Facoltà di Agraria Università di Pisa
Corso di Laurea di I livello “Gestione del verde urbano e del paesaggio”
Insegnamento di
“Tecniche di comunicazione”
Dispensa di approfondimento
Anno Accademico 2003/2004
Docente
Dott.ssa Patrizia Mariani
Presentazione
Perché un insegnamento di “Tecniche di comunicazione” in Facoltà di Agraria? La risposta è semplice: l’avere padronanza di saperi e competenze comunicative rappresenta una delle tante sfide della “nuova Università”. Essere capaci di comunicare, in forma scritta ed orale, significa esprimersi con chiarezza, capacità di analisi e di sintesi, presentarsi in una forma accattivante e stimolante, evitare incomprensioni, creare l’impatto adeguato alle proprie espressioni. E lo Studente di Agraria DEVE essere in grado, nel suo percorso accademico (per affrontare con sicurezza un esame spesso occorre saper coniugare una solida preparazione tecnica e scientifica con una adeguata capacità di esposizione) e poi al momento dell’inserimento nel mercato del lavoro di disporre di opportuni ed efficaci strumenti di comunicazione. E’ in tale spirito che si colloca il presente testo: si tratta di appunti preparati dalla Dottoressa Patrizia Mariani, apprezzata professionista e Docente a contratto dell’Insegnamento di “Tecniche di comunicazione” del Corso di Laurea in Gestione del verde urbano e del paesaggio della Facoltà di Agraria di Pisa: si tratta di uno strumento prezioso per iniziare l’esplorazione di questa importante disciplina, scritto in forma chiara e ricco di esempi. Sono certo che gli Studenti apprezzeranno lo sforzo, così come hanno gradito l’impostazione con la quale la Docente ha dato vita alle lezioni accademiche.
Prof. Giacomo Lorenzini Presidente del CdL Gestione del
verde urbano e del paesaggio Università di Pisa
DISPENSA DI APPROFONDIMENTO
Dispensa 1: Gli elementi della comunicazione
Dispensa 2: La comunicazione interpersonale
Dispensa 3: La comunicazione interpersonale:
• Il colloquio di selezione del personale
• Tecniche di preparazione al colloquio di lavoro
• Il curriculum vitae
Dispensa 4: La comunicazione nelle Organizzazioni
Dispensa 5: La società dell’informazione: concetti, prospettive,
problematiche
GLI ELEMENTI DELLA COMUNICAZIONE
Gli elementi della comunicazione 2
INDICE
1. LA DINAMICA DELLA COMUNICAZIONE
2. COMUNICAZIONE E LINGUAGGIO
3. ELEMENTI COSTITUTIVI DELLA COMUNICAZIONE UMANA
3.1 EMITTENTE
3.2 RICEVENTE
3.3 CANALE
3.4 CODICE
3.5 CODIFICA E DECODIFICA
3.6 FEEDBACK
3.7 CONTESTO
3.8 MESSAGGIO
4. I MODELLI TEORICI DELLA COMUNICAZIONE
4.1 IL MODELLO TRADIZIONALE O LINEARE
4.2 IL MODELLO INTERATTIVO
4.3 IL MODELLO DIALOGICO
Gli elementi della comunicazione 3
1 LA DINAMICA DELLA COMUNICAZIONE
La comunicazione è un elemento essenziale di molti aspetti della nostra esperienza quotidiana ed
avviene in ogni ambito dei rapporti tra le persone, sia fra due individui sia a livello di gruppi.
La comunicazione ha molti scopi; generalmente ogni interazione comunicativa ha una combinazione di
scopi e può produrre una combinazione di risultati.
Scopi della comunicazione interpersonale:
IMPARARE Acquisire conoscenze su se stessi, gli altri ed il mondo; apprendere abilità
RELAZIONARSI Stabilire, mantenere e migliorare le relazioni interpersonali
INFLUENZARE Controllare, manipolare, persuadere e dirigere
GIOCARE Evadere, rilassarsi e divertirsi
AIUTARE Consolare, provvedere ai bisogni altrui e essere di sostegno
La comunicazione umana può essere descritta in modo schematico come un’interazione dinamica fra un
emittente di un messaggio ed un ricevente, mediata da alcuni passaggi che vanno dalla codifica del
messaggio alla scelta del canale di trasmissione da parte dell’emittente, alla decodifica del messaggio
ricevuto da parte del ricevente, alla sua interpretazione, alla ricodifica in termini di risposta e rinvio al
destinatario, il tutto seguendo la logica grafica espressa dalla figura sotto riportata.
Gli elementi della comunicazione 4
La forma ovale che racchiude l’intero processo sta ad intendere lo stretto legame interattivo che si viene
a determinare fra emittente e ricevente: la relazione sociale. I processi vanno intesi in senso sincronico,
in quanto fra chi parla e chi ascolta i ruoli sono continuamente riscritti e nulla garantisce che il processo
segua una logica lineare.
Il messaggio è inizialmente l’idea, la visione della realtà che abbiamo dentro la nostra testa e che
intendiamo comunicare e condividere con gli altri con finalità lavorative o puramente affettive; la
codifica è la trasformazione dell’idea in segni convenzionalmente riconosciuti, ossia i codici di
comunicazione, che consentono al messaggio di strutturarsi in termini espressivi comprensibili ai
diversi soggetti coinvolti nella comunicazione.
Il codice più conosciuto è sicuramente quello linguistico. Esso attiene alla capacità che le persone hanno
di saper produrre e saper interpretare il linguaggio verbale parlato, cui si unisce un’abilità non verbale
non secondaria, la paralinguistica, che attiene ad un saper produrre e un saper interpretare in modo
efficace ed adeguato tutti gli elementi del linguaggio che concorrono a modellarlo in un senso o in un
altro, sia esso positivo o negativo; ne sono un esempio l’enfasi data ad alcune parole o frasi, l’uso delle
esclamazioni e delle pause, che insieme danno colore e senso alla comunicazione verbale.
Codifica
Interpretazione
Decodifica
Decodifica
Interpretazione
Codifica
EMITTENTE RICEVENTE
MESSAGGIO
FEEDBACK
Paralinguistica Modalità di emissione vocale come il tono, il timbro, l’altezza ed il ritmo della voce.
Gli elementi della comunicazione 5
Accanto alle abilità linguistiche e paralinguistiche troviamo i codici di comunicazione non verbale, che
svolgono la stessa funzione della paralinguistica, ossia concorrono a modellare il contenuto di senso
della comunicazione e, in alcuni casi, a sostituirsi interamente alla stessa comunicazione verbale. Siamo
nel campo della cinesica e della prossemica. La prima attiene alla capacità di comunicare tramite la
mimica del volto, l’uso dello sguardo, il movimento del corpo, i gesti delle mani, ecc.; la seconda
attiene alle regole che governano la distanza fisica da tenere fra le persone, il contatto corporeo, ecc.
Queste abilità, seppur diversamente codificate da cultura a cultura (anche all’interno di una stessa
società), si possono ritenere patrimonio di tutti gli individui, anche se sono usate con diverso grado di
competenza e di consapevolezza da parte delle singole persone. Se a tali elementi sommiamo altre
competenze comunicative, quali la performativa, ossia la capacità di usare intenzionalmente per
determinati scopi gli strumenti della comunicazione verbale e non verbale, la pragmatica, ossia la
capacità di usare la comunicazione verbale e non verbale in modo adeguato agli scopi e alla situazione,
la socioculturale, intesa come capacità di rapportarsi correttamente ai ruoli e alle situazioni sociali, ci
rendiamo conto della complessità del processo comunicativo umano, e dell’importanza che riveste nella
vita di ogni giorno. Padroneggiare tali strumenti significa comunicare secondo una intenzionalità di
senso strutturato a nostro vantaggio.
Il mondo non è una realtà oggettiva che sta di fronte a noi, ma è qualcosa che costruiamo
quotidianamente insieme agli altri attraverso un processo simbolico e comunicativo che ci conduce
verso una possibile condivisione dei significati sugli oggetti, sui fatti e sugli eventi. Ciò, oltre a creare
un’interazione relazionale forte e positiva, consente anche di lavorare meglio insieme agli altri in un
percorso ed in un progetto di cambiamento continuo della realtà e di noi stessi.
Cinesica Espressioni del corpo come movimenti, gesti, posizioni ed espressioni del volto, intesi come mezzi di comunicazione
Prossemica
Studio dei contenuti comunicativi delle relazioni spaziali fra le persone in diverse situazioni sociali.
Gli elementi della comunicazione 6
Per avere comunicazione occorre una condivisione da parte dell’emittente e del ricevente dello stesso
significato attribuito alle situazioni sociali, ai fatti, agli eventi e alle condizioni relazionali oggetto della
comunicazione. Nella comunicazione interpersonale è relativamente più facile cercare di instaurare e
conservare tale forma di relazione con l’altro; l’interazione faccia a faccia consente di monitorare
costantemente gli elementi della comunicazione verbale e non verbale, messaggi e feedback, delle
persone in modo tale da mantenere un efficace scambio comunicativo con gli altri. Nella comunicazione
di massa ciò è più difficile in quanto i feedback sono indiretti, deduttivi ed eterogenei.
Il feedback è l’informazione che torna all’emittente a seguito della sua azione comunicativa. Esso è originato dal
ricevente; la sua funzione è di informare l’emittente del senso e del significato, appreso e condiviso dal ricevente,
dell’idea inizialmente comunicata. Il feedback può tornare all’emittente utilizzando gli stessi canali di codifica
attraverso cui si è strutturato il messaggio iniziale, può fare uso dei medesimi codici di comunicazione come
quelli orali, grafici, sonori, ecc., può essere immediato come nella comunicazione faccia a faccia o seguire tempi
di risposta diversi.
L’articolazione dei messaggi e dei feedback può essere più o meno dinamica e dialettica fra le persone. Quanto
maggiore sarà l’alternanza fra messaggi e feedback, tanto maggiore sarà la possibilità di giungere ad una
condivisione, fra due o più soggetti, dei medesimi significati sugli oggetti, sulle relazioni e sulle diverse
situazioni della vita quotidiana.
La comunicazione, pertanto, connota, caratterizza e struttura i rapporti con le altre persone e con la realtà
circostante. Ogni forma d’interazione è un’azione comunicativa rivolta ad altre persone, che modella il mondo
sociale e lo modifica, dando direzione progettuale all’intera azione umana.
2. COMUNICAZIONE E LINGUAGGIO
Il linguaggio, il mezzo attraverso cui si interagisce con le altre persone trasmettendo informazioni,
sensazioni, stati d’animo ed emozioni, è oggetto di studio di antica tradizione nelle scienze umane, in
particolare della filosofia. Fin dalla classicità greca l’attenzione è stata prestata al linguaggio inteso
come strumento attraverso cui avviene il processo comunicativo. La stessa comunicazione, infatti, si
struttura in linguaggio, intendendo quest’ultimo quale medium o codice, o un insieme di codici verbali e
non verbali, che consente di trasmettere informazione, di conservarla nel tempo e nello spazio e di
rielaborarla.
Gli elementi della comunicazione 7
Il linguaggio è un insieme di segni verbali e non verbali che costituisce il veicolo principale della
comunicazione umana. Esso consente la trasmissione di significati tra uomo e uomo, in quanto,
attraverso tale facoltà, si esprimono conoscenze, sentimenti, bisogni e pensieri. Il linguaggio verbale è il
principale strumento della comunicazione umana ed è sostanzialmente fonetico/auditivo, ma si avvale
anche di una componente visiva necessaria sia per l’ambito mimico/gestuale dell’interazione
comunicativa umana sia per la scrittura. Il linguaggio può essere spontaneo, come per gli animali,
oppure convenzionale. In questo ultimo caso il linguaggio in senso stretto deve essere inteso come
specifica facoltà umana di usare segni per esprimere, comunicare e condividere con le altre persone
sensazioni, conoscenze e sentimenti.
La comunicazione è un’esperienza intersoggettiva di vitale importanza per l’uomo, diventata oggetto di
studio autonomo delle scienze del comportamento, quali la sociologia, la psicologia, l’antropologia,
solo nel corso del novecento. Tale rilevanza, registratasi in modo crescente nel corso del ventesimo
secolo, ha coinciso, da un lato, con l’aumento quantitativo delle informazioni che circolano all’interno
della società, dall’altro con la riduzione qualitativa degli scambi comunicativi fra le persone.
La comunicazione svolge funzioni di integrazione sia per i sistemi micro-relazionali (famiglia, lavoro,
gruppi informali e gruppi amicali, ecc.), sia per il sistema sociale nel suo complesso. La comunicazione
interpersonale si propone nei termini di una dinamica interattiva fra le persone in grado di rispondere a
tutta una serie di bisogni umani: bisogni di tipo fisico, bisogni di identità, bisogni sociali, bisogni di tipo
pratico o strumentale.
La presenza o l’assenza di comunicazione può determinare, nelle persone, l’insorgenza di situazioni di
vera e propria sofferenza fisica, di malattie e anche di morte prematura. Attraverso la comunicazione si
definisce il senso di identità degli individui, si impara a riconoscersi sulla base delle interazioni che si
hanno con gli altri, e soprattutto con gli “altri significativi” quali genitori, amici e persone per noi
importanti. La comunicazione soddisfa i bisogni di appartenenza delle persone ad un gruppo, una
comunità, una famiglia, una nazione, ecc., determinando il grado e la dimensione dei coinvolgimenti
emotivi, affettivi, relazionali di ciascuno e le azioni sociali conseguenti. Infine la comunicazione
soddisfa bisogni di tipo pratico o strumentale, consentendo lo svolgimento di una ordinata vita sociale.
Linguaggio Facoltà umana di esprimere e comunicare conoscenze, pensieri, bisogni e sentimenti attraverso l’uso di segni e simboli.
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Le dinamiche comunicative si sviluppano fra le persone nei diversi contesti organizzativi e relazionali:
famiglia, scuola, azienda, organizzazioni sociali in generale, società nel suo complesso, piccoli gruppi
informali, organizzati, istituzionali, lavorativi, ludici. L’indagine psico-sociale investe sia i sistemi di
comunicazione verbale, quelli che si basano sull’uso dei linguaggi naturali, sia i sistemi di
comunicazione non verbale, costituiti dai gesti delle mani, dai movimenti e dalle posture del corpo,
dalle espressioni del viso, ecc.
A seguito dello sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa i sistemi di comunicazione iconica hanno
accresciuto la loro portata simbolica e strutturante per l’esperienza intersoggettiva e per
l’organizzazione della vita sociale. Nonostante ciò, i sistemi di comunicazione verbale restano di gran
lunga più importanti nel determinare i processi, le dinamiche e gli esiti delle interazioni significanti fra
le persone e le istituzioni.
La comunicazione interpersonale va analizzata come esperienza di vitale importanza per l’esistenza e
l’integrazione dei sistemi psico-sociali individuali (le persone in quanto tali) e per le organizzazioni
relazionali nel loro complesso, sia informali sia istituzionali. Un’ulteriore conferma di ciò ci viene dalla
pragmatica della comunicazione umana e dal suo intendere la relazione come interazione sistemica.
L’approccio proposto indaga prevalentemente i processi e le dinamiche della comunicazione
interpersonale, soprattutto riguardo alle interazioni faccia a faccia, senza ignorare, per estensione, la
dimensione della comunicazione mediata e di massa. La scelta parte dalla consapevolezza
dell’importanza della dimensione classica ed elementare della comunicazione, intesa come scambio di
segni e simboli significanti fra due o più persone in relazione fra loro allo scopo di realizzare una
condizione di interazione compartecipata di senso e di significato. Tale dimensione relazionale resta il
fondamento strutturale indispensabile per analizzare ogni tipo di azione comunicativa, anche quella
Comunicazione di massa Processi di comunicazione diffusi dai mass media e rivolti ad un numero di destinatari indifferenziati e potenzialmente illimitati.
Comunicazione interpersonale Processo di comunicazione verbale e non verbale tra due o più persona compresenti o mediata da telefono o computer.
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mediata dall’uso dei mass media (stampa, radio, televisione) o impostasi dall’introduzione delle nuove
forme di relazionalità comunicativa proprie dell’attuale epoca della rivoluzione elettronica e telematica.
Mass media Strumenti tecnologici che hanno determinato l’estensione della comunicazione su larga scala, riducendo od annullando la dimensione spazio temporale.
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3. ELEMENTI COSTITUTIVI DELLA COMUNICAZIONE UMANA
3.1 EMITTENTE
L’emittente, o fonte, è il soggetto, l'oggetto, il gruppo o l’istituzione che emette il messaggio, dando
avvio all’azione comunicativa. L’emittente produce un messaggio che rende manifesto ad altri
conoscenze, pensieri, bisogni o sentimenti. Tale azione si struttura intorno ad un contenuto informativo
rivolto ad altri individui. Alcuni studiosi associano una forma di intenzionalità all'emittente, escludendo
dunque la possibilità che esso possa essere un oggetto, e lo definiscono come una persona che ha un
obiettivo, una ragione per entrare in comunicazione.
Sottolineare l'elemento dell'emittente all'interno del processo comunicativo, significa quasi
inevitabilmente pensare alla comunicazione come a un processo lineare, dove un soggetto produce un
messaggio e lo invia verso il ricevente che ne subirà l'effetto. È ciò che viene suggerito da alcuni dei più
classici schemi di lettura della comunicazione, come quello di Laswell, quello di Shannon & Weaver, e
anche dal più antico approccio allo studio della comunicazione, ovvero la retorica, l'arte del persuadere.
LASWELL
Alcuni affermano che il moderno studio della comunicazione sia nato quando Laswell ha coniato una descrizione dell'atto comunicativo basata sulle seguenti domande:
• chi? • dice cosa? • a chi? • attraverso quale canale? • con quale scopo?
Questo modo di leggere la comunicazione è solo apparentemente banale: in realtà riflette l'idea che un emittente strategico e avveduto possa disegnare e strutturare un messaggio a cui il ricevente non può "resistere". E' un approccio non equilibrato dal lato del ricevente. Le riflessioni di Laswell sono infatti datate poco dopo la fine della II Guerra Mondiale, e rispondono alle preoccupazioni create dall'effetto che i mass media avevano avuto nella crescita dei regimi dittatoriali della prima metà del novecento. Il rischio principale individuato da Laswell si concretizzava nel pericolo che una fonte autorevole potesse, attraverso la comunicazione, "mettere" idee o opinioni direttamente nella mente di un gran numero di persone acritiche e passive.
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SHANNON & WEAVER - La teoria dell'informazione
Più o meno negli stessi anni in cui Laswell pubblicava i suoi studi, nei laboratori della Bell Telephone Laboratories, alcuni ricercatori cercavano di comprendere come si potesse aumentare l'efficienza e la fedeltà della trasmissione del messaggio telefonico. La loro attenzione era rivolta a focalizzare l'efficienza e l'efficacia della trasmissione di un messaggio attraverso un canale, senza attenzione al contenuto del messaggio stesso. Da questi studi ha tratto origine il fortunato schema della comunicazione di Shannon e Weaver (1949), che ancora oggi rappresenta il più utilizzato punto di partenza degli studi in questo campo. Rumore è qualsiasi cosa di involontario che disturbi la decodifica di un messaggio. Il rumore si può manifestare sia a livello tecnico (i disturbi nella ricezione di una stazione radio, ad esempio) sia a livello semantico, come distorsione del significato del messaggio dovuta a differenze o incompatibilità di codici linguistici, culturali, psicologici, ecc.
LA TRADIZIONE RETORICA La retorica è la più antica forma di studio della comunicazione. Fino dall’antichità l'uomo è stato affascinato dalle grandi capacità comunicative che alcuni individui utilizzavano per ottenere degli effetti persuasivi su di un pubblico di ascoltatori. Più di 2000 anni fa, in Grecia, il parlare in pubblico era diventata un'attività molto importante sia per la partecipazione dei cittadini alla vita della polis, sia per curare i proprio interessi. L'arte della retorica veniva studiata, analizzata e trasmessa alle nuove generazioni. Uno dei documenti più importanti giunto fino a noi è il trattato "La retorica" (4 secolo a.C.), in cui Aristotele studia le tattiche che colui che parla utilizza per influenzare i pensieri, le idee e il comportamento di coloro che ascoltano (gli altri cittadini). Aristotele era guidato dal desiderio di conoscere i principi di una comunicazione efficace, in modo da poter distinguere i "cattivi" dai "buoni" comunicatori.
E cod dec R messaggio
rumore
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Il compito dell’emittente non si esaurisce con il processo di codifica del messaggio, ma prosegue
nell’individuazione del o dei destinatari del messaggio, nella scelta degli strumenti adatti a comunicare
determinati contenuti informativi e nell’accertamento che il ricevente abbia i mezzi (culturali, tecnici o
tecnologici) necessari alla decodifica del messaggio ricevuto. Se l’emittente e il ricevente usano gli
stessi codici e gli stessi canali, è probabile che il messaggio ricevuto e interpretato sia coerente con
quanto intenzionalmente inviato dall’emittente.
3.2 RICEVENTE
E' il soggetto o l'oggetto che riceve il messaggio. Anche nella situazione comunicativamente più
estrema, quando un solo soggetto parla e l'altro ascolta (come può essere a volte una conversazione
professore-alunno),il ricevente non è mai solamente passivo (come era considerato dai primi modelli
descrittivi dei processi comunicativi); in realtà, nella dinamica dell’azione comunicativa, il ricevente è
allo stesso tempo destinatario ed emittente. Il ricevente, infatti, è il destinatario dell’azione
comunicativa, ma è anche emittente di un messaggio di ritorno (il feedback), che informa l’emittente se
il messaggio inviato è arrivato e, in molti casi, se è stato compreso in maniera corretta.
Krippendorf ha focalizzato la sua attenzione sull’importanza del ricevente, o meglio della
"comprensione" da parte del ricevente, all'interno dell'atto comunicativo. Partendo dalla considerazione
che il significato di ogni messaggio viene interpretato da parte del ricevente sulla base del proprio
sistema cognitivo, Krippendorf sostiene che l'elemento centrale della comunicazione è proprio il modo
in cui il ricevente comprende il messaggio, comprensione che è sempre in una certa misura
imprevedibile ed incontrollabile.
Feedback Possibilità di controllo del processo di comunicazione da parte degli attori coinvolti
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SCHRAMM Schramm ha sottolineato come coloro che comunicano simultaneamente inviano e ricevono messaggi. Mentre uno dei due comunicatori sta parlando, l'altro ascolta. Il modo in cui quest'ultimo ascolta, attraverso il feedback, invia informazioni a chi sta parlando. Riconoscere l'aspetto interattivo di ogni comunicazione "reale" contraddice una visione lineare della comunicazione. Le persone, per Schramm, rispondono ai messaggi che ricevono sulla base della loro personalità, delle loro appartenenze di gruppo, e della situazione in cui avviene la comunicazione. Dunque ogni comunicazione è l'incontro di due "repertori" (quello che sappiamo e che siamo, ovvero l'insieme delle conoscenze, informazioni, convinzioni, stati d'animo, studi, esperienze e tutto quello che compone la nostra identità individuale e sociale). Ogni comunicazione riuscita, dunque, produce una "sovrapposizione", più o meno ampia, dei repertori dei due comunicanti.
3.3 CANALE
E' il mezzo attraverso cui l'emittente veicola, o attraverso cui il ricevente ottiene, il messaggio. Alcuni
studiosi lo definiscono come "il veicolo di natura fisica, sollecitato da un tramite fisiologico o
tecnologico, che costituisce il mezzo attraverso il quale i messaggi sono trasmessi nella sfera sociale".
Può essere inteso sia come il mezzo sensoriale coinvolto nella comunicazione (principalmente udito e
vista), sia come il mezzo tecnico esterno al soggetto con cui il messaggio arriva (telefono, fax, posta
ecc.).
Ogni canalizzazione di un messaggio produce necessariamente una "riduzione di complessità". Quando
comunichiamo, nella nostra mente possediamo un messaggio complesso, dotato di molte sfaccettature e
molti livelli di significato; riversando questo messaggio all'esterno siamo costretti a veicolarlo
attraverso un codice, a "semplificarlo", in modo che possa passare attraverso un canale.
codifica 1
decodifica
decodifica 2
codifica
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MARSHALL McLUHAN
Parlando di canale non si può non citare la celebre frase di Marshall McLuhan, "medium is the message". Il mezzo attraverso cui arriva una comunicazione sarebbe esso stesso il messaggio. Questa osservazione suggerisce come i diversi tipi di canale si differenziano non solo sulla base dei contenuti che veicolano, ma anche sulla base del modo in cui risvegliano o alterano i pensieri e i sensi del ricevente. Il processo percettivo che una persona attiva di fronte a un libro (canale visivo), o ascoltando la radio (canale uditivo), o di fronte a uno spettacolo televisivo (entrambi), è molto diverso da quello che una persona attiva quando assiste,per esempio, ad una lezione universitaria, dove sono stimolati contemporaneamente la vista, l'udito, e tutti gli altri sensi attivi nella comunicazione interpersonale.
Ci sono dunque almeno tre modi di intendere il concetto di canale:
1. come mezzo di comunicazione utilizzato;
2. come processo percettivo interessato dal segnale;
3. come "messaggio", ovvero come un insieme di processi percettivi che ogni canale
stimola in modo diverso, i quali influenzano il contenuto del messaggio co-
determinandone il significato.
I canali comunicativi sono visivi, uditivi, cinesici (relativi ai movimenti del corpo, ossia mimico-
gestuali), olfattivi. L’elencazione appena effettuata descrive i canali non verbali. La dimensione verbale
si esprime attraverso la scrittura e l’apparato vocale. C’è poi tutta la gamma degli strumenti tecnologici
ed informatici; fanno parte di questo ambito gli apparecchi telefonici, il computer, ecc. E’ difficile
elencare tutti i mezzi comunicativi, dato che le definizioni spaziano dalla estrema generalità fisico-
ambientale (ad esempio l’aria come canale di trasmissione di segnali sonori) fino ai mezzi informatici.
Canale Supporto fisico, materiale o veicolo attraverso cui un messaggio è inviato da un emittente ad un ricevente.
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3.4 CODICE
Il codice è il sistema di segni dai significati condivisi che ci permette di comunicare. I significati,
ovvero le cose che vogliamo comunicare, sono inizialmente solo all'interno della nostra mente. Per
poter uscire all'esterno devono essere codificati, ovvero tradotti in suoni, gesti, segni, che possiedano un
significato condiviso.
Il codice più importante per la comunicazione umana è quello linguistico, costituito da segni (le lettere
dell’alfabeto) combinati secondo delle regole (la sintassi).
Se non fossimo in grado di associare a una serie di segni dei significati (ed è la società che ci porta a
conoscere questi codici insegnandoceli fin dai primi giorni di vita) non potremmo comunicare nulla, o
quasi nulla. L'uomo dispone di una complessa serie di codici di cui può fare un uso creativo, come ad
esempio il linguaggio, o i gesti, ecc.
La condivisione dello stesso codice da parte degli attori comunicativi garantisce la corretta
formulazione dei messaggi e la comprensione da parte dei destinatari o riceventi. Quando tale
condivisione viene a mancare il messaggio non è correttamente decodificato dal ricevente e possono
insorgere incomprensioni o anche conflitti.
In ogni azione comunicativa si utilizzano contestualmente sia codici propri della comunicazione verbale
sia codici della comunicazione non verbale. I codici non verbali possono essere coerenti o meno con
quelli verbali. In caso di coerenza il codice non verbale ha un effetto di rinforzo del contenuto del
messaggio, in caso contrario c’è una “collisione” tra i due codici a scapito dell’effettiva comprensione
dei significati trasmessi e ricevuti.
Codice Sistema socialmente condiviso di organizzare i segni.
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3.5 CODIFICA E DECODIFICA
Gli studiosi descrivono con l'espressione "codificare" l'attività che l'emittente compie per emettere un
messaggio che sia effettivamente significativo per l'ascoltatore. La codifica si riferisce al processo
attraverso il quale l'emittente trasforma le sue idee e le sue intenzioni in parole, o simboli di altro
genere, nel tentativo di renderle comprensibili agli altri. Dunque le idee vengono codificate in messaggi,
i quali vengono inviati al ricevente, il quale compie il corrispondente processo di decodifica.
La decodifica è la trasformazione delle parole e degli altri simboli ricevuti in un significato, che può
essere simile, esattamente uguale o anche completamente diverso rispetto al significato iniziale, quello
cioè che l'emittente aveva in mente quando ha codificato la sua idea.
L'attività di codifica è resa non banale dal fatto che il codice non è sempre condiviso, e dunque la
decodifica non è sempre corretta. Quando un medico descrive una patologia al paziente utilizzando il
suo gergo tecnico, non si rende conto che il messaggio non è correttamente decodificabile da parte del
ricevente, poiché solo l'emittente conosce il codice utilizzato.
3.6 FEEDBACK (o retrocomunicazione)
Il feedback è la retrocomunicazione che il ricevente invia all'emittente mentre la comunicazione sta
avvenendo.
È una informazione di ritorno che permette all'emittente, mentre sta comunicando, di percepire se il
messaggio è stato ricevuto, capito, approvato, ecc. e dunque di reagire, cercando la via più efficace per
raggiungere il risultato che si è prefisso.
Nelle normali comunicazioni facciamo un grande uso di feedback per "aggiustare il tiro" rispetto a
quello che stiamo dicendo. Se siamo impegnati a convincere qualcuno di qualcosa, mentre parliamo
osserviamo periodicamente l'interlocutore per cercare segnali che ci assicurino che stia ascoltando, che
stia seguendo il ragionamento, che abbia capito. Se riceviamo segnali di senso contrario, ripetiamo
alcune cose, o scegliamo un altro esempio, o alziamo il tono di voce, fino a quando non riusciamo a
raggiungere il nostro obiettivo (o decidiamo di rinunciare).
