Ugo La Malfa
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Ugo La Malfa
Ugo La Malfa.jpg
Ministro dei Trasporti del
Regno d'Italia
Durata mandato 21 giugno
1945 –
8 dicembre 1945
Presidente Ferruccio Parri
Predecessore Francesco
Cerabona
Successore Riccardo
Lombardi
Ministro del commercio con
l'estero
Durata mandato 5 aprile
1951 –
7 luglio 1953
Presidente Alcide De Gasperi
Predecessore Ivan Matteo
Lombardo
Successore Paolo Emilio
Taviani
Ministro del bilancio
Durata mandato 21 febbraio
1962 –
21 giugno 1963
Presidente Amintore Fanfani
Predecessore Giuseppe Pella
Successore Giuseppe Medici
Ministro del tesoro
Durata mandato 7 luglio
1973 –
14 marzo 1974
Presidente Mariano Rumor
Predecessore Giovanni
Malagodi
Successore Emilio Colombo
Vicepresidente del Consiglio
dei Ministri
Durata mandato 23
novembre 1974 –
7 gennaio 1976
Presidente Aldo Moro
Segretario del Partito
Repubblicano Italiano
Durata mandato marzo
1965 –
febbraio 1975
Predecessore Oddo Biadini
Successore Oddo Biadini
Dati generali
Partito politico UN
(1924-1926)
Pd'A (1942-1946)
CDR (1946)
PRI (1946-1979)
on. Ugo La Malfa
Bandiera italiana Assemblea
costituente
Luogo nascita Palermo
Data nascita 16 maggio
1903
Luogo morte Roma
Data morte 26 marzo 1979
Titolo di studio laurea in
Scienze diplomatiche e
consolari, laurea in scienze
politiche
Professione economista
Partito Partito Repubblicano
Italiano (1946-1979)
Gruppo Repubblicano
Collegio CUN
Incarichi parlamentari
Presidente della seconda per
l'esame dei disegni di legge
Pagina istituzionale
on. Ugo La Malfa
Bandiera italiana Parlamento
italiano
Camera dei deputati
Ugo La Malfa nel 1969
Ugo La Malfa nel 1969
Luogo nascita Palermo
Data nascita 16 maggio
1903
Luogo morte Roma
Data morte 26 marzo 1979
Titolo di studio Laurea in
scienze politiche, laurea in
Scienze diplomatiche e
consolari
Professione economista
Partito Partito Repubblicano
Italiano (1946-1979)
Legislatura I, II, III, IV, V,
VI, VII
Gruppo Repubblicano
Coalizione Centrismo
(1948-1963)
Circoscrizione Lazio
Collegio Roma
Pagina istituzionale
Ugo La Malfa (Palermo, 16
maggio 1903 – Roma, 26
marzo 1979) è stato un
politico italiano. Con un
passato antifascista, fu tra i
fondatori del Partito d'Azione
nel 1942 e Ministro dei
Trasporti sotto Ferruccio
Parri. Eletto nel 1946
all'Assemblea Costituente
nelle file della
Concentrazione Democratica
Repubblicana, da lui fondata
con lo stesso Parri, portò il
partito a confluire nel Partito
Repubblicano Italiano nel
medesimo anno.
Ininterrottamente deputato
dal 1948 fino alla morte, fu
Ministro del commercio con
l'estero nel sesto e settimo
governo De Gasperi, Ministro
del bilancio nel quarto
governo Fanfani, Ministro del
tesoro nel quarto governo
Rumor e vicepresidente del
Consiglio dei Ministri del
quarto governo Moro.
Fu anche segretario del
Partito Repubblicano Italiano
dal 1965 al 1975 e suo
presidente dal 1975 al 1979.
Suo figlio è Giorgio La Malfa.
