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TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e...

Date post: 27-Jul-2015
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Una fiaba africana narra che un giorno, nella foresta, scoppiò un incendio devastante. Tutti gli animali si diedero alla fuga. Un leone scorse un colibrì che volava in direzione dell'incendio: preoccupato cercò di fermare il colibrì per fargli cambiare direzione, ma l'uccellino spiegò che stava andando a spegnere l'incendio. Il leone, meravigliato, replicò che era impossibile spegnere l'incendio con la goccia d'acqua che portava nel becco, ma il colibrì con decisione replicò: “Io faccio la mia parte”.Ogni goccia di pensiero serve a spegnere quegli incendi di conformismo che disseccano il pensare rendendo impraticabile la libertà. (Mortari, 2008)
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI “L’ORIENTALE” FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN POLITICHE DELLA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO TESI DI LAUREA IN INTERNATIONAL POLITICAL ECONOMY DALL’EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO ALL’EDUCAZIONE ALLA COMPLESSITA’: UN VIAGGIO TRA PRINCIPI E PRATICHE. Relatore: Candidata: Ch.mo Prof. Luisa Iannuzzi Pietro Paolo Masina Matr. SPC/25 Correlatore Ch.ma Prof. Maria Cristina Ercolessi Anno Accademico 2007 - 2008 1
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Page 1: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI

“L’ORIENTALE”

FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN POLITICHE DELLA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO

TESI DI LAUREAIN

INTERNATIONAL POLITICAL ECONOMY

DALL’EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO ALL’EDUCAZIONE ALLA COMPLESSITA’: UN VIAGGIO TRA PRINCIPI E PRATICHE.

Relatore: Candidata: Ch.mo Prof. Luisa IannuzziPietro Paolo Masina Matr. SPC/25CorrelatoreCh.ma Prof.Maria Cristina Ercolessi

Anno Accademico 2007 - 2008

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Page 2: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

Al Prof. Claudio Marta

per il coraggio e la fiducia che mi ha donato

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Una fiaba africana narra che un giorno, nella foresta, scoppiò un

incendio devastante. Tutti gli animali si diedero alla fuga. Un leone scorse

un colibrì che volava in direzione dell'incendio: preoccupato cercò di

fermare il colibrì per fargli cambiare direzione, ma l'uccellino spiegò che

stava andando a spegnere l'incendio. Il leone, meravigliato, replicò che era

impossibile spegnere l'incendio con la goccia d'acqua che portava nel becco,

ma il colibrì con decisione replicò: “Io faccio la mia parte”.

Ogni goccia di pensiero serve a spegnere quegli incendi di conformismo

che disseccano il pensare rendendo impraticabile la libertà.

(Mortari, 2008)

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Indice

Prefazione

I capitolo

“L'Educazione allo Sviluppo”

1.1 Nascita ed evoluzione dell'educazione allo sviluppo

1.2 Geografie dell'EaS

1.3 Teorie, metodologie, strategie

1.4 Forme, contenuti, educazioni

II capitolo

“L'Educazione allo Sviluppo ed i suoi luoghi”

2.1 Le radici ideologiche e teoriche dell'EaS come processo educativo: settori

d'intervento.

2.2 Il ruolo della scuola nella società contemporanea

2.3 L'EaS nell'ambito dei processi educativi scolastici

2.4 La scuola italiana nella prospettiva EaS

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III capitolo

“ Esperienze e progetti”

3.1 Case study

3.1.1 Il CISS

3.1.2 L’ EaSlab

3.1.3 Il percorso congiunto: “CISS/Easlab”

3.2 La scuola, il progetto

3.2.1 La S.m.s. “A. Sogliano”

3.2.2 La “Città di Leonia”

3.2.3 La progettazione

3.2.4 La realizzazione

3.2.5 Le considerazioni finali

IV capitolo

“Uno sguardo critico”

4.1 Analisi del case study

4.2 La Citta’ di Leonia per un’analisi dell’EaS in ambito scolastico

4.3 Costruire i nuovi scenari dell’Educazione allo Sviluppo: l’esempio

dell’evoluzione della cooperazione allo sviluppo per l’innovazione dell’EaS.

Conclusioni

Bibliografia

Sitografia

Appendice

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Prefazione

Questo lavoro di ricerca è stato lungo ed intenso ed ha visto il nascere di

scenari sempre diversi da cui osservare l'argomento da me scelto:

L'Educazione allo Sviluppo. La scelta di quest'argomento è legata alla

possibilità avuta di conoscere a fondo quest'approccio attraverso corsi di

formazione e seminari organizzati da alcune associazioni ed ONG italiane. Ai

corsi di formazione, sono seguite diverse esperienze sul campo, che hanno

visto la mia partecipazione alla realizzazione di percorsi didattici di Educazione

allo Sviluppo in alcune scuole di Napoli e provincia.

Inizialmente non credevo possibile trasformare una passione extra

universitaria in un argomento di tesi di laurea, ma ho avuto la fortuna di

incontrare un docente illuminato ed illuminante che mi ha dato il coraggio di

portare all'interno delle mura universitarie un qualcosa che è difficile relegare ai

confini di una specifica disciplina. Grazie all'interesse e all'estrema apertura del

prof. Claudio Marta ha avuto inizio questo percorso di ricerca che, senza il suo

supporto, non sarebbe mai nato.

La specificità di questo argomento risiede nella difficoltà di definirlo,

contestualizzarlo e catturarlo nei confini di una sola disciplina e di questa

fluidità che lo caratterizza ne è la prova il fatto che quest'elaborato

sull'Educazione allo Sviluppo, nato come tesi in “Relazioni Interetniche”, sia

stato portato a conclusione come tesi in “International Political Economy”.

L'Educazione allo Sviluppo è una strategia abbracciata da diversi organismi

impegnati nello sviluppo che intendono minare i meccanismi di un sistema

dominante retto sull'ingiustizia e sulle disuguaglianze. Per dar corpo a questo

lavoro ho ritenuto opportuno fare chiarezza sull'evoluzione storica

dell'Educazione allo Sviluppo dedicando il primo capitolo all'esplorazione delle

sue tappe, facendo luce sullo stretto legame tra la funzione svolta da questo

strumento e la concezione di sviluppo predominante nelle diverse epoche.

L'EaS opera in molteplici settori ma mi è sembrato estremamente interessante

occuparmi dell'operato dell'EaS all'interno del settore della formazione

formale, rappresentata dall'istituzione scolastica che è percepita come il

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privilegiato luogo di produzione di immaginari collettivi. E' proprio

sull'immaginario collettivo che l'EaS intende operare stimolando una maggiore

consapevolezza dei giovani cittadini rispetto alla realtà in cui sono immersi. Ho

scelto quest'ambito ritenendo la scuola la piccola società globale dove vengono

offerti gli strumenti per l'interpretazione della realtà, il luogo per eccellenza di

formazione e di confronto ma anche di produzione del "pensiero unico" che

assicura la sopravvivenza dell'attuale ordine mondiale. Nel secondo capitolo ho

analizzato i rapporti tra l'EaS e la scuola contemporanea, descrivendo le

pratiche e le metodologie EaS promosse nell'ambito dell'educazione formale

con uno sguardo particolare all'ingresso dell'EaS nella scuola italiana. Questa

prima parte della stesura è stata supportata da un lavoro di ricerca prettamente

bibliografico, attraverso la consultazione di testi e di documenti cartacei e

digitali.

Dopo aver descritto in linea teorica l'Educazione allo Sviluppo, ho scelto di

dedicarmi ad un case study: “La Città di Leonia” nella S.m.s. “A. Sogliano” di

Napoli. L'attenzione rivolta allo studio di caso è legata all'esigenza di porre a

confronto principi e pratiche attraverso un'esperienza diretta che mi

permettesse di verificare la funzionalità dell'Educazione allo Sviluppo in

ambito scolastico e, in particolare, la sua applicabilità in contesti difficili per

poi poter immaginare prospettive future. Attraverso la ricerca sul campo ho

cercato di valutare il valore dell'incontro tra le pratiche EaS e il mondo

scolastico italiano che pare essere impermeabile ai cambiamenti.

Nel terzo capitolo il case study ho descritto e raccontato, spinta dalla

convinzione che solo il contatto con la realtà ed un contesto specifico diano la

possibilità di riflettere in maniera critica e costruttiva.

Il quarto ed ultimo capitolo si apre con un'analisi dettagliata del case study,

precedentemente descritto, utilizzando i limiti emersi dall'applicazione del

percorso didattico “Città di Leonia” per un'analisi più completa e generale

dell'approccio EaS nell'ambito scolastico.

Il lavoro di ricerca si conclude lanciando una riflessione sui possibili scenari

futuri dell'Educazione allo Sviluppo. Nel tentativo di suggerire nuovi percorsi

da tracciare, per valorizzare questo strumento di educazione e di sviluppo,

propongo di iniziare da una rielaborazione dei termini sostituendo l'ambigua

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denominazione “Educazione allo Sviluppo” con “Educazione alla

Complessità”.

La complessità è, così, un po' il nuovo paradigma dell'abitare,

consapevolmente, il reale e – pertanto – può essere indicata come – se non il –

un nuovo principio educativo, ma certamente uno dei più centrali e

caratterizzanti, anzi strutturali la formazione dell'uomo contemporaneo

(Cambi, 2006, p. 137).

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CAPITOLO I

“L'EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO”

1.1 Nascita ed evoluzione dell'educazione allo sviluppo

Negli ultimi vent'anni nella sfera dell'ambito educativo è emerso un nuovo

termine che definisce un nuovo campo di conoscenza: “Educazione allo

sviluppo”.

Per delineare le caratteristiche di questo processo educativo è necessario

rivolgere uno sguardo al passato, agli anni della sua nascita, uno sguardo al

presente, gli anni della sua affermazione, e al futuro, gli anni della sua

evoluzione. Si nota come, mutando il contesto temporale d'osservazione, la

forma assunta dall'Educazione allo Sviluppo cambia completamente: infatti, si

rivoluzionano di volta in volta le ragioni della sua affermazione. Periodo della

nascita dell'Educazione allo Sviluppo sono gli anni del secondo dopoguerra,

anni in cui appaiono i concetti di “terzo mondo” e “sottosviluppo”, in

contrapposizione a quest'ultimo, emerge anche il concetto di “sviluppo”. Nel

termine “Educazione allo Sviluppo” il concetto di sviluppo gioca un ruolo

importante ed è proprio l'evoluzione di questo concetto che definisce gli

obiettivi del processo educativo: solo una rapida analisi del percorso compiuto

dal concetto di sviluppo può essere chiarificatrice dell'essenza propria

dell'Educazione allo Sviluppo. Il dibattito sullo sviluppo, ampio e spesso

controverso, coinvolge le società dei paesi avanzati e non solo, fin dalla

seconda metà degli anni '50. Nel secondo dopo guerra si afferma un concetto

di sviluppo positivo e diviene imperativo per tutti i paesi imboccare la “via

dello sviluppo”: le società del terzo mondo erano sottosviluppate e si

dovevano in qualche modo sviluppare. Il concetto di sviluppo che si afferma

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in questi anni è un concetto prettamente economico,1 trova le sue basi nelle

teorie della modernizzazione che affermano un modello in cui il futuro

dell'umanità è visto come una linea ascendente verso il progresso; secondo

questa visione, il modello di vita dei cosiddetti paesi arretrati2 deve essere

modificato secondo i canoni occidentali, dagli stessi occidentali che si

assumono le responsabilità di quest'ardua missione. I paesi occidentali, per

riuscire nella “grande missione dello sviluppo”, hanno conquistato il supporto

dell'opinione pubblica attraverso le campagne di sensibilizzazione.

In questo contesto emerge il concetto di Educazione allo Sviluppo come

informazione del sottosviluppo:

Nei paesi industrializzati la sua evoluzione è stata influenzata da un

movimento, legato perlopiù alle organizzazioni non governative

(ONG) e agli ambienti dell'aiuto, che aveva in origine lo scopo

recondito (quando non palese) di suscitare nel discente

compassione per la causa delle popolazioni dei paesi in via di

sviluppo e in tal modo, si presume, di porre le basi di un'attività di

raccolta fondi più efficace (Godwin, 2000, p. 2).

Educare allo sviluppo assume il significato di informare l'opinione pubblica

riguardo alle condizioni disastrose in cui versano le società del terzo mondo e

diviene lo strumento privilegiato di organizzazioni non governative e

associazioni, per fare fund raising e finanziare i loro progetti di sviluppo. L'idea

di sviluppo, intrinsecamente economica, diffusa in questi anni ha plasmato la

ragione d'essere dell'Educazione allo Sviluppo che diviene essa stessa

1 Lo sviluppo non prescinde dalla crescita economica e gli ingredienti basilari sono costituiti dalla tecnologia e dai capitali. Lo sviluppo è pensato come un unico percorso di crescita scandito dai cinque stadi di “Rostow”: la tradizione; le condizioni preliminari per il decollo; il decollo; la maturità; il grande consumo di massa.

2 Nel secondo dopoguerra le cause del sottosviluppo sono addebitate alle popolazioni dei paesi arretrati, sono cause endogene, e l'unica soluzione è adottare lo stile e il modello di sviluppo dei paesi sviluppati.

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“strumento economico”, appunto, canale per assicurare una buona riuscita

della raccolta fondi.

Nei successivi anni '60 e '70 in alcune regioni dell'Africa e dell'Asia sorgono le

lotte dei popoli per la liberazione nazionale contro il colonialismo, nasce il

New International Economic Order (NIEO) per promuovere il miglioramento

dei termini di scambio dei paesi in via di sviluppo e, inoltre, si affermano nuovi

movimenti sociali nei paesi industrializzati (il '68, il movimento per la pace, il

femminismo ecc…). Questi cambiamenti sociali richiedono l'innovazione delle

vecchie teorie e dei vecchi sistemi che non sono più in grado di organizzare il

mondo. Anche la base teorica del concetto di sviluppo cambia coinvolgendo la

stessa idea di sviluppo: ad uno sviluppo concentrato ed intensivo si sostituisce

un'idea di sviluppo diffuso ed estensivo. La semplicistica teoria della

modernizzazione viene sostituita dalla più complessa teoria della dipendenza

che rivoluziona completamente la lettura dello sviluppo e del sottosviluppo

non più fenomeni separati, ma correlati e allo stesso tempo prodotti e

produttori l'uno dell'altro. Con questa tesi si afferma che il sottosviluppo non è

un ritardo, ma al contrario è la conseguenza dello sfruttamento e del dominio

dei paesi sviluppati del centro sui paesi cosiddetti sottosviluppati della

periferia.3 L'idea di sviluppo affermata in questi anni comprende in sé quella di

sottosviluppo: la doppia faccia della stessa medaglia. Il fallimento dei progetti

di sviluppo guidati dalla modernizzazione richiede urgentemente una

rivalutazione delle strategie messe in atto dalle ONG e quindi anche

dell'Educazione allo Sviluppo. L'emergere di queste nuove visioni guida le

ONG a dedicarsi all'indagine sulle dinamiche dei rapporti tra sviluppo e

sottosviluppo e l'Educazione allo Sviluppo, sempre strumento e canale di

informazione e sensibilizzazione, diviene anche spazio di analisi delle cause e

3 Negli anni '70, con il fallimento dei percorsi di sviluppo improntati sull'industrializzazione, cambia l'interpretazione delle cause del sottosviluppo, non più cause endogene ma esogene. La dipendenza viene individuata come principale causa del sottosviluppo, si indaga sui nessi dei paesi arretrati con le potenze europee e sulle diverse forme di dipendenza: dipendenza dalle importazioni; dipendenza di tipo finanziario e tecnologico.

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delle conseguenze dello sviluppo e del sottosviluppo a livello mondiale. Si

inizia a percepire l'importanza dell'interdipendenza tra paesi. In realtà non

avviene una vera e propria ristrutturazione dei modelli di pensiero e azione: c'è

una semplice introduzione di concetti nuovi e una rivisitazione, con una nuova

ottica, del vecchio modello di interpretazione che però resta immutato. La

veste messianica dell'occidente resta ancora viva e il nuovo approccio, sebbene

si basi sul concetto di dipendenza, più che rendere possibile una connessione

dei mondi ne enfatizza la distanza:

Col passare degli anni questo approccio si trasformò in un esame

più scientifico delle problematiche dello sviluppo, con la tendenza a

enfatizzare le differenze tra Nord e Sud del mondo e a rinforzare la

contrapposizione NOI/LORO (con argomentazioni del genere

loro sono poveri, affamati senza aiuto e passivi, ma noi siamo

ricchi, ben nutriti, colti e compassionevoli; loro hanno bisogno del

nostro aiuto) (Godwin, 2000, p. 2).

Anche stavolta l'Educazione allo Sviluppo viene plasmata dal concetto di

sviluppo prevalente, ma è proprio in questi anni che anche il termine

“educazione” inizia ad acquisire una valenza, infatti, c'è un passaggio dalla pura

informazione all'educazione che prevede l'informazione ma anche la

riflessione. Il discorso riguardante l'aspetto pedagogico dell'Educazione allo

Sviluppo, risale all'influenza delle idee dell'educatore brasiliano Paulo Freire e

del sociologo di origine messicana Ivan Illich che prendono piede in America

Latina nello stesso decennio. Il loro messaggio chiave è che l'educazione

troppo spesso serve per il rafforzamento dello status quo, in quanto trasforma

gli studenti in passivi bersagli di informazioni selezionate, la finalità

dell'educazione dovrebbe essere invece la liberazione dell'individuo. In

occidente l'Educazione allo Sviluppo non sposò completamente questo

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obiettivo, troppo radicale e poco popolare a quei tempi, ma, soprattutto le

indicazioni di Freire, servirono da spunto per rendere questo tipo di

educazione qualcosa di più di un semplice passaggio di informazioni: una più

profonda riflessione sui contenuti delle informazioni.

In questi anni l'Educazione allo Sviluppo si afferma come processo di

sensibilizzazione sociale, ma anche come forma di educazione in continua

evoluzione in relazione ai cambiamenti che si verificano su scala planetaria. Il

decennio successivo, gli anni '80, è conosciuto come “il decennio perduto” per

la conferma del palese fallimento delle politiche di sviluppo attuate e delle

preoccupazioni emerse già negli anni '70 e per la disastrosa crisi del debito che

colpisce gravemente i paesi già in cattive condizioni economiche. Negli anni

'80 si rafforza il concetto di interdipendenza, che trova conferma

nell'aggravarsi di alcuni problemi internazionali, ed emerge un nuovo modello

di sviluppo: il modello neoliberale basato sulla concorrenza e sul libero

mercato. Il modello neoliberale intesse legami ancor più forti tra le economie

dei paesi sviluppati e le economie dei paesi sottosviluppati rendendo visibile,

nella quotidianità di tutti, l'interdipendenza planetaria e le sue conseguenze.

Mentre i teorici neoliberisti hanno una visione del tutto ottimista del progresso

tecnologico e della crescita economica, all'interno delle società del Nord e del

Sud si sviluppa un pensiero contrapposto basato su dati “reali” piuttosto che

“teorici”: i disastri legati alla crescita economica di alcune grandi potenze sono

evidenti sia all'interno delle stesse società cosiddette sviluppate che in quelle

cosiddette sottosviluppate, con un allargamento netto della forbice che divide

ricchi e poveri. Il peggioramento della situazione e dello status di vita delle

persone legato ad un modello che segue la legge del mercato, piuttosto che

quella della vita, porta ad un malcontento che pian piano prende forma

trasformandosi in movimento. Gli insuccessi degli interventi adottati, le

critiche degli studiosi dello sviluppo e le crescenti richieste da parte dei paesi

destinatari dei progetti di ottenere maggiore partecipazione sono i fattori

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principali che hanno aperto la strada ad una nuova e più complessa visone del

termine “sviluppo”. Nel corso degli anni '80 il concetto di sviluppo inizia a

mutare riferendosi non solo agli ingredienti prettamente economici

(industrializzazione, investimenti, capitali, tecnologie, pil) e la crescita

economica viene messa in relazione con aspetti sociali. Alla dimensione dello

sviluppo economica va ad aggiungersi, inoltre, quella ambientale; queste

dimensioni interagiscono tra loro influenzandosi reciprocamente confluendo

tutte nella definizione di: “sviluppo sostenibile”. Alla fine degli anni '80

l'esigenza di un'espansione del termine sviluppo che comprenda diversi livelli,

come concetto multidimensionale, e non più unidimensionale, e che prenda in

considerazione i limiti stessi dello sviluppo, viene esplicitamente espressa dalla

Commissione Mondiale dello Sviluppo e dell’Economia delle Nazioni Unite

che redige il rapporto “Our Common Future” che così definisce lo Sviluppo

Sostenibile: “sustainable development as development that meets the needs of

the present without compromising the ability of future generations to meet

their own needs” ( WCED, 1987, p. 43). Lo sviluppo comincia così ad essere

inteso non solo come crescita economica ma anche come crescita sociale e

culturale che comprende, a sua volta, cambiamenti nella qualità della vita come

l’accesso all'educazione, all'istruzione, alla salute, etc. Nuovo il concetto, nuovi

i termini, nuove le dimensioni ma non il modello che continua a mirare alla

crescita esponenziale e che semplicemente è costretto a prendere in

considerazione gli ostacoli incontrati sul percorso.

L'Educazione allo Sviluppo segue l'espansione del concetto di sviluppo e

anch'essa diviene multidimensionale rivolgendo la sua attenzione ad un'analisi

della realtà in un'ottica d'interdipendenza ormai non più oscurata. Nei

programmi di Educazione allo Sviluppo, l'interdipendenza tra i popoli nelle

diverse parti del mondo è enfatizzata sia per ciò che riguarda le cause che le

soluzioni ai numerosi problemi mondiali. Questo è il momento in cui

l'Educazione allo Sviluppo inizia a ricoprire un ruolo maggiore sia attraverso le

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campagne di sensibilizzazione che divengono sempre più numerose, in questi

anni in cui l'opinione pubblica è particolarmente ricettiva e coinvolta, sia

attraverso la conquista di un po' di autonomia da queste ultime, costruendosi

uno spazio d'azione più autonomo. L'Educazione allo Sviluppo fatta in questi

anni nei paesi industrializzati, dalle ONG di sviluppo, è condizionata

dall'affermazione di nuove teorie e idee in ambito educativo e sociale nei paesi

in via di sviluppo.4 L'influenza dei pedagoghi latino americani in questi anni è

più marcata, rispetto al decennio precedente, e condiziona i teorici

dell'educazione in tutto il mondo:

Le basi del lavoro di questi personaggi si basavano sulla

convinzione che il cambiamento e lo sviluppo dovessero venire dal

basso e che le persone, al lavoro nelle loro stesse comunità, erano

gli agenti di cambiamento più efficaci. Per questo, tuttavia, le

persone avevano bisogno di acquisire consapevolezza dei loro stessi

bisogni, di imparare a risolvere i loro problemi e di prendere

decisioni e sviluppando volontà politica e motivazioni. Questo

processo di auto-consapevolezza e di acquisizione di capacità

cominciò a esercitare un effetto sulle teorie educative nei paesi 4 Contemporaneamente ai mutamenti che caratterizzano il concetto di “sviluppo” avviene un

cambiamento anche nella terminologia con cui si riferisce ai paesi con un diverso livello di sviluppo rispetto alle grandi potenze occidentali. Notiamo come negli anni '50 e '60, in cui regna la teoria della modernizzazione, il termine usato è quello di paesi “arretrati” o paesi del “terzo mondo” in riferimento alla divisione del mondo in tre: primo, secondo e terzo mondo rispetto al grado di sviluppo economico dei diversi paesi appartenenti rispettivamente all'occidente, all'oriente e al sul del mondo. Negli anni '70 con i teorici della dipendenza si parla di paesi “sottosviluppati” e nel successivo decennio, gli anni '80, con il crollo dell'URSS, quindi del secondo mondo, cesserà di esistere la concezione del mondo diviso in tre parti e la definizione di “terzo mondo” diviene inadeguata.Le teorie di questi anni, focalizzate sull'interdipendenza, introducono i concetti di “centro” e “periferia” con riferimento alle grandi potenze occidentali al centro del sistema economico che si nutrono attraverso lo sfruttamento delle periferie del mondo; crolla la connotazione geografica-spaziale delle terminologie utilizzate precedentemente e cresce la consapevolezza della presenza di centri nelle periferie e di periferie nei centri.La perdita di connotazioni spaziali ha caratterizzato gli anni '90, e non solo, anche oggi ci si riferisce non più a paesi ma ad aree, le aree con livelli di sviluppo diversi rispetto a quello che secondo noi è il modello per eccellenza, e cioè quello occidentale, sono denominate con i termini: “sud”; “in via di sviluppo”; “periferie”; etc.

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industrializzati, particolarmente per ciò che riguarda le metodologie

di insegnamento e le strategie di apprendimento (Godwin, 2000, p.

2).

Tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 l'Educazione allo Sviluppo

inizia ad acquisire la forma con cui è conosciuta oggi, non più legata alle

campagne di fund raising delle ONG e, probabilmente, non più strettamente

dipendente dal concetto di sviluppo. Negli anni '90, l'Educazione allo

Sviluppo, si evolve nel contesto della “globalizzazione” che vede l'espandersi

dei mercati e dei flussi di capitali tra le frontiere che hanno finanziato progetti

d'investimento che il risparmio locale non avrebbe potuto sostenere. Alla metà

degli anni '90 questo processo di crescita sostenuta mostra un rallentamento

che poi risulta evidente dopo lo scoppio della crisi finanziaria che coinvolge

anche la parte reale dell'economia che vive un momento di arresto. Così entra

in crisi un modello che aveva alimentato lo sviluppo e che non trova nuove

modalità di crescita. E' un momento in cui il concetto di sviluppo attraversa

una lunga crisi legata non solo all'espandersi delle conseguenze negative dei

programmi di sviluppo implementati nel Sud del mondo, ma anche

all'aggravarsi della situazione economica, sociale e politica nel Nord. L'ampio

raggio della crisi è indicativo di un sistema il cui ingranaggio non va più e che

ha bisogno di cambiamenti non congiunturali ma bensì strutturali. Il fascino

irresistibile d'una visione unitaria della realtà naturale e storica nella quale lo

sviluppo crescente dell'economia e della tecnica avrebbe sempre più

efficacemente soddisfatto i bisogni degli individui e realizzato il progresso, non

trova più alcuna base, teorica e pratica, su cui reggersi. La crisi dello sviluppo

non riguarda più solamente i problemi del Sud del mondo ma anche i paesi

occidentali. Le società civili, in entrambe gli emisferi, pagano il crollo di questo

sistema che porta ad un collasso totale e ad una mobilitazione sociale guidata

dal crollo dell'immaginario positivista dello sviluppo. La società civile

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sostituisce i vecchi modelli della modernizzazione e della dipendenza con un

modello di "movimento sociale": la società civile e i gruppi che la

rappresentano vogliono poter controllare i meccanismi politici economici e

sociali che regolano la società e che agiscono su di essa. In questo clima di

malcontento molte ONG assumono come fatto che l'Educazione allo

Sviluppo non può evitare di mettere in discussione il modello di sviluppo del

Nord. Il concetto di sviluppo condiviso negli ultimi decenni, pur

comprendendo le questioni economiche e ambientali, lascia marginali ancora

numerose problematiche sociali. La pressione sociale di questo periodo e la

ricerca a livello istituzionale di una soluzione alla crisi dello sviluppo sfocia in

una riflessione sulla multidimensionalità del concetto di sviluppo che porta alla

presa di coscienza sull'assenza di una dimensione umana, precondizione

necessaria per la sopravvivenza di un qualsiasi sistema per e dell'uomo. La

necessità di introdurre la dimensione umana accanto a quella economica e

sociale sembra costituire una prima risposta alla crisi del modello di sviluppo

che si è mostrato, nell'ultimo decennio, sotto le vesti della famosa

“globalizzazione”: “Il progetto globalizzazione non è iniziato in un momento

specifico, ma rivela un nuovo modo di pensare allo sviluppo” (McMichael,

2004, p. 134). In quest'ottica l'UNDP (United Nation Development

Programme) rende pubblico un rapporto in cui si denuncia l'esigenza di

perseguire uno sviluppo sostenibile che non coinvolge più soltanto la sfera

ambientale e quella economica, ma che guarda all'ambito sociale e alla società

come oggetto e soggetto degli interventi. In tal senso si cominciò a parlare di

“sviluppo umano”. L'idea che si afferma si basa sul concetto che non si può

più considerare l'uomo e il suo sviluppo in base a quanto è in grado di

produrre economicamente, ma occorre valutare la crescita economica come

mezzo per raggiungere l'obiettivo che l'uomo si è prefissato, ovvero in base alle

aspirazioni diffuse. Il Rapporto definisce lo sviluppo umano adeguato come

“un processo di allargamento delle scelte che possono compiere gli individui”

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(UNDP,1990).

I cambiamenti che caratterizzano gli anni '90 hanno costretto le ONG ha

rivalutare nuovamente le strategie messe in atto, valorizzando l'importanza del

partenariato con il Sud, e a ridefinire l'efficacia dei propri strumenti affinché

potessero confermare un ruolo positivo all'interno della società civile e

legittimarsi attraverso modalità d'azione innovativa ed alternativa. La

globalizzazione e l'interdipendenza ormai sono dati di fatto, i problemi della

crisi non hanno confini e lo sviluppo non è più un problema del Sud del

mondo ma anche del Nord.

Di questi tempi, la parola globalizzazione è di fatto sulle parole di

tutti. O, almeno, così sembrerebbe. Una delle caratteristiche

distintive di questo nuovo secolo è il potente apparato di

comunicazione che offre l'immagine di un mondo unificato da

tecnologie e prodotti globali e dalla loro attrazione universale. E'

quasi come se non vi fosse alcuna alternativa a questa

rappresentazione della globalizzazione (McMichael, 2004, p. 13).

In questo scenario l'Educazione allo Sviluppo non ha più senso di esistere solo

come informazione-riflessione-analisi sul sottosviluppo di determinati paesi,

ma deve rispondere a nuove esigenze: “L'internazionalizzazione acquisterà

rapidamente importanza, non solo relativamente all'Europa 1992,

all'integrazione dell'Europa dell'est, ecc.., ma anche a tutti gli aspetti della vita

quotidiana. Tutti siamo in relazione con eventi che si svolgono altrove e la

gente se ne renderà sempre più conto” (CLONG, 1995). Già nel decennio

precedente, con l'influenza del pensiero dei pedagoghi latino americani,

l'aspetto pedagogico dell'Educazione allo Sviluppo era timidamente emerso

per trovare, poi, ampia affermazione negli anni '90 quando diviene il tratto

18

Page 19: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

caratterizzante dell'EAS5 che da strumento di informazione e di analisi diviene

strumento di “educazione” come supporto alla comprensione dei cambiamenti

che hanno investito il mondo negli ultimi anni. Da un documento del

CLONG6 intitolato “Strategie per l'Educazione allo Sviluppo degli anni '90”,

nato da un tentativo delle ONG di sviluppo di coordinarsi e sviluppare delle

strategie univoche per il futuro in quest'ambito, emergono i concetti chiave su

cui si è interrogata l'EAS in quegli anni per trovare risposte, o almeno

produrre riflessioni, riguardo alle problematiche che investono la società civile.

Le tematiche chiave individuate sono:

• la crescita della popolazione come minaccia all'ambiente ed alle

possibilità economiche, con conseguenti flussi migratori spontanei

verso il Nord;

• il ruolo delle donne come generatrici e realizzatrici di nuovi modelli di

vita e solidarietà;

• la natura, l'ambiente e lo sviluppo sostenibile;

• l'internazionalizzazione dei rapporti economici;

• i conflitti, la violenza e il ruolo della mediazione;

• la partecipazione, la democratizzazione e i diritti umani.

(CLONG,1995)

L'Educazione allo Sviluppo, mettendo in discussione il modello di sviluppo

proposto finora, mette in discussione se stessa sentendo l'esigenza di

riformulare i propri confini si trasforma da semplice strumento a strategia

d'azione, conquistando un ampio spazio di autonomia e affiancando alle sue

vecchie competenze (fund raising, informazione,spazio d'analisi) nuovi

obiettivi.

5 D'ora in poi userò il termine “EAS” sostituendolo all'intera denominazione “Educazione allo Sviluppo”.

6 CLONG: Comitato di collegamento delle ONG di sviluppo europee.19

Page 20: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

Un pubblico più ampio può essere mobilitato con approcci più

“soft”, come la raccolta fondi, le iniziative culturali, l'adozione a

distanza, i messaggi televisivi semplici. Sarebbe un errore trascurare

queste iniziative, ritenendo che non siano educative. Se lo

facessimo, l'Educazione allo Sviluppo rischierebbe di perdere la sua

base d'appoggio e di continuare a rivolgersi soltanto ad un piccolo

numero di persone già sensibilizzate. Dobbiamo riuscire a

mobilitare l'impegno di segmenti più ampi dell'opinione pubblica,

ma non smettere mai di preoccuparci della profondità della

comprensione. (CLONG, 1995)

Con la crisi del concetto di sviluppo, che ha costituito negli anni l'elemento

fondante attraverso cui sono stati definiti gli obiettivi dell'Educazione allo

Sviluppo, diviene importante per le ONG sperimentare nuovi campi d'azione

e, soprattutto, ridefinire la loro mission concentrandosi su concetti diversi da

quelli di sviluppo oppure, almeno, su concetti nuovi di sviluppo e su nuove

relazioni con il Sud. E’ in questa analisi interna dei soggetti impegnati per la

promozione dello sviluppo che assistiamo all'emergere dell'Educazione allo

Sviluppo come “metodologia della comprensione”. In questi anni la maggior

parte delle ONG di sviluppo ritengono necessario completare la loro struttura

con la creazione di un area di lavoro dedicata all'Educazione allo Sviluppo e di

creare aree di scambio di riflessioni e di conoscenze sul nuovo campo di

sperimentazione, col tentativo di darsi delle linee guida comuni. In questo

contesto vengono elaborate le prime proposte per una migliore definizione

degli obiettivi dell'Educazione allo Sviluppo, tra cui mi sembra particolarmente

significativa quella del NADEC7 del Regno Unito (National Association of

Development Education Centres): “El objectivo de la E.D. es que nos permita

7 Nel 1993 la NADEC fu incorporato dalla DEA (Development Education Association).20

Page 21: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

comprender y partecipar en nuestro desarrollo, el de nuestra comunidad, el de

nuestra baciò y el nuestro mundo” (Moxon, 1991, p.11).

L'enfasi si sposta dall'informazione alla comprensione e alla partecipazione da

parte dell'opinione pubblica. C’è un forte riferimento a termini complessi

come: comprensione, partecipazione e sviluppo che possiamo identificare

come i tre nuovi obiettivi dell'EaS. La comprensione avviene attraverso un

processo educativo che genera empatia e intesa verso altre culture, valori e stili

di vita di altre popolazioni e che offre una visione delle strutture di potere,

delle interdipendenze e dei processi che determinano lo sviluppo della nostra

comunità, nazione e mondo. La partecipazione viene facilitata attraverso un

processo educativo che stimola la creatività, il porsi delle domande e la

convinzione che tutti abbiamo un ruolo fondamentale nel produrre

cambiamenti. La comprensione e la partecipazione si presentano come

elementi fondamentali per produrre “sviluppo” inteso come cambiamento per

migliorare l'individuo, la società in cui vive e il mondo in generale. Questa

metodologia ha avuto ed ha diversi scenari d'applicazione, è rivolta al Nord e al

Sud contemporaneamente, si dirige verso il coinvolgimento e l'inclusione dei

partner del Sud del mondo in un momento in cui la crisi ha reso palese che lo

sviluppo non è, come si credeva, un problema del Sud ma una grave minaccia

anche per il Nord. L'Educazione allo Sviluppo degli anni '90 costituisce lo

spazio privilegiato di confronto, riflessione ed analisi delle dinamiche che

investono il mondo in questi anni turbolenti di cambiamenti repentini. Si

sceglie come canale privilegiato la campagna di sensibilizzazione rivolta

all'opinione pubblica non più chiamata in gioco per “fare carità”, ma per

prendere coscienza delle “ingiustizie” e approfondire la consapevolezza che

l'ingiustizia sociale è generata da un ingiustizia strutturale insita nel sistema

economico mondiale. L'analisi e l'informazione non bastano, sono necessarie

la comprensione e l'empatia con le popolazioni più disagiate per una

correzione delle ingiustizie attraverso l'EaS che si fa portatrice di riflessione e

21

Page 22: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

azione per il miglioramento della condizione globale. Abbiamo visto come dai

primi anni della sua nascita, gli anni '60, fino all'ultimo decennio analizzato, l'

Educazione allo Sviluppo si è evoluta da semplice strumento di finanziamento

a strategia d'azione per la riaffermazione del ruolo delle ONG dopo il

cosiddetto “decennio perduto” e durante la “crisi dello sviluppo”. Durante

l'ultimo periodo analizzato avviene la costruzione delle basi su cui l'EaS si

regge tutt'oggi, in particolar modo, è proprio durante gli anni '90 che si

afferma come processo educativo finalizzato alla sensibilizzazione e alla

partecipazione per la costruzione di un mondo sostenibile. L'Educazione allo

Sviluppo inizia a ricoprire un ruolo strategico da quando le ONG diventano

coscienti del fatto che la qualità della cooperazione allo sviluppo e della

solidarietà internazionale dipendono molto dal tipo di immagine e

comunicazione utilizzata in riferimento ai paesi del Sud del mondo nella loro

attività di sensibilizzazione sul territorio; nei nuovi documenti programmatici

pubblicati dalle ONG appare l'importanza strategica dell'EaS per sostenere e

completare l'impegno dell'associazionismo internazionale per la solidarietà. In

questi anni l'EaS, piuttosto che essere condizionata e plasmata dall'idea di

sviluppo dominante, contribuisce essa stessa a creare una nuova idea di

sviluppo, una nuova cultura dello sviluppo. Ciò che sta alla base di questo

impegno è la convinzione che un vero processo di sviluppo deve innanzitutto

permettere ad ogni paese, ad ogni società, di esistere e funzionare secondo le

proprie scelte e le proprie scale di valori, nel rispetto della cultura e dei valori

degli altri popoli. Lo sviluppo necessita di trasformazioni importanti tanto a

livello di strutture socio-economico-politiche-culturali che a livello di

comportamenti e atteggiamenti individuali, sia nel paesi industrializzati che nel

paesi del Sud del mondo. La crisi dello sviluppo porta ad un'analisi accurata del

concetto che, negli anni '90, si presenta come “problema” multidimensionale

configurato come:

22

Page 23: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

• “problema globale”, non meramente economico-quantitativo, ma ricco

di implicazioni politiche, sociali, culturali, ambientali;

• “problema specifico”, determinato dalla peculiarità di situazioni locali,

dalla diversità delle condizioni economiche, politiche, culturali. Viene

rifiutata l’esistenza di un’idea assoluta dì sviluppo, di un modello da

imitare, di una via univoca allo sviluppo;

• “problema culturale”, determinato cioè dall’esistenza di un ventaglio di

prospettive teoriche e di opzioni anche di tipo etico;

• “problema mondiale”, per via delle connessioni e dei condizionamenti

crescenti tra le varie aree del pianeta.

La nuova cultura si basa sulla considerazione dello sviluppo come processo

attuato da soggetti, forze, comunità dentro coordinate storiche determinate e

sulla base di precise opzioni di tipo teorico, politico, morale. L'Educazione allo

Sviluppo combina l'interesse per gli argomenti generali e l'enfasi

sull'interdipendenza con la convinzione che, perché le cose cambino, la gente

deve acquisire le capacità e le conoscenze e sviluppare le attitudini in modo da

coinvolgersi personalmente nei processi di cambiamento e di sviluppo. Già alla

fine degli anni '80 l'Assemblea generale delle ONG europee, tenutasi a

Bruxelles nel 1989, delinea gli obiettivi di lungo periodo dell'EaS in questo

modo:

• promuovere una presa di coscienza personale e collettiva delle

problematiche collegate allo sviluppo (comprensione delle cause e delle

soluzioni; dell'interdipendenza e della reciprocità);

• sviluppare la volontà di partecipazione di tutti al dibattito per sostenere

una cooperazione reale a livello politico, culturale ed economico;

• intensificare la solidarietà tra i popoli tramite una migliore conoscenza

reciproca;23

Page 24: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

• rafforzare l'impegno delle ONGs, dei singoli governi e dell'Unione

Europea per quei cambiamenti strutturali favorevoli alla lotta

all'esclusione sociale e alla povertà (Cit. in CIPSI-FOCSIV, 2001, p.16).

Questa attitudine dell'EaS di coinvolgere ed offrire informazioni consapevoli,

configurandosi come processo educativo, si è rafforzata negli ultimi vent'anni

contribuendo alla “crescita di un movimento culturale mondiale fatto di

persone consapevoli delle disuguaglianze e impegnate a più diversi livelli nel

risolverle, pur nel rispetto delle molteplici diversità tra i popoli, tra le persone e

tra le organizzazioni/istituzioni che esse si sono date” (CIPSI-FOCSIV, 2001,

p.16). Nel nuovo millennio l'Educazione allo Sviluppo si è affermata come

educazione per lo sviluppo, processo più coinvolgente e partecipato che mira

al miglioramento delle condizioni di vita della società civile globale e cioè di

tutta l'umanità. L'EaS si configura come una serie di molteplici percorsi

educativi, non più focalizzati solo sullo sviluppo, ma rivolti anche alla pace, ai

diritti umani, alla diversità, all'ambiente, alla mondialità. La definizione del

termine “Educazione allo Sviluppo” resta ambigua e flessibile affinché possa

continuare ad includere la pluralità delle tematiche affrontate. Abbiamo visto

come in passato la sua definizione è stata determinata dalla visione dello

sviluppo e come oggi la multidimensionalità di questo concetto renda difficile

una rigida definizione, ma non il riconoscimento di alcuni obiettivi di base che

riguardano:

- la diffusione della consapevolezza riguardo ai problemi di sviluppo;

- stimolare la partecipazione dell'opinione pubblica;

- rafforzare il valore della solidarietà;

- incentivare l'impegno sociale.

Un primo studio sull'EaS realizzato in Italia all'alba del nuovo millennio tenta

24

Page 25: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

di definirla così: “L'Educazione allo Sviluppo costituisce un processo culturale

globale, in cui ogni cittadino è partecipe nella costruzione di un 'nuovo ordine

mondiale' più giusto, equo e pacifico dell'attuale” (CIPSI-FOCSI, 2001, p. 20).

Come processo si intende un movimento in evoluzione, un metodo, che opera

dentro più idee dentro più azioni e dentro più paesi, per comprendere la realtà

nazionale ed internazionale. L'obiettivo è far prendere coscienza alle persone

della situazione in cui vivono e ad avere uno sguardo critico sul mondo,

acquisire una capacità di comprensione della complessità e poter scegliere la

strada ogni giorno.

Nel nuovo millennio il fenomeno della globalizzazione ha raggiunto una

portata tale da coinvolgere molteplici settori della società, all’alba del 2000

abbiamo assistito all’emergere di nuovi mercati, nuovi attori, nuove norme e

nuovi mezzi di comunicazione. Il termine “globalizzazione” è oramai usato in

maniera molto frequente ma anche molto contraddittoria, restano ancora molti

dubbi sul suo significato. In linea generale si usa il termine per indicare

l’omologazione, l’interdipendenza, la connessione, l’integrazione, i legami tra i

più svariati ambiti e le più distanti regioni del globo.

