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TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Rassegna di giurisprudenza 1989 - 1992)

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TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Rassegna di giurisprudenza 1989 - 1992) Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 5 (MAGGIO 1993), pp. 175/176-247/248 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23257762 . Accessed: 25/06/2014 01:16 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.109.162 on Wed, 25 Jun 2014 01:16:57 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Rassegna di giurisprudenza 1989 -1992)Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 5 (MAGGIO 1993), pp. 175/176-247/248Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23257762 .

Accessed: 25/06/2014 01:16

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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PARTE QUARTA

41. - La distinzione tra i tributi vietati ai sensi dell'art. 10 della direttiva e i diritti di carattere remunerativo implica che

questi ultimi comprendano soltanto le remunerazioni, riscosse

all'atto della registrazione o annualmente, la cui entità sia cal

colata in base al costo del servizio reso.

42. - Una remunerazione la cui entità sia priva di qualunque nesso con il costo del servizio concretamente reso ovvero sia

calcolata in funzione non del costo dell'operazione di cui essa

costituisce il corrispettivo, bensì' dell'insieme dei costi di gestio ne e d'investimento del servizio incaricato della detta operazio ne dev'essere considerata come un tributo che può solo ricadere

sotto il divieto di cui all'art. 10 della direttiva. 43. - In taluni casi, come ad esempio quello dell'iscrizione

di una società, può essere difficile determinare il costo dell'ope razione. La determinazione del costo non può, in un caso del

genere, che essere forfetaria e dev'essere compiuta con criteri

di ragionevolezza, prendendo in considerazione segnatamente il numero e la qualifica delle persone addette, il tempo da que ste impiegato nonché i diversi costi materiali necessari per il

compimento dell'operazione.

Quanto all'esistenza di tributi di entità diversa a seconda della

forma giuridica della società

44. - Nessuna disposizione della direttiva — e ciò vale in par ticolare per l'art. 12, n. 2, il quale si limita a vietare talune

forme di discriminazione relative a tutte le società di capitali — vieta agli Stati membri di fissare importi diversi per l'iscri zione delle società per azioni e, rispettivamente, delle società

a responsabilità limitata; occorre però, come osservano la com

missione, la Cispadana e la Ponente Carni, che nessuno degli

importi richiesti per ciascuna di tali società superi il costo del

l'operazione di iscrizione. 45. - La questione sollevata va quindi risolta nel modo se

guente: l'art. 12 della direttiva dev'essere interpretato nel senso

che i diritti di carattere remunerativo di cui al n. 1, lett. e), dello stesso articolo possono essere remunerazioni riscosse co

me corrispettivo di operazioni imposte dalla legge per uno sco

po di interesse generale, come ad esempio l'iscrizione delle so

cietà di capitali. L'entità di tali diritti, che può variare a secon da della forma giuridica della società, dev'essere calcolata in

base al costo dell'operazione, che può essere determinato forfe

tariamente. (Omissis) Per questi motivi, la corte, pronunciandosi sulle questioni sot

topostele dal presidente del Tribunale di Genova con ordinanza

14 gennaio 1991 e dal presidente del Tribunale di Milano con

ordinanza 27 giugno 1991, dichiara: 1. - L'art. 10 della direttiva del consiglio 17 luglio 1969 n.

69/335/Cee, concernente le imposte indirette sulla raccolta di

capitali, dev'essere interpretato nel senso che, fatte salve le di

sposizioni derogatorie dell'art. 12, esso vieta un tributo annuale

dovuto in ragione dell'iscrizione delle società di capitali anche

qualora il gettito di tale tributo contribuisca al finanziamento

del servizio incaricato della tenuta del registro in cui sono iscrit

te le società.

2. - L'art. 12 della direttiva dev'essere interpretato nel senso

che i diritti di carattere remunerativo di cui al n. 1, lett. e), dello stesso articolo possono essere remunerazioni riscosse co

me corrispettivo di operazioni imposte dalla legge per uno sco

po di interesse generale, come ad esempio l'iscrizione delle so cietà di capitali. L'entità di tali diritti, che può variare a secon da della forma giuridica della società, dev'essere calcolata in

base al costo dell'operazione, che può essere determinato forfe

tariamente.

li Foro Italiano — 1993.

TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (*)

(Rassegna di giurisprudenza 1989 - 1992)

1. Indice analitico

Abuso di posizione dominante

V. Posizione dominante (abuso di)

Accordi

(nozione di): 18, 22, 23, 25, 26

Ammende:

- Carattere unitario: 23 - Criteri di determinazione: 18, 19, 21, 22, 23 , 24, 25 - - Assenza di precedenti infrazioni: 23 - - Durata: 18, 22, 23, 24, 25 - - Effetti dell'infrazione sul mercato: 18, 23 - - Equità, proporzionalità e eguaglianza: 18, 23 - Gravità dell'infrazione: 18, 19, 22, 23, 24, 25 - - Stato di crisi del mercato: 23, 24 - Eliminazione degli effeti della notifica riguardo alle-: 12, 28 - Entità: 18, 23 - Motivazione: 21 - Prescrizione: 24 - V. anche Infrazione

Applicabilità

- delle norme di concorrenza: 30, 36 - diretta: 4, 35 - V. anche Posizione dominante (abuso di)

Associazione di imprese (nozione di): 30, 32

Attestazione negativa V. Decisioni

Atti delle istituzioni V. Decisioni

Brevetti V. Posizione dominante (abuso di)

(*) La rubrica si propone di svolgere una rassegna periodica della

giurisprudenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee, in modo da offrire una prima, sintetica informazione su tale giurispru denza. Naturalmente, il «Foro» si riserva di riprodurre integralmente le sentenze che appariranno di maggiore interesse.

Per comodità del lettore, si ricorda che, in attuazione degli art. 31 quinquies Ceca, 168A Cee e 140A Euratom, introdotti nei rispettivi trattati dell'Atto unico europeo del 1986, il tribunale è stato istituito il 24 ottobre 1988 con decisione del consiglio n. 88/591/Ceca, Cee, Eurotom (G.U.C.E. 25 novembre 1988, L 319/1). Esso è stato regolar mente costituito I'll ottobre 1989 ed ha cominciato ad operare il 1°

novembre dello stesso anno. II tribunale è competente a giudicare in

primo grado sul contenzioso del personale delle Ce e su quello relativo alle regole di concorrenza applicabili alle imprese. Le sue sentenze pos sono essere impugnate innanzi alla Corte di giustizia delle Comunità

europee per motivi di diritto. Dopo aver inizialmente utilizzato, mutatis

mutandis, le regole di procedura della corte, il tribunale ha adottato il 2 maggio 1991 il proprio regolamento di procedura (G.U.C.E. L 136 del 30 maggio 1991), che è entrato in vigore il 1° luglio dello stesso anno.

Dei due settori di competenza del tribunale, di cui si è detto, la rubri ca curerà solo quello della concorrenza, data la limitata rilevanza del contenzioso del personale; le sentenze relative a quest'ultimo saranno

comunque segnalate negli indici cronologico e numerico. La rubrica avrà cadenza semestrale. Per assicurare tuttavia una com

pletezza d'informazione, questa prima rassegna copre la giurisprudenza del tribunale dall'inizio della sua attività a tutto il 1992. Essa è stata curata da Carlo Corazza e Paolo Ziotti (A. Tizzano).

1. Indice analitico

Abuso di posizione dominante

V. Posizione dominante (abuso di)

Accordi

(nozione di): 18, 22, 23, 25, 26

Ammende:

- Carattere unitario: 23 - Criteri di determinazione: 18, 19, 21, 22, 23 , 24, 25 - - Assenza di precedenti infrazioni: 23 - - Durata: 18, 22, 23, 24, 25 - - Effetti dell'infrazione sul mercato: 18, 23 - - Equità, proporzionalità e eguaglianza: 18, 23 - Gravità dell'infrazione: 18, 19, 22, 23, 24, 25 - - Stato di crisi del mercato: 23, 24 - Eliminazione degli effeti della notifica riguardo alle-: 12, 28 - Entità: 18, 23 - Motivazione: 21 - Prescrizione: 24 - V. anche Infrazione

Applicabilità

- delle norme di concorrenza: 30, 36 - diretta: 4, 35 - V. anche Posizione dominante (abuso di)

Associazione di imprese (nozione di): 30, 32

Attestazione negativa V. Decisioni

Atti delle istituzioni V. Decisioni

Brevetti V. Posizione dominante (abuso di)

(*) La rubrica si propone di svolgere una rassegna periodica della

giurisprudenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee, in modo da offrire una prima, sintetica informazione su tale giurispru denza. Naturalmente, il «Foro» si riserva di riprodurre integralmente le sentenze che appariranno di maggiore interesse.

Per comodità del lettore, si ricorda che, in attuazione degli art. 31 quinquies Ceca, 168A Cee e 140A Euratom, introdotti nei rispettivi trattati dell'Atto unico europeo del 1986, il tribunale è stato istituito il 24 ottobre 1988 con decisione del consiglio n. 88/591/Ceca, Cee, Eurotom (G.U.C.E. 25 novembre 1988, L 319/1). Esso è stato regolar mente costituito l'I 1 ottobre 1989 ed ha cominciato ad operare il 1°

novembre dello stesso anno. II tribunale è competente a giudicare in

primo grado sul contenzioso del personale delle Ce e su quello relativo alle regole di concorrenza applicabili alle imprese. Le sue sentenze pos sono essere impugnate innanzi alla Corte di giustizia delle Comunità

europee per motivi di diritto. Dopo aver inizialmente utilizzato, mutatis

mutandis, le regole di procedura della corte, il tribunale ha adottato il 2 maggio 1991 il proprio regolamento di procedura (G.U.C.E. L 136 del 30 maggio 1991), che è entrato in vigore il 1° luglio dello stesso anno.

Dei due settori di competenza del tribunale, di cui si è detto, la rubri ca curerà solo quello della concorrenza, data la limitata rilevanza del contenzioso del personale; le sentenze relative a quest'ultimo saranno

comunque segnalate negli indici cronologico e numerico. La rubrica avrà cadenza semestrale. Per assicurare tuttavia una com

pletezza d'informazione, questa prima rassegna copre la giurisprudenza del tribunale dall'inizio della sua attività a tutto il 1992. Essa è stata curata da Carlo Corazza e Paolo Ziotti (A. Tizzano).

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

Comitato consultivo

(Consultazione preventiva del): 14, 28

Commissione V. Decisioni - Misure provvisorie e d'urgenza - Procedimento ammini strativo

Contraddittorio (principio del) V. Diritti della difesa

Decisioni (della commissione)

- Attestazione negativa: 33 - Competenza dell'organo: 29 - Destinatari: 29 - Forme essenziali: 29 - - Data: 29 - Indicazione dell'autore: 29 - Intangibilità dell'atto (principio della): 29, 32 - Nozione: 28, 29, 33 - Nullità: 29, 32 - Obbligo di pronunciarsi sull'esistenza di un'infrazione: 35 - Presunzione di legalità: 29, 32 - Procedura di adozione: 29 - Requisiti: 29 - Rigetto di denuncia: 35 - V. anche Esenzioni - Inesistenza - Misure provvisorie e d'urgenza

- Motivazione - Procedimento innanzi al tribunale - Sospensione

Diritti d'autore V. Posizione dominante (abuso di)

Diritti della difesa

- Accesso al fascicolo d'ufficio: 25 - Comunicazione degli addebiti: 19, 22, 23 - Comunicazione della documentazione probatoria: 18, 25 - Comunicazione del processo verbale delle audizioni: 18, 22 - Comunicazione del resoconto del consigliere-uditore: 18, 22 - Contraddittorio (principio del): 25, 36 - Presunzione di colpevolezza: 19 - V. anche Procedimento innanzi al tribunale - Riservatezza (obbligo di)

Distribuzione

- Esclusiva: 28, 30 - Selettiva: 17, 28 - V. anche Posizione dominante (abuso di)

Esenzioni (dei divieti in materia di concorrenza)

- Esenzioni individuali e esenzióni per categoria: 14

-Presupposti: 28, 31, 32 - - Beneficio per i consumatori: 28 - Miglioramento del sistema di produzione e distribuzione: 28, 31 - - Necessità delle restrizioni: 28, 31 - - Progresso tecnico: 28 - - Riduzione dei costi operativi: 31

Estinzione della persona giuridica V. Infrazione

Forma (dell'atto giuridico) V. Decisioni (della commissione)

Fornitura esclusiva: 30

Impresa

- Incaricata dalla gestione di servizio di interesse economico genera le: 36. V. anche Applicabilità

- nozione di: 24, 30

Inesistenza (dell'atto giuridico) V. Decisioni (della commissione)

Il Foro Italiano — 1993.

Infrazione (imputabilità della)

- Estinzione della persona giuridica: 24 - Responsabilità collettiva: 18, 19, 22, 23, 24 - V. anche Ammende

Intangibilità dell'atto giuridico (principio della) V. Decisioni (della commissione)

Intervento V. Procedimento amministrativo

Mercato rilevante - (determinazione del): 14, 15, 16, 21, 32 - Mercato del prodotto: 14, 15, 16, 21 - Mercato geografico: 21

Misure provvisorie e d'urgenza (procedimento amministrativo)

- Competenza del tribunale: 1, 32 - Presupposti: 17, 27, 32 - - Carattere manifesto dell'infrazione: 27, 32 - - Fumus boni iuris: 17, 32 - - Gravità e irreparabilità del danno: 17, 27, 32 - Sospensione dell'esecuzione: 3, 8, 32

Motivazione

- Contraddittorietà: 18, 25, 26 - Erroneità: 18 - Insufficienza: 18, 19, 20, 23, 25, 26, 27 - Mancato riferimento al rapporto del consigliere-uditore: 24, 25 - Obbligatorietà: 15, 16, 18, 19, 23, 24, 25, 26 - Sufficienza degli elementi di prova: 21, 24 - Unicità della motivazione riguardante comportamenti di più impre

se: 14, 25, 26 - V. anche Ammende - Presunzione di colpevolezza

Nullità V. Decisioni (della commissione)

Onere della prova: 21, 22, 23

Patto di non concorrenza: 30

Posizione dominante (abuso di)

- Abuso (nozione di): 4, 14, 15, 16, 21 - Giustificazioni della condotta abusiva: 21 - Pratiche abusive: 4, 14, 15, 16, 21 - - Acquisto di licenza esclusiva di brevetto: 4 - - Distribuzione selettiva: 21 - - Esercizio del diritto d'autore: 14, 15, 16 - Pratiche che ostacolano l'emanazione di licenze di diritto su bre

vetti: 21 - - Pratiche discriminatorie: 21 - V. anche Mercato rilevante (determinazione del)

Pratiche concordate (nozione di): 18, 22, 23 , 25 , 26, 28 , 30

Pregiudizio al commercio tra Stati membri: 14, 15, 16, 18, 21, 23, 24,

25, 28, 30, 31

Prescirzione V. Ammende

Presunzione di colpevolezza: 19, 22

Prezzi (fissazione dei): 18, 19, 22, 23, 24, 25, 26, 31, 32; V. anche

retribuzioni della concorrenza

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PARTE QUARTA

Principi

- Contraddittorio: V. Diritti della difesa - Equità, proporzionalità e uguaglianza: V. Ammende - Intangibilità dell'atto giuridico: V. Decisioni - Onere della prova: V. Onere della prova - Presunzione di legalità: V. Decisioni - Riservatezza (obbligo di): V. Riservatezza (obbligo di)

Procedimento amministrativo

- Fissazione di priorità nell'esame dei casi: 35 - Intervento: 2 - Poteri di indagine (della commissione): 20 - Poteri di ingiunzione (della commissione): 14, 15, 16, 35 - Richiesta di informazioni: 20 - Regolamento interno di procedura della commissione (rispetto del): 29 - Sviamento di potere: 35 - V. anche Comitato consultivo (consultazione preventiva del) - De

cisioni (della commissione) - Diritti della difesa - Misure provvisorie e d'urgenza (procedimento amministrativo) - Onere della prova

Procedimento innanzi al tribunale

- Atti impugnabili: 5, 9, 10, 11, 33 - Diritti della difesa: 9, 10, 11, 21 - Eccezione tardiva: 30 - Irricevibilità del ricorso: 5, 6, 9, 10, 11, 33, 36 - Modifica della domanda: 5, 29, 34 - Poteri di ingiunzione (alla commissione): 36 - Questioni preliminari: 21 - Ricevibilità delle eccezioni non sollevate nel corso della procedura

amministrativa: 21 - Termini per l'introduzione del ricorso: 6, 13 - Tutela della riservatezza delle informazioni: 20. V. anche Riservatezza - V. anche Misure provvisorie e d'urgenza (procedimento giurisdi

zionale

Prodotti agricoli (applicabilità delle norme di concorrenza ai): 30

Prove V. Diritti della difesa - Onere della prova - Presunzione di colpevolezza

Questioni pregiudiziali

- Obblighi dei giudici di ultima istanza: 28

Restrizioni della concorrenza

- Effetto sensibile sulla concorrenza (delle misure restrittive): 23, 24, 25, 28, 30

- Legge nazionale di conferma di un accordo tra imprese: 36 - Limitazione della produzione: 18, 19, 22, 23, 25, 26 - Ripartizione dei mercati: 18, 19, 22, 23, 24, 25 - Riunioni periodiche: 18, 19, 25, 26 - Scambi di informazioni: 18, 19, 32 - Sistema di quote: 18, 19, 25, 26 - Sostegno dei prezzi: 18, 19. V. anche Prezzi (fissazione dei) - V. anche Distribuzione - Esenzione - Fornitura esclusiva - Patto

di non concorrenza

Ricorso di annullamento

- Oggetto: - - attestazione negativa (decisione di): 33 - comunicazione (della commissione): 34 - - motivazione: 33 - Presupposti: - - interesse ad agire: 33 - - soggetti riguardati direttamente e individualmente: 33 - sussistenza dell'atto pregiudizievole: 33, 34, 36 - V. anche Procedimento innanzi al tribunale

Ricorso in carenza

- Presupposti: 34 - Modifica della domanda: V. Procedimento innanzi al tribunale

li Foro Italiano — 1993.

Risarcimento dei danni

- Determinazione del danno: 34 - Presupposti: 34

Riservatezza (obbligo di): 2, 20

- V. anche Procedimento innanzi al tribunale

Stati membri (obbligo di coperazione) V. Riservatezza

Termini V. Procedimento innanzi al tribunale

Tribunale (di primo grado) V. Misure provvisorie e d'urgenza - Procedimenti innanzi al tribunale

2. Indice numerico

(in corsivo le pronunce considerate in rassegna)

Ordinanze T 14/89 - 10.3.1992 T 15/89 - 10.3.1992

T- 1/89 - 15.11.1990 T 30/89 - 12.12.1991 T- 2/89 - 15.11.1990 T 51/89 - 10.7.1990 T- 3/89 - 15.11.1990 T 61/89 - 2.7.1992 T- 4/89 - 15.11.1990 T 64/89 - 10.7.1990 T- 6/89 - 15.11.1990 T 66/89 - 9.7.1992 T- 7/89 - 15.11.1990 T 68/89 - 10.3.1992 T- 8/89 - 15.11.1990 T 69/89 - 10.7.1991 T- 9/89 - 15.11.1990 T 70/89 - 10.7.1991 T-10/89 - 15.11.1990 T 76/89 - 10.7.1991 T-ll/89 - 15.11.1990 T 77/89 - 10.3.1992 T-12/89 - 15.11.1990 T 78/89 - 10.3.1992 T-13/89 - 15.11.1990 T 79/89 - 27.2.1992 T-14/89 - 15.11.1990 T 84/89 - 27.2.1992

T-15/89 - 15.11.1990 T 85/89 - 27.2.1992 T- 30/89 ■ • 4.4.1990 T 86/89 - 27.2.1992 T- 31/89 ■ ■ 6.12.1989 T 89/89 - 27.2.1992 T- 3/90 - 23.1.1991 r 91/89 - 27.2.1992 T- 23/90 - 21.5.1990 T 92/89 - 27.2.1992 T- 39/90 ■ 21.11.1990 T 94/89 . 27.2.1992 T- 19/91 - • 27.2.1992 T 96/89 - 27.2.1992 T- 24/92 - ■ 16.6.1992 T 98/89 - 27.2.1992 T- 28/92 - 16.6.1992 T-102/89 - 27.2.1992 T- 29/92 - 16.7.1992 T-104/89 - 27.2.1992 T- 36/92 - 30.11.1992 T-113/89 - 13.12.1990

T-114/89 - 13.12.1990 T-116/89 - 13.12.1990

Sentenze T-125/89 - 10.7.1990 T-138/89 - 17.9.1992

T- 1/89 ■ 24.10.1991 T 12/90 - 29.5.1991 T- 2/89 - 24.10.1991 T 23/90 - 12.7.1991 T- 3/89 - 24.10.1991 T 24/90 - 18.9.1992 T- 4/89 - 17.12.1991 T 28/90 - 18.9.1992 T- 6/89 - 17.12.1991 T 39/90 - 12.12.1991 T- 7/89 - 17.12.1991 r 44/90 - 24.1.1992 T- 8/89 - 17.12.1991 T 16/91 - 18.11.1992 T- 9/89 - 10.3.1992 T 19/91 - 27.2.1992 T- 10/89 - 10.3.1992 T 10/92 - 18.12.1992 T- 11/89 - 10.3.1992 T 11/92 - 18.12.1992 T- 12/89 - 10.3.1991 T 12/92 - 18.12.1992 T- 13/89 - 10.3.1992 T 13/92 - 18.12.1992

3. Indice cronologico (in corsivo le pronunce considerate in rassegna)

Ordinanze

6.12.1989 - T-31/89 4.4.1990 - T-30/89 15.11.1990 - T-l/89 15.11.1990 - T-2/89 15.11.1990 - T-3/89 15.11.1990 - T-4/89 15.11.1990 - T-6/89

15.11.1990 - T-7/89 15.11.1990 - T-8/89 15.11.1990 - T-9/89 15.11.1990 - T-10/89 15.11.1990 - T-ll/89 15.11.1990 - T-12/89 15.11.1990 - T-13/89 15.11.1990 - T-14/89 15.11.1990 - T-15/89

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

10.7.1990 - T-51/89

10.7.1990 - T-64/89 10.7.1990 - T-125/89

10.7.1990 - T-23/90

13.12.1990 - T-l 13/89

13.12.1990 - T-l 14/89

13.12.1990 - T-l 16/89 29.5.1991 - T-l2/90

10.7.1991 - T-69/89 10.7.1991 - T-70/89

10.7.1991 - T-76/89

12.7.1991 - T-23/90

24.10.1991 - T-2/89 24.10.1991 - T-3/89

12.12.1991 - T-39/90

12.12.1991 - T-30/89 17.12.1991 - T-l/89 17.12.1991 - T-4/89

17.12.1991 - T-6/89

17.12.1991 - T-7/89

17.12.1991 - T-8/89

24.1.1992 - T-44/90

21.11.1990 - T-39/90

21.5.1990 - T-23/90

23.1.1991 - T-3/90

7.6.1991 - T-19/91 16.6.1992 - T-24/92

16.6.1992 - T-28/92 16.7.1992 - T-29/92 30.11.1992 - T-36/92

Sentenze

27.2.1992 - T-19/91 27.2.1992 - T-79/89 27.2.1992 - T-84/89 27.2.1992 - T-85/89 27.2.1992 - T-86/89 27.2.1992 - T-89/89 27.2.1992 - T-91/89 27.2.1992 - T-92/89 27.2.1992 - T-94/89

27.2.1992 - T-96/89 27.2.1992 - T-98/89

27.2.1992 - T-102/89

27.2.1992 - T-104/89

10.3.1992 - T-9/89 10.3.1992 - T-10/89

10.3.1992 - T-l 1/89

10.3.1992 - T-l2/89

10.3.1992 - T-13/89

10.3.1992 - T-l4/89 10.3.1992 - T-15/89 10.3.1992 - T-68/89 10.3.1992 - T-77/89

10.3.1992 - T-78/89

2.7.1992 - T-61/89

9.7.1992 - T-66/89

17.9.1992 - T-l38/89

18.9.1992 - T-24/90

18.9.1992 - T-28/90 18.11.1992 - T-16/91

18.12.1992 - T-l0/92

18.12.1992 - T-l 1/92

18.12.1992 - T-l2/92

18.12.1992 - T-13/92

1 - Ordinanza del presidente 6 dicembre 1989 (causa T-31/89R);

Pres. J. L. Da Cruz Villaca; Cosimex GmbH c. Commis

sione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Competenza della commissione ad adot

tare misure conservative — Domanda di provvedimenti prov visori — Ingiunzione alla commissione di riesaminare una ri

chiesta di misure conservative (Trattato Cee, art. 173, 176,

186; regolamenta n. 17/62 del Consiglio del 6 febbraio 1962,

art. 3, par. 1).

Con atto depositato il 16 agosto 1989, la società Cosimex

GmbH aveva introdotto, ex art. 173, 2° comma, del trattato

Cee, un ricorso volto ad ottenere l'annullamento della decisione

della commissione di rigetto della domanda, fondata sull'art.

3, paragrafi 1 e 2, del reg. 17/62, diretta a far constatare che

la società Vichy aveva violato l'art. 85, par. 1, del trattato.

Vichy avrebbe infatti esercitato — secondo quanto sostenuto

dalla ricorrente — pressioni sui grossisti francesi e belgi, affin

ché questi non le rivendessero i suoi prodotti.

Con atto separato depositato lo stesso giorno, la Cosimex

aveva altresì' richiesto, in base all'art. 186 del trattato, che fosse

ingiunto con procedura d'urgenza alla commissione di riesami

nare, in un termine ragionevole, la richiesta di vietare alla Vi

chy, in via provvisoria, ogni comportamento tendente ad osta

colare la fornitura dei suoi prodotti a Cosimex da parte di terzi.

Con l'ordinanza in esame, il tribunale ha respinto la doman

da di provvedimenti provvisori, ritenendo che spetti alla com

missione, nell'esercizio del controllo affidatole in materia di con

correnza, dal trattato e dal reg. 17/62, decidere sulla necessità

di adottare misure provvisorie a seguito dell'introduzione di una

domanda fondata sull'art. 3, par. 1, del suddetto regolamento.

Sarebbe dunque contrario ai principi relativi alla ripartizione delle competenze tra le diverse istituzioni della Comunità l'ob

bligo eventualmente sancito dal tribunale a carico della com

missione di procedere al riesame di una richiesta di misure con

servative tendenti ad interdire il comportamento ritenuto con

trario alla normativa esistente in materia.

Il combinato disposto degli art. 173 e 176 del trattato non

consentirebbe, d'altra parte, al tribunale di fissare le modalità

del riesame di un'istanza di provvedimenti provvisori, senza aver

annullato in precedenza l'atto contenente l'eventuale rifiuto di

adottare le misure stesse.

Il Foro Italiano — 1993.

2 - Ordinanza 4 aprile 1990 (causa T-30/89); Pres. D. Barmng

ton; Hilti Aktiengesellschaft c. Commissione delle Comunità

europee.

Cee — Concorrenza — Intervento nel procedimento — Comu

nicazioni degli atti del procedimento alle parti intervenute —

Tutela della riservatezza delle informazioni — Corrisponden za tra avvocato e cliente — Domanda della parte principale di limitare l'utilizzo degli atti del procedimento da parte del

l'interveniente ai soli fini della causa (Regolamento di proce

dura, art. 93, par. 4; regolamento n. 17/62 del Consiglio del

6 febbraio 1962).

Nel marzo 1988 la società Hilti AG aveva introdotto un ri

corso — sulla base dell'art. 173, par. 2, del trattato Cee —

tendente ad ottenere l'annullamento di una decisione della com

missione relativa ad una procedura di applicazione, nei suoi con

fronti, dell'art. 86 dello stesso trattato.

A seguito dell'intervento nel procedimento di due società sue

concorrenti, essa aveva altresì richiesto che fosse tutelato il ca

rattere confidenziale di talune informazioni contenute nel dossier.

Con riferimento a tale domanda, il tribunale ha tenuto a ri

cordare in via preliminare come l'art. 93, par. 4, del regolamen to di procedura abbia fissato il principio per cui tutti gli atti notificati alle parti debbano essere comunicati agli intervenuti.

A tale principio si può derogare, come pure eccezionalmente

ammesso dalla disposizione, qualora risulti necessario salvaguar

dare la riservatezza di taluni documenti, solo a seguito di un

esame volto a stabilire, per ogni informazione di cui si affermi

la natura confidenziale, in che misura sia possibile conciliare

la preoccupazione legittima dell'interessato a che non siano lesi

i suoi interessi commerciali e la preoccupazione, altrettanto le

gittima, delle parti intervenute di disporre di tutti gli elementi

necessari a far valere i loro diritti e a sviluppare i loro argomen

ti innanzi al tribunale. Assumono rilievo altresì taluni principi

generali del diritto come quello relativo alla tutela della riserva

tezza della corrispondenza tra avvocato e cliente.

In tale prospettiva — si rileva nell'ordinanza — il regolamen

to n. 17 va interpretato in modo da assicurare la protezione

della suddetta corrispondenza, in quanto scambiata nel quadro

e ai fini dell'esercizio del diritto di difesa del cliente e solo se

proveniente da avvocati indipendenti, non legati cioè ad esso

da un rapporto d'impiego. La tutela si estende ad ogni missiva

inviata dopo l'apertura del procedimento amministrativo davanti

alla commissione, suscettibile di condurre ad una decisione d'ap

plicazione degli art. 85 e 86 del trattato, o alla, irrogazione di

una sanzione pecuniaria all'impresa interessata. Tutelata è an

che la corrispondenza scambiata anteriormente a tale data in

quanto connessa al procedimento, come pure le eventuali circo

lari interne, che si limitino a riportarne il contenuto ai fini di

una diffusione ai quadri dell'impresa. Il tribunale non ha infine potuto accogliere un'ulteriore ri

chiesta della Hilti, affinché fosse precisato alle parti intervenute

che gli atti del procedimento erano portati a loro conoscenza

solo ai fini della presente causa, in quanto il regolamento di

procedura non contiene alcuna disposizione sulla quale possa esser fondata tale ingiunzione.

3 - Ordinanza del presidente del tribunale 21 maggio 1990 (cau

sa T-23/90 R); Pres. J. L. Cruz Vilaca; Automobiles Peu

geot SA e Peugeot SA c. Commissione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Ado

zione di provvedimenti provvisori da parte della commissione — Condizioni di esercizio di tale competenza — Divieto di

accordi — Esenzione per categorie — Oggetto e portata del

regolamento n. 123/85 — Provvedimenti urgenti — Sospen

sione dell'esecuzione di provvedimenti provvisori adottati in

materia di concorrenza — Condizioni (Trattamento Cee, art.

85, par. 1 e 3; regolamento n. 17/62 del consiglio del 6 feb braio 1962, art. 3; regolamento n. 123/85 della commissione

del 12 dicembre 1984).

Con domanda del 24 aprile 1990 la società Automobiles Peu

geot SA e Peugeot SA avevano introdotto, ex art. 173, par.

2, del trattato Cee, un ricorso per l'annullamento della decisio

ne della commissione che aveva adottato, nei loro confronti,

provvedimenti provvisori nel quadro di una procedura di appli

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PARTE QUARTA

cazione dell'art. 85 dello stesso trattato (IV/33.157 Ecosy

stem/Peugeot). Allo stesso tempo esse avevano richiesto, in via

d'urgenza e sulla base dell'art. 186, la sospensione dell'esecu

zione della suddetta decisione.

Con riferimento a quest'ultima domanda, il tribunale ha te

nuto innanzitutto a sottolineare — con richiami alla precedente

giurisprudenza della corte — come spetti alla commissione, nel

l'ambito delle competenze riconosciute dal trattato e dal regola

mento.n. 17/62 in materia di concorrenza, decidere, ex art. 3,

par. 1, del suddetto regolamento, sull'opportunità di adottare

provvedimenti provvisori, su richiesta delle parti interessate. Tali

misure tuttavia — si rileva nell'ordinanza — «devono avere na

tura interinale e limitarsi a quanto è strettamente necessario nella

fattispecie concreta».

D'altra parte, il regolamento n. 123/85, relativo all'applica zione dell'art. 85, part. 3, del trattato a categorie di accordi

per la distribuzione di autoveicoli e il servizio di assistenza alla

clientela, si limiterebbe a dare agli operatori economici del set

tore la possibilità di sottrarre al divieto di cui all'art. 85, par.

1, talune categorie di accordi bilaterali, nonostante la presenza di clausole di esclusiva e aventi comunque l'effetto di impedire o di restringere la concorrenza. Ciò, peraltro, non equivarreb

be, come sostenuto dalle ricorrenti, ad una generale inapplica bilità al settore della distribuzione di autoveicoli della norma

generale del trattato.

Qualora dunque il giudice comunitario sia adito con una do

manda volta ad- ottenere la sospensione di una ingiunzione adot

tata a titolo provvisorio dalla commissione nei confronti di una

impresa — nel quadro di una procedura iniziata ai sensi del

l'art. 3 del regolamento n. 17 — esso deve verificare se sussista

un rischio effettivo che gli effetti pregiudizievoli di tale misura

oltrepassino quelli propri ad un provvedimento conservativo.

Poiché nel caso di specie non è risultato che il danno provocato

dall'ingiunzione fosse sensibilmente maggiore degli inevitabili, ma temporanei, inconvenienti di misure di tale natura, la do

manda è stata rigettata.

4 - Sentenza 10 luglio 1990 (causa T-51/89); Pres. J. L. Cruz

Vilaca, Aw. gen. H. Kirschner; Tetra Pak Rausing SA c.

Commissione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Posizione dominante — Nozione di sfrut

tamento abusivo — Acquisto di una licenza esclusiva di bre

vetto da parte di una impresa in posizione dominante (Tratta to Cee, art. 86).

Cee — Concorrenza — Posizione dominante — Sfruttamento

abusivo — Divieto — Esenzione di un accordo ai sensi del

l'art. 85, par. 3 — Inesistenza di un effetto di affrancazione

dal divieto di cui all'art. 86 — Distinzione tra esenzioni indi

viduali e esenzioni per categoria — Certezza giuridica garan tita da un'esenzione per categoria ex art. 85, part. 3 — Limiti

(Trattato Cee, art. 85, part. 3, 86). Cee — Concorrenza — Posizione dominante — Divieto di sfrut

tamento abusivo — Effetto diretto — Applicazione della nor

ma da parte dei giudici nazionali — Esenzione ai sensi del

l'art. 85, par. 3 — Mancanza di incidenza (Trattato Cee, art.

85, par. 3, 86).

Con decisione 26 luglio 1988, la commissione aveva accertato

che la società Tetra Pak Rausing SA, a seguito dell'acquisizione del gruppo Liquipak e del conseguente acquisto della licenza

esclusiva di brevetto — relativa ad un nuovo procedimento UHT di confezione del latte a lunga conservazione — accordato dal

National Research and Development Council ad una società del

gruppo Liquipak, aveva violato l'art. 86 del trattato Cee, dal

momento di tale acquisizione fino a quello in cui l'esclusività

era venuta meno.

Con lettera del 26 novembre 1987 infatti Tetra Pak aveva

informato la commissione che essa rinunciava ad ogni diritto

di esclusiva sulla licenza in questione. Benché tuttavia l'infra

zione allegata fosse terminata nel corso della procedura ammi

nistrativa, la commissione aveva ritenuto utile constatarla con

decisione, al fine di chiarire la sua posizione sul punto di dirit

to, che presentava un carattere inedito. Tetra Pak, dal canto suo, si era limitata a fondare il ricorso

solo sulla presunta violazione degli art. 85, par. 3, e 86, in quanto la commissione aveva applicato quest'ultima disposizione ad un

Il Foro Italiano — 1993.

accordo che aveva beneficiato dell'esenzione prevista all'art. 85,

par. 3.

Premesso che l'acquisizione di una licenza esclusiva di brevet

to ad opera di una impresa in posizione dominante non costi

tuiva in sé un abuso ai sensi dell'art. 86, il tribunale ha sottoli

neato come bene avesse fatto la commissione, ai fini dell'appli cazione di tale disposizione, a prendere in considerazione le

circostanze che avevano accompagnato l'acquisizione stessa, ed

in particolare i suoi effetti sulla struttura concorrenziale del mer

cato di riferimento.

Ciò detto peraltro, l'acquisto della licenza esclusiva di brevet

to nella fattispecie si sarebbe tradotto in uno sfruttamento abu

sivo, nella misura in cui esso aveva contribuito non solo a raf

forzare la posizione dominante del ricorrente, già molto forte,

ma aveva altresì impedito, o quantomeno considerevolmente ri

tardato, l'ingresso di un nuovo concorrente su un mercato ca

ratterizzato da una concorrenza pressoché inesistente.

Quanto poi al fatto che l'accordo di licenza di brevetto aves

se beneficiato di un'esenzione ai sensi dell'art. 85, par. 3, il

tribunale ha rilevato al riguardo come, tanto dalla lettera di

tale disposizione, come dall'economia complessiva degli art. 85

e 86 non si possa inferire che la concessione di un'esenzione

individuale o per categoria valga ad affrancare dal divieto di

cui all'art. 86. Mentre infatti l'applicazione dell'art. 85 avviene

nel corso di un procedimento a due fasi successive, e cioè la

constatazione in primo luogo dell'esistenza di un'infrazione al

l'art. 85, par. 1, e quindi, eventualmente, l'esenzione dal divie

to, qualora l'accordo risponda alle condizioni enunciate al par.

3, l'art. 86, viceversa, non ammette alcuna possibile eccezione

al divieto in esso sancito. Ritenere invece necessario, come so

stenuto dalla ricorrente, che la commissione revochi la decisio

ne di esenzione prima di poter applicare l'art. 86 significhereb

be, in considerazione della natura non retroattiva del provvedi mento di revoca, ammettere che l'esenzione ex art. 85, par. 3,

implichi allo stesso tempo esenzione dal divieto di abuso di po sizione dominante.

D'altra parte, tenuto conto dei principi in tema di gerarchia delle fonti — si rileva nella sentenza — appare evidente che

la concessione di un'esenzione per il tramite di un atto di diritto

derivato (i regolamenti di esenzione per categoria o la decisione

individuale) non potrebbe in alcun caso derogare ad una norma

del trattato.

Il problema dell'esenzione, d'altra parte, si porrebbe in ter

mini diversi a seconda che sia adottata con decisione individua

le o con regolamento. Solo nel primo caso infatti si potrebbero considerare come accertate talune caratteristiche dell'accordo su

scettibili di essere prese in considerazione, eventualmente, ai fi

ni dell'applicazione dell'art. 86. La commissione pertanto nel

l'ipotesi di un'eventuale procedura di applicazione di tale arti

colo non potrebbe non tenere conto, in assenza di modifiche

delle circostanze di fatto e di diritto, degli accertamenti ante

riormente effettuati al momento della concessione di un'esen

zione ex art. 85, par. 3.

L'esenzione per categoria, viceversa, non è subordinata, per definizione, alla verifica caso per caso del fatto che ricorrano

le condizioni all'uopo stabilite nel trattato e non avrebbe effetti

analoghi a quelli di un'attestazione negativa rilasciata in riferi

mento all'art. 86. Ne consegue pertanto — a giudizio del tribu

nale — che, qualora accordi cui partecipino imprese in posizio ne dominante rientrino nel campo di applicazione di un regola mento di esenzione per categoria, gli effetti di tale esenzione

sull'applicabilità dell'art. 86 debbano essere esclusivamente va

lutati nel quadro di tale norma.

La ricorrente aveva infine sostenuto che gli art. 85 e 86, in

terpretati alla luce del principio della certezza del diritto, impli cherebbero che un comportamento esentato in forza dell'art.

