TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Rassegna di giurisprudenza 1989 -1992)Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 5 (MAGGIO 1993), pp. 175/176-247/248Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23257762 .
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PARTE QUARTA
41. - La distinzione tra i tributi vietati ai sensi dell'art. 10 della direttiva e i diritti di carattere remunerativo implica che
questi ultimi comprendano soltanto le remunerazioni, riscosse
all'atto della registrazione o annualmente, la cui entità sia cal
colata in base al costo del servizio reso.
42. - Una remunerazione la cui entità sia priva di qualunque nesso con il costo del servizio concretamente reso ovvero sia
calcolata in funzione non del costo dell'operazione di cui essa
costituisce il corrispettivo, bensì' dell'insieme dei costi di gestio ne e d'investimento del servizio incaricato della detta operazio ne dev'essere considerata come un tributo che può solo ricadere
sotto il divieto di cui all'art. 10 della direttiva. 43. - In taluni casi, come ad esempio quello dell'iscrizione
di una società, può essere difficile determinare il costo dell'ope razione. La determinazione del costo non può, in un caso del
genere, che essere forfetaria e dev'essere compiuta con criteri
di ragionevolezza, prendendo in considerazione segnatamente il numero e la qualifica delle persone addette, il tempo da que ste impiegato nonché i diversi costi materiali necessari per il
compimento dell'operazione.
Quanto all'esistenza di tributi di entità diversa a seconda della
forma giuridica della società
44. - Nessuna disposizione della direttiva — e ciò vale in par ticolare per l'art. 12, n. 2, il quale si limita a vietare talune
forme di discriminazione relative a tutte le società di capitali — vieta agli Stati membri di fissare importi diversi per l'iscri zione delle società per azioni e, rispettivamente, delle società
a responsabilità limitata; occorre però, come osservano la com
missione, la Cispadana e la Ponente Carni, che nessuno degli
importi richiesti per ciascuna di tali società superi il costo del
l'operazione di iscrizione. 45. - La questione sollevata va quindi risolta nel modo se
guente: l'art. 12 della direttiva dev'essere interpretato nel senso
che i diritti di carattere remunerativo di cui al n. 1, lett. e), dello stesso articolo possono essere remunerazioni riscosse co
me corrispettivo di operazioni imposte dalla legge per uno sco
po di interesse generale, come ad esempio l'iscrizione delle so
cietà di capitali. L'entità di tali diritti, che può variare a secon da della forma giuridica della società, dev'essere calcolata in
base al costo dell'operazione, che può essere determinato forfe
tariamente. (Omissis) Per questi motivi, la corte, pronunciandosi sulle questioni sot
topostele dal presidente del Tribunale di Genova con ordinanza
14 gennaio 1991 e dal presidente del Tribunale di Milano con
ordinanza 27 giugno 1991, dichiara: 1. - L'art. 10 della direttiva del consiglio 17 luglio 1969 n.
69/335/Cee, concernente le imposte indirette sulla raccolta di
capitali, dev'essere interpretato nel senso che, fatte salve le di
sposizioni derogatorie dell'art. 12, esso vieta un tributo annuale
dovuto in ragione dell'iscrizione delle società di capitali anche
qualora il gettito di tale tributo contribuisca al finanziamento
del servizio incaricato della tenuta del registro in cui sono iscrit
te le società.
2. - L'art. 12 della direttiva dev'essere interpretato nel senso
che i diritti di carattere remunerativo di cui al n. 1, lett. e), dello stesso articolo possono essere remunerazioni riscosse co
me corrispettivo di operazioni imposte dalla legge per uno sco
po di interesse generale, come ad esempio l'iscrizione delle so cietà di capitali. L'entità di tali diritti, che può variare a secon da della forma giuridica della società, dev'essere calcolata in
base al costo dell'operazione, che può essere determinato forfe
tariamente.
li Foro Italiano — 1993.
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (*)
(Rassegna di giurisprudenza 1989 - 1992)
1. Indice analitico
Abuso di posizione dominante
V. Posizione dominante (abuso di)
Accordi
(nozione di): 18, 22, 23, 25, 26
Ammende:
- Carattere unitario: 23 - Criteri di determinazione: 18, 19, 21, 22, 23 , 24, 25 - - Assenza di precedenti infrazioni: 23 - - Durata: 18, 22, 23, 24, 25 - - Effetti dell'infrazione sul mercato: 18, 23 - - Equità, proporzionalità e eguaglianza: 18, 23 - Gravità dell'infrazione: 18, 19, 22, 23, 24, 25 - - Stato di crisi del mercato: 23, 24 - Eliminazione degli effeti della notifica riguardo alle-: 12, 28 - Entità: 18, 23 - Motivazione: 21 - Prescrizione: 24 - V. anche Infrazione
Applicabilità
- delle norme di concorrenza: 30, 36 - diretta: 4, 35 - V. anche Posizione dominante (abuso di)
Associazione di imprese (nozione di): 30, 32
Attestazione negativa V. Decisioni
Atti delle istituzioni V. Decisioni
Brevetti V. Posizione dominante (abuso di)
(*) La rubrica si propone di svolgere una rassegna periodica della
giurisprudenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee, in modo da offrire una prima, sintetica informazione su tale giurispru denza. Naturalmente, il «Foro» si riserva di riprodurre integralmente le sentenze che appariranno di maggiore interesse.
Per comodità del lettore, si ricorda che, in attuazione degli art. 31 quinquies Ceca, 168A Cee e 140A Euratom, introdotti nei rispettivi trattati dell'Atto unico europeo del 1986, il tribunale è stato istituito il 24 ottobre 1988 con decisione del consiglio n. 88/591/Ceca, Cee, Eurotom (G.U.C.E. 25 novembre 1988, L 319/1). Esso è stato regolar mente costituito I'll ottobre 1989 ed ha cominciato ad operare il 1°
novembre dello stesso anno. II tribunale è competente a giudicare in
primo grado sul contenzioso del personale delle Ce e su quello relativo alle regole di concorrenza applicabili alle imprese. Le sue sentenze pos sono essere impugnate innanzi alla Corte di giustizia delle Comunità
europee per motivi di diritto. Dopo aver inizialmente utilizzato, mutatis
mutandis, le regole di procedura della corte, il tribunale ha adottato il 2 maggio 1991 il proprio regolamento di procedura (G.U.C.E. L 136 del 30 maggio 1991), che è entrato in vigore il 1° luglio dello stesso anno.
Dei due settori di competenza del tribunale, di cui si è detto, la rubri ca curerà solo quello della concorrenza, data la limitata rilevanza del contenzioso del personale; le sentenze relative a quest'ultimo saranno
comunque segnalate negli indici cronologico e numerico. La rubrica avrà cadenza semestrale. Per assicurare tuttavia una com
pletezza d'informazione, questa prima rassegna copre la giurisprudenza del tribunale dall'inizio della sua attività a tutto il 1992. Essa è stata curata da Carlo Corazza e Paolo Ziotti (A. Tizzano).
1. Indice analitico
Abuso di posizione dominante
V. Posizione dominante (abuso di)
Accordi
(nozione di): 18, 22, 23, 25, 26
Ammende:
- Carattere unitario: 23 - Criteri di determinazione: 18, 19, 21, 22, 23 , 24, 25 - - Assenza di precedenti infrazioni: 23 - - Durata: 18, 22, 23, 24, 25 - - Effetti dell'infrazione sul mercato: 18, 23 - - Equità, proporzionalità e eguaglianza: 18, 23 - Gravità dell'infrazione: 18, 19, 22, 23, 24, 25 - - Stato di crisi del mercato: 23, 24 - Eliminazione degli effeti della notifica riguardo alle-: 12, 28 - Entità: 18, 23 - Motivazione: 21 - Prescrizione: 24 - V. anche Infrazione
Applicabilità
- delle norme di concorrenza: 30, 36 - diretta: 4, 35 - V. anche Posizione dominante (abuso di)
Associazione di imprese (nozione di): 30, 32
Attestazione negativa V. Decisioni
Atti delle istituzioni V. Decisioni
Brevetti V. Posizione dominante (abuso di)
(*) La rubrica si propone di svolgere una rassegna periodica della
giurisprudenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee, in modo da offrire una prima, sintetica informazione su tale giurispru denza. Naturalmente, il «Foro» si riserva di riprodurre integralmente le sentenze che appariranno di maggiore interesse.
Per comodità del lettore, si ricorda che, in attuazione degli art. 31 quinquies Ceca, 168A Cee e 140A Euratom, introdotti nei rispettivi trattati dell'Atto unico europeo del 1986, il tribunale è stato istituito il 24 ottobre 1988 con decisione del consiglio n. 88/591/Ceca, Cee, Eurotom (G.U.C.E. 25 novembre 1988, L 319/1). Esso è stato regolar mente costituito l'I 1 ottobre 1989 ed ha cominciato ad operare il 1°
novembre dello stesso anno. II tribunale è competente a giudicare in
primo grado sul contenzioso del personale delle Ce e su quello relativo alle regole di concorrenza applicabili alle imprese. Le sue sentenze pos sono essere impugnate innanzi alla Corte di giustizia delle Comunità
europee per motivi di diritto. Dopo aver inizialmente utilizzato, mutatis
mutandis, le regole di procedura della corte, il tribunale ha adottato il 2 maggio 1991 il proprio regolamento di procedura (G.U.C.E. L 136 del 30 maggio 1991), che è entrato in vigore il 1° luglio dello stesso anno.
Dei due settori di competenza del tribunale, di cui si è detto, la rubri ca curerà solo quello della concorrenza, data la limitata rilevanza del contenzioso del personale; le sentenze relative a quest'ultimo saranno
comunque segnalate negli indici cronologico e numerico. La rubrica avrà cadenza semestrale. Per assicurare tuttavia una com
pletezza d'informazione, questa prima rassegna copre la giurisprudenza del tribunale dall'inizio della sua attività a tutto il 1992. Essa è stata curata da Carlo Corazza e Paolo Ziotti (A. Tizzano).
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
Comitato consultivo
(Consultazione preventiva del): 14, 28
Commissione V. Decisioni - Misure provvisorie e d'urgenza - Procedimento ammini strativo
Contraddittorio (principio del) V. Diritti della difesa
Decisioni (della commissione)
- Attestazione negativa: 33 - Competenza dell'organo: 29 - Destinatari: 29 - Forme essenziali: 29 - - Data: 29 - Indicazione dell'autore: 29 - Intangibilità dell'atto (principio della): 29, 32 - Nozione: 28, 29, 33 - Nullità: 29, 32 - Obbligo di pronunciarsi sull'esistenza di un'infrazione: 35 - Presunzione di legalità: 29, 32 - Procedura di adozione: 29 - Requisiti: 29 - Rigetto di denuncia: 35 - V. anche Esenzioni - Inesistenza - Misure provvisorie e d'urgenza
- Motivazione - Procedimento innanzi al tribunale - Sospensione
Diritti d'autore V. Posizione dominante (abuso di)
Diritti della difesa
- Accesso al fascicolo d'ufficio: 25 - Comunicazione degli addebiti: 19, 22, 23 - Comunicazione della documentazione probatoria: 18, 25 - Comunicazione del processo verbale delle audizioni: 18, 22 - Comunicazione del resoconto del consigliere-uditore: 18, 22 - Contraddittorio (principio del): 25, 36 - Presunzione di colpevolezza: 19 - V. anche Procedimento innanzi al tribunale - Riservatezza (obbligo di)
Distribuzione
- Esclusiva: 28, 30 - Selettiva: 17, 28 - V. anche Posizione dominante (abuso di)
Esenzioni (dei divieti in materia di concorrenza)
- Esenzioni individuali e esenzióni per categoria: 14
-Presupposti: 28, 31, 32 - - Beneficio per i consumatori: 28 - Miglioramento del sistema di produzione e distribuzione: 28, 31 - - Necessità delle restrizioni: 28, 31 - - Progresso tecnico: 28 - - Riduzione dei costi operativi: 31
Estinzione della persona giuridica V. Infrazione
Forma (dell'atto giuridico) V. Decisioni (della commissione)
Fornitura esclusiva: 30
Impresa
- Incaricata dalla gestione di servizio di interesse economico genera le: 36. V. anche Applicabilità
- nozione di: 24, 30
Inesistenza (dell'atto giuridico) V. Decisioni (della commissione)
Il Foro Italiano — 1993.
Infrazione (imputabilità della)
- Estinzione della persona giuridica: 24 - Responsabilità collettiva: 18, 19, 22, 23, 24 - V. anche Ammende
Intangibilità dell'atto giuridico (principio della) V. Decisioni (della commissione)
Intervento V. Procedimento amministrativo
Mercato rilevante - (determinazione del): 14, 15, 16, 21, 32 - Mercato del prodotto: 14, 15, 16, 21 - Mercato geografico: 21
Misure provvisorie e d'urgenza (procedimento amministrativo)
- Competenza del tribunale: 1, 32 - Presupposti: 17, 27, 32 - - Carattere manifesto dell'infrazione: 27, 32 - - Fumus boni iuris: 17, 32 - - Gravità e irreparabilità del danno: 17, 27, 32 - Sospensione dell'esecuzione: 3, 8, 32
Motivazione
- Contraddittorietà: 18, 25, 26 - Erroneità: 18 - Insufficienza: 18, 19, 20, 23, 25, 26, 27 - Mancato riferimento al rapporto del consigliere-uditore: 24, 25 - Obbligatorietà: 15, 16, 18, 19, 23, 24, 25, 26 - Sufficienza degli elementi di prova: 21, 24 - Unicità della motivazione riguardante comportamenti di più impre
se: 14, 25, 26 - V. anche Ammende - Presunzione di colpevolezza
Nullità V. Decisioni (della commissione)
Onere della prova: 21, 22, 23
Patto di non concorrenza: 30
Posizione dominante (abuso di)
- Abuso (nozione di): 4, 14, 15, 16, 21 - Giustificazioni della condotta abusiva: 21 - Pratiche abusive: 4, 14, 15, 16, 21 - - Acquisto di licenza esclusiva di brevetto: 4 - - Distribuzione selettiva: 21 - - Esercizio del diritto d'autore: 14, 15, 16 - Pratiche che ostacolano l'emanazione di licenze di diritto su bre
vetti: 21 - - Pratiche discriminatorie: 21 - V. anche Mercato rilevante (determinazione del)
Pratiche concordate (nozione di): 18, 22, 23 , 25 , 26, 28 , 30
Pregiudizio al commercio tra Stati membri: 14, 15, 16, 18, 21, 23, 24,
25, 28, 30, 31
Prescirzione V. Ammende
Presunzione di colpevolezza: 19, 22
Prezzi (fissazione dei): 18, 19, 22, 23, 24, 25, 26, 31, 32; V. anche
retribuzioni della concorrenza
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PARTE QUARTA
Principi
- Contraddittorio: V. Diritti della difesa - Equità, proporzionalità e uguaglianza: V. Ammende - Intangibilità dell'atto giuridico: V. Decisioni - Onere della prova: V. Onere della prova - Presunzione di legalità: V. Decisioni - Riservatezza (obbligo di): V. Riservatezza (obbligo di)
Procedimento amministrativo
- Fissazione di priorità nell'esame dei casi: 35 - Intervento: 2 - Poteri di indagine (della commissione): 20 - Poteri di ingiunzione (della commissione): 14, 15, 16, 35 - Richiesta di informazioni: 20 - Regolamento interno di procedura della commissione (rispetto del): 29 - Sviamento di potere: 35 - V. anche Comitato consultivo (consultazione preventiva del) - De
cisioni (della commissione) - Diritti della difesa - Misure provvisorie e d'urgenza (procedimento amministrativo) - Onere della prova
Procedimento innanzi al tribunale
- Atti impugnabili: 5, 9, 10, 11, 33 - Diritti della difesa: 9, 10, 11, 21 - Eccezione tardiva: 30 - Irricevibilità del ricorso: 5, 6, 9, 10, 11, 33, 36 - Modifica della domanda: 5, 29, 34 - Poteri di ingiunzione (alla commissione): 36 - Questioni preliminari: 21 - Ricevibilità delle eccezioni non sollevate nel corso della procedura
amministrativa: 21 - Termini per l'introduzione del ricorso: 6, 13 - Tutela della riservatezza delle informazioni: 20. V. anche Riservatezza - V. anche Misure provvisorie e d'urgenza (procedimento giurisdi
zionale
Prodotti agricoli (applicabilità delle norme di concorrenza ai): 30
Prove V. Diritti della difesa - Onere della prova - Presunzione di colpevolezza
Questioni pregiudiziali
- Obblighi dei giudici di ultima istanza: 28
Restrizioni della concorrenza
- Effetto sensibile sulla concorrenza (delle misure restrittive): 23, 24, 25, 28, 30
- Legge nazionale di conferma di un accordo tra imprese: 36 - Limitazione della produzione: 18, 19, 22, 23, 25, 26 - Ripartizione dei mercati: 18, 19, 22, 23, 24, 25 - Riunioni periodiche: 18, 19, 25, 26 - Scambi di informazioni: 18, 19, 32 - Sistema di quote: 18, 19, 25, 26 - Sostegno dei prezzi: 18, 19. V. anche Prezzi (fissazione dei) - V. anche Distribuzione - Esenzione - Fornitura esclusiva - Patto
di non concorrenza
Ricorso di annullamento
- Oggetto: - - attestazione negativa (decisione di): 33 - comunicazione (della commissione): 34 - - motivazione: 33 - Presupposti: - - interesse ad agire: 33 - - soggetti riguardati direttamente e individualmente: 33 - sussistenza dell'atto pregiudizievole: 33, 34, 36 - V. anche Procedimento innanzi al tribunale
Ricorso in carenza
- Presupposti: 34 - Modifica della domanda: V. Procedimento innanzi al tribunale
li Foro Italiano — 1993.
Risarcimento dei danni
- Determinazione del danno: 34 - Presupposti: 34
Riservatezza (obbligo di): 2, 20
- V. anche Procedimento innanzi al tribunale
Stati membri (obbligo di coperazione) V. Riservatezza
Termini V. Procedimento innanzi al tribunale
Tribunale (di primo grado) V. Misure provvisorie e d'urgenza - Procedimenti innanzi al tribunale
2. Indice numerico
(in corsivo le pronunce considerate in rassegna)
Ordinanze T 14/89 - 10.3.1992 T 15/89 - 10.3.1992
T- 1/89 - 15.11.1990 T 30/89 - 12.12.1991 T- 2/89 - 15.11.1990 T 51/89 - 10.7.1990 T- 3/89 - 15.11.1990 T 61/89 - 2.7.1992 T- 4/89 - 15.11.1990 T 64/89 - 10.7.1990 T- 6/89 - 15.11.1990 T 66/89 - 9.7.1992 T- 7/89 - 15.11.1990 T 68/89 - 10.3.1992 T- 8/89 - 15.11.1990 T 69/89 - 10.7.1991 T- 9/89 - 15.11.1990 T 70/89 - 10.7.1991 T-10/89 - 15.11.1990 T 76/89 - 10.7.1991 T-ll/89 - 15.11.1990 T 77/89 - 10.3.1992 T-12/89 - 15.11.1990 T 78/89 - 10.3.1992 T-13/89 - 15.11.1990 T 79/89 - 27.2.1992 T-14/89 - 15.11.1990 T 84/89 - 27.2.1992
T-15/89 - 15.11.1990 T 85/89 - 27.2.1992 T- 30/89 ■ • 4.4.1990 T 86/89 - 27.2.1992 T- 31/89 ■ ■ 6.12.1989 T 89/89 - 27.2.1992 T- 3/90 - 23.1.1991 r 91/89 - 27.2.1992 T- 23/90 - 21.5.1990 T 92/89 - 27.2.1992 T- 39/90 ■ 21.11.1990 T 94/89 . 27.2.1992 T- 19/91 - • 27.2.1992 T 96/89 - 27.2.1992 T- 24/92 - ■ 16.6.1992 T 98/89 - 27.2.1992 T- 28/92 - 16.6.1992 T-102/89 - 27.2.1992 T- 29/92 - 16.7.1992 T-104/89 - 27.2.1992 T- 36/92 - 30.11.1992 T-113/89 - 13.12.1990
T-114/89 - 13.12.1990 T-116/89 - 13.12.1990
Sentenze T-125/89 - 10.7.1990 T-138/89 - 17.9.1992
T- 1/89 ■ 24.10.1991 T 12/90 - 29.5.1991 T- 2/89 - 24.10.1991 T 23/90 - 12.7.1991 T- 3/89 - 24.10.1991 T 24/90 - 18.9.1992 T- 4/89 - 17.12.1991 T 28/90 - 18.9.1992 T- 6/89 - 17.12.1991 T 39/90 - 12.12.1991 T- 7/89 - 17.12.1991 r 44/90 - 24.1.1992 T- 8/89 - 17.12.1991 T 16/91 - 18.11.1992 T- 9/89 - 10.3.1992 T 19/91 - 27.2.1992 T- 10/89 - 10.3.1992 T 10/92 - 18.12.1992 T- 11/89 - 10.3.1992 T 11/92 - 18.12.1992 T- 12/89 - 10.3.1991 T 12/92 - 18.12.1992 T- 13/89 - 10.3.1992 T 13/92 - 18.12.1992
3. Indice cronologico (in corsivo le pronunce considerate in rassegna)
Ordinanze
6.12.1989 - T-31/89 4.4.1990 - T-30/89 15.11.1990 - T-l/89 15.11.1990 - T-2/89 15.11.1990 - T-3/89 15.11.1990 - T-4/89 15.11.1990 - T-6/89
15.11.1990 - T-7/89 15.11.1990 - T-8/89 15.11.1990 - T-9/89 15.11.1990 - T-10/89 15.11.1990 - T-ll/89 15.11.1990 - T-12/89 15.11.1990 - T-13/89 15.11.1990 - T-14/89 15.11.1990 - T-15/89
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
10.7.1990 - T-51/89
10.7.1990 - T-64/89 10.7.1990 - T-125/89
10.7.1990 - T-23/90
13.12.1990 - T-l 13/89
13.12.1990 - T-l 14/89
13.12.1990 - T-l 16/89 29.5.1991 - T-l2/90
10.7.1991 - T-69/89 10.7.1991 - T-70/89
10.7.1991 - T-76/89
12.7.1991 - T-23/90
24.10.1991 - T-2/89 24.10.1991 - T-3/89
12.12.1991 - T-39/90
12.12.1991 - T-30/89 17.12.1991 - T-l/89 17.12.1991 - T-4/89
17.12.1991 - T-6/89
17.12.1991 - T-7/89
17.12.1991 - T-8/89
24.1.1992 - T-44/90
21.11.1990 - T-39/90
21.5.1990 - T-23/90
23.1.1991 - T-3/90
7.6.1991 - T-19/91 16.6.1992 - T-24/92
16.6.1992 - T-28/92 16.7.1992 - T-29/92 30.11.1992 - T-36/92
Sentenze
27.2.1992 - T-19/91 27.2.1992 - T-79/89 27.2.1992 - T-84/89 27.2.1992 - T-85/89 27.2.1992 - T-86/89 27.2.1992 - T-89/89 27.2.1992 - T-91/89 27.2.1992 - T-92/89 27.2.1992 - T-94/89
27.2.1992 - T-96/89 27.2.1992 - T-98/89
27.2.1992 - T-102/89
27.2.1992 - T-104/89
10.3.1992 - T-9/89 10.3.1992 - T-10/89
10.3.1992 - T-l 1/89
10.3.1992 - T-l2/89
10.3.1992 - T-13/89
10.3.1992 - T-l4/89 10.3.1992 - T-15/89 10.3.1992 - T-68/89 10.3.1992 - T-77/89
10.3.1992 - T-78/89
2.7.1992 - T-61/89
9.7.1992 - T-66/89
17.9.1992 - T-l38/89
18.9.1992 - T-24/90
18.9.1992 - T-28/90 18.11.1992 - T-16/91
18.12.1992 - T-l0/92
18.12.1992 - T-l 1/92
18.12.1992 - T-l2/92
18.12.1992 - T-13/92
1 - Ordinanza del presidente 6 dicembre 1989 (causa T-31/89R);
Pres. J. L. Da Cruz Villaca; Cosimex GmbH c. Commis
sione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Competenza della commissione ad adot
tare misure conservative — Domanda di provvedimenti prov visori — Ingiunzione alla commissione di riesaminare una ri
chiesta di misure conservative (Trattato Cee, art. 173, 176,
186; regolamenta n. 17/62 del Consiglio del 6 febbraio 1962,
art. 3, par. 1).
Con atto depositato il 16 agosto 1989, la società Cosimex
GmbH aveva introdotto, ex art. 173, 2° comma, del trattato
Cee, un ricorso volto ad ottenere l'annullamento della decisione
della commissione di rigetto della domanda, fondata sull'art.
3, paragrafi 1 e 2, del reg. 17/62, diretta a far constatare che
la società Vichy aveva violato l'art. 85, par. 1, del trattato.
Vichy avrebbe infatti esercitato — secondo quanto sostenuto
dalla ricorrente — pressioni sui grossisti francesi e belgi, affin
ché questi non le rivendessero i suoi prodotti.
Con atto separato depositato lo stesso giorno, la Cosimex
aveva altresì' richiesto, in base all'art. 186 del trattato, che fosse
ingiunto con procedura d'urgenza alla commissione di riesami
nare, in un termine ragionevole, la richiesta di vietare alla Vi
chy, in via provvisoria, ogni comportamento tendente ad osta
colare la fornitura dei suoi prodotti a Cosimex da parte di terzi.
Con l'ordinanza in esame, il tribunale ha respinto la doman
da di provvedimenti provvisori, ritenendo che spetti alla com
missione, nell'esercizio del controllo affidatole in materia di con
correnza, dal trattato e dal reg. 17/62, decidere sulla necessità
di adottare misure provvisorie a seguito dell'introduzione di una
domanda fondata sull'art. 3, par. 1, del suddetto regolamento.
Sarebbe dunque contrario ai principi relativi alla ripartizione delle competenze tra le diverse istituzioni della Comunità l'ob
bligo eventualmente sancito dal tribunale a carico della com
missione di procedere al riesame di una richiesta di misure con
servative tendenti ad interdire il comportamento ritenuto con
trario alla normativa esistente in materia.
Il combinato disposto degli art. 173 e 176 del trattato non
consentirebbe, d'altra parte, al tribunale di fissare le modalità
del riesame di un'istanza di provvedimenti provvisori, senza aver
annullato in precedenza l'atto contenente l'eventuale rifiuto di
adottare le misure stesse.
Il Foro Italiano — 1993.
2 - Ordinanza 4 aprile 1990 (causa T-30/89); Pres. D. Barmng
ton; Hilti Aktiengesellschaft c. Commissione delle Comunità
europee.
Cee — Concorrenza — Intervento nel procedimento — Comu
nicazioni degli atti del procedimento alle parti intervenute —
Tutela della riservatezza delle informazioni — Corrisponden za tra avvocato e cliente — Domanda della parte principale di limitare l'utilizzo degli atti del procedimento da parte del
l'interveniente ai soli fini della causa (Regolamento di proce
dura, art. 93, par. 4; regolamento n. 17/62 del Consiglio del
6 febbraio 1962).
Nel marzo 1988 la società Hilti AG aveva introdotto un ri
corso — sulla base dell'art. 173, par. 2, del trattato Cee —
tendente ad ottenere l'annullamento di una decisione della com
missione relativa ad una procedura di applicazione, nei suoi con
fronti, dell'art. 86 dello stesso trattato.
A seguito dell'intervento nel procedimento di due società sue
concorrenti, essa aveva altresì richiesto che fosse tutelato il ca
rattere confidenziale di talune informazioni contenute nel dossier.
Con riferimento a tale domanda, il tribunale ha tenuto a ri
cordare in via preliminare come l'art. 93, par. 4, del regolamen to di procedura abbia fissato il principio per cui tutti gli atti notificati alle parti debbano essere comunicati agli intervenuti.
A tale principio si può derogare, come pure eccezionalmente
ammesso dalla disposizione, qualora risulti necessario salvaguar
dare la riservatezza di taluni documenti, solo a seguito di un
esame volto a stabilire, per ogni informazione di cui si affermi
la natura confidenziale, in che misura sia possibile conciliare
la preoccupazione legittima dell'interessato a che non siano lesi
i suoi interessi commerciali e la preoccupazione, altrettanto le
gittima, delle parti intervenute di disporre di tutti gli elementi
necessari a far valere i loro diritti e a sviluppare i loro argomen
ti innanzi al tribunale. Assumono rilievo altresì taluni principi
generali del diritto come quello relativo alla tutela della riserva
tezza della corrispondenza tra avvocato e cliente.
In tale prospettiva — si rileva nell'ordinanza — il regolamen
to n. 17 va interpretato in modo da assicurare la protezione
della suddetta corrispondenza, in quanto scambiata nel quadro
e ai fini dell'esercizio del diritto di difesa del cliente e solo se
proveniente da avvocati indipendenti, non legati cioè ad esso
da un rapporto d'impiego. La tutela si estende ad ogni missiva
inviata dopo l'apertura del procedimento amministrativo davanti
alla commissione, suscettibile di condurre ad una decisione d'ap
plicazione degli art. 85 e 86 del trattato, o alla, irrogazione di
una sanzione pecuniaria all'impresa interessata. Tutelata è an
che la corrispondenza scambiata anteriormente a tale data in
quanto connessa al procedimento, come pure le eventuali circo
lari interne, che si limitino a riportarne il contenuto ai fini di
una diffusione ai quadri dell'impresa. Il tribunale non ha infine potuto accogliere un'ulteriore ri
chiesta della Hilti, affinché fosse precisato alle parti intervenute
che gli atti del procedimento erano portati a loro conoscenza
solo ai fini della presente causa, in quanto il regolamento di
procedura non contiene alcuna disposizione sulla quale possa esser fondata tale ingiunzione.
3 - Ordinanza del presidente del tribunale 21 maggio 1990 (cau
sa T-23/90 R); Pres. J. L. Cruz Vilaca; Automobiles Peu
geot SA e Peugeot SA c. Commissione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Ado
zione di provvedimenti provvisori da parte della commissione — Condizioni di esercizio di tale competenza — Divieto di
accordi — Esenzione per categorie — Oggetto e portata del
regolamento n. 123/85 — Provvedimenti urgenti — Sospen
sione dell'esecuzione di provvedimenti provvisori adottati in
materia di concorrenza — Condizioni (Trattamento Cee, art.
85, par. 1 e 3; regolamento n. 17/62 del consiglio del 6 feb braio 1962, art. 3; regolamento n. 123/85 della commissione
del 12 dicembre 1984).
Con domanda del 24 aprile 1990 la società Automobiles Peu
geot SA e Peugeot SA avevano introdotto, ex art. 173, par.
2, del trattato Cee, un ricorso per l'annullamento della decisio
ne della commissione che aveva adottato, nei loro confronti,
provvedimenti provvisori nel quadro di una procedura di appli
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PARTE QUARTA
cazione dell'art. 85 dello stesso trattato (IV/33.157 Ecosy
stem/Peugeot). Allo stesso tempo esse avevano richiesto, in via
d'urgenza e sulla base dell'art. 186, la sospensione dell'esecu
zione della suddetta decisione.
Con riferimento a quest'ultima domanda, il tribunale ha te
nuto innanzitutto a sottolineare — con richiami alla precedente
giurisprudenza della corte — come spetti alla commissione, nel
l'ambito delle competenze riconosciute dal trattato e dal regola
mento.n. 17/62 in materia di concorrenza, decidere, ex art. 3,
par. 1, del suddetto regolamento, sull'opportunità di adottare
provvedimenti provvisori, su richiesta delle parti interessate. Tali
misure tuttavia — si rileva nell'ordinanza — «devono avere na
tura interinale e limitarsi a quanto è strettamente necessario nella
fattispecie concreta».
D'altra parte, il regolamento n. 123/85, relativo all'applica zione dell'art. 85, part. 3, del trattato a categorie di accordi
per la distribuzione di autoveicoli e il servizio di assistenza alla
clientela, si limiterebbe a dare agli operatori economici del set
tore la possibilità di sottrarre al divieto di cui all'art. 85, par.
1, talune categorie di accordi bilaterali, nonostante la presenza di clausole di esclusiva e aventi comunque l'effetto di impedire o di restringere la concorrenza. Ciò, peraltro, non equivarreb
be, come sostenuto dalle ricorrenti, ad una generale inapplica bilità al settore della distribuzione di autoveicoli della norma
generale del trattato.
Qualora dunque il giudice comunitario sia adito con una do
manda volta ad- ottenere la sospensione di una ingiunzione adot
tata a titolo provvisorio dalla commissione nei confronti di una
impresa — nel quadro di una procedura iniziata ai sensi del
l'art. 3 del regolamento n. 17 — esso deve verificare se sussista
un rischio effettivo che gli effetti pregiudizievoli di tale misura
oltrepassino quelli propri ad un provvedimento conservativo.
Poiché nel caso di specie non è risultato che il danno provocato
dall'ingiunzione fosse sensibilmente maggiore degli inevitabili, ma temporanei, inconvenienti di misure di tale natura, la do
manda è stata rigettata.
4 - Sentenza 10 luglio 1990 (causa T-51/89); Pres. J. L. Cruz
Vilaca, Aw. gen. H. Kirschner; Tetra Pak Rausing SA c.
Commissione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Posizione dominante — Nozione di sfrut
tamento abusivo — Acquisto di una licenza esclusiva di bre
vetto da parte di una impresa in posizione dominante (Tratta to Cee, art. 86).
Cee — Concorrenza — Posizione dominante — Sfruttamento
abusivo — Divieto — Esenzione di un accordo ai sensi del
l'art. 85, par. 3 — Inesistenza di un effetto di affrancazione
dal divieto di cui all'art. 86 — Distinzione tra esenzioni indi
viduali e esenzioni per categoria — Certezza giuridica garan tita da un'esenzione per categoria ex art. 85, part. 3 — Limiti
(Trattato Cee, art. 85, part. 3, 86). Cee — Concorrenza — Posizione dominante — Divieto di sfrut
tamento abusivo — Effetto diretto — Applicazione della nor
ma da parte dei giudici nazionali — Esenzione ai sensi del
l'art. 85, par. 3 — Mancanza di incidenza (Trattato Cee, art.
85, par. 3, 86).
Con decisione 26 luglio 1988, la commissione aveva accertato
che la società Tetra Pak Rausing SA, a seguito dell'acquisizione del gruppo Liquipak e del conseguente acquisto della licenza
esclusiva di brevetto — relativa ad un nuovo procedimento UHT di confezione del latte a lunga conservazione — accordato dal
National Research and Development Council ad una società del
gruppo Liquipak, aveva violato l'art. 86 del trattato Cee, dal
momento di tale acquisizione fino a quello in cui l'esclusività
era venuta meno.
Con lettera del 26 novembre 1987 infatti Tetra Pak aveva
informato la commissione che essa rinunciava ad ogni diritto
di esclusiva sulla licenza in questione. Benché tuttavia l'infra
zione allegata fosse terminata nel corso della procedura ammi
nistrativa, la commissione aveva ritenuto utile constatarla con
decisione, al fine di chiarire la sua posizione sul punto di dirit
to, che presentava un carattere inedito. Tetra Pak, dal canto suo, si era limitata a fondare il ricorso
solo sulla presunta violazione degli art. 85, par. 3, e 86, in quanto la commissione aveva applicato quest'ultima disposizione ad un
Il Foro Italiano — 1993.
accordo che aveva beneficiato dell'esenzione prevista all'art. 85,
par. 3.
Premesso che l'acquisizione di una licenza esclusiva di brevet
to ad opera di una impresa in posizione dominante non costi
tuiva in sé un abuso ai sensi dell'art. 86, il tribunale ha sottoli
neato come bene avesse fatto la commissione, ai fini dell'appli cazione di tale disposizione, a prendere in considerazione le
circostanze che avevano accompagnato l'acquisizione stessa, ed
in particolare i suoi effetti sulla struttura concorrenziale del mer
cato di riferimento.
Ciò detto peraltro, l'acquisto della licenza esclusiva di brevet
to nella fattispecie si sarebbe tradotto in uno sfruttamento abu
sivo, nella misura in cui esso aveva contribuito non solo a raf
forzare la posizione dominante del ricorrente, già molto forte,
ma aveva altresì impedito, o quantomeno considerevolmente ri
tardato, l'ingresso di un nuovo concorrente su un mercato ca
ratterizzato da una concorrenza pressoché inesistente.
Quanto poi al fatto che l'accordo di licenza di brevetto aves
se beneficiato di un'esenzione ai sensi dell'art. 85, par. 3, il
tribunale ha rilevato al riguardo come, tanto dalla lettera di
tale disposizione, come dall'economia complessiva degli art. 85
e 86 non si possa inferire che la concessione di un'esenzione
individuale o per categoria valga ad affrancare dal divieto di
cui all'art. 86. Mentre infatti l'applicazione dell'art. 85 avviene
nel corso di un procedimento a due fasi successive, e cioè la
constatazione in primo luogo dell'esistenza di un'infrazione al
l'art. 85, par. 1, e quindi, eventualmente, l'esenzione dal divie
to, qualora l'accordo risponda alle condizioni enunciate al par.
3, l'art. 86, viceversa, non ammette alcuna possibile eccezione
al divieto in esso sancito. Ritenere invece necessario, come so
stenuto dalla ricorrente, che la commissione revochi la decisio
ne di esenzione prima di poter applicare l'art. 86 significhereb
be, in considerazione della natura non retroattiva del provvedi mento di revoca, ammettere che l'esenzione ex art. 85, par. 3,
implichi allo stesso tempo esenzione dal divieto di abuso di po sizione dominante.
D'altra parte, tenuto conto dei principi in tema di gerarchia delle fonti — si rileva nella sentenza — appare evidente che
la concessione di un'esenzione per il tramite di un atto di diritto
derivato (i regolamenti di esenzione per categoria o la decisione
individuale) non potrebbe in alcun caso derogare ad una norma
del trattato.
Il problema dell'esenzione, d'altra parte, si porrebbe in ter
mini diversi a seconda che sia adottata con decisione individua
le o con regolamento. Solo nel primo caso infatti si potrebbero considerare come accertate talune caratteristiche dell'accordo su
scettibili di essere prese in considerazione, eventualmente, ai fi
ni dell'applicazione dell'art. 86. La commissione pertanto nel
l'ipotesi di un'eventuale procedura di applicazione di tale arti
colo non potrebbe non tenere conto, in assenza di modifiche
delle circostanze di fatto e di diritto, degli accertamenti ante
riormente effettuati al momento della concessione di un'esen
zione ex art. 85, par. 3.
L'esenzione per categoria, viceversa, non è subordinata, per definizione, alla verifica caso per caso del fatto che ricorrano
le condizioni all'uopo stabilite nel trattato e non avrebbe effetti
analoghi a quelli di un'attestazione negativa rilasciata in riferi
mento all'art. 86. Ne consegue pertanto — a giudizio del tribu
nale — che, qualora accordi cui partecipino imprese in posizio ne dominante rientrino nel campo di applicazione di un regola mento di esenzione per categoria, gli effetti di tale esenzione
sull'applicabilità dell'art. 86 debbano essere esclusivamente va
lutati nel quadro di tale norma.
La ricorrente aveva infine sostenuto che gli art. 85 e 86, in
terpretati alla luce del principio della certezza del diritto, impli cherebbero che un comportamento esentato in forza dell'art.
