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Tommaso Magalotti Parole & immagini · 2 Giugno 2016 . L’invito che l’amico Tommaso mi ha fatto...

Date post: 22-Sep-2020
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Orlando Piraccini Tommaso Magalotti Parole & immagini Presentazione del libro di Tommaso Magalotti Quel “diavolo” di Carlo Mazzoli. Un romagnolo comandante alpino e stratega Cesena Palazzo del Ridotto 2 Giugno 2016
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Page 1: Tommaso Magalotti Parole & immagini · 2 Giugno 2016 . L’invito che l’amico Tommaso mi ha fatto pervenire solo qualche giorno fa è stato di dire ... il pensiero a quel diavolo

Orlando Piraccini

Tommaso Magalotti Parole & immagini

Presentazione del libro di Tommaso Magalotti Quel “diavolo” di Carlo Mazzoli.

Un romagnolo comandante alpino e stratega

Cesena Palazzo del Ridotto

2 Giugno 2016

Page 2: Tommaso Magalotti Parole & immagini · 2 Giugno 2016 . L’invito che l’amico Tommaso mi ha fatto pervenire solo qualche giorno fa è stato di dire ... il pensiero a quel diavolo

L’invito che l’amico Tommaso mi ha fatto pervenire solo qualche giorno fa è stato di dire due cose, sono parole sue, sul rapporto fra il Magalotti che scrive libri come questo bel “tomone” su Mazzoli e il Magalotti che dipinge e disegna e incide e fa ceramica e altre cose ancora; insomma, mi è stato domandato di provare a mettere in relazione l’artista della parola con l’artista dell’immagine, che - questo è chiaro - si contengono da sempre lo spazio d’azione nella creatività di Tommaso.

Voi capite bene che il compito non è così semplice, col rischio poi di allontanarsi troppo dall’ “oggetto libro” che si presenta oggi e di sacrificare un po’ il suo straordinario prota-gonista.

Allora io, per facilitare questo contatto fra i due Magalotti, ho messo insieme – frettolosa-mente, e di questo mi scuso - alcune immagini, cominciando da quelle che si riferiscono all’ultima mostra di Tommaso a Bagno di Romagna, intitolata “Penne nere, angeli bian-chi”, dalla quale lui ed io siamo reduci, è il caso di dirlo, essendosi chiusa appena tre giorni fa. Mi collego a questa ultima esperienza artistica di Magalotti, perché rendo qui testimonianza del fatto che la mostra è stata preparata proprio mentre Tommaso il pittore stava ulti-mando la sua impresa come scrittore per il libro che si presenta oggi. E ancora io ritengo di poter dire che in quella fase le due anime creative si sono davvero accostate, direi perfino aggrovigliate, e non solo sul piano dell’impegno materiale, con un libro da ultimare e da mandare in stampa, e una mostra da preparare e da allestire. Così io credo che non tanto la mostra sul libro, ma il libro sulla mostra, questo sì, abbia in qualche misura davvero inciso e in qualche misura pesato. Nel senso che nella stessa scelta delle opere, ma anche nel profilo espositivo, nel modo stesso di presentarsi dell’artista e per le cose dette il giorno dell’inaugurazione, il pensiero a quel diavolo di Mazzoli sia corso di frequente nella mente di Tommaso.

A beneficio di chi non ha potuto visitare il Palazzo del Capitano di Bagno, io farei vedere alcune immagini della mostra, anche per sottolineare un altro fatto: che nella sua costru-zione ha finito per influire un andamento narrativo, per capitoli tematici, esattamente come si fa con un libro di racconto storico, e come in effetti Magalotti ha fatto per il libro su Mazzoli. Vi mostro alcune istantanee dei capitoli centrali della mostra, uno dei quali ha riguardato il paesaggio degli alpini.

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Nel grande salone del palazzo sono state riunite opere, alcune delle quali vi mostrerò poi in dettaglio, che raccontano come gli alpini siano stati i soldati della montagna durante la grande guerra: «lassù, lungo quei seicento chilometri di fronte dallo Stelvio alle Alpi Car-niche e Giulie dove - sono parole di Magalotti - la linea delle alte montagne si riveste di ghiacciai e morene di grandiose pareti rocciose a picco, di forre e abissi in cui rumoreggia la forza irruente dei torrenti». Ricorda sempre Tommaso che «gli alpini sono stati ‘alpini’ anche nelle spietate lande dell’Ucraina, della steppa russa come già in Abissinia, nei deserti libici, nelle ambe etiopi»: e questi son paesaggi che appaiono descritti nel libro su Mazzoli.

Altro capitolo centrale della mostra l’abbiamo intitolato così: gli inseparabili. Ovvero l’uomo, l’alpino, e il suo animale, il mulo.

«E’ stato scritto poco sui muli – ha testimoniato a Bagno Magalotti - ma è inimmaginabile quanto furono vicini all’uomo nelle vicende più tragiche delle guerre. Quante vite hanno salvato. Quante volte quelle povere bestie hanno fatto scudo ai proiettili nemici salvando i soldati stessi». «Alpini e muli, ha scritto Magalotti: un binomio inscindibile che non può essere annullato dalla storia: la nostra storia, quella degli alpini che tutto hanno dato senza recriminare anche quando la stupidità dei potenti li ha scaraventati in avventure assurde che essi non avevano mai cercato e tantomeno voluto».