85, par. 3, non potrebbe essere vietato dall'art. 86. Al riguardo, il tribunale ha rilevato come l'esenzione per categoria ha, oltre

a preoccupazioni legate alla semplificazione amministrativa, lo

scopo di garantire, alle imprese parti di un accordo, la validità

dello stesso riguardo all'art. 85, fino al momento in cui la com

missione non revochi il beneficio dell'esenzione, ma non esone

ra le imprese in posizione dominante dall'obbligo di conformar

si all'art. 86. Tali imprese non potrebbero pertanto appellarsi al principio della certezza del diritto per sostenere che la con

cessione di un'esenzione, associata al potere della commissione

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

di ritirarne il beneficio, conferisca alle stesse la legittima spe ranza di sfuggire ad ogni possibile condanna ex art. 86, fino

al momento in cui la commissione non abbia adottato la deci

sione di ritirare l'esenzione.

Quanto infine all'ultimo argomento sostenuto dalla ricorren

te, che cioè una tale interpretazione degli art. 85 e 86 sarebbe

in contrasto con il principio dell'applicazione uniforme del di

ritto comunitario, il tribunale ha osservato come i divieti del

l'art. 86 hanno un effetto diretto e creano nei soggetti diritti

che le giurisdizioni nazionali devono salvaguardare. Pertanto,

nella misura in cui il diritto comunitario riconosce l'applicabili tà dell'art. 86 ad un accordo che beneficia di una esenzione

ex art. 85, par. 3, non risulterebbe in alcun modo limitata la

competenza del giudice nazionale ad applicare l'art. 86. L'ap

plicazione di questa disposizione infatti non metterebbe in cau

sa i principi del primato e dell'uniformità del diritto comunitario.

Alla luce di tali motivazioni, pertanto, il ricorso è stato re

spinto.

5 - Sentenza 10 luglio 1990 (causa T-64/89); Pres. J. L. Cruz

Vilaca; Automec S.r.l. c. Commissione delle Comunità

europee.

Cee — Concorrenza — Ricevibilità del ricorso — Esame d'uffi

cio delle questioni di irricevibilità per motivi di ordine pubbli co — Natura della comunicazione prevista all'art. 6 del reg. n. 99/63 — Atto preparatorio (Regolamento n. 99/63 della

commissione del 25 luglio 1963, art. 6). Cee — Concorrenza — Possibilità per le parti di modificare

le loro conclusioni — Atti di oggetto e natura identici a quelli considerati nell'atto introduttivo del giudizio.

La ricorrente, una società a responsabilità limitata di diritto

italiano, titolare di un contratto di distribuzione di autoveicoli

BMW, era stata informata nel maggio 1983 dell'intenzione di

BMW Italia di non volere più procedere al rinnovo del contrat

to alla sua scadenza, il 31 dicembre 1984.

Dopo aver richiesto senza successo alle giurisdizioni nazionali

che fosse ingiunto a BMW Italia di proseguire i suddetti rap

porti contrattuali, Automec aveva introdotto presso la commis

sione una domanda ex art. 3, par. 2, del regolamento 17/62,

tendente a far condannare il comportamento di BMW Italia

e della società capogruppo tedesca, BMW AG, per violazione

dell'art. 85. Il sistema di distribuzione di BMW sarebbe stato, secondo la ricorrente, un sistema di distribuzione selettiva: poi ché dunque Automec avrebbe corrisposto ai criteri qualitativi

richiesti, BMW non avrebbe potuto legittimamente rifiutare di

rifornirla di autoveicoli e pezzi di ricambio, né opporsi all'uti

lizzo da parte sua del marchio BMW.

Con lettera del 30 novembre 1988, la commissione si era di

chiarata incompetente ad adottare un provvedimento che impo nesse a BMW di riprendere le consegne di Automec e di risarci

re i danni da quest'ultima subiti. Nella stessa missiva la com

missione aveva fatto presente che la disciplina comunitaria

relativa alla concorrenza nel settore automobilistico era stata

modificata con l'adozione del reg. 123/85, a seguito della quale i diversi costruttori europei avevano adattato i loro contratti

di distribuzione; dalle informazioni disponibili, d'altra parte, non risultava alle autorità comunitarie che BMW non avesse

effettuato le necessarie modifiche della sua rete distributiva.

È contro la decisione contenuta, secondo la ricorrente, in tale

lettera che si era indirizzato il ricorso introdotto da Automec

in data 17 febbraio 1989. Il 26 luglio dello stesso anno, la Commissione aveva comuni

cato alla ricorrente che la missiva oggetto dell'impugnazione non

avrebbe potuto essere considerata una sua presa di posizione

definitiva sulla questione; ciò sarebbe stato confermato dalla

assenza di ogni riferimento alla procedura stabilita all'art. 6

del regolamento n. 99/63/Cee in caso di non accoglimento di

domanda introdotta ai sensi dell'art. 3, par. 2, del regolamento

n. 17. Questa sarebbe stata invece la finalità della nuova comu

nicazione, con la quale si invitava infatti Automec a presentare

le sue osservazioni circa l'intenzione della commissione di non

dare seguito alla sua domanda iniziale. Il giorno successivo, la

commissione aveva introdotto la domanda incidentale — ex art.

Il Foro Italiano — 1993.

91, par. 1, del regolamento di procedura della corte — chieden

done l'esame senza che si discutesse il merito della questione sollevata con il ricorso; la lettera del 26 luglio avrebbe infatti

comportato il venir meno dell'oggetto della controversia.

Nel corso dell'udienza, la commissione aveva infine deposita

to, presso la cancelleria, copia di una lettera a firma del com

missario responsabile dell'applicazione delle regole di concor

renza, con la quale si informava Automec che la sua domanda

iniziale era respinta. La ricorrente, dal canto suo, nel contestare

che la lettera in questione costituisse una nuova decisione, ave

va domandato — richiamandosi alla giurisprudenza della corte — di poter adattare le sue conclusioni per chiedere altresì l'an

nullamento della lettera di conferma della decisione impugnata. Il tribunale ha in primo luogo deciso di pronunciarsi, come

proposto dal giudice relatore, sulla domanda incidentale della

commissione senza entrare nel merito del ricorso.

Quanto poi alla ricevabilità dello stesso, si rileva come, in

forza dell'art. 92, par. 2, del regolamento di procedura della

corte — applicabile mutatis mutandis al tribunale, ex art. 11

della decisione del consiglio del 24 ottobre 1988 — esso possa esaminare d'ufficio, in qualsiasi momento, l'irricevibilità di un

ricorso per motivi di ordine pubblico. Orbene, l'esistenza del

l'atto contro cui è diretto un ricorso ex art. 173 è una condizio

ne essenziale per la sua ricevibilità, e in più occasioni — viene

rilevato — era stata sollevata d'ufficio dalla corte.

Secondo tale giurisprudenza, dunque, sono atti o decisioni

suscettibili di ricorso in annullamento, ai sensi dell'art. 173, le

misure produttive di effetti giuridici, che incidano sugli interessi

del ricorrente, modificandone la situazione giuridica. Qualora si tratti di atti o decisioni, la cui elaborazione avvenga in più

fasi, in particolare al termine di una procedura interna, sono

impugnabili solo quegli atti che fissano in maniera definitiva

la posizione dell'istituzione, con esclusione quindi di tutti gli atti di carattere preparatorio.

Nel caso di specie, il tribunale ha distinto tre fasi nel procedi mento disciplinato dall'art. 3 del regolamento n. 17. Nella pri ma di esse, successiva all'introduzione di una domanda, la com

missione raccoglie tutti gli elementi utili a valutare che seguito riservare alla medesima. In tale fase possono esservi scambi in

formali di punti di vista tra le parti che consentano in particola re alla persona che ha introdotto una domanda, di precisare e sviluppare le sue allegazioni, anche alla luce delle prime rea

zioni dei servizi della commissione. Le osservazioni comunicate

in questo momento da tali servizi — si rileva nella sentenza — non potrebbero ovviamente essere considerate atti impugnabili.

Nella seconda fase, la commissione procede alla comunica

zione ex art. 6 reg. 99/63, con la quale essa precisa i motivi

per i quali non intende dare seguito alla domanda introdotta

dall'istante e gli dà allo stesso tempo l'occasione di presentare le proprie osservazioni. Tale comunicazione costituirebbe il pen dant della comunicazione degli addebiti, prevista all'art. 2 del

regolamento n. 99. Secondo la corte, la comunicazione degli addebiti deve garantire il rispetto dei diritti della difesa, mentre

la comunicazione di cui all'art. 6 mira a salvaguardare i diritti

procedurali delle parti istanti, i quali, tuttavia, non avrebbero

la stessa estensione dei diritti delle imprese contro cui la com

missione sta conducendo un'inchiesta.

Se dunque la comunicazione degli addebiti non è una decisio

ne; secondo la giurisprudenza della corte, ma solo un atto del

procedimento preparatorio della decisione finale, appare evidente — si legge nella sentenza — che natura di decisione non potrà avere neppure la comunicazione prevista all'art. 6 del regola

mento n. 99/63, la cui importanza è senz'altro minore.

Nella terza fase, infine, la commissione, a seguito dell'esame

delle osservazioni sottomessele, può adottare una decisione de

finitiva di chiusura del caso, benché tale possibilità non sia espres samente prevista dal più volte citato art. 6.

Orbene, nella fattispecie all'esame — osserva il tribunale —

erano presenti, nella lettera oggetto dell'impugnazione, sia ele

menti suscettibili di creare l'impressione di una presa di posizio

ne definitiva della commissione, in particolare sul punto relati

vo alla competenza ad adottare le misure specifiche richieste

dalla ricorrente, sia valutazioni ancora provvisorie sulla que

stione relativa alla conformità del sistema di distribuzione di

BMW all'art. 85 del trattato.

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PARTE QUARTA

L'analisi del testo della lettera avrebbe pertanto reso evidente

come essa non costituisca ancora una risposta definitiva alla

domanda della ricorrente, ma fosse riconducibile alla prima fa

se del procedimento di istruzione, nel corso del quale si danno,

come precisato, scambi di punti di vista ancora preliminari. Alla luce di tali osservazioni, pertanto, il tribunale ha conclu

so che la lettera del 30 novembre 1988 non potesse pregiudicare i diritti procedurali della ricorrente, e che quindi non potesse formare oggetto di ricorso, che è stato dunque dichiarato irrice

vibile. Quanto poi alla richiesta della ricorrente di poter adattare

le sue conclusioni, per tenere conto della presentazione da parte della commissione della lettera con cui si respingeva esplicita mente la sua domanda, il tribunale ha sottolineato come siano

le conclusioni — anche orali — delle parti a definire l'oggetto della controversia; è dunque importante — rileva la sentenza — che le parti indichino espressamente, e senza possibilità di

equivoci, ciò che esse chiedono. In particolare, quando si tratta

di un ricorso per annullamento deve essere indicato con chia

rezza l'atto di cui si chiede l'annullamento: un riferimento im

plicito non potrebbe infatti essere preso in considerazione, pena il decidere ultra petita.

Non avendo dunque Automec dichiarato nel corso dell'udienza

la sua intenzione di domandare ormai l'annullamento di un at

to diverso da quello indicato nella sua memoria, il tribunale

non ha potuto che limitarsi a constatare che la ricorrente non

aveva modificato le sue conclusioni.

Se tale constatazione, tuttavia, sarebbe stata di per sé suffi

ciente a sciogliere ogni dubbio circa il tenore delle conclusioni

di Automec, il tribunale ha precisato che, anche nell'ipotesi in

cui essa avesse modificato le sue conclusioni iniziali in corso

di giudizio, ciò non sarebbe valso ad estendere l'oggetto dello

stesso. I casi, ai quali la ricorrente si era richiamata per affer

mare questa sua possibilità, avevano tutti in comune il fatto

di riguardare ricorsi diretti, fin dall'atto introduttivo del giudi

zio, contro atti definitivi, produttivi di effetti giuridici e nei cui confronti dunque un ricorso in annullamento era ricevibile.

In simili casi la corte aveva ammesso l'allargamento dell'ogget to del giudizio ad atti la cui natura e finalità essenziale erano

identici a quelli considerati nell'atto introduttivo.

Nella fattispecie all'esame, invece, la lettera impugnata ave

va, come già chiarito, un carattere esclusivamente preparatorio.

6 - Sentenza 10 luglio 1990 (causa T-125/89); Pres. D. Bajr

rington; Filtrona Espanda S.A. c. Comissione delle Comu

nità europee.

Cee — Concorrenza — Termini per l'introduzione del ricorso — Modalità di computo — Irricevibilità (Trattato Cee, art.

173, par. 2 e 3; regolamento di procedura della corte, art.

80, 81 e allegato II).

Con decisione del 26 aprile 1989, notificata alla parte ricor

rente il 5 maggio 1989, la commissione aveva respinto il recla

mo dalla stessa introdotto ex art. 3, par. 2, del regolamento n. 17/62 e tendente a far constatare un abuso di posizione do

minante, ai sensi dell'art. 86 del trattato, da parte di Tabacale

ra S.A.

In data 17 luglio 1989, Filtrona Espanola S.A. aveva intro

dotto un ricorso in forza dell'art. 173, 2° comma, del trattato

per ottenere l'annullamento di tale provvedimento. Nella sua

memoria difensiva la commissione aveva sollevato un'eccezione

di irricevibilità fondata sulla tardività del ricorso. La società Tabacalera, dal canto suo, aveva richiesto ed ottenuto la possi bilità di intervenire a sostegno della tesi della commissione.

Il tribunale ha in primo luogo rilevato come il termine stabili

to all'art. 173 per impugnare una decisione della commissione

sia di due mesi a decorrere dalla notificazione al ricorrente; in

forza peraltro delle disposizioni dell'allegato II del regolamento di procedua della corte — applicabile mutatis mutandis al tri

bunale ex art. 11,3° cpv., della decisione del consiglio del 24

ottobre 1988 — nel caso di specie tale termine era aumentato

di dieci giorni, in quanto la ricorrente aveva la sede sociale in

Spagna. Per quanto poi riguarda le modalità di computo di

questo termine — si sottolinea nella sentenza — esse sono pre

II Foro Italiano — 1993.

cisate agli art. 80 ss. del regolamento di procedura, nel rispetto naturalmente del momento iniziale e della sua durata fissati di

rettamente dal trattato, e fatta eccezione per un eventuale ter

mine supplementare concesso in ragione della lontananza del

luogo della sede sociale.

Circa la modalità di computo del termine nella fattispecie,

dunque, era all'art. 81, par. 1, del regolamento di procedura che occorreva fare riferimento, ai sensi del quale «i termini per l'introduzione dei ricorsi contro un atto di una istituzione co

minciano a decorrere ... il giorno successivo a quello in cui

l'atto è stato notificato all'interessato». Tale disposizione, d'al

tra parte, confermava la regola generale relativa a tutti i termini

procedurali, enunciata all'art. 80, par. 1, dello stesso regola

mento, secondo cui «i termini processuali sono calcolati esclu

dendo dal computo il giorno dell'atto che ne costituisce il mo

mento iniziale». Tali disposizioni, tendenti ad assicurare ad ogni parte la possibilità di utilizzare pienamente i termini, sarebbero

espressione del principio generale dies a quo non computatur in termino, in forza del quale un termine comincia a decorrere

solo a partire dalla fine del giorno in cui ha avuto luogo la

notificazione, indipendentemente dall'ora in cui essa è stata ef

fettuata. Secondo l'interpretazione che di tali principi ha dun

que fornito la corte nella sentenza 15 gennaio 1987 (Misset/Con

siglio, 152/85) «nel caso in cui ... un termine di ricorso è espres so in mesi di calendario, esso scade alla fine del giorno che, nel mese indicato, ha la stessa cifra del giorno in cui il termine

ha cominciato a decorrere, vale a dire il giorno della notifica».

Alla luce di tali osservazioni il ricorso è stato dunque dichiarato

irricevibile. La ricorrente aveva altresì fatto valere, in via sussidiaria, e

nel caso in cui il tribunale avesse accolto l'eccezione sollevata

dalla commissione, che la lettera dell'art. 81 del regolamento di procedura avrebbe reso giustificabile il suo errore di interpre

tazione, e che pertanto ragioni di equità avrebbero imposto co

munque che essa fosse ammessa a sviluppare le sue argomenta zioni nel merito: ciò avrebbe infatti evitato un diniego di giustizia.

Al riguardo il tribunale ha osservato, anche in tale ipotesi richiamandosi alla costante giurisprudenza della corte, come l'ap

plicazione stretta della disciplina comunitaria relativa ai termini

procedurali risponda all'esigenza di assicurare la certezza del

diritto e alla necessità di evitare ogni discriminazione o arbitrio

nell'amminitrazione della giustizia.

7 - Ordinanza del tribunale 15 novembre 1990 (cause riunite

T/l/89 - T-4/89 - T-6/89 - T-15/89); Pres. J. L. Cruz Vila

ca: Rhone-Poulenc e altri c. Commissione delle Comunità

europee.

Cee — Concorrenza — Procedimento — Richiesta di tratta

mento riservato di parte delle memorie — Principi di tutela

dei segreti commerciali e dei contraddittorio in sede giudizia ria (Regolamento di procedura, art. 91, n. 1).

Il tribunale aveva invitato la Rhone-Poulenc ed altre tredici

società a fargli pervenire le loro eventuali osservazioni sulla riu

nione delle cause in questione ai fini della trattazione orale e, nel caso fosse disposta la riunione, le eventuali richieste di trat

tamento riservato da parte delle memorie e/o degli allegati, «con

breve motivazione».

Chiarito che le domande di trattamento riservato sono inci

denti ai sensi dell'art. 91, n. 1, del regolamento di procedura della corte, il tribunale ha quindi sottolineato che, quando esa

mina tale domanda in occasione della riunione di più cause, esso deve risolvere un conflitto tra due principi contrapposti, e cioè il rispetto dei segreti commerciali e il rispetto del contrad

dittorio in sede giudiziaria nel conflitto di interessi fra le varie parti.

Nella fattispecie, il tribunale ha esaminato la fondatezza delle

domande tenuto conto, in primo luogo, dell'atteggiamento di

alcune ricorrenti, le quali non avevano chiesto il trattamento

riservato di dati paragonabili a quelli contenuti nelle domande

presentate al tribunale, in secondo luogo, del ritiro delle richie

ste di trattamento riservato aventi ad oggetto tali dati da parte di altre ricorrenti, e, in terzo luogo, del periodo cui si riferiva

la maggior parte dei dati ancora qualificati dalle altre parti co

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

me «segreti commerciali», senza chiarire perché dati risalenti

ad un periodo ormai lontano fossero ancora coperti dal segreto. È pertanto alla luce di tali considerazioni che il tribunale non

ha accolto che parzialmente le domande di trattamento riserva

to che gli erano state sottoposte.

8 - Ordinanza del presidente del tribunale 21 novembre 1990

(causa T-39/90 R); Pres. J. L. Cruz Vilaca; Samenwerken

de Elektriciteits-produktiebedrijven NV c. Commissione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Provvedimenti provvisori — Decisione

della commissione, adottata ex art. 11, n. 5, del regolamento n. 17, che stabilisce l'obbligo di fornire informazioni — So

spensione dell'esecuzione (Trattato Cee, art. 186; regolamen to n. 17/62 del consiglio del 6 febbraio 1962, art. 11, n. 5,

10, 20).

Il tribunale non ha accolto la domanda di provvedimenti prov

visori presentata dalla ricorrente, ex art. 186 del trattato Cee,

e diretta ad ottenere la sospensione dell'esecuzione di una deci

sione della commissione adottata — in attuazione delle norme

sulla concorrenza — in base alla procedura stabilita all'art. 11,

n. 5, del regolamento n. 17/62, per mancato invio delle infor

mazioni richieste nel quadro di una procedura di applicazione dell'art. 85 del trattato. Il rifiuto di trasmettere un documento

richiesto sarebbe stato giustificato, a parere della società inte

ressata, dal rischio che i governi degli Stati membri, informati

dalle autorità competenti di cui all'art. 10 del regolamento cita

to, sarebbero venuti a conoscenza di elementi coperti dal segre to commerciale, e di cui gli stessi si sarebbero potuti servire

a svantaggio della ricorrente.

La domanda non è stata peraltro accolta — come si è detto — in quanto il tribunale ha ritenuto che in tale ipotesi esso

si sarebbe dovuto pronunciare su un'eventuale futura trasgres sione da parte di dette autorità competenti di obblighi ad esse

imposti dall'art. 20 dello stesso regolamento, in tema di segreto

professionale.

9 - Sentenza 13 dicembre 1990 (causa T-l 13/89); Pres. J. L.

Cruz Vilaca; Nederlandse Associatie van de Farmaceutische

Industrie «Nefarma» e Bond van Groothandelaren in het Far

maceutische Bredijf c. Commissione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Ricorso per annullamento — Atti impu

gnabili — Lettera inviata da un componente della commissio

ne ad uno Stato membro che esprime un'opinione circa la

compatibilità di un accordo tra imprese con le norme sulla

concorrenza — Mancanza di effetti giuridici obbligatori —

Diritti procedurali delle parti — Irricevibilità del ricorso (Trat tato Cee, art. 85, 173; regolamento n. 17/62 del consiglio

del 6 febbraio 1962).

Il tribunale ha ritenuto che non si possa considerare un atto

impugnabile con ricorso per annullamento, ex art. 173 del trat

tato, una lettera inviata alle autorità di uno Stato membro da

uno dei componenti della commissione, la quale, senza produr

re effetti giuridici obbligatori, come quelli derivanti da una de

cisione di esenzione, o da una decisione che dispone provvedi menti provvisori, o ancora da una domanda di informazioni

mediante decisione vincolante, si limita ad esprimere un primo

giudizio degli uffici della commissione su un accordo tra impre

se in relazione all'art. 85 del trattato, e a suggerirne modifiche.

Né, d'altra parte, il fatto che la lettera in questione avesse

indotto le autorità nazionali olandesi, che ne erano destinatarie,

ad adottare provvedimenti di carattere interno avrebbe potuto

modificare la natura giuridica. Sarebbe dunque stato necessario

allo scopo dimostrare che l'atto impugnato si era basato su un

fondamento giuridico che autorizzava la commissione ad adot

tare una decisione vincolante uno Stato membro; dalla giuri

sprudenza della corte infatti emerge che le opinioni della com

missione rivolte alle autorità di uno Stato membro in settori

in cui la stessa non è competente ad adottare decisioni obbliga

torie sono semplici pareri privi di effetti giuridici. Una siffatta

competenza peraltro non si sarebbe potuta presumere in assen

za di una specifica disposizione figurante nel trattato, o in atti

Il Foro Italiano — 1993.

obbligatori adottati dalle istituzioni. Orbene, né l'art. 85, né

le disposizioni del regolamento n. 17 conferiscono alla commis

sione il potere di adottare decisioni obbligatorie nei confronti

degli Stati membri. Alla lettera controversa, d'altra parte, non potevano neppure

essere attribuiti effetti obbligatori — si rileva ancora nella sen

tenza — in base ad una norma del diritto nazionale rilevante

(quello olandese), il quale impedisce al governo di autorizzare

l'attuazione di un accordo tra imprese finché sussistano dubbi

sulla sua compatibilità con il diritto comunitario: l'applicazione di tale norma infatti rientrerebbe nella competenza delle autori

tà nazionali.

Ulteriore indizio, infine, che la lettera controversa non mira

va a produrre effetti giuridici di qualsiasi tipo, sarebbe stata

la mancanza di una decisione collegiale della commissione: la

lettera cioè non si presentava come la comunicazione di una

decisione adottata dall'istituzione, né come una lettera scritta

in nome della commissione o in base ad una delega di potere, sistema di cui la corte aveva avuto modo di ammettere la validità.

La lettera infine — rileva il tribunale — non aveva costituito

una decisione neppure riguardo alle associazioni ricorrenti. Ciò

era in particolare dimostrato dalla riserva che vi era espressa

mente formulata relativa ai diritti procedurali delle parti all'ac

cordo. Per le ricorrenti questa riserva significava che esse ave

vano il diritto di ricevere una comunicazione degli addebiti e

di potervi replicare prima che la commissione adottasse even

tualmente, in forza dell'art. 3 del regolamento n. 17, una deci

sione di divieto che avrebbe potuto vincolarle giuridicamente.

Alla luce di tali considerazioni, pertanto, il ricorso è stato

dichiarato irricevibile.

10 - Sentenza 13 dicembre 1990 (causa T-l 14/89); Pres. J. L.

Cruz Vilaca; Vereninging van Nederlandse Ziekenfondsen

e altri c. Commissione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Ricorso per annullamento — Atti impu

gnabili — Lettera inviata da un componente della commissio

ne ad uno Stato membro che esprime un'opinione circa la

compatibilità di un accordo tra imprese con le norme sulla

concorrenza — Mancanza di effetti giuridici obbligatori —

Diritti procedurali delle parti — Irricevibilità del ricorso (Trat

tato Cee, art. 85, 173; regolamento n. 17/62 del consiglio

del 6 febbraio 1962).

Per la motivazione della sentenza si fa rinvio a quella di teno

re sostanzialmente analogo pronunciata in pari data nella causa

Nefarma e altri c. Commissione (causa T-l 13/89).

11 - Sentenza 13 dicembre 1990 (causa T-l 16/89); Pres. J. L.

Cruz Vilaca; Vereninging Prodifarma e altri c. Commissio

ne delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Ricorso per annullamento — Atti impu

gnabili — Lettera inviata da un componente della commissio

ne ad uno Stato membro che esprìme un'opinione circa la

compatibilità di un accordo tra imprese con le norme sulla

concorrenza — Mancanza di effetti giuridici obbligatori —

Diritti procedurali delle parti — Irricevibilità del ricorso (Trat

tato Cee, art. 85, 173; regolamento n. 17/62 del consiglio

del 6 febbraio 1962).

Per la motivazione della sentenza si fa rinvio a quella di teno

re sostanzialmente analogo pronunciata in pari data nella causa

Nefarma e altri c. Commissione (causa T-l 13/89).

12 - Ordinanza 23 gennaio 1991 (causa T-3/90); Pres. J. L. Cruz

Villaca; Vereniging Prodifarma c. Commissione delle Co

munità europee.

Cee — Concorrenza — Ricorso per carenza — Persone fisiche

o giuridiche — Omissioni impugnabili — Mancata adozione

della decisione che abolisce per le parti di un accordo fra

imprese notificato il beneficio dell'immunità in materie di am

mende — Irricevibilità (Trattato Cee, art. 85, 175, par. 3;

regolamento n. 17/62 del consiglio del 6 febbraio 1962, art.

15, nn. 5 e 6).

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PARTE QUARTA

L'associazione Prodifarma, che raggruppa diverse imprese far

maceutiche di piccole e medie dimensioni operanti sul mercato

dei Paesi Bassi, aveva introdotto un ricorso diretto a fare con

statare — sulla base dell'art. 175 del trattato Cee — che la

commissione aveva violato il trattato, avendo omesso di pro nunciarsi sulla domanda della ricorrente che l'invitava a fare

applicazione della norma di cui all'art. 15, par. 6, del regola mento n. 17/62 del consiglio, nei confronti delle parti all'accor

do denominato Omni-Partijen Akkoord, relativo alla distribu

zione dei medicinali nei Paesi Bassi. Con lo stesso atto la ricor

rente aveva altresì richiesto che fosse revocato alle parti di

quell'accordo il beneficio dell'immunità in materia di ammende

contemplato dal n. 5 del suddetto articolo.

Il ricorso è stato dichiarato irricevibile dal tribunale, il quale ha rilevato come, secondo una consolidata giurisprudenza della

corte, le persone fisiche o giuridiche possono proporre un'azio

ne in forza dell'art. 175, par. 3, del trattato solo per fare di

chiarare la mancata adozione di un atto di cui esse sono i po tenziali destinatari. Orbene, dai termini dell'art. 16, n. 6, di

cui sopra — e ai sensi del quale le disposizioni del par. 5 dello

stesso articolo, che garantiscono alle parti che hanno notificato

un accordo l'immunità in materia di ammende, «non si applica no dal momento in cui la commissione ha informato le imprese interessate di ritenere, sulla base di un esame provvisorio, che

sussistano le condizioni dell'[art. 85, n. 1, del trattato e che

l'applicazione dell'art. 85, n. 3, non è giustificata» — emerge che la decisione che la commissione è autorizzata ad adottare

deve essere necessariamente indirizzata alle parti dell'accordo

notificato, ma non ai terzi che abbiano eventualmente presenta to reclamo avverso lo stesso.

La sentenza rileva d'altronde che le parti reclamanti non so

no lese né direttamente né individualmente da tale omissione

della commissione, in quanto il fatto che l'immunità sia abolita

non inciderebbe affatto sulla loro situazione giuridica, né nel

l'ambito del procedimento che si svolge dinnanzi alla commis

sione, né dinnanzi ai giudici nazionali, e, inoltre, le stesse non

hanno interesse legittimo a detta abolizione.

13 - Sentenza 29 maggio 1991 (causa T-12/90); Pres. A. Sag

gio; Bayer AG c. Commissione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Termini per la presentazione di un ri

corso — Regolarità della notificazione — Errore scusabile del

ricorrente — Caso fortuito e di forza maggiore (Trattato Cee,

art. 85, 173, par. 2 e 3; regolamento n. 99/63 della commis

sione del 25 luglio 1963, art. 10).

Il tribunale ha dichiarato irricevibile il ricorso con cui la so

cietà Bayer aveva richiesto l'annullamento di una decisione del

la commissione relativa ad un procedimento ex art. 85 avviato

nei suoi confronti, in quanto introdotto dopo la scadenza del

termine di due mesi previsto dall'art. 173 del trattato.

La ricorrente, in risposta all'eccezione di irricevibilità solleva

ta dalla commissione, aveva fatto valere in primo luogo l'irre

golarità della notificazione, in quanto nella fattispecie sarebbe

ro stati utilizzati contemporaneamente i due modi di notifica

previsti dall'art. 10 del regolamento n. 99/63, vale a dire la

lettera raccomandata con avviso di ricevimento e la consegna dietro rilascio di ricevuta. Il termine per la presentazione del

ricorso, pertanto, non avrebbe cominciato a decorrere, secondo

la ricorrente, che a partire dal giorno in cui la stessa aveva

effettivamente avuto conoscenza della decisione, ossia la data

della ricevuta, successiva a quella dell'avviso di ricevimento. In

via sussidiaria Bayer aveva sostenuto che, anche ammettendo

come punto di partenza del termine fissato dall'art. 173, par.

3, la data dell'avviso di ricevimento, il ricorso non avrebbe po tuto essere dichiarato irricevibile, per l'errore scusabile di calco

lo in cui essa era incorsa. Lo stesso era stato determinato anzi

tutto dal fatto che la commissione aveva inviato il testo della

decisione alla sede sociale di Bayer senza alcuna precisazione e non, come era avvenuto per le precedenti comunicazioni, di

rettamente al servizio legale della società; in secondo luogo, dal

non rispetto delle istruzioni interne da parte degli impiegati di

Bayer addetti alla distribuzione della posta in arrivo; quindi dal

l'invio, in allegato al testo della decisione, di un formulario

Il Foro Italiano — 1993.

recante la dicitura «avviso di ricevimento»; e, infine, dalla man

cata reazione della commissione, la quale né al momento della

ricezione del suddetto formulario, e neppure nella corrispon denza successiva aveva richiamato l'attenzione della ricorrente

sul suo errore.

Bayer aveva infine sostenuto che essa avrebbe potuto far va

lere nella fattispecie l'esistenza di un caso fortuito o di forza

maggiore, fondandosi sulle stesse argomentazioni.

Quanto alla regolarità della notificazione, il tribunale ha rile

vato, richiamandosi ad una consolidata giurisprudenza della cor

te, che l'invio per lettera raccomandata con avviso di ricevi

mento costituisce una forma appropriata di notifica, qualora consenta — come si era verificato nel caso di specie — di stabi

lire con certezza il momento iniziale di decorrenza dei temrini

per presentare ricorso. Il fatto poi che al testo della decisione

fosse stato allegato un «avviso di ricevimento» non avrebbe com

portato una seconda notifica distinta da quella regolarmente ef

fettuata per posta; a tale scopo — si rileva nella sentenza —

sarebbe sufficiente rilevare che ciò avrebbe presupposto una con

segna della decisione ad un funzionario preposto da Bayer da

parte di un agente della commissione, debitamente abilitato: il

che non si era verificato nella fattispecie.

Quanto al secondo argomento fatto valere da Bayer, il tribu

nale ha tenuto preliminarmente a precisare come la nozione di

errore scusabile, nettamente distinta da quella di caso fortuito

e di forza maggiore, tenda ad assicurare il rispetto dei principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento. Nel campo dei termini di ricorso, i quali, secondo una giurisprudenza co

stante, non sono disponibili né dal giudice né dalle parti e han

no carattere di ordine pubblico, la nozione di errore scusabile

deve essere interpretata in modo restrittivo con riguardo a cir

costanze eccezionali in cui, in particolare, l'istituzione interessa

ta tenga un atteggiamento idoneo a provocare una comprensibi le confusione in un soggetto che agisce in buona fede, e fa pro va della diligenza normalmente richiesta ad un operatore economico informato. Solo in tale ipotesi l'amministrazione non

potrebbe valersi del disconoscimento da essa stessa operato dei

principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento, che

sia all'origine dell'errore commesso dal destinatario di un atto.

Orbene, il fatto che la commissione avesse proceduto alla no

tificazione della decisione alla sede sociale della ricorrente e non

al suo servizio legale, cui in precedenza era stata inviata la cor

rispondenza, non è sembrato al tribunale una circostanza ecce

zionale che potesse rendere scusabile l'errore della ricorrente.

D'altra parte — viene pure rilevato — Bayer non avrebbe

potuto neppure avvalersi del funzionamento difettoso della sua

organizzazione interna, e neppure del mancato rispetto delle pro

prie direttive interne per dimostrare il carattere scusabile del

l'errore commesso, una volta accertato che al mancato rispetto delle stesse da parte dei suoi impiegati non aveva in alcun modo

contribuito il comportamento dei servizi della commissione.

Per quanto riguardava poi l'argomento fondato sulla manca

ta reazione della commissione alla discordanza di data nei due

documenti, il tribunale ha ritenuto che, alla luce delle circostan

ze della fattispecie e dello stadio della procedura, la commissio

ne non sarebbe stata in alcun modo tenuta a verificare la con

cordanza delle date suddette, tanto più che la divergenza era

imputabile ad errori commessi dall'impresa destinataria della

decisione. Tenuto conto, infine, che le circostanze costitutive di un caso

fortuito o di forza maggiore ricorrono, secondo una giurispru denza costante della corte, in presenza di difficoltà indipendenti dalla volontà del ricorrente e non superabili nonostante il com

portamento diligente dallo stesso tenuto, il tribunale non ha

ritenuto che circostanze di tale natura ricorressero nel caso di

specie, per sostenere l'esistenza delle quali Bayer si era fondata

sulle medesime argomentazioni, respinte, sostenute in ordine al

la presenza di un errore scusabile.

14 - Sentenza 10 luglio 1991 (causa T-69/89); Pres.; A. Saggio; Radio Telefis Eireann c. Commissione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Comi

tato consultivo in materia di intese e abuso di posizioni domi

nanti — Contenuto del fascicolo trasmesso al comitato —

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

Mancata trasmissione del processo verbale dell'audizione —

Termine per la convocazione del comitato (Regolamento n.

17/62 del consiglio del 6 febbraio 1962, art. 10, par. 5). Cee — Concorrenza — Posizione dominante — Determinazio

ne del mercato rilevante (Trattato Cee, art. 86). Cee — Concorrenza — Libera circolazione delle merci — Tute

la della proprietà industriale e commerciale e regole di con

correnza (Trattato Cee, art. 2, 3, 36, 85, 86). Cee — Concorrenza — Esercizio del diritto d'autore — Posi

zione dominante — Abuso (Trattato Cee, art. 36, 86). Cee — Concorrenza — Abuso di posizione dominante — Pre

giudizio del commercio tra gli Stati membri (Trattato Cee, art. 86).

Cee — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Poteri

della commissione nel porre fine alle infrazioni — Ingiunzio ni rivolte alle imprese interessate (Regolamento n. 17/62 del

consiglio del 16 febbraio 1962, art. 3, par. 1). Cee — Concorrenza — Accordi internazionali anteriori al trat

tato Cee — Portata dell'art. 234 del trattato — Inammissibi

lità di restrizioni al commercio intracomunitario (Trattato Cee, art. 234).

Con ricorso introdotto in data 10 marzo 1989, Radio Telefis

Eireann (in seguito indicata «RTE») aveva richiesto l'annulla

mento della decisione della commissione, che aveva ritenuto con

traria all'art. 86 del trattato Cee la politica seguita da questo

ente in materia di pubblicazione dei suoi programmi settimanali

televisivi e radiofonici trasmessi in Irlanda e Irlanda del Nord.

Le pratiche messe in atto da RTE avrebbero infatti ostacolato

la pubblicazione e la vendita di guide generali settimanali ai

programmi di radiotelediffusione in quei territori.

Al momento dei fatti presi in considerazione dalla commis

sione, non era disponibile sul mercato irlandese alcuna guida

generale televisiva, in quanto le reti presenti in Irlanda e Irlan

da del Nord (oltre a RTE, la BBC, ITV e Channel 4) pubblica vano ciascuna una guida dedicata esclusivamente ai propri pro

grammi, e rivendicavano, in base alla United Kingdom Copy

right Act del 1956 (la legge britannica sul diritto d'autore) e

la Irish Copyright Act del 1963 (la analoga legge irlandese), la protezione del diritto ad esse spettante a decidere di tale pub

blicazione, per opporsi alla riproduzione fattane da terzi.

Occorre precisare che RTE è un ente pubblico («statutory

authority») cui è stato affidato il compito di assicurare un ser

vizio nazionale di radiotelediffusione, per l'esercizio del quale essa fruisce di un monopolio legale. Nel quadro della sua mis

sione RTE deve, in particolare, prendere cura di valorizzare la

lingua e la cultura irlandesi. In base all'art. 16, par. 2, della

Broadcasting Autority Act del 1960, RTE era abilitata, previa autorizzazione del ministro competente, a pubblicare e distri

buire, a pagamento o gratuitamente, ogni sorta di rivista, libro

0 altra documentazione ritenuti necessari o utili alla realizzazio

ne del suo oggetto sociale. È in base a tale disposizione che

RTE era stata autorizzata nel 1961 a pubblicare un settimanale

destinato a promuovere la sua programmazione, in particolare

quella di carattere culturale o di interesse per le minoranze, la

«RTE guide». Nei confronti dei terzi RTE aveva adottato la seguente politi

ca: su domanda e senza corrispettivo, essa rilasciava la lista

dei suoi programmi alla stampa quotidiana e periodica accom

pagnata da una licenza in cui erano fissate le condizioni alle

quali queste informazioni potevano essere riprodotte. In tal modo

1 programmi del giorno e, la vigilia dei giorni festivi, i program mi di due giorni potevano essere pubblicati sui giornali, mentre

i settimanali e i giornali della domenica erano autorizzati a pub

blicare solo i «punti forti» della programmazione televisiva RTE

della settimana.

La casa editrice Magill TV Guide Ltd (di seguito indicata come «Magill») aveva cominciato a pubblicare nel 1985 una

guida che, all'inizio, si limitava ad informare sulla programma

zione del fine settimana di RTE, BBC, ITV e Channel 4, come

pure sui principali programmi di queste reti nel corso della set

timana. A seguito peraltro della pubblicazione, in un numero

della rivista del maggio 1986, dell'insieme dei programmi setti

manali delle reti televisive diffuse in Irlanda, i giudici irlandesi

avevano ingiunto alla società Magill, con ordinanza adottata

Il Foro Italiano — 1993.

in via d'urgenza, di sospendere tale pubblicazione: una sentenza

della High Court l'aveva quindi riconosciuto colpevole di viola

zione del diritto d'autore spettante a RTE sulla sua program mazione.