Indice [nascondi]
1 Biografia
1.1 Prima del 1945
1.2 Dal dopoguerra agli anni
Sessanta
1.3 La "nota aggiuntiva"
1.4 Segretario del PRI
1.5 Gli anni Settanta
2 Note
3 Bibliografia
4 Altri progetti
5 Collegamenti esterni
Biografia[modifica | modifica
wikitesto]
Prima del 1945[modifica |
modifica wikitesto]
Diplomatosi in Ragioneria,
nel 1920 ottenne anche la
licenza liceale. Si iscrisse alla
facoltà di giurisprudenza
dell'Università di Palermo, poi
si trasferì a Venezia per
frequentare alla Ca' Foscari la
Facoltà di Scienze
economiche e commerciali.
Fra i suoi docenti, Francesco
Carnelutti, Silvio Trentin e
Gino Luzzatto.[1]
Influenzato principalmente
dal pensiero di Giustino
Fortunato, Gaetano
Salvemini e Benedetto
Croce,[2] fin dagli anni
dell'Università ha contatti con
il movimento repubblicano di
Treviso e con altri gruppi
antifascisti. Nel 1924 si
trasferisce a Roma con una
borsa di studio per
frequentare un corso sul
commercio italo-americano.
Partecipa alla fondazione
dell'Unione goliardica per la
libertà che ebbe vita
brevissima ma guadagno
abbastanza autorevolezza da
essere citata sia sulle pagine
de "La Rivoluzione Liberale",
sia sul foglio "Non Mollare!" .
Il 14 giugno del 1925
interviene al primo congresso
dell'Unione nazionale
democratica fondata da
Giovanni Amendola. Il
movimento amendoliano è in
seguito dichiarato fuori
legge: il giovane La Malfa
figura nella "Pentarchia" che
ha lo scopo di porre in
liquidazione il movimento. Si
laurea nel 1926 a Venezia
con una tesi di diritto
processuale civile, dal titolo:
Di alcune caratteristiche
giuridiche del contratto della
giurisdizione, dell'arbitrato,
della conciliazione nei diritti
intersindacale,
interindividuale ed
internazionale. Il suo relatore
è Carnelutti. Dopo la laurea
frequenta la scuola allievi
ufficiali d'artiglieria di
Palermo per il servizio
militare, ma viene degradato
e trasferito in Sardegna per
aver diffuso la rivista
antifascista Pietre ma pochi
mesi dopo conegato per
motiti di salute. Nel 1928
viene arrestato nel quadro
delle retate seguenti
all'attentato alla Fiera di
Milano, ma viene presto
prosciolto.
Nel 1930 è chiamato da
Giovanni Gentile
all'Enciclopedia Treccani
come redattore per la
sezione "Industria": qui
lavora sotto la direzione del
filosofo Ugo Spirito
frequentando altri giovani
intellettuali non fascisti. Qui
conosce anche la siciliana
Orsola Corrado, che sposa
nel 1934. Quell'anno grazie a
Manlio Masi, direttore
dell'Istituto Nazionale per
l'Esportazione, viene assunto
da Raffaele Mattioli a Milano,
nell'ufficio studi della Banca
Commerciale Italiana del
quale diviene direttore nel
1938.
In questi anni lavora
intensamente, soprattutto
con funzioni di raccordo fra i
vari gruppi dell'antifascismo,
per costituire una rete che
confluisce nel Partito
d'Azione, di cui egli sarà uno
dei fondatori. Il 1º gennaio
1943 La Malfa e l'avvocato
Adolfo Tino riescono a
pubblicare il primo numero
clandestino de Italia Libera;
nello stesso anno La Malfa
deve lasciare l'Italia per
sfuggire ad un arresto della
polizia fascista. Trasferitosi a
Roma, prende parte alla
Resistenza e rappresenta il
PdA in seno al CLN, insieme
con Emilio Lussu. Esprimono
una linea di intransigenza
sulla questione istituzionale
che costituisce un'alternativa
alla linea che Palmiro
Togliatti imprime al suo
rientro in Italia con la svolta
di Salerno.
