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A10Una mappa linguistica: idronimi italici ed e llenici 125 5.1 I luoghi 127 5.2 Idronimi osci e...

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Page 1: A10Una mappa linguistica: idronimi italici ed e llenici 125 5.1 I luoghi 127 5.2 Idronimi osci e latini 160 5.3 Idronimia greca (arcaica, ellenistica, bizant ina) 185 Capitolo VI I

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John Bassett Trumper

Geostoria linguistica della Calabria

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via Quarto Negroni, Ariccia (RM)

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con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: gennaio

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Indice

11 Prolegomeni dell’autore

19 Introduzione

23

Capitolo I Descrizione e analisi di una situazione complessa

23 1.1 Il contatto linguistico nella Calabria antica 25 1.2 Le divisioni linguistiche della Calabria 27 1.3 Le teorie sostratistiche 29 1.4 Le argomentazioni storiche

37 Capitolo II La stratificazione linguistica nella Calabria antica

37 2.1 Popoli e nomi 47 2.2 Ulteriori riflessioni sull’etimologia di Bruttium e

sull’etnonimo Brettii 50 2.3 Il complesso rapporto osco–greco–latino della Ca-

labria antica 55 2.4 Questioni di sostrato: lessico e grammatica

65 Capitolo III La presenza del lessico osco

65 3.1 La rilevanza del lessico 69 3.2 Oscismi del calabrese. Discussione etimologica

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6 Indice

101

Capitolo IV La presenza greca

101 4.1 L’ipotesi della continuità 106 4.2 Processi comuni: il grico del Salento 107 4.3 Ulteriori commenti morfologici 115 4.4 Altri aspetti della morfologia verbale 120 4.5 Altri fenomeni problematici: l’aggettivo

125 Capitolo V Una mappa linguistica: idronimi italici ed ellenici

125 5.1 I luoghi 127 5.2 Idronimi osci e latini 160 5.3 Idronimia greca (arcaica, ellenistica, bizantina)

185 Capitolo VI I longobardismi: una presenza controversa

185 6.1 Il reale peso della presenza longobarda, i confini settentrionali

189 6.2 Longobardismi: lessici settoriali 200 6.3 Sintesi conclusiva

205 Capitolo VII Adstrato e superstrato. Venezianismi e spagnolismi

205 7.1 Venezianismi lungo la costa tirrenica 205 7.2 Lessico marinaro nel Tirreno cosentino 212 7.3 Superstrato in Calabria: iberismi nel calabrese

223 Capitolo VIII Il presente tramite il passato

223 8.1 Calabria in partes quinque divisa est 226 8.2 Dal passato al presente 228 8.3 La Calabria dialettale di oggi 230 8.4 La creazione di circuiti linguistici 232 8.5 Un criterio per l’identificazione delle maggiori di-

visioni

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7Indice

101

Capitolo IV La presenza greca

101 4.1 L’ipotesi della continuità 106 4.2 Processi comuni: il grico del Salento 107 4.3 Ulteriori commenti morfologici 115 4.4 Altri aspetti della morfologia verbale 120 4.5 Altri fenomeni problematici: l’aggettivo

125 Capitolo V Una mappa linguistica: idronimi italici ed ellenici

125 5.1 I luoghi 127 5.2 Idronimi osci e latini 160 5.3 Idronimia greca (arcaica, ellenistica, bizantina)

185 Capitolo VI I longobardismi: una presenza controversa

185 6.1 Il reale peso della presenza longobarda, i confini settentrionali

189 6.2 Longobardismi: lessici settoriali 200 6.3 Sintesi conclusiva

205 Capitolo VII Adstrato e superstrato. Venezianismi e spagnolismi

205 7.1 Venezianismi lungo la costa tirrenica 205 7.2 Lessico marinaro nel Tirreno cosentino 212 7.3 Superstrato in Calabria: iberismi nel calabrese

223 Capitolo VIII Il presente tramite il passato

223 8.1 Calabria in partes quinque divisa est 226 8.2 Dal passato al presente 228 8.3 La Calabria dialettale di oggi 230 8.4 La creazione di circuiti linguistici 232 8.5 Un criterio per l’identificazione delle maggiori di-

visioni

Schede di approfondimento 245 1 Corrispondenze osco–latine 251 2 Le infinitive nel calabrese mediano e meridionale 259 3 Il toponimo Cosoleto 263 4 Una discussione sull’etimologia di andare 265 5 Sull’etimologia di prìeju, prejare / prijari 267 6 L’uso del perfettivo nella Gerusalemme Liberata di