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3.7 CONTESTO
E' il "luogo" (fisico o relazionale) in cui avviene lo scambio comunicativo, ovvero la "situazione" in cui
l'atto comunicativo si inserisce (e a cui si riferisce).
Il contesto è parte integrante del messaggio, e può cambiare il significato del messaggio stesso: la frase
"bene, molto bene" pronunciata da un insegnante significa cose molto diverse se detta al termine di una
interrogazione in cui lo studente ha dato buona prova di sé, oppure appena dopo che l'insegnante ha
scoperto lo stesso studente copiare durante un compito in classe.
Quando inviamo messaggi come la frase "questo mi sembra ok", è il contesto che permette di
comprendere che la parola "questo" si riferisce ad un determinato oggetto e non ad un altro. Senza
contesto, le parole e le azioni non hanno nessun significato.
In ogni situazione comunicativa reale sono coinvolti molti contesti contemporaneamente, che spesso si
sovrappongono. Questo può creare imbarazzo: è ciò che può accadere se partecipate ad una festa in cui
sono presenti sia i vostri amici (che richiederebbero da voi un certo linguaggio, un certo tipo di
contenuti ed un certo comportamento) sia i vostri genitori (che ne richiedono ben altri).
3.8 MESSAGGIO
È il contenuto di ciò che si comunica. È strettamente legato al concetto di informazione, e può essere un
dato, una notizia o più semplicemente una sensazione, veicolata attraverso segni significativi (frasi,
singole parole o suoni, gesti, espressioni, immagini, ecc.). È la parte "attiva" dell'atto comunicativo,
quella che genera l'effetto di inviare all'ambiente esterno pensieri o informazioni prima contenute solo
all'interno della mente dell'individuo che le emette.
Il concetto di "messaggio", apparentemente scontato, è in realtà difficile da afferrare. Se definiamo il
termine messaggio dal punto di vista dell'emittente, esso è il mezzo attraverso cui viene veicolata o resa
disponibile una informazione, e dunque ricercata un'influenza sociale, un effetto sul ricevente. Se lo
definiamo dal punto di vista del ricevente, il messaggio è invece l'interpretazione che il ricevente fa
dello stimolo proveniente dall'emittente. Non dobbiamo fare l'errore infatti di credere che il significato
del messaggio sia contenuto all'interno del messaggio stesso. Il significato emerge solo dalla lettura
Gli elementi della comunicazione 18
contestuale del messaggio e di tutti gli altri elementi della comunicazione. Lettura contestuale che è
possibile, però, solo dopo che un soggetto ha deciso di agire inviando al mondo un segnale.
Watzlawick ed i suoi collaboratori sostengono che tutto è comunicazione, anche il mero comportamento
interpersonale. Ogni comportamento, pertanto, ha valore di messaggio, anche quando evidenzia
caratteri non intenzionali. Tale posizione teorica è riassunta dagli autori nel primo assioma della
comunicazione, che afferma l’impossibilità di non comunicare. Secondo l’approccio pragmatico alla
comunicazione umana il contenuto del messaggio esula, dunque, dal puro atto linguistico intenzionale,
per comprendere ogni azione, anche involontaria, dell’attore sociale inserito in un processo relazionale.
In base a questa teoria la sfera della comunicazione coinvolge gli aspetti non verbali dell’interazione
sociale, che si esprimono attraverso la postura, il modo di porsi agli altri, l’intonazione della voce,
l’immagine estetica, l’abbigliamento, lo sguardo, il silenzio. Il messaggio è ciò che transita, sotto forma
di codici verbali e non verbali e attraverso canali acustici, visivi, olfattivi, ecc., dall’emittente al
ricevente.
4. I MODELLI TEORICI DELLA COMUNICAZIONE
4.1 IL MODELLO TRADIZIONALE O LINEARE
In questo modello la comunicazione, anche umana, è vista come un processo dove il messaggio è
codificato da un’emittente ed inviato attraverso un canale ad un ricevente che lo decodifica.
Codifica e decodifica sono due processi distinti ed autonomi (come in un messaggio parlato è diverso
produrre le parole dall’ascoltarle). Altro aspetto esaminato dal modello è il rumore, intendendo con esso
qualsiasi fonte di disturbo che interferisce con una comunicazione efficace.
Ruolo del canale. In questo modello il canale della comunicazione è il mezzo attraverso il quale
passano i segnali. Il canale lavora come un ponte fra emittente e ricevente. Di solito vengono usati
contemporaneamente più canali; per esempio in interazioni faccia a faccia si parla e si ascolta, usando il
canale vocale-uditivo, ma si fanno anche gesti o si ricevono segnali non verbali, usando il canale visivo;
oppure si tocca l’altro, usando il canale tattile. Se scriviamo una lettera o mandiamo una e-mail usiamo
canali ancora diversi.
Gli elementi della comunicazione 19
Critiche al modello lineare. Questo modello non tiene conto degli interlocutori coinvolti e del contesto,
che possono entrambi modificare i significati. In particolare il ricevente è visto come una “macchina di
decodifica” passiva e muta (abbiamo visto invece come schemi, atteggiamenti, esperienze passate,
influenzino percezione, interpretazione, valutazione, memoria, ect). Inoltre il linguaggio naturale
umano non corrisponde ad un codice, ma ha delle ambiguità intrinseche che vengono risolte ogni volta
dalla situazione.
4.2 IL MODELLO INTERATTIVO
Questo modello supera lo schema semplicistico del modello lineare, introducendo il concetto di
feedback ed occupandosi più esplicitamente delle intenzioni comunicative di chi parla e di chi ascolta,
che vengono (e non solo il significato letterale del messaggio) fatte oggetto di codifica/decodifica per
essere sicuri di cogliere le intenzioni sottostanti e di condividere gli stessi significati. Parlante ed
ascoltatore obbediscono ad un “principio di cooperazione” e condividono uno scopo comune. Solo così
la comunicazione può dirsi efficacemente avvenuta.
Sono spesso i segnali non verbali a costituire un feedback su come un messaggio è stato recepito: con
segnali di attenzione (es. segnalando con lo sguardo che si sta ascoltando) di comprensione (es.
accennando di sì con il capo), di valutazione (es. alzando le spalle o aggrottando la fronte).
4.3 IL MODELLO DIALOGICO
In questo modello l’individuo è visto come soggetto attivo (dotato di pensieri, emozioni, status, ruoli,
capacità) che cerca di interpretare tutte le informazioni che provengono dall’ambiente. Il parlante e
l’ascoltatore sono meglio definiti come interlocutori coinvolti in una relazione complessa in cui
costruiscono il loro specifico contesto. La comunicazione non è più una semplice trasmissione di
informazioni, ma una complessa attività congiunta che genera una realtà sociale.
Questo modello sottolinea l’importanza del contesto, non più visto come semplice sfondo bensì come
elemento strutturante.
Gli elementi della comunicazione 20
Grande importanza viene data all’analisi della conversazione come modello tipico della comunicazione.
Il modello dialogico considera, a differenza dei modelli precedenti situazioni asimmetriche, o quelle in
cui sono coinvolti più destinatari di una comunicazione (es. una lezione in classe).
LA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE
La Comunicazione Interpersonale 2
INDICE
1. LE FUNZIONI DEL LINGUAGGIO NELLA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE
1.1 L’ELENCO DELLE FUNZIONI
1.2 GLI ATTI LINGUISTICI
Massime conversazionali o principi generali
Il principio di cooperazione
Massima di qualità
Massima di quantità
La massima di relazione
La massima di modo
1.3 GLI ATTIVATORI PRESUPPOSIZIONALI
1.4 LE EMOZIONI NELLE PAROLE
2. IL LINGUAGGIO CORPOREO
2.1 ANALOGICO E DIGITALE
2.2 DAL SEGNALE ALLA VERIFICA
2.3 CINQUE CATEGORIE DI SEGNALI DEL CORPO 2.3.1 L’ATTEGGIAMENTO
2.3.2 MIMICA
2.3.2.1 FRONTE
2.3.2.2 LO SGUARDO
2.3.2.3 I MOVIMENTI OCULARI
2.3.2.4 LA BOCCA
2.3.3 LA GESTUALITÀ
2.3.4 LA DISTANZA
2.3.4.1 ZONA INTIMA
2.3.4.2 ZONA PERSONALE
2.3.4.3 ZONA SOCIALE
2.3.4.4 ZONA PUBBLICA
2.3.5 IL TONO
2.4 LA RISATA
2.5 L’EFFETTO PIGMALIONE
La Comunicazione Interpersonale 3
1. LE FUNZIONI DEL LINGUAGGIO NELLA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE
Gli uomini comunicano sia con il modulo numerico (verbale) che con il modulo analogico (non
verbale). Questo vuol dire che qualsiasi comunicazione è composta da due momenti
contemporaneamente presenti: un momento verbale (espressione verbale della comunicazione) ed un
momento gestuale e quant’altro non sia solo verbale (espressione mimica, prossemica, ecc.). Per dare
luogo ad una comunicazione definita sana queste due diverse componenti devono necessariamente
essere coerenti tra loro. Nel caso contraria si assiste ad una comunicazione definita paradossale.
Il livello di contenuto è trasmesso di preferenza con il modulo numerico, il livello di relazione è
trasmesso di preferenza con il modulo analogico.
Quando comunichiamo con gli altri non passiamo solo informazioni sull’argomento trattato, altrimenti
“informeremmo” nell’accezione più tecnica del termine. Comunicare è invece molto di più.
Il linguaggio che noi adoperiamo quotidianamente, ogni nostra espressione, anche quella utilizzata in
una conversazione telefonica, non è esente dall’essere molto di più della semplice risultante dei
significati delle parole usate.
E’ lecito porsi una domanda: è possibile non comunicare?
Riflettiamo sulla situazione (una delle tante possibili) qui di seguito riportata:
immaginate un gruppo di persone in una stanza; fate uscire due di queste, possibilmente un uomo ed
una donna. Ai due dite che, una volta rientrati nella stanza, dovranno simulare un viaggio su un mezzo
pubblico, possibilmente vicini e senza parlare.
Prima di farli rientrare, chiedete alle persone rimaste dentro la stanza di provare a capire che cosa i due,
una volta rientrati, si stanno comunicano. Solitamente, il silenzio imposto ai due, viene
abbondantemente riempito dalla fantasia degli altri partecipanti.
Perché questo? Noi siamo nati e viviamo in un ambiente comunicativo. La prima comunicazione
interpersonale avviene tra madre e figlio. Tra i due si costruisce un linguaggio decodificabile soltanto
da loro due: quando il bambino piange in una data maniera ottiene una determinata cosa.
La Comunicazione Interpersonale 4
1.1 L’ELENCO DELLE FUNZIONI
Attraverso il linguaggio naturale vengono trasmessi molti dati, alcuni che non controlliamo
consciamente, altri che possiamo simulare.
Questo rappresenta un surplus informativo, che può essere inteso come il valore aggiunto alla cruda
informazione trasmessa su un determinato oggetto; in tal modo la comunicazione diventa
effettivamente il passaggio e la messa in comune di dati, informazioni, valori, diviene strumento di
regolamentazione sociale in maniera interattiva e reciproca ed il linguaggio, anche attraverso questo
surplus di dati, svolge le seguenti funzioni:
a) Referenziale (o rappresentazionale)
Quando descriviamo un dato di realtà o uno stato di cose veicoliamo informazioni che si
riferiscono alla situazione che descriviamo.
b) Interpersonale (o espressiva)
In ogni comunicazione con l’altro, non si veicolano solo significati ancorati all’uso del vocabolario
e alla loro combinazione, ma anche ciò che noi siamo in relazione al mondo e all’interlocutore
stesso, e a ciò che l’interlocutore è per il resto del mondo e per noi, includendo in questo l’identità
personale, lo stato emotivo temporale, gli atteggiamenti abituali e le relazioni sociali.
Nella funzione interpersonale-espressiva un ruolo importante è svolto dal linguaggio non verbale
(tono dell’eloquio, linguaggio del corpo, gestione dello spazio e della distanza). Basti pensare a
quanti significati possono venire racchiusi in un semplice “ciao”: a seconda che ci rivolgiamo ad
una persona che amiamo oppure ad una persona che detestiamo, questa piccola parola, pur
pronunciata nello stesso modo, esprimerà sentimenti contrapposti ed il nostro linguaggio corporeo
difficilmente sarà capace di mentire.
c) di auto ed eteroregolazione
Noi utilizziamo il linguaggio per regolare le nostre azioni e quelle degli interlocutori, attraverso
richieste, ordini, comandi, persuasioni. Quando chiediamo qualcosa a qualcuno, interveniamo su
dati di realtà. Perfino nel linguaggio interiore ci diamo degli ordini.
d) di coordinazione delle sequenze interattive
La Comunicazione Interpersonale 5
Nella comunicazione l’alternanza tra emittente e ricevente non dovrebbe essere casuale, ma gestita
da regole; e l’inizio della conversazione, il passaggio di ruolo emittente/ricevente e la fine della
comunicazione vengono segnalati dal linguaggio(ad esempio uno sguardo, una domanda
all’interlocutore, un “bene” sempre più veloce e accentuato in chiusura di una conversazione
telefonica).
e) di metacomunicazione
Ciò che ci distingue dagli animali sembra essere, in particolare, la metacomunicazione, ossia il
comunicare sulla comunicazione. Noi discutiamo spesso su ciò che un altro aveva detto, o noi stessi
avremmo voluto dire e non siamo stati intesi, o riusciamo per mezzo di segnali paralinguistici e del
linguaggio del corpo, a simulare e dissimulare messaggi su stati interiori o esteriori (ad esempio con
ironia, clamore o menzogna). Possiamo dire una cosa seria e renderla risibile con l’espressione,
oppure, al contrario, pronunciare una notizia allegra con tono tragico.
Questa funzione può diventare di grande utilità nel gestire situazioni di incomprensione reciproca,
nel cercare di interpretare e tradurre il messaggio che ha generato la turbativa nella comunicazione,
nello sdrammatizzare con il tono certe situazioni gravi e nel far sentire a proprio agio
l’interlocutore.
1.2 GLI ATTI LINGUISTICI
In base a quanto esaminato fino ad adesso, abbiamo visto che con il linguaggio ha molteplici funzioni.
Pensiamo, ad esempio, alle conseguenze che in qualsiasi momento può avere sulla nostra vita e su
quella degli altri una certa frase detta in una certa maniera. L’impiego energetico per proferirla è
pressoché nullo, ma possiamo produrre nella realtà una separazione, l’interruzione di un rapporto di
amicizia, una reazione violenta. Il senso di queste frasi non risiede tanto nei loro contenuti, cioè nella
loro verità o falsità, quanto su come esse andranno ad interferire sul piano della realtà.
Infatti, quando agiamo con le parole, la nostra attenzione non si pone tanto sulla verità o meno
dell’enunciato proferito, bensì su come esso andrà ad agire sulla realtà.
Esiste una categoria di verbi che danno alle parole la “forza” per agire sulla realtà: sono i verbi
performativi, per esempio “io scommetto”, “prometto”...
La Comunicazione Interpersonale 6
Questi verbi possono essere sia espliciti che impliciti: ad esempio”Vieni qua!” può essere esplicitato
con “ti ordino di venire qua”.
Non tutte le azioni linguistiche riescono, anche se si presuppone che tutti coloro che parlano, in quanto
capaci d’intendere, di volere ed in grado di comprendere e formulare frasi di senso compiuto siano
accomunati da una competenza comunicativa.
Qui di seguito enunciamo quelle che sono le condizioni di buona riuscita di una atto linguistico, ovvero
le regole da seguire affinché un atto linguistico abbia la forza appropriata:
A 1. deve esistere una procedura convenzionale che abbia un effetto convenzionale;
2. le circostanze e le persone devono essere appropriate secondo quanto specificato dalla
procedura.
B La procedura deve essere seguita:
1. in modo corretto;
2. in modo completo.
C 1. Le persone devono avere i pensieri, i sentimenti e le intenzioni richieste dalla procedura
2. se è specificato un comportamento conseguente, esso deve verificarsi.”
Le violazioni indicate nei punti A e B originano delle azioni che non hanno esito. Le violazioni delle
regole indicate nel punto C non sempre si possono individuare; pertanto si può agire in maniera
inappropriata o insincera, in quanto entriamo nell’ambito delle certificazioni di stati e motivazioni
interiori, dei quali siamo unici giudici e testimoni.
Ovviamente le tre classi di condizioni non sono sufficienti affinché si possano avere sulla realtà le
conseguenze che ci siamo prefissati. L’imprevedibile può sempre accadere: una reazione inattesa da
parte del nostro interlocutore, o uno o più elementi inattesi, si possono aggiungere alla situazione.
Si possono pertanto individuare tre livelli per aiutarci a comprendere come dal “dire” si passa al “fare”:
• atto illocutorio (o illocuzione):
dire la frase grammaticalmente compiuta.
• atto locutorio (locuzione):
La Comunicazione Interpersonale 7
il “fare” convenzionalmente legato ad un atto linguistico, con la forza di un comando, di un
ordine, di una condanna, avvenuti secondo le condizioni di buona riuscita.
• atto perlocutorio (perlocuzione):
ciò che consegue al “fare” convenzionale, che non è di per se convenzionale.
GLI ATTI LINGUISTICI INDIRETTI
Non soltanto attraverso l’uso di verbi performativi possiamo agire sulla realtà e formulare richieste. Le
richieste possono essere formulate anche attraverso delle asserzioni dichiarative e delle preposizioni
interrogative
Quando noi conversiamo con un altra persona è sottinteso che seguiamo delle regole, esplicitate nel
seguente elenco, al quale è meglio attenersi durante una conversazione formale, come può essere un
colloquio di lavoro.
Massime conversazionali o principi generali
• Il principio di cooperazione
Al momento opportuno fornite il vostro contributo così come è richiesto dalla situazione, dagli
scopi o dall’orientamento del discorso in cui siete impegnati.
Aderite cioè al contesto in cui vi trovate seguendo il turno della conversazione.
• Massima di qualità
Cercate di fornire un contributo vero; in modo particolare:
1. non dite cose che credete siano false:
2. non dite cose per le quali non avete prove adeguate.
• Massima di quantità
1. fornite un contributo che soddisfi la richiesta di informazioni in un modo adeguato agli
scopi della situazione nella quale vi trovate.
2. non fornite un contributo più informativo del necessario.
La Comunicazione Interpersonale 8
• Massima di relazione
Fornite contributi pertinenti
• Massima di modo
Siate comprensibili, ed in particolare:
1. evitate oscurità; siate chiari nel linguaggio e nella forma espositiva;
2. evitate le ambiguità; definite ogni significato senza margini di dubbio;
3. siate brevi;
4. procedete in modo ordinato.
1.3 GLI ATTIVATORI PRESUPPOSIZIONALI
La collaborazione conversazionale durante particolari confronti dialettici non viene meno, ma può
essere continuamente contrattata e specificata (esempio di ciò, nella memoria collettiva, è
l’interrogatorio che l’avvocato americano fa a un testimone, le cui domande vanno alla ricerca delle
maggiori informazioni possibili che attestino una data tesi e le risposte sembrano essere più succinte
possibili). Per ottenere quanti più dati possibili da affermazioni povere di informazioni esplicite, è di
grande aiuto tenere bene a mente quelle particolari parole (nomi, verbi, avverbi…) grazie alle quali,
partendo da una asserzione, si arriva a delle conclusioni su uno stato di cose (mentre, al contrario, con
le implicature conversazionali, da una asserzione su uno stato di cose si arriva al senso della
proposizione). Anziché essere legati al contesto, gli attivatori presupposizionali sono legati al
significato delle parole interne al testo e generano delle inferenze su ciò che deve essere vero affinché
un enunciato abbia senso (e rimane vero anche nella sua negazione). Tali inferenze vengono indicate
con il nome di presupposizioni, ed hanno validità universale in qualsiasi contesto vengano pronunciate
(ad esempio la frase “I figli di Marco sono biondi” ha senso solo qualora esistano Marco e i suoi figli,
sia che i figli siano biondi o mori e cioè sia vera la sua negazione. La presupposizione della frase “I
figli di Marco sono biondi” è “Marco ha dei figli”).
Ecco alcuni esempi di attivatori presuppozionali:
1. Descrizioni definite:
Ho cavalcato/non ho cavalcato Furia (esiste Furia)
La Comunicazione Interpersonale 9
2. Verbi fattivi
Rimpiangere, essere consapevoli/non consapevoli di, rendersi conto di, sapere, dispiacere,
essere orgogliosi del fatto che, essere indifferenti al fatto che,essere contenti del fatto che,
essere tristi per (esiste l’oggetto o è avvenuta la situazione che si rimpiange, di cui si è
consapevoli...).
3. Verbi implicativi
Riuscire (cercare di fare), dimenticare (si sarebbe dovuto ricordare, si aveva intenzione di
ricordare), capitare qualcosa (non era prevista quella cosa), evitare qualcosa (si aspettava quella
cosa)
4. Verbi di cambiamento di stato
Smettere, cominciare, continuare, prendere, partire/lasciare, entrare, venire, andare, arrivare,
ecc. (esisteva già uno stato o un’azione precedente)
5. Iterativi
Di nuovo, non più, ritornare, un’altra volta, ripristinare, ripetere, (esisteva già uno stato o
un’azione precedente alla quale si fa riferimento)
6. Verbi di giudizio
Accusare di, criticare, (ciò di cui si accusa o ciò che si critica si ritiene negativo)
7. Proposizioni temporali
Prima, mentre, da quando, dopo, durante, quando nel (la situazione alla quale si riferisce la
proposizione è vera)
8. Frasi scisse
É stato Gianluca a tirare il sasso. (qualcuno ha tirato il sasso)
9. Paragoni o contrari
Anche, invece, in cambio, poi, a sua volta (l’esistenza e la qualità dello stato a cui si fa
riferimento)
10. Preposizioni relative non-restrittive
Marco, che è l’ultimo figlio di Laura, oggi è/non è andato a scuola. (Marco è l’ultimo figlio di
Laura)
11. Ipotetiche controfattuali
Se solo fossi andato piano avresti frenato in tempo, (non andavi piano)
12. Domande
La Comunicazione Interpersonale 10
C’è una macchinetta per il caffè? (o c’è o non c’è), Monfalcone è in provincia di Trieste o di
Gorizia? (una delle due), Chi è il vostro professore di matematica? (avete un professore di
matematica)
1.4 LE EMOZIONI NELLE PAROLE
Esistono diverse immagini e sensazioni legate alle parole. Questi legami possono influenzare le disposizioni
interiori, il contesto emotivo e lo svolgersi dell’interazione. Le ancore possono essere collettive, culturalmente
condivise, di specifici gruppi o isolate alle esperienze personali.
Anche all’interno di conversazioni, citare avvenimenti o cose positive o negative può indirizzare, anche se
solamente a livello inconscio, gran parte della decodifica del messaggio.
In ogni scelta la componente emotiva è fortissima: questa è una regola che gli esperti venditori ben conoscono.
Per questo, durante una conversazione, preliminare a qualsiasi tipo di decisione, è importante sapere gestire le
sensazioni che si veicolano attraverso i messaggi.
Altre sensazioni, vengono veicolate, per lo più inconsciamente, attraverso il linguaggio corporeo.
La Comunicazione Interpersonale 11
2. IL LINGUAGGIO CORPOREO
2.1 ANALOGICO E DIGITALE
Nell’interazione di ogni giorno non comunichiamo soltanto attraverso il contenuto espresso nelle
parole, ma veicoliamo anche emozioni, intensità e passioni attraverso la cadenza, le posizioni del corpo
e lo sguardo.
Pensiamo a quanto ci può essere in un semplice “Ciao” rivolto ad un amico. Nel proferirlo non
trasmettiamo solo il significato del saluto, ma possiamo anche esprimere un mondo di relazioni: quello
che è l’altro per noi, quello che noi reputiamo di essere per lui, il nostro stato d’animo, tutto il nostro
vissuto fino a quel momento e quello che è intercorso con l’altro.
Una parola convenzionalmente è composta da un segno finito, che può essere modificato attraverso
altri segni finiti e convenzionali (plurali, diminutivi, maggiorativi, aggettivi numerali o di qualità, che
di per sé seguono le regole della parola che modificano: grande, grandi, grandissimo…). Concetto che
la linguistica definisce come morfemi lessicali (buon, am), in unione con dei morfemi grammaticali
(buono, amo). Niente, a livello figurativo, del concetto della parola è immesso nella parola stessa,
tranne nel caso di onomatopee, che hanno un suono che per analogia ricorda il significato che evocano:
“gong”, “trillare”. Ma “casa” o “gatto”, nulla mi dicono della casa o del gatto, e “cccaaasssaaa” o
“gggaaatttooo” non mi indicano una casa o un gatto più grande, mentre “grande casa” o “grande
gatto” sì, proprio come “13” mi indica un numero di tre unità più grande di dieci.
Non si può esprimere continuità tra una grandezza e l’altra, cosa che invece si può fare per analogia,
magari con un gesto delle mani “era alto così” o con un suono “ha fatto boom!!!”. Indicheremo i primi
segni (“casa”,“13”) come segnali discreti o digitali e i secondi (“boom”) come continui o analogici.
Nei caso di segni/segnali digitali, la relazione tra segno e significato è arbitraria e convenzionale.
Ad un segno arbitrario del codice facciamo per convenzione corrispondere un significato.
Il segno predefinito non può subire variazioni al di fuori di quelle permesse dal codice: nell’insieme dei
numeri naturali, nella declinazione al plurale, nella scala degli aggettivi, si passa da un segno all’altro
senza possibilità di vie di mezzo.
Nel caso di segni/segnali analogici il significato si assume per analogia al referente, ossia sussiste
un’analogia, qualcosa che lega per similitudine il significante (il segno) al significato (il referente). La
similitudine, non essendo attuata per mezzo di un segnale definito, ma attraverso la riproduzione di una
La Comunicazione Interpersonale 12
delle qualità dell’oggetto riferito, non è suscettibile della scalarità dei segni digitali. Io posso allargare
le mani in maniera continua per indicare una grandezza, così come posso utilizzare il tono della voce
per riprodurre un suono.
Posso usare segnali digitali per combinare dei segnali analogici. Nella poesia ad esempio, l’unione di
segni discreti, quali le parole, formano analogie con sensazioni e significati che si vogliono riprodurre.
L’oggetto della poesia, spesso ancorato all’interiorità, è di per sé maggiormente esplicabile attraverso
segnali analogici e la bravura di chi recita si valuta in gran parte per come sa riprodurre stati d’animo
attraverso il tono della voce, la velocità dell’eloquio, l’espressione del volto e i gesti del corpo.
Ecco tre esempi di poesie, che per analogie rimandano a un qualcos’altro di per se di difficile
definizione:
…finché saremo vivi
faremo nostra
tutta
la vera vita,
ma anche
i sogni:
tutti
i sogni:
tutti
i sogni
sogneremo.
(P. Neruda)
Neruda descrive la sua esperienza intima assieme ad una ragazza e poteva concludere con il dire
semplicemente “sogneremo tutto ciò che è possibile sognare”, mentre nella ripetizione di “tutti i sogni”
legato a “sogneremo” crea un’analogia con l’atmosfera soffusa ed indefinita del sogno.
…ta ta ta ta giii tumb giiii tumb ZZZANG-TUMB-TUMB (280 colpi di partenza)
srrrrrr GRANGGRANG (colpi in arrivo) coooc-craaac grida degli ufficciali
sbattacchiare come piatti d’ottone…
La Comunicazione Interpersonale 13
(F. T. Marinetti)
Marinetti, per rievocare la battaglia, crea una forte analogia con l’ausilio delle lettere (digitali) e con
l’utilizzo delle onomatopee (segnali analogici), con il campo di scontro, in un contesto di esplosioni di
armi da fuoco.
Tu sei come una giovane,
Una bianca pollastra.
(U. Saba)
Saba qui avrebbe potuto scrivere: “donna giovane di razza bianca con probabile anemia” se avesse
voluto simulare la descrizione fatta da una persona patita di medicina, mentre ha creato un continuum,
poco onorevole raffronto, tra la giovane descritta nel testo e una gallina.
Per concludere, per capire la differenza che intercorre tra il segnale analogico e quello digitale, basta
fare i seguenti due esperimenti:
prendiamo, con il massimo rispetto per Dante, il seguente verso:
103 Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
(Divina Commedia, Inferno, Canto V)
L’insieme di queste parole esprime più o meno il seguente significato: l’amore è una cosa così intensa,
che non può lasciare indifferenti dall’amare chi è fatto oggetto di questo sentimento.
Prendiamo una parola a caso nel testo e facciamo quello che Neruda ha fatto con i “tutti i sogni”: per
esempio prendiamo in esame la parola “nullo” e ripetiamola due volte. Il risultato è il seguente:
Amor, ch’a nullo nullo amato amar perdona.
La ripetizione della parola “nullo” pone l’attenzione, con una tensione che potremmo definire
drammatica, sul significato di nessuno, in analogia con l’importanza che intendiamo darvi. Qualcuno
però potrebbe obiettare che l’analogia viene posta su un piano di scalarità, e che ogni “nullo” in più, un
gradino digitale, aumenta d’intensità l’analogia.