Dal dopoguerra agli anni
Sessanta[modifica | modifica
wikitesto]
Finito il conflitto, è chiamato
per il suo partito nella
Consulta Nazionale. Nel
giugno 1945 assume la guida
del dicastero dei Trasporti nel
governo guidato da Ferruccio
Parri. Nel dicembre, seguente
governo di Alcide De Gasperi,
è nominato ministro per la
Ricostruzione e in seguito
Ministro del commercio con
l'estero[3]. Nel febbraio del
1946 si tiene il primo
congresso del Partito
d'Azione, nel quale prevale la
corrente filosocialista facente
capo a Emilio Lussu: La Malfa
e Parri lasciano il partito. A
marzo, La Malfa partecipa
alla costituzione della
Concentrazione Democratica
Repubblicana che si presenta
alle elezioni per l'Assemblea
Costituente del giugno 1946:
La Malfa risulta eletto
insieme a Parri. [4] Nel
settembre dello stesso anno,
incoraggiato da Pacciardi, La
Malfa aderisce al Partito
Repubblicano Italiano (Pri);
si scontra, intorno agli
indirizzi politico-economici
della storica formazione, con
l'ostilità della vecchia
guardia, rappresentata
soprattutto da Giovanni
Conti.
Nell'aprile del 1947 La Malfa
viene designato a
rappresentare l'Italia al
Fondo Monetario
Internazionale. L'anno
seguente è nominato
vicepresidente dell'Istituto.
Ma non lascia la politica
attiva. Nello stesso anno
infatti assume, insieme con
Belloni e Reale, la segreteria
provvisoria del partito. Eletto
nella I legislatura deputato
alla Camera nel 1948 nella
circoscrizione Emilia
Romagna (confermato fino
alla VII legislatura).[5].
Nel 1950, assume l'incarico
di ministro senza portafoglio
con il compito di procedere
alla riorganizzazione dell'IRI.
Fondamentale per i destini
dell'economia italiana, l'opera
da lui portata a termine, nel
1951, divenuto ministro del
Commercio estero (fino al
1953), per la liberalizzazione
degli scambi e per la
soppressione dei
contingentamenti alle
importazioni. Il decreto sulla
liberalizzazione apre la strada
al "boom" economico
italiano. Nel 1952 propone,
senza successo, una
"Costituente programmatica"
tra i partiti laici; dal 1956,
radicando la cultura
repubblicana nella tradizione
democratica e in particolare
nel New Deal di Franklin
Delano Roosevelt, elabora la
strategia del centrosinistra e
dell'incontro con il Partito
Socialista Italiano (PSI), con
il duplice obiettivo di
allargare le basi
democratiche dello Stato e di
avviare una politica di
riforme. Dal 1953 al 1958 è
presidente della Giunta per i
trattati di commercio e la
legislazione doganale della
Camera.
Nel 1957 i repubblicani
ritirano l'appoggio esterno al
governo Segni; Randolfo
Pacciardi lascia la direzione
del partito. Nel 1959 La Malfa
assume la direzione de La
Voce Repubblicana. Nel 1962
è nominato ministro del
Bilancio in un governo
tripartito Fanfani
caratterizzato da un'opera
riformatrice per preparare
l'ingresso del PSI nell'area
della legittimità.
La "nota aggiuntiva"[modifica
| modifica wikitesto]
Nel mese di maggio presenta
la Nota aggiuntiva, che
fornisce una visione generale
dell'economia italiana e degli
squilibri da cui è
caratterizzata, delineando
inoltre gli strumenti e gli
obiettivi della
programmazione democratica
attraverso la politica dei
redditi. Il quadro diagnostico
di La Malfa si concentrava su
tre campi di intervento: il
settore agricolo;
l'industrializzazione nel
Mezzogiorno e lungo la
dorsale adriatica; i consumi e
servizi pubblici, in particolare
istruzione, sanità, previdenza
sociale e gestione del
territorio. Strumenti per
raggiungere questi obiettivi
vengono identificati negli Enti
di sviluppo per le zone
agricole; nella
programmazione regionale; e
nella volontà politica di
perseguire un'espansione dei
consumi pubblici superiore a
quelli privati. Nel campo dei
consumi e dei servizi
pubblici, di particolare
rilevanza è la discussione
sulla scuola, in cui «la crisi è
gravissima» con il rischio di
innescare «un processo
cumulativo, pericolosamente
vicino al punto in cui diverrà
irreversibile». Tre in
particolare le preoccupazioni:
modesta spesa in istruzione
delle famiglie, struttura delle
remunerazioni e del
riconoscimento sociale che
scoraggia l'investimento in
capitale umano; e scarsità
dei fondi destinati alla ricerca
scientifica e all'istruzione[6].