Carlo Cosentino 271 7 L’etimologia di gualanu 275 8 L’etimologia di sàndolo

279

Abbreviazioni utilizzate

281

Abbreviazioni bibliografiche

285

Riferimenti bibliografici

339

Indice dei nomi

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Gli studi dedicati alla Calabria che abbiano un respiro vasto e gene-rale sono molto rari; per il passato, l’opera del glottologo tedesco Gerhard Rohlfs e, per la toponomastica, quella di Giovanni Alessio, costituiscono i due poli, sempre citati ma non ripresi e aggiornati. La difficoltà di tracciare un profilo linguistico, che tenga conto di tutte le angolazioni pertinenti e necessarie, è indubbiamente un compito che ha scoraggiato i più, anche alla luce dei due prerequisiti necessari per una simile impresa: la conoscenza capillare di un territorio così frammentario linguisticamente e le competenze multidisciplinari im-prescindibili per non tralasciare nessun aspetto, da quello storico a quello etnolinguistico a quello dialettologico e sociolinguistico. Dopo una vita di ricerche dedicate, anche, a questa regione — tenendo ben presente il senso pieno di cosa significhi ricercare, cioè percorrere un cammino che di certo non ha fine — è giunto il momento di comincia-re a scrivere il primo capitolo di questa geostoria linguistica della Calabria, a partire dal suo più lontano passato.

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11

Prolegomeni dell’autore

L’attuale divisione geopolitica della Calabria non corrisponde certo

con esattezza alla terza Regio romana; non è quindi utile, dal punto di

vista pratico o scientifico, iniziare uno studio dettagliato della sua sto-

ria linguistica, specialmente dei suoi dialetti, semplicemente descri-

vendo le centinaia di parlate singole, spesso molto diverse tra di loro,

anche strutturalmente, unite solo perché hanno una comune origine nel

tardo latino della regione che oggi chiamiamo Calabria. Questo terri-

torio non ha mai avuto, nella sua lunga storia, alcun centro dominante

in senso culturale, politico–economico e soprattutto linguistico, nes-

sun luogo, o luoghi, identificabili con un centro urbano, o un agglome-

rato consistente, che livellasse e koinizzasse l’intera area. Di conse-

guenza, il nostro percorso di studio partirà dall’individuazione di cin-

que macroentità dialettali le quali, più verosimilmente, fotografano le

divisioni adatte ad illustrare la situazione calabrese.

Con queste premesse, inizia una discussione sulla validità di con-

cetti che nascono nella dialettologia dell’Ottocento, quali quelli di

SOSTRATO, SUPERSTRATO, ADSTRATO, definiti originariamente da Gra-

ziadio Isaia Ascoli, successivamente modificati da Clemente Merlo ed

altri, nella prima metà del Novecento.

Storicamente, il punto d’inizio sarà l’“italicizzazione” dell’odierna

Italia nel periodo 3200–2800 a.C., discutendo la formazione di un

gruppo italico Umbro–Sabellino (Sabino)–Sudpiceno–Osco e conside-

rando se una denominazione quale Enotro / Enotria sia riferita ad uno

stadio antico di questo stesso gruppo. Purtroppo, le prime fonti scritte

(le iscrizioni note), databili al periodo 700–600 a.C., sono poche e si

attestano quando già l’invasione dorica è in atto nell’Italia meridiona-

le. In prima istanza, si è cercato di investigare i rapporti (biculturali-

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12 Prolegomeni12 Geostoria linguistica della Calabria

