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T>energy n.1 - Luglio 2013

Date post: 24-Jul-2016
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Editoriale: Il futuro che vorremmo • Reportage: I segreti del sottosuolo • In azione: 100 milioni di anni fa • Il lungo viaggio • Un'ultima sosta... • ...prima dell'imbarco • Protagonisti: Il talento nasce a Tempa Rossa • Mondo Energia: L'energia che ci aspetta • Sicurezza: Incidenti zero • Il pericolo è accerchiato da 5 lati • Innovazione: Un gioiello alla luce del sole • Iniziative: Allenarsi al futuro, sui banchi di scuola • Professione Digital Coach • Un parco dove la cicogna nera è di casa
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www.it.total.com

ERRATA CORRIGENel numero scorso, a pagina 10, sono state indicate le aliquote previste dalla legge 239/2004, oggi abrogata. Con l’approvazione della legge 134/2012 (Conversione in legge, con modifi cazioni, del decreto legge 83/2012, recante misure urgenti per la crescita del Paese) l’aliquota per i giacimenti a mare è stata elevata dal 7% al 10% per il gas e dal 4% al 7% per l’olio.

Sommario

IN AZIONE

07 100 milioni di anni fa

09 Il lungo viaggio

10 Un’ultima sosta...

11 ...prima dell’imbarco

EDITORIALE

05 Il futuro che vorremmo

INNOVAZIONE

20 Un gioiello alla luce del Sole

PROTAGONISTI

22 Il talento nasce a Tempa Rossa

Trimestrale di Total E&P Italia

A cura del Dipartimento Comunicazione

Anno 1, numero 1

Iscrizione Tribunale

Registrato presso il Tribunale di Roma55/2013 del 20/03/2013

Editore

Total E&P Italia S.p.A.Via Cornelia 498 - 00166 Roma

Realizzazione editorialeCultur-e S.r.l.Via Massaua 7 - 00162 Roma

Direttore responsabile

Roberto Pasolini

Direttore editoriale

Massimo Dapoto

In redazione

Valentina Roticiani,

Simone Spagnuolo,

Manuel Bertin,

Chiara Del Priore

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Sommario

Scrivi alla [email protected]

INIZIATIVE

28 Allenarsi al futuro, sui banchi di scuola

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Professione Digital Coach

Un parco dove la cicogna nera è di casa

Realizzazione grafi ca

Stefania Baldassarri

Reportage

Enrico Sacchetti

Si ringraziano Stefano BorelloRocco Carone, Alessandro Criscenti, Domenico Demma, Jacopo MeleEgidio Mallia, Chicco Testa

Si ringraziano per le immaginiArchivio fotografi co TotalAssoelettrica, Maersk H2S Safety Services.Parco Regionale di Gallipoli Cognato - Piccole Dolomiti Lucane per le foto dI Antonello Turri e Matteo Visceglia.

Si ringraziano

ItalCementi S.p.A, Comune di Abbateggio (PE)

MONDOENERGIA

12 L’energia che ci aspetta

REPORTAGE

15 I segreti del sottosuolo

SICUREZZA

24 Incidenti zero

26 Il pericolo è accerchiato da 5 lati

Tipografi a Artigrafi che Agostini S.r.l. Anagni (FR) Località Selciatella, Z.I. SI.Finito di stampare nel luglio 2013

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Rendere disponibile l’energia signifi ca contribuire

all’accesso di ampie fasce della popolazione mondiale

a beni e servizi da cui fi nora erano escluse,

quindi, ad un maggiore livello di benessere.

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EDITORIALE

C’è un fattore ineluttabile che dobbiamo sempre conside-rare quando progettiamo il futuro che vorremmo: la popolazione globale sta

crescendo, e continuerà a farlo anche nei pros-simi decenni. Magari con velocità difficili da predire, ma la tendenza è inequivocabile. C’è un secondo fattore, direttamente collegato al primo, anch’esso fondamentale: sempre più ampie fasce della popolazione mondiale avranno accesso a beni e servizi da cui fi nora erano escluse. La domanda di energia di conse-guenza crescerà, e continuerà a farlo anche nei prossimi decenni. Probabilmente cambieranno le proporzioni del mix energetico, ma la ten-denza è inarrestabile. Dare una risposta a questa crescente domanda di energia, che raddop-pierà nel 2050, diventa un impegno. Rendere disponibile l’energia significa contribuire a dare a molti un maggiore livello di benessere. Individuato l’obiettivo, occorre vagliare gli strumenti. Qualunque sia lo scenario che ci aspetta, in cui possono variare le percentuali della domanda di energia elettrica, termica o di trasporto, è evidente che ancora per diversi decenni il contributo degli idrocarburi sarà necessario e inevitabile. La sfi da che il mondo politico e quello industriale dovranno fronteg-giare, perciò, sarà quella di rendere accettabile l’attività di produzione di idrocarburi, lavorando al miglioramento continuo sia sotto il profi lo ambientale che a quello della sicurezza. Vincere questa sfi da signifi ca creare le basi per uno svi-luppo globale che sia sostenibile. La fi liera degli idrocarburi, al di là della ricchezza generata dalle royalties e dalla consistente fiscalità di impresa a favore delle collettività locali in cui

opera, rappresenta anche un’ottima opportu-nità per creare occupazione e sviluppo. E non dovranno arrendersi le compagnie energetiche che si troveranno impegnate nell’aff rontare le aspettative individuali e collettive che, anche se comprensibili, possono andare al di là di quanto l’attività è in grado di generare. Attraverso un dialogo trasparente, costruttivo e realistico questo percorso può e deve essere aff rontato. Perché è nell’interesse di tutti agevolare lo sviluppo di una fi liera dell’energia, un sistema industriale in grado di garantire benefi ci eco-nomici diretti e indiretti nel breve, medio e lungo periodo sia a livello locale che a livello globale. Ulteriore condizione, infi ne, sarà quella di mettere in opera dei processi di autorizza-zione amministrativa, in un quadro normativo stabile, che diano agli investitori una garanzia sulla continuità nel tempo delle attività neces-sarie all’esplorazione e allo sviluppo di risorse fondamentali come gli idrocarburi.

Thierry Normand

A.D. Total E&P Italia

Il futuro che vorremmo

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rmand

E&P Italia

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Quando si forma

la “roccia madre”,

il deposito di

materiale organico

che darà origine

agli idrocarburi,

comincia anche

la storia di Tempa

Rossa. Una storia

che arriva fi no ai

giorni nostri.

