impure non sono le cose o gli “atti”, ma l’intenzione del cuore con

Dio è per il corpo, mai controPubblichiamo uno dei brevi capitoli del nuovo volume di don Giuseppe Forlai Spudorata castità (Edizioni san Paolo 2016) in cui l’autore dà voce al gran bisogno che la nostra società ha della castità evangelica quale realtà praticabile da tutti i battezzati, sia come scelta fatta per tutta la vita sia come condizione periodica.

Dio è per il corpo, mai contro

30 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

il quale mi muovo verso la realtà. “Puro” non è ciò che è incontaminato (sarebbe troppo poco) ma ciò che è trasparente, come il vetro pulito che lascia gustare senza ombre il panorama. “Puro” è un sesso che par-la chiaro. “Impuro” è ciò che dissimula e si nascon-de, che traccheggia con la verità e tresca con l’opaco. E’ veramente puro ciò che, mentre fa esultare il corpo, rende felice anche l’anima; massimamente impuro – al contrario – è quello che ac-contenta la carne e lascia affamati gli affetti. Il piacere sessuale è puro quando sod-disfa i desideri di un amore dichiarato, senza trucchi; impura rimane una geniali-tà ossessiva, che racconta all’anima spensierate menzogne renden-dola catatonica e priva di fantasia. Per San Paolo questa impurità – che sottrae il linguaggio del sesso agli affetti – è nemi-ca del corpo, rema contro la risurrezione, mettendo in esso la morte.

Tempio del Signore

Tutto di noi reclama, dalle ossa alla pelle, la compagnia e il calore umano. Affermando questo però non abbiamo an-cora detto la cosa più importante. Il cor-po umano è proteso verso l’altro perché è creato ad immagine della Trinità Santa e Sovrana. Come Dio è uno nella Sostanza e trino nelle Persone, così il corpo mi fa uno con me (io sono il mio corpo) e impo-ne dolcemente al mio essere di entrare in comunione con altri (non in un rapporto morboso a due, ma aperto ad un terzo). Il mio corpo è fatto per coltivare lo stes-

so amore trinitario: unico e ospitale. Esso è inevitabilmente mio e paradossalmente felice solo se rivolto all’altro.

Il corpo dunque non è un involucro pre-so in affitto o un apparta-mento in multiproprietà, ma il letto matrimoniale su cui il divino sposa l’umano. Non è fatto per sfruttare, bensì per fare appartenen-za: “Questo è il mio corpo dato per voi!”. Lo Spirito che abita in me dal batte-simo simultaneamente mi fa uno con Cristo e spin-ge la mia carne mortale a rendere tangibile l’amore del Padre per i fratelli. In tal modo quando metto il corpo a servizio dell’altro, è Cristo che si piega sul fratello. Simeone il nuovo

Teologo scriveva: “Noi diventiamo membra di Cristo e Cristo diventa nostre membra; Cristo diventa la mia mano, Cristo diventa il mio piede, di me, povero disgraziato; la mano di Cristo e il piede di Cristo sono io, misero; io muovo la mia mano e la mia mano è Cristo tutto intero. Non dire che io bestemmio, ma accogli queste realtà e adora Cristo, che ti rende tale”.

31Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Le nostre preghiere

All’inizio della Famiglia Paolina, du-rante l’adorazione eucaristica della

notte del secolo, nel profondo del cuore del beato Giacomo Alberione risuonavano le parole di Gesù: “Venite ad me omnes”, “Venite a me, voi tutti”. Queste parole di Gesù fecero nascere in don Alberione quella “sete di anime”, quel desiderio che tutti si lascino salvare da Gesù, che poi si tradusse nelle forme di apostolato svolte dai vari rami della Famiglia Paolina.

La sete di anime è il motivo che spin-ge a compiere bene l’apostolato paolino: portare le anime a Dio, non lasciare che il male, la menzogna, l’odio e tante altre attrattive che vengono dal demonio, si im-padroniscano delle anime e portino le per-sone alla rovina.

Don Alberione notò che alcune persone sentivano in modo particolare questa sete di anime, mentre d’altra parte c’erano i ne-mici della Chiesa che volevano strappare le anime a Dio e darle al demonio. Ed ecco nascere il bisogno di rivolgersi a Dio per chiedere il suo aiuto nel nostro apostolato, affinché venga il suo regno e non quello dei nemici della Chiesa.

«Durante il corso annuale di Esercizi spirituali [nell’autunno del 1923] il Primo Maestro ci consegnò, ancora manoscritta, la preghiera Per chi ha sete di anime, da recitarsi ogni giorno prima della messa, o al termine delle preghiere del mattino, o durante la giornata. Da allora fu sempre recitata, finché visse Don Alberione» (Te-stimonianza verbale di Sr. Luigina Borrano FSP il 15 ottobre 1995 a E. Sgarbossa).

Questa preghiera fu pubblicata per la prima volta sul bollettino Unione Coopera-

tori Buona Stampa del 16 febbraio 1924 (cf. Primavera Paolina 458).

La prima formulazione fu più tardi ripe-tutamente modificata e adattata alle diver-se forme di apostolato che di volta in volta don Alberione promuoveva.

Nel nostro libretto delle preghiere, ne troviamo tre versioni così intitolate:

1) Offertorio paolino: è sostanzialmente la prima formulazione del 1923, più tardi ripetutamente modificata.

2) Offertorio pastorale: è una formula com-posta da don Alberione per la congrega-zione delle Suore di Gesù Buon Pastore (Pastorelle), e introdotta nelle Preghiere della Famiglia Paolina, edizione 1985.

3) Offertorio vocazionale: è una formula ori-ginale, detta anche Padre nostro voca-zionale, composta da don Alberione per l’Istituto Regina degli Apostoli per le Vo-cazioni (Suore Apostoline). Consegnata personalmente dal Fondatore in data 15 agosto 1957, fu recitata per la prima volta il 17 agosto durante la Messa.

Per chi sente sete di anime come GesùProseguiamo il commento ad un’altra preghiera di Alberione che nel tempo è stata modificata in tre versioni diverse.

Per chi sente sete di anime come Gesù

32 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Pur nelle sue varie formulazioni, questa preghiera presenta alcuni elementi costan-ti:a) è legata alla santa Messa;b) esprime il desiderio di offrire se stes-

si al Padre (consacrazione) insieme a Gesù;

c) esprime il desiderio di partecipare con Gesù alla salvezza del mondo (missio-ne);

d) in essa vengono enumerati e presentati al Padre i bisogni più urgenti dell’apo-stolato per la salvezza dell’umanità.

Questa preghiera è veramente paolina, poiché esprime il desiderio di consacra-zione a Dio, il desiderio di unirsi a Gesù e quindi di farlo vivere in noi, e anche il desiderio di compiere l’apostolato, cioè la missione che Dio ci ha affidato a benefi-cio delle persone con cui oggi noi viviamo. Questa preghiera ha un respiro universale, perché si unisce alla preghiera incessante che Gesù presenta al Padre. In realtà non è altro che l’ampliamento delle parole di Gesù: «Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno... come in cielo così in terra».

Quando possiamo recitarla? Certamen-te si deve recitare in riferimento alla ce-lebrazione della Messa. Secondo la tradi-zione, nelle comunità paoline si recitava al momento dell’offertorio. Tuttavia si può recitare anche in altri momenti, purché sia chiaro che è la santa Messa, cioè l’offerta che Gesù fa di se stesso, che dà valore a questa preghiera. Perché è dal sacrificio che Gesù fa di se stesso che viene la sal-vezza dell’umanità.

In quali occasioni si può recitare? Nelle comunità paoline si recitava tutti i giorni, poiché tutti i giorni erano giorni di consa-crazione e di apostolato. Ora questa con-suetudine si è persa quasi dappertutto. I

momenti più appropriati rimangono quelli in cui si cerca di chiedere a Dio aiuto per il nostro apostolato: perciò all’inizio di attivi-tà catechistiche nelle parrocchie o di corsi di preparazione al matrimonio o di accom-pagnamento delle coppie, ecc.

Fate attenzione però: questa è una pre-ghiera per chi sente sete di anime come Gesù. Solo chi sente questa sete potrà gu-starla in pienezza. Per chi non sente l’ur-genza di portare le persone a Gesù, questa preghiera potrà sembrare poco universale, forse un po’ troppo di parte e legata ad un determinato periodo storico. Chi invece si impegna a fondo nella propria missione, vi troverà forza e aiuto.

Don Paolo LANZONI ssp

Non basta fare la vita religiosa nell’interno della casa, ma la vita

di apostolato all’esterno, all’esterno!La religiosa pastorella ha quella

sete di anime che le fa dire:«Io consacrerò tutte le mie forzee darò la mia vita per le anime

come Gesù»(Beato Giacomo Alberione,

Alle Suore di Gesù Buon Pastore 1958, n. 167).

33Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Il progresso spirituale nel ma-trimonio conosce delle tappe e dei passaggi obbligati di purificazione per aprirsi ad un amore più maturo e ad una disponibilità sempre più grande.