smo) tra i microgruppi sabellici più meridionali e i Dori; è già notevo-le che, mentre i Campani e gli Osci si alfabetizzano tramite le rivisita-zioni grosso modo “etrusche” dell’alfabeto greco, con la formazione dell’alfabeto detto “osco nazionale”, gli Osci più meridionali — che si chiamino Brettii o Enotri non ha eccessiva rilevanza — ricevono l’alfabeto direttamente dai Dori, con lievi adattamenti. In altre parole, un sistema vocalico osco che per le lunghe è essenzialmente trivocali-co (ī ~ ū ~ ā) mentre per le brevi è penta–vocalico (ĭ ~ ĕ ~ ŭ ~ ŏ ~ ă), si adatta ad un sistema vocalico (greco dorico) di lunghe e brevi più complesso e già ben stabilizzato. La seconda tappa importante è la graduale romanizzazione di questi gruppi, dopo la vittoria di Roma e la sconfitta di Annibale (201 a.C.), con il conseguente iniziale trilin-guismo osco–greco–latino. Si assiste inoltre, nei successivi tre secoli, ad una recessione impressionante dell’osco ma non dell’uso del greco, per cui un iniziale trilinguismo cede il passo ad un nuovo bilinguismo in cui il partner dominante è ora il latino di Roma. In questo periodo iniziale, il passaggio dall’osco ad un latino fortemente “regionale”, come diceva Giovanni Alessio, sembra avere un’enorme influenza sullo stesso vocalismo di questo stadio del latino, perché l’osco cono-sceva già una serie di neutralizzazioni vocaliche implicanti l’innalzamento delle vocali medie, cioè ē > ī e (ā >) ō > ū, con il man-tenimento di dittonghi quali ei ed ou. Insieme a questa tendenza, tro-viamo simili rotazioni vocaliche nel medio greco, quando l’esercito dell’Impero d’Oriente torna in Italia nel 690 d.C. per bloccare l’espansione dei Longobardi nell’Italia Meridionale. Ma già il greco tra il 200 e il 300 d.C. aveva conosciuto il monottongamento di ei in ī (nelle tombe greche di Reggio Calabria si trovava già per = hic jacet), perché l’uso gotico di ei per ī (come in stei-gan ‘salire’ = /stīgan/) suppone già tale neutralizzazione quando pren-de in prestito in modo massiccio i simboli e le convenzioni dell’alfabeto greco dopo il 300 d.C. Nello stesso periodo le lunghe e le brevi , , , cominciano a neutralizzarsi a favore di vocali semplici , , , che non conoscono più alcuna opposizione di lunghezza vo-calica. Le uniche lunghe rimanenti, cioè , che in origine erano le lunghe corrispettive di 1, iniziano dopo l’800 d.C. (realizzate come

1 In Omero troviamo ‘evidente, chiaro’ (Iliade 10. 466), con una lunga, mentre

in Aristotele si ha già , , explicatio con < ; soltanto il dorico aveva

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13Prolegomeni12 Geostoria linguistica della Calabria

smo) tra i microgruppi sabellici più meridionali e i Dori; è già notevo-le che, mentre i Campani e gli Osci si alfabetizzano tramite le rivisita-zioni grosso modo “etrusche” dell’alfabeto greco, con la formazione dell’alfabeto detto “osco nazionale”, gli Osci più meridionali — che si chiamino Brettii o Enotri non ha eccessiva rilevanza — ricevono l’alfabeto direttamente dai Dori, con lievi adattamenti. In altre parole, un sistema vocalico osco che per le lunghe è essenzialmente trivocali-co (ī ~ ū ~ ā) mentre per le brevi è penta–vocalico (ĭ ~ ĕ ~ ŭ ~ ŏ ~ ă), si adatta ad un sistema vocalico (greco dorico) di lunghe e brevi più complesso e già ben stabilizzato. La seconda tappa importante è la graduale romanizzazione di questi gruppi, dopo la vittoria di Roma e la sconfitta di Annibale (201 a.C.), con il conseguente iniziale trilin-guismo osco–greco–latino. Si assiste inoltre, nei successivi tre secoli, ad una recessione impressionante dell’osco ma non dell’uso del greco, per cui un iniziale trilinguismo cede il passo ad un nuovo bilinguismo in cui il partner dominante è ora il latino di Roma. In questo periodo iniziale, il passaggio dall’osco ad un latino fortemente “regionale”, come diceva Giovanni Alessio, sembra avere un’enorme influenza sullo stesso vocalismo di questo stadio del latino, perché l’osco cono-sceva già una serie di neutralizzazioni vocaliche implicanti l’innalzamento delle vocali medie, cioè ē > ī e (ā >) ō > ū, con il man-tenimento di dittonghi quali ei ed ou. Insieme a questa tendenza, tro-viamo simili rotazioni vocaliche nel medio greco, quando l’esercito dell’Impero d’Oriente torna in Italia nel 690 d.C. per bloccare l’espansione dei Longobardi nell’Italia Meridionale. Ma già il greco tra il 200 e il 300 d.C. aveva conosciuto il monottongamento di ei in ī (nelle tombe greche di Reggio Calabria si trovava già per = hic jacet), perché l’uso gotico di ei per ī (come in stei-gan ‘salire’ = /stīgan/) suppone già tale neutralizzazione quando pren-de in prestito in modo massiccio i simboli e le convenzioni dell’alfabeto greco dopo il 300 d.C. Nello stesso periodo le lunghe e le brevi , , , cominciano a neutralizzarsi a favore di vocali semplici , , , che non conoscono più alcuna opposizione di lunghezza vo-calica. Le uniche lunghe rimanenti, cioè , che in origine erano le lunghe corrispettive di 1, iniziano dopo l’800 d.C. (realizzate come