85, par. 3, non potrebbe essere vietato dall'art. 86. Al riguardo, il tribunale ha rilevato come l'esenzione per categoria ha, oltre
a preoccupazioni legate alla semplificazione amministrativa, lo
scopo di garantire, alle imprese parti di un accordo, la validità
dello stesso riguardo all'art. 85, fino al momento in cui la com
missione non revochi il beneficio dell'esenzione, ma non esone
ra le imprese in posizione dominante dall'obbligo di conformar
si all'art. 86. Tali imprese non potrebbero pertanto appellarsi al principio della certezza del diritto per sostenere che la con
cessione di un'esenzione, associata al potere della commissione
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
di ritirarne il beneficio, conferisca alle stesse la legittima spe ranza di sfuggire ad ogni possibile condanna ex art. 86, fino
al momento in cui la commissione non abbia adottato la deci
sione di ritirare l'esenzione.
Quanto infine all'ultimo argomento sostenuto dalla ricorren
te, che cioè una tale interpretazione degli art. 85 e 86 sarebbe
in contrasto con il principio dell'applicazione uniforme del di
ritto comunitario, il tribunale ha osservato come i divieti del
l'art. 86 hanno un effetto diretto e creano nei soggetti diritti
che le giurisdizioni nazionali devono salvaguardare. Pertanto,
nella misura in cui il diritto comunitario riconosce l'applicabili tà dell'art. 86 ad un accordo che beneficia di una esenzione
ex art. 85, par. 3, non risulterebbe in alcun modo limitata la
competenza del giudice nazionale ad applicare l'art. 86. L'ap
plicazione di questa disposizione infatti non metterebbe in cau
sa i principi del primato e dell'uniformità del diritto comunitario.
Alla luce di tali motivazioni, pertanto, il ricorso è stato re
spinto.
5 - Sentenza 10 luglio 1990 (causa T-64/89); Pres. J. L. Cruz
Vilaca; Automec S.r.l. c. Commissione delle Comunità
europee.
Cee — Concorrenza — Ricevibilità del ricorso — Esame d'uffi
cio delle questioni di irricevibilità per motivi di ordine pubbli co — Natura della comunicazione prevista all'art. 6 del reg. n. 99/63 — Atto preparatorio (Regolamento n. 99/63 della
commissione del 25 luglio 1963, art. 6). Cee — Concorrenza — Possibilità per le parti di modificare
le loro conclusioni — Atti di oggetto e natura identici a quelli considerati nell'atto introduttivo del giudizio.
La ricorrente, una società a responsabilità limitata di diritto
italiano, titolare di un contratto di distribuzione di autoveicoli
BMW, era stata informata nel maggio 1983 dell'intenzione di
BMW Italia di non volere più procedere al rinnovo del contrat
to alla sua scadenza, il 31 dicembre 1984.
Dopo aver richiesto senza successo alle giurisdizioni nazionali
che fosse ingiunto a BMW Italia di proseguire i suddetti rap
porti contrattuali, Automec aveva introdotto presso la commis
sione una domanda ex art. 3, par. 2, del regolamento 17/62,
tendente a far condannare il comportamento di BMW Italia
e della società capogruppo tedesca, BMW AG, per violazione
dell'art. 85. Il sistema di distribuzione di BMW sarebbe stato, secondo la ricorrente, un sistema di distribuzione selettiva: poi ché dunque Automec avrebbe corrisposto ai criteri qualitativi
richiesti, BMW non avrebbe potuto legittimamente rifiutare di
rifornirla di autoveicoli e pezzi di ricambio, né opporsi all'uti
lizzo da parte sua del marchio BMW.
Con lettera del 30 novembre 1988, la commissione si era di
chiarata incompetente ad adottare un provvedimento che impo nesse a BMW di riprendere le consegne di Automec e di risarci
re i danni da quest'ultima subiti. Nella stessa missiva la com
missione aveva fatto presente che la disciplina comunitaria
relativa alla concorrenza nel settore automobilistico era stata
modificata con l'adozione del reg. 123/85, a seguito della quale i diversi costruttori europei avevano adattato i loro contratti
di distribuzione; dalle informazioni disponibili, d'altra parte, non risultava alle autorità comunitarie che BMW non avesse
effettuato le necessarie modifiche della sua rete distributiva.
È contro la decisione contenuta, secondo la ricorrente, in tale
lettera che si era indirizzato il ricorso introdotto da Automec
in data 17 febbraio 1989. Il 26 luglio dello stesso anno, la Commissione aveva comuni
cato alla ricorrente che la missiva oggetto dell'impugnazione non
avrebbe potuto essere considerata una sua presa di posizione
definitiva sulla questione; ciò sarebbe stato confermato dalla
assenza di ogni riferimento alla procedura stabilita all'art. 6
del regolamento n. 99/63/Cee in caso di non accoglimento di
domanda introdotta ai sensi dell'art. 3, par. 2, del regolamento
n. 17. Questa sarebbe stata invece la finalità della nuova comu
nicazione, con la quale si invitava infatti Automec a presentare
le sue osservazioni circa l'intenzione della commissione di non
dare seguito alla sua domanda iniziale. Il giorno successivo, la
commissione aveva introdotto la domanda incidentale — ex art.
Il Foro Italiano — 1993.
91, par. 1, del regolamento di procedura della corte — chieden
done l'esame senza che si discutesse il merito della questione sollevata con il ricorso; la lettera del 26 luglio avrebbe infatti
comportato il venir meno dell'oggetto della controversia.
Nel corso dell'udienza, la commissione aveva infine deposita
to, presso la cancelleria, copia di una lettera a firma del com
missario responsabile dell'applicazione delle regole di concor
renza, con la quale si informava Automec che la sua domanda
iniziale era respinta. La ricorrente, dal canto suo, nel contestare
che la lettera in questione costituisse una nuova decisione, ave
va domandato — richiamandosi alla giurisprudenza della corte — di poter adattare le sue conclusioni per chiedere altresì l'an
nullamento della lettera di conferma della decisione impugnata. Il tribunale ha in primo luogo deciso di pronunciarsi, come
proposto dal giudice relatore, sulla domanda incidentale della
commissione senza entrare nel merito del ricorso.
Quanto poi alla ricevabilità dello stesso, si rileva come, in
forza dell'art. 92, par. 2, del regolamento di procedura della
corte — applicabile mutatis mutandis al tribunale, ex art. 11
della decisione del consiglio del 24 ottobre 1988 — esso possa esaminare d'ufficio, in qualsiasi momento, l'irricevibilità di un
ricorso per motivi di ordine pubblico. Orbene, l'esistenza del
l'atto contro cui è diretto un ricorso ex art. 173 è una condizio
ne essenziale per la sua ricevibilità, e in più occasioni — viene
rilevato — era stata sollevata d'ufficio dalla corte.
Secondo tale giurisprudenza, dunque, sono atti o decisioni
suscettibili di ricorso in annullamento, ai sensi dell'art. 173, le
misure produttive di effetti giuridici, che incidano sugli interessi
del ricorrente, modificandone la situazione giuridica. Qualora si tratti di atti o decisioni, la cui elaborazione avvenga in più
fasi, in particolare al termine di una procedura interna, sono
impugnabili solo quegli atti che fissano in maniera definitiva
la posizione dell'istituzione, con esclusione quindi di tutti gli atti di carattere preparatorio.
Nel caso di specie, il tribunale ha distinto tre fasi nel procedi mento disciplinato dall'art. 3 del regolamento n. 17. Nella pri ma di esse, successiva all'introduzione di una domanda, la com
missione raccoglie tutti gli elementi utili a valutare che seguito riservare alla medesima. In tale fase possono esservi scambi in
formali di punti di vista tra le parti che consentano in particola re alla persona che ha introdotto una domanda, di precisare e sviluppare le sue allegazioni, anche alla luce delle prime rea
zioni dei servizi della commissione. Le osservazioni comunicate
in questo momento da tali servizi — si rileva nella sentenza — non potrebbero ovviamente essere considerate atti impugnabili.
Nella seconda fase, la commissione procede alla comunica
zione ex art. 6 reg. 99/63, con la quale essa precisa i motivi
per i quali non intende dare seguito alla domanda introdotta
dall'istante e gli dà allo stesso tempo l'occasione di presentare le proprie osservazioni. Tale comunicazione costituirebbe il pen dant della comunicazione degli addebiti, prevista all'art. 2 del
regolamento n. 99. Secondo la corte, la comunicazione degli addebiti deve garantire il rispetto dei diritti della difesa, mentre
la comunicazione di cui all'art. 6 mira a salvaguardare i diritti
procedurali delle parti istanti, i quali, tuttavia, non avrebbero
la stessa estensione dei diritti delle imprese contro cui la com
missione sta conducendo un'inchiesta.
Se dunque la comunicazione degli addebiti non è una decisio
ne; secondo la giurisprudenza della corte, ma solo un atto del
procedimento preparatorio della decisione finale, appare evidente — si legge nella sentenza — che natura di decisione non potrà avere neppure la comunicazione prevista all'art. 6 del regola
mento n. 99/63, la cui importanza è senz'altro minore.
Nella terza fase, infine, la commissione, a seguito dell'esame
delle osservazioni sottomessele, può adottare una decisione de
finitiva di chiusura del caso, benché tale possibilità non sia espres samente prevista dal più volte citato art. 6.
Orbene, nella fattispecie all'esame — osserva il tribunale —
erano presenti, nella lettera oggetto dell'impugnazione, sia ele
menti suscettibili di creare l'impressione di una presa di posizio
ne definitiva della commissione, in particolare sul punto relati
vo alla competenza ad adottare le misure specifiche richieste
dalla ricorrente, sia valutazioni ancora provvisorie sulla que
stione relativa alla conformità del sistema di distribuzione di
BMW all'art. 85 del trattato.
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PARTE QUARTA
L'analisi del testo della lettera avrebbe pertanto reso evidente
come essa non costituisca ancora una risposta definitiva alla
domanda della ricorrente, ma fosse riconducibile alla prima fa
se del procedimento di istruzione, nel corso del quale si danno,
come precisato, scambi di punti di vista ancora preliminari. Alla luce di tali osservazioni, pertanto, il tribunale ha conclu
so che la lettera del 30 novembre 1988 non potesse pregiudicare i diritti procedurali della ricorrente, e che quindi non potesse formare oggetto di ricorso, che è stato dunque dichiarato irrice
vibile. Quanto poi alla richiesta della ricorrente di poter adattare
le sue conclusioni, per tenere conto della presentazione da parte della commissione della lettera con cui si respingeva esplicita mente la sua domanda, il tribunale ha sottolineato come siano
le conclusioni — anche orali — delle parti a definire l'oggetto della controversia; è dunque importante — rileva la sentenza — che le parti indichino espressamente, e senza possibilità di
equivoci, ciò che esse chiedono. In particolare, quando si tratta
di un ricorso per annullamento deve essere indicato con chia
rezza l'atto di cui si chiede l'annullamento: un riferimento im
plicito non potrebbe infatti essere preso in considerazione, pena il decidere ultra petita.
Non avendo dunque Automec dichiarato nel corso dell'udienza
la sua intenzione di domandare ormai l'annullamento di un at
to diverso da quello indicato nella sua memoria, il tribunale
non ha potuto che limitarsi a constatare che la ricorrente non
aveva modificato le sue conclusioni.
Se tale constatazione, tuttavia, sarebbe stata di per sé suffi
ciente a sciogliere ogni dubbio circa il tenore delle conclusioni
di Automec, il tribunale ha precisato che, anche nell'ipotesi in
cui essa avesse modificato le sue conclusioni iniziali in corso
di giudizio, ciò non sarebbe valso ad estendere l'oggetto dello
stesso. I casi, ai quali la ricorrente si era richiamata per affer
mare questa sua possibilità, avevano tutti in comune il fatto
di riguardare ricorsi diretti, fin dall'atto introduttivo del giudi
zio, contro atti definitivi, produttivi di effetti giuridici e nei cui confronti dunque un ricorso in annullamento era ricevibile.
In simili casi la corte aveva ammesso l'allargamento dell'ogget to del giudizio ad atti la cui natura e finalità essenziale erano
identici a quelli considerati nell'atto introduttivo.
Nella fattispecie all'esame, invece, la lettera impugnata ave
va, come già chiarito, un carattere esclusivamente preparatorio.
6 - Sentenza 10 luglio 1990 (causa T-125/89); Pres. D. Bajr
rington; Filtrona Espanda S.A. c. Comissione delle Comu
nità europee.
Cee — Concorrenza — Termini per l'introduzione del ricorso — Modalità di computo — Irricevibilità (Trattato Cee, art.
173, par. 2 e 3; regolamento di procedura della corte, art.
80, 81 e allegato II).
Con decisione del 26 aprile 1989, notificata alla parte ricor
rente il 5 maggio 1989, la commissione aveva respinto il recla
mo dalla stessa introdotto ex art. 3, par. 2, del regolamento n. 17/62 e tendente a far constatare un abuso di posizione do
minante, ai sensi dell'art. 86 del trattato, da parte di Tabacale
ra S.A.
In data 17 luglio 1989, Filtrona Espanola S.A. aveva intro
dotto un ricorso in forza dell'art. 173, 2° comma, del trattato
per ottenere l'annullamento di tale provvedimento. Nella sua
memoria difensiva la commissione aveva sollevato un'eccezione
di irricevibilità fondata sulla tardività del ricorso. La società Tabacalera, dal canto suo, aveva richiesto ed ottenuto la possi bilità di intervenire a sostegno della tesi della commissione.
Il tribunale ha in primo luogo rilevato come il termine stabili
to all'art. 173 per impugnare una decisione della commissione
sia di due mesi a decorrere dalla notificazione al ricorrente; in
forza peraltro delle disposizioni dell'allegato II del regolamento di procedua della corte — applicabile mutatis mutandis al tri
bunale ex art. 11,3° cpv., della decisione del consiglio del 24
ottobre 1988 — nel caso di specie tale termine era aumentato
di dieci giorni, in quanto la ricorrente aveva la sede sociale in
Spagna. Per quanto poi riguarda le modalità di computo di
questo termine — si sottolinea nella sentenza — esse sono pre
II Foro Italiano — 1993.
cisate agli art. 80 ss. del regolamento di procedura, nel rispetto naturalmente del momento iniziale e della sua durata fissati di
rettamente dal trattato, e fatta eccezione per un eventuale ter
mine supplementare concesso in ragione della lontananza del
luogo della sede sociale.
Circa la modalità di computo del termine nella fattispecie,
dunque, era all'art. 81, par. 1, del regolamento di procedura che occorreva fare riferimento, ai sensi del quale «i termini per l'introduzione dei ricorsi contro un atto di una istituzione co
minciano a decorrere ... il giorno successivo a quello in cui
l'atto è stato notificato all'interessato». Tale disposizione, d'al
tra parte, confermava la regola generale relativa a tutti i termini
procedurali, enunciata all'art. 80, par. 1, dello stesso regola
mento, secondo cui «i termini processuali sono calcolati esclu
dendo dal computo il giorno dell'atto che ne costituisce il mo
mento iniziale». Tali disposizioni, tendenti ad assicurare ad ogni parte la possibilità di utilizzare pienamente i termini, sarebbero
espressione del principio generale dies a quo non computatur in termino, in forza del quale un termine comincia a decorrere
solo a partire dalla fine del giorno in cui ha avuto luogo la
notificazione, indipendentemente dall'ora in cui essa è stata ef
fettuata. Secondo l'interpretazione che di tali principi ha dun
que fornito la corte nella sentenza 15 gennaio 1987 (Misset/Con
siglio, 152/85) «nel caso in cui ... un termine di ricorso è espres so in mesi di calendario, esso scade alla fine del giorno che, nel mese indicato, ha la stessa cifra del giorno in cui il termine
ha cominciato a decorrere, vale a dire il giorno della notifica».
Alla luce di tali osservazioni il ricorso è stato dunque dichiarato
irricevibile. La ricorrente aveva altresì fatto valere, in via sussidiaria, e
nel caso in cui il tribunale avesse accolto l'eccezione sollevata
dalla commissione, che la lettera dell'art. 81 del regolamento di procedura avrebbe reso giustificabile il suo errore di interpre
tazione, e che pertanto ragioni di equità avrebbero imposto co
munque che essa fosse ammessa a sviluppare le sue argomenta zioni nel merito: ciò avrebbe infatti evitato un diniego di giustizia.
Al riguardo il tribunale ha osservato, anche in tale ipotesi richiamandosi alla costante giurisprudenza della corte, come l'ap
plicazione stretta della disciplina comunitaria relativa ai termini
procedurali risponda all'esigenza di assicurare la certezza del
diritto e alla necessità di evitare ogni discriminazione o arbitrio
nell'amminitrazione della giustizia.
7 - Ordinanza del tribunale 15 novembre 1990 (cause riunite
T/l/89 - T-4/89 - T-6/89 - T-15/89); Pres. J. L. Cruz Vila
ca: Rhone-Poulenc e altri c. Commissione delle Comunità
europee.
Cee — Concorrenza — Procedimento — Richiesta di tratta
mento riservato di parte delle memorie — Principi di tutela
dei segreti commerciali e dei contraddittorio in sede giudizia ria (Regolamento di procedura, art. 91, n. 1).
Il tribunale aveva invitato la Rhone-Poulenc ed altre tredici
società a fargli pervenire le loro eventuali osservazioni sulla riu
nione delle cause in questione ai fini della trattazione orale e, nel caso fosse disposta la riunione, le eventuali richieste di trat
tamento riservato da parte delle memorie e/o degli allegati, «con
breve motivazione».
Chiarito che le domande di trattamento riservato sono inci
denti ai sensi dell'art. 91, n. 1, del regolamento di procedura della corte, il tribunale ha quindi sottolineato che, quando esa
mina tale domanda in occasione della riunione di più cause, esso deve risolvere un conflitto tra due principi contrapposti, e cioè il rispetto dei segreti commerciali e il rispetto del contrad
dittorio in sede giudiziaria nel conflitto di interessi fra le varie parti.
Nella fattispecie, il tribunale ha esaminato la fondatezza delle
domande tenuto conto, in primo luogo, dell'atteggiamento di
alcune ricorrenti, le quali non avevano chiesto il trattamento
riservato di dati paragonabili a quelli contenuti nelle domande
presentate al tribunale, in secondo luogo, del ritiro delle richie
ste di trattamento riservato aventi ad oggetto tali dati da parte di altre ricorrenti, e, in terzo luogo, del periodo cui si riferiva
la maggior parte dei dati ancora qualificati dalle altre parti co
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
me «segreti commerciali», senza chiarire perché dati risalenti
ad un periodo ormai lontano fossero ancora coperti dal segreto. È pertanto alla luce di tali considerazioni che il tribunale non
ha accolto che parzialmente le domande di trattamento riserva
to che gli erano state sottoposte.
8 - Ordinanza del presidente del tribunale 21 novembre 1990
(causa T-39/90 R); Pres. J. L. Cruz Vilaca; Samenwerken
de Elektriciteits-produktiebedrijven NV c. Commissione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Provvedimenti provvisori — Decisione
della commissione, adottata ex art. 11, n. 5, del regolamento n. 17, che stabilisce l'obbligo di fornire informazioni — So
spensione dell'esecuzione (Trattato Cee, art. 186; regolamen to n. 17/62 del consiglio del 6 febbraio 1962, art. 11, n. 5,
10, 20).
Il tribunale non ha accolto la domanda di provvedimenti prov
visori presentata dalla ricorrente, ex art. 186 del trattato Cee,
e diretta ad ottenere la sospensione dell'esecuzione di una deci
sione della commissione adottata — in attuazione delle norme
sulla concorrenza — in base alla procedura stabilita all'art. 11,
n. 5, del regolamento n. 17/62, per mancato invio delle infor
mazioni richieste nel quadro di una procedura di applicazione dell'art. 85 del trattato. Il rifiuto di trasmettere un documento
richiesto sarebbe stato giustificato, a parere della società inte
ressata, dal rischio che i governi degli Stati membri, informati
dalle autorità competenti di cui all'art. 10 del regolamento cita
to, sarebbero venuti a conoscenza di elementi coperti dal segre to commerciale, e di cui gli stessi si sarebbero potuti servire
a svantaggio della ricorrente.
La domanda non è stata peraltro accolta — come si è detto — in quanto il tribunale ha ritenuto che in tale ipotesi esso
si sarebbe dovuto pronunciare su un'eventuale futura trasgres sione da parte di dette autorità competenti di obblighi ad esse
imposti dall'art. 20 dello stesso regolamento, in tema di segreto
professionale.
9 - Sentenza 13 dicembre 1990 (causa T-l 13/89); Pres. J. L.
Cruz Vilaca; Nederlandse Associatie van de Farmaceutische
Industrie «Nefarma» e Bond van Groothandelaren in het Far
maceutische Bredijf c. Commissione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Ricorso per annullamento — Atti impu
gnabili — Lettera inviata da un componente della commissio
ne ad uno Stato membro che esprime un'opinione circa la
compatibilità di un accordo tra imprese con le norme sulla
concorrenza — Mancanza di effetti giuridici obbligatori —
Diritti procedurali delle parti — Irricevibilità del ricorso (Trat tato Cee, art. 85, 173; regolamento n. 17/62 del consiglio
del 6 febbraio 1962).
Il tribunale ha ritenuto che non si possa considerare un atto
impugnabile con ricorso per annullamento, ex art. 173 del trat
tato, una lettera inviata alle autorità di uno Stato membro da
uno dei componenti della commissione, la quale, senza produr
re effetti giuridici obbligatori, come quelli derivanti da una de
cisione di esenzione, o da una decisione che dispone provvedi menti provvisori, o ancora da una domanda di informazioni
mediante decisione vincolante, si limita ad esprimere un primo
giudizio degli uffici della commissione su un accordo tra impre
se in relazione all'art. 85 del trattato, e a suggerirne modifiche.
Né, d'altra parte, il fatto che la lettera in questione avesse
indotto le autorità nazionali olandesi, che ne erano destinatarie,
ad adottare provvedimenti di carattere interno avrebbe potuto
modificare la natura giuridica. Sarebbe dunque stato necessario
allo scopo dimostrare che l'atto impugnato si era basato su un
fondamento giuridico che autorizzava la commissione ad adot
tare una decisione vincolante uno Stato membro; dalla giuri
sprudenza della corte infatti emerge che le opinioni della com
missione rivolte alle autorità di uno Stato membro in settori
in cui la stessa non è competente ad adottare decisioni obbliga
torie sono semplici pareri privi di effetti giuridici. Una siffatta
competenza peraltro non si sarebbe potuta presumere in assen
za di una specifica disposizione figurante nel trattato, o in atti
Il Foro Italiano — 1993.
obbligatori adottati dalle istituzioni. Orbene, né l'art. 85, né
le disposizioni del regolamento n. 17 conferiscono alla commis
sione il potere di adottare decisioni obbligatorie nei confronti
degli Stati membri. Alla lettera controversa, d'altra parte, non potevano neppure
essere attribuiti effetti obbligatori — si rileva ancora nella sen
tenza — in base ad una norma del diritto nazionale rilevante
(quello olandese), il quale impedisce al governo di autorizzare
l'attuazione di un accordo tra imprese finché sussistano dubbi
sulla sua compatibilità con il diritto comunitario: l'applicazione di tale norma infatti rientrerebbe nella competenza delle autori
tà nazionali.
Ulteriore indizio, infine, che la lettera controversa non mira
va a produrre effetti giuridici di qualsiasi tipo, sarebbe stata
la mancanza di una decisione collegiale della commissione: la
lettera cioè non si presentava come la comunicazione di una
decisione adottata dall'istituzione, né come una lettera scritta
in nome della commissione o in base ad una delega di potere, sistema di cui la corte aveva avuto modo di ammettere la validità.
La lettera infine — rileva il tribunale — non aveva costituito
una decisione neppure riguardo alle associazioni ricorrenti. Ciò
era in particolare dimostrato dalla riserva che vi era espressa
mente formulata relativa ai diritti procedurali delle parti all'ac
cordo. Per le ricorrenti questa riserva significava che esse ave
vano il diritto di ricevere una comunicazione degli addebiti e
di potervi replicare prima che la commissione adottasse even
tualmente, in forza dell'art. 3 del regolamento n. 17, una deci
sione di divieto che avrebbe potuto vincolarle giuridicamente.
Alla luce di tali considerazioni, pertanto, il ricorso è stato
dichiarato irricevibile.
10 - Sentenza 13 dicembre 1990 (causa T-l 14/89); Pres. J. L.
Cruz Vilaca; Vereninging van Nederlandse Ziekenfondsen
e altri c. Commissione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Ricorso per annullamento — Atti impu
gnabili — Lettera inviata da un componente della commissio
ne ad uno Stato membro che esprime un'opinione circa la
compatibilità di un accordo tra imprese con le norme sulla
concorrenza — Mancanza di effetti giuridici obbligatori —
Diritti procedurali delle parti — Irricevibilità del ricorso (Trat
tato Cee, art. 85, 173; regolamento n. 17/62 del consiglio
del 6 febbraio 1962).
Per la motivazione della sentenza si fa rinvio a quella di teno
re sostanzialmente analogo pronunciata in pari data nella causa
Nefarma e altri c. Commissione (causa T-l 13/89).
11 - Sentenza 13 dicembre 1990 (causa T-l 16/89); Pres. J. L.
Cruz Vilaca; Vereninging Prodifarma e altri c. Commissio
ne delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Ricorso per annullamento — Atti impu
gnabili — Lettera inviata da un componente della commissio
ne ad uno Stato membro che esprìme un'opinione circa la
compatibilità di un accordo tra imprese con le norme sulla
concorrenza — Mancanza di effetti giuridici obbligatori —
Diritti procedurali delle parti — Irricevibilità del ricorso (Trat
tato Cee, art. 85, 173; regolamento n. 17/62 del consiglio
del 6 febbraio 1962).
Per la motivazione della sentenza si fa rinvio a quella di teno
re sostanzialmente analogo pronunciata in pari data nella causa
Nefarma e altri c. Commissione (causa T-l 13/89).
12 - Ordinanza 23 gennaio 1991 (causa T-3/90); Pres. J. L. Cruz
Villaca; Vereniging Prodifarma c. Commissione delle Co
munità europee.
Cee — Concorrenza — Ricorso per carenza — Persone fisiche
o giuridiche — Omissioni impugnabili — Mancata adozione
della decisione che abolisce per le parti di un accordo fra
imprese notificato il beneficio dell'immunità in materie di am
mende — Irricevibilità (Trattato Cee, art. 85, 175, par. 3;
regolamento n. 17/62 del consiglio del 6 febbraio 1962, art.
15, nn. 5 e 6).
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PARTE QUARTA
L'associazione Prodifarma, che raggruppa diverse imprese far
maceutiche di piccole e medie dimensioni operanti sul mercato
dei Paesi Bassi, aveva introdotto un ricorso diretto a fare con
statare — sulla base dell'art. 175 del trattato Cee — che la
commissione aveva violato il trattato, avendo omesso di pro nunciarsi sulla domanda della ricorrente che l'invitava a fare
applicazione della norma di cui all'art. 15, par. 6, del regola mento n. 17/62 del consiglio, nei confronti delle parti all'accor
do denominato Omni-Partijen Akkoord, relativo alla distribu
zione dei medicinali nei Paesi Bassi. Con lo stesso atto la ricor
rente aveva altresì richiesto che fosse revocato alle parti di
quell'accordo il beneficio dell'immunità in materia di ammende
contemplato dal n. 5 del suddetto articolo.
Il ricorso è stato dichiarato irricevibile dal tribunale, il quale ha rilevato come, secondo una consolidata giurisprudenza della
corte, le persone fisiche o giuridiche possono proporre un'azio
ne in forza dell'art. 175, par. 3, del trattato solo per fare di
chiarare la mancata adozione di un atto di cui esse sono i po tenziali destinatari. Orbene, dai termini dell'art. 16, n. 6, di
cui sopra — e ai sensi del quale le disposizioni del par. 5 dello
stesso articolo, che garantiscono alle parti che hanno notificato
un accordo l'immunità in materia di ammende, «non si applica no dal momento in cui la commissione ha informato le imprese interessate di ritenere, sulla base di un esame provvisorio, che
sussistano le condizioni dell'[art. 85, n. 1, del trattato e che
l'applicazione dell'art. 85, n. 3, non è giustificata» — emerge che la decisione che la commissione è autorizzata ad adottare
deve essere necessariamente indirizzata alle parti dell'accordo
notificato, ma non ai terzi che abbiano eventualmente presenta to reclamo avverso lo stesso.
La sentenza rileva d'altronde che le parti reclamanti non so
no lese né direttamente né individualmente da tale omissione
della commissione, in quanto il fatto che l'immunità sia abolita
non inciderebbe affatto sulla loro situazione giuridica, né nel
l'ambito del procedimento che si svolge dinnanzi alla commis
sione, né dinnanzi ai giudici nazionali, e, inoltre, le stesse non
hanno interesse legittimo a detta abolizione.
13 - Sentenza 29 maggio 1991 (causa T-12/90); Pres. A. Sag
gio; Bayer AG c. Commissione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Termini per la presentazione di un ri
corso — Regolarità della notificazione — Errore scusabile del
ricorrente — Caso fortuito e di forza maggiore (Trattato Cee,
art. 85, 173, par. 2 e 3; regolamento n. 99/63 della commis
sione del 25 luglio 1963, art. 10).
Il tribunale ha dichiarato irricevibile il ricorso con cui la so
cietà Bayer aveva richiesto l'annullamento di una decisione del
la commissione relativa ad un procedimento ex art. 85 avviato
nei suoi confronti, in quanto introdotto dopo la scadenza del
termine di due mesi previsto dall'art. 173 del trattato.
La ricorrente, in risposta all'eccezione di irricevibilità solleva
ta dalla commissione, aveva fatto valere in primo luogo l'irre
golarità della notificazione, in quanto nella fattispecie sarebbe
ro stati utilizzati contemporaneamente i due modi di notifica
previsti dall'art. 10 del regolamento n. 99/63, vale a dire la
lettera raccomandata con avviso di ricevimento e la consegna dietro rilascio di ricevuta. Il termine per la presentazione del
ricorso, pertanto, non avrebbe cominciato a decorrere, secondo
la ricorrente, che a partire dal giorno in cui la stessa aveva
effettivamente avuto conoscenza della decisione, ossia la data
della ricevuta, successiva a quella dell'avviso di ricevimento. In
via sussidiaria Bayer aveva sostenuto che, anche ammettendo
come punto di partenza del termine fissato dall'art. 173, par.
3, la data dell'avviso di ricevimento, il ricorso non avrebbe po tuto essere dichiarato irricevibile, per l'errore scusabile di calco
lo in cui essa era incorsa. Lo stesso era stato determinato anzi
tutto dal fatto che la commissione aveva inviato il testo della
decisione alla sede sociale di Bayer senza alcuna precisazione e non, come era avvenuto per le precedenti comunicazioni, di
rettamente al servizio legale della società; in secondo luogo, dal
non rispetto delle istruzioni interne da parte degli impiegati di
Bayer addetti alla distribuzione della posta in arrivo; quindi dal
l'invio, in allegato al testo della decisione, di un formulario
Il Foro Italiano — 1993.
recante la dicitura «avviso di ricevimento»; e, infine, dalla man
cata reazione della commissione, la quale né al momento della
ricezione del suddetto formulario, e neppure nella corrispon denza successiva aveva richiamato l'attenzione della ricorrente
sul suo errore.
Bayer aveva infine sostenuto che essa avrebbe potuto far va
lere nella fattispecie l'esistenza di un caso fortuito o di forza
maggiore, fondandosi sulle stesse argomentazioni.
Quanto alla regolarità della notificazione, il tribunale ha rile
vato, richiamandosi ad una consolidata giurisprudenza della cor
te, che l'invio per lettera raccomandata con avviso di ricevi
mento costituisce una forma appropriata di notifica, qualora consenta — come si era verificato nel caso di specie — di stabi
lire con certezza il momento iniziale di decorrenza dei temrini
per presentare ricorso. Il fatto poi che al testo della decisione
fosse stato allegato un «avviso di ricevimento» non avrebbe com
portato una seconda notifica distinta da quella regolarmente ef
fettuata per posta; a tale scopo — si rileva nella sentenza —
sarebbe sufficiente rilevare che ciò avrebbe presupposto una con
segna della decisione ad un funzionario preposto da Bayer da
parte di un agente della commissione, debitamente abilitato: il
che non si era verificato nella fattispecie.
Quanto al secondo argomento fatto valere da Bayer, il tribu
nale ha tenuto preliminarmente a precisare come la nozione di
errore scusabile, nettamente distinta da quella di caso fortuito
e di forza maggiore, tenda ad assicurare il rispetto dei principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento. Nel campo dei termini di ricorso, i quali, secondo una giurisprudenza co
stante, non sono disponibili né dal giudice né dalle parti e han
no carattere di ordine pubblico, la nozione di errore scusabile
deve essere interpretata in modo restrittivo con riguardo a cir
costanze eccezionali in cui, in particolare, l'istituzione interessa
ta tenga un atteggiamento idoneo a provocare una comprensibi le confusione in un soggetto che agisce in buona fede, e fa pro va della diligenza normalmente richiesta ad un operatore economico informato. Solo in tale ipotesi l'amministrazione non
potrebbe valersi del disconoscimento da essa stessa operato dei
principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento, che
sia all'origine dell'errore commesso dal destinatario di un atto.
Orbene, il fatto che la commissione avesse proceduto alla no
tificazione della decisione alla sede sociale della ricorrente e non
al suo servizio legale, cui in precedenza era stata inviata la cor
rispondenza, non è sembrato al tribunale una circostanza ecce
zionale che potesse rendere scusabile l'errore della ricorrente.
D'altra parte — viene pure rilevato — Bayer non avrebbe
potuto neppure avvalersi del funzionamento difettoso della sua
organizzazione interna, e neppure del mancato rispetto delle pro
prie direttive interne per dimostrare il carattere scusabile del
l'errore commesso, una volta accertato che al mancato rispetto delle stesse da parte dei suoi impiegati non aveva in alcun modo
contribuito il comportamento dei servizi della commissione.
Per quanto riguardava poi l'argomento fondato sulla manca
ta reazione della commissione alla discordanza di data nei due
documenti, il tribunale ha ritenuto che, alla luce delle circostan
ze della fattispecie e dello stadio della procedura, la commissio
ne non sarebbe stata in alcun modo tenuta a verificare la con
cordanza delle date suddette, tanto più che la divergenza era
imputabile ad errori commessi dall'impresa destinataria della
decisione. Tenuto conto, infine, che le circostanze costitutive di un caso
fortuito o di forza maggiore ricorrono, secondo una giurispru denza costante della corte, in presenza di difficoltà indipendenti dalla volontà del ricorrente e non superabili nonostante il com
portamento diligente dallo stesso tenuto, il tribunale non ha
ritenuto che circostanze di tale natura ricorressero nel caso di
specie, per sostenere l'esistenza delle quali Bayer si era fondata
sulle medesime argomentazioni, respinte, sostenute in ordine al
la presenza di un errore scusabile.
14 - Sentenza 10 luglio 1991 (causa T-69/89); Pres.; A. Saggio; Radio Telefis Eireann c. Commissione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Comi
tato consultivo in materia di intese e abuso di posizioni domi
nanti — Contenuto del fascicolo trasmesso al comitato —
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
Mancata trasmissione del processo verbale dell'audizione —
Termine per la convocazione del comitato (Regolamento n.
17/62 del consiglio del 6 febbraio 1962, art. 10, par. 5). Cee — Concorrenza — Posizione dominante — Determinazio
ne del mercato rilevante (Trattato Cee, art. 86). Cee — Concorrenza — Libera circolazione delle merci — Tute
la della proprietà industriale e commerciale e regole di con
correnza (Trattato Cee, art. 2, 3, 36, 85, 86). Cee — Concorrenza — Esercizio del diritto d'autore — Posi
zione dominante — Abuso (Trattato Cee, art. 36, 86). Cee — Concorrenza — Abuso di posizione dominante — Pre
giudizio del commercio tra gli Stati membri (Trattato Cee, art. 86).
Cee — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Poteri
della commissione nel porre fine alle infrazioni — Ingiunzio ni rivolte alle imprese interessate (Regolamento n. 17/62 del
consiglio del 16 febbraio 1962, art. 3, par. 1). Cee — Concorrenza — Accordi internazionali anteriori al trat
tato Cee — Portata dell'art. 234 del trattato — Inammissibi
lità di restrizioni al commercio intracomunitario (Trattato Cee, art. 234).
Con ricorso introdotto in data 10 marzo 1989, Radio Telefis
Eireann (in seguito indicata «RTE») aveva richiesto l'annulla
mento della decisione della commissione, che aveva ritenuto con
traria all'art. 86 del trattato Cee la politica seguita da questo
ente in materia di pubblicazione dei suoi programmi settimanali
televisivi e radiofonici trasmessi in Irlanda e Irlanda del Nord.
Le pratiche messe in atto da RTE avrebbero infatti ostacolato
la pubblicazione e la vendita di guide generali settimanali ai
programmi di radiotelediffusione in quei territori.
Al momento dei fatti presi in considerazione dalla commis
sione, non era disponibile sul mercato irlandese alcuna guida
generale televisiva, in quanto le reti presenti in Irlanda e Irlan
da del Nord (oltre a RTE, la BBC, ITV e Channel 4) pubblica vano ciascuna una guida dedicata esclusivamente ai propri pro
grammi, e rivendicavano, in base alla United Kingdom Copy
right Act del 1956 (la legge britannica sul diritto d'autore) e
la Irish Copyright Act del 1963 (la analoga legge irlandese), la protezione del diritto ad esse spettante a decidere di tale pub
blicazione, per opporsi alla riproduzione fattane da terzi.
Occorre precisare che RTE è un ente pubblico («statutory
authority») cui è stato affidato il compito di assicurare un ser
vizio nazionale di radiotelediffusione, per l'esercizio del quale essa fruisce di un monopolio legale. Nel quadro della sua mis
sione RTE deve, in particolare, prendere cura di valorizzare la
lingua e la cultura irlandesi. In base all'art. 16, par. 2, della
Broadcasting Autority Act del 1960, RTE era abilitata, previa autorizzazione del ministro competente, a pubblicare e distri
buire, a pagamento o gratuitamente, ogni sorta di rivista, libro
0 altra documentazione ritenuti necessari o utili alla realizzazio
ne del suo oggetto sociale. È in base a tale disposizione che
RTE era stata autorizzata nel 1961 a pubblicare un settimanale
destinato a promuovere la sua programmazione, in particolare
quella di carattere culturale o di interesse per le minoranze, la
«RTE guide». Nei confronti dei terzi RTE aveva adottato la seguente politi
ca: su domanda e senza corrispettivo, essa rilasciava la lista
dei suoi programmi alla stampa quotidiana e periodica accom
pagnata da una licenza in cui erano fissate le condizioni alle
quali queste informazioni potevano essere riprodotte. In tal modo
1 programmi del giorno e, la vigilia dei giorni festivi, i program mi di due giorni potevano essere pubblicati sui giornali, mentre
i settimanali e i giornali della domenica erano autorizzati a pub
blicare solo i «punti forti» della programmazione televisiva RTE
della settimana.
La casa editrice Magill TV Guide Ltd (di seguito indicata come «Magill») aveva cominciato a pubblicare nel 1985 una
guida che, all'inizio, si limitava ad informare sulla programma
zione del fine settimana di RTE, BBC, ITV e Channel 4, come
pure sui principali programmi di queste reti nel corso della set
timana. A seguito peraltro della pubblicazione, in un numero
della rivista del maggio 1986, dell'insieme dei programmi setti
manali delle reti televisive diffuse in Irlanda, i giudici irlandesi
avevano ingiunto alla società Magill, con ordinanza adottata
Il Foro Italiano — 1993.
in via d'urgenza, di sospendere tale pubblicazione: una sentenza
della High Court l'aveva quindi riconosciuto colpevole di viola
zione del diritto d'autore spettante a RTE sulla sua program mazione.
