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Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Date post: 08-Mar-2016
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Banca Popolare del Frusinate - Libro Decennale
136
Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate
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Page 1: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Una Storiadi Fatti e Protagonistiper lo Sviluppo dell’Economia edella Cultura Frusinate

Una Storiadi Fatti e Protagonistiper lo Sviluppo dell’Economia edella Cultura Frusinate

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Presentazionedi Bruno Di Cosimo, Francesco Scalia, Paolo Vigo

Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”del Prof. Luigi Salamone

Costituzione e Sviluppo della Banca Popolare del Frusinatedel Prof. Fausto Piola Caselli

Società ed Economia nelle Valli del Frusinatedel Prof. Francesco Salerno

La Banca Popolare del Frusinate. Una banca con nome e cognomedi Pino Parente

L'Origine della Banca. Storia, Fatti e Protagonistidi Luigi Conti

Dinamiche di una Gestione

Note Bibliografiche

Appendice

Page 5: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

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Una Storiadi Fatti e Protagonistiper lo Sviluppo dell’Economia edella Cultura Frusinate

Una Storiadi Fatti e Protagonistiper lo Sviluppo dell’Economia edella Cultura Frusinate

Page 6: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Presidente Bruno Di Cosimo

Page 7: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Presentazione

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Banca Popolare del Frusinate

Page 9: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Il Consiglio di Amministrazione, dopotredici anni di operosa attività della

Banca Popolare del Frusinate, ha

voluto onorare questo significativo ed impor-

tante traguardo con una ricerca documentata

e scrupolosa, volta a ripercorrere le vicende ed

i protagonisti che hanno fatto la storia del

nostro istituto di credito popolare.

È nato così il primo volume dedicato alla

Banca, “Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo

Sviluppo dell’Economia e della Cultura

Frusinate” che mi onoro di presentare all’atten-

zione e alla lettura dei Soci e dei Clienti, ma

anche di tutte quelle persone vicine al nostro

lavoro e in ogni caso interessate alla nostra storia.

Sono, infatti, da sempre convinto che gli eventi

di cui una Banca locale è protagonista, di una

Banca che abbia le caratteristiche della nostra,

sono profondamente intrise nelle radici culturali

e sociali del territorio nel quale essa opera, rievo-

candone profondamente la forma e la sostanza.

Gli illustri autori della prima parte dell’opera

hanno analizzato, da un punto di vista pretta-

mente economico e distintamente, i diversi

momenti della crescita e dello sviluppo della

Banca, mettendoli sempre in rapporto con il

contesto nazionale; si va dalla trattazione del

prof. Francesco Salerno, che offre una sintetica e

pregevole panoramica storica della graduale tra-

sformazione del tessuto socio-economico della

provincia di Frosinone, all’intervento del Prof.

Salamone, che studia in modo didascalico ed

esaustivo, il complesso fenomeno delle Banche

Popolari Italiane con diretti riferimenti alla BPF.

La terza monografia del volume, ultima

della prima parte, curata dal Prof. Piola

Caselli, analizza sistematicamente le origini

del mondo bancario italiano, esaminando in

modo dettagliato e con rigore scientifico le

motivazioni della nascita della nostra Banca.

La seconda parte del volume è dedicata inte-

ramente alla Banca Popolare del Frusinate, ai

suoi protagonisti, e quindi alle tante personalità

del mondo imprenditoriale e della vita associa-

tiva culturale, civile ed amministrativa della

nostra provincia. Molta attenzione è posta ai

princìpi ispiratori della banca, a tutti quegli ele-

menti che fanno diretto riferimento al credito

popolare e mutualistico.

Con l’occhio attento alle innovazioni che nel

campo bancario quotidianamente s’impongono,

questa seconda parte del volume vuole anche

ricordare che i criteri di gestione attuali sono

rimasti e resteranno l’attenzione allo sviluppo

economico locale, l’autonomia della Banca ed il

consolidamento della sua attiva presenza nel ter-

ritorio. Sono messi in evidenza, di volta in volta,

gli aspetti legati alle politiche intraprese dalla

Banca a sostegno delle iniziative culturali, turisti-

che e solidaristiche, direttamente e nei confronti

di enti ed associazioni che operano nel territorio.

Ed è proprio questo particolare atteggiamento

che voglio qui richiamare all’attenzione, come

elemento giustificatore del rafforzamento conti-

nuo del sano e stretto legame tra la Banca e la

comunità in cui la Popolare è presente.

Infine, rivolgendo un vivo ringraziamento a

quanti hanno collaborato alla realizzazione del

volume “Un futuro che viene da lontano”,

esprimo l’auspicio che lo stesso susciti un vivace

interesse nei suoi potenziali destinatari, ai quali

colgo l’occasione per rivolgere un caloroso

saluto ed un augurio di buona lettura.

Bruno Di CosimoPresidente del Consiglio di Amministrazione

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Presentazione

Page 10: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Banca Popolare del Frusinate

La Banca Popolare del Frusinate

festeggia un traguardo importante:

13 anni (ma il primo nucleo risale

alla metà degli anni '80) di attività, di impe-

gno, di servizio a favore dei cittadini e delle

imprese del territorio.

Il sostegno all'economia locale, l'attenzione

alle esigenze della comunità, le iniziative nel

campo della promozione della cultura e del-

l'arte, hanno caratterizzato l'azione della

Banca ed hanno svolto un ruolo importante

per lo sviluppo della realtà provinciale.

La Provincia di Frosinone ha visto affer-

marsi, sempre più, un sistema produttivo

caratterizzato da dinamiche coerenti con le

esigenze del territorio, nel quale non mancano

punte di eccellenza, dall'industria tessile al

manifatturiero, dalle aziende che operano nel

chimico - farmaceutico, all'aeronautica, all'in-

dustria cartaria, e che ha consentito che la

Ciociaria, negli ultimi anni, si attestasse tra le

prime realtà provinciali in Italia per creazione

di nuovi posti di lavoro.

E' in questo contesto che si pone la mission

della Banca Popolare del Frusinate, con il

sostegno in particolare all'artigianato e alla

Piccola e Media Impresa, che rappresentano

quei pilastri della nostra economia, capaci di

sviluppare un sistema economico diversificato

ed equilibrato e di rendere stabile e creare

nuova occupazione.

La Banca Popolare del Frusinate, senza

allontanarsi da quelli che erano gli originari

ideali di banca cooperativa del primo nucleo

fondativo di Boville, Veroli, Monte S.

Giovanni Campano, è oggi un moderno isti-

tuto di credito, al passo con i tempi ed in

grado di dare delle risposte valide alle comu-

nità della nostra Ciociaria; una realtà finanzia-

ria capace di reagire alle sollecitazioni omolo-

ganti della globalizzazione testimoniando un

particolare ed autentico radicamento territo-

riale e confermando la sua vocazione al soste-

gno dell'economia locale ed alla crescita del

tessuto produttivo.

La BPF è, in definitiva, una banca del terri-

torio e per il territorio, che è locale non

rispetto alle dimensioni, ma per la fondamen-

tale caratteristica di aver saputo essere vicina ai

cittadini, alle famiglie, alle loro aspirazioni, e

di essere stata in grado di identificare la sua

filosofia, i suoi obiettivi, la sua azione con le

problematiche, le esigenze, i bisogni della

comunità in cui opera.