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Un terzo capitolo della mostra/libro di Bagno è stato intitolato all’alpino antieroico. E a commento dei suoi quadri - a mio avviso tra i più intensi dell’intera produzione dell’ar-tista, sul piano della resa pittorica intendo, ma anche dei contenuti - Tommaso ha scritto che «di fronte all’azione l’Alpino è deciso, determinato, calcolatore dei rischi pur non po-nendosi molti interrogativi su se stesso. Il suo è lo slancio generoso, totale, capace di dare tutto sapendo anche di dover pagare di persona, se la fortuna non è dalla sua parte. Ma la figura dell’Alpino è, per sua genesi, quella dell’antieroe. Quello che fa gli è naturale, spon-taneo, appartiene alla logica delle cose, delle situazioni reali. I disagi li accetta come inelut-tabili. Una sorta di malasorte che gli è toccata. E da cui è impossibile fuggire».

Ecco, ora io - se non vi ho già annoiato - vorrei mostrarvi in dettaglio alcune delle pitture di Magalotti esposte a Bagno per qualche accostamento visivo col libro sull’alpino, e non solo alpino, Carlo Mazzoli. Ovviamente si tratta di accostamenti legati a fattori emotivi, patetici, più che a confronti stilistici fra i due artisti, quello della parola e quello dell’imma-gine, che qui sarebbe azzardato proporre, come dicevo all’inizio. Da queste immagini io credo che si possa concludere, in primo luogo, che Tommaso in tutti questi anni di studio e di ricerca in quel diavolo di Mazzoli abbia finito un po’ per identificarsi. E’ ricorrente, si sa, il fenomeno dell’immedesimazione del narratore col personaggio che viene raccontato, e io mi sono figurato che tante opere sugli alpini Magalotti e Mazzoli le abbiano dipinte insieme.

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A me vien da pensare a Tommaso ufficiale alpino quando lui di Carlo Mazzoli scrive -siamo a pag. 220 del suo libro - che «non si preoccupava dei suoi alpini soltanto per il rapporto militare soldato-comandante, ma sentendoli come figlioli, si preoccupava anche dei loro problemi più personali e riservati. Sapeva cogliere il loro stato d’animo, attento quando qualcuno, oltre al disagio della guerra, soffriva anche per le condizioni di indigenza in cui magari versavano i familiari lasciati a casa. E agiva di conseguenza facendo nascere la solidarietà fra gli stessi soldati».

Ecco, a mio avviso questi sono gli alpini disegnati e dipinti da Magalotti e che Mazzoli sentiva come figlioli, più ancora che come fratelli. Sono volti parlanti, e dunque non ho nulla da aggiungere, se non che nei fogli di Magalotti disegnatore e pittore si coglie la stessa minuzia descrittiva di Magalotti scrittore e narratore.

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Certamente in queste opere si coglie con tutta evidenza come lo stile dell’artista rimandi alla sfera poetica di un realismo esistenziale, dove il dato reale si scioglie sempre in moto creativo dell’autore chiaramente intimista e spirituale. Lo stile e il linguaggio figurativo si situano lungo quella via cesenate al realismo che nell’immediato secondo dopoguerra ha marcato la geografia dell’arte nel nostro paese.

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Un secondo rilievo, sempre legandomi alla mostra bagnese, è che nel suo libro, narrando le varie gesta dell’alpino Mazzoli, effettivamente Tommaso si sofferma frequentemente a descrivere paesaggi. Qui, con queste immagini mi riferisco agli scenari montani visti, vis-suti da Mazzoli durante le fasi della grande guerra, ma poi anche da Magalotti rivisitati. A mio avviso lui scrive di questi paesaggi, e li dipinge, in un modo che solo può chi la montagna ce l’ha dentro, come si usa dire.

Solo un piccolo esempio: siamo sul fronte orientale nel 1917, e come se lui fosse stato lì, con o meglio al posto di Mazzoli tra i suoi alpini, Magalotti fissa lo sguardo sulle “monta-gne grandiose che, alternativamente, nel cuore di ognuno disegnavano immagini ideali di grandezza, di bellezza e di vita, ma anche di disagio, di fatica e di morte”. E’ sempre, insomma, un paesaggio vissuto quello che viene ricostruito nel libro, che esat-tamente corrisponde a quello dipinto.

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Nella grandiosità degli scenari, dove regna il biancore della neve non ci sono indulgenze pittoresche, ma trionfa il senso forte della natura. Una natura che è diventata teatro della guerra più crudele, racconta e dipinge Magalotti; teatro della indicibile sofferenza per gli uomini, del loro più profondo dolore. “Un dolore – scrive Tommaso nel suo libro dedicato a Mazzoli – che si faceva muto e riflessivo e che nel silenzio della grande montagna poteva apparire ancora più grande”. Vi ringrazio.


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