1 In Omero troviamo ‘evidente, chiaro’ (Iliade 10. 466), con una lunga, mentre

in Aristotele si ha già , , explicatio con < ; soltanto il dorico aveva

Prolegomeni 13

vocali molto chiuse) a neutralizzarsi con ; in aggiunta, dopo il 900 d.C., come testimonia Costantino Porfirogenito, le classi sociali più basse neutralizzano con . La rotazione completa può essere schema-tizzata come segue (Schema 1):

/

Schema 1. Rotazione vocalica nel medio greco La somiglianza di questa evoluzione vocalica con quella osservata

nel caso del calabro–siculo è rimarchevole. In quest’ultimo caso, pos-siamo fare riferimento agli esiti riportati nello Schema 2:

ī ĭ ē ĕ æ ā ă ŏ ō ŭ ū

i ɛ ɛ a ɔ u

i ɛ a ɔ u

Schema 2. Dal latino volgare (regionale, parlato) al vocalismo calabro–siculo

L’innalzamento di ē ad ī e di ō ad ū rispettivamente è anche presen-te nell’osco.

Un altro fenomeno, altrettanto tipico dell’osco, e probabilmente frutto della sua rotazione vocalica peculiare (ē > ī, parallelamente a ō > ū), è la riduzione dell’organizzazione verbale italica, originariamen-te a quattro coniugazioni, secondo la vocale tematica del verbo. Il lati-no parte da una divisione a quattro, con le seguenti vocali tematiche:

1. –Ā– (–āre)

2. –Ē– (–ēre)

3. –Ø– [vocale zero] (> –ĕre, con epentesi di –ĕ–)

4. –Ī– (–īre) ancora , come corrispondenti lunghe di , , perché la originale non si era mai palatalizzata e innalzata fino ad in quel particolare gruppo dialettale greco.

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14 Prolegomeni14 Geostoria linguistica della Calabria

Le quattro coniugazioni latine sono esemplificate dai verbi:

1. ămāre, nāre (> nātāre), molti prestiti (>) chălāre, (mŭlta, oscismo >) mŭltāre, derivati (sānus –a –um >) sānāre, (ĭŏcus >) ĭŏcāre, iterativi (căpĭo, căpĕre, căptum >) adcăptāre;

2. hăbēre, ŭĭdēre, ărdēre, săpēre1,2, pārēre, cădēre, pātēre, tĕnēre;

3. făcĕre, dīcĕre, dūcĕre, bĭbĕre, fĕrre (< *BER–SE), vĕlle (< *WEL–SE);

4. fĕrīre, sĕntīre, dŏrmīre, scīre, vĕnīre,

cui corrispondono in osco

1. múltáúm, 3. deikúm, –doukúm, afferúm, con 2 > 4 (hafíúm, cadíúm) e qualche caso di 3 > 4 (fakíúm), 4. heríúm.

In effetti, l’osco aveva ridotto lo schema morfologico verbale a tre

coniugazioni, con tre vocali tematiche: 1. –Ā–, 3. –Ø (vocale zero), 4. –Ī–.

Lo schema per il neolatino corrisponde in gran parte con quello la-tino, possedendo in partenza quattro coniugazioni, basate sulla presen-za di vocali tematiche, come per le lingue e i dialetti seguenti:

1 (–A–) — romeno: nătá, săná, jucá; Area Laus.: natá(dǝ), saná(dǝ), jucá(dǝ), accattá(dǝ); toscano = italiano: nuotare, sanare, giocare, (accattare); veneto–veneziano: noar, sanar, zugar, catar; friulano: nadâ, juâ (jûch), chjatâ.