Prima tappa: la santità desiderata

Emerge dai grandi ideali del fi-danzamento e dei primi tempi di matrimonio. All’inizio della cono-scenza reciproca, i due di solito vivono l’appassionante esperienza dell’innamoramento: si vede solo il positivo dell’altro/a (per il pro-cesso di idealizzazione), e se i di-fetti emergono, si ha una grande fiducia nel saperli sopportare o la tacita aspettativa che l’altro poi cambierà (anche per proprio meri-to ed intervento). Nell’esperienza di credenti, si crede (a volte for-se in modo troppo magico) nella forza trasformante della grazia, tramite i sacramenti e in partico-lare il matrimonio. Grandi ideali si fanno via via spazio: saremo una coppia diversa, il nostro amore crescerà sempre di più, faremo

Al Convegno ISF 2016 abbiamo compreso che al Amoris Laetitia è un testo fondamentale per

capire la bellezza del matrimonio come sacramen-to. Letto con attenzione aiuta le coppie a fare i conti con la realtà superando ogni illusione e desi-derio campato troppo per aria.

Il cammino di una coppia infatti può essere vi-sto come un’avventura: dalla prima conoscenza, all’innamoramento, all’amore nel quotidiano da

sposi… Si può rileggere il percorso con la meta-fora del viaggio: un itinerario di crescita con gio-ie, fatiche, intoppi nel cammino, fughe dal reale, illusioni e poi delusioni inevitabili. Il fantastico ideale-sogno-desiderio del principe azzurro o della fata turchina non consente un reale itinerario co-struttivo, ma può invece essere causa di profonde lacerazioni e delusioni quando, come è inevitabile, ci si impatta con la realtà fatta di limitatezze uma-ne, difficoltà relazionali, insufficienze comunicati-ve e stanchezze.

ISTITuTO “SAnTA FAMIGlIA”Istituto paolino per coppie di Sposi consacrati

lettera del Delegato

Il viaggio del Matrimonio

34 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

lETTERA DEl DElEGATO

all’altro/a ciò che viviamo nel pro-fondo o la nostra preghiera”.

L’arrivo dei figli destabilizza: “Tutta l’attenzione è per loro; è così difficile trovare spazi per noi e quando li abbiamo, siamo così stanchi che dormiamo”.

“I figli sono diventati grandi, ci sentiamo molto meno utili di pri-ma, cominciamo a chiederci cosa abbiamo costruito, cosa abbiamo seminato in loro…; è facile col-pevolizzarci a vicenda”. In questa nuova fase può capitare che lui o lei incontri un’altra/o che colpisce particolarmente, che fa sentire an-cora giovani, ci si può allora inna-morare, con un’esperienza di con-fusione forte, di crisi e di frattura interna…

A questo punto può infiltrarsi l’amarezza e il risentimento, che portano facilmente allo scorag-giamento, per alcuni addirittura a chiedersi se non hanno sbagliato strada o partner.

Verità è che in questa tappa si scopre quella dose di illusione che abitava la prima, una sufficienza mascherata di cui era necessario prendere coscienza. Proprio men-tre noi sognavamo di diventare, se non dei santi, almeno dei cristiani e una coppia presentabile, era tut-to fermo: il nostro atteggiamento interiore restava quello del fariseo del Vangelo e la nostra preghiera, con altre parole, era identica alla sua. Spesso il Signore permette che il peccato ci apra gli occhi: un’infedeltà più forte, un ripie-gamento egoista nell’illusione di amare l’altro/a, uno sbaglio nell’e-ducazione dei figli… rompono in questa fase la precedente imma-

una famiglia aperta alle necessità di altri che hanno meno di noi, pregheremo insieme, faremo ferie alternative, vivremo nella sobrietà contro la società consumistica, vivremo nella solidarietà e nella condivisione… All’inizio la generosità e la disponibilità all’accettazione reciproca è sempre più forte.

Seconda tappa: la prova del reale

La banalità dell’amore nel quotidiano apre alla delusione: di se stessi, nei confronti del proprio partner, della vita matrimoniale in sé. Il terribile quotidiano fa cadere poco per volta molti sogni e desideri, molti ideali creduti e anche amati. Ad es. emerge:

l’esperienza della solitudine e la scoperta dei difetti altrui: “Credevo che l’altro/a mi capisse, colmasse il mio vuoto”; “Non credevo che fosse così!”; “Non mi sembra più lei/lui!!”.

Più passa il tempo, anche le caratteristiche che avevano attratto all’inizio, vengono vissute male: “Mio marito parla così poco e pensare che mi era piaciuto all’inizio il suo essere silenzioso!”; “Mia moglie mi assale con le sue reazioni emotive, ep-

pure quando l’ho conosciuta mi piaceva tanto il suo essere così spontanea!”.

“Il quotidiano ci assorbe talmente che è diffici-le trovare spazi per riflettere insieme, per pregare. Quando poi li troviamo, ci sentiamo in difficoltà, quasi abbiamo vergogna e pudore ad esprimere

35Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

lETTERA DEl DElEGATO

tradimento: è proprio nel momento in cui non può dire più nulla, né nulla promettere che Cristo gli ri-conferma la missione e lo chiama nuovamente a seguirlo. Dinanzi a questa seconda chiamata, Pietro scopre che non è più tenuto ad es-sere quel discepolo che aveva so-gnato di essere, che sarà condotto ormai da un Altro e che è bene così. Scoprire i limiti propri, di coppia e di famiglia, il peccato radicato in ciascuno, può essere una prova, ma nel perdono di Dio, per noi come per Pietro, è una grazia impagabile.

Vivere nella prospettiva della seconda chiamata rende nuovo il proprio matrimonio perchè ora in-sieme si può ricercare il Regno di Dio rispondendo a ciò che la vita concreta, giorno per giorno, riser-va: è ancora importante sognare, essere presi da grandi ideali, ma ormai questi saranno strettamen-te collegati alle fragilità, debolez-ze e reali possibilità di ciascuno, dando uno spessore più realistico agli stessi sogni e desideri. In par-ticolare, sarà più viva la consape-volezza che l’attuazione di sogni,

gine troppo positiva che ci eravamo costruiti di noi stessi, della nostra coppia e famiglia.

Terza tappa: la seconda chiamata

La misericordia di Dio ci aspetta proprio qui: se noi sappiamo accogliere umilmente la rivelazione della nostra fragilità, la tenerezza di Dio ci apre degli orizzonti più belli dei nostri sogni. Non sa-remo mai quella coppia aperta, disponibile, gene-rosa, altruista che avevamo sognato di essere, ma possiamo diventare insieme quei poveri che non hanno altro da offrire a Dio che le loro mani vuote.

Per quanto dolorosa e faticosa possa essere la presa di coscienza dei limiti, la grazia ci chiama ad altro che ad una cupa rassegnazione. Dio non ci ha abbandonato: è più presente che mai alla nostra prova, sperando di potersi finalmente rivelare a noi come Colui che è la beatitudine dei poveri. Dipen-de solo da noi accoglierlo, accogliendo la nostra povertà come una grazia.

La seconda chiamata ci invita a scoprire la tene-rezza e la gratuità dell’amore di Dio per quei pecca-tori che siamo noi, chiamata ad accogliere la poten-za dello Spirito che trionfa nella nostra debolezza: è il momento allora in cui sono chiamato a riscegliere mio marito, mia moglie…; io, povero e peccatore, scelgo di nuovo l’altro/a anche lei/lui povero/a e pec-catore! La stessa cosa è avvenuta a Pietro dopo il

36 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

lETTERA DEl DElEGATO

atività nel trovare il proprio modo possibile di preghiera quotidiana.

Sono partito parlando delle cop-pie da distaccato e poi via via mi sono lasciato prendere così tanto che mi ci sono trovato dentro. Ora chiudo le considerazioni relative alle tre tappe del viaggio del ma-trimonio con una breve quanto sti-molante storia di una coppia felice.

Un segreto d’amore

Mentre sfogliava i suoi dossier matrimoniali il diavolo notò con dispetto che c’era ancora una cop-pia sulla terra che filava d’amore e d’accordo. Decise allora di fare un’ispezione.

Si trattava in realtà di una cop-pia comune: eppure sprigionava tanto amore che attorno ad essa pareva ci fosse un’eterna prima-vera. Il diavolo volle conoscere il segreto di quell’amore.

“Nessun segreto - gli spiegaro-no i due -. Viviamo il nostro amo-re come una gara: quando uno dei due sbaglia, è l’altro che se ne as-sume la colpa; quando uno dei due fa bene, è l’altro che ne ha le lodi; quando uno dei due soffre, è l’altro che ne ha consolazione; quando uno dei due gioisce, è l’altro che ne ricava piacere. Insomma, facciamo sempre a chi arriva per primo”.

Al diavolo tutto ciò parve da stupidi e se ne andò senza far loro del male. Ed è così che possono ancora esistere delle coppie feli-ci sulla terra. Buona gara ad ogni coppia allora!

Don Roberto ROVERAN, Del. [email protected]

desideri e ideali è possibile solo se ne riceviamo la capacità come dono dal Signore e dal suo Spirito.

Per quali vie fare il cammino?

Leggendo la vita sotto lo sguardo di Dio. Se trop-po spesso non progrediamo nella via spirituale è per-ché viviamo il quotidiano in modo ripetitivo. Atten-diamo l’eccezionale e a volte ce la prendiamo con Dio che non ce lo manda, mentre è nel banale che Dio ci aspetta, che si presenta alle nostre esistenze, con una presenza umile e discreta che dobbiamo imparare a riconoscere. Don Bonetti al Convegno ci ha detto che è l’incapacità il luogo dell’azione di Dio, lo spazio in cui Dio agisce. I medesimi appel-li ed esigenze d’amore sono là nella nostra vita di coppia e di famiglia, giorno dopo giorno e ancora una volta dobbiamo imparare a riconoscerle.