Nella sua decisione del 21 dicembre 1988, adottata a seguito di una denuncia sporta da Magill, la commissione aveva consta

tato come, in ragione del monopolio di fatto esercitato dagli

organismi di radiotelediffusione sulle rispettive programmazio

ni, i terzi interessati alla pubblicazione di una guida televisiva

settimanale si venivano a trovare nei confronti degli stessi in

una situazione di dipendenza economica, tipica dell'esistenza di

una posizione dominante.

D'altra parte — secondo la commissione — RTE aveva abu

sato di questa posizione, essendosene servita per impedire l'in

troduzione sul mercato di un nuovo prodotto, e cioè una guida TV a carattere generale.

La ricorrente aveva sostenuto in via preliminare che la com

missione non aveva proceduto alla consultazione del comitato

consultivo in materia di intese e abuso di posizioni dominanti

nelle forme richieste dall'art. 10 del regolamento n. 17/62: la

documentazione trasmessa ai membri del comitato sarebbe in

fatti stata incompleta e, d'altra parte, non sarebbe stato rispet tato il termine di preavviso di quattordici giorni per la convoca

zione delle riunioni, stabilito al par. 5. Al riguardo, il tribunale ha rilevato come la natura sostanzia

le o meno dell'obbligo imposto alla commissione dall'art. 10

del suddetto regolamento, di fornire cioè al comitato consultivo

un compendio del caso sottoposto al suo esame, accompagnato dall'indicazione dei documenti più importanti ad esso relativi

e del progetto preliminare di decisione, deve essere valutata te

nendo conto della finalità di tale trasmissione, che è di permet tere al comitato di esercitare le sue funzioni consultive in piena conoscenza di causa. Esso deve perciò essere informato dei prin

cipali elementi di fatto e di diritto del procedimento e, in parti

colare, e in tutta obiettività — conformemente al principio ge nerale secondo cui le imprese oggetto di una procedura di infra

zione hanno il diritto di essere sentite — degli argomenti svolti

dalle stesse in risposta agli addebiti formulati dalla commissio

ne al termine della fase istruttoria. Se dunque il processo verba

le dell'audizione delle imprese va considerato, in linea di princi

pio, come uno dei documenti importanti, la sua comunicazione

rappresenta una formalità sotanziale solo se, nel caso di specie, essa è necessaria al comitato consultivo, per potersi esprimere in piena conoscenza di causa, senza cioè essere indotto in errore

su un punto essenziale della pratica. Orbene, a giudizio del tri

bunale, tale ipotesi non ricorre quando il processo verbale del

l'audizione non contiene elementi di valutazione nuovi rispetto

alle risposte scritte dell'impresa alla comunicazione degli adde

biti, allegate alla lettera di convocazione della riunione.

Quanto al termine di preavviso di quattordici giorni per la

convocazione del comitato consultiva, esso deve considerarsi ri

spettato quando la consultazione ha luogo al più presto il quat tordicesimo giorno successivo all'invio della convocazione. Ciò

detto, il tribunale rileva come il termine in questione rappresen ti una regola di procedura puramente interna, il mancato rispet to della quale può determinare l'illegalità della decisione finale

della commissione solo qualora la convocazione tardiva abbia

arrecato pregiudizio all'impresa interessata; ciò si verifichereb

be ad esempio nell'ipotesi in cui il comitato non abbia avuto

il tempo necessario per potersi esprimere in piena conoscenza

di causa.

Passando al merito, la ricorrente aveva in primo luogo conte

stato la definizione del mercato rilevante operata nella decisio

ne. Al riguardo, la sentenza ha confermato la valutazione della

commissione, secondo cui le griglie della programmazione tele

visiva delle diverse reti e i settimanali in cui le stesse sono pub blicate rappresentano, ai fini dell'applicazione dell'art. 86, un

mercato distinto nell'ambito del più vasto mercato dell'infor

mazione sui programmi televisivi in generale. Esso ha infatti

ad oggetto un prodotto — l'informazione sulla programmazio

ne settimanale — per il quale esiste una domanda specifica sia

da parte dei terzi che intendono pubblicare una guida generale

tivù, sia dei telespettatori. Il tribunale, confermata la valutazione della commissione se

condo cui la ricorrente deteneva una posizione dominante sul

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PARTE QUARTA

mercato in questione, ha quindi analizzato se la politica dalla

stessa seguita in materia di diffusione dell'informazione sulla

sua programmazione — fondata sullo sfruttamento del diritto

d'autore — presentasse un carattere abusivo ai sensi dell'art.

86. Rifacendosi alla precedente giurisprudenza della corte (in

particolare le sentenze Kerkoop, 144/81, del 14 settembre 1982, in Raccolta, pag. 2853, e Renault, 53/87 del 5 ottobre 1987, in Raccolta, pag. 6039), il tribunale ha innanzi tutto precisato

come, in assenza di armonizzazione comunitaria delle diverse

discipline nazionali, la fissazione delle condizioni di protezione del diritto d'autore è affidata ancora alla legislazione degli Stati

membri.

I rapporti tra i diversi diritti nazionali relativi alla proprietà intellettuale e il diritto comunitario sono d'altra parte discipli nati all'art. 36 del trattato, in forza del quale sussiste la possibi lità di derogare alle disposizioni sulla libera circolazione delle

merci per ragioni di tutela della proprietà industriale e commer

ciale. Nel sistema del trattato — si rileva nella sentenza — tale

norma va tuttavia interpretata alla luce degli obiettivi fissati

all'azione della Comunità dagli art. 2 e 3 del trattato, ed in

particolare si deve tenere conto dell'esigenza di creare un regi me inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel

mercato comune. Tale esigenza è espressa in particolare nei di

vieti di cui agli art. 85 e 86. Ciò detto, il tribunale, richiaman dosi ampiamente alla giurisprudenza della corte (in particolare le sentenze Polydor, 270/80, del 9 febbraio 1982, in Raccolta,

pag. 329 e Deutsche Grammophon, 78/70, dell'8 giugno 1971, in Raccolta, pag. 487 e Warner Brothers, 158/86 del 17 maggio

1988, in raccolta, pag. 2605) ha precisato come, in diritto co

munitario, le sole restrizioni ammissibili alla libera concorrenza

o libera circolazione delle merci o dei servizi sono quelle ineren

ti alla protezione della sostanza stessa del diritto di proprietà intellettuale. Se, dunque, tale protezione attribuisce in via di

principio al suo titolare il diritto esclusivo di riproduzione del

l'opera interessata e se l'esercizio di questo diritto non presenta di per sé carattere abusivo, a diversa conclusione si deve perve nire qualora, alla luce delle circostanze particolari del caso di

specie, le modalità di esercizio del diritto in questione perseguo no in realtà una finalità manifestamente contraria agli obiettivi

dell'art. 86. In tale ipotesi infatti l'esercizio del diritto d'autore

non risponderebbe più a quella che ne è la funzione essenziale,

vale a dire — ex art. 36 — assicurare la protezione dell'opera

dell'ingegno e la remunerazione dello sforzo creativo nel rispet to degli obiettivi perseguiti in particolare dall'art. 86. Ciò si verifica — si osserva nella sentenza — qualora, come nella fat

tispecie, una società di telediffusione utilizzi il diritto d'autore

sui propri programmi settimanali per riservarsi l'esclusiva della

loro pubblicazione, ostacolando in tal modo l'entrata sul mer

cato dei settimanali televisivi di un prodotto nuovo, che rag

gruppa la programmazione dell'insieme delle reti che possono essere captate dai telespettatori.

La ricorrente aveva altresì fatto valere che le pratiche messe

in atto non avrebbero avuto conseguenze sensibili sul commer

cio tra gli Stati membri. A tale riguardo il tribunale ha rilevato come l'interpretazione dell'art. 86 sul punto deve tenere conto

dello scopo della norma che è quello di determinare, in materia

di concorrenza, l'ambito rispettivo di applicazione del diritto

comunitario e di quello degli Stati membri. In tale ottica rien

tra, nell'ambito di applicazione del diritto comunitario, qualsia si pratica suscettibile di mettere in pericolo la libertà dei com

merci tra i diversi Stati e quindi la creazione di un mercato

unico, in particolare attraverso la compartimentazione dei mer

cati nazionali o la modifica della struttura della concorrenza

nella Comunità. D'altra parte, come rilevato dalla corte (vedi in particolare la sentenza Michelin, 322/81, del 9 novembre 1983, in Raccolta, pag. 3461) l'art. 86 è applicabile anche qualora il comportamento abusivo sia tale da poter pregiudicare il com

mercio tra gli Stati membri, senza che sia necessario accertare

che tale pregiudizio si sia effettivamente verificato.

RTE aveva altresì' sostenuto, in via sussidiaria, che la com

missione avesse violato l'art. 3 del reg. n. 17. Tale articolo in

fatti — a parere della ricorrente — autorizzerebbe la commis sione solo ad ingiungere alle imprese di porre fine all'infrazione

constatata, mentre dovrebbe essere lasciata loro la scelta delle

modalità atte a realizzare tale scopo. In linea con la precedente

Il Foro Italiano — 1993.

giurisprudenza della corte, il tribunale ha invece ribadito come

la norma in questione implichi il diritto della commissione di

imporre obblighi di fare o di non fare, da definire in relazione alle esigenze legate al ristabilimento della legalità.

La ricorrente aveva infine sostenuto che, anche se l'art. 3

del reg. citato avesse consentito alla commissione d'ingiungere, come era avvenuto, la concessione di licenze obbligatorie, una

tale soluzione sarebbe stata incompatibile con la convenzione

di Berna. Nella misura in cui tutti gli Stati membri della Comu nità erano altresì parti alla suddetta convenzione, quest'ultima avrebbe dovuto essere considerata — in forza dell'art. 234 del

trattato — quale espressione dei principi comunitari rilevanti

in materia di diritto d'autore. Anche tale gravame è stato tutta

via respinto: come infatti già precisato dalla corte — in partico lare nella sentenza Conegate del 23 marzo 1986 (caso 121/85, in Raccolta, pag. 1007) — l'art. 234 non consente che una con

venzione conclusa anteriormente all'entrata in vigore del tratta

to possa essere invocata per giustificare restrizioni al commer

cio tra gli Stati membri. Tale disposizione, infatti, il cui scopo è assicurare che l'applicazione del trattato non incida sul rispet to dovuto ai diritti di paesi terzi risultanti da una convenzione conclusa con uno Stato membro anteriormente alla sua adesio

ne alla Comunità, come pure sull'osservanza degli obblighi ri

sultanti da questa convenzione a carico dello Stato membro in

teressato, non riguarda che i diritti e gli obblighi tra Stati mem

bri e paesi terzi.

15 - Sentenza 10 luglio 1991 (causa T-76/89); Pres. A. Saggio;

Independent Television Publication Limited c. Commissione

delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Posizione dominante — Determinazio

ne del mercato rilevante (Trattato Cee, art. 86). Cee — Concorrenza — Libera circolazione delle merci — Tute

la della proprietà industriale e commerciale e regole di con

correnza (Trattato Cee, art. 2, 3, 36, 85, 86). Cee — Concorrenza — Esercizio del diritto d'autore — Posi

zione dominante — Abuso (Trattato Cee, art. 36, 86). Cee — Concorrenza — Atti delle istituzioni — Obbligo di moti

vazione — Portata — Decisioni di applicazione delle regole di concorrenza (Trattato Cee, art. 190).

Cee — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Poteri

della commissione nel porre fine alle infrazioni — Ingiunzio ni rivolte alle imprese interessate (Regolamento n. 17/62 del

consiglio del 6 febbraio 1962, art. 3, par. 1). Cee — Concorrenza — Accordi internazionali anteriori al trat

tato Cee — Portata dell'art. 234 — Inammissibilità di restri

zioni al commercio intracomunitario (Trattato Cee, art. 234).

Il presente caso è analogo a quello deciso con sentenza di

pari data nei confronti di Radio Telefis Eireann («RTE»), cui,

pertanto, si rinvia per le argomantazioni sviluppate dal tribunale.

Occorre soltanto ricordare che Independent Television Publi

cations Limited («ITP») aveva altresì fatto valere che la com

missione sarebbe venuta meno all'obbligo di motivazione degli atti enunciato all'art. 190 del trattato. In particolare, la decisio

ne non avrebbe chiaramente definito il mercato o i mercati pre si in considerazione, rendendo in tal modo impossibile determi

nare se la ricorrente vi detenesse una posizione dominante. Nep

pure sarebbe stato sufficientemente analizzato — a parere di

ITP — il rapporto tra diritto d'autore e art. 86 o quale sia

l'oggetto specifico di tale diritto. A tale riguardo, tuttavia, il tribunale ha rilevato come la de

cisione impugnata, contrariamente a quanto sostenuto da ITP, aveva chiaramente definito quali fossero i prodotti in causa —

vale a dire la programmazione televisiva settimanale della ricor

rente, e le guide televisive in cui la stessa era pubblicata —

e come più in generale la motivazione della decisione avesse

portato a conoscenza degli interessati i principali elementi di

fatto e di diritto alla base delle constatazioni effettuate dalla

commissione. L'art. 190, infatti, ha concluso sul punto il tribu

nale, non richiede che quest'ultima discuta tutti i punti in fatto

e in diritto trattati nel corso del procedimento amministrativo

(vedi in tal senso la sentenza del 17 gennaio 1984 nel caso VBVB

e VBBB c. Commissione, in Raccolta, pag. 19).

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

16 - Sentenza 10 luglio 1991 (causa T-70/89); Pres. A. Saggio; The British Broadcasting Corporation e B.B.C. Enterprises Limited c. Commissione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Posizione dominante — Determinazio

ne del mercato rilevante (Trattato Cee, art. 86). Cee — Concorrenza — Libera circolazione delle merci — Tute

la della proprietà industriale e commerciale e regole di tratta

mento (Trattato Cee, art. 2, 3, 36, 85, 86). Cee — Concorrenza — Esercizio del diritto d'autore — Posi

zione dominante — Abuso (Trattato Cee, art. 36, 86). Cee — Concorrenza — Atti delle istituzioni — Obbligo di moti

vazione — Portata — Decisioni di applicazione delle regole di concorrenza (Trattato Cee, art. 190).

Cee — Concorrenza — Abuso di posizione dominante — Pre

giudizio del commercio tra gli Stati membri (Trattato Cee, art. 86).

Cee — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Poteri

della commissione nel porre fine alle infrazioni — Ingiunzio ni rivolte alle imprese interessate (Regolamento n. 17/62 del

consiglio del 6 febbraio 1962, art. 3, par. 1). Cee — Concorrenza — Accordi internazionali anteriori al trat

tato Cee — Portata dell'art. 234 — Inamissibilità di restrizio

ni al commercio intracomunitario (Trattato Cee, art. 234).

Il presente caso è analogo a quelli decisi con sentenze di pari data nei confronti di Radio Telefis Eireann («RTE») e Indepen dent Television Publications Limited («ITP»): a tali decisioni, pertanto, si rinvia per le argomentazioni svolte dal tribunale.

17 - Sentenza 12 luglio 1991 (causa T-23/90); Pres. J.L. Cruz

Villaca; Automobile Peugeot S.A. et Peugeot S.A. c. Com

missione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Ado

zione di provvedimenti provvisori — Competenza della com

missione — Condizioni di esercizio (Reg. n. 17/62 del consi glio del 6 febbraio 1962, art. 3, par. 1).

Cee — Concorrenza — Divieto di accordi tra imprese — Esen

zione per categoria degli accordi per la distribuzione di auto

veicoli — Intervento di un intermediario tra il distributore

e l'utilizzatore finale — Condizioni — Intermediari professio nali (Reg. n. 123/85 della commissione del 12 dicembre 1984,

art. 3, n. 11; comunicazione della commissione (85/C 17/03) relativa al regolamento n. 123/85 della commissione).

Cee — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Ado

zione di provvedimenti provvisori — Accertamento di una in

frazione «prima facie» — Ragioni di urgenza (Regolamento n. 17/62 del Consiglio del 6 febbraio 1962, art. 3, par. 1).

La decisione all'origine della presente controversia era stata

adottata dalla commissione a seguito della denuncia presentata dalla società Eco System contro Peugeot e tre dei suoi conces

sionari in Belgio, che avrebbero ostacolato l'attività di interme

diazione dalla stessa esercitata in nome e per conto di acquiren ti finali francesi di autoveicoli Peugeot. Eco System aveva altre

sì' richiesto l'adozione di misure provvisorie dirette a porre fine

al pregiudizio grave ad essa derivante dal comportamento posto

in essere da Peugeot. Successivamente alla presentazione della denuncia, Peugeot

aveva richiesto con circolare trasmessa a tutti i concessionari

e rivenditori autorizzati in Francia, Belgio e Lussemburgo di

sospendere le consegne ad Eco System e di non accettare più

ordinazioni di autovetture nuove di marca Peugeot in prove

nienza da tale società, sia che essa agisse in nome proprio che

per conto di terzi. Con decisione del 26 marzo 1990 la commis

sione aveva ingiunto a Peugeot, sotto pena di ammende, di in

dirizzare, nel termine di due settimane, a tutti i suoi concessio

nari ed agenti una lettera che sospendesse l'esecuzione della pre

cedente circolare fino alla decisione definitiva nel procedimento aperto a seguito della denuncia di Eco System; essa aveva altre

sì' fissato il contingente di transazioni che, nello stesso periodo, Eco System era autorizzata a concludere, in nome e conto dei

suoi clienti sulla base di un preventivo mandato scritto, con

la rete distributiva Peugeot (pari a 1211 vetture per anno).

Con domanda introdotta il 24 aprile 1990, Peugeot aveva ri

II Foro Italiano — 1993.

chiesto, ai sensi dell'art. 173, 2° comma, del trattato Cee, l'an

nullamento della decisione della commissione e con atto separa to aveva altresì' domandato, ex art. 186, di sospendere l'esecu

zione della stessa. Tale domanda era stata respinta con ordinanza

del presidente del tribunale del 21 maggio successivo.

La sentenza precisa in via preliminare come spetti alla com

missione, nell'esercizio dei poteri che le sono affidati in materia

di concorrenza dal trattato e dal regolamento n. 17, decidere, ex art. 3 di quel regolamento, l'eventuale adozione di misure

provvisorie. Tali misure peraltro devono essere limitate a quan to è strettamente necessario nel caso di specie, e rientrare co

munque nel quadro della decisione suscettibile di essere adotta

ta a titolo definitivo. Orbene, a parere del tribunale, con l'in

giungere ad un produttore di automobili di sospendere

parzialmente l'esecuzione di una circolare contenente una serie

di direttive ai membri della propria rete distributiva in attesa

della decisione nel merito, la commissione non aveva agito al

di là dei limiti posti all'esercizio dei suoi poteri, dal momento che la suddetta decisione doveva accertare se quella circolare

costituisse un'infrazione all'art. 85, 1° comma, del brattato.

L'esenzione per categoria disposta dal regolamento n. 123/85

in favore di talune categorie di accordi per la distribuzione di

autoveicoli si applica infatti, ex art. 3, n. 11, di quel regolamen

to, anche nel caso in cui il distributore si obbliga «a vendere

autoveicoli della gamma contrattuale o prodotti corrispondenti ad utilizzatori finali che si avvalgono dei servizi di un interme

diario, soltanto se detti utilizzatori abbiano preliminarmente con

ferito mandato scritto all'intermediario ad acquistare e, in caso

di consegna a quest'ultimo, a ritirare un autoveicolo determina

to»; in tal modo dunque — rileva il tribunale — si è voluta

consentire la possibilità di intervento degli intermediari, a con

dizione tuttavia che non venga meno un legame contrattuale

diretto tra il distributore e l'utilizzatore finale. Non è invece

previsto dal regolamento che un distributore possa rifiutare le

ordinazioni di autoveicoli effettuate da un intermediario, come

invece era stato fatto da Peugeot con la circolare in questione.

Peugeot d'altra parte non avrebbe neppure potuto far valere

che la commissione, con la comunicazione del 12 dicembre 1984 — che aveva esplicitato le condizioni di applicazione del reg. 123/85 — o in risposta alla trasmissione in via informale del

progetto di circolare, avesse lasciato credere che un tale rifiuto

sarebbe stato legittimamente opponibile ad un intermediario:

pertanto, l'adozione del provvedimento con cui essa aveva in

giunto di sospendere l'applicazione della suddetta circolare non

avrebbe potuto in nessun caso essere considerata una violazione

del principio di certezza del diritto. Da rilevare pure, secondo il tribunale, che la commissione,

al momento dell'adozione di provvedimenti provvisori, non sa

rebbe tenuta ad accertare l'esistenza di una violazione, prima

facie, alle regole comunitarie di concorrenza con lo stesso gra

do di certezza richiesta per una decisione finale.

I ricorrenti avevano infine sostenuto che la commissione non

aveva fornito la prova dell'urgenza e di un pregiudizio grave ed irreparabile per Eco System, necessari a giustificare l'adozio

ne del provvedimento. Non sarebbe stato dimostrato che Eco

System rischiava la liquidazione, né, d'altra parte, che ciò di

pendeva eventualmente dalla circolare in questione. I ricorrenti

avevano infine rilevato come Eco System continuasse a propor re ai suoi clienti l'acquisto di autoveicoli Peugeot.

A tali argomenti, tuttavia, il tribunale ha replicato che ricor

re un caso di urgenza — che giustifica l'adozione di un provve

dimento ex art. 3, par. 1, del reg. 17 — qualora l'applicazione

delle misure prese da un costruttore di automobili per ostacola

re l'attività di un intermediario professionale nel commercio di

autoveicoli ne metta in pericolo l'esistenza, e se l'attività di tale

intermediario ha un'incidenza minima sul funzionamento della

rete distributiva del costruttore, e i provvedimenti provvisori

adottati si limitino a garantirla nel volume precedente.

18 - Sentenza 24 ottobre 1991 (causa T-2/89); Pres. J. L. Cruz

Villaca, Avv. gen. B. Vesterdorf; Petrofina S.A. c. Com

missione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Proce

dura — Diritti della difesa — Comunicazione tardiva dei do

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Page 14: TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Rassegna di giurisprudenza 1989 - 1992)

PARTE QUARTA

cumenti — Utilizzazione di documenti non richiamati nella

decisione — Insussistenza — Mancata comunicazione del pro

cesso verbale definitivo delle audizioni — Mancata trasmis

sione alla ricorrente della copia del rapporto del consigliere uditore — Irrilevanza.

Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Presupposti — Nozione

di accordo e di pratica concordata — Riunioni periodiche tra

concorrenti — Fissazione di prezzi indicativi — Fissazione in

comune di prezzi — Misure per facilitare la realizzazione dei

prezzi obiettivo — Sistema di quote — Ripartizione dei mer

cati — Limitazione della produzione — Pregiudizio al com

mercio tra Stati membri — Responsabilità collettiva — Insus

sistenza.

Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Art.

190 — Obbligo di motivazione — Insufficienza, contradditto

rietà e erroneità della motivazione — Insussistenza.

Cee — Concorrenza — Ammenda — Criteri di determinazione — Gravità dell'infrazione — Effetti — Durata — Principio della parità di trattamento.

A seguito di accertamenti effettuati da funzionari della com

missione ai sensi del regolamento (Cee) 17/62 nei confronti dei

maggiori produttori di propilene (ATO Chimie S.A., BASF AG,

DSM NV, Hercules Chemicals NV, Hoechst AG, Chemisce Wer

ke Htils, Imperial Chemistries PLC, Montepolimeri SpA, Shel

International Chemical Company Ltd, S.A. Solvay et Cie e BP

chimie), la commissione decideva di inviare richieste di infor-.

mazioni ai sensi dell'art. 11 del citato regolamento 17/62 alle

seguenti imprese: Amoco, Chemie linz AG, Saga Petrokjemi

As et C., Petrofina S.A. e Enichem Anic SpA Detta procedura si concludeva con la decisione del 23 aprile 1986 contenente

l'accertamento della violazione dell'art. 85 (1) da parte delle

imprese precitate per aver posto in essere, a partire dalla metà

del 1977, un accordo e pratica concordata in base al quale i

produttori fornitori di polipropilene nel territorio della Cee: — si riunivano e si tenevano segretamente in contatto al fine

di discutere e definire le rispettive politiche commerciali; — stabilivano periodicamente prezzi obiettivo concordando

comportamenti e provvedimenti finalizzati a facilitare l'attua

zione di tali prezzi obiettivo; — aumentavano simultaneamente i prezzi in applicazione di

detti obiettivi; — si ripartivano il mercato assegnando a ciascun produttore

un obiettivo o una quota di vendite annue.

La commissione ordinava, pertanto, a dette imprese di porre immediatamente fine a tali pratiche e di astenersi, per il futuro,

dal tenere comportamenti analoghi. La commissione imponeva,

inoltre, alle imprese predette ammende varianti da 500.000 a

11.000.000 Ecu. In particolare, la Petrofina S.A. («Petrofina») veniva condannata al pagamento di un'ammenda di 600.000 Ecu.

In data 23 luglio 1986 la Petrofina proponeva ricorso contro

tale decisione innanzi alla Corte di giustizia della Comunità eu

ropee, chiedendo l'annullamento totale o parziale della decisio

ne sui punti che la riguardavano e, in subordine, l'annullamen

to o la riduzione dell'ammenda subita. A seguito della decisio

ne del consiglio delle Comunità europee istitutiva del tribunale

di primo grado, la corte, con ordinanza del 15 novembre, ri

metteva la causa a detto tribunale.

A suffragio della propria domanda la ricorrente adduceva i

seguenti ordini di argomentazioni: 1. violazione del diritto alla difesa e, in particolare, a) comu

nicazione tardiva di documenti e mancata formulazione di tutti

gli addebiti nella comunicazione, b) utilizzazione di documenti

non richiamati nella decisione, c) mancata comunicazione del

processo verbale definitivo delle audizioni e d) mancata trasmis

sione alla ricorrente della copia del rapporto del consigliere

uditore;

2. vizi relativi all'accertamento dell'infrazione sotto il dupli ce profilo a) dell'erronea ricostruzione dei fatti compiuta dalla

commissione e b) dell'illegittima applicazione dell'art. 85 (1) al caso di specie con riguardo I) all'incorretta qualificazione del

l'infrazione, II) all'erronea considerazione dell'effetto restritti

vo del commercio tra Stati membri e III) all'imputazione alla

ricorrente di una responsabilità collettiva;

Il Foro Italiano — 1993.

3. a) insufficienza, contraddittorietà ed erroneità della moti

vazione; 4. errata determinazione dell'ammenda in relazione alla du

rata e alla gravità dell'infrazione.

1. a) e b) Sul punto il tribunale si limita a contestare l'infon

datezza di fatto delle argomentazioni della ricorrente rilevando

che la documentazione rilevante era stata trasmessa tempestiva mente alla ricorrente e che la comunicazione conteneva tutti

gli addebiti attribuiti a Petrofina. 1. c) Riguardo alla pretesa illegittimità dell'omessa comuni

cazione del verbale definitivo delle audizioni al comitato con

sultivo e agli altri membri della commissione prima che questi si pronunciassero, il tribunale ha rigettato l'argomento della ri

corrente richiamando la giurisprudenza della corte sul punto,

per cui il carattere provvisorio del verbale comunicato può co

stituire un vizio del procedimento idoneo ad inficiare la validità

dell'atto esclusivamente quando tale verbale provvisorio sia sta

to redatto in modo da indurre in errore i suoi destinatari, cosa

non avvenuta nel caso di specie. 1. d) In relazione all'omessa comunicazione della relazione

del consigliere-uditore, il tribunale si è limitato a rilevare che

tale comunicazione non rientrava tra i diritti della difesa in quan to la stessa non aveva lo scopo di integrare o correggere gli

argomenti delle imprese, né quello di formulare nuovi addebiti

o fornire elementi probatori aggiuntivi a carico delle imprese. 2. a) In relazione all'erronea ricostruzione dei fatti su cui la

commissione aveva fondato la propria decisione, il tribunale ha

giudicato non sufficientemente provata, da parte della commis

sione, la partecipazione di Petrofina alle riunioni per il periodo

compreso tra il 1980 e il marzo 1982. Con riguardo al periodo

compreso tra il marzo 1982 e il settembre 1983 il tribunale ha

invece giudicato fondati in fatto gli addebiti della commissione.

Il tribunale ha, inoltre, riconosciuto sufficientemente provati, limitatamente al periodo sopraddetto, gli addebiti relativi alle

iniziative in materia di prezzi, alle misure destinate a facilitare

le iniziative in materia di prezzi e alla definizione di obiettivi in termini di volume e quote.

2. b) I) Petrofina aveva sostenuto che la commissione non

aveva dato una qualifica precisa ai comportamenti della ricor

rente. L'incertezza di confini dell'inquadramento giuridico ef

fettuato dalla commissione aveva, secondo la ricorrente, conse

guenze estremamente rilevanti sul piano probatorio in quanto la commissione non avrebbe provato né il perfezionamento di

un accordo, né l'esistenza di comportamenti effettivamente con

cordati tra i concorrenti sul mercato che, ad avviso di Petrofi

na, era un elemento costitutivo della pratica concordata. In pro

posito, il tribunale ha preliminarmente giudicato infondato l'ar

gomento della ricorrente per cui la commissione non avrebbe

qualificato con precisione il tipo di infrazione imputato a Pe

trofina, ricordando che la commissione aveva definito tale in

frazione quale accordo a titolo principale e pratica concordata

a titolo sussidiario. Il tribunale ha poi richiamato la giurispru denza della Corte di giustizia, per cui, per avere un accordo

ai sensi dell'art. 85 (1) è sufficiente che le imprese interessate

abbiano espresso la comune volontà di comportarsi nel mercato

in un determinato modo, mentre la pratica concordata sussiste

con la semplice presenza di contatti diretti o indiretti aventi lo

scopo o l'effetto di influire sul comportamento tenuto sul mer

cato da un concorrente attuale o potenziale, senza che vi sia

bisogno (come pretendeva la ricorrente) di provare l'attuazione

di una condotta uniforme sul mercato da parte delle imprese interessate. Con riguardo al caso di specie il tribunale ha affer

mato che, pur nell'unicità dello scopo economico perseguito dalle

imprese partecipanti, la fattispecie in questione si componeva di elementi suscettibili di rientrare sia nella nozione di accordo

che in quella di pratica concordata. Il tribunale ha, pertanto, ritenuto che la qualificazione di accordo unico continuato e di

pratica concordata con cui la commissione aveva definito i com

portamenti dei maggiori produttori di polipropilene fosse cor

retta in relazione alla complessità della fattispecie e che la com

missione, considerato il carattere unitario di tale fattispecie, non

doveva provare cumulativamente l'esistenza di elementi costitu

tivi di un accordo e quelli di una pratica concordata.

2. b) II) La ricorrente aveva rilevato che la propria parteci

pazione alle riunioni non poteva, da solo, aver pregiudicato il

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

commercio tra Stati membri. In proposito, il tribunale ha ricor

dato che la commissione doveva provare, come ha correttamen

te fatto, l'effetto sulla ricorrenza dell'accordo e della pratica concordata e non quello derivante dalla singola partecipazione a tali misure da parte di Petrofina.

2. b) III) Secondo la ricorrente la commissione aveva illegit timamente omesso di provare la concreta partecipazione di Pe

trofina ad ogni singola riunione richiamata nella decisione co

me invece sarebbe stata tenuta a fare in linea con la sentenza

della corte del 14 luglio 1972, ACNA c. Commissione (causa

57/69, Raccolta 933, paragrafo 75). In particolare, la commis

sione avrebbe arbitrariamente inventato un nuovo tipo di infra

zione la cui integrazione richiederebbe esclusivamente la consa

pevolezza del comportamento illegittimo tenuto da altre impre se. Il tribunale ha rigettato tale argomento ricordando di aver

già stabilito che la commissione aveva sufficientemente provato la responsabilità individuale della ricorrente riguardo all'infra

zione descritta nella decisione.

3. La ricorrente lamentava che la decisione della commissio

ne aveva una motivazione insufficiente, contraddittoria ed erro

nea. Il tribunale non ha accolto tale rilievo ritenendo corretta

e sufficiente la motivazione della commissione e affermando che

la tesi della ricorrente si fondava sull'isolamento di parti di di

sposizioni della decisione che, solo in quanto separati dal conte

sto in cui erano inseriti, potevano risultare apparentemente con

traddittori ed insufficienti.

4. Riguardo alla pretesa non individuazione da parte della

commissione dei criteri di determinazione dell'ammenda, il tri

bunale ha ritenuto che i criteri richiamati nella decisione giusti

ficavano ampiamente il livello di determinazione delle ammen

de inflitte. In proposito il tribunale ha sottolineato il carattere

palese della violazione dell'art. 85 e la consapevolezza da parte

dei produttori di commettere tale violazione. In relazione alla

pretesa erronea valutazione degli effetti dell'infrazione sulla con

correnza, il tribunale ha rilevato che dalla lettura della motiva

zione relativa alla determinazione dell'ammenda, guardata alla

luce dell'intera motivazione della decisione, risultava che la com

missione aveva giustamente tenuto conto del risultato limitato

sui prezzi del mercato dell'accordo e pratica concordata a cui

Petrofina aveva partecipato. Con riguardo alla violazione del

principio della parità di trattamento operato dalla commissione

(in quanto 1'Amoco e la BP, che secondo la ricorrente si trova

vano in una posizione analoga a quella di Petrofina, non sareb

bero state assoggettate ad ammende), il tribunale ha rigettato

l'eccezione della ricorrente. In particolare, il tribunale ha con

statato che, perché si abbia violazione di tale principio, occorre

che situazioni tra loro compatibili siano state trattate in manie

ra differente. Con riguardo al caso di specie, il tribunale ha

rilevato che, da un lato le condizioni di Petrofina e, dall'altro,

quelle di Amoco e BP, non erano comparabili in quanto rispet

to a queste ultime la commissione non era stata in grado di

provare in modo sufficiente la rispettiva partecipazione ad una

concertazione avente uno scopo anticoncorrenziale.

Alla luce di tutto quanto sopra esposto il tribunale ha stabili

to che l'ammenda inflitta alla ricorrente era adeguata alla gra

vità della violazione delle norme comunitarie sulla concorrenza.

Tale ammenda, peraltro, doveva essere ridotta della metà a causa

dell'accertamento della minor durata dell'infrazione imputata

a Petrofina.

Il tribunale, pertanto, ha annullato la decisione nella parte in cui dichiarava che Petrofina aveva concorso all'infrazione

dal 1980 al marzo 1982, ha fissato l'ammontare dell'ammenda

inflitta a 300.000 Ecu e ha rigettato il ricorso con riguardo al

resto della decisione liquidando le spese tra le parti.

19 - Sentenza 24 ottobre 1991 (causa T-3/89); Pres. J.L. Cruz

VnxACA, Avv. gen. B. Vesterdorf; Atochem S.A. c. Com

missione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Proce

dura — Violazione dei diritti della difesa — Infondatezza de

gli elementi di prova — Presunzione di colpevolezza. Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Accordo e pratica con

cordata — Accertamento dell'infrazione — Riunioni periodi

che tra concorrenti — Sostegno di prezzi indicativi — Fissa

li. Foro Italiano — 1993 — Parte IV-12.

zione in comune di prezzi — Sistema di quote — Ripartizioni dei mercati — Limitazione della produzione — Accordo avente

per oggetto o per effetto di restringere la concorrenza.

Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Art.

190 — Obbligo di motivazione — Adozione di un'unica deci

sione per contestare più infrazioni imputabili ad imprese di

verse — Insufficienza della motivazione — Insussistenza.

Cee — Concorrenza — Ammenda — Corretta determinazione — Gravità dell'infrazione.

A seguito di accertamenti effettuati da funzionari della com

missione ai sensi del regolamento (Cee) 17/62 nei confronti dei

maggiori produttori di propilene (Atochem S.A., BASF AG,

DSM NV, Hercules Chemicals NV, Hoechst AG, Chemisce Wer

ke Hiils, Imperial Chemistries PLC, Montepolimeri SpA, Shell

International Chemical Company Ldt, S.A. Solvay et Cie e BP

chimie), la commissione decideva di inviare richieste di infor mazioni ai sensi dell'art. 11 del citato regolamento 17/62 alle

seguenti imprese: Amoco, Chemie linz AG, Saga Petrokjemi As et C., Petrofina S.A. e Enichem Anic SpA. Sulla base degli accertamenti suddetti la commissione iniziava una procedura di

accertamento di infrazioni ex art. 3 del regolamento 17/62 con

clusasi con la decisione del 23 aprile 1986 contenente l'accerta

mento della violazione dell'art. 85 (1) da parte delle imprese

precitate per aver posto in essere, a partire dalla metà del 1977,

un accordo e pratica concordata in base al quale i produttori fornitori di polipropilene nel territorio delle Cee:

— si riunivano e si tenevano segretamente in contatto al fine

di discutere e definire le rispettive politiche commerciali; — stabilivano periodicamente prezzi obiettivo concordando

comportamenti e provvedimenti finalizzati a facilitare l'attua

zione di tali prezzi obiettivo; — aumentavano simultaneamente i prezzi in applicazione di

detti obiettivi; — si ripartivano il mercato assegnando a ciascun produttore

un obiettivo o una quota di vendite annue.

La commissione ordinava, pertanto, a dette imprese di porre

immediatamente fine a tali pratiche e di astenersi, per il futuro,

dal tenere comportamenti analoghi. La commissione imponeva,

inoltre, alle imprese predette ammende varianti da 500.000 a

11.000.000 Ecu. In particolare, la Atochem S.A. («ATO») veni

va condannata al pagamento di un'ammenda di 1.750.000 Ecu.

In data 31 luglio 1986 la ATO proponeva ricorso contro tale

decisione innanzi alla Corte di giustizia Ce, chiedendo l'annul

lamento totale o parziale della decisione sui punti che la riguar

davano e, in subordine, l'annullamento o la riduzione dell'am

menda subita. A seguito della decisione del consiglio delle Cee

istitutiva del tribunale di prima istanza, la corte, con ordinanza

del 15 novembre, rimetteva la causa a detto tribunale.

A suffragio della propria domanda la ricorrente adduceva i

seguenti ordini di argomentazioni: 1. violazione dei diritti della difesa;

2. presenza di vizi relativi all'accertamento dell'infrazione sotto

il duplice profilo a) dell'erronea ricostruzione dei fatti compiuta dalla commissione e ti) dell'illegittima applicazione dell'art. 85

(1) al caso di specie con riguardo all'incorretta qualificazione

dell'infrazione;

3. insufficienza e carattere contraddittorio della motivazione;

4. errata determinazione dell'ammenda in relazione alla du

rata e alla gravità dell'infrazione.

1. La ricorrente sosteneva che la commissione aveva violato

il diritto alla difesa utilizzando manoscritti illegibili di autore

sconosciuto quali elementi di prova e fondandosi, dunque, di

fatto su di una presunzione di colpevolezza per cui l'ATO si

era trovata a dover dare la prova negativa di non aver fatto

quello che le si addebitava. Il tribunale, pur rilevando che il

manoscritto portato dalla commissione a suffragio delle proprie

conclusioni aveva carattere probatorio, ha considerato che la

questione relativa all'accertamento della sussistenza di una pre

sunzione di colpevolezza utilizzata dalla commissione si confon

deva con quella della verifica della corretta constatazione dei

fatti operata dalla commissione e che, pertanto, conveniva esa

minare la prima insieme con la seconda.

2. a) La ricorrente lamentava un'erronea ricostruzione dei fatti

su cui si fondava la decisione della commissione e, in particola

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PARTE QUARTA

re, la mancanza di elementi che potessero provare la propria

partecipazione a riunioni periodiche nell'intento di concordare

e perseguire una politica di prezzi obiettivo insieme a propri concorrenti per tutto il periodo determinato nella decisione, l'a

dozione di misure destinate a facilitare il perseguimento dei prezzi obiettivo e l'adesione ad un sistema di quote di produzione avente

per oggetto la ripartizione dei mercati e finalizzato alla realizza

zione della politica dei prezzi obiettivo. In proposito, il tribuna

le, dopo aver esaminato gli elementi di prova portati dalla com

missione, ha ritenuto sufficientemente provati gli addebiti su

cui la commissione aveva fondato la propria decisione.