Globalizzazione: parola abusata, applicata con significati diversi a

realtà difformi, onnipresente nei mezzi di comunicazione di massa,

nei discorsi di economisti, sacerdoti e politici, nelle conversazioni

quotidiane e nelle chat lines; parola-macchina usata per spiegare

dinamiche e meccanismi svariati; etichetta di comodo che copre

imprecisioni e confusioni; concetto che passa da un ambito

disciplinare all'altro per denunciare fallimenti, per esaltare

cambiamenti, annunciati come planetari, epocali. (…) D'altro canto

le parole individuate da Anthony Giddens per definire i processi di

globalizzazione riguardano soprattutto il livello economico,

sottolineando le interazioni finanziarie che accomunano paesi

25

Page 26: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

lontani e diversi, la diffusione delle tecnologie moderne, e nuove

forme della divisione e dell'organizzazione della forza lavoro,

l'emergenza di un 'ordine militare mondiale' (Callari Galli, 2003, p.

65).

I processi che caratterizzano l’era contemporanea sono stati così intensi da

avere conseguenze sociali importanti che destabilizzano l’insieme di relazioni

su cui è basata la coesione tra gli attori sociali. La necessità di ripristinare un

equilibrio all’interno delle società civili, devastate dalla brutale logica del

mercato, ha guidato un debole tentativo di riformulazione delle relazioni

economiche, politiche e sociali. Si è tentato di ribaltare le priorità con

l’obiettivo di porre in prima linea ingredienti vitali quali: i diritti umani, la

solidarietà, l’equità, la sostenibilità, la partecipazione. Questi elementi sono

stati completamente ignorati nell’instaurazione del nuovo ordine mondiale che

sta attualmente vivendo un duro periodo di crisi che ha portato alla necessità

di ripensare le priorità dell’agenda politica, connotandola di elementi capaci di

attenuare la rigidità del sistema e di incoraggiare una più ampia partecipazione

pubblica al processo decisionale in materia di sviluppo. Le azioni politiche del

XXI secolo, in risposta all’amplificazione degli squilibri, sono state orientate

dall’esigenza di “stimolare un senso di appartenenza e d’identità personale e

comune fondato sulla cittadinanza globale in un mondo interdipendente”

(Commissione Europea, 2005). I fattori dominanti di questo secolo nel campo

delle relazioni internazionali riguardano i processi di globalizzazione in atto

che vanno aldilà della sfera prettamente economica coinvolgendo anche quella

culturale, ambientale e sociale. Sorge dunque un’emergenza culturale delle

società civili che non sono in grado di decifrare il loro tempo caratterizzato da

elementi che, se non possiamo dire completamente nuovi, non si sono mai

presentati con questa intensità. Le ONG si sono posizionate in prima linea

nella ricerca di nuovi strumenti adatti ad interpretare la nuova realtà, spinte

26

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dalla necessità di riaffermare il proprio ruolo attivo nella società civile, hanno

trovato nell’Educazione allo Sviluppo la soluzione al loro duplice problema:

legittimarsi con una nuova linfa e rispondere ai nuovi bisogni formativi della

società contemporanea. L'Educazione allo Sviluppo, come tipologia

d'intervento, è stata indotta dall'esigenza del Nord di comprendere e

rispondere ai fenomeni della globalizzazione e quindi dell'interdipendenza,

contenuto focale dell'EaS, alle migrazioni, ponendo l'accento sulla

valorizzazione della diversità culturale e alla brutalità delle relazioni

economiche, riflettendo sui cambiamenti strutturali per combattere la povertà.

La nuova veste dell'EaS, come strumento per la ricerca degli equilibri, è stata

influenzata anche dalla pressione del Sud riguardo la volontà di ricostruire i

rapporti con il Nord secondo principi che si distaccano dal puro

assistenzialismo e che tendano a costruire atteggiamenti diversi per la

realizzazione di scambi duraturi e paritari tra società civili: “gli aiuti allo

sviluppo incidono sul miglioramento delle condizioni della vita al Sud molto

meno di altri fattori (culturali, politici, economici o commerciali) sui quali si

può intervenire solo con attività che si svolgono al Nord” (CIPSI-FOCSIV,

2001, p. 29). E' per questi motivi che l'Educazione allo Sviluppo sta

assumendo un' importanza strategica per le ONG che ridefiniscono i loro

obiettivi in base a questa strategia e che sulla “Carta delle ONGs Europee”8

dichiarano al punto B7 di

Impegnarsi in attività di Educazione allo Sviluppo, sensibilizzando

il Nord ai problemi del Sud del mondo. Le ONGs credono nella

necessità di promuovere attività di Educazione allo Sviluppo per

sensibilizzare l’opinione pubblica dei paesi dell’Unione Europea, 8 La Carta illustra le istanze che sottostanno al lavoro svolto dalle ONG riunite nel Comitato di

Collegamento delle ONG di Sviluppo presso l’Unione europea, di cui intende presentare anche i valori, gli approcci e le strutture. La Carta delle ONG (Organizzazioni Non Governative di Sviluppo) è stata scritta a seguito del dibattito che si è sviluppato nel mondo delle ONG e dei donatori ufficiali in merito alla qualità e alla responsabilità del lavoro di queste organizzazioni.

27

Page 28: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

sulla realtà della povertà e sulle strutture che la mantengono. Le

ONGs dovrebbero utilizzare la loro esperienza nel Sud per cercare

di influenzare le istituzioni del Nord e del Sud, ed in particolare

tutti i Forum Internazionali in cui i loro governi hanno voce in

capitolo, sulle condizioni in cui vivono le popolazioni più

svantaggiate. L’Educazione allo Sviluppo si basa sull’esperienza

delle ONGs nel Sud.

L'Educazione allo Sviluppo è presentata come approccio fondamentale delle

ONG, basato sull'esperienza che queste ultime hanno nel Sud del mondo e

sulla loro capacità di coinvolgimento per favorire la collaborazione fra i diversi

settori della società per uno sviluppo più sostenibile, esse riconoscono

l'importanza delle azioni di sensibilizzazione e di educazione sul territorio in

grado di mobilitare l'opinione pubblica per un processo educativo di

cambiamento. Il processo dell'Educazione allo Sviluppo messo in atto si basa

su dei principi fondamentali che riconoscono che: “l'Educazione allo Sviluppo

deve confrontarsi globalmente con il modello di sviluppo locale (...); la realtà in

cui viviamo ci impone una vera e propria "emergenza culturale" (...);

l'Educazione allo Sviluppo è accompagnata dall'educazione alla pace e alla

salvaguardia dell'ambiente” (CIPSI-FOCSIV, 2001, p.20). L'opera di

sensibilizzazione e di educazione realizzata dalle ONG si presenta in molteplici

forme ma si basa su determinati obiettivi che nella “Guida metodologica

all'Educazione allo Sviluppo” sono riassunti in quattro punti focali:

• promuovere una consapevolezza dei problemi annessi allo

sviluppo: cause e soluzioni, interdipendenza e reciprocità per una

mutua comprensione crescente;

• stimolare la partecipazione al dibattito per sostenere e sviluppare

una cultura della cooperazione e della solidarietà internazionale,

28

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attraverso azioni appropriate e coerenti a livello politico,

economico e culturale;

• rafforzare la solidarietà tra i popoli, attraverso una comprensione

e una conoscenza reciproca e crescente;

• aumentare l'impegno sociale, istituzionale e delle ONGs per

cambiamenti strutturali in favore delle popolazioni meno

privilegiate (CIPSI-FOCSIV, 2001, p.20).

Gli obiettivi elencati ruotano principalmente attorno ad un unica grande

missione delle ONG che riguarda il compito di stimolare una comprensione

critica degli avvenimenti che caratterizzano la realtà contemporanea e di

indurre un'azione cosciente di sviluppo, inteso nei termini di miglioramento

della condizione umana a livello planetario. Nonostante le ampie dichiarazioni

contenute sulla “carta”, in pratica, l'Educazione allo Sviluppo ricopre un ruolo

ancora marginale e non risulta entrare a pieno titolo tra le strategie centrali

delle ONG. Il fallimento nel tentativo di radicare l'EaS come metodologia

efficace e di stabilire una base stabile ai suoi finanziamenti che attualmente

derivano principalmente da fonti del Ministero degli Affari Esteri e sono

soggetti a numerose fluttuazioni che non permettono di pianificare un'azione a

lungo termine, guida ad un rinnovamento dell'impegno nel settore

dell'Educazione allo Sviluppo. Per poter rinnovare questo impegno bisogna

innanzitutto affrontare le sfide che il XXI secolo ci presenta e che riguardano:

la cooperazione allo sviluppo, rinnovandone l'efficacia attraverso un

consolidamento dei partenariati Nord-Sud; le iniziative di sensibilizzazione,

integrandole nei principali processi e sistemi educativi e informativi esistenti;

gli strumenti utilizzati, aumentando l'impiego degli strumenti per valutare

l'impatto delle esperienze fatte. Gli sforzi delle ONG devono andare nella

direzione della collaborazione e della costruzione di reti9 che concretizzano 9 La Commissione Europea richiede esplicitamente nelle sue linee di finanziamento, per la

progettazione in ambito EaS, la realizzazione di una “strategia complessiva” che riconduca le 29

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una multidimensione dell'Educazione allo Sviluppo: “alla base della EaS sta

infatti la costruzione di reti di solidarietà, di legami sociali, utilizzando un

pensiero che connette piuttosto che separa” (CIPSI-FOCSIV, 2001, p.7).

L'impegno delle associazioni che operano nell'ambito dell'Educazione allo

Sviluppo deve essere volto a superare le criticità che si sono presentate durante

il percorso realizzato finora, affinché l'Eas possa ricoprire il ruolo di

strumento efficace per offrire alla società civile “la possibilità di conoscere e

comprendere i problemi legati allo sviluppo globale e il loro significato a livello

locale e personale, nonché di esercitare i propri diritti e le proprie

responsabilità di cittadino di un mondo interdipendente e in evoluzione,

contribuendo alla sua trasformazione” (Commissione Europea, 2005). Si

riscontra una grande difficoltà nel dare una definizione univoca di Educazione

allo Sviluppo non per un problema di indeterminatezza, ma piuttosto a causa

della sua ricchezza e della molteplicità degli elementi che comprende.

Rivolgendo l'attenzione all'ultima evoluzione si può ritenere abbastanza

completa la definizione adottata dal DEEEP (Development Education

Exchange Europe Project)10 che si riferisce all'Eas come

(…) an active learning process, founded on values of solidarity, equality,

inclusion and co-operation. It enables people to move from basic awareness

of international development priorities and sustainable human development,

through understanding of the causes and effects of global issues, to personal

involvement and informed action.

singole azioni in un piano strategico di azione. La Commissione Europea nel dare priorità alla “strategia complessiva” per la concessione dei finanziamenti, ha involontariamente proposto nuovi strumenti strategici di progettazione a chi lavora nell'ambito EaS: reti e network, capacity building project, etc.

10 DEEEP (Development Education Exchange Europe Project) è un programma inaugurato dal Forum di Educazione allo Sviluppo di CONCORD (Confederazione di ONG di sviluppo europee) per realizzare uno scambio di esperienze nell'ambito EaS rafforzando, così, la capacità delle ONG di favorire la conoscenza e l'eliminazione della povertà e l'inclusione sociale. L'obiettivo del programma è quello di incrementare la cooperazione, sia per esercitare una pressione sulle istituzioni affinché aumentino il loro impegno per una politica di supporto dell'EaS, sia per massimizzare l'impatto di questa strategia.

30

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Development education fosters the full participation of all citizens in

worldwide poverty eradication, and the fight against exclusion. It seeks to

influence more just and sustainable economic, social, environmental, human

rights based national and international policies (www.deeep.org).

1.2 Geografie dell'EaS

Dall'analisi eseguita risulta chiaro che l'idea dell'Educazione allo Sviluppo,

come forma di azione che mira ad innalzare il livello di consapevolezza presso

l'opinione pubblica, rispetto ai valori della solidarietà, della responsabilità

sociale , dell'interdipendenza e dell'appartenenza ad un unico mondo comune,

è ormai ampiamente condivisa. Nonostante il punto d'arrivo comune, i

cammini percorsi per raggiungerlo si sono diversificati da paese a paese e,

ancora oggi, il fenomeno soffre di una mancanza di chiarezza e accordo circa

la sua definizione e la sua rilevanza. Un rapido sguardo sulla situazione

europea ci suggerisce che la nascita dell'Educazione allo Sviluppo si

differenzia, nei modi e nei tempi, rispetto ai vari paesi e ai differenti contesti

che li caratterizzano.

Probabilmente il paese con una più antica esperienza nel campo

dell'Educazione allo Sviluppo è la Gran Bretagna che già nei primi anni '60

vide la realizzazione delle prime campagne di sensibilizzazione e la nascita, nel

decennio successivo, dell' “Action for World Development” (NGDO-EC

Liaison Committee, 1994, p. 131) e la successiva organizzazione in gruppi di

azione locali che aderirono a campagne, movimenti ed associazioni a livello

nazionale. In questi anni la legge inglese si occupò di definire il tipo di attività

presentate dalle organizzazioni senza scopo di lucro al fine di raccogliere fondi

e trarne sostegno; queste direttive legislative costrinsero le associazioni ad una

più chiara definizione delle proprie attività ottenendo, così, la netta separazione

31

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tra le attività di raccolta fondi e le attività di educazione. Il termine Educazione

allo Sviluppo si diffuse in Gran Bretagna successivamente alla creazione del

“Development Education Found” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p.

131), nel 1997, da parte del governo laburista nell'intento di combattere e

ridurre l'ignoranza sul cosiddetto “terzo mondo” e aumentare la comprensione

dell'opinione pubblica sui fattori che incidono sullo sviluppo economico e

sociale dell'emisfero Sud e delle conseguenze nel Nord. Il fondo significò il

riconoscimento ufficiale di questo tipo di attività da parte del governo che

svolse un ruolo centrale attraverso una forte collaborazione con le ONG. I

canali principali di promozione delle attività EaS sono le ONG, le associazioni,

i gruppi locali collegati ad agenzie di sviluppo nazionali, le grandi campagne o

le chiese. L'EaS si diffuse velocemente ed in modo capillare sul territorio

britannico e l'elemento chiave di successo fu il lavoro in rete con la creazione

di forti link tra attori impegnati nella progettazione di programmi da

implementare nel Sud e operatori di Educazione allo Sviluppo impegnati nel

Nord. Nel 1979 ci fu la formazione della “NADEC-National Association of

Development Education Centres” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p.

131) che, sulla base del principio della rete, incoraggiò l'azione dei gruppi locali

attraverso una struttura nazionale che funzionò come spazio d'incontro e di

dialogo. La conferenza annuale organizzata dal NADEC fu il maggior punto

di focalizzazione dell'Educazione allo Sviluppo, creò un ampio consenso e

sostegno per l'EaS e sviluppò la capacità di organizzare un’ agenda comune per

realizzare un lavoro sul territorio. Nello stesso anno si verificò un cambio al

governo con la salita al potere dei conservatori che effettuarono un taglio alle

spese per la cooperazione in generale ed in particolare eliminarono il fondo

destinato all'EaS e , quindi, fu possibile tener in vita lo sviluppo di queste

attività solo grazie ad un sostegno della Comunità Europea. Le attività

proseguirono e nacquero molti centri di documentazione impegnati

nell'elaborazione e diffusione di pubblicazioni alternative che non si

32

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limitassero ad essere lo specchio degli stereotipi più comuni e che non

usassero il linguaggio dei dominatori. Il fondo europeo ha garantito un

impegno costante nelle attività di Educazione allo Sviluppo nonostante i

cambiamenti di orientamento al governo. Le ONG si affermarono come fonte

primaria di informazioni, contatti e materiale riguardanti l'EaS e nel corso degli

anni '80 fecero un grande uso dei media per aumentare l'impatto delle proprie

attività attraverso la fondazione dell' “IBT-International Broadcasting Trust”

che divenne un partner attivo per l'organizzazione del movimento EaS. Alla

fine degli anni '80 si resero palesi i fallimenti dei programmi di aiuto nel Sud

del mondo, e gli anni '90 furono inaugurati dalla recessione economica che

influenzò il clima sociale segnato dalla disoccupazione, dalla povertà e dalla

presa di coscienza che “the Third World is everywhere that poverty, inequality

and injustice exists” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p. 134). Nel 1993

la NADEC fu incorporata dalla “DEA-Development Education Association”

(NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p. 135) creata per realizzare un

maggior coordinamento delle attività nell'ambito dell'Educazione allo Sviluppo

e, ancora oggi, rappresenta la maggiore organizzazione che agisce per la

promozione dei valori dell'EaS e per il supporto dei networks locali e nazionali

per un ampliamento delle pratiche EaS.

Nel contesto europeo anche la Francia ha ricoperto un ruolo predominante

nell'associazionismo e nell'Educazione allo Sviluppo con una lunga tradizione

dell'impegno delle ONGs in questo campo. In Francia s'iniziò a parlare di

Educazione allo Sviluppo negli anni '70, dopo gli anni '60 caratterizzati da un

impegno esclusivo nel campo degli aiuti allo sviluppo, l'attenzione è stata

rivolta alle dinamiche d'interdipendenza tra la Francia e il Sud del mondo e al

concetto di sviluppo che fu inteso proprio come il miglioramento necessario

per cambiare queste relazioni. Durante gli anni '80, il famoso decennio

perduto, le ONG francesi furono vittime di violente critiche che riguardavano

il proprio ruolo nei fallimenti dei progetti di sviluppo finanziati attraverso il

33

Page 34: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

fund raising al Nord: furono gli anni in cui si rese necessaria una chiara

distinzione tra l'attività di raccolta fondi e l'attività di Educazione allo Sviluppo.

Per superare ogni tipo di contraddizione le ONG francesi s'impegnarono

anche a distinguere le attività propriamente dette di Educazione allo Sviluppo,

azioni di formazione di lungo termine, e le attività di informazione e

sensibilizzazione, azioni meno profonde e di breve durata. I francesi hanno

preferito rinominare l'EaS sostituendola con “Education for International

Solidarity or Citizenship Education” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994,

p.33). In questi anni ci fu uno sforzo di coordinamento tra le ONG impegnate

ed attive e nel 1983 nacque la “COCODEV-Commission Coopèration

Dèveloppement” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p. 33), una

commissione comune tra le ONG e le istituzioni francesi che comprese, tra gli

altri, un gruppo di lavoro sull'Educazione allo Sviluppo. Questi furono anni

caratterizzati dall'organizzazione di ampie campagne di sensibilizzazione che

definitivamente definirono le ONG, meglio conosciute come “International

Solidarity Organisation (ISO)” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p.33),

come i principali attori per l'informazione e la riflessione sulle relazioni Nord/

Sud. Già nei primi anni '90 le organizzazioni francesi avevano accumulato una

ricca esperienza nel campo dell'educazione alla solidarietà internazionale

attraverso un'ampia produzione di pubblicazioni, materiali, mostre, dibattiti,

campagne nazionali e locali che spesso venivano messe su attraverso la

collaborazione di più ONG. Le ONGs più attive in questo campo sono

“Frères des Hommes, Terre des Hommes, Peuples Solidaires” che formano

parte del consorzio “CRID-Centre de Recherche et d'Information sur le

Dèveloppement” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p. 34), nato nel 1976,

che riunisce diverse organizzazioni impegnate per lo sviluppo. La formazione

di consorzi fu uno dei tentativi di coordinamento resi necessari dall'emergere

di azioni sovrapposte e contraddittorie e fu seguito dall'organizzazione, da

parte della COCODEV, di una tavola rotonda che contribuì allo sforzo di

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Page 35: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

costruire un percorso comune e di rafforzare l'impatto dell'EaS. Nonostante i

forti limiti, imposti da uno scarso riconoscimento a livello finanziario,

l'educazione alla solidarietà internazionale è tuttora il maggior campo d'azione

delle organizzazioni di solidarietà internazionale francesi.

Un altro paese con una lunga tradizione nelle attività di Educazione allo

Sviluppo e la Danimarca. L'esperienza danese è peculiare perché già dagli anni

'50 i missionari erano impegnati nel Sud del mondo combinando i tentativi di

evangelizzazione ai progetti di sviluppo e, più tardi, di Educazione allo

Sviluppo concentrandosi sui temi della salute e dell'educazione. La più grande

associazione che ha svolto un ruolo centrale sul territorio danese e che si è

dedicata alle tematiche riguardanti lo sviluppo è “MS-Mellemfolkeligt

Samvirke” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p. 18): l'associazione danese

per la cooperazione allo sviluppo che si è occupata del coordinamento e del

supporto delle ONG impegnate in progetti di sviluppo al Sud e programmi di

EaS al Nord, in particolare, canalizza lo sforzo dei gruppi attivi attraverso una

azione orientata a fare pressione sulle istituzioni. A metà degli anni '60 nacque

l' “IBIS” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p. 18), un altra grande ONG,

impegnata in progetti di sviluppo ma anche nell'EaS attraverso il sostegno

dell'impegno delle persone coinvolte nel Sud del mondo e che, una volta

rientrate, si tendeva a coinvolgerle in progetti ed attività di Educazione allo

Sviluppo nel Nord del mondo. In Danimarca le attività di Educazione allo

Sviluppo si concentravano sui temi come: i diritti umani, la decolonizzazione,

lo sviluppo, i giovani, il debito, l'ambiente. Per circa un ventennio sono state

organizzate nella forma di manifestazioni e iniziative per strada, rivolte

all'ampio target dell'opinione pubblica danese, successivamente, furono

organizzate campagne più strutturate, azioni di analisi e ricerca e gemellaggi tra

diverse comunità. Già negli anni '80 la vivacità del tessuto sociale rese possibile

la creazione di molteplici networks, a livello nazionale e locale, tra le diverse

realtà sociali che si raccoglievano intorno alle attività EaS tra cui, oltre le

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Page 36: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

onnipresenti ONG, anche numerosi gruppi giovanili, associazioni di immigrati,

rifugiati e sindacati. A livello nazionale non esiste un network che incorpora

tutte le ONG danesi di sviluppo ma il più grande network è “Fagligt Forum

om Ulandsoplysning” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p. 19): il forum

nazionale EaS che, negli anni '90, comprendeva le più importanti ONG attive

sul territorio. La peculiarità dello sviluppo delle attività EaS è legata soprattutto

al sostegno finanziario garantito, oltre che dalla commissione europea, anche

dal governo attraverso il “DANIDA-Danish International Development

Agency” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p. 19). Gli elementi di base

dell'EaS in Danimarca riguardano il forte rapporto con il territorio e con il

contesto locale attivo e ricettivo, infatti, le iniziative di Educazione allo

Sviluppo si rivolgevano al settore informale e, cioè, all'opinione pubblica

affinché si sviluppassero atteggiamenti di partecipazione e di azione per il

cambiamento. La Danimarca, ancora oggi, si contraddistingue per la vivacità

del tessuto sociale costantemente sensibilizzato verso le problematiche dello

sviluppo.

Un altro paese dell'Europa del nord con una lunga tradizione di gruppi

impegnati in attività di sviluppo è l'Olanda che, già nel 1954, vide l'emergere in

ambito cristiano di gruppi di missionari e di giovani coinvolti in campagne di

solidarietà internazionale. Questi gruppi importavano articoli di artigianato

prodotti nelle zone del Sud del mondo, dove erano impegnati i missionari

olandesi, e li vendevano porta a porta in Olanda finanziando così i progetti di

sviluppo; da queste piccole iniziative il movimento è poi cresciuto dando vita

ad un network di World Shops destinati alla vendita di prodotti provenienti dal

Sud. Attraverso la vendita di questi prodotti già si diffondeva, tra l'opinione

pubblica, la conoscenza delle condizioni delle popolazioni del Sud.

Successivamente, verso la fine degli anni '60, nacquero i primi centri di

documentazione e di informazione che presto presero la forma di veri e propri

centri di Educazione allo Sviluppo. Questi centri, conosciuti come “COS”

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Page 37: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

(NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p. 102), sono impegnati nella

promozione di progetti e di gemellaggi a livello locale, nazionale ed

internazionale. I COS sono racchiusi nel “Overleg Regionale Centra-ORC”

(NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p. 103), un'associazione che coordina i

vari centri regionali che nel 1984, per unire gli sforzi, stabilirono una linea

politica comune.

Gli anni '70 videro l'emergere di numerosi gruppi, generalmente auto-

finanziati e legati ad altre realtà sociali, e la nascita del “National Committee

for Development Education-NCO” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p.

102) che fu una struttura fondata dal governo per supportare le ONG e le altre

realtà associative con un ruolo determinante nella diffusione di informazioni e

nella promozione di progetti di Educazione allo Sviluppo nel settore educativo

formale. L'impegno del governo nel promuovere l'EaS nell'ambito scolastico si

concretizzò nella realizzazione del progetto EPOS, tra l' '82 e l' '86, per

rafforzare l'impatto dei programmi EaS nelle scuole olandesi attraverso la

produzione di materiale didattico e la pubblicazione di una guida metodologica

al servizio del corpo docenti. Questo progetto diede vita al “National Network

for development education-LNO” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p.

102) per l'integrazione di varie iniziative EaS nel settore formale. La

potenzialità dell'Olanda nel campo dell'Educazione allo Sviluppo, oltre la lunga

tradizione, risiede nella tendenza generale a creare strutture di coordinamento

che è riflessa nel tentativo di interazione tra organizzazioni governative e non e

lo sforzo di legare vecchie e nuove iniziative. Nelle strutture di coordinamento

sono coinvolte anche le autorità locali che hanno partecipato insieme a

numerosi gruppi alla realizzazione di progetti congiunti e alla promozione di

iniziative dal basso che hanno poi influenzato le politiche a livello locale e

nazionale. La tradizione del coinvolgimento delle autorità locali risale al 1972,

anno in cui si verifica la crescita di un network di municipalità contro

l'apartheid “LOTA Coordination Committee” (NGDO-EC Liaison

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Page 38: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

Committee, 1994, p. 104); questo network si dedicò, poi, ad altre tematiche

quali l'ambiente e i diritti umani. In Olanda, le iniziative di Educazione allo

Sviluppo, mirano a coinvolgere il numero più alto di persone catturando la più

ampia fascia dell'opinione pubblica, quest'obiettivo mal si concilia con lo

sforzo di approfondire la comprensione delle problematiche che riguardano il

Sud. Forse questo è il punto debole dell'esperienza olandese che preferendo

come target il grande pubblico rinuncia alla trattazione approfondita di

determinate tematiche rischiando, quindi, di confondere l'EaS con la semplice

sensibilizzazione.

Un altro paese dell'Europa del nord con un'esperienza positiva nel campo delle

iniziative per la solidarietà internazionale e l'Educazione allo Sviluppo è

l'Irlanda. In Irlanda c'è un'ampia tradizione di volontariato inaugurata dal

lavoro dei missionari nel Sud e dallo stabilimento, nel 1970, del “Irish

Commission for Justice and Peace- ICJP” (NGDO-EC Liaison Committee,

1994, p. 68) che sostenne la diffusione presso l'opinione pubblica di tematiche

in relazione al Sud del mondo. Tra gli anni '60 e '70 sorsero numerose ONG

che erano solite inviare volontari nel Sud per l'implementazione dei loro

progetti con il supporto del governo attraverso la creazione del “Agency for

Personal Service Overseas- APSO” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p.

68) per promuovere il volontariato nel Sud. I volontari ritornati in patria

fondarono il “Comhlàmh” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p. 68): un

organismo con lo scopo di sostenere coloro che rientravano in Irlanda nella

promozione di iniziative di sensibilizzazione e di educazione dell'opinione

pubblica. Negli anni '80 c'è una crescita delle attività di Educazione allo

Sviluppo attraverso la creazione di centri di documentazione, nuovi gruppi di

solidarietà, partenariati con paesi dell'America Latina, Africa e Asia.

Particolarmente importante è il ruolo delle strutture create per intensificare

l'impatto dell'EaS come: le Commissioni EaS, presenti sia all'interno del

“Higher Education for Development Cooperation-HEDCO” che del

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Page 39: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

“Confederation of Non-Governmental Organisations for Overseas

Development-CONGOOD”, e i “Development Education Support Center-

DESC” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p. 68) stabiliti dal

Dipartimento degli affari esteri come centri di supporto per la

programmazione e l'implementazione di programmi EaS. Negli anni '90

emersero le prime strutture di coordinamento che iniziarono a fornire un utile

spazio per lo scambio di buone pratiche, di tematiche e di metodi tra gli

operatori EaS. Con questo intento, nel 1991, fu fondata l' “Irish Development

Educators Association-IDEA” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p. 68).

Nel corso degli anni '90 nacque anche “Debt and Development Coalition”

(NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p. 70) un network che rendeva

possibile la comunicazione tra missionari, gruppi di solidarietà, operatori di

sviluppo, ONG, associazioni ambientaliste, etc. Nonostante l'immenso sforzo

di creare links, soprattutto nell'ambito EaS, emerge una forte concentrazione

nella capitale dovuta alle difficoltà di comunicazione con le zone periferiche.

L'Educazione allo Sviluppo irlandese è un processo molto profondo legato alle

peculiarità del contesto socioeconomico dell'Irlanda: la giovane età della

maggior parte della popolazione, l'alto tasso di disoccupazione, il profondo

divario tra ricchi e poveri, la presenza di minoranze etniche, lo status di ex

colonia, la forte tendenza all'emigrazione. Questi contesti peculiari tra Nord e

Sud, particolarmente evidenti in questo paese, hanno permesso a chi lavora

nell'EaS di fare facili parallelismi e creare profondi links tra le comunità

irlandesi più emarginate e la popolazione più deprivata nei paesi del Sud.

Un altro paese, dove l'Educazione allo Sviluppo nasce grazie al contributo dei

volontari rientrati in patria, è il Belgio. Negli anni '60 le attività delle ONG

belghe si concentravano nella spedizione di volontari e nelle campagne di fund

raising. E’ nel decennio successivo che si introduce l'Educazione allo Sviluppo

con la promozione di programmi con lo scopo di innalzare i livelli di

consapevolezza dell'opinione pubblica. Il Belgio ha un passato coloniale in

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Africa che ha attratto grandi flussi migratori che il governo non ha gestito

attraverso politiche di integrazione, determinando, così, la tendenza al

razzismo con un escalation di violenza alla fine degli anni '80. Nel 1989 fu

fondata la “Royal Commission for Immigrant Policies” (NGDO-EC Liaison

Committee, 1994, p. 9) che ha previsto delle iniziative anche in ambito

educativo puntando sull'educazione interculturale, per l'integrazione degli

immigrati, ma soprattutto per una migliore collaborazione tra le diverse

identità culturali che compongono il Belgio.

L'esperienza italiana di Educazione allo Sviluppo, invece, ha inizio negli anni

'80 dopo l'approvazione della seconda legge sulla cooperazione che riconosce

ufficialmente il ruolo delle ONG nel promuovere progetti di sviluppo e nel

sensibilizzare l'opinione pubblica italiana. Durante gli anni '80 l'EaS si

conquista uno spazio proprio e smette di essere in funzione della realizzazione

di progetti sul campo nel Sud e gli scambi culturali Nord/Sud divennero il

cuore dell'Educazione allo Sviluppo. Il riconoscimento ufficiale

dell'Educazione allo Sviluppo, come nuovo strumento nelle mani delle ONG,

avviene con la proclamazione della legge sulla cooperazione del '87 che

riconosce l'EaS come “an important type of activity to promote the culture of

cooperation” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p. 82). Il riconoscimento

maggiore delle ONG e l'accesso ai finanziamenti produsse il proliferarsi di

organismi che per coordinare i propri sforzi si raggrupparono in tre

federazioni: “FOCSIV-Federazione Organismi Cristiani di Servizio

Internazionale Volontario”; “COCIS-Coordinamento Organizzazioni non

governative per la cooperazione Internazionale allo Sviluppo”; “CIPSI-

Coordinamento Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale” (NGDO-EC

Liaison Committee, 1994, p. 83). Quest'ultima è diventata il punto di

coordinamento per le attività EaS ed ha ospitato il segretariato nazionale del

“REaS-Rete Educazione allo Sviluppo” (NGDO-EC Liaison Committee,

1994, p. 83): una struttura di coordinamento attiva tra l' '89 e il '92. Le ONG

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italiane impegnate nell'EaS hanno come priorità quella di mettere su un centro

di documentazione che fornisce materiali e assistenza nel progettare e

realizzare interventi EaS: il centro dovrebbe fungere da banca dati delle

numerose esperienze EaS. Sono poche le ONG che, almeno fino alla metà

degli anni '90, si sono professionalizzate nel relativamente nuovo campo

dell'Educazione allo Sviluppo non riuscendo così a creare serie strutture di

coordinamento per amplificare l'impatto di questo processo verso una

maggiore consapevolezza.

Le esperienze dei paesi finora analizzate, anche se con zone d'ombra, risultano

abbastanza positive rispecchiando il vivace clima sociale del tempo che

contrasta con l'apatia vissuta in altri paesi europei come la Spagna. In Spagna

la società civile, fino agli anni '70, era limitata da un regime dittatoriale. La

cooperazione internazionale fu inesistente fino agli anni'80 e tra gli anni '60 e

'70 la crescita di associazioni ed ONG fu lentissima, legata probabilmente alla

particolare natura del regime politico spagnolo in quegli anni. I cambiamenti

sociopolitici degli anni '80 furono determinanti e la fine del franchismo

significò la riattivazione di ogni tipo di gruppo sociale: tra l' '80 e l' '85 furono

fondate molte ONG anche grazie alla riorganizzazione strutturale a livello

nazionale che incrementò la possibilità di finanziamento e supportò anche

l'innalzamento del livello di consapevolezza della popolazione spagnola dopo

anni di atrofia. Un altra svolta importante in questi anni fu l'ingresso della

Spagna nella Comunità Economica Europea che diede maggiore supporto

finanziario alle ONG impegnate per lo sviluppo, questo provocò tra l' '86 e il

'90 l'accelerazione della registrazione delle ONGs che videro l'intensificarsi del

proprio lavoro e il rafforzamento del ruolo della “Coordinadora” (NGDO-EC

Liaison Committee, 1994, p.119). La “Coordinadora” è una struttura di

coordinamento attiva da quasi un decennio che nel 1986 costituì, tra le ONG

che ne facevano parte, un gruppo di lavoro sull'Educazione allo Sviluppo. La

prima preoccupazione per il gruppo EaS fu quella di elaborare una

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Page 42: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

dichiarazione nella quale fosse riassunto il punto di vista condiviso sul

concetto di Educazione allo Sviluppo: “The Coordinadora understands that

education is a continuous processo of socialisation of the individual. It

continues throughout life. It is open to change. It is an active and creative

process for all involved” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p. 119). Uno

degli obiettivi principali delle realtà impegnate nell'EaS fu identificato nel

raggiungimento della pace e della solidarietà tra tutti gli esseri umani. Questo è

il fine ultimo delle attività ed iniziative EaS che riguardano: l'organizzazione di

seminari, la pubblicazione di materiali, la promozione di campagne di

sensibilizzazione, la creazione di centri d'informazione. Nonostante i

cambiamenti sociopolitici che hanno permesso un notevole sviluppo delle

iniziative di cooperazione internazionale e di Educazione allo Sviluppo, il ruolo

dello stato spagnolo, è ancora marginale in quanto ha supportato lo sviluppo

di alcune iniziative ma non è stato in grado di svolgere un ruolo attivo

attraverso linee di finanziamento predisposte per le attività EaS. Nel contesto

spagnolo i Paesi Baschi sono quelli che stanziano maggiori fondi per la

cooperazione internazionale e che destinano una quota specifica per

l'Educazione allo Sviluppo.

Una situazione peculiare è quella della Germania ai tempi della guerra fredda.

L'esperienza delle due “Germanie” è singolare poiché è riassuntiva dell'intera

situazione europea. Nella Repubblica federale tedesca, sotto influenza

statunitense, proliferano le iniziative guidate dalle ONG basate, negli anni '50,

sulla raccolta fondi e, dagli anni '60 in poi, sulla sensibilizzazione e

l'Educazione allo Sviluppo. Nel 1969 fu fondato il centro comunale per

l'educazione degli adulti, uno dei più antichi della Germania destinato alla

formazione degli adulti riguardo il Sud. Il decennio successivo, l'euforia per la

pedagogia, portò ad un interesse per il settore formativo formale e si

concretizzò con la produzione di innovativi materiali didattici. In questi anni ci

fu anche un'ondata di informazioni sul cosiddetto terzo mondo che occupava

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un grande spazio televisivo, anche se, con immagini stereotipate. Diretta

conseguenza di ciò fu la proliferazione di gruppi che si costituirono in

associazioni per promuovere iniziative di solidarietà internazionale a favore dei

paesi poco sviluppati. Gli sviluppi degli anni '70 portarono nei successivi anni

'80 alla creazione di strutture di coordinamento, in vari campi e a tutti i livelli

dell'EaS, per mettere ordine alla confusione dovuta alla moltiplicazione delle

iniziative delle ONG e di altre realtà associative. Nel 1980 nacque la “Dritte

Welt Haus” (NGDO-EC Liaison Committee, 1994, p.45) una coalizione tra

diversi gruppi che lavorano per l'educazione dell'opinione pubblica per

innalzare il livello di consapevolezza su alcune tematiche sensibili. Nello stesso

anno si rafforzò il ruolo dell' “AEBO” (Arbeitskreis Entwicklungspolitischer

Bildungsund Offentlichkeitsarbeit), nato nel '78, come corpo sociopolitico che

mira ad essere uno spazio di scambio di informazioni riguardo le

problematiche nel campo dell'educazione (NGDO-EC Liaison Committee,

1994, p.46). Nella lunga tradizione della Germania ovest non è cambiata solo

la struttura delle attività promosse nel campo EaS, ma si è verificata anche

un'evoluzione a livello metodologico dedicando un'attenzione particolare al

contesto locale in relazione a quello internazionale e al target selezionato. Nella

Repubblica democratica tedesca, sotto l'influenza dell'Urss, la società civile

non ebbe grandi spazi per esprimersi. I primi gruppi per la solidarietà

internazionale nacquero tra gli anni '60 e '70 ma nel limitato conteso

parrocchiale e cattolico.

Nella Germania dell’est non era possibile lavorare a livello comunitario

influenzando l'opinione pubblica, interferire con il sistema educativo formale o

influenzare in qualche modo le politiche di sviluppo adottate dal governo. Si

può iniziare a parlare di Educazione allo Sviluppo solo dopo la riunificazione

delle due Germanie, poiché nella Germania dell'est il clima sociale e le

iniziative portate avanti dal governo contrastavano in modo netto i principi

stessi dell'Educazione allo Sviluppo: il governo aveva reso obbligatorie le

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Page 44: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

donazioni per il terzo mondo alienando, così, la popolazione che agiva in

modo del tutto incosciente. Questa pratica era in contrapposizione con il

concetto stesso di solidarietà che prevede l'esclusione dell'alienazione a favore

dell'empatia. Dopo la riunificazione i gruppi si costituirono in associazioni e,

seguendo l'esempio dell'esperienza dell'ovest, promossero iniziative orientate

all'opinione pubblica e rafforzarono il coordinamento “INKOTA” (NGDO-

EC Liaison Committee, 1994, p. 48) nato nel '78 e ora reso indipendente

dall'ambito cattolico. Il cambiamento politico significò molto per la società

civile che negli anni '90 vide il proliferarsi di associazioni che collaborano con

il Sud attraverso partenariati e gemellaggi. Il mondo associativo tedesco è lo

specchio dell'esperienza politica delle due Germanie, così come, l'esperienza

degli altri paesi Europei.

La rapida panoramica sull'Europa ci ha mostrato come l'Educazione allo

Sviluppo, anche se in tempi differenti legati alle strutture politiche vigenti, si è

affermata nei paesi europei approssimativamente nelle stesse forme e con le

medesime metodologie. L’EaS è un fenomeno relativamente nuovo e soffre

ancora oggi di mancanza di chiarezza circa il suo significato, la sua

interpretazione e la sua rilevanza che differisce da paese a paese. Non c'è una

definizione unica di “Educazione allo Sviluppo” e nella maggior parte dei

paesi il processo di definizione è ancora in corso con una differenza tra chi si

concentra sul suo aspetto formativo e punta l'accento sull'apprendimento e la

comprensione e chi, invece, ne sottolinea l'importanza come processo di

cambiamento e di riflessione. Le positive esperienze dei paesi che hanno creato

strutture di coordinamento per l'EaS sono d'esempio per l'intera Europa che, a

metà nel nuovo millennio, tenta di introdurre misure affinché sia soddisfatto

un requisito pan-europeo per introdurre l'EaS nel settore educativo formale e

nel settore informale, aumentando l'offerta statale di risorse per

professionalizzare gli operatori di ONG e sostenere l'EaS come il miglior

strumento per il cambiamento dell'opinione pubblica. Il Consenso europeo in

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Page 45: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

materia di sviluppo del 2005, approvato congiuntamente dal Consiglio

dell’Unione europea, dalla Commissione europea e dal Parlamento europeo

afferma:

A livello di Unione europea, i responsabili politici hanno rivolto

attenzione alle iniziative di sensibilizzazione e di Educazione allo

Sviluppo in diversi consessi e in varie dichiarazioni, sottolineando

l’importanza del lavoro svolto per promuovere valori europei

fondamentali quali la solidarietà, la tolleranza, l’inclusione, i diritti

umani e la democrazia, per potenziare l’indispensabile sostegno alle

iniziative internazionali di sviluppo e per assolvere le nostre

responsabilità morali di abitanti del pianeta. La sensibilizzazione e

l’Educazione allo Sviluppo contribuiscono entrambe in maniera

significativa a rafforzare il sostegno dei cittadini allo sviluppo.

Altrettanto importanti, tuttavia, sono le misure volte a soddisfare

l’esigenza della popolazione di acquisire uno spirito critico,

competenze e valori che le consentano di vivere un’esistenza piena

in un mondo interdipendente e in evoluzione. Iniziative di qualità

in materia di sensibilizzazione ed educazione contribuiscono a

soddisfare tali necessità (Commissione europea, 2005, p. 5).

Il Consenso europeo in materia di sviluppo riconosce l'importanza dell'EaS

ma è consapevole delle sfide da affrontare per raggiungere i suoi scopi: la

necessità di integrazione e di coordinamento, di nuovi strumenti finanziari e di

nuovi metodi di valutazione.