Francesco ScaliaPresidente della Provincia di Frosinone

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Page 11: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Far parte di un sistema territoriale

coeso è, per una Università giovane

come la nostra (fondata nel 1979),

una opportunità di sviluppo che non può non

essere colta con orgoglio e passione, ed è con

questi sentimenti che noi docenti e ricercatori

dell'Università di Cassino partecipiamo alle

tante iniziative culturali ed ai progetti di svi-

luppo a noi proposti dal nostro naturale

bacino, il Lazio Meridionale.

Un territorio policentrico, ricchissimo di

storia e di cultura, e che recentemente, anche

grazie alla presenza fattiva della nostra

Università, ha via via preso coscienza della Sua

valentia culturale ed economica, sfatando con i

fatti i tanti luoghi comuni che lo avevano rele-

gato ad essere, negli anni della industrializza-

zione selvaggia, solo la parte più settentrionale

del meridione d'Italia, più vicina solo geografi-

camente alla capitale ed alle aree industriali

storicamente più produttive ed economica-

mente avvantaggiate dalla nazione.

In questi ultimi anni invece, anche in conse-

guenza del forte ripensamento imposto dalle

nuove logiche del mercato mondiale e della

libera circolazione delle merci, tutti i sistemi

territoriali e quindi anche la Ciociaria hanno

dovuto, per competere, far leva sulle proprie

specificità e capacità al fine di ripensare la loro

collocazione produttiva ed economica e proiet-

tarsi coesi verso nuovi modelli di sviluppo.

Il sistema Lazio Meridionale ed in partico-

lare la provincia di Frosinone hanno infatti

anch'essi partecipato alle dinamiche su esposte

esprimendo numerose progettualità sociali ed

economiche che si inquadrano proprio nelle

linee già tratteggiate, tanto da dar luogo ad un

completo e complesso ripensamento della

politica e dell'economia locale, che ha portato

in questi ultimi anni tra l'altro all'attivazione

sul territorio di sistemi autonomi di credito a

valenza territoriale di cui la pubblicazione di

oggi è buon testimone.

Plaudo all'iniziativa di voler illustrare le

attività svolte dalla Banca Popolare del

Frusinate con un volume dotto e che, grazie al

coinvolgimento degli studiosi dell'Ateneo di

Cassino, dà una lettura attuale e storica di una

banca quale quella popolare che per sua ori-

gine è espressione di un territorio operoso e

ricco della cui maestria culturale ed econo-

mica noi dell'Università di Cassino siamo

onorati di essere partecipi ed anche se così si

può dire mentori. In un afflato culturale ed

umano che ormai unisce sempre più la

Comunità Accademica e la Società Civile di

cui l'una si sente espressione dell'altra.

La collaborazione tra l'Università ed il terri-

torio è ovviamente una delle chiavi vincenti

dello sviluppo e se la mutualità territoriale che

deve caratterizzare una banca popolare si tra-

sformerà virtuosamente anche in un incentivo

all'innovazione, soprattutto tecnologica allora

il circolo virtuoso Università/Imprese/

Territorio si realizzerà dando linfa vitale alla

competizione territoriale. Ed è con questo

auspicio che faccio i miei personali auguri alla

Banca Popolare del Frusinate ringraziando per

la stima umana ed istituzionale che la sua diri-

genza ha sempre mostrato per me e per tutta

la comunità accademica di Cassino.

Ad maiora

Paolo VigoRettore dell’Università di Cassino

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Presentazione

Page 12: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Prof. Luigi Salamone

Page 13: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Le Banche Popolari ovvero:“La mutualità che visse due volte”

Page 14: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Banca Popolare del Frusinate

PRIMA PARTE

Page 15: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Le Banche Popolari ovvero:“La mutualità che visse due volte”

1. Un romanzo giallo.2. La storia di una dialettica. Tra «forma»e «sostanza» di società cooperativa

(evoluzione).

2.1. Le origini delle banche popolari. Nascita econsolidamento delle banche popolari in Italia(1864-1942). Una «sostanza» sui generis disocietà cooperativa in un universo giuridico privodi una precisa nozione di mutualità.2.2. Segue: dal codice civile del 1942 allaCostituzione del 1948 al Testo Unico Bancariodel 1993 ed oltre. La «forma» cooperativa dellebanche popolari esterna all’universo dellamutualità protetta.

3. Una disciplina sui generis e tantiproblemi (diritto scritto).

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Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

3.1. Il Testo unico bancario del 1993, nellavigenza del vecchio diritto societario.3.2. Segue: metodi d’analisi ed itinerari dellaricostruzione.3.3. Segue: «neutralità causale» del modelloorganizzativo della banca popolare.3.4. La riforma del diritto societario del 2003 el’autonomia del diritto delle banche popolari.3.5. Notizie (ed un commento)dell’ultima ora.

4. Tipologia sociale (prassi statutarie).4.1. Alla ricerca delle «identità statutarie» dellebanche popolari: a) la causa sociale.4.1.1. Segue conclusioni sul punto.4.2. Segue: b) l’organizzazione cooperativa sui generis.4.2.1. Segue conclusioni sul punto.

5. Conclusioni: dalla «banca popolare» alle

«banche popolari». Modelli legali e

statutari a confronto.

Page 16: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

1. Un romanzo giallo.Un’alternativa meno didascalica al sottoti-

tolo prescelto avrebbe potuto all’incirca suo-

nare come «una indagine, molti errori». Infatti

l’esperienza delle banche popolari potrebbe

essere ripercorsa a grandi tappe, come fosse il

viluppo della trama di un romanzo giallo.

C’è la sparizione di una persona. Ci sono i

soliti sospetti. Più d’uno indaga, qualcuno con

metodo, qualcun altro guidato più che altro

dall’istinto. Non mancano, secondo la migliore

tradizione, tentativi di depistaggio del lettore.

Si viene a sapere, intanto, che la vittima con-

duceva da tanto tempo una doppia vita.

Ma sarà proprio tesi credibile, quella

secondo cui la banca popolare è, contempora-

neamente, dottor Jekill e Mr. Hyde?Il fatto è che tentare una risposta articolata

a questa domanda è come entrare in un campo

minato. Da un lato, chi si misura con temi

come la mutualità delle banche popolari è

spesso tacciato dagli operatori di occuparsi di

cose che non conosce; mentre, dall’altro, nel-

l’accademia è sempre richiesto di ripresentare

le credenziali dell’indipendenza del proprio

pensiero. Per queste ragioni chi scrive ha scelto

di confrontarsi non solo con il diritto positivo

di fonte scritta, ma anche con il momento

della sua applicazione, passata e presente.

2. La storia di una dialettica. Tra«forma» e «sostanza» di societàcooperativa (evoluzione).La storia delle banche popolari appare scan-

dita dalle tappe di un difficile incontro tra una

funzione mutevole ed il codice organizzativo

della società cooperativa. Tanto da indurre, intempi lontani, un indimenticato Maestro del

diritto commerciale, Giuseppe Ferri, a soste-

nere – in una memorabile voce di enciclopedia

– che le banche popolari abbiano la «forma»,

ma non la «sostanza», della società cooperativa.