2. b) Con riguardo alla concreta applicazione dell'art. 85 (1), la ricorrente aveva rilevato che l'indipendenza della politica com

merciale della ATO e la mancanza di prove dimostranti l'esi

stenza di effetti restrittivi sul mercato derivanti dal comporta mento della ricorrente rendevano inapplicabile al caso di specie l'art. 85 (1) in quanto il comportamento adottato dalla ATO

non aveva né per oggetto né per effetto la restrizione della con

correnza sul mercato. In proposito, il tribunale ha ricordato

di aver già accertato che la ATO aveva partecipato a riunioni

periodiche con l'intento anticoncorrenziale di fissare obiettivi

di prezzo e che, pertanto, la commissione aveva correttamente

applicato l'art. 85 (1) al caso di specie. 3. In relazione all'insufficienza della motivazione, la ricor

rente sosteneva che l'adozione di una decisione unica relativa

a più imprese non aveva permesso a ATO di far valere la pecu liarità della propria situazione. Il tribunale ha ritenuto infonda

to tale argomento rilevando che la ricorrente era stata messa

in condizioni di sostenere le proprie ragioni in relazione a preci se imputazioni. La ricorrente aveva inoltre affermato che la mo

tivazione della decisione della commissione era insufficiente in

quanto la commissione non aveva replicato ad una serie di ar

gomenti addotti da ATO tendenti a dimostrare l'infondatezza

delle conclusioni della commissione. Sul punto il tribunale ha

ricordato che secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia

(Stinchting Sigarettenindustri/Commission, cause 240 e 242, 261,

262, 268 e 269/82, Racc. p. 3831, 88), se in virtù dell'art. 190 la commissione è tenuta a motivare le proprie decisioni richia

mando gli elementi di fatto e di diritto da cui dipende la giusti ficazione legale della decisione e le considerazioni che l'hanno

condotta ad adottare la stessa, non è richiesto che la commis

sione risponda a tutti i punti di fatto o di diritto che sono stati

sollevati dagli interessati nel corso della procedura amministra

tiva. Ne consegue che la commissione non è tenuta a rispondere sui punti che ritiene non pertinenti ai fini della decisione. Nel

caso di specie il tribunale ha affermato di aver già considerato

gli argomenti addotti dalle parti non rilevanti ai fini di contra

stare le conclusioni della commissione, ritenendo, pertanto, che la commissione aveva fornito una motivazione sufficiente.

4. La ricorrente considerava erronea la valutazione sulla gra vità dell'infrazione effettuata dalla commissione per determina

re l'ammenda. In particolare, ATO affermava di aver agito per

semplice imprudenza con l'intento di assumere informazioni su

un mercato in cui era appena entrata. Secondo la ricorrente, la trasparenza delle informazioni era condizione per una con

correnza effettiva. Il tribunale, dopo aver rilevato la gravità intrinseca rappresentata dal tipo di infrazione di cui si era resa

responsabile ATO, ha rigettato l'argomento della trasparenza di informazioni come inaccettabile in quanto, da un lato la cir

colazione delle informazioni nel caso di specie riguardava solo

l'offerta (non potendosi dunque parlare di trasparenza sul mer

cato in quanto questa comporta anche la libera circolazione delle

informazioni dal lato della domanda) e, dall'altro, poiché tale

argomento, se accolto, avrebbe vuotato di contenuto le disposi zioni sulla concorrenza comunitarie.

Per tutti i motivi sopraesposti, il tribunale ha confermato la decisione della commissione ritenendo adeguata l'ammenda in

flitta e condannando la ricorrente al pagamento delle spese di

giudizio.

20 - Sentenza 12 dicembre 1991 (T-39/90); Pres. A. Saggio; NV Samenwerkende Elektriciteits-produktiebedrijven c. Com missione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Procedura — Decisione della commis

II Foro Italiano — 1993.

sione per richiesta di informazioni — Illegittimità — Potere

di indagini della commissione — Nozione di informazioni ne

cessarie — Modifica dell'oggetto dell'indagine — Insussisten

za — Motivazione insufficiente — Insussistenza — Principio di proporzionalità — Violazione — Insussistenza.

Cee — Articolo 5 — Obbligo dell'amministrazione statale di

rispettare il principio di confidenzialità.

La NV Samenwerkende Elektriciteits-produktiebedrijven (SEP) è una società che ha per finalità di realizzare l'abbassamento

del livello dei prezzi per l'elettricità al consumo. Tale società

raggruppa i quattro produttori di elettricità olandesi. La società

Gasunie, che rifornisce le imprese olandesi di gas naturale, ha

una posizione di monopolio di fatto nel mercato olandese con

siderato che l'insieme del gas naturale estratto in Olanda deve

essere offerto in vendita a tale società. Il 16 giugno 1989 l'im

presa norvegese Statoil firmava con la SEP un contratto di for

nitura di gas naturale che le consentiva di avere un primo acces

so al mercato olandese di tale risorsa. Il contratto predetto spin

geva la Gasunie a negoziare con la SEP un contratto di

collaborazione attribuente a Gasunie un diritto preferenziale sulle

forniture di gas. Avuta conoscenza di tali circostanze i servizi

della commissione decidevano di raccogliere ulteriori informa

zioni che portavano all'apertura di un'inchiesta formale ai sensi

del regolamento 17/62. Nel quadro di tale procedura la com

missione chiedeva, sulla base dell'art. 11 paragrafo 1 del rego lamento precitato (che autorizza la commissione a domandare

tutte le informazioni necessarie presso le imprese), i seguenti dati: — contratto di fornitura tra SEP e Statoil; — accordo di cooperazione tra SEP e Gasunie; — dati relativi al ruolo avuto dallo Stato olandese nella con

clusione dall'accordo SEP Gasunie.

La SEP forniva unicamente l'accordo di cooperazione, soste

nendo che il contratto con il Statoil non era pertinente all'ac

certamento di un'eventuale illegittimità dell'accordo di collabo

razione in relazione alle norme di concorrenza comunitarie e

che lo Stato olandese non aveva avuto alcun ruolo nella vicen

da. Dopo aver reiterato il proprio invito alla SEP a trasmettere

la documentazione mancante, la commissione, in data 2 agosto

1992, adottava una decisione in virtù dell'art. 11 paragrafo 15

del regolamento 17/62 in cui fissava un termine di dieci giorni

per effettuare tale comunicazione. Scaduto inutilmente questo termine e falliti i successivi tentativi di arrivare ad un accordo

tra SEP e commissione, quest'ultima emanava una decisione

con cui fissava una multa di 1000 Ecu per ogni giorno di ritar

do da parte della SEP nella fornitura della documentazione man

cante. A seguito di tale decisione la SEP forniva la documenta

zione richiesta.

Con ricorso del 26 settembre 1990 innanzi al tribunale la SEP

chiedeva l'annullamento della decisione del 2 agosto precitata e la condanna della commissione alle spese di giudizio. La com

missione chiedeva il rigetto del ricorso e la condanna della SEP

alle spese. La SEP fondava la propria domanda su tre ordini di argo

mentazioni:

1. violazione dell'art. 11 del regolamento 17/62; 2. insufficienza della motivazione della decisione; 3. violazione del principio di proporzionalità. 1. La ricorrente sosteneva che la commissione, richiedendo

la comunicazione del contratto Statoil a SEP, aveva violato l'art. 11 del regolamento 17/62 il quale prevede che, per emanare

una decisione di richiesta di informazioni, è necessario dimo

strare un legame tra l'informazione richiesta e l'obiettivo del

l'indagine. In particolare, secondo la SEP tale legame di neces

sità non sussisteva nel caso di specie in quanto il contratto Sta

toil non era necessario ad apprezzare il codice di condotta

stipulato tra SEP e Gasunie. La ricorrente faceva, inoltre, nota

re che la commissione poteva richiedere informazioni solo nel

quadro di un'inchiesta per una presunta infrazione degli art.

85 e/o 86 e che la decisione di richiesta di informazioni doveva

fare riferimento alle stesse finalità di accertamento fissate al

momento dell'apertura dell'inchiesta. Richiedendo il contratto

Statoil, che non era compreso nella fattispecie di presunta in

frazione con cui la commissione aveva giustificato l'apertura

dell'indagine, la commissione aveva dunque illegittimamente mo

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Page 17: TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Rassegna di giurisprudenza 1989 - 1992)

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

dificato l'oggetto dell'inchiesta. Sul punto, il tribunale ha preli minarmente richiamato la base giuridica della decisione in que

stione, ricordando che sulla base del precitato art. 11 la com

missione può raccogliere tutte le informazioni necessarie indi

cando la base giuridica e la finalità della domanda.

Successivamente il tribunale ha notato che dalla domanda di informazioni presentata dalla commissione risulta chiaramente

che la finalità dell'indagine è quella di accertare la legittimità del codice di condotta tra SEP e Gasunie e che la richiesta del

contratto tra SEP e Statoil appare strumentale all'accertamento

degli effetti provocati sul mercato a seguito della conclusione

di tale codice di condotta. In proposito, nonostante nel corso

dell'audizione la commissione si sia riferita a quest'ultimo con

tratto come suscettibile di violare le norme sulla concorrenza

comunitarie, appare chiaro che nella decisione di richiesta di

trasmissione dello stesso la commissione lo considera esclusiva

mente quale dato strumentale al fine di accertare la legittimità del codice di condotta. Sotto tale profilo, pertanto, il tribunale

ha ritenuto che la decisione non modificava la portata e l'ogget to dell'indagine iniziale. Riguardo all'effettiva sussistenza di un

legame necessario tra le informazioni contenute nel contratto

Statoil e le finalità dell'indagine aperta dalla commissione (lega me che, sulla base della giurisprudenza della Corte di giustizia, è presupposto perché si rientri nella nozione di informazione

necessaria richiamata dal predetto art. 11), il tribunale ha ac

certato tale sussistenza affermando che sulla base degli elementi

a disposizione della commissione questa poteva ragionevolmen te ritenere l'esistenza del legame predetto.

2. Riguardo al secondo argomento relativo all'insufficienza

di motivazione della decisione in merito alla dimostrazione del

la sussistenza di un legame di necessità tra la richiesta del con

tratto Statoil e le finalità dell'inchiesta, il tribunale ha fatto

notare di aver già ritenuto sufficienti a dimostrare e giustificare

questo legame gli elementi portati dalla commissione a sostegno di tale richiesta nella decisione; sotto tale profilo, pertanto, la

decisione risulta sufficientemente motivata.

3. La ricorrente sosteneva che la commissione aveva violato

il principio della proporzionalità impedendole l'esecuzione di un obbligo che avrebbe avuto conseguenze negative sproposita te per la SEP in relazione all'utilità che poteva derivarne ai

fini dell'indagine. Secondo la ricorrente la proporzionalità co

stituiva un principio generale ed era, pertanto, applicabile, an

che con riguardo alle decisioni sulle domande di informazioni.

Il tribunale ha riconosciuto che, anche in relazione a precedenti

prese di posizioni della Corte di giustizia, il principio di propor zionalità è di applicazione generale e riguarda, dunque, anche

le decisioni in questione. Con riguardo al caso di specie il tribu

nale ha, peraltro, rigettato la tesi della ricorrente tendente a

dimostrare il carattere sproporzionato della richiesta della com

missione. Tale tesi si fondava essenzialmente sul presupposto che l'art. 20 del regolamento 17/62, relativo al segreto profes

sionale, non sarebbe stato sufficiente ad impedire che il conte

nuto del contratto, notificato dalla commissione al ministero

competente olandese, fosse arrivato alla conoscenza dell'impre sa di Stato Gasunie con gravi danni per la SEP. In particolare, il tribunale ha ricordato che ai sensi dell'art. 20 predetto le in

formazioni con carattere riservato fornite alla commissione non

possono essere divulgate e devono essere utilizzare esclusivamente

nel limite dello scopo per cui sono state richieste. Il rischio che

il contratto Statoil passi da una parte all'altra dell'amministra

zione olandese fino ad arrivare all'impresa pubblica Gasunie

è da escludersi, considerato anche l'obbligo sancito dall'art. 5

per cui gli Stati membri devono rispettare le regole comunitarie.

Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso è stato rigettato e la SEP condannata alle spese del giudizio.

21 - Sentenza 12 dicembre 1991 (causa T-30/89); Pres. A. Sag

gio; Hilti AG c. Commissione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Procedimento innanzi al tribunale —

Questione preliminare — Ricevibilità di eccezioni relative a circostanze già ammesse dalla ricorrente o non sollevate nel

corso della procedura amministrativa — Diritto alla difesa.

Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Onere

probatorio della commissione — Insufficienza delle prove.

Il Foro Italiano — 1993.

Cee — Concorrenza — Art. 86 — Posizione dominante — Mer

cato del prodotto rilevante — Mercato geografico rilevante — Posizione sul mercato dell'impresa — Abuso — Pratiche

destinate a ritardare l'emanazione di licenze di diritto relative

a brevetti detenuti dall'impresa — Messa in atto di una politi ca selettiva e discriminatoria nei confronti dei concorrenti e dei loro clienti — Interesse legittimo — Condotta giustificata dal dovere di diligenza relativo alla responsabilità del produt tore — Insussistenza — Pregiudizio al commercio tra Stati

membri.

Cee — Concorrenza — Ammenda — Criteri di determinazione — Limite del 10% del fatturato dell'impresa — Art. 190 —

Errore della motivazione relativa all'imposizione dell'ammen

da — Insussistenza.

La Hilti AG («Hilti») è il maggior produttore di pistole, per cussori e caricatori in Europa. Nel 1982 e nel 1985 la Profix

Distribution Ltd e la Bauco Ltd hanno rispettivamente presen tato una denuncia ai sensi dell'art. 3 del regolamento 17/62

in cui asserivano che la Hilti aveva abusato della propria posi zione dominante sul mercato mediante una condotta finalizzata

ad eliminare dal mercato i percussori prodotti da terzi compati bili con le pistole prodotte dalla Hilti. A seguito di dette denun

ce la commissione domandava informazioni a Hilti effettuando

verifiche. Nell'ambito di tale procedimento di accertamento ha

Hilti firmava, in data 27 agosto 1985, un impegno provvisorio in cui dichiarava di astenersi dal porre in essere le pratiche og

getto di indagine da parte della commissione fino al momento

in cui la commissione non avesse determinato le proprie conclu

sioni. In data 22 dicembre 1987 la commissione emanava una

decisione nella quale constatava il carattere dominante della po sizione di mercato occupata da Hilti con riguardo alle pistole, ai percussori e ai caricatori, sostenendo che detta società aveva

abusato di tale posizione dominante ai sensi dell'art. 86. In par

ticolare, secondo la commissione i seguenti comportamenti po sti in essere da Hilti integravano una violazione dell'art. 86:

vendita abbinata di percussori e caricatori; riduzione delle for

niture e messa in atto di altre pratiche discriminatorie in caso

di ordini di acquisto aventi ad oggetto esclusivamente caricatori

senza percussori; invito ai distributori a non eseguire ordini de

stinati all'esportazione; rifiuto di adempiere integralmente ad

ordini destinati all'esportazione; pratiche destinate a ritardare

l'emanazione di licenze di diritto relative a brevetti detenuti da

Hilti; rifiuto di rispettare gli impegni di garanzia dei prodotti; messa in atto di una politica selettiva e discriminatoria nei con

fronti dei concorrenti di Hilti e dei loro clienti. La commissione

infliggeva, inoltre, a Hilti un'ammenda di 6.000.000 Ecu ordi

nandole di mettere immediatamente fine a tali pratiche e di aste

nersi da porle in essere per il futuro. Contro tale decisione la

Hilti proponeva ricorso presso la Corte di giustizia in data 21

marzo 1988 chiedendo in via principale l'annullamento della de

cisione e la soppressione dell'ammenda e in via subordinata la

riduzione dell'ammenda. Con ordinanza 15 novembre 1989 la

corte rimetteva la causa al tribunale.

Il tribunale ha dovuto innanzitutto decidere su una questione

preliminare sollevata dalla commissione la quale sosteneva che

la ricorrente non era legittimata a sollevare eccezioni relative

a circostanze già esplicitamente ammesse nel corso della proce dura amministrativa o non sollevate precedentemente nel corso

di detta procedura. Con riguardo a tale questione il tribunale, da un lato, ha constatato che la ricorrente aveva ribadito nel

corso della procedura orale e scritta le proprie ammissioni (per cui l'eccezione della commissione diveniva, sotto tale profilo,

priva di oggetto), senza perciò riconoscere di detenere una posi

zione dominante sul mercato e, dall'altra, che il diritto fonda

mentale alla difesa riconosciuto dal diritto comunitario implica va la possibilità per la ricorrente di sollevare eccezioni non so

stenute precedentemente nel corso della procedura

amministrativa, anche qualora la commissione avesse espressa mente invitato l'impresa a rispondere agli addebiti relativi a dette

eccezioni. L'eccezione preliminare della commissione è stata per tanto rigettata.

A suffragio del proprio ricorso la ricorrente aveva portato

quattro ordini di argomentazioni: 1. insufficienza degli elementi di prova portati dalla commis

sione a fondamento delle proprie conclusioni;

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PARTE QUARTA

2. mancata violazione dell'art. 86 e, in particolare, a) inesi

stenza di una posizione dominante sul mercato da parte della

ricorrente, b) interesse legittimo della ricorrente a tenere i com

portamenti commerciali ritenuti illegittimi dalla commissione e

c) mancanza di pregiudizio al commercio tra Stati membri;

3. carattere eccessivo dell'ammenda fissata e violazione del

l'art. 190 per errore nella motivazione relativa all'imposizione dell'ammenda.

1. Con riguardo alla pretesa insufficienza delle prove addotte

dalla commissione il tribunale ha rilevato che la commissione

ha l'onere di portare prove sufficienti a suffragio dell'esistenza

dei fitti sui quali fonda la propria decisione. Secondo il tribuna le, peraltro, tale argomento sarebbe sprovvisto di autonomia

in quanto la valutazione sulla fondatezza della ricostruzione dei

fatti e sulla loro qualificazione giuridica viene assorbita nell'in

dagine sull'applicabilità dell'art. 86 al caso di specie. 2.a. La ricorrente aveva affermato che la presa in considera

zione di tre mercati distinti relativi rispettivamente a pistole,

percussori e caricatori effettuata dalla commissione era erro

nea. Secondo la ricorrente, difatti, tali tre elementi costituivano

parti indissociabili di un unico insieme per cui la commissione

avrebbe dovuto individuare il mercato del prodotto rilevante

in relazione a detto insieme. A suffragio di tale tesi la ricorrente

aveva portato i risultati di rapporti effettuati da esperti da cui

risultava che il cambiamento delle caratteristiche di anche uno

solo delle componenti predette avrebbe dato all'insieme caratte

ristiche diverse. Il tribunale ha rigettato tale argomento affer

mando che l'esistenza di produttori indipendenti di percussori e caricatori e anche di percussori adattabili alle pistole fabbrica

te dalla Hilti, costituiva un indizio serio riguardo all'esistenza

di un mercato distinto per ognuno dei prodotti suddetti. Secon

do il tribunale, l'accogliere la tesi della ricorrente per cui l'insie

me dei tre elementi in questione rappresenta un tutto unico ed

indissociabile equivarebbe ad autorizzare, al di fuori di regola mentazioni statuali, un produttore ad escludere l'utilizzazione

di parti accessorie fabbricate da terzi su propri prodotti. In pro

posito il tribunale ha rilevato che, in linea con il diritto della

concorrenza comunitario, un produttore, in assenza di regola mentazioni che dispongano il contrario e, nei limiti del rispetto dei diritti di proprietà industriale, deve essere libero di fabbri

care prodotti destinati ad essere utilizzati per apparecchi co

struiti da altri. Il tribunale ha, inoltre, definito corretta la de

terminazione del mercato geografico effettuata dalla commis

sione ritenendo che le forti differenze dei livelli di prezzi tra

un mercato e l'altro della Comunità implicava l'esistenza di im

portazioni parallele in tutto il mercato comunitario che doveva,

pertanto, essere considerato quale mercato geografico rilevante.

Con riguardo alla posizione sul mercato di Hilti, il tribunale

ha rigettato gli argomenti sostenuti dalla ricorrente per cui la

commissione non disponeva di dati di mercato affidabili. In proposito, il tribunale ha rilevato che le informazioni relative

ad una quota del 70-80% del mercato dei percussori detenuta

da Hilti erano state fornite dalla stessa ricorrente nel corso del

procedimento amministrativo a seguito di una richiesta di infor

mazioni effettuata dalla commissione ai sensi dell'art. 11 del

regolamento 17/62 che obbliga l'impresa a fornire i dati più esatti possibili. Il tribunale ha inoltre ricordato che, come affer

mato dalla corte nella sentenza Hoffman La-Roche c. Commis

sione delle Ce (causa 85/76, Racc. 461), il carattere dominante

di una posizione di mercato detenuta da un'impresa può risul

tare da più fattori che presi isolatamente non sarebbero di per se stessi determinanti; tra questi fattori, peraltro, l'esistenza di

una quota di mercato fortemente rilevante è altamente signifi cativa. Sempre nella predetta sentenza la corte aveva anche af

fermato che la quota di mercato estremamente elevata detenuta

da un'impresa costituisce, di per se stessa, salvo circostanze ec

cezionali, prova del carattere dominante della posizione di mer

cato di un'impresa. Il tribunale ha, pertanto, ritenuto che sulla

base della quota del 70-80% la commissione ha correttamente

individuato la posizione dominante della Hilti. Secondo il tribu

nale tale posizione era, innoltre, rafforzata dall'esistenza di bre

vetti relativi ai percussori prodotti dalla ricorrente. La Hilti aveva

ammesso che qualora avesse detenuto una posizione dominante

alcuni dei suoi comportamenti avrebbero integrato un abuso ai

sensi dell'art. 86. La ricorrente non riconosceva, peraltro, di

Il Foro Italiano — 1993.

aver posto in essere pratiche indirizzate a ritardare l'emanazio

ne di brevetti legali e pratiche discriminatorie finalizzate a dan

neggiare propri concorrenti e i loro rispettivi clienti. Al riguar

do, il tribunale ha ritenuto sufficientemente provate le conclu

sioni della commissione affermando che l'aver chiesto royalties sei volte superiori al normale per l'emanazione delle licenze pre dette costituiva una pratica indirizzata a ritardare l'emanazione

delle stesse e che la Hilti aveva effettivamente posto in essere

politiche mirate a scoraggiare l'instaurazione sul mercato dei

percussori di propri concorrenti attuali o potenziali. 2.b. La ricorrente pretendeva che la propria condotta sul mer

cato, tendente a ridurre l'utilizzazione di percussori di terzi per il finanziamento di pistole Hilti, fosse giustificata da un dovere

di diligenza a cui Hilti era tenuta in forza della propria respon sabilità di produttore. In particolare, Hilti asseriva che, essendo

a conoscenza sulla base di numerosi rapporti tecnici dell'incom

patibilità dei percussori fabbricati da terzi con le pistole da essa

prodotte e della pericolosità dell'utilizzo di tali percussori abbi

nati alle proprie pistole, aveva cercato di scoraggiare tale utiliz

zazione. Il tribunale ha respinto le suddette argomentazioni rile

vando che per proteggere il proprio interesse legittimo la Hilti

avrebbe potuto valersi dei rimedi azionabili nel diritto inglese e far valere davanti ai giudici la pretesa pericolosità dei percus sori fabbricati dai propri concorrenti. Secondo il tribunale è

in ogni caso da escludersi che un'impresa in posizione domi

nante possa difendersi da pretese azioni di concorrenza sleale

autonomamente abusando della propria posizione dominante sul

mercato.

2.c. Secondo la ricorrente il proprio comportamento non aveva

per effetto di ostacolare il commercio tra Stati membri avendo

quale unico scopo di scoraggiare l'utilizzo di una componente di un prodotto unitario prodotta da terzi in quanto incompati bile con una sicura ed efficiente utilizzazione di tale prodotto. Il tribunale, che aveva già respinto la tesi dell'unicità del pro dotto di mercato individuando nei percussori un prodotto di

stinto di mercato, ha affermato che il comportamento della Hilti

aveva avuto l'effetto di scoraggiare la penetrazione di imprese nel mercato dei percussori della Comunità, frenandone o bloc

cando la esportazione di prodotti fabbricati da terzi e, pertan

to, ostacolando il commercio tra Stati membri.

3. La ricorrente affermava che la determinazione dell'ammen

da era stata incorretta in quanto la commissione aveva superato il 10% del fatturato annuo realizzato in relazione al prodotto in questione e non aveva tenuto conto dell'impegno volontario

di Hilti di astenersi dai comportamenti oggetto di indagine da

parte della commissione fino alla conclusione di dette indagini. La ricorrente, sulla base di un comunicato di stampa della com

missione in cui questa ricollegava il carattere esemplare della

multa alla differenziazione dei prezzi delle pistole e dei percus sori nel mercato comunitario sosteneva, inoltre, che l'ammenda

era stata motivata in relazione ad addebiti non enunciati nella

decisione. Il tribunale ha rigettato gli argomenti relativi all'er

ronea applicazione dei criteri di determinazione della multa sot

tolineando la gravità dell'infrazione, la sua durata nel tempo e la consapevolezza dell'illegittimità della propria condotta da

parte della Hilti. Con riguardo all'errore nella motivazione il

tribunale, pur biasimando la commissione per aver emanato un

comunicato stampa in cui faceva riferimento alla differenzia

zione dei prezzi ricollegandolo al carattere esemplare della mul

ta inflitta a Hilti, ha affermato di essere competente unicamen

te a verificare la legittimità della decisione, ribadendo che l'am

menda inflitta dalla commissione con la decisione risultava fissata

e motivata correttamente. Per tutti i motivi sopraesposti il .tri

bunale ha rigettato il ricorso condannando la ricorrente alle spese di giudizio.

22. - Sentenza 17 dicembre 1991 (causa T-4/89); Pres. J. L.

Cruz Villaca, Aw. gen. B. Vesterdof; BASF Aktiengesell schaft c. Commissione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Proce

dura — Violazione dei diritti della difesa — Violazione delle

norme che regolano il procedimento amministrativo — Man

cata trasmissione di documenti probanti gli addebiti formula

ti dalla commissione — Mancata trasmissione del verbale de

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

finitivo dell'audizione — Mancata trasmissione della relazio

ne del consigliere-uditore — Irrilevanza.

Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Nozione di accordo e

di pratica concordata — Responsabilità collettiva — Fissazio

ne in comune di prezzi — Ripartizione dei mercati — Limita

zione della produzione. Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Onere

della prova — Deduzioni presuntive. Cee — Concorrenza — Ammenda — Criteri di determinazione

— Durata dell'infrazione — Gravità dell'infrazione.

A seguito di accertamenti effettuati da funzionari della com

missione delle Ce ai sensi del regolamento (Cee) 17/62 nei con

fronti dei maggiori produttori di propilene (ATO Chimie S.A., BASF AG, DSM NV, Hercules Chemicals NV, Hoechst AG, Chemisce Werke Hiils, Imperial Chemistries PLC, Montepoli meri SpA, Shell International Chemical Company Ltd, S.A. Sol

vay et Cie e BP chimie), la commissione decideva di inviare richieste di informazioni ai sensi dell'art. 11 del citato regola mento 17/62 alle seguenti imprese: Amoco, Chemie linz AG,

Sag Petrokjemi As et C., Petrofina S.A. e Enichem Anic SpA

(«ANIC»). Sulla base degli accertamenti suddetti e di tali infor

mazioni la commissione iniziava una procedura di accertamento

di infrazioni ex art. 3 del regolamento 17/62 conclusasi con

la decisione del 23 aprile 1986 contenente l'accertamento della

violazione dell'art. 85 (1) da parte delle imprese precitate per aver posto in essere, a partire dalla metà del 1977, un accordo

e pratica concordata in base al quale i produttori fornitori di

polipropilene nel territorio della Cee: — si riunivano e si tenevano segretamente in contatto al fine

di discutere e definire le rispettive politiche commerciali; — stabilivano periodicamente prezzi obiettivo concordando

comportamenti e provvedimenti finalizzati a facilitare l'attua

zione di tali prezzi obiettivo; — aumentavano simultaneamente i prezzi in applicazione di

detti obiettivi; — si ripartivano il mercato assegnando a ciascun produttore

un obiettivo o una quota di vendite annue.

La commissione ordinava, pertanto, a dette imprese di porre immediatamente fine a tali pratiche e di astenersi, per il futuro, dal tenere comportamenti analoghi. La commissione imponeva,

inoltre, alle imprese predette ammende varianti da 500.000 a

11.000.000 Ecu. In particolare, la BASF AG (di seguito BASF) veniva condannata al pagamento di un'ammenda di 2.500.000

Ecu.

In data 31 luglio 1986 la BASF proponeva ricorso contro tale

decisione innanzi alla Corte di giustizia della Ce, chiedendo l'an

nullamento totale o parziale della decisione sui punti che la ri

guardavano e, in subordine, l'annullamento o la riduzione del

l'ammenda subita. A seguito della decisione del consiglio delle

Ce istitutiva del tribunale di prima istanza, la corte, con ordi

nanza del 15 novembre, rimetteva la causa a detto tribunale.

A suffragio della propria domanda la ricorrente adduceva i

seguenti ordini di argomentazioni: 1. violazione dei diritti della difesa e, in particolare, a) man

cata tasmissione di alcuni documenti al momento della comuni

cazione degli addebiti, b) mancata comunicazione del verbale

definitivo delle audizioni ai membri della commissione e ai mem

bri del comitato consultivo e e) mancata trasmissione alla ricor

rente del parere del consigliere uditore; 2. vizi relativi all'accertamento dell'infrazione sotto il dupli

ce profilo a) dell'erronea ricostruzione dei fatti compiuta dalla

commissione e b) dell'illegittima applicazione dell'art. 85 (1) al caso di specie con riguardo all'incorretta qualificazione dell'in

frazione e all'attribuzione di una responsabilità collettiva a BSF;

3. errata determinazione dell'ammenda in relazione alla du

rata e alla gravità dell'infrazione.

1 .a. Riguardo al primo punto, la ricorrente lamentava di non

aver potuto fornire spiegazioni sul contenuto di quattordici do

cumenti su cui la commissione aveva fondato la propria deci

sione in quanto gli stessi non gli erano stati trasmessi insieme

alla comunicazione degli addebiti. In proposito, il tribunale ha

ricordato la posizione della Corte di giustizia per cui non sono

i documenti in quanto tali ad importare ma piuttosto la conclu

sione che ne trae la commissione e che, pertanto, se alcuni do

li Foro Italiano — 1993.

cumenti non sono stati richiamati nella comunicazione degli ad

debiti l'impresa ha potuto a giusto titolo desumere che tali do

cumenti risultavano irrilevanti nel caso di specie. Secondo il

tribunale, pertanto, la mancata comunicazione all'impresa dei

documenti utilizzati per fondare la decisione importa la perdita della possibilità per tale impresa di esprimere la propria opinio ne sul contenuto dei documenti, con la conseguenza che, per

preservare i diritti della difesa, devono essere considerati validi

ai fini probatori solo i documenti richiamati nella comunicazio

ne degli addebiti. I documenti non richiamati espressamente nella

comunicazione ma annessi alla stessa hanno valore probatorio solo qualora le parti siano ragionevolmente in grado di dedurre dalla lettura delle comunicazioni quale uso intende farne la com

missione ai fini della decisione. Nel caso di specie il tribunale

ha constatato che solo due documenti sono richiamati nella co

municazione degli addebiti. Di conseguenza il tribunale si è ri

servato di stabilire nel corso del proprio accertamento se il ve

nir meno del sostegno probatorio della restante documentazio ne potesse avere l'effetto di inficiare le conclusioni della

commissione.

1.b. Riguardo all'omessa comunicazione del verbale definiti

vo delle audizioni al comitato consultivo e agli altri membri

della commissione prima che questi si pronunciassero, il tribu

nale ha rigettato l'argomento della ricorrente richiamando la

giurisprudenza della corte sul punto, per cui il carattere provvi sorio del verbale comunicato può costituire un vizio del proce dimento idoneo ad inficiare la validità dell'atto esclusivamente

quando tale verbale provvisorio sia stato redatto in modo da

indurre in errore i suoi destinatari, cosa non avvenuta nel caso

di specie. 1 .c. In relazione all'omessa comunicazione della relazione del

consigliere uditore, il tribunale si è limitato a rilevare che tale

comunicazione non rientra tra i diritti della difesa in quanto la stessa non ha lo scopo di integrare o correggere gli argomenti delle imprese, né quello di formulare nuovi addebiti o fornire

elementi probatori aggiuntivi a carico delle imprese. 2.a. Nell'intento di accertare se la commissione avesse effet

tuato una corretta e sufficientemente provata ricostruzione dei

fatti, il tribunale ha preliminarmente constatato che la commis

sione non era riuscita a provare l'inizio di condotte rilevanti

da parte della ricorrente nel periodo riferito nella decisione (fi ne 1977-fine 1982) portando elementi probanti unicamente l'esi stenza di riunioni tenutesi dalla fine del 1978-inizio 1979, alla

metà del 1982. Secondo il tribunale, peraltro, durante tale pe riodo la commissione era riuscita a dimostrare che la ricorrente

partecipava alle riunioni con la finalità di fissare obiettivi in

materia di prezzi e di quantitativi di vendita. In particolare, con riguardo alle iniziative in materie di prezzi, il tribunale ha

rilevato che la commissione aveva fornito elementi probatori sufficienti a dimostrare che la BAFS aveva partecipato alle riu

nioni aventi per oggetto la discussione e la determinazione delle

iniziative suddette e contribuendo ad adottare comportamenti coerenti a tali accordi, come risulta dall'aumento simultaneo

dei prezzi sul mercato del polipropilene. I due argomenti addot ti dalla ricorrente per cui tali aumenti simultanei sarebbero con

seguiti ad aumenti paralleli delle materie prime e che le istruzio

ni sui prezzi avevano valore interno e non portavano pregiudi zio alla concorrenza, sono stati rigettati dal tribunale. In

particolare, il tribunale ha rilevato che la notevole differenza

tra i margini di redditività tra le imprese in questione non giu stificava un aumento parallelo dei prezzi e che le istruzioni in

terne sui prezzi, oltre ad essere rese note ai concorrenti, aveva

no un effetto esterno in quanto i prezzi sono stati indicati dalla

sede centrale agli agenti in vista di una loro applicazione sul

mercato. Il tribunale ha inoltre giudicato irrilevante l'argomen to fondato su un'analisi effettuata dalla società di revisione Coo

pers & Lybrand per cui le istruzioni sui prezzi non avrebbero

avuto alcun effetto sui prezzi effettivamente praticati, affermando

che per violare l'art. 85 (1) è sufficiente concorrere alla determi

nazione di un prezzo obiettivo; la dimostrazione di effetti sul

mercato derivanti dalla condotta illegittima non è dunque ne

cessaria ai fini dell'accertamento dell'infrazione dal momento

che è stata dimostrata l'esistenza di un concorso di volontà nel

la determinazione di tali prezzi. Riguardo alle misure destinate

a facilitare il raggiungimento dei prezzi obiettivo e, in particola

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Page 20: TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Rassegna di giurisprudenza 1989 - 1992)

PARTE QUARTA

re, del sistema di autolimitazione della produzione e di coordi

namento tra i produttori in diversi mercati della Comunità, il

tribunale ha ritenuto sufficientemente provate le conclusioni della

commissione rigettando le argomentazioni di BASF la quale so

steneva che la limitazione della produzione era dovuta a motivi

tecnici e che la ricorrente non aveva preso parte al sistema di

coordinamento delle condotte tra produttori. Infine, con riguardo

agli obiettivi in termini di quantitativi e quote, il tribunale ha considerato sufficientemente provato che la ricorrente faceva

parte dei produttori di polipropilene tra i quali si erano prodot ti concorsi di volontà sugli obiettivi di quantitativi di vendita

per il periodo che andava dalla fine 1978-inizio 1979 alla prima metà del 1983.

2.b. In relazione alla qualifica di accordo e pratica concorda

ta operata dalla commissione nella decisione con riguardo ai

comportamenti della ricorrente, la BASF aveva sostenuto che

sarebbe stata necessaria una precisazione esatta della nozione

in cui fare rientrare il caso di specie. Difatti, sul piano probato rio altro è dimostrare che vi è stata la manifestazione di volontà

diretta a stabilire in comune le rispettive condotte (elemento costitutivo dell'accordo) e altro è provare l'attuazione da parte di più imprese di pratiche concordate che, ad avviso della ricor

rente, dovevano concretarsi necessariamente in condotte di mer

cato aventi per oggetto o per effetto di restringere la concorren

za. La ricorrente affermava, inoltre, che la commissione non

era riuscita a portare elementi sufficienti a suffragare l'esistenza

di una volontà giuridica o materiale di BASF probante l'esi

stenza della propria partecipazione ad un accordo, né aveva po tuto dimostrare l'esistenza di un comportamento uniforme delle

imprese sul mercato ritenuto necessario per stabilire l'esistenza

di una pratica concordata, considerato che, secondo la ricorren

te, la semplice concertazione era elemento insufficiente al fine

dell'integrazione di tale fattispecie. Infine, la ricorrente riteneva

che la commissione non aveva chiarito se gli addebiti da essa

formulati dovessero considerarsi come un insieme unitario (par te di un'unica infrazione) oppure tenuti distinti quali singole infrazioni. Per la BASF, comunque, in entrambe le ipotesi l'im

porto dell'ammenda doveva essere diminuito in quanto, nel pri mo caso la constatazione che la ricorrente non aveva posto in

essere alcuni di tali comportamenti doveva avere per conseguen za la diminuzione della gravità dell'infrazione, nel secondo, a

seguito di detta constatazione sarebbero dovute venir meno al

cune delle infrazioni a cui l'ammenda era ricollegata con conse

guente diminuzione dell'ammenda. In proposito il tribunale ha

ricordato che, secondo la giurisprudenza consolidata della Cor

te di giustizia, per aver un accordo ai sensi dell'art. 85 (1) è

sufficiente che le imprese interessate abbiano espresso la comu

ne volontà di comportarsi nel mercato in un determinato modo,

mentre, sempre secondo la giurisprudenza della corte, la pratica concordata sussiste con la semplice presenza di contatti diretti

o indiretti aventi lo scopo o l'effetto di influire sul comporta mento tenuto sul mercato da un concorrente attuale o potenzia

le, senza che vi sia bisogno (come pretendeva la ricorrente) di

provare l'attuazione di una condotta uniforme sul mercato da

parte delle imprese interessate. Con riguardo al caso di specie il tribunale ha affermato che, pur nell'unicità dello scopo eco

nomico perseguito dalle imprese partecipanti, la fattispecie in

questione si componeva di elementi suscettibili di rientrare sia

nella nozione di accordo che in quella di pratica concordata.

Il tribunale ha, pertanto, ritenuto che la qualificazione di ac cordo unico continuato e di pratica concordata con cui la com

missione ha qualificato il comportamento dei maggiori produt tori di polipropilene fosse corretta in relazione alla complessità della fattispecie e che la commissione, considerato il carattere

unitario di tale fattispecie, non doveva provare cumulativamen

te l'esistenza di elementi costitutivi di un accordo e quelli di una pratica concordata. Il tribunale ha fondato l'esigenza di

utilizzare una fattispecie complessa per inquadrare il caso di

specie rilevando che sarebbe stato oltremodo artificiale suddivi

dere un comportamento continuato indirizzato a una fanalità

unitaria in più infrazioni distinte. La ricorrente aveva dedotto che la commissione, nell'impu

tarle l'infrazione, si sarebbe servita di un metodo presuntivo: anziché provare sulla base di circostanze di fatto i comporta menti illegittimi ricollegabili alla BASF, avrebbe imputato pre

II Foro Italiano — 1993.

suntivamente alla stessa comportamenti posti in essere da altre

imprese partecipanti alle riunioni, ipotizzando che anche la ri

corrente si fosse comportata allo stesso modo. Il tribunale ha

rigettato tale argomento affermando di aver già rilevato la cor

rettezza della ricostruzione dei fatti integranti l'infrazione im

putabili alla ricorrente.