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La storia che stiamo per raccontare comincia a oltre 6000 metri di pro-fondità. Praticamente come scalare il Kilimangiaro, ma a testa in giù. E se vogliamo portare in superfi cie il

nostro racconto dobbiamo fare un balzo indie-tro di almeno 100 milioni di anni, in un’epoca (come la defi nirebbero i geologi) a cavallo tra la fi ne dell’Albiniano e l’inizio del Cenomaniano.Un tempo decisamente lontano in cui la Terra era dominata dai dinosauri, ma in cui già erano presenti anche i mammiferi. Anzi, secondo alcune teorie è proprio in quest’epoca che si può collocare la separazione tra i progenitori dell’uomo e quelli di altri mam-miferi placentati come i pipistrelli, i cetacei, i grandi erbivori. Ed è lì che comincia la storia di Tempa Rossa, è in quel momento che si forma la “roccia madre”, ossia il deposito di materiale organico che darà origine agli idrocarburi. Sì perché il petrolio, come il gas, il bitume e gli altri idrocarburi non sono altro che la trasfor-mazione del carbonio e dell’idrogeno di cui sono composti gli organismi viventi, sia vegetali che animali. Perché accade che circa una parte su mille della materia organica, anziché decomporsi, sfugge a questa trasformazione e viene inglo-bata da rocce sedimentarie. Da qui alla roccia madre che darà origine al deposito di idrocarburi ce ne passa, perché innanzitutto la parte organica dev’essere con-centrata per poter originare la trasformazione.

Ma anche questo non è suffi ciente, poiché nel deposito ci dev’essere anche un ambiente povero di ossigeno e poi le giuste condizioni di temperatura e pressione. E fatalmente, questi fattori sono accaduti anche a Tempa Rossa. Quello che accadde in Basilicata è facilmente visibile, per chi si occupa di geologia. Chi volesse fare un salto indietro nel tempo troverebbe la prova di un grande cambiamento avvenuto all’epoca sulla Terra. In pratica, in quel lontano periodo, il livello marino si è innalzato facendo sì che vaste aree fossero sommerse da acque scarsamente ossigenate. Quest’inondazione ha trasportato con sé la materia organica (un insieme di resti di alghe unicellulari e microrganismi del plancton e di resti vegetali continentali) che si è depositata dando origine alla materia da cui si sono svi-luppate le reazioni chimiche che portano alla formazione del petrolio.Poi il movimento della crosta terrestre ha fatto il resto, com’è facile attendersi in un’area decisamente “tumultuosa” com’è quella del Mediterraneo.Le placche tettoniche nel bacino del Mediterraneo scontrandosi hanno fatto “immer-gere” nel sottosuolo la roccia madre e, in questi cento milioni di anni, si è lentamente formato il petrolio di Tempa Rossa. Ora il petrolio si trova laggiù a oltre 3000 metri di profondità, dov’è rimasto fi no ai giorni nostri, in attesa di un nuovo viaggio.

100 milionidi anni faLa storia di Tempa Rossa inizia laggiù, dalla roccia madre. Mentre, in superfi cie, i dinosauri si dovevano difendere dalle inondazioni.

IN AZIONE

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Attraverso la Terra e le ere geologiche, dopo l’abbandono della roccia madre, ecco il destino di un giacimento.

Chiuso per milioni di anni, com-presso tra falde rocciose, il petrolio è in trappola. Uno strato di roccia impermeabile blocca ogni possibi-lità di risalita.

In tutto questo tempo la materia organica ha trovato le condizioni ideali per non decomporsi e riuscire a trasformarsi nel kerogene. La pressione giusta, gli elementi catalizzatori (per esempio metalli pesanti e i minerali delle argille) e la temperatura adatta sempre inferiore ai 200°C, perché altrimenti le molecole organi-che si distruggerebbero lasciando solo acqua e anidride carbonica. E il tempo, molto molto tempo. A dire il vero prima della risalita in super-fi cie, il petrolio, un viaggio l’ha già fatto. Tutto nelle profondità del suolo. Un viaggio provocato dalle altissime pressioni che i depositi circostanti esercitano sulla roccia madre e come conseguenza, il petrolio si sposta, a volte per decine di chilometri, verso le rocce serbatoio lì dove fi nisce in trappola. Lì resta bloccato per milioni di anni, ma basta scavare dei pozzi per creargli una via d’uscita. Nel caso di Tempa Rossa otto pozzi saranno suffi cienti a raggiungere il giacimento e a dare

inizio al secondo viaggio del petrolio della Valle del Sauro. La risalita, a distanza di milioni di anni da quando i movi-menti della Terra seppellirono la mate-ria organica, diventa una rapida corsa verso la superfi cie.Una risalita a cui non è dato il permesso di rivedere la luce del Sole. Sì perché dagli otto pozzi, in superfi -cie, partono otto tubazioni che rapida-mente raggiungono il cuore pulsante del centro oli. Un sistema circola-torio in cui il petrolio viaggia intubato e celato alla vista, interrato e protetto, fi no alla successiva, ultima, sosta.

Il lungo viaggio

GLOSSARIO

Finestra petroliferaTemperatura del sottosuolo, normalmente compresa tra 80° e 180°C, in cui può avve-nire la trasformazione della materia organica in idrocarburi. Le temperature determinano anche la qualità del petrolio. I giacimenti formatisi alle temperature più alte forniscono greggi di ottima qualità, mentre quelli esposti alle temperatu-re più basse sono più densi e viscosi.

Kerogene o CherogeneSostanza precursore del petrolio.

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Non siamo ancora pronti per l’ultima tratta, la più lunga, di questo viaggio. È vero, il petrolio è stato estratto, ma non è ancora il momento di prendere la dire-

zione per Taranto. Serve ancora un tocco di una bacchetta magica per far sì che l’uno si faccia tre, anzi quattro. L’uno è il petrolio che dagli otto pozzi è convogliato tramite condotte interrate direttamente al centro oli. Tre sono i sottopro-dotti, ossia il GPL (gas da petrolio liquefatto), il metano e lo zolfo che a Tempa Rossa si ricavano dallo stesso barile estratto dal sottosuolo. Una “magia” tutt’altro che misteriosa per chi lavora in un centro oli, ma necessaria perché il petrolio che sale in superfi cie è in realtà una miscela di idrocarburi, contenente spesso anche acqua salata. In questa miscela di idrocarburi alcuni sono allo stato liquido, altri che a tempe-ratura e pressione ambiente sono gassosi (come il metano, l’etano e il propano), altri ancora solidi come i bitumi. E in più ci sono altri elementi come lo zolfo e vari composti chimici. Perché

la formazione di un giacimento è, in pratica, un parto plurigemellare che svela aspetti di una magia alchemica. Una magia provocata dalla temperatura che da sola è in grado di modifi care il risultato fi nale: a 80°C circa si producono gli idrocarburi liquidi, mentre superati i 150°C gli idrocarburi diventano gassosi. Quindi, nessuna confusione deve esserci all’interno di un cen-tro di trattamento oli. Gli elementi liquidi con i liquidi, i solidi con i solidi, l’olio da questa parte e il metano da quell’altra, ognuno con un biglietto personale verso la propria destinazione fi nale. E a Tempa Rossa, il metano sarà convogliato direttamente alla rete SNAM e, tranne la parte necessaria al funzionamento degli impianti, sarà concesso gratuitamente alla Regione Basilicata. Il GPL sarà immagazzinato nel centro di stoccaggio in due serbatoi interrati dalla capa-cità di 1.500 m³ e prelevato tramite autobotti. Al petrolio, invece, spetterà uno strano destino. Di nuovo ributtato nel sottosuolo attraverso una condotta per compiere il lungo viaggio verso il mare.