Occorre trovare una forma di preghiera che vada bene per la propria vita di coppia e di famiglia, ma soprattutto che sia realista con il ritmo di vita nel quotidiano di coppia e di famiglia. Conosco una coppia che aveva escogitato questo modo sempli-ce: la sera erano abituati a preparare già la tavola per la colazione del mattino, sopra ad una tazza mettevano il Vangelo. Mentre il marito la mattina dopo scaldava il latte, la moglie leggeva qualche versetto del Vangelo. Poi entrambi potevano ripen-sarci mentre andavano al lavoro. Occorre avere cre-

Convegno ISF

Il Convegno, svoltosi ad Ariccia dal 9 all’11 dicembre 2016, ha registrato un co-spicuo numero di partecipanti, circa 120, fra Responsabili e Consiglieri nazionali, Responsabili di zona e di gruppo, e per la prima volta sono stati invitati i Delegati emeriti, mancava don Dante per impegni; don Francesco e don Olinto, hanno chiesto dei nostri gruppi e inviano a tutti un affet-tuoso saluto, chiedendo per loro preghiere. Presenti anche per l’istituto “Gesù Sacer-dote” don Emilio e don Domenico.

Introduzione

Il Delegato ha introdotto il Convegno che aveva per tema “La famiglia, una luce

nel buio del mondo. Per una creatività missionaria a partire da Amoris Laetitia”. Un tempo di formazione, lo ha definito, per ravvivare il dono di Dio nel Matrimo-nio, in vista del servizio che il Signore ci chiede a favore dei nostri Gruppi e dell’intero Istituto. La gioia e la speranza di vivere sempre meglio, come il Signore ci vuole, all’interno della missione che ci ha affidato in quanto consacrati a Lui e in un tempo di cambia-mento così difficile come quello che stiamo vivendo. Tre indicazioni spiccano in particolare: • la missione va affrontata

con gioia, • che sia una gioia missio-

naria e• in costante atteggiamen-

to di uscita.Don Roberto ha concluso

l’introduzione con una serie di domande: Come accom-

pagnare oggi coloro che il Signore ci fa in-contrare? Come essere apostoli di frontiera alla maniera di san Paolo? Quali parole, at-teggiamenti e gesti per il nostro prossimo nei condomini, al lavoro, nella scuola? Qua-li sono i luoghi più fecondi per l’annuncio del Signore morto e risorto? Quali iniziative concrete mettiamo in atto per dare risalto al Matrimonio? Perché non applicarci per la giornata della famiglia, la giornata del Vangelo (come suggerisce Papa Francesco dopo Alberione), o una serie di conferenze sull’affettività a favore dei genitori?

Relazione principale

Don Renzo Bonetti, Presidente della fondazione “Mistero Grande”, già Diretto-re dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Famiglia della CEI prendendo spunto da alcuni articoli di Amoris Laetitia ha illu-strato perché gli sposi consacrati come noi sono chiamati ad essere messaggeri della gioia del Vangelo.

La difficile situazione della famiglia oggi è una chiamata dello Spirito che ci invita a

prestare attenzione alla real-tà concreta, negli stessi av-venimenti della storia. Non bisogna usare l’incapacità come scusa per disimpe-gnarsi; se si crede, l’incapa-cità, la debolezza è lo spazio dove agisce Dio.

La famiglia è chiamata a contemplare il dono del Ma-trimonio che è grazia e ad avere cura di questo dono divino.

In costante atteggiamento di uscita

37Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

In costante atteggiamento di uscita

38 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

E’ un dono che rende gli sposi donanti, in missione permanente. La relazione fecon-da della coppia diventa un’immagine per scoprire e descrivere il mistero della Trinità che contempla in Dio il Padre, il Figlio e lo Spirito d’amore. Il Dio Trinità è comunione d’amore, e la famiglia è il suo riflesso vi-vente. La Chiesa guarda alle famiglie che restano fedeli agli insegnamenti del Vange-lo, ringraziandole e incoraggiandole per la testimonianza che offrono. Grazie ad esse, infatti, è resa credibile la bellezza del ma-trimonio indissolubile e fedele per sempre.

Ogni famiglia ha il compito di accendere altre famiglie perché siano donanti. Questo perché ogni coppia, in forza del sacramento delle nozze, gode della Presenza di Gesù, ed è Chiesa domestica. Si può compren-dere pienamente il mistero della famiglia cristiana solo alla luce dell’infinito amore del Padre, che si è manifestato in Cristo.

Il sacramento del Matrimonio non è una cosa o una forza, ma è una presenza per-

ché in esso Cristo stesso viene incontro ai coniugi cristiani. Egli rimane con loro, dà loro la forza di seguirlo con la propria croce, di rialzarsi dopo le loro cadute, di perdonarsi vicendevolmente, di portare gli uni i pesi degli altri.

Lo scopo del Matrimonio sacramento è quello di edificare la Chiesa e la missione degli sposi cristiani si esprime:

nel riconoscimento della bellezza del maschile e del femminile, in tutte le espressioni della vita, esaltando le speci-ficità dei due sessi pur nella loro diversità. Vedere nell’altro l’immagine di Dio.

Nella maternità e paternità vissuta con la consapevolezza di essere progenitori, perché i figli vengono da Dio; quindi sen-tirsi genitori universali, cioè per tutti gli essere viventi.

Nel riconoscere che i figli sono anche fratelli perché figli di Dio.

Nel proiettare in grande, nel mondo e nella società, l’amore di Dio. Mostrare a tutti la grazia di amarsi come Cristo ama;

39Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Convegno ISF

comunicare questo amore ai figli, trasferir-lo nella parrocchia, nella Chiesa, nell’uma-nità intera.

Tavola rotonda

Quattro gli interventi pomeridiani a sin-tetizzare le nostre risorse ed esperienze che disegnano il nostro impegno di consa-crati sul territorio nazionale:• Coniugi Romito – Accompagnare i fi-

danzati (rif. Amoris Laetitia 205, 216, 217, 230);

• Coniugi Vitelli – Accompagnare i sepa-rati (rif. A.L. cap. VIII, 291);

• Coniugi Cazzato – Pastorale battesima-le (rif. A.L. 200, 230);

• Coniugi Ambrosini – La fecondità nella coppia (rif. A.L. cap. VI, 199, 200, 201).Ne è emerso un quadro molto promet-

tente di risorse e talenti che hanno biso-gno di essere messi in rete per aiutarci migliorando così la collaborazione fra noi.

Verso il nuovo anno

Nella mattinata conclusiva il nostro Delegato ha spiegato dapprima come dovrebbero interagire le varie responsa-bilità di gruppo, di zona ed i consiglieri per formare una squadra che davvero vin-ca il campionato della santità. Ci vuole tanta armonia, rispetto e stima recipro-ca ed uno spiccato desiderio di collabo-razione per la comunione. Allenamenti verso la santità saranno i ritiri incentra-ti sulla missione a partire dall’inno alla carità di san Paolo, ben commentato da Papa Francesco in Amoris Laetitia cap. IV. E’ stato anche ribadito quanto indi-cato nello Statuto: il ritiro deve essere di una giornata e articolato in Lodi o Vespri, Meditazione, Adorazione silenziosa, Ce-lebrazione eucaristica, agape fraterna e condivisione.

Sono stati presentati poi da don Pao-lo i 21 corsi di Esercizi spirituali 2017: il primo a fine aprile, l’ultimo a metà novem-bre. Anch’essi verteranno sul senso della missione tenendo conto della spinta che ci viene da Evangelii Gaudium e da Amoris Laetitia.

Don Domenico Cascasi e Annamaria Lupi, a nome della Commissione che sta lavorando su don Stefano Lamera, hanno informato ed invitato al Convegno comme-morativo a 20 anni dalla scomparsa che si terrà in Ariccia dal 25 al 28 agosto 2017.

Infine Claudio Cazzato, Responsabile nazionale, ha chiuso i lavori del Convegno sottolineando la necessità vitale per l’Isti-tuto di uscire dalle porte che ci chiudo-no in noi stessi, nella comodità dei nostri gruppi e parrocchie per aprirci al nuovo e diventare apostoli di frontiera come veri seguaci di san Paolo.

A cura di Antonino SPINA,isf di Avellino

40 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Il DAVP, che è un organismo di ani-mazione vocazionale della Famiglia

Paolina, sta organizzando e promuovendo una bella opportunità rivolta a ragazzi e giovani, singoli o in gruppo, che desidera-no fare un’esperienza estiva avventurosa e formativa di approfondimento della pro-pria fede attraverso la figura dell’Apostolo Paolo.

Si tratta di una settimana da vivere a Roma, pensata per ragazzi e giovani pro-venienti da tutta Ita-lia, sulle orme di S. Paolo, che porterà a ripercorrere alcu-ni tratti della strada romana da lui per-corsa e a visitare i luoghi che lo hanno visto protagonista.

L’appuntamen-to è per il 24 luglio presso la sede del-la Società S. Paolo in via A. Severo a Roma che sarà la base per tutti gli spostamenti pro-grammati.

Sette giorni (fi-no al 30 luglio) di amicizia, preghie-ra, riflessione, ma anche trekking urbano con zaino in spalla, alla scoperta di luoghi suggestivi e forte-mente evocativi, senza far mancare giochi, condivisione fraterna ed allegria.

La proposta è stata studiata ed elabora-ta da un’equipe di animatori appartenenti ai vari rami della Famiglia Paolina, i quali si sono incontrati più volte per mettere a punto un programma veramente ricco ed

originale e per organizzare tutti gli aspetti, da quelli pratici e tecnico-logistici a quel-li più prettamente spirituali e vocazionali, prevedendo anche una differenziazione di proposte in base alle diverse fasce di età dei partecipanti. Non mancherà anche la possibilità di conoscere più da vicino la Famiglia Paolina con testimonianze da parte di membri di tutti 10 i rami del no-stro “alberone”. Insomma, ci sono tutte le

premesse perché si tratti di un’esperien-za veramente accat-tivante e profonda, da non perdere!