3. In considerazione del fatto che la commissione non era

riuscita a provare l'esistenza di comportamenti illegittimi prece denti alla fine 1978-inizio 1979, il tribunale ha ridotto l'ammen

da per la minore durata dell'infrazione, accogliendo la doman

da della ricorrente sul punto. Il tribunale ha invece respinto le argomentazioni relative alla gravità dell'infrazione tendenti

a dimostrare che alcune circostanze imputate a BASF dalla com

missione e utilizzate per determinare la gravità dell'infrazione

erano infondate. In particolare, il tribunale ha ritenuto provati

e, considerato quale indice di gravità dell'infrazione, l'intento

della BASF di celare le reali finalità delle missioni dei propri agenti, le critiche rivolte alle imprese che non rispettavano le

linee degli accordi e il loro effetto costrittivo su tali imprese e il ruolo di portavoce degli altri produttori tedeschi svolto dal

la BASF. In linea generale, il tribunale ha, inoltre, ritenuto cor

retto l'accertamento del ruolo della ricorrente effettuato dalla

commissione ricordando l'intrinseca gravità di infrazioni aventi

per obiettivo la fissazione di prezzi e la ripartizione dei mercati

e giudicando corretti i criteri utilizzati dalla commissione per la determinazione dell'entità dell'ammenda (carattere manife

stamente grave dell'infrazione, consapevolezza da parte delle im

prese dell'illegittimità della loro condotta e equa ponderazione del ruolo e del posto occupato nel mercato del polipropilene delle imprese). Il tribunale ha, infine, respinto gli argomenti tendenti a dimostrare un'errata o mancata considerazione da

parte della commissione degli effetti dell'infrazione sul merca

to, della crisi del mercato del polipropilene e della errata valu

tazione del volume delle forniture, che ad avviso della ricorren

te non avrebbe permesso di determinare l'ammenda in modo

corretto. In particolare, con riguardo agli effetti dell'infrazione

sulla concorrenza nel mercato, il tribunale ha ritenuto sufficien

temente provati dalla commissione gli effetti sui prezzi per cui

i prezzi obiettivo erano la base della contrattazione con i clienti.

Inoltre, il tribunale ha rilevato che la commissione ha afferma

to nella decisione di aver tenuto conto della mancata piena rea

lizzazione degli obiettivi al fine di determinare l'entità dell'am

menda. In relazione alla situazione di crisi del mercato rilevan

te, il tribunale ha rilevato che la commissione, in linea con altri

precedenti, ha preso in considerazione la crisi del mercato del

polipropilene nella determinazione delle ammende e che, comun

que, essa non era obbligata, anche con riguardo alle circostanze

di fatto e, in particolare, alla gravità dell'infrazione in questio

ne, ad attribuire a tale elemento un peso eccessivo.

Per tutti i motivi sopraesposti il tribunale ha parzialmente riformato la decisione della commissione riducendo l'ammenda

in misura del 40% e liquidando le spese tra le parti.

23 - Sentenza 17 dicembre 1991 (causa (T-8/89); Pres. J. L.

Cruz Villaca, Aw. gen. B. Vesterdorf; DSM N.V. c. Com

missione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Decisioni della commissione — Proce

dura — Violazione dei diritti della difesa — Violazione delle

norme che regolano il procedimento amministrativo — Man

cata trasmissione di documenti probanti gli addebiti formula

ti dalla commissione — Inversione dell'onere della prova —

Insussistenza.

Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Nozione di accordo e

di pratica concordata — Responsabilità collettiva — Fissazio

ne in comune di prezzi — Ripartizione dei mercati — Limita

zione della produzione — Effetto restrittivo sulla concorren

za — Limitazione del commercio tra Stati membri.

Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Art.

190 — Obbligo di motivazione adeguata. Cee — Concorrenza — Ammenda — Criteri di determinazione

— Durata dell'infrazione — Gravità dell'infrazione — Carat

tere unitario dell'infrazione — Effetti sul mercato dell'infra

zione — Presa in considerazione dello stato di crisi del mer

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

cato — Principio di equità, proporzionalità e uguaglianza del

l'infrazione — Assenza di precedenti infrazioni — Irrilevanza.

A seguito di accertamenti effettuati da funzionari della com

missione ai sensi del regolamento (Cee) 17/62 nei confronti dei

maggiori produttori di propilene (ATO Chimie S.A., BASF AG, DSM NV, Hercules Chemicals NV, Hoechst AG, Chemisce Wer

ke Hiils, Imperial Chemistries PLC, Montepolimeri SpA, Shell International Chemical Company Ltd, S.A. Solvay et Cie e BP

chimie), la commissione decideva di inviare richieste di infor mazioni alle seguenti imprese: Amoco, Chemie linz AG, Saga

Petrokjemi As et C., Petrofina S.A. e Enichem Anic SpA («ANIC»). Sulla base degli accertamenti suddetti e di tali infor

mazioni la commissione iniziava una procedura di accertamento

di infrazioni ex art. 3 del regolamento 17/62, conclusasi con

la decisione del 23 aprile 1986 contenente l'accertamento della

violazione dell'art. 85 (1) da parte delle imprese precitate per aver posto in essere, a partire dalla metà del 1977, un accordo e pratica concordata in base al quale i produttori fornitori di

polipropilene nel territorio della Cee: — si riunivano e si tenevano segretamente in contatto al fine

di discutere e definire le rispettive politiche commerciali; — stabilivano periodicamente prezzi obiettivo concordando

comportamenti e provvedimenti finalizzati a facilitare l'attua zione di tali prezzi obiettivo;

— aumentavano simultaneamente i prezzi in applicazione di

detti obiettivi; — si ripartivano il mercato assegnando a ciascun produttore

un obiettivo o una quota di vendite annue.

La commissione ordinava, pertanto, a dette imprese di porre immediatamente fine a tali pratiche e di astenersi, per il futuro, dal tenere comportamenti analoghi. La commissione imponeva,

inoltre, alle imprese predette ammende varianti da 500.000 a

11.000.000 Ecu. In particolare, DSM AG (di seguito DSM) ve

niva condannata al pagamento di ammenda di 2.750.00 Ecu.

In data 31 luglio 1986 la DSM proponeva ricorso contro tale decisione innanzi alla Corte di giustizia delle Comunità euro

pee, chiedendo l'annullamento totale o parziale della decisione

sui punti che la riguardavano e, in subordine, l'annullamento

o la riduzione dell'ammenda subita. A seguito della decisione

del consiglio delle Comunità europee istitutiva del tribunale di

primo grado, la corte, con ordinanza del 15 novembre, rimette

va la causa a detto tribunale.

A suffragio della propria domanda la ricorrente adduceva i

seguenti ordini di argomentazioni: 1. violazione dei diritti della difesa e, in particolare, a) man

cata trasmissione di alcuni documenti al momento della comu

nicazione degli addebiti e b) insufficienza degli elementi proba tori addotti dalla commissione e relativa inversione dell'onere

della prova; 2. vizi relativi all'accertamento dell'infrazione sotto il dupli

ce profilo a) dell'erronea ricostruzione dei fatti compiuta dalla

commissione e b) dell'illegittima applicazione dell'art. 85 (1) al caso di specie con riguardo ò.I) all'incorretta qualificazione del

l'infrazione, ò.II) dell'effetto restrittivo sulla concorrenza e b.Ili) dell'effetto sul commercio tra Stati membri;

3. inadeguatezza della motivazione della decisione; 4. errata determinazione dell'ammenda in relazione alla du

rata e alla gravità dell'infrazione.

l.a) Sul primo punto la ricorrente lamentava di non aver po tuto fornire spiegazioni sul contenuto di documenti citati in ben

quattordici punti della decisione in quanto gli stessi non le era

no stati tasmessi insieme alla comunicazione degli addebiti. In proposito, il tribunale ha ricordato la posizione della Corte di

giustizia per cui non sono i documenti in quanto tali ad impor tare ma piuttosto la conclusione che ne trae la commissione

e che, pertanto, se alcuni documenti non sono stati richiamati

nella comunicazione degli addebiti l'impresa ha potuto a giusto titolo desumere che tali documenti risultavano irrilevanti nel ca

so di specie. Secondo il tribunale, pertanto, la mancata comuni

cazione all'impresa dei documenti utilizzati per fondare la deci

sione importa la perdita della possibilità per tali imprese di espri mere la propria opinione sul contenuto dei documenti, con la

conseguenza che, per preservare i diritti della difesa, devono

essere considerati validi ai fini probatori solo i documenti ri

II Foro Italiano — 1993.

chiamati nella comunicazione degli addebiti. I documenti non

richiamati espressamente nella comunicazione ma annessi alla

stessa hanno valore probatorio solo qualora le parti siano ra

gionevolmente in grado di dedurre dalla lettura delle comunica

zioni quale uso intende farne la commissione ai fini della deci

sione. Nel caso di specie il tribunale ha constatato che solo due documenti sono richiamati nella comunicazione degli addebiti. Di conseguenza, il tribunale si è riservato di stabilire nel corso

del proprio accertamento se il venir meno del sostegno probato rio della restante documentazione potesse avere l'effetto di infi

ciare le conclusioni della commissione.

1.6) In relazione all'insufficienza degli elementi di prova ad dotti dalla commissione a suffragio delle proprie conclusioni, la ricorrente aveva affermato che la commissione aveva inverti

to il principio dell'onere della prova in contrasto con la massi

ma in dubio pro reo. In particolare, la commissione avrebbe

fondato la propria decisione su prove insufficienti, incerte e non

concludenti senza riuscire a rendere plausibile la propria inter

pretazione dei fatti. Il tribunale, pur confermando il principio per cui era onere della commissione provare la violazione delle

regole della concorrenza, ha constatato che nel caso di specie la commissione aveva correttamente assolto al proprio onere

probatorio e che spettava, pertanto, alla ricorrente meglio pre cisare e suffragare la pretesa infondatezza in fatto delle conclu sioni della commissione.

2.a) Nell'intento di accertare se la commissione avesse effet

tuato una corretta e sufficientemente provata ricostruzione dei

fatti, il tribunale ha preliminarmente constatato, sulla base del

le risultanze di fatto, che la commissione aveva correttamente

ritenuto che la ricorrente aveva partecipato, a partire da un pe riodo indeterminato tra il 1977 e il 1979 fino al settembre del

1983, a riunioni periodiche tra produttori di polipropilene. Se condo il tribunale, inoltre, la commissione era riuscita a dimo

strare che la ricorrente partecipava a tali riunioni con la finalità

di fissare obiettivi in materia di prezzi e di quantitativi di vendi ta. In particolare, con riguardo alle iniziative in materia di prezzi, il tribunale ha rilevato che la commissione aveva fornito ele

menti probatori sufficienti a dimostrare che DSM aveva parte

cipato alle riunioni aventi per oggetto la discussione e la deter

minazione delle iniziative suddette. Riguardo alle misure desti

nate a facilitare il raggiungimento dei prezzi obiettivo e, in

particolare, del sistema di autolimitazione della produzione e di coordinamento tra i produttori in diversi mercati della Co

munità, il tribunale ha ritenuto sufficientemente provate le con

clusioni della commissione rigettando le argomentazioni di DSM

per cui la limitazione della produzione era dovuta a motivi tec

nici e tendenti a dimostrare che la ricorrente non aveva preso

parte al sistema di coordinamento delle condotte tra produttori. Infine, con riguardo agli obiettivi in termini di quantitativi e quote, il tribunale ha considerato sufficientemente provato che

la ricorrente faceva parte dei produttori di polipropilene tra i

quali si erano prodotti concorsi di volontà sugli obiettivi di quan titativi di vendita per il periodo che andava dal 1979 al 1980

e per la prima metà del 1983 e sulla limitazione delle vendite mensili integranti un sistema di quote in relazione ad un perio do anteriore per gli anni 1981 e 1982.

2.61) In relazione alla qualifica di accordo e pratica concor

data operata dalla commissione nella decisione con riguardo ai

comportamenti della ricorrente, DSM aveva sostenuto che la

commissione aveva per la prima volta introdotto la nozione di

«collusione» derivante dal diritto antitrust statunitense ed estra

nea al trattato Cee. La ricorrente faceva, peraltro, notare che

anche tale nuova nozione restava necessariamente soggetta alla

suddivisione concettuale nelle due categorie di comportamento

previste dall'art. 85 ossia l'accordo e la pratica concertata. La

fusione delle due nozioni non poteva, pertanto, esentare la com

missione dal portare elementi a suffragio della qualificazione dei comportamenti in questione nell'una o nell'altra categorie concettuale. Difatti, sul piano probatorio altro è dimostrare che

vi è stata la manifestazione di volontà diretta a stabilire in co

mune le rispettive condotte (elemento costitutivo dell'accordo) e altro è provare l'attuazione da parte di più imprese di pratiche concordate che, ad avviso della ricorrente, dovevano concretar

si necessariamente in condotte di mercato aventi per oggetto o per effetto di restringere la concorrenza. Il tribunale ha riget

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Page 22: TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Rassegna di giurisprudenza 1989 - 1992)

PARTE QUARTA

tato la tesi della ricorrente affermando che la commissione ave

va correttamente qualificato i comportamenti dei produttori di

polipropilene come integranti un accordo a titolo principale e

una pratica concordata a titolo sussidiario tutte le volte che questi non permettevano di concludere che le parti si erano accordate

preventivamente definendo in comune le condotte da tenere, ma

rilevavano comunque che le imprese avevano adottato o si era

no allineate rispetto a meccanismi collusori che facilitavano le

rispettive politiche commerciali. Il tribunale ha inoltre ricordato

che, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di giusti

zia, perché si abbia un accordo ai sensi dell'art. 85 (1) è suffi

ciente che le imprese interessate abbiano espresso la comune

volontà di comportarsi nel mercato in un determinato modo,

mentre, sempre secondo la giurisprudenza della corte, la pratica concordata sussiste con la semplice presenza di contatti diretti

o indiretti aventi lo scopo o l'effetto di influire sul comporta mento tenuto sul mercato da un concorrente attuale o potenzia

le, senza che vi sia bisogno (come pretendeva la ricorrente) di

provare l'attuazione di una condotta uniforme sul mercato da

parte delle imprese interessate. Con riguardo al caso di specie il tribunale ha affermato che la commissione aveva portato ele

menti sufficienti per qualificare il comportamento in questione sia quale accordo che quale pratica concordata.

2.èli) La ricorrente sosteneva che la commissione, avendo

omesso di analizzare gli effetti sul mercato del comportamento di DSM avrebbe dato rilevanza alle semplici intenzioni della

società sanzionando in tal modo un «delitto di opinione». Il

tribunale ha rigettato tale argomento rilevando che la commis

sione aveva correttamente provato che la partecipazione alle riu

nioni tra produttori da parte della ricorrente aveva per oggetto la restrizione della concorrenza.

2.MII) La ricorrente aveva affermato che la commissione ave

va omesso di provare, mediante un'adeguata analisi del merca

to rilevante, il pregiudizio al commercio tra Stati membri. In

proposito il tribunale ha ricordato che, ai sensi dell'art. 85 (1), la commissione non ha l'obbligo di dimostrare che vi è stato

un pregiudizio effettivo considerato che ai sensi di tale norma

è sufficiente che un accordo sia suscettibile di pregiudicare il

commercio tra Stati membri. Il tribunale ha, pertanto, rigettato

l'argomento della ricorrente constatando che le restrizioni della

concorrenza accertate erano suscettibili di portare tale pregiudizio. 3. La ricorrente aveva sostenuto che la motivazione della de

cisione della commissione era insufficiente e contraddittoria. In

particolare, secondo DSM la commissione non aveva replicato ad una serie di argomenti da essa addotti tendenti a dimostrare

l'infondatezza e il carattere contraddittorio delle conclusioni della

commissione. Sul punto il tribunale ha ricordato che secondo

la giurisprudenza della Corte di giustizia (Stinchting Sigarette nindustrie/ Commission, cause riunite 240 a 242, 261, 262, 268

e 269/82, Racc. p. 3831, 88) se in virtù dell'art. 190 la commis

sione è tenuta a motivare le proprie decisioni richiamando gli elementi di fatto e di diritto da cui dipende la giustificazione

legale della decisione e le considerazioni che l'hanno condotta

ad adottare la stessa, non è richiesto che la commissione rispon da a tutti i punti di fatto o di diritto che sono stati sollevati

dagli interessati nel corso della procedura amministrativa. Ne

consegue che la commissione non è tenuta a rispondere sui pun ti che richiede non pertinenti ai fini della decisione. Nel caso

di specie il tribunale ha affermato di aver già ritenuto gli argo menti addotti dalle parti non rilevanti ai fini di contrastare le

conclusioni della commissione, affermando che la commissione

aveva fornito una motivazione sufficiente e non contraddittoria.

4. La ricorrente sosteneva che la commissione non era riusci

ta a determinare con precisione il periodo dell'infrazione, e che,

comunque, i comportamenti della DSM integravano una plura lità di infrazioni e che, dunque, la commissione avrebbe dovuto

calcolare la durata di ogni singola infrazione ai fini della deter

minazione dell'ammenda. Sul punto il tribunale ha ribadito che

la commissione aveva correttamente stabilito il periodo dell'in

frazione affermando che tale infrazione aveva carattere unitario

considerato che le diverse azioni si inserivano nell'ambito di

un unico accordo finalizzato ad un medesimo obiettivo. Il tri

bunale ha inoltre respinto le argomentazioni relative alla gravità dell'infrazione. In particolare, il tribunale ha ribadito il caratte

re unitario dell'infrazione rigettando la tesi della ricorrente ten

II Foro Italiano — 1993.

dente a dimostrare che, considerata la pluralità di tipi di infra

zione previsti dal regolamento 17/62 la commissione avrebbe

dovuto valutare la gravità dell'infrazione in relazione ai singoli

comportamenti distinti. Il tribunale ha inoltre ritenuto corretti

i criteri utilizzati dalla commissione per determinare l'ammon

tare dell'ammenda (carattere manifestamente grave dell'infra

zione, consapevolezza da parte delle imprese dell'illegittimità della

loro condotta ed equa ponderazione del ruolo e del posto occu

pato nel mercato del polipropilene dell'impresa). Il tribunale

ha, infine, respinto gli argomenti tendenti a dimostrare un'erra

ta o mancata considerazione da parte della commissione degli

effetti dell'inflazione sul mercato, della crisi del mercato del

polipropilene, della violazione del principio di equità, propor zionalità e uguaglianza e della non considerazione dell'assenza

di precedenti infrazioni a carico della DSM, che ad avviso della

ricorrente non avrebbe permesso di determinare l'ammenda in

modo corretto. In particolare, con riguardo agli effetti dell'in

frazione sulla concorrenza nel mercato, il tribunale ha ritenuto

sufficientemente provati dalla commissione gli effetti sui prezzi

per cui i prezzi obiettivo erano la base della contrattazione con

i clienti. Inoltre, il tribunale ha rilevato che la commissione ave

va affermato nella decisione di aver tenuto conto della mancata

piena realizzazione degli obiettivi di prezzo nella determinazio

ne dell'ammenda. In relazione alla situazione di crisi del merca

to rilevante il tribunale ha constatato che la commissione, in

linea con altri precedenti, ha preso in considerazione la crisi

del mercato del polipropilene nella determinazione delle ammende

e che, comunque, essa non era obbligata, anche con riguardo alle circostanze di fatto e, in particolare, alla gravità dell'infra

zione in questione, ad attribuire a tale elemento un peso eccessi

vo. Con riguardo alla violazione del principio di equità per cui

l'ammenda inflitta alla DSM sarebbe stata spoporzionata rispetto a quelle applicate alle altre imprese partecipanti alle riunioni,

il tribunale ha rilevato che la ricorrente non è stata in grado di fornire precisazioni adeguate a suffragio di tale tesi. Per quanto attiene alla mancanza di precedenti infrazioni da parte della

DSM, il tribunale ha fatto notare che non vi è alcun obbligo

per la commissione di considerare tale elemento quale circo

stanza attenuante solo perché in passato ha considerato circo

stanza aggravante una violazione reiterata da parte di un'impre sa delle norme di concorrenza.

Per tutti i motivi sopraesposti il tribunale ha confermato la

decisione della commissione, condannando la ricorrente alle spese di giudizio.

24 - Sentenza 17 dicembre 1991 (causa (T-6/89); Pres. J. L.

Cruz Vhxaca, Avv. gen. B. Vesterdorf; Enichem Anic SpA c. Commissione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Decisioni della commissione — Proce

dura — Violazione dei diritti della difesa — Responsabilità collettiva — Violazione delle norme che regolano il procedi mento amministrativo — Insussistenza.

Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Nozione di accordo e

di pratica concordata — Responsabilità collettiva — Fissazio

ne in comune di prezzi — Ripartizione dei mercati — Effetto

restrittivo sulla concorrenza — Pregiudizio al commercio fra

gli Stati membri.

Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Imputabilità dell'infra

zione — Nozione di impresa — Cessazione della persona giu ridica che ha posto in essere l'infrazione — Ritiro dal merca

to rilevante dell'infrazione dell'impresa responsabile. Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Art.

190 — Obbligo di motivazione — Mancato riferimento al pa

rere del consigliere-uditore — Insussistenza.

Cee — Concorrenza — Ammenda — Prescrizione dell'infrazio

ne — Insussistenza — Criteri di determinazione dell'ammen

da — Gravità dell'infrazione.

A seguito di accertamenti effettuati da funzionari della com

missione ai sensi del regolamento (Cee) 17/62 nei confronti dei

maggiori produttori di propilene (ATO Chimie S.A., BASF AG, DSM NV, Hercules Chemicals NV, Hoechst AG, Chemisce Wer

ke Hiils, Imperial Chemistries PLC, Montepolimeri SpA, Shell International Chemical Company Ltd, S.A. Solvay et Cie e BP

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Page 23: TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Rassegna di giurisprudenza 1989 - 1992)

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

chimie), la commissione decideva di inviare richieste di infor mazioni alle seguenti imprese: Amoco, Chemie linz AG, Saga

petrokjemi As et C., Petrofina S.A. e Enichem Anic SpA

(«ANIC»). Sulla base degli accertamenti suddetti e di tali infor

mazioni la commissione iniziava una procedura di accertamento

di infrazioni ex art. 3 del predetto regolamento 17/62, che si

concludeva con la decisione del 23 aprile 1986 contenente l'ac

certamento della violazione dell'art. 85 (1) da parte delle impre se precitate per aver posto in essere, a partire dalla metà del

1977, un accordo e pratica concordata in base al quale i produt tori fornitori di polipropilene nel territorio della Cee:

— si riunivano e si tenevano segretamente in contatto al fine

di discutere e definire le rispettive politiche commerciali; — stabilivano periodicamente prezzi obiettivo concordando

comportamenti e provvedimenti finalizzati a facilitare l'attua

zione di tali prezzi obiettivo; — aumentavano simultaneamente i prezzi in applicazione di

detti obiettivi; — si ripartivano il mercato assegnando a ciascun produttore

un obiettivo o una quota di vendite annue.

La commissione ordinava, pertanto, a dette imprese di porre immediatamente fine a tali pratiche e di astenersi dal porle in

essere per il futuro, imponendo alle imprese predette ammende

varianti da 500.000 a 11.000.000 Ecu. In particolare, l'ANIC

veniva condannata al pagamento di un ammenda di 750.000

Ecu. A seguito di tale decisione l'ANIC, in data 31 luglio 1986,

proponeva ricorso innanzi alla Corte della giustizia delle Comu

nità europee (innanzi al quale si svolgeva l'intera fase scritta

del procedimento) chiedendo l'annullamento totale o parziale della decisione sui punti che la riguardavano e, in subordine, l'annullamento o la riduzione dell'ammenda inflittale. A segui to della decisione del consiglio delle Comunità europee istituti

va del tribunale di primo grado, con ordinanza del 15 novem

bre la corte rimetteva la causa a detto tribunale.

A suffragio della propria domanda la ricorrente adduceva i

seguenti ordini di argomentazioni: 1. violazione dei diritti della difesa e, in particolare, a) man

cata formulazione all'ANIC di tutti gli addebiti figuranti poi nella decisione, con la conseguenza che alla ricorrente sarebbe

ro stati imputati, a titolo di responsabilità collettiva, comporta menti posti in essere da altri soggetti, b) mancata comunicazio

ne del verbale definitivo delle audizioni ai membri della com

missione e a quelli del comitato consultivo, c) mancata

trasmissione alla ricorrente del parere del consigliere-uditore e

d) non riconoscimento da parte della commissione della posi zione particolare della ricorrente (implicata nel procedimento amministrativo quando questo era già avviato) nel procedimento;

2. vizi relativi all'accertamento dell'infrazione sotto il dupli ce profilo a) dell'erronea ricostruzione dei fatti compiuta dalla

commissione e b) dell'illegittima applicazione dell'art. 85 (1) al

caso di specie con riguardo all'incorretta qualificazione dell'in

frazione e all'effetto sulla concorrenza e sul commercio tra Sta

ti membri;

3. non imputabilità delle infrazioni alla ricorrente; 4. errata e insufficiente motivazione della decisione;

5. parziale prescrizione dell'ammenda e sua inadeguatezza in

relazione alla durata e alla gravità dell'infrazione.

1 .a) Sul punto il tribunale ha rilevato che, al di là degli adde

biti presenti nella comunicazione specifica inviata alla ricorren

te, la comunicazione generale inviata a tutti i destinatari della

decisione riproduceva sostanzialmente in modo analogo e com

pleto gli addebiti riportati nella decisione stessa. In proposito

il tribunale ha ricordato che, secondo l'orientamento della Cor

te di giustizia, si deve considerare che il contenuto degli addebi

ti riportati nella comunicazione generale della commissione è

opponibile individualmente a tutti i destinatari, salvo che la stessa

comunicazione generale o quella specifica non precisino il con

trario (circostanza non verificatasi nel caso di specie); ne conse

gue che, secondo il tribunale, gli addebiti formulati nella deci

sione sono stati adeguatamente comunicati alla ricorrente e che,

pertanto, sotto tale profilo, non vi è stata violazione del diritto

della difesa. 1 .b) Riguardo all'omessa comunicazione del verbale definiti

vo delle audizioni al comitato consultivo e agli altri membri

della commissione prima che questi si pronunciassero, il tribu

Ii Foro Italiano — 1993.

naie ha rigettato l'argomento della ricorrente richiamando la

giurisprudenza della corte sul punto, per cui il carattere provvi sorio del verbale comunicato può costituire un vizio del proce dimento idoneo ad inficiare la validità dell'atto esclusivamente

quando tale verbale provvisorio sia stato redatto in modo da

indurre in errore i suoi destinatari, cosa non avvenuta nel caso di specie.

1.c) Riguardo all'omessa comunicazione della relazione del

consigliere uditore, il tribunale si è limitato a rilevare che tale

comunicazione non rientra tra i diritti della difesa in quanto la stessa non ha lo scopo di integrare o correggere gli argomenti delle imprese, né quello di formulare nuovi addebiti o fornire

elementi probatori aggiuntivi a carico delle imprese.

\.d) Infine, secondo il tribunale il coinvolgimento dell'ANIC

nel procedimento amministrativo quando questo era già iniziato

non aveva privato la ricorrente della possibilità di far adeguata mente valere il proprio punto di vista. In particolare, la ricor

rente non avrebbe addotto alcun elemento comprovante una man

cata possibilità di pronunciarsi adeguatamente sugli addebiti.

Il tribunale ha, pertanto, concluso che il diritto di difesa dell'A

NIC era stato rispettato.

2.a) Nell'intento di accertare se la commissione aveva effet

tuato una corretta e sufficientemente provata ricostruzione dei

fatti, il tribunale ha preliminarmente constatato che la commis

sione non era riuscita a provare l'inizio di condotte rilevanti

da parte della ricorrente nel periodo riferito nella decisione (fi ne 1977-fine 1982) portando elementi probanti unicamente l'esi

stenza di riunioni tenutesi alla fine del 1978-inizio 1979, alla

metà del 1982. Secondo il tribunale, peraltro, durante tale pe

riodo la commissione era riuscita a dimostrare che la ricorrente

partecipava alle riunioni con la finalità di fissare obiettivi in

materia di prezzi e di quantitativi di vendita. In particolare, con riguardo alle iniziative in materie di prezzi, il tribunale ha

rilevato che la commissione ha fornito elementi probatori suffi

cienti a dimostrare che l'ANIC aveva partecipato alle riunioni

aventi per oggetto la discussione e la determinazione delle ini

ziative suddette. I due argomenti addotti dalla ricorrente per cui l'ANIC avrebbe avuto una partecipazione passiva a tali riu

nioni e non avrebbe aderito alle iniziative stabilite nelle stesse

sono stati rigettati dal tribunale. In proposito, il tribunale ha

ritenuto sufficientemente provata la partecipazione della ricor

rente alla fissazione dei prezzi obiettivo considerando che i dati

sull'ANIC risultanti in possesso di altre imprese partecipanti al

le riunioni non potevano essere pervenuti a tali imprese senza

il concorso della volontà dell'ANIC. Il tribunale ha, pertanto,

escluso il carattere passivo delle partecipazioni alle riunioni da

parte della ricorrente. All'obiezione della ricorrente fondata sul

fatto che la commissione non aveva potuto dimostrare che l'A

NIC avesse effettivamente perseguito il raggiungimento dei prezzi obiettivo concordati nelle riunioni. Il tribunale ha replicato rile

vando che l'infrazione contestata dalla commissione nella deci

sione non faceva riferimento a iniziative in materia di prezzi

o di parallelismo di comportamenti attuati da ANIC e ricordan

do che per violare l'art. 85 (1) è sufficiente concorrere alla de

terminazione di un prezzo obiettivo; la dimostrazione dell'effet

tivo rispetto dell'accordo da parte dell'impresa che vi ha parte

cipato non è dunque necessaria ai fini dell'accertamento

dell'infrazione dal momento che è stata dimostrata l'esistenza

di un concorso di volontà nella determinazione dei prezzi obiet

tivo. Il tribunale ha invece ritenuto non sufficientemente prova ta dalla commissione l'imputazione all'ANIC delle misure desti

nate ad agevolare le iniziative in materia di prezzi. Secondo il

tribunale, difatti, da un lato non è stata adeguatamente dimo

strata la partecipazione della ricorrente alle riunioni aventi per

oggetto la determinazione di tali misure, dall'altro, la commis

sione non è riuscita a stabilire l'effettiva realizzazione di alcuna

delle misure predette da parte dell'ANIC. Infine, con riguardo

agli obiettivi in termini di quantitativi e quote, il tribunale ha considerato sufficientemente provato che, da un lato la ricor

rente faceva parte dei produttori di polipropilene tra i quali

si erano prodotti concorsi di volontà sugli obiettivi di quantita

tivi di vendita per gli anni 1979 e 1980 e sulla limitazione delle

rispettive vendite mensili (inserite in un sistema di quote con

riferimento ad un periodo precedente per il 1981 e per il primo

semestre 1982) e, dall'altro, che alla fine dell'ottobre 1982 la

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Page 24: TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Rassegna di giurisprudenza 1989 - 1992)

PARTE QUARTA

ricorrente aveva comunicato ad un altro produttore di polipro

pilene parte dell'accordo le proprie aspirazioni in materia di

quantitativi di vendita per il primo trimestre del 1983. Secondo

il tribunale la commissione non ha invece sufficientemente pro vato che l'ANIC facesse parte dei produttori di polipropilene tra i quali si sono prodotti concorsi di volontà vertenti sulla

limitazione delle loro vendite mensili, con riferimento ad un

periodo precedente, per il secondo trimestre 1982.

2.b) In relazione alla qualifica di accordo e pratica concorda

ta operata dalla commissione nella decisione con riguardo ai

comportamenti della ricorrente, l'ANIC aveva sostenuto che sa

rebbe stata necessaria una precisazione esatta della nozione in

cui fare rientrare il caso di specie. Difatti, anche ammettendo

che gli accordi e le pratiche concordate sono ugualmente vietati

ai sensi dell'art. 85 (1), sul piano probatorio la pratica concor

data, a differenza dell'accordo (alla cui partecipazione si ricol

lega la responsabilità per le quali non vi sia una partecipazione diretta e necessaria di alcuni dei partecipanti dell'accordo), manca

la prova dell'adesione ad un piano generale per cui non si pos sono attribuire ai partecipanti responsabilità che superino le at

tività e i comportamenti che risultano direttamente ed effettiva

mente provati e che sono attribuibili alla concertazione. In pro

posito il tribunale, dopo aver ricordato che secondo la

giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia per aver un

accordo ai sensi dell'art. 85 (1) è sufficiente che le imprese inte

ressate abbiano espresso la comune volontà di comportarsi nel

mercato in un determinato modo, mentre la pratica concordata

sussiste con la semplice presenza di contatti diretti o indiretti

aventi lo scopo o l'effetto di influire sul comportamento tenuto

sul mercato da un concorrente attuale o potenziale, ha afferma

to che la fattispecie in esame, pur nell'unicità dello scopo eco

nomico perseguito dalle imprese partecipanti, si componeva di

elementi rientranti sia nella prima che nella seconda nozione.

Il tribunale ha, pertanto, ritenuto che la qualificazione di ac

cordo unico continuato e di pratica concordata attribuita dalla

commissione al caso in questione fosse corretta.

Con riguardo all'effetto sulla concorrenza dell'accordo e del

le pratiche sanzionati dalla commissione, la ricorrente sosteneva

che la propria partecipazione alle riunioni era seguita da un

comportamento indipendente sul mercato e non aveva, pertan

to, per oggetto di restringere la concorrenza. Inoltre, secondo

l'ANIC, la propria quota nel mercato rilevante era talmente

ridotta rispetto a quella delle concorrenti che le condotte poste in essere dalla stessa avrebbero comunque avuto un effetto tra

scurabile sulla concorrenza. Il tribunale ha rigettato tali argo mentazioni ricordando di aver già sottolineato il carattere attivo

delle partecipazioni alle riunioni di ANIC e, rilevando che la

questione pertinente non era quella di stabilire se la partecipa zione individuale della ricorrente avesse potuto restringere la

concorrenza, bensì' accertare se l'infrazione a cui la stessa aveva

partecipato assieme ad altri avesse potuto restringerla. In pro

posito, il tribunale ha fatto notare che le imprese che hanno

partecipato all'infrazione detenevano la quasi totalità del mer

cato, il che indicava manifestamente che l'infrazione da esse

commessa congiuntamente aveva potuto restringere la concor

renza in modo sensibile. Identico argomento è stato utilizzato

dal tribunale per rigettare il preteso limitato effetto del compor tamento della ricorrente (data la contenuta quota di mercato

dell'ANIC) sul commercio tra Stati membri.

3. La ricorrente sosteneva che l'infrazione addebitatale dalla

commissione non poteva esserle imputata in quanto, da un la

to, l'ANIC si era completamente ritirata dal mercato del poli

propilene nel 1983 e, dall'altro, che la commissione avrebbe fatto

confusione tra l'ANIC e la SIR facendo ricadere ogni addebito

sulla prima. In particolare, secondo la ricorrente la commissio

ne avrebbe, contrariamente alla propria stessa pratica e alla giu risprudenza della corte, considerato l'impresa non come entità

economica bensì come entità giuridica. Il tribunale non ha ac

colto tale tesi, affermando che l'art. 85 (1) si rivolge alle impre se quali entità economiche costituite da un insieme di elementi

materiali e umani che possono concorrere alla realizzazione di

un'infrazione. Una volta che sia stata stabilita la sussistenza

di tale infrazione, peraltro, occorre determinare la persona fisi

ca o giuridica responsabile di tale entità economica al momento

di detta infrazione. Secondo il tribunale, qualora tra il momen

II Foro Italiano — 1993.

to in cui viene commessa l'infrazione e il momento in cui l'im

presa deve risponderne sia venuta meno l'entità giuridica re

sponsabile di tale infrazione, occorre localizzare l'insieme degli elementi materiali e umani che hanno concorso alla commissio

ne dell'infrazione e poi identificare la persona che è divenuta

responsabile di tale insieme. Con riguardo al caso di specie il

tribunale ha, peraltro, notato che la persona giuridica responsa bile dell'infrazione non è mai venuta meno e che sotto tale pro filo appariva irrilevante che la stessa impresa si sia ritirata dal

mercato rilevante per l'infrazione. Il tribunale ha infine rilevato

che gli addebiti della commissione riguardano tutti i fatti impu tabili ad ANIC e non eslcudevano l'imputabilità di altri eventi

distinti alla SIR. 4. Nella propria difesa la ricorrente affermava che la decisio

ne della commissione era stata adottata in violazione dell'art.

190 (obbligo di motivazione degli atti comunitari) in quanto la stessa non faceva riferimento al parere del consigliere-uditore che deve essere inviato al direttore generale della concorrenza.

Il tribunale, dopo aver richiamato le disposizioni in materia,

ha rilevato che il parere suddetto non deve esser inviato obbli

gatoriamente alla commissione quale organo decisionale e che,

pertanto, non rientra nei documenti a cui questa deve fare espres so riferimento nella propria motivazione. Tale argomento è sta

to dunque respinto. 5. Il tribunale ha ritenuto privo di oggetto la deduzione della

ricorrente relativa alla prescrizione per decorrenza del termine

quinquennale dell'infrazione relativa agli addebiti per compor tamenti precedenti al 5 dicembre 1978 in quanto la commissio

ne non era riuscita a provare gli addebiti relativi a tale periodo.

Sempre in relazione alla mancata prova da parte della commis

sione di una frazione del periodo di infrazione indicato nella

decisione, il tribunale ha accolto l'argomento dell'ANIC per cui

l'ammenda doveva essere ridotta in considerazione della mag

giore brevità del comportamento illegittimo effettivamente po sto in essere. Il tribunale ha invece respinto le argomentazioni relative alla gravità dell'infrazione tendenti a dimostrare che la

ricorrente aveva avuto un ruolo minore nell'ambito dell'accor

do e delle pratiche concordate. In proposito, il tribunale ha ri

tenuto corretto l'accertamento del ruolo dell'ANIC effettuato

dalla commissione ricordando l'intrinseca gravità di infrazioni

aventi per obiettivo la fissazione dei prezzi e la ripartizione dei

mercati. Il tribunale ha giudicato corretti i criteri utilizzati dalla

commissione per la determinazione dell'entità dell'ammenda (ca rattere manifestamente grave dell'infrazione, consapevolezza da

parte delle imprese dell'illegittimità della loro condotta ed equa

ponderazione del ruolo e del posto occupato nel mercato del

polipropilene delle imprese). Il tribunale ha, inoltre, respinto

gli argomenti tendenti a dimostrare un'errata o mancata consi

derazione da parte della commissione degli effetti dell'infrazio

ne sul mercato, della crisi del mercato del polipropilene, della

mancanza di precedenti infrazioni e della differenza tra la no

zione di accordo e quella di pratica concordata, che ad avviso

della ricorrente non avrebbe permesso di determinare l'ammen

da in modo corretto. In particolare, con riguardo agli effetti

dell'infrazione sulla concorrenza nel mercato, il tribunale ha ri

cordato di aver già sottolineato che l'effetto preso in considera

zione non è quello derivante dalla singola condotta dei parteci

panti bensì quello risultante dall'infrazione nella sua oggettivi tà. In relazione alla situazione di crisi del mercato rilevante il

tribunale ha rilevato che la commissione, in linea con altri pre cedenti, ha preso in considerazione la crisi del mercato del poli

propilene nella determinazione delle ammende e che, comun

que, essa non era obbligata, anche con riguardo alle circostanze

di fatto e, in particolare, alla gravità dell'infrazione in questio

ne, ad attribuire a tale elemento un peso eccessivo. Per quanto attiene alla mancanza di precedenti infrazioni da parte dell'A

NIC, il tribunale ha fatto notare che non vi è alcun obbligo

per la commissione di considerare tale elemento quale circo

stanza attenuante solo perché in passato ha considerato circo

stanza aggravante una violazione reiterata da parte di un'impre sa delle norme di concorrenza. Infine, con riguardo alla manca

ta definizione di una nozione determinata in cui far rientrare il comportamento dell'ANIC necessaria, secondo la ricorrente,

per valutare il grado di responsabilità dell'impresa nella deter

minazione dell'ammenda, il tribunale ha ricordato nuovamente

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

che i vari accordi conclusi e le pratiche poste in essere si inseri

vano in uno schema unico al quale la ricorrente ha aderito,

per cui la distinzione tra accordo e pratica concordata al fine

della determinazione dell'ammenda in relazione al grado di re

sponsabilità dell'impresa appare irrilevante.