Potremmo anche provare a ridurre la parola “nullo”, e porlo su un piano di continuità con l’intera frase,
usando il seguente stratagemma:
La Comunicazione Interpersonale 14
Amor, ch’a nullo nullo nullo nell’amato amar perdona
La preposizione “nell’” è simile a “nullo” (presenta delle analogie), lo richiama ed intensifica la sua
importanza, ma questa volta in maniera più indefinita, fondendosi con tutta la frase, in quanto “nell”
apostrofato si appoggia e si completa foneticamente e semanticamente con “amato”. Un po’ come
quando si pronuncia qualcosa, la grandezza del gesto non è di per se misurabile in maniera precisa e
neppure replicabile in maniera esatta; si pone semplicemente su un paio di continuità, come la voce, i
sorrisi, i gesti delle mani.
Supponiamo di trovarci di fronte ad una platea: utilizzando una stessa parola provocheremo esiti diversi
a secondo di come la pronunceremo. Supponiamo di individuare una persona del pubblico, e di dirgli
“attento” con tono basso e lentamente. Se ci sarà un qualche effetto, sarà del tutto impercettibile.
Proviamo poi, subito dopo, individuando un altro soggetto, a gridare velocemente la stessa parola
scattando con il corpo. L’effetto indotto sarà di panico e di agitazione. Eppure era la stessa parola. Che
cosa ha fatto la differenza? Il linguaggio del corpo.
Perché una parte così importante della comunicazione è lasciata ad un codice non strutturato e con
elementi non strutturabili ad un alto livello di complessità, quindi anche difficilmente definibile come
un codice?
Una spiegazione plausibile potrebbe essere la seguente:
un codice gestibile da molti utenti deve avere come riferimento un insieme di significati definiti,
condivisibili e finiti. Le generalizzazioni e le classificazioni riguardanti il mondo sensibile sono definite
e limitate all’interno di ogni paradigma culturale. Un codice standard, può facilmente veicolare tutte
queste informazioni. Ma quando comunichiamo, veicoliamo attraverso i messaggi molto di noi stessi,
della nostra interpretazione del mondo, delle cose, di noi stessi rispetto al mondo. Contenuti questi che
possono anche essere molto idiosincratici, diversi per ciascuno di noi, dunque difficilmente codificabili
- se lo si volesse - attraverso un linguaggio standard e per i quali è impossibile definire dei significanti
standard.
Le combinazioni possibili del linguaggio naturale (le parole) sono infinite e la lunghezza delle frasi
potenzialmente illimitata, ma la linearità del linguaggio produrrebbe una lunghezza ed una spesa di
risorse mentali spropositata semplicemente per esplicitare un battito di ciglia.
La soluzione migliore è un codice di pochi elementi graduabili in maniera pressoché infinitesima nelle
loro espressioni continue, talmente immediato da essere a volte incontrollabile.
La Comunicazione Interpersonale 15
Ecco una tabella delle distinzioni tra digitale e analogico.
DIGITALE ANALOGICO
le parole
il quadrante dell’orologio in cifre (si passa da
un secondo all’altro)
la codifica dei computer (o è “0” o è “1”, 8 bit
formano un byte che codifica un carattere
l’uso delle mani per indicare quantità o
intensità
“ho visto miao miao” (un gatto) (onomatopee)
il tono e la velocità dell’eloquio basta!!!! (tratti
paralinguistici)
il gesticolare, le espressioni del volto, la
distanza corporea (linguaggio del corpo)
la poesia
il quadrante con le lancette (viene indicato il
passare parziale del tempo)
la vecchia linea telefonica (il messaggio viene
modulato in impulsi elettrici che riproducono
analogicamente il suono)
il modem (modulatore demodulatore) fa da tramite tra il computer (digitale) e la linea telefonica (analogica)
È importante sapere che nella comunicazione interpersonale possiamo effettuare distinzione tra “ciò
che si dice” e “come lo si dice”, ovvero tra i segnali sul piano del contenuto, espresso prevalentemente
con le parole, e i segnali sul piano della relazione. I primi veicolano informazioni, i secondi veicolano
informazioni sulle informazioni
La Comunicazione Interpersonale 16
Tra ciò che esprimiamo con le parole (segnali digitali) e ciò che esprimiamo con il corpo (segnali
analogici) vi può essere congruenza o incongruenza. È importante sapere che la congruenza tra i due
piani (contenutistico e relazionale) convince di più, mentre l’insicurezza porta all’ incongruenza e
dunque a non essere creduti.
Ovviamente la relazione tra gli interlocutori può essere buona o cattiva ed esprimere aggressività,
incongruenza o non ascolto, e lì dove si riesce a creare una buona dinamica della relazione tra gli
interlocutori si facilita la comprensione, in quanto, se ci sentiamo in qualche modo attaccati, agisce la
parte più emotiva di noi, e subentra quella che viene definita “nebbia psicologica”, cioè un’incapacità a
razionalizzare e ad esprimere le nostre ragioni, perfino a ricordare
2.2 DAL SEGNALE ALLA VERIFICA
Poiché non sempre ad un segnale corporeo corrisponde un solo significato (o il più comune), si può
passare ad una verifica nella comunicazione per vedere se ciò che si esprime con un segnale del corpo
viene confermato o da altri segnali o dalle parole.
La verifica può essere di tre tipi:
1. la domanda aperta;
2. la domanda chiusa;
L’immagine è tratta da Vera f. Birkenbihl, “Segnali del corpo. Come interpretare il linguaggio corporeo, Franco Angeli, Milano, 1998
La Comunicazione Interpersonale 17
3. il silenzio.
1. La domanda aperta è quando formulo un quesito per far parlare quanto possibile l’interlocutore,
preferibilmente su un atteggiamento interiore (es. “Cosa le sembra della proposta?”).
La risposta che ne segue non solo verifica le mie impressioni, ma mi permette anche di condurre
ulteriori analisi sui segnali dell’interlocutore, eventuali congruenze o incongruenze.
2. Alla domanda chiusa si risponde con un “sì” o con un “no”. Chiedere un’informazione in
maniera così diretta, se non si è acquisito un certo grado di fiducia nell’interlocutore, può essere
pericoloso, poiché, di fronte a delle variabili da ponderare, l’interlocutore può anche ipotizzare
conseguenze svantaggiose da una sua concessione ed interpretare la nostra richiesta esplicita
come uno stratagemma per concludere, senza farlo arrivare a percepire elementi che lo
influenzerebbero negativamente.
Il silenzio può essere un’ottima strategia, ma bisogna essere molto esercitati a praticarlo.
2.3 CINQUE CATEGORIE DI SEGNALI DEL CORPO
Non è propriamente legittimo chiamare il linguaggio corporeo “comunicazione corporea”, poiché non
sempre abbiamo padronanza di tanti segnali che partono dal nostro corpo; quindi non si può parlare di
intenzionalità. Tali segnali costituiscono però pur sempre un feedback alla comunicazione: quando
comunichiamo con qualcuno gli elementi della sua risposta possono anche essere a livello corporeo.
Conoscendo per lo meno i principi di base, si può cercare di simulare o dissimulare i segnali corporei,
in maniera da incidere con maggior chiarezza sull’interazione in corso (per esempio, con i segnali del
corpo si può caricare d’enfasi o svuotare d’importanza un messaggio, ma si può anche esprimere
imbarazzo o simpatia verso l’interlocutore, oppure disagio o serenità verso il contesto).
La pratica di questi segnali si può dire dissociata dalla loro conoscenza, in quanto, pur non conoscendo
la loro classificazione, nomenclatura e definizione, c’è chi li usa quotidianamente e li ha affinati
attraverso un lungo esercizio nelle relazioni umane. C’è anche però che ne fa un uso errato
Ecco qui elencata, rifacendosi al testo di V. Birkenbihl, una possibile suddivisione in 5 tipologie dei
La Comunicazione Interpersonale 18
segnali del corpo.
1. L’ATTEGGIAMENTO: la postura e le sue modificazioni
2. LA MIMICA: segnali del volto
3. LA GESTUALITÀ: movimenti delle mani e delle braccia anche nell’eseguire azioni
4. LA DISTANZA: la gestione dello spazio intorno a sé e in relazione all’altro
5. IL TONO: tutti i tratti paralinguistici (velocità dell’eloquio, volume della voce, ritmo ed
eventuali espressioni sonore prive di contenuto verbale come, ad esempio, riso e sospiri)
2.3.1 L’ATTEGGIAMENTO
Secondo V. Birkenbihl, la cosa più naturale, nelle situazione nelle quali sentiamo una qualche forma di
pericolo, è proteggersi le zone vitali e, anche se minimamente, prepararsi alla fuga. Ciò vuol dire che
colui che si sente perfettamente a proprio agio in una situazione non cerca barriere o difese alla
comunicazione, ed ha una posizione, perfettamente eretta.
Colui che ritiene di avere l’autorità per dominare completamente una situazione, può avere una
posizione leggermente inclinata e flessa sulla schiena. Nel caso opposto, avrà invece il capo e il corpo
chino in avanti. Ovviamente tutte queste posizioni possono non avere nulla a che fare con il reale stato
interiore; è importante però sapere che la maggior parte delle volte vengono interpretate così e che, e
poiché siamo anche noi, con la percezione che diamo l’uno all’altra, a condurre il gioco, è inutile
pregiudicarlo con errate proiezione di quello che siamo(se non rientra in una strategia determinata).
Una breve descrizione degli esempi:
Il primo atteggiamento sulla destra fa trasparire un atteggiamento sicuro, e dunque senza timori e che
tenderà a non porre difese tra le zone più vulnerabili del corpo e gli altri, cosa che invece accade
nell’atteggiamento di chiusura (secondo disegno).
La Comunicazione Interpersonale 19
Nel primo disegno della seconda immagine, la persona può trasmettere presunzione di superiorità.
Nella seconda posizione si comunica un’apertura equilibrata verso gli altri (“nè sopra nè sotto di te”).
Infine, nell’ultimo disegno, viene espresso un atteggiamento di sottomissione.
2.3.2 MIMICA
Il volto può venire suddiviso in tre zone espressive:
Fig 2 L’immagine è tratta da Vera f. Birkenbihl, “Segnali del corpo. Come interpretare il linguaggio corporeo, Franco Angeli, Milano, 1998
Frontale Mediana
Bocca
Fig 3 L’immagine è tratta da Vera f. Birkenbihl, “Segnali del corpo. Come interpretare il linguaggio corporeo, Franco Angeli, Milano, 1998
La Comunicazione Interpersonale 20
2.3.2.1 FRONTE
Le pieghe orizzontali significano che l’attenzione è attratta da qualcosa mentre le pieghe verticali che ci
si sta concentrando su qualcosa.
2.3.2.2 LO SGUARDO
Non sempre una persona che non ci guarda non ci sta seguendo, ma è questa l’impressione che se ne
Riceve. Dunque per una buona conversazione, occorre guardare in direzione dell’interlocutore
2.3.2.3 I MOVIMENTI OCULARI
Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima. Senza esagerare, gli occhi sono spesso un buon
indice per sapere che tipo di zone del cervello sta utilizzando il nostro interlocutore, in quanto si
compiono dei movimenti automatici a livello oculare.
Ovvero se la persona:
• accede alla memoria visiva, dunque ricorda immagini, muove gli occhi in alto alla sua sinistra;
• crea immagini visive muove gli occhi in alto alla sua destra (e questo può voler dire che mente);
• accede a ricordi uditivi muove gli occhi alla sua sinistra;
• crea “immagini” sonore, muove gli occhi alla sua destra;
• se ha un dialogo interiore, muove gli occhi in basso alla sua sinistra;
• se pensa a sensazioni cinestetiche (sul toccare qualcosa), muove gli occhi in basso alla sua
destra.
2.3.2.4 LA BOCCA
I segnali della bocca, in base alle pieghe, agli angoli, alla chiusura delle labbra, non solo sono molto
intuitivi, e generalmente riconoscibili (anche simulabili), ma in diretta connessione con zone cerebrali.
Per esempio, se assaggio qualcosa di amaro, meccanicamente le mie labbra assumeranno l’aspetto
definito “amaro” e quando proverò una sensazione interiore di amarezza anche le labbra assumeranno
La Comunicazione Interpersonale 21
quell’aspetto. Questo mette in evidenza una tecnica di recitazione diffusa tra gli attori professionisti:
non si recita falsificando uno stato d’animo, ma indossandolo, ovvero evocando interiormente una
situazione vissuta che ha provocato quella sensazione.
2.3.3 LA GESTUALITÀ
E’ sufficiente sapere che, nella comunicazione, più grandi saranno le emozioni ed i sentimenti (gioia,
rabbia, dispiacere, insicurezza)coinvolti, più intensi e frequenti saranno i gesti
2.3.4 LA DISTANZA
La distanza fisica tra noi e gli altri comunica la distanza sociale e relazionale, in quanto in ogni cultura
è codificato l’uso dello spazio.
Ecco la codificazione dell’uso dello spazio nella cultura europea ed americana.
Zona sociale
Zona personale
Zona intima
Zona Pubblica
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2.3.4.1 ZONA INTIMA
È la zona più privata, nella quale facciamo entrare, e non sempre, solo chi gode della nostra piùintima
fiducia.
L’invasione di questa area produce un senso di lotta o di fuga, che, se non espresso, può dare origine a
fenomeni di stress.
Maggiore è l’autorità della persona, più grande sarà lo spazio di zona intima che le verrà riconosciuto.
Quando si è costretti a subire una momentanea invasione della nostra sfera intima (es. in bus,
ascensore), tendiamo a trattare gli altri come non persone (non li si guarda, non si parla loro). Se questo
momento di invasione è forzatamente prolungato si può provare a sentirci a proprio agio trasmettendo
messaggi che nulla hanno a che fare con il loro contenuto, ma piuttosto con il loro tono rassicurante.
2.3.4.2 ZONA PERSONALE
Nella sfera personale hanno accesso quelle persone che non sono dei semplici conoscenti, ma che non
sono neppure in un rapporto tale di confidenza con noi da avere accesso alla zona più intima.
2.3.4.3 ZONA SOCIALE
È la zona deputata allo scambio formale e ai contatti superficiali con conoscenti o colleghi di lavoro.
2.3.4.4 ZONA PUBBLICA
E’ tutta la zona visibile oltre alla zona sociale
Grazie ai nuovi media è possibile che la zona pubblica di una persona entri in quella personale di altre,
per cui le seconde si sentono di diritto rientrare nella zona personale dei primi (es. i divi televisivi).
L’invasione di una sfera nella quale non abbiamo diritto d’accesso, può pregiudicare le dinamiche della
comunicazione: anche se non ce ne rendiamo conto, spesso questa invasione può incidere
negativamente sulle decisioni dell’interlocutore.
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2.3.5 IL TONO
La congruenza fra tono e contenuto è determinante per l’efficacia del messaggio.
Spesso è più importante il tono, e non il contenuto, per mettere a proprio agio l’interlocutore, per
sedurre o per convincere.
LA VELOCITÀ
La velocità dell’eloquio è un fattore importantissimo nel processo di comprensione. Purtroppo la
tendenza della velocità tra il pronunciare ciò che ci è noto e la necessità di ascoltare ciò che ci è nuovo
vanno in direzioni opposte.
Troppe volte si parla velocemente per i seguenti motivi:
perché si conosce a memoria l’argomento;
perché si preferisce mostrare piena conoscenza dell’argomento, ma non vogliamo che chi ci
ascolta si soffermi su nessun termine in particolare;
per non essere compresi anche se si dicono corbellerie.
Ecco perché invece avremmo bisogno di ascoltare qualcosa di nuovo pronunciato lentamente:
perché ogni parola ha bisogno di essere contestualizzata per assumere il giusto significato;
perché noi elaboriamo le informazioni mentre ascoltiamo, e spesso dobbiamo ricostruire
parole incomplete;
perché ci può essere una pessima acustica, per cui l’ascolto è veramente una ricostruzione
minuziosa non solo di significati ma anche di significanti;
per lasciare il tempo, le giuste pause, per fissare i concetti del discorso. Se tutto viene detto
velocemente, anche l’enfasi, le pause, saranno più brevi e dunque meno percettibili.
Ecco uno schema delle velocità contrapposte:
La Comunicazione Interpersonale 24
Una notizia a noi nota, e da noi già ripetuta, viene da noi pronunciata in modo relativamente più veloce.
Una notizia ignota, per essere appresa, deve essere da noi pronunciata in modo relativamente più lento.
2.4 LA RISATA
E’ stato rilevato che la risata:
esprime gioia
può venire interpreta come disprezzo, sarcasmo, sfida o falsa.
può far pensare a una “gioia maligna repressa”
esprime meraviglia e sarcasmo
può essere sintomo di “paura, spavento”
2.5 L’EFFETTO PIGMALIONE
La situazione comunicativa è influenzata dall’atteggiamento di entrambe le parti attraverso la
proiezione di quella che si ritiene possa essere la reale situazione comunicativa.
VELOCITÀ INFORMAZIONE NOTA
VELOCITÀ INFORMAZIONE IGNOTA
La Comunicazione Interpersonale 25
Esempio: se io credo che il mio interlocutore sia falso, probabilmente diventerò anch’io meno sincero;
lui avvertirà la mia simulazione e lo sarà a sua volta, e io così avrò ulteriori segnali di conferma della
mia aspettativa iniziale.
Dunque, si deve provare a trasmettete fiducia e input positivi all’interlocutore: è molto più probabile
che a nostra volta possiamo ricevere sensazioni positive.
COMUNICAZIONE INTERPERSONALE:
IL COLLOQUIO DI SELEZIONE DEL PERSONALE
TECNICHE DI PREPARAZIONE AL COLLOQUIO DI LAVORO
IL CURRICULUM VITAE
La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 2
INDICE
1. INTRODUZIONE
2. IL COLLOQUIO DI SELEZIONE
2.1 MODALITÀ DI SVOLGIMENTO DEL COLLOQUIO
2.2 POSSIBILI DOMANDE
3. IL CURRICULUM VITAE
4. LA LETTERA DI PRESENTAZIONE
La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 3
1. INTRODUZIONE
All’interno del vasto insieme chiamato comunicazione abbiamo fatto rientrare la comunicazione
interpersonale di cui consideriamo, a titolo esplicativo, il colloquio di selezione del personale,
costituito sia da elementi rientranti all'interno della comunicazione verbale sia da elementi che sono
considerati afferenti ad un tipo di comunicazione non verbale.
In questo evento comunicativo, ovvero il colloquio di selezione, emittente e ricevente sono di volta in
volta il selezionatore e il candidato; il contesto è la selezione del personale.
Consideriamo una semplificazione del tipo di comunicazione verbale che intrattengono l’addetto alla
selezione e il candidato:
COMUNICAZIONE VERBALE
COLLOQUIO DI SELEZIONE
COMUNICAZIONE NON VERBALE
COMUNICAZIONE
COMUNICAZIONE INTERPERSONALE
La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 4
EMITTENTE → SELEZIONATORE che fa una domanda
RICEVENTE → CANDIDATO che ascolta e si prepara a rispondere
EMITTENTE → CANDIDATO che risponde alla domanda
RICEVENTE → SELEZIONATORE che ascolta e valuta la risposta
Naturalmente entrano a pieno titolo a far parte del colloquio anche l’insieme degli aspetti non verbali
che sottendono alla comunicazione.
Ogni comportamento umano che si verifica all’interno di un contesto interattivo implica una forma di
comunicazione.
Ogni comportamento costituisce perciò un veicolo di informazioni, per cui è possibile considerare
inesistente la variabile “non comunicazione” anche in presenza di un tipo di comunicazione non
intenzionale o inconsapevole delle singoli componenti del processo comunicativo. Sembra, inoltre, non
paradossale ritenere che perfino i silenzi siano talvolta molto eloquenti.
Entrambi gli interlocutori ricoprono il ruolo di emittente e ricevente in quanto nel colloquio
comunicano sia verbalmente sia non verbalmente qualcosa all’altro e reagiscono di conseguenza.
Scopo della comunicazione nel colloquio di selezione:
Selezionatore
Valutare se il candidato è idoneo all’incarico da
ricoprire. Raccogliere informazioni sul candidato
(supplementari rispetto a quelle contenute nel curriculum vitae e nella lettera di presentazione) così da formulare un giudizio il più possibile circostanziato.
Presentare al candidato l’azienda, fornendo informazioni, sulle condizioni e sul tipo di lavoro che dovrà svolgere, sulle prospettive di crescita interne all’azienda, sull’organizzazione nel suo complesso, sul clima, la cultura ed il modo di operare dell’organizzazione
La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 5
Candidato
Valutare se si è disposti a ricoprire l’incarico
professionale in questione (se si confà alle proprie aspettative professionali, se è interessante, se ci si sente motivati a svolgere tale mansione lavorativa, ecc.)
Il colloquio di selezione altro non è che una conversazione condotta in maniera sistematica, cioè con
metodo: si tratta di un’intervista tra due persone che ha lo scopo di permettere ad entrambe di
apprendere e valutare qualcosa sull’altra.
Il colloquio di lavoro va inteso come promozione: l’obiettivo di ogni candidato è l’assunzione, che
concretizza la volontà dei contraenti (azienda-soggetto), i quali riconoscono la reciproca convenienza
nell’allacciare stabilmente un rapporto di lavoro.
Per cui occorre saper cogliere l’occasione di valorizzare (vendere) le proprie capacità, ma anche di
essere pronti a valutare le opportunità di carriera e di crescita professionale che il datore propone.
Anche il colloquio di lavoro è dunque una forma di vendita, nel quale si è insieme il prodotto ed il
venditore. Quindi, occorre sapersi presentare al colloquio di selezione nel modo più conveniente.
Per meglio “confezionare” il colloquio di selezione occorre:
preventivamente autovalutarsi;
raccogliere preventivamente informazioni sul potenziale datore di lavoro;
informarsi sul luogo e sull’orario di lavoro;
organizzare bene il proprio tempo ed arrivare puntuali;
saper raccontare, avendolo memorizzato perfettamente, il proprio curriculum vitae;
sapere ascoltare con attenzione le domande che vengono poste;
dare sempre del lei all’interlocutore anche se è più giovane;
non confondersi dando risposte precipitose;
mostrarsi interessati;
chiedere spiegazioni;
essere chiari e concisi nelle esternazioni;
essere decisi ma non supponenti;
non esporsi ad un tono confidenziale;
La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 6
non interrompere l’interlocutore né parlargli in continuazione, bensì lasciare che si sviluppi un
dialogo equilibrato e senza interferenze;
Sappiamo che tutto il corpo comunica: perciò, sia attraverso la comunicazione non verbale (posturale)
che con l’abbigliamento, si possono trasmettere sensazioni di affidabilità e serietà.
A tal proposito, durante un colloquio di selezione, occorre:
Guardare in faccia chi ti parla. Non guardarsi intorno e non abbassare lo sguardo
continuamente; adottare un comportamento trasparente.
Sorridere, ma, soprattutto, comunicare con il corpo apertura e disponibilità. Niente braccia
conserte o pugni serrati; occorre escludere atteggiamenti di chiusura.
Assumere una postura corretta, diritti e rilassati sulla sedia. Non mettersi a giocherellare con
capelli o effetti personali, o tormentarsi le mani.
Non avere fretta e non guardare l’orologio in continuazione. Consentire all’interlocutore di
scandire il tempo.
Assumere un atteggiamento di collaborazione. Occorre dimostrare la capacità di inserirsi in
un’organizzazione complessa e competitiva qual è un’azienda.
Manifestare interesse per l’incarico che si vorrebbe ci fosse assegnato.
Evitare di dichiarare la disponibilità a fare “qualsiasi cosa”.
Riguardo al “come abbigliarsi” esiste una quantità infinita di pubblicazioni; ci limiteremo qui a fare
brevissime considerazioni:
• per le donne va evitato il casual eccessivo, accessori colori e trucco vistosi, ma anche
l’insidioso effetto kitsch, che si ottiene indossando abiti inadeguati alla propria età, alla propria
specificità lavorativa ed insieme al proprio stile naturale. Occorre evitare, nel modo più
assoluto, di voler sembrare diversi da quello che si è.
• Anche per gli uomini si deve anzitutto rispettare e rafforzare l’immagine di credibilità che si
vuole trasmettere.
La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 7
Le più frequenti reazioni emotive al colloquio:
1. L’ansia. L’ansia è generata dalla paura di perdere un’occasione importante e, forse, irripetibile.
Consigli contro l’ansia non c’è ne sono: tenetevela, vi servirà da stimolo e vi passerà a mano a
mano che il colloquio procede. Dovete però controllare quei nervosismi gestuali che sono
espressione visibile della vostra ansia (ticchettio della mano sul tavolo, arrotolamento della
cravatta, ravviarsi i capelli, etc).
2. La seduzione. La seduzione è un modo inconscio che ha come scopo quello di suscitare
l’attrazione e la benevolenza dell’intervistatore. Benché si attribuisca principalmente alle donne,
questo tipo di meccanismo è comune anche negli uomini. Cercata di farne buon uso, perché se
usata con discrezione può favorire la comunicazione. Non eccedete in atteggiamenti
reverenziali.
3. L’aggressività. A volte la timidezza fa brutti scherzi e proteste fare l’errore di mostrarvi troppo
sicuri di voi stessi fino a risultare boriosi. Attenzione a non eccedere o a dire cose non vere.
L’aggressività può essere indice di difficoltà a sostenere situazioni critiche che invece
richiedono calma, riflessività e serenità.
4. Il blocco emotivo. Il blocco emotivo vi può venire per moltissime ragioni, soprattutto se tenete
molto a quel posto. Quello che è importante è vivere il colloquio non come una questione di vita
o di morte, ma come un’opportunità fra tante. Se non è con questo colloquio sarà con il
prossimo che troverete la vostra collocazione lavorativa.
5. La noia. Se siete al vostro ottantesimo colloquio di lavoro potete rischiarlo di condurlo senza
interesse e senza determinazione. Anche se non ci credete più, l’opportunità statistica di trovare
il lavoro non dipende solo dal numero dei colloqui, ma anche, e soprattutto, dalla qualità degli
stessi. Mostrate quindi la stessa freschezza e lo stesso entusiasmo del primo colloquio in quello
che potrebbe essere l’ultimo.
Se vogliamo concentrare adesso la nostra attenzione sugli obiettivi del colloquio di selezione dal punto
di vista del selezionatore, dobbiamo necessariamente allargare la voce scopo della comunicazione, sino
a comprenderne almeno quattro:
• accertare che il candidato possieda i requisiti richiesti dalla mansione
La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 8
• fornire al candidato i dati sull’azienda e la posizione offerta
• controllare validità ed attendibilità delle informazioni già disponibili sul candidato
• creare nel candidato una buona impressione dell’azienda
Il colloquio di selezione può, quindi, essere considerato un’intervista, guidata dal selezionatore, volta a
testare una persona che si presenta, in qualità di candidato, per ricoprire un dato incarico lavorativo.
Esso può avvenire in risposta ad una domanda o ad un’offerta di lavoro, noti tramite un pubblico
annuncio o una lettera privata.
Durante il colloquio di lavoro l’esaminatore può utilizzare diverse tipologie comportamentali,
adottando diversi stili di conduzione dell’intervista:
• Seduttivo.
Il conduttore sembra affrontare il colloquio come se fosse un tentativo di conoscenza non
finalizzato alla selezione vera e propria. È molto accomodante, assertivo, fa spesso
complimenti al candidato. Attenzione a non esserne complice!
• Provocatorio.
Il conduttore risulta molto freddo e pone domande dirette; sembra che apertamente voglia
provocare il soggetto, contestando quello che dice o ponendo domane di tipo provocatorio
sui contenuti, senza cercare mai di mettere a proprio agio il candidato. Attenzione a
controllare bene l’emotività!
• Paterno.
Il conduttore tenta di mettere a suo agio il candidato, cercando di presentarsi con un’area
benevola e paterna. Il candidato, in questo clima, potrebbe sentirsi libero di dire ciò che
vuole senza paura di essere giudicato. Attenzione: ricordarsi sempre che si è in un colloquio
di selezione e alla fine viene emesso un giudizio!
• Professionale.
Il conduttore, in modo calmo e tranquillo, pone domande che mirano ad ottenere
informazioni sul soggetto, senza però creargli ansia e cercando comunque un clima
facilitante per il proseguimento del colloquio. Attenzione: occorre sempre mantenere alta la
soglia di attenzione!
La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 9
2. IL COLLOQUIO DI SELEZIONE
2.1 Modalità di svolgimento del colloquio
Il contenuto del colloquio frontale si presenta come una discussione in gran parte incentrata sui dati
presenti nel curriculum, che, nella maggioranza dei casi, è già stato visionato dal selezionatore, e sulle
ambizioni/propensioni lavorative del candidato. Le domande poste dal selezionatore al candidato,
vertono generalmente sul percorso di studi intrapreso e sulle esperienze formative/professionali svolte
fino a quel momento, sulle ragioni che hanno indotto eventuali interruzioni di lavori precedenti, sulle
motivazioni che hanno spinto il candidato proporsi per quella specifica figura professionale
(aspettative, ambizioni), sulla propria situazione familiare, su problemi personali particolari che
secondo il selezionatore possono essere delucidati dal candidato al fine di fornire una più chiara
immagine di sé e alla propensione a quella data mansione.
Da parte del selezionatore vengono fornite informazioni sull’azienda, sulla posizione offerta,
sull’ambiente e sulle condizioni di lavoro.
E’ necessario puntualizzare che ogni colloquio è in sé diverso ed unico, in quanto cambiano, di volta in
volta, uno o più variabili (il tipo di mansione lavorativa, i candidati, i selezionatori, gli scopi sottesi a
tale comunicazione); pertanto la durata e i temi approfonditi cambiano a seconda delle circostanze.