2 (–E–) — romeno: aveá, vedeá, păreá, cădeá, ţineá; 3 > 2 beá, vreá; Area Laus.: avé(dǝ), paré(dǝ), sapé(dǝ)1, vu(l)é(dǝ); toscano = ita-liano: avére, vedére, parére, cadére, tenére, 3 > 2 volére; veneto–veneziano: avér, savér, parér, tegnér; 3 > 2 volér; 4 > 2 vegnér (Terraferma per vignir); friulano: avê, savê, parê; 3 > 2 vulê.

3 (–E– atona) — romeno: face, zice, (se) duce; 2 > 3 arde; Area Laus.: dĭcǝ, annŭcǝ; 2 > 3 sapǝ2, vĭdǝ, gardǝ, cadǝ; 4 > 3 sèntǝ; toscano = italiano: (fare, dire) bére (< bévere); veneto–veneziano: (far, dir) béver; 2 > 3 véder, árder, cáder (urbanamente sostituito da ca-scar); friulano: bévi; 2 > 3 viódi, árdi, cádi.

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15Prolegomeni14 Geostoria linguistica della Calabria

Le quattro coniugazioni latine sono esemplificate dai verbi:

1. ămāre, nāre (> nātāre), molti prestiti (>) chălāre, (mŭlta, oscismo >) mŭltāre, derivati (sānus –a –um >) sānāre, (ĭŏcus >) ĭŏcāre, iterativi (căpĭo, căpĕre, căptum >) adcăptāre;

2. hăbēre, ŭĭdēre, ărdēre, săpēre1,2, pārēre, cădēre, pātēre, tĕnēre;

3. făcĕre, dīcĕre, dūcĕre, bĭbĕre, fĕrre (< *BER–SE), vĕlle (< *WEL–SE);

4. fĕrīre, sĕntīre, dŏrmīre, scīre, vĕnīre,

cui corrispondono in osco

1. múltáúm, 3. deikúm, –doukúm, afferúm, con 2 > 4 (hafíúm, cadíúm) e qualche caso di 3 > 4 (fakíúm), 4. heríúm.

In effetti, l’osco aveva ridotto lo schema morfologico verbale a tre

coniugazioni, con tre vocali tematiche: 1. –Ā–, 3. –Ø (vocale zero), 4. –Ī–.

Lo schema per il neolatino corrisponde in gran parte con quello la-tino, possedendo in partenza quattro coniugazioni, basate sulla presen-za di vocali tematiche, come per le lingue e i dialetti seguenti:

1 (–A–) — romeno: nătá, săná, jucá; Area Laus.: natá(dǝ), saná(dǝ), jucá(dǝ), accattá(dǝ); toscano = italiano: nuotare, sanare, giocare, (accattare); veneto–veneziano: noar, sanar, zugar, catar; friulano: nadâ, juâ (jûch), chjatâ.

2 (–E–) — romeno: aveá, vedeá, păreá, cădeá, ţineá; 3 > 2 beá, vreá; Area Laus.: avé(dǝ), paré(dǝ), sapé(dǝ)1, vu(l)é(dǝ); toscano = ita-liano: avére, vedére, parére, cadére, tenére, 3 > 2 volére; veneto–veneziano: avér, savér, parér, tegnér; 3 > 2 volér; 4 > 2 vegnér (Terraferma per vignir); friulano: avê, savê, parê; 3 > 2 vulê.

3 (–E– atona) — romeno: face, zice, (se) duce; 2 > 3 arde; Area Laus.: dĭcǝ, annŭcǝ; 2 > 3 sapǝ2, vĭdǝ, gardǝ, cadǝ; 4 > 3 sèntǝ; toscano = italiano: (fare, dire) bére (< bévere); veneto–veneziano: (far, dir) béver; 2 > 3 véder, árder, cáder (urbanamente sostituito da ca-scar); friulano: bévi; 2 > 3 viódi, árdi, cádi.

Prolegomeni 15

4. (–I–) — romeno: simţí, durmí, ştí, vení; 2 > 4 păţí; Area Laus.: furní(dǝ) / frunní(dǝ), durmí(dǝ), vǝní(dǝ); toscano = italiano: senti-re, dormire, venire; 2 > 4 patire; veneto–veneziano: sentir, dormir / dromir, vignir; 2 > 4 tignir (Laguna), paìr, caìr (allotropo rurale di cáder); friulano: sentî, du[a]rmî, vignî; 2 > 4 padî.