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Page 46: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

1.3 Teorie, metodologie e strategie

La società civile nell’era della globalizzazione è stata vittima di un forte attacco

da parte delle forze neoliberiste che, intente ad ampliare le proprie strutture,

provocano una riduzione degli spazi di socializzazione. La dinamica globale è

caratterizzata da una tendenza ad aumentare la frammentazione all’interno

della società, mentre estende ed incrementa la disuguaglianza e l’ingiustizia

provoca una ristrutturazione del potere a livello planetario che non ha fatto

altro che estremizzare le condizioni di povertà e, allo stesso tempo, quelle di

ricchezza incrementando la distanza tra ricchi e poveri, Nord e Sud, centri e

periferie, etc.: “Le Nazioni Unite (ONU) rilevano che, nel 1960, il 20 per cento

più ricco della popolazione mondiale godeva di un reddito 30 volte superiore

rispetto a quello del 20 per cento più povero ma, nel 1997, la differenza era

dell'ordine di 74 volte (UNDP, 1997). Il progetto globalizzazione è basato

sull'ingiustizia (McMichael, 2004 , p. 165). Probabilmente non è questa la sede

adatta per dedicarci all’analisi delle dinamiche economiche che regnano nei

tempi della globalizzazione, ma è sicuramente necessario descrivere

brevemente l’impatto sociale che il fenomeno ha avuto. E’ improprio definire i

cambiamenti sociali come prodotto dei mutamenti della sfera economica,

poiché si possono definire entrambi prodotti e produttori gli uni degli altri:

nessuna svolta a livello economico è avvenuta indipendentemente dal contesto

sociale e viceversa. La caratteristica principale riguardante le dinamiche sociali

nell’era globale è una tendenza spietata verso l’individualizzazione della società

civile.11 Il termine “società civile” si svuota completamente di significato visto

11 Tutte le organizzazioni che lavorano assiduamente in favore di un cambiamento politico e sociale possono essere considerate parti influenti della società civile. Il ruolo specifico di questi organismi, nelle democrazie moderne, è connesso con il diritto fondamentale dei cittadini di formare associazioni per perseguire finalità comuni, dimostrandosi le principali strutture della società al di fuori degli organi governativi e della pubblica amministrazione. Dunque, con il termine di società civile, si designa l’insieme di organizzazioni e associazioni che non fanno parte del mondo governativo, ma rappresentano il mondo del lavoro, i gruppi che condividono un medesimo interesse o determinati settori della società.

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che gli individui non sono considerati soggetti attivi che formano la società,

ma oggetti passivi isolati: “La modernidad pretendió que la cuestión del

conocimiento, la elaboración de una visión del mundo, fuera construida como

si no existiese sujeto, ni individual ni social, como si respondiese a entes

carentes de corporeidad, deseos, subjetividades, sueños, intereses, emozione

(…)” (Celorio, 2006, p. 31). Le ONG sono una componente chiave della

società civile che sta cercando di reagire alla paralisi della collettività,

sostenendo i nuovi movimenti sociali nati come reazione contro l’eccessiva

burocratizzazione, il corporativismo, la tecnocrazia che interferiscono in tutti

gli aspetti della vita e dell’esistenza.

In quest’ottica si inserisce l’Educazione allo Sviluppo come movimento di

socializzazione che si oppone alle forme dominanti che impongono stretti

confini alla società civile privandola di concetti, spazi e voci. L’Educazione allo

Sviluppo è una risposta da parte delle ONG per costruire una nuova socialità

sulle fratture che ha prodotto la globalizzazione e, dato che si rivolge all’ampia

sfera della società civile, è stato necessario osservare brevemente le vicende da

cui quest'ultima è stata travolta. Il primo obiettivo dell’EaS: “to produce

knowledgeable, informed, skilled and, above all, active responsible citizens”

(McGillicuddy, 2007, p. 3). L’Educazione allo Sviluppo mira a

responsabilizzare gli individui e a farli riflettere in modo critico sui processi

della loro vita, per poter così immaginare un futuro diverso e, soprattutto,

assumersi la responsabilità di azioni e decisioni in contrapposizione alla de-

responsabilizzazione che le dinamiche globali tendono ad affermare per poter

regnare incontrastate. Precedentemente è stata accennata l’interdipendenza tra

le vicende economiche e quelle sociali. Questa interdipendenza è chiarificatrice

delle tendenze del “nuovo” fenomeno di destabilizzare la solidità dell’impegno

sociale, affinché possano essere implementate le istanze del nuovo ordine

mondiale globalizzato che prosegue sulla scia dell’oppressione e della

marginalizzazione del potere decisionale collettivo ed esteso, a favore di un

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potere decisionale individuale e concentrato. L’ordine attuale per essere

percepito come tale, ci porta alla necessità di elaborare un nuovo sapere, di un

“otro saber” (Cleorio, 2006) utile alla comprensione dei diversi scenari che si

presentano ai nostri occhi, dei molteplici spazi e contesti. Un sapere locale ma

capace di comprendere la dimensione globale e le nuove tendenze in atto e che

si costruisca in forma comunicativa tra i soggetti del pianeta, completamente

svuotati del proprio ruolo sociale. L’identità e le aspirazioni, nella società

attuale, sono individuali e non collettive. E' continua la tendenza alla

smobilitazione sociale, alla reclusione nella sfera privata, alla delega e alla

passività dei cittadini che, in questo modo, perdono il contatto con la realtà e la

percezione della propria situazione. L’Educazione allo Sviluppo, come risposta

ai cambiamenti in atto nella sfera sociale, mira a realizzare un’azione educativa

generale che punta al recupero dell’identità collettiva e dello spazio di sviluppo

personale, utile ad ogni individuo per realizzarsi nella sua integrità.

La radice teorica dell’Educazione allo Sviluppo, nell’ultima forma in cui si è

presentata, come risposta all’emergenza culturale nel nuovo millennio e come

movimento di socializzazione, va ricercata nelle teorie del pedagogo brasiliano

Freire. Le teorie di Freire si sviluppano, negli anni '70, nel contesto brasiliano

che guida il pedagogo a riflettere sull'importanza del ruolo sociale dei

cosiddetti “oppressi” che sono privati del proprio diritto d'essere, poiché

completamente alienati dalla realtà in cui vivono. Gli “oppressi” assumono

atteggiamenti fatalistici riguardo all'interpretazione del proprio destino e

operano verso una continua svalutazione di se stessi. Nella sua “pedagogia

degli oppressi”, Freire, si riferisce agli oppressi come individui emotivamente

dipendenti che assumono posizioni passive ed alienate. Questa descrizione

combacia con la situazione odierna degli individui che compongono la società

civile e che sono privati della propria capacità d'azione e di decisione, in un

mondo in cui la delega del voto ha portato alla perdita totale del potere di

controllo e d'incidenza sulla realtà. Secondo l'autore la situazione di

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oppressione si regge grazie ad una pratica educativa che sostiene l'adattamento

continuo al mondo dell'oppressione e che produce un falso immaginario della

realtà. Dal testo emerge una descrizione dell'oppressione come situazione

concreta in cui gli individui vivono, non corrisponde ad una situazione

specifica ma, piuttosto, ad una situazione generale di esclusione e

marginalizzazione sociale che resterà tale finché l'oppresso non prenderà

coscienza della sua situazione. Freire utilizza il nuovo termine

“coscientizzazione”12 che si riferisce alla presa di coscienza profonda riguardo

alla propria condizione di vita. La “coscientizzazione” è una metodologia

fondata su un processo di riflessione critica sulla propria vita, sulle proprie

potenzialità e sugli ostacoli posti allo sviluppo di ogni singolo individuo. La

coscientizzazione mira a sviluppare una “coscienza critica” che sostituisca la

“coscienza naturale”: quella nel grado più elementare del suo sviluppo ancora

immersa nella natura che percepisce i fenomeni ma non è in grado di collocarsi

a distanza per giudicarli. Affinché gli individui possano considerarsi nella loro

forma pienamente umana devono avere la capacità di “coscienza critica” che

elabora la realtà in maniera personale, senza limitarsi ad accogliere gli

avvenimenti come fattori naturali, ma piuttosto, come prodotti dell'uomo.

Questa metodologia è alla base dell'Educazione allo Sviluppo che ha come

obiettivo la formazione di cittadini coscienti: che sappiano decifrare gli eventi

che li travolgono, che sappiano prendere parte attiva alle scelte e alle azioni che

influiscono sul proprio modo di vivere, che sappiano leggere con criticità la

realtà e che, insomma, si trasformino da sudditi/oppressi a cittadini attivi.

Quest'obiettivo si può ritenere raggiunto con successo se il risultato finale è

l'impegno dei cittadini per il cambiamento positivo. L'importanza ricoperta

12 Mi sembra opportuno riportare la spiegazione del termine Coscientizzazione del glossario del testo di Freire : “L'abbiamo preferito a "presa di coscienza" per indicare specificamente il metodo pedagogico che cerca di dare all'uomo l'opportunità di riscoprirsi attraverso la riflessione sul processo della sua esistenza. Lo stesso Freire, in un seminario tenuto nell'aprile 1970 a Roma, nel Collegio Latinoamericano, ha chiarito che coscientizzare è la presa di coscienza che si approfondisce, è lo sviluppo critico della presa di coscienza. (...)” (Freire, 2002, p. 202).

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dalle teorie di Freire risiede nel riconoscimento del ruolo dell'individuo di

determinare gli equilibri all'interno dell'ordine mondiale e della necessità di

rendere l'individuo cosciente di questo suo potere d'incisione. In quest'ottica,

l'autore, fa riferimento al concetto di “educazione emancipatrice” che fa luce

sulle contraddizioni del mondo umano a cui gli individui non possono più

adagiarsi e si basa su un processo di “ominizzazione” dell'uomo che così si

riscopre nella sua “forma umana”, come soggetto della storia.

L'Educazione allo Sviluppo si basa sulla metodologia della coscientizzazione

per raggiungere i suoi obiettivi principali, compresi nell'unico grande obiettivo

dello sviluppo. Per questo il termine sviluppo, inteso come miglioramento

delle condizioni di vita, viene affiancato dal termine educazione, inteso nel suo

più profondo significato di e-ducere che significa letteralmente condurre fuori,

quindi liberare, far venire alla luce qualcosa che è nascosto. Il ruolo

dell'individuo nella società non è un ruolo da costruire ma soltanto da

riconoscere per far si che diventi un ruolo attivo e positivo. Il percorso di

coscientizzazione non prevede la separazione tra colui che educa alla presa di

coscienza e colui che, invece, è educato; non c'è una separazione netta tra due

figure poiché entrambe sono allo stesso tempo educandi ed educatori che

partecipano con la stessa intensità al processo di formazione della coscienza

critica. Secondo Freire nessun individuo può essere istruito alla

coscientizzazione, ma può essere solo guidato a dubitare della coscienza allo

stato naturale che indebolisce la sua capacità di azione politica. Ogni individuo

partecipa attivamente al processo di coscientizzazione che altrimenti non

potrebbe avere luogo.

E' stata dedicata una piccola attenzione alle parti più salienti delle teorie di

Freire, senza un particolare approfondimento alle complesse dinamiche

descritte dall'autore nel famoso testo citato più volte, nel tentativo di

ricostruire l'identità teorica su cui si basa l'Educazione allo Sviluppo che,

evolvendosi, ha mostrato la molteplicità di aspetti che la costituiscono e la

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diversità di fonti a cui fa riferimento. La rilevanza del pensiero di Freire,

nell'ottica dell'Educazione allo Sviluppo, sta nella centralità del fenomeno della

creazione della coscienza critica e nella necessità di considerare la

partecipazione come elemento indissolubile del processo di coscientizzazione.

La coscientizzazione e la partecipazione sono i due fattori predominanti della

metodologia dell'Educazione allo Sviluppo per la creazione del “pensiero

critico”. Il “pensiero critico” è un altro concetto mutuato da uno dei più noti

pensatori del XX secolo, Edgar Morin, che nei suoi testi fa riferimento alla

necessità di riformulare il pensiero per rispondere attivamente alle sfide della

società contemporanea. Il “pensiero critico”13 deve essere capace di sostituire i

principi riduzionisti e semplicistici della conoscenza scientifica, con il principio

pascaliano che afferma l'impossibilità di conoscere le parti senza conoscere il

tutto, così come, è impossibile conoscere il tutto senza le parti. Morin prevede

un passaggio da un pensiero che isola e separa ad

un modo di pensare capace di interconnettere e solidarizzare delle

conoscenze separate è capace di prolungarsi in un'etica di

interconnessione e solidarietà tra umani. Un pensiero capace di non

rinchiudersi nel locale e nel particolare ma capace di concepire gli

insiemi, sarebbe adatto a favorire il senso della responsabilità e il

senso della cittadinanza. La riforma del pensiero avrebbe dunque

conseguenze esistenziali, etiche e civiche (Morin, 2008, p. 101).

Il “pensiero critico” è funzionale al cambiamento sociale che l'Educazione allo

13 Morin individua sette principi guida su ci si basa il “pensiero critico”: Il principio sistemico od organizzazionale Il principio ologrammatico Il principio dell'anello retroattivoIl principio dell'anello ricorsivoIl principio di auto-eco-organizzazioneIl principio dialogicoIl principio della reintegrazione del soggetto conoscente in ogni processo di conoscenza (Morin, 2008, pp. 96-99)

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Sviluppo mira ad ottenere con il coinvolgimento dell'intera società civile,

tentando di ricreare uno spazio in cui questa possa nuovamente riaffermarsi

attraverso la partecipazione alle vicende dell'era contemporanea. La

partecipazione non è praticabile se prima gli individui non sono capaci di

interpretare la realtà in cui vivono, per questo, l'Educazione allo Sviluppo si

presenta come strumento innovativo di interpretazione della realtà per porre le

fondamenta di un percorso che mira alla mobilitazione sociale per un

cambiamento positivo guidato dalla società civile planetaria. Dunque il

“pensiero critico” si pone alla base di ogni processo di cambiamento attivato

per la società e, allo stesso tempo, dalla società coscientizzata. Nel nuovo

millennio l'Educazione allo Sviluppo si è affermata come educazione per lo

sviluppo, processo più coinvolgente e partecipato che mira al miglioramento

delle condizioni di vita della società civile globale e cioè di tutta l'umanità.

Infatti l'Educazione allo Sviluppo, affermatasi nel nuovo millennio, è un

“processo culturale globale, in cui ogni cittadino è partecipe nella costruzione

di un nuovo ordine mondiale più giusto, equo e pacifico dell'attuale” (CIPSI-

FOCSI, 2001, p.20). La partecipazione alla costruzione del mondo, prevista

dall'Educazione allo Sviluppo, è strettamente legata alla consapevolezza degli

individui di essere parte integrante di questo mondo e, soprattutto, di essere

parte attiva in contrapposizione alla partecipazione indotta dalle istituzioni che

svuotano, così, il termine di significato. La strutturazione della democrazia

contemporanea considera gli individui parte passiva che delega ad altri la

responsabilità delle decisioni e così come la democrazia odierna non

presuppone più la partecipazione al dialogo e alle decisioni politiche, la

cittadinanza e l'essere cittadino non comporta più un processo di

coscientizzazione e di partecipazione dinamica alla vita sociale e politica della

propria quotidianità. In questo contesto bisogna continuamente ri-

concettualizzare il discorso democratico, la cittadinanza e gli spazi che

permettono di vivere la democrazia. Il concetto di partecipazione è

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Page 53: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

strettamente legato a quello di cittadinanza che riguarda la capacità delle

persone di partecipare individualmente e collettivamente all'amministrazione

delle istituzioni che condizionano la propria vita e di mettere in pratica il

controllo sull'esercizio di potere. Per contrastare la tendenza verso

l'individualizzazione della società contemporanea, l'Educazione allo Sviluppo,

si presenta come movimento critico di socializzazione che considera di vitale

importanza la connessione necessaria tra il singolo individuo e la società e

tenta, così, di ricostruire i ponti tra la vita pubblica e quella privata in una

dimensione di mondo interconnesso. Secondo Morin, in questa ricostruzione

di legami sociali, la democrazia svolge un ruolo chiave in quanto

La democracia permite la relación rica y compleja

persona/sociedad donde las personas y la sociedad pueden

ayudarse, desarrollarse, regularse y controlarse mutuamente. La

democracia se funda en el control del aparato del poder por los

controlados: En este sentido, la democracia es, más que un régimen

político, la regeneración continua de un bucle complejo y

retroactivo: los ciudadanos producen la democracia que produce

los ciudadanos (Morin cit. in Cortés, 2006, p. 60).

Concentrando l'attenzione nell'ambito dell'Educazione allo Sviluppo, la

costruzione di una coscienza dell'essere cittadino capace di prendere parte alle

decisioni e alle azioni che influenzano la vita quotidiana, diviene il fine ultimo

del processo di mobilitazione dell'individuo nella società globalizzata. E' ormai

condiviso dagli attori impegnati nell'Educazione allo Sviluppo che “guidare”

alla partecipazione e “rafforzare la capacità di controllo delle popolazioni sul

proprio sviluppo” (CIPSI-FOCSIV, 2002, p. 29) sono gli obiettivi primari. Con

un'attenta analisi delle dinamiche che caratterizzano i percorsi EaS si

percepisce che la partecipazione è anche la metodologia per eccellenza di

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questo processo educativo, aldilà del suo specifico ambito di applicazione.

Nella “Guida metodologica all'Educazione allo Sviluppo” realizzata da CIPSI-

FOCSIV sono individuate le due priorità della progettazione EaS: la ricerca di

visibilità e la costruzione della socialità. La ricerca della visibilità dell'EaS

riguarda l'impegno nel far emergere alla luce problematiche nascoste o

dimenticate, modelli di sviluppo alternativi e stili di vita improntati alla

solidarietà e alla sobrietà, mentre, la costruzione di socialità è strettamente

legata alla frammentarietà e all'individualità che regnano nella società

contemporanea e alla necessità di lavorare alla ricostruzione dei legami sociali e

di una democrazia diffusa. Le due strategie sono complementari per realizzare

quel cambiamento concreto nelle relazioni tra persone e comunità a livello

locale e globale. La progettazione EaS, e quindi la pianificazione di un

processo di Educazione allo Sviluppo, può riferirsi a diversi ambiti di

implementazione e la parola “educazione” che compone il termine può

confondere e far interpretare l'EaS come strumento utilizzato solo nell'ambito

limitato della formazione formale. Negli atti pubblicati durante il “III

Congreso de la Educaciòn para el Desarrollo”14, tenutosi nei Paesi Baschi nel

14 Il Congresso è inserito in un progetto più ampio chiamato “EducAzione” presentato in consorzio dalle seguenti organizzazioni: HEGOA (País Vasco) ACSUR -Las Segovias. (Madrid, Asturias) ASAL (Roma). Il Congresso del 2006 è stato preceduto da due altri eventi a livello europeo: il “I Congresso di Educazione allo Sviluppo” che si è tenuto nel 1990, l’obiettivo di questo primo congresso è stato di chiarire la messa a fuoco dell’Educazione allo Sviluppo, individuare gli agenti dell' EaS, scambiare esperienze pratiche. La convocazione è stata aperta per favorire gli agenti sociali che stavano lavorando nell’ambito dell’educazione allo sviluppo da diversi settori: insegnanti, ONG, movimenti di innovazione pedagogica e istituzioni. Nel 1996 c'è stato il “II Congresso di Educazione allo Sviluppo”, si realizzò in un contesto caratterizzato da un intenso dibattito circa il ruolo della trasversalità nei centri educativi e con la preoccupazione di stabilire contatti tra gli ambiti di educazione formale, non formale e informale. I dibattiti centrali si concentrarono sulle proposte della Riforma Educativa e sulle sfide di un’educazione allo sviluppo che tentava di: superare l’ambito limitativo delle linee trasversali, attraverso proposte con riferimento all’educazione globale, oltrepassare la pratica della sensibilizzazione per arrivare con messaggi critici agli spazi extra scolastici e ai mezzi di comunicazione. per analizzare i nostri discorsi e le nostre pratiche, per definire quali potrebbero essere le linee prioritarie e quali le chiavi che ci permettano di approfondire nella linea di un’educazione critica e trasformatrice. Nel 2006 si è tenuto il “III Congresso dell'educazione allo sviluppo” che ha avviato una riflessione sulle incertezze e sulle opportunità dell'era globalizzata con un'attenta analisi degli elementi che interagiscono e collegano il globale con il locale, si è tentato di ridefinire le dimensione dell'educazione allo sviluppo e le sfide che dovrà superare nel prossimo futuro

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2006, si sottolinea l'importanza del termine “educazione” che presuppone una

trasformazione dell'individuo e della società e si evidenzia il rischio di ridurre

l'Educazione allo Sviluppo unicamente all'azione formativa nell'ambito

formale. Gli stessi attori EaS cadono nell'errore della riduzione e della

semplificazione di uno strumento così ampio che permette di conciliare il

duplice impegno delle ONG a livello locale e globale. Negli atti del congresso

è evidente l'intenzione di sottolineare che questo riduzionismo deve essere

evitato affinché sia colta l'integrità dell'Educazione allo Sviluppo come

“Proceso educativo (formal, no formal e informal) constante

encaminado, a través de la adquisición de conocimientos, actitudes

y valores, a promover una ciudadanía global generadora de una

cultura de la solidaridad comprometida en la lucha contra la

pobreza y la exclusión así como con la promoción del desarrollo

humano y sostenible” (Carpio, 2006, p. 80).

Da questi documenti emerge una ridefinizione degli ambiti in cui l'EaS

interviene schematizzando attraverso l’individuazione di quattro dimensioni

principali:

- La sensibilizzazione;

- La formazione;

- La ricerca;

- La pressione politica e la mobilitazione sociale.

L'EaS è sensibilizzazione quando si presenta come un'azione di breve periodo

che tenta di indurre una riflessione sulle cause dell'esclusione sociale, a livello

locale e globale, e sulle strutture che la perpetuano. La sensibilizzazione è di

(http://www.hegoa.ehu.es/congreso/gasteiz/ita/index.htm) 55

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solito caratterizzata da un'azione di tipo puntuale che non permette di

analizzare in modo profondo le cause delle disuguaglianze e delle asimmetrie

che regnano nel mondo contemporaneo, ma è il primo passo per rompere “el

círculo vicioso de ignorancia-indiferencia-ignorancia” (Carpio, 2006, p.80). La

sensibilizzazione, inoltre, non può rientrare nell'ambito dell'Educazione allo

Sviluppo nel momento in cui si limita ad un'azione rivolta specificamente alla

raccolta fondi, in questo caso può essere considerata solo un mezzo al servizio

delle ONG per finanziarsi.

L'EaS è formazione quando è impegnata nella realizzazione di un percorso

educativo che intende formare rispetto a contenuti, abilità e valori; la

formazione può dirsi tale solo se prevede un'azione di medio - lungo periodo

rivolta ad un target specifico, ben identificato, su cui si adattano le diverse

metodologie educative. Essendo questo un processo di lunga durata permette

di approfondire l'analisi delle cause degli squilibri e dell'emarginazione sociale e

di elaborare una concreta proposta di cambiamento per una società più equa e

giusta. Questa dimensione dell'Educazione allo Sviluppo permette di

completare il ciclo “información-comprensión-acción” (Carpio, 2006, p. 81).

Mentre nella dimensione della sensibilizzazione c'è il limite dell'informazione

qui questo confine è superato dalla comprensione degli eventi che

caratterizzano il nuovo millennio, questa evoluzione dall'informazione alla

comprensione approfondita è il primo passo verso la coscientizzazione e la

promozione del cambiamento all'interno dei gruppi coinvolti nei percorsi

educativi.

La dimensione della ricerca è la parte chiave in un modello trasformatore che

mira a far luce sulle dinamiche del mondo contemporaneo e sulle opportunità

di cambiamento che ci offre. L'Educazione allo Sviluppo è ricerca perenne

sulle problematiche dello sviluppo che caratterizzano il Nord e il Sud del

mondo e, solo una profonda analisi del sistema attuale, permette l'elaborazione

di un sistema di sviluppo umano e sostenibile basato sulla cittadinanza globale.

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L'Educazione allo Sviluppo è pressione politica e mobilitazione sociale in ogni

suo aspetto. Questa dimensione è trasversale alle precedenti in quanto in tutte

le sue azioni, l'EaS, esercita una pressione verso il cambiamento e la

partecipazione all'azione politica attraverso una maggiore influenza sulle

decisioni riguardanti la vita di ogni cittadino. L'incidenza politica intende

influire sulle decisioni politiche pianificando proposte alternative orientate alla

realizzazione dello sviluppo umano. La pianificazione di queste proposte

richiede innanzitutto un lavoro di analisi seguito, poi, dalla mobilitazione

sociale successiva ad una intensiva azione di sensibilizzazione verso diversi

gruppi dell'opinione pubblica. Quest'ultima dimensione è onnicomprensiva

delle precedenti includendo in se l'EaS come sensibilizzazione, come

formazione, come ricerca ed analisi del mal sviluppo dei nostri tempi. E’

proprio in quest'ultima forma che l'Educazione allo Sviluppo può meglio

esprimersi come educazione per lo sviluppo e cioè movimento sociale di

cambiamento positivo orientato verso un nuovo equilibrio planetario gestito a

livello locale da ogni cittadino capace di prender parte alla gestione della

propria vita. In tutte le dimensioni in cui attualmente si configura l'Educazione

allo Sviluppo è previsto un totale coinvolgimento dei gruppi destinatari

dell'azione che, abbiamo visto, sono compresi nell'ampia sfera dell'opinione

pubblica in generale e nella sfera più specifica dei settori formativi (scuola,

università, centri di formazione). Durante la realizzazione di un percorso EaS

il target destinatario dell'azione non è considerato come un oggetto ma come

soggetto e, in quanto tale, portatore di saperi e di vissuti. Questa non è una

considerazione da dare per scontato considerata la diffusa abitudine nella

società contemporanea di ridurre gli individui a semplici oggetti neutri. In tutte

le fasi del percorso gli individui coinvolti esercitano il proprio diritto di

partecipare e la partecipazione è l'ingrediente essenziale per la riuscita del

percorso stesso. In quest'ottica bisogna interpretare la partecipazione nel

duplice ruolo di fine e mezzo dei percorsi EaS. Nell'ambito del DEEEP

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(Development Education Exchange European Project), in Europa il luogo

d'incontro per eccellenza delle ONG impegnate nell'Educazione allo Sviluppo,

è condiviso ampiamente l'utilizzo dell'innovativa metodologia a favore della

partecipazione: “L'OSDE” (Open Space for Dialogue and Enquiry). L'OSDE

nasce dall'idea che ogni individuo sia portatore di saperi validi e costruiti in un

determinato contesto e che per questo abbia il diritto di partecipare, inoltre,

prevede l'apertura di uno spazio senza limiti grazie al quale può avvenire un

dialogo aperto e costruttivo, considerando tutte le conoscenze soggettive e

quindi parziali, incomplete e valutabili. In questo spazio gli individui hanno la

possibilità di affermare, ma anche di riformulare, le proprie idee, di criticare le

proprie e le altrui prospettive cercando di pensare indipendentemente dai

modelli cui sono stati abituati. In generale, i soggetti coinvolti in un percorso

EaS, sono incoraggiati a non accettare in maniera “naturale” i modelli che gli

sono proposti per interpretare la realtà, ma sono invitati a leggerli in maniera

critica ed a elaborarne degli altri più adatti al contesto in cui vengono

presentati.

Mentre “partecipazione” è la parola chiave per quanto riguarda il

coinvolgimento attivo del target a cui si rivolgono le diverse azioni di

Educazione allo Sviluppo, il concetto di “partenariato” è centrale per quanto

riguarda la gestione e la relazione tra le ONG impegnate in azioni EaS ed altri

attori del territorio. Il concetto di “partecipazione” e quello di “partenariato”

sono complementari perché entrambi, anche se rivolti a soggetti differenti,

richiedono il coinvolgimento di tutti in ogni fase del processo per costruire

insieme una posizione di corresponsabilità verso il pianeta.

Il rapporto di partenariato indica un impegno congiunto - alla pari -

di tutti i partner che entrano in relazione, stabilendo un percorso

comune di lavoro e di crescita, reciproca e partecipata, per il

raggiungimento degli obiettivi stabiliti e condivisi. I partner

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condividono nell'ambito di questa relazione, rispetto e stima

reciproca, soprattutto il desiderio di rafforzare, attraverso il

confronto e il dialogo, la propria capacità di intervento e il loro

ruolo sociale (CIPSI-FOCSIV, 2002, p. 7).

Il concetto di “partenariato” ci riporta alla necessità della ricerca di socialità

individuata come finalità prioritaria della progettazione in campo EaS e ad un

rapporto di reciprocità, in alternativa alle sterili relazioni asimmetriche tra i vari

Nord e Sud del mondo e delle nostre città. E' per questi motivi che

l'Educazione allo Sviluppo può essere oggetto di diverse denominazioni: è uno

strumento delle ONG; è una metodologia educativa; è una metodologia

partecipativa e, allo stesso modo, è uno strumento di partecipazione per la

società civile; è un percorso di formazione, ma anche un movimento per

l'azione. Ciò che è veramente innovativo in questo percorso verso lo sviluppo

di - persone - società - paesi - non è l'obiettivo a cui tende, forse poco

attraente, ma piuttosto la presentazione di una nuova visione della realtà che

condiziona il modo di pensare, di elaborare, di progettare, di stare al mondo.

Il concetto di “partenariato” si è affermato, soprattutto, nel campo della

cooperazione con il Sud del mondo considerato non più come oggetto,

beneficiario di finanziamenti, ma come soggetto con il quale relazionarsi per

contrastare insieme l'esclusione sociale al Nord e al Sud.

Anche il concetto di EaS si è allargato per abbracciare, nel senso

latino di complexere, cioè ‘abbracciare la complessità’, anche il Sud,

e andare oltre la formazione e la sensibilizzazione che nasce nel

Nord e finisce nel Nord. Il risultato è stato l'approdo a un'idea di

EaS come approccio e metodo (trasversale tra Nord e Sud) per

promuovere a ogni parallelo e meridiano una cittadinanza

planetaria (CIPSI-FOCSIV, 2002, p. 26).

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Appunto l'Educazione allo Sviluppo va intesa nella sua complessità come

strumento, come metodologia, come strategia, nel senso più ampio come

approccio che caratterizza gli interventi delle ONG nelle società del Nord e

del Sud. Il nuovo paradigma nella progettazione di interventi EaS è

caratterizzato da un ruolo chiave del territorio, inteso come espressione delle

risorse della società civile locale, viene posto in primo piano “dando forma ad

una nuova forma di intervento: il progetto territoriale integrato” (CIPSI-

FOCSIV, 2002, p. 35). Il progetto territoriale integrato, che caratterizza gli

interventi educativi e sociali, prevede l'abbandono del vecchio bagaglio

culturale, imperniato di concetti gerarchici e di approcci top-down, per

l'acquisizione di nuovi concetti basati su un approccio bottom-up e che

portano alla proliferazione di processi di interdipendenza in sostituzione ai

vecchi processi di dipendenza che definivano il rapporto tra i diversi partner e

tra questi e i beneficiari. Al principio gerarchico verticale si sostituisce quello

della rete dove: i partner stabiliscono un rapporto di reciprocità attraverso lo

scambio di conoscenze, esperienze, cogestione dei momenti decisionali e di

verifica, e i destinatari ricoprono un ruolo cruciale in tutte le fasi della

progettazione, dall'ideazione alla verifica.

Alla struttura viene contrapposto e preferito il processo; alla

dipendenza l'interdipendenza tra i soggetti coinvolti. Il secondo

tipo di progetto valorizza la diversità superando la visione di

omogeneità. Il progetto flessibile ed aperto si contrappone a quello

rigido, immodificabile, chiuso (CIPSI-FOCSIV, 2002, p. 36).

L'integrazione dei soggetti che ruotano intorno al progetto in tutte le fasi

connotano i momenti del progetto dello spirito della “partecipazione”, per

questo si può parlare di:

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Page 61: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

- “progettazione partecipata” nella fase di ideazione;

- “intervento integrato” nella fase di attuazione;

- “valutazione partecipata” nella fase di valutazione.

La partecipazione a questo tipo di interventi fa del progetto stesso un luogo di

produzione di socialità e uno spazio di esercitazione della cittadinanza che non

va raggiunta al termine del progetto, ma va costruita durante il progetto: “Un

intervento di Educazione allo Sviluppo che si inquadra in questo schema è

intriso di un processo di crescita detto empowerment: attraverso di esso i

soggetti coinvolti accrescono la propria consapevolezza politica e sociale”

(CIPSI-FOCSIV, 2002, p. 38). La modalità di elaborare progetti di Educazione

allo Sviluppo è variata nel tempo andando nella direzione di trasformare la

singola azione educativa in progetto, per giungere poi alla campagna o al

programma. Negli ultimi anni la “campagna EaS” si è presentata come un

modo innovativo di concretizzare l'EaS e un modo diverso di concepirla che

si sviluppa attorno all'obiettivo di:

I. Mobilitare le popolazioni e tener conto maggiormente dei bisogni e

delle priorità per uno sviluppo equilibrato e sostenibile a livello

mondiale;

II. Rafforzare il ruolo e la posizione della società civile nei processi di

sviluppo;

III. Favorire lo sviluppo economico e sociale attraverso la

partecipazione dei cittadini (CIPSI-FOCSIV, 2002, p. 28).

Questo nuovo modo di progettare l'Educazione allo Sviluppo non si limita alla

semplice somma delle singole azioni ma al raggiungimento di obiettivi che

ruotano tutti attorno alla necessità prioritaria di democratizzare la società

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Page 62: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

attraverso l'informazione, la sensibilizzazione e la mobilitazione delle società

civili, al Nord e al Sud, per la creazione di uno sviluppo15, oserei dire,

partecipato. Una campagna EaS può intervenire su diverse aree poiché è

rivolta all'opinione pubblica in generale. Utilizza metodi partecipativi ponendo

le condizioni preliminari ad una reale partecipazione e ad una effettiva

condivisione di potere attraverso la diffusione delle informazioni, la

consultazione, la collaborazione. I procedimenti sopraindicati dipendono da

una scelta dei partner molto attenta che avviene attraverso l'indagine del

contesto territoriale: i potenziali attori di una campagna EaS possono essere

attori sociali, culturali ed economici, enti locali, ONG, associazioni, imprese,

università e scuola. “E' oggi comunemente riconosciuto che la partecipazione

degli attori decentralizzati è una condizione essenziale per ottenere uno

sviluppo duraturo” (CIPSI-FOCSIV, 2002, p. 29) poiché i meccanismi

partecipativi assicurano i vantaggi derivanti da una migliore identificazione dei

bisogni e della realtà, da un maggior controllo dell'adeguatezza delle azioni, da

una maggiore trasparenza, equità e solidarietà. Le forme di concretizzazione

dell'EaS si affermano come nuovi strumenti che mirano a rafforzare la

capacità di controllo delle società civili sul proprio sviluppo e sul proprio

modello di vita: “E' proprio quest'ultimo concetto che deve animare una

campagna di Educazione allo Sviluppo: rafforzare le capacità delle popolazioni

alla base, affinché esse possano influire sulla politica e produrre dei

cambiamenti nella società. In tal modo si contribuisce alla democratizzazione

della società” (CIPSI-FOCSIV, 2002, p. 29). Nell'ultimo decennio l'EaS è stata

vincolata sempre di più alle grandi campagne d'incidenza politica che

intendono trasformare la protesta in proposta, pianificando i cambiamenti

realizzabili in brevi periodi e non solo incentrate sulla critica radicale al sistema

globale. C'è un'integrazione sempre maggiore tra la ricerca-analisi, la

mobilitazione sociale, l'azione sociopolitica e la formazione, facilitando così il

15 Continuo ad usare il termine sviluppo secondo quella che è la sua accezione più ampia che si riferisce al cambiamento in positivo della società planetaria.

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Page 63: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

rafforzamento dell'approccio complesso dell'Educazione allo Sviluppo. Le

ONG impegnate in quest'ambito, grazie al potenziamento del lavoro in rete,

hanno adottato una serie di strategie d'intervento comuni che riguardano: la

promozione dell'integrazione dei movimenti del Sud nel discorso EaS, lo

stabilimento di documenti di autoregolazione e di promozione di norme di

condotta, la diffusione dell'uso di mezzi di comunicazione di massa e

l'integrazione dell'EaS nell'educazione formale. I già accennati atti del “III

Congreso de la educacion para el desarrollo” fanno riferimento, nella parte

conclusiva, ad un ripensamento ulteriore dell'EaS affinché sia letta nella sua

multidimensionalità e, cioè, nelle sue quattro configurazioni della

sensibilizzazione, della formazione, della ricerca e della mobilitazione sociale.

In tutte queste dimensioni troviamo quell'integrazione tra la ricerca-analisi, la

mobilitazione sociale, l'azione sociopolitica e la formazione e, quindi, il

rafforzamento dell'impatto dell'Educazione allo Sviluppo che mira alla

socializzazione e al cambiamento. In questo senso l'EaS, come processo di

cambiamento della percezione nella nostra società dei modelli di sviluppo,

diviene una strategia essenziale della cooperazione che contribuisce:

- Alla coscientizzazione sociale;

- Alla formazione degli attori delle ONG;

- All’analisi critica delle azioni di cooperazione delle ONG;

- All’aumento di consapevolezza della propria responsabilità nel lancio di

un processo di sviluppo sostenibile.

I progetti di cooperazione hanno come obiettivo il cambiamento del Sud senza

nessuna modifica delle strutture del Nord che condizionano lo sviluppo delle

popolazioni dell'emisfero opposto. Invece, la strategia innovativa

dell'Educazione allo Sviluppo, ha come obiettivo il ripensamento del sistema

che regna al Nord, mira al cambiamento positivo, per poter rendere possibili e

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Page 64: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

duraturi i miglioramenti al Sud e per non rendere effimeri i progetti sul

campo.

La E.D. es una de las vías de ‘reflexión-acción’ crítica que propone

globalizar la solidaridad,la interculturalidad y la cooperación como

alternativas a la mundialización de la pobreza, al pensamento único,

al determinismo cultural, a la competencia ilimitada y a la

insolidaridad (Argibay e Celorio, 2005, p. 50).

In quest'ottica l'EaS si presenta come una strategia essenziale della

cooperazione allo sviluppo nel Sud e nel Nord del mondo e affianca la

sensibilizzazione, la ricerca e la pressione politica. Affianca la sensibilizzazione,

ma è ben distinta da essa, anche se molte volte si confondono perché la

sensibilizzazione è il primo passo dell'Educazione allo Sviluppo. L’EaS è

un'azione di lungo periodo che mira alla formazione critica, attraverso l'utilizzo

di metodi pedagogici, per eliminare i pregiudizi e creare una coscienza critica

della società civile; privilegia come target il settore della formazione, le

istituzioni pubbliche e gli attori di cooperazione e il messaggio finale che

elabora si contraddistingue per l' integrità che lo caratterizza intendendo

provocare il dibattito e il cambio di prospettive. La sensibilizzazione, invece, è

un azione puntuale che non vede lo sviluppo del suo messaggio nel tempo ed

è rivolta all'opinione pubblica, di solito, attraverso i mezzi di comunicazione di

massa. La ricerca, nel senso dell'analisi approfondita della realtà in

contrapposizione alla semplificazione che ne viene fatta, è un'altra strategia

della cooperazione e può essere anch'essa inclusa negli elementi essenziali

dell'EaS che guida alla mobilitazione sociale. La mobilitazione sociale punta a

realizzare una maggiore pressione politica, individuata come ulteriore strategia

degli attori di sviluppo, per aprire la strada alle possibili alternative al pensiero

unico.

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Page 65: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

La E.D. investiga, analiza, ofrece formación, procura desarrollar

capacidades y generar actitudes que habiliten para la práctica

responsable de la solidaridad. La sensibilización, informa sobre un

aspecto concreto y puntual. La presión política incide sobre las

políticas de actuación del Norte en los países del Sur. La

investigación por otro lado es un elemento primordial, el

fundamento de la Educación para el Desarrollo, a la que dota de

contenidos y saberse, aunque igualmente diferenciado de la misma

(Argibay e Celorio, 2005, p. 51).

L'EaS, nella sua complessità, comprende in sé tutte le strategie di cooperazione

rivolte al Nord e con un notevole impatto al Sud: la sensibilizzazione, la ricerca

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Page 66: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

e l'azione politica che sono sia fasi che espressioni dell'Educazione allo

Sviluppo.

1.4 Forme, contenuti, educazioni

Recentemente gli attori dello sviluppo hanno condiviso l'idea che l'Educazione

allo Sviluppo sia il meccanismo più solido per promuovere la solidarietà e il

cambiamento nella società civile planetaria. Le espressioni dell'Educazione allo

Sviluppo sono molteplici e variegate: la campagna di divulgazione

generalizzata, l'informazione rigorosa, la ricerca e la formazione intese nel

duplice ruolo di fine e mezzo per una cooperazione solidale. Queste attività

non si escludono reciprocamente ma s'integrano nell'ottica del cambiamento

sociale. La multidimensionalità con cui si configura l'Educazione allo Sviluppo

rende difficile una giusta identificazione di ciò che realmente può essere

definito come tale, infatti, se le espressioni sono molteplici solo l'obiettivo

generale, e cioè la promozione della trasformazione sociale, ci permette di

tracciare una sottile linea di confine tra ciò che è e ciò che non è Educazione

allo Sviluppo. Uno studio condotto nel 2005 nei Paesi Baschi, “La Educacion

para el Desarrollo”, definisce l'Educazione allo Sviluppo un processo di

formazione e ricerca, in forma progressiva, attraverso un'educazione interattiva

basata sulla riflessione permanente che permette di modificare pregiudizi e

percezioni falsate della realtà. Un processo che non può essere ridotto alla

singola azione educativa isolata e decontestualizzata che contraddice gli stessi

principi dell'EaS poiché non permette l'avviamento di percorsi di riflessione

utili per la trasformazione. Dallo studio emerge, inoltre, come l'Educazione

allo Sviluppo sia complessa e non semplificatrice in quanto evita di dare

risposte affrettate e meccanicistiche ai grandi interrogativi della realtà,

piuttosto, esamina in profondità e tenta di proporre molteplici prospettive,

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analizza problematiche controverse. M. Argibay e G. Celorio, nel documento

già citato, definiscono l'Educazione allo Sviluppo controversa perché utilizza

nelle interpretazioni della realtà prospettive culturali distinte e contraddittorie,

generatrici di dubbi piuttosto che di certezze. Non è monolitica ma flessibile e

riflessiva rifiutando argomenti senza alcun fondamento concreto e ideologico.

E' oramai superata l'idea di Educazione allo Sviluppo come informazione sul

mal sviluppo del Sud basata su di una visione endogena dei problemi delle

diverse realtà sociali. Quest'idea è stata sostituita da un EaS intesa come

informazione sul mondo che si occupa di trovare le connessioni tra i

fenomeni, di dare una visione olistica e di mostrare le mutue relazioni tra il

globale e il locale. Le iniziative di Educazione allo Sviluppo possono essere

definite tali quando non si limitano a presentare lo sviluppo come il grande

problema insuperabile, secondo una visione deterministica di una realtà

apparentemente immutabile che produce soltanto una promozione

dell'indifferenza e del pessimismo. Un vero processo EaS analizza con sguardo

attento la realtà, osserva il problema del mal sviluppo, per proporre soluzioni

che rispettino la diversità realizzando un processo di sviluppo equo. Per

quest'orientamento l'Educazione allo Sviluppo, non è incentrata solo sui

problemi, ma orientata ad un educazione all'analisi e alla propositività.

Un'Educazione allo Sviluppo intesa in questo modo comprende una serie di

iniziative rivolte a diversi soggetti:

• all'opinione pubblica generalizzata, come le campagne all'interno delle

quali si realizzano diverse attività di coinvolgimento (gemellaggi tra

città, associazioni, scuole etc.);

• all'ambito educativo, come progetto educativo che organizza il

curriculum scolastico e come formazione dei nuovi educatori;

• agli operatori di sviluppo, come la promozione di buone pratiche di

partecipazione e il sostegno a centri di documentazione con la

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Page 68: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

realizzazione di studi specialistici e dossier.