Nella sua decisione del 21 dicembre 1988, adottata a seguito di una denuncia sporta da Magill, la commissione aveva consta
tato come, in ragione del monopolio di fatto esercitato dagli
organismi di radiotelediffusione sulle rispettive programmazio
ni, i terzi interessati alla pubblicazione di una guida televisiva
settimanale si venivano a trovare nei confronti degli stessi in
una situazione di dipendenza economica, tipica dell'esistenza di
una posizione dominante.
D'altra parte — secondo la commissione — RTE aveva abu
sato di questa posizione, essendosene servita per impedire l'in
troduzione sul mercato di un nuovo prodotto, e cioè una guida TV a carattere generale.
La ricorrente aveva sostenuto in via preliminare che la com
missione non aveva proceduto alla consultazione del comitato
consultivo in materia di intese e abuso di posizioni dominanti
nelle forme richieste dall'art. 10 del regolamento n. 17/62: la
documentazione trasmessa ai membri del comitato sarebbe in
fatti stata incompleta e, d'altra parte, non sarebbe stato rispet tato il termine di preavviso di quattordici giorni per la convoca
zione delle riunioni, stabilito al par. 5. Al riguardo, il tribunale ha rilevato come la natura sostanzia
le o meno dell'obbligo imposto alla commissione dall'art. 10
del suddetto regolamento, di fornire cioè al comitato consultivo
un compendio del caso sottoposto al suo esame, accompagnato dall'indicazione dei documenti più importanti ad esso relativi
e del progetto preliminare di decisione, deve essere valutata te
nendo conto della finalità di tale trasmissione, che è di permet tere al comitato di esercitare le sue funzioni consultive in piena conoscenza di causa. Esso deve perciò essere informato dei prin
cipali elementi di fatto e di diritto del procedimento e, in parti
colare, e in tutta obiettività — conformemente al principio ge nerale secondo cui le imprese oggetto di una procedura di infra
zione hanno il diritto di essere sentite — degli argomenti svolti
dalle stesse in risposta agli addebiti formulati dalla commissio
ne al termine della fase istruttoria. Se dunque il processo verba
le dell'audizione delle imprese va considerato, in linea di princi
pio, come uno dei documenti importanti, la sua comunicazione
rappresenta una formalità sotanziale solo se, nel caso di specie, essa è necessaria al comitato consultivo, per potersi esprimere in piena conoscenza di causa, senza cioè essere indotto in errore
su un punto essenziale della pratica. Orbene, a giudizio del tri
bunale, tale ipotesi non ricorre quando il processo verbale del
l'audizione non contiene elementi di valutazione nuovi rispetto
alle risposte scritte dell'impresa alla comunicazione degli adde
biti, allegate alla lettera di convocazione della riunione.
Quanto al termine di preavviso di quattordici giorni per la
convocazione del comitato consultiva, esso deve considerarsi ri
spettato quando la consultazione ha luogo al più presto il quat tordicesimo giorno successivo all'invio della convocazione. Ciò
detto, il tribunale rileva come il termine in questione rappresen ti una regola di procedura puramente interna, il mancato rispet to della quale può determinare l'illegalità della decisione finale
della commissione solo qualora la convocazione tardiva abbia
arrecato pregiudizio all'impresa interessata; ciò si verifichereb
be ad esempio nell'ipotesi in cui il comitato non abbia avuto
il tempo necessario per potersi esprimere in piena conoscenza
di causa.
Passando al merito, la ricorrente aveva in primo luogo conte
stato la definizione del mercato rilevante operata nella decisio
ne. Al riguardo, la sentenza ha confermato la valutazione della
commissione, secondo cui le griglie della programmazione tele
visiva delle diverse reti e i settimanali in cui le stesse sono pub blicate rappresentano, ai fini dell'applicazione dell'art. 86, un
mercato distinto nell'ambito del più vasto mercato dell'infor
mazione sui programmi televisivi in generale. Esso ha infatti
ad oggetto un prodotto — l'informazione sulla programmazio
ne settimanale — per il quale esiste una domanda specifica sia
da parte dei terzi che intendono pubblicare una guida generale
tivù, sia dei telespettatori. Il tribunale, confermata la valutazione della commissione se
condo cui la ricorrente deteneva una posizione dominante sul
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PARTE QUARTA
mercato in questione, ha quindi analizzato se la politica dalla
stessa seguita in materia di diffusione dell'informazione sulla
sua programmazione — fondata sullo sfruttamento del diritto
d'autore — presentasse un carattere abusivo ai sensi dell'art.
86. Rifacendosi alla precedente giurisprudenza della corte (in
particolare le sentenze Kerkoop, 144/81, del 14 settembre 1982, in Raccolta, pag. 2853, e Renault, 53/87 del 5 ottobre 1987, in Raccolta, pag. 6039), il tribunale ha innanzi tutto precisato
come, in assenza di armonizzazione comunitaria delle diverse
discipline nazionali, la fissazione delle condizioni di protezione del diritto d'autore è affidata ancora alla legislazione degli Stati
membri.
I rapporti tra i diversi diritti nazionali relativi alla proprietà intellettuale e il diritto comunitario sono d'altra parte discipli nati all'art. 36 del trattato, in forza del quale sussiste la possibi lità di derogare alle disposizioni sulla libera circolazione delle
merci per ragioni di tutela della proprietà industriale e commer
ciale. Nel sistema del trattato — si rileva nella sentenza — tale
norma va tuttavia interpretata alla luce degli obiettivi fissati
all'azione della Comunità dagli art. 2 e 3 del trattato, ed in
particolare si deve tenere conto dell'esigenza di creare un regi me inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel
mercato comune. Tale esigenza è espressa in particolare nei di
vieti di cui agli art. 85 e 86. Ciò detto, il tribunale, richiaman dosi ampiamente alla giurisprudenza della corte (in particolare le sentenze Polydor, 270/80, del 9 febbraio 1982, in Raccolta,
pag. 329 e Deutsche Grammophon, 78/70, dell'8 giugno 1971, in Raccolta, pag. 487 e Warner Brothers, 158/86 del 17 maggio
1988, in raccolta, pag. 2605) ha precisato come, in diritto co
munitario, le sole restrizioni ammissibili alla libera concorrenza
o libera circolazione delle merci o dei servizi sono quelle ineren
ti alla protezione della sostanza stessa del diritto di proprietà intellettuale. Se, dunque, tale protezione attribuisce in via di
principio al suo titolare il diritto esclusivo di riproduzione del
l'opera interessata e se l'esercizio di questo diritto non presenta di per sé carattere abusivo, a diversa conclusione si deve perve nire qualora, alla luce delle circostanze particolari del caso di
specie, le modalità di esercizio del diritto in questione perseguo no in realtà una finalità manifestamente contraria agli obiettivi
dell'art. 86. In tale ipotesi infatti l'esercizio del diritto d'autore
non risponderebbe più a quella che ne è la funzione essenziale,
vale a dire — ex art. 36 — assicurare la protezione dell'opera
dell'ingegno e la remunerazione dello sforzo creativo nel rispet to degli obiettivi perseguiti in particolare dall'art. 86. Ciò si verifica — si osserva nella sentenza — qualora, come nella fat
tispecie, una società di telediffusione utilizzi il diritto d'autore
sui propri programmi settimanali per riservarsi l'esclusiva della
loro pubblicazione, ostacolando in tal modo l'entrata sul mer
cato dei settimanali televisivi di un prodotto nuovo, che rag
gruppa la programmazione dell'insieme delle reti che possono essere captate dai telespettatori.
La ricorrente aveva altresì fatto valere che le pratiche messe
in atto non avrebbero avuto conseguenze sensibili sul commer
cio tra gli Stati membri. A tale riguardo il tribunale ha rilevato come l'interpretazione dell'art. 86 sul punto deve tenere conto
dello scopo della norma che è quello di determinare, in materia
di concorrenza, l'ambito rispettivo di applicazione del diritto
comunitario e di quello degli Stati membri. In tale ottica rien
tra, nell'ambito di applicazione del diritto comunitario, qualsia si pratica suscettibile di mettere in pericolo la libertà dei com
merci tra i diversi Stati e quindi la creazione di un mercato
unico, in particolare attraverso la compartimentazione dei mer
cati nazionali o la modifica della struttura della concorrenza
nella Comunità. D'altra parte, come rilevato dalla corte (vedi in particolare la sentenza Michelin, 322/81, del 9 novembre 1983, in Raccolta, pag. 3461) l'art. 86 è applicabile anche qualora il comportamento abusivo sia tale da poter pregiudicare il com
mercio tra gli Stati membri, senza che sia necessario accertare
che tale pregiudizio si sia effettivamente verificato.
RTE aveva altresì' sostenuto, in via sussidiaria, che la com
missione avesse violato l'art. 3 del reg. n. 17. Tale articolo in
fatti — a parere della ricorrente — autorizzerebbe la commis sione solo ad ingiungere alle imprese di porre fine all'infrazione
constatata, mentre dovrebbe essere lasciata loro la scelta delle
modalità atte a realizzare tale scopo. In linea con la precedente
Il Foro Italiano — 1993.
giurisprudenza della corte, il tribunale ha invece ribadito come
la norma in questione implichi il diritto della commissione di
imporre obblighi di fare o di non fare, da definire in relazione alle esigenze legate al ristabilimento della legalità.
La ricorrente aveva infine sostenuto che, anche se l'art. 3
del reg. citato avesse consentito alla commissione d'ingiungere, come era avvenuto, la concessione di licenze obbligatorie, una
tale soluzione sarebbe stata incompatibile con la convenzione
di Berna. Nella misura in cui tutti gli Stati membri della Comu nità erano altresì parti alla suddetta convenzione, quest'ultima avrebbe dovuto essere considerata — in forza dell'art. 234 del
trattato — quale espressione dei principi comunitari rilevanti
in materia di diritto d'autore. Anche tale gravame è stato tutta
via respinto: come infatti già precisato dalla corte — in partico lare nella sentenza Conegate del 23 marzo 1986 (caso 121/85, in Raccolta, pag. 1007) — l'art. 234 non consente che una con
venzione conclusa anteriormente all'entrata in vigore del tratta
to possa essere invocata per giustificare restrizioni al commer
cio tra gli Stati membri. Tale disposizione, infatti, il cui scopo è assicurare che l'applicazione del trattato non incida sul rispet to dovuto ai diritti di paesi terzi risultanti da una convenzione conclusa con uno Stato membro anteriormente alla sua adesio
ne alla Comunità, come pure sull'osservanza degli obblighi ri
sultanti da questa convenzione a carico dello Stato membro in
teressato, non riguarda che i diritti e gli obblighi tra Stati mem
bri e paesi terzi.
15 - Sentenza 10 luglio 1991 (causa T-76/89); Pres. A. Saggio;
Independent Television Publication Limited c. Commissione
delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Posizione dominante — Determinazio
ne del mercato rilevante (Trattato Cee, art. 86). Cee — Concorrenza — Libera circolazione delle merci — Tute
la della proprietà industriale e commerciale e regole di con
correnza (Trattato Cee, art. 2, 3, 36, 85, 86). Cee — Concorrenza — Esercizio del diritto d'autore — Posi
zione dominante — Abuso (Trattato Cee, art. 36, 86). Cee — Concorrenza — Atti delle istituzioni — Obbligo di moti
vazione — Portata — Decisioni di applicazione delle regole di concorrenza (Trattato Cee, art. 190).
Cee — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Poteri
della commissione nel porre fine alle infrazioni — Ingiunzio ni rivolte alle imprese interessate (Regolamento n. 17/62 del
consiglio del 6 febbraio 1962, art. 3, par. 1). Cee — Concorrenza — Accordi internazionali anteriori al trat
tato Cee — Portata dell'art. 234 — Inammissibilità di restri
zioni al commercio intracomunitario (Trattato Cee, art. 234).
Il presente caso è analogo a quello deciso con sentenza di
pari data nei confronti di Radio Telefis Eireann («RTE»), cui,
pertanto, si rinvia per le argomantazioni sviluppate dal tribunale.
Occorre soltanto ricordare che Independent Television Publi
cations Limited («ITP») aveva altresì fatto valere che la com
missione sarebbe venuta meno all'obbligo di motivazione degli atti enunciato all'art. 190 del trattato. In particolare, la decisio
ne non avrebbe chiaramente definito il mercato o i mercati pre si in considerazione, rendendo in tal modo impossibile determi
nare se la ricorrente vi detenesse una posizione dominante. Nep
pure sarebbe stato sufficientemente analizzato — a parere di
ITP — il rapporto tra diritto d'autore e art. 86 o quale sia
l'oggetto specifico di tale diritto. A tale riguardo, tuttavia, il tribunale ha rilevato come la de
cisione impugnata, contrariamente a quanto sostenuto da ITP, aveva chiaramente definito quali fossero i prodotti in causa —
vale a dire la programmazione televisiva settimanale della ricor
rente, e le guide televisive in cui la stessa era pubblicata —
e come più in generale la motivazione della decisione avesse
portato a conoscenza degli interessati i principali elementi di
fatto e di diritto alla base delle constatazioni effettuate dalla
commissione. L'art. 190, infatti, ha concluso sul punto il tribu
nale, non richiede che quest'ultima discuta tutti i punti in fatto
e in diritto trattati nel corso del procedimento amministrativo
(vedi in tal senso la sentenza del 17 gennaio 1984 nel caso VBVB
e VBBB c. Commissione, in Raccolta, pag. 19).
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
16 - Sentenza 10 luglio 1991 (causa T-70/89); Pres. A. Saggio; The British Broadcasting Corporation e B.B.C. Enterprises Limited c. Commissione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Posizione dominante — Determinazio
ne del mercato rilevante (Trattato Cee, art. 86). Cee — Concorrenza — Libera circolazione delle merci — Tute
la della proprietà industriale e commerciale e regole di tratta
mento (Trattato Cee, art. 2, 3, 36, 85, 86). Cee — Concorrenza — Esercizio del diritto d'autore — Posi
zione dominante — Abuso (Trattato Cee, art. 36, 86). Cee — Concorrenza — Atti delle istituzioni — Obbligo di moti
vazione — Portata — Decisioni di applicazione delle regole di concorrenza (Trattato Cee, art. 190).
Cee — Concorrenza — Abuso di posizione dominante — Pre
giudizio del commercio tra gli Stati membri (Trattato Cee, art. 86).
Cee — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Poteri
della commissione nel porre fine alle infrazioni — Ingiunzio ni rivolte alle imprese interessate (Regolamento n. 17/62 del
consiglio del 6 febbraio 1962, art. 3, par. 1). Cee — Concorrenza — Accordi internazionali anteriori al trat
tato Cee — Portata dell'art. 234 — Inamissibilità di restrizio
ni al commercio intracomunitario (Trattato Cee, art. 234).
Il presente caso è analogo a quelli decisi con sentenze di pari data nei confronti di Radio Telefis Eireann («RTE») e Indepen dent Television Publications Limited («ITP»): a tali decisioni, pertanto, si rinvia per le argomentazioni svolte dal tribunale.
17 - Sentenza 12 luglio 1991 (causa T-23/90); Pres. J.L. Cruz
Villaca; Automobile Peugeot S.A. et Peugeot S.A. c. Com
missione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Ado
zione di provvedimenti provvisori — Competenza della com
missione — Condizioni di esercizio (Reg. n. 17/62 del consi glio del 6 febbraio 1962, art. 3, par. 1).
Cee — Concorrenza — Divieto di accordi tra imprese — Esen
zione per categoria degli accordi per la distribuzione di auto
veicoli — Intervento di un intermediario tra il distributore
e l'utilizzatore finale — Condizioni — Intermediari professio nali (Reg. n. 123/85 della commissione del 12 dicembre 1984,
art. 3, n. 11; comunicazione della commissione (85/C 17/03) relativa al regolamento n. 123/85 della commissione).
Cee — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Ado
zione di provvedimenti provvisori — Accertamento di una in
frazione «prima facie» — Ragioni di urgenza (Regolamento n. 17/62 del Consiglio del 6 febbraio 1962, art. 3, par. 1).
La decisione all'origine della presente controversia era stata
adottata dalla commissione a seguito della denuncia presentata dalla società Eco System contro Peugeot e tre dei suoi conces
sionari in Belgio, che avrebbero ostacolato l'attività di interme
diazione dalla stessa esercitata in nome e per conto di acquiren ti finali francesi di autoveicoli Peugeot. Eco System aveva altre
sì' richiesto l'adozione di misure provvisorie dirette a porre fine
al pregiudizio grave ad essa derivante dal comportamento posto
in essere da Peugeot. Successivamente alla presentazione della denuncia, Peugeot
aveva richiesto con circolare trasmessa a tutti i concessionari
e rivenditori autorizzati in Francia, Belgio e Lussemburgo di
sospendere le consegne ad Eco System e di non accettare più
ordinazioni di autovetture nuove di marca Peugeot in prove
nienza da tale società, sia che essa agisse in nome proprio che
per conto di terzi. Con decisione del 26 marzo 1990 la commis
sione aveva ingiunto a Peugeot, sotto pena di ammende, di in
dirizzare, nel termine di due settimane, a tutti i suoi concessio
nari ed agenti una lettera che sospendesse l'esecuzione della pre
cedente circolare fino alla decisione definitiva nel procedimento aperto a seguito della denuncia di Eco System; essa aveva altre
sì' fissato il contingente di transazioni che, nello stesso periodo, Eco System era autorizzata a concludere, in nome e conto dei
suoi clienti sulla base di un preventivo mandato scritto, con
la rete distributiva Peugeot (pari a 1211 vetture per anno).
Con domanda introdotta il 24 aprile 1990, Peugeot aveva ri
II Foro Italiano — 1993.
chiesto, ai sensi dell'art. 173, 2° comma, del trattato Cee, l'an
nullamento della decisione della commissione e con atto separa to aveva altresì' domandato, ex art. 186, di sospendere l'esecu
zione della stessa. Tale domanda era stata respinta con ordinanza
del presidente del tribunale del 21 maggio successivo.
La sentenza precisa in via preliminare come spetti alla com
missione, nell'esercizio dei poteri che le sono affidati in materia
di concorrenza dal trattato e dal regolamento n. 17, decidere, ex art. 3 di quel regolamento, l'eventuale adozione di misure
provvisorie. Tali misure peraltro devono essere limitate a quan to è strettamente necessario nel caso di specie, e rientrare co
munque nel quadro della decisione suscettibile di essere adotta
ta a titolo definitivo. Orbene, a parere del tribunale, con l'in
giungere ad un produttore di automobili di sospendere
parzialmente l'esecuzione di una circolare contenente una serie
di direttive ai membri della propria rete distributiva in attesa
della decisione nel merito, la commissione non aveva agito al
di là dei limiti posti all'esercizio dei suoi poteri, dal momento che la suddetta decisione doveva accertare se quella circolare
costituisse un'infrazione all'art. 85, 1° comma, del brattato.
L'esenzione per categoria disposta dal regolamento n. 123/85
in favore di talune categorie di accordi per la distribuzione di
autoveicoli si applica infatti, ex art. 3, n. 11, di quel regolamen
to, anche nel caso in cui il distributore si obbliga «a vendere
autoveicoli della gamma contrattuale o prodotti corrispondenti ad utilizzatori finali che si avvalgono dei servizi di un interme
diario, soltanto se detti utilizzatori abbiano preliminarmente con
ferito mandato scritto all'intermediario ad acquistare e, in caso
di consegna a quest'ultimo, a ritirare un autoveicolo determina
to»; in tal modo dunque — rileva il tribunale — si è voluta
consentire la possibilità di intervento degli intermediari, a con
dizione tuttavia che non venga meno un legame contrattuale
diretto tra il distributore e l'utilizzatore finale. Non è invece
previsto dal regolamento che un distributore possa rifiutare le
ordinazioni di autoveicoli effettuate da un intermediario, come
invece era stato fatto da Peugeot con la circolare in questione.
Peugeot d'altra parte non avrebbe neppure potuto far valere
che la commissione, con la comunicazione del 12 dicembre 1984 — che aveva esplicitato le condizioni di applicazione del reg. 123/85 — o in risposta alla trasmissione in via informale del
progetto di circolare, avesse lasciato credere che un tale rifiuto
sarebbe stato legittimamente opponibile ad un intermediario:
pertanto, l'adozione del provvedimento con cui essa aveva in
giunto di sospendere l'applicazione della suddetta circolare non
avrebbe potuto in nessun caso essere considerata una violazione
del principio di certezza del diritto. Da rilevare pure, secondo il tribunale, che la commissione,
al momento dell'adozione di provvedimenti provvisori, non sa
rebbe tenuta ad accertare l'esistenza di una violazione, prima
facie, alle regole comunitarie di concorrenza con lo stesso gra
do di certezza richiesta per una decisione finale.
I ricorrenti avevano infine sostenuto che la commissione non
aveva fornito la prova dell'urgenza e di un pregiudizio grave ed irreparabile per Eco System, necessari a giustificare l'adozio
ne del provvedimento. Non sarebbe stato dimostrato che Eco
System rischiava la liquidazione, né, d'altra parte, che ciò di
pendeva eventualmente dalla circolare in questione. I ricorrenti
avevano infine rilevato come Eco System continuasse a propor re ai suoi clienti l'acquisto di autoveicoli Peugeot.
A tali argomenti, tuttavia, il tribunale ha replicato che ricor
re un caso di urgenza — che giustifica l'adozione di un provve
dimento ex art. 3, par. 1, del reg. 17 — qualora l'applicazione
delle misure prese da un costruttore di automobili per ostacola
re l'attività di un intermediario professionale nel commercio di
autoveicoli ne metta in pericolo l'esistenza, e se l'attività di tale
intermediario ha un'incidenza minima sul funzionamento della
rete distributiva del costruttore, e i provvedimenti provvisori
adottati si limitino a garantirla nel volume precedente.
18 - Sentenza 24 ottobre 1991 (causa T-2/89); Pres. J. L. Cruz
Villaca, Avv. gen. B. Vesterdorf; Petrofina S.A. c. Com
missione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Proce
dura — Diritti della difesa — Comunicazione tardiva dei do
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PARTE QUARTA
cumenti — Utilizzazione di documenti non richiamati nella
decisione — Insussistenza — Mancata comunicazione del pro
cesso verbale definitivo delle audizioni — Mancata trasmis
sione alla ricorrente della copia del rapporto del consigliere uditore — Irrilevanza.
Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Presupposti — Nozione
di accordo e di pratica concordata — Riunioni periodiche tra
concorrenti — Fissazione di prezzi indicativi — Fissazione in
comune di prezzi — Misure per facilitare la realizzazione dei
prezzi obiettivo — Sistema di quote — Ripartizione dei mer
cati — Limitazione della produzione — Pregiudizio al com
mercio tra Stati membri — Responsabilità collettiva — Insus
sistenza.
Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Art.
190 — Obbligo di motivazione — Insufficienza, contradditto
rietà e erroneità della motivazione — Insussistenza.
Cee — Concorrenza — Ammenda — Criteri di determinazione — Gravità dell'infrazione — Effetti — Durata — Principio della parità di trattamento.
A seguito di accertamenti effettuati da funzionari della com
missione ai sensi del regolamento (Cee) 17/62 nei confronti dei
maggiori produttori di propilene (ATO Chimie S.A., BASF AG,
DSM NV, Hercules Chemicals NV, Hoechst AG, Chemisce Wer
ke Htils, Imperial Chemistries PLC, Montepolimeri SpA, Shel
International Chemical Company Ltd, S.A. Solvay et Cie e BP
chimie), la commissione decideva di inviare richieste di infor-.
mazioni ai sensi dell'art. 11 del citato regolamento 17/62 alle
seguenti imprese: Amoco, Chemie linz AG, Saga Petrokjemi
As et C., Petrofina S.A. e Enichem Anic SpA Detta procedura si concludeva con la decisione del 23 aprile 1986 contenente
l'accertamento della violazione dell'art. 85 (1) da parte delle
imprese precitate per aver posto in essere, a partire dalla metà
del 1977, un accordo e pratica concordata in base al quale i
produttori fornitori di polipropilene nel territorio della Cee: — si riunivano e si tenevano segretamente in contatto al fine
di discutere e definire le rispettive politiche commerciali; — stabilivano periodicamente prezzi obiettivo concordando
comportamenti e provvedimenti finalizzati a facilitare l'attua
zione di tali prezzi obiettivo; — aumentavano simultaneamente i prezzi in applicazione di
detti obiettivi; — si ripartivano il mercato assegnando a ciascun produttore
un obiettivo o una quota di vendite annue.
La commissione ordinava, pertanto, a dette imprese di porre immediatamente fine a tali pratiche e di astenersi, per il futuro,
dal tenere comportamenti analoghi. La commissione imponeva,
inoltre, alle imprese predette ammende varianti da 500.000 a
11.000.000 Ecu. In particolare, la Petrofina S.A. («Petrofina») veniva condannata al pagamento di un'ammenda di 600.000 Ecu.
In data 23 luglio 1986 la Petrofina proponeva ricorso contro
tale decisione innanzi alla Corte di giustizia della Comunità eu
ropee, chiedendo l'annullamento totale o parziale della decisio
ne sui punti che la riguardavano e, in subordine, l'annullamen
to o la riduzione dell'ammenda subita. A seguito della decisio
ne del consiglio delle Comunità europee istitutiva del tribunale
di primo grado, la corte, con ordinanza del 15 novembre, ri
metteva la causa a detto tribunale.
A suffragio della propria domanda la ricorrente adduceva i
seguenti ordini di argomentazioni: 1. violazione del diritto alla difesa e, in particolare, a) comu
nicazione tardiva di documenti e mancata formulazione di tutti
gli addebiti nella comunicazione, b) utilizzazione di documenti
non richiamati nella decisione, c) mancata comunicazione del
processo verbale definitivo delle audizioni e d) mancata trasmis
sione alla ricorrente della copia del rapporto del consigliere
uditore;
2. vizi relativi all'accertamento dell'infrazione sotto il dupli ce profilo a) dell'erronea ricostruzione dei fatti compiuta dalla
commissione e b) dell'illegittima applicazione dell'art. 85 (1) al caso di specie con riguardo I) all'incorretta qualificazione del
l'infrazione, II) all'erronea considerazione dell'effetto restritti
vo del commercio tra Stati membri e III) all'imputazione alla
ricorrente di una responsabilità collettiva;
Il Foro Italiano — 1993.
3. a) insufficienza, contraddittorietà ed erroneità della moti
vazione; 4. errata determinazione dell'ammenda in relazione alla du
rata e alla gravità dell'infrazione.
1. a) e b) Sul punto il tribunale si limita a contestare l'infon
datezza di fatto delle argomentazioni della ricorrente rilevando
che la documentazione rilevante era stata trasmessa tempestiva mente alla ricorrente e che la comunicazione conteneva tutti
gli addebiti attribuiti a Petrofina. 1. c) Riguardo alla pretesa illegittimità dell'omessa comuni
cazione del verbale definitivo delle audizioni al comitato con
sultivo e agli altri membri della commissione prima che questi si pronunciassero, il tribunale ha rigettato l'argomento della ri
corrente richiamando la giurisprudenza della corte sul punto,
per cui il carattere provvisorio del verbale comunicato può co
stituire un vizio del procedimento idoneo ad inficiare la validità
dell'atto esclusivamente quando tale verbale provvisorio sia sta
to redatto in modo da indurre in errore i suoi destinatari, cosa
non avvenuta nel caso di specie. 1. d) In relazione all'omessa comunicazione della relazione
del consigliere-uditore, il tribunale si è limitato a rilevare che
tale comunicazione non rientrava tra i diritti della difesa in quan to la stessa non aveva lo scopo di integrare o correggere gli
argomenti delle imprese, né quello di formulare nuovi addebiti
o fornire elementi probatori aggiuntivi a carico delle imprese. 2. a) In relazione all'erronea ricostruzione dei fatti su cui la
commissione aveva fondato la propria decisione, il tribunale ha
giudicato non sufficientemente provata, da parte della commis
sione, la partecipazione di Petrofina alle riunioni per il periodo
compreso tra il 1980 e il marzo 1982. Con riguardo al periodo
compreso tra il marzo 1982 e il settembre 1983 il tribunale ha
invece giudicato fondati in fatto gli addebiti della commissione.
Il tribunale ha, inoltre, riconosciuto sufficientemente provati, limitatamente al periodo sopraddetto, gli addebiti relativi alle
iniziative in materia di prezzi, alle misure destinate a facilitare
le iniziative in materia di prezzi e alla definizione di obiettivi in termini di volume e quote.
2. b) I) Petrofina aveva sostenuto che la commissione non
aveva dato una qualifica precisa ai comportamenti della ricor
rente. L'incertezza di confini dell'inquadramento giuridico ef
fettuato dalla commissione aveva, secondo la ricorrente, conse
guenze estremamente rilevanti sul piano probatorio in quanto la commissione non avrebbe provato né il perfezionamento di
un accordo, né l'esistenza di comportamenti effettivamente con
cordati tra i concorrenti sul mercato che, ad avviso di Petrofi
na, era un elemento costitutivo della pratica concordata. In pro
posito, il tribunale ha preliminarmente giudicato infondato l'ar
gomento della ricorrente per cui la commissione non avrebbe
qualificato con precisione il tipo di infrazione imputato a Pe
trofina, ricordando che la commissione aveva definito tale in
frazione quale accordo a titolo principale e pratica concordata
a titolo sussidiario. Il tribunale ha poi richiamato la giurispru denza della Corte di giustizia, per cui, per avere un accordo
ai sensi dell'art. 85 (1) è sufficiente che le imprese interessate
abbiano espresso la comune volontà di comportarsi nel mercato
in un determinato modo, mentre la pratica concordata sussiste
con la semplice presenza di contatti diretti o indiretti aventi lo
scopo o l'effetto di influire sul comportamento tenuto sul mer
cato da un concorrente attuale o potenziale, senza che vi sia
bisogno (come pretendeva la ricorrente) di provare l'attuazione
di una condotta uniforme sul mercato da parte delle imprese interessate. Con riguardo al caso di specie il tribunale ha affer
mato che, pur nell'unicità dello scopo economico perseguito dalle
imprese partecipanti, la fattispecie in questione si componeva di elementi suscettibili di rientrare sia nella nozione di accordo
che in quella di pratica concordata. Il tribunale ha, pertanto, ritenuto che la qualificazione di accordo unico continuato e di
pratica concordata con cui la commissione aveva definito i com
portamenti dei maggiori produttori di polipropilene fosse cor
retta in relazione alla complessità della fattispecie e che la com
missione, considerato il carattere unitario di tale fattispecie, non
doveva provare cumulativamente l'esistenza di elementi costitu
tivi di un accordo e quelli di una pratica concordata.
2. b) II) La ricorrente aveva rilevato che la propria parteci
pazione alle riunioni non poteva, da solo, aver pregiudicato il
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
commercio tra Stati membri. In proposito, il tribunale ha ricor
dato che la commissione doveva provare, come ha correttamen
te fatto, l'effetto sulla ricorrenza dell'accordo e della pratica concordata e non quello derivante dalla singola partecipazione a tali misure da parte di Petrofina.
2. b) III) Secondo la ricorrente la commissione aveva illegit timamente omesso di provare la concreta partecipazione di Pe
trofina ad ogni singola riunione richiamata nella decisione co
me invece sarebbe stata tenuta a fare in linea con la sentenza
della corte del 14 luglio 1972, ACNA c. Commissione (causa
57/69, Raccolta 933, paragrafo 75). In particolare, la commis
sione avrebbe arbitrariamente inventato un nuovo tipo di infra
zione la cui integrazione richiederebbe esclusivamente la consa
pevolezza del comportamento illegittimo tenuto da altre impre se. Il tribunale ha rigettato tale argomento ricordando di aver
già stabilito che la commissione aveva sufficientemente provato la responsabilità individuale della ricorrente riguardo all'infra
zione descritta nella decisione.
3. La ricorrente lamentava che la decisione della commissio
ne aveva una motivazione insufficiente, contraddittoria ed erro
nea. Il tribunale non ha accolto tale rilievo ritenendo corretta
e sufficiente la motivazione della commissione e affermando che
la tesi della ricorrente si fondava sull'isolamento di parti di di
sposizioni della decisione che, solo in quanto separati dal conte
sto in cui erano inseriti, potevano risultare apparentemente con
traddittori ed insufficienti.
4. Riguardo alla pretesa non individuazione da parte della
commissione dei criteri di determinazione dell'ammenda, il tri
bunale ha ritenuto che i criteri richiamati nella decisione giusti
ficavano ampiamente il livello di determinazione delle ammen
de inflitte. In proposito il tribunale ha sottolineato il carattere
palese della violazione dell'art. 85 e la consapevolezza da parte
dei produttori di commettere tale violazione. In relazione alla
pretesa erronea valutazione degli effetti dell'infrazione sulla con
correnza, il tribunale ha rilevato che dalla lettura della motiva
zione relativa alla determinazione dell'ammenda, guardata alla
luce dell'intera motivazione della decisione, risultava che la com
missione aveva giustamente tenuto conto del risultato limitato
sui prezzi del mercato dell'accordo e pratica concordata a cui
Petrofina aveva partecipato. Con riguardo alla violazione del
principio della parità di trattamento operato dalla commissione
(in quanto 1'Amoco e la BP, che secondo la ricorrente si trova
vano in una posizione analoga a quella di Petrofina, non sareb
bero state assoggettate ad ammende), il tribunale ha rigettato
l'eccezione della ricorrente. In particolare, il tribunale ha con
statato che, perché si abbia violazione di tale principio, occorre
che situazioni tra loro compatibili siano state trattate in manie
ra differente. Con riguardo al caso di specie, il tribunale ha
rilevato che, da un lato le condizioni di Petrofina e, dall'altro,
quelle di Amoco e BP, non erano comparabili in quanto rispet
to a queste ultime la commissione non era stata in grado di
provare in modo sufficiente la rispettiva partecipazione ad una
concertazione avente uno scopo anticoncorrenziale.
Alla luce di tutto quanto sopra esposto il tribunale ha stabili
to che l'ammenda inflitta alla ricorrente era adeguata alla gra
vità della violazione delle norme comunitarie sulla concorrenza.
Tale ammenda, peraltro, doveva essere ridotta della metà a causa
dell'accertamento della minor durata dell'infrazione imputata
a Petrofina.
Il tribunale, pertanto, ha annullato la decisione nella parte in cui dichiarava che Petrofina aveva concorso all'infrazione
dal 1980 al marzo 1982, ha fissato l'ammontare dell'ammenda
inflitta a 300.000 Ecu e ha rigettato il ricorso con riguardo al
resto della decisione liquidando le spese tra le parti.
19 - Sentenza 24 ottobre 1991 (causa T-3/89); Pres. J.L. Cruz
VnxACA, Avv. gen. B. Vesterdorf; Atochem S.A. c. Com
missione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Proce
dura — Violazione dei diritti della difesa — Infondatezza de
gli elementi di prova — Presunzione di colpevolezza. Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Accordo e pratica con
cordata — Accertamento dell'infrazione — Riunioni periodi
che tra concorrenti — Sostegno di prezzi indicativi — Fissa
li. Foro Italiano — 1993 — Parte IV-12.
zione in comune di prezzi — Sistema di quote — Ripartizioni dei mercati — Limitazione della produzione — Accordo avente
per oggetto o per effetto di restringere la concorrenza.
Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Art.
190 — Obbligo di motivazione — Adozione di un'unica deci
sione per contestare più infrazioni imputabili ad imprese di
verse — Insufficienza della motivazione — Insussistenza.
Cee — Concorrenza — Ammenda — Corretta determinazione — Gravità dell'infrazione.
A seguito di accertamenti effettuati da funzionari della com
missione ai sensi del regolamento (Cee) 17/62 nei confronti dei
maggiori produttori di propilene (Atochem S.A., BASF AG,
DSM NV, Hercules Chemicals NV, Hoechst AG, Chemisce Wer
ke Hiils, Imperial Chemistries PLC, Montepolimeri SpA, Shell
International Chemical Company Ldt, S.A. Solvay et Cie e BP
chimie), la commissione decideva di inviare richieste di infor mazioni ai sensi dell'art. 11 del citato regolamento 17/62 alle
seguenti imprese: Amoco, Chemie linz AG, Saga Petrokjemi As et C., Petrofina S.A. e Enichem Anic SpA. Sulla base degli accertamenti suddetti la commissione iniziava una procedura di
accertamento di infrazioni ex art. 3 del regolamento 17/62 con
clusasi con la decisione del 23 aprile 1986 contenente l'accerta
mento della violazione dell'art. 85 (1) da parte delle imprese
precitate per aver posto in essere, a partire dalla metà del 1977,
un accordo e pratica concordata in base al quale i produttori fornitori di polipropilene nel territorio delle Cee:
— si riunivano e si tenevano segretamente in contatto al fine
di discutere e definire le rispettive politiche commerciali; — stabilivano periodicamente prezzi obiettivo concordando
comportamenti e provvedimenti finalizzati a facilitare l'attua
zione di tali prezzi obiettivo; — aumentavano simultaneamente i prezzi in applicazione di
detti obiettivi; — si ripartivano il mercato assegnando a ciascun produttore
un obiettivo o una quota di vendite annue.
La commissione ordinava, pertanto, a dette imprese di porre
immediatamente fine a tali pratiche e di astenersi, per il futuro,
dal tenere comportamenti analoghi. La commissione imponeva,
inoltre, alle imprese predette ammende varianti da 500.000 a
11.000.000 Ecu. In particolare, la Atochem S.A. («ATO») veni
va condannata al pagamento di un'ammenda di 1.750.000 Ecu.
In data 31 luglio 1986 la ATO proponeva ricorso contro tale
decisione innanzi alla Corte di giustizia Ce, chiedendo l'annul
lamento totale o parziale della decisione sui punti che la riguar
davano e, in subordine, l'annullamento o la riduzione dell'am
menda subita. A seguito della decisione del consiglio delle Cee
istitutiva del tribunale di prima istanza, la corte, con ordinanza
del 15 novembre, rimetteva la causa a detto tribunale.
A suffragio della propria domanda la ricorrente adduceva i
seguenti ordini di argomentazioni: 1. violazione dei diritti della difesa;
2. presenza di vizi relativi all'accertamento dell'infrazione sotto
il duplice profilo a) dell'erronea ricostruzione dei fatti compiuta dalla commissione e ti) dell'illegittima applicazione dell'art. 85
(1) al caso di specie con riguardo all'incorretta qualificazione
dell'infrazione;
3. insufficienza e carattere contraddittorio della motivazione;
4. errata determinazione dell'ammenda in relazione alla du
rata e alla gravità dell'infrazione.
1. La ricorrente sosteneva che la commissione aveva violato
il diritto alla difesa utilizzando manoscritti illegibili di autore
sconosciuto quali elementi di prova e fondandosi, dunque, di
fatto su di una presunzione di colpevolezza per cui l'ATO si
era trovata a dover dare la prova negativa di non aver fatto
quello che le si addebitava. Il tribunale, pur rilevando che il
manoscritto portato dalla commissione a suffragio delle proprie
conclusioni aveva carattere probatorio, ha considerato che la
questione relativa all'accertamento della sussistenza di una pre
sunzione di colpevolezza utilizzata dalla commissione si confon
deva con quella della verifica della corretta constatazione dei
fatti operata dalla commissione e che, pertanto, conveniva esa
minare la prima insieme con la seconda.
2. a) La ricorrente lamentava un'erronea ricostruzione dei fatti
su cui si fondava la decisione della commissione e, in particola
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PARTE QUARTA
re, la mancanza di elementi che potessero provare la propria
partecipazione a riunioni periodiche nell'intento di concordare
e perseguire una politica di prezzi obiettivo insieme a propri concorrenti per tutto il periodo determinato nella decisione, l'a
dozione di misure destinate a facilitare il perseguimento dei prezzi obiettivo e l'adesione ad un sistema di quote di produzione avente
per oggetto la ripartizione dei mercati e finalizzato alla realizza
zione della politica dei prezzi obiettivo. In proposito, il tribuna
le, dopo aver esaminato gli elementi di prova portati dalla com
missione, ha ritenuto sufficientemente provati gli addebiti su
cui la commissione aveva fondato la propria decisione.