Il greggio estratto non può ancora partire.La miscela deve essere frazionata in sotto prodotti.

Un’ultima sosta...

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E ora comincia il vero e proprio viaggio. Un viaggio che porterà l’energia fi n dentro alle case, ma che intanto, più prosaicamente, punta diritto al mare. Là, nello Ionio, in direzione Taranto

dove attendono le navi cisterna che porteranno il petrolio nelle raffi nerie di mezzo mondo. La distanza da percorrere, da Tempa Rossa, è molta. Sono circa 130 chilometri, di cui quasi 100 in Basilicata, ma almeno sarà un tragitto sicuro. Sicuro perché protetti da uno spesso tubo d’acciaio dotato dei più avanzati sistemi di controllo e sicurezza. Sì perché il petrolio di Tempa Rossa sarà incanalato attraverso una condotta sotterranea di circa 50 centimetri di diametro, lì dove incontrerà anche un compa-gno di viaggio: il petrolio della Val d’Agri. Per l’incontro bisogna, però, attendere qualche chilometro. Dal centro oli di Corleto Perticara, il petrolio grezzo scorre solitario per 8 chilometri, fi no a raggiungere il cosiddetto “nodo di Corleto”, dove la condotta si allaccia a quella già attiva che da Viggiano giunge fi no al porto della città

pugliese. Ma i due oli, in verità, pur sfruttando la stessa condotta non si mischieranno mai. Perché questo è un viaggio che si percorre in solitaria, e lungo la condotta c’è posto solo per uno alla volta. Un’alternanza che si rende necessaria per man-tenere integre le caratteristiche peculiari del greggio, perché anche se a un occhio profano il petrolio è indistinguibile, chi lavora in questo settore conosce bene le diff erenze. Chi lavora in questo campo sa che il petrolio di Tempa Rossa è diverso dal “cugino” della Val d’Agri, poiché più pesante e con un mag-gior contenuto di zolfo. Una diff erenza che, però, non giustifi cherebbe la costruzione di un secondo oleodotto da far correre parallelo a quello già in funzione. E siccome nessuna altra alternativa di trasporto è altrettanto sicura per la salvaguardia dell’ambiente e per quella della popolazione, la soluzione è una sola: percor-rere la stessa condotta, ma a fasi alterne. Il viaggio lungo la stessa direttrice per due petroli destinati a non incontrarsi mai.

...prima dell’imbarco

Le 4 baie di carico stradale sono dotate di dispositivi di sicurezza che non permettono alcuna perdita durante il caricamento delle autocisterne.

Il centro di trattamento sarà costruito in posizione baricentrica rispetto ai pozzi di estrazione per limitare l’impatto ambientale e minimizzare la complessità tecnica.

Gli impianti di separazione e trattamento degli idro-carburi estratti dal sottosuolo occuperanno 190.000 m². A queste unità si aggiungono un modulo per il trattamento delle acque e i sistemi che produrranno l’energia per il sito.

Il deposito sarà composto da due serbatoi orizzontali totalmente in-terrati, con capacità di stoccaggio di circa 1.500 metri cubi ciascuno.

Pronti per partire. Direzione mare, lungo la condotta che porta a Taranto.

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L’energia che ci aspetta

Chicco Testa, attuale presidente di Assoelettrica, è uno tra i maggiori esperti nazionali di energia. È stato Presidente del Consiglio di Amministrazione di Enel e Presidente

dell’Azienda Comunale Energia e Ambiente del Comune di Roma (ACEA), attualmente è anche un imprenditore alla guida di aziende e organizza-zioni che di energia vivono. Chi, meglio di lui, può immaginare il futuro che ci attende in uno dei settori strategici per la competitività nazionale?

La sua pluriennale esperienza e la sua

posizione di Presidente di Assoelettrica le con-

sentono un punto di vista privilegiato. Quali

scenari energetici globali ci riserva il futuro?

In campo energetico la situazione geopolitica mondiale sta radicalmente cambiando e, come Europa, dobbiamo presto attivarci per non restare indietro. Negli USA, il Governo Obama ha previsto

la creazione di un fondo da 2 miliardi di dollari, chiamato Energy Security Trust, per sostenere gli investimenti nella ricerca di soluzioni che miglio-rino l’effi cienza nei consumi. L’obiettivo fi nale è rallentare la crescita della domanda energetica così da assicurare alla nazione l’approvvigiona-mento e garantire all’industria energia a un costo più basso. Una decisione che sta già funzionando e già ora sta facendo da volano nel processo di ritorno delle industrie manufatturiere nel Paese, con molte aziende incentivate a riportare la produzione all’interno dei confi ni nazio-nali. Una seconda mossa strategica di Obama è stata il cambiamento della Costituzione con due importanti novità: la prima è che la sicu-rezza energetica è diventata uno degli obiettivi di sicurezza nazionale; la seconda è che per la prima volta si ammette la possibilità di esportare energia primaria estratta dal suolo nazionale. Oggi, quindi, gli USA sono diventati Paese esportatore,

Chicco Testa analizza gli scenari globali e la situazione italiana di uno dei settori strategici per la competitività nazionale.

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soprattutto di gas, e questo sta cambiando lo scena-rio competitivo globale. Come conseguenza, i Paesi produttori (sudamericani, arabi e la Russia) sono stati costretti a trovare nuovi mercati e il prezzo del gas si è velocemente abbassato. Cina e India si stanno avvantaggiando dell’eccesso di off erta e la possibilità di avere energia a basso costo sta accele-rando ulteriormente la loro crescita economica e il loro peso a livello globale. In questa rivoluzione del mercato dell’energia, però, è l’Europa che rischia di restare al palo. La Germania, il faro economico del Continente, sta diventando importatore di carbone come fonte sostitutiva della produzione nucleare in dismissione, mentre negli altri Paesi del Continente in questo settore non sembra esserci una politica comune effi cace. Il rischio che vedo è che l’Europa perda il proprio ruolo di leader economico globale per trasformarsi in una meta turistica. Ma di solo turismo non si può vivere.

In Italia, a marzo, è stata approvata la Strategia

Energetica Nazionale (SEN). Che giudizio ne dà?