2.1. Le origini delle banche popolari.Nascita e consolidamento delle banchepopolari in Italia (1864-1942). Una«sostanza» sui generis di societàcooperativa in un universo giuridicoprivo di una precisa nozione dimutualità.La storia comincia in un paese lontano e in

un passato remoto. Il protagonista è la mutua-lità nel credito. Vanta natali forestieri; vienepresto trapiantato in un paese povero, nel

quale si ambienta però benissimo e consolida,

progressivamente, una fisionomia sui generis,più che altro grazie alla grande misura di

libertà lasciata alle sue iniziative.

Notoriamente, il modello della banca popo-

lare venne importato nel nostro ordinamento

in un’epoca remota, nel neonato Regno

d’Italia, caratterizzato da una economia rurale,

per iniziativa di un imprenditore e filantropo,

il cattolico Luigi Luzzatti, preoccupato di rin-

venire nuove modalità di sostegno delle inizia-

tive economiche agricole oppure commerciali

di ridotte dimensioni. Il suo progetto politico,

al quale non è estranea una visione liberale del

mercato, risale al 1863, quando, ventiduenne,

dava alle stampe la celebre monografia La dif-fusione del credito e le banche popolari. Correval’anno 1864, quando veniva costituita la

16 Banca Popolare del Frusinate

PRIMA PARTE

Page 17: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Banca Popolare di Lodi. Il credito popolare

non era – come si accennava – uno schema

inventato in Italia: le prime esperienze datano

della metà del secolo XIX in Germania, dove

andava affermandosi il modello della

Volksbank, espressione la cui traduzione prestodivenne d’uso corrente anche nella nostra lin-

gua. Segno, questo, della compatibilità tra

cooperazione nel credito e realtà della «rivolu-

zione industriale». Ma anche nell’economia

italiana dell’epoca la cooperazione nel credito

poteva fungere da cinghia di trasmissione per

lo sviluppo: lo attesta il fatto che già negli anni

Settanta del Secolo XIX in Italia era sorto un

così esteso numero di operatori da far ritenere

necessaria la costituzione di un’associazione di

categoria, l’Associazione nazionale delle banchepopolari (anno 1876), sempre per iniziativa diLuigi Luzzatti. La formula organizzativa

comunemente prescelta era la società coopera-tiva, basata sul tipo della società anonima; pren-dendo ad esempio l’esperienza tedesca delle

Volksbanken, enti ascritti all’ordine delleGenossenschaften (più precisamente, delle

Gewerbliche Kreditgenossenschaften: così anzi-tutto la classica monografia di Schulze-

Delitzsch; nella letteratura contemporanea v.

Claussen; Schmidt; Schönle). Peraltro, in

Italia verso la forma cooperativa il credito

popolare si era orientato per decenni più che

altro per via di prassi: sarà solo molti anni

dopo, con il r.d.l. 21 ottobre 1923, n. 2413,

che verrà legislativamente vietato l’uso della

qualifica di «popolare» nella denominazione

di qualsiasi società bancaria che non fosse

costituita in forma di società cooperativa

(Costi). La raccolta del risparmio e l’esercizio

del credito avvenivano secondo un criterio di

specializzazione, ad un tempo geografico e

sociologico: al radicamento territoriale faceva

riscontro una distinzione della clientela, poi-

ché, da un lato, le casse rurali ed artigiane, oggidette «banche di credito cooperativo» (v. artt.

33-37 d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385 - Testo

unico delle leggi in materia bancaria e crediti-

zia; la derivazione delle seconde dalle prime è

avvenuta tuttavia in assenza di esplicito rac-

cordo dell’art. 150 testo unico cit.: Marasà)

sostenevano con il credito iniziative economi-

che lato sensu agricole; dall’altro, le banchepopolari, guardavano invece alla iniziativacommerciale ed industriale medio-piccola.

Queste, in estrema sintesi, le premesse o, se

si preferisce, la preistoria della mutualità nelcredito. Ma – per aderenza al dato normativostorico – bisogna chiarire che in quel tempo le

espressioni «mutualità» e «società cooperativa»

rivestivano nell’ordinamento italiano un signi-

ficato del tutto diverso da quello oggi comu-

nemente attestato nell’uso. Anzitutto, il

codice di commercio del 1865 non conteneva

alcuna disciplina delle società cooperative,

mentre dedicava solo poche disposizioni alle

«associazioni mutue» (artt. 183-187). Lo sce-

nario cambiava tuttavia radicalmente appena

pochi anni dopo, con l’entrata in vigore nel

1882 di un nuovo codice di commercio, adot-

tato – fra l’altro – anche per dare adeguata

regolamentazione proprio alla diffusa mutua-

lità nel settore creditizio (Bassi). Le società

cooperative facevano, sì, ingresso nel nostro

universo giuridico; a queste, però, non si

imponeva, dopo la scelta statutaria del

modello organizzativo della società coopera-

tiva, alcunché sul piano del concreto persegui-

mento della «funzione mutualistica», nell’or-

17

Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

Page 18: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Banca Popolare del Frusinate

dine di limitazioni a) alla prestazione dei ser-vizi della società a terzi piuttosto che ai soci

e/o b) alla disposizione del patrimonio socialein vista di quello scopo (v. Bonfante; Costi).

Non una, infatti, delle disposizioni degli artt.

219-226 c. comm. 1882 accennava alla «fun-

zione mutualistica»; benché il pensiero

comune la ritenesse lo scopo naturale dellasocietà cooperativa (Vivante). Per questa

ragione la nozione di «mutualità» era percepita

a quel tempo molto più lata ed indefinita che

non oggi: le società cooperative erano caratte-

rizzate soltanto per l’applicazione di regole

sull’organizzazione [«l’istituto delle coopera-

tive (…) non è dalla legge informato ai criteri

rigorosi della mutualità»: Vivante]; ma anche

sotto questo profilo il sistema era profonda-

mente diverso. La società cooperativa non

costituiva infatti autonomo tipo di società: la

scelta del modello cooperativo determinava

l’applicazione di un regime di mere «altera-

zioni» rispetto ai tipi di società menzionati

dall’art. 76 c. comm. 1882; alterazioni corri-

spondenti essenzialmente alla variabilità del

capitale sociale nominale ed al voto capitario

(v. le non sempre chiare disposizioni degli artt.

222 e 225, c. comm. 1882; nella dottrina a

noi contemporanea v. Spada, del quale il vir-

golettato; nella dottrina dell’epoca v. per tutti

Vivante, del quale la celebre definizione delle

società cooperative come «società a capitale

variabile regolate in modo da favorire gli

scambievoli servigi della società verso i soci e

dei soci verso la società»). Reciprocamente,

come si è detto, il regime legale lasciava pieno

spazio all’autonomia statutaria quanto ai

poteri dispositivi del patrimonio netto. Fra

l’altro, sotto la vigenza dei codici di commer-

cio del 1865 e del 1882, le società esercenti

attività bancaria erano a tutti gli effetti società

di diritto comune, soggette soltanto ad isolate

disposizioni speciali, quali ad es. l’art. 177 c.

comm. 1882 in tema di periodico deposito di

situazioni patrimoniali presso le cancellerie dei

tribunali. Ne risultava, così, che la cooperativa

di credito, ed in particolare la banca popolare,

si attestasse come società cooperativa di diritto

comune, non obbligata in quanto tale a perse-

guire alcun preciso scopo mutualistico.