Per la buona riuscita del colloquio si suggerisce al candidato di essere sincero e di assicurarsi di aver
detto tutto ciò che può essere utile a fornire al selezionatore una chiara immagine di sé.
Parlando del colloquio di lavoro è necessario sottolineare che esistono i seguenti stili di intervista:
• L’intervista strutturata. Impiegata frequentemente in fase di pre-selezione, presenta una
struttura codificata in cui i selezionatori scelgono temi e domande seguendo uno schema rigido
e prefissato. Con questa tecnica si ritiene possibile fare previsioni ragionate sul futuro dei
candidati solo scandagliando accuratamente il loro passato. In questo caso rispondete
brevemente, con precisione, non esitate a porre a vostra volta delle domande alla fine del
colloquio. Talora potrà essere l’intervistatore stesso ad incitarvi a porre domande, dal momento
che esse sono altrettanto rivelatrici delle vostre caratteristiche.
La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 10
• L’intervista destrutturata. Il selezionatore tende a fare delle domande generali e senza un ordine
prestabilito; infatti il colloquio comincia generalmente con la fatidica frase:”Mi parli di lei..”.
Rispondete in maniera sintetica, evidenziando solo quelle esperienze, scolastiche e
professionali, che hanno costituito delle tappe fondamentali nella vostra carriera.
• L’intervista provocatoria (o sotto stress). Essa è usata per testare il candidato nella sua
resistenza allo stress.
• L’intervista di gruppo. Può capitare che per il numero di risposte ad una stessa inserzione, o per
il tipo di lavoro, si decida di fare un colloquio di gruppo. Si riuniscono generalmente non più di
dieci persone attorno ad un tavolo e si dà loro un argomento da trattare o un articolo di giornale
da leggere e da commentare. Da questo tipo di selezione non si vuole ricavare tanto la storia del
singolo candidato, quanto studiare la sua capacità di porsi in relazione agli altri, la sua capacità
di guidare una discussione, la capacità di resistere alla frustrazione e l’indice di aggressività
attraverso il riconoscimento stesso del gruppo. La caratteristica principale di questo tipo di
intervista è che gli esperti di selezione non intervengono mai. Sono ai bordi della stanza ed
osservano, prendono appunti e valutano ciascun candidato. La cosa più importante da fare è
stare calmi e prendersi il tempo necessario.
Abbiamo detto che i selezionatori aziendali e le agenzie che si occupano di selezione di personale
utilizzano stili diversi di intervista nei colloqui di lavoro. È bene imparare a saperli distinguere, in
quanto ciascuna modalità richiede un approccio diverso da parte dell’intervistatore e strategie di
adattamento da parte dell’interpellato. I colloqui di selezione possono essere classificati in base alla
finalità ed in base alla modalità.
In base alla finalità i tipi di colloqui più comuni sono:
• conoscitivo/motivazionale, basato sulle preferenze.
Durante un colloquio conoscitivo/motivazionale si cerca di ottenere il maggior numero di
informazioni sulle caratteristiche personali del candidato, sulla motivazione a ricoprire quel
ruolo professionale, sulle aspirazioni e sui sogni. (domande costanti in questo tipo di
colloquio risultano essere: a cosa aspira per il futuro?; Per che tipo di azienda le
piacerebbe lavorare?; Quale settore preferirebbe?;Dove intende vivere?; Mi parli dei
La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 11
maestri/formatori che ha avuto nel passato e che hanno avuto un maggiore impatto nella
sua vita, etc.).
• comportamentale o tecnico, basato sulle competenze.
Durante un colloquio comportamentale o tecnico si cerca di ottenere il maggior numero di
informazioni sulle competenze di natura tecnico professionale del candidato.
In base alla modalità i tipi di colloqui più comuni sono:
• Colloquio semplice o normale.
Si tratta di un colloquio di durata variabile (di norma dai 30 ai 90 minuti), svolto
all’interno di un ufficio o di una sala riunioni con un unico selezionatore. È il tipo di
colloquio più diffuso; viene praticato tanto nelle piccole che nelle grandi aziende, che
nelle società di ricerca e di selezione del personale.
• Colloquio a catena.
Si tratta di un’intervista di durata media ridotta (15-20 minuti) con diversi selezionatori,
effettuata secondo la tecnica delle domande di controllo: la stessa domanda viene posta
più volte in forme diverse, per verificare la reazione emotiva e la congruità delle risposte
del candidato. Viene effettuato soprattutto nelle grandi aziende e nelle società di ricerca
e selezione del personale, dove la selezione è seguita da più intervistatori con diverse
specializzazioni.
• Colloquio deambulatorio.
Viene chiesto al candidato di passare da un ufficio all’altro per essere via via intervistato
da persone diverse. Questa forma di colloquio offre generalmente al candidato la
possibilità di visitare l’azienda e di verificarne lo spirito ed il clima. In questo caso il
candidato incontrerà i responsabili delle diverse funzioni.
• Colloquio a giuria.
Il candidato è solo di fronte a più selezionatori che lo sottopongono ad una serie di
domande. Ai selezionatori questo tipo di colloquio offre la possibilità di confrontarsi a
fine intervista senza doversi raccontare tutte le fasi del colloquio. È tipico delle selezioni
della Pubblica Amministrazione e di quelle aziende che bandiscono concorsi per le
assunzioni.
La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 12
• Colloquio di gruppo.
E’ il caso in cui si convocano contemporaneamente più candidati, i quali prendono parte
a simulazioni di lavoro. In alcuni casi può presenziare anche più di un intervistatore.
2.2 Domande tipiche dei colloqui di selezione
Possono essere personali, ed hanno lo scopo di ottenere informazioni sulle caratteristiche personali del
candidato al fine di individuare le competenze trasversali utili a ricoprire un determinato ruolo
professionale, legate all’iter formativo, ed hanno lo scopo di ottenere informazioni sul livello di
scolarizzazione e sulle conoscenze acquisite nelle diverse esperienze formative (corsi aziendali, corsi di
formazione professionale, tirocini formativi, ecc), professionali ed extraprofessionali, ed hanno lo
scopo di ottenere informazioni sulle competenze e sui risultati ottenuti sia nel campo
professionale(esperienze di lavoro retribuite e non), sia in campo extraprofessionale (attività di
volontariato, associazionismo, gruppi formali ed informali).
Domande introduttive:
- Come è giunto ad interessarsi della nostra azienda?
- Per quali motivi ritiene che il contenuto dell'inserzione possa interessarla?
- Vuole riassumere liberamente i punti principali del suo curriculum?
Domande relative all’iter formativo:
- Quali le materie preferite a scuola?
- Quali le meno preferite?
- Quali le difficoltà ed i problemi incontrati?
- Come sono stati affrontati?
- Ha mai lavorato mentre studiava?
- Ha l’automobile?
- Ritiene che la sua formazione sia ormai completa?
Domande relative al percorso professionale ed extraprofessionale:
La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 13
- In che tipo di azienda ha operato (settore, organico, struttura)? Giudizi e valutazioni.
- Quali sono le tappe significative nello sviluppo professionale?
- Che cosa le è piaciuto di più? Che cosa di meno?
- Quali influenze della famiglia nelle scelte professionali?
- Quali sono le responsabilità che è disposto ad assumersi?
- Vuole fare un'analisi dettagliata della sua ultima occupazione?
- Perché ha lasciato i precedenti lavori?
- Di che tipo sono i rapporti con il suo ex datore di lavoro?
- Perché sta cercando un nuovo impiego?
- Quante ore lavoro di media ogni giorno?
- Preferisce il lavoro di gruppo o per lei è meglio lavorare da solo?
- Le piace l’idea di avere un posto fisso?
- È disposto a fare straordinari?
- Quanto pensa di guadagnare?
- Quali sono i traguardi lavorativi che si prefigge di raggiungere? Entro quanto tempo?
- Come preferisce trascorrere il tempo libero?
Domande personali:
- Mi parli di lei… si presenti.
- Come è composta la sua famiglia?
- Quali attività svolgono i suoi familiari?
- Si ritiene simile, o diverso, per carattere ai suoi congiunti?
- Quali ritiene siano i suoi punti di forza?
- Quali i suoi punti di debolezza?
- Quali aspetti potrebbe migliorare?
- Vuole fare una descrizione libera di sé e del proprio carattere?
- Quanto è attaccato alle proprie idee?
- È disponibile a cambiare parere?
- Quali sono le sue reazioni e difese nell’affrontare situazioni frustranti o stressanti?
La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 14
3. IL CURRICULUM VITAE
Il curriculum è l’elemento chiave del colloquio di selezione, dal momento che è considerato dai
selezionatori aziendali come un vero e proprio biglietto da visita del candidato; è attraverso questo
ritratto che avviene, infatti, il primo scambio di informazioni tra lui e l’azienda in cerca di personale.
E’ il curriculum a fare la differenza. E’ indispensabile, quindi, prepararlo con attenzione, curandone
ogni aspetto: il contenuto - con le informazioni di tipo anagrafico, gli studi svolti e le esperienze
lavorative precedenti, le aspirazioni e gli interessi professionali, - così come la forma, l’impostazione
grafica ed il linguaggio.
Nel curriculum vitae il candidato espone quello che può offrire, le sue esperienze di maggiore valore,
ed illustra come queste corrispondano al profilo di cui l’azienda ha bisogno.
Un curriculum riuscito, infatti, è quello che riesce a comunicare in modo efficace le caratteristiche
peculiari di chi lo compila, le sue competenze, le sue capacità di relazione e i suoi obiettivi
professionali, ma, soprattutto, l’affinità con la mansione ricercata. Lo scopo immediato del curriculum
è motivare il selezionatore a conoscere di persona il suo autore e fissargli un appuntamento. Un
curriculum vitae interessante e ben fatto, in pratica, è la chiave che può motivare l’azienda a scegliere
proprio lui, e ad aprirgli le porte del colloquio di selezione.
Alla base di un curriculum vitae efficace c’è una fase preparatoria che riguarda l’automotivazione e
l’orientamento (Chi sono?, Che tipo di lavoro mi piace fare?).
Il primo passo da compiere per orientarsi è “sapere chi si è in relazione all’obiettivo che ci si è posti e
porsi un obiettivo in relazione a chi si è”.
Scrivere un curriculum vitae senza personalizzarlo o senza chiedersi prima quale sia l’obiettivo cui
mirare serve a poco.
L’automotivazione è dunque quella risorsa interiore che permette di affrontare i numerosi ostacoli
professionali in modo positivo e determinato. Superare gli ostacoli è meno difficile per chi è capace di
cercare dentro di sé la forza e la volontà per trovare una soluzione. Il fatto che una persona motivata
abbia più chance di riuscita rispetto ad una demotivata è evidente per tutti, dal momento che nessuna
azienda e nessun selezionatore non assumeranno mai una persona che non risulti motivata ad ottenere
quel tipo di lavoro, e perciò propositiva nello svolgerlo in seguito.
La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 15
Per aumentare dunque le possibilità di riuscita diventa perciò importante orientarsi ed automotivarsi,
oltre che qualificarsi professionalmente dotandosi di competenze e specializzazioni
Il curriculum vitae è la fotografia della situazione anagrafica e della preparazione e della professionalità
di chi lo compila. E’ un documento e non una lettera personale; dovrà, quindi, essere il più
professionale possibile per stile, forma e linguaggio. L’efficacia di un curriculum viene misurata non
solo dall’impressione generale che suscita, ma anche dall’immediatezza e dalla incisività che risultano
dalla lettura. Per questo motivo, gli elementi devono essere presentati in modo chiaro, con una struttura
semplice e di facile comprensione e consultazione. Deve essere, per questo, esauriente, sintetico e
strutturato a blocchi per permettere una facile individuazione, da parte del selezionatore, degli elementi
di suo interesse.
Chiunque sia alle prese con la stesura del curriculum vitae dovrà imparare ad applicare il principio del
self-marketing: nel marketing di se stessi l’importante è porre l’accento sui propri punti di forza e
valorizzarli con una comunicazione incisiva. Si tratta, in sostanza, di applicare la disciplina del
marketing alla propria persona. L’obiettivo è portare il selezionatore a pensare che colui che ha scritto
il curriculum che ha di fronte è il “prodotto” che fa per lui, quello che la sua azienda cerca in risposta
alle sue esigenze di personale. Nell’applicare il self-marketing non bisogna strafare, né mentire o
vantare competenze che non si possiedono; si tratta di operare un “lifting”leggero ma sapiente, che
metta in risalto i tratti migliori e i punti di forza, nascondendo per quanto è possibile i difetti e i punti di
debolezza.
Nella filosofia del self-marketing non c’è posto per i curriculum vitae in fotocopia, scritti una volta sola
e inviati uguali a tutti i destinatari. Il curriculum vitae non è uno, ma tanti quante sono le candidature
che si intendono inviare; il curriculum vitae dovrà dunque essere personalizzato e confezionato su
misura per l’azienda per la quale si è in corsa. Andrà dunque modificato a seconda del destinatario, e in
base alla posizione lavorativa ricercata, si dovranno evidenziare le competenze e i punti di forza più
appetibili.
Il curriculum vitae va sempre ripartito in alcune aree tematiche fisse o sezioni, ordinate secondo una
sequenza logica:
dati anagrafici e personali
studi compiuti
lingue conosciute
competenze informatiche
La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 16
esperienze lavorative e professionali
motivazioni e aspirazioni
hobby e attività extraprofessionali.
Nella sezione dei dati anagrafici vanno anzitutto indicati chiaramente nome e cognome, la data ed il
luogo di nascita, l’indirizzo ed i recapiti telefonici, lo stato civile, la nazionalità, l’indirizzo di posta
elettronica e, per gli uomini, l’assolvimento o meno degli obblighi di leva. Occorre sottolineare che la
fotografia va allegata solo se è richiesto espressamente, altrimenti mai. La foto va invece portata
quando si è convocati al colloquio (di solito la foto viene richiesta telefonicamente prima dell’incontro,
ma è meglio averla in tasca comunque, nel caso l’ufficio del personale se ne fosse dimenticato e perché
può essere un elemento in più che dimostra di essere preparati a sostenere il colloquio). Quando invece
la foto è richiesta, dovrà sempre essere una foto tessera a colori, recente, che ritragga il candidato nel
suo aspetto attuale, in modo professionale e con il viso in primo piano.
Per la sezione dedicata agli studi compiuti, occorre innanzitutto decidere e scegliere tra i due modelli di
elencazione possibili: quello cronologico, che parte dal diploma più lontano nel tempo, oppure quello
anticronologico, in cui si comincia dal titolo più alto.
Curriculum cronologico ed anticronologico corrispondono a due tradizioni diverse: il primo si rifà a
quella italiana, mentre il secondo è tipicamente anglosassone.
Come comportarsi? Se il curriculum vitae è diretto ad un’impresa italiana, il consiglio è di usare
l’ordine cronologico poiché, per mentalità e cultura, i nostri selezionatori, abituati al ritmo di pensiero
sequenziale, si aspettano di trovare nel curriculum i titoli messi in quest’ordine.
L’impostazione anticronologica può essere adoperata nel curriculum di chi lavora da molto tempo, e
l’esperienza del diploma può risultare ormai lontana e poco significativa (chi, viceversa, è all’inizio
della vita lavorativa, metterà subito il diploma con la votazione conseguita e la eventuale laurea). Per
ogni titolo di studio conseguito andranno specificati: l’istituto, l’anno di conseguimento e la votazione.
Se si sono frequentati corsi di specializzazione è in questa sezione che vanno indicati, utilizzando
l’ordine cronologico ed evidenziando solo quelli più importanti ed in linea con la posizione ricercata.
Nel curriculum vitae è fondamentale indicare la conoscenza delle lingue straniere, che ormai sono una
competenza richiesta per qualsiasi genere di lavoro, specificando sempre il livello. I termini da usare
per indicare il livello di conoscenza possono essere: madrelingua (se lo si è veramente); ottimo (fluente
con conoscenza e padronanza delle sfumature della lingua), buono (se lo si parla con una certa
disinvoltura), sufficiente/scolastico (se si è all’inizio dello studio di una lingua oppure se la si è studiata
La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 17
solo a scuola). È importante far sapere se si conosce più di una lingua. È importante anche dichiarare se
si sono seguiti corsi (in Italia o all’estero) o se si è lavorato o fatto stage all’estero.
Anche nel caso delle competenze informatiche, competenze ormai importantissime e trasversali, è
importante evidenziare se si ha una conoscenza solo come utilizzatori o anche come programmatori, ed
il livello di conoscenza dei singoli programmi applicativi e delle procedure. La conoscenza di internet,
del WEB, della posta elettronica e del linguaggio html vanno evidenziate.
Anche per quanto riguarda la sezione dedicata alle esperienze professionali si deve decidere se
organizzarla in ordine cronologico oppure anticronologico. È una decisione molto personale, dal
momento che non esistono regole fisse e possono essere usate entrambi. Molti selezionatori, comunque,
consigliano di optare per il curriculum cronologico, cioè quello in cui dalla prima esperienza si risale
alla più recente. Questa impostazione, infatti, rende più agevole la valutazione globale del percorso
professionale, evidenziando la crescita e la progressione di carriera (occorre sottolineare che questa
scelta dovrà essere congrua con quella effettuata nella sezione relativa agli studi compiuti).
Nell’indicare le proprie esperienze lavorative è importante descrivere non solo il ruolo svolto ma
spiegare in dettaglio di che cosa ci si è occupati specificatamente, tenendo sempre conto della
candidatura che stiamo prendendo in esame.
Nel citare le aziende presso le quali si è lavorato è necessario scrivere per esteso ed in modo completo
la ragione sociale della società e la sede di lavoro. Chi ha lavorato in nero non dovrà mai specificare il
nome dell’azienda presso la quale ha lavorato; dovrà descrivere l’esperienza di lavoro ma senza entrare
nei particolari. In questa sezione vanno anche dichiarate, se svolte, le esperienze di stage, che sono
un’esperienza di valore soprattutto per chi è alla ricerca del primo impiego. Anche per gli stage
andranno dichiarati la società che li ha organizzati, il periodo di svolgimento e le mansioni svolte.
Nella sezione dedicata alle aspirazioni e alle motivazioni, il candidato spiegherà le proprie prospettive
di sviluppo professionale e quali nuove esperienze lo interessano. Queste informazioni servono per dare
a chi sta effettuando la selezione un’idea della motivazione del candidato.
Per quanto riguarda alla sezione dedicata agli interessi extraprofessionali, non tutti sono d’accordo
sull’opportunità di inserire quest’area nel curriculum vitae. Al contrario, le aziende e chi si occupa di
selezione del personale hanno sempre più interesse a capire chi si trovano di fronte, per poter
veramente mettere “l’uomo giusto al posto giusto”; hanno bisogno di sapere se hanno a che fare con
una persona che realmente potrebbe ricoprire la posizione richiesta. Questa sezione è particolarmente
utile per chi si affaccia sul mondo del lavoro, perché fornisce molte informazioni sulla personalità del
candidato: alcuni hobby ed interessi, in particolare, possono essere significativi da un punto di vista
La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 18
professionale perché funzionali a sottolineare la motivazione e l’interesse del candidato per la
posizione che ricerca.
Il curriculum deve essere sempre datato, firmato e soprattutto contenere l’autorizzazione al trattamento
dei dati personali (Autorizzo il trattamento dei mie dati personali ai sensi della L. 675/96, anche con
modalità elettroniche e/o automatizzate, per la finalità di ricerca e selezione di personale).
La forma del curriculum vitae.
• Stile del curriculum vitae.
Il curriculum deve essere facile da leggere ed in grado di consentire, anche ad una lettura rapida
e superficiale, di cogliere gli elementi che il candidato vuole mettere in luce. Il curriculum
giusto, dunque, è quello che fa emergere le parti interessanti per il selezionatore, che è sintetico
ma non telegrafico, chiaro ma non arido ed asciutto, dettagliato, non pignolo e personale ed
efficace in modo da catturare l’interesse di chi legge. Non deve essere narrativo, ma articolato a
schemi e intervallato con neretti in modo che le notizie siano subito individuabili.
Il curriculum non va mai scritto in terza persona, ma sempre in prima persona.
• Lunghezza del testo
Molti candidati sono convinti che più si scrive e migliore sarà l’impressione che si darà al
selezionatore. Non è così. Il curriculum non deve superare le due cartelle, due pagine sono la
misura ideale. Troppe notizie distraggono chi legge e danno l’impressione di superficialità;
poche informazioni forniranno un’immagine incompleta del candidato e ridurranno le sue
possibilità di essere scelto per il colloquio di selezione.
• Linguaggio.
Un curriculum non deve mai essere anticonvenzionale. Uno stile umoristico o sopra le righe,
così come un’impostazione grafica estrosa, sono rischiosi, anche se si cerca lavoro in settori in
cui la creatività e l’originalità rientrano fra i requisiti richiesti ed apprezzati.
Il curriculum deve essere in grado di catturare l’attenzione, ma anche essere in linea con lo stile
ed il linguaggio del destinatario. Il curriculum non è una lettera, bensì un documento
professionale: non dovrà essere troppo discorsivo e colloquiale, ma piuttosto semplice e serio.
• Grafica.
Il curriculum vitae deve essere come un biglietto da visita, per cui dovrà essere chiaro, leggibile,
ordinato, completo e di giusta misura. Un curriculum ben impostato graficamente, infatti,
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trasmette subito un’impressione di ordine e di precisione. Non dovrà quindi contenere né errori
di battitura né correzioni. Non si deve mai unire al curriculum il proprio biglietto da visita, ne
andrà, inoltre, usata la carta intestata privata. Il curriculum vitae deve essere preferibilmente
scritto su carta bianca, formato A4. Il curriculum deve essere scritto usando il personal
computer, non più la macchina da scrivere. Vanno evitate assolutamente le fotocopie.
L’impostazione grafica del curriculum dovrà essere razionale e seguire un preciso schema che si
ripeterà sui due fogli del documento. I titoli saranno maiuscoli ed in neretto. Anche per
l’impostazione grafica vale quanto detto per lo stile ed il linguaggio: presentare un curriculum
vitae graficamente insolito è sempre rischioso. Meglio usare un carattere tipografico semplice,
leggibile e non troppo ricercato.Il curriculum non deve essere mai, se questo non viene
esplicitamente richiesto, scritto a mano. Oltre ad essere meno leggibile, un foglio manoscritto
potrebbe venire usato come strumento per l’analisi grafologica e fornire quindi ulteriori
elementi di valutazione all’insaputa del candidato. Se le aziende richiedono il manoscritto, il
curriculum non deve essere compilato in stampatello, ma in corsivo, con una grafia il più
possibile chiara e comprensibile e deve essere sempre scritto con una penna biro nera.
4. LA LETTERA DI PRESENTAZIONE
Quando si invia il curriculum vitae è opportuno che esso sia corredato dalla lettera di
accompagnamento. La lettera di accompagnamento ha diversi ed importanti obiettivi; essa permette di
valutare la capacità di impostare una lettera formale, di stabilire a chi e come ci si indirizza, scrivere in
italiano corretto e formulare i propri obiettivi in modo chiaro e sintetico.
La lettera sarà impostata su un normale foglio di carta A4, evitando fogli colorati o carta molto leggera
o troppo spessa; non deve contenere errori di ortografia o di sintassi ed il linguaggio usato dovrà essere
scorrevole e lineare. La lettera dovrà quindi essere scorrevole, di facile lettura e, in linea di massima,
non più lunga di circa quindici righe di testo. Anche la lettera di accompagnamento, come il curriculum
vitae, dovrà sempre essere firmata.
In linea generale una lettera di accompagnamento dovrà essere composta da tre paragrafi.
La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 20
Il primo paragrafo dovrà contenere la presentazione del candidato o, nel caso in cui si risponde ad
un’inserzione, il primo paragrafo e l’oggetto faranno riferimento all’inserzione alla quale si risponde.
Nel secondo paragrafo saranno contenuti i propri obiettivi, gli elementi di contatto tra la propria
professionalità e il ruolo che si intende ricoprire, i propri obiettivi e la ragione per la quale abbiamo
deciso di presentarci.
Il terzo paragrafo sarà dedicato ai ringraziamenti ed ai saluti.
LA COMUNICAZIONE NELLE ORGANIZZAZIONI
La comunicazione nelle Organizzazioni 2
INDICE
A. PARTE INTRODUTTIVA
1. COMUNICARE E ORGANIZZARE NELLA CONTEMPORANEITÀ
2. APPROCCIO ALLA COMUNICAZIONE NELLE ORGANIZZAZIONI
3. AREE, FORME E TIPI DI COMUNICAZIONE NELLE ORGANIZZAZIONI
4. PUBBLICO E STRUMENTI DELLA COMUNICAZIONE NELLE
ORGANIZZAZIONI
5. COMUNICAZIONE PUBBLICOISTITUZIONALE E NUOVE TECNOLOGIE
B. SCHEDE DI SPECIFICAZIONE
1. COMPLESSITÀ
2. COMUNICAZIONE E INFORMAZIONE
3. LA COMUNICAZIONE IN ITALIA
4. EDITORIA
5. IMMAGINI, IDENTITÀ, POSIZIONAMENTO DELL’ORGANIZZAZIONE
6. COMUNICAZIONE INTERNA
6.1 COLLOQUIO
6.2 RIUNIONE DI LAVORO
6.3 LEADERSHIP
6.4 BISOGNI E COMPORTAMENTI UMANI (PIRAMIDE DI MASLOW)
6.5 CONSIGLI
7. COMUNICAZIONE ESTERNA
7.1 OPINIONE PUBBLICA
7.2 SISTEMA DELLE ISTITUZIONI
7.3 SISTEMA FINANZIARIO
7.4 SISTEMA DEI MEDIA
La comunicazione nelle Organizzazioni 3
7.5 SISTEMA COMMERCIALE
7.6 COMUNICAZIONE DI MARKETING
7.7 MARCA
8. COMUNICAZIONE VERBALE
9. COMUNICAZIONE FORMALE
10. COMUNICAZIONE INFORMALE
11. COMUNICAZIONE SCRITTA
12. COMUNICAZIONE FUNZIONALE
13. COMUNICAZIONE INFORMATIVA
14. COMUNICAZIONE CREATIVA
15. COMUNICAZIONE FORMATIVA
16. PUBBLICI (STAKEHOLDERS)
17. FINALITÀ INTERNE
18. PUBBLICI INTERNI
19. PUBBLICI ESTERNI
20. STRUMENTI INTERNI
21. STRUMENTI ESTERNI
22. MESSAGGIO
23. CARTE DEI SERVIZI PUBBLICI
24. CODICE DI COMPORTAMENTO DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
25. CODICE DI STILE
26. RETI CIVICHE
27. URP
28. FIRMA DIGITALE
29. TELELAVORO
30. E-LEARNING
La comunicazione nelle Organizzazioni 4
A. PARTE INTRODUTTIVA
La comunicazione nelle Organizzazioni 5
1. COMUNICARE E ORGANIZZARE NELLA CONTEMPORANEITA’
Nella società postindustriale e postmoderna, il bisogno di comunicazione e di conoscenza è aumentato
assieme all’eterogeneità e all’interdipendenza dei soggetti e dei settori del sapere coinvolti nella vita
organizzativa, e assieme al ritmo delle innovazioni tecnologiche.
La crescente complessità (1) tecnologica, sociale, culturale, ha contribuito a rendere più evidente il
rapporto di stretta interdipendenza tra i processi organizzativi e i processi comunicativi.
Ogni organizzazione si trova ad operare in contesti caratterizzati da quelle tendenze socioeconomiche
che hanno condotto al fenomeno della globalizzazione: liberalizzazione, interconnessione ed
integrazione dei mercati, diffusione delle ICT (Information Communication Technologies), sono al
contempo cornici dello scenario internazionale dell’azione organizzativa, propulsori del cambiamento e
generatori di sviluppo per i soggetti pubblici e privati.
Anche in Italia le organizzazioni di tipo pubblico (pubblica amministrazione, ministeri, enti locali) e le
organizzazioni di natura imprenditoriale (aziende), ritrovandosi inserite in tali scenari, stanno
rispondendo attraverso profondi processi di ristrutturazione.
Per descrivere e comprendere il contesto tecnologico, economico e sociale in cui operano individui ed
organizzazioni, e per afferrare il senso della crescente consonanza tra processi organizzativi e processi
comunicativi, risulterà utile riferirsi al paradigma della rete (network).
Reti organizzative, informatiche, civiche; negli ultimi dieci anni il modello del network ha pervaso
quasi tutti gli ambiti della vita sociale, affermandosi come caratteristica trasversale delle società
contemporanee.
Il mcluahniano villaggio globale è interpretabile come una sorta di grande rete socio-tecnica, composta
da tante sottoreti che tendono ad inter-connettersi e ad inter-operare.
Sinergie, cooperazioni, abbattimenti delle distanze geografiche e culturali si delineano dunque come
alcune delle principali direzioni intraprese dagli attori di una società dell’informazione e della
conoscenza, che produce parallelamente nuove politiche del controllo, nuove barriere di accesso
all’informazione e nuove modalità di sorveglianza.
Iniziamo ad analizzare le dinamiche comunicative di quei particolari attori collettivi rappresentati dalle
organizzazioni. Sia che esse eroghino servizi pubblici per la cittadinanza o producano beni e servizi per
generare profitto ed affermarsi sul mercato, verranno trattate come sistemi aperti in cui i confini tra
interno ed esterno tendono sempre più ad assottigliarsi.