L’attenzione alla formazione umana e spirituale dei nostri figli ci sta da sem-pre particolarmente a cuore in quanto genitori cristiani, ma anche perché la no-stra vocazione spe-cifica nella Famiglia Paolina ci spinge a portare Cristo al mon-do promuovendo la conoscenza della spi-ritualità e della figura del nostro patrono S. Paolo.

Vi invitiamo quindi a lanciare la proposta

a tutti i ragazzi e giovani che incontria-mo sul cammino, nelle parrocchie, nello svolgimento degli specifici apostolati... e prima di tutto, ai nostri figli adolescenti e giovani!

Nel volantino qui riprodotto (di cui po-tete chiedere copie da diffondere) trovere-te tutti i riferimenti per poter avere ulterio-ri informazioni.

Una marcia sui passidell’Apostolo Paolo

Giovani in camminoRoma, 24-30 luglio 2017

41Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Formazione di coppia

1. La diversità come ricchezza

Oggi esiste una forte tendenza a livel-lare tutte le differenze tra l’uomo e la

donna (ideologia del “gender”). La diversi-tà viene vista come fattore discriminatorio, come fonte di rivalità. Ciò impoverisce la convivenza tra gli uomini e, soprattutto, non è conforme al piano di Dio.

San Paolo ci ricorda che le membra nel corpo sono molteplici e distinte e ciò è di vitale importanza per il corpo: “Se il corpo fosse tutto occhio, dove sarebbe l’u-dito? Se fosse tutto udito, dove l’odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra in modo distinto nel corpo, come egli ha vo-luto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo” (1 Cor 12,17-20).

Ciò vale in modo particolare per la coppia. L’uomo e la donna hanno la stes-

sa dignità, ma sono diversi: nel modo di pensare, di parlare, di sentire, di agire, di amare, ecc. Per es. se una coppia inten-de costruire una nuova casa, l’uomo pensa soprattutto alle fondamenta, al finanzia-mento, al suo studio, ecc., la donna invece pensa alla cucina, al bagno, al magazzino. Ed ambedue hanno ragione. È quindi di massima importanza accettare la diversità come ricchezza, non come fonte di incom-prensione. Ogni forma di complementarità parte da questo fondamento.

2. Un comune punto di riferimento

Per evitare che la diversità diventi di-spersione, ci vuole poi un comune punto di riferimento. Le membra del corpo forma-no una unità, perché hanno tutte lo stesso capo che le unisce. Similmente avviene per la Chiesa: Cristo – così scrive san Pao-lo – “è il capo del corpo, cioè della Chiesa” (Col 1,18). Cristo è anche il comune punto di riferimento di ogni coppia e famiglia cri-stiana. Ciò deve trovare espressione nella vita ordinaria. Ecco tre punti assolutamen-te necessari:

• La preghiera di ogni giorno (al matti-no, a pranzo, alla sera): come l’aria è in-dispensabile per vivere, così la preghiera a Cristo è necessaria per il bene dell’anima e per l’unità.

• L’Eucaristia di ogni domenica: è il sa-cramento dell’unità e dell’amore, che ci fortifica sempre di nuovo nell’amore di Cri-sto e rinnova continuamente l’amore.

• La confessione regolare: è la pulizia in-

La complementaritàQuali atteggiamenti sono necessari per una buona complementarità in coppia? Ecco alcuni semplici spunti utili per la riflessione insieme tra marito e moglie.

La complementarità

42 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

teriore, cioè la purificazione del nostro cuo-re, della nostra memoria, del nostro amore da parte di Cristo, nostro Divin Medico.

3. La disponibilità a servire

Il proprio dono di essere uomo o di es-sere donna diventa fecondo quando l’uno si sottomette all’altro nel timore di Cristo (cfr Ef 5,21). Così avviene anche in un corpo sano: le varie membra obbedisco-no al capo e sono in armonia tra di loro, sottomettendosi a vicenda per garantire il funzionamento di tutto l’organismo.

Applicato alla realtà della coppia, tale principio richiede l’esercizio della virtù, in primo luogo l’umiltà: “Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma cia-scuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri” (Fil 2,3-4).

Umiltà non significa negazione di noi stessi oppure svalutazione dei propri ta-

lenti o del proprio essere. L’umiltà ci ren-de consapevoli di chi siamo realmente: creature di Dio, a cui Egli ha elargito la ricchezza della sua vita e dei suoi doni. L’umiltà quindi ci rende veri, autentici: “Ho cercato l’umiltà, ho trovato la verità” (S. Teresa). L’umiltà ci aiuta a superare il nostro orgoglio, l’egoismo e la tendenza di ritenerci al di sopra degli altri. San Pao-lo consiglia di considerare gli altri supe-riori a noi stessi. Forse potremmo inizia-re in modo modesto: considerare gli altri almeno al pari di noi stessi. Chi cerca di vivere l’umiltà capirà che non è difficile sottomettersi all’altro. L’umiltà è la chiave per vivere la complementarità con gioia e facilità.

L’umiltà si collega poi con la disponibi-lità a servire. Questa disponibilità ci aiuta ad accogliere i propri doni con gratitudine e a impiegarli per il bene degli altri. In al-tre parole: la disponibilità a servire ci spin-ge a cercare non solo il proprio interesse, ma anche e soprattutto quello degli altri. “Servire” è una di quelle parole che oggi

43Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Formazione di coppia

non si sentono più. Ma come può funzio-nare una coppia, una famiglia, un gruppo, una comunità senza la disponibilità a ser-vire? Ricordiamoci: Cristo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita in riscatto di molti. San Pao-lo voleva essere soltanto “servo di Cristo”. Tutti i santi ci hanno lasciato un esempio, quello di servire Dio e il prossimo. Talvolta può essere utile sostituire la parola “amo-re” con il termine “servizio”. Amarsi sin-ceramente significa essere al servizio l’uno all’altro.

4. Non paragonare, ma discernere

Un autore ha scritto: “Chi vive della luce di Dio, non paragona ma discerne“. Cosa significa? Vuol metterci in guardia da un atteggiamento sbagliato e molto diffu-so, in cui si può facilmente cadere: il pa-ragone egoistico con gli altri. Chi parago-nando i propri doni con quelli degli altri si convince di essere più dotato degli altri finisce per diventare orgoglioso; oppure, se comincia a pensare che gli altri siano più dotati di lui, cade nell’invidia e diviene ge-loso.

La luce della fede invece ci insegna che tutti i doni vengono da Dio e che dobbiamo discernere: lo Spirito Santo dona ad uno un talento, all’altro un altro. Nessuno è privo di doni e nessuno li possiede tutti. Perciò è così importante completarci a vi-cenda e imparare a servire con i doni che abbiamo ricevuto.

Anche in una coppia esiste il pericolo di chiedersi: Chi lavora di più? Chi fa di più per i figli? Chi si impegna di più dal punto di vista religioso? Ovviamente dobbiamo incoraggiarci a vicenda, ma dobbiamo evi-tare di cadere in uno spirito di paragone che ci rende critici, scontenti e sospet-tosi nei confronti dell’altro. La medicina

per questa malattia spirituale è dirigere lo sguardo a Dio e ringraziare per la propria vita e i propri doni come anche per la vita e i doni dell’altro.

5. Vivere la carità

Dopo aver parlato delle varie membra del corpo della Chiesa, san Paolo parla della carità, senza la quale i doni e i cari-smi non valgono niente. La carità conferi-sce a tutte le attività il profumo di Cristo. L’Apostolo descrive la carità con parole

incomparabili: “La carità è paziente, è be-nigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1 Cor 13,4-7).

La carità quindi scaccia l’orgoglio, la gelosia e l’invidia, i più grandi nemici del-la complementarità e promuove le attitu-dini di umiltà, di rispetto e di servizio. Ci sprona a non usare i nostri doni e talenti per noi stessi e il nostro onore, ma per la gloria di Dio e il bene del prossimo. Il te-sto della lettera di Paolo è stato commen-tato in modo sublime da Papa Francesco nell’esortazione apostolica Amoris Laetitia al cap. IV.

A cura di don Roberto ROVERAN ssp

Esperienze e testimonianze

44 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Tutto ha inizio il 26 dicembre 1995 nell’ora di adorazione presso la parroc-

chia del Rosario a Copertino dove il Gruppo Santa Famiglia si riuniva ogni settimana.

L’anno dopo siamo stati invitati al ritiro zonale a Martina Franca dove c’era la pre-senza di don Stefano Lamera. Mai sentito parlare di lui. La nostra prima impressione a dire il vero non è stata del tutto positiva: un uomo vecchio, curvo, ma dal passo veloce e deciso. C’era tantissima gente e da subito ci ha impressionato il cli-ma di raccoglimento. C’erano pure tantissimi bambini che correvano dappertutto ma che a don Stefano non davano per nulla fastidio, anzi era gioioso di vederli e ci diceva che a modo loro stavano pregando.

Nel pomeriggio erano previsti i colloqui con lui. Siamo entrati timorosi e tremanti. Ci siamo seduti e subito ha preso la mano di Fabiola stringendola nella sua e come d’incanto tutte le nostre ansie e paure sono scomparse e abbiamo provato un sen-so di gioia e pace.

