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TESTIMONI Ricordo di Lento Goffi · 2019. 3. 29. · rario Gandovere, da cui se ne andò quando...

Date post: 05-Aug-2021
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TESTIMONI Quando la scrittura è dedicata alla madre, la poetica lombarda di Lento Goffi, così carica di ragione e di con- cretezza, di realismo e di ironia, di lucidità nello sguardo disincantato sulle cose e sulle persone, deborda nella malinconia intensa, in un sen- so di perdita irreparabile. E quando, quattro anni or sono, con la morte della compagna di una vita, la malinconia è sconfinata nella sua raggelante radice etimologica latina, la tristitia, Lento ha deciso che la sua stagione era conclusa, che il suo tempo era al tramonto. *** Da allora la sua mente, il suo spirito sono volati altrove, rifugiati in un perimetro protetto, vietato agli e- stranei, come quella sua stanza lette- raria misurata solo dai suoi passi, ”non uno in più non uno in meno”, aveva scritto in un suo verso, e den- tro la quale l’accesso è vietato anche agli amici, precluso ai lettori. I quali, per il mio inautorevole tra- mite sono qui a testimoniare una sti- ma e una riconoscenza, sono qui a partecipare, una affettuosa solida- rietà a Giorgio ed ai suoi, sono qui anche a confessare un rimorso. *** “Quando muore qualche amico,” ha scritto Franco Loi ricordando Elio Vittoriani, (due rimandi familiari al- l’universo di Goffi), “sentiamo sem- pre un poco di vergogna, perché c’è sempre qualcosa che dobbiamo farci perdonare”. Quanta avarizia nei nostri propositi e nei nostri rinvii. Si sarebbe stata necessaria un poco più di generosità nei confronti di una personalità così schiva e così necessaria. Necessaria per noi e per la città. Lo spessore delle città è tutto rac- chiuso nella ricchezza di sentimenti e nella profondità di pensieri di chi la abita. Ed i virtuosi del pensiero, le sempre più esigue personalità che si dedicano alla ricerca ed al sapere suppliscono, (e per questo avrebbero 85 di Tino Bino Ricordo di Lento Goffi c&d94:c&d91.qxd 20/03/2008 22.59 Pagina 85
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Page 1: TESTIMONI Ricordo di Lento Goffi · 2019. 3. 29. · rario Gandovere, da cui se ne andò quando capì che compromessi e per-corsi individuali connotavano ormai la scena milanese e

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Quando la scrittura è dedicata allamadre, la poetica lombarda di LentoGoffi, così carica di ragione e di con-cretezza, di realismo e di ironia, dilucidità nello sguardo disincantatosulle cose e sulle persone, debordanella malinconia intensa, in un sen-so di perdita irreparabile.E quando, quattro anni or sono, conla morte della compagna di una vita,la malinconia è sconfinata nella suaraggelante radice etimologica latina,la tristitia, Lento ha deciso che la suastagione era conclusa, che il suotempo era al tramonto.

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Da allora la sua mente, il suo spiritosono volati altrove, rifugiati in unperimetro protetto, vietato agli e-stranei, come quella sua stanza lette-raria misurata solo dai suoi passi,”non uno in più non uno in meno”,aveva scritto in un suo verso, e den-tro la quale l’accesso è vietato ancheagli amici, precluso ai lettori.I quali, per il mio inautorevole tra-

mite sono qui a testimoniare una sti-ma e una riconoscenza, sono qui apartecipare, una affettuosa solida-rietà a Giorgio ed ai suoi, sono quianche a confessare un rimorso.

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“Quando muore qualche amico,” hascritto Franco Loi ricordando ElioVittoriani, (due rimandi familiari al-l’universo di Goffi), “sentiamo sem-pre un poco di vergogna, perché c’èsempre qualcosa che dobbiamo farciperdonare”.Quanta avarizia nei nostri propositie nei nostri rinvii. Si sarebbe statanecessaria un poco più di generositànei confronti di una personalità cosìschiva e così necessaria. Necessariaper noi e per la città.Lo spessore delle città è tutto rac-chiuso nella ricchezza di sentimentie nella profondità di pensieri di chi laabita. Ed i virtuosi del pensiero, lesempre più esigue personalità che sidedicano alla ricerca ed al saperesuppliscono, (e per questo avrebbero

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di Tino Bino

Ricordo di Lento Goffi

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necessità di spazi e di tutele), al dila-gare del pensiero corto, e pigro, disuperficie di cui sono fatte le nostregiornate. Questi sono i tempi, aiquali Lento non voleva, non potevaaccodarsi.