Quest'ultima categoria, a cui l'Educazione allo Sviluppo si rivolge potrebbe

esser rafforzata grazie ad un utilizzo più incisivo dell'approccio EaS per

superare i limiti più visibili sul piano comunicativo, sul piano culturale e sul

piano formativo.

Il piano comunicativo è particolarmente delicato per un operatore di sviluppo

che attraverso la comunicazione riflette e, allo stesso tempo, costruisce i suoi

segni d'identità, le sue credenze e le percezioni che ha di se stesso e del suo

partner. Attraverso l'Educazione allo Sviluppo è possibile promuovere un

modello di comunicazione partecipativo capace di costruire relazioni

simmetriche e democratiche tra gli attori in campo, la comunicazione è per le

ONG non solo il mezzo di diffusione di messaggi ma anche lo spazio di

costruzione della solidarietà. Anche sul piano culturale, l'approccio complesso

dell'Educazione allo Sviluppo, contribuirebbe alla decostruzione degli

stereotipi che sostengono l'idea secondo cui il modello occidentale sia giusto e

indiscutibile, a favore di una presa di coscienza di altri codici di pensiero e di

altri modelli possibili. Per quanto riguarda il piano formativo degli operatori

delle ONG è indiscutibile l'apporto dell'EaS come strumento pedagogico di

formazione degli attori di sviluppo che, nel loro ruolo di promotori del

cambiamento sociale, è importante che siano dotati di determinate capacità

pedagogiche. Il piano comunicativo, quello culturale e quello formativo sono

gli spazi in cui una presenza maggiore dell'Educazione allo Sviluppo

garantirebbe la realizzazione della democratizzazione necessaria per il

raggiungimento degli obiettivi di sviluppo: decifrare con i giusti strumenti le

problematiche dell'era contemporanea, sviluppare una coscienza critica nella

società civile e generare pratiche solidali.

L'Educazione allo Sviluppo, come processo di trasformazione, implica

l'attivazione di una molteplicità di percorsi che comprendono numerose

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Page 69: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

tematiche di grande rilevanza nel nostro secolo: esclusione, povertà,

cambiamento, oppressione, sfruttamento, disuguaglianza, diversità. Più che di

contenuti di Educazione allo Sviluppo, indefinibili come le attività, nell'ambito

del DEEP (Development Education Exchange Europe Project) si è scelto di

parlare di parole chiave16 che attraverso l'EaS vengono reinterpretate.

Nell'ottica dell'Educazione allo Sviluppo il concetto di inclusione ed esclusione

riguarda non più la questione dell'avere e del non avere beni materiali,

piuttosto, la questione è avere o non avere un posto nella società, avere

l'accesso all'informazione, alla conoscenza e alla partecipazione. In questo

senso la battaglia contro la povertà deve essere condotta come battaglia contro

l'esclusione e a favore dell'inclusione all'interno della società.

In DE, social inclusion, together with actions and policies to

promote it, is considered a cornerstone in education in both the

North and the South. We must be careful that the methods used in

education and awareness-raising are tools for social inclusion and

cohesion, and not for discrimination (DEEEP, 2005, p. 36).

Un’altra parola chiave è la povertà il cui contenuto si estende, dalla mancanza

dei beni di prima necessità, alla totalità della qualità della vita che comprende

anche il livello di istruzione, alimentazione, salute, etc. Nell'ottica EaS è

interpretata secondo un approccio qualitativo che supera la sterile

interpretazione del concetto basata sulla quantità. E' ampiamente condiviso

che i processi di Educazione allo Sviluppo mirano al cambiamento radicale

delle strutture economiche, sociali e politiche della società planetaria che

16 Nella “pedagogia degli oppressi”, Freire, utilizza il termine “temi generatori” per indicare quell'insieme di idee, concezioni, speranze e valori che caratterizzano una determinata epoca, questi temi sono definiti generatori poiché si sdoppiano in innumerevoli altri temi. Esiste una similitudine tra i “temi generatori” e le “parole chiave” dell'Educazione allo Sviluppo intese, appunto, come parole che riassumono in sé le dinamiche della società attuale e che è necessario reinterpretare attraverso una visione che connette, invece di separare, insite nell'approccio olistico dell'Educazione allo Sviluppo.

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producono situazioni di esclusione e povertà. Il cambiamento cui mira l'EaS è

condotto dalla società civile, per se stessa, ed è successivo alla presa di

coscienza delle sue potenzialità al fine di guidare un miglioramento delle sue

condizioni. Secondo l'approccio EaS, che dimostra le connessioni tra le

questioni strutturali globali e le politiche nazionali e locali, il cambiamento è

radicale poiché, anche se prodotto a livello locale, le sue ripercussioni saranno

globali e strutturali. Si tratta di un cambiamento della percezione della realtà

che faccia luce sulle situazioni oppressive, generate dall'esclusione, e che apra

la strada all'implementazione di nuove strutture più eque e solidali che non

lascino spazio a condizioni di sfruttamento.

Un altro concetto chiave nell'EaS è la disuguaglianza in contrapposizione al

concetto di diversità. Il primo è un concetto negativo che esprime le

asimmetrie che regolano l'accesso ai beni materiali e ai diritti, si tende alla

riduzione delle disuguaglianze favorendo il senso di giustizia come parte

integrante della società. Il secondo è un concetto positivo che l'Educazione

allo Sviluppo valorizza attraverso la promozione della ricchezza insita nella

diversità e del dialogo come motore di sviluppo.

La scelta di non fare una lista dettagliata degli argomenti propri

dell'Educazione allo Sviluppo è legata alla sua grande flessibilità e al suo ampio

raggio d'azione, è una metodologia pensata per essere applicata globalmente il

che significa che essa deve essere tale da potersi adattare a un'ampia serie di

contesti, paesi e culture diversi, sistemi e bisogni educativi differenti. I concetti

e il processo di apprendimento sono una base sulla quale insegnanti, educatori,

membri di associazioni giovanili, etc. possono costruire il loro contenuto a

partire da bisogni e contesti specifici. L'approccio olistico dell'EaS si basa

sull'approfondimento di diversi concetti e contenuti e la stessa “Educazione

allo Sviluppo” contiene in sé innumerevoli “educazioni” necessarie alla

comprensione delle interconnessioni della realtà: l'educazione allo sviluppo,

l'educazione alla cittadinanza, l'educazione ambientale, l'educazione alla pace,

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l'educazione ai diritti umani, l'educazione all'intercultura, etc.

L'Educazione allo Sviluppo, in questo caso intesa come una delle “educazioni”

e non come metodologia o strumento, ha fatto i suoi primi passi nel clima di

ottimismo degli anni '60 e si riferiva inizialmente ad un modello di sviluppo

tipicamente occidentale che confidava nella crescita economica come

soluzione a tutti i problemi. Passata attraverso critiche radicali ai modelli di

sviluppo, pone oggi, come oggetto di lavoro principale, la questione della

sostenibilità, della cooperazione internazionale e dello sviluppo umano.

L’Educazione allo Sviluppo si propone un’esplorazione critica delle relazioni

tra il Nord e il Sud del mondo, caratterizzate da enormi squilibri nelle

distribuzione delle risorse, dalla sistematica violazione dei diritti umani e da

una diffusa ingiustizia sociale e ambientale. Intende fornire chiavi di lettura per

leggere la complessità della realtà attuale, basate su una visione del mondo

come insieme interconnesso di comunità differenti. In opposizione alla

globalizzazione economica propone un forte concetto di mondializzazione.

L'Educazione alla Cittadinanza cerca di proporre in primo piano le qualità

necessarie per un senso di cittadinanza e coesione sociale che includono il

senso del bene comune, la capacità e le potenzialità del dialogo nel rapporto

con gli altri, la confidenza verso atteggiamenti di lealtà ed onestà. Il problema

dell'esercizio della cittadinanza richiede interventi e responsabilità che non

possono essere demandati solo alle pratiche educative, infatti, coinvolge le

scelte politiche dei governi, le forze imprenditoriali, il condizionamento dei

mezzi di comunicazione che propongono modelli standardizzati e acritici.

Secondo le indicazioni del Consiglio d'Europa17 in seno all'“Education for

17 Il Consiglio d'Europa ha proclamato il 2005 “Anno europeo della cittadinanza democratica, attraverso l'educazione”. Obiettivo di tale celebrazione è quello di richiamare l'attenzione dei paesi europei sull'esigenza di fornire a tutti i cittadini le conoscenze e le competenze utili perché possano svolgere un ruolo attivo nei contesti sociali in cui sono inseriti. L'Anno europeo della cittadinanza attraverso l'educazione incorona otto anni di sforzi del Consiglio d'Europa per definire dei concetti, delle politiche e delle strategie per l'applicazione delle buone pratiche in materia di educazione alla cittadinanza democratica (ECD). Nel 2002, una raccomandazione del Comitato dei Ministri fissa linee guida, metodi e obiettivi delle riforme e delle politiche che gli stati devono adottare allo scopo di formare dei cittadini capaci di sostenere già da domani il

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democratic citizenship e social cohesion” ci sono alcune strategie politico-

educative in supporto alla pratica dell'educazione alla cittadinanza: definire i

valori che stanno alla base della coesione sociale; valorizzare l'esperienza

informale dei soggetti per passare dalla concezione di “access to”, che

sottolinea il permesso e l'opportunità a quella di “being capable”, dell'essere

capace di, che sottolinea le potenzialità del dinamismo interno del soggetto;

coinvolgere la società civile e le sue forze per la realizzazione del “community

development” basato su forme di partenariato tra i diversi gruppi che

compongono la società civile. L'Educazione alla Cittadinanza, cui ultimamente

è stato aggiunto l'aggettivo attiva poiché, a quanto pare, non basta essere

cittadini per praticarla, non si limita ad un informazione sui diritti e doveri ma

mira all'acquisizione del senso di appartenenza alla comunità locale e

planetaria, e di un nuovo senso di responsabilità nei confronti dei beni comuni.

La tutela e la promozione dei diritti rappresenta l’agire concreto, lo strumento

della cittadinanza attiva per promuovere la difesa, la diffusione e la costruzione

dei beni comuni.

L'Educazione Ambientale, nata come informazione sui problemi ambientali si

definisce oggi come un’educazione orientata alla società sostenibile, ad una

società che sarà capace di soddisfare i suoi bisogni senza pregiudicare la

possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri. L'Educazione

Ambientale è strettamente legata al concetto di sviluppo sostenibile che

progetto democratico europeo. Il Consiglio d'Europa lancia “l’Anno europeo della cittadinanza democratica, attraverso l'educazione” per incoraggiare l'applicazione concreta delle promesse dei responsabili politici che si sono impegnati ad adattare la raccomandazione ai sistemi educativi dei loro rispettivi stati. La conferenza per il lancio dell'“Anno europeo della cittadinanza democratica, attraverso l'educazione”, organizzata a Sofia (Bulgaria) il 13 e 14 dicembre 2004, ha segnato l'inizio di un piano d'azione che punta a responsabilizzare sia i decisori a livello ministeriale che i capi degli istituti e i presidi delle università, gli insegnanti, i formatori, i responsabili dei progetti educativi e le ONG. “L'Anno europeo della cittadinanza democratica, attraverso l'educazione”, organizzato in maniera decentralizzata, sarà segnato da numerose attività e avvenimenti nei diversi stati europei. Offrirà inoltre delle opportunità di scambio relative a pratiche innovatrici tra professionisti, e di sensibilizzare il grande pubblico alle questioni della cittadinanza democratica. Delle partnership tra i differenti settori del Consiglio d'Europa, ma anche tra il Consiglio d'Europa e altre organizzazioni internazionali come l'Unione europea, l'Unesco, l'Osce, ecc., permetteranno inoltre di ottenere dei risultati concreti negli stati membri del Consiglio d'Europa. (www.coe.int)

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propone un modello di crescita tale da non recare ulteriori danni sociali ed

ambientali, un processo di emancipazione che garantisca il miglioramento delle

condizioni di vita, dell'ambiente e dell'uomo, e che duri nel tempo. La crisi

ecologica al centro del dibattito sullo sviluppo pone l'educazione ambientale in

primo piano, gli studi sui limiti di uno sviluppo orientato allo sfruttamento

sistematico delle risorse naturali e umane sono diffusi e rendono urgente la

ricerca di un nuovo equilibrio tra la soddisfazione dei bisogni della

popolazione e la preservazione di un ecosistema ormai fin troppo fragile.

L'Educazione Ambientale mira all'informazione sulla scarsità delle risorse e

alla comprensione della stretta interrelazione tra gli ecosistemi naturali e della

responsabilità di ogni cittadino del pianeta di contribuirne alla distruzione o

agire per la preservazione degli stessi.

L'Educazione alla Pace si è sostituita negli anni all'educazione internazionale,

che ha caratterizzato i primi decenni del secondo dopoguerra, come necessità

di uscire dai rapporti angusti tra i popoli a favore dell'unità del genere umano.

Questo passaggio non si limita ad una semplice sostituzione dei termini ma

implica l'allargamento del campo di quest'educazione. L'Educazione alla Pace

si costruisce attorno al concetto di “pace positiva”, che non si limita all'assenza

di guerra, ma alla promozione di una dimensione di pace che regola i rapporti

personali e quelli tra nazioni; si parla anche di educazione alla gestione dei

conflitti intesa come capacità di so-stare nelle situazioni conflittuali

ricercandone trasformazioni non violente.

L'educazione alla pace è anche strettamente collegata all'Educazione ai Diritti

Umani, necessaria in una situazione in cui viviamo una perenne violazione

degli stessi, non solo in situazioni di guerra ma anche di pace apparente. Per

questo l'educazione ai diritti umani punta all'azione verso qualsiasi forma di

esclusione e di violenza che gli esseri umani subiscono in un mondo in cui la

vita è regolata dalle forze del mercato e dalla legge del profitto che crea

situazioni di forti privazioni dei diritti e della dignità umana.

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(…)la injusticia y la desigualdad, la pobreza y la ausencia de

condiciones de vida dignas para la mayoría de la humanidad, son

consecuencia de un determinado modelo de desarrollo que

antepone el beneficio y el lucro al valor de la vida humana. En este

sentido, la educación para la paz y los derechos humanos se

convierten en ejes primordiales de un enfoque pedagógico que

apuesta por el aprendizaje de la gestión y resolución de conflictos y

que ve en la extensión y práctica de los derechos humanos uno de

los pilares primordiales para la consecución de un desarrollo

humano justo y equitativo para todos los pueblos (Argibay e

Celorio, 2005, p. 82).

L'Educazione Interculturale, probabilmente la più recente delle educazioni, è

nata dall'esigenza indotta dai processi migratori che hanno segnato il pianeta

negli ultimi anni. Il dibattito attuale ha chiarito che l’educazione interculturale

non è solo un insieme di attenzioni e di pratiche da applicare nei confronti

delle comunità di migranti o con gli studenti stranieri; è invece uno strumento

fondamentale per la formazione dei cittadini del nostro tempo perché educa

alla consapevolezza critica della propria identità, all’attenzione agli altri, alla

curiosità e al rispetto verso la diversità, al riconoscimento dell’incontro e dello

scambio come strumento di crescita individuale e collettiva. I movimenti di

persone da un paese all'altro rendono necessario escogitare ed applicare

politiche di accoglienza, di diffondere una cultura che colga la diversità come

ricchezza e renda possibile l'integrazione tra i diversi soggetti che

compongono le società per la creazione di una nuova identità comprensiva

delle identità plurime.

Le “educazioni” descritte sono solo delle forme che arricchiscono l'approccio

olistico dell'Educazione allo Sviluppo e l'integrazione delle diverse educazioni

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è necessaria per un approccio amplio che considera le interconnessioni della

realtà. L'Educazione allo Sviluppo, l'Educazione alla Pace, l'Educazione ai

Diritti Umani, l'Educazione alla Cittadinanza, l'Educazione Ambientale e

l'Educazione all'Intercultura costituiscono solo alcuni dei principali assi sui

quali s'intende immaginare e poi realizzare un modello di sviluppo alternativo.

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CAPITOLO II

“L'EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO ED I SUOI LUOGHI”

2.1 L'EaS e l’educazione: le radici ideologiche e teoriche dell’EaS come processo educativo

Per comprendere a fondo il ruolo dell'Educazione allo Sviluppo è stato

indispensabile analizzare il concetto di sviluppo, da cui è fortemente dipesa la

definizione dello scopo principale dell'EaS. E’ altrettanto necessario rivolgere

l'attenzione al termine “educazione”, altro concetto fondamentale dell’EaS, per

poter aver un quadro chiaro della sfera d'azione di questo innovativo

meccanismo di promozione di solidarietà e sviluppo. La parola “educazione”

nella definizione di questa metodologia può condurre al rischio di ridurre l'EaS

all'azione formativa e unicamente all'ambito formativo formale. Questo

riduzionismo rende incapaci di leggere l'EaS come un complesso processo

educativo formale, informale e non formale. In questo contesto non bisogna

confondere il termine “educazione” con quello di “formazione”18: è necessario

distinguere ed aver chiaro il significato originario del termine analizzato.

Etimologicamente tirar fuori, educere, come fa la levatrice che tira

fuori il bambino, aiuta. (...)Si intende il processo attraverso il quale

l'individuo riceve e impara quelle particolari regole di

comportamento che sono condivise nel gruppo familiare e nel più

ampio contesto sociale in cui è inserito (Corradini, 2009).

L'EaS si riferisce al concetto di educazione proprio nel senso di “condurre

18 In ambito pedagogico è un processo complesso di trasferimento di contenuti e metodi per fare acquisire alle persone livelli intellettuali, culturali e spirituali sempre maggiori.

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fuori, liberare, far venire alla luce ciò che è nascosto”, in quest'ottica

l'educazione deve essere intesa come trasformazione dell'individuo. Questo

non è decisamente il luogo adatto per riflettere sull'etimologia delle parole, ma

la storia ci insegna il potere dell'ambiguità dei termini e quindi non si può

continuare un discorso sull'Educazione allo Sviluppo se prima non si

comprende il significato dei concetti a cui si riferisce e che, allo stesso tempo,

la definiscono. Il significato del termine “educazione” abbracciato dall’EaS è

ben espresso dalle parole di Bernard Chariot:19

E’ il processo attraverso il quale un piccolo della specie umana,

imperfetto, sprovvisto degli istinti e capacità che gli

permetterebbero di vivere da solo, si appropria, grazie alla

mediazione degli adulti, di un patrimonio umano di saperi, di

pratiche, di forme soggettive, di opere. Questa appropriazione gli

permette di diventare, contemporaneamente, e nello stesso

movimento: un essere umano, il membro di una società e di una

comunità e un soggetto singolo, assolutamente originale.

L’educazione è un triplo processo di umanizzazione, di

socializzazione e di singolarizzazione. Questo processo non è

possibile se non attraverso l’appropriazione di un patrimonio

umano. Questo significa che l’educazione è cultura, e che lo è in tre

sensi che non devono essere dissociati (cit. in Invernizzi, 2005,

p.16).

L’azione educativa dell’EaS punta al recupero dell’identità collettiva e dello

spazio di sviluppo personale che ogni individuo dovrebbe avere. Interpretato

in questo senso il concetto di “educazione” si avvicina a quello di “sviluppo”

tanto da sembrare quasi sovrapponibili, poiché entrambi convergono verso

19 B. Chariot è professore di Scienze dell’Educazione all’Università di Parigi VIII.. 77

Page 78: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

una crescita armonica dei soggetti coinvolti, una crescita autonoma e portata

avanti da attori a loro volta sempre più coscienti di sé, delle proprie

potenzialità e del mondo che abitano. Cosi come l’ambito dello sviluppo,

anche quello dell’educazione, ha confini labili e i suoi contenuti non sono dati

per sempre ma parte di un lungo processo di cambiamento e di adattamento

alla realtà in cui si affermano. L’EaS si nutre delle correnti del XX secolo che

hanno posto l’accento sulla visione di un’educazione letta come prodotto

storico e, quindi, come processo culturale, politico e sociale. L’EaS tenta di

“Recuperar la idea de Freire de entender la educación como una acción política

encaminada a despertar a los individuos de su opresión y generar acciones de

transformación social, se convierte en un objetivo prioritario” (Cortes, 2006, p.

53). Freire, da pedagogo, nei suoi scritti ha insistito sui modi di educare e

soprattutto sulla funzione dell’educazione come “strumento di liberazione”

dell’individuo non solo dai suoi limiti mentali, ma dai limiti reali che lo

costringono nella situazione di oppressione ed esclusione sociale. Riprendendo

le parole di B. Chariot, riguardo la concezione dell’educazione come processo

di umanizzazione, socializzazione e singolarizzazione, gli studi di Freire

puntano l’accento innanzitutto sul processo di umanizzazione necessario

affinché possano realizzarsi e svilupparsi i successivi processi di socializzazione

e singolarizzazione. Le teorie di Freire20 sono decisamente segnate

dall’ambiente brasiliano, dove è vissuto ed ha costruito i suoi saperi, ma ciò

non determina la loro possibilità di essere chiarificatrici del ruolo

dell’educazione anche nella società contemporanea, in generale, al di sopra di

qualsiasi confine o linea di demarcazione. Per Freire il diritto di essere

pienamente uomini, ossia liberi costruttori del proprio avvenire, dipende in

maniera decisiva dal tipo di processo educativo che ognuno ha vissuto, infatti,

secondo il pedagogo ogni educazione: o è al servizio dell'oppressione oppure

20 Le riflessioni e l’azione pedagogogico-sociale di Freire si sviluppa al fianco delle popolazioni latino-americane coinvolte in un processo di liberazione che va oltre la semplice indipendenza economica, sociale e politica, e che mira alla conquista della dignità umana.

78

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sarà un processo di liberazione. Nella “pedagogia degli oppressi” l’autore fa

riferimento a due tipi di concezione dell’educazione: la concezione depositaria

e la concezione liberatrice. Queste si distinguono per la diversa visione della

realtà, per il diverso rapporto tra educatore ed educando, per la diversa

interpretazione della parola “educare” e per il differente obiettivo che

percorrono.

Nella concezione depositaria dell’educazione la parola “educare” si riferisce

all’“atto di depositare” (Freire, 2002, p.58) in recipienti - oggetti e non persone

- che archivieranno i depositi. Questo tipo di concezione dell’educazione si

fossilizza in una relazione tra educatore ed educando che si esprime come

rapporto puramente narrativo-nozionistico tra un soggetto-educatore ed un

oggetto-educando. Questo tipo di rapporto è il riflesso della distinzione che

questa concezione opera tra gli uomini e il mondo: “uomini semplicemente nel

mondo, e non con il mondo e con gli altri. Uomini spettatori e non ricreatori

del mondo” (Freire, 2002, p. 62). Uomini e mondo non sono rappresentati nei

termini di una relazione bidirezionale dinamica e l’idea che prevale è quella di

un mondo, e quindi di realtà, come un qualcosa di statico, fermo, suddiviso e

disciplinato a cui bisogna adattarsi. L’uomo della concezione depositaria è un

individuo passivo che deve rimanere tale per facilitare il necessario

adattamento al mondo, ed è proprio qui che risiede l’obiettivo dell’educatore:

all’educatore non spetta altro compito che quello di sorvegliare

affinché il mondo entri disciplinatamente negli educandi. Anche il

suo lavoro consisterà nell’imitare il mondo. Mettere in ordine ciò

che già si realizza spontaneamente. ‘Riempire’ gli educandi di

contenuti. Fare depositi di ‘comunicati’, falso sapere che essi

considerano vero sapere. E dal momento che in questa visione gli

uomini, rivendicando il mondo che entra in loro, sono esseri

passivi, compete all’educazione renderli ancora più passivi e

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adattarli al mondo (Freire, 2002, p. 63).

Nell’ottica della concezione depositaria, l’educazione, diviene parte integrante

della pratica di dominio dell’élite dominante che mira a porre il suo controllo

sull’azione e il pensiero degli uomini, inibendo il loro potere di agire e di

creare: “conservando la coscienza ‘naturale’ degli educandi, pretende, (…)

addottrinarli, affinché si adattino al mondo dell’oppressione” (Freire, 2002,

p.66). Alla concezione depositaria dell’educazione che inibisce la creatività, è

assistenziale, addomesticatrice, maschera la realtà con falsi miti e agisce per la

sopravvivenza dello status quo, Freire, contrappone la concezione liberatrice

dell’educazione che agisce, invece, verso la demitizzazione della realtà, stimola

la creatività, la riflessione, l’azione critica e il cambiamento. Nella concezione

liberatrice si ribaltano le logiche di tutti i rapporti prima analizzati: educatore-

educando, uomo-mondo, educazione-realtà, etc. Ciò che differenzia in maniera

netta la concezione depositaria e la concezione liberatrice dell'educazione

risiede nella tendenza della prima verso la “negazione dell'essere” e nella

tendenza della seconda verso la “vocazione ad essere” (Freire, 2002, p. 68). La

concezione liberatrice dell’educazione si sviluppa partendo da un idea di

“educare” che non coincide più con “l’atto di depositare”, ma con un vero e

proprio “atto di conoscenza” che supera lo sterile trasferimento di contenuti in

contenitori vuoti. Si supera la contraddizione educatore-educando, intesi come

soggetto e oggetto in relazione asimmetrica tra loro, rivalutando il ruolo

dell’educando colto nella sua integrità di soggetto. Nella proposta di Freire

della pratica liberatrice c’è un ribaltamento continuo dei ruoli in cui ambedue i

soggetti diventano contemporaneamente educatori-educandi, gli uni degli altri,

in maniera vicendevole: la relazione si basa su due soggetti alla pari, entrambi

portatori di saperi, che comunicheranno tra loro. Il dialogo21, infatti, risulta

21 Secondo Freire il dialogo, nell’educazione liberatrice, è l’elemento costante che caratterizza il rapporto educatore-educando ed inizia quando l’educatore dialoga con gli educandi per decidere su cosa dialogherà con loro; il contenuto trattato non è imposto dall’alto, ma, conquista della mediazione tra i due soggetti protagonisti, “è la restituzione organizzata,

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elemento essenziale per il superamento della contraddizione educatore-

educando, strumento attraverso cui gli uomini si educano in comunione:

“l’educatore non è solo colui che educa, ma colui che, mentre educa, è educato

nel dialogo con l’educando, il quale a sua volta, mentre è educato, anche

educa” (Freire, 2002, p. 69). L’idea di Freire della concezione liberatrice parte

da una riconcettualizzazione dell’uomo come corpo cosciente in una realtà

creata da lui e, quindi, in relazione con lui e non più separata. La realtà, così,

può essere letta come un qualcosa di dinamico: un processo e non un prodotto

finito. L’obiettivo dell’educazione liberatrice, che Freire chiama anche

“problematizzante”,22 è quello di favorire la vocazione degli uomini ad

“essere” facendo emergere le coscienze per rendere possibile una forma

autentica di pensare e agire nel mondo che abitiamo. La pratica

problematizzante, abbandonando la falsa coscienza del mondo, cerca di

mettere in moto la vera coscienza che vede il mondo come un qualcosa di

incompleto su cui operare e come luogo di incidenza dell’azione trasformatrice

degli uomini. Questa nuova concezione dell’educazione rende coscienti gli

individui della propria condizione e propone la loro situazione come

problema, come sfida, da superare e non da accettare. E' proprio in questo

meccanismo che risiede la totalità del pensiero di Freire che ruota attorno

all’importanza della “coscientizzazione” come pratica di libertà. Per questo,

Freire, parla di educazione liberatrice che rende possibile un pensare autentico

e rivoluzionario e “comporta un atto permanente di rivelazione della realtà”

sistematica e arricchita agli individui di ciò che essi più desiderano sapere.”(Freire, 2002, p. 84) 22 Mi sembra opportuno riportare la definizione di “conceicão problematizadora de educacăo”,

che è esplicativa anche del concetto di “conceicão bancária”, del glossario della “pedagogia degli oppressi”: “Bancária è un termine della lingua corrente in Brasile e come aggettivo significa ‘che si riferisce alla banca’ come sostantivo ‘impiegata di banca’: a questo termine Freire ha dato un significato nuovo, per designare l’educazione che deposita nozioni nella mente dell’educando, così come si deposita denaro in banca. Per questo l’abbiamo tradotta depositaria. ‘Problematizzare’ è formato secondo schemi italiani; da forza espressiva a un participio-aggettivo che indica un certo tipo di educazione opposto a quella depositaria: l’educatore propone all’educando il contenuto dello studio da farsi, come oggetto della sua ‘visione’, e insieme con lui lo ‘ri-vede’ e offre le condizioni per superare il livello della doxa e arrivare al logos .” (Freire, 2002, p.202)

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(Freire, 2002, p.70). Questo tipo di educazione è l’unica che merita di essere

chiamata tale poiché, secondo il pedagogo brasiliano, l’unica educazione vera è

quella che fa prendere coscienza delle contraddizioni del mondo umano a cui

l’uomo non può più adagiarsi.

Le teorie dello studioso brasiliano, sebbene formulate circa tren’anni fa,

risultano necessarie per una comprensione profonda della dimensione

educativa dell’EaS che riprende il significato di “educazione” dalla concezione

liberatrice dell’educazione intesa, innanzitutto, come azione politica. In questo

senso l’EaS è educazione liberatrice poiché favorisce l’integrazione e mira a

produrre un impatto a livello di coscienza delle persone coinvolte nel processo

emancipatore; l’organizzazione e la capacità di gestione di questo processo

mirano a trasformare i destinatari di questa pratica socio-educativa in “sujetos

de derecho, portadores de ciudadanía” (Cabezudo, 2006 , p.15).

Nel documento finale del “III Congreso de la educación para el desarrollo” si

sottolinea la complementarietà tra il diritto allo sviluppo, individuale e sociale,

e il diritto all’educazione, fondamentali, per garantire l’integrità giuridica della

cittadinanza. E' proprio per la riappropriazione della capacità di esercitare il

proprio ruolo di cittadini che l’EaS si propone come rete emancipatrice23 di

educazione permanente. L’azione formativa di trasformazione dell’Educazione

allo Sviluppo si rivolge non solo al settore educativo formale, ma coinvolge

anche i settori informali e non formali in cui hanno luogo azioni educative. E'

essenziale considerare questi tre settori in un approccio sistemico che legga

l’educazione come “un processo che parte dalla nascita e che si sviluppa nel

corso della vita di un essere umano intrecciando vari tipi di fonti, tra cui

ovviamente la scuola, ma non ancora per tutti” (Invernizzi, 2005, p.16).

Il settore dell’educazione formale, come s’intende, è il sistema scolastico

ufficiale e riguarda il lungo percorso che va dalla scuola all’università, l’ampia

fascia d’età compresa rende ancor più indispensabile l’analisi approfondita del

23 L’EaS come rete emancipatrice che tesse insieme reti di: riconoscimento, dibattito, intercambio, azione, creazione culturale, valutazione.

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target a cui l’azione EaS, nelle sue più svariate forme, si indirizza. Nell’ambito

formale i gruppi coinvolti nei percorsi EaS comprendono studenti e docenti di

cui bisogna conoscere la struttura e gli obiettivi propri di ogni livello educativo,

affinché l’azione EaS possa dare il suo contributo ed essere inserita nel

percorso curricolare in atto. Negli anni la questione dell’impatto dei percorsi

EaS è stata molto dibattuta e, nella pratica, si è verificata una tendenza a

sostituire il predominio delle azioni di tipo puntuale, attrattive ma superficiali e

legate ad eventi particolari, con attività che possono essere inserite all’interno

dei curricoli scolastici. Il settore dell'educazione formale, solitamente resistente

ai cambiamenti, è un settore strategico dell’EaS poiché riguarda un arco

prolungato della vita e comprende un numero consistente di soggetti che si

preparano alla vita sociale.

Mentre il settore formale è facilmente definibile ed individuabile, lo è meno il

settore non formale che non si materializza in un luogo preciso e comprende

un campo d’azione abbastanza vasto: tutte le azioni con un esplicito intento

formativo, complementari o alternative all’educazione formale. Il settore non

formale è lo scenario di un’educazione flessibile, svincolata dai rigidi schemi

riprodotti nelle strutture dell’ambito formale. Nel settore non formale le

pratiche educative sono più libere, partecipative e dialogiche poiché sono

superate alcune delle contraddizioni, citate da Freire, che inquinano i rapporti

educandi-educatori; ciò è legato soprattutto all’adesione volontaria delle

persone che presuppone già un minimo d’interesse e coinvolgimento. Jaume

Trilla24 definisce il settore dell’educazione non formale in questi termini:

todas aquellas instituciones, actividades, medios, ámbitos de

educación que, no siendo escolares, han sido creados expresamente

para satisfacer determinados objetivos educativos. (…) En

24 Jaume Trilla Bernet è professore presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Barcellona. Autore di diverse pubblicazioni e direttore di alcuni progetti di ricerca nell’ambito dell’educazione informale e non formale, dell’animazione socioculturale, dell’ educazione ai valori e dello sviluppo morale.

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resumen, un tipo de educación intencional, metódica, con objetivos

definidos..., pero no circunscrita a la escolaridad convencional

(Argibay e Celorio, 2005, p.58).

L’ampiezza di questo settore comprende soggetti molto diversi tra loro che

sono difficilmente raggruppabili in gruppi target omogenei, come ad esempio:

operatori di ONG, educatori, associazioni di donne, associazioni di migranti,

sindacati, volontari ed, infine ma non meno importanti, giovani in età scolare a

cui l’accesso alle strutture formali è impedito da una condizione di esclusione

economica e sociale. Le iniziative di educazione non formale “costituiscono,

nel loro insieme, un mosaico prezioso e complesso che cerca di sopperire alle

violazioni del diritto all’educazione, pur continuando a denunciare le politiche

che favoriscono l’esclusione dai processi educativi e ostacolano l’accesso

all’istruzione (…)” (Invernizzi, 2005, p.16). Le situazioni di esclusione e

povertà hanno contribuito allo sviluppo del settore non formale che con una

miriade di esperienze educative all’insegna del bisogno, della creatività e della

flessibilità riesce a dare vita ad un’azione socio-educativa ad ampio raggio.

Tra i tre settori quello ancor più indefinito è il settore dell’educazione

informale che riguarda gli apprendimenti di un intero arco di vita: i codici, i

valori, i saperi e le esperienze che un individuo vive nell’ambito sociale e

culturale in cui è inserito. Questo tipo di educazione, essendo probabilmente

l’unica vera educazione permanente, coabita con l’educazione del settore

formale e non formale.

L’EaS abbraccia tutti i settori dell'educazione e va inteso come

Proceso educativo (formal, no formal e informal) constante

encaminado, a través de la adquisición de conocimientos, actitudes

y valores, a promover una ciudadanía global generadora de una

cultura de la solidaridad comprometida en la lucha contra la

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pobreza y la exclusión así como con la promoción del desarrollo

humano y sostenibile (Celorio, 2006 , p.82).

Se leggiamo l’educazione nei termini di un prodotto storico, culturale e sociale,

nella società contemporanea la questione dell’educazione è piuttosto

problematica poiché lo è altrettanto la questione della cultura contemporanea

nella sua “difficoltà a trovarsi un senso e a definire una ragione dell’‘essere in

società’” (De Sena, 2000, p. 20). Il postulato su cui è basata la cultura

contemporanea è la libertà dell’individuo, inteso come soggetto isolato da

qualsiasi tipo di legame e appartenenza sociale; l’esaltazione dell’individualismo

e la separazione dell’individuo dalla sfera sociale sono processi che lo rendono

un soggetto astratto e quindi difficilmente educabile. L'impasse della cultura

contemporanea, nella società dell'individualismo, risiede nell'incapacità di

trovare ragioni di “vivere insieme” (De Sena, 2000, p.20). E' la stessa difficoltà

di cui soffre l'educazione in cui l'idea di formazione implica preparazione per

l'avvenire, difficilmente possibile se non si ha un passato da cui partire e una

base sociale su cui agire. Al settore educativo formale, la scuola, viene affidata

la “cultura della memoria” con una grande difficoltà nel guardare al futuro. La

scuola, infatti, è il principale ambito dove si verifica l'impatto dei problemi di

fondo dell'educazione depositaria senza futuro.

2.2 Il settore formale: il ruolo della scuola nella societa' contemporanea.

E’ opportuno soffermarsi sul settore educativo formale perché, anche se ci si

forma in altri luoghi, solo “a scuola si può imparare che lì, in quei luoghi, hai

imparato e quindi sei stato coinvolto in un progetto consapevole di

trasformazione di te (…)” (Mantegazza, 2002, p.17). I problemi strutturali

della società contemporanea sono rispecchiati perfettamente nelle

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problematiche caratterizzanti il sistema educativo formale. La scuola è

considerata il luogo privilegiato dove avviene la “vera” educazione e quindi

anche il principale ambito dove possiamo analiticamente guardare il passato, il

presente e il futuro del cammino dell’educazione. La capacità della scuola di

rappresentare l’integrità della realtà sociale, nonostante non si neghi

l’importanza del ruolo dell’educazione informale e non formale, resta unica.

La scuola ha ricoperto un ruolo strategico per la riproduzione sociale, questa

avviene attraverso la promozione dei meccanismi di socializzazione,25 che

favoriscono l’acquisizione delle competenze minimali affinché la struttura

sociale esistente possa sostenersi. La nascita dell’impianto scolastico risale al

periodo dello smantellamento degli antichi mezzi di socializzazione come

l’apprendimento dal maestro privato, tipico delle classi agiate, e il trapasso di

competenze che avveniva in ambito rurale tramite la famiglia allargata. La

sostituzione dei vecchi mezzi di apprendimento con la struttura scolastica è

dettata dal cambiamento strutturale che segna il XIX secolo: il passaggio dalla

società pre-industriale a quella industrializzata. L'instaurarsi delle società

industrializzata provocò una violenta urbanizzazione e la minaccia di fenomeni

sempre più diffusi di delinquenza giovanile, in un clima sociale difficile, portò

all’adozione della soluzione scolastica per tutti come strumento di controllo

sociale. Storicamente si afferma il ruolo della scuola come strumento di

controllo statale: con l’avvento del pericolo rosso, per inculcare l’odio verso i

comunisti; dopo la prima guerra mondiale, per rispondere alla richiesta di

manodopera specializzata per riconvertire l’industria bellica. Successivamente

alla seconda guerra mondiale, ai progressi tecnologici e alla fame dell’industria

avviene il prolungamento della scolarità obbligatoria e lo sviluppo

dell’insegnamento secondario e superiore esteso a tutte le fasce della

popolazione. La scuola diviene determinante sia per il controllo statale delle

25 Intendiamo qui per socializzazione quel processo tramite cui l’individuo diviene parte della società ed interiorizza le norme, i valori e tutto il patrimonio culturale che la società gli trasmette, garantendo così la continuità tra le generazioni.

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masse, riducendo così il pesante clima di tensione sociale, sia per la

promozione sociale e per la selezione della forza lavoro. Nei primi anni di vita

della struttura scolastica la funzione della scolarizzazione delle masse è di

“riprodurre le condizioni sociali, ideologiche ed economiche che permettono

alla società di funzionare” (Hirtt, 2002). L’entità dell’educazione formale

chiamata “scuola” ha vissuto degli sviluppi notevoli, durante il corso degli

anni, modificando e adattando la sua funzione sociale in base alle esigenze del

tempo. Numerosi studiosi hanno riflettuto sul ruolo della scuola nella società

e, non solo gli autori contemporanei, parlano della nascita della scuola come

prodotto e produttore della società capitalista. La scuola come prodotto della

società capitalista è pensata per offrire le competenze spendibili nel mercato

del lavoro, come produttore della stessa società, come strumento di

legittimazione delle disuguaglianze su cui si regge e cresce il profitto capitalista.

Freinet, pedagogista ed educatore del ‘900, si fa precursore della lunga critica

alla strumentalizzazione del sistema scolastico in funzione delle logiche

economiche dominanti. Il suo pensiero è una denuncia al sistema capitalistico

borghese che “ha bisogno di materiale umano appositamente educato a servire

i suoi interessi (…) offrire una cultura che produce profitto capitalista: ecco le

caratteristiche dell’attuale scuola capitalista” (Freinet, 1929). Freinet nella

ricerca di un sistema educativo diverso individua nello sviluppo dell’entità

scolastica non il miglioramento dei sistemi di apprendimento e la promozione

della cultura, ma il rafforzamento del sistema economico dominante:

Se la scuola si perfeziona, è sicuramente per sviluppare l'essere

umano, per favorire il progresso, affermare, tatticamente o in

buona fede, i bravi borghesi. In realtà il capitalismo nascente ha

bisogno di materiale umano appositamente educato a servire i suoi

interessi. E questo genere di educazione gliela garantisce la Scuola

borghese. La scuola borghese si porterà dietro per sempre il

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marchio capitalista (Freinet, 1929).

Il sistema a cui Freinet si riferisce è lo stesso sistema che domina la realtà

contemporanea. Ora bisogna chiedersi se la scuola sia riuscita, nel corso della

storia, a svincolarsi delle sue marce radici e a svilupparsi come entità

indipendente e libera dalle logiche dell’economia. Il dibattito sul ruolo della

scuola nell’età contemporanea non riguarda solo i pedagoghi e gli educatori,

ma inizia ad essere interessante per tutti gli studiosi che si occupano dell’analisi

delle contraddizioni della realtà attuale. Durante il Forum Sociale Europeo,26

tenutosi a Firenze nel 2002, l’intervento di Nico Hirtt27 ha posto l’accento sulla

tendenza, ancora attuale, della scuola di rispondere alle funzioni generali della

società capitalista e sulla trasformazione dell’utilità dei saperi trasmessi

dall’educazione formale:

I saperi danno la forza di comprendere il mondo e, inoltre, di

partecipare alla trasformazione di questo mondo. Essi

rappresentano uno strumento di potere. E’ d’altra parte evidente

sia perché essi siano rimasti al centro delle preoccupazioni della

Scuola, fintanto che questa era riservata ai giovani delle classi

dirigenti. Per 150 anni nessuno si è mai preoccupato di sapere se gli

studenti dei collegi e degli atenei avessero acquisito la ‘competenza

di mobilitare le loro conoscenze nei problemi complessi e vari’.

L’importante era che essi accedessero alle conoscenze al fine di

26 Il Forum sociale europeo è un appuntamento antiliberista, contro la guerra, antirazzista, per una nuova democrazia e nuovi diritti di cittadinanza. Il suo profilo politico è riprodotto nello svolgimento del programma che si basa su tre assi tematici di fondo: il liberismo, la guerra e la democrazia. Questi tre assi saranno affrontati attraverso conferenze, seminari, workshop, incontri particolari, testimonianze, dialoghi, confronti del movimento. (www.acpnet.org)

27 Nico Hirtt é uno dei più impegnati studiosi della scuola. E' uno degli animatori dell'«appel pour une école démocratique», un movimento belga che promuove il diritto di tutti i giovani di accedere ai saperi per la comprensione del mondo e alle competenze che permettono di agire sul proprio destino, individuale e collettivo. (www.ecoledemocratique.com)

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disporne, all’occorrenza, per esercitare la propria autorità nel posto

che avrebbero occupato nella società. Dal momento in cui

l’insegnamento generale si è ampiamente aperto ai figli del popolo,

ci si preoccupa improvvisamente di strumentalizzare questi saperi

(Hirtt, 2003).