Domandò quanti figli avevamo: “Tre e un quarto in arrivo”. Ci chiese: “Cosa avete?”. “Due maschi e una femmina”. Premesso che non sapevamo il sesso del nuovo bam-bino, ci rispose in modo risoluto e con un sorriso: “Farete due e due”.

Quella sua risposta ci disorientò un po’. Allora prese quattro caramelle e le offrì a Fabiola e ci disse di darle ai nostri tre figli; la quarta caramella la doveva mangiare Fa-biola per la bimba che portava in grembo. Ci disse inoltre che per agosto era previsto il pellegrinaggio a Lourdes e ci invitò con una certa insistenza. Scuotemmo la testa,

perché il desiderio di andare era grande, ma non potevamo permettercelo per moti-vi economici. Non ci fece neanche finire di parlare che lui, con un timbro di voce da far spavento, disse: “Faremo una cordata, fare-mo una cordata” e ci salutò. Uscimmo dalla stanza sereni e fiduciosi.

Tornati a casa riflettemmo non poco sull’incontro con don Stefano e il desiderio di Lourdes era sempre forte nel nostro cuore.

Senza perdere tempo chiedemmo subito ai Responsabili di gruppo di pagare ratealmente. Anche i Responsabili nazionali ci diede-ro una risposta positiva: mamma mia che gioia!

A maggio ci fu il pellegrinag-gio a Pompei con la presenza di don Stefano. Andammo con gioia

benché la gravidanza fosse agli sgoccioli. Quando don Stefano salutò Fabiola subito le disse testualmente: “Ehi tu, sai che l’ho riconosciuto subito tuo marito, anche se ha tagliato la barba?”.

Se prima qualche dubbio balenava in noi, Pompei l’ha dissolto. Don Stefano ci ha letteralmente folgorati. Il suo sguardo ti penetrava così in profondità che ti paraliz-zava. Le sue meditazioni così convincenti ti facevano sentire una nullità. Per noi è stato un santo che ha speso la sua vita per la Fa-miglia Paolina ed in particolare per l’Istituto “Santa Famiglia”. A Lourdes è iniziato il no-stro cammino nell’Istituto.

Ti lodiamo e ringraziamo Signore per averci resi partecipi del tuo insondabile di-segno e perché ci hai dato come modello da seguire la Santa Famiglia di Nazareth (Nun-zio e Fabiola MY, isf di Leverano).

Faremo una cordataMentre pubblichiamo questa semplice testimonianza invitiamo tutti a scriverci per diffondere piccoli e grandi episodi relativi al carisma e ministero apostolico di don Lamera.

45Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Esperienze e testimonianze

Ci era rimasto particolarmente impres-so nella mente e nel cuore il ritiro

predicato l’anno precedente ai Gruppi di Montefalcone, Teramo e Termoli dal ve-scovo di Termoli-Larino, mons. Gianfranco De Luca, sia per la sua calda parola, che per la bella visita guidata alle spoglie di san Timoteo che riposano nella cripta della Cattedrale.

Abbiamo così pensato di ripetere l’e-sperienza e con i Responsabili di Gruppo e di zona ci siamo messi all’opera per tem-po, trovando subito la paterna adesione in mons. De Luca, che si è messo a nostra disposizione dopo aver adeguatamente si-stemato la propria agenda.

Domenica 6 novembre 2016, S.E. era ad attenderci davanti all’Episcopio, adia-cente l’ingresso della Cattedrale.

Dopo le presentazioni ed i saluti di rito, ci siamo immersi nel ritiro che si è svolto secondo le indicazioni tipiche del nostro Istituto.

Il Vescovo ha sapientemente riassunto e spiegato le tematiche dai nostri sussidi, sviluppando proprie riflessioni di cui fac-ciamo un brevissimo cenno:

“Voi siete opera di don La-mera, un germoglio, la vita coniugale è cammino di san-tità. Voi siete degli esplorato-ri”.

“Le due case che Gesù de-scrive, costruite sulla roccia o sulla sabbia, rappresentano tante situazioni familiari, cre-ate dalla libertà di quanti vi abitano...”.

“Tre sono le piste che Papa Francesco indica come possi-bilità e compito per adempie-re al discernimento e crescita

cristiana: 1) la preghiera quotidiana, 2) la lettura della Parola di Dio, 3) la comunio-ne eucaristica”.

“Madre Teresa di Calcutta diceva che una famiglia che prega unita, resta unita”.

“La preghiera, la Parola, il pane sono le tre vie che Dio-Misericordia percorre per farsi vicino, compagno, madre di ogni fa-miglia, e renderla luogo di consolazione, tenerezza, guarigione, crescita, maturazio-ne....”.

Molti, durante le pause, hanno approfit-tato di un paio di seminaristi, che ringra-ziamo, per una visita guidata alla Cattedra-le di Termoli (stile romanico-pugliese) ed alla tomba di san Timoteo, primo discepolo di san Paolo.

La giornata è volata via velocemente, facendoci rimanere un po’ tristi al momen-to dei saluti dopo la foto di rito col Vescovo sulla scalinata della Cattedrale. Proprio un bel ritiro, merito dei partecipanti numerosi e ancor più del Vescovo, cui va il nostro grazie per il tempo che ci ha dedicato, e per la concreta, sapiente e saggia guida spirituale, nonché per la paterna ospitalità (Rita e Mario ANCHORA, isf di Termoli).

In ritiro col Vescovo

Esperienze e testimonianze

46 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

E se questa volta iniziassimo così: “Be-ati i poveri in spirito, perché di loro

è il regno dei cieli” (Mt 5,3)? Se Gesù potesse ribadire il concetto ora, ai giorni nostri? Cosa direbbe a noi giovani che viviamo assieme alle continue avances della società odierna? Abbiamo a che fare quotidianamente con pubblicità accalap-piatrici, coetanei spendaccioni, genitori poco parsimoniosi e d’altro canto ci ac-corgiamo che vivere lontani dai sacrifici è meglio, più conveniente, i soldi poi si possono fare in tanti modi, basta non farsi tanti problemi di coscienza; nella vita vera il pesce grande mangia il piccolo e sinceramente... chi è lo stralunato che preferisce “essere mangiato”?

Tuttavia più si va avanti con queste tesi comode più mi assilla un versetto del Vangelo di Luca: “Chi è fedele nelle cose minime, è fedele anche nelle grandi; e chi è ingiusto nelle cose minime, è ingiusto anche nelle grandi” (16,10).

Nella vita è giusto prostituirsi ai com-promessi e andare contro sé stessi pur di arrivare alla meta? Può l’ambizione essere definita una mancanza di povertà? Ma al-lora...cos’è la povertà vera? Chi vuole met-tersi alla sequela di Gesù Cristo deve per forza essere un poveraccio?

Alcune risposte

Vediamo cosa risponde un nostro ami-co prete nel libro “Cristiano? No grazie! Però...” delle Edizioni Paoline:

“No, amico mio, io non chiedo ai miei discepoli di essere poveracci, straccioni, miserabili, ma di diventare ‘poveri in spi-

rito’. Che differenza c’è? Enorme! Il pove-raccio è uno che vive commiserandosi, im-precando, invidiando gli altri, vendendosi per pochi soldi. Il povero di spirito invece è uno che vive felice, perchè ha scoperto che la felicità sta nel servirsi delle cose che ha, senza diventarne schiavo.[...] Io voglio cuori aperti, che donano con gioia, perché hanno capito che la gioia sta pro-prio nel donare” (don Tonino Lasconi).

Se è vero che il troppo stroppia essere troppo prodighi (sperperare inutilmente le proprie finanze, investire in frivolezze...) è dannoso tanto quanto essere troppo miseri (invidia, gelosia, aridità spirituale). Vivere senza soldi desiderando di avere quelli de-gli altri, odiandoli ed invidiandoli per ciò che hanno, non fa dell’uomo la creatura perfetta che il Signore ha creato. Accet-tare, invece, la propria condizione facen-

La vita con un po’ di... cuore:vivere con povertà, fede e umiltà

47Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

La vita con un po’ di... cuore: vivere con povertà, fede e umiltà

dosela bastare e cercando di migliorarla, oppure utilizzare i propri mezzi per andare incontro alle necessità della comunità e di chi ha bisogno eleva la nostra anima fino al cielo e ci rende longa manus di Dio.

Essere umili

Essere “poveri in spirito” consiste an-che nel non elevarsi fino al trono di Dio per volerlo usurpare; in parole povere: non si può pretendere che nella vita tutto vada come vogliamo noi! Ci sono strade scono-sciute che solo Dio mostrerà a tempo debito, ci sono fol-lie che senza la fede non si potrebbero compiere. Quindi povertà e fede sono due virtù che camminano mano nella mano; senza la completa fi-ducia in Dio non ci sarebbe la sottomissione al suo volere e alla sua grazia, senza questo atto di umiltà non esisterebbe la povertà dalla presunzione umana, quella che danneggiò Lucifero, il primo degli arcan-geli, e lo portò a danneggia-re anche i nostri progenitori Adamo ed Eva. In 4 parole: noi non siamo Dio, abbiamo bisogno dell’umiltà per vive-re con gli altri. Ecco un’altra virtù che va a braccetto con la povertà: l’umiltà.

E’ proprio lei che ci permette di vi-vere in serenità con il prossimo. Socrate diceva: «So di non sapere». Questo con-cetto era alla base della vera conoscenza: chiunque saprà qualcosa che io non cono-

sco, anche la persona più umile della ter-ra, avrà qualcosa da insegnarmi. Con que-sto presupposto si potrà tenere la mente aperta in attesa che altri l’arricchiscano; se invece si parte già ricchi delle proprie conoscenze è naturale che non si lascerà spazio per poter imparare ancora. La po-vertà consiste, allora, nell’accettare anche le proprie lacune e farne un pregio, così diventeremo insegnanti di umiltà.