Tuttavia, proprio questo periodo storico data

18

PRIMA PARTE

1951 1961 1971 1981 1991

U.L. Add. U.L. Add. U.L. Add. U.L. Add. U.L. Add. Industria5.172 18.242 4.097 21.212 4.352 34.773 6.347 61.858 8.387 64.358Frosinone 316 1.607 385 2.475 478 6.620 625 10.027 894 9.366Terziario 6.290 12.473 9.477 18.964 11.448 23.154 14.712 33.410 15.194 37.888Frosinone 544 1.691 1.033 3.288 1.238 4.056 1.647 6.279 1.875 7.348Commercio4.928 8.460 7.706 13.568 9.101 16.136 11.459 22.444 11.268 23.538Frosinone 431 1.024 825 2.151 931 2.531 1.213 3.438 1.237 3.764Totale 11.462 30.715 13.815 40.848 16.031 58.429 24.610 119.551 28.641 132.962Frosinone 860 3.298 1.424 5.816 1.728 10.759 2.8832 22.790 3.740 24.327

tab. 4 Andamento delle unità locali e degli addetti nella provincia di Frosinone 1951-1991

Fonte: mia elaborazione da CCIAA Frosinone, tabb. a.1.24 e segg.

Page 19: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

l’inizio di una emersione per via di autonomiastatutaria di quelli che molti anni dopo sareb-bero divenuti regimi speciali di legge (Costi):clausole statutarie via via più frequenti intro-

ducevano a) limiti alla distribuzione degli utilidi esercizio o del patrimonio di liquidazione,

oppure b) obblighi di destinazione dei servizidella banca ai soci, a condizione che rivestis-

sero certe qualità. È questo l’embrione della

«mutualità» quale la intendiamo nel vigente

ordinamento statale.

2.2. Segue: dal codice civile del 1942alla Costituzione del 1948 al TestoUnico Bancario del 1993 ed oltre. La«forma» cooperativa delle banchepopolari esterna all’universo dellamutualità protetta.Si intuisce facilmente che, quando l’epoca

delle «libertà» cedette il passo all’epoca dell’

«autorità», fosse troppo tardi per ricondurre la

mutualità nel credito, il nostro protagonista ora-mai maturo, negli schemi predefiniti: la fisio-

nomia sui generis era oramai – per ragioni stori-che – tanto, fin troppo marcata. E, come sem-

pre accade in questi casi, l’individuo fuori dagli

schemi paga un prezzo per le sue singolarità.

Con l’entrata in vigore della prima legge

bancaria del 1926 e soprattutto della seconda,

del 1936, le società bancarie cominciarono a

dotarsi di un più consistente corpo di regole

speciali; ma per le banche popolari il quadro

delineato non mutava granché, perché, sul

versante del diritto societario, la società (ban-

caria) cooperativa risultava ancora regolata dal

codice di commercio, il quale non le impo-

neva testualmente alcuna «funzione mutuali-

stica»; mentre, sul versante del diritto pub-

blico, la legge bancaria accomunava la banca

popolare alle ordinarie aziende di credito

(esercenti credito a breve termine), assogget-

tandola alla vigilanza bancaria, anche sotto il

profilo contabile, ed al principio di specializ-

zazione dell’attività [v. art. 5, comma 1, lett.

b), legge bancaria del 1936] (Costi).

L’inizio dell’epoca dell’ «autorità» cui si

accennava – il momento di svolta radicale –

coincise con la entrata in vigore del codice

civile unificato, nel 1942, che sostituì, in uno

con il codice civile del 1865, anche il codice di

commercio del 1882. Non che sotto questo

codice fossero mancate normative speciali che

legassero le agevolazioni fiscali ad un più rigo-

roso perseguimento della mutualità; ma si

trattava pur sempre di normative sporadiche e

marginali e – soprattutto – non di rilevanza

giusprivatistica. Sotto il codice civile unificato

del 1942, invece, le società cooperative veni-

vano ordinariamente obbligate a perseguire lafunzione mutualistica, anche soltanto nella ver-sione «spuria» (art. 2518, n. 9; art. 2536, c.c.

– si citano per adesso le disposizioni del vec-

chio diritto societario, non più applicative dal

1° gennaio 2004 per effetto del d. lgs. 17 gen-

naio 2003, n. 6). Questa volta anche con rile-

vanza giusprivatistica. In altri termini, pur

non vietandosi alla società cooperativa di

cedere a terzi contro denaro i beni o i servizi

prodotti e conseguentemente di distribuire

utili ai soci, ciò non poteva non incontrare dei

limiti, nel nuovo ordinamento. Questo impli-cava l’inizio di una lunga transizione dalla spe-

cificità de facto alla specificità de iure dellebanche popolari nell’universo societario.

19

Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

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Il nuovo disegno del sistema della coopera-

zione si completava nel giro di qualche anno,

in due tappe ravvicinate, sostanzialmente

coeve ed ispirate ai medesimi principi, allor-

ché a) dapprima era adottata una normativa di

vigilanza pubblica sulle cooperative con il pre-

ciso scopo di fissare requisiti della mutualità al

fine del riconoscimento di agevolazioni fiscali

e di altra natura (d. lgs. 14 dicembre 1947, n.

1577 – più noto come «legge Basevi»,

tutt’oggi vigente, pur con modifiche ed inte-

grazioni); b) quindi la Costituzione repubbli-

cana entrata in vigore il 1° gennaio 1948 –

delimitando la cornice dei principi in cui si

poneva la legge Basevi – ritagliava un impor-

tante spazio di tutela della cooperazione: «la

Repubblica riconosce la funzione sociale della

cooperazione a carattere di mutualità e senza

fini di speculazione privata. La legge ne pro-

muove e favorisce l’incremento con i mezzi

più idonei e ne assicura, con gli opportuni

controlli, il carattere e le finalità» (art. 45,

comma 1, Cost.).

La Costituzione, com’è noto, metteva e

mette legislatore ordinario ed interpreti di

fronte alla necessità di una distinzione: non

ogni forma di cooperazione pare meritevole

di promozione, ma soltanto quella condotta

a) con carattere di mutualità e b) senza finispeculativi.

Dal punto di vista della struttura organiz-

zativa, la Costituzione non circoscrive i suoi

programmi di promozione ed incremento alle

sole società cooperative, poiché sono inclusi

anche enti organizzati in forma diversa, pur-

ché ispirati a scopo mutualistico. Restano

fuori dall’area della protezione costituzionale

allora enti organizzati in forma di società coo-

perativa privi di scopo mutualistico ovvero

nei quali la causa mutualistica conviva con

altre finalità.

Va così osservato come il modello di coope-

razione e di mutualità inizi a dissociarsi, tra

codice civile, da un lato, Costituzione e legi-

slazione speciale, dall’altro: il primo riassume

principi giusprivatistici sull’organizzazione di

enti collettivi e sui loro scopi in generale; ilsecondo, strettamente funzionale ad un pro-

gramma di agevolazioni, si interessa invece a

particolari atteggiamenti della causa mutuali-stica. Ma passerà ancora del tempo prima che

maturi la consapevolezza della duplicazionefunzionale dei modelli di cooperazione (tutta-via se ne avvedeva già, in tempi risalenti,

Alessandro Graziani; v. ora Bonfante): vi sarà

così chi, medio tempore, ipotizzerà lo scosta-mento dalla funzione mutualistica (tout court)della cooperativa collocatasi fuori della

Costituzione (Messineo, pur se implicita-

mente). Né tale ordine giuridico bipartito

della cooperazione è stato disatteso dalla

recentissima riforma del diritto societario,

introdotta con il d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6

(infra, § 3.4.).