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In tempi cosiffatti, con le nostre ca-tegorie di giudizio, coi nostri com-portamenti, con gli affanni della no-stra quotidianità risulta non facilecapire il talento di Lento Goffi chenon ammetteva opzioni diverse daquelle di uno scandaglio incessan-te,senza soste, nel campo specificodella creatività . Era esattamente u-na vocazione. Che prende possessodi sé stessi, di Lento intendo, comeuna ingiunzione non richiesta, spes-so non gradita. E diventa una passio-ne non negoziabile. Il compromesso,il negoziato verrebbe considerato co-me il tradimento dei chierici. La rin-corsa del pensiero puro,la riflessioneverso il nuovo, la libido sciendi, la vo-racità di conoscere, diventano unasorta di patologia che cresce fino adivorare i tessuti della normalità.

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Che per Lento era l’abitudine di unavita ordinata nel tragitto delle suestanze di libri, nel triangolo di stradaintorno all’edificio del quartiere, nel-le metodicità degli orari e degli in-contri, nei tempi scanditi fra letturae scrittura.E subirà per questo, qualche annoaddietro, come una umiliazione, co-

me una offesa, come un sopruso ilsemplice trasloco per sfratto dallestanze in affitto di via Lipella a quel-le in affitto di via Battaglie.Si sentirà come sradicato, patiràquell’episodio come una intrusionecapace di sconvolgere i caratteri delsuo mondo, l’ordine delle sue cose.

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Come avrebbe potuto dunque accet-tare stagioni così chiassose, fatte didisordine senza forma lui che nellaperfezione delle forme,nella ricercapuntigliosa di una terminologia esat-ta, di costruzioni lessicali inconfuta-bili, tratte da un vocabolario colto,da uno stile raffinato, da un talentogeometrico, da un rispetto maniaca-le della sintassi, aveva i riferimentiobbligati della sua vita e delle suevirtù.Sapeva che dietro la forma delle co-se c’è il senso della vita e che ogniparola ha un significato preciso e chesolo la precisione ne riduce la possi-bile ambiguità e che dunque definirecon esattezza ciò che è vuole direnon rinunciare alla verità delle cose.Conosceva come pochi le regole del-la composizione poetica ed aveva co-scienza delle grammatiche della crea-zione, del mistero della creatività.Che non è la “vena”, l’ispirazione delmomento, la folgorazione improvvi-sa, ma un lento, paziente lavoro discavo, di parole cesellate, di versiprosciugati, rifiniti mille volte, rime-ditati all’infinito frutto di una letturaincessante, e di un rigore non eluso.

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Per questo Lento, lo scrive in tantisuoi versi, avrebbe voluto essere e-sentato dagli affanni inutili dellaquotidianità e dalle cronache dram-matiche di un mondo in subbuglio.Il disagio esistenziale dell’ultimoGoffi nasceva anche da qui, dallaconsapevolezza che era in atto, e for-se già avvenuta, una mutazione dellinguaggio. Per chi esplora il pensie-ro è come mettere in dubbio la cre-dibilità del futuro, che è il tempogrammaticale della speranza.In una epoca dominata dalla tecno-logia, avvertiva Lento, qualcosa eracambiato in profondità. Lo spiritoprofetico del poeta presagiva che re-sistono solo i futuri che furono.

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Lento era un lettore inesausto, maselettivo. Praticava per riviste e pro-grammi radiofonici anche la criticamilitante. Con severità. Aveva unsuo Pantheon sui fondamenti dellacultura : Sant’Agostino e Bergson,Proust, e Leopardi, Petrarca e Fosco-lo e molti francesi a cominciare daValery, e Gide e Camus e Celine. Epoi i lombardi da Cattaneo a Manzo-ni. E una predilezione per ThomasMann.Era uno scrittore di precisione quasimatematica come testimoniano lemigliaia di pagine dei suoi diari incui, dal 1954, (e fino a quando loscopriremo quando verranno ordina-te le sue carte), ha annotato scrupo-losamente fatti, eventi, nomi, cose,

con il puntiglio di un fedele agri-mensore, minimi dettagli della gior-nata e giudizi sugli incontri consu-mati, sulle letture archiviate.Ed era un interlocutore parsimonio-so, ma fertile. I suoi contatti con a-mici sparsi nel mondo della lettera-tura, della critica, delle case editriciavvenivano per iscritto, in unascambio che ha il profumo di altritempi, di altri paesaggi dell’anima.