Un altro amico prete ci aiuta a conclu-dere: “Perché la vera povertà non è tanto non avere delle cose, ma accettare di non essere Dio, di essere persone delimitate

da un tempo preciso, persone fragili, che hanno bisogno degli altri. La povertà vera [...] consiste in prima battuta nell’accet-tazione serena della propria creaturalità” (da “Il mondo rovesciato” di don Giusep-pe Forlai).

Martina PETIX

“I poveri amano l’elemosina dei ragazzi perché non li umilia, e perché i ragazzi che han biso-gno di tutti, somigliano a loro... L’elemosina d’un uomo è un atto di carità: ma quella d’un fanciullo è insieme una carità e una carezza” (Edmondo De Amicis).

Uniti nel suffragio e nell’intercessione

48 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

VINCENZA GIACONE in BURDESE* 01/12/1955 - † 15/11/2016

del Gruppo di Bra

Vincenza era entrata nell’Istituto Santa Famiglia di Bra con il marito Domenico nel 2011, dopo l’ingresso del figlio Stefano nella Società San Paolo. Erano molto felici per la scelta del figlio e del loro ingresso nell’Istituto di coppie.

Vincenza è stata per il nostro Gruppo un vero dono, persona di grande fede, gioiosa e generosa. Ha vissuto per la famiglia, i bambini, i poveri, gli ammalati e la preghiera. Molto legata ai suoi cari, marito, figlio, sorella gemella, fratello ed in particolare all’an-ziana mamma che assisteva con tanto amore.

Ai bimbi dedicò il suo lavoro: era insegnante di scuola materna. Possedeva un talen-to speciale nel tranquillizzare n bambini e renderli felici, li amava tanto ed era da loro riamata. Dedicò gli anni del pensionamento ai poveri. Oltre a quelli che seguiva privata-mente svolse con il marito Domenico presso la Caritas parrocchiale servizio di cucina e mensa a favore del poveri e famiglie bisognose, sempre generosa e disponibile nei turni anche se festivi. Amò gli ammalati in particolare quelli del nostro Gruppo sempre pre-sente e delicata in ogni circostanza.

Per oltre un mese, tutti i giorni, ha fatto visita ad una consorella ricoverata in ospe-dale. Settimanalmente ha visitato a domicilio un’altra consorella anziana, vedova e in-ferma. Con il marito era felice di trasportare con la loro auto i confratelli agli incontri mensili ed agli Esercizi spirituali fuori regione.

Ha amato la preghiera, sempre presente all’Eucarestia quotidiana nella Cappella dell’ospedale. Diceva spesso che dobbiamo pregare sempre, pregare in ogni modo; era molto devota della Madonna dei fiori di Bra, del suo sposo San Giuseppe e delle anime del Purgatorio. E’ sempre stata puntuale e fedele ai Ritiri mensili e alle Adorazioni not-turne che alcune consorelle del Gruppo praticano una volta al mese presso la cappella delle Suore Pie Discepole di Sanfrè. Vincenza è stata una autentica testimone paolina. Resterà sempre nei nostri cuori (Teresa Berrino del Gruppo ISF di Bra).

NELLA ANDREONI in RONDINA * 30/01/1931 - † 16/11/2016

del Gruppo di Lucrezia

La vita della nostra sorella Nella è stata sicuramente ricca di gioie e di sofferenze, come per ognuno di noi. Ma è stata anche tanta ricca di fede, di quella forza, di quel coraggio di affrontare la vita con la corona del Rosario sempre in mano.

Di questa fede noi siamo testimoni, nel cammino che, insieme al suo sposo Mario, ha percorso nell’Istituto Santa Famiglia. Dal 1984, anno in cui sono entrati a farne parte, non hanno mai abbandonato la sua spiritualità, il suo servizio alle famiglie, l’accoglienza di ogni giorno come dono di Dio per raggiungere la santità.

Cara Nella, adesso dal cielo insieme al tuo caro Mario e a tutti i fratelli e le sorelle dell’Istituto proteggi la tua famiglia, aiuta tutti noi a vivere sempre nella fede e nella misericordia (I fratelli del Gruppo di Lucrezia).

49Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Uniti nel suffragio e nell’intercessione

ANGELO FONTANA* 06/12/1933 - † 21/11/2016

del Gruppo di Lucrezia

Angelo è entrato a far parte dell’Istituto Santa Famiglia insieme alla sua sposa Irma nel 1975. Sono stati per noi un dono di Dio, sia per il Gruppo che per la comunità.

Angelo ci ha lasciato il giorno della presentazione della Beata Vergine Maria: umana-mente sembra una data come un’altra, spiritualmente possiamo dire che la Madonna è venuta a prenderlo in un giorno a lei dedicato per portarlo in Paradiso.

Grazie Angelo per la fedeltà che hai sempre dimostrato ai tuoi impegni e alla preghie-ra, ai servizi che svolgevi anche materialmente sia per il Istituto che per la comunità, specialmente la consegna della buona stampa alle famiglie. Il Signore ti ricompensi di tutto. Una volta arrivato fra le braccia di Gesù, Giuseppe e Maria ricordati e prega per tutti noi.

Grazie Angelo per tutto il bene che hai seminato fra noi; ti porteremo sempre nel no-stro cuore! (I fratelli del Gruppo di Lucrezia).

CARMELA SCALERA in LOBIFARO* 01/10/1936 - † 21/11/2016

Carmelina è volata in cielo, dopo quasi due anni di malattia, vissuti con la silenziosa tenacia di chi non vuole dare preoccupazioni agli altri, ma tentare ancora di donare un sorriso. Una colomba, serena portatrice di primavera e di pace. Possiamo delineare la sua personalità facendo l’acronimo del suo nome, C A R M E L A:

• Curata nel seguire i figli, con la famiglia e i bimbi che nei vari anni di insegnamento ha conosciuto e accompagnato nella crescita;

• Amabile di carattere, altruista, attenta al cammino intrapreso nell’Istituto rimanendo fedele agli appuntamenti con il Signore negli incontri prefissati per la crescita spirituale;

• Riservata, religiosa sin dalla giovinezza cui è seguita una maturità serena specie dopo il decesso del marito che era sempre pronto ad accompagnarla negli Esercizi spi-rituali;

• Moglie e Mamma amorevole ed esemplare con i figli e i nipoti che ha molto amati;• Empatica ed Eccezionale nello stabilire buoni rapporti con tutti; • Laboriosa e instancabile nel suo apostolato in parrocchia come catechista e verso

le famiglie del vicinato che riuniva nel mese di maggio e di ottobre per pregare la Madre celeste. Ad esse distribuiva le immagini con la preghiera “Cara e tenera mia Madre Ma-ria” che veniva sempre recitata a conclusione dell’incontro; • Allegra nei vari incontri e viaggi fatti insieme; sapeva sorridere con battute spiritose anche di alcuni episodi della sua vita che la facevano soffrire. Ha dato vera testimonianza di vita cristiana in cui Gesù era al centro di tutto. Il Signore le dia il premio e l’accolga nel suo Regno eterno. Ciao, Carmela, prega per noi (I fratelli del Gruppo di Gravina).

Uniti nel suffragio e nell’intercessione

50 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

ROMOLO NERONI* 19/12/1937 - † 12/12/2016

del Gruppo di Roma

Il 12 dicembre scorso il nostro caro Romolo ha lasciato questa dimora temporanea per andare ad occupare il posto che la misericordia del Signore gli aveva preparato da e per l’eternità.

Non è stata, per la verità, una chiamata del Signore improvvisa ed inatte-sa. Le primissime avvisaglie della malattia si sono palesate durante il pelle-

grinaggio a Lourdes nel lontano 1996, l’ultimo guidato dal nostro carissimo don Stefano Lamera, cui Romolo era, come tutti, particolarmente affezionato.

Il progredire della malattia è stato lento e costante, ma non gli ha impedito, per tanti anni ancora, di frequentare ed onorare gli impegni dell’Istituto con convinzione e orgo-glio di appartenenza, insieme alla sua sposa Virginia che lo ha accompagnato, curato e assistito fino all’ultimo minuto.

Con lei ha emesso la prima professione il 5 agosto 1993 a Lourdes e i voti perpetui il 1° novembre 1998 ad Ariccia. Sempre presente e attivo, finché ha potuto, sempre pron-to ad intervenire nei momenti di condivisione esprimendo il proprio pensiero in modo schietto e chiaro, ma rispettoso verso gli altri e sempre alla ricerca della verità. Aveva un cuore generoso, attento alle necessità degli altri e disponibile a sacrificarsi prendendosi carico delle difficoltà altrui.

Poi, inevitabilmente, è giunto il momento della rinuncia forzata delle attività e della sua presenza fisica; il suo mondo si è fatto man mano sempre più piccolo fino ad avere gli angusti confini di un letto. Infine, nel giorno in cui la Chiesa ricorda la Madonna di Guadalupe, è giunto alla sua tragica conclusione quello che era iniziato presso la Ma-donna di Lourdes. Ora, poiché il Signore parla a noi spesso attraverso i segni – non di rado definiti dall’uomo distratto dal clamore del mondo come semplici coincidenze – a noi piace pensare, anzi ne siamo certi, che il nostro Romolo, carissimo amico oltre che fratello in Cristo, sia stato accolto e accompagnato nel suo viaggio verso l’eternità dall’a-more premuroso e materno della Madonna, e a Lei sicuramente chiederà protezione e conforto per i suoi cari e in particolare per la sua sposa Virginia cui rivolgiamo un pen-siero e un abbraccio affettuoso (Mario e Fiorenza per il Gruppo di Roma).