Questo discorso non può tuttavia affron-

tarsi ex professo in questa sede. Bisognerà quiricordare invece le ricadute di questo mutato

assetto istituzionale nella materia delle banche

popolari, allorché il legislatore fu posto di

fronte alla necessità di scelte drastiche. Ben

presto si cominciava a distinguere tra «coope-

razione costituzionalmente riconosciuta» e

non; la classificazione fu subito fatale per le

banche popolari, la cui prima legislazione

organica prendeva corpo già nel 1948 – v. il d.

lgs. 10 febbraio 1948, n. 105, oggi non più in

20 Banca Popolare del Frusinate

PRIMA PARTE

Page 21: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

vigore –: questi enti creditizi venivano a) auto-rizzati alla integrale distribuzione degli utili di

esercizio e del patrimonio netto di liquida-

zione e b) esonerati dai controlli di cui agliartt. 2542 ss. c.c., marcando, secondo l’opi-

nione dei più, il primo allontanamento dalsistema della cooperazione (Costi). La nuovanormativa imprimeva una svolta al dibattito,

perché fu da allora che la saggistica giuridica

cominciò ad interrogarsi sulla funzione –

mutualistica o meno – delle banche popolari.

Nella frattura che si è ricordata fra modelli

codicistici e modelli costituzionali della coo-

perazione vanno ricercate le radici della ten-

denza, prima giurisprudenziale – si ricordi per

tutte l’importante sentenza della Cassazione

26 novembre 1985, n. 5887 –, quindi legisla-

tiva, a disapplicare la legge Basevi e le altre disci-pline di agevolazione fiscale delle cooperative. Sicomprende pertanto in quale quadro istituzio-

nale, alla fine degli anni Cinquanta, maturasse

la convinzione di Giuseppe Ferri, per cui le

banche popolari avessero «forma» ma non

«sostanza» di società cooperativa.

Questo orientamento diveniva diritto posi-

tivo in quattro tappe, molto tempo dopo, nei

primi anni Novanta del Secolo XX, con l’en-

trata in vigore:

a) della legge di riforma delle società coope-rative, espressamente dichiarata non applica-

bile alle banche popolari (v. art. 21, comma 8,

legge 31 gennaio 1992, n. 59);

b) della legge 17 febbraio 1992, n. 207 [poirifluita nel Testo Unico di cui si dice più sotto

alla lett. d): v. art. 30, commi 5 e 6], che det-

tava una disciplina sui generis del gradimento,da cui fonte tra le più autorevoli desumeva che

nelle banche popolari non tutti i soci, bensì

solo quelli legittimati all’esercizio dei diritti

c.d. corporativi, debbano condividere il pro-

gramma mutualistico (Costi);

c) del d. lgs. 14 dicembre 1992, n. 481, cheprevedeva una limitata ammissibilità della tra-

sformazione e della fusione delle banche

popolari in società per azioni, in espressa

deroga del divieto di trasformazione delle

società cooperative in società lucrative (art. 14

legge 17 febbraio 1971, n. 127) [pure tale

norma è rifluita nel Testo Unico di cui si dice

alla lettera appresso (v. art. 31)]. Si trattò tut-

tavia di un importante elemento di novità, da

cui pure fu tratto argomento per la vistosa

attenuazione, quando non per la scomparsa,

della funzione mutualistica (Costi);

d) finalmente, del vigente d. lgs. 1° settembre1993, n. 385 - Testo unico delle leggi in mate-

ria bancaria e creditizia (d’ora in avanti «t.u.b.»),

che, nel ribadire espressamente la inapplicabi-

lità della legge Basevi alle banche popolari (v.

art. 29, comma 4), abroga la legge bancaria del

1936, il d. lgs. n. 105/48, la legge n. 207/92,

il d. lgs. n. 481/92 (v. art. 161 t.u.b.).

Questo quadro normativo, in tempi recenti,

ha fatto sorgere l’interrogativo se l’organizza-

zione cooperativa (variabilità del capitale e

voto capitario) disunita dalla funzione lucra-

tiva non sia lo stratagemma, peraltro autoriz-

zato dalla legge, per eludere – almeno nelle

grandi banche popolari quotate in borsa –

molte delle regole su trasparenza e responsabi-

lità nella gestione sociale (c.d. corporate gover-nance) e per consolidare un management

autoreferenziato. È così che in questi anni

sono sorte talune associazioni di categoria con

la dichiarata missione del «contrasto» assem-

bleare dei gruppi di comando che esprimono

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Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

Page 22: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

gli amministratori di banche popolari, utiliz-

zando ogni mezzo consentito dal principio

«una testa, un voto». In una filosofia liberale

del mercato, queste azioni non sono mai da

biasimare a priori; benché di fatto non sem-brino ancora riuscite ad approdare ad alcun

apprezzabile risultato, né in sede politica, né

in sede giudiziaria. D’altro canto, proprio in

considerazione del rapporto giuridico di

natura associativa sul quale esse intendono

edificare una tutela sui generis del consuma-tore, rectius: del socio debole e minoritario,escluderei senza esitazione l’applicabilità a

questi enti della legge 30 luglio 1998, n. 281,

che nella parte debole presuppone la qualità di

consumatore o di utente (la controparte di un

rapporto di scambio, di natura non associa-

tiva) (v. in particolare art. 1 legge cit.).

3. Una disciplina sui generis e tantiproblemi (diritto scritto).Che ne è, dunque, della mutualità delle

banche popolari, scomparsa di circolazione? È

stata uccisa? Chi l’ha uccisa? Qualcuno la dà

per morta, qualcun altro afferma di averla

vista ancora in vita di recente; entra in scena

un investigatore, costretto a mettere insieme le

tessere di un puzzle valutando l’attendibilitàdegli indizi raccolti.

Fra gli anni ’90 e i primi del 2000 – e si

passa ora a considerare il diritto vigente –,

sembra definitivamente consumato il divorzio

tra funzione mutualistica e organizzazione

cooperativa della banca popolare: vi è chi legge

una tale indicazione nella lettera dell’art. 29,

comma 1, t.u.b., secondo cui «le banche

popolari sono costituite in forma di societàcooperativa a responsabilità limitata» (corsivo

mio), la legge stessa rimanendo quantomeno

neutrale in punto di sostanza (Bassi). Ma l’ar-

gomento è, per altri, di quelli che provano

troppo se, a livello sistematico, la «forma» coo-

perativa si attesta come lo strumento giuridico

necessario e residuale al raggiungimento di un

particolare interesse «sostanziale», qual è la

causa mutualistica (Oppo).

Certo è che lo scenario normativo, anche

all’esito della recente riforma del diritto socie-

tario, si presenta quanto mai farraginoso. Ma

non basta: anticipando parzialmente le con-

clusioni, ancor prima che sulla «mutualità»

delle banche popolari, non si registrano con-

cordi opinioni sulla stessa nozione generale di

«mutualità cooperativa», posto che sin da

epoca remota il diritto positivo presenta note-

vole frammentarietà tra codice civile, da un

lato, e Costituzione e legislazione speciale, dal-

l’altro. La semantica «di settore» non è meno

confusa di quella «di sistema».