Questo documento ha il pregio di fare il punto sulla situazione attuale e dare un orizzonte reale e con-creto sul dove possiamo andare. Le premesse su cui si fonda sono condivisibili e le priorità d’azione individuate sono buone, resta però ancora aperta la questione politica. Ora c’è un nuovo Governo e una nuova maggioranza parlamentare che dovrà far capire se intende proseguire su questa strada e con-fermare quanto fatto fi no ad ora, oppure no. Una decisione che è assai urgente per consentire a tutti gli operatori della fi liera di impostare le strategie imprenditoriali e indirizzare gli investimenti.

La SEN tocca anche l’iter autorizzativo dei nuovi

progetti. Pensa che gli strumenti individuati pos-

sano garantire gli investimenti infrastrutturali?

E mitigare l’eff etto “Nimby”?

Il problema delle autorizzazioni in Italia è con-naturato al sistema approvativo. Le procedure da compiere sono lunghe e molto complicate, gli enti che possono/devono esprimere pareri sono tanti. E questo lungo iter è ideale per chi non vuole pren-dersi alcuna responsabilità e preferisce attendere e dilazionare il giudizio per mesi, aspettando che l’intero procedimento si fermi per inerzia. Senza autorizzare ma nemmeno bocciare i progetti si evita di indispettire alcune componenti del territorio, ma è deleterio per il mondo imprenditoriale, per chi deve fare investimenti e ha capitali immobilizzati. E, infatti, moltissime imprese decidono di andarsene. Per citare un solo caso, fra innumerevoli esempi che si potreb-bero fare, c’è quello della British Petroleum che dopo anni in attesa dell’approvazione, ha deciso di abban-donare la realizzazione del rigassifi catore di Brindisi.

Ritiene che la formula

del “débat public” fran-

cese, applicato ai casi

italiani, potrebbe essere

una soluzione a questa

situazione?

Ho molti dubbi, perché in questi anni sono state percorse molte strade con scarsi risultati. La procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) è simile al modello francese, poiché prevede il coinvolgimento nella discussione dei progetti di molti soggetti decisori. Il risultato, però, è che quasi mai la decisione fi nale arriva. Il sistema istituzionale così com’è è sovraccarico e ognuno si sente padrone del proprio ambito. Gli imprenditori sono prigionieri di questo Stato e non si chiedono più qual è la legge ma qual è il volere del re. Mi piacerebbe, invece, che la classe dirigente si accordasse sul futuro desiderato, e poi perseguisse l’obiettivo senza avvalersi di trucchi pro-cedurali funzionali solo allo stallo.

E quali scelte si potrebbero fare?

Da parte del legislatore italiano mi aspetto che intro-duca un principio oneroso di responsabilità per gli enti, un sistema che costringa a esprimere un giudi-zio in tempi certi pena il ricorso alle vie legali.Parlando delle imprese, invece, vorrei che già ora ci impegnassimo facendo pressione, anche ricorrendo alla Corte di Giustizia europea con richieste di risar-cimento danni. Questo atto forte accenderebbe un faro sulle responsabilità che, invece, troppo spesso passano in sordina: quando un’azienda abbandona un progetto e investe in un altro Paese, il territorio ne subisce gli eff etti ma nessuno se ne accorge e nessuno paga pegno.

Pensa che l’Italia possa fare a meno delle fonti fos-

sili per la produzione elettrica nazionale?

Dipende molto dal lasso di tempo che ci poniamo davanti. Se ci poniamo un intervallo di 20 o 30 anni lo escludo, ma se guardiamo oltre i cent’anni è pos-sibile che, nel settore elettrico, i combustibili fossili siano sostituiti da altre fonti. Altro discorso, invece, va fatto per i consumi petro-liferi legati al trasporto. Qui i consumi sono in decisa crescita e i carburanti alternativi ancora non sembrano una soluzione in grado di sostituire com-pletamente quelli fossili.

MONDOENERGIA

GLOSSARIO

Iter approvativo nella SENIl modello autorizzativo previ-sto dalla SEN consiste nel con-ferimento di un titolo abilitativo unico e, inoltre, viene previsto un termine certo per l’espres-sione di intese e pareri da parte degli enti locali.

NimbyAcronimo inglese che sta per Not In My Back Yard, ossia “non nel mio giardino”. Identifi ca tutti i fenomeni di opposizione locale a nuovi progetti e installazioni.

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Nel massiccio della Maiella, la cava di Valle Romana presenta affi oramenti naturali rocciosi e di bitume, analoghi ai giacimenti petroliferi. Piccole eruzioni macchiano di un nero intenso la roccia. I movimenti tellurici comprimono le rocce, le enormi pressioni che si creano nel sottosuolo rendono fl uido il bitume, in cerca di una via d’uscita.

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15

REPORTAGE

I segretidel sottosuolo

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1616

Il geologo misura

l’inclinazione,

l’apertura e

l’orientazione delle

fratture della roccia,

che gli saranno utili

per costruire il modello

del giacimento.

L’occhio attento

sa leggere questa

tavolozza di colori, che

svela la presenza degli

idrocarburi, là il bianco

del calcare, qui il nero

del bitume che trasuda

dalle fratture.

L’analisi di formazioni

rocciose emerse, analoghe

a quelle dei giacimenti

sotterranei, può

permettere di eff ettuare

misure sul sistema

petrolifero presente nel

sottosuolo.

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La natura colora

il calcare con

sfumature di grigio,

via via più cupe fi no

a raggiungere il nero

intenso.

Questi interstizi, seppur

piccoli, sono spazi

ampi a suffi cienza per

fornire agli idrocarburi

un luogo in cui sostare.

L’insieme di questi

permette alla roccia di

diventare “serbatoio”.

Il colore vira dal nero

al bruno,

in base all’alterazione

superfi ciale

del petrolio grezzo

a causa degli agenti

atmosferici.

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Nell’osservare

ciò che le forze

della natura hanno

racchiuso, non si può

non provare stupore

e rispetto.

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2020

Un gioiello alla luce del SoleCon Shams 1, la centrale termodinamica più grande al mondo, Total arricchisce la sua off erta di energia rinnovabile.