PERLUIGI PASTORINI* 23/11/1952 - † 02/01/2017

del Gruppo di Canicattì

Pier Luigi, persona amata e stimata, dolce e gentile ma soprattutto umile, è venuto a mancare all’affetto della sua famiglia e dell’Istituto una fredda mattina dei primi giorni dell’anno nuovo. La triste notizia improvvisa ha la-sciato tutti nel silenzio e nello sgomento.

Entrato a far parte dell’Istituto Santa Famiglia insieme all’adorata moglie

51Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Uniti nel suffragio e nell’intercessione

Maria Carmela nel novembre 2008, si è subito messo a disposizione mostrandosi aperto al dialogo, competente e socievole con tutti. Il sorriso era il suo segno distintivo e lo ricorderemo allegro e affettuoso, sempre accanto alla sua dolce consorte. Emettendo i voti perpetui in maggio 2015 a Briatico, ormai vicino alla pensione, espresse il desiderio di servire sempre la sua parrocchia e l’Istituto.

Prezioso membro e compagno di viaggio, adesso da lassù sarà valido aiuto tra i santi in cielo. Continuerà a lavorare instancabilmente per tutti i suoi cari, allietando col suo sorriso il Paradiso. Fede e amore per il prossimo è l’eredità che ci lascia e che custodi-remo sempre nel cuore (I fratelli del Gruppo “Gesù Maestro” di Canicattì).

MARIA PIA D’AMANZO in PATI* 27/11/1919 - † 15/01/2017

del Gruppo di Veglie

La nostra sorella Pia ci ha lasciati dopo una lunga vita, per raggiungere il suo sposo in Paradiso. Infatti, insieme al marito Damiano erano stati una delle prime coppie di Veglie a rispondere alla chiamata di entrare a far parte dell’Istituto Santa Famiglia, fondato dal beato Giacomo Alberione.

Pia portava sempre con sè la corona del Rosario che recitava continua-mente e diceva sempre: “Io prego per tutti”. Quando non ha più potuto partecipare agli incontri di formazione e fraternità ha continuato a sostenerci con la preghiera per la santità del gruppo, per i sacerdoti e la comunità.

Nella vita della nostra sorella non sono mancati momenti di sofferenza e difficoltà, ma lei ha sempre accettato la volontà del Signore con coraggio perchè era una mamma e una nonna forte nella fede. Adesso che ha potuto riabbracciare tutti i suoi cari in Pa-radiso, sappiamo di avere con certezza un angelo in più che ci protegge e ci indica, con il Rosario in mano, la via sicura verso la salvezza.

Vogliamo ringraziarla per l’esempio che ci ha dato e per la forte testimonianza di vita che ci ha lasciato. Siamo convinti che la nostra cara sorella Pia da lassù continuerà a vegliare e a proteggere tutti; anche noi non la dimenticheremo mai nel ricordo e nella preghiera (Concetta e Giuseppe del Gruppo di Veglie).

nOvITà lIbRI E FIlM

GESÙ UN PROFETA DI STRADA

Sfogliando il vangelo oggiBeatrice Immediata - Sugarco

Attraverso uno stile leggero ed essenziale, l’Au-trice ripercorre le strade della Palestina e rac-conta gli eventi del Vangelo che accaddero tanti

secoli fa. Di pagina in pagina i luoghi messianici come Nazaret, Betlemme, Cafarnao, Gerusalem-me… si riaffacciano dal passato, quasi che il presente lasci posto alla memoria che restituisce quel tempo e quei fatti lontani.Il racconto si snoda senza dimen-ticare aspetti di cronaca contem-poranea, che stridono vistosa-mente con i principi di questa «buona novella» del Vangelo che attraversa i secoli. Né mancano interessanti osservazioni su fram-menti di storia giunti fino a noi come il telo della Sindone.Sono tessere di un intero mosaico che raccontano una grande storia d’amore: la storia di un Dio che si fa uomo per condividere il nostro cammino.

CON QUESTE MIE MANIVia Crucis sempliceEdizioni San Paolo

Una Via Crucis il-lustrata con dise-gni di sole mani per raccontare figurativamente che “la passione delle mani di Cri-

sto” è l’atto conclusivo di un’in-cessante attività di guarigione e benedizione: mani che hanno guarito, che hanno spezzato il pane, mani che hanno benedetto e accarezzato i bambini, che sono state trafitte...

Una Via Crucis semplice, fatta di testi essenziali della Scrittura e di preghiere per affidarsi total-mente a quelle mani.

NÉ ASINO NÉ RECapire i figli

e fare la cosa giustaOsvaldo Poli – San Paolo

I giudizi dei geni-tori sui propri figli rischiano a volte di peccare in obietti-vità ed equilibrio, con il pericolo di condizionarne ne-gativamente la cre-

scita: “Mio figlio è un re: bravo, intelligente, ordinato, educato, un genio del computer. Mio figlio è un asino: sbaglia sempre, non capisce, va male a scuola, è un imbranato”.Osvaldo Poli, psicologo e psico-terapeuta tra i più noti in Italia, aiuta i genitori a maturare la “prudenza educativa”, ossia la capacità di guardare ai propri figli con occhio lucido e realista: non una dote innata, ma piuttosto una virtù che va educata.

MENO MALECHE CI SONO LE MAMME!

Tommaso Montini – Paoline

Libro nuovo, non una riedizione del Bambinese, parla di bambini, ma questa volta parlano anche le mamme. Il tema sono i bambini e

la maternità, ma il protagonista vero è l’amore materno. L’autore ha raccolto centinaia di lettere sulla sua pagina Facebook a cui ha risposto sul social. Nelle sue risposte c’è la competenza del tecnico, ma molto di più la voce calda di un amico di fami-

glia. Sono consigli, spesso spie-gazioni, a volte aneddoti, dati con empatia.Gli argomenti sono quelli clas-sici, tra i quali: il primo anno di vita: allattamento, sonno...; dal secondo al terzo anno: i capricci e le difficoltà educative; il vasi-no; i fratellini; casi particolari: il bimbo che non parla, quello ag-gressivo.

A RITMO DI VANGELOVivere il tempo

di Quaresima e PasquaMariangela Tassielli –Paoline

Il testo è com-posto da una parte più arti-colata per ogni domenica del tempo liturgico di Quaresima e Pasqua, e da sezioni più brevi

– quasi fossero sms – per ogni giorno, ispirate al Vangelo quo-tidiano.Per ridare fiato ai polmoni abbia-mo bisogno di fare una piccola pausa, con più consapevolezza e passione: Quaresima e Pasqua sono una possibilità per fermar-ci a tu per tu con Dio, per ridare energia alla nostra fede.

SPUDORATA CASTITÀCos’è, come si vive,come ci guarisce

Giuseppe Forlai – San Paolo

A far l’amore s’impara.... e a essere casti pure, ma all’inizio sia dell’una che dell’altra parte ci deve essere un dono che ci sor-

prende e che ci disciplina nel tempo. Oggi la castità cristiana non è

Libri

52 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

nOvITà lIbRI E FIlM

Libripiù considerata un valore; no-nostante ciò rimane, insieme all’accettazione della morte, uno dei pochissimi modi per rimane-re persone.Attingendo soprattutto alla tra-dizione dei Padri monastici, don Giuseppe Forlai dà voce allo “spudorato” bisogno che la nostra società post-umana ha della castità evangelica quale realtà praticabile da tut-ti i battezzati, sia come scelta fatta per tutta la vita, sia come condizione periodica (fidanza-mento, vedovanza, malattia del coniuge, ecc.).

LA VIA DELLA FELICITÀI comandamenti dono dell’amore

del PadreMario Paciello – San Paolo

Il Decalogo non è un elenco di proibizioni, ma una sorta di se-gnaletica che ci aiuta a vivere in pienezza la no-stra esistenza e a percorrere la via

della felicità. Dio vuole la felici-tà dell’uomo e i Comandamen-ti sono la prova del Suo amore eterno; ma in tempi di edonismo sfrenato e di relativismo, anche i cristiani rischiano di non com-prendere appieno la grandezza di questo dono. Non è un caso che, spesso, anche chi si accosta periodicamente al confessionale, non sa di che cosa chiedere perdono al Signore, per-ché non sa in che cosa ha sba-gliato. È da quest’ultima constatazione che nasce questo volume che è una rilettura del Decalogo, scrit-ta in un linguaggio semplice e immediato, per aiutare credenti e non credenti a riconoscere il male, evitarlo, e imboccare la via del bene.

ALLE SORGENTI DELLA GRAZIAGioia e gratitudine nel Vangelo

A.M. Canopi - Paoline

Il volume racco-glie commenti e riflessioni di A.M. Cànopi su testi dei Vangeli. La prima parte riporta brani che

hanno per tema Gesù, inviato dal Padre, «perché la vostra gioia sia piena», e i racconti e le parole di gioia nei Vangeli.La seconda parte mette in eviden-za i canti di gratitudine nei Vange-li (Magnificat, Benedictus, ecc.) come anche i gesti di gratitudine verso Gesù da parte di coloro che hanno ricevuto grazia e le esorta-zioni del Maestro alla gratitudine a Dio per i suoi benefici. Ogni bra-no è accompagnato da una breve ma densa riflessione, e a conclu-sione una toccante preghiera che il lettore è invitato a fare sua.