La società capitalistica contemporanea è caratterizzata da un “modello di

produzione cognitivo” poiché la prestazione lavorativa dipende sempre più

dall’utilizzo delle capacità cognitive celebrali, infatti, si parla di lavoro cognitivo

“che porta al superamento della distinzione tipica del modello della grande

fabbrica - chiamato dagli economisti ‘modello taylorista/fordista’ del

dopoguerra – tra lavoro manuale e lavoro intellettuale” (Fumagalli, 2007, p.

33). In questo tipo di capitalismo “cognitivo”, la conoscenza assume un ruolo

fondamentale nel processo di valorizzazione della produzione e, di

conseguenza, i saperi trasmessi nella scuola diventano “pacchetti di

conoscenze da spendere fuori come bene di posizione” (Barra, 2000, p. 30).

Insomma la conoscenza e i saperi, che insieme vanno a creare la “cultura”

degli individui, non sono più considerati fini a se stessi ma strumentalizzati per

rispondere alle esigenze di un mercato del lavoro sempre più flessibile. Questo

tipo di scuola, che ci troviamo di fronte nel nostro quotidiano, è gestita in

modo aziendalistico ed economicistico e “tende a garantire un processo di

lobotomizzazione cerebrale, per agevolare il comando dell’accumulazione sul

lavoro: dalla schiavitù del corpo alla schiavitù della mente” (Barra, 2000, p. 30).

I saperi della scuola sono descrittivi e dichiarativi e rientrano nei parametri

della cultura di mercato che s’introduce nelle scelte educative e trasforma l’idea

di conoscenza, interpretata ora come “bene di posizione”, piuttosto che come

“fondamento strumentale del diritto del soggetto alla comprensione,

all’elaborazione del dubbio, all’analisi della controversia, alla chiarificazione

dell’ombra. A questo scopo i saperi di essenza e di interpretazione appaiono

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assolutamente inevitabili” (Scurati, 2000, p.19). La scuola propone

un’organizzazione del sapere, frutto degli ultimi due secoli di storia della

società occidentale, basata sulla specializzazione disciplinare che ha prodotto

sistemi di conoscenze caratterizzati da rapporti lineari di causa-effetto,

linguaggi specifici e convenzionali, razionalità. Il sistema di conoscenze è

organizzato in modo enciclopedico e promuove lo sviluppo di una modalità di

pensiero di tipo logico razionale che non riesce a cogliere le sfumature che

compongono la realtà in cui siamo immersi. La problematica che avvolge la

scuola contemporanea, ma a quanto pare anche quella del passato, trova il suo

fondamento nel tipo di struttura sociale che viene riprodotta, profondamente

ineguale e individualista, ed anche nel tipo di sapere che viene promosso,

acritico ed inadeguato. La modernità ha costruito un’istituzione del sapere, il

sapere scientifico, che pretende di essere neutrale non essendo inquinato da

tendenze sociali, culturali, storiche o geografiche e quindi l’unico adatto a

leggere, nella giusta ottica, i fenomeni che avvengono nella realtà.

L’affermazione del sapere “neutrale” ha occultato il carattere di un discorso

costruito, invece, in determinati ambiti sociali e con determinati obiettivi ed

interessi. Questo tipo di sapere è stato costruito sull’impianto ideologico dei

sostenitori del sistema capitalista interessati ad un modello industriale, basato

sulla tecnologia e il progresso, radicato nella cultura occidentale ed orientato

alla legittimazione delle strutture di potere esistenti. Così sapere e potere sono

resi inseparabili: il sapere, creatore della realtà, è potere sulla realtà. Non è

discutibile che il sapere sia il prodotto di forme di conoscenza e coscienza

costruite socialmente e strettamente relazionate con strutture

socioeconomiche locali, nazionali ed internazionali. La promozione del sapere

“neutrale”, costruita nel corso dello sviluppo del sistema capitalista, ha reso

complicata la comprensione della realtà. Questo tipo di conoscenza

enciclopedica e astratta è obsoleta ed inadeguata per catturare la cultura

frammentaria della società dei media e per risolvere problemi che richiedono

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Page 91: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

un approccio olistico. Questa inutilità del sapere “neutrale”, nella sua difficoltà

di cogliere i fenomeni, ha provocato un distacco tra la scuola e il mondo,

questo gap è diventato sempre più profondo e l’unico legame rilevabile tra le

due sfere è finalizzato, ancora una volta, al mercato del lavoro: “scuola e

società si compenetrano per fornire al mercato del lavoro il profilo di

lavoratore di cui vi è necessità in quel momento” (Freinet, 1929). La priorità

che viene attribuita alla spendibilità del sapere cela la ricchezza del sapere nella

formazione dell’individuo come soggetto di diritto. Così l’educazione si riduce

al momento di addestramento dei nuovi lavoratori che, in base al merito, si

collocheranno nei diversi spazi della società capitalistica globalizzata.

Nei processi di globalizzazione la tendenza alla mercificazione del sapere, che

già nel ‘900 Freinet aveva individuato come problematica del sistema educativo

formale, si è amplificata esponendo l’educazione al rischio di ridursi a semplice

strumento del mercato. Nel primo volume della “Guida metodologica

all’Educazione allo Sviluppo” sono menzionati i cinque equivoci principali a

cui l’educazione va incontro nel contesto della globalizzazione:

• L’educazione della risorsa umana sostituisce l’educazione della persona

umana;

• Da non commerciale diventa commerciale;

• Da luogo in cui si apprende la cultura di vita diventa luogo di cultura di

guerra;

• L’educazione posta al servizio della tecnologia;

• Mezzo di legittimazione delle nuove forme di stratificazione e di

divisione sociale.

Nell’epoca della globalizzazione e della spietata liberalizzazione dei mercati, la

scuola è stata chiamata a

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Page 92: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

operare selezioni, preoccupandosi soprattutto di garantire un’alta

qualificazione specialistica ad una fetta della sua utenza; impegnata,

per le altre, a fornire soprattutto competenze tecniche

immediatamente spendibili sul mercato del lavoro. Deve costruire

personalità recettive, flessibili, capaci di adattarsi con facilità ai

molteplici cambiamenti che insorgeranno durante la vita lavorativa

(Ferronato, 2000, p. 3).

Il sistema d’insegnamento è stato travolto nel complesso e caotico processo di

globalizzazione economica e sociale che attraversa l’umanità. Il suo ruolo di

riproduzione sociale resta intatto ed è orientato a legittimare l’esistenza di

disuguaglianze sempre più profonde non più tra classi nazionali, ma tra livelli

globali. Il sistema formale sta assumendo un ruolo più che determinante nel

far credere che l’educazione sia lo strumento di legittimazione della

nuova divisione sociale fino al punto di sostenere che ci sarebbero

delle disuguaglianze sociali ed economiche che sarebbero legittime

e accettabili perché risultano dal merito e dallo sforzo individuale,

verificato e misurato attraverso la riuscita scolastica (Petrella cit. in

CIPSI-FOCSIV, 2001, p. 11).

La forma in cui si è affermato il sistema educativo formale rispecchia gli

interessi della classe dominante e assicura la loro sopravvivenza attraverso la

promozione di un tipo di educazione, che Freire ha chiamato “depositaria” e

che rema verso la formazione di soggetti acritici e verso la produzione di un

immaginario collettivo unico, basato sulle logiche capitaliste. Questo tipo di

educazione non da la possibilità di far emergere le solitarie sfumature che

permetterebbero di immaginare scenari diversi da quello attuale. Vista in questi

termini la scuola non avrebbe più senso di esistere, poiché le stesse aziende

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Page 93: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

potrebbero accollarsi il compito di formare i futuri lavoratori. Il modello di

“scuola capitalista”, competitiva e flessibile, che trasmette il sapere scientifico,

acritico e strumentalizzato, e utilizza una modalità di pensiero di tipo logico-

relazionale, è un modello in crisi poiché incapace di cogliere la

multidimensionalità della realtà contemporanea. Da ciò che è stato analizzato

risulta chiaro l’incongruenza che c’è tra la missione che la scuola, quale

principale ente educativo, dovrebbe realizzare e le funzioni che ricopre

effettivamente (la scuola dovrebbe promuovere competenze ad ampio raggio e

disinteressate, competenze per spendersi nella vita e non solo nel mercato del

lavoro). La scuola lotta tra la richiesta del sistema economico di formare

lavoratori competenti e il suo obiettivo formale: formare soggetti di diritto. La

tendenza di mettere sotto la dittatura del mercato e al servizio della

valorizzazione del capitale, l'insegnamento, è in notevole aumento ed è uno

degli elementi decisivi del processo in corso. La mondializzazione è il modo

attuale di organizzazione del capitalismo: le sue leggi s'impongono all’intera

vita sociale e riguardano tutti gli aspetti della riproduzione sociale. Il ruolo

della scuola è in relazione diretta con questo nuovo quadro mondiale. La

scuola ha assolto e continua ad assolvere ad una primaria funzione, ossia,

mantenere le condizioni oggettive e soggettive di una società ineguale.

Le funzioni dell’insegnamento consistono, per l’essenziale, a

riprodurre o a partecipare alla riproduzione di condizioni che

assicurino la sopravvivenza del sistema economico, sociale e

politico al potere. Si possono distinguere tre grandi forze di

riproduzione : a) la riproduzione ideologica (trasmissione di valori

morali e politici che contano per la conservazione della società); b)

la riproduzione sociale (legittimazione e propagazione

intergenerazionale delle ineguaglianze di classi); c) la riproduzione

economica (formazione della forza lavorativa, o, se si preferisce,

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Page 94: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

produzione del capitale umano). (…) Alle tre funzioni della scuola

capitalistica corrispondono tre forme maggiori del discorso

dominante sulle missioni dell’insegnamento : a) la scuola emancipa

l’individuo e istituisce il cittadino; b) la scuola assicura l’eguaglianza

delle possibilità e permette la riuscita dei migliori; c) la scuola

prepara ognuno ad entrare nel mercato del lavoro.

Queste tre funzioni e questi tre discorsi sono tutti presenti,

simultaneamente, da due secoli. Ma le loro forme concrete, la loro

importanza relativa e le contraddizioni che le segnano sono

soggette a profondi cambiamenti. Distinguiamo così le epoche

seguenti nella storia recente dei sistemi dell’insegnamento: l’era

della socializzazione (prima metà dell’800); l’era dell’apparato

ideologico dello stato (seconda metà dell’800); l’era della

meritocrazia o della promozione sociale (prima metà del 900); l’era

della massificazione (seconda metà del 900); l’era della

mercantilizzazzione (epoca attuale)(Hirtt, 2008).

Affinché la scuola si renda indipendente dal mercato e possa rispondere alla

vocazione di educare (nel senso originario del termine di e-ducere) realmente

gli individui è necessaria una ristrutturazione sia della sua riproduzione sociale,

con la promozione di processi democratici e partecipativi, sia della sua

riproduzione dei saperi, adeguati per una lettura critica del mondo

contemporaneo.28 E’ urgente il bisogno di riformulare una scuola vissuta come

istituzione che promuova “cultura” e corrisponda ai bisogni e alle aspirazioni

di tutti i gruppi sociali, alle donne e agli uomini che non si riconoscono nelle

28 Sarebbe un grave errore confondere i modelli con la realtà, quindi, è necessario distinguere l’idea e il modello di scuola con ciò che è poi realmente in realtà: la scuola “capitalista”, competitiva e flessibile, e la scuola democratica, partecipativa e egualitaria, sono solo due modelli che non si realizzano concretamente e coerentemente con i propri principi nella realtà; poli in tensione e in un costante rapporto di forza. Se i modelli non sono indicativi della realtà, possono essere utili per avvicinarci ad essa e per comprendere che la principale funzione della scuola resta la riproduzione sociale e quella del sapere.

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Page 95: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

logiche liberiste. Una scuola fondata sull'appropriazione sociale, sui bisogni e le

aspirazioni del popolo e non più sui diktat della politica del profitto e del

potere dei privilegiati. Anche se il sistema dominante è rimasto immutato, le

logiche messe in atto e le strutture costruite per la sua sopravvivenza sono

invece profondamente cambiate.

Come McMichael ci suggerisce il sistema capitalistico è passato

dall’implementazione del “progetto sviluppo”, dagli anni ’40 agli anni ‘70,

basato sullo stato-nazione e sullo sfruttamento delle periferie all’interno del

territorio nazionale, alla realizzazione, negli anni successivi, del “progetto

globalizzazione” dettato dall’esaurimento della struttura riproduttiva nazionale

e dal necessario assorbimento da parte del sistema delle periferie a livello

globale. Il “progetto globalizzazione” è oggi nel periodo della sua massima

espansione e non coinvolge solo la fredda sfera dell’economia, ma tocca tutti

gli ambiti della vita delle persone. Questo nuovo progetto non ha fatto altro

che intensificare il potere del capitalismo facendo aumentare, in maniera

esponenziale, il gap tra ricchi e poveri, sfruttati e sfruttatori, centri e periferie,

nord e sud. “Il progetto globalizzazione si configura come la forza dominante

fino ad oggi più potente”(McMichael, 2004, p. 160) impegnato per la

ristrutturazione economica, sociale e politica, meglio conosciuta come spietata

liberalizzazione .

Un'affrettata conclusione può considerare una trasformazione della scuola

capitalista impossibile senza una trasformazione sociale. Una riflessione più

profonda potrebbe ribaltare i termini e considerare, invece, la trasformazione

della scuola il primo passo per la trasformazione della società: “para otro

mundo posible, otra educación es posible” (Carta de la 3ª Edición del Foro

Mundial de Educación, 2004). La trasformazione dell’ambiente scolastico è

dettata anche dalla più banale esigenza di rispondere alla richiesta della

popolazione giovane di comprendere la realtà con strumenti più adatti agli

scenari internazionali. In base a queste premesse risulta chiaro quanto sia

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Page 96: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

importante che il processo educativo delle nuove generazioni sia rivisto ed

eventualmente riformato, al fine di poter rispondere in modo più adeguato alle

nuove esigenze del mondo contemporaneo e tener conto della modifica

dell’orizzonte dentro cui la formazione del cittadino deve realizzarsi.

2.3 L’EaS nell’ambito dei processi educativi scolastici.

Nel paragrafo precedente si è tentato di analizzare la cosiddetta “scuola

capitalista” con le sue dinamiche e i suoi scopi e si è anche fatto cenno ad un

altro tipo si struttura scolastica, la scuola democratica, egualitaria e

partecipativa. Nella realtà, come afferma Hirtt, probabilmente non esiste

nessuna delle due strutture citate perché non sono altro che dei semplici

modelli di riferimento, utili ad interpretare le strutture realmente esistenti.

Probabilmente una scuola veramente democratica, fondata sulle persone, non

esiste ancora e fortunatamente nel concreto il modello di scuola puramente

capitalista, fondata esclusivamente sul profitto, non si è mai realizzato. La

“scuola capitalista” e la “scuola democratica” sono puri modelli di riferimento,

il primo storicamente predominante rispetto al secondo e in costante tensione

tra loro. E’ proprio questa tensione che dà respiro alla speranza di mettere in

moto un cammino per la realizzazione, non di un modello specifico, piuttosto,

di una sistema educativo che risponda alla richiesta di fornire gli strumenti

adatti per: vivere a pieno lo status di cittadini del mondo e nel mondo e

affrontare la lotta per il superamento di un sistema educativo sostenitore del

pensiero unico a favore di un progetto educativo emancipatore.

In questo scenario s’inserisce la possibilità di implementare le pratiche e gli

strumenti dell’Educazione allo Sviluppo come possibile cammino per il

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passaggio da una scuola che da “imbuto che getta nel mercato del lavoro”

diventi “laboratorio critico che forma personalità equilibrate e consapevoli,

promuove relazioni dialettiche, cooperative e solidali, elabora cultura, intesa

come capacità di approcci e soluzioni nuove ai problemi d’oggi, aprendo al

futuro” (Ferronato, 2000, p. 6). L’EaS come pratica socio-educativa che

organizza i curriculum scolastici favorisce e supporta “un esfuerzo para

transformar a los beneficiarios de servicios educativos en sujetos de derecho,

portadores de ciudadanía” (Cabezudo, 2006, p. 16). In questo cammino

d’emancipazione è necessario riformulare l’organizzazione del sapere e

superare la specializzazione dei saperi per una comprensione globale dei

fenomeni, iniziando a ragionare non più per settori disciplinari rigidi ma per

“aree mobili del sapere” e praticando insegnamenti pluridisciplinari affinché il

sapere scolastico possa essere collegato alla realtà sociale. Il nuovo progetto di

sapere deve liberarsi dalla veste della neutralità e costruirsi in stretta relazione

ai bisogni formativi in una società in trasformazione:

La urgencia e importancia de otro saber, susceptible de ser útil a

esa diversidad de espacios, contextos, situaciones e intereses. Un

saber capaz de ser construido, y ser socialmente relevante, en esa

diversidad local y cultural pero también capaz de dar cuenta de la

dimensión global de las nuevas tendencias y sobre todo que se

construya de forma comunicativa entre los diversos agentes locales

del planeta. Saber para y desde la diversidad, con voluntad y

capacidad emancipatoria, pero también desde y para la

comunicación global entre los pueblos y culturas del planeta

(Celorio, 2006, p. 31).

Questo sapere innovativo non può limitarsi ad essere speso nella realtà locale

e, costretto dai processi di globalizzazione, deve fare i conti con la nuova

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Page 98: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

dimensione della cittadinanza planetaria rafforzando e relativizzando le identità

personali, promuovendo una cittadinanza attiva e favorendo autonomia e

criticità, affinché l’educazione possa essere un processo di cambiamento di se

stessi e della società. Secondo Morin, un’educazione che permetta di

comprendere la nostra realtà e pensare in modo aperto e libero, deve essere

basata su “sette saperi” fondamentali:

1. La cecità della conoscenza;

2. I principi di una conoscenza pertinente;

3. Insegnare la condizione umana;

4. Insegnare l’identità terrestre;

5. Affrontare le incertezze;

6. Insegnare la comprensione;

7. L’etica del genere umano.

Questi saperi dovrebbero essere posti alla base di tutti i percorsi educativi che

hanno come obiettivo ultimo la trasformazione degli individui coinvolti nel

processo di coscientizzazione e partecipazione. I sette saperi di Morin:

evidenziano i limiti della conoscenza “neutrale” trasmessa nell’ambito

scolastico; sottolineano l’esigenza di considerare l’incertezza come principio

organizzatore di base; valorizzano l’importanza della comprensione29 e il

riconoscimento dell’identità terrestre. Morin introduce la nozione di “terra

patria” legata alla necessità, in un mondo ristretto ed interdipendente, di

sviluppare una presa di coscienza e un senso di appartenenza che ci leghi alle

sorti del pianeta. Insegnare l’identità terrestre è l’obiettivo primario della scuola

realmente interessata a formare cittadini attivi e coscienti della realtà in cui

sono immersi. In una società in cui è difficile affermarsi come soggetti liberi,

29 Il significato di “Comprendere” è apprendere insieme e comporta un complesso processo di empatia, di identificazione e di proiezione. Il problema della comprensione è divenuto cruciale per l’umanità ed è per questo che costituisce una delle finalità dell’educazione per garantire “solidarietà intellettuale e morale dell’umanità.” (Morin, 2001, p. 97)

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coscienti e responsabili della propria storia, si suppone che il sistema educativo

formale predisposto alla formazione delle “persone” debba includere gli

strumenti per rendere capaci le nuove generazioni di essere in grado di

incidere sul proprio presente. Per far ciò è necessaria ciò che Morin chiama la

“riforma del pensiero” che si tratta di “una riforma non programmatica ma

paradigmatica, che concerne la nostra attitudine ad organizzare la conoscenza”

(Morin, 2000, p. 13). La riforma del pensiero mira alla nascita di un pensiero

capace di: leggere la complessità delle realtà, riconoscere e trattare i fenomeni

multidimensionali, affrontare realtà nel contempo conflittuali e solidali.

Secondo Morin il passaggio da un pensiero che isola e separa ad un “pensiero

del complesso” che unisce e distingue, che affronta l’incertezza impiegando

una causalità circolare, che usa l’attività dialogica per cogliere le contraddizioni;

favorisce la comprensione della complessità contemporanea e, quindi, il senso

di solidarietà, responsabilità e cittadinanza planetaria. L’imperativo

dell’educazione non dovrebbe essere la creazione di una “testa ben piena”

nella quale c’è un’accumulazione di sapere, ma di una “testa ben fatta” capace

di contestualizzare e globalizzare i saperi, di esprimere tutte le potenzialità

della mente umana di risolvere le situazioni evitando il sovra-adattamento alle

condizioni date (Morin, 2000, p. 15). Il tipo di scuola dominante nella società

capitalistica tende verso la formazione di teste ben piene, piene di conoscenze

separate, ma prive della capacità di collegarle per leggere i fenomeni nella loro

interezza con lucidità e criticità. La riforma del pensiero di Morin guida allo

sviluppo di una democrazia, prima di tutto, cognitiva30 per superare la

parcellizzazione dei saperi del XX secolo che rende incapaci di concepire e

percepire “ciò che è tessuto insieme”. La comprensione della complessità è la

condizione essenziale per la comprensione del sistema brutale contemporaneo

30 Per democrazia cognitiva s’intende “una democrazia che spezza la spirale antidemocratica del progresso tecnico scientifico attuale, che emancipi la maggioranza di donne e uomini dall’ignoranza indotta a cui sono stati soggetti dall’esplosione mediatica, che contribuisca a creare un’attenzione informata e consapevole sui grandi temi che lo sviluppo delle tecnologie di manipolazione della vita e della natura pone oggi al cospetto del mondo.” (Galli, Cambi, Ceruti, 2006, p. 171)

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che si regge sull’inconsapevolezza generalizzata. La riforma del pensiero non

può avvenire senza la riforma delle istituzioni scolastiche, luoghi di produzione

del pensiero, così come la riforma delle istituzioni non avverrà senza una

riforma del pensiero. Questo è uno dei blocchi individuati da Morin ed è una

delle trappole che l’Educazione allo Sviluppo cerca di evitare inserendosi

all’interno dell’ambito scolastico come percorso innovativo che non vuole

sostituirsi ai programmi scolastici tradizionali, ma costituire la nuova ottica per

implementarli. La promozione di percorsi EaS all’interno delle istituzioni

scolastiche è un timido tentativo di introdurre nuovi strumenti per interpretare

quelle sfumature finora celate da un modo di leggere la realtà asettico e

acritico, di promuovere la partecipazione e, soprattutto, di ristabilire il legame

vitale tra scuola e società diverso da quello basato sul mercato del lavoro.

La società contemporanea è caratterizzata da un insieme di sistemi, di reti in

cui tutto è estremamente interconnesso e, per essere colto, va letto attraverso

l’ottica della complessità che si impone come il nuovo paradigma dei nostri

tempi: “alla complessità va riconosciuto il ruolo di essere la forma mentis del

presente (e del futuro, assai probabilmente) e di venire a fissarsi come il

paradigma sociale, cognitivo, soggettivo ecc. del nostro tempo” (Galli, Cambi,

Ceruti, 2006, p. 138). Se la complessità è il nuovo principio organizzatore della

società e della realtà allora dovrà affermarsi anche come nuovo principio

educativo, affinché possa iniziare il cammino di costruzione di un rapporto

sano tra scuola e società. Quindi il nuovo paradigma del XXI secolo richiede la

definizione di una nuova “paideia” su cui calibrare e progettare un percorso

formativo che assicuri continuità e cambiamento, tradizione e novità: “la

complessità s’impone oggi un po’ come un vero e proprio principio educativo.

(…) La complessità senza formazione è (…) ‘cieca’ e ‘vuota’. Un paradigma

astratto. Alla formazione, all’educazione spetta il compito della sua

‘incarnazione’” (Galli, Cambi, Ceruti, 2006, pp. 138-139). In questo quadro

l’Educazione allo Sviluppo s’inserisce come possibile percorso da percorrere

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per realizzare la riforma della scuola e sostenerla nel passaggio dalla

“formazione alla semplicità” alla “formazione alla complessità”. L’EaS fa parte

delle nuove educazioni nate per rispondere all’esigenza di imparare a vivere, o

almeno sopravvivere, nella complessità della realtà contemporanea. Non si

presenta come nuova disciplina da aggiungere ai curriculum scolastici, ma

ricopre un ruolo importante nell’affermarsi come nuova dimensione

dell’orizzonte formativo e come nuovo “progetto pedagogico-didattico”

(Dotti, Fornaro, Lepratti, 2005, p. 7). L’EaS è “un insieme di principi coerenti

(uno sfondo integratore) per la scelta di metodologie operative, di finalità e di

contenuti della didattica scolastica” (Dotti, Fornaro, Lepratti, 2005, p. 12).

Nell’ambito scolastico l’EaS prende la forma di principio organizzatore che

offre specifiche “lenti d’ingrandimento”, dei concetti guida, per favorire una

visione ricca e completa della realtà. Si possono distinguere due gruppi di

“lenti d’ingrandimento”, il primo gruppo comprende:

• La visione convenzionale dello sviluppo: conoscerla e scegliere se si

vuole continuare a tenerla come nostro privilegiato punto di

riferimento o cambiarla;

• Sviluppo come mito: de-mitizzare lo sviluppo svelando i suoi limiti;

• Pluralismo e multidimensionalità dello sviluppo: riconoscere gli

innumerevoli sentieri dello sviluppo;

• Interdipendenza e rapporto locale-globale: riequilibrare il rapporto tra i

due poli;

• Conflitti e gestione dei conflitti: cogliere la potenzialità dei conflitti

sociali come motore per il cambiamento positivo;

• Realtà, percezioni, rappresentazioni: innescare percorsi di

decostruzione dell’immaginario per la creazione di una nuova

percezione della realtà.

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Il secondo gruppo contiene le seguenti “lenti d’ingrandimento”, legate ad

opzioni di valore ben precise, che esprimono una visione dello sviluppo “più

umana”:

• L’uomo e i suoi bisogni al primo posto;

• La crescita economica come mezzo e non come fine;

• Democrazia, partecipazione, empowerment;

• Giustizia sociale, equità;

• Sostenibilità (Ucodep e Centro di documentazione città di Arezzo,

2004, pp. 54-59).

Queste chiavi di lettura, concetti chiave dell’EaS, contribuiscono alla

ricostruzione del rapporto tra scuola e società per stimolare la comprensione e

la progettualità dei soggetti a livello della realtà. Partendo dalla dimensione

scolastica che abbandona l’idea dell’alunno come soggetto passivo dove

depositare saperi, s'introduce un'idea innovativa di alunno come soggetto

attivo portatore di saperi. Per raggiungere i suoi obiettivi, l’EaS, utilizza una

metodologia educativa che permette agli studenti di partecipare attivamente e

diventare autori della propria conoscenza. Partendo dai loro vissuti si facilita,

così, la crescita di individui consapevoli e capaci di assumere atteggiamenti

critici in grado di produrre cambiamenti. La metodologia educativa dell’EaS,

per essere messa in atto, riformula i ruoli classici all’interno del sistema

scolastico, quello dell’alunno e dell’insegnante, introducendo una nuova figura

che è quella dell’animatore EaS. L’animatore EaS è portatore di un “sapere

altro” capace di effettuare la traduzione didattica dei macroproblemi, si colloca

tra l’insegnante, non più semplice trasmettitore ma specialista dell’apprendere e

intellettuale per il cambiamento, e l’alunno, soggetto attivo di diritto. Il ruolo

dell’animatore è quello di mediare tra il sapere accademico che l’insegnante

trasmette e la realtà pratica che l’alunno vive, per improntare un nuovo

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approccio metodologico che punta all’integrazione dei saperi “pensando e

progettando in una logica partecipativa e sinergica tra i diversi attori e i vari

contesti” (Dotti, Fornaro, Lepratti, 2006, p. 9). L’ innovazione dell’EaS, come

sfondo integratore dei percorsi didattici, risiede nella nuova ottica proposta e

nella riconsiderazione dell’ambito scolastico e nel “fare della scuola la

coscienza critica della società, un laboratorio di valori e di saperi funzionali alla

formazione dei cittadini del villaggio globale e alla costruzione di una società

più ugualitaria, giusta, inclusiva, interculturale, democratica e pacifica”

(Ferronato, 2000, p. 6). L’EaS, considerando la scuola una piccola società

globale, tenta di innescare processi in cui viene intenzionalmente promossa,

progettata e sperimentata la partecipazione dei minori. La partecipazione è

stimolata attraverso processi “consultivi”, per migliorare la qualità delle

proposte partendo da quelle degli alunni; “partecipativi”, per rendere i minori

co-responsabili dello svolgimento del processo attivato; “promozione

dell’auto-tutela”, per la gestione comune dei processi individuando regole e

problematiche condivise (Invernizzi, 2003, p. 17).

La nuova visione della scuola e dell’alunno, il nuovo ruolo dell’animatore, i

nuovi processi partecipativi, i nuovi saperi, etc., caratterizzano la metodologia

della “didattica per progetti”31 che è proposta dall’EaS come nuova modalità

educativa.

La didattica per progetti si basa sull’impegno diretto degli studenti

chiamati a risolvere un problema attivando una serie di capacità

non necessariamente legate alle discipline. Tra queste: prendere

autonomamente decisioni; realizzare un prodotto; selezionare

31 Il metodo dei progetti nella didattica è stato introdotto da W. H. Kilpatrick, nel 1918, quando propose di impostare l’intero lavoro scolastico come percorso progettuale. Secondo Kilpatrick gli studenti con questo metodo sono posti davanti a problemi reali, sono chiamati a scegliere percorsi opportuni per risolverli e ad operare concretamente fino ad ottenere il risultato finale. Anche la scuola italiana ha fatto un’interessante esperienza di “didattica per progetti”: dal 1994 in alcuni Istituti Tecnici è stato introdotto un segmento curricolare definito l’Area di Progetto, che destina allo sviluppo del progetto il 10% dell’orario delle discipline coinvolte.

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informazioni; applicare procedure; prefigurare soluzioni;

documentare in modo corretto il lavoro svolto; comunicare i

risultati; lavorare in gruppo; riconoscere la strutturazione di un

sistema e insieme delle relazioni che intercorrono tra le sue parti

(CIPSI-FOCSIV, 2001, p. 22).

La “didattica per progetti” parte dalla motivazione dello studente e la sostiene

proponendogli un’attività finalizzata ad un risultato, un prodotto concreto di

cui siano state definiti in partenza le caratteristiche e l’utilizzo, così,

l’esperienza assume caratteristiche di concretezza dove l’alunno mette in

campo i suoi limiti e le sue potenzialità e si assume la responsabilità della

risoluzione del problema individuato su cui si sta lavorando. Questa

metodologia partecipativa promuove lo sviluppo dei tre saperi fondamentali

dell’EaS: il “sapere” che riguarda la conoscenza dei temi e degli argomenti

trattati; il “saper fare” che riguarda l’elaborazione teorica e l’ esercizio pratico

di valori, atteggiamenti e abilità; il “saper essere” che riguarda la pratica

emancipatrice centrata sul processo di apprendimento e sulla partecipazione

attiva. Gli studenti lavorano in gruppo e sono interpellati in tutte le fasi del

progetto: nella fase di preparazione e progettazione (in cui viene individuato il

tema, delineate le finalità generali e i tempi); nella fase di produzione (in cui

vengono individuati gli strumenti, distribuiti i compiti e scelte le modalità di

lavoro); nella fase di valutazione (in cui si verifica la validità della

programmazione e dell’iter di lavoro). L’individuazione di un problema

complesso, concreto e di rilevanza sociale obbliga lo studente ad applicare un

approccio complesso che riguarda l’utilizzo di capacità pluridisciplinari e

l’integrazione di saperi, l’assunzione di atteggiamenti flessibili che si distaccano

dall’immaginario comune, l’instaurazione di un rapporto organico con il

territorio, la presa di coscienza delle realtà locale attraverso il contatto diretto

con operatori ed attivisti della società civile. Questa metodologia utilizza

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tecniche comunicative (video, cd, musica, etc.) e interattive32 (brainstorming,

dibattito, giochi di ruolo, etc.) che prevedono la partecipazione collettiva e

promuovono un processo esplicito di maturazione delle idee e di

decostruzione degli immaginari preconfezionati, attraverso il confronto.

Attraverso la “didattica per progetti”, gli studenti, lavorano per uno scopo

concreto e collaborando tra loro acquisiscono conoscenze e capacità sovra-

disciplinari e sviluppano un senso di autonomia e responsabilità. Questi sono

tutti processi che rendono la scuola il laboratorio critico della società.

Ogni progetto richiede specifiche competenze disciplinari e si

integra in un percorso curriculare, a cambiare però è l’approccio:

non più nozioni apprese in forma sistemica e sequenziale, ma

conoscenze relative a più ambiti disciplinari applicate mano a mano

che servono, o apprese per rispondere ad esigenze intervenute

nello sviluppo del progetto (Morini, 2001, p. 17).

32 Attraverso le tecniche interattive gli studenti vengono chiamati a partecipare alla discussione, esprimendo le proprie idee, con modalità strutturate. Tra queste: Il “brainstorming” risponde ad una molteplicità di obiettivi, dalla soluzione creativa dei problemi all’apprendimento ragionato e interattivo. E’ uno strumento per facilitare la discussione e far emergere le conoscenze pregresse degli studenti, nella fase di generazione delle idee si intende sia fare spazio a tutte le idee, sia fare spazio alle idee di tutti; ognuno può esprimere le sue idee negoziandole, in un secondo momento, con quelle degli altri per giungere ad un’idea generale condivisa. Il “dibattito animato/dibattito che ti cambia” promuove un processo esplicito di maturazione delle idee, di decostruzione dei pregiudizi e di potenziamento delle abilità dialettiche. Hal’obiettivo di facilitare il confronto su cause e conseguenze di determinate situazioni, la creazione di gruppi di opinione contrapposti favorisce il coinvolgimento e la libera espressione dei punti di vista. Il “metaplan” è una tecnica interattiva di discussione visualizzata su diverse macrotematiche, stimola l’ascolto delle idee altrui, consente di cogliere diversi punti di vista su un dato argomento ed è utile per far emergere i preconcetti presenti tra gli studenti prima di iniziare un percorso. I “giochi interattivi” utili a tradurre in esperienza concreta concetti astratti: a) Il “role-playing” attraverso cui si mette in scena una problematica e gli studenti interpretano alcuni ruoli peculiari. I partecipanti hanno modo di vivere ed esprimere emozioni e riflessioni che si generano dall’immedesimazione di determinati ruoli e che permette una comprensione più profonda di determinate situazioni. b) La “simulazione giocata” anche prevede un’interpretazione di ruoli che, però, avviene in gruppo. Il gruppo vive un’esperienza che rappresenta un modello di realtà per svelarne le dinamiche e per comprenderne la complessità. Attraverso questa tecnica si può ideare un “problem solving” dando ai destinatari il compito di ideare una soluzione adeguata al problema che gli è stato posto. (Dotti, Fornaro, Lepratti, 2005, pp.98-110)

105

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(Fonte: Morini, 2001, p. 18)

Solo la revisione epistemologica delle discipline sulla base di un paradigma

adeguato e l’utilizzo di metodologie educative innovative permette alla scuola

di fare politica, ossia: prendere posizione dinnanzi alla realtà, promuovere

competenze per spendersi nella vita e partecipare attivamente alla costruzione

di un nuovo immaginario collettivo condiviso. Le metodologie EaS, spostando

l’attenzione dal compito di far acquisire conoscenze alla necessità di creare 106

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atteggiamenti costanti e di costruire mentalità, hanno l’obiettivo di innescare

un meccanismo che mobilita il pensiero e la mente. Deciderlo di farlo è il

primo atto di trasformazione della realtà:

Decidir pensar y decidirse a pensar juntos. Se puede desaprender a

pensar. Casi todo hoy va en ese sentido. No hay nada más

movilizador que el pensamiento. No existe actividad más

subversiva ni temida. Y también más difamada, lo cual no es casual

ni carece de importancia: el pensamiento es político. El solo hecho

de pensar es político. De ahí la lucha insidiosa, y por eso más

eficaz, y más intensa en nuestra época, contra el pensamiento.

Pensar es vivir y generar vida nueva (J. Rogero cit. in Cortes, 2006,

p. 61).

2.4 La scuola italiana nella prospettiva EaS

Per poter comprendere lo spazio dedicato all’Educazione allo Sviluppo nel

sistema scolastico italiano è necessario allontanarci dall’idea più completa

dell’EaS che si mostra attraverso la tecnica della didattica per progetti

contenente concetti, prospettive, metodologie e approcci propri dell’EaS e la

cui diffusione è ridotta ai singoli casi di scuole cosiddette “sperimentali”.33 Dal

“Rapporto sullo Stato dell’Educazione allo Sviluppo nel Settore Educativo

33 Uno esempio di scuola “sperimentale” è la S.M.S. “Rinascita -Livi” di Milano che “da molti anni segue un modello didattico che esplora i campi d’indagine non solo per trasmettere conoscenze sedimentate e codificate, ma soprattutto per far acquisire metodi di analisi e interpretazione di eventi, fenomeni, processi, teorie, sistemi.” In questa scuola è stata attuata una strategia d’intervento che ha modificato il rapporto tra insegnamento e apprendimento grazie al contributo delle “educazioni” che ha permesso una più facile integrazione “tra le tre dimensioni del sistema educativo: conoscenze, valori, comportamenti.” L’utilizzo della didattica per progetti come metodologia guida si è ampiamente affermata nel tentativo di “trasformare le intenzioni programmatiche, messe a punto dagli insegnanti, in una esperienza pedagogica in cui gli allievi, negoziando le proposte del consiglio di classe, studiano, applicano, costruiscono e comunicano i prodotti della loro ricerca (Crudo, 1998, pp. 10-11).

107

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Formale e nel Curricolo Scolastico nei Paesi dell’Unione Europea”, stilato nel

200634 all’interno della Conferenza Europea di Helsinki, emerge chiaramente

che l’EaS non è formalmente identificata e, in nessun paese europeo, appare

ufficialmente nel curriculum scolastico nazionale. L’Italia non fa eccezione e

l’unica strada da percorrere per catturare la presenza dell’EaS nel sistema

scolastico nazionale è quella di presentare brevemente le fasi nodali del

cammino fatto, nell’ultimo decennio, per giungere all’attuale quadro

istituzionale della scuola italiana. Il dibattito sulla scuola, in Italia, è stato

incendiato dalla tendenza alla privatizzazione che le riforme dell’ultimo

decennio hanno mostrato e promosso. Il percorso della privatizzazione della

scuola pubblica ha inizio con l’applicazione del regolamento dell’autonomia al

settore dell’istruzione (d.p.r. n° 275/1999) e l’introduzione della riforma

scolastica dei cicli35 con Berlinguer (l. n° 30/2000). La riforma Berlinguer ha

istituzionalizzato l’autonomia scolastica intesa come esigenza delle istituzioni

scolastiche di rispondere alle richieste del contesto in cui operano.

L’innovazione più profonda della riforma risiede nel passaggio dal programma

al curriculum36 che ha modificato il tipo di organizzazione didattica: si

abbandona la logica del programma dettata dal centro e si passa al curriculum,

dinamico e flessibile, nuovo contesto di apprendimento che affianca ai

contenuti conoscitivi altre dimensioni.

34 L’anno precedente, il 2005, è stato proclamato dal comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa “Anno europeo della cittadinanza attraverso l’educazione”, con l’obiettivo di lanciare, in tutta l’Europa, una campagna di diffusione e di applicazione delle strategie e di buone pratiche individuate.

35 La riforma dei cicli prevede la sostituzione della divisione in scuole elementari-medie-superiori e l’organizzazione del percorso di formazione in due cicli: il primo ciclo comprende la fascia d’età dai 6 ai 13 anni, il ciclo secondario dai 13 ai 18 anni. La riforma intende mitigare la separazione netta tra la scuola elementare-media-superiore per introdurre una sequenza dei percorsi formativi scelti in modo consapevole e coerente tra finalità, contenuti e metodi.

36 Questo passaggio avviene da un sistema gerarchicamente organizzato e burocraticamente gestito a livello centrale, caratterizzato da una scansione lineare e gerarchizzata dei contenuti disciplinari, ad un sistema orientato ai bisogni di chi apprende e che compie una riscrittura del sapere disciplinare attorno ai concetti base, nuclei concettuali fondanti con capacità generativa, nei quali convergono molteplici discipline.

108

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La scuola del programma si identifica con un sistema formativo

gerarchicamente organizzato e burocraticamente gestito che lascia

poco spazio all’iniziativa didattica e organizzativa della scuola.

Legandosi a un assetto d’intervento centralizzato e uniforme, il

programma diventa una base di riferimento statica e prescrittiva per

l’organizzazione del processo d’insegnamento/apprendimento

(Maglia, 2009).

La rigidità imposta dal programma nazionale scolastico, che non prevede

alcuno spazio per un approccio EaS, viene gradualmente eliminata

dall’introduzione del curricolo come nuovo riferimento per le proposte

didattiche: “la proposta d’insegnamento/apprendimento si connota in termini

curricolari quando è attenta a realizzare per ogni studente il percorso di

formazione più adatto alle sue esigenze e alle condizioni di partenza” (Maglia,

2009). La riforma Berlinguer prevede che la programmazione dell’offerta

didattica avvenga all’interno di ogni singola istituzione scolastica che, immersa

nel territorio d’appartenenza, calibra l’azione didattica secondo le esigenze e le

potenzialità del suo target. La programmazione deve essere coerente agli

obiettivi nazionali, agli standard con cui ogni azione didattica si deve

confrontare, rispondente alle esigenze locali e organizzata attraverso nuclei

fondanti delle discipline.

Nella prospettiva della riforma, che sollecita a costruire curriculi

intorno a pochi temi, ma tali da essere generatori di senso per gli

studenti e capaci di fornire loro conoscenze e competenze

disciplinari per comprendere la realtà in cui vivono, le Educazioni

sembrano infatti diventare uno strumento fondamentale nel

difficile compito di costruire i nuovi curriculi, specialmente perché

affrontano temi che suscitano la motivazione degli studenti, li

109

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fanno riflettere sulla loro responsabilità di cittadini e li invitano al

pensiero complesso (Medi, 2001, p. 22).

Il richiamo alle “educazioni” (all’educazione alla pace, all’intercultura, alla

salute, all’alimentazione, etc.) non è sufficiente per affermare ufficialmente

l’ingresso dell’EaS come criterio-guida dei programmi scolastici. Anche se è

forte il riferimento alle educazioni come “luogo culturale dove le materie

d’insegnamento si sono incontrate e intersecate” (Crudo, 2000, p. 7), il taglio

con cui le nuove dimensioni educative sono introdotte è segnato da un forte

eurocentrismo e da una tendenza alla banalizzazione dei grandi temi.