I l mondo ha bisogno di energia e l’impe-gno di Total nel garantirne la disponibilità è costante. Un impegno che, non deve stupire, comprende anche il contributo delle energie “alternative” che sono neces-

sarie a ottenere un corretto mix energetico che off ra sicurezza e continuità d’approvvigiona-mento. Oggi e nel futuro, visto che nel 2035 le energie rinnovabili soddisferanno circa un terzo del fabbisogno di elettricità globale. Un obiettivo che, per essere raggiunto, ha bisogno di cospi-cui investimenti e un continuo aggiornamento tecnologico, spesso con vere e proprie speri-mentazioni. Shams Power Company è la joint venture che ha realizzato e messo in funzione

Shams 1, la più grande centrale a energia solare “a concentrazione” del mondo. Shams 1, entrata in funzione in pieno deserto, a circa 100 chilo-metri da Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, sarà in grado di ricavare 100 Megawatt di potenza dal Sole, grazie a una tecnologia innova-tiva e decisamente promettente. Promettente al punto che dal 2010 al 2011 il contributo energe-tico globale degli impianti “a concentrazione” è passato da 1300 a 1760 Megawatt. Una tecnologia su cui scommettono in molti, quindi, caratterizzata da un diverso modo di sfruttare i raggi del Sole, rispetto al fotovol-taico. In questo tipo di impianto, detto anche solare termodinamico, i raggi sono “catturati”

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INNOVAZIONE

Fatti & Cifre

Dimensioni: 250 ettari (pari a 285 campi di calcio)

Potenza: 100 MW (in grado di alimentare 20.000 abitazioni)

Specchi installati: 258.000

Collettori con il fl uido: 768

Tonnellate di CO2 risparmiate: circa 175.000 all’anno

Investimento totale: 600 milioni di dollari

GLOSSARIO

Solare termodinamico a concentrazioneIdentifi ca gli impianti che producono elettricità dal Sole, catturando i raggi solari e indirizzandoli verso un fl uido che riscaldandosi è in grado di azionare una turbina che produrrà elettricità.

FotovoltaicoMeccanismo di produzione di energia elettrica dal Sole. L’eff etto fotovoltaico si origina quando i raggi del Sole colpiscono delle celle, spesso a base di si-licio, che trasformano l’energia luminosa in energia elettrica.

da superfi ci rifl ettenti e indirizzati verso un tubo ricevitore centrale. All’interno del tubo circola un fl uido, che a Shams 1 è composto da uno spe-ciale olio sintetico, che si scalda raggiungendo elevate temperature. A questo punto i raggi del Sole sono diventati il calore che trasformerà l’ac-qua nel vapore necessario ad azionare la turbina che produrrà l’elettricità. Un progetto tecnolo-gicamente innovativo, ma che racchiude anche altri interessanti risvolti. Sfruttare il Sole a queste latitudini signifi ca avere elettricità a buon prezzo da fonti alternative e ottenere energia quando la domanda lo richiede: il picco di produzione in un impianto termodinamico avviene con il mas-simo dell’insolazione, che è anche il momento di massima domanda da parte dei cittadini dell’Emirato. In questo caso, quindi, l’avvio di una centrale termodinamica consentirà di sostitu-ire i costosi (e poco effi cienti) generatori, così diff usi nel Paese. E le novità non sono terminate perché il progetto ha anche altri elementi che l’hanno reso un caso di studio internazionale. Per esempio, il vapore prodotto, prima di azio-nare la turbina, è compresso così da aumentare notevolmente l’effi cienza del ciclo. Non solo, l’infrastruttura è pensata anche con un innova-tivo sistema di raff reddamento a secco in grado di ridurre il consumo di acqua, bene prezioso in un paese desertico. Con Shams 1 si è fatto un deciso passo avanti nello sfruttamento dell’ener-gia solare. Il fatto che il progetto sia promosso da una nazione esportatrice di idrocarburi non deve stupire. Così come non è strana la parteci-pazione di una delle maggiori società petrolifere globali. La verità è che il Sole fornisce un’energia imprescindibile nel comporre il mix energetico mondiale dei prossimi decenni. Il suo contributo, oggi, non è suffi ciente a soddisfare la domanda globale e non lo sarà ancora per decenni, ma è giusto guardare al domani e investire su nuove tecnologie e nuove soluzioni. Total lo sa, e con Shams 1 lo sta mettendo in pratica.

La Shams Power Company è una joint venture tra Masdar (60%), Total (20%) e Abengoa Solar (20%). Masdar è una società fi nanziata dal governo dell’Emirato di Abu Dhabi

che si occupa di energie rinnovabili. Abengoa è un gruppo internazionale che fornisce solu-zioni innovative per lo sviluppo sostenibile in campo energetico e ambientale.

www.shamspower.ae

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ROCCO CARONEDeterminazione e competenza

ETÀ

36 anni

RUOLO

Direttore Generale

LUOGO DI LAVORO

Viggiano (Potenza)

AMA DEFINIRSI

Caparbio, senza essere prevaricatore

GLI ALTRI LO VEDONO

Perfezionista

DOVE SI VEDE

TRA 10 ANNI

Al posto attuale, ma in con-tinua crescita professionale.

Della mia azienda apprezzo il rigore, perché quando si parla di sicurezza, non si può scendere a compromessi.

Il talento nasce a Tempa Rossa

La voglia costante di mettermi in discussione mi ha portato dove sono adesso». C’è grande ostinazione dietro la storia di Rocco Carone, 36enne di Corleto Perticara, paese del potentino.

Dopo due anni di ingegneria lascia l’università e gli arriva, per caso, un’opportunità di tre mesi per imparare l’inglese in Irlanda. È proprio questo viaggio, poco prima di partire per il servizio militare, che inciderà profondamente sul futuro di Rocco. L’incontro con Domenico Demma, la conoscenza dell’inglese insieme all’esperienza di primo soccorso acquisita nel periodo di leva,

svolto nel nucleo medico di Ancona, si rive-lano le carte vincenti, quando la S.I.S., società di Pescara che realizza sistemi integrati di sicurezza, lo chiama per assumerlo. Da quel momento, il lavoro lo rende un viaggiatore: prima Croazia, poi Malta e ancora Sicilia. Fino al 2003, con il ritorno in Lucania e l’ingresso in Maersk, quando Rocco decide di mettere a servizio della sua terra le capacità, le esperienze e le conoscenze acquisite. In quest’azienda esprime tutto il suo potenziale e in dieci anni passa da safety super-visor a Direttore Generale, un ruolo di grande prestigio e responsabilità.

Hanno fatto le valigie per formarsi e conoscere altre realtà, come molti conterranei.

Successivamente, l’esperienza all’estero e la conoscenza della lingua inglese diventano le

carte vincenti per partire con il piede giusto e intraprendere una carriera di successo.

Il loro cammino ha, però, un punto di arrivo comune: la terra dove sono nati e cresciuti.

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PROTAGONISTI

DOMENICO DEMMAUna carriera per la sicurezza

ETÀ

39 anni

RUOLO

HSE Supervisor

LUOGO DI LAVORO

Italia e Mediterraneo

AMA DEFINIRSI

Affi dabile

GLI ALTRI LO VEDONO

Competente

DOVE SI VEDE

TRA 10 ANNI

Nella sua terra e in questa azienda.

Nel mio lavoronon conta solo l’individualità, ma è fondamentale fare squadra.