Varie sono, dunque, le piste che si deli-

neano per l’investigatore.

3.1. Il Testo unico bancario del 1993,nella vigenza del vecchio dirittosocietario.Al di là del ricordato art. 29, comma 1,

t.u.b. e dell’anodino riferimento alla «forma»

della società cooperativa a responsabilità limi-

tata, significativa pare invece una norma che

spicca per sensibile divergenza rispetto al vec-

chio diritto comune delle società cooperative

(v. art. 2536 c.c. - testo ante riforma ex d. lgs.

22 Banca Popolare del Frusinate

PRIMA PARTE

Page 23: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

n. 6/2003): la banca popolare deve destinareuna quota di utili netti annuali pari almeno al10% a riserva legale; gli utili residui non asse-gnati a riserva legale, ad altre riserve, ad altre

destinazioni previste dallo statuto o non distri-

buita ai soci, è destinata a beneficenza o assi-stenza (art. 32 t.u.b.). La maggioranza deglistudiosi ne ha tratto ulteriore indice dell’atte-nuazione – quando non della sparizione – dellafunzione mutualistica.Si impongono alcuni rilievi, sin da ora.

a) Per il nostro ordinamento non bisognaconfondere tra destinazione filantropica

(beneficenza ed assistenza) dell’utile residuo e

mutualità: la filantropia costituisce invero

una delle manifestazioni dello scopo c.d.

ideale delle associazioni e delle fondazioni del

Libro primo del codice civile. Si direbbe

allora – ma la domanda è retorica – che le

banche popolari all’occorrenza fuoriescano

dall’area delle società?

b) Se poi la norma dell’art. 32 t.u.b. vieneraffrontata anche alla diversa regola concer-

nente le limitazioni alla destinazione dell’utile

di esercizio nelle banche di credito coopera-

tivo (v. art. 37 t.u.b.), ci si avvede che il solco

tra mutualità e banche popolari si allarga sem-

pre di più.

c) Cosa dire, peraltro, della struttura orga-nizzativa, che ricalca invece il modello bennoto della società cooperativa: variabilità delcapitale; principio del voto capitario («unatesta, un voto»); numero minimo di soci; limitidella partecipazione sociale; disciplina artico-lata e sui generis del gradimento, raccordata alprincipio della «porta aperta» (infra, § 4.1.1.);

quanto ad un ultimo carattere – la nominaesclusivamente assembleare degli organi sociali

(art. 29, comma 3, t.u.b.), usualmente posto

in relazione all’art. 2535 c.c. (testo anteriforma ex d. lgs. n. 6/2003) – bisognerà

aprire una riserva da sciogliersi più avanti,

commentando il diritto riformato delle società

cooperative (infra, § 3.4.).

La breve rassegna dei caratteri scaturenti dal

testo unico bancario sollecita una duplice

indagine, attorno alla funzione ed all’organiz-zazione dell’ente collettivo. La diversa impo-stazione dell’analisi può condurre a risultati

sistematici ed applicativi anche contrastanti.

3.2. Segue: metodi d’analisi ed itineraridella ricostruzione.Secondo una prima traiettoria d’indagine,

lo scomparso dovrebbe essere tuttora in vita.

Si tratta di quell’itinerario di ricerca che

parte dalla premessa che la tipizzazione delle

società cooperative segua la funzione e che la

struttura organizzativa altro non sia che la

forma necessaria (o quantomeno residuale) del

perseguimento di un tale scopo sociale. Se si

preferisce: ogni volta che si rinvenga il nomeniuris di «cooperativa» si deve presumere la

funzione mutualistica dell’ente. Nella versione

più equilibrata ed autorevole, questo approc-

cio argomenta da una disposizione del codice

civile – «l’indicazione cooperativa non può

essere utilizzata da società che non hanno

scopo mutualistico» [v. art. 2515, comma 2,

c.c., rimasto immutato dopo la novella del d.

lgs. n. 6/2003] –; quindi prende atto che

anche nel codice civile si attesta la compatibi-

lità tra utile di esercizio e funzione mutuali-

stica (art. 2518, comma 1, n. 9; art. 2536, c.c.

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Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

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– testo ante riforma ex d. lgs. n. 6/2003; v. oraart. 2521, comma 3, n. 8; art. 2545 quater;art. 2545 quinquies c.c., testo novellato dal d.lgs. n. 6/2003), creandosi allora una situa-

zione evocata con l’espressione la «mutualità

spuria»; conseguentemente, il dato caratteriz-

zante della mutualità cooperativa andrebbe

semmai ravvisato a) sia in una particolarelimitazione dei poteri di destinazione dell’utile

b) sia in un’attività giuridica extra-societariatra socio e società. Quali ricadute abbia questa

impostazione generale dell’analisi è presto

detto: di fronte alla evidente diversità delle

discipline sulla destinazione dell’utile netto

d’esercizio, la tendenza è a valorizzare dogma-

ticamente tutti quei dati normativi nei quali è

utilizzato il nomen iuris della società coopera-tiva in relazione alla banca popolare, sia nel

codice civile (v. art. 2517 c.c., ora divenuto

art. 2520 c.c. nel testo novellato dal d. lgs. n.

6/2003), sia nel t.u.b. (v. art. 28 t.u.b.; v. art.

29, comma 1, t.u.b.; v. il riferimento allo «spi-

rito della forma cooperativa» nell’art. 30,

comma 5, t.u.b., nell’ambito della disciplina

del gradimento) (Oppo).

Ma, nonostante tanto rispetto verso il diritto

scritto (comune al più accreditato séguito

scientifico ricevuto da questa tesi: v. per tutti

Buttaro), non si può non osservare che molti

segnali ambigui – forse dissonanti – vengono

proprio dalla lettera del testo unico bancario,

soccorrendo il dubbio a) che la formula dello«spirito della forma cooperativa» rinvii ad un

modello organizzativo – il principio della

«porta aperta» – piuttosto che funzionale

(Pennisi; sul punto va però aperta una riserva

da sciogliersi infra, § 4.1.1.); b) che ad un’a-stratta compatibilità anche con la causa lucra-

tiva esclusiva si debba la sottrazione delle ban-

che popolari alle disposizioni della c.d. legge

Basevi (art. 29, comma 4, t.u.b.) e della legge

di riforma delle cooperative (torna a vedere art.

21, comma 8, legge n. 59/92); c) che le previ-sioni di devoluzione filantropica dell’utile

netto d’esercizio non abbiano niente a che

vedere con la mutualità (v. art. 32, comma 2,

t.u.b.); la quale è causa imprenditoriale e non

può prescindere – nella cornice dell’art. 2082

c.c. – dalla economicità (copertura dei costi

con i ricavi) del metodo (Bonfante).