La comunicazione nelle Organizzazioni 6
Le immagini riportate dai concetti di rete e sistema aperto, consentono di visualizzare il “paesaggio” in
cui si muovono le organizzazioni complesse e di individuare nella comunicazione (internodale,
interno/esterno) l’elemento centrale dei processi culturali ed organizzativi del terzo millennio.
Focalizzeremo quindi l’attenzione sulla dimensione comunicativa interna alle organizzazioni e sulle
modalità comunicative che esse attuano verso l’eterno.
Cosa si intende per organizzazioni ?
Ci si riferisce, in linea generale, a tutte quelle strutture sociali complesse basate su regole, all’interno
delle quali gruppi di individui vivono e lavorano perseguendo obiettivi condivisi.
Le organizzazioni istituzionali, i ministeri, le pubbliche amministrazioni, così come l’azienda privata
nei suoi vari dimensionamenti (piccola, media, grande) e mission produttive, sono investiti da processi
di dematerializzazione, delocalizzazione e “virtualizzazione” delle attività comunicative.
Le comunicazioni e le relazioni tra gli appartenenti ad un’organizzazione e tra essa e l’ambiente esterno
vengono sempre più affiancate dalle nuove tecnologie (reti di computers, architetture telematiche per la
videoconferenza, il lavoro collaborativo a distanza), che, oltre a facilitare gli scambi di informazioni e
ad annullare le barriere fisico-spaziali tra persone e gruppi, condizionano le modalità e (forse) l’essenza
stessa dell’interazione comunicativa, facendo emergere nuove opportunità e nuovi problemi.
Computers, reti telematiche, nuove procedure elettroniche sono i “luoghi” in cui si fondono
comunicazione, organizzazione e produzione. Attraverso i new media si attua una comunicazione
“totale”. L’apparente immaterialità dell’elaborazione e gestione elettronica delle informazioni, che
supporta l’azione organizzativa, trasferisce i suoi effetti sulla realtà materiale; ad esempio, le ricadute
in termini economici e sociali di uno scambio elettronico di informazioni in tempo reale sono sotto gli
occhi di tutti (commercio digitale, borse on-line, reti civiche, forum).
Le organizzazioni imprenditoriali e non riducono la manodopera, decentrano, sviluppano partnership
strategiche e fusioni con altri soggetti, dedicando notevoli risorse alle infrastrutture info-telematiche
per ottenere importanti vantaggi competitivi.
Oggi le tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono gli strumenti delle politiche di
cambiamento di molte organizzazioni. I livelli raggiunti dal web, ed in particolare dalle reti a banda
larga, stanno risolvendo numerosi problemi connessi alla gestione della comunicazione e del controllo,
all’insegna della potenza distribuita e della facilità d’uso. L’organizzazione della conoscenza in archivi
digitalizzati e l’architettura web hanno reso possibile la diffusione della rete Internet, che rappresenta
La comunicazione nelle Organizzazioni 7
l’uscita della tecnologia dell’informazione dai centri di elaborazione dati e il fenomeno di massa più
importante dopo la diffusione della televisione.
Una certa concezione trasmissiva della comunicazione, che vede l’invio di informazioni e messaggi da
una fonte emittente a un ricevente (da un punto all’altro della rete), senza preoccuparsi troppo delle
dinamiche di feedback e di scambio, va oggi integrata con un approccio di tipo relazionale, che
consideri la comunicazione come un momento strategico sia per la formazione dell’immagine che
l’organizzazione offre di sé, sia per la formazione dell’identità dei membri che vi lavorano.
Comunicare (2) è sinonimo di trasmettere, informare, ma significa soprattutto mettere in comune
qualcosa. Gli uomini, attraverso la comunicazione, interagiscono, condividono valori ed esperienze,
La comunicazione nelle Organizzazioni 8
definendo in questo modo la loro appartenenza ad una comunità (reti e sottoreti possono essere
interpretate come comunità in comunicazione tra loro).
Attraverso le tecnologie della comunicazione si instaura quindi un nuovo modo di comunicare, un
nuovo modo di veicolare elementi culturali e di formare identità.
Nella società dell’informazione (2), dunque, da un lato l’elemento visivo, l’immagine, acquista valore
strategico e globalizzante, e dall’altro l’individuo, i cui orientamenti di gusto sono il motore del
mercato e dello sviluppo delle organizzazioni, diviene più competente e consapevole.
La conoscenza delle ricadute della buona gestione dell’immagine e delle relazioni tra persone e tra
gruppi nell’organizzazione, fa sì che oggi si investa nella comunicazione dotandosi di professionalità e
mezzi in grado di affrontare al meglio la complessità.
La dimensione collettiva dell’agire umano trova nelle organizzazioni un luogo di sviluppo, dove si
verifica una condivisione di spazi, comportamenti, simboli ed emozioni.
L’organizzazione è pertanto una rete relazionale complessa, dotata di un centro direzionale che veicola
e riceve informazioni dai nodi della rete rappresentati da singoli membri e dai gruppi di membri che
presidiano determinate funzioni.
Alla base dei processi culturali e sociali, a livello nazionale, etnico, religioso, aziendale, ci sono le
risorse fondamentali che l’essere umano utilizza per adattarsi all’ambiente e per essere partecipe di un
gruppo, tra cui l’apprendimento e la comunicazione.
Ogni organizzazione, così come ogni gruppo umano, si trova ad operare in un ambiente culturale di
riferimento, e a sua volta crea un proprio ambiente interno. Crea una propria cultura, generata
dall’insieme della filosofia che ispira l’agire organizzativo, dagli obiettivi raggiunti e da raggiungere,
dai prodotti realizzati nel corso della sua storia e di quelli che intende realizzare in futuro, dalla
tensione emotiva interna e dalle politiche di pianificazione e sviluppo.
Il “pensare” e il “sentire” di un’organizzazione vengono trasmessi attraverso simboli, convenzioni
linguistiche, pratiche e comportamenti che si formano e si acquisiscono nel tempo sulla base di
regolamenti astratti e persone-chiave (capi, responsabili) che filtrano norme e valori aziendali
attraverso la loro individualità, comunicandoli ai collaboratori e ai dipendenti.
La cultura di un’organizzazione si sviluppa nella comunicazione interna e nella comunicazione verso
l’esterno ad opera dei propri membri, secondo le dinamiche di adattamento e l’influenza che
caratterizzano l’iter formativo delle identità individuali e collettive.
La comunicazione nelle Organizzazioni 9
L’organizzazione tende a regolarsi e a mantenere il proprio equilibrio attraverso norme, gerarchie,
livelli di autorità, che inquadrano e pongono dei limiti alla libertà e alla soggettività di cui è portatore
qualunque essere umano quando entra e si muove in un gruppo sociale.
Tra ambiente esterno e membri che costituiscono una determinata organizzazione vi è un continuo
fluire di informazioni e forme di condizionamento; la comunicazione è la dimensione in cui avvengono
gli scambi tra sistema esterno e micro-sistemi interni.
L’organizzazione contemporanea è quindi da interpretare come un sistema aperto e non più come una
struttura burocraticamente chiusa nella difesa della propria stabilità.
Le barriere aziendali sembrano abbassarsi, facendo emergere l’organizzazione come un sistema psico-
sociale complesso nel quale convivono personalità diverse legate da un substrato culturale comune in
grado garantirne la coesione.
All’interno di tale sistema, ogni individuo può entrare in conflitto con le altre soggettività e con i valori
comunicati dall’organizzazione. A tale proposito, la struttura organizzativa prevede che vi siano
personalità investite (per merito, indole, bagaglio conoscitivo-esperienziale) di particolari ruoli e
funzioni, preposte a gestire processi produttivi, comunicativi e relazionali tra i membri
dell’organizzazione e tra l’organizzazione e l’ambiente esterno.
Unitamente al concetto di cultura, quale elemento distintivo di ogni organizzazione, risulterà utile
introdurre il concetto di clima; il clima può essere definito come l’insieme di condizioni psicologiche
che stanno alla base dell’atmosfera emozionale che connota un’organizzazione e le parti di essa (uffici,
divisioni, reparti).
Dal conflitto o armonizzazione tra sfera collettiva e sfera individuale dei bisogni e dei valori, si instaura
il clima organizzativo che viene modificato costantemente dai membri, impegnati nella costruzione e
ricostruzione del senso che ognuno di essi dà al proprio “stare nell’organizzazione”, rappresentato da
una continua negoziazione tra passato, quotidianità e percezione/progettazione del futuro.
La vita di ogni individuo, così come di ogni gruppo umano, è caratterizzata da momenti di
apprendimento all’interno di un contesto di riferimento e da momenti di apprendimento/assorbimento
di elementi provenienti dall’esterno; tali fasi, rispettivamente definite (nelle scienze sociali, in
antropologia culturale) inculturazione e acculturazione, si perpetuano proprio attraverso la
comunicazione e l’osservazione di comportamenti.
Tramite la comunicazione si costruiscono significati e si trasmettono conoscenze interagendo con altri
individui/gruppi.
La comunicazione nelle Organizzazioni 10
In precedenza abbiamo parlato di sistemi aperti e di rete per indicare le tendenze del “fare
organizzazione”, del “fare impresa” nell’epoca attuale. Il concetto di organizzazione adottato è riferito
a qualunque sistema produttivo con statuto giuridico avente uno scopo di lavoro (produzione di
merci/erogazione di servizi), e vuole raccogliere le varie forme e tipologie di organizzazione (profit/no-
profit, pubblico/privato) che, a seconda dell’entità (in termini di personale, fatturati, investimenti) e
della vocazione (missions, politiche di sviluppo, caratteristiche politiche dei vertici), daranno più o
meno importanza alla dimensione della comunicazione.
Con comunicazione aziendale (o d’impresa) ci si riferisce prevalentemente al settore privato, ai
tradizionali protagonisti del mercato dei beni e dei servizi.
Con l’espressione comunicazione pubblica ci si riferisce alla comunicazione attuata dalle pubbliche
amministrazioni (P.A.) e dalle istituzioni della sfera pubblica.
Si parla poi di comunicazione del terzo settore per le modalità comunicative delle associazioni di
volontariato e no-profit.
La comunicazione che definiamo organizzazionale vuole comprendere tali ripartizioni della
comunicazione applicata a specifici ambiti dell’agire umano (commerciare, amministrare la cosa
pubblica, diffondere solidarietà e assistenza). Le organizzazioni, nella loro accezione più generale, sono
soggetti collettivi costituiti da individui che “vivono” la filosofia e gli scopi del loro universo
produttivo e lavorativo. Tali soggetti sono l’organizzazione, che comunica con l’ambiente esterno, che
si muove strategicamente nell’attendere alla propria missione. La comunicazione organizzazionale è da
intendersi come integrazione tra interno ed esterno, tra macrostrategie di immagine e tecnologie per la
diffusione dei messaggi, tra teamwork e stili personali di gestione delle relazioni, tra socialità e
progettazione.
Ognuno di noi è, al contempo, cittadino, utente, cliente, vale a dire beneficiario di servizi che
rappresentano dei diritti di cui gode in qualità di appartenente ad una comunità, e soggetto-consumatore
che si muove nel mercato dei beni e dei servizi scegliendo cosa e come acquistare sulla base di
conoscenze, atteggiamenti e pulsioni personali.
L’intreccio tra pubblico e privato è sempre più pervasivo e gli utenti-clienti di imprese pubbliche,
private, miste, sono i destinatari di una comunicazione che mira ad instaurare rapporti di fiducia
finalizzati a far conoscere attività, a diffondere servizi e prodotti, a sviluppare comportamenti
d’acquisto.
Le organizzazioni (sia pubbliche che private), centrate sino a poco tempo fa sui sistemi di
programmazione e controllo per la propria autoregolazione, si manifestano oggi sempre più nella loro
La comunicazione nelle Organizzazioni 11
dipendenza dall’ambiente esterno, aumentando perciò i livelli di flessibilità e di accesso alle risorse
esterne, sviluppando relazioni ed attuando strategie per affrontare al meglio il cambiamento derivante
dal continuo adattamento all’ambiente.
Ogni epoca storica è caratterizzata da teorie economiche e sociali che generano modelli di
organizzazione in cui viene data importanza ad una o a più funzioni (programmazione-controllo;
informatica; comunicazione) e, parallelamente, prendono piede determinati approcci alla
comunicazione sino alla diffusione di alcuni modelli prevalenti.
Le aziende si trovano oggi ad operare in un contesto dinamico, e a convivere con una crescente
complessità interna ed esterna. Tecnologie in rapido sviluppo, variazioni economiche imprevedibili,
mutamenti imprevisti nella domanda da parte dei clienti e nell’offerta da parte dei concorrenti, la
molteplicità delle professionalità coinvolte e la tensione ad innovarsi, spingono l’organizzazione
contemporanea a diversificarsi, a delegare, a decentrare.
In queste situazioni, dove l’incertezza è fisiologica, anche l’ostilità gioca un ruolo importante nelle
dinamiche organizzative, trovando terreno fertile nella comunicazione, cioè nella dimensione in cui si
formano alleanze e si sviluppano conflitti e rotture.
La concorrenza, i rapporti con i sindacati e con il mondo politico e le modalità di approvvigionamento
delle risorse necessarie, possono contribuire a creare un ambiente ostile, caratterizzato da un alto
dinamismo e da tempi brevi di adeguamento.
L’organizzazione dovrà allora investire energie nel coordinare le sue parti basandosi su meccanismi
flessibili e meno formali.
Appare chiaro che ogni agire comunicativo è commisurato all’entità dell’organizzazione e al suo
contesto socio-culturale di riferimento. Attuare strategie di comunicazione significa quindi impegnarsi
in attività dove pianificazione e progettazione vanno utilizzate in modo “sensibile” da parte di
management, direttori d’area ed esperti. Le tecniche e gli strumenti rappresentano l’aspetto operativo di
una strategia comunicativa, che fonda invece la sua efficacia sulla capacità di comprendere, ascoltare
ed interpretare utilizzando energie creative, che attraverso la conoscenza, l’intuizione e la
programmazione consentano di raggiungere gli obiettivi prefissati.
Dal 1960 ad oggi si è verificata una trasformazione dei fattori ritenuti di successo per lo sviluppo
dell’organizzazione imprenditoriale che, dai principi della produttività ad ogni costo,
dall’accumulazione del profitto e dallo sfruttamento della forza lavoro, ha condotto ad una maggiore
attenzione verso le esigenze e le aspettative dei consumatori e verso la formazione del personale
interno.
La comunicazione nelle Organizzazioni 12
Gli obiettivi di sedurre e manipolare i gusti del pubblico, attraverso le prime forme di pubblicità
indiscriminata, sono stati gradualmente integrati in una comunicazione pubblicitaria di tipo
informativo, ispirata da razionalità, qualità e trasparenza.
L’individuo si pone al centro delle strategie di sviluppo delle organizzazioni moderne; il cliente-
consumatore è divenuto nel tempo più esperto e più responsabile, richiedendo alle imprese maggiore
affidabilità, efficienza, sicurezza.
Le politiche produttive, che mirano ad intercettare i bisogni di un soggetto che attua pratiche d’acquisto
in modo informato e sofisticato, prevedono una comunicazione esterna più dettagliata e tarata sulla
fascia di pubblico (target), cui le organizzazioni commerciali si vogliono riferire per commercializzare
un determinato prodotto/servizio.
Al tempostesso, assumono sempre più importanza il soggetto interno all’organizzazione, l’attenzione
verso le dinamiche di gruppo, la gestione delle professionalità disponibili e la consapevolezza che la
connessione e l’integrazione tra interno ed esterno passa proprio attraverso i membri, che sono uno dei
veicoli principali di comunicazione, essendo essi stessi portatori della cultura organizzativa.
Come si è accennato precedentemente, in uno scenario caratterizzato da processi di globalizzazione dei
mercati, evoluzione delle tecnologie e crescente complessità sociale, per un’azienda moderna
interessata allo sviluppo e al miglioramento della propria cultura e del know-how dei suoi dipendenti,
assume fondamentale importanza la creazione di aree di scambio di informazioni.
Attraverso lo sviluppo della trasversalità e reticolarità comunicativa si configura la nuova azienda
policellulare, un luogo dove si vorrebbe tendere ad una reale elaborazione collettiva dell’intelligenza
organizzativa.
La comunicazione nelle Organizzazioni 13
2. APPROCCIO ALLA COMUNICAZIONE ORGANIZZAZIONALE
Parlare di Comunicazione Organizzazionale significa riferirsi all’insieme dei processi strategico-
operativi di creazione, scambio e condivisione di messaggi informativi e valoriali all’interno delle
diverse reti di relazioni, che costituiscono l’essenza dell’organizzazione e della sua collocazione
nell’ambiente.La Comunicazione Organizzazionale è utilizzata e praticata dalle aziende che operano
nei mercati nazionali, internazionali e dalle istituzioni governative, locali, associative, che
amministrano cittadinanze, categorie sociali e professionali.
Gruppi industriali, aziende di piccole e medie dimensioni, ministeri, aziende ospedaliere, pubbliche
amministrazioni, associazioni culturali, turistiche, sportive, sono organizzazioni che fanno uso della
comunicazione come strumento fondamentale per l’attuazione delle proprie strategie gestionali e
produttive.
Il modello di organizzazione prevalente è il modello aziendale, strutturato sulle categorie
dell’efficienza e dell’efficacia, sulla riduzione dei costi e la massimizzazione dei profitti,
sull’organizzazione del lavoro per obiettivi e gruppi professionali specializzati.
Oggi, nonostante nella pratica reale vi siano sensibili differenze per motivi di ordine culturale, si può
notare come, sotto l’aspetto teorico-gestionale, i soggetti imprenditoriali privati e quelli della sfera
pubblica tendano ad avere organigrammi, settori d’attività e modalità di comunicazione affini.
Sia nel privato che nel pubblico, chi opera quotidianamente sono gruppi di persone, sistemi psico-
sociali che lavorano per raggiungere determinati obiettivi, seppur basati su ragioni d’essere,
regolamenti, modalità di finanziamento e status giuridici differenti.
Il settore imprenditoriale è animato dalla cattura delle attenzioni e dalla intercettazione dei bisogni dei
consumatori, mentre quello del servizio pubblico mira a ricercare quel rapporto di fiducia, quella
soddisfazione dell’utente-cittadino che alimentano il senso di comunità socio- territoriale.
Prestazioni efficienti, informazioni puntuali e comunicazioni più dirette e meno mediate contribuiscono
ad instaurare un nuovo rapporto tra il cittadino, la pubblica amministrazione e il mondo delle aziende,
in un contesto che vede l’assottigliamento progressivo tra confini della sfera pubblica e privata, in
termini di modelli, principi, procedure e strumenti.
Il sistema amministrativo caratteristico di questo secolo, garante della continuità e dello sviluppo
organizzativo, dove ruoli e status si muovono sulla base di regole astratte è la burocrazia, modello
organizzativo che nel settore aziendale vede una tendenza al perseguimento del risultato e nel settore
La comunicazione nelle Organizzazioni 14
pubblico al perseguimento della norma. Nell’epoca attuale il paradigma burocratico tende a
flessibilizzarsi e ad aprirsi, sulla scia di quel paradigma della rete sociale, tecnica, professionale che
attraversa le attività delle odierne organizzazioni. Reti di conoscenze, di relazioni, di capitali, stanno
sostituendo quei modelli organizzativi strutturati sul comando, sulla chiusura all’esterno e sulla non
condivisione delle informazioni.
La gestione positiva dell’informazione, il lavoro di gruppo, l’utilizzo dei nuovi media nella
condivisione del sapere, segnano l’avvento di un’epoca che vede una maggiore libertà del membro
(dipendente) dell’organizzazione e la necessità di alimentare tale libertà con una formazione
professionale continua, basata su conoscenze aggiornate, su competenze operative e relazionali.
Ogni organizzazione opera in determinati sistemi sociali, economici e culturali. Nell’epoca
contemporanea, il progressivo abbattimento delle distanze geografiche sull’onda dello sviluppo dei
mercati internazionali, ha portato le organizzazioni a confrontarsi con nuovi livelli di complessità, che
le obbligano ad attrezzarsi per far fronte ai processi di trasformazione. La comunicazione
organizzazionale è uno degli strumenti utilizzati per attivare e accompagnare il cambiamento.
E’ utile sottolineare come la complessità esterna (ambiente) incida sui livelli di complessità interna
all’organizzazione, che sono essenzialmente correlati al suo dimensionamento complessivo (in termini
di fatturati, numero di dipendenti, aree di attività).
Generalmente l’organizzazione di grandi dimensioni richiede procedure di standardizzazione della
comunicazione più elevate rispetto alle aziende di tipo familiare che formano il tessuto economico
italiano. Ma è bene tenere presente che, al di là delle procedure e delle tecniche, la gestione dei flussi
informativi e relazionali è fortemente influenzata dallo stile personale e dalle politiche del
management. La pratica comunicativa organizzazionale è composta quindi da un substrato documentale
di procedure standardizzate (moduli da compilare, richieste, vidimazioni) che regolano i flussi
comunicativi e da un livello relazionale, formale ed informale, in base al quale i dipendenti
comunicano e fanno circolare informazioni. Tutti noi, come si è accennato, siamo membri di
organizzazioni, creatori e destinatari di messaggi, utenti, clienti, cittadini. Facciamo parte di gruppi ed
organizzazioni a vario titolo e ruolo, e possiamo renderci conto quotidianamente dei problemi di
comunicazione che caratterizzano la vita organizzativa e sociale.
Si è già accennato come la comunicazione con i processi apprendimento e di significazione sia la
caratteristica più peculiare dell’attività umana. Essa è quindi “sempre esistita”, evolvendo assieme alla
complessità tecnica e socio-culturale.
La comunicazione nelle Organizzazioni 15
Con lo sviluppo delle discipline sociologiche, economiche, antropologiche, psicologiche e linguistiche,
da qualche decennio si è giunti ad inquadrare la comunicazione come fenomeno, come branca del
sapere, studiandone le dinamiche, gli attori, gli strumenti ed i relativi ambiti di attuazione,
suddividendola in settori specifici, tra i quali, appunto, quello organizzativo (od organizzazionale: per
meglio intendere nella e della organizzazione).
A livello accademico sono stati istituiti dipartimenti e corsi per lo studio della comunicazione
(d’impresa, pubblica, politica, interpersonale, interculturale, scientifica, alimentare), a livello aziendale,
dagli anni ’80 in poi, vi è stata una crescente attenzione verso le problematiche della comunicazione
che ha condotto all’istituzione di aree e uffici dedicati (funzione comunicazione nelle aziende italiane)
(3): area comunicazione interna ed esterna, uffici stampa e relazioni esterne.
Anche nel settore editoriale (4) vi è stato un boom di pubblicazioni, riviste e saggistica specializzata.
Tutto ciò è conseguenza del fatto che ci si è accorti, con sempre maggiore consapevolezza, che
comunicare è problema, che comunicare è difficile, che comunicare è valore.
Progressivamente la comunicazione è passata da “servizio optional” dell’organizzazione ad area
strategica per il raggiungimento degli obiettivi aziendali, da gestire ai massimi livelli di responsabilità.
Progettare soluzioni di comunicazione interna ed esterna significa incidere sui processi organizzativi e
produttivi, creando valore. Un valore, quello che si genera con la comunicazione, di tipo immateriale
(fiducia, relazioni) in grado di riversare i suoi effetti sul capitale economico, nel medio/lungo termine.
La comunicazione qui chiamata organizzazionale è “utilizzata” per definire, realizzare e condividere la
missione, la cultura di riferimento, i valori guida e per favorire la visibilità all’interno e all’esterno di
tutta l’organizzazione, delle sue attività, delle sue politiche e dei cambiamenti in atto. La
comunicazione organizzazionale imprenditoriale esterna (o comunicazione d’impresa esterna) è stata
identificata per anni con la pubblicità, strumento nato per sedurre e manipolare i gusti del pubblico al
fine di vendere prodotti e servizi. Con il tempo, con il mutare dei riferimenti teorico-economici, anche
la comunicazione esterna ha sviluppato nuovi strumenti, nuovi principi, nuove finalità.
Oggi l’attenzione della comunicazione esterna di mercato è diretta alle esigenze e alle aspettative di un
consumatore che è divenuto più informato, in grado di chiedere alle imprese sempre maggiore
affidabilità e sicurezza in ogni settore della produzione di beni e servizi.
Le organizzazioni comunicano all’esterno ispirate dai principi di razionalità, qualità e trasparenza, al
fine di creare e mantenere la fiducia che il pubblico le accorda (fidelizzare il cliente). Parallelamente, il
dipendente dell’organizzazione, il gruppo e la gestione delle diverse professionalità coinvolte (specie
nelle organizzazioni complesse) acquistano centralità nelle attività di comunicazione organizzazionale
La comunicazione nelle Organizzazioni 16
interna. L’acquisita consapevolezza dell’importanza dell’interconnessione tra identità, immagine (5) e
fiducia, ha condotto a concepire le attività di comunicazione in modo integrato, in modo che una buona
comunicazione interna potrà contribuire al successo di quella esterna (comunicazione integrata). I
membri dell’organizzazione rappresentano infatti essi stessi un importante vettore dell’identità
dell’organizzazione nella quale sono inseriti. Quindi immagine, consenso e fiducia vanno create,
cercate e comunicate all’interno ancor prima che all’esterno.
La Comunicazione Organizzazionale si avvale sempre più di elaborazioni teoriche, modelli e processi
di verifica dei risultati tipici del procedere scientifico. Ma non va dimenticata la sua “matrice artistica”,
che la configura come una sorta di arte interpretativa di soggetti e situazioni finalizzata ad elaborare
piani di comunicazione che possano modificare atteggiamenti e comportamenti.
La comunicazione nelle e delle organizzazioni è, quindi, un’area disciplinare, un settore aziendale che
non dipende solo dall’applicazione di tecniche e decaloghi manualistici, né dalla qualità e quantità dei
mezzi a disposizione, bensì dalla sensibilità e dalla capacità di lettura dei contesti e del pubblico verso
cui si intende rivolgersi.In questo breve excursus sono stati affrontati alcuni aspetti delle dinamiche
comunicative dell’organizzazione intesa prevalentemente come sistema produttivo con statuto giuridico
avente uno scopo di lavoro (merci, servizi). L’obiettivo di queste pagine è fornire un quadro d’insieme
e una serie di spunti teorico-pratici funzionali all’approfondimento delle comunicazioni
organizzazionali. Ma è utile sottolineare come negli ultimi anni la comunicazione sia affrontata in
modo sempre più specialistico, attraverso la formulazione di teorie e lo studio di casi, in ogni campo
della conoscenza o del business ove sussista un suo utilizzo strategico. Vediamo adesso quali sono i
momenti essenziali di ogni attività di comunicazione per qualunque tipo di organizzazione:
La comunicazione nelle Organizzazioni 17
3. AREE, FORME E TIPI DI COMUNICAZIONE ORGANIZZAZIONALE
La comunicazione nelle Organizzazioni 18
4. PUBBLICO E STRUMENTI DELLA COMUNICAZIONE ORGANIZZAZIONALE
Le attività di comunicazione di un’organizzazione si rivolgono a determinate tipologie di pubblico
(stakeholder s) (16).
L’organizzazione, per veicolare informazioni ed instaurare relazioni con il pubblico coinvolto, si avvale
di strumenti di diversa natura, consistenti in un mix di mezzi tecnici, situazioni, eventi, individuati nella
fase di progettazione strategica come idonei al raggiungimento degli obiettivi. Obiettivi, espressione
delle finalità interne ed esterne (17) delle attività di comunicazione organizzazionale, che richiedono
metodi e strumenti diversi a seconda che siano di breve, medio o lungo periodo.
Tra il pubblico destinatario di una strategia comunicativa e gli strumenti prescelti per raggiungerlo vi è
la fase dell’elaborazione del messaggio (22), vale a dire il contenuto della comunicazione,
l’informazione dotata di senso che si vuol veicolare per ottenere gli effetti programmati.
Ogni forma di comunicazione presuppone l’esistenza di un linguaggio. Le parole, i segni, le immagini,
i simboli, sono gli elementi costitutivi del linguaggio, ai quali corrispondono regole codificate, il cui
rispetto e la cui applicazione condurrà alla creazione di messaggi significativi.
Abbiamo iniziato a comprendere come i processi di comunicazione siano caratterizzati da una
dimensione aleatoria, in grado di sfuggire alle più sofisticate metodologie e tecniche di progettazione,
intrinsecamente legata alla comunicazione umana. I processi comunicativi che accompagnano la
condizione umana sono quindi caratterizzati da controllabilità parziale e da situazioni di cui spesso non
si è consapevoli.
PUBBLICO INTERNO(18) ESTERNO(19)
STRUMENTI INTERNI(20) ESTERNI(21)
La comunicazione nelle Organizzazioni 19
Esseri umani e gruppi non possono non comunicare, non essendo isole a se stanti, ma nodi di una
grande rete relazionale.
La realtà sociale è caratterizzata da un tessuto comunicativo continuo, fatto di messaggi che vengono
emessi e recepiti più o meno consapevolmente da individui e collettività.
Il fatto che si comunichi anche senza volerlo complica molto le cose, e mette in evidenza l’importanza
dei programmi di comunicazione, volti ad eliminare disturbi e a ridurre i livelli di ambiguità attraverso
la creazione di linguaggi condivisi e messaggi significativi.
Un messaggio è allora qualcosa di più di un’informazione; individui e gruppi umani, assieme ai loro
prodotti ed attività, comunicano e trasmettono elementi di identificazione che producono effetti sulle
opinioni e sui comportamenti.