Lavorare nella sicurezza è impegnativo, bisogna essere sempre preparati ad aff rontare situazioni di pericolo impre-viste». A parlare è Domenico Demma, 39 anni, anche lui di Corleto Perticara,

come il suo amico e collega Rocco Carone. Piattaforme petrolifere e centri oli sono luoghi ricorrenti nella sua esperienza professionale. Un diploma, vari lavoretti, un periodo all’estero determinante per l’apprendimento dell’inglese dove per caso conosce Carone, fi no all’ingresso, nel 2000, nella S.I.S. di Pescara dove poco dopo accederà anche l’amico conterraneo. Successivamente, una breve parentesi in un’altra società, la Total Safety. Negli anni si specializza nel settore HSE (Health, Safety and

Environment), sigla che sottende alle operazioni per la sicurezza e la salvaguardia della salute e dell’ambiente. Specializzazione che lo porta ad approdare in Maersk, nel 2003. Ma è il 2010 l’anno di cambiamento. Fino a quel momento ha lavorato soprattutto su cantieri sparsi per l’Italia e il Mediterraneo, ma adesso il suo futuro è in Basilicata: il nuovo con-tratto tra Maersk e Total richiede a Tempa Rossa personale esperto in HSE con una buona cono-scenza delle lingue.Da allora Domenico lavora nella sua terra con un team competente e affi atato. «Mi ritengo una persona fortunata, sono riuscito a tornare per fare quello che mi piace e per cui mi sento mag-giormente qualifi cato».

La storia di due giovani lucani, nati e cresciuti a Corleto Perticara, oggi ai vertici della fi liale italiana di una prestigiosa azienda internazionale.

Oggi Rocco Carone e Domenico Demma sono rispettivamente Direttore Generale e

HSE Supervisor di Maersk H2S Safety Services Italia, azienda specializzata nella fornitura

di sistemi di monitoraggio e protezione contro le emissioni di gas pericolosi legate alle

operazioni petrolifere, con sede a Viggiano, in provincia di Potenza.

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Incidenti Zero

Improving the safety culture is everyone’s business

Cambiare i

comportamenti

per arrivare a

“zero incidenti”.

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Perché? È la domanda che sorgeguardando la scena di un incidente. Perché è successo? Com’è potuto accadere? Eppure la strumentazione era a norma e in

perfetta effi cienza. E le procedure stilate e dif-fuse erano precise e conosciute. Allora cos’è che non ha funzionato? Troppe volte è l’esperienza a giocare brutti scherzi. Troppa fi ducia in se stessi, troppa certezza nei movimenti ripetuti decine e decine di volte, troppa facilità nel maneggiare strumenti diventati familiari. Sembra impossibile, ma i dati raccolti confutano quello che sugge-rirebbe il buon senso: gli incidenti sul lavoro accadono più frequentemente ai dipendenti con molta esperienza che ai novizi. Rifl ettendoci, non è diffi cile capirne il motivo. L’esperienza inganna, dando l’impressione di saper gestire ogni casualità, ma la realtà è un’altra. L’azione quotidiana è condizionata da fattori come stan-chezza, nervosismo, fretta di concludere il lavoro, una telefonata improvvisa, distrazioni varie che abbassano la soglia d’attenzione. E l’imprevisto, che può tradursi in incidente, è dietro l’angolo. Il modo di aff rontare questa problematica da parte delle aziende, leggendo la letteratura in materia, si diff erenzia secondo diverse sensibilità e tratteggia le diverse culture del management. Si passa dal fatalismo di chi accetta l’incidente come un inconveniente che statisticamente non è eliminabile, a chi reagisce imponendo rigidi codici e procedure di comportamento senza considerare il coinvolgimento di coloro che si troveranno ad applicare le suddette procedure. Oppure si può avere completa fi ducia nelle pro-prie capacità e nelle conoscenze acquisite in anni di esperienza, tanto da considerare la sicurezza non come un elemento a sé stante ma solo in quanto condizione necessaria per conseguire dei risultati operativi migliori. Infi ne esiste una quarta via, quella della cultura integrata della sicurezza, quella in cui si cerca il coinvolgimento di tutti gli attori, dall’operatore in cantiere al manager, per raggiungere un risultato comune: la continua riduzione degli incidenti. E la quarta via è quella che impegnerà il management di Total, il perso-nale, gli appaltatori e tutti coloro che dovranno

operare in Tempa Rossa per i prossimi dodici mesi. Un intero anno in cui le diverse anime che lavorano al sito lucano dovranno confrontarsi per capire cosa funziona in termini di sicurezza e cosa ostacola i comportamenti salvavita, quando sono messi in pratica correttamente e perché. Questo primo anno di attività consentirà di comprendere gli ostacoli al raggiungimento di una cultura integrata della sicurezza e di porre in essere specifi che azioni di miglioramento. Ma le attività di implementazione del programma continueranno sino all’inizio della produzione di Tempa Rossa. Obiettivo: porre delle solide basi per il mantenimento di elevati standard di sicurezza anche durante le attività di produzione. L’intento è quello di analizzare tutti i fattori che infl uenzano la performance sicurezza: fattori individuali (valori, conoscenze tecniche), rela-zioni all’interno dei gruppi di lavoro (confl itti, pressioni esterne), contesto tecnico (carat-teristiche dei luoghi di lavoro, attrezzature), management (organizzazione aziendale, leader-ship). A valle dell’analisi, saranno condotte a tutti i livelli aziendali mirate azioni di miglioramento; un percorso lungo, costellato da seminari, workshop, incontri e confronti per arrivare fi nalmente alla prossima primavera, a un vero e proprio cambiamento culturale. Una primavera in cui tutti gli attori che operano in Tempa Rossa sapranno di dover fare la propria parte in quanto componenti di una stessa squadra con il mede-simo obiettivo: zero incidenti .

Cultura integrata della sicurezza. È il nuovo credo per azzerare l’incidentalità nei siti di lavoro.

SICUREZZA

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ICSI

Istituto per la Culturadella Sicurezza Industriale

L’istituto, fondato nel 2003, è stato progettato come un hub in cui convergono tutti i soggetti interessati alla sicurezza industriale.ICSI riunisce aziende, gruppi di ricerca, funzionari pubblici, sindacati e associazioni per condividere conoscenze, esperienze, pratiche e domande.

www.icsi-eu.org

ICSIICSI

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Il pericolo è

accerchiato da 5 latiProgettazione degli impianti, formazione del personale, controllo delle apparecchiature, esercitazioni e una rete di “annusatori artifi ciali”.

Un caratteristico odore di uova marce. Un odore abbastanza conosciuto, spesso associato ad alcune acque termali o sorgenti in zone vulcaniche. È l’odore che

emana lo zolfo, normalmente inodore, quando si lega con l’idrogeno formando l’idrogeno solforato (H

2S), così come i mercaptani.

In natura è piuttosto comune, perché è il risultato della decomposizione delle proteine animali o vegetali contenenti zolfo da parte dei batteri. Lo si trova nei gas di palude, nel petrolio greggio, prodotto dagli allevamenti intensivi di suini e bovini. E anche in alcune lavorazioni industriali come la depurazione delle acque con i fanghi, la concia della pelle, la produzione di cellulosa, in alcune attività dell’industria alimentare.