2. b) Con riguardo alla concreta applicazione dell'art. 85 (1), la ricorrente aveva rilevato che l'indipendenza della politica com
merciale della ATO e la mancanza di prove dimostranti l'esi
stenza di effetti restrittivi sul mercato derivanti dal comporta mento della ricorrente rendevano inapplicabile al caso di specie l'art. 85 (1) in quanto il comportamento adottato dalla ATO
non aveva né per oggetto né per effetto la restrizione della con
correnza sul mercato. In proposito, il tribunale ha ricordato
di aver già accertato che la ATO aveva partecipato a riunioni
periodiche con l'intento anticoncorrenziale di fissare obiettivi
di prezzo e che, pertanto, la commissione aveva correttamente
applicato l'art. 85 (1) al caso di specie. 3. In relazione all'insufficienza della motivazione, la ricor
rente sosteneva che l'adozione di una decisione unica relativa
a più imprese non aveva permesso a ATO di far valere la pecu liarità della propria situazione. Il tribunale ha ritenuto infonda
to tale argomento rilevando che la ricorrente era stata messa
in condizioni di sostenere le proprie ragioni in relazione a preci se imputazioni. La ricorrente aveva inoltre affermato che la mo
tivazione della decisione della commissione era insufficiente in
quanto la commissione non aveva replicato ad una serie di ar
gomenti addotti da ATO tendenti a dimostrare l'infondatezza
delle conclusioni della commissione. Sul punto il tribunale ha
ricordato che secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia
(Stinchting Sigarettenindustri/Commission, cause 240 e 242, 261,
262, 268 e 269/82, Racc. p. 3831, 88), se in virtù dell'art. 190 la commissione è tenuta a motivare le proprie decisioni richia
mando gli elementi di fatto e di diritto da cui dipende la giusti ficazione legale della decisione e le considerazioni che l'hanno
condotta ad adottare la stessa, non è richiesto che la commis
sione risponda a tutti i punti di fatto o di diritto che sono stati
sollevati dagli interessati nel corso della procedura amministra
tiva. Ne consegue che la commissione non è tenuta a rispondere sui punti che ritiene non pertinenti ai fini della decisione. Nel
caso di specie il tribunale ha affermato di aver già considerato
gli argomenti addotti dalle parti non rilevanti ai fini di contra
stare le conclusioni della commissione, ritenendo, pertanto, che la commissione aveva fornito una motivazione sufficiente.
4. La ricorrente considerava erronea la valutazione sulla gra vità dell'infrazione effettuata dalla commissione per determina
re l'ammenda. In particolare, ATO affermava di aver agito per
semplice imprudenza con l'intento di assumere informazioni su
un mercato in cui era appena entrata. Secondo la ricorrente, la trasparenza delle informazioni era condizione per una con
correnza effettiva. Il tribunale, dopo aver rilevato la gravità intrinseca rappresentata dal tipo di infrazione di cui si era resa
responsabile ATO, ha rigettato l'argomento della trasparenza di informazioni come inaccettabile in quanto, da un lato la cir
colazione delle informazioni nel caso di specie riguardava solo
l'offerta (non potendosi dunque parlare di trasparenza sul mer
cato in quanto questa comporta anche la libera circolazione delle
informazioni dal lato della domanda) e, dall'altro, poiché tale
argomento, se accolto, avrebbe vuotato di contenuto le disposi zioni sulla concorrenza comunitarie.
Per tutti i motivi sopraesposti, il tribunale ha confermato la decisione della commissione ritenendo adeguata l'ammenda in
flitta e condannando la ricorrente al pagamento delle spese di
giudizio.
20 - Sentenza 12 dicembre 1991 (T-39/90); Pres. A. Saggio; NV Samenwerkende Elektriciteits-produktiebedrijven c. Com missione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Procedura — Decisione della commis
II Foro Italiano — 1993.
sione per richiesta di informazioni — Illegittimità — Potere
di indagini della commissione — Nozione di informazioni ne
cessarie — Modifica dell'oggetto dell'indagine — Insussisten
za — Motivazione insufficiente — Insussistenza — Principio di proporzionalità — Violazione — Insussistenza.
Cee — Articolo 5 — Obbligo dell'amministrazione statale di
rispettare il principio di confidenzialità.
La NV Samenwerkende Elektriciteits-produktiebedrijven (SEP) è una società che ha per finalità di realizzare l'abbassamento
del livello dei prezzi per l'elettricità al consumo. Tale società
raggruppa i quattro produttori di elettricità olandesi. La società
Gasunie, che rifornisce le imprese olandesi di gas naturale, ha
una posizione di monopolio di fatto nel mercato olandese con
siderato che l'insieme del gas naturale estratto in Olanda deve
essere offerto in vendita a tale società. Il 16 giugno 1989 l'im
presa norvegese Statoil firmava con la SEP un contratto di for
nitura di gas naturale che le consentiva di avere un primo acces
so al mercato olandese di tale risorsa. Il contratto predetto spin
geva la Gasunie a negoziare con la SEP un contratto di
collaborazione attribuente a Gasunie un diritto preferenziale sulle
forniture di gas. Avuta conoscenza di tali circostanze i servizi
della commissione decidevano di raccogliere ulteriori informa
zioni che portavano all'apertura di un'inchiesta formale ai sensi
del regolamento 17/62. Nel quadro di tale procedura la com
missione chiedeva, sulla base dell'art. 11 paragrafo 1 del rego lamento precitato (che autorizza la commissione a domandare
tutte le informazioni necessarie presso le imprese), i seguenti dati: — contratto di fornitura tra SEP e Statoil; — accordo di cooperazione tra SEP e Gasunie; — dati relativi al ruolo avuto dallo Stato olandese nella con
clusione dall'accordo SEP Gasunie.
La SEP forniva unicamente l'accordo di cooperazione, soste
nendo che il contratto con il Statoil non era pertinente all'ac
certamento di un'eventuale illegittimità dell'accordo di collabo
razione in relazione alle norme di concorrenza comunitarie e
che lo Stato olandese non aveva avuto alcun ruolo nella vicen
da. Dopo aver reiterato il proprio invito alla SEP a trasmettere
la documentazione mancante, la commissione, in data 2 agosto
1992, adottava una decisione in virtù dell'art. 11 paragrafo 15
del regolamento 17/62 in cui fissava un termine di dieci giorni
per effettuare tale comunicazione. Scaduto inutilmente questo termine e falliti i successivi tentativi di arrivare ad un accordo
tra SEP e commissione, quest'ultima emanava una decisione
con cui fissava una multa di 1000 Ecu per ogni giorno di ritar
do da parte della SEP nella fornitura della documentazione man
cante. A seguito di tale decisione la SEP forniva la documenta
zione richiesta.
Con ricorso del 26 settembre 1990 innanzi al tribunale la SEP
chiedeva l'annullamento della decisione del 2 agosto precitata e la condanna della commissione alle spese di giudizio. La com
missione chiedeva il rigetto del ricorso e la condanna della SEP
alle spese. La SEP fondava la propria domanda su tre ordini di argo
mentazioni:
1. violazione dell'art. 11 del regolamento 17/62; 2. insufficienza della motivazione della decisione; 3. violazione del principio di proporzionalità. 1. La ricorrente sosteneva che la commissione, richiedendo
la comunicazione del contratto Statoil a SEP, aveva violato l'art. 11 del regolamento 17/62 il quale prevede che, per emanare
una decisione di richiesta di informazioni, è necessario dimo
strare un legame tra l'informazione richiesta e l'obiettivo del
l'indagine. In particolare, secondo la SEP tale legame di neces
sità non sussisteva nel caso di specie in quanto il contratto Sta
toil non era necessario ad apprezzare il codice di condotta
stipulato tra SEP e Gasunie. La ricorrente faceva, inoltre, nota
re che la commissione poteva richiedere informazioni solo nel
quadro di un'inchiesta per una presunta infrazione degli art.
85 e/o 86 e che la decisione di richiesta di informazioni doveva
fare riferimento alle stesse finalità di accertamento fissate al
momento dell'apertura dell'inchiesta. Richiedendo il contratto
Statoil, che non era compreso nella fattispecie di presunta in
frazione con cui la commissione aveva giustificato l'apertura
dell'indagine, la commissione aveva dunque illegittimamente mo
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
dificato l'oggetto dell'inchiesta. Sul punto, il tribunale ha preli minarmente richiamato la base giuridica della decisione in que
stione, ricordando che sulla base del precitato art. 11 la com
missione può raccogliere tutte le informazioni necessarie indi
cando la base giuridica e la finalità della domanda.
Successivamente il tribunale ha notato che dalla domanda di informazioni presentata dalla commissione risulta chiaramente
che la finalità dell'indagine è quella di accertare la legittimità del codice di condotta tra SEP e Gasunie e che la richiesta del
contratto tra SEP e Statoil appare strumentale all'accertamento
degli effetti provocati sul mercato a seguito della conclusione
di tale codice di condotta. In proposito, nonostante nel corso
dell'audizione la commissione si sia riferita a quest'ultimo con
tratto come suscettibile di violare le norme sulla concorrenza
comunitarie, appare chiaro che nella decisione di richiesta di
trasmissione dello stesso la commissione lo considera esclusiva
mente quale dato strumentale al fine di accertare la legittimità del codice di condotta. Sotto tale profilo, pertanto, il tribunale
ha ritenuto che la decisione non modificava la portata e l'ogget to dell'indagine iniziale. Riguardo all'effettiva sussistenza di un
legame necessario tra le informazioni contenute nel contratto
Statoil e le finalità dell'indagine aperta dalla commissione (lega me che, sulla base della giurisprudenza della Corte di giustizia, è presupposto perché si rientri nella nozione di informazione
necessaria richiamata dal predetto art. 11), il tribunale ha ac
certato tale sussistenza affermando che sulla base degli elementi
a disposizione della commissione questa poteva ragionevolmen te ritenere l'esistenza del legame predetto.
2. Riguardo al secondo argomento relativo all'insufficienza
di motivazione della decisione in merito alla dimostrazione del
la sussistenza di un legame di necessità tra la richiesta del con
tratto Statoil e le finalità dell'inchiesta, il tribunale ha fatto
notare di aver già ritenuto sufficienti a dimostrare e giustificare
questo legame gli elementi portati dalla commissione a sostegno di tale richiesta nella decisione; sotto tale profilo, pertanto, la
decisione risulta sufficientemente motivata.
3. La ricorrente sosteneva che la commissione aveva violato
il principio della proporzionalità impedendole l'esecuzione di un obbligo che avrebbe avuto conseguenze negative sproposita te per la SEP in relazione all'utilità che poteva derivarne ai
fini dell'indagine. Secondo la ricorrente la proporzionalità co
stituiva un principio generale ed era, pertanto, applicabile, an
che con riguardo alle decisioni sulle domande di informazioni.
Il tribunale ha riconosciuto che, anche in relazione a precedenti
prese di posizioni della Corte di giustizia, il principio di propor zionalità è di applicazione generale e riguarda, dunque, anche
le decisioni in questione. Con riguardo al caso di specie il tribu
nale ha, peraltro, rigettato la tesi della ricorrente tendente a
dimostrare il carattere sproporzionato della richiesta della com
missione. Tale tesi si fondava essenzialmente sul presupposto che l'art. 20 del regolamento 17/62, relativo al segreto profes
sionale, non sarebbe stato sufficiente ad impedire che il conte
nuto del contratto, notificato dalla commissione al ministero
competente olandese, fosse arrivato alla conoscenza dell'impre sa di Stato Gasunie con gravi danni per la SEP. In particolare, il tribunale ha ricordato che ai sensi dell'art. 20 predetto le in
formazioni con carattere riservato fornite alla commissione non
possono essere divulgate e devono essere utilizzare esclusivamente
nel limite dello scopo per cui sono state richieste. Il rischio che
il contratto Statoil passi da una parte all'altra dell'amministra
zione olandese fino ad arrivare all'impresa pubblica Gasunie
è da escludersi, considerato anche l'obbligo sancito dall'art. 5
per cui gli Stati membri devono rispettare le regole comunitarie.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso è stato rigettato e la SEP condannata alle spese del giudizio.
21 - Sentenza 12 dicembre 1991 (causa T-30/89); Pres. A. Sag
gio; Hilti AG c. Commissione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Procedimento innanzi al tribunale —
Questione preliminare — Ricevibilità di eccezioni relative a circostanze già ammesse dalla ricorrente o non sollevate nel
corso della procedura amministrativa — Diritto alla difesa.
Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Onere
probatorio della commissione — Insufficienza delle prove.
Il Foro Italiano — 1993.
Cee — Concorrenza — Art. 86 — Posizione dominante — Mer
cato del prodotto rilevante — Mercato geografico rilevante — Posizione sul mercato dell'impresa — Abuso — Pratiche
destinate a ritardare l'emanazione di licenze di diritto relative
a brevetti detenuti dall'impresa — Messa in atto di una politi ca selettiva e discriminatoria nei confronti dei concorrenti e dei loro clienti — Interesse legittimo — Condotta giustificata dal dovere di diligenza relativo alla responsabilità del produt tore — Insussistenza — Pregiudizio al commercio tra Stati
membri.
Cee — Concorrenza — Ammenda — Criteri di determinazione — Limite del 10% del fatturato dell'impresa — Art. 190 —
Errore della motivazione relativa all'imposizione dell'ammen
da — Insussistenza.
La Hilti AG («Hilti») è il maggior produttore di pistole, per cussori e caricatori in Europa. Nel 1982 e nel 1985 la Profix
Distribution Ltd e la Bauco Ltd hanno rispettivamente presen tato una denuncia ai sensi dell'art. 3 del regolamento 17/62
in cui asserivano che la Hilti aveva abusato della propria posi zione dominante sul mercato mediante una condotta finalizzata
ad eliminare dal mercato i percussori prodotti da terzi compati bili con le pistole prodotte dalla Hilti. A seguito di dette denun
ce la commissione domandava informazioni a Hilti effettuando
verifiche. Nell'ambito di tale procedimento di accertamento ha
Hilti firmava, in data 27 agosto 1985, un impegno provvisorio in cui dichiarava di astenersi dal porre in essere le pratiche og
getto di indagine da parte della commissione fino al momento
in cui la commissione non avesse determinato le proprie conclu
sioni. In data 22 dicembre 1987 la commissione emanava una
decisione nella quale constatava il carattere dominante della po sizione di mercato occupata da Hilti con riguardo alle pistole, ai percussori e ai caricatori, sostenendo che detta società aveva
abusato di tale posizione dominante ai sensi dell'art. 86. In par
ticolare, secondo la commissione i seguenti comportamenti po sti in essere da Hilti integravano una violazione dell'art. 86:
vendita abbinata di percussori e caricatori; riduzione delle for
niture e messa in atto di altre pratiche discriminatorie in caso
di ordini di acquisto aventi ad oggetto esclusivamente caricatori
senza percussori; invito ai distributori a non eseguire ordini de
stinati all'esportazione; rifiuto di adempiere integralmente ad
ordini destinati all'esportazione; pratiche destinate a ritardare
l'emanazione di licenze di diritto relative a brevetti detenuti da
Hilti; rifiuto di rispettare gli impegni di garanzia dei prodotti; messa in atto di una politica selettiva e discriminatoria nei con
fronti dei concorrenti di Hilti e dei loro clienti. La commissione
infliggeva, inoltre, a Hilti un'ammenda di 6.000.000 Ecu ordi
nandole di mettere immediatamente fine a tali pratiche e di aste
nersi da porle in essere per il futuro. Contro tale decisione la
Hilti proponeva ricorso presso la Corte di giustizia in data 21
marzo 1988 chiedendo in via principale l'annullamento della de
cisione e la soppressione dell'ammenda e in via subordinata la
riduzione dell'ammenda. Con ordinanza 15 novembre 1989 la
corte rimetteva la causa al tribunale.
Il tribunale ha dovuto innanzitutto decidere su una questione
preliminare sollevata dalla commissione la quale sosteneva che
la ricorrente non era legittimata a sollevare eccezioni relative
a circostanze già esplicitamente ammesse nel corso della proce dura amministrativa o non sollevate precedentemente nel corso
di detta procedura. Con riguardo a tale questione il tribunale, da un lato, ha constatato che la ricorrente aveva ribadito nel
corso della procedura orale e scritta le proprie ammissioni (per cui l'eccezione della commissione diveniva, sotto tale profilo,
priva di oggetto), senza perciò riconoscere di detenere una posi
zione dominante sul mercato e, dall'altra, che il diritto fonda
mentale alla difesa riconosciuto dal diritto comunitario implica va la possibilità per la ricorrente di sollevare eccezioni non so
stenute precedentemente nel corso della procedura
amministrativa, anche qualora la commissione avesse espressa mente invitato l'impresa a rispondere agli addebiti relativi a dette
eccezioni. L'eccezione preliminare della commissione è stata per tanto rigettata.
A suffragio del proprio ricorso la ricorrente aveva portato
quattro ordini di argomentazioni: 1. insufficienza degli elementi di prova portati dalla commis
sione a fondamento delle proprie conclusioni;
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PARTE QUARTA
2. mancata violazione dell'art. 86 e, in particolare, a) inesi
stenza di una posizione dominante sul mercato da parte della
ricorrente, b) interesse legittimo della ricorrente a tenere i com
portamenti commerciali ritenuti illegittimi dalla commissione e
c) mancanza di pregiudizio al commercio tra Stati membri;
3. carattere eccessivo dell'ammenda fissata e violazione del
l'art. 190 per errore nella motivazione relativa all'imposizione dell'ammenda.
1. Con riguardo alla pretesa insufficienza delle prove addotte
dalla commissione il tribunale ha rilevato che la commissione
ha l'onere di portare prove sufficienti a suffragio dell'esistenza
dei fitti sui quali fonda la propria decisione. Secondo il tribuna le, peraltro, tale argomento sarebbe sprovvisto di autonomia
in quanto la valutazione sulla fondatezza della ricostruzione dei
fatti e sulla loro qualificazione giuridica viene assorbita nell'in
dagine sull'applicabilità dell'art. 86 al caso di specie. 2.a. La ricorrente aveva affermato che la presa in considera
zione di tre mercati distinti relativi rispettivamente a pistole,
percussori e caricatori effettuata dalla commissione era erro
nea. Secondo la ricorrente, difatti, tali tre elementi costituivano
parti indissociabili di un unico insieme per cui la commissione
avrebbe dovuto individuare il mercato del prodotto rilevante
in relazione a detto insieme. A suffragio di tale tesi la ricorrente
aveva portato i risultati di rapporti effettuati da esperti da cui
risultava che il cambiamento delle caratteristiche di anche uno
solo delle componenti predette avrebbe dato all'insieme caratte
ristiche diverse. Il tribunale ha rigettato tale argomento affer
mando che l'esistenza di produttori indipendenti di percussori e caricatori e anche di percussori adattabili alle pistole fabbrica
te dalla Hilti, costituiva un indizio serio riguardo all'esistenza
di un mercato distinto per ognuno dei prodotti suddetti. Secon
do il tribunale, l'accogliere la tesi della ricorrente per cui l'insie
me dei tre elementi in questione rappresenta un tutto unico ed
indissociabile equivarebbe ad autorizzare, al di fuori di regola mentazioni statuali, un produttore ad escludere l'utilizzazione
di parti accessorie fabbricate da terzi su propri prodotti. In pro
posito il tribunale ha rilevato che, in linea con il diritto della
concorrenza comunitario, un produttore, in assenza di regola mentazioni che dispongano il contrario e, nei limiti del rispetto dei diritti di proprietà industriale, deve essere libero di fabbri
care prodotti destinati ad essere utilizzati per apparecchi co
struiti da altri. Il tribunale ha, inoltre, definito corretta la de
terminazione del mercato geografico effettuata dalla commis
sione ritenendo che le forti differenze dei livelli di prezzi tra
un mercato e l'altro della Comunità implicava l'esistenza di im
portazioni parallele in tutto il mercato comunitario che doveva,
pertanto, essere considerato quale mercato geografico rilevante.
Con riguardo alla posizione sul mercato di Hilti, il tribunale
ha rigettato gli argomenti sostenuti dalla ricorrente per cui la
commissione non disponeva di dati di mercato affidabili. In proposito, il tribunale ha rilevato che le informazioni relative
ad una quota del 70-80% del mercato dei percussori detenuta
da Hilti erano state fornite dalla stessa ricorrente nel corso del
procedimento amministrativo a seguito di una richiesta di infor
mazioni effettuata dalla commissione ai sensi dell'art. 11 del
regolamento 17/62 che obbliga l'impresa a fornire i dati più esatti possibili. Il tribunale ha inoltre ricordato che, come affer
mato dalla corte nella sentenza Hoffman La-Roche c. Commis
sione delle Ce (causa 85/76, Racc. 461), il carattere dominante
di una posizione di mercato detenuta da un'impresa può risul
tare da più fattori che presi isolatamente non sarebbero di per se stessi determinanti; tra questi fattori, peraltro, l'esistenza di
una quota di mercato fortemente rilevante è altamente signifi cativa. Sempre nella predetta sentenza la corte aveva anche af
fermato che la quota di mercato estremamente elevata detenuta
da un'impresa costituisce, di per se stessa, salvo circostanze ec
cezionali, prova del carattere dominante della posizione di mer
cato di un'impresa. Il tribunale ha, pertanto, ritenuto che sulla
base della quota del 70-80% la commissione ha correttamente
individuato la posizione dominante della Hilti. Secondo il tribu
nale tale posizione era, innoltre, rafforzata dall'esistenza di bre
vetti relativi ai percussori prodotti dalla ricorrente. La Hilti aveva
ammesso che qualora avesse detenuto una posizione dominante
alcuni dei suoi comportamenti avrebbero integrato un abuso ai
sensi dell'art. 86. La ricorrente non riconosceva, peraltro, di
Il Foro Italiano — 1993.
aver posto in essere pratiche indirizzate a ritardare l'emanazio
ne di brevetti legali e pratiche discriminatorie finalizzate a dan
neggiare propri concorrenti e i loro rispettivi clienti. Al riguar
do, il tribunale ha ritenuto sufficientemente provate le conclu
sioni della commissione affermando che l'aver chiesto royalties sei volte superiori al normale per l'emanazione delle licenze pre dette costituiva una pratica indirizzata a ritardare l'emanazione
delle stesse e che la Hilti aveva effettivamente posto in essere
politiche mirate a scoraggiare l'instaurazione sul mercato dei
percussori di propri concorrenti attuali o potenziali. 2.b. La ricorrente pretendeva che la propria condotta sul mer
cato, tendente a ridurre l'utilizzazione di percussori di terzi per il finanziamento di pistole Hilti, fosse giustificata da un dovere
di diligenza a cui Hilti era tenuta in forza della propria respon sabilità di produttore. In particolare, Hilti asseriva che, essendo
a conoscenza sulla base di numerosi rapporti tecnici dell'incom
patibilità dei percussori fabbricati da terzi con le pistole da essa
prodotte e della pericolosità dell'utilizzo di tali percussori abbi
nati alle proprie pistole, aveva cercato di scoraggiare tale utiliz
zazione. Il tribunale ha respinto le suddette argomentazioni rile
vando che per proteggere il proprio interesse legittimo la Hilti
avrebbe potuto valersi dei rimedi azionabili nel diritto inglese e far valere davanti ai giudici la pretesa pericolosità dei percus sori fabbricati dai propri concorrenti. Secondo il tribunale è
in ogni caso da escludersi che un'impresa in posizione domi
nante possa difendersi da pretese azioni di concorrenza sleale
autonomamente abusando della propria posizione dominante sul
mercato.
2.c. Secondo la ricorrente il proprio comportamento non aveva
per effetto di ostacolare il commercio tra Stati membri avendo
quale unico scopo di scoraggiare l'utilizzo di una componente di un prodotto unitario prodotta da terzi in quanto incompati bile con una sicura ed efficiente utilizzazione di tale prodotto. Il tribunale, che aveva già respinto la tesi dell'unicità del pro dotto di mercato individuando nei percussori un prodotto di
stinto di mercato, ha affermato che il comportamento della Hilti
aveva avuto l'effetto di scoraggiare la penetrazione di imprese nel mercato dei percussori della Comunità, frenandone o bloc
cando la esportazione di prodotti fabbricati da terzi e, pertan
to, ostacolando il commercio tra Stati membri.
3. La ricorrente affermava che la determinazione dell'ammen
da era stata incorretta in quanto la commissione aveva superato il 10% del fatturato annuo realizzato in relazione al prodotto in questione e non aveva tenuto conto dell'impegno volontario
di Hilti di astenersi dai comportamenti oggetto di indagine da
parte della commissione fino alla conclusione di dette indagini. La ricorrente, sulla base di un comunicato di stampa della com
missione in cui questa ricollegava il carattere esemplare della
multa alla differenziazione dei prezzi delle pistole e dei percus sori nel mercato comunitario sosteneva, inoltre, che l'ammenda
era stata motivata in relazione ad addebiti non enunciati nella
decisione. Il tribunale ha rigettato gli argomenti relativi all'er
ronea applicazione dei criteri di determinazione della multa sot
tolineando la gravità dell'infrazione, la sua durata nel tempo e la consapevolezza dell'illegittimità della propria condotta da
parte della Hilti. Con riguardo all'errore nella motivazione il
tribunale, pur biasimando la commissione per aver emanato un
comunicato stampa in cui faceva riferimento alla differenzia
zione dei prezzi ricollegandolo al carattere esemplare della mul
ta inflitta a Hilti, ha affermato di essere competente unicamen
te a verificare la legittimità della decisione, ribadendo che l'am
menda inflitta dalla commissione con la decisione risultava fissata
e motivata correttamente. Per tutti i motivi sopraesposti il .tri
bunale ha rigettato il ricorso condannando la ricorrente alle spese di giudizio.
22. - Sentenza 17 dicembre 1991 (causa T-4/89); Pres. J. L.
Cruz Villaca, Aw. gen. B. Vesterdof; BASF Aktiengesell schaft c. Commissione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Proce
dura — Violazione dei diritti della difesa — Violazione delle
norme che regolano il procedimento amministrativo — Man
cata trasmissione di documenti probanti gli addebiti formula
ti dalla commissione — Mancata trasmissione del verbale de
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
finitivo dell'audizione — Mancata trasmissione della relazio
ne del consigliere-uditore — Irrilevanza.
Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Nozione di accordo e
di pratica concordata — Responsabilità collettiva — Fissazio
ne in comune di prezzi — Ripartizione dei mercati — Limita
zione della produzione. Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Onere
della prova — Deduzioni presuntive. Cee — Concorrenza — Ammenda — Criteri di determinazione
— Durata dell'infrazione — Gravità dell'infrazione.
A seguito di accertamenti effettuati da funzionari della com
missione delle Ce ai sensi del regolamento (Cee) 17/62 nei con
fronti dei maggiori produttori di propilene (ATO Chimie S.A., BASF AG, DSM NV, Hercules Chemicals NV, Hoechst AG, Chemisce Werke Hiils, Imperial Chemistries PLC, Montepoli meri SpA, Shell International Chemical Company Ltd, S.A. Sol
vay et Cie e BP chimie), la commissione decideva di inviare richieste di informazioni ai sensi dell'art. 11 del citato regola mento 17/62 alle seguenti imprese: Amoco, Chemie linz AG,
Sag Petrokjemi As et C., Petrofina S.A. e Enichem Anic SpA
(«ANIC»). Sulla base degli accertamenti suddetti e di tali infor
mazioni la commissione iniziava una procedura di accertamento
di infrazioni ex art. 3 del regolamento 17/62 conclusasi con
la decisione del 23 aprile 1986 contenente l'accertamento della
violazione dell'art. 85 (1) da parte delle imprese precitate per aver posto in essere, a partire dalla metà del 1977, un accordo
e pratica concordata in base al quale i produttori fornitori di
polipropilene nel territorio della Cee: — si riunivano e si tenevano segretamente in contatto al fine
di discutere e definire le rispettive politiche commerciali; — stabilivano periodicamente prezzi obiettivo concordando
comportamenti e provvedimenti finalizzati a facilitare l'attua
zione di tali prezzi obiettivo; — aumentavano simultaneamente i prezzi in applicazione di
detti obiettivi; — si ripartivano il mercato assegnando a ciascun produttore
un obiettivo o una quota di vendite annue.
La commissione ordinava, pertanto, a dette imprese di porre immediatamente fine a tali pratiche e di astenersi, per il futuro, dal tenere comportamenti analoghi. La commissione imponeva,
inoltre, alle imprese predette ammende varianti da 500.000 a
11.000.000 Ecu. In particolare, la BASF AG (di seguito BASF) veniva condannata al pagamento di un'ammenda di 2.500.000
Ecu.
In data 31 luglio 1986 la BASF proponeva ricorso contro tale
decisione innanzi alla Corte di giustizia della Ce, chiedendo l'an
nullamento totale o parziale della decisione sui punti che la ri
guardavano e, in subordine, l'annullamento o la riduzione del
l'ammenda subita. A seguito della decisione del consiglio delle
Ce istitutiva del tribunale di prima istanza, la corte, con ordi
nanza del 15 novembre, rimetteva la causa a detto tribunale.
A suffragio della propria domanda la ricorrente adduceva i
seguenti ordini di argomentazioni: 1. violazione dei diritti della difesa e, in particolare, a) man
cata tasmissione di alcuni documenti al momento della comuni
cazione degli addebiti, b) mancata comunicazione del verbale
definitivo delle audizioni ai membri della commissione e ai mem
bri del comitato consultivo e e) mancata trasmissione alla ricor
rente del parere del consigliere uditore; 2. vizi relativi all'accertamento dell'infrazione sotto il dupli
ce profilo a) dell'erronea ricostruzione dei fatti compiuta dalla
commissione e b) dell'illegittima applicazione dell'art. 85 (1) al caso di specie con riguardo all'incorretta qualificazione dell'in
frazione e all'attribuzione di una responsabilità collettiva a BSF;
3. errata determinazione dell'ammenda in relazione alla du
rata e alla gravità dell'infrazione.
1 .a. Riguardo al primo punto, la ricorrente lamentava di non
aver potuto fornire spiegazioni sul contenuto di quattordici do
cumenti su cui la commissione aveva fondato la propria deci
sione in quanto gli stessi non gli erano stati trasmessi insieme
alla comunicazione degli addebiti. In proposito, il tribunale ha
ricordato la posizione della Corte di giustizia per cui non sono
i documenti in quanto tali ad importare ma piuttosto la conclu
sione che ne trae la commissione e che, pertanto, se alcuni do
li Foro Italiano — 1993.
cumenti non sono stati richiamati nella comunicazione degli ad
debiti l'impresa ha potuto a giusto titolo desumere che tali do
cumenti risultavano irrilevanti nel caso di specie. Secondo il
tribunale, pertanto, la mancata comunicazione all'impresa dei
documenti utilizzati per fondare la decisione importa la perdita della possibilità per tale impresa di esprimere la propria opinio ne sul contenuto dei documenti, con la conseguenza che, per
preservare i diritti della difesa, devono essere considerati validi
ai fini probatori solo i documenti richiamati nella comunicazio
ne degli addebiti. I documenti non richiamati espressamente nella
comunicazione ma annessi alla stessa hanno valore probatorio solo qualora le parti siano ragionevolmente in grado di dedurre dalla lettura delle comunicazioni quale uso intende farne la com
missione ai fini della decisione. Nel caso di specie il tribunale
ha constatato che solo due documenti sono richiamati nella co
municazione degli addebiti. Di conseguenza il tribunale si è ri
servato di stabilire nel corso del proprio accertamento se il ve
nir meno del sostegno probatorio della restante documentazio ne potesse avere l'effetto di inficiare le conclusioni della
commissione.
1.b. Riguardo all'omessa comunicazione del verbale definiti
vo delle audizioni al comitato consultivo e agli altri membri
della commissione prima che questi si pronunciassero, il tribu
nale ha rigettato l'argomento della ricorrente richiamando la
giurisprudenza della corte sul punto, per cui il carattere provvi sorio del verbale comunicato può costituire un vizio del proce dimento idoneo ad inficiare la validità dell'atto esclusivamente
quando tale verbale provvisorio sia stato redatto in modo da
indurre in errore i suoi destinatari, cosa non avvenuta nel caso
di specie. 1 .c. In relazione all'omessa comunicazione della relazione del
consigliere uditore, il tribunale si è limitato a rilevare che tale
comunicazione non rientra tra i diritti della difesa in quanto la stessa non ha lo scopo di integrare o correggere gli argomenti delle imprese, né quello di formulare nuovi addebiti o fornire
elementi probatori aggiuntivi a carico delle imprese. 2.a. Nell'intento di accertare se la commissione avesse effet
tuato una corretta e sufficientemente provata ricostruzione dei
fatti, il tribunale ha preliminarmente constatato che la commis
sione non era riuscita a provare l'inizio di condotte rilevanti
da parte della ricorrente nel periodo riferito nella decisione (fi ne 1977-fine 1982) portando elementi probanti unicamente l'esi stenza di riunioni tenutesi dalla fine del 1978-inizio 1979, alla
metà del 1982. Secondo il tribunale, peraltro, durante tale pe riodo la commissione era riuscita a dimostrare che la ricorrente
partecipava alle riunioni con la finalità di fissare obiettivi in
materia di prezzi e di quantitativi di vendita. In particolare, con riguardo alle iniziative in materie di prezzi, il tribunale ha
rilevato che la commissione aveva fornito elementi probatori sufficienti a dimostrare che la BAFS aveva partecipato alle riu
nioni aventi per oggetto la discussione e la determinazione delle
iniziative suddette e contribuendo ad adottare comportamenti coerenti a tali accordi, come risulta dall'aumento simultaneo
dei prezzi sul mercato del polipropilene. I due argomenti addot ti dalla ricorrente per cui tali aumenti simultanei sarebbero con
seguiti ad aumenti paralleli delle materie prime e che le istruzio
ni sui prezzi avevano valore interno e non portavano pregiudi zio alla concorrenza, sono stati rigettati dal tribunale. In
particolare, il tribunale ha rilevato che la notevole differenza
tra i margini di redditività tra le imprese in questione non giu stificava un aumento parallelo dei prezzi e che le istruzioni in
terne sui prezzi, oltre ad essere rese note ai concorrenti, aveva
no un effetto esterno in quanto i prezzi sono stati indicati dalla
sede centrale agli agenti in vista di una loro applicazione sul
mercato. Il tribunale ha inoltre giudicato irrilevante l'argomen to fondato su un'analisi effettuata dalla società di revisione Coo
pers & Lybrand per cui le istruzioni sui prezzi non avrebbero
avuto alcun effetto sui prezzi effettivamente praticati, affermando
che per violare l'art. 85 (1) è sufficiente concorrere alla determi
nazione di un prezzo obiettivo; la dimostrazione di effetti sul
mercato derivanti dalla condotta illegittima non è dunque ne
cessaria ai fini dell'accertamento dell'infrazione dal momento
che è stata dimostrata l'esistenza di un concorso di volontà nel
la determinazione di tali prezzi. Riguardo alle misure destinate
a facilitare il raggiungimento dei prezzi obiettivo e, in particola
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PARTE QUARTA
re, del sistema di autolimitazione della produzione e di coordi
namento tra i produttori in diversi mercati della Comunità, il
tribunale ha ritenuto sufficientemente provate le conclusioni della
commissione rigettando le argomentazioni di BASF la quale so
steneva che la limitazione della produzione era dovuta a motivi
tecnici e che la ricorrente non aveva preso parte al sistema di
coordinamento delle condotte tra produttori. Infine, con riguardo
agli obiettivi in termini di quantitativi e quote, il tribunale ha considerato sufficientemente provato che la ricorrente faceva
parte dei produttori di polipropilene tra i quali si erano prodot ti concorsi di volontà sugli obiettivi di quantitativi di vendita
per il periodo che andava dalla fine 1978-inizio 1979 alla prima metà del 1983.
2.b. In relazione alla qualifica di accordo e pratica concorda
ta operata dalla commissione nella decisione con riguardo ai
comportamenti della ricorrente, la BASF aveva sostenuto che
sarebbe stata necessaria una precisazione esatta della nozione
in cui fare rientrare il caso di specie. Difatti, sul piano probato rio altro è dimostrare che vi è stata la manifestazione di volontà
diretta a stabilire in comune le rispettive condotte (elemento costitutivo dell'accordo) e altro è provare l'attuazione da parte di più imprese di pratiche concordate che, ad avviso della ricor
rente, dovevano concretarsi necessariamente in condotte di mer
cato aventi per oggetto o per effetto di restringere la concorren
za. La ricorrente affermava, inoltre, che la commissione non
era riuscita a portare elementi sufficienti a suffragare l'esistenza
di una volontà giuridica o materiale di BASF probante l'esi
stenza della propria partecipazione ad un accordo, né aveva po tuto dimostrare l'esistenza di un comportamento uniforme delle
imprese sul mercato ritenuto necessario per stabilire l'esistenza
di una pratica concordata, considerato che, secondo la ricorren
te, la semplice concertazione era elemento insufficiente al fine
dell'integrazione di tale fattispecie. Infine, la ricorrente riteneva
che la commissione non aveva chiarito se gli addebiti da essa
formulati dovessero considerarsi come un insieme unitario (par te di un'unica infrazione) oppure tenuti distinti quali singole infrazioni. Per la BASF, comunque, in entrambe le ipotesi l'im
porto dell'ammenda doveva essere diminuito in quanto, nel pri mo caso la constatazione che la ricorrente non aveva posto in
essere alcuni di tali comportamenti doveva avere per conseguen za la diminuzione della gravità dell'infrazione, nel secondo, a
seguito di detta constatazione sarebbero dovute venir meno al
cune delle infrazioni a cui l'ammenda era ricollegata con conse
guente diminuzione dell'ammenda. In proposito il tribunale ha
ricordato che, secondo la giurisprudenza consolidata della Cor
te di giustizia, per aver un accordo ai sensi dell'art. 85 (1) è
sufficiente che le imprese interessate abbiano espresso la comu
ne volontà di comportarsi nel mercato in un determinato modo,
mentre, sempre secondo la giurisprudenza della corte, la pratica concordata sussiste con la semplice presenza di contatti diretti
o indiretti aventi lo scopo o l'effetto di influire sul comporta mento tenuto sul mercato da un concorrente attuale o potenzia
le, senza che vi sia bisogno (come pretendeva la ricorrente) di
provare l'attuazione di una condotta uniforme sul mercato da
parte delle imprese interessate. Con riguardo al caso di specie il tribunale ha affermato che, pur nell'unicità dello scopo eco
nomico perseguito dalle imprese partecipanti, la fattispecie in
questione si componeva di elementi suscettibili di rientrare sia
nella nozione di accordo che in quella di pratica concordata.
Il tribunale ha, pertanto, ritenuto che la qualificazione di ac cordo unico continuato e di pratica concordata con cui la com
missione ha qualificato il comportamento dei maggiori produt tori di polipropilene fosse corretta in relazione alla complessità della fattispecie e che la commissione, considerato il carattere
unitario di tale fattispecie, non doveva provare cumulativamen
te l'esistenza di elementi costitutivi di un accordo e quelli di una pratica concordata. Il tribunale ha fondato l'esigenza di
utilizzare una fattispecie complessa per inquadrare il caso di
specie rilevando che sarebbe stato oltremodo artificiale suddivi
dere un comportamento continuato indirizzato a una fanalità
unitaria in più infrazioni distinte. La ricorrente aveva dedotto che la commissione, nell'impu
tarle l'infrazione, si sarebbe servita di un metodo presuntivo: anziché provare sulla base di circostanze di fatto i comporta menti illegittimi ricollegabili alla BASF, avrebbe imputato pre
II Foro Italiano — 1993.
suntivamente alla stessa comportamenti posti in essere da altre
imprese partecipanti alle riunioni, ipotizzando che anche la ri
corrente si fosse comportata allo stesso modo. Il tribunale ha
rigettato tale argomento affermando di aver già rilevato la cor
rettezza della ricostruzione dei fatti integranti l'infrazione im
putabili alla ricorrente.