Nonostante la riforma del ’99 abbia ridisegnato l’assetto istituzionale e abbia

introdotto il concetto di “nuclei fondanti delle discipline” che indicano

un’integrazione tra le discipline per affrontare i “grandi temi”, si è ancora

distanti da un approccio integrato EaS ostacolato dal rischio di una chiusura

localistica e dalla semplificazione delle interpretazioni. Con ciò non si vuole

negare il carattere innovativo di questa riforma che, almeno in teoria, “rinuncia

all’enciclopedismo e alla proliferazione delle discipline e dei contenuti e chiede

la messa a fuoco dei nuclei concettuali fondamentali delle discipline, con

caratteri di trasversalità e specificità, attorno a cui costruire percorsi

d’insegnamento” (Barra, 2000, p. 30) ed, inoltre, individua nuovi protagonisti

del percorso di formazione, associazioni, enti ed altri rappresentanti della realtà

locale che arricchiscono notevolmente l’azione didattica collegandola alle

esperienze di vita.

Uno dei grandi limiti del sistema educativo italiano risiede nella episodicità e

tempestività con cui si introducono nuove riforme, raramente segnate da

caratteri di continuità con quelle che le hanno precedute. La riforma

Berlinguer è stata abrogata dalla riforma Moratti (l. n° 53/2003) introdotta col

cambio di governo. La nuova riforma, nella confusione più totale tra le finalità

dell’istruzione e quelle della formazione professionale, istituisce un sistema

110

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duale “costituito dal sistema dei licei e dal sistema dell’istruzione e della

formazione professionale” (l. n° 53/2000, art. 2, comma 1g ) che inasprisce la

divisione tra la cultura e la formazione professionale. La riforma Moratti

introduce un cambiamento di direzione del sistema scolastico che “assume

come metodo per organizzare il lavoro pedagogico e didattico la certificazione

delle differenze sociali e culturali tra gli allievi” (Profumo, 2004, p. 13). La

prospettiva della riforma37 è orientata a rafforzare implicitamente ed

esplicitamente: un asse culturale italo-eurocentrico; una concezione

individualistica del rapporto tra scuola e società; una divisione tra cultura e

lavoro; una miopia rispetto alla dimensione globale della realtà. Tutti aspetti

che rispecchiano “una idea gerarchica di scuola e società” (Barra, 2004, p. 16) e

che non lasciano intravedere la possibile integrazione di un approccio EaS. Il

timido riconoscimento delle educazioni, fatto dalla riforma precedente, come

“lenti pedagogico didattiche attraverso cui filtrare obiettivi, metodi, contenuti e

concetti delle discipline” (Barra, 2003, p. 3) svanisce completamente e

quest’ultime vengono racchiuse all’interno di unico contenitore chiamato

“educazione alla convivenza civile”. L’educazione alla convivenza civile è

articolata in sei ambiti che comprendono l’educazione alla cittadinanza, alla

salute, stradale, all’alimentazione, ambientale, all’affettività, che restano

estremamente distaccate tra loro essendo fortemente eterogenee. La scelta di

queste educazioni riguarda il loro ruolo “per così dire strumentale come quello

di informare gli studenti e fornire loro conoscenze ‘utili’ ad orientarli verso

comportamenti pratici ” (Barra, 2003, p. 4). E' evidente l’espulsione della

dimensione globale dagli scopi dell’azione didattico-pedagogica e il

rafforzamento di uno sguardo del tutto nazionale proposto per la percezione 37 La Riforma Moratti stabilisce i seguenti punti: scuola dell’infanzia dai 3 ai 5 anni di età; scuola

primaria dai 6 ai 10 anni di età; scuola secondaria di primo grado dagli 11 ai 14 anni di età, con conclusivo esame di Stato; sistema dei licei quinquennale (artistico, classico, economico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico, tecnologico, delle scienze umane), di competenza statale; sistema dell’istruzione e formazione professionale quadriennale, di competenza regionale; è possibile accedere ad un quinto anno integrativo per conseguire il diploma dell’esame di Stato; tra i due sistemi sono previsti passaggi degli alunni e viene istituita l’alternanza scuola-lavoro.

111

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dei processi complessi. Le educazioni, così ridotte, non riescono a soddisfare

la necessità di rinnovamento della scuola italiana che risulta tutt’oggi in

difficoltà di fronte alla complessità del mondo contemporaneo. Il rapporto tra

le educazioni e le discipline è episodico e discontinuo ed ha prodotto la

formazione di “due curricoli paralleli” (Barra, 2003, p. 4) che non

condividono finalità, temi, concetti, metodologie. La riforma Moratti ha subito

delle modifiche con l’avvento del cambio di governo avvenuto nel 2006 e con

la successiva nomina di Fioroni a capo del Ministero dell’Istruzione,

dell’Università e della Ricerca. Il ruolo di Fioroni è stato piuttosto limitato nel

tempo, a causa della precoce caduta del governo, e le modifiche apportate

nell’ambito del sistema scolastico non coinvolgono lo spazio delle educazioni

né sono state innovative riguardo la retorica della privatizzazione che, da ormai

un decennio, segna la scuola italiana.

Il 2008 è stato l’anno della riforma Gelmini (l. n°169/2008), attuale Ministro,

che ha introdotto ulteriori tagli ai fondi per l’istituzione scolastica.

Con Gelmini abbiamo superato la fase ibrida di transizione. Da una

parte l'esplosione della concorrenza, delle iniziative individuali,

spesso estemporanee, seguendo la logica dell'impresa; dall'altro un

centralizzato Ministero che tutto decide e dirige. Quest'ultimo sta

ora dando la definitiva spallata alla scuola pubblica dimenticando di

rappresentare i cittadini e schierandosi apertamente con i privati

che, con la scuola, vogliono fare affari (Renzetti, 2008).

Successivamente agli ulteriori tagli previsti per l’istituzione scolastica la scuola

ha provveduto, con i suoi programmi d’offerta formativa, ad accaparrarsi gli

esigui finanziamenti disponibili.

Le riforme brevemente analizzate, escluse le ultime due non fanno

esplicitamente riferimento alle educazioni, sono decisamente distanti

112

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dall’accogliere l’idea di un approccio EaS all’interno dei curriculum scolastici.

La riforma in corso prevede l’introduzione dell’ora di “educazione alla

cittadinanza” come materia aggiuntiva e macrocontenitore composto

dall’educazione ambientale, alla salute, stradale, e dallo studio della costituzione

italiana per “aiutare i ragazzi a essere cittadini consapevoli dei propri diritti e

dei propri doveri” (www.uaar.it). I curriculum lasciano spazio alle cosiddette

educazioni soltanto dopo aver soddisfatto il monte ore delle discipline

tradizionali che sono ancora trattate nei loro specifici ambiti e nella loro

integrità.

La presenza dell’EaS nel sistema scolastico italiano è ancora molto debole e

contrasta con il dato europeo che indica che nel 56% dei paesi europei l’EaS è

considerata trasversale al curriculum.38 L’approccio interdisciplinare e

partecipativo dell’EaS, nel settore educativo formale, è spesso contraddetto

dalle pratiche dell’azione didattica, se non del tutto misconosciuto:

La regola generale è che l’uso e la familiarità di EaS o EG39 dipende

dagli “esperti” ovvero istituzioni, educatori, ONG. C’è stata

un’evoluzione per affrontare sia la qualità dell’istruzione per i

giovani in età scolastica sia l’applicazione di una complessa gamma

d’idee al curriculum scolastico e alle metodologie di

apprendimento. Ma gli educatori di EaS e EG hanno dovuto far

pressione per il riconoscimento e l’inclusione di questi termini che

comunque restano largamente identificati dall’agenda dello

sviluppo invece che dall’agenda pedagogico-didattica (Davis -

Coupez, 2007, p. 4).

La debolezza dell’EaS in quest’ambito è dettata: dalla mancanza di

38 Questo dato risulta dall’indagine eseguita dal DEEEP ed è contenuto nella “Sintesi del rapporto sullo stato dell’Educazione allo Sviluppo nel settore educativo formale e nel curricolo scolastico nei paesi dell’Unione Europea” stilato nell’agosto 2007.

39 Educazione alla Globalità.113

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riconoscimento ufficiale di questa nuova pratica educativa, dalla mancanza di

coordinamento tra i ministeri (Affari Esteri e Istruzione), dall’assenza di

aggiornamenti da parte degli insegnanti, dalla precarietà degli operatori EaS e

infine, ma non ultimo, dalla scarsità dei fondi. Le conclusioni della Conferenza

di Helsinki sull’Educazione allo Sviluppo presentano una serie di

raccomandazioni rivolte ai membri dell’Unione Europea che sarebbero utili

anche al caso italiano:

• Che siano introdotte misure e provvedimenti efficaci affinché sia

soddisfatto un requisito pan-europeo per sistematiche riforme nel

curriculum e nella formazione iniziale degli insegnanti, e disposizioni

per una formazione continua di alta qualità per gli insegnanti in

servizio.

• C’è anche bisogno di aumentare in modo significativo l’offerta statale di

risorse per formare i formatori di ONG, agenzie educative specializzate

o di servizi locali/regionali di consulenza al settore scolastico.

• l’integrazione della prospettiva globale e dello sviluppo nei sistemi

educativi richiede lo sviluppo di strategie coordinate tra i Ministeri degli

Affari esteri, dell’Istruzione e altri Ministeri rilevanti, attori della società

civile ed enti locali.

Affinché l’EaS si ponga come completo strumento di formazione per cittadini

attivi e consapevoli che sappiano vivere, agire, muoversi nella dimensione

globale bisogna lavorare efficacemente con i sistemi educativi nazionali e i

curricoli scolastici per renderli adeguati alla comprensione della

multidimensionalità dei fenomeni contemporanei.

114

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CAPITOLO III

“ESPERIENZE E PROGETTI”

3.1 CASE STUDY

Nel capitolo precedente è stata dedicata una particolare attenzione all'ambito

scolastico inteso come uno dei principali campi d'azione prescelti da chi opera

nell'EaS. L'analisi delle dinamiche attraverso cui questo approccio opera nel

settore dell'educazione formale hanno portato ad un'idea di EaS come sfondo

integratore adatto ad una nuova organizzazione del sapere che superi i confini

tra le diverse discipline. Invece la breve descrizione dell'esperienza italiana ha

mostrato l'esiguo spazio destinato all'EaS all'interno della programmazione

delle istituzioni scolastiche e alla loro resistenza al cambiamento. L'idea di

EaS, come pratica socio-educativa emancipatrice, non è rispecchiata dalla realtà

italiana che vede un'introduzione nel sistema scolastico delle nuove educazioni

senza prevedere nessuna integrazione delle nuove pratiche educative all'interno

dei curriculum. Questo è un aspetto fondamentale da sottolineare per valutare

le possibilità di successo o di fallimento di un processo di cambiamento che

intende partire da una riformulazione del pensiero per innescare un processo

di cambiamento sociale. Tenendo conto del grande obiettivo dell'EaS è

interessante chiedersi che impatto ha introdotta nel sistema scolastico italiano.

Nel tentativo di dare risposta a questo interrogativo ho scelto di partire da un

caso specifico: la “Città di Leonia”, un percorso EaS realizzato nella S.m.s. “A.

Sogliano” dalla ONG “CISS” e dall'associazione “EaSlab” con il contributo

finanziario della Regione Campania attraverso il programma regionale

“ScuolAmbiente”. Nonostante la parzialità del caso credo comunque sia

rappresentativo della modalità d'incontro dell'EaS con il mondo scolastico

italiano e quindi utile per capire il valore di questo incontro. L'EaS viene

115

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introdotta nella scuola italiana solo come attività integrativa e nella forma di

percorsi didattici. Il percorso didattico preso in esame è una delle espressioni

dell'ingresso dell'EaS nel sistema educativo formale: la “Città di Leonia” è un

percorso di educazione ambientale e alla cittadinanza attiva realizzato

all'interno di un istituto scolastico di Napoli. “Città di Leonia” può essere

potenzialmente utile per avviare una riflessione più profonda sull’EaS come

nuovo strumento di educazione e sviluppo e sarà un tentativo di trarre degli

elementi utili per dare risposta ad alcuni interrogativi posti all’inizio di questa

indagine: l’EaS funziona? E’ uno strumento applicabile anche in contesti difficili? Qual è

il valore dell’incontro tra pratiche EaS e il mondo della scuola? Quali le prospettive future?

Il percorso didattico “Città di Leonia” è realizzato come attività integrativa in

orario extracurricolare, come la maggior parte dei percorsi EaS promossi nelle

scuole italiane, all'interno di una scuola rappresentativa di una realtà difficile,

quella napoletana, segnata da un alto tasso di dispersione scolastica.

Questo capitolo è dedicato allo studio di caso mossi dalla convinzione che solo

il contatto con la realtà ed un contesto specifico diano la possibilità di riflettere

in maniera critica e costruttiva. La scelta di prendere in considerazione un caso

specifico è legata all’esigenza di provare ad analizzare con sguardo critico uno

strumento utilizzato da molte ONG che si occupano di sviluppo, così

descritto:

L’Educazione allo Sviluppo nel Nord del mondo (o “Educazione alla

Cittadinanza Globale” come alcuni in Europa preferiscono), esprime

la tensione propositiva e progettuale per un miglioramento delle

condizioni di vita di tutte le donne e tutti gli uomini del mondo, ed

è un pilastro irrinunciabile nella prospettiva di un’umanità solidale e

capace di futuro verso cui le Organizzazioni Non Governative

lavorano (Associazione ONG Italiane, 2009).

La specificità del caso e la mia partecipazione al percorso analizzato

116

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forniscono utili spunti di partenza che permettono un’analisi attenta e critica

che solo la realtà e la concretezza dell’esperienza permettono.

L’interesse per questo caso è legato innanzitutto alla peculiarità del contesto

dove si sviluppa e si svolge questo percorso didattico, e cioè Napoli, un Sud

nel cosiddetto Nord del mondo e alla mia personale ossessione di riflettere sui

legami Nord/Sud e sui risvolti delle azioni nel Nord sul Sud e viceversa.

Inoltre la possibilità di partecipare in prima persona al percorso analizzato ha

costituito un elemento decisivo, di ordine pratico, nel determinare la scelta

dello studio di caso.

L’obiettivo dell’indagine è individuare i punti di forza e di debolezza

dell’Educazione allo Sviluppo, il suo ruolo nel settore educativo formale e la

sua possibilità di essere applicata anche in contesti difficili. Benché il percorso

scelto è stato realizzato esclusivamente in ambito scolastico, credo che

l’esperienza sia significativa per sollevare una riflessione più ampia e generale

sul rischio dell’EaS di essere assorbita dal mainstream.

Per l’indagine realizzata mi sono servita dei documenti di progetto delle due

associazioni, di report di riunioni per l’ideazione del progetto e di verifica dello

stato del percorso, e di pubblicazioni della scuola dove il progetto è stato

rivolto. Questo tipo di fonti ha costituito il principale veicolo d’informazione,

arricchite in una fase successiva da alcune fonti dirette legate principalmente

all’indagine sul campo, tra cui: operatori EaS, docenti e responsabili del

programma “Scuole Aperte” e “ScuolAmbiente” con cui ho avuto la

possibilità di dialogare e raccogliere dati interessanti.

L’accesso alla documentazione utilizzata è stato possibile grazie al contatto

diretto e alla pluriennale collaborazione con il CISS e con l’EaSlab, dove ho

potuto reperire i documenti dei progetti EaS e i report. In linea generale

reperire la documentazione per lo studio di caso non è risultato affatto difficile

poiché si tratta di un percorso realizzato recentemente e a cui ho partecipato

attivamente. Piuttosto rara, invece, si è mostrata la possibilità di incontrare

pubblicazioni complete e varie sull’EaS nei processi educativi scolastici.

117

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L’omogeneità e la limitatezza delle fonti è decisamente un limite che ha

ostacolato il tentativo di portare avanti un’analisi completa e ricca.

Il CISS (Cooperazione Internazionale Sud Sud) e l’EaSlab (Laboratorio di

ricerca e sperimentazione sull’Educazione allo Sviluppo) sono due associazioni

presenti sul territorio campano che si sono fatte promotrici della diffusione

dell’Educazione allo Sviluppo nell’ambito dell’educazione formale e non

formale, con l’obiettivo di costruire insieme una cultura di cooperazione e

solidarietà. Il percorso didattico “Città di Leonia” è stato realizzato grazie ad

una collaborazione tra il CISS e l'EaSlab ed è opportuno rivolgere uno sguardo

al cammino intrapreso da i due enti, attivi in Campania, per fornire il quadro in

cui il percorso s'inserisce. Il CISS e l’EaSlab hanno due storie distinte e

peculiarità differenti che è opportuno presentate per meglio comprendere la

scelta fatta di intraprendere un cammino comune.

3.1.1 Il CISS

Il CISS (Cooperazione Internazionale Sud Sud) è una ONG italiana, fondata a

Palermo nel 1985, impegnata nell’ambito della cooperazione e della solidarietà.

I settori e le aree d’intervento sono molteplici (agricoltura, acqua, ambiente,

energie rinnovabili, salute, migranti, istruzione, diritti umani, educazione allo

sviluppo, minori, beni culturali, formazione, genere, infrastrutture, sviluppo

comunitario, artigianato, etc.). Il raggio d’azione del CISS nel Sud del mondo

comprende alcuni paesi dell’America del Sud (Bolivia, Brasile), dell’Africa

(Algeria, Costa D’Avorio, Egitto, Etiopia, Marocco, Mauritania, Tunisia,

Repubblica Democratica del Congo, Repubblica del Congo), dell’Europa

Balcanica (Macedonia), del Medio Oriente (Palestina, Libano) e del Sud-est

asiatico (Sri Lanka). I progetti da essa promossi vengono realizzati con il

meccanismo del co-finanziamento, in particolar modo in collaborazione con:

Ministero Affari Esteri, Unione Europea, Agenzie delle Nazioni Unite, Enti

Locali (tra cui la Regione Sicilia e la Provincia di Napoli).

118

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L’attenzione del CISS non si rivolge esclusivamente ai cosiddetti paesi in via di

sviluppo ma si concentra anche nelle aree italiane in cui è radicato – Palermo,

Bari e Napoli- città rappresentative del sud Italia. In questi territori, dove sono

situate le molteplici sedi della ONG, si promuovono attività di informazione,

sensibilizzazione, formazione sui temi della cooperazione e sulla realtà dei

paesi dei Sud del mondo, in un’ottica di relazione tra i territori. Il CISS realizza

nelle tre sedi – Palermo, Napoli e Bari – attività, progetti e percorsi formativi

rivolti a studenti, insegnanti e operatori negli ambiti dell’Educazione

Interculturale e allo Sviluppo e della solidarietà, in un’ottica di progettazione e

didattica partecipative. Promuove lo “Youth in Action programme”,

programma europeo finanziato dalla DG Educazione e Cultura della

Commissione europea, volto a favorire la mobilità in Europa e nel Mondo di

giovani. Attiva percorsi di accoglienza e progetti rivolti ai cittadini migranti,

differenziandoli in base alle peculiarità dei territori sui quali è presente.

Nelle iniziative della ONG è evidente il tentativo di connessione tra le realtà

multiple in cui opera, al fine di costruire un percorso comune d’emancipazione

dei vari soggetti attivi, per lo sviluppo di tutti i sud possibili:

La finalità principale della nostra Associazione è intervenire sulle

tematiche dello sviluppo, a favore delle fasce di popolazione più

emarginate, nel Sud Italia come nei paesi del Sud del Mondo. Per

conseguire la propria mission il CISS si ispira ai seguenti principi:

• Promuovere, sostenere e favorire i valori di una cultura

della solidarietà;

• Difendere e promuovere i diritti umani fondamentali delle

persone, lottando contro le politiche neo-liberiste che

rafforzano le distanze tra nord e sud;

• Favorire relazioni e scambi tra gruppi e organizzazioni del

sud e del nord del mondo;

• Promuovere la pace per costruire una società più giusta;

119

Page 120: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

• Basarsi sui bisogni delle persone e le loro relazioni per

contribuire allo sviluppo e all’ empowerment di gruppi e società

locali (CISS, 2009).

Sebbene è utile una panoramica generale sulle iniziative del CISS per poter

entrare nell’ottica guida della ONG, ai fini della mia ricerca sull’Educazione

allo Sviluppo, ho ritenuto necessario prendere in esame un territorio specifico

in cui il CISS opera. Il focus dell’attenzione è dedicato ad alcune attività di

Educazione allo Sviluppo del CISS a Napoli. La motivazione che ha condotto

alla scelta di questo territorio è dettata sia dalle peculiarità di questa città del

sud Italia sia dal fatto, decisamente importante, di aver avuto la possibilità di

“toccare con mano”. Il CISS inaugura le sue attività nel contesto napoletano

dal 2000 proprio con attività di sensibilizzazione e di Educazione allo Sviluppo

rivolte alla cittadinanza in generale e, successivamente, all’ambito

dell’educazione formale attraverso la promozione di progetti destinati alle

scuole del territorio con la collaborazione dell’associazione EaSlab.

3.1.2 L’EaSlab

L’EaSlab (Laboratorio di ricerca e sperimentazione sull’Educazione allo

Sviluppo) è un’associazione senza scopo di lucro, nata a Napoli nel 2003,

impegnata nella promozione e nella diffusione di una cultura dello sviluppo

fondata sulla sostenibilità e sulla partecipazione. L’associazione promuove

iniziative di sensibilizzazione e di Educazione allo Sviluppo attraverso:

l’ideazione di progetti educativi, di formazione e di aggiornamento; la

realizzazione di campagne di sensibilizzazione, convegni, seminari,

pubblicazioni; l’elaborazione di strumenti a supporto della didattica.

EaSlab ritiene che l’educazione e la sensibilizzazione svolgano un

ruolo fondamentale nel rafforzare la partecipazione attiva delle

120

Page 121: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

comunità locali nei processi di sviluppo sostenibile.

A tal fine EaSlab promuove e realizza dei laboratori esperenziali in

cui stimolare, da un lato, l’accrescimento delle conoscenze e delle

competenze individuali e, dall’altro, la partecipazione equa di tutti i

soggetti coinvolti nel processo. Il tutto in un’ottica interculturale e

di rispetto delle diversità personali e territoriali.

EaSlab diffonde la conoscenza delle problematiche relative agli

squilibri territoriali ed internazionali e, attraverso le sue attività,

contribuisce alla realizzazione di progetti di rilevanza ambientale e

socio-educativa nei Paesi in via di sviluppo (EaSlab, 2009).

Nel promuovere una nuova cultura dello sviluppo come processo

partecipativo e sostenibile, Easlab, ha sostenuto la creazione di reti e di gruppi

di lavoro a livello locale per collaborare alla costruzione di percorsi

d’emancipazione della cittadinanza. Tuttavia il privilegiato campo d’azione

riguarda il settore educativo formale a cui l’associazione rivolge la sua azione

educativa finalizzata a favorire un maggior protagonismo dei giovani e alla

diffusione delle tematiche dello sviluppo sostenibile, dell’intercultura, della

pace, della cittadinanza attiva, delle interrelazioni nord-sud, dei diritti umani,

del consumo consapevole.

Dal 2003 fino ad oggi, l’EaSlab, ha realizzato molteplici laboratori entrando in

contatto con diverse scuole del territorio campano che hanno accolto gli

innovativi percorsi didattici, dando vita a nuovi luoghi d’incontro, di riflessione

e di scambio di esperienze.

3.1.3 Il percorso congiunto: CISS/EaSlab

La collaborazione tra il CISS e l’EaSlab per la diffusione di una nuova cultura

dello sviluppo si basa sull'integrazione dell’esperienza dell’EaSlab nel

rispondere alle nuove esigenze del mondo scolastico, con l’ideazione di

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Page 122: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

percorsi didattici, e le competenze del CISS sia sul territorio con il supporto

delle reti sociali locali, sia nel Sud del mondo con progetti di cooperazione

internazionale. Il CISS e l’EaSlab hanno collaborato al fine di intraprendere un

percorso di formazione per operatori dell'Educazione allo Sviluppo realizzato

attraverso la condivisione delle competenze del CISS, riguardo a tematiche

specifiche legate all’esperienza diretta della ONG nel Sud del mondo, e

dell’EaSlab, riguardo alla metodologia di questa nuova prospettiva educativa. Il

corso si è basato sull’idea di Educazione allo Sviluppo intesa come un

processo di sensibilizzazione sociale e di formazione integrale delle persone:

un’educazione dinamica rivolta alla costruzione di una cittadinanza attiva e

responsabile e alla promozione di uno sviluppo sostenibile.

L’Educazione allo Sviluppo si compone di tre elementi inseparabili:

• Educazione sullo Sviluppo: conoscenze concettuali su economia, po-

litica, storia, antropologia, ambiente, a livello locale e internazio-

nale.

• Educazione per lo Sviluppo: elaborazione teorica ed esercizio pratico

di valori, atteggiamenti e abilità per facilitare la costruzione di

una personalità critica, tollerante e solidale che serva a promuo-

vere l’eguaglianza e la giustizia sociale.

• Educazione come Sviluppo: pratica emancipatrice centrata sul proces-

so stesso di insegnamento-apprendimento e sulla partecipazio-

ne attiva (EaSlab, 2009).

Il percorso congiunto delle due associazioni ha avuto inizio nel 2006 con il

“Corso di formazione per operatori dell’Educazione allo Sviluppo e all’Inter-

cultura”. Il corso è durato circa tre mesi con lo scopo di formare degli opera-

tori: gli incontri con i formatori sono stati incentrati sulla comprensione del-

l'Educazione allo Sviluppo come approccio trasversale ed interdisciplinare, sul-

le tecniche da utilizzare, sulle modalità di progettazione e di valutazione. Una

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Page 123: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

parte del corso è stata dedicata alla riflessione sulle diverse dimensioni dello

sviluppo: la dimensione giuridica - i diritti umani, la dimensione umana - l'edu-

cazione alla pace ed alla cooperazione, la dimensione interculturale - conoscere

ed accettare l'altro, la dimensione economica e gli squilibri internazionali.

Gli operatori non sono stati dei semplici ricettori di nozioni ma sono stati

coinvolti a pieno nel processo di costruzione del percorso stesso. Ogni singolo

incontro è stato composto da una parte teorica e da una parte pratica dedicata

principalmente a giochi di ruolo oppure a simulazioni. La metodologia utilizza-

ta, sia come tecnica del corso di formazione sia come metodologia da appren-

dere per l’operatore, è stata la didattica partecipata. Si tratta di una metodolo-

gia che mira al rafforzamento delle competenze professionali per lo sviluppo

del "prodotto formativo" dando vita a luoghi di incontro, di riflessione, di

scambio di esperienze, di documentazione, di elaborazione, nonché di proget-

tazione innovativa. La prima fase di formazione, dedicata alla metodologia ed

alle tecniche di intervento sull’Educazione allo Sviluppo, si è conclusa con la

creazione di un gruppo di studio e con la progettazione di percorsi educativi

da proporre alle scuole del territorio. I percorsi educativi sono stati elaborati

per scuole elementari, medie e superiori e propongono temi e concetti di Edu-

cazione allo Sviluppo; Educazione Ambientale; Educazione alla Mondialità;

Educazione all'Intercultura; Educazione alla Pace; Educazione alla Cittadinan-

za Attiva. Alcuni dei progetti sono stati realizzati, dando agli operatori l’oppor-

tunità di sperimentarsi anche sul campo.

La formazione ha avuto seguito all’interno del progetto “CamBio” promosso

dal CISS, ONG capofila, in associazione con MAIS 40e GVC41.

40 MAIS: Movimento per l’autosviluppo l’interscambio e la solidarietà, è un' Organizzazione non Governativa di cooperazione internazionale fondata nel dicembre del 1990 a Torino, con riconoscimento di idoneità alla cooperazione internazionale ed all'educazione allo sviluppo rilasciata dal Ministero degli Affari Esteri Italiano. M.A.I.S. realizza progetti (in Brasile, Nicaragua, Guatemala, Egitto, Senegal, Mozambico) mirati a favorire la democrazia economica e sociale nel sud del mondo, cooperando con enti ed organismi locali ed internazionali. Opera per lo sviluppo sostenibile e partecipativo delle popolazioni coinvolte, in particolare i piccoli produttori, i minori e le donne, favorendo l'emergere delle potenzialità locali. Promuove l'interscambio di esperienze sia all'interno di paesi in cui opera che tra nord e sud del mondo. (MAIS, 2009)

41 GVC: Gruppo di Volontariato Civile, è un’organizzazione non governativa laica per la cooperazione allo sviluppo, riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri e dall'Unione

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Page 124: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

“CamBio” è un progetto di Educazione allo Sviluppo, finanziato dal Ministero

degli Affari Esteri, incentrato sullo sviluppo sostenibile:

obiettivo generale del progetto è sensibilizzare e mobilitare settori

specifici dell’opinione pubblica italiana sul diritto dei popoli, in

special modo nei PVS, a che le loro risorse siano utilizzate in modo

sostenibile sia in senso ambientale che sociale, stimolando al

contempo la diffusione dei saperi e la condivisione delle esperienze,

nella direzione di un nuovo partenariato globale per lo sviluppo

(CamBio, 2009).

Parte integrante del progetto42 è il corso di formazione “Lo Sviluppo

Sostenibile nell’Educazione allo Sviluppo”, tenutosi nei mesi tra aprile e

giugno 2008 contemporaneamente in Campania -Sicilia - Emilia Romagna -

Piemonte, per educatori ed operatori del terzo settore con la finalità di

approfondire competenze sulle tecniche e le metodologie di intervento

nell’Educazione allo Sviluppo. Il corso è stato gestito da una equipe di sette

esperti, tra cui soci di EaSlab, sulla tematica generale dello sviluppo sostenibile

relativamente ai focus specifici: “risorse umane (donne e minori, processi di

partecipazione), risorse culturali (valorizzazione delle risorse storiche e

monumentali, turismo responsabile), risorse ambientali (in particolare acqua,

suolo e smaltimento dei rifiuti)” (CamBio, 2009). Le tematiche affrontate

hanno avuto come sfondo integratore “l’approfondimento teorico-operativo

Europea. Nata nel 1971 in Italia, oggi è attiva in 27 Paesi del sud del mondo. (GVC, 2009)42 Il progetto, oltre il percorso di formazione, prevede:

- La costituzione del gruppo di lavoro: per la costruzione della rete territoriale coinvolta nell’azione progettuale;

- Attività propedeutiche: ricerca e contatto con i comuni e le scuole da coinvolgere nel progetto e attivazione della relazione con i partner nei PVS per lo scambio di informazioni, documentazioni ed esperienze sui temi dello sviluppo sostenibile. Selezione e formazione degli operatori dello sviluppo che opereranno nell’intero percorso progettuale;

- Lavoro con i contesti territoriali: le ONG proponenti mettono a disposizione degli enti locali, delle scuole, delle associazioni territoriali i propri Centri di Documentazione, che offrono riviste, pubblicazioni e video specifici sui paesi del Sud del Mondo e sulle tematiche trattate nel progetto. Attivazione di laboratori nelle scuole e ideazione delle azioni di sensibilizzazione.

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Page 125: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

delle metodologie e strategie didattiche con l’uso dei diversi linguaggi

espressivi integrandoli in una comunicazione interattivo/emozionale in grado

di sensibilizzare i destinatari dell’intervento sui temi dello sviluppo sostenibile,

e sulle pratiche educative da adottare con i giovani delle scuole” (CamBio,

2009). Il corso di formazione tenutosi a Napoli, a cui ho partecipato, si è

concluso con la creazione di diversi gruppi di studio composti dai partecipanti

del corso che s’incontrano periodicamente per approfondire e ideare percorsi

didattici sulle seguenti tematiche: “consumi e rifiuti” - “acqua” - “Agenda 21”.

La scelta di questi temi è legata alle specificità locali e alle emergenze regionali

emerse nell’ultimo periodo.

3.2 LA SCUOLA, IL PROGETTO

Ai fini della mia ricerca sull’Educazione allo Sviluppo, con focus specifico

sull’implementazione di questo strumento in ambito scolastico, presenterò il

percorso didattico di educazione all'ambiente e alla cittadinanza attiva “Città di

Leonia” realizzato dalle due associazioni. Anche se questo percorso è

realizzato in un contesto particolare permette di individuare elementi utili per

un'analisi complessiva dell'EaS in ambito scolastico.

Prima di entrare nel vivo dell’analisi del percorso didattico ritengo opportuno

dedicare un piccolo spazio alla descrizione del contesto napoletano, nello

specifico, alla situazione del mondo della scuola e all’apertura di questa

struttura al territorio d’appartenenza per la promozione dell’integrazione e la

partecipazione dei giovani ad un processo di sviluppo consapevole.

La successiva panoramica può essere utile per comprendere il clima con cui

l’Educazione allo Sviluppo deve confrontarsi per affermarsi come utile stru-

mento di educazione e emancipazione.

125

Page 126: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

3.2.1 La S.m.s. “Sogliano”

La scuola media statale “A. Sogliano” è una delle istituzioni scolastiche che, in

collaborazione con il CISS e l’EaSlab, ha aperto le sue porte ad innovativi

percorsi didattici e a laboratori esperenziali rivolti al territorio. La scuola si

trova appena fuori porta Capuana e serve una platea scolastica che vive tra il

borgo S.Antonio Abate, via Forcella, via dei Tribunali e l’antico quartiere di

Porta Nolana. E’ un territorio estremamente difficile: l’istituto accoglie alunni

che appartengono in prevalenza ad un particolare contesto sociale in cui la

maggior parte delle opportunità offerte (servizi-lavoro-denaro) provengono

principalmente da organizzazioni criminali e da attività illegali. In questo clima

la scuola si presenta come uno dei pochi enti presenti sul territorio in

rappresentanza della legalità e dei diritti-doveri della cittadinanza, costretta ed

oramai abituata a provvedere da sé a tutti i bisogni e a mostrarsi ostile a

qualsiasi tipo di “intrusione” da parte delle istituzioni. Inoltre la scuola è

collocata in un quartiere dove la presenza dei migranti, provenienti soprattutto

dalle Filippine, dallo Sri Lanka, dalla Cina e dall’est europeo, è rilevante e

diventa significativa per la composizione delle classi. Da un'analisi del contesto

territoriale, realizzata dalla scuola, risulta che il disagio sociale vissuto da molte

famiglie è solitamente causa dell’alto tasso di dispersione scolastica che, in

generale, caratterizza l’ambiente scolastico napoletano: “Il quartiere non

dispone di servizi e strutture sportive pubbliche per cui molti ragazzi, dopo

l’orario scolastico, vivono per strada, a stretto contatto con un mondo il più

delle volte deliberatamente fuorviante” (Sogliano, 2008).

Questi sono i motivi per cui la struttura scolastica “A. Sogliano”, insieme alle

altre scuole del quartiere,43 svolge un ruolo fondamentale nell’offrire alla

cittadinanza uno spazio di socializzazione e partecipazione alla vita sociale.

Nell’ottica di apertura al territorio e di valorizzazione dell’ambiente circostante

attraverso l’integrazione dei cittadini, la S.m.s. “A. Sogliano”, ha partecipato al

43 Altre scuole del quartiere: Scuola primaria Imbriani-Borrelli; Scuola dell’infanzia Dante Alighieri.

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Page 127: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

bando regionale ed ha ottenuto i finanziamenti per dare avvio al programma

regionale “Scuole Aperte”.44 “Scuole Aperte” ha permesso di aprire la struttura

scolastica al territorio, proponendo laboratori per la promozione e la

diffusione di saperi diversi e competenze necessarie all’inclusione sociale e

all’esercizio totale dei diritti di cittadinanza. Le attività realizzate in orario

extracurricolare hanno previsto l’apertura della scuola anche di pomeriggio ed

hanno avvicinato le famiglie, gli anziani, i giovani ad un modo differente di

essere e fare scuola. Il programma regionale prevede l’istituzione di protocolli

d’intesa con altri enti e associazioni locali45 per azioni di supporto al progetto

scolastico. Alcuni dei laboratori sono stati realizzati in collaborazione con il

CISS e l’EaSlab che hanno contribuito alla realizzazione del grande progetto di

proporre la scuola “A. Sogliano” come un polo di aggregazione sociale e un

centro di trasformazione ed elaborazione culturale. Nel nuovo anno

accademico la “A. Sogliano” ha partecipato al programma regionale

“ScuolAmbiente46”, un nuovo programma - promosso dall’Assessorato 44 Il progetto Scuole Aperte approvato con atto deliberativo di Giunta Regionale n. 374 del

23/03/2006, perfetto ai sensi di legge, è finalizzato a favorire l’apertura delle Istituzioni Scolastiche Statali di ogni ordine e grado oltre l’orario curricolare, allo scopo di rinvigorire motivazioni e affezioni alla vita della realtà sociale circostante attivando curiosità e attitudine di collaborazione, integrando conoscenze, valorizzando stili cognitivi, liberando intelligenze individuali nella piena realizzazione delle proprie potenzialità attitudinali e nella prospettiva di patti generazionali che trovino l’intera realtà sociale partecipe di un processo di condivisione democratica. (Regione Campania, 2007)

45 Integrazione del progetto sul territorio: collaborazioni e collegamenti con altre realtà: • Ong CISS (Cooperazione Internazionale Sud Sud) per l’accoglienza linguistica• 26 C.D Imbriani-Borelli• 24 C.D Dante Alighieri• Comitato studenti della Scuola A. Sogliano• Carcere minorile di Nisida che fa parte della nostra scuola• Associazione culturale “Doppiow”• Associazione “fuoricampo”

46 Con DGR n. 341 del 29/02/2008, è stato approvato un piano sperimentale di interventi di educazione ambientale da realizzarsi negli Istituti scolastici pubblici della Campania e rivolti a studenti, alle famiglie, alle istanza sociali e culturali del territorio, ai cittadini tutti. Con delibera di GR n. 371 del 07/03/2008, a supporto e accompagnamento delle iniziative di educazione ambientale sopra indicate, sono state individuate le Linee Guida per l’attuazione e il coordinamento scientifico ed operativo dei progetti di educazione ambientale in materia di rifiuti; Il presente Avviso Pubblico prevede due fasi per l’individuazione delle Scuole da ammettere al contributo regionale. Una prima Fase (A) denominata “Differenziamola anche a Scuola” è riservata a tutte quelle Scuole che hanno sottoscritto o sottoscriveranno intese per la raccolta differenziata dei rifiuti. Queste Scuole godranno di un contributo regionale non superiore ad 2.000,00, per le attività connesse e da realizzarsi, dal 1 aprile al 30 giugno 2008. La seconda Fase (B) denominata “ScuolAmbiente” è destinata ad una più ampia ed esaustiva

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Istruzione, Formazione e Lavoro e dall’Assessorato per l’ambiente - per

rispondere all’emergenza rifiuti scoppiata nella Regione Campania. Il

programma “ScuolAmbiente” intende: promuovere atteggiamenti e

comportamenti consapevoli e responsabili verso l’ambiente; educare i giovani

ad un approccio sistemico verso le problematiche ambientali, favorendo

l’utilizzo di un approccio multidisciplinare alle tematica ambientali; sollecitare

la consapevolezza delle responsabilità individuale nella corretta gestione delle

risorse, all’interno e all’esterno delle strutture scolastiche, attraverso l’apertura

della comunità scolastica al territorio con “momenti di conoscenza e

sensibilizzazione sulle tematiche relative all’ambiente, costruendo occasioni,

strutturate e sistematiche, di incontro e di scambio tra la scuola, i cittadini e il

mondo della ricerca” (Regione Campania, 2008). “ScuolAmbiente”, che

prevede un piano sperimentale di interventi di educazione ambientale da

realizzarsi negli Istituti Scolastici della Campania, ha costituito la nuova cornice

che ha reso possibile anche per l’anno accademico 2008-09 la collaborazione

del CISS e dell’EaSlab in supporto alle iniziative della scuola “A. Sogliano”.

3.2.2 La “Città di Leonia”

Il progetto “ScuolAmbiente” in via di realizzazione alla S.m.s. “A. Sogliano”

prevede tre fasi di articolazione:

• Indagine conoscitiva svolta con l’utilizzo di metodi di

partecipazione. Il progetto sarà preceduto infatti, da un

questionario per valutare il livello di conoscenza e di sensibilità

sulle tematiche da affrontare. (…)

• Attività didattica dei laboratori componenti il progetto: Modulo

laboratoriale La città di Leonia. Seminario per docenti e

progettualità e si rivolge indistintamente a tutte le Scuole della Regione, ivi comprese quelle che già hanno partecipato alla Fase A. Le Scuole ammesse al contributo godranno di un sostegno economico non superiore ad 8.000,00 per le attività da realizzarsi nel corso dell’anno scolastico 2008/2009. (Regione Campania, 2008)

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cittadini:Oltre i rifiuti. Seminario per docenti e cittadini: Il

compostaggio. Laboratorio creativo dei ragazzi. Cineforum (...).

•Raccolta dei risultati e produzione (Sogliano, 2008).

Il percorso di educazione all’ambiente e alla cittadinanza attiva “Città di

Leonia” rientra nella seconda fase del progetto dedicata alle attività didattiche e

ai laboratori.

Il percorso “Città di Leonia” è il focus dell’attenzione prescelto come lente

d’osservazione per un’analisi dei percorsi di Educazione allo Sviluppo

all’interno del contesto scolastico. Il percorso, superando i confini della

tematica su cui si concentra, si propone come veicolo di informazione -

sensibilizzazione - formazione - azione della cittadinanza, nel caso specifico

degli alunni destinatari della “A. Sogliano”.

Come operatrice del CISS e dell’Easlab ho avuto l’opportunità di prendere

parte all’evoluzione e alla realizzazione del percorso che è attualmente in corso

presso la S.m.s. “A. Sogliano”.

Il Progetto intende inserirsi all’interno di una serie di attività che

l’associazione svolge per la diffusione di una cultura dello sviluppo

sostenibile e per la sensibilizzazione dei cittadini e del mondo della

scuola verso uno stile di vita più rispettoso dell’ambiente

circostante.

Partendo dalla lettura del brano “La città di Leonia”, tratto da “Le

Città invisibili” di Italo Calvino il progetto compie, infatti, un

percorso di riscoperta del proprio territorio e del contributo che

come singoli cittadini possiamo dare al suo degrado/sviluppo.

Indubbiamente una delle tematiche ambientali più rilevanti (...) è

sicuramente quella dei rifiuti, sia per le vicissitudini che la gestione

dei rifiuti ha vissuto e sta vivendo nella Regione Campania, sia per

le ripercussioni immediate che tale gestione comporta nella

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Page 130: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

vivibilità dei contesti urbani, sia per il legame diretto che esiste tra

“consumismo urbano” e produzione di rifiuti. (…)

In particolare, il progetto in oggetto, intende porsi in continuità

con le attività di comunicazione e promozione degli enti pubblici,

delle scuole e dei consorzi per il riciclaggio, affiancandosi ad essi

nella sensibilizzazione dei consumatori, i quali, in quanto utenti

finali del prodotto, sono potenzialmente in grado, attraverso le loro

azioni quotidiane, di incidere sui processi ambientali, scegliendo

prodotti che generano pochi rifiuti o che hanno comportato una

ridotta produzione di rifiuti durante le diverse fasi della loro

produzione e privilegiando comportamenti tesi al riutilizzo o alla

trasformazione di oggetti e materiali usati (EaSlab, 2006).