E nel processo di raffi nazione del petrolio, come sottoprodotto dell’idro-desulfurizzazione o già presente nel petrolio estratto. La presenza comune di questo gas nell’ambiente che ci cir-conda non deve, però, far abbassare la guardia. Si parla pur sempre di un composto tossico, che se inalato in alte concentrazioni può arre-care gravi danni, fi no a conseguenze letali. Eventi estremi, certamente, ma tali da porre molta attenzione alla pericolosità di questo gas e a spingerci ad attivare effi caci misure di salvaguardia, in particolar modo negli impianti industriali. Parlando di impianti industriali, la prima barriera di sicurezza si innalza già nella proget-tazione di questi ultimi. Fin dallo sviluppo dei progetti tecnici, sono determinate le misure più idonee di mitigazione del rischio, come il corretto posizionamento degli impianti, la scelta dei materiali utilizzati e la verifi ca della loro compatibilità con i fl uidi potenzialmente ricchi di idrogeno solforato controllando, nello

specifi co, la loro resistenza alla corrosione. Il secondo livello d’azione è la specifi ca for-mazione richiesta da Total a tutti coloro che possono entrare in contatto con questo com-posto. Sapere come agire, saper utilizzare le attrezzature adatte (come le maschere indivi-duali con l’ossigeno), saper intervenire per la risoluzione del problema anche imparando a leggere le informazioni dell’ambiente circo-stante sono passaggi essenziali per gestire il rischio. La formazione al riconoscimento del rischio, da sola, però, non basta e una tecnolo-gia semplice e ben collaudata può garantire un ulteriore livello di sicurezza. Posizionando dei sensori elettronici a distanze variabili e in zone chiave dell’impianto, cosa fatta anche a Tempa Rossa, è possibile creare una rete di “nasi artifi ciali” pronti a dare l’al-larme e a far scattare le misure di sicurezza e l’intervento del personale specializzato. Ma non è tutto, perché con questo gas è meglio non allentare mai la vigilanza. In quest’ottica si aggiungono due ulteriori tasselli di prevenzione: i controlli periodici e le esercitazioni di emergenza. La quotidiana manutenzione e la costante veri-fi ca delle apparecchiature, delle tubazioni, dei depositi è, infatti, la mossa decisiva per abbas-sare ulteriormente la soglia di rischio. Come pure l’esercitarsi nel gestire questo gas, anche quando il rischio non c’è. Simularne la presenza e i conseguenti interventi di sicu-rezza consente di tenere sempre alta la soglia di attenzione di tutti gli operatori ed analizzare eventuali miglioramenti nella gestione delle emergenze. Il nemico ora è accerchiato, cinque barriere sono state erette e l’attenzione è ai massimi livelli. Perché con la sicurezza non si scherza. Mai.

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SICUREZZA

Fatti & CifreTVL (valore limite di soglia) di H

2S

Limite di esposizione nel tempo medio ponderato (8 ore)

Limite di esposizionenel breve periodo (STEL)

Organizzazione Mondiale della Sanità

10 ppm 15 ppm

Limite Total 5 ppm 10 ppm

Condizioni diriferimento

1 ppm (parte per milione), pari a 1.42 mg H2S/m³

a 20°C di pressione atmosferica standard.

22227777

posizioneeriodo

S/m³ d.

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GLOSSARIO

TVLValore limite di soglia proposto dall’ACGIH (American Conference of Governmental Industrial Hygienists). Livello di concentrazione limite consen-tita sul posto di lavoro, calcolata come media ponderata, nell’arco di un periodo di riferimento predefi nito (giornata lavorativa, orario settimanale, mensile ecc). Questo valore defi nisce il livello di esposizione di un dipendente nel corso di una vita lavorativa, senza danni per la salute.

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Cinque incontri per carpire l’esperienza dei dirigenti di aziende aff ermate e off rire ai ragazzi l’occasione di osservare il mondo esterno.

Allenarsi al futuro, sui banchi di scuola

L’ ingresso nel mondo del lavoro non è mai un passaggio facile e le

diffi coltà aumentano per chi vive nel Sud Italia, dove sono poche le realtà che consentono ai giovani

di iniziare un percorso di crescita professionale. Total ha “dato una mano” ai ragazzi organiz-zando un programma di iniziative, destinato alle classi quarte e quinte dell’Istituto tecnico industriale di Corleto Perticara. Il progetto è frutto di un accordo preso tre anni fa dall’azienda con gli istituti del com-prensorio di Tempa Rossa, che abbraccia i comuni di Corleto Perticara, Guardia Perticara e Gorgoglione con un obiettivo ben chiaro: allenare i ragazzi al futuro e al mondo del lavoro che li attende all’uscita della scuola. Gli allievi si sono così trovati a discutere, faccia a faccia, con professionisti che si occupano di gestire le risorse umane e selezionare il perso-nale, con giovani inseriti del mondo del web e della comunicazione, con dirigenti di realtà aziendali consolidate. Professionisti aff ermati che, portando la propria esperienza, hanno

off erto spunti a 360 gradi. Punto di partenza (e, in fondo, anche d’arrivo) è stato l’impatto con

il mondo del lavoro. Gli incontri che si sono susseguiti hanno insegnato la corretta scrittura di un curriculum vitae, hanno fornito sugge-rimenti per sostenere un buon colloquio, ma anche fatto conoscere le testimonianze di due giovani protagonisti del mondo della comu-nicazione, che hanno mostrato ai ragazzi le opportunità del “saper creare da soli” imprese di successo. Poi, le testimonianze di realtà impren-ditoriali aff ermate con l’esperienza dei dirigenti di aziende di altri settori produttivi. Cinque incontri per off rire ai ragazzi l’occasione di aprire una fi nestra e osservare il mondo esterno, di avere un primo assaggio di ciò che accade lontano dai banchi di scuola. Non tutti concluderanno subito il proprio percorso di studi, alcuni proseguiranno con l’università, altri sceglieranno strade diff e-renti, ma certamente ognuno di loro, alla fi ne dell’anno scolastico, saprà aff rontare con mag-giore sicurezza gli ostacoli del mondo del lavoro.

Negli istituti della Valle del Sauro si svolge un ciclo di iniziative a supporto alla didattica. Per prepararsi al mondo del lavoro.

GLOSSARIO

Start-upFase di avvio di una nuova impresa. Deriva dal termine inglese che signifi ca “mettersi in moto”.

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Asoli 19 anni ha saputo inventarsi un mestiere e diventare un protagoni-

sta della comunicazione on line e sulla rete. Jacopo Mele, Digital Life Coach (letteralmente allenatore di

vita digitale) è stato uno dei relatori che ha avvi-cinato il mondo del lavoro alla scuola. Chi è e cosa fa un Digital Life Coach?