VIENI FUORI!Tornare alla vita vera

Gennaro Matino – San Paolo

L’Autore accom-pagna il lettore nel cammino di conversione che la Pasqua rap-presenta per ogni cristiano. Punto di partenza per le riflessio-

ni dell’autore sono le tematiche proprie della Quaresima: il di-giuno, la preghiera, la carità, la penitenza. Matino si sofferma poi su quattro brani fondamentali del Vangelo di Giovanni: la notte di Nicodemo (Gv 3,1-21), la Sama-ritana (Gv 4,1-42), il Cieco nato (Gv 9,1-41) e Lazzaro (Gv 11,1-44). “Vieni fuori!” è infatti il grido di Gesù sulla tomba di Laz-zaro, è il richiamo dell’amore di Dio che sgrida la morte e riporta

l’uomo e il mondo intero alla vita. Quella vera. Quella che ci con-sentirà di comprendere appieno la gioia della Pasqua.

QUANDO I FIGLI LASCIANOIL «NIDO»

Lisa O. Engelhardt - Paoline

Quando un figlio decide di lasciare la casa dei geni-tori per vivere per conto proprio può causare un mo-mento di sofferen-za e di difficoltà

per il distacco che ciò comporta. Lo scopo di questo libretto è aiu-tare a comprendere che i figli deb-bono crescere, maturare e diven-tare autonomi, capaci di gestire la loro vita pur restando fedeli ai valori e agli affetti della famiglia di origine. E suggerire ai genitori di coltivare i loro interessi cultu-rali, le relazioni, a cominciare dal rapporto all’interno della coppia.

GENERAZIONI DIGITALIConsigli per genitori e formatoriSanavio e Busetto – San Paolo

Il fenomeno del cyberbullismo è in costante aumen-to, ma la causa di questo tipo di azioni scorrette e nocive va spesso ricercata all’ester-

no del cyberspazio, attraverso un paziente lavoro di ascolto del sin-golo e di attenzione all’ambiente circostante. Adolescenti digitali non si limita a fornire una sempli-ce casistica o delle regolette buo-ne per ogni occasione, ma traccia invece un percorso che offre al formatore o al genitore una gri-glia per modulare in maniera più consapevole i propri interventi formativi. Tale percorso si snoda

53Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

Film

IO, ARLECCHINORegia: M.Bini e G.Pasotti

Anno 2014

Paolo, noto conduttore di un talk show televisivo pomeridiano, viene raggiunto a Roma da una telefonata che gli comunica che il padre Giovanni è stato ricoverato in ospedale. Costretto a tornare nel piccolo villaggio medievale di Cornello del Tasso, in provincia di Bergamo, Paolo scopre che il padre è gravemente ammalato. Giovanni, ex attore teatrale e famoso Arlecchino, manifesta il desiderio di voler spendere gli ultimi mesi della sua vita continuando a recitare con la piccola compagnia teatrale del paese, mettendo in scena spet-tacoli di Commedia dell’Arte. Il ritorno al paese, ed il contatto con il padre e il suo mondo, porteranno Paolo a ricucire un rapporto con le sue origini, a ridefinire la sua identità e a riscoprire il tesoro artistico rappresentato dal personaggio di Arlecchino, del quale si troverà

a vestire i panni. Una favola moderna che racconta la storia di un padre e di un figlio, avvolta dalla magia del personaggio di Arlecchino e della tradizione della Commedia dell’Arte italiana che tutto il mondo ci riconosce.

nOvITà lIbRI E FIlM

attraverso quattro fasi: ascolto, simbolizzazione, riappropriazione e fase autonormante. L’obiettivo è fornire a genitori e formatori gli strumenti adatti a intervenire in prima persona, senza – ove pos-sibile – l’aiuto di figure esterne, e permettere loro di condurre i ragazzi a individuare autonoma-mente delle strategie d’uscita.

VERSO LA PIENEZZAVirtù

Vito Spagnolo – San Paolo

L’uomo è chiama-to a fare il bene. L’uomo virtuoso è colui che pratica il bene: ha intuito la sua identità, ha fatto esperienza dell’amarezza del

male e ha deciso di orientare defi-nitivamente pensieri, sentimenti e azioni verso il Bene sommo che è Dio. Intraprende quindi un cammi-no stupendo, nel corso del quale cresce di virtù in virtù; se cade, si alza e cammina ancora più spedi-to, gioioso e forte.Da una parte riceve l’aiuto divino, con la grazia delle virtù teologali; dall’altra mette in moto le proprie potenzialità per il raggiungimen-to del bene con le virtù cardinali.

L’umiltà lo mantiene nella verità, capace di riconoscere i doni di Dio e la propria miseria e di deci-dere di «camminare umilmente» con Lui (Mic 6,8) verso la pienez-za che desidera.

IL MIO PSICOLOGOSI CHIAMA GESÙ

La Parola insegna una via in grado di renderci più sereni

Carlo Nesti – San Paolo

A quasi dieci anni dalla pubblicazio-ne, Il mio psicolo-go si chiama Gesù è ormai un classi-co della spiritua-lità contempora-nea. Il segreto di

questo successo è da ricercarsi nell’aver coniugato fede e psico-logia, Vangelo e riflessioni per-sonali; il tutto con un linguaggio semplice e mai banale.Alla base del libro c’è la certezza che solo Gesù può lenire i mali della nostra anima e se non am-mettiamo che non possiamo fare a meno di Dio e non custodiamo, dentro di noi, la sicurezza nella fe-licità assoluta non guariremo mai.Questa edizione prevede nuovi paragrafi che riprendono un bra-no della Bibbia e un commento

di Carlo Nesti attinente al tema trattato.

IL LIBRO DI PREGHIEREDELLA BIBBIA

Come pregare i salmi oggiD. Bonhoeffer – San Paolo

Si tratta dell’ulti-ma opera pubbli-cata da Bonhoef-fer prima che il regime nazista gli imponesse il si-lenzio. Dato alle stampe nel 1940,

si tratta del libro dei Salmi com-mentato da Bonhoeffer con uno scopo preciso: offrire ai giovani un’iniziazione alla preghiera. Un volume che nasce dall’esigen-za, sempre più sentita in quegli anni drammatici, di un servizio da rendere alla comunità, e in cui emerge l’anima più profonda del grande teologo teso a comunicare l’esigenza della radicalità cristia-na, come affermazione della più autentica pienezza umana.A 75 anni dalla sua prima pub-blicazione, questo testo mantie-ne la sua forza originaria e rimane un perfetto viatico per chiunque voglia avvicinare il mistero della preghiera nel testo biblico.

Libri

54 Gesù Maestro Gennaio-Febbraio-Marzo 1-2017

ATTENZIONE – Accogliendo l’espresso desiderio di molti membri della “Santa Famiglia” per continuare a offrire un contributo, secondo le proprie possibilità,

all’Istituto e all’Opera di S. Giuseppe di Spicello, comunichiamo le modalità di offerta:

Conto corrente postale intestato a “Istituto Santa Famiglia” - n° 95135000conto intestato a “Santuario San Giuseppe” - n° 14106611

Banca di Credito Cooperativo di Roma - Agenzia n. 1 - c/c bancario “Istituto Santa Famiglia”IBAN: IT34K0832703201000000034764

Banca di Credito Cooperativo del Metauro - c/c bancario “Santuario San Giuseppe”IBAN: IT60d0870068470000010199980

IL VALORE DELLA SANTA MESSA

«Niente è più grande dell’Eucaristia!... Quando noi vogliamo liberare dal Purgatorio una persona cara e invocare la benedizione sulle nostre famiglie, offriamo a dio il santo Sacrificio del suo Figlio diletto, con tutti i meriti della sua passione e della sua morte. Egli, dio Padre, non potrà non ascoltarci…» (Santo Curato d’Ars).

OPERA SANTE MESSE PERPETUE

Si tratta di 2400 Messe che ogni anno vengono celebrate dai Sacerdoti Paolini per tutti gli iscritti vivi e defunti. Tale Opera è stata voluta da don Giacomo Alberione come segno di riconoscenza verso tutti coloro che aiutano gli apostolati della Famiglia Paolina.

Norme per l’iscrizione 1. Ogni iscrizione si riferisce a una singola persona, sia viva che defunta. 2. Per ogni iscritto si rilascia una pagellina-ricordo con il nome e la data d’iscrizione. 3. Gli iscritti godono del beneficio di sei Sante Messe che ogni giorno vengono cele-

brate esclusivamente per loro. 4. L’offerta per ogni iscrizione è di Euro 20,00 ed ha valore perpetuo.

Celebrazione di Sante Messe • Celebrazione di Sante Messe secondo le intenzioni dell’offerente: ? 10,00. • Celebrazione di un Corso di Messe Gregoriane l’offerta è di ? 350,00.

Inoltrare le prenotazioni delle intenzioni di Messe all’Istituto “Santa Famiglia”Circonvallazione Appia 162 – 00179 ROMA – ccp n. 95135000.

ISTITUTO“GESù SACERDOTE”ISTITUTO“SANTA FAMIGLIA”

Due Istituti Paolinidi Vita Secolare Consacrata,aggregati alla Società San Paoloe parte integrante della Famiglia Paolina,nati dal cuore apostolicodel beato Giacomo Alberione,che si propongono come ideale la santità della vita sacerdotale e familiaree come missione specifical’annuncio di Cristo MaestroVia, Verità e Vita.


Recommended