In generale, i messaggi di tipo non verbale (come ad esempio le immagini ed i segni utilizzati nel
mondo dell’arte e della pubblicità) possiedono un forza sintetica e comunicativa più penetrante e diretta
rispetto alle parole; l’immagine trasmette significati che, attraverso le parole, si sarebbero comunicati
con maggior difficoltà e dispendio di tempo e di energie.
Ad esempio, se ci riferiamo a circostanze generalmente conosciute, è comune provare un senso di
distanza e desolazione quando si interagisce con impiegati che si presentano in modi che innescano
percezioni di poca serietà e scarsa considerazione sia nei confronti dell’interlocutore sia
dell’organizzazione per la quale lavorano. Un vestiario non decoroso in relazione all’azienda o all’ente
in cui si opera, un comportamento dispersivo, un atteggiamento annoiato, sono elementi che non
agevolano la comunicazione e la relazione tra l’organizzazione e il suo esterno, in quanto rimandano ad
immagini di negatività in grado di allontanare e disgregare. Anche l’estetica e la configurazione degli
edifici e dei design interni è di per se stessa foriera di informazioni su chi li abita e sull’organizzazione
che vi opera.
la comunicazione non ha soluzione di continuità…
La comunicazione nelle Organizzazioni 20
5. COMUNICAZIONE PUBBLICO-ISTITUZIONALE E NUOVE TECNOLOGIE
L’organizzazione pubblica (degli enti locali, dei comuni, delle regioni), tradizionalmente basata su di
un modello burocratico monolitico e chiuso, si sta riplasmando sui modelli che ispirano l’impresa
privata.
Ci si ispira ad efficienza e ad efficacia, si informa con maggiore precisione, aprendo più canali di
dialogo con il cittadino.
E’ evidente che la ragione d’essere e le fonti di reperimento delle risorse e di finanziamento, i diritti e i
doveri dell’organizzazione pubblica ruotano attorno al bene collettivo, alla gestione di territori e
all’offerta di servizi a vantaggio delle cittadinanze contribuenti.
Ma i modelli gestionali di divisione del lavoro e le strategie di comunicazione seguono percorsi affini.
Nella Pubblica Amministrazione, come nell’azienda, l’archiviazione delle informazioni è di basilare
importanza. Le procedure di comunicazione formale scritta stanno vivendo il passaggio dal cartaceo
all’elettronico.
Da circa due decenni le tecnologie informatiche stanno supportando, affiancando e sostituendo pratiche
di registrazione, protocollazione e comunicazione da sempre basate su carta, sull’uso dell’inchiostro e
su vidimazioni mediante firme e timbrature apposte “a mano” e sulla conservazione dei documenti in
archivi fisici (stanze, scaffali).
Oggi l’uso delle nuove tecnologie in ambito organizzativo sembra aver superato la sua prima funzione
di registrazione ed elaborazione di dati, legata alla velocità ed affidabilità di processazione e al
risparmio economico e spaziale.
Grazie alle possibilità di interconnessione ed interoperabilità offerte dalle reti di collegamento tra
personal computer (attraverso servers, linee telefoniche dedicate, internet e intranet), la Pubblica
Amministrazione ha avviato una stagione di rinnovamento amministrativo e di gestione delle
informazioni.
L’organizzazione pubblica, attraverso l’uso dei new media e delle reti telematiche, ha cominciato ad
espandere la propria presenza oltre la dimensione fisica delle proprie sedi, dei propri uffici, rendendosi
visibile ed offrendo servizi erogabili elettronicamente. L’organizzazione trasferisce la propria
immagine in un ambiente parallelo a quello reale, privo di confini spazio-temporali, all’interno di un
territorio di pura informazione e comunicazione dove è possibile comunicare interattivamente.
I siti web che popolano la rete aperta Internet, (che consente l’accesso a fonti informative d’ogni
genere e l’abbattimento delle distanze tra persone e tra paesi), le banche dati, le reti interne, (che
La comunicazione nelle Organizzazioni 21
permettono di consultare ed elaborare dati a distanza tra i dipendenti dell’organizzazione),
rappresentano i nuovi strumenti/luoghi di sviluppo dell’organizzazione contemporanea.
Le reti composte da nodi costituiti da macchine, elaboratori, schermi, con cui operano individui, si
configurano sempre più come ambienti paralleli a quelli reali. Territori concettuali in cui è possibile
relazionarsi ed eseguire operazioni che producono effetti sulla realtà oggettiva (acquisti on line,
conferenze virtuali, ecc).
Le nuove forme di interattività e di comunicazione a distanza contribuiscono a formare un nuovo senso
di comunità, a ridefinire il concetto di cittadinanza ed appartenenza.
Parlare di comunicazione organizzazionale delle istituzioni pubbliche e di nuove tecnologie per la
promozione umana, significa affrontare i processi di modernizzazione della Pubblica Amministrazione,
spesso identificati con i termini “semplificazione” ed “informatizzazione” delle strutture pubbliche.
L’opera di modernizzazione sancita ed avviata da alcune leggi degli ultimi anni (legge Bassanini) si
sviluppa sia sul versante tecnologico sia sul versante relazionale e comunicativo, attraverso l’emergere
di nuovi principi per l’espletazione e l’organizzazione del lavoro.
Efficienza, precisione, decoro e simpatia, dovranno ispirare il comportamento di impiegati e personale
a contatto con il pubblico (sportelli informativi,ecc.) al fine di instaurare un clima positivo con il
cittadino, comunicando una buona immagine dell’organizzazione.
La comunicazione istituzionale di interesse generale ha l’obiettivo di pubblicizzare e rendere
comprensibili le attività e la produzione normativa degli enti pubblici, in nome del diritto del cittadino
ad essere informato e reso partecipe delle decisioni e dei provvedimenti che lo riguardano.
I valori della trasparenza, della semplificazione e della partecipazione sembrano sostituire la cultura
amministrativa chiusa ed accentratrice tipica dell’agire burocratico dello Stato e dei suoi organismi per
svariati decenni.
Per instaurare un rapporto più diretto col cittadino, la Pubblica Amministrazione si sta dotando di nuovi
strumenti tecnologici e si sta impegnando nella formazione dei propri dipendenti per accrescerne le
conoscenze e per stimolare atteggiamenti consapevoli.
Lo Stato diviene gradualmente sistema aperto, rete informativa e relazionale essenziale per la
cittadinanza.
L’immagine di un Comune, di un Ente Pubblico, dei progetti che gestisce e delle persone che vi
operano, diviene sempre più importante. Fare comunicazione sull’immagine significa agire sui
comportamenti, significa costruire l’immagine di un ente attraverso la formazione degli individui che vi
lavorano e attraverso la comunicazione e la pratica di nuovi principi.
La comunicazione nelle Organizzazioni 22
STRUMENTI E PRINCIPI DELLA COMUNICAZIONE PUBBLICA ISTITUZIONALE
Le tendenze del fare comunicazione pubblica e istituzionale nelle organizzazioni pubbliche
contemporanee seguono il doppio binario delle nuove tecnologie e delle attività di formazione, assi
portanti della società moderna della conoscenza e della comunicazione.
La necessità di saperi e comportamenti sempre aggiornati e mirati, indirizza le politiche di sviluppo
delle infrastrutture informative e del capitale umano.
I nuovi media, utilizzati per particolari vantaggi competitivi nel settore privato, costituiscono nel
pubblico veri e propri strumenti per la promozione umana, mezzi per l’attuazione dei principi di
semplificazione e di avvicinamento del cittadino allo Stato.
Le organizzazioni pubbliche, da un lato fanno propri i principi e gli obbiettivi dell’efficacia e
dell’efficienza che contraddistinguono l’operato imprenditoriale, dall’altro semplificano attività e
forme di comunicazione, rendendosi più trasparenti ed aprendo la strada ad una maggiore
partecipazione del cittadino.
I membri delle organizzazioni si trovano a confrontarsi con nuovi linguaggi e nuovi ambienti
informativi e comunicativi, con nuove modalità di apprendimento (e-learning) (29) e di espletamento
del lavoro (telelavoro) (30), che garantiranno maggiori livelli di autonomia, libertà e personalizzazione
nella loro vita professionale.
La comunicazione nelle Organizzazioni 23
B. SCHEDE DI SPECIFICAZIONE
La comunicazione nelle Organizzazioni 24
1- COMPLESSITA’
La complessità è qualcosa di intrinseco alla natura umana; è complesso tutto ciò che non appare
chiaramente comprensibile ad una prima evidenza.
La complessità ha una forma evolutiva in chiave diacronica: via via che l’uomo arricchiva il proprio
patrimonio di conoscenze e risolveva una parte della complessità, nuovi problemi si prospettavano e
generavano nuove complessità.
Nella storia si rintracciano momenti di discontinuità, punti di confine fra la soluzione di un livello di
complessità e la creazione di un altro:
rivoluzione industriale (riduzione della complessità produttiva e aumento della complessità
sociale);
rivoluzione informativa (riduzione della complessità nell’accesso all’informazione e
aumento della complessità nel suo utilizzo).
Il patrimonio di conoscenza dell’umanità è cresciuto nei secoli di tanti ordini di grandezza, ma
l’accessibilità di questo patrimonio al singolo individuo e la sua governabilità si è ridotta molto.
Quanto più l’uomo approfondisce la sua conoscenza, tanto maggiore è il ritorno in termini di
complessità.
La complessità è analizzabile come:
sfida che usa la conoscenza come supporto per la risoluzione del problema;
condizione irrisolvibile dell’essere umano, che usa l’ideologia come supporto per la
risoluzione del problema.
La complessità è qualcosa di inscindibile dalla realtà stessa e il ruolo dello scienziato è di darne
interpretazioni coerenti con il contesto in cui opera. La scienza è come ogni altra disciplina umana
caratterizzata sia da aspetti soggettivi sia da una dipendenza dal contesto di osservazione.Le
componenti essenziali della materia hanno una struttura caotica, difficilmente compatibile con una
visione razionale della realtà (tipica della scienza classica).
La comunicazione nelle Organizzazioni 25
Caratteristiche della complessità nella società postmoderna
Oggi è pressochè impossibile avere una visione globale della complessità dal punto di vista scientifico;
è difficile incontrare personaggi come Leonardo da Vinci capaci di risolvere da soli la complessità in
svariati campi dello scibile.
L’evoluzione della scienza e della tecnologia ha reso più difficile affrontare e risolvere i problemi,
richiedendo una specializzazione sempre maggiore.
La struttura sociale si presta sempre meno ad essere interpretata secondo le classi sociali e le ideologie
dominanti e ciascun individuo necessita di un patrimonio informativo molto maggiore rispetto al
passato per poter competere con successo all’interno della società.
Scienza, Società ed Individuo sono caratterizzati da aumenti significativi di complessità che non può
essere trascurata: bisogna imparare a conviverci e nel contempo sviluppare nuovi modi per gestirla.
Nell’organizzazione l’unione degli sforzi e delle competenze del team rappresenta un metodo di
gestione e soluzione della complessità perché; aumenta la conoscenza, permette di affrontare i problemi
sotto diverse angolazioni, permette di esaltare le capacità individuali e di disporre di un’ampiezza di
contributo e globalità di visione.
La comunicazione nelle Organizzazioni 26
2- COMUNICAZIONE E INFORMAZIONE
La Comunicazione è comportamento (è attività volta ad ottenere un comportamento di altri attraverso
l’informazione). La comunicazione è un processo a due vie: vi è modificazione del comportamento di
chi comunica e di chi è destinatario della comunicazione. Il comportamento è effetto del rapporto tra
forza e passione; la comunicazione è trasmissione di dati che ha effetto nel rapporto di forza secondo la
capacità di suscitare emozioni; essa ha effetti secondo valutazioni soggettive.
L’ informazione è notizia (è attività di trasferimento di dati, notizie, che ha effetti di conoscenza in chi
la riceve). L’informazione è un processo ad una via: l’effetto è solo sulla parte di conoscenza ottenuta
dal destinatario. L’informazione ha misura oggettiva (la notizia è trasmissione di quantità di dati).
Informazione e comunicazione operano con una trasmissione da una fonte a un destinatario; in
entrambe l’oggetto della trasmissione è un contenuto di conoscenza (notizia, dato, messaggio).
Ma l’informazione è sul piano del capire, conoscere, sapere, e la comunicazione avviene sul piano del
percepire, agire, realizzare.
Sapendo distinguere quando si agisce trasmettendo quantità di dati e quando trasmettendo passioni, si
potrà essere in grado di usare consapevolmente, per la comunicazione, le opportunità offerte
dall’informazione.
Sotto l’aspetto della trasmissione dei dati, per la conoscenza il silenzio corrisponde allo zero, ma dal
punto di vista delle modificazioni del comportamento esso è eloquente, nel senso che rappresenta un
comportamento che sostituisce altro comportamento, e così richiede una modificazione di
comportamento di chi comunica.
La tecnologia che supporta la comunicazione agisce sullo spazio e sul tempo, mentre i processi
comunicativi attengono alla qualità dei rapporti umani, ai rapporti tra identità, dominati dalla diversità
dell’altro.
La tecnologia, che riguarda rapporti materiali dominabili con la fisica, sembrerebbe non incidere in
modo fondamentale sullo spirito degli esseri umani, che si modifica con i cambiamenti nella sfera
culturale. La tecnologia tende ad aumentare e migliorare la quantità piuttosto che la qualità umana della
La comunicazione nelle Organizzazioni 27
comunicazione, ma visto che la tecnologia è espressione della cultura, gli individui si nutrono di cultura
attraverso la tecnologia e ne possono essere condizionati secondo modalità tutte da indagare.
La comunicazione, intesa come atto consapevole (non “il comunicare per comunicare”) inizia con la
formulazione di un obiettivo che va cercato nella soggettività di chi vuole comunicare. La
comunicazione (intesa professionalmente) si fa per altri; normalmente l’obiettivo è da individuare a
seguito di un rapporto con altri (solitamente un’organizzazione, un’impresa, un’associazione,
un’istituzione) che desiderano raggiungere determinati obiettivi.
La comunicazione nelle Organizzazioni 28
3- COMUNICAZIONE E IMPRESE IN ITALIA
Fonte: I° Rapporto CNEL sulla Comunicazione d’Impresa In Italia
4- EDITORIA
La comunicazione nelle Organizzazioni 29
5- IMMAGINI, IDENTITÀ, POSIZIONAMENTO DELL’ORGANIZZAZIONE
La comunicazione nelle Organizzazioni 30
6- COMUNICAZIONE INTERNA
E‘ la comunicazione tra dipendenti e tra settori dell’organizzazione, che viene praticata sulla base di
regolamenti, livelli gerarchici e situazioni informali.
La comunicazione interna riguarda i flussi informativi e le relazioni interne ad un’organizzazione, e si sviluppa
su versanti materiali (procedure, lettere, documenti, dati di bilancio, convocazioni, ordini) e relazionali (colloqui,
riunioni, incontri più o meno formali).
La comunicazione interna trova il suo terreno privilegiato nei rapporti quotidiani tra i dipendenti dell’impresa,
caratterizzati da un agire basato su norme, procedure, gerarchie di ruolo e su situazioni spontanee.
Le attività di comunicazione interna e di formazione del personale hanno l’intento di sviluppare conoscenze,
linguaggi condivisi e comportamenti coordinati che limitino le ambiguità e le possibilità di equivoco.
Chi partecipa alla vita di una organizzazione, trascorre gran parte del suo tempo inserito in un contesto
caratterizzato da rapporti di potere, di competenze, da relazioni prescritte, percepite, desiderate.
La comunicazione organizzazionale interna, scritta ed orale, si sostanzia in ordini, istruzioni, richieste di
informazioni e sollecitazioni, che si muovono in direzione verticale ed orizzontale.
La regolazione dei flussi comunicativi e delle relazioni interne è quindi un’attività complessa che si nutre di
momenti di conflitto tra soggettività, di momenti di negoziazione, di adesione, di devianza, di sanzionabilità.
Comunicare meglio all’interno di un’organizzazione significa gestire queste situazioni, elaborando soluzioni ai
fini del raggiungimento degli obiettivi aziendali.
Tramite la comunicazione interna si diffondono informazioni sulla solidità aziendale, si alimentano le
motivazioni ad operare con efficienza e si instaurano rapporti di stima e di fiducia riconoscendo il valore dei
singoli.
Gli effetti di una buona pratica di comunicazione interna si ripercuotono sulla comunicazione esterna, che inizia
quando il membro dell’organizzazione esce dal luogo di lavoro ed interagisce con familiari, amici e conoscenti,
trasferendo “immagini” dell’organizzazione.
Ma quali sono allora i soggetti e i momenti centrali della comunicazione interna?
La comunicazione interna è progettata in base alle politiche del management, che stabiliscono procedure e
mezzi, ma sono le relazioni tra capi e dipendenti a costituire il momento centrale della comunicazione interna.
Nel rapporto tra capi e dipendenti, vissuto prevalentemente nelle situazioni del colloquio (6.1) e della riunione
(6.2), emergono gli stili direzionali, gli stili di leadership (6.3), che caratterizzano l’andamento delle
comunicazioni interne.
Una buona leadership innesca situazioni di comunicazione favorevoli al raggiungimento degli obiettivi. Ma non
è semplice offrire decaloghi in merito alle caratteristiche ideali di un leader, a come gestire gruppi di lavoro,
La comunicazione nelle Organizzazioni 31
visto che, sebbene si formino team di lavoro sulla base di competenze tecnico-professionali, queste ultime sono
portate da personalità diverse.
La soggettività delle persone che si trovano all’interno di un’organizzazione, inserita in geometrie di ruoli,
status, regolamenti e rapporti gerarchici, è portatrice di diversi tipi e gradi di bisogni (6.4), e di conseguenza, in
maniera più o meno cosciente, innesca comportamenti che possono portare al conflitto o all’armonia.
Il leader di un gruppo, o il responsabile di un progetto, dovrà quindi gestire situazioni conflittuali o ambigue al
fine di instaurare un clima comunicativo premiante. Generalmente un buon atteggiamento di leadership si può
sostanziare in un mix equilibrato tra razionalità, logica, rispetto ed affettività.
Stilare vademecum su tecniche e metodi di comunicazione per capi, dipendenti, gruppi, ecc., è attività diffusa
nell’epoca della comunicazione.
Ognuno di noi ha un proprio “stile di comunicazione”, frutto dell’educazione ricevuta, delle persone frequentate,
delle letture e dei media fruiti.
Le scienze della comunicazione hanno via via fornito metodi, modelli e strumenti per attuare una “corretta
comunicazione” nei diversi ambiti della vita sociale ed economica, ma l’aspetto della operatività e della tecnica
comunicativa deve collocarsi in una dimensione creativa di lettura ed interpretazione delle situazioni, che fa sì
che si usino certi strumenti e non altri, che ci si comporti in un modo anziché in un altro, a seconda di un
determinato bagaglio conoscitivo ed intuitivo.
Può essere utile, dunque, prendere in esame qualche consiglio (6.5) generale per un approccio più consapevole
all’agire comunicativo.
6.1- COLLOQUIO Il colloquio è un momento operativo importante, cui si arriva con motivazioni diverse, assumendo i ruoli di
conduttore ed interlocutore.
Durante un colloquio si raccolgono e si forniscono informazioni, si affrontano problemi in cui sono coinvolti gli
interlocutori, si formulano valutazioni, si effettuano diagnosi di situazioni, si suggeriscono soluzioni, si
richiedono e si offrono aiuti.
La comunicazione nelle Organizzazioni 32
6.2- RIUNIONE DI LAVORO
E’ un momento sinergico di competenze, funzioni e personalità di fondamentale importanza nelle attività di una
organizzazione.
Si possono avere Riunioni informative discendenti (dal capo si comunicano al gruppo informazioni su decisioni
e processi in atto), ascendenti (il capo riceve informazioni dal gruppo su problemi, impressioni), di discussione
(si analizza assieme un determinato problema cercando di trovare soluzioni e di prendere decisioni).
La riunione è utilizzata per indicare soluzioni, assegnare compiti, informare su situazioni tecniche, organizzative,
economiche, presentare nuovi obiettivi, rilevare opinioni, situazioni relazionali, condizioni emotive, elargire
nuove conoscenze, stimolare la creazione dell’identità di gruppo, individuare e rafforzare posizioni di leadership,
consolidare posizioni di status.
6.3- LEADERSHIP
Capacità di un individuo di governare un gruppo, di gestirlo e prendere decisioni in modo autorevole.
6.4- BISOGNI E COMPORTAMENTI UMANI (piramide di Ma slow)
La comunicazione nelle Organizzazioni 33
6.5- CONSIGLI
1. Prendere in considerazione il pubblico destinatario
2. Nell’ideazione e nell’elaborazione di un messaggio (scritto, orale, iconico) porsi le domande-chiave:
CHI ? COSA ? QUANDO ? DOVE ? PERCHE’ ? COME ?
3. L’azione di selezione del mezzo di comunicazione deve puntare alla attivazione dell’interesse e dell’attenzione nel destinatario del messaggio.
Comunicare è difficile...
NELLE COMUNICAZIONI SCRITTE: • Evitare auto-referenzialità • Essere creativi e non noiosi • Considerare la situazione e le caratteristiche del destinatario del
messaggio • Usare buon senso e buone maniere • Evitare concetti troppo astratti • Fornire immagini mentali • Esporre l’idea principale • Scegliere approccio (diretto/indiretto) • No frasi troppo lunghe • No linguaggi involuti/ambigui
La comunicazione nelle Organizzazioni 34
7- COMUNICAZIONE ESTERNA
E’ la comunicazione che l’organizzazione dirige verso le istituzioni, il mondo economico-finanziario, l’opinione
pubblica (7.1), i clienti/utenti.
L’organizzazione è un sistema aperto, all’interno di un macro sistema geo-culturale e socio-economico, formato
da ulteriori sottosistemi con cui l’organizzazione si trova ad interagire attraverso flussi di denaro, di beni, di
informazioni e di comunicazioni.
I sistemi con cui dialoga l’organizzazione si possono sintetizzare in:
NELLE COMUNICAZIONI ORALI: (mediate / non mediate)
Nella dimensione orale, tramite la nostra voce esprimiamo in modo diretto la nostra personalità, senza “il filtro” indotto dalla modalità scritta. Nell’invio di un messaggio bisogna comunque prestare attenzione al contenuto razionale ed avere la consapevolezza che le informazioni che trasmettiamo verranno recepite in modo più o meno positivo a seconda dell’atteggiamento emotivo del ricevente e del tipo di situazione. Da alcuni pregiudizi, e dal ritenere che altri conoscano le stesse cose che conosciamo noi, possono derivare errori e disturbi comunicativi.
SISTEMA FINANZIARIO
(7.3)
SISTEMA DEI MEDIA
(7.4)
SISTEMA COMMERCIALE
(7.5)
SISTEMA ISTITUZIONALE
(7.2)
La comunicazione nelle Organizzazioni 35
La comunicazione organizzazionale esterna prenderà allora il nome di comunicazione istituzionale,
comunicazione finanziaria, comunicazione di marketing (7.6), a seconda delle finalità e del pubblico
appartenente ai diversi sistemi, avvalendosi di strumenti specifici.
L’organizzazione, a seconda della sua vocazione e della sua entità, intrattiene più meno frequentemente
rapporti con il sistema dei media, prevalentemente attraverso:
comunicati stampa: esposizione sintetica di progetti e azioni intraprese dall’organizzazione,
fatta pervenire in forma cartacea od elettronica alle redazioni di giornali, televisioni, radio,
agenzie di informazione;
interviste cui si sottopongono i vertici aziendali o i responsabili di settore in merito a progetti,
risultati raggiunti ecc;
presenza presso trasmissioni radiofoniche o televisive di esponenti dell’organizzazione al fine
di informare, offrendo dati generali e specifici, e portando l’immagine agli spettatori del
programma e all’opinione pubblica.
In merito alla comunicazione esterna pubblicitaria è utile sottolineare che quando parliamo di
pubblicità pensiamo a messaggi costituiti da parole, immagini statiche, dinamiche, audiovisive, che
comunicano informazioni sui prodotti in determinati contesti narrativi.
Ciò che emerge dai diversi tipi di spot pubblicitari è la comunicazione dell’identità dell’organizzazione
produttrice del bene o del servizio pubblicizzato. La marca (7.7) è in grado di veicolare in maniera
forte e sintetica questa identità poiché, attraverso denominazioni di prodotti, particolari stili di design,
simboli, colori, genera identità visiva, unificando le immagini dell’organizzazione.
Dalle argomentazioni precedenti è emersa una concezione dell’organizzazione come rete e come
sistema aperto, che non può fare a meno di influenzare, e di essere influenzata, dagli altri soggetti
organizzativi che popolano l’ambiente in cui opera.
L’organizzazione dipende oggi sempre più dal suo esterno, e la sua sopravvivenza e il suo sviluppo
dipendono dalla capacità di adattamento alla complessità, attraverso il cambiamento ed il dinamismo,
categorie che devono entrare a far parte anche del bagaglio esperienziale delle persone che
compongono l’organizzazione.
Il mercato è sempre più contraddistinto da operazioni di sinergia, di alleanza, di fusione tra soggetti, e
che trovano nella comunicazione un momento strategico; attraverso colloqui, messaggi, segni, simboli,
si manifesta un avvenuto cambiamentoe si reinventa un’identità.
La comunicazione nelle Organizzazioni 36
La comunicazione organizzazionale è il luogo di negoziazione del senso che orienta l’agire
organizzativo, è la “pelle” delle dinamiche produttive, gestionali e culturali.
L’organizzazione può cambiare linee di business, ridimensionarsi negli investimenti, differenziare la
produzione, allearsi con altri soggetti, più o meno “forti”, perdendo/cedendo aspetti della propria forza
precedente ed acquistandone di nuovi, in grado di trasformarla aumentandone il valore. In queste
situazioni si riprogettano marchi, si ridisegnano organigrammi, si cambiano persone, si rinnovano i
sistemi di gestione.
La comunicazione accompagnerà nuove pratiche formative, seguirà i membri dell’organizzazione
cercando di rendere meno doloroso possibile il cambiamento da un tipo di equilibrio ad un altro. Anche
in questo senso oggi si assiste sempre più ad una consonanza tra processi organizzativi e processi
comunicativi.
7.1- OPINIONE PUBBLICA
Con opinione pubblica ci si riferisce alla combinazione di idee, opinioni, convinzioni, valori e valutazioni
abbracciate da una società in un certo periodo.
Ci si riferisce ad un’opinione diffusa, ad un punto di vista comune e spontaneo in cui convergono pensieri e
valutazioni individuali.
L’opinione pubblica è quel luogo concettuale dove comportamenti, valori, desideri e percezioni si incontrano,
dando vita ad un orientamento culturale omogeneo nell’ambito di una popolazione di riferimento, o di un gruppo
di individui assunti come rappresentativi.
7.2- SISTEMA DELLE ISTITUZIONI
Governo
Pubblica Amministrazione
Enti Locali
Partiti Politici
Associazioni
Fondazioni
La comunicazione nelle Organizzazioni 37
7.3- SISTEMA FINANZIARIO
Banche
Azionisti
Analisti finanziari
Istituti di intermediazione
7.4- SISTEMA DEI MEDIA
Organi di Stampa
Circuito Radio-Televisivo
7.5- SISTEMA COMMERCIALE
Opinione pubblica
Clienti/Utenti
Altre organizzazioni del settore
Fornitori
Agenti
7.6- Comunicazione di marketing
E’ la comunicazione esterna diretta ai clienti, finalizzata a comunicare con il pubblico (target) per condurlo a
determinati comportamenti d’acquisto.
L’organizzazione produttrice di beni e servizi elabora messaggi circa le caratteristiche positive del prodotto che
colloca sul mercato, e apre con il consumatore, il soggetto verso cui si orienta oggi tutta l’attività di marketing,
un flusso comunicativo fatto di informazioni tecniche e di messaggi grafici e audio/visivi in grado di
intercettarne e condizionarne i gusti, generando quella fiducia che potrà condurre all’acquisto.
A sua volta l’acquirente potenziale invia segnali di competenza ed esigenze nuove che l’azienda recepisce come
stimolo a creare nuovi prodotti e ad innovarsi.
La comunicazione nelle Organizzazioni 38
Strumenti principali:
- campagne pubblicitarie/di comunicazione: tipo di comunicazione di massa utilizzata per portare il
pubblico a conoscenza di un qualcosa da vendere o di un comportamento che si intende diffondere tra
una certa collettività, con l’obiettivo di catturare attenzione e diffondere opinioni positive, che portino ad
acquistare l’oggetto della campagna o ad aderire al concetto o alla pratica sociale proposta;
- marketing diretto: attività di comunicazione diretta con il cliente potenziale e finalizzata a trasformarlo
in cliente effettivo tramite volantinaggio, telefono, tv, posta, ecc;
- Promozioni: attraverso la presenza in luoghi strategici si tenta di condurre il cliente all’acquisto offrendo
il prodotto o il servizio in modo vantaggioso, con sconti, concorsi, ecc;
- sponsorizzazioni: attività di supporto tecnico/finanziario nell’ organizzazione di eventi artistico/culturali,
opere edili, per comunicare la propria immagine, attraverso la presenza ed il marchio;
- relazioni pubbliche: insieme di attività di conoscenza e relazione che mirano a sviluppare contatti con
soggetti-chiave per esercitare pressioni informative al fine di svilupparsi e trovare collocazioni sul
mercato.
7.7- Marca
La marca è il concentrato concettuale del valore dell’azienda, ed è trasportata perlopiù da marchi, loghi, simboli
grafici, che assumono una valenza sempre più strategica per la riconoscibilità immediata di un’organizzazione
all’interno di un contesto socio-culturale imperniato sulla forza dell’icona che porta con sè precisi elementi
valoriali.