Quanto all’ammissibilità, seppur circo-

scritta, della trasformazione in, o della fusione

da cui risulti una società per azioni (art. 31

t.u.b.), non parrebbe invece desumibile alcun-

ché sul piano della causa del contratto sociale:

sia perché di tale previsione è stato messo in

evidenza il carattere eccezionale rispetto all’or-

dinario regime della cooperativa ante riforma2003, in ragione delle limitazioni testualmente

espresse dalla disposizione in esame (v., con la

consueta obiettività, lo stesso Oppo; ed inoltre:

Salerno; Schiuma), sia perché altra norma

avente finalità analoga ammette che all’anzi-

detta fusione eterogenea possa partecipare a

certe condizioni persino una banca di credito

cooperativo, sulla cui funzione mutualistica si

avanzano meno perplessità (art. 36 t.u.b.).

Tutt’altra ratio – la settorialità dei controllipubblici; i principi della «sana e prudente

gestione» e della stabilità sistemica come

valori fondanti la vigilanza bancaria (art. 5

t.u.b.) – sorregge invece la sottrazione, in via

generale, sia delle banche popolari sia delle

banche di credito cooperativo dagli ordinari

controlli dell’autorità governativa sulle

società cooperative di diritto comune (art.

24 Banca Popolare del Frusinate

PRIMA PARTE

Page 25: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

28, comma 2, t.u.b.). Peraltro, questa sottra-

zione va raffrontata con il recente riordino

della disciplina di vigilanza sugli enti coope-

rativi, realizzato con il d. lgs. 2 agosto 2002,

n. 220, che nell’art. 18 dichiara le banche di

credito cooperativo – non le popolari, invece

– soggette ai controlli dell’autorità governa-

tiva ai soli fini del rispetto delle disposizioni

dell’art. 21, comma 3, legge n. 59/92, fatte

salve le competenze della Banca d’Italia.

Seguendo una seconda pista, che parte più

o meno dalle premesse della prima, l’investi-

gatore potrebbe giungere alla conclusione

opposta, ma le ragioni d’insoddisfazione

sarebbero destinate a permanere: lo scom-

parso viene dato per morto, ma nessuno sa

indicare dove ritrovare il cadavere.

Infatti, lo stesso metodo di analisi – esal-

tazione del momento funzionale e svaluta-

zione del codice organizzativo – conduce

alcuni fra i più autorevoli studiosi anche al

risultato opposto: si è così ritenuto – in base

alle regole da cui si desume il divorzio tra

banca popolare e funzione mutualistica –

che l’organizzazione della banca popolare sia

definitivamente uscita dal modello della

società cooperativa (M. Rescigno;

Capriglione; con toni più prudenti,

Schlesinger). Ma la reale posta in gioco di

quest’operazione, culturale e politica ad un

tempo, sembra piuttosto la (difficile, per

non dire impossibile) trasposizione dei prin-

cipi di governance dell’organizzazione azio-naria a quella cooperativa.

In fondo, queste prime due traiettorie

d’indagine inseguono lo scomparso utiliz-

zando un fallace identikit: ne viene così chenon si è in grado di ritrovarlo.

3.3. Segue: «neutralità causale» delmodello organizzativo della bancapopolare.Seguendo una terza, più affidabile, pista,

l’investigatore potrebbe essere tentato di

annunciare incautamente il colpo di teatro, cheperò tarderà a venire, accrescendo il rischio di

deludere il lettore.

Si tratta di quell’itinerario di ricostruzione

che affonda le radici nella folgorante intui-

zione di Giuseppe Ferri, per cui le banche

popolari avrebbero la «forma» ma non la

«sostanza» della società cooperativa, e trova

ora approdo nella suggestiva formula della

«neutralità causale»; formula cui non può tut-

tavia riconoscersi alcuna semantica estranea al

nostro diritto positivo, e che alla luce di que-

sto deve essere rimeditata, sulla base di più

moderni strumenti di ricerca, maturati nei più

recenti trent’anni. Si può discernere così tra

identità funzionale ed identità organizzativa diun ente collettivo; per individuare un duplicelivello di tipizzazione delle società (Spada).In estrema sintesi ed approssimazione: se l’i-

dentità funzionale della banca popolare è (a

livello legale) neutra – perché della mutualità

codicistica non si rinviene la fisionomia – e (a

livello statutario) compatibile con le cause più

varie, lucrative e non, difficilmente si potrà

contestare che l’identità organizzativa sia

diversa da quella della società cooperativa: lo

denunziano anzitutto la variabilità del capitaleed il voto capitario.A chi scrive si impongono alcune osservazioni.

a) Sul piano della struttura organizzativa,cioè dello schema utilizzato per configurare

l’«ordinamento dei poteri della produzione

dell’attività sociale» (Sciuto), non conducono

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Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

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fuori dal modello della cooperativa [retro, n.

3.1., lett. c)] talune particolarità disciplinaridivergenti dal diritto comune, quali ad es.: a)in materia di gradimento (infra, § 4.1.1.); b)in materia di limitazione della entità della par-

tecipazione sociale; c) in materia di trasforma-zione o fusione della banca popolare da cui

risulti una società per azioni (art. 31 t.u.b.),

posto che nel nuovo diritto societario la tra-

sformazione eterogenea della società coopera-

tiva (tranne che a mutualità prevalente) non

costituisce più un tabù ordinamentale (si veda

l’art. 2545 decies c.c. – testo riformulato dal d.lgs. n. 6/2003).

b) Sul versante funzionale, non si deve

sopravvalutare la portata della disapplicazione

della legge Basevi (art. 29, comma 4, t.u.b.):

nessuno può dubitare del carattere settoriale

dei principi ispiratori del c.d. sistema speciale

della cooperazione, correlati alla concessione

di agevolazioni fiscali, previdenziali e quant’al-

tro. La mutualità prescritta dal codice civile

come scopo delle società cooperative è invece

una fattispecie non definita e di sicuro più

ampia. Poco utile applicativamente è la

nozione offerta dalla Relazione ministeriale al

codice civile (al n. 1025), secondo cui l’im-

presa mutualistica sarebbe diretta a «fornire

beni, o servizi od occasioni di lavoro diretta-

mente ai membri dell’organizzazione a condi-

zioni più vantaggiose di quelle che otterreb-

bero sul mercato»: più descrittiva che altro,

poiché l’esperienza ha mostrato che le moda-

lità di trasferimento dall’impresa sociale ai soci

di siffatte economie possano essere le più

varie. È seguendo questa linea che autorevole

corrente di pensiero ha rinvenuto ragione di

sostenere che la cooperativa sia modalità facol-

tativa, anziché necessaria, del perseguimentodella causa mutualistica (in tempi più remoti:

Romano-Pavoni; Ferri; Verrucoli; successiva-

mente, Spada; infine, per un riepilogo del

dibattito, Bonfante): attualmente, mutato con

la riforma del 2003 l’art. 2511 c.c., è caduto il

principale aggancio testuale di questa tesi; ma

il problema è tutt’altro che uscito dal nostro

sistema. Si potrebbe così essere indotti a ricer-

care una più ampia nozione d’impresa mutua-

listica; ma in questa sede ci si deve limitare ad

indagare soltanto lo scopo che sorregge l’im-

presa mutualistica condotta in forma di

società cooperativa. Qui occorre assumere

come punto di partenza – come in qualsiasi

fenomeno societario – l’art. 2247 c.c. ed argo-

mentare dalla esigenza (per aversi una fattispe-

cie societaria) di uno «scopo di divisione degli

utili» di gestione, a sua volta distinguibile

nello scopo diretto dell’ente collettivo (c.d.