Per tutti i motivi sopraesposti il tribunale ha ridotto l'am menda in misura del 40% liquidando le spese tra le parti.

25 - Sentenza 17 dicembre 1991 (causa (T-7/89); Pres. J. L.

Cruz Villaca, Aw. gen. B. Vesterdorf; S.A. Hercules Che

micals NV c. Commissione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Decisioni della commissione — Proce

dura — Diritti della difesa — Rispetto del principio del con traddittorio — Comunicazione di documenti rilevanti — Ac

cesso al fascicolo d'ufficio — Limiti.

Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Presupposti — Nozione

di accordo e di pratica concordata — Riunioni periodiche tra

concorrenti — Fissazione di prezzi indicativi — Fissazione in

comune di prezzi — Sistema di quote — Ripartizione dei mer

cati — Limitazione della produzione — Restrizione della con

correnza — Pregiudizio al commercio tra Stati membri.

Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Art.

190 — Obbligo di motivazione — Adozione di un'unica deci sione per contestare più infrazioni imputabili ad imprese di

verse — Insufficienza della motivazione — Motivazione con

traddittoria — Insussistenza — Mancato riferimento del rap

porto del consigliere-uditore — Irrilevanza.

Cee — Concorrenza — Ammenda — Criteri di determinazione — Durata dell'infrazione — Gravità dell'infrazione.

A seguito di accertamenti effettuati da funzionari della Com

missione della Ce ai sensi del regolamento (Cee) 17/62 nei con

fronti dei maggiori produttori di propilene (ATO Chimie S.A., BASF AG, DSMS NV, Hercules Chemicals NV, Hoechst AG, Chemisce Werke Hiils, Imperial Chemistries PLC, Montepoli meri SpA, Shell International Chemical Company Ltd, S.A. Sol

vay et Cie e BP chimie), la commissione decideva di inviare

richieste di informazioni ai sensi dell'art. 11 del citato regola mento 17/62 alle seguenti imprese: Amoco, Chemie linz AG,

Saga petrokjemi As et C., Petrofina S.A. e Enichem Anic SpA. Detta procedura si concludeva con la decisione del 23 aprile 1986 contenente l'accertamento della violazione dell'art. 85 (1) da parte delle imprese precitate per aver posto in essere, a parti re dalla metà del 1977, un accordo e pratica concordata in base

al quale i produttori fornitori di polipropilene nel territorio del

la Cee: — si riunivano e si tenevano segretamente in contatto al fine

di discutere e definire le rispettive politiche commerciali; — stabilivano periodicamente prezzi obiettivo concordando

comportamenti e provvedimenti finalizzati a facilitare l'attua

zione di tali prezzi obiettivo; — aumentavano simultaneamente i prezzi in applicazione di

detti obiettivi; — si ripartivano il mercato assegnando a ciascun produttore

un obiettivo o una quota di vendite annue.

La commissione ordinava, pertanto, a dette imprese di porre immediatamente fine a tali pratiche e di astenersi, per il futuro,

dal tenere comportamenti analoghi. La commissione imponeva,

inoltre, alle imprese predette ammende varianti da 500.000 a

11.000.000 Ecu. In particolare, la Hercules Chemical NV («HC») veniva condannata al pagamento di un'ammenda di 2.750.000

Ecu.

In data 31 luglio 1986 la HC proponeva ricorso contro tale

decisione innanzi alla Corte di giustizia delle Comunità euro

pee, chiedendo l'annullamento totale o parziale della decisione

sui punti che la riguardavano e, in subordine, l'annullamento

o la riduzione dell'ammenda subita. A seguito della decisione

del consiglio delle Comunità europee istitutiva del tribunale di

primo grado, la corte, con ordinanza del 15 novembre, rimette

va la causa a detto tribunale.

A suffragio della propria domanda la ricorrente adduceva i

seguenti ordini di argomentazioni: 1. violazione del diritto alla difesa, e in particolare, a) fon

damento della decisione su documenti privi di valore probatorio

Il Foro Italiano — 1993.

e b) per mancata comunicazione alla ricorrente di documenti

usati a fondamento della decisione; 2. vizi relativi all'accertamento dell'infrazione sotto il dupli

ce profilo a) dell'erronea ricostruzione dei fatti compiuta dalla

commissione e b) dell'illegittima applicazione dell'art. 85 (1) al caso di specie con riguardo I) all'incorretta qualificazione del

l'infrazione, II) all'erronea considerazione dell'effetto restritti

vo sulla concorrenza, III) e del commercio tra Stati membri

e IV) all'imputazione alla ricorrente di una responsabilità col

lettiva;

3. a) insufficienza e carattere contraddittorio della motiva

zione b) mancato riferimento del rapporto del consigliere-uditore; 4. errata determinazione dell'ammenda in relazione alla du

rata e alla gravità dell'infrazione.

1. a) e b) Sulle argomentazioni relative alla violazione del

principio del contraddittorio il tribunale ha preliminarmente ri

levato che il rispetto del contraddittorio esige che la ricorrente

sia stata posta in grado di sostenere il proprio punto di vista

sull'insieme delle censure formulate nei suoi confronti dalla com

missione nelle comunicazioni che le sono state indirizzate, non

ché sui mezzi di prova volti a suffragare dette censure ed illu

strati dalla commissione nelle comunicazioni stesse e nei relativi

allegati. Al contrario, il rispetto del principio del contradditto

rio non implica che un'impresa nell'ambito di un procedimento ex art. 85 (1) debba poter commentare tutti i documenti facenti

parte del fascicolo della commissione non essendovi alcun ob

bligo in capo alla commissione riguardo alla trasmissione del

l'intero fascicolo. Il tribunale ha, peraltro, rilevato che nel XII

rappòrto sulla politica della concorrenza la commissione ha sta

bilito una procedura per l'accesso al fascicolo nelle cause in

materia di concorrenza autoimponendosi, in tal modo, norme

che andavano al di là delle esigenze di difesa individuate dalla

corte e che la commissione è ora tenuta a rispettare. L'unico

limite all'accesso del fascicolo da parte delle imprese interessate

risulta, pertanto, dalla difesa del segreto relativo ad affari riser

vati di altre imprese e sui documenti confidenziali della com

missione. Con riguardo al caso di specie, il tribunale ha ritenu

to che non vi fossero circostanze probanti che la commissione

avesse selezionato i documenti resi accessibili alla ricorrente al

fine di impedirle la dimostrazione che essa non aveva preso par te all'infrazione.

2.à) In relazione al secondo ordine di argomentazioni, la ri

corrente lamentava un'erronea ricostruzione dei fatti su cui si

fondava la decisione della commissione e, in particolare, la man

canza di elementi che potessero provare l'effettiva volontà della

HC di aver sostenuto la linea di politica di prezzi, di aver parte

cipato a riunioni periodiche nell'intento di concordare e perse

guire una politica di prezzi obiettivo insieme a propri concor

renti e di aver concordato un sistema di limitazione di quote di produzione nell'intento di ripartire il mercato e facilitare la

realizzazione della politica dei prezzi obiettivo. In proposito il

tribunale, dopo aver esaminato gli elementi di prova portati dalla

commissione ha rigettato tali eccezioni ritenendo sufficientemente

provati gli addebiti portati dalla commissione nella propria de

cisione.

2.M) HC aveva sostenuto che la commissione aveva omesso

di dare una qualifica precisa ai comportamenti della ricorrente.

L'incertezza di confini dell'inquadramento giuridico effettuato

dalla commissione aveva, secondo la ricorrente, conseguenze estremamente rilevanti sul piano probatorio in quanto la com

missione non avrebbe provato né il perfezionamento di un ac

cordo, né l'esistenza di comportamento effettivamente concor

dato tra concorrenti sul mercato che, ad avviso di HC era ele

mento costitutivo della pratica concordata. In proposito, il

tribunale ha preliminarmente giudicato infondato l'argomento

della ricorrente per cui la commissione non avrebbe qualificato con precisione il tipo di infrazione imputato a HC, ricordando

che la commissione aveva definito tale infrazione quale accordo

a titolo principale e pratica concordata a titolo sussidiario. Il

tribunale ha poi richiamato la giurisprudenza della Corte di giu

stizia, per cui, per avere un accordo ai sensi dell'art. 85 (1)

è sufficiente che le imprese interessate abbiano espresso la co

mune volontà di comportarsi nel mercato in un determinato

modo, mentre la pratica concordata sussiste con la semplice pre

senza di contatti diretti o indiretti aventi lo scopo o l'effetto

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Page 26: TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Rassegna di giurisprudenza 1989 - 1992)

PARTE QUARTA

di influire sul comportamento tenuto sul mercato da un concor

rente attuale o potenziale, senza che vi sia bisogno (come pre

tendeva la ricorrente) di provare l'attuazione di una condotta

uniforme sul mercato da parte delle imprese interessate. Con

riguardo al caso di specie il tribunale ha affermato che, pur

nell'unicità dello scopo economico perseguito dalle imprese par

tecipanti, la fattispecie in questione si componeva di elementi

suscettibili di rientrare sia nella nozione di accordo che in quel

la di pratica concordata. Il tribunale ha, pertanto, ritenuto che

la qualificazione di accordo unico continuato e di pratica con

cordata con cui la commissione aveva qualificato i comporta

menti dei maggiori produttori di polipropilene fosse corretta in

relazione alla complessità della fattispecie e che la commissione,

considerato il carattere unitario di tale fattispecie, non doveva

provare cumulativamente l'esistenza di elementi costitutivi di un

accordo e quelli di una pratica concordata.

2.èli) La ricorrente aveva sostenuto che non vi era un lega

me di causa ad effetto tra le riunioni a cui aveva partecipato e un proprio presunto comportamento restrittivo della concor

renza sul mercato che, comunque, la commissione non aveva

provato. Sul punto il tribunale si è limitato a rilevare che l'art.

85 (1) considera illegittimi gli accordi e le pratiche concordate

che hanno anche solo per oggetto la restrizione della concorren

za e che pertanto, come già precedentemente rilevato, sotto tale

profilo l'art. 85 risultava applicabile nel caso in esame.

2.Mil) La ricorrente aveva rilevato che la propria partecipa zione alle riunioni non poteva, da solo, aver pregiudicato il com

mercio tra Stati membri. In proposito il tribunale ricorda che

la commissione doveva provare, come ha correttamente fatto,

l'effetto sulla concorrenza dell'accordo e della pratica concor

data e non quello derivante dalla singola partecipazione a tali

misure da parte della ricorrente.

2.MV) Secondo la ricorrente la commissione aveva illegitti

mamente omesso di provare la concreta partecipazione di HC

ad ogni singola riunione richiamata nella decisione come invece

sarebbe stata tenuta a fare in linea con la sentenza della corte

del 14 luglio 1972, ACNA c. Commissione (causa 57/69 Racc.

933 paragrafo 75). In particolare, la commissione avrebbe arbi

trariamente inventato un nuovo tipo di infrazione la cui inte

grazione richiederebbe esclusivamente la consapevolezza del com

portamento illegittimo di altre imprese. Il tribunale ha rigettato tale argomento ricordando di aver già stabilito che la commis

sione aveva sufficientemente provato la responsabilità indivi

duale della ricorrente riguardo all'infrazione descritta nella de

cisione.

3 .a) La ricorrente lamentava che la decisione della commis

sione non era stata sufficientemente motivata e, in particolare, che la commissione fondava detta decisione su prove insuffi

cienti e su un accertamento dei fatti superficiali. Il tribunale

non ha accolto tale rilievo ritenendo corretta e sufficiente la

motivazione della commissione.

3.b) Riguardo all'omessa comunicazione della relazione del

consigliere uditore, il tribunale si è limitato a rilevare che tale

comunicazione non rientra tra i diritti della difesa in quanto la stessa non ha lo scopo di integrare o correggere gli argomenti delle imprese, né quello di formulare nuovi addebiti o fornire

elementi probatori aggiuntivi a carico delle imprese. 4. Riguardo alla pretesa minor durata dell'infrazione (su cui

la ricorrente fondava la domanda di riduzione dell'ammenda), il tribunale ha ricordato di aver già rigettato l'argomento della

ricorrente tendente a dimostrare tale minore durata dell'infra

zione, accogliendo la domanda della ricorrente sul punto. Il tri

bunale ha inoltre respinto la tesi della ricorrente per cui la com

missione non avrebbe tenuto conto del criterio della gravità del

l'infrazione omettendo di considerare la circostanza che HC aveva

partecipato ad un numero minore di riunioni rispetto agli altri

produttori di polipropilene. In particolare, il tribunale ha rite

nuto irrilevante il numero effettivo di riunioni a cui la ricorren

te aveva partecipato considerato che era stato provato che HC

aveva partecipato a riunioni nell'intento di concordare una po litica di prezzi con i propri concorrenti. In relazione alla pretesa mancata considerazione della situazione deficitaria del mercato

da parte della commissione il tribunale ha affermato che la com

II Foro Italiano — 1993.

missione, in linea con altri precedenti, ha preso in considerazio

ne la crisi del mercato del polipropilene nella determinazione

delle ammende e che, comunque, essa non era obbligata, anche

con riguardo alle circostanze di fatto e, in particolare, alla gra

vità dell'infrazione in questione, ad attribuire a tale elemento

un peso eccessivo. La ricorrente aveva affermato che l'ammen

da sarebbe stata determinata senza che la commissione avesse

potuto provare della politica reale di HC sul mercato. Il tribu

nale ha rigettato l'argomento considerando che l'assenza di prove

era dovuta all'eliminazione delle stesse da parte di HC e che,

comunque, la commissione aveva sufficientemente provato gli

effetti dell'infrazione della ricorrente sul mercato. Infine, il tri

bunale ha rigettato gli argomenti relativi all'assenza di infrazio

ni anteriori e alla non considerazione di circostanze attenuanti

ritenendo il primo irrilevante e il secondo non pertinente in con

siderazione della gravità oggettiva dell'infrazione di cui HC si

era resa responsabile. Per tutti i motivi sopraesposti il tribunale

ha confermato la decisione della commissione ritenendo ade

guata l'ammenda inflitta e condannando la ricorrente al paga

mento delle spese di giudizio.

26 - Sentenza 17 dicembre 1991 (causa (T-l/89); Pres. J. L.

Cruz Villaca, Avv. gen. B. Vesterdorf; Rhòne-Poulenc c.

Commissione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Presupposti — Nozione

di accordo e di pratica concordata — Riunioni periodiche tra

concorrenti — Fissazione di prezzi indicativi — Fissazione in

comune di prezzi — Sistema di quote — Ripartizione dei mer

cati — Limitazione della produzione.

Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Art.

190 — Obbligo di motivazione — Adozione di un'unica deci

sione per contestare più infrazioni imputabili ad imprese di

verse — Insufficienza della motivazione — Motivazione con

traddittoria — Insussistenza.

Cee — Concorrenza — Principi generali — Violazione del prin

cipio di uguaglianza — Insussistenza.

Cee — Concorrenza — Ammenda — Criteri di determinazione — Durata dell'infrazione — Gravità dell'infrazione.

A seguito di accertamenti effettuati da funzionari della com

missione delle Ce ai sensi del regolamento (Cee) 17/62 nei con

fronti dei maggiori produttori di propilene (ATO Chimie S.A.,

BASF AG, DSM NV, Hercules Chemicals NV, Hoechst AG,

Chemisce Werke Hiils, Imperial Chemistries PLC, Montepoli meri SpA, Shell International Chemical Company Ltd, S.A. Sol

vay et Cie e BP chimie), la commissione decideva di inviare

richieste di informazioni ai sensi dell'art. 11 del citato regola mento 17/62 alle seguenti imprese: Amoco, Chemie linz AG,

Saga Petrokjemi As et C., Petrofina S.A. e Enichem Anic SpA. Sulla base degli accertamenti suddetti e di tali informazioni la

commissione decideva di estendere le proprie indagini ad Eni

chem Anic SpA e a Rhòne-Poulenc («RP») iniziando una pro cedura di accertamento di infrazioni ex art. 3 del regolamento 17/62. Detta procedura si concludeva con la decisione del 23

aprile 1986 contenente l'accertamento della violazione dell'art.

85 (1) da parte delle imprese precitate per aver posto in essere,

a partire dalla metà del 1977, un accordo e pratica concordata

in base al quale i produttori fornitori di polipropilene nel terri

torio della Cee: — si riunivano e si tenevano segretamente in contatto al fine

di discutere e definire le rispettive politiche commerciali; — stabilivano periodicamente prezzi obiettivo concordando

comportamenti e provvedimenti finalizzati a facilitare l'attua

zione di tali prezzi obiettivo; — aumentavano simultaneamente i prezzi in applicazione di

detti obiettivi; — si ripartivano il mercato assegnando a ciascun produttore

un obiettivo o una quota di vendite annue.

La commissione ordinava, pertanto, a dette imprese di porre immediatamente fine a tali pratiche e di astenersi, per il futuro, dal tenere comportamenti analoghi. La commissione imponeva,

inoltre, alle imprese predette ammenda varianti da 500.000 a

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Page 27: TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Rassegna di giurisprudenza 1989 - 1992)

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

11.000.000 Ecu. In particolare, la RP veniva condannata al pa

gamento di un'ammenda di 2.500.000 Ecu.

In data 31 luglio 1986 la RP proponeva: ricorso contro tale

decisione innanzi alla Corte di giustizia della Comunità euro

pee, chiedendo l'annullamento totale o parziale della decisione

sui punti che la riguardavano e, in subordine, l'annullamento

o la riduzione dell'ammenda subita. A seguito della decisione

del consiglio delle Comunità europee istitutiva del tribunale di

primo grado, la corte, con ordinanza del 15 novembre, rimette

va la causa a detto tribunale.

A suffragio della della propria domanda la ricorrente addu

ceva i seguenti ordini di argomentazioni: 1. vizi relativi all'accertamento dell'infrazione sotto il dupli

ce profilo a) dell'erronea ricostruzione dei fatti compiuta dalla

commissione e b) dell'illegittima applicazione dell'art. 85 (1) al

caso di specie con riguardo all'incorretta qualificazione dell'in

frazione;

2. insufficienza e carattere contraddittorio della motivazione;

3. violazione del principio di uguaglianza; 4. errata determinazione dell'ammenda in relazione alla du

rata e alla gravità dell'infrazione.

1.fl) Con riguardo al primo argomento, la ricorrente lamen

tava un'erronea ricostruzione dei fatti su cui si fondava la deci

sione della commissione e, in particolare, la mancanza di ele

menti che potessero provare l'effettiva volontà della RP di aver

sostenuto la linea di politica di prezzi portata avanti dalla Mon

te, di aver partecipato a riunioni periodiche nell'intento di con

cordare e perseguire una politica di prezzi obiettivo insieme a

propri concorrenti e di aver concordato un sistema di limitazio

ne di quote di produzione nell'intento di ripartire il mercato

e facilitare la realizzazione della politica dei prezzi obiettivo.

In proposito il tribunale, dopo aver esaminato gli elementi di

prova portati dalla commissione ha rigettato tali eccezioni rite

nendo sufficientemente provati gli addebiti portati dalla com

missione nella propria decisione.

1.6) RP aveva sostenuto che la commissione aveva omesso

di dare una qualifica precisa ai comportamenti della ricorrente.

L'incertezza di confini dell'inquadramento giuridico effettuato

dalla commissione aveva, secondo la ricorrente, conseguenze

estremamente rilevanti sul piano probatorio in quanto la com

missione non avrebbe provato né il perfezionamento di un ac

cordo, né l'esistenza di un comportamento effettivamente con

cordato tra concorrenti sul mercato, che ad avviso di RP era

elemento costitutivo della pratica concordata. In proposito, il

tribunale ha preliminarmente giudicato infondato l'argomento

della ricorrente per cui la commissione non avrebbe qualificato

con precisione il tipo di infrazione imputato a RP, ricordando

che la commissione aveva definito tale infrazione quale accordo

a titolo principale e pratica concordata a titolo sussidiario. Il

tribunale ha poi richiamato la giurisprudenza della Corte di giu

stizia, per cui per avere un accordo ai sensi dell'articolo 85 (1)

è sufficiente che le imprese interessate abbiano espresso la co

mune volontà di comportarsi nel mercato in un determinato

modo, mentre la pratica concordata sussiste con la semplice pre senza di contatti diretti o indiretti aventi lo scopo o l'effetto

di influire sul comportamento tenuto sul mercato da un concor

rente attuale o potenziale, senza che vi sia bisogno (come pre

tendeva la ricorrente) di provare l'attuazione di una condotta

uniforme sul mercato da parte delle imprese interessate. Con

riguardo al caso di specie il tribunale ha affermato che, pur nell'unicità dello scopo economico perseguito dalle imprese par

tecipanti, la fattispecie in questione si componeva di elementi

suscettibili di rientrare sia nella nozione di accordo che in quel

la di pratica concordata. Il tribunale ha, pertanto, ritenuto che

la qualificazione di accordo unico continuato e di pratica con

cordata con cui la commissione aveva qualificato il comporta mento dei maggiori produttori di polipropilene fosse corretta

in relazione alla complessità della fattispecie e che la commis

sione, considerato il carattere unitario di tale fattispecie, non

doveva provare cumulativamente l'esistenza di elementi costitu

tivi di un accordo e quelli di una pratica concordata.

2. La ricorrente lamentava che l'adozione di una decisione

unica relativa a più imprese non aveva permesso a RP di far

Il Foro Italiano — 1993.

valere la peculiarità della propria situazione. In particolare, RP,

pur riconoscendo il diritto della commissione di adattare una

decisione unica nei confronti di più imprese, riteneva, in linea

con la giurisprudenza della corte, che tale possibilità fosse su

bordinata al permettere ad ogni singola impresa destinataria della

decisione di verificare il fondamento degli addebiti che le erano

imputati. Secondo la ricorrente, pertanto, la decisione in que stione aveva l'effetto di dissimulare la situazione specifica di

RP e non rispettava le condizioni predette. Il tribunale ha rite

nuto infondato tale argomento rilevando che la ricorrente era

stata messa in condizione di far valere le proprie ragioni in rela

zione a precise imputazioni. Il tribunale ha, inoltre, ritenuto

sufficientemente motivata la decisione con riguardo alle pretese

carenze sollevate dalla ricorrente. Infine, in relazione al preteso

carattere contraddittorio della motivazione, il tribunale ha af

fermato che i punti di apparente contraddittorietà evidenziati

dalla ricorrente sono il frutto di estrapolazioni isolate effettuate

dal testo della decisione. Secondo il tribunale la decisione va

considerata come un tutto per cui ogni motivo va letto alla luce

dell'insieme degli altri senza isolare artificialmente alcuni moti

vi. Mediante una lettura dell'insieme della motivazione vengono difatti superati i punti di apparente contraddizione.

3. La ricorrente aveva asserito che la commissione nel non

imputare alcuna infrazione alle imprese Amoco e BP, pur aven

do nei confronti delle stesse elementi di prova maggiori rispetto

a quelli portati a suffragio delle imputazioni a RP, aveva viola

to il principio di uguaglianza. In proposito, il tribunale ha pre

liminarmente ricordato che perché si abbia violazione del prin

cipio di uguaglianza è necessario che due situazioni analoghe

siano state trattate in modo diverso. Secondo il tribunale nel

caso di specie la situazione di Amoco e BP non era analoga a quella di RD in quanto con riguardo alle prime due imprese la commissione non aveva potuto provare l'effettiva partecipa

zione delle stesse alle riunioni periodiche in cui veniva manife

stata la volontà di praticare una politica di prezzi concordata.

Nel caso di specie, dunque, il sopraenunciato principio di ugua

glianza era stato, secondo il tribunale, pienamente rispettato.

4. Riguardo alla pretesa minor durata dell'infrazione ( su cui

la ricorrente fondava la domanda di riduzione dell'ammenda),

il tribunale ha ricordato di aver già rigettato l'argomento della

ricorrente tendente a dimostrare tale minore durata dell'infra

zione, accogliendo la domanda della ricorrente sul punto. Il tri

bunale ha inoltre respinto la tesi della ricorrente per cui la com

missione non avrebbe tenuto conto del criterio della gravità del

l'infrazione omettendo di considerare la circostanza che RP aveva

partecipato ad un numero minore di riunione rispetto agli altri

produttori di polipropilene. In particolare, il tribunale ha rite

nuto irrilevante il numero effettivo di riunioni a cui la ricorren

te aveva partecipato considerato che era stato provato che RP

aveva partecipato a riunioni nell'intento di concordare una po

litica di prezzi con i propri concorrenti. In relazione all'asser

zione per cui la commissione avrebbe omesso di considerare la

situazione di crisi del mercato in contrasto con una propria pre

cedente decisione (IV/30 BCL/ICI, G.U.C.E. L 212,1 par. 36), il tribunale ha preliminarmente rilevato la non pertinenza della

decisione richiamata in cui la crisi del mercato era presa in con

siderazione in relazione all'emanazione di un'esenzione ex art.

85 (3). Il tribunale ha aggiunto che la commissione, in linea

con altri precedenti, ha preso in considerazione la crisi del mer

cato del polipropilene nella determinazione delle ammende e che,

comunque, essa non era obbligata, anche con riguardo alle cir

costanze di fatto e, in particolare, alla gravità dell'infrazione

in questione, ad attribuire a tale elemento un peso eccessivo.

La ricorrente aveva affermato che l'ammenda sarebbe stata de

terminata senza che la commissione avesse potuto provare la

politica reale di RP sul mercato. Il tribunale ha rigettato l'argo

mento considerando che l'assenza di prove era dovuta all'elimi

nazione delle stesse da pafte di RP e che, comunque, la com

missione aveva sufficientemente provato gli effetti dell'infrazio

ne della ricorrente sul mercato. Infine, con riguardo alla pretesa

illegittimità della valutazione da parte della commissione ai fini

della determinazione dell'ammenda del grado di collaborazione

delle imprese con l'amministrazione comunitaria, in considera

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PARTE QUARTA

zione del fatto che la commissione non aveva mai sollecitato

tale collaborazione, il tribunale ha affermato che la commissio

ne non era tenuta a chiedere tale collaborazione pur potendo

legittimamente tenere conto della cooperazione spontanea delle

imprese nel corso delle indagini. Per tutti i motivi sopraesposti il tribunale ha confermato la

decisione della commissione ritenendo adeguata l'ammenda in

flitta e condannando la ricorrente al pagamento delle spese di

giudizio.

27 - Sentenza 24 gennaio 1992 (causa T-44/90); Pres. J. L. Cruz

Villaca; La Cinq S.A. c. Commissione delle Comunità

europee.

Cee — Concorrenza — Misure provvisorie e d'urgenza — Com

petenza della commissione — Presupposti — Infrazione ma

nifesta degli art. 85 e/o 86 — Danno grave e irreparabile. Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Art.

190 — Motivazione insufficiente — Insussistenza — Errore

di fatto e di diritto — Nozione di infrazione manifesta —

Nozione di danno grave e irreparabile.

La Cinq S.A. («Cinq») è una società di emittenza radiotelevi

siva privata di diritto francese. L'Unione europea di radiodiffu

sione («UER») è un'associazione professionale di orgnanismi di radiodiffusione che ha per finalità la promozione della coo

perazione tra i propri membri e gli organismi di radiodiffusione

del mondo intero. L'associazióne all'UER da diritto di accesso

all'eurovisione. L'UER ha due categorie di membri: i membri

attivi (che secondo le disposizioni dello statuto devono fornire

un servizio radiotelevisivo con finalità d'interesse pubblico) e

i membri associati, che godono solo di un accesso contrattuale

(e non automatico) all'eurovisione. A seguito di una serie di

rifiuti opposti dall'UER alla domanda di ammissione in qualità di membro attivo da parte della Cinq, detta società presentava due denunce successive alla commissione sostenendo che il com

portamento della predetta associazione era discriminatorio e in

tegrava le violazioni di cui agli art. 85 e 86. La Cinq, sostenen

do di subire a causa di detto rifiuto danni gravi e irreparabili, domandava alla commissione di adottare le misure in via d'ur

genza necessarie per porre termine al comportamento discrimi

natorio dell'UER. Con decisione del 14 agosto 1990 la commis

sione rigettava la domanda di misure d'urgenza sostenendo che

mancavano i presupposti richiesti per l'emanazione di dette mi

sure. In particolare, secondo la commissione, da un esame som

mario del comportamento dell'UER non risultava chiaramente

l'esistenza di un'infrazione alle regole di concorrenza comunita

rie; inoltre il danno eventualmente subito dalla Cinq non aveva

il carattere dell'irreparabilità; infine, mancava il presupposto

dell'urgenza per l'adozione di misure conservative.

Con ricorso ex art. 73 al tribunale, la Cinq chiedeva l'annul

lamento di tale decisione e il riesame della propria domanda

di tutela d'urgenza da parte della commissione oltre alla con

danna della commissione alle spese. La commissione chiedeva

il rigetto della domanda e la condanna alle spese della ricorren

te. La UER si costituiva in giudizio aderendo alla domanda

della commissione.

La ricorrente fondava la nullità della decisione su due ordini

di argomenti: 1. insufficienza della motivazione della decisione; 2. errore manifesto di diritto e di fatto della stessa.

Preliminarmente, il tribunale ha rilevato che, come ricono

sciuto nell'ordinanza del 17 gennaio 1980, Camera Care c. Com

missione Ce (causa 792/79 Race. 119) la commissione è compe tente ad applicare misure di carattere provvisorio nell'ambito

del proprio ruolo di garante del rispetto delle regole di concor

renza comunitarie. Dalla stessa giurisprudenza risulta che pre

supposto perché dette misure possano essere emanate è la sussi

stenza cumulativa delle seguenti circostanze:

a) esistenza manifesta di un'infrazione da un'esame somma

rio della fattispecie;

ti) gravità e irreparabilità del danno conseguente dalla viola

zione delle regole di concorrenza.

Il requisito dell'urgenza è stato considerato dal tribunale co

Il Foro Italiano — 1993.

me implicito nel carattere grave e irreparabile del danno. Il tri

bunale ha trattato separatamente gli argomenti della ricorrente

in relazione alla loro attinenza, rispettivamente, alla sussistenza

di un'infrazione e all'irreparabilità del danno.

1 .a) La ricorrente sosteneva che la commissione aveva viola

to l'art. 190 omettendo di prendere in considerazione alcuni ar

gomenti giudicati essenziali dalla Cinq per evidenziare il carat

tere discriminatorio del comportamento dell'UER. In particola

re, la Cinq aveva sostenuto che la situazione di Canal Plus e

di TF 1 (entrambi membri dell'associazione) soddisfacevano meno

le condizioni per l'ammissione all'UER rispetto alla situazione

della Cinq. La stessa commissione, cercando di integrare me

diante la propria memoria la motivazione della decisione sul

punto, avrebbe fornito la prova dell'insufficienza di detta moti

vazione. Il tribunale, dopo aver richiamato la giurisprudenza costante della Corte di giustizia per cui la commissione non è

obbligata a prendere posizione su ognuno degli argomenti solle

vati in una denuncia, ha rilevato che nel caso di specie la deci

sione, indicando i punti essenziali della questione, soddisfaceva

i parametri per una sufficiente motivazione derivanti dall'art.

190, permettendo all'organo giurisdizionale di conoscere le giu stificazioni della misura adottata e, dunque, di esercitare il pri mo controllo.

1.6) Il tribunale ha invece accolto l'argomento della ricorren

te fondato sull'esistenza di un errore di diritto da parte della

commissione nel valutare la sussistenza del presupposto relativo

all'esistenza dell'infrazione. In particolare, il tribunale ha soste

nuto, rifacendosi a quanto statuito nella propria sentenza del

12 luglio 1991 (Peugeot c. Commissione Ce, T-23/90, non an

cora pubblicata in Racc.), per cui altro è un controllo sull'esi

stenza di un'infrazione prima facie, altro è l'esigenza di certez

za richiesto per l'emanazione di una decisione finale, che la com

missione nella propria decisione aveva fatto coincidere tali due

nozioni considerando quale presupposto per la misura d'urgen za la prova di un'infrazione chiara e flagrante.

2.b) La ricorrente sosteneva che la decisione dèlia commis

sione era viziata da un errore manifesto di diritto e di fatto

riguardo alla valutazione sulla sussistenza di un pregiudizio gra ve e irreparabile subito dalla Cinq a causa del comportamento dell'UER. In particolare, secondo la Cinq la commissione ave

va omesso di valutare o, aveva comunque valutato in modo

erroneo, tutti gli svantaggi concorrenziali derivanti da un acces

so solo contrattuale all'eurovisione, tra cui l'esclusione dalla pos sibilità di trasmettere la stragrande maggioranza degli avveni

menti sportivi, il pregiudizio relativo al rischio che la mancata

associazione della Cinq incidesse sul rinnovo della licenza (di durata decennale) e sull'immagine di tale emittente privata. Tali

pregiudizi, a parere della ricorrente, avevano il carattere dell'ir

reparabilità, soprattutto con riguardo al termine limitato della

licenza della Cinq e alla perdita di capacità concorrenziale ri

spetto ai membri della UER che acquistavano importanti quote di audience (e quindi di mercato pubblicitario) in occasione del

la trasmissione di avvenimenti sportivi da cui la Cinq era esclu

sa. Il tribunale ha accolto sia la tesi dell'errore di diritto da

parte della commissione che quella relativa all'errore nella valu

tazione dei fatti. In particolare, con riguardo all'errore di dirit

to, il tribunale ha negato la validità della nozione di irreparabi lità utilizzata dalla commissione per cui soltanto i danni che

non possono trovare rimedio in alcuna decisione ulteriore sono

considerati come irreparabili; in proposito il tribunale ha affer

mato che l'utilizzazione di tale parametro renderebbe pratica mente impossibile la sussistenza di tale condizione svuotando

di contenuto la competenza in via d'urgenza della commissione.

Il tribunale ha dunque concluso che la commissione è andata

ben al di là di quanto richiesto dalla Corte di giustizia nella ordinanza Camera Care precitata perché sussista l'irreparabilità del danno, ricordando che sulla base di quanto statuito in tale

ordinanza è sufficiente che la decisione definitiva che la com

missione è chiamata a emanare sulla questione anticipata in via

d'urgenza non sia più utile ad eliminare i pregiudizi subiti dalla ricorrente. Sulla base di tale errore di diritto la commissione

ha, pertanto, illegittimamente omesso di considerare l'irrepara bilità delle conseguenze suscettibili di derivare in capo alla Cinq,

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

nelle more di una decisione definitiva, in relazione alla possibi lità di ottenere il rinnovo della licenza. Con riguardo all'ap

prezzamento dei fatti, il tribunale ha considerato illegittima la

mancata considerazione da parte della commissione dei pregiu dizi che potevano derivare alla Cinq da un accesso solo contrat

tuale e indiretto all'eurovisione. In particolare, il tribunale ha

affermato che la commissione, omettendo di effettuare tale ana

lisi, avrebbe violato i principi fissati dalla giurisprudenza della

Corte di giustizia per cui l'istituzione comunitaria competente ad agire per regolare una determinata fattispecie ha l'obbligo di esaminare con cura e imparzialità tutti gli elementi pertinenti

per la definizione della fattispecie predetta. Sulla base delle considerazioni soprariportate il tribunale ha

dichiarato nulla la decisione della commissione condannando

la stessa alle spese del giudizio e la parte interventrice a soppor tare le proprie spese.

28 - Sentenza 27 febbraio 1992 (causa T-19/91); Pres. J. L. Cruz

Villaca; Société d'hygiène dermatologique de Vichy c. Com

missione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Proce

dura — Art. 15 par. VI del regolamento 17/62 — Nozione

di decisione ai sensi dell'art. 189 — Principio di non discrimi

nazione — Certezza del diritto — Consultazione preventiva

del comitato consultivo per la concorrenza.

Cee — Concorrenza — Presupposti per l'applicazione dell'art.

15 del regolamento 17/62 — Carattere grave e manifesto del

l'infrazione.

Cee — Questione pregiudiziale (art. 177) — Non necessità di

sollevare la questione pregiudiziale per il giudice di ultima

istanza in presenza di una questione che può essere risolta

sulla base della giurisprudenza costante delia Corte di giustizia. Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Distribuzione esclusiva

e selettiva — Criterio di selezione dei distributori — Criterio

qualitativo e criterio quantitativo — Effetto sensibile sulla con

correnza e sul commercio tra Stati membri — Effetto cumu

lativo.

Cee — Concorrenza — Art. 85 (3) — Miglioramento del siste

ma di produzione — Promozione del progresso tecnico —

Beneficio per i consumatori — Carattere indispensabile delle

restrizioni — Insussistenza.

Con lettera del 29 agosto 1989 la Société d'hygiène dermato

logique de Vichy («Vichy») notificava alla commissione due di versi sistemi di distribuzione selettiva relativi rispettivamente al

territorio francese e all'insieme dei territori degli altri Stati mem

bri (esclusa la Danimarca, paese in cui i prodotti Vichy non

sono commercializzati) al fine di ottenere una attestazione ne

gativa o, comunque, un'esenzione ai sensi dell'art. 85 (3). Il

sistema adottato negli Stati membri diversi dalla Francia era

l'unico oggetto della decisione in quanto prevedeva la vendita

esclusiva di alcuni prodotti della linea Vichy ai farmacisti titola

ri di farmacie e il divieto per questi ultimi di rivendere detti

prodotti ad intermediari terzi al di fuori dalla rete di distribu

zione predetta. Con decisione dell'11 gennaio 1991 adottata ai

sensi dell'art. 15 paragrafo 6 del regolamento (Cee) 17/62, la

commissione dichiarava applicabile l'art. 85 (1) al sistema di

distribuzione selettiva posto in essere da Vichy negli Stati mem

bri diversi dalla Francia e ingiustificata una esenzione ex art.

85 (3). Vichy presentava ricorso innanzi al tribunale di primo

grado chiedendo il rigetto di tale decisione per i seguenti motivi:

1. violazione del principio di non discriminazione e di certez

za del diritto; 2. violazione delle forme sostanziali; 3. non applicabilità dell'art. 85 (1) al contratto tipo notifica

to e, comunque, applicabilità allo stesso dell'art. 85 (3);

4. applicazione erronea dell'art. 15 paragrafo 6 del regola

mento (Cee) 17/62. 1. Il tribunale, dopo aver preliminarmente rilevato che le prese

di posizione adottate dalla commissione in relazione all'art. 15

citato non costituiscono semplici pareri ma vere e proprie deci

sioni ai sensi dell'art. 189, ha rigettato il primo argomento limi

tandosi ad affermare che nelle proprie decisioni adottate in for

II Foro Italiano — 1993.

za dell'art. 15 par. VI la commissione deve necessariamente pren dere in considerazione una situazione specifica senza porre regole

generali per tutti gli operatori economici; tali decisioni non pos

sono, pertanto, essere considerate discriminatorie. Inoltre, se

condo il tribunale, la decisione predetta ha avuto come effetto

semplicemente di rimettere Vichy nelle stesse condizioni prece denti alla notifica senza creare incertezza sulla situazione giuri dica della ricorrente.