La comunicazione nelle Organizzazioni 39
8- COMUNICAZIONE VERBALE
Colloqui di lavoro, interviste, riunioni, conferenze, assemblee, interazioni informali, etc.
9- COMUNICAZIONE FORMALE
Prevalentemente basata su documenti ed elaborazioni scritte, quali circolari, resoconti informativi, verbali di
assemblea relativi a riunioni, ecc. Ma anche colloqui ufficiali, convegni, assemblee.
Si tratta di una comunicazione precisa, autorevole e rigida.
10- COMUNICAZIONE INFORMALE
Basata soprattutto sull’oralità (commenti, opinioni, impressioni, battute ironiche, valutazioni personali, tensioni
verbali). Ma anche informazioni, messaggi scritti fatti pervenire in modo privato e non secondo sistemi
procedurali e di archiviazione.
Si tratta di una comunicazione più libera ed elastica.
11- COMUNICAZIONE SCRITTA
Lettere, manuali, riviste, bollettini, circolari, comunicati stampa, etc.
12- COMUNICAZIONE FUNZIONALE
Informazioni operative a supporto di processi operativi e decisionali.
La comunicazione nelle Organizzazioni 40
13- COMUNICAZIONE INFORMATIVA
Informazioni dirette al pubblico interno ed esterno all’organizzazione per far conoscere politiche, servizi,
prodotti.
14- COMUNICAZIONE CREATIVA
Informazioni scambiate verticalmente ed orizzontalmente tra i membri dell’organizzazione per la creazione del
senso di appartenenza e spirito di gruppo, in momenti quali riunioni, feste, presentazioni, etc.
15- COMUNICAZIONE FORMATIVA
Insieme di attività di tipo formativo finalizzate a coinvolgere e formare i membri dell’organizzazione, e di
conseguenza collaboratori e clienti/utenti, svolte presso luoghi di lavoro e contesti specialistici.
16- PUBBLICO (STAKEHOLDERS)
Gruppi e categorie di persone, espressione dell’ambiente socio-economico in cui opera l’organizzazione, che
gravitano a diverso titolo attorno alle sue attività.
17- FINALITA’
Finalità interne
Trasmettere informazioni di tipo operativo
Informare il personale su politiche e strategie dell’organizzazione
Motivare il personale
Garantire ed ottimizzare i flussi informativi
Supportare i cambiamenti strategici
La comunicazione nelle Organizzazioni 41
Sviluppare il coinvolgimento del personale
Evidenziare i malesseri relazionali ed operativi e ricomporre situazioni
di malfunzionamento organizzativo
Creare un clima di lavoro positivo
Soddisfare il bisogno di identificazione di sé e del ruolo
Finalità esterne
Promuovere una buona immagine dell’organizzazione verso i clienti e
gli altri tipi di pubblico
Trasmettere messaggi volti a modificare comportamenti ed
atteggiamenti del pubblico
Informare i diversi tipi di pubblico su servizi, prodotti, sviluppi
Motivare il pubblico all’acquisto di beni e servizi
18- PUBBLICO INTERNO
Management
Quadri
Impiegati
Operai
Sindacati aziendali
Forza di vendita diretta e indiretta (agenti, etc)
Dipendenti potenziali
19- PUBBLICO ESTERNO
Opinione pubblica
Giornalisti, Opinion leaders.
La comunicazione nelle Organizzazioni 42
Istituzionali
Pubblica Amministrazione; Parlamento; Magistratura; Partiti politici; Sindacati nazionali,
Associazioni di categoria; Ordini professionali.
Commerciali / Finanziari
Clienti/utenti; Fornitori; Azionisti; Banche; Società finanziarie; Società di certificazione; Società
di ricerca; Investitori istituzionali; Concorrenti attuali e potenziali; Imprese partners.
20- STRUMENTI INTERNI
Riunioni, Lettere, Circolari, Documenti, Colloqui formali e informali, Giornali aziendali, Reti telematiche
(intranet), Convention, Bollettini tematici, Assemblee, Feste aziendali, Bacheche.
21- STRUMENTI ESTERNI
Pubblicità
Pubblicazioni a stampa, Audiovisivi (filmati, suoni, multimedia), Convegni, Siti web (internet),
Telefono o posta (per informare/vendere), Fiere e mostre, Sponsorizzazioni, Programmi
culturali, sociali e promozionali, Design industriale, grafico e architettonico, Relazioni con
televisione, radio e stampa, Chioschi e punti informativi, Testimonials in grado rappresentare
l’organizzazione e catalizzare l’attenzione del pubblico
Documenti
Bilancio societario e Rapporto ambientale, Lettera agli azionisti.
22- MESSAGGIO
un insieme di parole o frasi strutturate secondo regole grammaticali e
sintattiche
immagini, fotografie, disegni, schemi
atteggiamenti e comportamenti
abbigliamento delle persone
design/estetica di oggetti, edifici, uffici.
La comunicazione nelle Organizzazioni 43
23- CARTE DEI SERVIZI PUBBLICI
Pubblicazioni in cui si dichiarano le caratteristiche di determinati servizi, gli intenti di chi li eroga e l’assunzione
di impegni in termini di qualità, efficienza, sicurezza verso i cittadini-utenti, dei quali si ricerca la soddisfazione,
in un circuito virtuoso di ottimizzazione dei costi e di miglioramento della qualità della vita urbana.
24- CODICE DI COMPORTAMENTO DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
Emanato con Decreto Ministeriale, contiene una serie di principi per la condotta di dirigenti e impiegati,
finalizzato ad offrire parità di trattamento agli utenti, a tutelare l’indipendenza dei dipendenti e a perseguire
diligenza, imparzialità e lealtà nell’agire professionale.
25- CODICE DI STILE
Elaborato ai fini della comprensibilità di atti, provvedimenti, istruzioni, comunicazioni all’interno e all’esterno
della macchina burocratica; contiene le modalità di impostazione di un testo scritto e i principi generali per
realizzare una corretta comunicazione pubblica istituzionale. Nella stesura di ordini di servizio, opuscoli, disegni
di legge, circolari, verbali, delibere, ci si dovrà ispirare all’ordine, all’essenzialità e alla leggibilità, con
attenzione alla semplicità della sintassi e all’uso della punteggiatura.
26- RETI CIVICHE
Rappresentano uno strumento fortemente innovativo nella gestione del rapporto istituzioni/cittadini. Sono
porzioni di cyberspazio di natura no-profit ad accesso gratuito in grado di assicurare interattività su ambiti e
servizi di natura prevalentemente locale. Attraverso una rete civica i soggetti della comunità locale (Pubblica
Amministrazione, cittadini, associazioni, aziende) offrono informazioni utili aggiornate, erogano servizi di
interesse generale e danno vita a dibattiti, forum, attivando comunità virtuali, dove la frequentazione continua
sviluppa nuovi sensi di appartenenza e nuove forme di cittadinanza (cittadinanza elettroniche).
La comunicazione nelle Organizzazioni 44
27- URP
Gli Uffici Relazioni con il Pubblico (URP), istituiti secondo l’art 12 del D.L.29/1993, sono luoghi strategici per
l’integrazione e la trasparenza delle attività amministrative, in quanto convogliano informazioni che
rimarrebbero altrimenti celate negli uffici. L’URP è in rapporto costante con tutte le aree della Pubblica
Amministrazione ed è preposto da un lato a dialogare con la cittadinanza e ad informarla sullo stato di atti e
procedimenti in corso, e dall’altro a formulare proposte logistico/gestionali per il miglioramento del rapporto
utenza/Pubblica Amministrazione. Utilizza strumenti di ricerca sociale, di marketing e di comunicazione.
28- FIRMA DIGITALE
I meccanismi di accesso, di consultazione e di interoperabilità tra uffici, soggetti economici ed aree interne di
un’organizzazione rimandano ai concetti di identità, documento e firma digitali, che si sostanziano in procedure
e strumenti che sempre più accompagneranno cittadini e consumatori nelle loro pratiche amministrative,
sanitarie e commerciali.
Sulla spinta delle Leggi Bassanini 59 e 127 del 1997, in cui si stabilisce che i documenti creati informaticamente
e telematicamente dalle amministrazioni e dai privati assumono validità legale, e grazie al lavoro di indirizzo e
coordinamento dell’AIPA (Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione), si è sviluppato il sistema
di firma digitale.
La firma digitale è la soluzione che permette di firmare elettronicamente documenti amministrativi e
commerciali; certificati, contratti, atti, da sempre redatti su carta mediante inchiostro, assumono oggi valore
giuridico anche nella loro forma elettronica, quando elaborati e trasmessi secondo le regole tecnico-procedurali
predisposte da AIPA e dagli organismi internazionali di standardizzazione.
Le questioni fondamentali riguardano il problema della sicurezza e dell’autenticità dell’identità dei contraenti e
del documento creato e trasmesso, visto che questo consiste in una sequenza di bit. Grazie a sofisticate tecniche
di crittografia sono garantite la non-modificabilità del documento e le identità dei rispettivi autori. La firma
digitale è composta da una parte di documento in chiaro (chiave pubblica), che viene crittografato mediate
l’apposizione di una chiave privata, cioè un algoritmo calcolato sulla base di quel documento. In tale sistema di
firma risultano centrali le Autorità di certificazione, terze parti, che emettono certificati di certezza dell’identità
dei contraenti, controllando periodicamente la validità delle chiavi di cifratura.
L’utilizzo delle smart card (carta d’identià elettronica, ecc) svilupperà ulteriormente la pratica della firma
elettronica, visto che nella sua memoria potrà essere custodita anche la propria chiave di firma.
La comunicazione nelle Organizzazioni 45
29- TELELAVORO
Per quanto concerne le nuove forme di divisione del lavoro e le modalità di espletamento della prestazione
intellettuale all’interno di organizzazioni pubbliche e private, si può annoverare, tra gli strumenti della
comunicazione interna,anche il cosiddetto telelavoro (che è strumento e ambiente di produzione e di gestione
delle informazioni, che poi si fonde con le nuove dinamiche di interazione comunicativa tra organizzazioni e
propri dipendenti).
Il lavoro a distanza, proprio per l’assenza di condivisione di spazi e situazioni collettive, non si configura
soltanto come uno strumento della comunicazione organizzazionale, ma rappresenta una nuova condizione
produttiva e sociale.
Il termine telelavoro sta ad indicare quell’insieme di attività professionali che il dipendente di un’organizzazione
può svolgere senza essere presente fisicamente nelle sedi istituzionali. Il telelavoratore può operare da casa o da
altri luoghi, attraverso una postazione di lavoro costituita da un personal computer e da una serie di periferiche
commisurate al tipo di prestazione che è chiamato a fornire. La connessione alla rete internet/intranet consente la
comunicazione a distanza e la condivisione di dati e strumenti informatici tra il lavoratore distaccato e gli altri
membri eduffici dell’organizzazione.
La telematica (informatica + telecomunicazioni), che pervade sempre più la vita quotidiana di cittadini e aziende,
consente, quindi, di effettuare operazioni di elaborazione, trasmissione e di decisione a distanza, agevolando
processi produttivi e comunicativi.
Il rapporto tra organizzazione e dipendente telelavoratore assume connotati diversi da quelli descritti in
precedenza; l’interazione in telepresenza infatti porta con sé nuove opportunità per la qualità della vita del
lavoratore, ma fa emergere anche nuove problematiche relazionali.
I vantaggi apportati dal telelavoro, oltre a quelli di carattere economico, riguardano l’eliminazione dei tempi di
trasferimento abitazione/ufficio con ricadute positive sulla mobilità urbana delle grandi città, la flessibilità
d’orario e una certa compenetrazione tra sfera familiare/casalinga e mondo del lavoro.
A fronte di tutto ciò si delineano all’orizzonte rischi “comportamentali” legati all’identità spaziale e alla
comunicazione. Il senso di identificazione e le motivazioni possono modificarsi a causa dell’isolamento e
dell’impossibilità di stare a contatto coi colleghi di lavoro. Al dipendente che telelavora da casa vengono a
mancare quelle forme di comunicazione interna fondate sull’oralità e sull’informalità dell’interagire quotidiano.
Sarà quindi possibile che il telelavoratore rintracci e percepisca il senso di appartenenza alla propria
organizzazione secondo percorsi e modalità diverse, inedite e tutte da sondare.
Ecco allora che le organizzazioni che si rinnovano prevedendo il telelavoro, dovranno coinvolgere i dipendenti
in programmi di comunicazione finalizzati a creare e mantenere il senso di appartenenza.
La comunicazione nelle Organizzazioni 46
30- E-LEARNING
Apprendimento elettronico: processo di erogazione di servizi formativi via internet o intranet che consente
all’organizzazione di ottimizzare i costi. L’informazione formativa giunge al personal computer dell’utente
simulando il rapporto allievo/docente nella situazione classica di apprendimento(banco/aula).
Orari, contenuti e frequenza, sono gestiti in totale autonomia dall’allievo/utente, che è posto nella condizione di
chiarire i propri dubbi in tempo reale.
LA SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE:
CONCETTI, PROSPETTIVE, PROBLEMATICHE
La società dell’informazione 2
INDICE
1. TECNOLOGIA, COMUNICAZIONE E SOCIETÀ
1.1 Una rivoluzione in corso?
1.2 Verso la società dell’informazione?
1.3 L’era del “mighty micro”
1.4 La conquista dello “spazio”
1.5 Utopia o distopia?
2. CONCLUSIONI
3. APPROFONDIMENTI
3.1. “Information & Communication Technology“
3.2. Dalla comunicazione verticale alla comunicazione circolare
3.3 “New Economy“
La società dell’informazione 3
1. TECNOLOGIA, COMUNICAZIONE E SOCIETÀ
Parlando di comunicazione occorre sottolineare che la dimensione tecnologica, oggi, occupa senza
dubbio un posto di riguardo. Società avanzate come la nostra assegnano infatti un ruolo sempre più
rilevante a quell’insieme di dispositivi che, seppur molto diversi tra loro, presentano un’importante
caratteristica comune: rendono possibile una “mediazione artificiale” tra gli individui e, quindi, una
comunicazione a distanza tra essi. Grazie a questi mezzi, gli esseri umani sono cioè in grado di
comunicare a prescindere dalla compresenza fisica, ossia senza essere vincolati – come invece accade
per la comunicazione faccia a faccia - dalla necessità di trovarsi nel medesimo contesto spaziale (ci si
può rivolgere a persone che vivono lontano) o temporale (i messaggi possono essere
letti/ascoltati/visionati anche molto tempo dopo la loro produzione od emissione).
Dall’invenzione del torchio per la stampa nel XVº secolo, un numero crescente e differenziato di
dispositivi di questo genere ha fatto il suo ingresso nella nostra società, ampliando gradualmente le
opzioni ed il raggio di azione della comunicazione a distanza. A calcare la scena, almeno fino a pochi
anni fa, erano in particolare strumenti come i giornali, la radio, il cinema e la televisione. Questi
strumenti condividono un secondo e fondamentale tratto comune: uno schema di funzionamento
“unidirezionale”, in base al quale un “messaggio” (sia esso una trasmissione, un’opera letteraria, un
brano musicale o altro) è inviato da una “fonte” o “emittente” ad un numero spesso assai elevato di
“riceventi” (la massa dei destinatari).
Un processo di questo tipo – in cui il canale della comunicazione permette all’informazione di
transitare solo in un verso e di mettere in relazione un emittente con molti riceventi – è ciò che noi
indichiamo con l’espressione comunicazione di massa e che contraddistingue l’opera dei cosiddetti
mass media.
Disciplina tra le più ricche e controverse, la sociologia della comunicazione di massa nasce per
esplorare la complessità dei processi sociali e culturali generati dai mass media moderni. Un’esigenza
che, se si fece impellente nel secolo scorso, sull’onda delle campagne di propaganda che puntellarono il
EMITTENTE SEGNALE DESTINATARIO
(messaggio) (molti riceventi)
La società dell’informazione 4
primo conflitto mondiale e poi dell’avvento dei sistemi radiofonici, fu non di meno avvertita già in
precedenza. La consapevolezza che i media esercitassero una influenza nelle dinamiche sociali aveva
infatti iniziato a farsi strada ben prima, in particolare quando le prime forme “evolute” di giornalismo, a
cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, ebbero dimostrato la capacità di mobilitare un largo numero di
persone attorno alle nuove idee, ai costumi e alle pratiche che avrebbero scandito gli eventi dirompenti
della tarda modernità e quindi accompagnato costantemente il cammino dell’evo contemporaneo.
Le rivoluzioni americana e francese, con il loro profondo impatto sulla sfera politica, e lo sviluppo
della società capitalistica e ad economia di mercato, con la sua enfasi sui consumi e
sull’intrattenimento, rappresentano forse la più evidente testimonianza del ruolo centrale acquisito dalla
comunicazione di massa. La quale, man mano che l’innovazione scientifica e tecnologica (in primo
luogo lo sfruttamento dei fenomeni elettromagnetici, da cui sarebbero nate le grandi invenzioni
concepite tra il XIX° secolo e l’inizio del XX°: telegrafo, telefono e radio) andava ad arricchire il suo
apparato, si avviava a diventare una delle intercapedini della vita associata. Un ruolo che il medium,
simbolo della seconda parte del secolo appena concluso, la televisione, avrebbe sancito in forma
definitiva.
1.1 UNA RIVOLUZIONE IN CORSO?
Così com’era nata per indagare il grande cambiamento che scosse dalle fondamenta le società del XIX°
e del XX° secolo, la sociologia è oggi posta di fronte a quello che pare, a tutti gli effetti, un nuovo e
radicale mutamento. Una “grande trasformazione” sarebbe in atto e avrebbe, anche questa volta, nel
pianeta della comunicazione uno dei suoi fattori scatenanti. Sottoposta alla pressione delle nuove e
potenti “macchine dell’informazione” (di cui il computer rappresenta il cardine) e di una nuova
generazione di apparati comunicativi a loro volta tributari della “rivoluzione informatica” (che hanno in
Internet il loro centro nevralgico), la società contemporanea è in procinto, secondo l’opinione dei più,
di cedere il posto ad un modello nuovo: la “società dell’informazione”.
In queste pagine cercheremo di trattare, velocemente ma in modo approfondito, questi processi di
cambiamento. Dai quali cercheremo di dare concretamente qualche esempio e di spiegare alcune
parole-chiave, che appaghino la nostra curiosità di utenti delle nuove tecnologie e che siano spendibili
nel mondo del lavoro.
La società dell’informazione 5
1.2 VERSO LA SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE?
La prima domanda che dobbiamo porci in questo contesto è se il cambiamento in corso è davvero così
radicale. A questa domanda, in realtà, non è possibile rispondere in modo semplice ed univoco. O
meglio, le argomentazioni che sono state avanzate per sostenere o negare l’ipotesi in questione sono
non solo numerose, ma possono essere considerate ora valide, ora erronee, ora poco o per niente
influenti in base alla prospettiva assunta. Ciò che a noi più importa in questa sede è che l’intensità del
dibattito sull’esistenza o meno di un passaggio alla “società dell’informazione” è un chiaro indicatore
delle pressioni che questo argomento pone alla riflessione, e non solo a quella sociologica.
Il vento dominante muove dunque verso il cambiamento. Le direzioni da cui spira sono, occorre
riconoscerlo, molteplici e contraddittorie, e la strada migliore per affrontarlo è quella di individuarne
pazientemente le fonti e di esaminarle direttamente, senza mediazioni.
Cercheremo dunque di portare allo scoperto almeno le principali tesi e le formule in auge in questo
dibattito. Cominciando naturalmente dal concetto che ha già fatto capolino in queste righe, quello di
“società dell’informazione”.
Questa espressione è molto lontana dal suscitare unanime consenso. Al contrario, essa ha prestato il
fianco a numerose e talvolta ben congegnate critiche. Quelle, ad esempio, di chi si chiede se,
considerato che l’attività comunicativa è “attività universale e necessaria”, riscontrabile cioè non solo
nell’uomo di ogni tempo, ma “in tutti gli organismi viventi”, vi sia mai stata una società che non fosse
“dell’informazione”.
O di chi invita a guardarsi alle spalle, ossia alle precedenti fasi di cambiamento tecnologico, prima di
intonare “discorsi celebrativi” sulla società dell’informazione e di guardare ad essa come al nuovo ed
“insuperabile orizzonte dell’evoluzione umana”.
O infine di chi ritiene che il predicato “passaggio d’epoca” potrebbe essere meglio inquadrato da altre
angolazioni e quindi illuminato da formule alternative come, per citarne solo alcune, società “in rete”,
“globalizzata”, “postmoderna”, “postindustriale”, “complessa”. Ad ogni modo, indipendentemente da
ogni controversia accademica, l’espressione “società dell’informazione” ha ormai guadagnato il centro
della scena. E noi possiamo tranquillamente prenderla a prestito per i nostri scopi; anche perché, se non
altro, essa presenta due indiscutibili meriti.
La società dell’informazione 6
Innanzitutto, essa pone l’accento su un fatto sul quale molti osservatori sono concordi, ossia che
l’informazione, in tutte le sue articolazioni, è diventata una “risorsa primaria”, e che la sua
“produzione, distribuzione e controllo” sono diventate le “chiavi dei processi sociali”. Ed è proprio la
centralità dell’informazione sulla scena contemporanea che occorre indagare, se vogliamo o no avallare
l’idea di una società basata su di essa. Ciò significa, ecco, dunque, il secondo “merito” della formule,
che la nostra attenzione dovrà concentrarsi in particolare su quella nuova generazione di strumenti che
operano con l’informazione e che si stanno gradualmente affermando fino a diventare, proprio come la
stessa informazione, pressoché onnipresenti o addirittura indispensabili.
Il compito che ci si pone di fronte è dunque chiaro e ben delimitato. Si tratta di fare luce sui modi in cui
le nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione (Information & Communication
Technology, note con l’acronimo di ICT) intervengono sulle principali dimensioni della vita associata.
O, detto ancora diversamente, di capire se strumenti come i computer, il world wide web e le altre
componenti del pianeta ICT starebbero davvero trasformando il contesto sociale in cui viviamo.
1.3 L’ERA DEL “MIGHTY MICRO”
All’improvviso sembra diventato impossibile conseguire il successo in qualsiasi campo senza l’impiego
delle tecnologie informatiche; pare che queste siano destinate a far cambiare qualsiasi attività umana
delle società avanzate […] Per quanto con opinioni e argomentazioni differenti, molti concordano
tuttora sul fatto che l’unione fra elaboratori e telecomunicazioni segni l’inizio di una nuova era.
Sembra che questa sia l’unica strada da percorrere se si vuole andare avanti: l’avvio dei processi di
trattamento, trasmissione, memorizzazione e recupero dell’informazione insomma sarebbe l’elemento
chiave del benessere futuro e di stili di vita qualitativamente differenti (Lyon, 1991, p. 19).
Queste parole di Lyon ben illustrano le opinioni e lo stato d’animo dominanti nella nostra era. Che è
un’era segnata, tra le altre cose, dall’ingresso progressivo nella nostra vita quotidiana di nuove e
prodigiose apparecchiature elettroniche, strumenti votati, come ha ben sottolineato Lyon, a compiti di
“trattamento, trasmissione, memorizzazione e recupero dell’informazione”. Sono queste, in sostanza, le
quattro principali chiavi di lettura di quella “rivoluzione” delle “macchine intelligenti” cui dobbiamo,
La società dell’informazione 7
oltre che lo zelo dei tecno-entusiasti preso di mira (e non sempre senza ragione) da Lyon, i più
significativi cambiamenti nel nostro modo di lavorare, studiare, relazionarci e così via.
Se si tratti o no di un vero mutamento “epocale” è, come abbiamo già evidenziato, materia di aperta
discussione. Anche un contro-rivoluzionario come Lyon, tuttavia, non può fare a meno di chiedersi da
dove abbia origine questo fermento riscontrato praticamente in qualsiasi campo.
Ebbene, per Lyon, come per altri studiosi, tutto ha inizio negli Stati Uniti: è qui, nell’ambito dello
sforzo bellico che avrebbe portato l’America a liberare l’Europa dal nazifascismo, che viene avviato e
generosamente sovvenzionato un ambizioso programma di ricerca scientifica e tecnologica. Che aveva
sì dei fini immediati, il miglioramento dei sistemi radar, ma che condusse a risultati che avrebbe
trasceso (senza però mai abbandonarlo) il campo militare. Con un processo graduale ma impetuoso, che
si protrasse anche dopo la fine del conflitto mondiale i frutti giunti a maturazione nei laboratori
sovvenzionati dal Pentagono si sarebbero irradiati nel mondo civile ed economico: è questo il turning
point della “rivoluzione microelettronica”.
Finalmente scoccata, l’ora del “mighty micro” (Evans, 1982) annunciava un cammino completamente
nuovo per la scienza, la tecnologia e, forse, per la stessa civiltà tout court. Trainato dalle scoperte del
transistor prima e del chip poi, il progresso nella microelettronica fornisce la base per le più importanti
invenzioni tecniche della seconda parte del ventesimo secolo. E’ il caso, anzitutto, di un progetto che
peraltro era coltivato da tempo e che addirittura – sia pur in nuce – possiamo attribuire a lontani
pensatori come Pascal e Leibnitz: quello dei “calcolatori”.
Era l’inizio della parabola del computer, destinato a diventare la “tecnologia di definizione” dei nostri
tempi, come l’orologio lo fu per l’evo della meccanica e dell’industria.
Grazie alla progressiva “miniaturizzazione” degli elementi, i computer sarebbero gradualmente usciti, a
mano a mano che si riducevano le loro dimensioni inizialmente elefantiache (il primo computer,
chiamato ENIAC e sviluppato nel 1946, occupava una superficie di duecento metri quadrati), dai
grandi laboratori e dalle stanze delle principali industrie. Perché la diffusione del computer potesse
procedere, occorreva tuttavia un altro passaggio fondamentale: bisognava rendersi conto che il
computer era ben più di una sofisticata macchina per il calcolo. Il suo vero potenziale risiede infatti
nell’essere una “macchina universale”, capace cioè di mettere la sua velocità di computazione al
servizio di compiti diversi; previa, naturalmente, una opportuna e mirata “programmazione”. E fu
questa, in sostanza, la missione che avrebbero svolto i primi promotori di una industria che avrebbe
condotto la “rivoluzione informatica” al suo secondo traguardo: dopo l’hardware, il software.
La società dell’informazione 8
La congiunzione di questi fattori - l’opera dei progettisti del software, che adattano il vecchio
calcolatore agli usi pratici della vita quotidiana, l’aumento delle capacità di memoria, l’impressionante
incremento delle prestazioni dei microprocessori, l’incessante discesa dei costi di fabbricazione di un
computer (che dal 1954 continuavano a scendere di un quinto ogni anno) e altri - genera quindi la vera
e propria svolta: l’avvento del personal computer. Commercializzati a partire dagli anni ‘80, i personal
computer sembrano segnare la fineper le macchine - ingombranti, inquietanti e soprattutto riservate alla
ristretta casta dei conoscitori del suo arcano linguaggio - che avevano fino a quel momento occupato
l’immaginario collettivo. Grazie quindi ad ulteriori opportuni accorgimenti che facilitano il “dialogo”
con esso (ad esempio le “interfacce utente” come il sistema operativo “a finestre”) e al continuo
aggiornamento delle sue funzionalità (dai programmi per la gestione aziendale a quelli più prosaici
come i giochi), il computer può ora proseguire il suo cammino verso gli uffici e le abitazioni.
1.4 LA CONQUISTA DELLO “SPAZIO”
Con la telematica, le telecomunicazioni hanno raggiunto un’altra tappa importante della loro storia.
Nate sulla scia di un’altra grande innovazione, quella dell’elettricità, le reti per la comunicazione a
distanza hanno rappresentato la grande vittoria dell’uomo sullo spazio e sul tempo, su due coordinate
cioè che i servizi telegrafici e telefonici prima e le radiocomunicazioni e la televisione poi avevano man
mano neutralizzato. Con l’ingresso dei computer e quello pressoché contemporaneo di un altro attore
strategico, il satellite, si realizzava quindi un ulteriore e drastico passo in avanti. Da quel momento, il
termine “comunicazione” non solo acquistava nuovi protagonisti, ma acquisiva un nuovo destino:
quello di rappresentare a un tempo la parola chiave e il cardine infrastrutturale di un sistema che
avrebbe abbracciato l’intero globo terrestre con i suoi flussi di informazione, ormai inarrestabili e
sempre più ricchi.
Con la telematica, e più precisamente dopo l’attivazione dei primi “nodi”, le “interconnessioni” tra i
computer ormai dialoganti – capaci cioè, grazie ad un apposito “protocollo”, di mettersi in contatto e di
scambiare dati tra loro – rimasero per circa due decenni prerogativa di un ristretto numero di luoghi
“eletti” (università, laboratori di ricerca). Ma dalla fine degli anni Ottanta, la nuova invenzione avrebbe
iniziato inesorabilmente a fuoriuscire da quel recinto. Soprattutto dopo l’ideazione del World Wide Web
all’inizio dello scorso decennio, l’aumento del numero dei server (i potenti terminali dove sono
La società dell’informazione 9
depositate le informazioni da “scaricare”: i siti, le banche dati, ecc.) e dei client (i computer che si
collegano, per lo più saltuariamente e attraverso le linee telefoniche) procederà in modo incessante,
facendo diventare la trama della rete sempre più fitta e il suo tessuto ancora più interessante e
dinamico.