3. In considerazione del fatto che la commissione non era
riuscita a provare l'esistenza di comportamenti illegittimi prece denti alla fine 1978-inizio 1979, il tribunale ha ridotto l'ammen
da per la minore durata dell'infrazione, accogliendo la doman
da della ricorrente sul punto. Il tribunale ha invece respinto le argomentazioni relative alla gravità dell'infrazione tendenti
a dimostrare che alcune circostanze imputate a BASF dalla com
missione e utilizzate per determinare la gravità dell'infrazione
erano infondate. In particolare, il tribunale ha ritenuto provati
e, considerato quale indice di gravità dell'infrazione, l'intento
della BASF di celare le reali finalità delle missioni dei propri agenti, le critiche rivolte alle imprese che non rispettavano le
linee degli accordi e il loro effetto costrittivo su tali imprese e il ruolo di portavoce degli altri produttori tedeschi svolto dal
la BASF. In linea generale, il tribunale ha, inoltre, ritenuto cor
retto l'accertamento del ruolo della ricorrente effettuato dalla
commissione ricordando l'intrinseca gravità di infrazioni aventi
per obiettivo la fissazione di prezzi e la ripartizione dei mercati
e giudicando corretti i criteri utilizzati dalla commissione per la determinazione dell'entità dell'ammenda (carattere manife
stamente grave dell'infrazione, consapevolezza da parte delle im
prese dell'illegittimità della loro condotta e equa ponderazione del ruolo e del posto occupato nel mercato del polipropilene delle imprese). Il tribunale ha, infine, respinto gli argomenti tendenti a dimostrare un'errata o mancata considerazione da
parte della commissione degli effetti dell'infrazione sul merca
to, della crisi del mercato del polipropilene e della errata valu
tazione del volume delle forniture, che ad avviso della ricorren
te non avrebbe permesso di determinare l'ammenda in modo
corretto. In particolare, con riguardo agli effetti dell'infrazione
sulla concorrenza nel mercato, il tribunale ha ritenuto sufficien
temente provati dalla commissione gli effetti sui prezzi per cui
i prezzi obiettivo erano la base della contrattazione con i clienti.
Inoltre, il tribunale ha rilevato che la commissione ha afferma
to nella decisione di aver tenuto conto della mancata piena rea
lizzazione degli obiettivi al fine di determinare l'entità dell'am
menda. In relazione alla situazione di crisi del mercato rilevan
te, il tribunale ha rilevato che la commissione, in linea con altri
precedenti, ha preso in considerazione la crisi del mercato del
polipropilene nella determinazione delle ammende e che, comun
que, essa non era obbligata, anche con riguardo alle circostanze
di fatto e, in particolare, alla gravità dell'infrazione in questio
ne, ad attribuire a tale elemento un peso eccessivo.
Per tutti i motivi sopraesposti il tribunale ha parzialmente riformato la decisione della commissione riducendo l'ammenda
in misura del 40% e liquidando le spese tra le parti.
23 - Sentenza 17 dicembre 1991 (causa (T-8/89); Pres. J. L.
Cruz Villaca, Aw. gen. B. Vesterdorf; DSM N.V. c. Com
missione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Decisioni della commissione — Proce
dura — Violazione dei diritti della difesa — Violazione delle
norme che regolano il procedimento amministrativo — Man
cata trasmissione di documenti probanti gli addebiti formula
ti dalla commissione — Inversione dell'onere della prova —
Insussistenza.
Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Nozione di accordo e
di pratica concordata — Responsabilità collettiva — Fissazio
ne in comune di prezzi — Ripartizione dei mercati — Limita
zione della produzione — Effetto restrittivo sulla concorren
za — Limitazione del commercio tra Stati membri.
Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Art.
190 — Obbligo di motivazione adeguata. Cee — Concorrenza — Ammenda — Criteri di determinazione
— Durata dell'infrazione — Gravità dell'infrazione — Carat
tere unitario dell'infrazione — Effetti sul mercato dell'infra
zione — Presa in considerazione dello stato di crisi del mer
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
cato — Principio di equità, proporzionalità e uguaglianza del
l'infrazione — Assenza di precedenti infrazioni — Irrilevanza.
A seguito di accertamenti effettuati da funzionari della com
missione ai sensi del regolamento (Cee) 17/62 nei confronti dei
maggiori produttori di propilene (ATO Chimie S.A., BASF AG, DSM NV, Hercules Chemicals NV, Hoechst AG, Chemisce Wer
ke Hiils, Imperial Chemistries PLC, Montepolimeri SpA, Shell International Chemical Company Ltd, S.A. Solvay et Cie e BP
chimie), la commissione decideva di inviare richieste di infor mazioni alle seguenti imprese: Amoco, Chemie linz AG, Saga
Petrokjemi As et C., Petrofina S.A. e Enichem Anic SpA («ANIC»). Sulla base degli accertamenti suddetti e di tali infor
mazioni la commissione iniziava una procedura di accertamento
di infrazioni ex art. 3 del regolamento 17/62, conclusasi con
la decisione del 23 aprile 1986 contenente l'accertamento della
violazione dell'art. 85 (1) da parte delle imprese precitate per aver posto in essere, a partire dalla metà del 1977, un accordo e pratica concordata in base al quale i produttori fornitori di
polipropilene nel territorio della Cee: — si riunivano e si tenevano segretamente in contatto al fine
di discutere e definire le rispettive politiche commerciali; — stabilivano periodicamente prezzi obiettivo concordando
comportamenti e provvedimenti finalizzati a facilitare l'attua zione di tali prezzi obiettivo;
— aumentavano simultaneamente i prezzi in applicazione di
detti obiettivi; — si ripartivano il mercato assegnando a ciascun produttore
un obiettivo o una quota di vendite annue.
La commissione ordinava, pertanto, a dette imprese di porre immediatamente fine a tali pratiche e di astenersi, per il futuro, dal tenere comportamenti analoghi. La commissione imponeva,
inoltre, alle imprese predette ammende varianti da 500.000 a
11.000.000 Ecu. In particolare, DSM AG (di seguito DSM) ve
niva condannata al pagamento di ammenda di 2.750.00 Ecu.
In data 31 luglio 1986 la DSM proponeva ricorso contro tale decisione innanzi alla Corte di giustizia delle Comunità euro
pee, chiedendo l'annullamento totale o parziale della decisione
sui punti che la riguardavano e, in subordine, l'annullamento
o la riduzione dell'ammenda subita. A seguito della decisione
del consiglio delle Comunità europee istitutiva del tribunale di
primo grado, la corte, con ordinanza del 15 novembre, rimette
va la causa a detto tribunale.
A suffragio della propria domanda la ricorrente adduceva i
seguenti ordini di argomentazioni: 1. violazione dei diritti della difesa e, in particolare, a) man
cata trasmissione di alcuni documenti al momento della comu
nicazione degli addebiti e b) insufficienza degli elementi proba tori addotti dalla commissione e relativa inversione dell'onere
della prova; 2. vizi relativi all'accertamento dell'infrazione sotto il dupli
ce profilo a) dell'erronea ricostruzione dei fatti compiuta dalla
commissione e b) dell'illegittima applicazione dell'art. 85 (1) al caso di specie con riguardo ò.I) all'incorretta qualificazione del
l'infrazione, ò.II) dell'effetto restrittivo sulla concorrenza e b.Ili) dell'effetto sul commercio tra Stati membri;
3. inadeguatezza della motivazione della decisione; 4. errata determinazione dell'ammenda in relazione alla du
rata e alla gravità dell'infrazione.
l.a) Sul primo punto la ricorrente lamentava di non aver po tuto fornire spiegazioni sul contenuto di documenti citati in ben
quattordici punti della decisione in quanto gli stessi non le era
no stati tasmessi insieme alla comunicazione degli addebiti. In proposito, il tribunale ha ricordato la posizione della Corte di
giustizia per cui non sono i documenti in quanto tali ad impor tare ma piuttosto la conclusione che ne trae la commissione
e che, pertanto, se alcuni documenti non sono stati richiamati
nella comunicazione degli addebiti l'impresa ha potuto a giusto titolo desumere che tali documenti risultavano irrilevanti nel ca
so di specie. Secondo il tribunale, pertanto, la mancata comuni
cazione all'impresa dei documenti utilizzati per fondare la deci
sione importa la perdita della possibilità per tali imprese di espri mere la propria opinione sul contenuto dei documenti, con la
conseguenza che, per preservare i diritti della difesa, devono
essere considerati validi ai fini probatori solo i documenti ri
II Foro Italiano — 1993.
chiamati nella comunicazione degli addebiti. I documenti non
richiamati espressamente nella comunicazione ma annessi alla
stessa hanno valore probatorio solo qualora le parti siano ra
gionevolmente in grado di dedurre dalla lettura delle comunica
zioni quale uso intende farne la commissione ai fini della deci
sione. Nel caso di specie il tribunale ha constatato che solo due documenti sono richiamati nella comunicazione degli addebiti. Di conseguenza, il tribunale si è riservato di stabilire nel corso
del proprio accertamento se il venir meno del sostegno probato rio della restante documentazione potesse avere l'effetto di infi
ciare le conclusioni della commissione.
1.6) In relazione all'insufficienza degli elementi di prova ad dotti dalla commissione a suffragio delle proprie conclusioni, la ricorrente aveva affermato che la commissione aveva inverti
to il principio dell'onere della prova in contrasto con la massi
ma in dubio pro reo. In particolare, la commissione avrebbe
fondato la propria decisione su prove insufficienti, incerte e non
concludenti senza riuscire a rendere plausibile la propria inter
pretazione dei fatti. Il tribunale, pur confermando il principio per cui era onere della commissione provare la violazione delle
regole della concorrenza, ha constatato che nel caso di specie la commissione aveva correttamente assolto al proprio onere
probatorio e che spettava, pertanto, alla ricorrente meglio pre cisare e suffragare la pretesa infondatezza in fatto delle conclu sioni della commissione.
2.a) Nell'intento di accertare se la commissione avesse effet
tuato una corretta e sufficientemente provata ricostruzione dei
fatti, il tribunale ha preliminarmente constatato, sulla base del
le risultanze di fatto, che la commissione aveva correttamente
ritenuto che la ricorrente aveva partecipato, a partire da un pe riodo indeterminato tra il 1977 e il 1979 fino al settembre del
1983, a riunioni periodiche tra produttori di polipropilene. Se condo il tribunale, inoltre, la commissione era riuscita a dimo
strare che la ricorrente partecipava a tali riunioni con la finalità
di fissare obiettivi in materia di prezzi e di quantitativi di vendi ta. In particolare, con riguardo alle iniziative in materia di prezzi, il tribunale ha rilevato che la commissione aveva fornito ele
menti probatori sufficienti a dimostrare che DSM aveva parte
cipato alle riunioni aventi per oggetto la discussione e la deter
minazione delle iniziative suddette. Riguardo alle misure desti
nate a facilitare il raggiungimento dei prezzi obiettivo e, in
particolare, del sistema di autolimitazione della produzione e di coordinamento tra i produttori in diversi mercati della Co
munità, il tribunale ha ritenuto sufficientemente provate le con
clusioni della commissione rigettando le argomentazioni di DSM
per cui la limitazione della produzione era dovuta a motivi tec
nici e tendenti a dimostrare che la ricorrente non aveva preso
parte al sistema di coordinamento delle condotte tra produttori. Infine, con riguardo agli obiettivi in termini di quantitativi e quote, il tribunale ha considerato sufficientemente provato che
la ricorrente faceva parte dei produttori di polipropilene tra i
quali si erano prodotti concorsi di volontà sugli obiettivi di quan titativi di vendita per il periodo che andava dal 1979 al 1980
e per la prima metà del 1983 e sulla limitazione delle vendite mensili integranti un sistema di quote in relazione ad un perio do anteriore per gli anni 1981 e 1982.
2.61) In relazione alla qualifica di accordo e pratica concor
data operata dalla commissione nella decisione con riguardo ai
comportamenti della ricorrente, DSM aveva sostenuto che la
commissione aveva per la prima volta introdotto la nozione di
«collusione» derivante dal diritto antitrust statunitense ed estra
nea al trattato Cee. La ricorrente faceva, peraltro, notare che
anche tale nuova nozione restava necessariamente soggetta alla
suddivisione concettuale nelle due categorie di comportamento
previste dall'art. 85 ossia l'accordo e la pratica concertata. La
fusione delle due nozioni non poteva, pertanto, esentare la com
missione dal portare elementi a suffragio della qualificazione dei comportamenti in questione nell'una o nell'altra categorie concettuale. Difatti, sul piano probatorio altro è dimostrare che
vi è stata la manifestazione di volontà diretta a stabilire in co
mune le rispettive condotte (elemento costitutivo dell'accordo) e altro è provare l'attuazione da parte di più imprese di pratiche concordate che, ad avviso della ricorrente, dovevano concretar
si necessariamente in condotte di mercato aventi per oggetto o per effetto di restringere la concorrenza. Il tribunale ha riget
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PARTE QUARTA
tato la tesi della ricorrente affermando che la commissione ave
va correttamente qualificato i comportamenti dei produttori di
polipropilene come integranti un accordo a titolo principale e
una pratica concordata a titolo sussidiario tutte le volte che questi non permettevano di concludere che le parti si erano accordate
preventivamente definendo in comune le condotte da tenere, ma
rilevavano comunque che le imprese avevano adottato o si era
no allineate rispetto a meccanismi collusori che facilitavano le
rispettive politiche commerciali. Il tribunale ha inoltre ricordato
che, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di giusti
zia, perché si abbia un accordo ai sensi dell'art. 85 (1) è suffi
ciente che le imprese interessate abbiano espresso la comune
volontà di comportarsi nel mercato in un determinato modo,
mentre, sempre secondo la giurisprudenza della corte, la pratica concordata sussiste con la semplice presenza di contatti diretti
o indiretti aventi lo scopo o l'effetto di influire sul comporta mento tenuto sul mercato da un concorrente attuale o potenzia
le, senza che vi sia bisogno (come pretendeva la ricorrente) di
provare l'attuazione di una condotta uniforme sul mercato da
parte delle imprese interessate. Con riguardo al caso di specie il tribunale ha affermato che la commissione aveva portato ele
menti sufficienti per qualificare il comportamento in questione sia quale accordo che quale pratica concordata.
2.èli) La ricorrente sosteneva che la commissione, avendo
omesso di analizzare gli effetti sul mercato del comportamento di DSM avrebbe dato rilevanza alle semplici intenzioni della
società sanzionando in tal modo un «delitto di opinione». Il
tribunale ha rigettato tale argomento rilevando che la commis
sione aveva correttamente provato che la partecipazione alle riu
nioni tra produttori da parte della ricorrente aveva per oggetto la restrizione della concorrenza.
2.MII) La ricorrente aveva affermato che la commissione ave
va omesso di provare, mediante un'adeguata analisi del merca
to rilevante, il pregiudizio al commercio tra Stati membri. In
proposito il tribunale ha ricordato che, ai sensi dell'art. 85 (1), la commissione non ha l'obbligo di dimostrare che vi è stato
un pregiudizio effettivo considerato che ai sensi di tale norma
è sufficiente che un accordo sia suscettibile di pregiudicare il
commercio tra Stati membri. Il tribunale ha, pertanto, rigettato
l'argomento della ricorrente constatando che le restrizioni della
concorrenza accertate erano suscettibili di portare tale pregiudizio. 3. La ricorrente aveva sostenuto che la motivazione della de
cisione della commissione era insufficiente e contraddittoria. In
particolare, secondo DSM la commissione non aveva replicato ad una serie di argomenti da essa addotti tendenti a dimostrare
l'infondatezza e il carattere contraddittorio delle conclusioni della
commissione. Sul punto il tribunale ha ricordato che secondo
la giurisprudenza della Corte di giustizia (Stinchting Sigarette nindustrie/ Commission, cause riunite 240 a 242, 261, 262, 268
e 269/82, Racc. p. 3831, 88) se in virtù dell'art. 190 la commis
sione è tenuta a motivare le proprie decisioni richiamando gli elementi di fatto e di diritto da cui dipende la giustificazione
legale della decisione e le considerazioni che l'hanno condotta
ad adottare la stessa, non è richiesto che la commissione rispon da a tutti i punti di fatto o di diritto che sono stati sollevati
dagli interessati nel corso della procedura amministrativa. Ne
consegue che la commissione non è tenuta a rispondere sui pun ti che richiede non pertinenti ai fini della decisione. Nel caso
di specie il tribunale ha affermato di aver già ritenuto gli argo menti addotti dalle parti non rilevanti ai fini di contrastare le
conclusioni della commissione, affermando che la commissione
aveva fornito una motivazione sufficiente e non contraddittoria.
4. La ricorrente sosteneva che la commissione non era riusci
ta a determinare con precisione il periodo dell'infrazione, e che,
comunque, i comportamenti della DSM integravano una plura lità di infrazioni e che, dunque, la commissione avrebbe dovuto
calcolare la durata di ogni singola infrazione ai fini della deter
minazione dell'ammenda. Sul punto il tribunale ha ribadito che
la commissione aveva correttamente stabilito il periodo dell'in
frazione affermando che tale infrazione aveva carattere unitario
considerato che le diverse azioni si inserivano nell'ambito di
un unico accordo finalizzato ad un medesimo obiettivo. Il tri
bunale ha inoltre respinto le argomentazioni relative alla gravità dell'infrazione. In particolare, il tribunale ha ribadito il caratte
re unitario dell'infrazione rigettando la tesi della ricorrente ten
II Foro Italiano — 1993.
dente a dimostrare che, considerata la pluralità di tipi di infra
zione previsti dal regolamento 17/62 la commissione avrebbe
dovuto valutare la gravità dell'infrazione in relazione ai singoli
comportamenti distinti. Il tribunale ha inoltre ritenuto corretti
i criteri utilizzati dalla commissione per determinare l'ammon
tare dell'ammenda (carattere manifestamente grave dell'infra
zione, consapevolezza da parte delle imprese dell'illegittimità della
loro condotta ed equa ponderazione del ruolo e del posto occu
pato nel mercato del polipropilene dell'impresa). Il tribunale
ha, infine, respinto gli argomenti tendenti a dimostrare un'erra
ta o mancata considerazione da parte della commissione degli
effetti dell'inflazione sul mercato, della crisi del mercato del
polipropilene, della violazione del principio di equità, propor zionalità e uguaglianza e della non considerazione dell'assenza
di precedenti infrazioni a carico della DSM, che ad avviso della
ricorrente non avrebbe permesso di determinare l'ammenda in
modo corretto. In particolare, con riguardo agli effetti dell'in
frazione sulla concorrenza nel mercato, il tribunale ha ritenuto
sufficientemente provati dalla commissione gli effetti sui prezzi
per cui i prezzi obiettivo erano la base della contrattazione con
i clienti. Inoltre, il tribunale ha rilevato che la commissione ave
va affermato nella decisione di aver tenuto conto della mancata
piena realizzazione degli obiettivi di prezzo nella determinazio
ne dell'ammenda. In relazione alla situazione di crisi del merca
to rilevante il tribunale ha constatato che la commissione, in
linea con altri precedenti, ha preso in considerazione la crisi
del mercato del polipropilene nella determinazione delle ammende
e che, comunque, essa non era obbligata, anche con riguardo alle circostanze di fatto e, in particolare, alla gravità dell'infra
zione in questione, ad attribuire a tale elemento un peso eccessi
vo. Con riguardo alla violazione del principio di equità per cui
l'ammenda inflitta alla DSM sarebbe stata spoporzionata rispetto a quelle applicate alle altre imprese partecipanti alle riunioni,
il tribunale ha rilevato che la ricorrente non è stata in grado di fornire precisazioni adeguate a suffragio di tale tesi. Per quanto attiene alla mancanza di precedenti infrazioni da parte della
DSM, il tribunale ha fatto notare che non vi è alcun obbligo
per la commissione di considerare tale elemento quale circo
stanza attenuante solo perché in passato ha considerato circo
stanza aggravante una violazione reiterata da parte di un'impre sa delle norme di concorrenza.
Per tutti i motivi sopraesposti il tribunale ha confermato la
decisione della commissione, condannando la ricorrente alle spese di giudizio.
24 - Sentenza 17 dicembre 1991 (causa (T-6/89); Pres. J. L.
Cruz Vhxaca, Avv. gen. B. Vesterdorf; Enichem Anic SpA c. Commissione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Decisioni della commissione — Proce
dura — Violazione dei diritti della difesa — Responsabilità collettiva — Violazione delle norme che regolano il procedi mento amministrativo — Insussistenza.
Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Nozione di accordo e
di pratica concordata — Responsabilità collettiva — Fissazio
ne in comune di prezzi — Ripartizione dei mercati — Effetto
restrittivo sulla concorrenza — Pregiudizio al commercio fra
gli Stati membri.
Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Imputabilità dell'infra
zione — Nozione di impresa — Cessazione della persona giu ridica che ha posto in essere l'infrazione — Ritiro dal merca
to rilevante dell'infrazione dell'impresa responsabile. Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Art.
190 — Obbligo di motivazione — Mancato riferimento al pa
rere del consigliere-uditore — Insussistenza.
Cee — Concorrenza — Ammenda — Prescrizione dell'infrazio
ne — Insussistenza — Criteri di determinazione dell'ammen
da — Gravità dell'infrazione.
A seguito di accertamenti effettuati da funzionari della com
missione ai sensi del regolamento (Cee) 17/62 nei confronti dei
maggiori produttori di propilene (ATO Chimie S.A., BASF AG, DSM NV, Hercules Chemicals NV, Hoechst AG, Chemisce Wer
ke Hiils, Imperial Chemistries PLC, Montepolimeri SpA, Shell International Chemical Company Ltd, S.A. Solvay et Cie e BP
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
chimie), la commissione decideva di inviare richieste di infor mazioni alle seguenti imprese: Amoco, Chemie linz AG, Saga
petrokjemi As et C., Petrofina S.A. e Enichem Anic SpA
(«ANIC»). Sulla base degli accertamenti suddetti e di tali infor
mazioni la commissione iniziava una procedura di accertamento
di infrazioni ex art. 3 del predetto regolamento 17/62, che si
concludeva con la decisione del 23 aprile 1986 contenente l'ac
certamento della violazione dell'art. 85 (1) da parte delle impre se precitate per aver posto in essere, a partire dalla metà del
1977, un accordo e pratica concordata in base al quale i produt tori fornitori di polipropilene nel territorio della Cee:
— si riunivano e si tenevano segretamente in contatto al fine
di discutere e definire le rispettive politiche commerciali; — stabilivano periodicamente prezzi obiettivo concordando
comportamenti e provvedimenti finalizzati a facilitare l'attua
zione di tali prezzi obiettivo; — aumentavano simultaneamente i prezzi in applicazione di
detti obiettivi; — si ripartivano il mercato assegnando a ciascun produttore
un obiettivo o una quota di vendite annue.
La commissione ordinava, pertanto, a dette imprese di porre immediatamente fine a tali pratiche e di astenersi dal porle in
essere per il futuro, imponendo alle imprese predette ammende
varianti da 500.000 a 11.000.000 Ecu. In particolare, l'ANIC
veniva condannata al pagamento di un ammenda di 750.000
Ecu. A seguito di tale decisione l'ANIC, in data 31 luglio 1986,
proponeva ricorso innanzi alla Corte della giustizia delle Comu
nità europee (innanzi al quale si svolgeva l'intera fase scritta
del procedimento) chiedendo l'annullamento totale o parziale della decisione sui punti che la riguardavano e, in subordine, l'annullamento o la riduzione dell'ammenda inflittale. A segui to della decisione del consiglio delle Comunità europee istituti
va del tribunale di primo grado, con ordinanza del 15 novem
bre la corte rimetteva la causa a detto tribunale.
A suffragio della propria domanda la ricorrente adduceva i
seguenti ordini di argomentazioni: 1. violazione dei diritti della difesa e, in particolare, a) man
cata formulazione all'ANIC di tutti gli addebiti figuranti poi nella decisione, con la conseguenza che alla ricorrente sarebbe
ro stati imputati, a titolo di responsabilità collettiva, comporta menti posti in essere da altri soggetti, b) mancata comunicazio
ne del verbale definitivo delle audizioni ai membri della com
missione e a quelli del comitato consultivo, c) mancata
trasmissione alla ricorrente del parere del consigliere-uditore e
d) non riconoscimento da parte della commissione della posi zione particolare della ricorrente (implicata nel procedimento amministrativo quando questo era già avviato) nel procedimento;
2. vizi relativi all'accertamento dell'infrazione sotto il dupli ce profilo a) dell'erronea ricostruzione dei fatti compiuta dalla
commissione e b) dell'illegittima applicazione dell'art. 85 (1) al
caso di specie con riguardo all'incorretta qualificazione dell'in
frazione e all'effetto sulla concorrenza e sul commercio tra Sta
ti membri;
3. non imputabilità delle infrazioni alla ricorrente; 4. errata e insufficiente motivazione della decisione;
5. parziale prescrizione dell'ammenda e sua inadeguatezza in
relazione alla durata e alla gravità dell'infrazione.
1 .a) Sul punto il tribunale ha rilevato che, al di là degli adde
biti presenti nella comunicazione specifica inviata alla ricorren
te, la comunicazione generale inviata a tutti i destinatari della
decisione riproduceva sostanzialmente in modo analogo e com
pleto gli addebiti riportati nella decisione stessa. In proposito
il tribunale ha ricordato che, secondo l'orientamento della Cor
te di giustizia, si deve considerare che il contenuto degli addebi
ti riportati nella comunicazione generale della commissione è
opponibile individualmente a tutti i destinatari, salvo che la stessa
comunicazione generale o quella specifica non precisino il con
trario (circostanza non verificatasi nel caso di specie); ne conse
gue che, secondo il tribunale, gli addebiti formulati nella deci
sione sono stati adeguatamente comunicati alla ricorrente e che,
pertanto, sotto tale profilo, non vi è stata violazione del diritto
della difesa. 1 .b) Riguardo all'omessa comunicazione del verbale definiti
vo delle audizioni al comitato consultivo e agli altri membri
della commissione prima che questi si pronunciassero, il tribu
Ii Foro Italiano — 1993.
naie ha rigettato l'argomento della ricorrente richiamando la
giurisprudenza della corte sul punto, per cui il carattere provvi sorio del verbale comunicato può costituire un vizio del proce dimento idoneo ad inficiare la validità dell'atto esclusivamente
quando tale verbale provvisorio sia stato redatto in modo da
indurre in errore i suoi destinatari, cosa non avvenuta nel caso di specie.
1.c) Riguardo all'omessa comunicazione della relazione del
consigliere uditore, il tribunale si è limitato a rilevare che tale
comunicazione non rientra tra i diritti della difesa in quanto la stessa non ha lo scopo di integrare o correggere gli argomenti delle imprese, né quello di formulare nuovi addebiti o fornire
elementi probatori aggiuntivi a carico delle imprese.
\.d) Infine, secondo il tribunale il coinvolgimento dell'ANIC
nel procedimento amministrativo quando questo era già iniziato
non aveva privato la ricorrente della possibilità di far adeguata mente valere il proprio punto di vista. In particolare, la ricor
rente non avrebbe addotto alcun elemento comprovante una man
cata possibilità di pronunciarsi adeguatamente sugli addebiti.
Il tribunale ha, pertanto, concluso che il diritto di difesa dell'A
NIC era stato rispettato.
2.a) Nell'intento di accertare se la commissione aveva effet
tuato una corretta e sufficientemente provata ricostruzione dei
fatti, il tribunale ha preliminarmente constatato che la commis
sione non era riuscita a provare l'inizio di condotte rilevanti
da parte della ricorrente nel periodo riferito nella decisione (fi ne 1977-fine 1982) portando elementi probanti unicamente l'esi
stenza di riunioni tenutesi alla fine del 1978-inizio 1979, alla
metà del 1982. Secondo il tribunale, peraltro, durante tale pe
riodo la commissione era riuscita a dimostrare che la ricorrente
partecipava alle riunioni con la finalità di fissare obiettivi in
materia di prezzi e di quantitativi di vendita. In particolare, con riguardo alle iniziative in materie di prezzi, il tribunale ha
rilevato che la commissione ha fornito elementi probatori suffi
cienti a dimostrare che l'ANIC aveva partecipato alle riunioni
aventi per oggetto la discussione e la determinazione delle ini
ziative suddette. I due argomenti addotti dalla ricorrente per cui l'ANIC avrebbe avuto una partecipazione passiva a tali riu
nioni e non avrebbe aderito alle iniziative stabilite nelle stesse
sono stati rigettati dal tribunale. In proposito, il tribunale ha
ritenuto sufficientemente provata la partecipazione della ricor
rente alla fissazione dei prezzi obiettivo considerando che i dati
sull'ANIC risultanti in possesso di altre imprese partecipanti al
le riunioni non potevano essere pervenuti a tali imprese senza
il concorso della volontà dell'ANIC. Il tribunale ha, pertanto,
escluso il carattere passivo delle partecipazioni alle riunioni da
parte della ricorrente. All'obiezione della ricorrente fondata sul
fatto che la commissione non aveva potuto dimostrare che l'A
NIC avesse effettivamente perseguito il raggiungimento dei prezzi obiettivo concordati nelle riunioni. Il tribunale ha replicato rile
vando che l'infrazione contestata dalla commissione nella deci
sione non faceva riferimento a iniziative in materia di prezzi
o di parallelismo di comportamenti attuati da ANIC e ricordan
do che per violare l'art. 85 (1) è sufficiente concorrere alla de
terminazione di un prezzo obiettivo; la dimostrazione dell'effet
tivo rispetto dell'accordo da parte dell'impresa che vi ha parte
cipato non è dunque necessaria ai fini dell'accertamento
dell'infrazione dal momento che è stata dimostrata l'esistenza
di un concorso di volontà nella determinazione dei prezzi obiet
tivo. Il tribunale ha invece ritenuto non sufficientemente prova ta dalla commissione l'imputazione all'ANIC delle misure desti
nate ad agevolare le iniziative in materia di prezzi. Secondo il
tribunale, difatti, da un lato non è stata adeguatamente dimo
strata la partecipazione della ricorrente alle riunioni aventi per
oggetto la determinazione di tali misure, dall'altro, la commis
sione non è riuscita a stabilire l'effettiva realizzazione di alcuna
delle misure predette da parte dell'ANIC. Infine, con riguardo
agli obiettivi in termini di quantitativi e quote, il tribunale ha considerato sufficientemente provato che, da un lato la ricor
rente faceva parte dei produttori di polipropilene tra i quali
si erano prodotti concorsi di volontà sugli obiettivi di quantita
tivi di vendita per gli anni 1979 e 1980 e sulla limitazione delle
rispettive vendite mensili (inserite in un sistema di quote con
riferimento ad un periodo precedente per il 1981 e per il primo
semestre 1982) e, dall'altro, che alla fine dell'ottobre 1982 la
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PARTE QUARTA
ricorrente aveva comunicato ad un altro produttore di polipro
pilene parte dell'accordo le proprie aspirazioni in materia di
quantitativi di vendita per il primo trimestre del 1983. Secondo
il tribunale la commissione non ha invece sufficientemente pro vato che l'ANIC facesse parte dei produttori di polipropilene tra i quali si sono prodotti concorsi di volontà vertenti sulla
limitazione delle loro vendite mensili, con riferimento ad un
periodo precedente, per il secondo trimestre 1982.
2.b) In relazione alla qualifica di accordo e pratica concorda
ta operata dalla commissione nella decisione con riguardo ai
comportamenti della ricorrente, l'ANIC aveva sostenuto che sa
rebbe stata necessaria una precisazione esatta della nozione in
cui fare rientrare il caso di specie. Difatti, anche ammettendo
che gli accordi e le pratiche concordate sono ugualmente vietati
ai sensi dell'art. 85 (1), sul piano probatorio la pratica concor
data, a differenza dell'accordo (alla cui partecipazione si ricol
lega la responsabilità per le quali non vi sia una partecipazione diretta e necessaria di alcuni dei partecipanti dell'accordo), manca
la prova dell'adesione ad un piano generale per cui non si pos sono attribuire ai partecipanti responsabilità che superino le at
tività e i comportamenti che risultano direttamente ed effettiva
mente provati e che sono attribuibili alla concertazione. In pro
posito il tribunale, dopo aver ricordato che secondo la
giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia per aver un
accordo ai sensi dell'art. 85 (1) è sufficiente che le imprese inte
ressate abbiano espresso la comune volontà di comportarsi nel
mercato in un determinato modo, mentre la pratica concordata
sussiste con la semplice presenza di contatti diretti o indiretti
aventi lo scopo o l'effetto di influire sul comportamento tenuto
sul mercato da un concorrente attuale o potenziale, ha afferma
to che la fattispecie in esame, pur nell'unicità dello scopo eco
nomico perseguito dalle imprese partecipanti, si componeva di
elementi rientranti sia nella prima che nella seconda nozione.
Il tribunale ha, pertanto, ritenuto che la qualificazione di ac
cordo unico continuato e di pratica concordata attribuita dalla
commissione al caso in questione fosse corretta.
Con riguardo all'effetto sulla concorrenza dell'accordo e del
le pratiche sanzionati dalla commissione, la ricorrente sosteneva
che la propria partecipazione alle riunioni era seguita da un
comportamento indipendente sul mercato e non aveva, pertan
to, per oggetto di restringere la concorrenza. Inoltre, secondo
l'ANIC, la propria quota nel mercato rilevante era talmente
ridotta rispetto a quella delle concorrenti che le condotte poste in essere dalla stessa avrebbero comunque avuto un effetto tra
scurabile sulla concorrenza. Il tribunale ha rigettato tali argo mentazioni ricordando di aver già sottolineato il carattere attivo
delle partecipazioni alle riunioni di ANIC e, rilevando che la
questione pertinente non era quella di stabilire se la partecipa zione individuale della ricorrente avesse potuto restringere la
concorrenza, bensì' accertare se l'infrazione a cui la stessa aveva
partecipato assieme ad altri avesse potuto restringerla. In pro
posito, il tribunale ha fatto notare che le imprese che hanno
partecipato all'infrazione detenevano la quasi totalità del mer
cato, il che indicava manifestamente che l'infrazione da esse
commessa congiuntamente aveva potuto restringere la concor
renza in modo sensibile. Identico argomento è stato utilizzato
dal tribunale per rigettare il preteso limitato effetto del compor tamento della ricorrente (data la contenuta quota di mercato
dell'ANIC) sul commercio tra Stati membri.
3. La ricorrente sosteneva che l'infrazione addebitatale dalla
commissione non poteva esserle imputata in quanto, da un la
to, l'ANIC si era completamente ritirata dal mercato del poli
propilene nel 1983 e, dall'altro, che la commissione avrebbe fatto
confusione tra l'ANIC e la SIR facendo ricadere ogni addebito
sulla prima. In particolare, secondo la ricorrente la commissio
ne avrebbe, contrariamente alla propria stessa pratica e alla giu risprudenza della corte, considerato l'impresa non come entità
economica bensì come entità giuridica. Il tribunale non ha ac
colto tale tesi, affermando che l'art. 85 (1) si rivolge alle impre se quali entità economiche costituite da un insieme di elementi
materiali e umani che possono concorrere alla realizzazione di
un'infrazione. Una volta che sia stata stabilita la sussistenza
di tale infrazione, peraltro, occorre determinare la persona fisi
ca o giuridica responsabile di tale entità economica al momento
di detta infrazione. Secondo il tribunale, qualora tra il momen
II Foro Italiano — 1993.
to in cui viene commessa l'infrazione e il momento in cui l'im
presa deve risponderne sia venuta meno l'entità giuridica re
sponsabile di tale infrazione, occorre localizzare l'insieme degli elementi materiali e umani che hanno concorso alla commissio
ne dell'infrazione e poi identificare la persona che è divenuta
responsabile di tale insieme. Con riguardo al caso di specie il
tribunale ha, peraltro, notato che la persona giuridica responsa bile dell'infrazione non è mai venuta meno e che sotto tale pro filo appariva irrilevante che la stessa impresa si sia ritirata dal
mercato rilevante per l'infrazione. Il tribunale ha infine rilevato
che gli addebiti della commissione riguardano tutti i fatti impu tabili ad ANIC e non eslcudevano l'imputabilità di altri eventi
distinti alla SIR. 4. Nella propria difesa la ricorrente affermava che la decisio
ne della commissione era stata adottata in violazione dell'art.
190 (obbligo di motivazione degli atti comunitari) in quanto la stessa non faceva riferimento al parere del consigliere-uditore che deve essere inviato al direttore generale della concorrenza.
Il tribunale, dopo aver richiamato le disposizioni in materia,
ha rilevato che il parere suddetto non deve esser inviato obbli
gatoriamente alla commissione quale organo decisionale e che,
pertanto, non rientra nei documenti a cui questa deve fare espres so riferimento nella propria motivazione. Tale argomento è sta
to dunque respinto. 5. Il tribunale ha ritenuto privo di oggetto la deduzione della
ricorrente relativa alla prescrizione per decorrenza del termine
quinquennale dell'infrazione relativa agli addebiti per compor tamenti precedenti al 5 dicembre 1978 in quanto la commissio
ne non era riuscita a provare gli addebiti relativi a tale periodo.
Sempre in relazione alla mancata prova da parte della commis
sione di una frazione del periodo di infrazione indicato nella
decisione, il tribunale ha accolto l'argomento dell'ANIC per cui
l'ammenda doveva essere ridotta in considerazione della mag
giore brevità del comportamento illegittimo effettivamente po sto in essere. Il tribunale ha invece respinto le argomentazioni relative alla gravità dell'infrazione tendenti a dimostrare che la
ricorrente aveva avuto un ruolo minore nell'ambito dell'accor
do e delle pratiche concordate. In proposito, il tribunale ha ri
tenuto corretto l'accertamento del ruolo dell'ANIC effettuato
dalla commissione ricordando l'intrinseca gravità di infrazioni
aventi per obiettivo la fissazione dei prezzi e la ripartizione dei
mercati. Il tribunale ha giudicato corretti i criteri utilizzati dalla
commissione per la determinazione dell'entità dell'ammenda (ca rattere manifestamente grave dell'infrazione, consapevolezza da
parte delle imprese dell'illegittimità della loro condotta ed equa
ponderazione del ruolo e del posto occupato nel mercato del
polipropilene delle imprese). Il tribunale ha, inoltre, respinto
gli argomenti tendenti a dimostrare un'errata o mancata consi
derazione da parte della commissione degli effetti dell'infrazio
ne sul mercato, della crisi del mercato del polipropilene, della
mancanza di precedenti infrazioni e della differenza tra la no
zione di accordo e quella di pratica concordata, che ad avviso
della ricorrente non avrebbe permesso di determinare l'ammen
da in modo corretto. In particolare, con riguardo agli effetti
dell'infrazione sulla concorrenza nel mercato, il tribunale ha ri
cordato di aver già sottolineato che l'effetto preso in considera
zione non è quello derivante dalla singola condotta dei parteci
panti bensì quello risultante dall'infrazione nella sua oggettivi tà. In relazione alla situazione di crisi del mercato rilevante il
tribunale ha rilevato che la commissione, in linea con altri pre cedenti, ha preso in considerazione la crisi del mercato del poli
propilene nella determinazione delle ammende e che, comun
que, essa non era obbligata, anche con riguardo alle circostanze
di fatto e, in particolare, alla gravità dell'infrazione in questio
ne, ad attribuire a tale elemento un peso eccessivo. Per quanto attiene alla mancanza di precedenti infrazioni da parte dell'A
NIC, il tribunale ha fatto notare che non vi è alcun obbligo
per la commissione di considerare tale elemento quale circo
stanza attenuante solo perché in passato ha considerato circo
stanza aggravante una violazione reiterata da parte di un'impre sa delle norme di concorrenza. Infine, con riguardo alla manca
ta definizione di una nozione determinata in cui far rientrare il comportamento dell'ANIC necessaria, secondo la ricorrente,
per valutare il grado di responsabilità dell'impresa nella deter
minazione dell'ammenda, il tribunale ha ricordato nuovamente
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
che i vari accordi conclusi e le pratiche poste in essere si inseri
vano in uno schema unico al quale la ricorrente ha aderito,
per cui la distinzione tra accordo e pratica concordata al fine
della determinazione dell'ammenda in relazione al grado di re
sponsabilità dell'impresa appare irrilevante.