3.2.3 La progettazione e le metodologie

Il percorso individua come destinatari alunni nella fascia d’età dai 10 ai 13 anni

ed affronta i seguenti argomenti: ambiente e rifiuti, società dei consumi e stili

di vita, cittadinanza attiva e impegno civico, squilibri Nord/Sud e

cooperazione. Nell’affrontare le tematiche elencate sono utilizzati diversi

concetti appartenenti a materie curricolari come scienze e tecnica, lettere,

scienze sociali e arte.47 Il percorso vuole stimolare una riflessione sulle

specificità ambientali del proprio territorio, sullo stile di vita sostenuto e sul

concetto di cittadinanza attiva. Il raggiungimento dell’obiettivo generale,

47 Ricadute curriculari:• Scienze e tecnica: al termine gli alunni avranno appreso l’interazione uomo-natura

alla luce del ciclo dei rifiuti e conosceranno le tecnologie ed i processi di smaltimento dei rifiuti;

• Lettere: al termine gli alunni avranno approfondito il pensiero e l’intuizione di uno dei più importanti scrittori italiani, appreso le tecniche della scrittura creativa e compiuto un percorso di interpretazione e riflessione su alcune parole chiave;

• Scienze sociali: al termine gli alunni avranno esaminato la società dei consumi anche alla luce degli squilibri internazionali, analizzato l’impatto del proprio stile di vita sulla società e familiarizzato con il concetto di cittadinanza attiva;

• Arte: al termine gli alunni avranno sperimento diverse forme artistiche, dal disegno al riciclaggio creativo, alla rappresentazione grafica, alla composizione fotografica. (EaSlab, 2006)

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appena indicato, assume che siano sviluppate diverse competenze da parte dei

destinatari che riguardano il sapere, il saper essere ed il saper fare.48

Sapere:

•Favorire l’acquisizione di conoscenze sul ciclo dei rifiuti e

sull’interazione uomo-natura e sugli squilibri nord-sud del

mondo alla luce della lettura del rapporto

ricchezza/consumismo/rifiuti;

•Conoscere la storia e la composizione dei materiali di scarto

Saper essere

•Sviluppare una capacità di riflessione critica e costruttiva sulla

propria città, sul proprio territorio e sul ruolo di singoli cittadini

•Sviluppare una sensibilità verso le problematiche ambientali e sul

riciclaggio

•Acquisire un pensiero capace di comprendere una problematica

alla luce dell’interazione tra le dimensioni locale e globale

• Interrogarsi sul proprio stile di vita

Saper fare:

•Sperimentare l’arte del recupero

•Lavorare in gruppo (EaSlab, 2006).

Questi saperi si sviluppano attraverso l’utilizzo di metodologie partecipative ed

interattive. Partendo dall'impianto ideologico della “didattica per progetti” le

attività sono finalizzate ad un prodotto finale, qualcosa di concreto di cui si

definiscono in partenza le caratteristiche. In realtà la scelta del prodotto finale

per cui lavorare dovrebbe essere fatta insieme agli alunni coinvolti nel

percorso, ma in questo caso gli è stato semplicemente proposto. Il percorso è

48 I tre saperi fondamentali dell’EaS: il “sapere” che riguarda la conoscenza dei temi e degli argomenti trattati; il “saper fare” che riguarda l’elaborazione teorica e l’ esercizio pratico di valori, atteggiamenti e abilità; il “saper essere” che riguarda la pratica emancipatrice centrata sul processo di apprendimento e sulla partecipazione attiva. (Vedi capitolo 2)

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stato pensato e progettato dalle associazioni per esser poi presentato in diverse

scuole del territorio e, quindi, non è stato disegnato tenendo conto del

contesto specifico della “A. Sogliano”. Gli alunni lavorano in gruppo per

sviluppare capacità comunicative e collaborative e le attività che vengono

proposte si riferiscono ad alcune metodologie interattive, nello specifico: la

scrittura creativa, la reinterpretazione letteraria, il brainstorming, l’analisi del

territorio, laboratorio di riciclaggio creativo e tecniche artistiche. Queste

metodologie rispondono ad una molteplicità di obiettivi stimolando un

apprendimento ragionato ed interattivo attraverso il quale si tende a far

emergere le conoscenze pregresse degli studenti, con momenti di dibattito e di

confronto, per giungere ad una conoscenza più completa e condivisa.

Il percorso prevede la partecipazione collettiva degli studenti e promuove un

processo esplicito di maturazione delle idee e di decostruzione degli

immaginari preconfezionati, attraverso il confronto e l'elaborazione di

proposte positive e attive. Infatti al termine del percorso gli studenti elaborano

una carta d'intenti, da loro proposta, per rispettare la propria città e per

affermarsi come cittadini attivi e consapevoli. Le modalità con cui vengono

presentate, e successivamente affrontate, determinate tematiche risultano di un

importanza strategica rispetto all’obiettivo generale dei percorsi-progetti di

Educazione allo Sviluppo.49 Il percorso presentato mira alla promozione di una

cultura dello sviluppo sostenibile e guida ad una profonda riflessione sul

modello di sviluppo dominante che ci considera sterili consumatori. Partendo

49 L’Educazione allo Sviluppo è un processo che favorisce le conoscenze, le competenze, gli atteggiamenti in grado di promuovere la giustizia e l’uguaglianza in una società multiculturale e in un mondo interdipendente. Sensibilizza ai problemi globali e svela le potenzialità di cambiamento. L’Educazione allo Sviluppo:

- Permette alle persone di comprendere i legami tra la propria vita e quella della gente di tutto il mondo;

- Migliora la comprensione delle forze economiche, sociali, politiche ed ecologiche che determinano la nostra vita;

- Sviluppa le competenze, gli atteggiamenti, i valori che permettono agli individui che lavorano insieme di realizzare cambiamenti e di prendere il controllo della propria vita;

- Opera in vista di un mondo più giusto nel quale il potere e le risorse siano distribuiti equamente fra tutti (CLONG, 1995, cit in A. Dal Piaz, R. Secci, V. Zoi, 2004, pp. 39-40).

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dalla reinterpretazione del brano “Città di Leonia”50 si compie un percorso di

riscoperta del proprio territorio ed del proprio ruolo di cittadini responsabili

della direzione da dare allo “sviluppo”. Le fasi che compongono il percorso,

scandite dalla lettura e dal lavoro sulle parole del testo di riferimento, sono sei

e ognuna di queste fasi prevede diverse attività tra le quali brainstorming,

analisi comparata di diverse città e rappresentazioni grafiche e analisi della

società dei consumi e del consumismo, riflessione sul proprio stile di vita,

classificazione dei rifiuti, recupero della memoria, analisi delle tecniche di

smaltimento dei rifiuti e indagine sul territorio, analisi degli squilibri

internazionali alla luce del rapporto ricchezza/rifiuti e conoscenza di altre

realtà in Africa e Asia.

I percorsi EaS, seguendo la struttura della didattica per progetti, terminano

con la realizzazione di un prodotto finale, qualcosa di concreto, utile

strumento di valutazione degli esiti previsti con la funzione di stimolare gli

studenti affinché possano sentirsi responsabili delle sorti del percorso

intrapreso. L’elaborazione del prodotto finale, inserita nella sesta ed ultima fase

del percorso didattico descritto, prevede: una rappresentazione grafica del

proprio quartiere, l’elaborazione di una carta d’intenti sulla cittadinanza attiva e

di un manuale del consumatore responsabile, l’organizzazione di una mostra

aperta al territorio. Il prodotto finale, come strumento di valutazione del

progetto, risulta rappresentativo del livello di conoscenza e di sensibilizzazione

raggiunto, delle modalità di svolgimento del percorso e del cambiamento di

percezioni dei soggetti coinvolti.

3.2.4 La realizzazione

La scelta di separare in due differenti paragrafi - progettazione e realizzazione

– la descrizione del percorso scelto è legata alle modifiche successive apportate

al momento della realizzazione del percorso didattico “Città di Leonia”

all’interno della S.m.s. “A. Sogliano”. Il laboratorio è stato tenuto da tre

50 Il brano “Città di Leonia” è tratto da “Le città invisibili” di Italo Calvino.

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operatrici del CISS e dell’EaSlab con il supporto di un tutor della scuola. Il

percorso ha coinvolto un totale di diciassette alunni della scuola media statale

“A. Sogliano” frequentanti le classi prima e seconda media, considerato l’alto

numero di ripetenti, la fascia d’età coinvolta è aumentata comprendendo

ragazzi dagli 11 ai 14 anni. Il numero dei partecipanti è variato da incontro a

incontro raggiungendo la cifra definitiva di 17 alunni solo al sesto incontro e,

cioè, a metà percorso. La discontinuità delle presenze e l’inserimento a

posteriori di alcuni alunni hanno rappresentato un grande ostacolo per lo

sviluppo lineare del percorso: le operatrici si sono trovate frequentemente

dinanzi alla dura decisione di portare avanti il percorso in modo uniforme

escludendo i “ritardatari”, oppure, favorire il coinvolgimento di un più alto

numero possibile di alunni con il rischio di rendere fragile la continuità del

percorso. Dato il conteso territoriale d’appartenenza e la sensibilità del tema

trattato, di comune accordo, abbiamo scelto di coinvolgere più ragazzi

mantenendo aperte le porte del percorso.

Le attività sono state svolte in dieci incontri da tre ore ciascuno, in orario

extracurricolare come previsto dal programma regionale “ScuolAmbiente”, nei

mesi di febbraio e aprile 2009. La presenza dei ragazzi agli incontri è stata

molto irregolare e, nonostante il gruppo fosse composto di 17 alunni, solo in

pochi hanno seguito l’intero percorso in maniera assidua: in nessuna occasione

si è avuta la fortuna di veder partecipare il gruppo al completo. Ai primissimi

incontri si sono presentati sei ragazzi e solo successivamente il numero dei

ragazzi coinvolti è aumentato. Durante il percorso è emerso che la

partecipazione di alcuni alunni era strettamente legata alla pressione esercitata

dal docente di riferimento che invitava l’alunno a prenderne parte. L'invito dei

docenti, che di per se può costituire un elemento positivo e auspicabile, si è

rivelato invece un deterrente alla partecipazione attiva e continua degli alunni.

Quest'ultimi, infatti, sono stati invogliati alla partecipazione non attraverso

un'informazione che permettesse una scelta consapevole del percorso da

intraprendere, ma spinti dall'esigenza di raggiungere una soglia minima

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affinché il laboratorio attivato potesse andare avanti. La maggior parte dei

partecipanti presenti non realmente interessati all'attività ha infatti ben presto

abbandonato51 .

Questo elemento risulterà essere, a mio avviso, uno dei punti critici

maggiormente caratterizzanti il percorso, sarà quindi ripreso nell'analisi del

case study presentata nel prossimo capitolo.

L'abbandono da parte di questi alunni è stato compensato in parte

dall'adesione successiva di altri studenti che sono venuti a conoscenza del

percorso grazie al passaparola: questo in un certo modo rafforza l'idea

dell'importanza di una scelta consapevole e libera alla base della partecipazione

dei ragazzi. Coloro che hanno aderito al laboratorio attraverso il semplice

passaparola sono, infatti, coloro che alla fine hanno portato a termine il

percorso.

L’irregolarità delle presenze, l’assenza di un supporto organizzativo da parte

della scuola, le esigenze del gruppo, i tempi ristretti, gli spazi inadeguati e altri

ostacoli incontrati durante i dieci incontri hanno reso necessaria una

rivisitazione del percorso proposto. I cambiamenti iniziali portati al percorso

sono legati all’esigenza di rendere applicabile ciò che prima era stato solo

progettato, tentando di non tradire gli obiettivi primari e i saperi essenziali. In

itinere sono state realizzate diverse modifiche. I contenuti non sono stati

ridefiniti, ma riadattati e semplificati rispetto alle esigenze dei destinatari,

piuttosto, le modifiche maggiori hanno riguardato le metodologie. La scrittura

creativa, la reinterpretazione del testo, il brainstorming, sono state inserite nella

progettazione del percorso quali metodologie interattive e partecipative che

nella realizzazione, però, sono risultate del tutto inefficaci per il

coinvolgimento attivo dei ragazzi. La reinterpretazione del testo di Calvino “La

Città di Leonia”, struttura portante che scandisce le fasi del percorso, è passata

in secondo piano a causa della difficoltà degli alunni di lavorare sul testo:

questo tipo di attività era considerata come un compito e quindi non accettata

dai ragazzi che non hanno mostrato di avere un buon rapporto con

51 Dei diciassette alunni sei hanno abbandonato il progetto in itinere.

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l’istituzione scolastica in quanto tale. Nella fase iniziale è stato molto difficile

catturare l’interesse dei ragazzi che non manifestavano una viva curiosità per i

temi affrontati dal percorso: non si riesce veramente a capire la scelta di alcuni

studenti di prender parte al percorso, a meno che non si prendono in

considerazione alcuni fattori esterni importanti come la pressione da parte dei

docenti e l’esclusione da altri laboratori, attivati all’interno dell’istituto, poiché

soggetti considerati di disturbo. L’avversione iniziale e la pluralità di soggetti

coinvolti non hanno impedito, comunque, la formazione di un gruppo

affiatato e partecipe.

La convenzione per l’attivazione del percorso tra il CISS e la S.m.s. “A.

Sogliano” prevedeva, per la realizzazione del percorso, un operatore del CISS-

EaSlab e un tutor della scuola. Trattandosi di un’attività extracurricolare, non

rivolta al gruppo classe, la figura del tutor è ancor più decisiva per una corretta

gestione del gruppo dei partecipanti e per agevolare lo svolgimento delle

attività. Nonostante fosse prevista la presenza simultanea dell’operatore e del

docente-tutor, come esigenza organizzativa, ma anche come occasione di

scambio e di auto-formazione, solo dopo numerose sollecitazioni da parte

delle operatrici si è potuto fare affidamento sulla presenza di una figura

autorevole durante le attività52 anche se solo per due ore per ogni incontro.

La collaborazione da parte della scuola è stata scarsa anche per quanto

riguarda il supporto tecnico: l’assenza degli strumenti tecnologici adeguati53 ha

rallentato le attività e il debole supporto logistico, gli spostamenti tra un’aula e

l’altra, hanno costituito un elemento di distrazione per i ragazzi. Nonostante le

difficoltà iniziali, la conquista di un equilibrio all’interno del gruppo si è

successivamente verificata ed ha permesso la realizzazione del percorso

didattico di educazione all’ambiente e alla cittadinanza attiva.

Il percorso è stato integrato, infatti, con alcune attività manuali, che sono state

affiancate alle già previste attività di riflessione, attraverso le quali sono state

affrontate le tematiche del riciclo, del riuso, della riduzione e dello smaltimento 52 La scelta del termine “presenza” non è casuale. La figura del tutor è comunque stata

marginale all’interno del progetto e sono state rare le occasioni di scambio e di collaborazione.53 Pc, lavagna luminosa, video-proiettore.

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dei rifiuti in un’ottica di responsabilità verso il territorio in cui viviamo. Tutte le

attività che prevedevano un minimo di lavoro da svolgere a casa, in maniera

autonoma, sono state eliminate data la negativa risposta da parte degli alunni. I

ragazzi hanno avuto la possibilità di acquisire nuove competenze e di riscoprire

le loro capacità artistiche. Infatti, superata la difficoltà iniziale di sperimentarsi

in attività manuali, hanno poi dimostrato un impegno particolare per le

rappresentazioni grafiche, i collage, le installazioni realizzando numerosi

oggetti con materiali di scarto, per la maggior parte forniti dal centro

ReMida.54 Durante il percorso gli alunni hanno elaborato diverse produzioni

artistiche che saranno esposte55 all’interno di una mostra aperta al territorio.

L’allestimento della mostra è una delle attività previste dall’ultima fase del

progetto ed è in via di realizzazione. Insieme alla mostra erano state

progettate diverse proposte per concludere il percorso, come la

rappresentazione grafica del quartiere e l’elaborazione di una carta d’intenti

sulla cittadinanza attiva e di un manuale del consumatore responsabile, che

però non è stato possibile portare avanti. Per realizzare la rappresentazione

grafica del quartiere era necessario un coinvolgimento degli alunni a cui era

stato dato il compito di scattare alcune fotografie del proprio quartiere (due

foto di situazioni di degrado – due foto di situazioni positive) che non ci sono

mai pervenute a causa della discontinua frequenza dei ragazzi. Neanche il

manuale previsto è stato realizzato, la carta d'intenti, invece, è stata ridotta ad

un cartellone, sempre per poter gestire al meglio la partecipazione dei ragazzi.

La maggior parte delle modifiche al progetto sono state dettate proprio dal

tentativo di andare incontro alle esigenze dei partecipanti che fino alla fine

hanno mostrato la loro percezione ludica del tempo extrascolastico: il

54 Il centro ReMida - centro di riciclaggio creativo - è un luogo in cui si promuove l'idea che gli scarti sono risorse. E' un luogo in cui si raccolgono, si espongono e si offrono materiali alternativi e di recupero, ricavati dalle rimanenze e dagli scarti industriali e commerciali; così parecchie tonnellate di materiali di scarto vengono redistribuite gratuitamente ogni anno alle Scuole, Enti e Istituzioni che si occupano di educazione ed assistenza perché ne reinventino usi e significati attraverso progetti mirati. Uno degli obiettivi è mettere in relazione i mondi della cultura e della scuola, dell'imprenditoria e delle Istituzioni creando nuove risorse. (www.modidi.it/remida.html)

55 Al momento della stesura della tesi la mostra conclusiva non è stata ancora realizzata (aprile 2009).

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laboratorio, infatti, era contemporaneo ed alternativo ad una serie di attività,

offerte dall'istituto scolastico, basate sull'intrattenimento (attività di palla a

volo, calcio, laboratorio teatrale, laboratorio di danza, cineforum, etc.).

Precedentemente si è fatto riferimento al valore del prodotto finale di un

percorso di Educazione allo Sviluppo come l’elemento chiave per la

valutazione del progetto, poiché rappresentativo del livello di sensibilizzazione

e di coinvolgimento nel cammino promosso. Secondo quest’interpretazione la

riduzione del prodotto finale a una sola delle molteplici attività previste

potrebbe essere simbolo delle sorti del progetto.

3.2.5 Considerazioni finali

Il percorso preso in esame è stato svolto in orario extra curricolare e rientra

nell’ambito di un programma specifico previsto per l’anno accademico 2008-

2009 e non di un progetto formativo completo e progressivo. Questo

elemento è decisivo per capire lo spazio limitato in cui l’EaS si muove

nell’ambiente scolastico italiano che non prevede l’inserimento dell’approccio

EaS nella definizione della programmazione curricolare, ma solo sterili

interventi spot. In questo contesto si tradiscono i principi di quest’approccio

multidisciplinare che finisce per essere incatenato agli sterili confini di una

disciplina e di tempi determinati.

Dal punto di vista della scelta caso studio, il mio coinvolgimento nel progetto

ha costituito allo stesso tempo il punto di forza, per la possibilità di verificare

direttamente l’applicabilità del progetto, e il punto di debolezza, per la

difficoltà di distaccarsi dai fatti e di interpretarli con uno sguardo lucido.

L’obiettivo della mia indagine va oltre la verifica dell’applicabilità del percorso

didattico elaborato che, infine, si potrebbe dire realizzato con successo perché,

nonostante le difficoltà incontrate, si è riusciti a informare - formare -

sensibilizzare su tematiche ambientali un gruppo di studenti.

Piuttosto, intendo utilizzare l’analisi del percorso “Città di Leonia” come lente

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d’ingrandimento per un’indagine più ampia sull’EaS in ambito scolastico: i suoi

limiti, le sue potenzialità, la sua applicabilità in contesti difficili, le sue

prospettive.

La chiarificazione di questo quadro è importante per procedere a un’analisi più

ampia e generale nel capitolo successivo.

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CAPITOLO IV

“UNO SGUARDO CRITICO”

4.1 Analisi del case study

Alcuni elementi interessanti sono emersi già nella fase di descrizione del

percorso, dunque mi sembra utile approfondire quegli aspetti che risultano

essere determinanti per la buona riuscita di un percorso didattico EaS.

Durante il percorso non sono state poche le difficoltà incontrate dalle

operatrici: l’eterogeneità del gruppo, la discontinuità delle presenze,

l’inadeguatezza dei tempi, degli spazi e, in generale, del supporto della scuola.

Ho scelto di mettere in primo piano gli ostacoli tecnici incontrati per poter poi

svelare l’impatto sul percorso. Partendo dal primo aspetto elencato,

l’eterogeneità del gruppo, si può affermare che in linea di principio la

possibilità di partecipare al laboratorio era aperta a tutti gli studenti della

scuola “A. Sogliano”. Date le risorse finanziarie limitate è stato previsto un

unico operatore esterno e un unico tutor interno e ciò ha determinato una

soglia massima per il numero dei partecipanti.56 Il gruppo di partecipanti al

percorso di educazione ambientale era formato da 17 studenti. I criteri guida

seguiti in concreto per la composizione del gruppo ci restano ancora

sconosciuti, anche se dalle discussioni avute con la docente-tutor e la

coordinatrice del percorso, è emerso che il coinvolgimento dei ragazzi è

strettamente legato alla determinazione dei docenti di presentare all’interno del

proprio gruppo classe il tipo di attività proposta. Già in precedenza ho letto la

tendenza all’abbandono del percorso, da parte di alcuni ragazzi, come il

risultato di una scelta iniziale non libera e condizionata da un certo tipo di

pressione esercitata dai docenti di riferimento affinché i propri alunni

prendessero parte alle attività integrative della scuola. Secondo la stessa logica,

56 Il rapporto alunno docente deve essere equilibrato: un insegnante per ogni dieci alunni.

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basata sul ruolo centrale del docente, ho interpretato positivamente la richiesta

di partecipazione, oltre i limiti temporali previsti per l’iscrizione al laboratorio,

di alcuni ragazzi: questi ultimi appartengono a classi dove il laboratorio non

era stato presentato dagli insegnanti e, quindi, essendo venuti a conoscenza

solo successivamente dell’iniziativa tramite alcuni loro compagni che avevano

già iniziato il percorso, hanno richiesto a posteriori di aderirne.

E' chiaro dunque che il ruolo del docente è fondamentale nell'informare e

guidare gli studenti nella scelta dei percorsi educativi e nella formazione dei

gruppi di lavoro. Il criterio guida per la formazione del gruppo coinvolto in

“Città di Leonia” resta tutt'ora sconosciuto agli occhi delle operatrici CISS-

EaSlab. Quando parlo di criterio non mi riferisco a una selezione degli alunni

(obiettivo dell’EaS non è quello di sensibilizzare un'élite prescelta), ma

semplicemente a un principio organizzatore che possa rendere sostenibile la

vita del gruppo e del percorso stesso. Come già evidenziato, l’irregolarità delle

presenze è stata un forte deterrente per il percorso sia per quanto riguarda la

gestione delle attività, poiché molte attività si sono prolungate e altre sono

saltate, sia per l’equilibrio del gruppo, formato a ogni incontro da ragazzi

diversi che hanno avuto difficoltà a trovare un linguaggio comune per

comunicare serenamente. La creazione di un gruppo solido è e deve essere

responsabilità dei docenti coinvolti e degli operatori che, oltre ad essere dei

veicoli per la trasmissione di concetti e conoscenze, dovrebbero essere

sopratutto dei facilitatori per la partecipazione dei minori ai processi di

sviluppo.

Il coinvolgimento dei docenti è un altro aspetto importante dei percorsi EaS in

ambito scolastico. Durante lo sviluppo di “Città di Leonia” la presenza del

docente con il ruolo di tutor del percorso è stata del tutto assente nei primi

incontri e marginale nei successivi, una partecipazione più attiva si è verificata

solo nella fase finale in cui si è realizzata una maggiore comunicazione tra gli

operatori e il docente. I percorsi didattici EaS prevedono la compresenza del

docente e dell’operatore (oppure animatore) affinché possano collaborare in

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un’ottica di scambio e d’integrazione di competenze messe in campo da

entrambi. Sebbene l’operatore sia portatore di un sapere altro e di un

approccio nuovo57 che lo pone nel ruolo di mediatore tra gli alunni e gli

insegnanti:

la presenza costante dell’insegnante consente un certo livello di

autorevolezza e di rispetto verso gli impegni negoziati con il

gruppo classe. Considerando anche una buona flessibilità

organizzativa, insegnante e animatore possono pianificare insieme,

nel rispetto delle distinte competenze, attività interattive (...). (…) è

fondamentale prevedere la copresenza attiva dell’insegnante in

classe per la realizzazione di tutte le attività. Questa modalità, oltre

ad agevolare lo svolgimento del lavoro, è anche occasione di

autoformazione per l’insegnante stesso, il quale apprende e nel

contempo sperimenta nuove pratiche educative e formative non

tradizionali (…) (Dotti, Fornaro, Lepratti, 2008, p.13).

La sinergia tra una molteplicità di soggetti è una condizione che,

nell’implementazione di “Città di Leonia”, non si è verificata. La

partecipazione marginale del tutor, limitata alla gestione dell’ordine, non ha

permesso la trasformazione del percorso in un’occasione di auto-formazione e

scambio di competenze. La debole collaborazione docente/operatore si è

verificata non solo durante la realizzazione del percorso, ma anche nella fase di

progettazione e in quella di valutazione del percorso: aldilà degli incontri in cui

ci sono state le presentazioni e la stipulazione delle convenzioni, nessun

incontro si è verificato per lavorare in maniera congiunta all’organizzazione

delle attività del percorso didattico, né è stato realizzato un incontro di

valutazione per avere un feedback sul percorso. La collaborazione

docente/operatore è decisiva nella realizzazione del percorso, ma anche nei

momenti dedicati alla progettazione e alla valutazione: “È solo nell’ambito di

57 Vedi capitolo 2 paragrafo 2.3.

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un processo di scambio fra animatori ed insegnati e di un progetto di

formazione integrato rivolto a docenti e studenti che percorsi di questo genere

trovano forza e sostenibilità nel tempo” (Dotti, Fornaro, Lepratti, 2008, p. 12).

La valutazione del percorso è stata fatta solo con gli alunni che hanno espresso

il loro entusiasmo e la loro soddisfazione nell’aver preso parte a un percorso

che li ha portati a una riscoperta delle loro capacità creative e del proprio

territorio.58

Un altro elemento che ha rallentato lo sviluppo del percorso è stato costituito

dalla mancanza di spazi e supporti tecnici adeguati. Spesso siamo stati costretti

a cambiare aula a causa di accavallamenti con altre attività e non abbiamo

avuto la possibilità di depositare in un luogo adatto il materiale prodotto di

volta in volta che, tra uno spostamento e l’altro, abbiamo dovuto ripristinare e

ristrutturare affinché non andasse distrutto. Con ciò non si vuole attribuire

tutta la responsabilità alla scuola che ha ospitato il progetto, ma si intende

evidenziare la necessità di una vera collaborazione tra il mondo associativo e

l’istituzione scolastica quale luogo di formazione dei futuri cittadini del

mondo.

Gli elementi negativi emersi sono molteplici ed è opportuno distinguere quelli

legati al particolare contesto scolastico in cui il percorso è stato implementato

e quelli, invece, che esprimono i limiti dell'approccio EaS nel sistema

dell'educazione formale in generale.

Già precedentemente è stato dedicato uno spazio alle peculiarità della S.m.s.

“A. Sogliano” e al suo bacino d'utenza che raccoglie studenti con

problematiche situazioni familiari alle spalle, spesso non supportati nel

proseguire la loro formazione e distratti dalla gestione di diverse priorità.

Infatti non è raro incontrare minori impegnati nella gestione familiare e a

ricoprire altri ruoli oltre a quello di “studente”. La discontinuità delle presenze

al laboratorio è anche legata a quest'aspetto che riguarda il ruolo del minore

all'interno del nucleo familiare e alla difficoltà di conciliare questo impegno 58 Un piccolo momento di valutazione è stato realizzato con i ragazzi durante l’ultimo incontro.

Sotto forma di gioco i ragazzi hanno scritto su due post-it: un ricordo piacevole e uno spiacevole del percorso fatto insieme; riporterò i pensieri espressi nell’appendice.

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con le attività formative promosse. La frequenza discontinua è legata ad un

problema più profondo che caratterizza le zone più disagiate di Napoli e

provincia segnate, appunto, da un alto tasso di dispersione scolastica legata al

ruolo sociale e familiare del minore e ad una negativa percezione

dell'istituzione scolastica vissuta non come strumento di emancipazione, ma

come luogo d'oppressione. Il contesto di fondo condiziona non poco il

successo del percorso analizzato poiché è proposto come attività integrativa e

facoltativa, in orario extracurricolare, in un ambiente in cui anche il tempo

scuola non viene valorizzato e rispettato.

Gli altri elementi negativi rilevati credo invece siano insiti nella cornice in cui il

percorso è stato realizzato e cioè un programma limitato nel tempo e nello

spazio. Questa modalità di inserimento dell'EaS non è tipica del contesto

napoletano, ma caratterizza lo scenario dell'EaS nel sistema scolastico italiano

e quindi espressione dei limiti di applicabilità dell'approccio in generale.

“ScuolAmbiente” ha costituito il quadro in cui è stato realizzato il percorso

che è stato implementato secondo i tempi e le risorse previste dal programma

regionale. Le risorse e i tempi ristretti non hanno permesso un lavoro di

collaborazione ex-ante ed ex-post la realizzazione del percorso didattico e ciò

ha determinato la mancanza di un aspetto determinante per il successo di un

qualsiasi progetto di sviluppo: l’analisi dei bisogni. Mentre l’indagine del

territorio, per reperire informazioni sul contesto in cui si va a operare, è stata

realizzata dal CISS nel corso della pluriennale collaborazione con la S.m.s. “A.

Sogliano”, la successiva analisi dei bisogni, utile a percepire le necessità dei

destinatari e a calibrare il percorso, non ha avuto luogo. Mossi dalla necessità

di individuare nuove strategie e costretti dalla difficoltà di implementare le

attività previste, nel corso del percorso, si è tentato di individuare i bisogni del

target portando alcune modifiche alle attività strutturate per stimolare la

partecipazione e il coinvolgimento dei ragazzi, per la maggior parte, desiderosi

di sperimentare le proprie capacità artistiche e manuali. L’adattamento del

percorso è stato al centro di un acceso dibattito tra gli operatori del CISS e

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dell’EaSlab, infine, le modifiche realizzate in itinere e l’elasticità mostrata

nell’implementazione del percorso costituiscono un aspetto da non

sottovalutare che ha permesso di svolgere il percorso.

Nonostante le carenze evidenziate, la capacità di tradurre in un linguaggio più

adeguato le pratiche progettate nel percorso proposto, è stato l’elemento

innovativo e il punto di forza di questo percorso EaS realizzato all’interno di

una cornice inappropriata: un programma regionale che non prevede nessuna

integrazione reale con i programmi didattici comuni e relega le attività EaS in

una dimensione parallela che non incontra i curricula e, quindi, non li

arricchisce e li rinnova come sarebbe necessario.

Il percorso è stato realizzato con successo se consideriamo gli obiettivi

raggiunti e, cioè, i saperi59 e le competenze che i ragazzi hanno acquisito. E'

stato un fallimento se guardiamo alla dimensione più ampia: quella in cui l’EaS

si fa promotrice di cambiamenti dell’istituzione scolastica per produrre

cambiamenti sociali.

4.2 La Citta’ di Leonia per un’analisi dell’EaS in ambito scolastico

Dall’esperienza della “Città di Leonia” alla S.m.s. “A. Sogliano” sono emersi

diversi elementi di rilievo che sono utili per una riflessione sull’EaS in ambito

scolastico come strumento di educazione e sviluppo. Prima di proseguire

ricordiamo che un percorso didattico EaS si distingue per l’apporto di

contenuti, strumenti e metodi innovativi che hanno favorito l’apertura della

scuola verso nuovi orizzonti, introducendo “dentro la scuola i ‘conflitti

mondiali’, favorendo la problematizzazione dell’educazione” (Nanni, 2004, p.

31). Rispetto alla dimensione dei contenuti, è opportuno sottolineare che la

vera innovazione non risiede tanto nella originalità del contenuto proposto, ma

nella modalità differente attraverso cui l’oggetto viene analizzato ed osservato.

Infatti, i contenuti compresi nei percorsi EaS, sono analizzati attraverso chiavi

59 Vedi capitolo 3 paragrafo 3.2.3.

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di lettura che fungono da lenti d’ingrandimento60 per focalizzare gli snodi

importanti del discorso portato avanti. Già a metà degli anni ’90 un

documento sull’EaS, pubblicato dall’UNICEF, introduceva l’idea di “lenti

d’ingrandimento”: “Questi concetti non sono nuove aree tematiche, ma

possono essere pensati come delle lenti attraverso le quali le informazioni

possono essere esaminate” (Fountain, 1995, p. 14). Così come l’Educazione

allo Sviluppo fa uso di lenti d’ingrandimento per portare avanti i suoi discorsi,

in questo contesto, ritengo opportuno proporre gli elementi emersi dall’analisi

del percorso didattico “Città di Leonia” come lenti d’ingrandimento utili per

un’analisi più ampia. Partendo dall’analisi del percorso delineata nel paragrafo

precedente, in maniera sintetica, quest’esperienza ha mostrato che:

- Gli spazi e i tempi dedicati all’EaS sono inadeguati e vanno ridefiniti;

- I percorsi EaS non possono prescindere da un’analisi dei bisogni adeguata

e dall’individuazione di un target specifico;

- La necessità di ridefinire i ruoli operatore/docente e favorire la

collaborazione in tutte le fasi del percorso;

- L’importanza della costruzione di reti che mettono in relazione il mondo

associativo e quello degli enti locali e delle istituzioni scolastiche.

Le problematiche emerse sono tutte riconducibili all’inadeguatezza della

cornice in cui il percorso è stato realizzato. Già precedentemente abbiamo

rapportato i punti deboli del percorso realizzato allo sfondo burocratico in cui

è stato inserito: un programma limitato a due annualità e che ha dato la

possibilità di attingere a tempi e risorse scarse e inadeguate per dare

sostenibilità al cammino iniziato. Quando parliamo di tempi e risorse ci

riferiamo al fatto che il percorso ha avuto luogo in orario extrascolastico con

una limitata possibilità di coinvolgere i docenti. Purtroppo questa non risulta

essere una specificità del caso studiato, poiché qualsiasi sia il programma

60 Vedi capitolo 2 paragrafo 2.3.

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all’interno del quale un percorso EaS sia sviluppato, si chiami “Scuole Aperte”,

“ScuolAmbiente” o altro, comunque, riguarda programmi a scadenza che

coinvolgono le istituzioni scolastiche solo per quanto concerne la disponibilità

della struttura fisica in quanto tale e dell’utenza che è chiamata a partecipare.

Tutte queste iniziative che da qualche anno a questa parte stanno coinvolgendo

le istituzioni scolastiche e che rappresentano il veicolo principale attraverso cui

l’EaS viene introdotta nel mondo della scuola, avvengono in una dimensione

spazio-temporale parallela che dona una nuova veste alla scuola ma non una

nuova identità e una nuova mission. L’analisi de “la Città di Leonia” mostra

come l’EaS, dipendente da programmi specifici e limitata dalla stessa cornice

in cui è inserita, è confinata e relegata in un ambito ristretto privo di una

visione integrata: “senza questa cornice più ampia, l’educazione allo sviluppo

rischia di rimanere un percorso isolato e marginale, non in grado di interagire

con tutto il sistema educativo” (Nanni, 2004, p. 31). I programmi sono

contenitori che hanno accolto una serie di iniziative non collegate, né al loro

interno né all’esterno, rendendo i percorsi isole in un arcipelago. Nell’ambiente

scolastico italiano, a parte rare scuole sperimentali o progetti particolari,

l’adozione dell’EaS nei curriculum didattici, come sfondo integratore e

approccio multidisciplinare, è un’idea ancor molto lontana dalla realtà e questo

rende chiara la sfida che quest’approccio deve superare per potersi affermare

come strumento di sviluppo positivo ed efficace. Prendendo spunto da una

riflessione proposta all’interno di uno dei volumi della guida metodologica

all’EaS:

L’Educazione allo Sviluppo può essere intesa solo come un tassello

del complesso edificio chiamato educazione oppure l’EaS ed i suoi

principi ne costituiscono una delle radici fondamentali ed

irrinunciabili? (…) Si deve lottare per aver accesso a spezzoni del

già accidentato percorso formativo o invece ci si deve impegnare

per collocare i valori a cui l’EaS si ispira a fondamento dei processi

147

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formativi? (CIPSI-FOCSIV, 2002, p. 6).

Secondo ciò che abbiamo appena detto riguardo la dimensione dedicata

all’EaS, quest’ultima si presenta come un “tassello” aggiuntivo e non integrato

nei programmi di educazione, così ridotta

a maquillage, a elemento di contorno, ad aggiunta anche bella,

soddisfacente, riconosciuta a livello di audience e visibilità, ma

sostanzialmente inutile rispetto alle trasformazioni necessarie a

livello sociale e culturale per garantire a tutti, a livello mondiale,

dignità, diritti, democrazia, qualità di vita, sviluppo umano

soddisfacente (CIPSI-FOCSIV, 2002, p. 6).

Nelle condizioni attuali l’EaS non ha nessuna possibilità di incontrare il

curriculum scolastico e, insieme a questo, il corpo docenti con cui iniziare un

percorso di informazione, formazione e sensibilizzazione congiunto. Seppure i

programmi promossi evitano la chiusura della scuola in se stessa e il rifiuto di

rapportarsi con il territorio, non eludono il rischio della rinuncia da parte della

scuola di far fronte ai bisogni formativi del territorio delegando a terzi (non

sempre qualificati) la propria funzione educativa. L’ingresso, privo di

integrazione, nel mondo della scuola rende i percorsi EaS processi non

sostenibili nel tempo intrappolati ancora nella logica dello spot e del “progetto

chiavi in mano” che svuotano di significato l’Educazione allo Sviluppo,

privandola di una meta-dimensione senza la quale perde valore:

ciò significa che per chi, ad esempio le ONGs, opera

nell’Educazione allo Sviluppo non è più possibile proporsi al

mondo della scuola secondo la logica dello spot (inefficace ed

inutile) e neppure secondo l’impianto del ‘progetto chiavi in mano’.

Si tratta invece di costruire relazioni ed interazioni che esaltino le

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diverse competenze nel rispetto della specificità e del ruolo di ogni

soggetto (CIPSI-FOCSIV, 2002, p. 19).

Un percorso EaS promosso all’interno di un ambiente scolastico sterile,

impreparato ad accogliere gli input derivanti dall’incontro con le realtà

associative, corre l’alto rischio di avere un impatto debole e di avere scarse

possibilità di generare processi virtuosi e coinvolgenti. Un percorso così fatto è

paragonabile a un intervento spot destinato ad avere un ciclo di vita molto

breve. Fuori dal contesto della campagna di sensibilizzazione, rivolta ad una

larga fetta dell’opinione pubblica, un’azione di tipo puntuale perde di

significato soprattutto se è realizzata in ambiente scolastico. Una singola

occasione non solo non è sufficiente per informare e presentare tematiche

sensibili in modo completo, ma può essere perfettamente funzionale alla

tendenza dominante verso la spettacolarizzazione dell’informazione che mira a

mettere in primo piano le emozioni piuttosto che le informazioni: “per stare

sul mercato della formazione l’EaS potrebbe essere tentata di percorrere la

stessa strada della spettacolarizzazione e della creazione di eventi a base

emozionale capaci di catturare un sempre più alto numero di utenti-clienti”

(CIPSI-FOCSIV, 2001, p. 6).

Mentre la logica dello spot rende inutili e inefficaci le azioni EaS, l’impianto dei

progetti “chiavi in mano”, in quanto progetti elaborati in assenza della

partecipazione dei destinatari - progetti elaborati per loro piuttosto che con loro -

contraddice in toto i principi EaS compromettendo a priori il raggiungimento

degli obiettivi prefissati:

si tratta, con tutta evidenza, di una spirale perversa che tende a

soffocare sino ad uccidere non solo l’EaS e le scuole che la

somministrano secondo tale ricetta (sin qui, in fondo, i danni

sarebbero limitati) ma anche e soprattutto mina una idea di

educazione ed un progetto di cambiamento sociale fondato sulla

149

Page 150: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

responsabilità condivisa e sull’impegno a fare dell’educazione

qualcosa di più che una merce venduta al miglior offerente sulle

bancarelle del mercato globale (CIPSI-FOCSIV, 2001, p. 5).

Alla luce di quanto detto arriviamo alla conclusione che l’EaS fatta in questo

modo non corrisponde più all’EaS pensata e immaginata come efficace

strumento di cambiamento e di trasformazione sociale.

Per questo sorge un nuovo punto di domanda: che valore ha fare EaS a queste

condizioni? Tenterò di rispondere a questa domanda partendo dal presupposto

che operare nell’EaS non significa farlo solo in condizioni ideali, bensì operare

in condizioni imperfette per la ricerca di un equilibrio perfetto, attribuendo

proprio a questo quel valore di cambiamento che cerchiamo. Per la ricerca di

quest’equilibrio bisogna tendere a uno sforzo per contestualizzare i percorsi

EaS. Contestualizzare un percorso vuol dire costruirlo in relazione al contesto

di riferimento, facendo un’attenta analisi dei bisogni con il supporto dei

docenti, modellare metodologie e strumenti rispetto al target di riferimento,

connettere il percorso al più ampio programma didattico e alle altre

innumerevoli iniziative del e nel mondo della scuola. Un primo e decisivo

passo per rendere reale la situazione ideale, che vede l’EaS non più una serie di

percorsi isolati ma uno sfondo integratore interconnesso su cui sviluppare

l’intera programmazione didattica, potrebbe essere l’instaurarsi di un rapporto

continuativo con il corpo docenti. I docenti dev'essere individuato come

privilegiato gruppo destinatario di progetti EaS poiché responsabile della

possibilità d’innovazione della scuola, delle modalità di relazione del mondo

della scuola con il mondo associativo e dell’EaS in ambito scolastico.

Sperimentare percorsi di formazione per docenti adottando l’approccio EaS,

slegare la realizzazione di percorsi EaS da programmi di finanziamento

periodici, attribuire lo stesso valore che si dà al momento della realizzazione

anche ai momenti di progettazione e verifica dei percorsi, significa superare la

stasi che colpisce l’EaS da quasi un decennio. Mentre una prima evoluzione di

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questo processo educativo è avvenuta circa un ventennio fa con una

chiarificazione della terminologia e la ricollocazione del problema “sviluppo”

all’interno di dinamiche relazionali nord-sud, oggi è necessaria una seconda

evoluzione per liberare l’EaS dalla stasi in cui è fossilizzata e ricollocarla come

nuovo progetto pedagogico didattico. Quest’impasse è dovuta principalmente

alla difficoltà di rendere operativi i concetti complessi, di conciliare principi e

pratiche, di ricollegare l’ideale e il reale.

4.3 Costruire i nuovi scenari dell’Educazione allo Sviluppo: l’esempio dell’evoluzione della cooperazione allo sviluppo per l’innovazione dell’EaS.