Il romeno e il friulano mantengono altri tratti (accentuali) particola-

ri di alcune forme della seconda coniugazione2, diversamente da altri gruppi neolatini.

Determinate varietà, comprese quella calabrese settentrionale e quelle ibero–romanze, riducono le quattro coniugazioni a tre, seguen-do l’antico modello osco. L’esemplificazione, con due diverse solu-zioni, riguarda i gruppi neolatini cal. sett. e castigliano (spagnolo):

1. — Cal. sett.: natare, sanare, calare, jucare, accattare; castigliano: nadar, calar, jugar.

2. (cancellazione calabrese) — Cal. sett.: 2 > 3, 4: la coniugazione viene cancellata; castigliano: habér, ardér, vér, sabér; 3 > 2 hacér.

3. (cancellazione iberica) — Cal. sett.: dìcere, vìvere; 2 > 3 vìdere, ár-dere, nnùcere (< indūcĕre), pàtere, sàpere2; 4 > 3 dòrmere, sèntere, vènere, frùnnere; castigliano: 3 > 2, 4: la coniugazione viene cancella-ta.

4. — Cal. sett.: ferire, finire, jire; 2 > 4 avire, parire, sapire1, vulìre; castigliano: herir, sentir, dormir, venir, ir; 3 > 4 decir.

Nel cal. med. e merid., la riduzione è ancora più drastica: le coniu-gazioni sono effettivamente solo due, cioè

1. natari –a, calari –a, jucari –a, accattari –a; 4. avìri –a, ardìri –a, vidìri –a, sapìri –a1,2, vulìri –a, vivìra / mbivìri, dìri –a, patìri –a, jìri –a, parìri –a, sentìri –a, durmìri –a ecc.

La Calabria è dunque segnata da una continua riduzione di classi di coniugazione verbale, man mano che si procede verso sud, vale a dire quattro coniugazioni (Area Lausberg, conservatività latina), che cedo-

2 Cfr., per la 2a pers. pl. del pres. indic. della 3a coniugazione, nel romeno fáceţi, zìceţi

‘fate, dite’, nel friulano fáis / fáiseis, dìseis, con l’accento rizotonico.

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16 Prolegomeni16 Geostoria linguistica della Calabria

no nel nord della Calabria a tre coniugazioni (cal. sett., modello “osco”), nella Calabria mediana e meridionale a soli due tipi di coniu-gazione verbale, quasi una reductio ad absurdum. La situazione è ve-ramente originale vista all’interno della compagine romanza (neolati-na).

I risultati di questa simbiosi latino–greco–osca vengono approfon-diti nei capitoli III e IV, nella fonologia e nella sintassi, solo minima-mente nel lessico, tranne che per gli oscismi; la discussione sul bi–triculturalismo, e conseguente bi–trilinguismo, usando il caso dell’idronimia è indagato nel capitolo V. Ovviamente, il quadro è più complesso e non si esaurisce certo con il trattamento di tutti i possibili idronimi, anche se 290 idronimi indicanti 450 corsi d’acqua costitui-scono un numero abbastanza cospicuo.

Nei capitoli VI e VII si analizzano gli strati linguistici più superfi-ciali, dovuti a una parziale penetrazione nel territorio di altre popola-zioni nel corso della storia, come nel caso della parziale presenza dei Longobardi, oppure di quella spagnola nel periodo del Viceregno. Ciò che colpisce, e che viene di conseguenza commentato, è la relativa esiguità di longobardismi, e non solo nella toponomastica. Gli elemen-ti ibero–romanzi sono piuttosto significativi (105 lemmi), anche se di numero di gran lunga inferiore agli ispanismi del siciliano e del napo-letano; al loro interno, vi è una presenza rilevante, se pur ridotta (20%) di catalanismi, indice della presenza di amministratori catalani di alto lignaggio. Pur alla luce di una geodiffusione assai limitata, è interes-sante la presenza, principalmente a Cetraro e Fuscaldo sul Tirreno, ma non esclusivamente, di quasi una trentina di venetismi nel linguaggio settoriale della pesca e della marineria, segno della funzione svolta da alcuni porti come scali per la flotta veneziana, tra il Quattrocento e il Seicento3.