Per tutti i motivi sopraesposti il tribunale ha ridotto l'am menda in misura del 40% liquidando le spese tra le parti.
25 - Sentenza 17 dicembre 1991 (causa (T-7/89); Pres. J. L.
Cruz Villaca, Aw. gen. B. Vesterdorf; S.A. Hercules Che
micals NV c. Commissione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Decisioni della commissione — Proce
dura — Diritti della difesa — Rispetto del principio del con traddittorio — Comunicazione di documenti rilevanti — Ac
cesso al fascicolo d'ufficio — Limiti.
Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Presupposti — Nozione
di accordo e di pratica concordata — Riunioni periodiche tra
concorrenti — Fissazione di prezzi indicativi — Fissazione in
comune di prezzi — Sistema di quote — Ripartizione dei mer
cati — Limitazione della produzione — Restrizione della con
correnza — Pregiudizio al commercio tra Stati membri.
Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Art.
190 — Obbligo di motivazione — Adozione di un'unica deci sione per contestare più infrazioni imputabili ad imprese di
verse — Insufficienza della motivazione — Motivazione con
traddittoria — Insussistenza — Mancato riferimento del rap
porto del consigliere-uditore — Irrilevanza.
Cee — Concorrenza — Ammenda — Criteri di determinazione — Durata dell'infrazione — Gravità dell'infrazione.
A seguito di accertamenti effettuati da funzionari della Com
missione della Ce ai sensi del regolamento (Cee) 17/62 nei con
fronti dei maggiori produttori di propilene (ATO Chimie S.A., BASF AG, DSMS NV, Hercules Chemicals NV, Hoechst AG, Chemisce Werke Hiils, Imperial Chemistries PLC, Montepoli meri SpA, Shell International Chemical Company Ltd, S.A. Sol
vay et Cie e BP chimie), la commissione decideva di inviare
richieste di informazioni ai sensi dell'art. 11 del citato regola mento 17/62 alle seguenti imprese: Amoco, Chemie linz AG,
Saga petrokjemi As et C., Petrofina S.A. e Enichem Anic SpA. Detta procedura si concludeva con la decisione del 23 aprile 1986 contenente l'accertamento della violazione dell'art. 85 (1) da parte delle imprese precitate per aver posto in essere, a parti re dalla metà del 1977, un accordo e pratica concordata in base
al quale i produttori fornitori di polipropilene nel territorio del
la Cee: — si riunivano e si tenevano segretamente in contatto al fine
di discutere e definire le rispettive politiche commerciali; — stabilivano periodicamente prezzi obiettivo concordando
comportamenti e provvedimenti finalizzati a facilitare l'attua
zione di tali prezzi obiettivo; — aumentavano simultaneamente i prezzi in applicazione di
detti obiettivi; — si ripartivano il mercato assegnando a ciascun produttore
un obiettivo o una quota di vendite annue.
La commissione ordinava, pertanto, a dette imprese di porre immediatamente fine a tali pratiche e di astenersi, per il futuro,
dal tenere comportamenti analoghi. La commissione imponeva,
inoltre, alle imprese predette ammende varianti da 500.000 a
11.000.000 Ecu. In particolare, la Hercules Chemical NV («HC») veniva condannata al pagamento di un'ammenda di 2.750.000
Ecu.
In data 31 luglio 1986 la HC proponeva ricorso contro tale
decisione innanzi alla Corte di giustizia delle Comunità euro
pee, chiedendo l'annullamento totale o parziale della decisione
sui punti che la riguardavano e, in subordine, l'annullamento
o la riduzione dell'ammenda subita. A seguito della decisione
del consiglio delle Comunità europee istitutiva del tribunale di
primo grado, la corte, con ordinanza del 15 novembre, rimette
va la causa a detto tribunale.
A suffragio della propria domanda la ricorrente adduceva i
seguenti ordini di argomentazioni: 1. violazione del diritto alla difesa, e in particolare, a) fon
damento della decisione su documenti privi di valore probatorio
Il Foro Italiano — 1993.
e b) per mancata comunicazione alla ricorrente di documenti
usati a fondamento della decisione; 2. vizi relativi all'accertamento dell'infrazione sotto il dupli
ce profilo a) dell'erronea ricostruzione dei fatti compiuta dalla
commissione e b) dell'illegittima applicazione dell'art. 85 (1) al caso di specie con riguardo I) all'incorretta qualificazione del
l'infrazione, II) all'erronea considerazione dell'effetto restritti
vo sulla concorrenza, III) e del commercio tra Stati membri
e IV) all'imputazione alla ricorrente di una responsabilità col
lettiva;
3. a) insufficienza e carattere contraddittorio della motiva
zione b) mancato riferimento del rapporto del consigliere-uditore; 4. errata determinazione dell'ammenda in relazione alla du
rata e alla gravità dell'infrazione.
1. a) e b) Sulle argomentazioni relative alla violazione del
principio del contraddittorio il tribunale ha preliminarmente ri
levato che il rispetto del contraddittorio esige che la ricorrente
sia stata posta in grado di sostenere il proprio punto di vista
sull'insieme delle censure formulate nei suoi confronti dalla com
missione nelle comunicazioni che le sono state indirizzate, non
ché sui mezzi di prova volti a suffragare dette censure ed illu
strati dalla commissione nelle comunicazioni stesse e nei relativi
allegati. Al contrario, il rispetto del principio del contradditto
rio non implica che un'impresa nell'ambito di un procedimento ex art. 85 (1) debba poter commentare tutti i documenti facenti
parte del fascicolo della commissione non essendovi alcun ob
bligo in capo alla commissione riguardo alla trasmissione del
l'intero fascicolo. Il tribunale ha, peraltro, rilevato che nel XII
rappòrto sulla politica della concorrenza la commissione ha sta
bilito una procedura per l'accesso al fascicolo nelle cause in
materia di concorrenza autoimponendosi, in tal modo, norme
che andavano al di là delle esigenze di difesa individuate dalla
corte e che la commissione è ora tenuta a rispettare. L'unico
limite all'accesso del fascicolo da parte delle imprese interessate
risulta, pertanto, dalla difesa del segreto relativo ad affari riser
vati di altre imprese e sui documenti confidenziali della com
missione. Con riguardo al caso di specie, il tribunale ha ritenu
to che non vi fossero circostanze probanti che la commissione
avesse selezionato i documenti resi accessibili alla ricorrente al
fine di impedirle la dimostrazione che essa non aveva preso par te all'infrazione.
2.à) In relazione al secondo ordine di argomentazioni, la ri
corrente lamentava un'erronea ricostruzione dei fatti su cui si
fondava la decisione della commissione e, in particolare, la man
canza di elementi che potessero provare l'effettiva volontà della
HC di aver sostenuto la linea di politica di prezzi, di aver parte
cipato a riunioni periodiche nell'intento di concordare e perse
guire una politica di prezzi obiettivo insieme a propri concor
renti e di aver concordato un sistema di limitazione di quote di produzione nell'intento di ripartire il mercato e facilitare la
realizzazione della politica dei prezzi obiettivo. In proposito il
tribunale, dopo aver esaminato gli elementi di prova portati dalla
commissione ha rigettato tali eccezioni ritenendo sufficientemente
provati gli addebiti portati dalla commissione nella propria de
cisione.
2.M) HC aveva sostenuto che la commissione aveva omesso
di dare una qualifica precisa ai comportamenti della ricorrente.
L'incertezza di confini dell'inquadramento giuridico effettuato
dalla commissione aveva, secondo la ricorrente, conseguenze estremamente rilevanti sul piano probatorio in quanto la com
missione non avrebbe provato né il perfezionamento di un ac
cordo, né l'esistenza di comportamento effettivamente concor
dato tra concorrenti sul mercato che, ad avviso di HC era ele
mento costitutivo della pratica concordata. In proposito, il
tribunale ha preliminarmente giudicato infondato l'argomento
della ricorrente per cui la commissione non avrebbe qualificato con precisione il tipo di infrazione imputato a HC, ricordando
che la commissione aveva definito tale infrazione quale accordo
a titolo principale e pratica concordata a titolo sussidiario. Il
tribunale ha poi richiamato la giurisprudenza della Corte di giu
stizia, per cui, per avere un accordo ai sensi dell'art. 85 (1)
è sufficiente che le imprese interessate abbiano espresso la co
mune volontà di comportarsi nel mercato in un determinato
modo, mentre la pratica concordata sussiste con la semplice pre
senza di contatti diretti o indiretti aventi lo scopo o l'effetto
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PARTE QUARTA
di influire sul comportamento tenuto sul mercato da un concor
rente attuale o potenziale, senza che vi sia bisogno (come pre
tendeva la ricorrente) di provare l'attuazione di una condotta
uniforme sul mercato da parte delle imprese interessate. Con
riguardo al caso di specie il tribunale ha affermato che, pur
nell'unicità dello scopo economico perseguito dalle imprese par
tecipanti, la fattispecie in questione si componeva di elementi
suscettibili di rientrare sia nella nozione di accordo che in quel
la di pratica concordata. Il tribunale ha, pertanto, ritenuto che
la qualificazione di accordo unico continuato e di pratica con
cordata con cui la commissione aveva qualificato i comporta
menti dei maggiori produttori di polipropilene fosse corretta in
relazione alla complessità della fattispecie e che la commissione,
considerato il carattere unitario di tale fattispecie, non doveva
provare cumulativamente l'esistenza di elementi costitutivi di un
accordo e quelli di una pratica concordata.
2.èli) La ricorrente aveva sostenuto che non vi era un lega
me di causa ad effetto tra le riunioni a cui aveva partecipato e un proprio presunto comportamento restrittivo della concor
renza sul mercato che, comunque, la commissione non aveva
provato. Sul punto il tribunale si è limitato a rilevare che l'art.
85 (1) considera illegittimi gli accordi e le pratiche concordate
che hanno anche solo per oggetto la restrizione della concorren
za e che pertanto, come già precedentemente rilevato, sotto tale
profilo l'art. 85 risultava applicabile nel caso in esame.
2.Mil) La ricorrente aveva rilevato che la propria partecipa zione alle riunioni non poteva, da solo, aver pregiudicato il com
mercio tra Stati membri. In proposito il tribunale ricorda che
la commissione doveva provare, come ha correttamente fatto,
l'effetto sulla concorrenza dell'accordo e della pratica concor
data e non quello derivante dalla singola partecipazione a tali
misure da parte della ricorrente.
2.MV) Secondo la ricorrente la commissione aveva illegitti
mamente omesso di provare la concreta partecipazione di HC
ad ogni singola riunione richiamata nella decisione come invece
sarebbe stata tenuta a fare in linea con la sentenza della corte
del 14 luglio 1972, ACNA c. Commissione (causa 57/69 Racc.
933 paragrafo 75). In particolare, la commissione avrebbe arbi
trariamente inventato un nuovo tipo di infrazione la cui inte
grazione richiederebbe esclusivamente la consapevolezza del com
portamento illegittimo di altre imprese. Il tribunale ha rigettato tale argomento ricordando di aver già stabilito che la commis
sione aveva sufficientemente provato la responsabilità indivi
duale della ricorrente riguardo all'infrazione descritta nella de
cisione.
3 .a) La ricorrente lamentava che la decisione della commis
sione non era stata sufficientemente motivata e, in particolare, che la commissione fondava detta decisione su prove insuffi
cienti e su un accertamento dei fatti superficiali. Il tribunale
non ha accolto tale rilievo ritenendo corretta e sufficiente la
motivazione della commissione.
3.b) Riguardo all'omessa comunicazione della relazione del
consigliere uditore, il tribunale si è limitato a rilevare che tale
comunicazione non rientra tra i diritti della difesa in quanto la stessa non ha lo scopo di integrare o correggere gli argomenti delle imprese, né quello di formulare nuovi addebiti o fornire
elementi probatori aggiuntivi a carico delle imprese. 4. Riguardo alla pretesa minor durata dell'infrazione (su cui
la ricorrente fondava la domanda di riduzione dell'ammenda), il tribunale ha ricordato di aver già rigettato l'argomento della
ricorrente tendente a dimostrare tale minore durata dell'infra
zione, accogliendo la domanda della ricorrente sul punto. Il tri
bunale ha inoltre respinto la tesi della ricorrente per cui la com
missione non avrebbe tenuto conto del criterio della gravità del
l'infrazione omettendo di considerare la circostanza che HC aveva
partecipato ad un numero minore di riunioni rispetto agli altri
produttori di polipropilene. In particolare, il tribunale ha rite
nuto irrilevante il numero effettivo di riunioni a cui la ricorren
te aveva partecipato considerato che era stato provato che HC
aveva partecipato a riunioni nell'intento di concordare una po litica di prezzi con i propri concorrenti. In relazione alla pretesa mancata considerazione della situazione deficitaria del mercato
da parte della commissione il tribunale ha affermato che la com
II Foro Italiano — 1993.
missione, in linea con altri precedenti, ha preso in considerazio
ne la crisi del mercato del polipropilene nella determinazione
delle ammende e che, comunque, essa non era obbligata, anche
con riguardo alle circostanze di fatto e, in particolare, alla gra
vità dell'infrazione in questione, ad attribuire a tale elemento
un peso eccessivo. La ricorrente aveva affermato che l'ammen
da sarebbe stata determinata senza che la commissione avesse
potuto provare della politica reale di HC sul mercato. Il tribu
nale ha rigettato l'argomento considerando che l'assenza di prove
era dovuta all'eliminazione delle stesse da parte di HC e che,
comunque, la commissione aveva sufficientemente provato gli
effetti dell'infrazione della ricorrente sul mercato. Infine, il tri
bunale ha rigettato gli argomenti relativi all'assenza di infrazio
ni anteriori e alla non considerazione di circostanze attenuanti
ritenendo il primo irrilevante e il secondo non pertinente in con
siderazione della gravità oggettiva dell'infrazione di cui HC si
era resa responsabile. Per tutti i motivi sopraesposti il tribunale
ha confermato la decisione della commissione ritenendo ade
guata l'ammenda inflitta e condannando la ricorrente al paga
mento delle spese di giudizio.
26 - Sentenza 17 dicembre 1991 (causa (T-l/89); Pres. J. L.
Cruz Villaca, Avv. gen. B. Vesterdorf; Rhòne-Poulenc c.
Commissione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Presupposti — Nozione
di accordo e di pratica concordata — Riunioni periodiche tra
concorrenti — Fissazione di prezzi indicativi — Fissazione in
comune di prezzi — Sistema di quote — Ripartizione dei mer
cati — Limitazione della produzione.
Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Art.
190 — Obbligo di motivazione — Adozione di un'unica deci
sione per contestare più infrazioni imputabili ad imprese di
verse — Insufficienza della motivazione — Motivazione con
traddittoria — Insussistenza.
Cee — Concorrenza — Principi generali — Violazione del prin
cipio di uguaglianza — Insussistenza.
Cee — Concorrenza — Ammenda — Criteri di determinazione — Durata dell'infrazione — Gravità dell'infrazione.
A seguito di accertamenti effettuati da funzionari della com
missione delle Ce ai sensi del regolamento (Cee) 17/62 nei con
fronti dei maggiori produttori di propilene (ATO Chimie S.A.,
BASF AG, DSM NV, Hercules Chemicals NV, Hoechst AG,
Chemisce Werke Hiils, Imperial Chemistries PLC, Montepoli meri SpA, Shell International Chemical Company Ltd, S.A. Sol
vay et Cie e BP chimie), la commissione decideva di inviare
richieste di informazioni ai sensi dell'art. 11 del citato regola mento 17/62 alle seguenti imprese: Amoco, Chemie linz AG,
Saga Petrokjemi As et C., Petrofina S.A. e Enichem Anic SpA. Sulla base degli accertamenti suddetti e di tali informazioni la
commissione decideva di estendere le proprie indagini ad Eni
chem Anic SpA e a Rhòne-Poulenc («RP») iniziando una pro cedura di accertamento di infrazioni ex art. 3 del regolamento 17/62. Detta procedura si concludeva con la decisione del 23
aprile 1986 contenente l'accertamento della violazione dell'art.
85 (1) da parte delle imprese precitate per aver posto in essere,
a partire dalla metà del 1977, un accordo e pratica concordata
in base al quale i produttori fornitori di polipropilene nel terri
torio della Cee: — si riunivano e si tenevano segretamente in contatto al fine
di discutere e definire le rispettive politiche commerciali; — stabilivano periodicamente prezzi obiettivo concordando
comportamenti e provvedimenti finalizzati a facilitare l'attua
zione di tali prezzi obiettivo; — aumentavano simultaneamente i prezzi in applicazione di
detti obiettivi; — si ripartivano il mercato assegnando a ciascun produttore
un obiettivo o una quota di vendite annue.
La commissione ordinava, pertanto, a dette imprese di porre immediatamente fine a tali pratiche e di astenersi, per il futuro, dal tenere comportamenti analoghi. La commissione imponeva,
inoltre, alle imprese predette ammenda varianti da 500.000 a
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
11.000.000 Ecu. In particolare, la RP veniva condannata al pa
gamento di un'ammenda di 2.500.000 Ecu.
In data 31 luglio 1986 la RP proponeva: ricorso contro tale
decisione innanzi alla Corte di giustizia della Comunità euro
pee, chiedendo l'annullamento totale o parziale della decisione
sui punti che la riguardavano e, in subordine, l'annullamento
o la riduzione dell'ammenda subita. A seguito della decisione
del consiglio delle Comunità europee istitutiva del tribunale di
primo grado, la corte, con ordinanza del 15 novembre, rimette
va la causa a detto tribunale.
A suffragio della della propria domanda la ricorrente addu
ceva i seguenti ordini di argomentazioni: 1. vizi relativi all'accertamento dell'infrazione sotto il dupli
ce profilo a) dell'erronea ricostruzione dei fatti compiuta dalla
commissione e b) dell'illegittima applicazione dell'art. 85 (1) al
caso di specie con riguardo all'incorretta qualificazione dell'in
frazione;
2. insufficienza e carattere contraddittorio della motivazione;
3. violazione del principio di uguaglianza; 4. errata determinazione dell'ammenda in relazione alla du
rata e alla gravità dell'infrazione.
1.fl) Con riguardo al primo argomento, la ricorrente lamen
tava un'erronea ricostruzione dei fatti su cui si fondava la deci
sione della commissione e, in particolare, la mancanza di ele
menti che potessero provare l'effettiva volontà della RP di aver
sostenuto la linea di politica di prezzi portata avanti dalla Mon
te, di aver partecipato a riunioni periodiche nell'intento di con
cordare e perseguire una politica di prezzi obiettivo insieme a
propri concorrenti e di aver concordato un sistema di limitazio
ne di quote di produzione nell'intento di ripartire il mercato
e facilitare la realizzazione della politica dei prezzi obiettivo.
In proposito il tribunale, dopo aver esaminato gli elementi di
prova portati dalla commissione ha rigettato tali eccezioni rite
nendo sufficientemente provati gli addebiti portati dalla com
missione nella propria decisione.
1.6) RP aveva sostenuto che la commissione aveva omesso
di dare una qualifica precisa ai comportamenti della ricorrente.
L'incertezza di confini dell'inquadramento giuridico effettuato
dalla commissione aveva, secondo la ricorrente, conseguenze
estremamente rilevanti sul piano probatorio in quanto la com
missione non avrebbe provato né il perfezionamento di un ac
cordo, né l'esistenza di un comportamento effettivamente con
cordato tra concorrenti sul mercato, che ad avviso di RP era
elemento costitutivo della pratica concordata. In proposito, il
tribunale ha preliminarmente giudicato infondato l'argomento
della ricorrente per cui la commissione non avrebbe qualificato
con precisione il tipo di infrazione imputato a RP, ricordando
che la commissione aveva definito tale infrazione quale accordo
a titolo principale e pratica concordata a titolo sussidiario. Il
tribunale ha poi richiamato la giurisprudenza della Corte di giu
stizia, per cui per avere un accordo ai sensi dell'articolo 85 (1)
è sufficiente che le imprese interessate abbiano espresso la co
mune volontà di comportarsi nel mercato in un determinato
modo, mentre la pratica concordata sussiste con la semplice pre senza di contatti diretti o indiretti aventi lo scopo o l'effetto
di influire sul comportamento tenuto sul mercato da un concor
rente attuale o potenziale, senza che vi sia bisogno (come pre
tendeva la ricorrente) di provare l'attuazione di una condotta
uniforme sul mercato da parte delle imprese interessate. Con
riguardo al caso di specie il tribunale ha affermato che, pur nell'unicità dello scopo economico perseguito dalle imprese par
tecipanti, la fattispecie in questione si componeva di elementi
suscettibili di rientrare sia nella nozione di accordo che in quel
la di pratica concordata. Il tribunale ha, pertanto, ritenuto che
la qualificazione di accordo unico continuato e di pratica con
cordata con cui la commissione aveva qualificato il comporta mento dei maggiori produttori di polipropilene fosse corretta
in relazione alla complessità della fattispecie e che la commis
sione, considerato il carattere unitario di tale fattispecie, non
doveva provare cumulativamente l'esistenza di elementi costitu
tivi di un accordo e quelli di una pratica concordata.
2. La ricorrente lamentava che l'adozione di una decisione
unica relativa a più imprese non aveva permesso a RP di far
Il Foro Italiano — 1993.
valere la peculiarità della propria situazione. In particolare, RP,
pur riconoscendo il diritto della commissione di adattare una
decisione unica nei confronti di più imprese, riteneva, in linea
con la giurisprudenza della corte, che tale possibilità fosse su
bordinata al permettere ad ogni singola impresa destinataria della
decisione di verificare il fondamento degli addebiti che le erano
imputati. Secondo la ricorrente, pertanto, la decisione in que stione aveva l'effetto di dissimulare la situazione specifica di
RP e non rispettava le condizioni predette. Il tribunale ha rite
nuto infondato tale argomento rilevando che la ricorrente era
stata messa in condizione di far valere le proprie ragioni in rela
zione a precise imputazioni. Il tribunale ha, inoltre, ritenuto
sufficientemente motivata la decisione con riguardo alle pretese
carenze sollevate dalla ricorrente. Infine, in relazione al preteso
carattere contraddittorio della motivazione, il tribunale ha af
fermato che i punti di apparente contraddittorietà evidenziati
dalla ricorrente sono il frutto di estrapolazioni isolate effettuate
dal testo della decisione. Secondo il tribunale la decisione va
considerata come un tutto per cui ogni motivo va letto alla luce
dell'insieme degli altri senza isolare artificialmente alcuni moti
vi. Mediante una lettura dell'insieme della motivazione vengono difatti superati i punti di apparente contraddizione.
3. La ricorrente aveva asserito che la commissione nel non
imputare alcuna infrazione alle imprese Amoco e BP, pur aven
do nei confronti delle stesse elementi di prova maggiori rispetto
a quelli portati a suffragio delle imputazioni a RP, aveva viola
to il principio di uguaglianza. In proposito, il tribunale ha pre
liminarmente ricordato che perché si abbia violazione del prin
cipio di uguaglianza è necessario che due situazioni analoghe
siano state trattate in modo diverso. Secondo il tribunale nel
caso di specie la situazione di Amoco e BP non era analoga a quella di RD in quanto con riguardo alle prime due imprese la commissione non aveva potuto provare l'effettiva partecipa
zione delle stesse alle riunioni periodiche in cui veniva manife
stata la volontà di praticare una politica di prezzi concordata.
Nel caso di specie, dunque, il sopraenunciato principio di ugua
glianza era stato, secondo il tribunale, pienamente rispettato.
4. Riguardo alla pretesa minor durata dell'infrazione ( su cui
la ricorrente fondava la domanda di riduzione dell'ammenda),
il tribunale ha ricordato di aver già rigettato l'argomento della
ricorrente tendente a dimostrare tale minore durata dell'infra
zione, accogliendo la domanda della ricorrente sul punto. Il tri
bunale ha inoltre respinto la tesi della ricorrente per cui la com
missione non avrebbe tenuto conto del criterio della gravità del
l'infrazione omettendo di considerare la circostanza che RP aveva
partecipato ad un numero minore di riunione rispetto agli altri
produttori di polipropilene. In particolare, il tribunale ha rite
nuto irrilevante il numero effettivo di riunioni a cui la ricorren
te aveva partecipato considerato che era stato provato che RP
aveva partecipato a riunioni nell'intento di concordare una po
litica di prezzi con i propri concorrenti. In relazione all'asser
zione per cui la commissione avrebbe omesso di considerare la
situazione di crisi del mercato in contrasto con una propria pre
cedente decisione (IV/30 BCL/ICI, G.U.C.E. L 212,1 par. 36), il tribunale ha preliminarmente rilevato la non pertinenza della
decisione richiamata in cui la crisi del mercato era presa in con
siderazione in relazione all'emanazione di un'esenzione ex art.
85 (3). Il tribunale ha aggiunto che la commissione, in linea
con altri precedenti, ha preso in considerazione la crisi del mer
cato del polipropilene nella determinazione delle ammende e che,
comunque, essa non era obbligata, anche con riguardo alle cir
costanze di fatto e, in particolare, alla gravità dell'infrazione
in questione, ad attribuire a tale elemento un peso eccessivo.
La ricorrente aveva affermato che l'ammenda sarebbe stata de
terminata senza che la commissione avesse potuto provare la
politica reale di RP sul mercato. Il tribunale ha rigettato l'argo
mento considerando che l'assenza di prove era dovuta all'elimi
nazione delle stesse da pafte di RP e che, comunque, la com
missione aveva sufficientemente provato gli effetti dell'infrazio
ne della ricorrente sul mercato. Infine, con riguardo alla pretesa
illegittimità della valutazione da parte della commissione ai fini
della determinazione dell'ammenda del grado di collaborazione
delle imprese con l'amministrazione comunitaria, in considera
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PARTE QUARTA
zione del fatto che la commissione non aveva mai sollecitato
tale collaborazione, il tribunale ha affermato che la commissio
ne non era tenuta a chiedere tale collaborazione pur potendo
legittimamente tenere conto della cooperazione spontanea delle
imprese nel corso delle indagini. Per tutti i motivi sopraesposti il tribunale ha confermato la
decisione della commissione ritenendo adeguata l'ammenda in
flitta e condannando la ricorrente al pagamento delle spese di
giudizio.
27 - Sentenza 24 gennaio 1992 (causa T-44/90); Pres. J. L. Cruz
Villaca; La Cinq S.A. c. Commissione delle Comunità
europee.
Cee — Concorrenza — Misure provvisorie e d'urgenza — Com
petenza della commissione — Presupposti — Infrazione ma
nifesta degli art. 85 e/o 86 — Danno grave e irreparabile. Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Art.
190 — Motivazione insufficiente — Insussistenza — Errore
di fatto e di diritto — Nozione di infrazione manifesta —
Nozione di danno grave e irreparabile.
La Cinq S.A. («Cinq») è una società di emittenza radiotelevi
siva privata di diritto francese. L'Unione europea di radiodiffu
sione («UER») è un'associazione professionale di orgnanismi di radiodiffusione che ha per finalità la promozione della coo
perazione tra i propri membri e gli organismi di radiodiffusione
del mondo intero. L'associazióne all'UER da diritto di accesso
all'eurovisione. L'UER ha due categorie di membri: i membri
attivi (che secondo le disposizioni dello statuto devono fornire
un servizio radiotelevisivo con finalità d'interesse pubblico) e
i membri associati, che godono solo di un accesso contrattuale
(e non automatico) all'eurovisione. A seguito di una serie di
rifiuti opposti dall'UER alla domanda di ammissione in qualità di membro attivo da parte della Cinq, detta società presentava due denunce successive alla commissione sostenendo che il com
portamento della predetta associazione era discriminatorio e in
tegrava le violazioni di cui agli art. 85 e 86. La Cinq, sostenen
do di subire a causa di detto rifiuto danni gravi e irreparabili, domandava alla commissione di adottare le misure in via d'ur
genza necessarie per porre termine al comportamento discrimi
natorio dell'UER. Con decisione del 14 agosto 1990 la commis
sione rigettava la domanda di misure d'urgenza sostenendo che
mancavano i presupposti richiesti per l'emanazione di dette mi
sure. In particolare, secondo la commissione, da un esame som
mario del comportamento dell'UER non risultava chiaramente
l'esistenza di un'infrazione alle regole di concorrenza comunita
rie; inoltre il danno eventualmente subito dalla Cinq non aveva
il carattere dell'irreparabilità; infine, mancava il presupposto
dell'urgenza per l'adozione di misure conservative.
Con ricorso ex art. 73 al tribunale, la Cinq chiedeva l'annul
lamento di tale decisione e il riesame della propria domanda
di tutela d'urgenza da parte della commissione oltre alla con
danna della commissione alle spese. La commissione chiedeva
il rigetto della domanda e la condanna alle spese della ricorren
te. La UER si costituiva in giudizio aderendo alla domanda
della commissione.
La ricorrente fondava la nullità della decisione su due ordini
di argomenti: 1. insufficienza della motivazione della decisione; 2. errore manifesto di diritto e di fatto della stessa.
Preliminarmente, il tribunale ha rilevato che, come ricono
sciuto nell'ordinanza del 17 gennaio 1980, Camera Care c. Com
missione Ce (causa 792/79 Race. 119) la commissione è compe tente ad applicare misure di carattere provvisorio nell'ambito
del proprio ruolo di garante del rispetto delle regole di concor
renza comunitarie. Dalla stessa giurisprudenza risulta che pre
supposto perché dette misure possano essere emanate è la sussi
stenza cumulativa delle seguenti circostanze:
a) esistenza manifesta di un'infrazione da un'esame somma
rio della fattispecie;
ti) gravità e irreparabilità del danno conseguente dalla viola
zione delle regole di concorrenza.
Il requisito dell'urgenza è stato considerato dal tribunale co
Il Foro Italiano — 1993.
me implicito nel carattere grave e irreparabile del danno. Il tri
bunale ha trattato separatamente gli argomenti della ricorrente
in relazione alla loro attinenza, rispettivamente, alla sussistenza
di un'infrazione e all'irreparabilità del danno.
1 .a) La ricorrente sosteneva che la commissione aveva viola
to l'art. 190 omettendo di prendere in considerazione alcuni ar
gomenti giudicati essenziali dalla Cinq per evidenziare il carat
tere discriminatorio del comportamento dell'UER. In particola
re, la Cinq aveva sostenuto che la situazione di Canal Plus e
di TF 1 (entrambi membri dell'associazione) soddisfacevano meno
le condizioni per l'ammissione all'UER rispetto alla situazione
della Cinq. La stessa commissione, cercando di integrare me
diante la propria memoria la motivazione della decisione sul
punto, avrebbe fornito la prova dell'insufficienza di detta moti
vazione. Il tribunale, dopo aver richiamato la giurisprudenza costante della Corte di giustizia per cui la commissione non è
obbligata a prendere posizione su ognuno degli argomenti solle
vati in una denuncia, ha rilevato che nel caso di specie la deci
sione, indicando i punti essenziali della questione, soddisfaceva
i parametri per una sufficiente motivazione derivanti dall'art.
190, permettendo all'organo giurisdizionale di conoscere le giu stificazioni della misura adottata e, dunque, di esercitare il pri mo controllo.
1.6) Il tribunale ha invece accolto l'argomento della ricorren
te fondato sull'esistenza di un errore di diritto da parte della
commissione nel valutare la sussistenza del presupposto relativo
all'esistenza dell'infrazione. In particolare, il tribunale ha soste
nuto, rifacendosi a quanto statuito nella propria sentenza del
12 luglio 1991 (Peugeot c. Commissione Ce, T-23/90, non an
cora pubblicata in Racc.), per cui altro è un controllo sull'esi
stenza di un'infrazione prima facie, altro è l'esigenza di certez
za richiesto per l'emanazione di una decisione finale, che la com
missione nella propria decisione aveva fatto coincidere tali due
nozioni considerando quale presupposto per la misura d'urgen za la prova di un'infrazione chiara e flagrante.
2.b) La ricorrente sosteneva che la decisione dèlia commis
sione era viziata da un errore manifesto di diritto e di fatto
riguardo alla valutazione sulla sussistenza di un pregiudizio gra ve e irreparabile subito dalla Cinq a causa del comportamento dell'UER. In particolare, secondo la Cinq la commissione ave
va omesso di valutare o, aveva comunque valutato in modo
erroneo, tutti gli svantaggi concorrenziali derivanti da un acces
so solo contrattuale all'eurovisione, tra cui l'esclusione dalla pos sibilità di trasmettere la stragrande maggioranza degli avveni
menti sportivi, il pregiudizio relativo al rischio che la mancata
associazione della Cinq incidesse sul rinnovo della licenza (di durata decennale) e sull'immagine di tale emittente privata. Tali
pregiudizi, a parere della ricorrente, avevano il carattere dell'ir
reparabilità, soprattutto con riguardo al termine limitato della
licenza della Cinq e alla perdita di capacità concorrenziale ri
spetto ai membri della UER che acquistavano importanti quote di audience (e quindi di mercato pubblicitario) in occasione del
la trasmissione di avvenimenti sportivi da cui la Cinq era esclu
sa. Il tribunale ha accolto sia la tesi dell'errore di diritto da
parte della commissione che quella relativa all'errore nella valu
tazione dei fatti. In particolare, con riguardo all'errore di dirit
to, il tribunale ha negato la validità della nozione di irreparabi lità utilizzata dalla commissione per cui soltanto i danni che
non possono trovare rimedio in alcuna decisione ulteriore sono
considerati come irreparabili; in proposito il tribunale ha affer
mato che l'utilizzazione di tale parametro renderebbe pratica mente impossibile la sussistenza di tale condizione svuotando
di contenuto la competenza in via d'urgenza della commissione.
Il tribunale ha dunque concluso che la commissione è andata
ben al di là di quanto richiesto dalla Corte di giustizia nella ordinanza Camera Care precitata perché sussista l'irreparabilità del danno, ricordando che sulla base di quanto statuito in tale
ordinanza è sufficiente che la decisione definitiva che la com
missione è chiamata a emanare sulla questione anticipata in via
d'urgenza non sia più utile ad eliminare i pregiudizi subiti dalla ricorrente. Sulla base di tale errore di diritto la commissione
ha, pertanto, illegittimamente omesso di considerare l'irrepara bilità delle conseguenze suscettibili di derivare in capo alla Cinq,
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
nelle more di una decisione definitiva, in relazione alla possibi lità di ottenere il rinnovo della licenza. Con riguardo all'ap
prezzamento dei fatti, il tribunale ha considerato illegittima la
mancata considerazione da parte della commissione dei pregiu dizi che potevano derivare alla Cinq da un accesso solo contrat
tuale e indiretto all'eurovisione. In particolare, il tribunale ha
affermato che la commissione, omettendo di effettuare tale ana
lisi, avrebbe violato i principi fissati dalla giurisprudenza della
Corte di giustizia per cui l'istituzione comunitaria competente ad agire per regolare una determinata fattispecie ha l'obbligo di esaminare con cura e imparzialità tutti gli elementi pertinenti
per la definizione della fattispecie predetta. Sulla base delle considerazioni soprariportate il tribunale ha
dichiarato nulla la decisione della commissione condannando
la stessa alle spese del giudizio e la parte interventrice a soppor tare le proprie spese.
28 - Sentenza 27 febbraio 1992 (causa T-19/91); Pres. J. L. Cruz
Villaca; Société d'hygiène dermatologique de Vichy c. Com
missione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Proce
dura — Art. 15 par. VI del regolamento 17/62 — Nozione
di decisione ai sensi dell'art. 189 — Principio di non discrimi
nazione — Certezza del diritto — Consultazione preventiva
del comitato consultivo per la concorrenza.
Cee — Concorrenza — Presupposti per l'applicazione dell'art.
15 del regolamento 17/62 — Carattere grave e manifesto del
l'infrazione.
Cee — Questione pregiudiziale (art. 177) — Non necessità di
sollevare la questione pregiudiziale per il giudice di ultima
istanza in presenza di una questione che può essere risolta
sulla base della giurisprudenza costante delia Corte di giustizia. Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Distribuzione esclusiva
e selettiva — Criterio di selezione dei distributori — Criterio
qualitativo e criterio quantitativo — Effetto sensibile sulla con
correnza e sul commercio tra Stati membri — Effetto cumu
lativo.
Cee — Concorrenza — Art. 85 (3) — Miglioramento del siste
ma di produzione — Promozione del progresso tecnico —
Beneficio per i consumatori — Carattere indispensabile delle
restrizioni — Insussistenza.
Con lettera del 29 agosto 1989 la Société d'hygiène dermato
logique de Vichy («Vichy») notificava alla commissione due di versi sistemi di distribuzione selettiva relativi rispettivamente al
territorio francese e all'insieme dei territori degli altri Stati mem
bri (esclusa la Danimarca, paese in cui i prodotti Vichy non
sono commercializzati) al fine di ottenere una attestazione ne
gativa o, comunque, un'esenzione ai sensi dell'art. 85 (3). Il
sistema adottato negli Stati membri diversi dalla Francia era
l'unico oggetto della decisione in quanto prevedeva la vendita
esclusiva di alcuni prodotti della linea Vichy ai farmacisti titola
ri di farmacie e il divieto per questi ultimi di rivendere detti
prodotti ad intermediari terzi al di fuori dalla rete di distribu
zione predetta. Con decisione dell'11 gennaio 1991 adottata ai
sensi dell'art. 15 paragrafo 6 del regolamento (Cee) 17/62, la
commissione dichiarava applicabile l'art. 85 (1) al sistema di
distribuzione selettiva posto in essere da Vichy negli Stati mem
bri diversi dalla Francia e ingiustificata una esenzione ex art.
85 (3). Vichy presentava ricorso innanzi al tribunale di primo
grado chiedendo il rigetto di tale decisione per i seguenti motivi:
1. violazione del principio di non discriminazione e di certez
za del diritto; 2. violazione delle forme sostanziali; 3. non applicabilità dell'art. 85 (1) al contratto tipo notifica
to e, comunque, applicabilità allo stesso dell'art. 85 (3);
4. applicazione erronea dell'art. 15 paragrafo 6 del regola
mento (Cee) 17/62. 1. Il tribunale, dopo aver preliminarmente rilevato che le prese
di posizione adottate dalla commissione in relazione all'art. 15
citato non costituiscono semplici pareri ma vere e proprie deci
sioni ai sensi dell'art. 189, ha rigettato il primo argomento limi
tandosi ad affermare che nelle proprie decisioni adottate in for
II Foro Italiano — 1993.
za dell'art. 15 par. VI la commissione deve necessariamente pren dere in considerazione una situazione specifica senza porre regole
generali per tutti gli operatori economici; tali decisioni non pos
sono, pertanto, essere considerate discriminatorie. Inoltre, se
condo il tribunale, la decisione predetta ha avuto come effetto
semplicemente di rimettere Vichy nelle stesse condizioni prece denti alla notifica senza creare incertezza sulla situazione giuri dica della ricorrente.