L’EaS soffre di una difficoltà insita che risiede nella complessità di valutare il

suo impatto. L’obiettivo generale dell’EaS di produrre cambiamenti a livello di

percezioni e atteggiamenti delle società civili, è un obiettivo astratto che non si

può rivelare attraverso la raccolta di dati statistici immediati e il cui

raggiungimento è difficile da monitorare e da valutare. La difficoltà di valutare

i risultati è minore se guardiamo agli obiettivi specifici, di ogni singolo

progetto, che tenta di rendere operativi i principi complessi promossi

dall’approccio generale. E' problematico tradurre la valutazione dell’impatto

delle azioni EaS in termini numerici, poiché sarebbe limitativo basarsi

esclusivamente sul numero di persone coinvolte. Un tentativo di analisi è stato

elaborato da alcune ONG nel 2001, in occasione della pubblicazione della

“Guida metodologica all’EaS” con l’intento di far emergere i punti di forza e

di debolezza di questo settore:

Potenzialità

- Volontariato

- Appartenenza valoriale e territoriale

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- Motivazione

- Professionalità

- Competenza sui temi N/S a partire dalle esperienze di

cooperazione

- Impatto istituzionale

- Flessibilità organizzativa

Criticità

- Volontariato

- Scarsa strutturazione del settore EaS

- Articolazione non sempre chiara del profilo professionale

degli operatori

- Difficoltà a gestire i partenariati, in particolare

istituzionali, nel medio periodo

- Difficoltà ad uscire dal solito giro

- Mancanza di specifiche competenze per la gestione della

comunicazione interna ed esterna

- Frammentazione degli interventi (CIPSI-FOCSIV, 2001,

p. 41).

Da quest’autoanalisi emerge un quadro sintetico dei punti nevralgici su cui

lavorare, infatti, le suddette potenzialità e criticità riguardano elementi interni

delle ONG impegnate nel settore EaS.

Un percorso EaS, per aver successo, necessita di condizioni favorevoli alla sua

realizzazione ed è importante distinguere i limiti derivanti da fattori esterni da

quelli legati a fattori interni, cioè debolezze interne delle ONG. Su queste

ultime si può agire direttamente. I finanziamenti, la burocrazia, la dispersione

dei progetti, le difficoltà logistiche e di collegamento, la difficoltà nella

costruzione e gestione dei partenariati rientrano nella sfera dei limiti esterni

che ostacolano l’operato delle ONG. La mancanza di una precisa

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programmazione nel settore EaS, la frammentarietà degli interventi, la limitata

professionalità specifica EaS, invece, sono alcuni dei maggiori punti deboli

interni su cui le ONG devono lavorare per potenziare l’impatto e migliorare il

proprio impegno in questo settore.

Gettare le basi per la costruzione dei nuovi scenari dell’Educazione allo

Sviluppo non può prescindere dall’individuazione dei punti di forza e di

debolezza, delle opportunità e dei limiti. L’ambizioso obiettivo cui tende l’EaS

richiede tempi lunghi e processi educativi complessi incompatibili con le

limitate ore di un percorso didattico, oppure, con determinati programmi

promossi all’interno delle istituzioni scolastiche. Questa tipologia di

programmi rende impercettibili gli input derivanti da percorsi EaS che tentano

di promuovere punti di vista alternativi, di cui si perdono totalmente le tracce

appena fuori dall’aula. L’EaS, come approccio generale per la creazione di un

processo culturale innovativo, ha bisogno di essere accolta e allo stesso modo

di reinventarsi per ritrovare la sua efficacia e la sua utilità: “In questo clima

regressivo, che sta minando la capacità del sistema di intraprendere riforme

basate su una visione di ampio respiro dei problemi sociali, l’EAS è come uno

straniero che parla una lingua poco comprensibile” (Secci, 2006, p. 14). Per

ripristinare la validità dei percorsi EaS, in ambito scolastico, possiamo

individuare una duplice responsabilità:

- La responsabilità del mondo della scuola riguarda l’apertura reale delle

proprie porte al mondo associativo per costruire reti di solidarietà e

collaborazione, la promozione di percorsi EaS con i docenti e la

disponibilità ad accogliere le nuove sfide educative con il riconoscimento

delle pratiche EaS all'interno dei curriculum didattici;61

61 Da uno studio elaborato da Ucodep, in collaborazione con Mani Tese, Cies e Centro di Documentazione Città d’Arezzo, su 40 progetti EaS realizzati dalle ONGs italiane tra il 2002 e il 2005 emerge che: “L’EaS non si trova in una posizione tatticamente favorevole per poter ottenere un riconoscimento ufficiale nei programmi scolastici, nella formazione dei futuri insegnanti, nei piani di studio dell’università. Infatti da un lato non ha uno status riconosciuto a livello accademico, dall’altro le ONG, che sono il suo principale sostenitore, non hanno un rapporto permanente e strutturato con il mondo scolastico e universitario. Si aggiunga il fatto che in Italia le ONG sono molto numerose e piccole, quindi hanno poca visibilità, scarso

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- La responsabilità del mondo associativo riguarda principalmente la

valorizzazione del ruolo dell’EaS, attraverso una programmazione a medio

- lungo termine in questo settore, e una strutturazione più stabile che renda

i percorsi EaS indipendenti dalle richieste estemporanee del mercato

dell’educazione.

Il settore EaS deve uscire dalla condizione di somma di micro-esperienze per

iniziare a svilupparsi in una dimensione complessiva: passando dalla

realizzazione dei singoli percorsi alla creazione di programmi integrati con i

curriculum scolastici che, finora, restano impermeabili alle problematiche e ai

grandi eventi della società contemporanea.

Si tratta di proporre lo sviluppo come uno dei nuclei di aggregazione intorno ai

quali riorganizzare le conoscenze disciplinari, nella convinzione che per

potenziare la capacità di apprendere e di adattarsi attivamente a un

ambiente che cambia si debba invertire la tendenza a moltiplicare i

contenuti specialistici all’interno di materie separate, privilegiando

invece da un lato i nuclei essenziali che permettono di impadronirsi

delle strutture concettuali e dei linguaggi specifici delle discipline,

dall’altro le tematiche trasversali e l’approccio per problemi che

permettono la contaminazione e la collaborazione tra i vari campi

del sapere (Secci, 2006, p.16).

Anche se lo sviluppo che Secci propone come nucleo di aggregazione è preso

nella sua accezione più positiva, ritengo che sia un termine usurpato e non

propriamente adatto a un approccio interdisciplinare e multidimensionale che

mira a generare uno sguardo politico sulla realtà.

Il termine sviluppo, per quanto reinterpretato e riaggiustato in

potere di influenza sul mondo politico, e ridotta capacità di instaurare rapporti stabili con altri soggetti istituzionali.” (Secci, 2006, p. 15)

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modo equo e corretto, è sempre un approccio che legge e

rispecchia la realtà come risultato della storia del Nord del mondo

(…). Lo sviluppo rispecchia il percorso del Nord, l’EaS invece,

vorrebbe essere un modo per rileggere il mondo e ripensarlo

insieme al Sud grazie ai nuovi punti di vista. E farsi attraversare da

altre strade, altri percorsi, altri concetti. (…) E’ necessario ripensare

a questo termine e tentare di azzardare nuovi significati, attraverso

l’articolazione più complessa delle parole, che siano in grado di

scoprire strade nuove da percorrere, educandoci allo scambio, al

dislocamento, alla ricerca di novità, per poterci orientare seguendo

altri punti di riferimento (Tamborini cit. in Barbera, 2007, pp. 132-

133).

La stasi che sta vivendo l’EaS in ambito scolastico è dovuta alla mancanza di

progettualità e di una strategia comune tra le ONG impegnate in questo

campo. Dalla ricerca delle possibili soluzioni per superare l’impasse risulta

essere determinante il cammino percorso, nell’ultimo decennio, dalla

cooperazione internazionale non governativa che ha acquisito una nuova

vitalità attraverso un ripensamento delle modalità di progettare per lo sviluppo.

L’evoluzione della cooperazione non governativa è legata alla consapevolezza,

acquisita negli anni, dell’inefficacia di progetti di sviluppo basati su un

approccio top-down e risiede nell’adozione di un approccio bottom-up che

prevede il coinvolgimento degli attori locali e dei destinatari dei progetti.

Quest’approccio, basato sulla condivisione delle responsabilità e sulla

democratizzazione dei processi decisionali, mira alla costruzione di reti sociali

solide che durino nel tempo per la formulazione - realizzazione - valutazione

di progetti di sviluppo partecipati e sostenibili.

Trasposto sul piano dell’EAS questo significa che le ONG che

praticano questo tipo di cooperazione hanno un patrimonio di

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competenze che possono essere rivolte a una progettazione

educativa radicata sul territorio, che ne valorizzi le specificità, i

soggetti, le risorse. Questo non senza fatica e mirati investimenti: il

modo di funzionare delle ONG non favorisce questo travaso di

competenze tra attività di cooperazione e attività di educazione.

Inoltre scuola e università hanno le loro regole, scritte e non, che

devono essere apprese, per poter instaurare collaborazioni che

siano non effimere e non puramente strumentali. D’altra parte,

proprio in base a quelle regole (ci riferiamo alle norme

sull’autonomia delle istituzioni scolastiche e alla generale

ristrutturazione del sistema di istruzione e formazione verso una

maggiore flessibilità dei percorsi e una maggiore diversificazione

degli attori coinvolti) le ONG possono trovare un ambiente in cui

mettere a frutto la propria capacità di farsi carico dello sviluppo di

un territorio determinato, di lavorare in rete e di gestire progetti

complessi. In sintesi di contribuire ad un progetto locale di

sviluppo le cui premesse culturali risiedono anche nella formazione

scolastica dei futuri cittadini (Secci, 2006, p. 18).

Per riassumere ciò che è stato affermato:

- la valorizzazione dell’EaS è necessaria per proseguire un cammino

coerente;

- il “progetto territoriale integrato”, già citato in precedenza, dovrebbe

divenire una realtà attraverso cui l’EaS opera;

- l’integrazione dell’EaS all’interno dei curriculum dovrebbe essere una

condicio sine qua no operare in ambito scolastico.

La stasi dell’EaS richiede un impegno notevole che vada nella direzione di

rendere operativi i concetti complessi, di promuovere strategie di integrazione

e coordinamento, di ridare significato a termini, quali sostenibilità-

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partecipazione- sviluppo, svuotati di significato. Tutto ciò dipenderà dalla

capacità delle ONG di affermarsi come promotrici di sviluppo, ma anche dalla

possibilità di attingere a nuovi strumenti finanziari messi a disposizione

dell’EaS.

157

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Conclusioni

Per questa indagine sull'Educazione allo Sviluppo ho ritenuto opportuno

innanzitutto fare chiarezza sul concetto stesso di “EaS”: toccando i punti

nodali della sua evoluzione, le modalità della sua applicazione e le sue

potenzialità. E' stato illustrato come l'EaS ha assunto diverse forme negli anni

e come da semplice strumento di fund raising è diventata strategia complessiva

delle ONG che si occupano di sviluppo, consapevoli dell'interdipendenza

Nord-Sud e dell'importanza di agire sulle dinamiche del Nord prima che al

Sud. Se è piuttosto chiaro il ruolo che l'EaS ricopre ed ha ricoperto, non è

ancora condivisa una definizione univoca: la difficoltà di definire l'EaS risiede

nell'incapacità di racchiudere in sterili parole un approccio multidimensionale.

Per appagare l'esigenza della mente umana di definire e categorizzare ho

deciso di riportare, qui di seguito, uno dei tentativi di dare una definizione

completa:

Un processo di individui e gruppi di interazione internazionale con e fra

l'ambito sociale, quello politico, quello economico e quello culturale a livello

globale e locale.

Per processo s'intende un movimento in evoluzione, un metodo che opera dentro

più idee, dentro più azioni e dentro più Paesi, per poter comprendere e per poter

cambiare la realtà in una prospettiva globale e di giustizia (Tamborini cit.

in Barbera, 2007, p. 133).

Data l'ampiezza degli ambiti di applicazione di questo approccio ho scelto di

definire i confini della ricerca analizzando uno solo dei settori privilegiati in cui

opera l'EaS: il settore dell'educazione formale e, cioè, la scuola. In particolare

ho dedicato la mia attenzione allo studio dell'incontro-scontro dell'EaS con la

scuola italiana e, una volta definite le linee teoriche e le metodologie di

quest'approccio all'interno delle istituzioni scolastiche, ho preso in

considerazione un particolare studio di caso: il percorso EaS “Città di Leonia”

implementato nella S.m.s. “A. Sogliano” di Napoli.

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Dall'analisi di “Città di Leonia” sono emersi diversi elementi critici che ho

affrontato nell'ultimo capitolo. Per rispondere agli interrogativi posti al

principio di questa ricerca è stato necessario andare aldilà della valutazione

dell'esito del percorso didattico preso in esame. La “Città di Leonia” è un

percorso di per sé ricco e completo che rispetta i principi dell'EaS poiché non

solo comprende tematiche sensibili d'interesse sociale, ma le propone

attraverso metodologie e pratiche partecipative per stimolare una maggiore

consapevolezza dei giovani e, inoltre, guarda alle problematiche da un punto di

vista globale connettendo così diverse realtà e contesti. In linea teorica ho

affermato che il percorso didattico è coerente con i principi EaS e contribuisce

al raggiungimento dell'obiettivo generale di quest'approccio che tende al

cambiamento sociale. In pratica, invece, l'implementazione del percorso ha

visto l'emergere di numerose difficoltà che sono state già precedentemente

approfondite. Alcune delle criticità emerse rispecchiano i limiti strutturali

dell'approccio EaS, tra i quali: la debole strutturazione e la moltiplicazione di

azioni spot, la mancanza di un lavoro in rete e l'assenza di una reale

collaborazione tra il mondo associativo e quello delle istituzioni, l'esiguo

numero di soggetti coinvolti nelle attività, la standardizzazione degli interventi

e la promozione della tipologia di “progetti chiavi in mano”.

L'approccio analizzato risulta essere ancora relegato ad uno spazio troppo

limitato affinché possa vedere realizzati i suoi obiettivi, soprattutto per quanto

riguarda l'ambiente scolastico italiano dove l'EaS viene introdotta secondo

ricette in assoluta antitesi con le sue stesse finalità. Queste ricette non

prevedono un'azione integrata e programmata che vede l'interagire di più

soggetti attivi nel creare cammini di costruzione sociale e nell'elaborare

percorsi educativi che mirano a mutamenti reali. L'EaS vive una grande

difficoltà nel rendere operativi i concetti complessi non riuscendo a tradurre in

buone pratiche i principi a cui si ispira: i percorsi EaS hanno bisogno di

determinate condizioni per essere realizzati con successo. Proporre ed

implementare pratiche EaS come ricette standardizzate rischia di rendere l'EaS

un processo strumentale alle logiche dominanti che non fa altro che avvallare

l'incrementarsi di situazioni di ingiustizia ed esclusione e di incomprensione

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Page 160: TESI _ Dall'educazione allo sviluppo, all'educazione alla complessità: un viaggio tra principi e pratiche, di Luisiana Iannuzzi

del mondo.

L'EaS per potersi realmente affermare come strumento di educazione e

sviluppo ha bisogno di reinventare il suo operato, rendendo operativi i suoi

principi ispiratori: la partecipazione, la collaborazione, lo scambio, la

consapevolezza, la sostenibilità nel tempo. L'EaS ha bisogno di essere

ripensata e, secondo me, anche rinominata sostituendo l'ambiguo termine

“sviluppo” con quello più completo di “complessità”. Nel corso degli anni

l'EaS ha sempre richiamato un modello politico di concezione dello sviluppo,

questo modello è cambiato di volta in volta, adeguandosi alle nuove realtà che

venivano a delinearsi, si è evoluto in diverse forme. La storia dello “sviluppo”

inizia con la scoperta del sottosviluppo nel secondo dopoguerra quando

l'occidente sviluppato si impose come esempio per il cosiddetto terzo mondo,

tracciando una linea netta tra coloro che posseggono beni e saperi e coloro che

ricevono passivamente aiuti e capitali. Lo “sviluppo” è inteso come quel

processo per rendere più sottile la linea di demarcazione tra il Nord e il Sud,

tra coloro che sono sviluppati e coloro che sono sottosviluppati, ma è con

questo stesso termine che s'inaugura l'imposizione della concezione

occidentale del mondo sul mondo. Anche se oggi il termine è stato rinnovato e

riempito con nuovi significati (sviluppo partecipato, sostenibile, umano, etc.)

credo che sia opportuno liberarsene per sostenere un rinnovamento che parta

da una ri-concettualizzazione del mondo libera da preconcetti e che consideri

il Sud parte integrante e attiva nel riformulare una direzione da dare al mondo.

Citando nuovamente le parole della Tamborini

se l'EaS in questi anni pone al centro delle sue azioni lo scambio e

l'incontro, la ricollocazione delle domande, non può essere

un'educazione allo 'sviluppo' genericamente intesa, proprio perché

il termine sviluppo, per quanto reinterpretato e riaggiustato in

modo equo e corretto, è sempre un approccio che legge e

rispecchia la realtà come risultato della storia del Nord del mondo,

quando gli stessi paesi occidentali sono in una profonda crisi

sociale e politica, spirituale e culturale. L'EaS non può evitare di

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mettere in discussione il modello di sviluppo del Nord e la stessa

idea che lo sostiene. E poi chi educa chi? E a quale sviluppo?

(Tamborini cit in Barbera, 2007, p. 132).

Nel tentativo di intraprendere nuove strade e sposare nuovi significati,

seguendo altri punti di riferimento, inizierei da una ridefinizione di termini.

L'Educazione alla Complessità potrebbe affermarsi come la nuova frontiera da

raggiungere per mettere in atto i buoni principi dell'EaS ed innescare un

processo di cambiamento della realtà. Concretizzare la meta-dimensione

dell'EaS, senza la quale essa stessa perde di valore, partendo da una

ridefinizione più completa dell'approccio, denominandolo Educazione alla

Complessità per sottolineare la tendenza alla promozione di un pensiero critico,

un pensiero complesso capace di connettere più realtà - più problematiche -

più soluzioni e di produrre reali processi di cambiamento.

L'Educazione alla Complessità, in ambito scolastico, dovrà coinvolgere

innanzitutto i docenti per poi progettare con loro - e non per loro – percorsi

didattici “per la costruzione di una attitudine mentale critica, dialogica,

interculturale, proponendo modelli di decostruzione e costruzione della

conoscenza” (CIPSI, 2008, p. 1). Percorsi didattici innovativi per contribuire

alla revisione: del canone culturale della scuola, dei rapporti tra le discipline,

dei contenuti delle discipline per abbracciare i temi della globalizzazione

contemporanea, del rapporto docenti/studenti verso pratiche didattiche più

partecipative, del ruolo degli studenti per promuovere atteggiamenti di

cittadinanza attiva.

Più che di conclusioni si tratta di mettere in luce gli spunti per riflettere sui

possibili cammini di innovazione per valorizzare uno strumento potenziale di

sviluppo (inteso come miglioramento delle attuali condizioni di vita), nelle

mani delle ONG, che possa rendere tutti i cittadini del pianeta partecipi delle

sorti del proprio destino.

Il costrutto teorico su cui si regge questo approccio è solido e condiviso, ora

bisogna far si che lo diventino anche le pratiche in modo tale da non dover più

distinguere tra ciò che è reale e ciò che resta solo ideale.

161

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170

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APPENDICE

REPORT “CITTA' DI LEONIA”

Report del percorso didattico “Città di Leonia” realizzato dalle operatrici

coinvolte nella realizzazione del percorso presso la S.m.s. “A. Sogliano”:

PRIMO INCONTRO 3/02

Attività introduttiva: scrittura creativa. Dividere l’aula in gruppi e affidare il

compito di elaborare un racconto sulla base dei seguenti elementi:

− Ambientazione del racconto (città)

− Tempo del racconto (prima mattina)

− Protagonisti del racconto (abitanti della città e spazzini)

− Altri elementi del racconto (rifiuti, oggetti vari)

Attività: brainstorming “Come mai lo scrittore ha scelto Leonia come nome di

una città? Cosa può rappresentare la scelta di un nome piuttosto di un altro?”

Lettura Racconto.

Attività: brainstorming "Cosa vuol dire rifà se stessa tutti i giorni?” Raccolta

riflessioni.

MATERIALE PRODOTTO

Due Racconti, idee sul nome di Leonia, brainstorming “rifà se stessa”.

CONSIDERAZIONI E DIFFICOLTA’

I ragazzi sono troppo pochi. La lavagna luminosa è rotta, non possiamo

proiettare i lucidi dei racconti. I due gruppi molto diversi, uno interessato e

produttivo l’altro sembra lavorare per fare un piacere a noi. La tutor non è

presente in aula, viene all’inizio e alla fine, ma non ci sono grossi problemi con

i ragazzi. Il lavoro sul testo è considerato come un compito, i ragazzi sono per

la maggior parte delusi dal fatto che non si giochi. Per stimolarli facciamo una

sorta di brainstorming competitivo a squadre grazie al quale le idee vengono

fuori.

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SECONDO INCONTRO 10/02

Riepilogo attività incontro precedente: i ragazzi raccontano ai loro compagni

cosa hanno fatto la volta precedente. Ripetiamo il brainstorming su “Rifà se

stessa” in riferimento alla prima frase.

Attività: riflessione “Il “rifà se stessa tutti i giorni” immaginato dagli alunni

coincide con quello descritto dallo scrittore?”. Similitudini e differenze.

Attività: Lavorare sulle parole “rifare” e “stessa”. “In questo caso rifare indica

un rinnovamento o un ripetere sempre la stessa situazione? Come avviene il

rinnovamento di una città?”

Attività: brainstorming “In cosa somiglia la nostra città a Leonia? Anche la

nostra città rifà se stessa sempre uguale o è possibile individuare segnali di

cambiamento/rinnovamento?” (Consegnare 2 post di colori diversi a ogni

alunno con il compito di indicare 1 situazione di cambiamento e 1 di

ripetizione che ha notato nel proprio quartiere/città).

Attività: classificazione dei rifiuti (Posizionare un cartellone con la parola

“rifiuti” al centro attorno alla quale ciascun alunno elenca i rifiuti che ogni

giorno sono buttati nella propria casa e che ogni giorno individua vicino ai

cassonetti. In seguito si prosegue alla classificazione dei rifiuti in base ad

alcune macrocategorie - rifiuti organici, imballaggi, rifiuti pericolosi, rifiuti

ingombranti - e ogni macrocategoria é indicata con un colore).

Consegna per il prossimo incontro: ogni alunno scatterà 4 fotografie del

proprio quartiere/città, di cui 2 per situazioni di degrado, 2 per situazioni belle

+ 1 fotografia di un oggetto vecchio cui sono affezionati + 1 fotografia

personale dell’alunno.

MATERIALE PRODOTTO

Cartellone con il testo di Leonia; cartellone su “rifà se stessa”; cartellone sulla

classificazione dei rifiuti; cartellone brainstorming su

cambiamento/ripetizione.

CONSIDERAZIONI E DIFFICOLTA’

Sono presenti solo quattro ragazzi di cui uno solamente ha partecipato

all’incontro precedente. Questo ci ha costretto a riprendere i temi dell’incontro

precedente, altrimenti sarebbe stato impossibile per i ragazzi nuovi seguire il

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percorso. La parte finale dedicata alla costruzione dei portafoto per il lavoro

finale non è stata svolta per mancanza di tempo. La lavagna luminosa è rotta,

non possiamo proiettare i lucidi del racconto di Leonia. La tutor non è

presente in aula, viene all’inizio e alla fine. I ragazzi hanno molta difficoltà

nell’attività di analisi del testo, soprattutto quando si tratta di distinguere il loro

punto di vista da quello dell’autore. Diamo la consegna delle foto ai presenti

pregando di estenderla ai compagni.

TERZO INCONTRO 17/02

Riepilogo attività incontro precedente.

Rileggiamo il racconto di Calvino e proviamo a ragionarci su insieme.

Attività: compilazione del questionario “La mia città è ricca perché - la mia

città è povera perché”. Leggere e commentare in gruppo.

Attività: riflessione “Cosa c’è di vero nell’affermazione dello scrittore che il

buttare più che il produrre indica la ricchezza di un paese e di una famiglia?

Come si valuta la ricchezza di una città? Che opinione abbiamo della nostra

città? E’ ricca, povera? E’ una città di produttori o di consumatori?”

Attività: rappresentazione grafica (disegnare la città di Leonia la mattina presto

quando il camion dell’immondizia non è ancora passato).

MATERIALE PRODOTTO

Cartelloni del brainstorming con le varie riflessioni. Disegni.

CONSIDERAZIONI E DIFFICOLTA’

Il gruppo è abbastanza numeroso, ci sono tre ragazzi che si sono aggiunti da

questo incontro. Comunque sono per lo più interessati, tranne due. La tutor è

presente – ma per due ore soltanto - aspetto fondamentale data la dimensione

e la vivacità del gruppo. Quasi nessuno ha portato le fotografie: alcuni non

hanno ricevuto la comunicazione, altri vengono per la prima volta. Salta la

metà delle attività previste. Manca la lavagna luminosa, quindi non è possibile

proiettare il disegno, né realizzare il laboratorio pratico.

QUARTO INCONTRO 26/02

Riepilogo attività incontro precedente.

173

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Attività: Rappresentazione grafica (riproduzione di Leonia sporca su carta da

imballaggio. Senza lavagna luminosa, i ragazzi si dividono lo spazio e

riproducono a mano il disegno scelto nell’incontro precedente); collage con

materiali bianchi e neri.

MATERIALE PRODOTTO

Rappresentazione Leonia di prima mattina.

Considerazioni e difficolta’

Il gruppo è abbastanza numeroso e partecipa attivamente all’attività manuale

proposta. L’attività porta via la quasi totalità del tempo a disposizione. Le foto

non ci sono, i ragazzi manifestano le loro difficoltà nel realizzarle.

QUINTO INCONTRO 3/03

Riepilogo attività incontro precedente.

Lettura Racconto.

Attività: lavorare sulle parole “Che differenza c’è tra “cose vecchie” e “rifiuti”,

tra “usare” e “consumare”. Quante cose vecchie nelle nostre case vengono

buttate anche se non sono rifiuti? Quali sono gli oggetti che usiamo e quali

quelli che consumiamo?”

Attività: riflessione “Ci piacciono più le cose nuove o quelle vecchie” perché?

Conosciamo la storia degli oggetti che acquistiamo? E’ giusto affezionarsi agli

oggetti, possiamo affezionarci ad essi se li sostituiamo subito? Raccolta

riflessioni. C’è un oggetto vecchio a cui siamo affezionati?

Attività: realizzare una carta d’identità sull’oggetto a cui si è affezionati

descrivendo caratteristiche ed emozioni. L’oggetto è raffigurato attraverso una

composizione di materiali di scarto su foglio lucido.

MATERIALE PRODOTTO

Cartelloni del brainstorming con le varie riflessioni. Disegno su foglio lucido.

Considerazioni e difficolta’ Il gruppo è abbastanza numeroso, c’è una bambina

nuova. La tutor non è presente e la gestione del gruppo numeroso è quasi

impossibile, parte del tempo è dedicato a ristabilire un clima adatto per

lavorare. Il laboratorio manuale cattura l’interesse di tutti i presenti e

finalmente si stabilisce un po’ di calma. La lavagna luminosa manca ancora ma

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per il prossimo incontro ci sarà.

SESTO INCONTRO 10/03

Riepilogo attività incontro precedente.

Attività: Lettura della filastrocca di Rodari “Lo Spazzino” e brainstorming “Lo

spazzaturaio anche per noi è un angelo che pulisce la città? Cosa pensiamo di

questo lavoro? Anche noi rispettiamo gli spazzaturai come nella città di

Leonia? E lo spazzaturaio della scuola? Chi è? Noi contribuiamo a tenere

pulita la nostra classe?

Attività: rappresentazione grafica (disegnare la città di Leonia dopo che il

camion dell’immondizia è passato. Ogni alunno disegna su foglio bianco

l’immagine della città. Si commenta in gruppo. Gli alunni scelgono insieme la

parte che di ogni disegno si intende riportare per realizzare un disegno unico

della città di Leonia pulita, in grandi dimensioni, sul foglio da imballaggio.

Infine si inizia a decorare il disegno con i materiali di scarto).

MATERIALE PRODOTTO

Cartelloni del brainstorming con le varie riflessioni. Disegni individuali di

Leonia pulita e disegno grande su carta da imballaggio.

CONSIDERAZIONI E DIFFICOLTA’

Ci sono solo cinque alunni presenti tra cui una bambina nuova. La tutor è

presente e ci facilita la gestione del gruppo che segue le attività in modo

interessato.

SETTIMO INCONTRO 12/03

Riepilogo attività incontro precedente.

Lettura Racconto.

Attività: riflessione “Anche noi, una volta buttati i rifiuti non ci vogliamo più

pensare? Anche noi non ci siamo mai chiesti dove vanno a finire? Conosciamo

il posto dove li portano? Perché fuori città? Perché nessuno li vuole vicino? E’

giusto portare i rifiuti fuori città?”

Attività: conoscenza “Sappiamo cosa è una discarica e cosa un inceneritore e

quali sono le differenze? Rappresentazione dei processi discarica-inceneritore e

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riflessione su “materiali e rifiuti - impatto che i processi di smaltimento hanno

sull’ambiente circostante - l’alternativa costituita da riuso e riciclaggio”

(recuperando il lavoro già fatto sulla divisione dei rifiuti) per illustrare che

“niente si crea e niente si distrugge”.

Attività: riflessione “E’ vero che la spazzatura migliora la sua sostanza? Quali

sono i materiali resistenti, indistruttibili?”

Gioco: indovinare i tempi di biodegradabilità dei materiali.

Attività: Rappresentazione grafica (continuazione del collage con materiali

colorati per riprodurre Leonia pulita).

MATERIALE PRODOTTO

Cartellone sui processi di smaltimento; cartellone con i tempi di degradazione

naturale dei materiali.

CONSIDERAZIONI E DIFFICOLTA’

Il gruppo è abbastanza numeroso; si riesce a creare uno spazio di discussione

più partecipata, in cui i contenuti sono emersi con minore difficoltà di

“gestione dell’ordine” da parte nostra, probabilmente grazie anche

all’intervento della tutor che per la prima volta ha partecipato più attivamente

alle attività. Come al solito l’ultima ora senza la sua presenza è più faticosa. I

ragazzi hanno espresso dispiacere perché le attività volgono al termine.

OTTAVO INCONTRO 19/03

Riepilogo attività incontro precedente.

Presentazione in power point:

- mappa degli inceneritori e delle discariche della Regione Campania

- immagini della discarica di Korogocho

- immagini della discarica “Smokey Mountain”

Lettura Racconto.

Attività: riflessione “Siamo i soli che produciamo immondizia? Se noi la

buttiamo fuori città gli altri dove la buttano? Cosa sappiamo del traffico di

rifiuti internazionale?”

Attività: sguardo sul mondo “Ci sono paesi come il nostro dove buttiamo

moltissime cose ed altri paesi dove le popolazioni non buttano niente perché

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non hanno niente o addirittura vivono scavando nell’immondizia dei ricchi”.

Africa: Kenya, Nairobi, facciamo un giro nella discarica con Padre Alex

Zanotelli e conosciamo i chokora attraverso la lettura di un brano tratto da

“Korogocho che passione”.

Commentando i testi allegati impariamo due termini africani: ‘Korogocho

(confusione) come è chiamata la discarica e Chokora (“coloro che rovistano

nella spazzatura”) come sono chiamati i bambini che vivono sulle discariche.

Dov’è il Kenya, cerchiamolo nella cartina geografica. Cosa sappiamo di questo

paese? Cosa sono le bidonville, le favelas? Cosa vuol dire “sardinizzazione”?

Quali sono i problemi che fanno fuggire da scuola?’

Asia: Filippine, in giro per la città discarica conosciamo gli scavengers

attraverso la lettura e la visione di immagini di “Smokey Mountain”.

Impariamo nuovi termini: “Smokey Mountain (la montagna fumante) e

scavangers (coloro che scavano nei rifiuti). Dove sono le Filippine?

Cerchiamole nella cartina geografica. Cosa sappiamo di questo paese?”

Lavorare sulle parole: cosa significano le parole “giustizia” e “uguaglianza”?

Attività: La Cartina geografica utilizzata per individuare la posizione dei paesi è

quella elaborata da Peters. Spiegazione della carta di Peters e proiezione del

video “Tutti uguali sulla carta”.

Attività: Rappresentazione grafica (continuazione del collage con materiali

colorati per riprodurre Leonia pulita).

MATERIALE PRODOTTO

Collage Leonia pulita.

CONSIDERAZIONI E DIFFICOLTA’

Sono presenti solo cinque alunni. Nonostante la richiesta anticipata del

proiettore non è stato possibile utilizzarlo poiché mancava il filo per collegarlo

al pc. Il fatto di essere in pochi ci ha permesso di realizzare comunque le

attività previste anche senza il sostegno dei supporti adeguati. Nonostante

l’incontro sia pieno di contenuti, grazie all’utilizzo del power point, si riesce a

catturare l’attenzione del gruppo che sembra abbastanza coinvolto e colpito

dalle informazioni riguardo alla situazione dei rifiuti in Campania, in Kenya e

nelle Filippine. La tutor è presente e sembra interessata all’argomento.

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NONO INCONTRO 26/03

Riepilogo attività incontro precedente.

Attività: rappresentare la città di Leonia come un cratere che anziché eruttare

lava, erutta rifiuti (con il supporto di una rete metallica modellabile e materiali

di scarto).

Attività: Elaborazione della carta d’intenti. (Ogni alunno pensa due regole da

rispettare affinché la nostra città non diventi come la città di Leonia. In un

secondo momento le regole sono condivise all’interno del gruppo che ne

seleziona 10 più rappresentative.)

MATERIALE PRODOTTO

Struttura in metallo “Cratere di rifiuti”.

CONSIDERAZIONE & DIFFICOLTA’

Il gruppo è abbastanza numeroso, e partecipa attivamente all’attività manuale

proposta. L’attività porta via la quasi totalità del tempo a disposizione e

stimola la creatività dei ragazzi che, assemblando i materiali di scarto, si

sperimentano costruendo oggetti non previsti dall’attività proposta. La tutor è

presente, come previsto, per le prime due ore.

DECIMO INCONTRO 2/04

Attività conclusive:

Raccogliere le impressioni finali: ogni alunno scrive su due post-it una cosa

positiva e una cosa negativa del percorso

Rielaborare tutta la documentazione raccolta ed organizzare l’allestimento di

una mostra con il materiale prodotto aperta al territorio.

MATERIALE PRODOTTO

Carta d’intenti; decorazioni e didascalie che accompagneranno il materiale

prodotto nei precedenti incontri.

CONSIDERAZIONI & DIFFICOLTA’

Il gruppo non è completo e questo risulta essere un grande ostacolo per

l’elaborazione della verifica finale, infatti, sono presenti gli alunni che hanno

seguito più assiduamente il percorso. I presenti, affascinati dall’idea di esporre i

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propri lavori in una mostra aperta al territorio, sono coinvolti e impegnati

nell’organizzazione dell’atteso evento finale.

LE ALTRE INIZIATIVE

L’EaS, anche se in modi e in forme differenti, si è affermata anche nel settore

non formale, scenario di formazione flessibile dove le pratiche educative sono

più libere e dialogiche e, le metodologie EaS, più che essere state applicate e

implementate, sono state apprese e ampliate.

L’approccio della pedagogia partecipativa che l’EaS introduce nella scuola

trova le sue radici nell’esperienza vissuta nei vari Sud del mondo, caratterizzati

da endemiche carenze istituzionali, mancanza di fondi ed equilibri precari, e

che quindi sono costretti a inventarsi pratiche educative flessibili, realizzabili al

di fuori delle mura scolastiche e aderenti alle delicate realtà locali.

La pedagogia partecipativa è alla base dell’approccio EaS che è stato adottato

come punto generale di riferimento dalle maggiori organizzazioni

internazionali di cooperazione “partendo dal presupposto che nessuno meglio

di chi ha il problema può conoscerne la soluzione” (CIPSI-FOCSIV, 2002, p.

17). Quest’approccio è ritenuto il più adeguato per affrontare le problematiche

e risalire alla fonte dei problemi, attraverso la partecipazione di chi ne è colpito

direttamente e indirettamente.

Questo paragrafo è dedicato a un’iniziativa di Educazione allo Sviluppo al di

fuori delle mura scolastiche.

La scelta di raccontare quest’iniziativa è dettata dall’esigenza di fornire un

quadro più completo dell’utilizzo di quest’approccio plurale nell’ambito della

cooperazione internazionale.

Tra le iniziative EaS promosse dal CISS in ambito extrascolastico, ho avuto

l’opportunità di prendere parte allo scambio “Differenti Pratiche in Differenti

Contesti. Scambio di competenze su infanzia, giovani e disagio”, si è trattato di

uno scambio di metodologie e pratiche tra operatori del Sud del Mondo

(Brasile, Marocco, Egitto, Repubblica Democratica del Congo) e operatori del

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Sud Italia (Napoli e Palermo) sulle problematiche relative al problema del

disagio giovanile e dell’infanzia in difficoltà, l’iniziativa è terminata con il

seminario “Minori in Difficoltà: Differenti Pratiche In-Differenti Sud”che ha

previsto la partecipazione di esperti e attivisti del tema affrontato.

Lo scambio ha avuto luogo nella città di Napoli (dal 30 marzo al 2 aprile 2008)

ed è stato spazio d’incontro tra operatori di associazioni e ONG algerine,

brasiliane, congolesi, marocchine ed egiziane (partner di progetti di

cooperazione allo sviluppo del CISS sull’infanzia e l’adolescenza a rischio) con

operatori locali impegnati in interventi simili.

Gli obiettivi dello scambio:

• conoscere la situazione reale dei minori e dei giovani a rischio

esclusione nei territori coinvolti;

• conoscere le metodologie di inserimento sociale dell’infanzia e dei

giovani a rischio nel Sud Italia e nel Sud del Mondo;

• scambiare esperienze e buone pratiche in un’ottica di miglioramento

degli interventi;

• creare una rete strutturata tra enti pubblici e privati in un’ottica di

progettazione congiunta per futuri interventi sull’infanzia di strada e sui

giovani a rischio. (CISS, 2009)

Lo scambio ha visto la partecipazione dei seguenti paesi partner: Algeria (Ong

SARP), Brasile (Ong Curro Velho), Egitto (Ong ASDA), Rep. Democratica del

Congo (Ong Reejer), Marocco (ong Tanmia, oltre alla già citata Bayti). Inoltre

hanno partecipato alcuni esponenti della realtà locale napoletana che operano

nel medesimo ambito come associazioni, cooperative sociali e scuole, tra cui:

EaSlab, Maestri di Strada, Quartieri Spagnoli, Il Corridoio,

l’ARN/Associazione Risveglio Napoli, il Gruppo GRIDAS, MaterDei, Il

Tappeto di Iqbal, Coop. Etica, Coop. Passaggi, Il centro “Nanà”/Coop. Soc.

Dedalus e il Carcere Minorile di Nisida.

Per un periodo di quattro giorni, attraverso work-shop, laboratori tematici e

visite sul campo, gli operatori hanno avuto modo di confrontarsi sulle 180

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metodologie di lavoro nei differenti contesti, discutendo sull’impatto dei

progetti attivati nei diversi paesi.

Il macro-obiettivo dello scambio è stato il confronto di metodologie e pratiche

tra operatori impegnati in progetti sull'infanzia e l'adolescenza a rischio, è stato

evidente il tentativo di gettare le basi per una futura creazione di una rete

strutturata, tra enti pubblici e privati, in un’ottica di progettazione congiunta

per futuri interventi sull’infanzia di strada e dei giovani a rischio.

Alcuni piccoli passi, al fine della realizzazione dell'obiettivo generale, sono stati

fatti, come: la conoscenza della situazione reale dei minori e dei giovani a

rischio esclusione nei territori coinvolti; la riflessione sulle metodologie

d’inserimento sociale dell’infanzia e dei giovani a rischio nel Sud Italia e nel

Sud del Mondo; lo scambio di esperienze e buone pratiche in un’ottica di

miglioramento degli interventi in atto e in programmazione.

Lo scambio è durato quattro giorni, di cui, i primi tre giorni sono stati dedicati

a work-shop/laboratori e visite sul campo, l'ultimo giorno, si è tenuto un

seminario aperto al territorio al fine di presentare i partecipanti e gli esiti del

lavoro svolto nei giorni precedenti, in un’ottica di coinvolgimento di altri attori

pubblici e privati.

I work-shop e i laboratori sono stati strutturati in momenti di discussione

frontale su due macrotematiche: il progetto di vita dei minori in difficoltà (le

pratiche di accompagnamento, l’accoglienza e l’inclusione) e il lavoro in rete

(l’utilizzo delle nuove tecnologie, gli strumenti per l’organizzazione di

campagne di sensibilizzazione).

In realtà il tempo dedicato ai work-shop è stato abbastanza ridotto poiché la

maggior parte delle giornate è stata dedicata alle visite sul campo per vedere in

prima persona il modus operandi; sono stati creati tre gruppi misti che hanno

visitato alcuni progetti messi in atto in tre “particolari” zone di Napoli:

Quartieri Spagnoli, Scampia e Soccavo23.

Il seminario conclusivo “Minori In Difficoltà Differenti Pratiche In Differenti

Sud” ha visto la partecipazione dei seguenti attori sociali:

A.I.M.C/Associazione Immigrati Marocchini in Campania, Associazione

Quartieri Spagnoli onlus, ARN/Associazione Risveglio Napoli, Associazione

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“COMPARE”, Centro Territoriale “MAMMUT”, Associazione “Chi Rom e

Chi No”, “GRIDAS/Gruppo Risveglio dal Sonno”, Progetto “Punta

Corsara”, Associazione “Maestri di Strada” – progetto “G-BUS”, Cooperativa

sociale “Il Tappeto di Iqbal”, Progetto “CHANCE” – modulo di Soccavo,

Cooperativa sociale “ETICA”, Cooperativa sociale “Pianeta Terra”,

Associazione “NA.KO.TE”, Ong “LTM/Laici Terzo Mondo”, Algeria – Ong

SARP/Association pour l’aide psychologique, la recherche et la formation,

Brasile – Fundaçao Curro Velho, Egitto - Ong ASSDA/Abu El-Soud Social

Development Association, Marocco – Ong BAYTI, Ong TANMIA, Colectivo

Al-Jaima, Repubblica Democratica del Congo – Ong Reejer/Reseau des

Educateurs des Enfants et Jeunes de la Rue.

La prima parte del seminario è stata dedicata al racconto delle esperienze

vissute dai singoli gruppi e c'è stata la presentazione delle attività svolte dalle

associazioni presenti nelle loro realtà di appartenenza.

Nella seconda parte sono intervenuti alcuni esperti che hanno illustrato alcuni

casi studio: Silvia Di Laurenzi – Ong CIES – “Gli adolescenti tra la scuola e la

strada: un progetto di educazione allo sviluppo”, Mercedes Jimenez –

Colectivo Al-Jaima – “Le sfide che ci pongono i minori che migrano da soli” e

Francesco Vacchiano – Centro F. Fanon, Università di Torino – “La

migrazione minorile tra Marocco e Italia. Analisi del contesto sociale e degli

itinerari”.

In realtà il seminario più che una conclusione dell'iniziativa ha rappresentato la

base per la costruzione di una rete di molteplici attori in un’ottica di

progettazione congiunta per futuri interventi sull’infanzia di strada e dei

giovani.

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