2. Riguardo al secondo argomento, la ricorrente sosteneva

che l'art. 15 del citato regolamento 17/62 comportava un obbli

go di consultazione preventivo del comitato consultivo per la

concorrenza anche in relazione a decisioni adottate sulla base

del paragrafo 6 di tale articolo. Il tribunale ha rigettato questa tesi affermando che, da una corretta interpretazione dell'art.

15, risulta che la consultazione del comitato consultivo è neces

saria solo con riguardo alle decisioni che impongono ammende

ai sensi dei primi due paragrafi dell'articolo in esame.

3. In relazione alla mancata violazione dell'art. 85 (1) la ri

corrente aveva portato tre ordini di argomentazioni: — mancanza di elementi probanti l'infrazione; — mancata considerazione di determinati elementi rilevanti; — conformità al diritto comunitario dei criteri utilizzati da

Vichy per costituire il proprio sistema di distribuzione.

In particolare, con riguardo al primo punto la ricorrente la

mentava la mancanza di elementi suscettibili di poter dimostra

re che il sistema di distribuzione Vichy aveva avuto un effetto

sensibile sulla concorrenza e sul commercio tra Stati membri

e, più precisamente, il carattere non pertinente degli elementi

addotti dalla commissione, quali l'effetto cumulativo dei siste

mi di distribuzione osservati sui mercati rilevanti, la parte del

mercato considerata nel mercato della dermatofarmaceutica e

il carattere sensibile dell'effetto sulla concorrenza nel mercato

in questione. Con riguardo al secondo punto la commissione

avrebbe omesso di considerare la concorrenza tra marchi e la

maggiore possibilità di scelta per i consumatori derivante dal

sistema di distribuzione selettiva in esame. Infine, la ricorrente

rilevava che il criterio su cui si fondava il proprio sistema di

distribuzione selettiva era qualitativo e non quantitativo e per

tanto perfettamente legittimo.

Il tribunale, dopo aver riepilogato le caratteristiche del mer

cato rilevante (sulla cui definizione le parti sostanzialmente con

cordavano), rilevando che alla distribuzione nelle farmacie si

affiancavano altri tre circuiti separati di distribuzione riguar

danti anche i grandi magazzini (in cui talvolta gli stessi prodotti venivano venduti sotto marchi diversi), ha esaminato i seguenti

punti: — liceità del criterio di selezione dei rivenditori; — effetti derivanti dal contratto tipo notificato sulla concor

renza nel mercato comune.

Sotto il primo profilo il tribunale ha rigettato la tesi della

ricorrente per cui la vendita di alcuni prodotti Vichy esclusiva

mente a diplomati in farmacia titolari di farmacie rispondereb be ad un criterio qualitativo e non quantitativo, facendo notare

che tutti i diplomati in farmacia offrono le stesse garanzie di

serietà e professionalità nella vendita senza che sia necessario

che gli stessi siano anche titolari di farmacie e sottolineando

che in ben sei Stati membri le farmacie sono soggette a un nu

mero chiuso. Riguardo all'effetto sulla concorrenza il tribunale,

prendendo in esame il sistema di distribuzione selettiva che vie

tava ai farmacisti titolari di farmacie di vendere a soggetti di

versi dai consumatori finali o ad altri farmacisti titolari di far

macia, ha rilevato che, considerato anche lo scarso livello di

concorrenza sui prezzi (limitato dalla deontologia professionale

propria della categoria dei titolari di farmacia), detto sistema

di distribuzione aveva per effetto, da un lato, di ostacolare il

commercio tra Stati membri eliminando le importazioni paralle le e, dall'altro, di restringere in modo sensibile la concorrenza

nel mercato comune. Tali restrizioni erano inoltre accentuate

dall'effetto cumulativo derivante "dalla circostanza che i con

tratti con i titolari di farmacia si inserivano in un contesto eco

nomico e giuridico caratterizzato dalla presenza di altri contrat

ti simili riguardanti una gamma di prodotti considerevole e re

lativi a dieci dei dodici Stati membri della Comunità.

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Page 30: TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Rassegna di giurisprudenza 1989 - 1992)

PARTE QUARTA

In merito alla possibilità di applicare l'art. 85 (3) al sistema di distribuzione in questione, Vichy sosteneva che il sistema di

distribuzione selettiva in questione risultava indispensabile al fi

ne di offrire un costante assortimento della merce (possibile so

lo attraverso il sistema di distribuzione farmaceutico legato a

tempi rapidi per via di esigenze di tutela della salute pubblica),

programmare la produzione, recuperare l'investimento effettua

to valendosi dell'apporto dei farmacisti titolari di farmacia per

propagandare il prodotto presso i consumatori finali e ricevere

da tale farmacisti indicazioni basate sulla loro esperienza pro fessionale al fine di migliorare detto prodotto. Il carattere esclu

sivo della distribuzione corrispondeva inoltre ad un interesse re

ciproco rispettivamente del produttore in grado di migliorare

e programmare il sistema di distribuzione e del farmacista bene

ficiario dell'esclusiva. Infine, l'apporto professionale del far

macista titolare di farmacia andava anche a beneficio del con

sumatore che grazie all'assistenza del farmacista godeva della

possibilità di avere informazioni e consigli relativi al prodotto. Il tribunale non ha accolto nessuno dei punti sostenuti dalla

ricorrente rilevando che Vichy non aveva portato elementi pro banti la necessità di limitare la distribuzione ai farmacisti titola

ri di farmacie escludendo i diplomati in farmacia operanti in

altri punti vendita e ritenendo corretta la tesi della commissione

per cui, anche ammesso che i suddetti vantaggi sussistessero ef

fettivamente, essi potevano essere ugualmente conseguiti esten

dendo il sistema di distribuzione anche ai diplomati in farmacia esercenti in altri punti vendita.

4. Con riguardo all'ultimo argomento relativo all'inapplica

bilità dell'art. 15 paragrafo 6 al caso di specie, Vichy sosteneva

che il presupposto del carattere grave e manifesto dell'infrazio

ne, che secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia è ne

cessario per l'applicabilità di tale articolo, non sussisteva. La

commissione affermava, al contrario, che a) la denuncia pre sentata da un distributore escluso, Cosimex, b) una propria pre cedente presa di posizione su un caso analogo riguardante l'as

sociazione farmaceutica belga, c) la dichiarazione di illegittimi tà del sistema di distribuzione limitato ai farmacisti titolari di farmacia sancito dalle autorità amministrative e giudiziarie fran

cesi e d) l'effetto di chiusura dei mercati derivante dall'adozio

ne di due sistemi di distribuzioni diversi, rispettivamente in Fran cia (dopo le modifiche imposte dalle predette autorità francesi) e negli altri Stati membri, erano elementi sufficienti nel loro

insieme a far ritenere grave e palese l'infrazione in esame e,

pertanto, giustificavano il ricorso da parte della commissione

alla procedura ex art. 15 paragrafo 6. Il tribunale ha accolto

la tesi della commissione giudicandola fondata e corretta e sot

tolineando il carattere costante e copioso della giurisprudenza in materia di distribuzione selettiva che aveva permesso alla Corte di cassazione francese di non sollevare una questione ex art.

177 in relazione all'applicazione dell'art. 85 al sistema di distri

buzione Vichy in Francia (che presentava elementi restrittivi iden

tici a quelli dichiarati illegittimi dalla commissione con riguardo al sistema di distribuzione negli altri Stati membri). Inoltre, sul

punto procedurale sollevato dalla ricorrente tendente a dimo

strare che Vichy non era stata messa in grado di difendersi in

relazione ad uno dei motivi addotti a sostegno della propria decisione dalla commissione, ossia la chiusura dei mercati deri

vante dalla notifica di due distinti sistemi di distribuzione effet tuata da Vichy, il tribunale ha constatato che la messa in mora

della commissione riportava tale argomento con sufficiente chia

rezza e che tale formulazione non appariva sostanzialmente dif

forme da quella riportata nel testo della decisione.

Per tutti i motivi suddetti il tribunale ha rigettato il ricorso

di Vichy condannando la stessa al pagamento delle spese di

giudizio.

29 - Sentenza 27 febbraio 1992 (cause riunite T-79/89 - 84/89 - 85/89 - 86/89 - 91/89 - 92/89 - 94/89 - 96/89 - 98/89 - 102/89 - 104/89); Pres. J. L. Cruz Villaca; Montedison SpA e altri c. Commissione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Regola mento interno della commissione - Violazione delle norme di

Il Foro Italiano — 1993.

procedura — Principio dell'intangibilità dell'atto — Incom

petenza — Inesistenza dell'atto.

Cee — Art. 189 — Requisiti per la sussistenza di una decisione

della commissione — Certezza della data — Individuazione

degli obblighi — Indicazione della motivazione — Individua

zione dei destinatari — Identificazione dell'autore — Insussi

stenza — Inesistenza dell'atto.

A conclusione di una procedura istruttoria aperta a seguito delle risultanze di ispezioni realizzate da funzionari comunitari

presso imprese operanti nel settore del polipropilene e, in parti

colare, nel settore del policloruro di vinile («PVC»), la commis

sione iniziava un procedimento ai sensi del regolamento 17/62

contro quattordici produttori di PVC: Atochem SA, BASF AG,

NV DSM, DSM Kunstoffen BV, Enichem SpA, Hoechst AG,

Maatschappij, Montedison SpA, Norsk Hydro AS, société arté

sienne de Vinyle SA, Solvey et Cie, Shell International Chemei

cal company Ltd e Wacker Chemie GMBH («le imprese»). Con

decisione del 17 marzo 1988 la commissione condannava le im

prese sopradette al pagamento di una multa del valore comples sivo di 19.390.000 Ecu per aver violato l'art. 85. In particolare, detta decisione accertava che le imprese in questione avevano

partecipato ad un accordo e/o pratica concordata a partire dal

l'agosto del 1980; tale accordo e/o pratica concordata si era

concretizzato in una serie di riunioni periodiche finalizzate a

fissare prezzi obiettivo e quote di produzione relative al merca

to del PVC. Oltre all'imposizione dell'ammenda predetta, la com

missione ordinava alle imprese di porre immediatamente termi

ne a tale comportamento illegittimo. Tutte le imprese destinata

rie della decisione, tranne la Solvey et Cie, proponevano ricorso

avverso la stessa chiedendo l'annullamento della decisione e,

in via subordinata, l'annullamento o la riduzione della sanzione

inflitta. La Montedison SpA («Montedison») chiedeva inoltre

che la commissione fosse condannata al risarcimento delle spese sostenute dalla ricorrente nel corso del procedimento ammini

strativo e di tutti i danni derivanti alla stessa a seguito dell'ese

cuzione della decisione.

Nel corso della procedura istruttoria innanzi al tribunale le

imprese avevano chiesto che la commissione producesse il testo

originale del progetto di decisione. Tale domanda era finalizza

ta ad accertare se vi fosse stata, come risultava da alcuni ele

menti in possesso delle imprese, da un lato una modificazione

del testo della decisione notificato alle imprese rispetto al testo

adottato dalla commissione, dall'altro una differenziazione tra

i testi adottati nelle diverse lingue ufficiali. Infine, secondo le

imprese era necessario verificare se i testi in lingua italiana, olan

dese o spagnola fossero stati validamente adottati dalla com

missione. A seguito di tale domanda, il tribunale, esercitando

i propri poteri istruttori, invitava la commissione a produrre il verbale della riunione del collegio dei commissari del 21 di

cembre 1988 e i testi delle decisioni adottate. Sulla base di tale

richiesta la commissione produceva copia delle pagine rilevanti

del verbale in questione e il testo delle decisioni adottate in lin

gua francese, inglese e tedesca. Dopo aver esaminato detta do

cumentazione la BASF produceva un prospetto comparativo in

cui rilevava le discordanze tra il testo delle decisioni in lingua francese e inglese rispetto a quello in lingua tedesca. Inoltre,

tutte le imprese, salvo Montedison e Shell, che si erano disso

ciate dalla difesa comune, chiedevano al tribunale di dichiarare

la nullità della decisione in quanto adottata in violazione delle

norme che regolano la procedura di deliberazione della commis

sione (ed in particolare l'art. 12 del regolamento interno che

regola la procedura di autentica degli atti adottati dalla com

missione) e in considerazione delle rilevanti divergenze tra gli atti notificati alle imprese e il testo oggetto della deliberazione

del collegio dei commissari. Sotto quest'ultimo profilo le impre se ritenevano che fosse stato violato il principio di intangibilità

degli atti giuridici comunitari. Al fine di chiarire tale contesta zione, il tribunale ingiungeva alla commissione di produrre co

pia certificata conforme e autenticata nelle versioni linguistiche di adozione della decisione deliberata dal collegio dei commis

sari. Anche dopo aver beneficiato di una proroga rispetto al

primo termine fissato dal tribunale, la commissione dichiarava

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

di non essere in grado di fornire detta documentazione. In rela

zione all'impossibilità per la commissione di chiarire le circo

stanze sopradescritte, la Montedison modificava le proprie con

clusioni chiedendo al tribunale di accertare l'inesistenza dell'at

to e di dichiarare, pertanto, il ricorso irricevibile.

Il tribunale si è preliminarmente pronunciato sulla violazione

del principio dell'intangibilità degli atti. In proposito, il tribu nale ha rilevato che vi era una sostanziale discordanza tra i testi

dei progetti di decisioni deliberati dal collegio dei commissari e il testo notificato in lingua tedesca. In particolare, sia la moti

vazione che parte del dispositivo del testo in lingua tedesca pre

sentavano elementi di diversità (sostanziale) rispetto ai testi adot

tati nelle altre lingue. Tali variazioni sono state considerate ille

gittime dal tribunale in quanto in contrasto con il principio,

posto a salvaguardia della certezza del diritto, dell'intangibilità

dell'atto giuridico adottato dall'autorità competente.

Riguardo alla violazione del regolamento interno della com

missione, alcune imprese sostenevano che il commissario Su

therland, con delega per gli affari di concorrenza, non sarebbe

stato competente ad adottare le decisioni nei testi nelle lingue

di alcune imprese destinatarie della decisione. Inoltre, secondo

dette imprese, alla data di adozione dei testi predetti della deci

sione tale commissario non era più in carica. Il tribunale ha

preso in esame le argomentazioni fondate sul vizio di incompe tenza con riguardo, rispettivamente all'incompetenza oggettiva

e all'incompetenza ratione temporis. Sotto il primo profilo il

tribunale ha rilevato che l'adozione delle decisioni nelle lingue

ufficiali dei soggetti destinatari delle stesse eccedeva l'ambito

della nozione di potere di emanazione di misure di gestione am

ministrative riconosciuto ai singoli commissari. Conseguentemen

te, il tribunale ha stabilito che gli atti adottati in lingua olande

se e italiana sarebbero dovuti essere adottati dal collegio, essen

do il singolo commissario incompetente ad effettuare tale

adozione. In relazione alla competenza ratione temporis, il tri

bunale, constatando che la firma dei testi della decisione redatti

nelle cinque lingue, che il collegio dei commissari non aveva

adottato, non poteva essere anteriore al 16 gennaio, data in

cui tali testi erano stati trasmessi ai giuristi linguisti per la revi

sione (che è anteriore alla firma da parte del commissario), ha

rilevato che le decisioni notificate in tali lingue sono state ema

nate necessariamente da un'autorità non più competente in quan

to il mandato di Sutherland scadeva il 5 gennaio 1989.

Il tribunale, dopo aver ricordato che i numerosi vizi accertati

avrebbero dovuto comportare l'annullamento della decisione per

incompetenza e per violazione delle forme sostanziali, ha tutta

via ritenuto opportuno prendere in esame l'argomento sollevato

da Montedison relativo all'inesistenza dell'atto che avrebbe com

portato il rigetto dei ricorsi. In proposito, il tribunale ha voluto

verificare la sussistenza di vizi talmente gravi ed evidenti da

avere per conseguenza la stessa mancanza di una fattispecie di

atto comunitario. Con riguardo alla procedibilità dell'eccezione

di Montedison il tribunale ha rilevato che il mezzo relativo all'i

nesistenza dell'atto ha carattere di ordine pubblico e, pertanto,

può essere sollevato dalle parti o d'ufficio senza limiti di tem

po. Nel merito, il tribunale ha sottolineato che occorreva accer

tare la stessa natura giuridica di decisioni degli atti notificati

alle imprese. In proposito, il tribunale ha dichiarato di essere

nell'impossibilità sia di fissare con sufficiente chiarezza la data

a decorrere dalla quale l'atto aveva potuto produrre effetti giu

ridici e, di conseguenza, entrare a far parte dell'ordinamento

giuridico comunitario, sia (a causa delle modificazioni apporta

tegli), di conoscere con sicurezza il contenuto preciso della mo

tivazione che esso doveva contenere ai sensi del trattato, sia

di definire e controllare gli obblighi che esso imponeva ai desti

natari, sia di verificare con certezza chi fosse l'autore della sua

versione definitiva. Per i motivi sopraddetti il tribunale ha rite

nuto, anche in considerazione del fatto che la procedura per

l'autenticazione era stata trasgredita e che quella prevista dal

trattato risultava inapplicabile, che l'atto in questione non po

tesse essere qualificato quale decisione ai sensi dell'art. 189. Il

tribunale ha dunque considerato tale atto inficiato da vizi parti

colarmente gravi ed evidenti tali da renderlo giuridicamente ine

sistente.

Il Foro Italiano — 1993 — Parte /K-13.

Per tutti i motivi sopra esposti il tribunale ha dichiarato l'at

to in questione inesistente e, per l'effetto, i ricorsi irricevibili,

condannando la commissione alle spese.

30 - Sentenza 2 luglio 1992 (causa T-61/89); Pres. J. L. Cruz

Villaca; Dansk Pelsdyravlerforening c. Commissione delle

Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Ambito di applicazione delie norme co

munitarie — Regolamento 26/62 — Applicabilità ai prodotti

agrìcoli — Mercato delle pelli — Esclusione.

Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Applicabilità alle società

cooperative — Nozione di impresa — Nozione di associazio

ne di imprese.

Cee — Concorrenza — Applicazione dell'art. 85 (1) — Patto

di non concorrenza — Pratiche concordate — Fornitura esclu

siva — Necessità di verificare gli effetti dell'esclusiva sul mer

cato — Effetto sensibile sulla concorrenza e sul commercio

tra Stati membri.

Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Art.

190 — Violazione dell'obbligo di motivazione — Insussistenza.

Cee — Concorrenza — Procedimento innanzi al tribunale —

Eccezione fondata sul!'applicabilità dell'art. 85 (3) — Ecce

zione tardiva.

La Dansk Pelsdyravlerforening («DPF») è un'associazione di

allevatori di animali da pelliccia di diritto danese organizzata

in forma di cooperativa avente per oggetto lo sviluppo dell'alle

vamento degli animali da pelliccia, il mantenimento della soli

darietà tra i propri membri, oltre che la rappresentazione e la

difesa degli interessi di tali membri. DPF opera anche sotto

la denominazione di Danke Pelsauktioner («DPA») avente per

oggetto la commercializzazione delle pelli prodótte o lavorate

dai propri membri. A seguito di denuncia ai sensi dell'art. 3

del regolamento (Cee) 17/62 presentata alla commissione Ce dalla

Hudson's Bay and Annings Ltd («HBA»), tendente a far con

statare la violazione degli art. 85 (1) e 86 Cee da parte di DPF,

detta associazione notificava alla commissione il testo del pro

prio statuto, il regolamento sul fondo del capitale degli alleva

tori e il regolamento relativo al soccorso d'urgenza, chiedendo

l'emanazione da parte della commissione di un'attestazione ne

gativa o un'esenzione ai sensi dell'art. 85 (3). Dopo aver aperto

una procedura formale d'indagine in data 30 marzo 1987, la

commissione, mediante decisione, stabiliva che i seguenti accor

di, decisioni di associazione di imprese e pratiche concertate

erano contrarie all'art. 85 (1): — le disposizioni dello statuto della cooperativa contenenti

il divieto per i membri attivi della stessa di fare concorrenza

a DPF; — l'art. 5 del regolamento sul soccorso d'urgenza nella parte

in cui prevede che l'erogazione del soccorso d'urgenza venga

subordinata alla fornitura esclusiva di pelli a DPA per tutto

il corso dell'esercizio precedente al sinistro per cui si chiede il

soccorso d'urgenza e per l'esercizio in corso, a decorrere dal

momento in cui detto soccorso viene erogato; — l'obbligazione per i membri che vogliono usufruire, rispet

tivamente, del sostegno finanziario garantito dagli animali gio

vani e dell'entrata nel palmares, di fornire in esclusiva le pro

prie pellicce a DPA; — l'art. 5 dell'accordo tipo sui controlli della pelle da concia

nella parte in cui vieta ai centri di raccolta per la concia di

mostrare le pelli o di organizzare vendite a beneficio di altri

che DPA.

La commissione ingiungeva, pertanto, a DPF di mettere fine

ai comportamenti suddetti negando la possibilità che gli stessi

potessero essere autorizzati ai sensi dell'art. 85 (3). La commis

sione infliggeva, inoltre, a DPF una multa di 500.000 Ecu. Con

ricorso depositato alla cancelleria della Corte di giustizia Ce

in data 18 gennaio 1989 DPF chiedeva, in via principale l'an

nullamento della decisione della commissione e, in via subordi

nata, l'annullamento o la riduzione dell'ammenda. La ricorren

te fondava la propria domanda sull'assenza della violazione del

l'art. 85 (1) e sulla relativa infondatezza della decisione della

commissione sotto i seguenti quattro profili:

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PARTE QUARTA

1. mancata considerazione da parte della commissione del re

golamento (Cee) del consiglio n. 26/62 che esclude dall'ambito

di applicazione delle norme sulla concorrenza determinati pro

dotti agricoli; 2. mancata considerazione della natura di società cooperati

va di DPF; 3. errata valutazione del mercato di riferimento da parte del

la commissione;

4. inapplicabilità dell'art. 85 (1) agli statuti e alle condizioni

generali di vendita di DPF. 1. Con riguardo al primo argomento, il tribunale ha ritenuto

infondata la tesi di DPF tendente a considerare le pellicce di

animali come un prodotto derivante oggettivamente da attività

agricola e, pertanto, non soggetto all'applicazione delle norme

di concorrenza, affermando, anche con riferimento ad una pre

cedente presa di posizione sul punto della Corte di giustizia nel

la sentenza Cooperative Stremsel - en Kleursel - fabriek c. Com

missione (causa 61/80, Racc. 851), che la non applicazione del

le regole di concorrenza ai prodotti agricoli di cui al regolamento

26/62 riguarda esclusivamente i prodotti tassativamente elencati

al predetto allegato II del trattato tra cui non figurano le pellic

ce di animali allevati. 2. Sul secondo punto, DPF riteneva che per la propria natu

ra la società cooperativa, implicante vincoli di solidarietà tra

i soci, doveva beneficiare di un regime speciale riguardo all'ap

plicazione delle regole di concorrenza comunitarie, per cui gli

obblighi imposti ai membri al fine di realizzare i legami di soli darietà non sarebbero dovuti risultare incompatibili con l'art.

85 (1). Tale tesi è stata rigettata dal tribunale. In proposito, il tribunale ha preliminarmente ribadito quanto già affermato

dalla Corte di giustizia nella sentenza Hofner et Elser (causa

41/90, Racc. 1979) sostenendo che la nozione di impresa nel

diritto comunitario comprende tutte le entità esercitanti un'atti

vità economica e, pertanto, anche le imprese organizzate in for

ma di cooperativa. Inoltre, secondo il tribunale DPF rientrava

comunque nella nozione di associazione di imprese, considerato

che il suo statuto prevede la possibilità di associare non solo

individui ma anche società per azioni e società in nome colletti

vo esercitanti per loro natura attività economiche. In ogni caso,

pertanto, la considerazione dei vantaggi, anche a beneficio dei

consumatori, suscettibili di derivare da accordi o pratiche con

cordate restrittive della concorrenza poste in essere per realizza

re i vincoli di solidarietà propri di una società cooperativa pote

vano aver luogo esclusivamente alla luce dell'art. 85 (3).

3. Con riguardo al terzo argomento sollevato dalla ricorren

te, il tribunale ha negato che la commissione abbia effettuato

una errata valutazione dei meccanismi di vendita del sistema

delle pelli giudicando corretta l'analisi e la relativa descrizione

del mercato rilevante effettuata dalla commissione.

4. A fondamento della mancata violazione dell'art. 85 (1) da

parte delle norme degli statuti e delle condizioni generali di ven

dita in questione, DPF sosteneva che tali statuti e condizioni

generali di vendita a) non erano contrari all'art. 85 (1), b) non

erano stati esaminati dalla commissione nel contesto economico

in cui dovevano ricevere applicazione e c) avevano, comunque, un effetto non sensibile sulla concorrenza; infine, nella propria memoria di replica DPF aveva affermato che detti staturi e con

dizioni generali soddisfacevano alle condizioni di esenzione di

cui all'art. 85 (3). Il tribunale ha considerato la legittimità della decisione della commissione riguardo all'applicabilità dell'art. 85 (1) sotto due diversi profili: l'effettiva rilevanza delle dispo sizioni in questione rispetto alla prescrizione dell'art. 85 (1) e

la presenza nella decisione di un corretto apprezzamento dei

fatti e di una sufficiente motivazione in linea con quanto previ sto dall'art. 190 Cee. In relazione alla dichiarazione di incom

patibilità dell'art. 85 (1) della clausola di non concorrenza di

cui all'art. 4 punto 1 lett. f) dello statuto e alle pratiche concer

tate che, secondo la commissione, erano legate all'applicazione di tale clausola, il tribunale ha ritenuto fondata la decisione

della commissione nella parte in cui giudicava contraria all'art.

85 (1) la clausola predetta. In particolare, il tribunale, partendo da quanto affermato dalla Corte di giustizia nella sentenza Re

mia per cui una clausola di non concorrenza per essere legittima

Il Foro Italiano — 1993.

deve avere per obiettivo di contribuire al libero gioco della con

correnza ed essere proporzionale alla realizzazione di tale obiet

tivo, ha affermato con la clausola in questione non soddisfa

tali condizioni in quanto, vietando a tutti i membri dell'associa

zione di rivolgersi a soggetti terzi, presenta un carattere genera

le e sproporzionato rispetto al legame di solidarietà che la coo

perativa intendeva mantenre. Il tribunale ha invece ritenuto che

la commissione non abbia portato elementi di prova sufficienti

a dimostrare che l'attuazione di detta clausola sia stata aggra

vata da pratiche concordate poste in essere dai membri dell'as

sociazione, per cui la decisione riguardante tale affermazione

è stata annullata. Con riguardo all'obbligo di fornitura esclusi

va imposto ai soggetti che intendevano beneficiare del sistema

di soccorso d'urgenza previsto dall'art. 5 delle regole relative

al sistema di soccorso d'urgenza, il tribunale ha fatto prelimi

narmente notare che, contrariamente a quanto argomentato dalla

commissione, un obbligo di esclusiva non rientra, di per se stes

so, nell'ambito di applicazione dell'art. 85 (1), ma deve bensì

essere apprezzato alla luce del contesto economico reale in cui

produce i propri effetti. In relazione al caso in esame il tribuna

le ha affermato che, da tale apprezzamento, l'obbligo imposto

ai membri di DPF risulta avere per oggetto e per effetto di

restringere la concorrenza e il commercio interstatale in modo

sensibile. Considerazioni analoghe sono valse anche con riguar do agli obblighi di fornitura esclusiva che condizionavano, ri

spettivamente, il funzionamento garantito sui giovani animali

e la partecipazione al palmares. Il tribunale ha invece ritenuto

erroneo l'apprezzamento dei fatti e non sufficientemente moti

vata la parte della decisione della commissione relativa all'ac

cordo tipo sul controllo delle pellicce. In particolare, il tribuna

le ha ribadito un principio costante nella giurisprudenza comu

nitaria per cui una motivazione sufficientemente precisa è

condizione essenziale per verificare la legittimità dell'atto e il

suo fondamento alla luce del diritto comunitario. Per tale moti

vo la carenza o mancanza di motivazione deve essere rilevata

dal giudice anche d'ufficio. In relazione all'argomento fondato

sull'assenza di un effetto sensibile sulla concorrenza sostenuta

dalla ricorrente, il tribunale, rifacendosi ai criteri enunciati nel

la sentenza Société Technique Minière, in cui la Corte di giusti zia aveva affermato che era necessario verificare sulla base di

un insieme di elementi oggettivi di fatto e di diritto con un

grado di probabilità sufficiente se le disposizioni in causa ave

vano esercitato, in modo diretto o indiretto, attuale o potenzia

le, un effetto sui flussi di scambio, con riferimento ai dati di

mercato delle pelli in Danimarca e nella Comunità e della posi zione di mercato di DPF e dei suoi concorrenti, ha ritenuto

che l'effetto sulla concorrenza e sul commercio interstatale di

tali disposizioni risultava essere molto rilevante. Il tribunale ha

infine rigettato l'argomento relativo all'applicabilità dell'art. 85

(3) alle disposizioni litigiose in quanto lo stesso era stato solle

vato dalla ricorrente unicamente nella memoria di replica e, per

tanto, doveva essere considerato irricevibile ai sensi dell'art. 42

paragrafo II del regolamento di procedura della Corte di giusti zia che all'epoca della presentazione del ricorso era applicabile anche ai procedimenti innanzi al tribunale (e che è stato, del

resto, sostanzialmente riprodotto nel testo attuale del regola mento di procedura del tribunale).

In considerazione del parziale annullamento della decisione

della commissione il tribunale ha ridotto l'importo dell'ammen

da del 40% portandola da 500.000 a 300.000 Ecu, liquidando le spese tra le parti.

31 - Sentenza 9 luglio 1992 (causa T-66/89); Pres. J. L. Cruz

Villaca; Publischer Association c. Commissione delle Comu

nità europee. La sentenza è riportata in Foro it., 1992, IV, 509, con osser

vazioni di R. Pardo lesi.

Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Pregiudizio ai commercio

tra Stati membri — Accordi in vigore in un solo Stato mem

bro — Irrilevanza.

Cee — Concorrenza — Art. 85 (3) — Razionalizzazione dei

sistema di distribuzione e vendita — Riduzione dei costi am

ministrativi — Necessità della misura — Insussistenza.

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

Con decisione del 12 dicembre 1989 la commissione dichiara

va contrari all'art. 85 (1) e non suscettibili di beneficiare di esen

zione ai sensi dell'art. 85 (3) una serie di accordi e regolamenti

posti in essere tra imprese facenti parte della Pubbliscer Asso

ciation (PA) e tra questa associazione e editori esterni alla stes

sa. In particolare, la commissione dichiarava illegittimi i seguenti accordi e regolamenti:

— «Net book agreement» (NBA) in quanto prevedeva condi

zioni tipo di vendita e la fissazione di prezzi obbligatori da par te degli editori per tutti i membri dell'associazione. Il rispetto di tale accordo era, inoltre, garantito da un organismo denomi

nato consiglio di PA. — Il regolamento emanato sulla base della clausola VI di

NBA, in quanto prevedeva l'autorizzazione di sconti alle biblio

teche, ai depositari non professionisti e ai commercianti all'in

grosso. A suffragio della propria domanda la ricorrente aveva porta

to i seguenti ordini di argomentazioni: 1. Mancata violazione del commercio tra Stati membri.

2. Necessità delle misure adottate per creare un sistema di

vendita con condizioni uniformi per far fronte alle spese ammi

nistrative eccessive.

1. Con riguardo al primo argomento la ricorrente sosteneva

che, essendo gli accordi e i regolamenti in questione relativi esclu

sivamente alla vendita dei libri da parte degli editori e dei riven ditori inglesi, mancava l'elemento del pregiudizio al commercio

tra Stati membri e, pertanto, l'art. 85 (1) risultava inapplicabi

le. Il tribunale ha rigettato tale argomento rilevando che un

comportamento restrittivo della concorrenza relativo al territo

rio di un solo Stato membro è suscettibile di ripercuotersi sui

flussi commerciali e sulla concorrenza nel mercato comune. In

proposito, il tribunale ha citato i dati (non contestati dalla ri

corrente) raccolti dalla commissione i quali dimostrano che le

importazioni di libri in Irlanda di provenienza dal Regno unito costituiscono l'80% del totale delle importazioni in tale paese

e che circa il 75% dei libri importati sono commercializzati sot to il regime dei prezzi imposti.

2. La ricorrente rilevava che la stipula e l'applicazione degli

accordi in questione permettevano, attraverso la possibilità

per l'editore di formulare le proprie condizioni di vendita

e la loro comunicazione ai distributori, la possibilità di appli care condizioni uniformi nelle forniture, la garanzia di non

avere libri venduti a prezzi inferiori a quelli imposti ed il controllo sul rispetto dell'applicazione delle condizioni tipo

in materia di prezzi, permettevano ai librai di evitare costi

amministrativi che altrimenti sarebbero risultati eccessivi. In

sostanza, secondo la ricorrente le misure sopradette erano ne

cessarie per razionalizzare e rendere più efficiente il sistema

di distribuzione dei libri. Il tribunale ha giudicato non perti nente tale ordine di argomentazioni. In particolare, il tribuna

le ha rilevato che la ricorrente non aveva addotto alcun argo

mento che giustificasse il maggior livello dei sopradetti costi

amministrativi rispetto a quelli relativi alla media delle prati

che commerciali in altri settori. Inoltre, l'eventuale abbassa

mento dei costi amministrativi non poteva comunque legitti

mare la messa in atto di un sistema che imponeva condizioni

di vendita uniformi restrittive del libero gioco della concorren

za nel mercato comune; tali condizioni, difatti, sono state

giudicate dal tribunale del tutto eccessive rispetto a quanto

necessario per realizzare un sistema di vendita più razionale

con costi ridotti.

Per tutti i motivi sopra esposti il tribunale ha rigettato il ri corso condannando la ricorrente alle spese.

32 - Ordinanza del presidente del tribunale del 16 luglio 1992

(causa T-29/92 R); Pres. J. L. Cruz Villaca; Vereniging van

Samenwerkende e altri c. Commissione delle Comunità

europee.

Cee — Art. 184 e 185 — Regolamento di procedura del tribu

nale — Sospensione dell'esecuzione di una decisione della com

missione — Presupposti per la tutela d'urgenza — Danno grave

Il Foro Italiano — 1993.

e irreparabile — «Fumus boni iuris» — Poteri del tribunale

nella procedura d'urgenza — Limiti.

Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Inesi

stenza dell'atto — Nullità — Violazione del principio dell'in

tangibilità dell'atto adottato — Insussistenza — Presunzione

di legalità degli atti comunitari. Cee — Concorrenza — Art. 85 (1) — Associazione tra imprese

— Regolamentazione della concorrenza nel mercato edilizio — Procedure di appalto — Concertazione tra imprenditori — Scambi di informazioni sui prezzi — Confronti sulla strut

tura dei costi — Aumento in comune dei prezzi — Effetto

restrittivo sulla concorrenza.

Cee — Concorrenza — Art. 85 (3) — Possibilità di applicare

esenzioni — Sospensione parziale dell'esecuzione della deci

sione della commissione.

La Vereniging van Samenwerkende Prijsregelende Organisa

ties in de Bouwnijvrheid insieme ad altre ventotto associazioni

(di seguito «SPO e a.») fanno parte di un'associazione («SPO») che raggruppa delle associazioni di imprese edili. Detta associa

zione ai sensi del proprio statuto ha per obiettivo la regolamen

tazione della concorrenza nel mercato edilizio olandese. A tal

fine lo statuto prevede procedure che assicurano una regola

mentazione istituzionalizzata dei prezzi e della concorrenza, tra

cui l'organizzazione di riunioni tra imprese concorrenti in cui

le stesse possono scambiarsi informazioni riguardo alle offerte

e alle rispettive strutture dei costi. Con decisione del 5 febbraio

1992 ia commissione Ce dichiarava illegittimo rispetto all'art.

85 (1) detto sistema, ordinando ai membri dell'associazione di mettere immediatamente fine a tale infrazione. In particolare, la commissione riteneva incompatibili con l'art. 85 (1) le se

guenti restrizioni della concorrenza messe in atto nell'ambito

del sistema suddetto: notificazione delle intenzioni di sottomet

tere un'offerta di prezzo; riunione degli imprenditori che hanno

effettuato le offerte di prezzo; principio della designazione di

un avente diritto e della sua protezione; possibilità per gli im

prenditori di confrontare le rispettive strutture dei costi; tra

smissione di cifre in bianco da parte dei partecipanti agli appal ti al presidente della riunione tra imprenditori partecipanti agli

appalti al presidente della riunione tra imprenditori partecipanti

e relativo scambio di dette informazioni; possibilità per l'im

prenditore di ritirare la propria offerta dopo aver preso cono

scenza della cifra offerta dagli altri imprenditori; possibilità di modificare l'offerta; possibilità di un aumento in comune dei

prezzi da parte degli imprenditori; fissazione concertata dei prezzi;

indennizzo delle spese di calcolo e delle prestazioni professiona

li relative all'offerta; possibilità di imporre sanzioni in caso di mancato rispetto delle regole previste dai regolamenti in que stione. Le associazioni predette venivano inoltre condannate ad

ammende per un valore complessivo di 22.498.000 Ecu. Con

ricorso ex art. 173, 2° comma, depositato alla cancelleria del

tribunale in data 13 aprile 1992, la SPO e a. chiedeva la dichia razione di inesistenza o di nullità di detta decisione. Con atto

separato, depositato il medesimo giorno presso la cancelleria

del tribunale, la ricorrente introduceva anche un ricorso ai sensi

degli art. 185 e 186 Cee e 105 par. II del regolamento di proce

dura del tribunale finalizzato a ottenere, a titolo principale, la

sospensione totale dell'esecuzione della decisione e, in via sussi

diaria, la sospensione parziale della stessa. A suffragio di tale

ricorso in via d'urgenza la ricorrente sosteneva che l'esecuzione

immediata della decisione avrebbe provocato un pregiudizio grave

ed irreparabile alla ricorrente e che vi era un fumus boni iuris

sulle ragioni della ricorrente.

In particolare, con riguardo al pregiudizio grave ed irrepara

bile la ricorrente affermava che l'esecuzione immediata della

decisione avrebbe avuto non solo l'effetto di distruggere l'orga

nizzazione di SPO ma anche quello di deteriorare in modo irre

parabile i rapporti di concorrenza sul mercato delle costruzioni.

In relazione al fumus boni iuris la ricorrente sosteneva, a titolo

principale, che la decisione era inesistente o, comunque, nulla,

in quanto la versione notificata in lingua olandese non sarebbe

stata approvata dal collegio dei commissari. In subordine, la

ricorrente affermava che la decisione violava l'art. 85 (1) e (3)

e la disposizione del regolamento (Cee) 17/62 per insufficienza

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Page 34: TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Rassegna di giurisprudenza 1989 - 1992)

PARTE QUARTA

della motivazione con riguardo alla definizione del mercato rile

vante, la mancata dimostrazione di un effetto sensibile sulla

concorrenza e l'assenza di presa in considerazione delle propo

ste di modifica effettuate dalla ricorrente.