2. Riguardo al secondo argomento, la ricorrente sosteneva
che l'art. 15 del citato regolamento 17/62 comportava un obbli
go di consultazione preventivo del comitato consultivo per la
concorrenza anche in relazione a decisioni adottate sulla base
del paragrafo 6 di tale articolo. Il tribunale ha rigettato questa tesi affermando che, da una corretta interpretazione dell'art.
15, risulta che la consultazione del comitato consultivo è neces
saria solo con riguardo alle decisioni che impongono ammende
ai sensi dei primi due paragrafi dell'articolo in esame.
3. In relazione alla mancata violazione dell'art. 85 (1) la ri
corrente aveva portato tre ordini di argomentazioni: — mancanza di elementi probanti l'infrazione; — mancata considerazione di determinati elementi rilevanti; — conformità al diritto comunitario dei criteri utilizzati da
Vichy per costituire il proprio sistema di distribuzione.
In particolare, con riguardo al primo punto la ricorrente la
mentava la mancanza di elementi suscettibili di poter dimostra
re che il sistema di distribuzione Vichy aveva avuto un effetto
sensibile sulla concorrenza e sul commercio tra Stati membri
e, più precisamente, il carattere non pertinente degli elementi
addotti dalla commissione, quali l'effetto cumulativo dei siste
mi di distribuzione osservati sui mercati rilevanti, la parte del
mercato considerata nel mercato della dermatofarmaceutica e
il carattere sensibile dell'effetto sulla concorrenza nel mercato
in questione. Con riguardo al secondo punto la commissione
avrebbe omesso di considerare la concorrenza tra marchi e la
maggiore possibilità di scelta per i consumatori derivante dal
sistema di distribuzione selettiva in esame. Infine, la ricorrente
rilevava che il criterio su cui si fondava il proprio sistema di
distribuzione selettiva era qualitativo e non quantitativo e per
tanto perfettamente legittimo.
Il tribunale, dopo aver riepilogato le caratteristiche del mer
cato rilevante (sulla cui definizione le parti sostanzialmente con
cordavano), rilevando che alla distribuzione nelle farmacie si
affiancavano altri tre circuiti separati di distribuzione riguar
danti anche i grandi magazzini (in cui talvolta gli stessi prodotti venivano venduti sotto marchi diversi), ha esaminato i seguenti
punti: — liceità del criterio di selezione dei rivenditori; — effetti derivanti dal contratto tipo notificato sulla concor
renza nel mercato comune.
Sotto il primo profilo il tribunale ha rigettato la tesi della
ricorrente per cui la vendita di alcuni prodotti Vichy esclusiva
mente a diplomati in farmacia titolari di farmacie rispondereb be ad un criterio qualitativo e non quantitativo, facendo notare
che tutti i diplomati in farmacia offrono le stesse garanzie di
serietà e professionalità nella vendita senza che sia necessario
che gli stessi siano anche titolari di farmacie e sottolineando
che in ben sei Stati membri le farmacie sono soggette a un nu
mero chiuso. Riguardo all'effetto sulla concorrenza il tribunale,
prendendo in esame il sistema di distribuzione selettiva che vie
tava ai farmacisti titolari di farmacie di vendere a soggetti di
versi dai consumatori finali o ad altri farmacisti titolari di far
macia, ha rilevato che, considerato anche lo scarso livello di
concorrenza sui prezzi (limitato dalla deontologia professionale
propria della categoria dei titolari di farmacia), detto sistema
di distribuzione aveva per effetto, da un lato, di ostacolare il
commercio tra Stati membri eliminando le importazioni paralle le e, dall'altro, di restringere in modo sensibile la concorrenza
nel mercato comune. Tali restrizioni erano inoltre accentuate
dall'effetto cumulativo derivante "dalla circostanza che i con
tratti con i titolari di farmacia si inserivano in un contesto eco
nomico e giuridico caratterizzato dalla presenza di altri contrat
ti simili riguardanti una gamma di prodotti considerevole e re
lativi a dieci dei dodici Stati membri della Comunità.
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PARTE QUARTA
In merito alla possibilità di applicare l'art. 85 (3) al sistema di distribuzione in questione, Vichy sosteneva che il sistema di
distribuzione selettiva in questione risultava indispensabile al fi
ne di offrire un costante assortimento della merce (possibile so
lo attraverso il sistema di distribuzione farmaceutico legato a
tempi rapidi per via di esigenze di tutela della salute pubblica),
programmare la produzione, recuperare l'investimento effettua
to valendosi dell'apporto dei farmacisti titolari di farmacia per
propagandare il prodotto presso i consumatori finali e ricevere
da tale farmacisti indicazioni basate sulla loro esperienza pro fessionale al fine di migliorare detto prodotto. Il carattere esclu
sivo della distribuzione corrispondeva inoltre ad un interesse re
ciproco rispettivamente del produttore in grado di migliorare
e programmare il sistema di distribuzione e del farmacista bene
ficiario dell'esclusiva. Infine, l'apporto professionale del far
macista titolare di farmacia andava anche a beneficio del con
sumatore che grazie all'assistenza del farmacista godeva della
possibilità di avere informazioni e consigli relativi al prodotto. Il tribunale non ha accolto nessuno dei punti sostenuti dalla
ricorrente rilevando che Vichy non aveva portato elementi pro banti la necessità di limitare la distribuzione ai farmacisti titola
ri di farmacie escludendo i diplomati in farmacia operanti in
altri punti vendita e ritenendo corretta la tesi della commissione
per cui, anche ammesso che i suddetti vantaggi sussistessero ef
fettivamente, essi potevano essere ugualmente conseguiti esten
dendo il sistema di distribuzione anche ai diplomati in farmacia esercenti in altri punti vendita.
4. Con riguardo all'ultimo argomento relativo all'inapplica
bilità dell'art. 15 paragrafo 6 al caso di specie, Vichy sosteneva
che il presupposto del carattere grave e manifesto dell'infrazio
ne, che secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia è ne
cessario per l'applicabilità di tale articolo, non sussisteva. La
commissione affermava, al contrario, che a) la denuncia pre sentata da un distributore escluso, Cosimex, b) una propria pre cedente presa di posizione su un caso analogo riguardante l'as
sociazione farmaceutica belga, c) la dichiarazione di illegittimi tà del sistema di distribuzione limitato ai farmacisti titolari di farmacia sancito dalle autorità amministrative e giudiziarie fran
cesi e d) l'effetto di chiusura dei mercati derivante dall'adozio
ne di due sistemi di distribuzioni diversi, rispettivamente in Fran cia (dopo le modifiche imposte dalle predette autorità francesi) e negli altri Stati membri, erano elementi sufficienti nel loro
insieme a far ritenere grave e palese l'infrazione in esame e,
pertanto, giustificavano il ricorso da parte della commissione
alla procedura ex art. 15 paragrafo 6. Il tribunale ha accolto
la tesi della commissione giudicandola fondata e corretta e sot
tolineando il carattere costante e copioso della giurisprudenza in materia di distribuzione selettiva che aveva permesso alla Corte di cassazione francese di non sollevare una questione ex art.
177 in relazione all'applicazione dell'art. 85 al sistema di distri
buzione Vichy in Francia (che presentava elementi restrittivi iden
tici a quelli dichiarati illegittimi dalla commissione con riguardo al sistema di distribuzione negli altri Stati membri). Inoltre, sul
punto procedurale sollevato dalla ricorrente tendente a dimo
strare che Vichy non era stata messa in grado di difendersi in
relazione ad uno dei motivi addotti a sostegno della propria decisione dalla commissione, ossia la chiusura dei mercati deri
vante dalla notifica di due distinti sistemi di distribuzione effet tuata da Vichy, il tribunale ha constatato che la messa in mora
della commissione riportava tale argomento con sufficiente chia
rezza e che tale formulazione non appariva sostanzialmente dif
forme da quella riportata nel testo della decisione.
Per tutti i motivi suddetti il tribunale ha rigettato il ricorso
di Vichy condannando la stessa al pagamento delle spese di
giudizio.
29 - Sentenza 27 febbraio 1992 (cause riunite T-79/89 - 84/89 - 85/89 - 86/89 - 91/89 - 92/89 - 94/89 - 96/89 - 98/89 - 102/89 - 104/89); Pres. J. L. Cruz Villaca; Montedison SpA e altri c. Commissione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Regola mento interno della commissione - Violazione delle norme di
Il Foro Italiano — 1993.
procedura — Principio dell'intangibilità dell'atto — Incom
petenza — Inesistenza dell'atto.
Cee — Art. 189 — Requisiti per la sussistenza di una decisione
della commissione — Certezza della data — Individuazione
degli obblighi — Indicazione della motivazione — Individua
zione dei destinatari — Identificazione dell'autore — Insussi
stenza — Inesistenza dell'atto.
A conclusione di una procedura istruttoria aperta a seguito delle risultanze di ispezioni realizzate da funzionari comunitari
presso imprese operanti nel settore del polipropilene e, in parti
colare, nel settore del policloruro di vinile («PVC»), la commis
sione iniziava un procedimento ai sensi del regolamento 17/62
contro quattordici produttori di PVC: Atochem SA, BASF AG,
NV DSM, DSM Kunstoffen BV, Enichem SpA, Hoechst AG,
Maatschappij, Montedison SpA, Norsk Hydro AS, société arté
sienne de Vinyle SA, Solvey et Cie, Shell International Chemei
cal company Ltd e Wacker Chemie GMBH («le imprese»). Con
decisione del 17 marzo 1988 la commissione condannava le im
prese sopradette al pagamento di una multa del valore comples sivo di 19.390.000 Ecu per aver violato l'art. 85. In particolare, detta decisione accertava che le imprese in questione avevano
partecipato ad un accordo e/o pratica concordata a partire dal
l'agosto del 1980; tale accordo e/o pratica concordata si era
concretizzato in una serie di riunioni periodiche finalizzate a
fissare prezzi obiettivo e quote di produzione relative al merca
to del PVC. Oltre all'imposizione dell'ammenda predetta, la com
missione ordinava alle imprese di porre immediatamente termi
ne a tale comportamento illegittimo. Tutte le imprese destinata
rie della decisione, tranne la Solvey et Cie, proponevano ricorso
avverso la stessa chiedendo l'annullamento della decisione e,
in via subordinata, l'annullamento o la riduzione della sanzione
inflitta. La Montedison SpA («Montedison») chiedeva inoltre
che la commissione fosse condannata al risarcimento delle spese sostenute dalla ricorrente nel corso del procedimento ammini
strativo e di tutti i danni derivanti alla stessa a seguito dell'ese
cuzione della decisione.
Nel corso della procedura istruttoria innanzi al tribunale le
imprese avevano chiesto che la commissione producesse il testo
originale del progetto di decisione. Tale domanda era finalizza
ta ad accertare se vi fosse stata, come risultava da alcuni ele
menti in possesso delle imprese, da un lato una modificazione
del testo della decisione notificato alle imprese rispetto al testo
adottato dalla commissione, dall'altro una differenziazione tra
i testi adottati nelle diverse lingue ufficiali. Infine, secondo le
imprese era necessario verificare se i testi in lingua italiana, olan
dese o spagnola fossero stati validamente adottati dalla com
missione. A seguito di tale domanda, il tribunale, esercitando
i propri poteri istruttori, invitava la commissione a produrre il verbale della riunione del collegio dei commissari del 21 di
cembre 1988 e i testi delle decisioni adottate. Sulla base di tale
richiesta la commissione produceva copia delle pagine rilevanti
del verbale in questione e il testo delle decisioni adottate in lin
gua francese, inglese e tedesca. Dopo aver esaminato detta do
cumentazione la BASF produceva un prospetto comparativo in
cui rilevava le discordanze tra il testo delle decisioni in lingua francese e inglese rispetto a quello in lingua tedesca. Inoltre,
tutte le imprese, salvo Montedison e Shell, che si erano disso
ciate dalla difesa comune, chiedevano al tribunale di dichiarare
la nullità della decisione in quanto adottata in violazione delle
norme che regolano la procedura di deliberazione della commis
sione (ed in particolare l'art. 12 del regolamento interno che
regola la procedura di autentica degli atti adottati dalla com
missione) e in considerazione delle rilevanti divergenze tra gli atti notificati alle imprese e il testo oggetto della deliberazione
del collegio dei commissari. Sotto quest'ultimo profilo le impre se ritenevano che fosse stato violato il principio di intangibilità
degli atti giuridici comunitari. Al fine di chiarire tale contesta zione, il tribunale ingiungeva alla commissione di produrre co
pia certificata conforme e autenticata nelle versioni linguistiche di adozione della decisione deliberata dal collegio dei commis
sari. Anche dopo aver beneficiato di una proroga rispetto al
primo termine fissato dal tribunale, la commissione dichiarava
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
di non essere in grado di fornire detta documentazione. In rela
zione all'impossibilità per la commissione di chiarire le circo
stanze sopradescritte, la Montedison modificava le proprie con
clusioni chiedendo al tribunale di accertare l'inesistenza dell'at
to e di dichiarare, pertanto, il ricorso irricevibile.
Il tribunale si è preliminarmente pronunciato sulla violazione
del principio dell'intangibilità degli atti. In proposito, il tribu nale ha rilevato che vi era una sostanziale discordanza tra i testi
dei progetti di decisioni deliberati dal collegio dei commissari e il testo notificato in lingua tedesca. In particolare, sia la moti
vazione che parte del dispositivo del testo in lingua tedesca pre
sentavano elementi di diversità (sostanziale) rispetto ai testi adot
tati nelle altre lingue. Tali variazioni sono state considerate ille
gittime dal tribunale in quanto in contrasto con il principio,
posto a salvaguardia della certezza del diritto, dell'intangibilità
dell'atto giuridico adottato dall'autorità competente.
Riguardo alla violazione del regolamento interno della com
missione, alcune imprese sostenevano che il commissario Su
therland, con delega per gli affari di concorrenza, non sarebbe
stato competente ad adottare le decisioni nei testi nelle lingue
di alcune imprese destinatarie della decisione. Inoltre, secondo
dette imprese, alla data di adozione dei testi predetti della deci
sione tale commissario non era più in carica. Il tribunale ha
preso in esame le argomentazioni fondate sul vizio di incompe tenza con riguardo, rispettivamente all'incompetenza oggettiva
e all'incompetenza ratione temporis. Sotto il primo profilo il
tribunale ha rilevato che l'adozione delle decisioni nelle lingue
ufficiali dei soggetti destinatari delle stesse eccedeva l'ambito
della nozione di potere di emanazione di misure di gestione am
ministrative riconosciuto ai singoli commissari. Conseguentemen
te, il tribunale ha stabilito che gli atti adottati in lingua olande
se e italiana sarebbero dovuti essere adottati dal collegio, essen
do il singolo commissario incompetente ad effettuare tale
adozione. In relazione alla competenza ratione temporis, il tri
bunale, constatando che la firma dei testi della decisione redatti
nelle cinque lingue, che il collegio dei commissari non aveva
adottato, non poteva essere anteriore al 16 gennaio, data in
cui tali testi erano stati trasmessi ai giuristi linguisti per la revi
sione (che è anteriore alla firma da parte del commissario), ha
rilevato che le decisioni notificate in tali lingue sono state ema
nate necessariamente da un'autorità non più competente in quan
to il mandato di Sutherland scadeva il 5 gennaio 1989.
Il tribunale, dopo aver ricordato che i numerosi vizi accertati
avrebbero dovuto comportare l'annullamento della decisione per
incompetenza e per violazione delle forme sostanziali, ha tutta
via ritenuto opportuno prendere in esame l'argomento sollevato
da Montedison relativo all'inesistenza dell'atto che avrebbe com
portato il rigetto dei ricorsi. In proposito, il tribunale ha voluto
verificare la sussistenza di vizi talmente gravi ed evidenti da
avere per conseguenza la stessa mancanza di una fattispecie di
atto comunitario. Con riguardo alla procedibilità dell'eccezione
di Montedison il tribunale ha rilevato che il mezzo relativo all'i
nesistenza dell'atto ha carattere di ordine pubblico e, pertanto,
può essere sollevato dalle parti o d'ufficio senza limiti di tem
po. Nel merito, il tribunale ha sottolineato che occorreva accer
tare la stessa natura giuridica di decisioni degli atti notificati
alle imprese. In proposito, il tribunale ha dichiarato di essere
nell'impossibilità sia di fissare con sufficiente chiarezza la data
a decorrere dalla quale l'atto aveva potuto produrre effetti giu
ridici e, di conseguenza, entrare a far parte dell'ordinamento
giuridico comunitario, sia (a causa delle modificazioni apporta
tegli), di conoscere con sicurezza il contenuto preciso della mo
tivazione che esso doveva contenere ai sensi del trattato, sia
di definire e controllare gli obblighi che esso imponeva ai desti
natari, sia di verificare con certezza chi fosse l'autore della sua
versione definitiva. Per i motivi sopraddetti il tribunale ha rite
nuto, anche in considerazione del fatto che la procedura per
l'autenticazione era stata trasgredita e che quella prevista dal
trattato risultava inapplicabile, che l'atto in questione non po
tesse essere qualificato quale decisione ai sensi dell'art. 189. Il
tribunale ha dunque considerato tale atto inficiato da vizi parti
colarmente gravi ed evidenti tali da renderlo giuridicamente ine
sistente.
Il Foro Italiano — 1993 — Parte /K-13.
Per tutti i motivi sopra esposti il tribunale ha dichiarato l'at
to in questione inesistente e, per l'effetto, i ricorsi irricevibili,
condannando la commissione alle spese.
30 - Sentenza 2 luglio 1992 (causa T-61/89); Pres. J. L. Cruz
Villaca; Dansk Pelsdyravlerforening c. Commissione delle
Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Ambito di applicazione delie norme co
munitarie — Regolamento 26/62 — Applicabilità ai prodotti
agrìcoli — Mercato delle pelli — Esclusione.
Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Applicabilità alle società
cooperative — Nozione di impresa — Nozione di associazio
ne di imprese.
Cee — Concorrenza — Applicazione dell'art. 85 (1) — Patto
di non concorrenza — Pratiche concordate — Fornitura esclu
siva — Necessità di verificare gli effetti dell'esclusiva sul mer
cato — Effetto sensibile sulla concorrenza e sul commercio
tra Stati membri.
Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Art.
190 — Violazione dell'obbligo di motivazione — Insussistenza.
Cee — Concorrenza — Procedimento innanzi al tribunale —
Eccezione fondata sul!'applicabilità dell'art. 85 (3) — Ecce
zione tardiva.
La Dansk Pelsdyravlerforening («DPF») è un'associazione di
allevatori di animali da pelliccia di diritto danese organizzata
in forma di cooperativa avente per oggetto lo sviluppo dell'alle
vamento degli animali da pelliccia, il mantenimento della soli
darietà tra i propri membri, oltre che la rappresentazione e la
difesa degli interessi di tali membri. DPF opera anche sotto
la denominazione di Danke Pelsauktioner («DPA») avente per
oggetto la commercializzazione delle pelli prodótte o lavorate
dai propri membri. A seguito di denuncia ai sensi dell'art. 3
del regolamento (Cee) 17/62 presentata alla commissione Ce dalla
Hudson's Bay and Annings Ltd («HBA»), tendente a far con
statare la violazione degli art. 85 (1) e 86 Cee da parte di DPF,
detta associazione notificava alla commissione il testo del pro
prio statuto, il regolamento sul fondo del capitale degli alleva
tori e il regolamento relativo al soccorso d'urgenza, chiedendo
l'emanazione da parte della commissione di un'attestazione ne
gativa o un'esenzione ai sensi dell'art. 85 (3). Dopo aver aperto
una procedura formale d'indagine in data 30 marzo 1987, la
commissione, mediante decisione, stabiliva che i seguenti accor
di, decisioni di associazione di imprese e pratiche concertate
erano contrarie all'art. 85 (1): — le disposizioni dello statuto della cooperativa contenenti
il divieto per i membri attivi della stessa di fare concorrenza
a DPF; — l'art. 5 del regolamento sul soccorso d'urgenza nella parte
in cui prevede che l'erogazione del soccorso d'urgenza venga
subordinata alla fornitura esclusiva di pelli a DPA per tutto
il corso dell'esercizio precedente al sinistro per cui si chiede il
soccorso d'urgenza e per l'esercizio in corso, a decorrere dal
momento in cui detto soccorso viene erogato; — l'obbligazione per i membri che vogliono usufruire, rispet
tivamente, del sostegno finanziario garantito dagli animali gio
vani e dell'entrata nel palmares, di fornire in esclusiva le pro
prie pellicce a DPA; — l'art. 5 dell'accordo tipo sui controlli della pelle da concia
nella parte in cui vieta ai centri di raccolta per la concia di
mostrare le pelli o di organizzare vendite a beneficio di altri
che DPA.
La commissione ingiungeva, pertanto, a DPF di mettere fine
ai comportamenti suddetti negando la possibilità che gli stessi
potessero essere autorizzati ai sensi dell'art. 85 (3). La commis
sione infliggeva, inoltre, a DPF una multa di 500.000 Ecu. Con
ricorso depositato alla cancelleria della Corte di giustizia Ce
in data 18 gennaio 1989 DPF chiedeva, in via principale l'an
nullamento della decisione della commissione e, in via subordi
nata, l'annullamento o la riduzione dell'ammenda. La ricorren
te fondava la propria domanda sull'assenza della violazione del
l'art. 85 (1) e sulla relativa infondatezza della decisione della
commissione sotto i seguenti quattro profili:
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PARTE QUARTA
1. mancata considerazione da parte della commissione del re
golamento (Cee) del consiglio n. 26/62 che esclude dall'ambito
di applicazione delle norme sulla concorrenza determinati pro
dotti agricoli; 2. mancata considerazione della natura di società cooperati
va di DPF; 3. errata valutazione del mercato di riferimento da parte del
la commissione;
4. inapplicabilità dell'art. 85 (1) agli statuti e alle condizioni
generali di vendita di DPF. 1. Con riguardo al primo argomento, il tribunale ha ritenuto
infondata la tesi di DPF tendente a considerare le pellicce di
animali come un prodotto derivante oggettivamente da attività
agricola e, pertanto, non soggetto all'applicazione delle norme
di concorrenza, affermando, anche con riferimento ad una pre
cedente presa di posizione sul punto della Corte di giustizia nel
la sentenza Cooperative Stremsel - en Kleursel - fabriek c. Com
missione (causa 61/80, Racc. 851), che la non applicazione del
le regole di concorrenza ai prodotti agricoli di cui al regolamento
26/62 riguarda esclusivamente i prodotti tassativamente elencati
al predetto allegato II del trattato tra cui non figurano le pellic
ce di animali allevati. 2. Sul secondo punto, DPF riteneva che per la propria natu
ra la società cooperativa, implicante vincoli di solidarietà tra
i soci, doveva beneficiare di un regime speciale riguardo all'ap
plicazione delle regole di concorrenza comunitarie, per cui gli
obblighi imposti ai membri al fine di realizzare i legami di soli darietà non sarebbero dovuti risultare incompatibili con l'art.
85 (1). Tale tesi è stata rigettata dal tribunale. In proposito, il tribunale ha preliminarmente ribadito quanto già affermato
dalla Corte di giustizia nella sentenza Hofner et Elser (causa
41/90, Racc. 1979) sostenendo che la nozione di impresa nel
diritto comunitario comprende tutte le entità esercitanti un'atti
vità economica e, pertanto, anche le imprese organizzate in for
ma di cooperativa. Inoltre, secondo il tribunale DPF rientrava
comunque nella nozione di associazione di imprese, considerato
che il suo statuto prevede la possibilità di associare non solo
individui ma anche società per azioni e società in nome colletti
vo esercitanti per loro natura attività economiche. In ogni caso,
pertanto, la considerazione dei vantaggi, anche a beneficio dei
consumatori, suscettibili di derivare da accordi o pratiche con
cordate restrittive della concorrenza poste in essere per realizza
re i vincoli di solidarietà propri di una società cooperativa pote
vano aver luogo esclusivamente alla luce dell'art. 85 (3).
3. Con riguardo al terzo argomento sollevato dalla ricorren
te, il tribunale ha negato che la commissione abbia effettuato
una errata valutazione dei meccanismi di vendita del sistema
delle pelli giudicando corretta l'analisi e la relativa descrizione
del mercato rilevante effettuata dalla commissione.
4. A fondamento della mancata violazione dell'art. 85 (1) da
parte delle norme degli statuti e delle condizioni generali di ven
dita in questione, DPF sosteneva che tali statuti e condizioni
generali di vendita a) non erano contrari all'art. 85 (1), b) non
erano stati esaminati dalla commissione nel contesto economico
in cui dovevano ricevere applicazione e c) avevano, comunque, un effetto non sensibile sulla concorrenza; infine, nella propria memoria di replica DPF aveva affermato che detti staturi e con
dizioni generali soddisfacevano alle condizioni di esenzione di
cui all'art. 85 (3). Il tribunale ha considerato la legittimità della decisione della commissione riguardo all'applicabilità dell'art. 85 (1) sotto due diversi profili: l'effettiva rilevanza delle dispo sizioni in questione rispetto alla prescrizione dell'art. 85 (1) e
la presenza nella decisione di un corretto apprezzamento dei
fatti e di una sufficiente motivazione in linea con quanto previ sto dall'art. 190 Cee. In relazione alla dichiarazione di incom
patibilità dell'art. 85 (1) della clausola di non concorrenza di
cui all'art. 4 punto 1 lett. f) dello statuto e alle pratiche concer
tate che, secondo la commissione, erano legate all'applicazione di tale clausola, il tribunale ha ritenuto fondata la decisione
della commissione nella parte in cui giudicava contraria all'art.
85 (1) la clausola predetta. In particolare, il tribunale, partendo da quanto affermato dalla Corte di giustizia nella sentenza Re
mia per cui una clausola di non concorrenza per essere legittima
Il Foro Italiano — 1993.
deve avere per obiettivo di contribuire al libero gioco della con
correnza ed essere proporzionale alla realizzazione di tale obiet
tivo, ha affermato con la clausola in questione non soddisfa
tali condizioni in quanto, vietando a tutti i membri dell'associa
zione di rivolgersi a soggetti terzi, presenta un carattere genera
le e sproporzionato rispetto al legame di solidarietà che la coo
perativa intendeva mantenre. Il tribunale ha invece ritenuto che
la commissione non abbia portato elementi di prova sufficienti
a dimostrare che l'attuazione di detta clausola sia stata aggra
vata da pratiche concordate poste in essere dai membri dell'as
sociazione, per cui la decisione riguardante tale affermazione
è stata annullata. Con riguardo all'obbligo di fornitura esclusi
va imposto ai soggetti che intendevano beneficiare del sistema
di soccorso d'urgenza previsto dall'art. 5 delle regole relative
al sistema di soccorso d'urgenza, il tribunale ha fatto prelimi
narmente notare che, contrariamente a quanto argomentato dalla
commissione, un obbligo di esclusiva non rientra, di per se stes
so, nell'ambito di applicazione dell'art. 85 (1), ma deve bensì
essere apprezzato alla luce del contesto economico reale in cui
produce i propri effetti. In relazione al caso in esame il tribuna
le ha affermato che, da tale apprezzamento, l'obbligo imposto
ai membri di DPF risulta avere per oggetto e per effetto di
restringere la concorrenza e il commercio interstatale in modo
sensibile. Considerazioni analoghe sono valse anche con riguar do agli obblighi di fornitura esclusiva che condizionavano, ri
spettivamente, il funzionamento garantito sui giovani animali
e la partecipazione al palmares. Il tribunale ha invece ritenuto
erroneo l'apprezzamento dei fatti e non sufficientemente moti
vata la parte della decisione della commissione relativa all'ac
cordo tipo sul controllo delle pellicce. In particolare, il tribuna
le ha ribadito un principio costante nella giurisprudenza comu
nitaria per cui una motivazione sufficientemente precisa è
condizione essenziale per verificare la legittimità dell'atto e il
suo fondamento alla luce del diritto comunitario. Per tale moti
vo la carenza o mancanza di motivazione deve essere rilevata
dal giudice anche d'ufficio. In relazione all'argomento fondato
sull'assenza di un effetto sensibile sulla concorrenza sostenuta
dalla ricorrente, il tribunale, rifacendosi ai criteri enunciati nel
la sentenza Société Technique Minière, in cui la Corte di giusti zia aveva affermato che era necessario verificare sulla base di
un insieme di elementi oggettivi di fatto e di diritto con un
grado di probabilità sufficiente se le disposizioni in causa ave
vano esercitato, in modo diretto o indiretto, attuale o potenzia
le, un effetto sui flussi di scambio, con riferimento ai dati di
mercato delle pelli in Danimarca e nella Comunità e della posi zione di mercato di DPF e dei suoi concorrenti, ha ritenuto
che l'effetto sulla concorrenza e sul commercio interstatale di
tali disposizioni risultava essere molto rilevante. Il tribunale ha
infine rigettato l'argomento relativo all'applicabilità dell'art. 85
(3) alle disposizioni litigiose in quanto lo stesso era stato solle
vato dalla ricorrente unicamente nella memoria di replica e, per
tanto, doveva essere considerato irricevibile ai sensi dell'art. 42
paragrafo II del regolamento di procedura della Corte di giusti zia che all'epoca della presentazione del ricorso era applicabile anche ai procedimenti innanzi al tribunale (e che è stato, del
resto, sostanzialmente riprodotto nel testo attuale del regola mento di procedura del tribunale).
In considerazione del parziale annullamento della decisione
della commissione il tribunale ha ridotto l'importo dell'ammen
da del 40% portandola da 500.000 a 300.000 Ecu, liquidando le spese tra le parti.
31 - Sentenza 9 luglio 1992 (causa T-66/89); Pres. J. L. Cruz
Villaca; Publischer Association c. Commissione delle Comu
nità europee. La sentenza è riportata in Foro it., 1992, IV, 509, con osser
vazioni di R. Pardo lesi.
Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Pregiudizio ai commercio
tra Stati membri — Accordi in vigore in un solo Stato mem
bro — Irrilevanza.
Cee — Concorrenza — Art. 85 (3) — Razionalizzazione dei
sistema di distribuzione e vendita — Riduzione dei costi am
ministrativi — Necessità della misura — Insussistenza.
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
Con decisione del 12 dicembre 1989 la commissione dichiara
va contrari all'art. 85 (1) e non suscettibili di beneficiare di esen
zione ai sensi dell'art. 85 (3) una serie di accordi e regolamenti
posti in essere tra imprese facenti parte della Pubbliscer Asso
ciation (PA) e tra questa associazione e editori esterni alla stes
sa. In particolare, la commissione dichiarava illegittimi i seguenti accordi e regolamenti:
— «Net book agreement» (NBA) in quanto prevedeva condi
zioni tipo di vendita e la fissazione di prezzi obbligatori da par te degli editori per tutti i membri dell'associazione. Il rispetto di tale accordo era, inoltre, garantito da un organismo denomi
nato consiglio di PA. — Il regolamento emanato sulla base della clausola VI di
NBA, in quanto prevedeva l'autorizzazione di sconti alle biblio
teche, ai depositari non professionisti e ai commercianti all'in
grosso. A suffragio della propria domanda la ricorrente aveva porta
to i seguenti ordini di argomentazioni: 1. Mancata violazione del commercio tra Stati membri.
2. Necessità delle misure adottate per creare un sistema di
vendita con condizioni uniformi per far fronte alle spese ammi
nistrative eccessive.
1. Con riguardo al primo argomento la ricorrente sosteneva
che, essendo gli accordi e i regolamenti in questione relativi esclu
sivamente alla vendita dei libri da parte degli editori e dei riven ditori inglesi, mancava l'elemento del pregiudizio al commercio
tra Stati membri e, pertanto, l'art. 85 (1) risultava inapplicabi
le. Il tribunale ha rigettato tale argomento rilevando che un
comportamento restrittivo della concorrenza relativo al territo
rio di un solo Stato membro è suscettibile di ripercuotersi sui
flussi commerciali e sulla concorrenza nel mercato comune. In
proposito, il tribunale ha citato i dati (non contestati dalla ri
corrente) raccolti dalla commissione i quali dimostrano che le
importazioni di libri in Irlanda di provenienza dal Regno unito costituiscono l'80% del totale delle importazioni in tale paese
e che circa il 75% dei libri importati sono commercializzati sot to il regime dei prezzi imposti.
2. La ricorrente rilevava che la stipula e l'applicazione degli
accordi in questione permettevano, attraverso la possibilità
per l'editore di formulare le proprie condizioni di vendita
e la loro comunicazione ai distributori, la possibilità di appli care condizioni uniformi nelle forniture, la garanzia di non
avere libri venduti a prezzi inferiori a quelli imposti ed il controllo sul rispetto dell'applicazione delle condizioni tipo
in materia di prezzi, permettevano ai librai di evitare costi
amministrativi che altrimenti sarebbero risultati eccessivi. In
sostanza, secondo la ricorrente le misure sopradette erano ne
cessarie per razionalizzare e rendere più efficiente il sistema
di distribuzione dei libri. Il tribunale ha giudicato non perti nente tale ordine di argomentazioni. In particolare, il tribuna
le ha rilevato che la ricorrente non aveva addotto alcun argo
mento che giustificasse il maggior livello dei sopradetti costi
amministrativi rispetto a quelli relativi alla media delle prati
che commerciali in altri settori. Inoltre, l'eventuale abbassa
mento dei costi amministrativi non poteva comunque legitti
mare la messa in atto di un sistema che imponeva condizioni
di vendita uniformi restrittive del libero gioco della concorren
za nel mercato comune; tali condizioni, difatti, sono state
giudicate dal tribunale del tutto eccessive rispetto a quanto
necessario per realizzare un sistema di vendita più razionale
con costi ridotti.
Per tutti i motivi sopra esposti il tribunale ha rigettato il ri corso condannando la ricorrente alle spese.
32 - Ordinanza del presidente del tribunale del 16 luglio 1992
(causa T-29/92 R); Pres. J. L. Cruz Villaca; Vereniging van
Samenwerkende e altri c. Commissione delle Comunità
europee.
Cee — Art. 184 e 185 — Regolamento di procedura del tribu
nale — Sospensione dell'esecuzione di una decisione della com
missione — Presupposti per la tutela d'urgenza — Danno grave
Il Foro Italiano — 1993.
e irreparabile — «Fumus boni iuris» — Poteri del tribunale
nella procedura d'urgenza — Limiti.
Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Inesi
stenza dell'atto — Nullità — Violazione del principio dell'in
tangibilità dell'atto adottato — Insussistenza — Presunzione
di legalità degli atti comunitari. Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Associazione tra imprese
— Regolamentazione della concorrenza nel mercato edilizio — Procedure di appalto — Concertazione tra imprenditori — Scambi di informazioni sui prezzi — Confronti sulla strut
tura dei costi — Aumento in comune dei prezzi — Effetto
restrittivo sulla concorrenza.
Cee — Concorrenza — Art. 85 (3) — Possibilità di applicare
esenzioni — Sospensione parziale dell'esecuzione della deci
sione della commissione.
La Vereniging van Samenwerkende Prijsregelende Organisa
ties in de Bouwnijvrheid insieme ad altre ventotto associazioni
(di seguito «SPO e a.») fanno parte di un'associazione («SPO») che raggruppa delle associazioni di imprese edili. Detta associa
zione ai sensi del proprio statuto ha per obiettivo la regolamen
tazione della concorrenza nel mercato edilizio olandese. A tal
fine lo statuto prevede procedure che assicurano una regola
mentazione istituzionalizzata dei prezzi e della concorrenza, tra
cui l'organizzazione di riunioni tra imprese concorrenti in cui
le stesse possono scambiarsi informazioni riguardo alle offerte
e alle rispettive strutture dei costi. Con decisione del 5 febbraio
1992 ia commissione Ce dichiarava illegittimo rispetto all'art.
85 (1) detto sistema, ordinando ai membri dell'associazione di mettere immediatamente fine a tale infrazione. In particolare, la commissione riteneva incompatibili con l'art. 85 (1) le se
guenti restrizioni della concorrenza messe in atto nell'ambito
del sistema suddetto: notificazione delle intenzioni di sottomet
tere un'offerta di prezzo; riunione degli imprenditori che hanno
effettuato le offerte di prezzo; principio della designazione di
un avente diritto e della sua protezione; possibilità per gli im
prenditori di confrontare le rispettive strutture dei costi; tra
smissione di cifre in bianco da parte dei partecipanti agli appal ti al presidente della riunione tra imprenditori partecipanti agli
appalti al presidente della riunione tra imprenditori partecipanti
e relativo scambio di dette informazioni; possibilità per l'im
prenditore di ritirare la propria offerta dopo aver preso cono
scenza della cifra offerta dagli altri imprenditori; possibilità di modificare l'offerta; possibilità di un aumento in comune dei
prezzi da parte degli imprenditori; fissazione concertata dei prezzi;
indennizzo delle spese di calcolo e delle prestazioni professiona
li relative all'offerta; possibilità di imporre sanzioni in caso di mancato rispetto delle regole previste dai regolamenti in que stione. Le associazioni predette venivano inoltre condannate ad
ammende per un valore complessivo di 22.498.000 Ecu. Con
ricorso ex art. 173, 2° comma, depositato alla cancelleria del
tribunale in data 13 aprile 1992, la SPO e a. chiedeva la dichia razione di inesistenza o di nullità di detta decisione. Con atto
separato, depositato il medesimo giorno presso la cancelleria
del tribunale, la ricorrente introduceva anche un ricorso ai sensi
degli art. 185 e 186 Cee e 105 par. II del regolamento di proce
dura del tribunale finalizzato a ottenere, a titolo principale, la
sospensione totale dell'esecuzione della decisione e, in via sussi
diaria, la sospensione parziale della stessa. A suffragio di tale
ricorso in via d'urgenza la ricorrente sosteneva che l'esecuzione
immediata della decisione avrebbe provocato un pregiudizio grave
ed irreparabile alla ricorrente e che vi era un fumus boni iuris
sulle ragioni della ricorrente.
In particolare, con riguardo al pregiudizio grave ed irrepara
bile la ricorrente affermava che l'esecuzione immediata della
decisione avrebbe avuto non solo l'effetto di distruggere l'orga
nizzazione di SPO ma anche quello di deteriorare in modo irre
parabile i rapporti di concorrenza sul mercato delle costruzioni.
In relazione al fumus boni iuris la ricorrente sosteneva, a titolo
principale, che la decisione era inesistente o, comunque, nulla,
in quanto la versione notificata in lingua olandese non sarebbe
stata approvata dal collegio dei commissari. In subordine, la
ricorrente affermava che la decisione violava l'art. 85 (1) e (3)
e la disposizione del regolamento (Cee) 17/62 per insufficienza
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PARTE QUARTA
della motivazione con riguardo alla definizione del mercato rile
vante, la mancata dimostrazione di un effetto sensibile sulla
concorrenza e l'assenza di presa in considerazione delle propo
ste di modifica effettuate dalla ricorrente.