Dopo la mia esperienza di consulenza nell’am-bito del web marketing ho capito che in molte realtà imprenditoriali e istituzionali manca una fi gura capace di realizzare una strategia che concili la comunicazione tradizionale con quella online. Il Digital Life Coach nasce proprio a que-sto scopo: coordinare la comunicazione in rete con quella “classica” per aziende ed enti e quindi trasferire i valori di un brand nel mondo digitale in maniera integrata rispetto ai canali tradizionali.Hai incontrato studenti, tuoi coetanei o quasi.

Quali suggestioni hai ricevuto?

Non mi era mai capitato di fare un seminario a ragazzi coetanei. Ho notato che i ragazzi erano quasi “digiuni” delle dinamiche della rete e del ruolo ricoperto dai social network. Quando si

sono incuriositi è iniziata la discussione e da qui il discorso si è dipanato fi no alle start-up nate sul web.

Che consigli gli hai dato per il loro futuro?

I ragazzi hanno avuto l’opportunità di mettersi in contatto con un mondo che in gran parte ancora ignorano e di allargare i propri orizzonti mentali. Il 90% di loro vorrebbe il posto fi sso, cerca sta-bilità ed è restìo a puntare sulle proprie capacità, così come a seguire la strada dell’imprendito-rialità. Ho fatto capire loro, invece, che esistono molte possibilità. Inoltre ritengo, e gliel’ho detto, che se una persona a 17, 18 anni aspira solo a una stabilità “defi nitiva” ha smesso di rinnovarsi e cercare la propria strada ancora prima di iniziare un percorso lavorativo.Qual è, per te, il segreto per aff ermarsi?

È importante impegnarsi per diventare risorse dinamiche e utili sia alla propria azienda che alla società. In questa delicata fase economica è indispensabile che le capacità imprenditoriali, oltre che alla crescita economica, contribuiscano al miglioramento della società. E la strada che vedo per raggiungere questi obiettivi è di farlo in modo creativo.

INIZIATIVE

Digital Life Coach

Professione

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Un parco dove la cicogna nera è di casa

L’attesa invernale è fi nita e il viaggio “primave-rile” della cicogna nera ha avuto come meta fi nale, ancora una volta,

la Basilicata. O meglio, l’accogliente scenario del Parco Regionale di Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane. Anche quest’anno una coppia di rari esemplari della famiglia delle Ciconiidae, dopo aver trascorso, con molta probabilità, l’inverno al caldo dell’Africa subsahariana, ha trovato nel territorio del Parco una parete rocciosa dove costruire un nido e riprodursi al sicuro. Un ambiente diffi cile da raggiungere, per i predatori come per gli esseri umani, che garantirà alla coppia la necessaria tranquillità per portare a termine la cova e le delicate fasi di allevamento dei piccoli. Un vero e proprio “miracolo” che meravigliosa-mente si è ripetuto anche quest’anno, come avviene da almeno dieci anni. Ammirare la cicogna nera non capita tutti i giorni: la specie è assai schiva ed è tra le più rare nei cieli italiani. Ma è un evento un po’ meno raro in Lucania, dove nidifi ca la metà delle circa 10 coppie riproduttive note in Italia. Una decisa preferenza per que-ste terre che “certifi ca” un ecosistema ideale per questa specie. In particolar modo, luogo d’elezione è il Parco di Gallipoli Cognato che vanta un sito di nidifi cazione oramai storico: l’ampia foresta garantisce l’inaccessibilità e

la riservatezza, la presenza di tor-renti tutt’ora in salute assicura cibo in abbondanza, così le alte pareti delle Dolomiti lucane diventano il luogo perfetto per la nidifi cazione e la riproduzione. Un animale molto diffi dente, la cicogna nera, che è diventata un “osservato speciale” per il Parco che, grazie al patrocinio di Total, ha avviato un progetto di stu-dio dedicato a questo straordinario volatile. Un’iniziativa, cominciata lo scorso anno, che si focalizza proprio sull’osservazione della vita quotidiana della coppia di cicogne. In prossimità del nido sono state installate delle webcam per tenerne sotto occhio l’accoppiamento, la deposizione delle uova e l’alimentazione giornaliera dei piccoli. A questa attività si affi anca un monitoraggio delle zone del Parco ritenute più adatte sia alla sosta sia alla nidifi cazione della cicogna.Un impegno che il Parco regionale e Total porteranno avanti per due anni, nella convinzione che la valo-rizzazione di un territorio passi anche per la tutela dell’ambiente e della biodiversità.

Una specie schiva, con una predilezione per la Basilicata, oggi diventata “osservato speciale”.

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Primo Piano

INIZIATIVE

PER APPROFONDIRE

Alla cicogna nera è dedicato un sito, in cui è possibile ammirare le immagini del volatile, fornite dalle webcam del parco.

www.cicognaparcogallipoli.it

Intervista con il Dott. Egidio MalliaOrnitologo e veterinario del

Parco Regionale di Gallipoli

Cognato Piccole Dolomiti Lucane

La presenza della cicogna nera è un orgoglio per il Parco…

Certamente. Qui c’è un sito storico di nidifi cazione, di cui è noto l’uti-lizzo almeno dal 2001. Il fatto che la cicogna torni a nidifi care è indice di un ecosistema favorevole per la specie, con boschi ad alto fusto, pa-reti rocciose in cui fare il nido, fi umi integri con buona valenza ecologica. E il sito è talmente interessante per questa specie che, come abbiamo verifi cato nella stagione riproduttiva in corso, le coppie se lo contendono con decisione. Addirittura è possi-bile ipotizzare che nel territorio del Parco ci siano le condizioni per un incremento delle coppie riproduttive e la “scoperta” di altri nidi.

Perché non si è trovato

un secondo nido?

La specie è assai schiva e, nonostan-te le dimensioni, è estremamente diffi cile da osservare nelle delica-te fasi di nidifi cazione. Sappiamo ancora poco delle sue abitudini, che per esempio cambiano tra gli esem-plari appartenenti alla popolazione nidifi cante italiana rispetto a quel-la che migra fi no al Nord Europa. Per questo motivo è decisamente importante questo progetto di mo-nitoraggio. Ci consente di racco-gliere informazioni con continuità altrimenti impossibili da ottenere, al fi ne di comprendere come tutelare il territorio e salvaguardare la specie.

Il monitoraggio prosegue

anche d’inverno?Sì, perché da qualche anno alcune aree del parco si sono confermate come siti di svernamento regolare per la specie. Lo scorso inverno abbiamo avvistato con certezza due esemplari, di cui almeno uno adulto. Ciò signifi ca che non si tratta di animali troppo deboli per aff rontare la migrazione e perciò “obbligati” a sostare qui. Certamente, il clima mite degli ultimi inverni e l’assenza di grosse piene del fi ume Basento hanno facilitato la permanenza di questa delicatissima e bellissima specie, ma è evidente che la sua presenza è anche prova dell’integrità e dell’importanza ecosistemica di quest’area.

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