Segretario del PRI[modifica |
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Deve affrontare l'ostilità dei
sindacati e di Confindustria.
Nello stesso anno concorre
alla decisione del governo di
nazionalizzare l'industria
elettrica. Dal 1963 al 1965 è
presidente della
Commissione bilancio e
partecipazioni statali della
Camera.
Espulso Randolfo Pacciardi
dal Partito Repubblicano
Italiano per avere votato
contro il primo governo
organico di centrosinistra, nel
marzo del 1965 è eletto
segretario del PRI. Si avvede
immediatamente delle
insufficienze della coalizione
di centrosinistra. Nel 1966,
La Malfa apre un dibattito
con il PCI che coinvolge
Pietro Ingrao e Giorgio
Amendola, col quale aveva
condiviso le prime esperienze
antifasciste, comunista, figlio
di Giovanni: il leader
repubblicano invita la sinistra
a lasciare la sua vecchia
ortodossia, ponendosi come
forza in grado di sviluppare
un approccio riformatore,
consonante con la
complessità di un paese
radicato nell'Occidente.
Gli anni Settanta[modifica |
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Nel 1970, dopo la caduta del
terzo governo Rumor, La
Malfa rifiuta l'invito di Emilio
Colombo ad assumere la
carica di Ministro del tesoro:
per il leader repubblicano il
governo non è stato in grado
di delineare un piano
strategico di finanziamenti
per le riforme dell'università,
della sanità, dei trasporti e
della casa.
Nel quarto governo Rumor
(1973), La Malfa assume
l'incarico di ministro del
Tesoro; blocca la strada alla
richiesta di aumento del
capitale della Finambro,
aprendo la strada al
fallimento delle banche di
Michele Sindona. Nel febbraio
dell'anno seguente si dimette
dall'incarico a seguito di
contrasti col ministro del
Bilancio Antonio Giolitti sulle
condizioni poste da Fondo
Monetario Internazionale al
prestito di 1.235 miliardi di
dollari all'Italia[7]
Francobollo emesso nel
centenario della nascita.
Dopo un periodo di lunga
incomprensione con Aldo
Moro, a partire dal 1968,
nell'ottobre 1974 assume la
vicepresidenza del consiglio
nel quarto governo dello
statista pugliese (bicolore Dc
- Pri). I rapporti con Moro
sono cementati dalla
convergenza nell'analisi delle
difficoltà della democrazia
italiana. Il quarto governo
Moro avvia un dialogo col PCI
di Enrico Berlinguer nella
comune visione della
necessità di una nuova fase
che conduca a compimento il
percorso avviato con la
costruzione del sistema
democratico. La Malfa ebbe
un'influenza notevole
soprattutto nelle scelte
economiche (ad esempio per
la nomina a governatore
della Banca d'Italia del laico
Paolo Baffi). Nel 1975
assume la presidenza del
PRI, di cui Oddo Biasini
diviene segretario. Nel
gennaio del 1976, dopo la
crisi di governo decretata dal
PSI, crescono le sue
preoccupazioni
sull'evoluzione della
democrazia italiana. Intanto,
in una prospettiva europea,
La Malfa porta il partito nella
Federazione dei partiti liberali
e democratici europei
(attuale ALDE), nonostante la
contrarietà della sinistra del
Pri, che avrebbe preferito
un'adesione all'Internazionale
Socialista.
Tra il 1976 e il 1979 è
convinto sostenitore della
politica di "solidarietà
nazionale" tesa a condurre il
PCI nell'area della legittimità.