L’ultimo capitolo, infine, è dedicato alla situazione linguistica odierna, con una discussione approfondita, in special modo, dei ma-cro–circuiti dialettali, del vocalismo, del consonantismo, della morfo-logia verbale e di alcuni spunti di sintassi delle varie divisioni interne. La situazione sarà ancor più evidente descrivendo in dettaglio i circuiti dialettali che ne derivano.

3 Indicativa è anche la dedica del porto, della frazione marina di Cetraro, insieme alla parocchia della marina: Porto di S. Marco, frazione S. Marco, con la chiesa dedicata a S. Marco!

Page 17: A10Una mappa linguistica: idronimi italici ed e llenici 125 5.1 I luoghi 127 5.2 Idronimi osci e latini 160 5.3 Idronimia greca (arcaica, ellenistica, bizant ina) 185 Capitolo VI I

17Prolegomeni16 Geostoria linguistica della Calabria

no nel nord della Calabria a tre coniugazioni (cal. sett., modello “osco”), nella Calabria mediana e meridionale a soli due tipi di coniu-gazione verbale, quasi una reductio ad absurdum. La situazione è ve-ramente originale vista all’interno della compagine romanza (neolati-na).

I risultati di questa simbiosi latino–greco–osca vengono approfon-diti nei capitoli III e IV, nella fonologia e nella sintassi, solo minima-mente nel lessico, tranne che per gli oscismi; la discussione sul bi–triculturalismo, e conseguente bi–trilinguismo, usando il caso dell’idronimia è indagato nel capitolo V. Ovviamente, il quadro è più complesso e non si esaurisce certo con il trattamento di tutti i possibili idronimi, anche se 290 idronimi indicanti 450 corsi d’acqua costitui-scono un numero abbastanza cospicuo.

Nei capitoli VI e VII si analizzano gli strati linguistici più superfi-ciali, dovuti a una parziale penetrazione nel territorio di altre popola-zioni nel corso della storia, come nel caso della parziale presenza dei Longobardi, oppure di quella spagnola nel periodo del Viceregno. Ciò che colpisce, e che viene di conseguenza commentato, è la relativa esiguità di longobardismi, e non solo nella toponomastica. Gli elemen-ti ibero–romanzi sono piuttosto significativi (105 lemmi), anche se di numero di gran lunga inferiore agli ispanismi del siciliano e del napo-letano; al loro interno, vi è una presenza rilevante, se pur ridotta (20%) di catalanismi, indice della presenza di amministratori catalani di alto lignaggio. Pur alla luce di una geodiffusione assai limitata, è interes-sante la presenza, principalmente a Cetraro e Fuscaldo sul Tirreno, ma non esclusivamente, di quasi una trentina di venetismi nel linguaggio settoriale della pesca e della marineria, segno della funzione svolta da alcuni porti come scali per la flotta veneziana, tra il Quattrocento e il Seicento3.

L’ultimo capitolo, infine, è dedicato alla situazione linguistica odierna, con una discussione approfondita, in special modo, dei ma-cro–circuiti dialettali, del vocalismo, del consonantismo, della morfo-logia verbale e di alcuni spunti di sintassi delle varie divisioni interne. La situazione sarà ancor più evidente descrivendo in dettaglio i circuiti dialettali che ne derivano.

3 Indicativa è anche la dedica del porto, della frazione marina di Cetraro, insieme alla parocchia della marina: Porto di S. Marco, frazione S. Marco, con la chiesa dedicata a S. Marco!

Prolegomeni 17

Forse alcune parti di questa trattazione risulteranno incomprensibili o astruse, motivo per cui gli approfondimenti e le citazioni sono stati posti alla fine del testo e nelle note, dedicati a chi vuole e può appro-fondire gli aspetti teorici. Si è voluto lasciare qualche esempio di co-me si debba analizzare il linguaggio nel suo evolversi e mutare per ri-portare questi studi alla dignità scientifica che è loro propria, sottraen-doli ad un ambito falsamente divulgativo, che li depriva del valore scientifico e ne fa spesso confronto di opinioni.

Come si intuisce, i problemi sono numerosissimi e complessi; no-nostante alcuni siano stati affrontati in questo libro, moltissimi altri at-tendono ancora di essere studiati in lavori futuri.


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