***

Ma è nella poesia che il suo nome eil suo lavoro hanno trovato univer-sale riconoscimento critico, un rico-noscimento, una collocazione stori-ca. Dentro quella linea lombardache è lo stigma più alto e dai fili piùprofondi della nostro cultura, LentoGoffi ha trovato un posto definitivoaccanto ad Erba a Modesti a VittorioSereni e su fino a Giudici e Raboni.Ha scritto numerosi testi poetici, distraordinaria intensità, di forte inno-vazione. Ha pubblicato con molti e-ditori. E i suoi componimenti più fe-lici sono collocati in molte antologiedella poesia italiana del novecento.Stava lavorando da anni e vi ha la-vorato fino alla fine, almeno fino aquando non è stato inghiottito dalletribolazioni e dalla tentazioni dell’as-senza ad un grande poema in versidedicato proustianamente agli inizi,alla sua giovinezza, ai suoi, alla vita.Per quanto lo abbiamo sollecitato,non ha concesso di rendere pubblicanemmeno una pagine di quell’affre-sco che avrebbe dovuto essere il suocapolavoro, il suo addio. E che è for-

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legame vitale, di un rapporto chenon si spezza fra alunno e docente eche è l’insè dell’insegnamento quan-to il docente diventa maestro. Lentofu uno dei nomi di prestigio dellascuola bresciana degli anni Sessanta–Set tanta quando una schiera di gio-vani docenti formava in Brescia unarete di impegno civile, una abitudineall’ esercizio della cittadinanza chesono la sola maglia entro cui cresce,armoniosa e si sviluppa, la storia del-le città.

***

Ho detto in sommaria sintesi i capi-toli di una biografia ricca di talento einesplorata, degna certo di ben altreesegesi e riletture e studi critici. Cer-to è che il nome di Lento Goffi so-pravviverà alla frana dei giorni. E lasua poesia affascinerà delle nuovegenerazioni quanti credono che lapoesia e la letteratura contenga mol-ti sentimenti della vita.

E per l’ultimo commiato voglio ricor-darlo Lento nei giorni felici dellescoperte letterarie, delle opere finite,dei pomeriggi luminosi di parole e disole. Ho memoria nitida di pomerig-gi lenti e pacifici sul terrazzo dellapiccola casa di Gargnano, dove Len-to traduceva dal francese, compone-va versi e riceveva ogni tanto gli a-mici. Ne ha fissato lui stesso queimomenti in un testo che titola “Se-rena Natura”.La casa non aveva impedimenti al-la vista. Di fronte guardava il Bal-do, più in basso le cime del Pizzoco-

se il suo regalo a noi, alla poesia, allacittà dei lettori.

***

Nella poesia si è esercitato il suo im-pegno morale e civile. Anche se nonha disdegnato, per quest’ultimo a-spetto esperienze e iniziative, dallapartecipazione a giurie di premi, adavventure editoriali come quella delBruttanome, ad eventi significativicome la fondazione del Premio lette-rario Gandovere, da cui se ne andòquando capì che compromessi e per-corsi individuali connotavano ormaila scena milanese e bresciana, e per-fino ad incursioni politiche quandone senti forte il dovere.

Il Gandovere fu una delle ultime po-sizioni pubbliche di Lento Goffi, do-po tornò appartato alla ricerca di u-na solitudine feconda.Ma quella esperienza serve a noi perricordare infine altri due caratteridella sua vita. Il primo riguarda lesue radici, quella Chiari dove Goffi ènato nel 1923, dove ha conosciuto a-mici e maestri come Maria Corti edove, i suoi testi, con la fedeltà alleamicizie, con il rimando di tante no-stalgie è divenuto parte del genius lo-ci, di quella dimensione identitaria,frutto della contaminazione fra terri-torio e personalità, fra paesaggio epensiero. Il secondo fa riferimento alla sualunga militanza di docente negli isti-tuti superiori, dall’Itis al Calini. Conalcuni dei suoi allievi Goffi fonderà ilGandovere. A testimonianza di un

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morbida sul le acque increspate daun bava di refolo, le foglie appenamosse dal vento che preannuncia lasera, con l’aria tranquilla del con-gedo.

lo e del Comer a segnalare il cam-bio di luce sulle acque tranquilledel Garda. Ricordo il lungo vialettoa balze lungo il quale ci accompa-gnava per un commiato, la luce

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