La Malfa ha presente le
difficoltà crescenti del
sistema democratico e
giudica positivamente la
revisione ideologica e politica
che Enrico Berlinguer
imprime al PCI. Si impegnò a
far conoscere questa
revisione del PCI anche
all'estero, ad esempio con un
articolo sulla prestigiosa
rivista USA “Foreign affairs”
nella primavera del 1978 [8]
Nel 1978 la sua azione risulta
determinante nella decisione
italiana di aderire al Sistema
monetario europeo; nello
stesso anno, nel periodo del
sequestro Moro, La Malfa fu
uno dei più attivi alfieri del
cosiddetto "fronte della
fermezza", ostile ad ogni
forma di trattativa con le
Brigate Rosse. Scorse nel
terrorismo rosso una
devastante azione tesa a
bloccare l'evoluzione della
democrazia italiana e a
colpire il faticoso processo di
revisione del PCI. Sconfitto
nelle elezioni presidenziali del
1978 dal veto di Bettino
Craxi, fu determinante
nell'elezione di Sandro Pertini
alla presidenza della
Repubblica.
Dopo la caduta del IV
Governo Andreotti (31
gennaio 1979) Pertini gli
affida un incarico esplorativo
al fine di sondare la
possibilità di trovare una
maggioranza. L'incarico non
ha esito positivo, ma La
Malfa rimane il primo laico
dopo l'azionista Ferruccio
Parri (1945) ad aver ricevuto
l'incarico di formare un
governo. Il 20 marzo 1979
viene nominato
vicepresidente del consiglio e
Ministro del bilancio del V
governo Andreotti. La Malfa
aveva l'obiettivo di favorire
una ricomposizione tra PCI e
PSI i cui rapporti, in verità,
conoscevano un
deterioramento che si rivelò
negli anni successivi
irreparabile. Del PRI
Spadolini accettò di entrare
nel governo mentre Bruno
Visentini rifiutò, per poi
prendere il suo posto con la
sua morte[9]: quattro giorni
dopo, infatti, il 24 marzo La
Malfa è colpito da emorragia
cerebrale: muore dopo due
giorni di agonia.
Note[modifica | modifica
wikitesto]
^
http://www.treccani.it/encicl
opedia/ugo-la-malfa_(Diziona
rio_Biografico)/
^ Antonio Duva, Ugo La
Malfa: l'idea di un'altra Italia,
Scheiwiller, 2003, p. 49
^
http://storia.camera.it/deput
ato/ugo-la-malfa-19030516/l
eg-transizione-consulta_nazi
onale/governi#nav
^ Sul contributo di La Malfa
ai lavori dell'Assemblea
Costituente, si veda
Fondazione Lelio e Lisli
Basso. La via alla politica.
Lelio Basso, Ugo La Malfa,
Meuccio Ruini protagonisti
della Costituente, a cura di
Giancarlo Monina, Milano,
Franco Angeli, 1999.
^
http://storia.camera.it/deput
ato/ugo-la-malfa-19030516/l
eg-repubblica-I/governi#nav
^ « La nota del '62 e il paese
che non fu », di Andrea
Goldstein, Il Sole-24 Ore, 2
giugno 2012.
^ Testimonianza di Luigi
Spaventa al colloquio del 4
maggio 2010 su Antonio
Giolitti all'Istituto Treccani..
^ Ugo La Malfa e la Sinistra
^
http://storia.camera.it/gover
ni/v-governo-andreotti#nav
Bibliografia[modifica |
modifica wikitesto]
Paolo Soddu, Ugo La Malfa. Il
riformista moderno, Carocci,
Roma 2008.
Ugo La Malfa, Scritti
1925-1953, Mondadori,
Milano 1988
Sergio Telmon, Ugo La Malfa.
Il professore della
Repubblica, Rusconi, Milano
1983
Ugo La Malfa, L'avvenire che
ho voluto: scritti e discorsi
dell'ultimo anno, Edizioni
della voce, Roma 1979
Ugo La Malfa, L'altra Italia,
Mondadori, Milano 1975