Il tribunale, dopo aver preliminarmente rilevato che era l'in

sieme del sistema costituito e regolamentato dagli statuti delle

associazioni ad integrare nel suo complesso l'infrazione, ha ri

conosciuto l'esistenza del rischio di un pregiudizio grave ed ir

reparabile in caso di esecuzione immediata della decisione. In

particolare, il tribunale ha affermato che detta esecuzione avrebbe

per effetto di compromettere in modo irreversibile la possibilità

per le parti ricorrenti di applicare nuovamente le regolamenta zioni oggetto della decisione. Con riguardo al fumus boni iuris,

il tribunale ha rigettato l'argomento principale fondato sull'ine

sistenza o nullità della decisione per violazione del principio d'in

tangibilità dell'atto, rilevando che la ricorrente non aveva por

tato indizi sufficienti per far cadere la presunzione di legalità

di cui godono gli atti comunitari. Con riguardo alle argomenta zioni portate a titolo sussidiario il tribunale ha fatto notare che

in sede di procedura d'urgenza non poteva approfondire gli ele

menti addotti dalla ricorrente. Più specificamente, in relazione

all'argomento relativo al mancato esame da parte della commis

sione delle proposte di modifica effettuate dalla ricorrente, il

tribunale ha ricordato che il giudice dei procedimenti d'urgenza non può sostituire il proprio potere di apprezzamento a quello

della commissione. Il tribunale ha poi individuato una serie di

disposizioni litigiose sicuramente restrittive della concorrenza (riu

nioni tra imprenditori, confronti dei prezzi, accordo sul princi

pio della designazione di un avente diritto e sulla sua protezio

ne, trasmissione di cifre in bianco da parte dei partecipanti al

presidente della riunione, possibilità di ritirare la propria offer

ta dopo aver preso conoscenza della cifra offerta dagli altri im

prenditori, indennizzo delle spese di calcolo e delle prestazioni

professionali relative all'offerta). Secondo il tribunale, peraltro,

dette restrizioni alla concorrenza, che appaiono sicure, non esclu

dono che altre disposizioni del sistema definite illegittime dalla

commissione possano beneficiare di un'esenzione ex art. 85 (3)

o, comunque, risultare legittime. In proposito, il tribunale ha

rilevato che se in regola generale il fatto che alcuni elementi

di un sistema, che almeno in parte appare sicuramente illegitti

mo, sono suscettibili di beneficiare di un'esenzione o possono

risultare legittimi a seguito di un'indagine sul merito, tale circo

stanza non è sufficiente per stabilire l'esistenza di un fumus

boni iuris che permetta la sospensione della decisione nel suo

complesso. Peraltro, con specifico riguardo al caso di specie,

e in relazione alle circostanze di diritto e di fatto da cui lo stes

so è caratterizzato, il giudice del procedimento d'urgenza è chia

mato ad operare un bilanciamento tra l'interesse ad una buona

amministrazione e il rischio di portare un pregiudizio irrepara bile all'applicazione di regole che possono risultare legittime a

seguito di un accertamento definitivo. A tal fine il tribunale

ha stabilito di giudicare immediatamente applicabile la decisio

ne alle disposizioni sopracitate in quanto sicuramente restrittive

della concorrenza e relativamente autonome rispetto all'insieme

del sistema di regolamentazione della concorrenza nel mercato

edilizio olandese, ordinando invece la sospensione della decisio

ne in relazione alla parte dello stato e della regolamentazione non attinente alle misure predette.

33 - Sentenza 17 settembre 1992 (T-138/89); Pres. J. L. Cruz

Villaca; Nederlandse Bankiersvereniging e Nederlandse Ve

reniging van Banken c. Commissione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Attesta

zione negativa. Cee — Concorrenza — Ricorso ex art. 173 — Presupposti —

Oggetto — Impugnabilità della sola motivazione — Impu

gnabili da parte del beneficiario — Mancanza di interesse

del ricorrente — Soggetti non riguardati direttamente ed indi

vidualmente dalla decisione — Irricevibilità del ricorso.

Con ricorso del 2 ottobre 1989 la Nederlandse Bankiersvere

niging e la Nederlandse Vereniging van Banken (NBV e NVB)

Il Foro Italiano — 1993.

chiedevano l'annullamento della decisione della commissione n.

89/152/Cee. Con tale decisione la commissione aveva rilasciato

un'attestazione negativa relativa ad un accordo interbancario

firmato dalle ricorrenti e avente per oggetto l'effettuazione di

trasferimenti tramite prestampati denominati «actie-accepten»

(di seguito «l'Accordo»). Tale Accordo prevedeva una coopera zione tecnica tra le banche e un sistema di ripartizione dei costi

amministrativi. Nella propria decisione la commissione aveva

stabilito che tale Accordo, pur presentando un carattere restrit

tivo della concorrenza, non incideva in modo notevole sugli scam

bi tra Stati membri. La commissione aveva eccepito la ricevibilità del suddetto ri

corso sulla base delle seguenti argomentazioni: — mancanza di un interesse ad agire da parte della ricorren

te, in quanto l'atto impugnato non recava pregiudizio alle ri

correnti; — la NVB non era riguardata dalla decisione né direttamente

né individualmente e, inoltre, non ne era destinaria.

In particolare, la commissione negava alle ricorrenti la possi

bilità di attaccare solo ima parte della motivazione della deci

sione e non il dispositivo, giudicando errata la tesi di NBV e

NVB che sostenevano di poter scomporre la decisione in più

conclusioni intermedie. Inoltre, secondo la commissione l'atte

stazione negativa di cui aveva beneficiato l'Accordo non modi

ficava la situazione giuridica delle ricorrenti in quanto, contra

riamente ad un provvedimento di esenzione ex art. 85 (3), non

vincolava il giudice nazionale e non aveva, pertanto, alcun ef

fetto giuridico per NBV e NVB. Infine, la commissione aveva

rilevato che l'interesse ad agire delle ricorrenti era escluso dal

fatto che le stesse avevano ottenuto il provvedimento richiesto, essendo irrilevante al riguardo le motivazioni sulle quali la com

missione aveva fondato tale provvedimento.

Le ricorrenti avevano eccepito tali tesi della commissione so

stenendo i seuenti argomenti: — l'attestazione negativa costituisce una decisione ai sensi del

l'art. 173 e, in quanto tale, può essere impugnata; — le ricorrenti non impugnano un semplice motivo, bensì

una conclusione intermedia della decisione da cui dipende logi

camente la decisione finale; — le ricorrenti hanno un interesse oggettivo ad impugnare

l'atto con riguardo alla motivazione in quanto questa, stabilen

do che l'Accordo restringe la concorrenza nel mercato olande

se, è suscettibile di portare il giudice nazionale, in un'eventuale

successiva contestazione sull'Accordo, a dichiarare lo stesso il

legittimo in quanto restrittivo della concorrenza.

Il tribunale ha preliminarmente ricordato che, secondo la giu

risprudenza costante della corte, il ricorso previsto dall'art. 173

può essere esercitato solo nei confronti di un atto lesivo, cioè

nei confronti di un atto che può pregiudicare una determinata

situazione giurìdica. Con riguardo al caso di specie, il tribunale

ha rilevato che l'atto in questione è una decisione che nel pro

prio dispositivo soddisfa il richiedente e non è suscettibile, per sua natura, di modificare la sua situazione giuridica né di arre

cargli pregiudizio. Inoltre, il tribunale ha affermato che un ope ratore economico deve fondare la propria azione in giudizio su un interesse dichiarato ed attuale all'annullamento dell'atto

impugnato. Invece, nel caso in esame le ricorrenti hanno addot

to a giustificazione della propria azione situazioni future ed in

certe che non possono giustificare un interesse rilevante all'im

pugnazione dell'atto.

Sulla base delle considerazioni soprariportate il tribunale ha

ritenuto irricevibile il ricorso NBV e NVB e ha condannato le

stesse alle spese.

34 - Sentenza 18 settembre 1992 (causa T-28/90); Pres. J. L.

Cruz Villaca, Avv. gen. M. D. A. O. Edward; S.A. Asia

Motor France e altri c. Commissione delle Comunità eu

ropee.

Cee — Art. 175 — Presupposti per l'esperimento del ricorso

in carenza — Fine dell'inerzia dell'istituzione obbligata ad agire — Ricevibilità del ricorso antecedente alla fine dell'inerzia —

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

Perdita di oggetto del ricorso — Non luogo a statuire sulle

conclusioni del ricorso.

Cee — Art. 175 — Trasformazione del ricorso in carenza in

ricorso in annullamento — Art. 173 e art. 189 — Nozione

di decisione. Cee — Procedura innanzi al tribunale — Presentazione di nuo

ve conclusioni che modificano l'oggetto del litigio — Irricevi

bilità. Cee — Procedura innanzi al tribunale — Risarcimento dei dan

ni ex art. 178 e 215 — Mancata determinazione dell'ammon

tare del danno con riguardo al periodo in cui poteva farsi

valere la responsabilità dell'istituzione per carenza — Irricevi

bilità.

La SA Asia Motor France, la SA la Maison du Deux roues

e la SA E.A.S. (di seguito le «ricorrenti») e Jean-Michel Ce

sbron, svolgono attività di importazione e di commercio di vei

coli di marca giapponese, già messi in libera pratica in altri

Stati membri della comunità, in Francia. Ritenutosi pregiudica to da una intesa posta in essere da cinque importatori di vetture

giapponesi in Francia (Sidat Toyota France, Madza France Mo

tor, Honda France, Mitsubishi Sonauto e Richard Nissan SA) sotto il benestare del governo francese. M. Cesbron, in data

29 novembre 1988, trasmetteva una denuncia alla commissione

fondata sugli art. 30 e 85 Cee. Successivamente, le altre quattro ricorrenti hanno proposto una analoga denuncia fondata unica

mente sull'art. 85. In tale denuncia le ricorrenti sostenevano

che gli importatori suddetti si sarebbero accordati tra loro e

con l'amministrazione francese, per non vendere nel mercato

francese un numero di veicoli giapponesi superiore al 3% dei

veicoli immatricolati in Francia nell'anno precedente. Detti im

portatori si sarebbero inoltre ripartiti tra loro le quote di mer

cato nell'ambito di tale tetto massimo. Quale contropartita per l'autolimitazione predetta, l'amministrazione francese avrebbe

aumentato le barriere e gli ostacoli all'importazione di veicoli

giapponesi di marche diverse da quelle distribuite dagli impor tatori in questione.

In data 20 marzo 1990, a seguito dell'inerzia dimostrata dalla

commissione con riguardo alle denunce proposte, le ricorrenti

depositavano presso la cancelleria della corte un ricorso conte

nente le seguenti richieste:

1. Accertare e dichiarare, a norma dell'art. 175 III, che la

commissione non aveva adottato nei confronti delle ricorrenti

una decisione basata sugli art. 30 e 85.

2. Condannare la Comunità economica europea, sulla base

degli art. 178 e 215 II, al risarcimento dei danni subiti a causa

dell'inerzia della commissione.

Con ordinanza del 23 maggio 1990 la corte dichiarava irrice

vibile il ricorso con riguardo alle domande fondate sull'art. 30

rimettendo il procedimento al tribunale.

Con comunicazione dell'8 maggio 1990 il direttore generale della direzione generale per la concorrenza informava le ricor

renti che la commissione non intendeva dare seguito alla loro

denuncia in quanto gli art. 85 e 30 risultavano non applicabili al caso di specie. Con decisione del 5 dicembre 1991 (attual mente oggetto di ricorso per annullamento presentato dalle ri

correnti) la commissione rigettava in via definitiva le denunce

presentate dalle ricorrenti e da Cesbron.

1 .a) Il tribunale ha preliminarmente constatato la ricevibilità

del ricorso in carenza, rigettando gli argomenti portati dalla

commissione per cui non vi sarebbe stato un'invito ad agire

formalizzato da parte delle ricorrenti. In proposito, il tribunale

ha ribadito quanto sancito dalla corte nella sentenza del 10 giu

gno 1982 Lord Bethell c. Commissione (causa 246/81, Racc.

2277, par. 13), che individua un duplice presupposto per la rice

vibilità di un ricorso in carenza: il ricorrente deve essere desti

natario di un atto della commissione che ha nei suoi confronti

degli effetti giuridici suscettibili di essere annullati; la commis sione, formalmente invitata ad agire, deve essere rimasta inerte,

non adottando un atto che il ricorrente poteva legittimamente

pretendere secondo il diritto comunitario. Nel caso di specie

le ricorrenti, da un lato avevano diritto ad essere destinatarie

di un'atto avente effetti giuridici, dall'altro avevano formalmente

invitato la commissione ad agire facendo intendere che in caso

Il Foro Italiano — 1993.

di inerzia avrebbero esperito un ricorso ex art. 175. Con riguar do all'accoglimento delle conclusioni del ricorso, il tribunale ha

invece affermato che, a seguito della comunicazione dell'8 mag

gio e della decisione del 5 dicembre 1991 emanate dalla com

missione, il ricorso aveva perso il suo oggetto. In particolare, il tribunale ha rilevato che nel caso di specie l'atto la cui omis

sione costituiva l'oggetto della lite era stato adottato successiva

mente al deposito del ricorso, prima della pronuncia della sen

tenza. Secondo il tribunale erano, pertanto, venuti meno i pre

supposti per dichiarare, ai sensi dell'art. 176 Cee, quale

disposizione l'istituzione responsabile dell'inerzia era chiamata

a prendere per porre fine alla propria inerzia. Il tribunale ha

dunque deciso il non luogo a statuire su tale parte del ri

corso.

1.6) Le ricorrenti avevano chiesto, sulla base del principio dell'interesse ad una buona amministrazione della giustizia e,

perché fosse evitato un diniego di giustizia, di trasformare il

ricorso in carenza in ricorso in annullamento della precitata co

municazione dell'8 maggio. Secondo le ricorrenti tale comuni

cazione poteva, anche sulla base di precedenti prese di posizio ne della corte (GEMA c. Commissione, sentenza del 18 ottobre

1979, causa 125/78, Foro it., 1981, IV, 351), essere oggetto di

un ricorso per annullamento. Il tribunale non ha accolto tale

argomento rilevando che la comunicazione predetta non presen tava il carattere di una decisione ai sensi dell'art. 189 tale da

recare pregiudizio alla parte che ne era destinataria e, pertanto, non poteva essere oggetto di ricorso ex art. 173. Il tribunale

ha, inoltre, dichiarato che il proprio regolamento di procedura non consentiva di sottoporre al tribunale nuove conclusioni su

scettibili di modificare l'oggetto del litigio. 2. Il tribunale ha dichiarato irricevibile la domanda di risar

cimento dei danni subiti a causa dell'inerzia della commissione

proposta dalle ricorrenti in base agli art. 178 e 215 Cee. In

proposito, il tribunale ha preliminarmente ricordato che, ai

sensi del regolamento di procedura del tribunale, la domanda

introduttiva dell'istanza deve definire l'oggetto del litigio insie

me ad un'esposizione sommaria dei mezzi invocati. Con ri

guardo al caso di specie, il tribunale ha rilevato che nella

nota giustificativa (presentata, peraltro, tardivamente) allegata dalle ricorrenti a suffragio della domanda di risarcimento, si

faceva riferimento a perdite pecuniarie subite nel corso degli esercizi che andavano dal 1985 fino al 1989, ossia relative

ad un periodo anteriore a quello rispetto al quale poteva esse

.re fatta valere la responsabilità della commissione per la pro

pria inerzia.

Sulla base di quanto sopra esposto il tribunale ha dichiarato

il non luogo a statuire sulle conclusioni del ricorso e l'irrecivibi

lità delle ulteriori conclusioni del ricorso, condannando la com

missione a sopportare le proprie spese oltre ai tre quarti delle

spese della ricorrente.

35 - Sentenza 18 settembre 1992 (causa T-24/90); Pres. J. L.

Cruz Villaca, Aw. gen. D. A. O. Edward; Automec Srl.

c. Commissione delle Comunità europee.

Cee — Concorrenza — Denuncia introdotta ex art. 3, par. 2

del reg. n. 17/62 da una persona giuridica — Decisione della

commissione di rigetto — Modifica dell'oggetto della denun

cia in corso di causa (Regolamento n. 17/62 del consiglio del

6 febbraio 1962, art. 3; regolamento n. 99/63 della commis

sione, art. 6).

Cee — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Poteri

della commissione nel porre fine alle infrazioni — Ingiunzio ni rivolte alle imprese interessate (Trattato Cee, art. 85, par.

1; regolamento n. 17/62, art. 3, par. 1). Cee — Concorrenza — Missione di vigilanza attribuita alla com

missione sull'applicazione delle regole di concorrenza — Ob

bligo di pronunciarsi sull'esistenza di un'infrazione — Inesi

stenza (Trattato Cee, art. 89, par. 1, 155; regolamento n.

17/62, art. 3). Cee — Concorrenza — Obbligo di pronunciarsi sull'esistenza

di un'infrazione — Inesistenza — Fissazione di priorità nel

l'esame dei casi — Controllo di legalità del tribunale.

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PARTE QUARTA

Cee — Concorrenza — Effetto diretto delle norme di concor

renza di cui agli art. 85, par. 1 e 86 del trattato — Applica

zione delle norme da parte dei giudici nazionali — Dovere

di cooperazione leale (Trattato Cee, art. 85, par. 1, 86).

Cee — Concorrenza — Decisione della commissione — Svia

mento di potere — Onere della prova.

Con atto depositato il 3 maggio 1990, la società Automec

Srl. aveva introdotto un ricorso avente ad oggetto l'annulla

mento della decisione della commissione del 28 febbraio 1990,

con cui era stata respinta la domanda della ricorrente, pre

sentata ai sensi dell'art. 3, n. 2, del regolamento n. 17,

e relativa al comportamento delle società BMW AG e BMW

Italia SpA. Per una dettagliata descrizione dei fatti all'origine della causa

e dello svolgimento della procedura, si rinvia a quanto già detto

nella sentenza adottata nei confronti delle stesse parti in data

10 luglio 1990 (causa T-64/89). Nel merito Automec aveva in primo luogo fatto valere che

la commissione non aveva tenuto conto dell'oggetto della de

nuncia da essa presentata, con cui in realtà essa non si era limi

tata a chiedere che fosse ingiunto a BMW di eseguire le conse

gne richieste e di autorizzare la ricorrente ad utilizzare i marchi

BMW, ma aveva altresì' richiesto di accertare se il boicottaggio

di cui essa era vittima fosse la conseguenza del sistema di distri

buzione di BMW o di un'applicazione discriminatoria dello stesso.

A tale riguardo, il tribunale ha rilevato che la domanda in

trodotta dalla ricorrente non era diretta ad ottenere, come af

fermato, il ritiro del beneficio dell'esenzione per categoria pre

visto dal regolamento n. 123/85. Se effettivamente nel ricorso

nella causa T-64/89 la ricorrente aveva sostenuto che la com

missione aveva violato l'art. 10, par. 1, del suddetto regolamen

to — che le conferisce il potere di ritirare il beneficio dell'appli

cazione dello stesso — tale riferimento, fatto in un documento

rivolto al tribunale e non alla commissione, non avrebbe potuto

avere come effetto di allargare l'oggetto della denuncia intro

dotta in precedenza. D'altra parte — si rileva ancora nella sen

tenza — pur avendo avuto la possibilità, nel corso del procedi

mento amministrativo, di precisare l'oggetto della sua doman

da, Automec non aveva fatto alcun cenno alla possibilità di

un eventuale ritiro dell'esenzione. Alla luce di tali circostanze,

pertanto, la denuncia presentata dalla ricorrente non avrebbe

potuto essere interpretata, a parere del tribunale, in tal senso

dalla commissione.

Automec aveva altresì' contestato la distinzione operata dalla

commissione tra i poteri di cui essa dispone ex art. 3 del regola

mento n. 17, nelle ipotesi di violazione dell'art. 85, par. 1, da

un lato, e dell'art. 86, dall'altro: solo infatti in quest'ultimo caso la commissione avrebbe potuto imporre un'obbligazione di contrattare a BMW. Sul punto la sentenza precisa come, tra

le diverse conseguenze che può comportare la violazione del di

vieto di cui all'art. 85, par. 1, sul piano del diritto privato, una sola è esplicitamente fissata al paragrafo 2 di quello stesso

articolo e cioè la nullità dell'accordo. Spetta dunque al diritto

nazionale precisare le ulteriori conseguenze connesse ad una ta

le violazione, quali, ad esempio, l'obbligo di risarcire il danno

provocato ad un terzo o un'eventuale obbligazione di contrat

tare.

Poiché infatti la libertà negoziale deve restare la regola, non

si potrebbe attribuire alla commissione, nel quadro del potere di ingiunzione ad essa spettante ex art. 85, par. 1, la possibilità di imporre ad una parte un obbligo di contrattare, in particola re in casi, come quello all'esame, in cui esistono diversi modi

per mettere fine all'infrazione.

La ricorrente aveva ancora lamentato il fatto che la commis

sione avrebbe rinunciato ad esercitare la sua competenza nel

l'applicazione dell'art. 85 a vantaggio delle giurisdizioni nazio

nali. Automec aveva in particolare sostenuto che il diritto co

munitario ha stabilito una procedura per l'accertamento delle

infrazioni e che la commissione non avrebbe potuto sottrarsi

all'esercizio dei propri poteri che alla stessa sono connessi. Il

11 Foro Italiano — 1993.

tribunale ha precisato al riguardo che, in materia di concorren

za, la portata degli obblighi della commissione va esaminata

alla luce dell'art. 89, par. 1, del trattato, che traduce in questo

settore, la massima generale di vigilanza sull'applicazione del

diritto comunitario alla stessa affidato dall'art. 155. Orbene,

tale missione non implica a carico della commissione un obbli

go di aprire procedimenti allo scopo di accertare eventuali vio

lazioni del trattato o del diritto derivato.

A tale riguardo, il tribunale rileva come, sulla base della giu

risprudenza della corte (vedi, in particolare la sentenza GEMA,

125/78 del 18 ottobre 1979, Foro it., 1981, IV, 351) tra i diritti riconosciuti alle parti denuncianti dai regolamenti nn. 17 e 99/63

non figura quello di ottenere una decisione, ai sensi dell'art.

189 del trattato, circa l'esistenza o no dell'infrazione allegata.

Ne consegue — si rileva nella sentenza — che la commissione

non è tenuta a pronunciarsi sulla domanda ad essa rivolta, sal

vo nel caso in cui l'oggetto della stessa è di sua competenza

esclusiva, come il ritiro di un'esenzione accordata ex art. 85,

par. 3.

Poiché dunque la commissione non ha l'obbligo di pronun

ciarsi sull'esistenza di un'infrazione, essa non è neppure tenuta

a svolgere un'istruttoria, il cui oggetto è la ricerca di elementi

di prova dell'esistenza di un'infrazione che non è tenuta ad ac

certare.

Il tribunale, d'altra parte, rileva come sia un elemento

essenziale dell'esercizio di un'attività amministrativa, il potere

per l'incaricato di un pubblico servizio di adottare tutte le

misure di organizzazione necessarie alla realizzazione del ser

vizio affidatogli, ivi compresa la fissazione di priorità. Il

fatto quindi che la commissione fissi priorità differenti ai casi, del cui esame è investita, è conforme agli obblighi

ad essa imposti dal diritto comunitario. Quando, come nella

fattispecie, la commissione prende una decisione di archiviare

una denuncia, senza procedere ad istruzione della stessa, il

controllo di legalità del tribunale deve tendere a verificare

se la decisione non sia fondata su fatti inesatti, su un errore

di diritto, come pure su un errore manifesto di valutazione

o sviamento di potere. Alla luce di tali elementi, il tribunale

ha ritenuto che, nel caso di specie, la commissione avesse

motivato correttamente la sua decisione di procedere all'ar

chiviazione della denuncia.

Per valutare la legalità della decisione adottata nel caso, il tribunale ha altresì esaminato se, rinviando la denunciante

al giudice nazionale, la commissione avesse tenuto nel debito

conto la portata della protezione che quest'ultimo poteva assi

curare ai diritti di cui la ricorrente gode in forza dell'art.

85, par. 1. A tale proposito, si rileva come gli art. 85, par.

1, e 86 producano effetti diretti nei rapporti tra i privati e attribuiscano diritti che gli stessi possono far valre davanti

alle giurisdizioni nazionali. La competenza ad applicare tali

disposizioni appartiene infatti tanto alla commissione che ai

giudici nazionali che, nello svolgimento di tale compito, devo

no collaborare reciprocamente (vedi, al riguardo la recente

sentenza della corte Delimitis, C-234/89, del 28 febbraio 1991, Foro it., 1992, IV, 29, con nota di M. Merola). Se poi il giudice nazionale non ha la competenza per ingiungere alle

imprese interessate di porre fine all'infrazione e di infliggere

ammende, egli può fare applicazione nei rapporti tra i privati

dell'art. 85, par. 2.

La ricorrente aveva infine fatto valere che la commissione

avrebbe fatto uso delle norme comunitarie con lo scopo di tute

lare un'impresa, piuttosto che la concorrenza in generale. Poi

ché tuttavia essa non aveva allegato alcuna circostanza concre

ta, il tribunale, sulla base di una consolidata giurisprudenza della

corte, secondo cui un'allegazione di sviamento di potere può essere presa in considerazione solo se il ricorrente fornisce ele

menti oggettivi, pertinenti e concordanti, suscettibili di fondare

la sua sussistenza (vedi, ad esempio, la sentenza Caturla-Poch

e De la Fuente c. Parlamento, 36/87, del 13 luglio 1987, in

Raccolta, p. 2471) ha rigettato anche tale motivo di ri

corso.

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

36 - Sentenza 18 novembre 1992 (causa T-16/91); Pres. H. Kir

scner; Rendo NV c. Commissione delle Comunità euro

pee.

Cee — Concorrenza — Ricevibilità del ricorso — Esame d'uffi

cio della questione di ricevibilità — Atto impugnabile con ricorso in annullamento — Effetti sulla situazione giuridica del ricorrente di un'omissione della commissione (Trattato Cee,

art. 173, par. 2). Cee — Concorrenza — Diritti delle parti nel quadro della pro

cedura amministrativa di accertamento di un'infrazione ex art.

85 (Regolamento n. 99/63 della commissione del 25 luglio

1963, art. 2, 3, 5, 6). Cee — Concorrenza — Controllo di legalità di un atto della

commissione ex art. 173 — Poteri di ingiunzione del tribuna le nei confronti della commissione — Inesistenza (Trattato

Cee, art. 173, par. 2). Cee — Concorrenza — Applicabilità delle norme di concorren

za alle imprese incaricate della gestione di un servizio di inte

resse economico generale — Limiti (Trattato Cee, art. 85,

90, par. 2). Cee — Concorrenza — Legge nazionale di contenuto analogo

ad accordo restrittivo di concorrenza — Necessità del previo esame della conformità della legge al diritto comunitario (Trat tato Cee, art. 85, 169).

Con atto depositato in data 14 marzo 1991, Rendo NV ed

altre due società di distribuzione di energia elettrica nei Paesi

Bassi avevano promosso un ricorso volto ad ottenere il parziale

annullamento della decisione della commissione del 16 gennaio

1991, relativa ad un accordo di cooperazione (Overeenkomst

van Samenwerking, in prosieguo «OVS») concluso tra le società

produttrici e la NV Samenwerkende Elektriciteitsproduktiebe

drijven (in seguito «SEP»), una società creata al fine di orga nizzare la loro cooperazione.

L'art. 21 di detto accordo riserva alla sola SEP l'importazio ne e l'esportazione di elettricità ed impone ai suoi partecipanti di prevedere nei contratti di fornitura che stipulano con le im

prese distributrici una clausola con cui queste ultime si impe

gnano a non importare o esportare elettricità. Su questa dispo sizione verteva la decisione impugnata con il ricorso in

esame.

Le ricorrenti avevano in particolare chiesto al tribunale di

annullare la decisione solo nella parte in cui la stessa non si

era pronunciata sull'applicazione dell'art. 21 dell'OVS alle im

portazioni ed alle esportazioni effettuate da società di distribu

zione, tra cui le ricorrenti, nel settore delle forniture pub

bliche. Nella motivazione della decisione impugnata la commissione

aveva rilevato come la legislazione olandese in vigore all'epoca

della conclusione dell'accordo in questione non contenesse di

vieti per le imprese non produttrici di importare elettricità, ma

si limitasse a subordinare una tale importazione ad autorizza

zione, in linea di principio accessibile ad ogni interessato. La

nuova legge sulla elettricità entrata in vigore l'8 dicembre 1989 — ed in particolare il suo art. 34 — ha invece riservato ad

una società da designarsi con provvedimento del ministero degli

affari economici la possibilità di importare energia nel settore

delle forniture pubbliche; la società designata a tale scopo è

stata la SEP. Tale normativa, dunque, vieta alle società distri

butrici di importare elettricità, possibilità che è invece lasciata

ai consumatori finali per il proprio consumo.

La legge del 1989, invece, nulla dice a proposito dell'esporta

zione di energia elettrica: la commissione ne aveva dunque de

dotto, anche sulla base delle precisazioni fornite dal governo

olandese, che l'esportazione è libera sia per le imprese di distri

buzione che per i consumatori finali.

Con la decisione impugnata, la commissione aveva ricono

sciuto che l'art. 21 dell'OVS, in connessione con il sistema in

staurato dalla legge del 1989, costituiva una violazione dell'art.

85. Essa aveva quindi esaminato se l'art. 90, par. 2, del trattato

facesse ostacolo, nel caso di specie, all'applicazione dell'art. 85,

par. 1. Al riguardo nella decisione era stato rilevato come la

SEP, cosi come le società che ne fanno parte, sono imprese

Il Foro Italiano — 1993.

incaricate della gestione di un servizio di interesse economico

generale. Per quanto riguardava tuttavia le importazioni e le

esportazioni effettuate da consumatori finali, l'applicazione del

l'art. 85 all'OVS non avrebbe impedito, il compimento della

missione assegnata alle imprese stesse; pertanto, il controllo as

soluto sulle importazioni e le esportazioni di cui la SEP dispo neva grazie all'art. 21 dell'OVS non sarebbe stato indispensabi le alla realizzazione della sua missione.

In ordine alle importazioni nel settore delle forniture pubbli

che, la commissione aveva invece constatato come il divieto fat

to alle società di produzione e di distribuzione di procedere a

importazioni senza passare attraverso la SEP fosse stato succes

sivamente stabilito dall'art. 34 della menzionata legge del 1989;

essa pertanto si è astenuta, nel quadro della procedura avviata

ai sensi del regolamento n. 17, dal pronunciarsi sulla legittimità di tale restrizione riguardo all'art. 90, par. 2, in quanto, ciò

facendo, essa avrebbe anticipato il giudizio sulla compatibilità della legge con il trattato Cee, il che non era oggetto del giudi zio in corso.

Per la stessa ragione la commissione aveva dichiarato di non

potersi pronunciare sul divieto di esportare imposto alle società

di distribuzione nel settore delle forniture pubbliche. In ordine

invece al divieto di esportazione fatto alle società di distribuzio

ne dall'art. 21 dell'OVS anche al di fuori delle forniture pubbli

che, esso era stato considerato contrario alla stessa legge del

1989, che mira a liberalizzare le esportazioni, e non giustificato in base all'art. 90, par. 2.

In data 20 marzo 1991, la commissione ha deciso di avviare

una procedura di infrazione, ex art. 169 del trattato, nei con

fronti di nove Stati membri, tra i quali i Paesi Bassi, riguardo ai monopoli pubblici nel settore del commercio di energia elet

trica. Tali procedure hanno appunto lo scopo di esaminare la

conformità dei suddetti monopoli all'art. 37 del trattato.

Il tribunale ha in primo luogo sollevato d'ufficio la questione di ricevibilità del ricorso: esso ha in particolare esaminato se

la decisione impugnata, nella parte in cui la commissione si era

astenuta dal pronunciarsi sul divieto di importare elettricità nel

settore delle forniture pubbliche, fosse un atto suscettibile di

ricorso in annullamento. A tale fine, secondo una giurispruden za consolidata della corte e del tribunale (vedi, da ultimo la

sentenza del tribunale del 13 dicembre 1990, Prodifarma c. Com

missione, in Raccolta, 1990, II, 843) occorre verificare se l'o

missione ha prodotto effetti giuridici lesivi degli interessi delle ricorrenti, tali da modificarne la situazione giuridica. Orbene,

nella sua decisione, la commissione aveva manifestato l'inten

zione di non proseguire la procedura aperta in base al regola mento n. 17 per quanto riguardava il divieto di importazione, nella misura in cui lo stesso era coperto dalla nuova legge, e

di rinviare l'esame di quest'ultima ad un procedimento avviato

ai sensi dell'art. 169. Tale rinvio non sarebbe equivalso ad una

decisione di rigetto definitivo della denuncia, in quanto nulla

avrebbe impedito alla commissione di proseguire il procedimen to avviato in forza del reg. n. 17, una volta terminato quello ex art. 169. Tuttavia — si rileva nella sentenza — il rinvio a

quest'ultimo procedimento, in quanto presenta carattere defini

tivo, è suscettibile di ledere la situazione giuridica delle ricor

renti sul piano procedurale. In effetti, la posizione delle parti che hanno introdotto una

denuncia presso la commissione è fondamentalmente diversa nel

quadro di una procedura avviata ai sensi dell'art. 169 del tratta

to o del regolamento n. 17. Solo infatti nel secondo caso i de

nuncianti godono di diritti procedurali chiaramente definiti dal

regolamento n. 99/63, in particolare del diritto ad essere infor

mati delle ragioni per le quali la commissione non intende dare

seguito alla denuncia e del diritto di presentare le loro osserva

zioni in proposito. La decisione impugnata che non era indirizzata alle ricorrenti

in base al suo art. 3, tuttavia — a giudizio del tribunale —

le riguardava direttamente e personalmente, nella misura in cui

aveva avuto un'incidenza sui loro diritti procedurali.

Il ricorso è stato pertanto dichiarato ricevibile nella parte in

cui aveva ad oggetto l'annullamento della decisione della com

missione di non pronunciarsi, per il periodo successivo all'en

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Page 38: TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Rassegna di giurisprudenza 1989 - 1992)

PARTE QUARTA

trata in vigore della legge sull'elettricità, sulle restrizioni alle

importazioni derivanti dall'art. 21 dell'OVS. Viceversa, in or

dine alle restrizioni alle importazioni applicabili durante il pe

riodo anteriore alla suddetta legge, sulle quali la decisione

non si era pronunciata, il ricorso è stato dichiarato irricevi

bile. Quanto alla ricevibilità del ricorso nella parte in cui le parti

avevano richiesto altresì l'annullamento della decisione della com

missione di non pronunciarsi sul divieto fatto alle società distri

butrici di esportare energia elettrica, il tribunale ha rilevato co

me la decisione avesse constatato, in motivazione, come tale

divieto fosse contrario all'art. 85, par. 1, e non potesse giustifi carsi in base all'art. 90, par. 2. In tale settore, dunque, la sen

tenza ha in primo luogo escluso la possibilità che la decisione

avesse operato un rinvio ad una procedura fondata sull'art. 169

del trattato.

L'art. 1 del dispositivo della decisione impugnata, tuttavia,

si era limitato a constatare un'infrazione solo riguardo al divie

to di esportazione di energia elettrica al di fuori del settore delle

forniture pubbliche; e solo a tale infrazione le parti all'OVS

dovevano mettere fine, in conformità all'art. 2 della decisione.

Da ciò derivava — rileva la sentenza — che, nonostante la deci

sione impugnata avesse compiuto un'analisi giuridica di tutta

una serie di divieti imposti alle ricorrenti nel quadro dell'OVS, tale analisi non era stata ripresa interamente nel dispositivo del

la decisione che non si era espresso su taluni punti in discussio

ne nel corso dell'istruttoria.

Sulla base di tali considerazioni, il ricorso è stato dichiarato

irricevibile nella parte in cui mirava ad annullare una pretesa

decisione della commissione di non pronunciarsi sul divieto fat

to alle società di distribuzione di esportare energia elettrica nel

settore delle forniture pubbliche.

Il tribunale ha d'altra parte rilevato che, quand'anche il

dispositivo della decisione avesse dovuto essere interpretato

come un'omissione della commissione nel constatare un'infra

zione, si sarebbe dovuto verificare se una tale decisione ri

guardasse direttamente e personalmente le ricorrenti. Ora,

tenuto conto che la denuncia dalle stesse presentata non

era diretta contro le restrizioni all'esportazione derivanti dal

l'OVS, le società ricorrenti non avrebbero comunque benefi

ciato dei diritti procedurali garantiti ai denuncianti dai rego

lamenti nn. 17 e 99/63. Esse, pertanto, non avrebbero potuto essere considerate come destinatarie della decisione oggetto

del giudizio. Il tribunale ha infine dichiarato irricevibile il ricorso — sul

punto accogliendo le osservazioni formulate dalla commissione — nella parte in cui le ricorrenti avevano richiesto che fosse

ingiunto alla commissione di constatare l'esistenza di un'infra

zione all'art. 85, par. 1; il tribunale, infatti, non è competente

a pronunciare ingiunzioni nel quadro di un controllo di legitti mità fondato sull'art. 173 del trattato.

Sulla base di tali considerazioni, il tribunale ha dunque rite

nuto ricevibile il ricorso solo nella parte in cui aveva di mira

l'annullamento della decisione di sospendere il procedimento ex

regolamento n. 17 per quanto aveva riguardo alle restrizioni

alle importazioni imposte alle società distributrici dù elettricità

dopo l'entrata in vigore della legge del 1989.

A tale riguardo, la sentenza non ha accolto, in primo luogo,

la tesi delle ricorrenti, secondo cui la commissione era tenuta

ad adottare, una volta constatata un'infrazione, una decisione

che obbligasse le imprese interessate a mettervi fine. La tesi,

infatti, sarebbe in contrasto con la lettera dell'art. 3, par. 1,

del regolamento n. 17, ai sensi del quale la commissione può adottare una tale decisione; d'altra parte, il par. 2 dello stesso

articolo non conferirebbe all'autore di una denuncia il diritto

ad ottenere dalla commissione una decisione circa l'esistenza

dell'infrazione allegata. Diverso sarebbe il discorso quando l'e

same dell'oggetto della denuncia rientra nella competenza esclu

siva della commissione. Orbene, per quanto riguarda l'applica zione dell'art. 90, par. 2, la corte ha già avuto modo di precisa re (vedi al riguardo la sentenza del 18 giugno 1991, ERT,

Il Foro Italiano — 1993.

C-260/89, in Raccolta, I, 2925) che spetta al giudice nazionale

valutare se i comportamenti posti in essere da un'impresa inca

ricata della gestione di un servizio d'interesse economico gene

rale e contrari all'art. 86 possano essere giustificati dalle neces

sità connesse alla missione particolare affidata all'impresa. Da

tale giurisprudenza risulta quindi che la commissione non ha

competenza esclusiva ad applicare l'art. 90, par. 2, del trattato,

e che, dunque, nel caso di specie, anche il giudice olandese po

teva esaminare la questione sollevata dalle ricorrenti nella loro

denuncia.

Il tribunale ha, d'altra parte, constatato che i divieti di im

portazione contenuti rispettivamente nell'art. 21 dell'OVS e nel

l'art. 34 della legge sull'energia elettrica avevano una portata

pressoché identica ed erano suscettibili di produrre gli stessi ef

fetti, vale a dire l'impossibilità quasi assoluta, per le società

distributrici, di importare elettricità. Orbene — si rileva nella

sentenza — l'esame della compatibilità della legge nazionale con

il diritto comunitario assumeva carattere prioritario rispetto a

quello dell'OVS.

Infatti, finché l'incompatibilità di detta legge con il trattato

non fosse accertata, la dichiarazione che l'OVS configurasse

un'infrazione avrebbe potuto sortire effetti pratici solo qualora

le restrizioni dallo stesso previste superassero quelle derivanti

dalla legge. Ciò risultava soprattutto dal fatto che la commissione non

avrebbe potuto — per porre fine ad una infrazione all'art. 85 — obbligare le imprese ad adottare un comportamento in con

trasto con una legge nazionale, senza esprimere una valutazione

della stessa alla luce del diritto comunitario. Ebbene, lo stru

mento appropriato di cui la commissione dispone in situazioni

di questo tipo è il procedimento ex art. 169, che nel caso di

specie rivestiva carattere prioritario rispetto al procedimento ex

art. 3 del regolamento n. 17.

Alla luce di quanto sopra, l'esame della decisione controversa

da parte del tribunale non ha rilevato alcun errore di diritto

o di fatto imputabile alla commissione per essersi la stessa aste

nuta dal pronunciarsi sulla questione sollevata dalle ricor

renti.

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