Il tribunale, dopo aver preliminarmente rilevato che era l'in
sieme del sistema costituito e regolamentato dagli statuti delle
associazioni ad integrare nel suo complesso l'infrazione, ha ri
conosciuto l'esistenza del rischio di un pregiudizio grave ed ir
reparabile in caso di esecuzione immediata della decisione. In
particolare, il tribunale ha affermato che detta esecuzione avrebbe
per effetto di compromettere in modo irreversibile la possibilità
per le parti ricorrenti di applicare nuovamente le regolamenta zioni oggetto della decisione. Con riguardo al fumus boni iuris,
il tribunale ha rigettato l'argomento principale fondato sull'ine
sistenza o nullità della decisione per violazione del principio d'in
tangibilità dell'atto, rilevando che la ricorrente non aveva por
tato indizi sufficienti per far cadere la presunzione di legalità
di cui godono gli atti comunitari. Con riguardo alle argomenta zioni portate a titolo sussidiario il tribunale ha fatto notare che
in sede di procedura d'urgenza non poteva approfondire gli ele
menti addotti dalla ricorrente. Più specificamente, in relazione
all'argomento relativo al mancato esame da parte della commis
sione delle proposte di modifica effettuate dalla ricorrente, il
tribunale ha ricordato che il giudice dei procedimenti d'urgenza non può sostituire il proprio potere di apprezzamento a quello
della commissione. Il tribunale ha poi individuato una serie di
disposizioni litigiose sicuramente restrittive della concorrenza (riu
nioni tra imprenditori, confronti dei prezzi, accordo sul princi
pio della designazione di un avente diritto e sulla sua protezio
ne, trasmissione di cifre in bianco da parte dei partecipanti al
presidente della riunione, possibilità di ritirare la propria offer
ta dopo aver preso conoscenza della cifra offerta dagli altri im
prenditori, indennizzo delle spese di calcolo e delle prestazioni
professionali relative all'offerta). Secondo il tribunale, peraltro,
dette restrizioni alla concorrenza, che appaiono sicure, non esclu
dono che altre disposizioni del sistema definite illegittime dalla
commissione possano beneficiare di un'esenzione ex art. 85 (3)
o, comunque, risultare legittime. In proposito, il tribunale ha
rilevato che se in regola generale il fatto che alcuni elementi
di un sistema, che almeno in parte appare sicuramente illegitti
mo, sono suscettibili di beneficiare di un'esenzione o possono
risultare legittimi a seguito di un'indagine sul merito, tale circo
stanza non è sufficiente per stabilire l'esistenza di un fumus
boni iuris che permetta la sospensione della decisione nel suo
complesso. Peraltro, con specifico riguardo al caso di specie,
e in relazione alle circostanze di diritto e di fatto da cui lo stes
so è caratterizzato, il giudice del procedimento d'urgenza è chia
mato ad operare un bilanciamento tra l'interesse ad una buona
amministrazione e il rischio di portare un pregiudizio irrepara bile all'applicazione di regole che possono risultare legittime a
seguito di un accertamento definitivo. A tal fine il tribunale
ha stabilito di giudicare immediatamente applicabile la decisio
ne alle disposizioni sopracitate in quanto sicuramente restrittive
della concorrenza e relativamente autonome rispetto all'insieme
del sistema di regolamentazione della concorrenza nel mercato
edilizio olandese, ordinando invece la sospensione della decisio
ne in relazione alla parte dello stato e della regolamentazione non attinente alle misure predette.
33 - Sentenza 17 settembre 1992 (T-138/89); Pres. J. L. Cruz
Villaca; Nederlandse Bankiersvereniging e Nederlandse Ve
reniging van Banken c. Commissione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Attesta
zione negativa. Cee — Concorrenza — Ricorso ex art. 173 — Presupposti —
Oggetto — Impugnabilità della sola motivazione — Impu
gnabili da parte del beneficiario — Mancanza di interesse
del ricorrente — Soggetti non riguardati direttamente ed indi
vidualmente dalla decisione — Irricevibilità del ricorso.
Con ricorso del 2 ottobre 1989 la Nederlandse Bankiersvere
niging e la Nederlandse Vereniging van Banken (NBV e NVB)
Il Foro Italiano — 1993.
chiedevano l'annullamento della decisione della commissione n.
89/152/Cee. Con tale decisione la commissione aveva rilasciato
un'attestazione negativa relativa ad un accordo interbancario
firmato dalle ricorrenti e avente per oggetto l'effettuazione di
trasferimenti tramite prestampati denominati «actie-accepten»
(di seguito «l'Accordo»). Tale Accordo prevedeva una coopera zione tecnica tra le banche e un sistema di ripartizione dei costi
amministrativi. Nella propria decisione la commissione aveva
stabilito che tale Accordo, pur presentando un carattere restrit
tivo della concorrenza, non incideva in modo notevole sugli scam
bi tra Stati membri. La commissione aveva eccepito la ricevibilità del suddetto ri
corso sulla base delle seguenti argomentazioni: — mancanza di un interesse ad agire da parte della ricorren
te, in quanto l'atto impugnato non recava pregiudizio alle ri
correnti; — la NVB non era riguardata dalla decisione né direttamente
né individualmente e, inoltre, non ne era destinaria.
In particolare, la commissione negava alle ricorrenti la possi
bilità di attaccare solo ima parte della motivazione della deci
sione e non il dispositivo, giudicando errata la tesi di NBV e
NVB che sostenevano di poter scomporre la decisione in più
conclusioni intermedie. Inoltre, secondo la commissione l'atte
stazione negativa di cui aveva beneficiato l'Accordo non modi
ficava la situazione giuridica delle ricorrenti in quanto, contra
riamente ad un provvedimento di esenzione ex art. 85 (3), non
vincolava il giudice nazionale e non aveva, pertanto, alcun ef
fetto giuridico per NBV e NVB. Infine, la commissione aveva
rilevato che l'interesse ad agire delle ricorrenti era escluso dal
fatto che le stesse avevano ottenuto il provvedimento richiesto, essendo irrilevante al riguardo le motivazioni sulle quali la com
missione aveva fondato tale provvedimento.
Le ricorrenti avevano eccepito tali tesi della commissione so
stenendo i seuenti argomenti: — l'attestazione negativa costituisce una decisione ai sensi del
l'art. 173 e, in quanto tale, può essere impugnata; — le ricorrenti non impugnano un semplice motivo, bensì
una conclusione intermedia della decisione da cui dipende logi
camente la decisione finale; — le ricorrenti hanno un interesse oggettivo ad impugnare
l'atto con riguardo alla motivazione in quanto questa, stabilen
do che l'Accordo restringe la concorrenza nel mercato olande
se, è suscettibile di portare il giudice nazionale, in un'eventuale
successiva contestazione sull'Accordo, a dichiarare lo stesso il
legittimo in quanto restrittivo della concorrenza.
Il tribunale ha preliminarmente ricordato che, secondo la giu
risprudenza costante della corte, il ricorso previsto dall'art. 173
può essere esercitato solo nei confronti di un atto lesivo, cioè
nei confronti di un atto che può pregiudicare una determinata
situazione giurìdica. Con riguardo al caso di specie, il tribunale
ha rilevato che l'atto in questione è una decisione che nel pro
prio dispositivo soddisfa il richiedente e non è suscettibile, per sua natura, di modificare la sua situazione giuridica né di arre
cargli pregiudizio. Inoltre, il tribunale ha affermato che un ope ratore economico deve fondare la propria azione in giudizio su un interesse dichiarato ed attuale all'annullamento dell'atto
impugnato. Invece, nel caso in esame le ricorrenti hanno addot
to a giustificazione della propria azione situazioni future ed in
certe che non possono giustificare un interesse rilevante all'im
pugnazione dell'atto.
Sulla base delle considerazioni soprariportate il tribunale ha
ritenuto irricevibile il ricorso NBV e NVB e ha condannato le
stesse alle spese.
34 - Sentenza 18 settembre 1992 (causa T-28/90); Pres. J. L.
Cruz Villaca, Avv. gen. M. D. A. O. Edward; S.A. Asia
Motor France e altri c. Commissione delle Comunità eu
ropee.
Cee — Art. 175 — Presupposti per l'esperimento del ricorso
in carenza — Fine dell'inerzia dell'istituzione obbligata ad agire — Ricevibilità del ricorso antecedente alla fine dell'inerzia —
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
Perdita di oggetto del ricorso — Non luogo a statuire sulle
conclusioni del ricorso.
Cee — Art. 175 — Trasformazione del ricorso in carenza in
ricorso in annullamento — Art. 173 e art. 189 — Nozione
di decisione. Cee — Procedura innanzi al tribunale — Presentazione di nuo
ve conclusioni che modificano l'oggetto del litigio — Irricevi
bilità. Cee — Procedura innanzi al tribunale — Risarcimento dei dan
ni ex art. 178 e 215 — Mancata determinazione dell'ammon
tare del danno con riguardo al periodo in cui poteva farsi
valere la responsabilità dell'istituzione per carenza — Irricevi
bilità.
La SA Asia Motor France, la SA la Maison du Deux roues
e la SA E.A.S. (di seguito le «ricorrenti») e Jean-Michel Ce
sbron, svolgono attività di importazione e di commercio di vei
coli di marca giapponese, già messi in libera pratica in altri
Stati membri della comunità, in Francia. Ritenutosi pregiudica to da una intesa posta in essere da cinque importatori di vetture
giapponesi in Francia (Sidat Toyota France, Madza France Mo
tor, Honda France, Mitsubishi Sonauto e Richard Nissan SA) sotto il benestare del governo francese. M. Cesbron, in data
29 novembre 1988, trasmetteva una denuncia alla commissione
fondata sugli art. 30 e 85 Cee. Successivamente, le altre quattro ricorrenti hanno proposto una analoga denuncia fondata unica
mente sull'art. 85. In tale denuncia le ricorrenti sostenevano
che gli importatori suddetti si sarebbero accordati tra loro e
con l'amministrazione francese, per non vendere nel mercato
francese un numero di veicoli giapponesi superiore al 3% dei
veicoli immatricolati in Francia nell'anno precedente. Detti im
portatori si sarebbero inoltre ripartiti tra loro le quote di mer
cato nell'ambito di tale tetto massimo. Quale contropartita per l'autolimitazione predetta, l'amministrazione francese avrebbe
aumentato le barriere e gli ostacoli all'importazione di veicoli
giapponesi di marche diverse da quelle distribuite dagli impor tatori in questione.
In data 20 marzo 1990, a seguito dell'inerzia dimostrata dalla
commissione con riguardo alle denunce proposte, le ricorrenti
depositavano presso la cancelleria della corte un ricorso conte
nente le seguenti richieste:
1. Accertare e dichiarare, a norma dell'art. 175 III, che la
commissione non aveva adottato nei confronti delle ricorrenti
una decisione basata sugli art. 30 e 85.
2. Condannare la Comunità economica europea, sulla base
degli art. 178 e 215 II, al risarcimento dei danni subiti a causa
dell'inerzia della commissione.
Con ordinanza del 23 maggio 1990 la corte dichiarava irrice
vibile il ricorso con riguardo alle domande fondate sull'art. 30
rimettendo il procedimento al tribunale.
Con comunicazione dell'8 maggio 1990 il direttore generale della direzione generale per la concorrenza informava le ricor
renti che la commissione non intendeva dare seguito alla loro
denuncia in quanto gli art. 85 e 30 risultavano non applicabili al caso di specie. Con decisione del 5 dicembre 1991 (attual mente oggetto di ricorso per annullamento presentato dalle ri
correnti) la commissione rigettava in via definitiva le denunce
presentate dalle ricorrenti e da Cesbron.
1 .a) Il tribunale ha preliminarmente constatato la ricevibilità
del ricorso in carenza, rigettando gli argomenti portati dalla
commissione per cui non vi sarebbe stato un'invito ad agire
formalizzato da parte delle ricorrenti. In proposito, il tribunale
ha ribadito quanto sancito dalla corte nella sentenza del 10 giu
gno 1982 Lord Bethell c. Commissione (causa 246/81, Racc.
2277, par. 13), che individua un duplice presupposto per la rice
vibilità di un ricorso in carenza: il ricorrente deve essere desti
natario di un atto della commissione che ha nei suoi confronti
degli effetti giuridici suscettibili di essere annullati; la commis sione, formalmente invitata ad agire, deve essere rimasta inerte,
non adottando un atto che il ricorrente poteva legittimamente
pretendere secondo il diritto comunitario. Nel caso di specie
le ricorrenti, da un lato avevano diritto ad essere destinatarie
di un'atto avente effetti giuridici, dall'altro avevano formalmente
invitato la commissione ad agire facendo intendere che in caso
Il Foro Italiano — 1993.
di inerzia avrebbero esperito un ricorso ex art. 175. Con riguar do all'accoglimento delle conclusioni del ricorso, il tribunale ha
invece affermato che, a seguito della comunicazione dell'8 mag
gio e della decisione del 5 dicembre 1991 emanate dalla com
missione, il ricorso aveva perso il suo oggetto. In particolare, il tribunale ha rilevato che nel caso di specie l'atto la cui omis
sione costituiva l'oggetto della lite era stato adottato successiva
mente al deposito del ricorso, prima della pronuncia della sen
tenza. Secondo il tribunale erano, pertanto, venuti meno i pre
supposti per dichiarare, ai sensi dell'art. 176 Cee, quale
disposizione l'istituzione responsabile dell'inerzia era chiamata
a prendere per porre fine alla propria inerzia. Il tribunale ha
dunque deciso il non luogo a statuire su tale parte del ri
corso.
1.6) Le ricorrenti avevano chiesto, sulla base del principio dell'interesse ad una buona amministrazione della giustizia e,
perché fosse evitato un diniego di giustizia, di trasformare il
ricorso in carenza in ricorso in annullamento della precitata co
municazione dell'8 maggio. Secondo le ricorrenti tale comuni
cazione poteva, anche sulla base di precedenti prese di posizio ne della corte (GEMA c. Commissione, sentenza del 18 ottobre
1979, causa 125/78, Foro it., 1981, IV, 351), essere oggetto di
un ricorso per annullamento. Il tribunale non ha accolto tale
argomento rilevando che la comunicazione predetta non presen tava il carattere di una decisione ai sensi dell'art. 189 tale da
recare pregiudizio alla parte che ne era destinataria e, pertanto, non poteva essere oggetto di ricorso ex art. 173. Il tribunale
ha, inoltre, dichiarato che il proprio regolamento di procedura non consentiva di sottoporre al tribunale nuove conclusioni su
scettibili di modificare l'oggetto del litigio. 2. Il tribunale ha dichiarato irricevibile la domanda di risar
cimento dei danni subiti a causa dell'inerzia della commissione
proposta dalle ricorrenti in base agli art. 178 e 215 Cee. In
proposito, il tribunale ha preliminarmente ricordato che, ai
sensi del regolamento di procedura del tribunale, la domanda
introduttiva dell'istanza deve definire l'oggetto del litigio insie
me ad un'esposizione sommaria dei mezzi invocati. Con ri
guardo al caso di specie, il tribunale ha rilevato che nella
nota giustificativa (presentata, peraltro, tardivamente) allegata dalle ricorrenti a suffragio della domanda di risarcimento, si
faceva riferimento a perdite pecuniarie subite nel corso degli esercizi che andavano dal 1985 fino al 1989, ossia relative
ad un periodo anteriore a quello rispetto al quale poteva esse
.re fatta valere la responsabilità della commissione per la pro
pria inerzia.
Sulla base di quanto sopra esposto il tribunale ha dichiarato
il non luogo a statuire sulle conclusioni del ricorso e l'irrecivibi
lità delle ulteriori conclusioni del ricorso, condannando la com
missione a sopportare le proprie spese oltre ai tre quarti delle
spese della ricorrente.
35 - Sentenza 18 settembre 1992 (causa T-24/90); Pres. J. L.
Cruz Villaca, Aw. gen. D. A. O. Edward; Automec Srl.
c. Commissione delle Comunità europee.
Cee — Concorrenza — Denuncia introdotta ex art. 3, par. 2
del reg. n. 17/62 da una persona giuridica — Decisione della
commissione di rigetto — Modifica dell'oggetto della denun
cia in corso di causa (Regolamento n. 17/62 del consiglio del
6 febbraio 1962, art. 3; regolamento n. 99/63 della commis
sione, art. 6).
Cee — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Poteri
della commissione nel porre fine alle infrazioni — Ingiunzio ni rivolte alle imprese interessate (Trattato Cee, art. 85, par.
1; regolamento n. 17/62, art. 3, par. 1). Cee — Concorrenza — Missione di vigilanza attribuita alla com
missione sull'applicazione delle regole di concorrenza — Ob
bligo di pronunciarsi sull'esistenza di un'infrazione — Inesi
stenza (Trattato Cee, art. 89, par. 1, 155; regolamento n.
17/62, art. 3). Cee — Concorrenza — Obbligo di pronunciarsi sull'esistenza
di un'infrazione — Inesistenza — Fissazione di priorità nel
l'esame dei casi — Controllo di legalità del tribunale.
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PARTE QUARTA
Cee — Concorrenza — Effetto diretto delle norme di concor
renza di cui agli art. 85, par. 1 e 86 del trattato — Applica
zione delle norme da parte dei giudici nazionali — Dovere
di cooperazione leale (Trattato Cee, art. 85, par. 1, 86).
Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Svia
mento di potere — Onere della prova.
Con atto depositato il 3 maggio 1990, la società Automec
Srl. aveva introdotto un ricorso avente ad oggetto l'annulla
mento della decisione della commissione del 28 febbraio 1990,
con cui era stata respinta la domanda della ricorrente, pre
sentata ai sensi dell'art. 3, n. 2, del regolamento n. 17,
e relativa al comportamento delle società BMW AG e BMW
Italia SpA. Per una dettagliata descrizione dei fatti all'origine della causa
e dello svolgimento della procedura, si rinvia a quanto già detto
nella sentenza adottata nei confronti delle stesse parti in data
10 luglio 1990 (causa T-64/89). Nel merito Automec aveva in primo luogo fatto valere che
la commissione non aveva tenuto conto dell'oggetto della de
nuncia da essa presentata, con cui in realtà essa non si era limi
tata a chiedere che fosse ingiunto a BMW di eseguire le conse
gne richieste e di autorizzare la ricorrente ad utilizzare i marchi
BMW, ma aveva altresì' richiesto di accertare se il boicottaggio
di cui essa era vittima fosse la conseguenza del sistema di distri
buzione di BMW o di un'applicazione discriminatoria dello stesso.
A tale riguardo, il tribunale ha rilevato che la domanda in
trodotta dalla ricorrente non era diretta ad ottenere, come af
fermato, il ritiro del beneficio dell'esenzione per categoria pre
visto dal regolamento n. 123/85. Se effettivamente nel ricorso
nella causa T-64/89 la ricorrente aveva sostenuto che la com
missione aveva violato l'art. 10, par. 1, del suddetto regolamen
to — che le conferisce il potere di ritirare il beneficio dell'appli
cazione dello stesso — tale riferimento, fatto in un documento
rivolto al tribunale e non alla commissione, non avrebbe potuto
avere come effetto di allargare l'oggetto della denuncia intro
dotta in precedenza. D'altra parte — si rileva ancora nella sen
tenza — pur avendo avuto la possibilità, nel corso del procedi
mento amministrativo, di precisare l'oggetto della sua doman
da, Automec non aveva fatto alcun cenno alla possibilità di
un eventuale ritiro dell'esenzione. Alla luce di tali circostanze,
pertanto, la denuncia presentata dalla ricorrente non avrebbe
potuto essere interpretata, a parere del tribunale, in tal senso
dalla commissione.
Automec aveva altresì' contestato la distinzione operata dalla
commissione tra i poteri di cui essa dispone ex art. 3 del regola
mento n. 17, nelle ipotesi di violazione dell'art. 85, par. 1, da
un lato, e dell'art. 86, dall'altro: solo infatti in quest'ultimo caso la commissione avrebbe potuto imporre un'obbligazione di contrattare a BMW. Sul punto la sentenza precisa come, tra
le diverse conseguenze che può comportare la violazione del di
vieto di cui all'art. 85, par. 1, sul piano del diritto privato, una sola è esplicitamente fissata al paragrafo 2 di quello stesso
articolo e cioè la nullità dell'accordo. Spetta dunque al diritto
nazionale precisare le ulteriori conseguenze connesse ad una ta
le violazione, quali, ad esempio, l'obbligo di risarcire il danno
provocato ad un terzo o un'eventuale obbligazione di contrat
tare.
Poiché infatti la libertà negoziale deve restare la regola, non
si potrebbe attribuire alla commissione, nel quadro del potere di ingiunzione ad essa spettante ex art. 85, par. 1, la possibilità di imporre ad una parte un obbligo di contrattare, in particola re in casi, come quello all'esame, in cui esistono diversi modi
per mettere fine all'infrazione.
La ricorrente aveva ancora lamentato il fatto che la commis
sione avrebbe rinunciato ad esercitare la sua competenza nel
l'applicazione dell'art. 85 a vantaggio delle giurisdizioni nazio
nali. Automec aveva in particolare sostenuto che il diritto co
munitario ha stabilito una procedura per l'accertamento delle
infrazioni e che la commissione non avrebbe potuto sottrarsi
all'esercizio dei propri poteri che alla stessa sono connessi. Il
11 Foro Italiano — 1993.
tribunale ha precisato al riguardo che, in materia di concorren
za, la portata degli obblighi della commissione va esaminata
alla luce dell'art. 89, par. 1, del trattato, che traduce in questo
settore, la massima generale di vigilanza sull'applicazione del
diritto comunitario alla stessa affidato dall'art. 155. Orbene,
tale missione non implica a carico della commissione un obbli
go di aprire procedimenti allo scopo di accertare eventuali vio
lazioni del trattato o del diritto derivato.
A tale riguardo, il tribunale rileva come, sulla base della giu
risprudenza della corte (vedi, in particolare la sentenza GEMA,
125/78 del 18 ottobre 1979, Foro it., 1981, IV, 351) tra i diritti riconosciuti alle parti denuncianti dai regolamenti nn. 17 e 99/63
non figura quello di ottenere una decisione, ai sensi dell'art.
189 del trattato, circa l'esistenza o no dell'infrazione allegata.
Ne consegue — si rileva nella sentenza — che la commissione
non è tenuta a pronunciarsi sulla domanda ad essa rivolta, sal
vo nel caso in cui l'oggetto della stessa è di sua competenza
esclusiva, come il ritiro di un'esenzione accordata ex art. 85,
par. 3.
Poiché dunque la commissione non ha l'obbligo di pronun
ciarsi sull'esistenza di un'infrazione, essa non è neppure tenuta
a svolgere un'istruttoria, il cui oggetto è la ricerca di elementi
di prova dell'esistenza di un'infrazione che non è tenuta ad ac
certare.
Il tribunale, d'altra parte, rileva come sia un elemento
essenziale dell'esercizio di un'attività amministrativa, il potere
per l'incaricato di un pubblico servizio di adottare tutte le
misure di organizzazione necessarie alla realizzazione del ser
vizio affidatogli, ivi compresa la fissazione di priorità. Il
fatto quindi che la commissione fissi priorità differenti ai casi, del cui esame è investita, è conforme agli obblighi
ad essa imposti dal diritto comunitario. Quando, come nella
fattispecie, la commissione prende una decisione di archiviare
una denuncia, senza procedere ad istruzione della stessa, il
controllo di legalità del tribunale deve tendere a verificare
se la decisione non sia fondata su fatti inesatti, su un errore
di diritto, come pure su un errore manifesto di valutazione
o sviamento di potere. Alla luce di tali elementi, il tribunale
ha ritenuto che, nel caso di specie, la commissione avesse
motivato correttamente la sua decisione di procedere all'ar
chiviazione della denuncia.
Per valutare la legalità della decisione adottata nel caso, il tribunale ha altresì esaminato se, rinviando la denunciante
al giudice nazionale, la commissione avesse tenuto nel debito
conto la portata della protezione che quest'ultimo poteva assi
curare ai diritti di cui la ricorrente gode in forza dell'art.
85, par. 1. A tale proposito, si rileva come gli art. 85, par.
1, e 86 producano effetti diretti nei rapporti tra i privati e attribuiscano diritti che gli stessi possono far valre davanti
alle giurisdizioni nazionali. La competenza ad applicare tali
disposizioni appartiene infatti tanto alla commissione che ai
giudici nazionali che, nello svolgimento di tale compito, devo
no collaborare reciprocamente (vedi, al riguardo la recente
sentenza della corte Delimitis, C-234/89, del 28 febbraio 1991, Foro it., 1992, IV, 29, con nota di M. Merola). Se poi il giudice nazionale non ha la competenza per ingiungere alle
imprese interessate di porre fine all'infrazione e di infliggere
ammende, egli può fare applicazione nei rapporti tra i privati
dell'art. 85, par. 2.
La ricorrente aveva infine fatto valere che la commissione
avrebbe fatto uso delle norme comunitarie con lo scopo di tute
lare un'impresa, piuttosto che la concorrenza in generale. Poi
ché tuttavia essa non aveva allegato alcuna circostanza concre
ta, il tribunale, sulla base di una consolidata giurisprudenza della
corte, secondo cui un'allegazione di sviamento di potere può essere presa in considerazione solo se il ricorrente fornisce ele
menti oggettivi, pertinenti e concordanti, suscettibili di fondare
la sua sussistenza (vedi, ad esempio, la sentenza Caturla-Poch
e De la Fuente c. Parlamento, 36/87, del 13 luglio 1987, in
Raccolta, p. 2471) ha rigettato anche tale motivo di ri
corso.
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
36 - Sentenza 18 novembre 1992 (causa T-16/91); Pres. H. Kir
scner; Rendo NV c. Commissione delle Comunità euro
pee.
Cee — Concorrenza — Ricevibilità del ricorso — Esame d'uffi
cio della questione di ricevibilità — Atto impugnabile con ricorso in annullamento — Effetti sulla situazione giuridica del ricorrente di un'omissione della commissione (Trattato Cee,
art. 173, par. 2). Cee — Concorrenza — Diritti delle parti nel quadro della pro
cedura amministrativa di accertamento di un'infrazione ex art.
85 (Regolamento n. 99/63 della commissione del 25 luglio
1963, art. 2, 3, 5, 6). Cee — Concorrenza — Controllo di legalità di un atto della
commissione ex art. 173 — Poteri di ingiunzione del tribuna le nei confronti della commissione — Inesistenza (Trattato
Cee, art. 173, par. 2). Cee — Concorrenza — Applicabilità delle norme di concorren
za alle imprese incaricate della gestione di un servizio di inte
resse economico generale — Limiti (Trattato Cee, art. 85,
90, par. 2). Cee — Concorrenza — Legge nazionale di contenuto analogo
ad accordo restrittivo di concorrenza — Necessità del previo esame della conformità della legge al diritto comunitario (Trat tato Cee, art. 85, 169).
Con atto depositato in data 14 marzo 1991, Rendo NV ed
altre due società di distribuzione di energia elettrica nei Paesi
Bassi avevano promosso un ricorso volto ad ottenere il parziale
annullamento della decisione della commissione del 16 gennaio
1991, relativa ad un accordo di cooperazione (Overeenkomst
van Samenwerking, in prosieguo «OVS») concluso tra le società
produttrici e la NV Samenwerkende Elektriciteitsproduktiebe
drijven (in seguito «SEP»), una società creata al fine di orga nizzare la loro cooperazione.
L'art. 21 di detto accordo riserva alla sola SEP l'importazio ne e l'esportazione di elettricità ed impone ai suoi partecipanti di prevedere nei contratti di fornitura che stipulano con le im
prese distributrici una clausola con cui queste ultime si impe
gnano a non importare o esportare elettricità. Su questa dispo sizione verteva la decisione impugnata con il ricorso in
esame.
Le ricorrenti avevano in particolare chiesto al tribunale di
annullare la decisione solo nella parte in cui la stessa non si
era pronunciata sull'applicazione dell'art. 21 dell'OVS alle im
portazioni ed alle esportazioni effettuate da società di distribu
zione, tra cui le ricorrenti, nel settore delle forniture pub
bliche. Nella motivazione della decisione impugnata la commissione
aveva rilevato come la legislazione olandese in vigore all'epoca
della conclusione dell'accordo in questione non contenesse di
vieti per le imprese non produttrici di importare elettricità, ma
si limitasse a subordinare una tale importazione ad autorizza
zione, in linea di principio accessibile ad ogni interessato. La
nuova legge sulla elettricità entrata in vigore l'8 dicembre 1989 — ed in particolare il suo art. 34 — ha invece riservato ad
una società da designarsi con provvedimento del ministero degli
affari economici la possibilità di importare energia nel settore
delle forniture pubbliche; la società designata a tale scopo è
stata la SEP. Tale normativa, dunque, vieta alle società distri
butrici di importare elettricità, possibilità che è invece lasciata
ai consumatori finali per il proprio consumo.
La legge del 1989, invece, nulla dice a proposito dell'esporta
zione di energia elettrica: la commissione ne aveva dunque de
dotto, anche sulla base delle precisazioni fornite dal governo
olandese, che l'esportazione è libera sia per le imprese di distri
buzione che per i consumatori finali.
Con la decisione impugnata, la commissione aveva ricono
sciuto che l'art. 21 dell'OVS, in connessione con il sistema in
staurato dalla legge del 1989, costituiva una violazione dell'art.
85. Essa aveva quindi esaminato se l'art. 90, par. 2, del trattato
facesse ostacolo, nel caso di specie, all'applicazione dell'art. 85,
par. 1. Al riguardo nella decisione era stato rilevato come la
SEP, cosi come le società che ne fanno parte, sono imprese
Il Foro Italiano — 1993.
incaricate della gestione di un servizio di interesse economico
generale. Per quanto riguardava tuttavia le importazioni e le
esportazioni effettuate da consumatori finali, l'applicazione del
l'art. 85 all'OVS non avrebbe impedito, il compimento della
missione assegnata alle imprese stesse; pertanto, il controllo as
soluto sulle importazioni e le esportazioni di cui la SEP dispo neva grazie all'art. 21 dell'OVS non sarebbe stato indispensabi le alla realizzazione della sua missione.
In ordine alle importazioni nel settore delle forniture pubbli
che, la commissione aveva invece constatato come il divieto fat
to alle società di produzione e di distribuzione di procedere a
importazioni senza passare attraverso la SEP fosse stato succes
sivamente stabilito dall'art. 34 della menzionata legge del 1989;
essa pertanto si è astenuta, nel quadro della procedura avviata
ai sensi del regolamento n. 17, dal pronunciarsi sulla legittimità di tale restrizione riguardo all'art. 90, par. 2, in quanto, ciò
facendo, essa avrebbe anticipato il giudizio sulla compatibilità della legge con il trattato Cee, il che non era oggetto del giudi zio in corso.
Per la stessa ragione la commissione aveva dichiarato di non
potersi pronunciare sul divieto di esportare imposto alle società
di distribuzione nel settore delle forniture pubbliche. In ordine
invece al divieto di esportazione fatto alle società di distribuzio
ne dall'art. 21 dell'OVS anche al di fuori delle forniture pubbli
che, esso era stato considerato contrario alla stessa legge del
1989, che mira a liberalizzare le esportazioni, e non giustificato in base all'art. 90, par. 2.
In data 20 marzo 1991, la commissione ha deciso di avviare
una procedura di infrazione, ex art. 169 del trattato, nei con
fronti di nove Stati membri, tra i quali i Paesi Bassi, riguardo ai monopoli pubblici nel settore del commercio di energia elet
trica. Tali procedure hanno appunto lo scopo di esaminare la
conformità dei suddetti monopoli all'art. 37 del trattato.
Il tribunale ha in primo luogo sollevato d'ufficio la questione di ricevibilità del ricorso: esso ha in particolare esaminato se
la decisione impugnata, nella parte in cui la commissione si era
astenuta dal pronunciarsi sul divieto di importare elettricità nel
settore delle forniture pubbliche, fosse un atto suscettibile di
ricorso in annullamento. A tale fine, secondo una giurispruden za consolidata della corte e del tribunale (vedi, da ultimo la
sentenza del tribunale del 13 dicembre 1990, Prodifarma c. Com
missione, in Raccolta, 1990, II, 843) occorre verificare se l'o
missione ha prodotto effetti giuridici lesivi degli interessi delle ricorrenti, tali da modificarne la situazione giuridica. Orbene,
nella sua decisione, la commissione aveva manifestato l'inten
zione di non proseguire la procedura aperta in base al regola mento n. 17 per quanto riguardava il divieto di importazione, nella misura in cui lo stesso era coperto dalla nuova legge, e
di rinviare l'esame di quest'ultima ad un procedimento avviato
ai sensi dell'art. 169. Tale rinvio non sarebbe equivalso ad una
decisione di rigetto definitivo della denuncia, in quanto nulla
avrebbe impedito alla commissione di proseguire il procedimen to avviato in forza del reg. n. 17, una volta terminato quello ex art. 169. Tuttavia — si rileva nella sentenza — il rinvio a
quest'ultimo procedimento, in quanto presenta carattere defini
tivo, è suscettibile di ledere la situazione giuridica delle ricor
renti sul piano procedurale. In effetti, la posizione delle parti che hanno introdotto una
denuncia presso la commissione è fondamentalmente diversa nel
quadro di una procedura avviata ai sensi dell'art. 169 del tratta
to o del regolamento n. 17. Solo infatti nel secondo caso i de
nuncianti godono di diritti procedurali chiaramente definiti dal
regolamento n. 99/63, in particolare del diritto ad essere infor
mati delle ragioni per le quali la commissione non intende dare
seguito alla denuncia e del diritto di presentare le loro osserva
zioni in proposito. La decisione impugnata che non era indirizzata alle ricorrenti
in base al suo art. 3, tuttavia — a giudizio del tribunale —
le riguardava direttamente e personalmente, nella misura in cui
aveva avuto un'incidenza sui loro diritti procedurali.
Il ricorso è stato pertanto dichiarato ricevibile nella parte in
cui aveva ad oggetto l'annullamento della decisione della com
missione di non pronunciarsi, per il periodo successivo all'en
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PARTE QUARTA
trata in vigore della legge sull'elettricità, sulle restrizioni alle
importazioni derivanti dall'art. 21 dell'OVS. Viceversa, in or
dine alle restrizioni alle importazioni applicabili durante il pe
riodo anteriore alla suddetta legge, sulle quali la decisione
non si era pronunciata, il ricorso è stato dichiarato irricevi
bile. Quanto alla ricevibilità del ricorso nella parte in cui le parti
avevano richiesto altresì l'annullamento della decisione della com
missione di non pronunciarsi sul divieto fatto alle società distri
butrici di esportare energia elettrica, il tribunale ha rilevato co
me la decisione avesse constatato, in motivazione, come tale
divieto fosse contrario all'art. 85, par. 1, e non potesse giustifi carsi in base all'art. 90, par. 2. In tale settore, dunque, la sen
tenza ha in primo luogo escluso la possibilità che la decisione
avesse operato un rinvio ad una procedura fondata sull'art. 169
del trattato.
L'art. 1 del dispositivo della decisione impugnata, tuttavia,
si era limitato a constatare un'infrazione solo riguardo al divie
to di esportazione di energia elettrica al di fuori del settore delle
forniture pubbliche; e solo a tale infrazione le parti all'OVS
dovevano mettere fine, in conformità all'art. 2 della decisione.
Da ciò derivava — rileva la sentenza — che, nonostante la deci
sione impugnata avesse compiuto un'analisi giuridica di tutta
una serie di divieti imposti alle ricorrenti nel quadro dell'OVS, tale analisi non era stata ripresa interamente nel dispositivo del
la decisione che non si era espresso su taluni punti in discussio
ne nel corso dell'istruttoria.
Sulla base di tali considerazioni, il ricorso è stato dichiarato
irricevibile nella parte in cui mirava ad annullare una pretesa
decisione della commissione di non pronunciarsi sul divieto fat
to alle società di distribuzione di esportare energia elettrica nel
settore delle forniture pubbliche.
Il tribunale ha d'altra parte rilevato che, quand'anche il
dispositivo della decisione avesse dovuto essere interpretato
come un'omissione della commissione nel constatare un'infra
zione, si sarebbe dovuto verificare se una tale decisione ri
guardasse direttamente e personalmente le ricorrenti. Ora,
tenuto conto che la denuncia dalle stesse presentata non
era diretta contro le restrizioni all'esportazione derivanti dal
l'OVS, le società ricorrenti non avrebbero comunque benefi
ciato dei diritti procedurali garantiti ai denuncianti dai rego
lamenti nn. 17 e 99/63. Esse, pertanto, non avrebbero potuto essere considerate come destinatarie della decisione oggetto
del giudizio. Il tribunale ha infine dichiarato irricevibile il ricorso — sul
punto accogliendo le osservazioni formulate dalla commissione — nella parte in cui le ricorrenti avevano richiesto che fosse
ingiunto alla commissione di constatare l'esistenza di un'infra
zione all'art. 85, par. 1; il tribunale, infatti, non è competente
a pronunciare ingiunzioni nel quadro di un controllo di legitti mità fondato sull'art. 173 del trattato.
Sulla base di tali considerazioni, il tribunale ha dunque rite
nuto ricevibile il ricorso solo nella parte in cui aveva di mira
l'annullamento della decisione di sospendere il procedimento ex
regolamento n. 17 per quanto aveva riguardo alle restrizioni
alle importazioni imposte alle società distributrici dù elettricità
dopo l'entrata in vigore della legge del 1989.
A tale riguardo, la sentenza non ha accolto, in primo luogo,
la tesi delle ricorrenti, secondo cui la commissione era tenuta
ad adottare, una volta constatata un'infrazione, una decisione
che obbligasse le imprese interessate a mettervi fine. La tesi,
infatti, sarebbe in contrasto con la lettera dell'art. 3, par. 1,
del regolamento n. 17, ai sensi del quale la commissione può adottare una tale decisione; d'altra parte, il par. 2 dello stesso
articolo non conferirebbe all'autore di una denuncia il diritto
ad ottenere dalla commissione una decisione circa l'esistenza
dell'infrazione allegata. Diverso sarebbe il discorso quando l'e
same dell'oggetto della denuncia rientra nella competenza esclu
siva della commissione. Orbene, per quanto riguarda l'applica zione dell'art. 90, par. 2, la corte ha già avuto modo di precisa re (vedi al riguardo la sentenza del 18 giugno 1991, ERT,
Il Foro Italiano — 1993.
C-260/89, in Raccolta, I, 2925) che spetta al giudice nazionale
valutare se i comportamenti posti in essere da un'impresa inca
ricata della gestione di un servizio d'interesse economico gene
rale e contrari all'art. 86 possano essere giustificati dalle neces
sità connesse alla missione particolare affidata all'impresa. Da
tale giurisprudenza risulta quindi che la commissione non ha
competenza esclusiva ad applicare l'art. 90, par. 2, del trattato,
e che, dunque, nel caso di specie, anche il giudice olandese po
teva esaminare la questione sollevata dalle ricorrenti nella loro
denuncia.
Il tribunale ha, d'altra parte, constatato che i divieti di im
portazione contenuti rispettivamente nell'art. 21 dell'OVS e nel
l'art. 34 della legge sull'energia elettrica avevano una portata
pressoché identica ed erano suscettibili di produrre gli stessi ef
fetti, vale a dire l'impossibilità quasi assoluta, per le società
distributrici, di importare elettricità. Orbene — si rileva nella
sentenza — l'esame della compatibilità della legge nazionale con
il diritto comunitario assumeva carattere prioritario rispetto a
quello dell'OVS.
Infatti, finché l'incompatibilità di detta legge con il trattato
non fosse accertata, la dichiarazione che l'OVS configurasse
un'infrazione avrebbe potuto sortire effetti pratici solo qualora
le restrizioni dallo stesso previste superassero quelle derivanti
dalla legge. Ciò risultava soprattutto dal fatto che la commissione non
avrebbe potuto — per porre fine ad una infrazione all'art. 85 — obbligare le imprese ad adottare un comportamento in con
trasto con una legge nazionale, senza esprimere una valutazione
della stessa alla luce del diritto comunitario. Ebbene, lo stru
mento appropriato di cui la commissione dispone in situazioni
di questo tipo è il procedimento ex art. 169, che nel caso di
specie rivestiva carattere prioritario rispetto al procedimento ex
art. 3 del regolamento n. 17.
Alla luce di quanto sopra, l'esame della decisione controversa
da parte del tribunale non ha rilevato alcun errore di diritto
o di fatto imputabile alla commissione per essersi la stessa aste
nuta dal pronunciarsi sulla questione sollevata dalle ricor
renti.
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