Se i primi utilizzatori di Internet si erano accontentati di inviarsi per lo più messaggi di posta
elettronica, di accedere alle rispettive banche dati o di frequentare qualche “bacheca elettronica” dove
scambiarsi opinioni e osservazioni, i nuovi linguaggi e programmi di cui il World Wide Web era
portatore hanno fatto compiere alla rete telematica un rilevante salto di qualità, presiedendo alla
costruzione di quel «labirinto multimediale» che tutti noi conosciamo e frequentiamo.
E’ nato, dunque, il “cyberspace”: un nuovo universo informazionale dove convivono tutte le forme di
comunicazione esistenti (scritte, iconiche, audiovisive) e al quale qualunque possessore di un personal
computer e di un modem può avere accesso. E non solo per “godersi” lo spettacolo, ma anche per
arricchirlo con un suo contributo personale (creando, ad esempio, una propria pagina web) e soprattutto
per partecipare, apprendendo le tecniche di “comunicazione mediata dal computer”, alla vita delle
“comunità virtuali” che animano il ciberspazio. World Wide Web, stanze di chat, forum, messaggerie
istantanee ed altri strumenti ed ambienti di rete offrono al sempre più cospicuo “popolo di Internet” la
possibilità che i vecchi mass media gli avevano precluso: quella di diventare “infoproduttori”.
Veri e propri “diffusori di informazione” del mondo contemporaneo, i cittadini comuni possono oggi
farsi parte attiva di una comunicazione sempre più tempestiva, coinvolgente, efficiente e soprattutto
allargata all’intero pianeta.
1.5 UTOPIA O DISTOPIA?
Hardware, software, telematica rappresentano dunque i tre grandi passaggi della rivoluzione
informatica. Sono i momenti chiave che hanno portato progressivamente i personal computer, di
dimensioni ormai contenute e dotati di grande potenza di calcolo, nelle nostre abitazioni, nei luoghi di
lavoro, negli uffici della pubblica amministrazione. E che li hanno visti diventare, da puri elaboratori di
informazione, a potenti e versatili strumenti di comunicazione; una svolta, quest’ultima, di cui la
nascita e la crescita esponenziale di Internet è al tempo stesso guida e testimone. La rete, insomma, è
davvero, a un tempo, il mezzo e il simbolo di un mondo diverso.
La società dell’informazione 10
Innegabilmente, le nuove tecnologie della comunicazione aprono la porta ad una serie di trasformazioni
che promettono di essere profonde e gravide di conseguenze. Trasformazioni che non possiamo certo
limitare al fatto, pur importante, che i nuovi media come Internet conferiscono agli utenti ciò che i
vecchi media negavano loro, ossia la possibilità di farsi parte attiva della comunicazione e di diventarne
dunque, se non i protagonisti, quanto meno dei prolifici comprimari.
Stando a quanto ci è possibile osservare, e soprattutto a ciò che ci viene riferito da chi compie i suoi
studi in questo terreno, i cambiamenti sarebbero di portata ben più ampia. Dalle forme aggregative e
comunitarie, alla politica, all’economia, e naturalmente alla guerra, ciascuna di queste sfere è
attualmente investita dall’incalzante opera di rimodellamento compiuta dall’innovazione tecnologica.
Un’azione che nasce però, vale la pena ricordarlo, non dalla tecnologia in sé, ossia dalla semplice
“emergenza” di nuove invenzioni, ma dall’uso effettivo (talvolta secondo modalità impreviste dagli
originali promotori), sempre più massiccio e frequente delle nuove “macchine intelligenti” da parte dei
“grandi” e “piccoli” attori sociali, come istituzioni, cittadini, aziende, consumatori, scrittori, lettori, etc.
Ma l’evidenza di questi risultati positivi, come del resto il profilarsi di nuove e oscure minacce su cui
sarebbe poco saggio sorvolare (possibilità inedite di telesorveglianza, intrusioni foriere di danni da
parte dei pirati informatici, violazioni della privacy e, forse e soprattutto, l’accentuazione del divario
sociale ed economico – il “digital divide” – tra nazioni, comunità ed individui che sono o non sono
capaci di padroneggiare le nuove tecnologie o, ancor peggio, che hanno o no l’accesso alle relative
infrastrutture), rende ineludibile chiederci dove ci porterà l’uso di una tecnologia sempre più avanzata.
Una serena ma attenta valutazione del modo in cui i nuovi media posano la loro impronta – sia avec
nous che malgré nous – sulle nostre società e influenzano il nostro “essere nel mondo” non può, del
resto, che essere sensata.
La critica, in fin dei conti, è il miglior abito mentale che si possa indossare di fronte ad una passerella
su cui sfilano le più intriganti visioni del mondo. Fermo restando, però, che di fronte al “diluvio di
informazione” che si sta riversando su di noi non c’è davvero abito che tenga.
2. CONCLUSIONI
Al di là delle “utopie” e “distopie” che affollano l’animato dibattito sulle nuove tecnologie c’è, davanti
a noi, la vita di tutti i giorni. Nella quale la maggioranza di noi è, che piaccia o no, utente delle ICT.
La società dell’informazione 11
Sarebbe dunque ingenuo non fare i conti con quella “Torre di Babele comunicativa” che, come ci
segnala un’autorevole organo di ricerca quale il CENSIS [2001], è oggi presente nelle nostre case. Di
fronte ad una rilevazione che mostra come nelle abitazioni delle famiglie italiane non solo non
manchino i tradizionali mass media come la televisione (98,7%), la radio (95%) o quotidiani (71,8%) e
periodici (59,5%), ma siano sempre più radicati strumenti come il decoder per la tv satellitare (15%), i
telefoni cellulari (85,1%) e, soprattutto, i personal computer (43,4%) e le connessioni ad Internet
(30%), è difficile negare che l’ICT non stia acquisendo una posizione sempre più rilevante nelle nostre
abitudini. E che al panorama della comunicazione di massa tradizionale non si stiano sovrapponendo,
in forma sempre più compiuta, i nuovi scenari della comunicazione reticolare, interattiva e
multimediale proiettati dal persona computer, da Internet e dai cosiddetti nuovi media.
Che la si accetti o no, la “società dell’informazione” sembra aver cominciato a consolidare le sue
fondamenta. E i suoi pilastri, come Internet, cominciano a stagliarsi nel paesaggio sociale in cui
viviamo. Il popolo dei navigatori cresce ormai in continuazione: le stime ne assestano la consistenza ad
un valore compreso tra i 400 e i 540 milioni di persone in tutto il mondo [Assinform, 2002]. E anche
l’Italia mostra di voler stare al passo, come dimostra l’aumento da 13 milioni di utenti circa nel 2000
agli oltre 20 milioni stimati nel 2002. Non si tratta, certo, di un insieme omogeneo; c’è una forte
differenza, ad esempio, tra quelli che sono definiti “heavy users” (chi accede ad Internet più volte alla
settimana) e i frequentatori occasionali. Sembra comunque plausibile interpretare quel dato come il
segnale di una progressiva familiarizzazione con il nuovo strumento e di un consistente allargamento
della sua base sociale.
Non è tutto. Il “big bang” dell’informazione non si riduce esclusivamente ad Internet e alla sua punta di
diamante, il World Wide Web. Per cogliere la portata dell’esplosione dobbiamo prestare attenzione
anche ad altri strumenti. Come, ad esmpio, le televisioni via satellite e via cavo, a cui peraltro il
processo di globalizzazione dei processi culturali e comunicativi deve già molto.
Il canale televisivo suscita particolare interesse non solo a causa della poderosa crescita della sua
offerta, un fenomeno che il satellite, più che il cavo, pone davanti agli occhi di tutti gli italiani. La tv
infatti si colloca nella prima linea del fronte digitale, al punto che potrebbe addirittura spodestare il
computer e assumere il ruolo per cui quest’ultimo ci appare il naturale candidato; diventare cioè il
principale “hub” dei servizi multimediali e interattivi. Tutto dipenderà dall’esito di quel conflitto tra il
pc e la tv in cui la posta è rappresentata, in sostanza, dagli “occhi” dei tele-consumatori.
L’incertezza sull’esito di questa gara è testimoniata, tra l’altro, dall’entrata in scena di un terzo
insidioso competitore: il “telefonino”. Entrate con una rapidità davvero sensazionale nelle abitudini
La società dell’informazione 12
degli italiani, le telecomunicazioni mobili (o “wireless”, senza fili) rappresenterebbero infatti una porta
d’accesso preferenziale al mondo della rete. E’ questa, almeno, la promessa di cui sono portatori i
telefoni cellulari di terza generazione (UMTS), che sono in procinto di trasformare le grandi
potenzialità della comunicazione interattiva e multimediale, ad oggi “incarnate” da Internet, in una
“seconda pelle” indossabile ovunque.
La società dell’informazione 13
3. APPROFONDIMENTI
3.1. “INFORMATION & COMMUNICATION TECHNOLOGY“
L’espressione Information & Communication Technology (ICT) è usata convenzionalmente per
indicare un macro-settore economico e industriale che è in realtà assai variegato. In estrema sintesi, le
aziende ICT sono impegnate sia nel poliedrico campo della comunicazione (che va dalla telefonia
satellitare alla tv via Internet), sia nel non meno stratificato terreno dell’informatica (dove troviamo
tanto il produttore indiano di microchip quanto il ricco magnate californiano del software). In entrambi
i casi, esse si occupano tanto della produzione di apparati e strumenti quanto dell’erogazione dei
relativi servizi. In pratica, l’ICT raccoglie intere filiere che comprendono a loro volta tutte le fasi di un
comparto tecnologico (esempio: dalla produzione delle componenti di un telefonino, al suo
assemblaggio, all’installazione dei ripetitori, alla fornitura delle linee agli utenti, sino alla vendita
diretta di una banalissima suoneria per il cellulare o di uno di quei loghi che campeggiano sul suo
schermo).
L’ICT si divide in due principali comparti: information technology (IT) e telecomunicazioni (TLC).
Ciascun comparto è ulteriormente ramificato secondo due linee principali: infrastrutture e servizi.
Questa distinzione, almeno in linea teorica, è facilmente osservabile nel settore IT, dove le imprese che
si occupano di infrastrutture producono il cosiddetto hardware (personal computer, mainframe, ecc.),
mentre dal lato dei servizi realizzano il software (anche se non pochi profitti vengono, come insegna il
caso IBM, dall’assistenza tecnica alle imprese).
Le imprese TLC invece, per quanto riguarda le infrastrutture, sono impegnate nella produzione dei
terminali, nell’installazione di cavi ecc., mentre nel secondo fronte erogano principalmente servizi
telefonici di rete fissa o mobile, naturalmente non solo per la conversazione vocale ma anche, per citare
una delle voci più importanti, per le connessioni ad Internet.
L’ICT è stata tra i più illustri protagonisti dell’economia mondiale soprattutto degli ultimi due decenni
e in particolare in quello appena concluso, coinciso con il decollo della New Economy. Ancora oggi,
pur risentendo come gli altri settori della recente crisi economica, la New Economy mostra enormi
potenziali di crescita [Assinform, 2002]. Nel 2001, il suo mercato aveva raggiunto in tutto il pianeta un
valore pari a 2.218 milioni di dollari, con una crescita del 4,9% rispetto all’anno precedente (ma
La società dell’informazione 14
l’incremento 1999/2000 era stato ancora superiore: + 12,9%). Una simile cifra corrisponde al 7,1%
dell’intero prodotto interno lordo a livello mondiale, un dato che, insieme a quello sulla crescita
annuale (il PIL mondiale era cresciuto, sempre nel periodo 2000/2001, del 2,4%), illustra
eloquentemente la centralità dell’ICT nel panorama economico.
I comparti e le categorie che abbiamo citato sono solo una frazione, benché tra le più importanti, del
mercato ICT, in un quadro reso ancora più frastagliato e vivace dalle numerose partecipazioni e joint
venture delle aziende del settore con le imprese di quella che è solitamente definita “industria
culturale” (audiovisiva, discografica, ecc.).
L’ultimo decennio del secolo scorso ha visto sorgere, in seguito a fusioni o acquisizioni (la più nota
delle quali è senza dubbio quella da cui è sorto il gruppo AOL-Time Warner-Cnn), veri e propri colossi
dell’informazione, che si muovono sotto l’insegna della cosiddetta “convergenza al digitale” (la
tendenza a formare conglomerati che includono settori attigui del mondo dell’informazione, della
comunicazione e dell’intrattenimento, così da realizzare crescenti economie di scala e/o di controllare
integralmente il ciclo di un prodotto, dall’ideazione al merchandising).
Pur costellato da numerosi operatori di piccola taglia che si sono ritagliati tra crescenti difficoltà la
propria nicchia di mercato, nel panorama contemporaneo dell’ICT giganteggiano alcuni imperi
economici dotati di un portafoglio-utenti di proporzioni gigantesche e caratterizzati da strategie
diversificate e di respiro mondiale.
La tabella riportata di seguito è tratta da uno dei lavori più recenti sulla “società dell’informazione” e le
nuove tecnologie [Dutton 2001, p. 80]. In modo assolutamente schematico, essa offre una griglia di
lettura delle componenti chiave e delle principali dimensioni collegate al pianeta ICT.
La società dell’informazione 15
Tab.: Elementi centrali delle ICT
Tecnologie chiave
Microelettronica, optoelettronica, generazioni successive di sistemi operativi, linguaggi di programmazione, programmi applicativi che controllano le operazioni di un computer.
Apparecchiature principali
Personal computer, scanner, videogiochi, compact disk, macchine fotografiche digitali, telefoni, televisori, commutatori di telecomunicazioni e altri strumenti hardware utilizzati per ricevere, immagazzinare, elaborare o visualizzare informazioni
Tipologie di
contenuti diffusi dalle ICT
Parole, testi, immagini, voci, servizi e altri contenuti che vengono immagazzinati, usati o trasmessi.
Una tecnologia fondamentale: i
sistemi di interfaccia-
utente
Combinazioni di hardware (tastiere, mouse, visori e guanti per la realtà virtuale) e software (come interfacce grafiche per l’utente, o sistemi di riconoscimento vocale) per l’interazione uomo-computer
Infrastrutture per le telecomunicazioni
Reti a banda stretta (miglioramenti dell’attuale infrastruttura) o a banda larga (fibre ottiche, satellite) per la trasmissione dei dati con o senza fili (wireless). Per la televisione, sviluppo dei sistemi di emittenza ordinaria (via etere) e avanzamenti nel settore via cavo e via satellite
Persone che
operano con le ICT e per lo sviluppo delle ICT
Sviluppatori di software, ingegneri, segretari/e, autori di testi, business planner, contabili, studenti, laureati e tutti coloro che usano, creano, gestiscono, leggono e supportano sistemi, servizi e apparecchiature basati sulle ICT.
La società dell’informazione 16
3.2. DALLA COMUNICAZIONE VERTICALE ALLA COMUNICAZIONE CIRCOLARE
L’avvento dei nuovi media, Internet in primis, può essere letto anche in funzione della “rottura” degli
schemi di trasmissione e di relazione sociale di moda fino a qualche tempo fa nel panorama della
comunicazione di massa. Osservata da questa angolazione, l’attuale generazione di strumenti si
distingue in modo abbastanza netto da quella precedente. E’ anzi proprio questa diversità che fa
emergere tutto il loro carattere innovativo, fino a mostrare uno stravolgimento radicale dei rapporti di
“potere” consolidatisi con i vecchi mass media.
Sono due, in particolare, i fattori strettamente intrecciati che evidenziano la profondità del
cambiamento. Il primo è la relativa caduta della distinzione tra le due categorie di individui coinvolti
nella comunicazione strumentale: gli emittenti e i riceventi, ossia chi trasmette i messaggi e chi ne è il
destinatario. Il secondo elemento da evidenziare è l’asimmetria di questi ruoli (di emittenti e riceventi).
Nel caso dei mass media, il canale di comunicazione funziona in una sola direzione, dall’emittente al
ricevente, e non viceversa. Tutto il “potere” è nelle mani della fonte, mentre ai destinatari non rimane
altro che accogliere o meno i contenuti inviati dai primi. Nessuna reciprocità, nessun feedback. O, per
dirla con un’altra parola molto in voga, il grado zero dell’interattività.
Oggi questa rigidità classificatoria è messa radicalmente in discussione dai nuovi media, i quali
rimodellano l’ormai cristallizzata gerarchia dei ruoli ed aprono la porta ad inedite modalità di rapporti
comunicativi tra i soggetti. Per identificare meglio le caratteristiche degli odierni strumenti e per
confrontarli con gli altri, possiamo avvalerci di uno schema che ci porterà a distinguere tra una
comunicazione di tipo verticale/unidirezionale, una di tipo orizzontale/bidirezionale e una di tipo
reticolare/circolare.
• Comunicazione verticale
E’ la classe in cui rientrano praticamente tutti i mass media “tradizionali”: mezzi a stampa (libri,
giornali, periodici), radio e televisione, cinema. Per ciascuno di questi mezzi vi è invariabilmente un
“unico” emittente (che però, più correttamente, deve essere inteso come una équipe) che “comunica” a
senso unico con una pluralità di destinatari. Il rapporto tra il primo e i secondi è rigidamente verticale: i
riceventi non dispongono infatti della possibilità di replicare al messaggio o di contribuire alla sua
La società dell’informazione 17
composizione. Il processo comunicativo avviene dunque in un’unica direzione, “da uno a molti”, e il
messaggio emesso dalla “fonte” deve essere esclusivamente ricevuto e decodificato dai destinatari.
In questo senso, si afferma che la comunicazione instaurata dai mass media è “asimmetrica”, poiché
concentra il “potere” della comunicazione esclusivamente nelle mani di grandi centrali (emittenti
televisive o radiofoniche, editori, major cinematografiche) e relega i rispettivi pubblici, entità
“passiva”, in un rango subordinato. Ai destinatari non resta altro che aggregarsi in “masse” più o meno
estese in base agli “stimoli” forniti dai mezzi di comunicazione.
Occorre ricordare che tra i mass media unidirezionali vige una importante differenziazione, da cui
dipende in definitiva lo specifico gradiente di “verticalità”. La differenza in questione pone un confine
tra i mezzi che operano secondo lo schema della “trasmissione” o del “flusso” da un lato ed il modello
della “pubblicazione” dall’altro, dove è nella prima categoria che la condizione di “verticalità” è
maggiormente accentuata.
Caratteristica dei sistemi radio/televisivi (in questo caso, si parla di “broadcasting”), la trasmissione di
un contenuto informativo si pone come un “evento” irripetibile, cui è possibile “partecipare”,
naturalmente, da spettatori passivi, solo ed esclusivamente rispettando un “appuntamento” preciso o, in
altre parole, sintonizzando il proprio apparato ricevente all’orario prestabilito dal palinsesto
dell’emittente. Quest’ultima, sia essa una stazione radio o televisiva, opera in un regime di flusso: un
flusso che può durare ciclicamente anche per 24 ore. Una intera giornata di programmazione, dunque,
che offre una gamma più o meno ampia di scelta all’utente, lasciandogli però al massimo la sovrana
libertà di non mettersi mai in contatto.
Le cose cambiano radicalmente per i media che si basano sul regime della “pubblicazione”. Libri e
giornali si presentano come copie di un dato contenuto informativo, contenuto che può essere recepito
(letto) con maggiore libertà ed indipendenza rispetto all’evento televisivo (a meno che non si decida di
registrare quest’ultimo; in tal caso si ha il passaggio del prodotto entro il dominio della pubblicazione).
In termini tecnici, i prodotti realizzati in più copie si dicono “a utilità ripetuta”, proprio perché, una
volta posti per esempio in una biblioteca, essi rimangono a disposizione dell’utente.
• Comunicazione orizzontale-bidirezionale
Lo schema della comunicazione orizzontale è caratteristico del medium telefonico. In questo caso, la
differenza tra emittente e ricevente (tra chi fa la telefonata e chi la riceve) sfuma, poiché il canale
La società dell’informazione 18
permette tanto al primo quanto al secondo di assumere alternativamente i due ruoli. In questo senso, la
comunicazione si definisce come “bidirezionale”. Rispetto agli strumenti verticali, il telefono è dunque
un mezzo spiccatamente egualitario, poiché offre ampi margini di partecipazione al singolo
cittadino/utente. Lo schema di comunicazione che lo contraddistingue, “uno a uno”, ci pone però al di
fuori della comunicazione di massa in senso stretto.
• Comunicazione circolare o reticolare
Palcoscenico della “comunicazione mediata dal computer”, Internet propone ai suoi fruitori una ricca
varietà di schemi di trasmissione. La “rete”, infatti, non deve essere considerata come un singolo
strumento, ma come un fascio di opportunità differenziate che è possibile cogliere per instaurare, a
seconda dei casi, legami di entità diversa.
A fronte di un quadro assai variegato, vi è però un dato di assoluta rilevanza: su Internet, ciascuno può
essere tanto emittente quanto ricevente. Potenzialmente ciascun soggetto può mettersi in contatto con
gli altri. E’ questo che l’espressione comunicazione “reticolare” o “circolare” mette in evidenza, cioè il
fatto, senza dubbio notevole, che la comunicazione su Internet ci colloca tutti nella stessa “piazza
virtuale”, pronti, in presenza di determinate condizioni, ad “interagire” gli uni con gli altri.
Nella rete, quindi, convivono diversi schemi di comunicazione. I più significativi, da un certo punto di
vista, sono quelli nati appositamente per permettere a chiunque di comunicare con altri soggetti: le
chat-line, i forum, i newsgroup,le videoconferenze, etc. In questi “ambienti” di rete vige un modello
“molti a molti”, inedito e ricco di implicazioni; ogni avventore può infatti non solo trasmettere i suoi
messaggi e ricevere quelli degli altri, ma anche interagire con questi ultimi e sviluppare relazioni
sociali estremamente vivaci.
All’interno del ciberspazio, però, ritroviamo anche il rapporto “uno a uno” della comunicazione
telefonica, incarnato in questo contesto dalle messaggerie istantanee (anche se in questo caso cambiano
sia il codice in uso, non più orale ma scritto, e numerosi altri parametri quali la reperibilità, la
possibilità di coinvolgere altri interlocutori, ecc.). Le stesse telefonate possono essere effettuate
direttamente in rete, previa l’installazione sul computer di un apposito programma. Da non dimenticare,
quindi, la fondamentale differenza tra strumenti sincroni e asincroni: i primi (chat, videoconferenze,
messaggerie istantanee) che permettono una interazione in tempo reale, e i secondi che invece
La società dell’informazione 19
interpongono un lasso di tempo variabile tra la prima comunicazione e quelle successive (posta
elettronica, forum, newsgroup).
Questa categoria di strumenti è quella che fa di Internet non solo un “potente mezzo di comunicazione e
per la comunicazione”, ma anche una vera e propria realtà sociale provvista di regole, più o meno
rigide e vincolanti, e soprattutto capace di sviluppare emergenti forme identificative ed aggregative.
La continua nascita di “comunità virtuali” rappresenta senza dubbio uno dei fenomeni di maggiore
interesse degli ultimi tempi.
Internet propone poi anche le modalità di comunicazione “uno a molti”. La pagina Web, ad esempio, si
presenta in un certo senso come una pubblicazione, ma con un elemento di novità tutt’altro che
marginale; chiunque, una volta acquisito lo spazio Web, e costruita e messa in rete la pagina, può
diventare “editore” di sé stesso. Nel Web, però, possiamo trovare anche la versione elettronica dei
vecchi media verticali: un giornale on line, ad esempio, con le sue redazioni, i suoi articoli, i suoi
filmati video e/o le clip audio.
I contenuti di un giornale on line vengono fruiti in modalità “pull”: è il lettore, cioè, che seleziona ed
attinge ciò che gli interessa, “cliccando” sull’articolo che vuole leggere o sul filmato che desidera
vedere.
La differenza rispetto alla modalità “push”, caratteristica delle emittenti televisive (e meno dei
giornali, che lasciano comunque maggiore libertà di scelta al lettore) che sospingono verso pubblici
“inerti” i loro contenuti, non potrebbe essere maggiore. L’informazione insomma non si “consuma” più
esclusivamente sulla base di ciò che editori e redazioni offrono al pubblico.
E’ questo il concetto, assolutamente centrale nell’economia di Internet, di “informazione on demand”,
intercapedine di un assetto che conferisce all’utente una più spiccata autonomia nel suo percorso di
ricerca e di aggiornamento.
3. ”NEW ECONOMY“
La New Economy sorge sull’onda di cospicui investimenti (ma anche di “esuberanti” speculazioni)
effettuati nei settori tecnologici emergenti: informatica, telecomunicazioni, e, in sintesi, tutti quei
comparti che oggi siamo usi indicare nell’etichetta comune di ICT. A beneficiare di questi investimenti
fu, soprattutto, il ginepraio di imprese che si trova nella fascia occidentale del paese, laddove sorgono
tanto la Silicon Valley, culla della civiltà informatica, quanto la sede del colosso del software Microsoft,
La società dell’informazione 20
una delle corporation a più alta capitalizzazione del pianeta. E’ da questo fermento finanziario ed
imprenditoriale che nascono o giungono a maturazione le più interessanti innovazioni tecniche che
calcano la scena degli anni ‘90. E Internet, naturalmente, ne è la regina, sia pur nel contesto di una
corte dove si affollano tanti altri strumenti, applicazioni ed idee più o meno promettenti.
Non tutta la New Economy passa però per la Borsa di New York. Alcune delle invenzioni cruciali che
crescono sotto la sua ala vengono “incubate” e lanciate da piccolissime aziende (inizialmente) non
quotate a Wall Street. Sono le cosiddette start-up, anch’esse in buona parte impiantate nella Silicon
Valley (per un curioso effetto efficacemente definito “cocktail party”, le menti più fervide di un’era che
predica la fine della distanza tendono a concentrarsi in un’area di pochi chilometri quadrati) e guidate
da giovani ingegni intraprendenti, le cui idee diventano realtà grazie ai capitali freschi forniti da abili
finanzieri (venturecapitalist).
Il caso più significativo è forse quello di Netscape: progettando l’omonimo programma per la
navigazione nel World Wide Web (browser), il suo fondatore, Jim Clark, acquista di diritto una
posizione prominente tra i promotori dell’irresistibile ascesa della “rete delle reti”. La quale, a sua,
volta sarebbe presto diventata una delle intercapedini della New Economy.
E’ grazie a strumenti come Netscape e agli effetti “di sistema” di cui anche altre innovazioni sono
portatrici che la colonizzazione di questa nuova ed immensa frontiera, il World Wide Web, può
proseguire incessantemente. Agli occhi di imprenditori ed investitori, la crescita del Web offre una
grande opportunità, cioè l’aumento del bacino potenziale dei visitatori delle “vetrine virtuali”. Nasce
dunque una delle più promettenti branche della New Economy, la cosiddetta Net Economy, che vede le
aziende andare on line, per inserirsi nel nuovo mercato del commercio elettronico (e-commerce).
Non è più la materia a guidare l’economia, ma la pura informazione, quella che transita nelle reti
telefoniche commutate e che codifica gli ordinativi di libri, dischi, e di altre merci che i consumatori
ormai possono effettuare comodamente da casa con un semplice click.
Tuttavia, al di là di pochi casi eccellenti, i profitti dei negozi e centri commerciali “virtuali” sono
ancora oggi lontani dalle prime aspettative. Stretto tra numerose difficoltà (transazioni considerate poco
sicure dagli acquirenti, restii a fornire gli estremi della carta di credito, problemi di privacy, spesso e
volentieri violata da spregiudicati operatori di marketing) il modello di commercio elettronico, che è
stato definito business–to-consumer (dall’azienda al consumatore, sintetizzato in B2C), stenta a
decollare. Ben diverso, invece, il caso delle transazioni tra le stesse aziende. Questo versante,
denominato business-to-business (da azienda a azienda: B2B), ha registrato passi in avanti davvero
significativi, grazie soprattutto alla lungimiranza di numerose grandi aziende della Old Economy.
La società dell’informazione 21
Case produttrici di beni concretissimi come le auto (ad esempio Ford e General Motors) o aziende
impegnate nella grande distribuzione (come Carrefour o Wal-Mart) hanno deciso infatti di approfittare
di un sistema che consente loro di ridurre i costi, selezionando i fornitori più competitivi, e di
guadagnare in efficienza e flessibilità, doti ampiamente richieste per competere in mercati sempre più
coincidenti con i confini del pianeta o, in una parola, globali.
Tutt’altro che paradossale, l’attuale preminenza della Old Economy nel commercio di rete offre invece
una dimostrazione chiara delle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie dell’informazione e della
comunicazione e, al tempo stesso, della lucidità con cui i manager delle aziende “brick and mortar”
(calce e mattoni, espressione usata per rimarcare la differenza con le nuove imprese virtuali) le hanno
colte e valorizzate.
La New Economy (o anche, secondo un’etichetta alternativa che si sta affermando parallelamente,
l’ebusiness) non si riduce naturalmente al solo commercio elettronico e alle sue due dimensioni
principali, B2C e B2B, toccando invece numerosi altri aspetti ed ambiti della vita economica dei paesi
avanzati e non. Si tratta comunque di due argomenti chiave nell’ambito delle analisi sulla “società
dell’informazione” in generale e sul mercato ICT in particolare.
Una parte consistente di questo fiorente mercato si concentra per ora negli Stati Uniti. Tuttavia, stando
almeno alle solenni dichiarazioni del Consiglio dell’UE di Lisbona (2000), il Vecchio Continente ha
deciso di non stare alla finestra: il salto verso la “società dell’informazione per tutti” [Commissione
delle Comunità Europee, 2000 e 2002], New Economy inclusa, è cominciato.
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