scopo-mezzo) e nello scopo di chi partecipa

all’ente collettivo (c.d. scopo-fine). Se – come

detto – la parola «mutualità» è usualmente

impiegata per contraddistinguere la realizza-

zione di una economia nella sfera dei titolari

d’impresa, il senso della operazione è tutto

nelle modalità del trasferimento di una tale

economia dall’impresa sociale a coloro che vi

partecipano. Sotto il primo profilo, dello

scopo-mezzo, non da ieri ci si è avveduti che la

mutualità non è affatto incompatibile con la

ricerca di un lucro oggettivo, cioè con la pro-

duzione d’un utile netto di gestione, ciò che

postula anche rapporti di scambio con terzi:

«una cooperativa ridotta a lavorare coi soci

avrebbe una vita meno aleatoria; potrebbe

regolare le sue provviste sovra un consumo

prevedibile almeno approssimativamente,

26 Banca Popolare del Frusinate

PRIMA PARTE

Page 27: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

avrebbe a sua garanzia le azioni dei soci, ma

per lo scarso giro dei suoi capitali, si consume-

rebbe per lo più dentro di sé, con un lento e

screditato esercizio, con poca fortuna pei soci

e pei suoi creditori (…) Se la legge italiana

infliggesse alle cooperative l’interdetto di ope-

rare coi terzi, le condannerebbe ad una vita

rachitica» (Vivante). Da ultimo, gli scambi

con terzi sono ammessi anche dalle disposi-

zioni di carattere agevolativo sulla «preva-

lenza» della mutualità (v. artt. 2512; 2513;

2514 c.c.; testo novellato dal d. lgs. n.

6/2003), ma vengono da altro lato subordinati

ad espressa previsione statutaria (art. 2521,

comma 2, c.c. – testo novellato dal d. lgs. n.

6/2003). È semmai sotto il secondo profilo,

dello scopo-fine, che il discorso si mostra più

articolato. Le modalità del trasferimento del-

l’economia dall’impresa sociale ai soci possono

essere le seguenti: a) l’autodestinazione informa diretta delle economie, mediante acqui-sizione dai soci delle prestazioni della impresa

sociale (la c.d. «gestione di servizio») a condi-

zioni più vantaggiose di quelle di mercato –

nel caso delle banche popolari si tratterà d’un

accesso più vantaggioso ai servizi della banca e

di questa tecnica ci si darà carico di svolgere

riscontri negli statuti sociali (infra, § 4.1.) –;

b) l’autodestinazione in forma indiretta, che siha quando i soci accedono a condizioni di

mercato ai beni o ai servizi prestati dalla

società cooperativa, ottenendo il trasferimento

delle economie mediante destinazioni di

somme di denaro (c.d. ristorni; oggi fattioggetto di disciplina dall’art. 2545 sexies c.c.,introdotto dal d. lgs. n. 6/2003). Va tuttavia

chiarito che queste modalità di trasferimento

delle economie possono convivere – per

diritto scritto – con parziali destinazioni del-

l’utile netto ai soci, cioè con forme di remune-

razione capitalistica dell’investimento, nel

qual caso usualmente si parla di «mutualità

spuria» (v. art. 2518, comma 1, n. 9; art. 2536

c.c., testo ante riforma 2003; v. ora art. 2521,comma 3, n. 8; art. 2545 quater, comma 2;art. 2545 quinquies c.c., testo novellato dal d.lgs. n. 6/2003). In tal caso, la funzione mutua-

listica è sempre riconoscibile quando la disci-

plina vieti la integrale – non dunque la par-

ziale – distribuzione ai soci degli utili netti

prodotti dalla cooperativa (Campobasso).

Riassumendo: è questa la «mutualità» in sensotecnico – autodestinazione, in forma diretta oindiretta –; è «mutualità» in senso tecnico anchela versione «spuria», da intendersi allora comeuna «non illimitata lucratività», che si haquando si divide tra i soci in forma di dividendola parte residua di utile netto che non è obbliga-torio destinare a fini mutualistici (Spada,approfondendo un illuminante spunto di

Alessandro Graziani; v. ora art. 2545 quater,comma 3, c.c., introdotto dal d. lgs. n.

6/2003). In ultima analisi (riassuntivamente):

la nozione tecnica di mutualità nel nostro

diritto delle società cooperative si desume

dalla disciplina di disposizione del patrimonionetto di bilancio. Nelle società cooperative,solo parte di questo può essere diviso tra i soci

alla conclusione dell’esercizio e/o della inizia-

tiva sociale in forma di utile, cioè secondo un

criterio capitalistico di remunerazione dell’in-

vestimento. Nella materia delle banche popo-

lari, dunque, il lavoro ricostruttivo deve muo-

vere dalle regole legislative che presiedono alla

devoluzione dell’utile netto di gestione e del

patrimonio di liquidazione della società.

27

Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

Page 28: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Regole che non compromettono la compatibi-

lità di un certo codice organizzativo tanto con

la causa mutualistica quanto con la lucrativa:

in estrema sintesi, si parla di «neutralità cau-

sale» della banca popolare, una volta ravvisata

nel t.u.b. una normativa di eccezione ai prin-

cipi residuali del codice civile sulle cooperative

(v. Belli/Brozzetti; Calandra Buonaura;

Marasà; Pennisi; Salerno; Schiuma). Qui biso-

gna però distinguere: da un lato, la mutualità

in senso tecnico, che – anche soltanto nella ver-sione «spuria» – è divenuta facoltativa e con-vive pur all’interno della organizzazione coo-

perativa con le finalità più disparate, nulla

impedendo l’autodestinazione, totale o par-

ziale, dei servizi bancari o la devoluzione del-

l’utile sociale a fini mutualistici. La facoltati-

vità rinvia dunque all’autonomia statutaria

(Presti); rinviando ogni approfondimento

(infra, § 4. ss.), per il momento si deve osser-

vare che se il regime causale va facendo della

banca popolare un «abito» buono per una

varietà indefinita di occasioni, si deve conclu-

dere, provvisoriamente, che le banche popo-

lari stiano alle cooperative come le società per

azioni di diritto speciale stanno alla società per

azioni comune (Marasà): tutte si rapportano

all’art. 2247 c.c., ma – quanto all’elemento

funzionale – si moltiplicano i vincoli di desti-

nazione dell’utile netto di bilancio; dall’altro,

le previsioni di filantropia, cioè di «non econo-micità», che si fanno soltanto intravedere nel-

l’art. 32, comma 2, t.u.b. e che invece sono

più fortemente radicate negli statuti delle

società (infra, § 4. ss.) non hanno evidente-

mente nulla a che vedere con la «mutualità» in

senso tecnico. Si tratta piuttosto di cause non

societarie che si innestano sull’organizzazione

cooperativa della società, con quest’ultima

compatibili mercè il loro rilievo secondariorispetto alla causa principale (v. anzitutto art.

13 c.c.). Invero, alla «neutralità causale» non

potrà non porsi un limite: la non prevalenzadella causa filantropica su quella economica,cioè, ad un tempo, lucrativa e/o mutualisticaglobalmente considerate. In caso contrario la

banca popolare si chiamerebbe fuori dal para-

digma societario dell’art. 2247 c.c., mentre

verrebbe attratta all’area concettuale degli enti

collettivi del Libro primo del codice civile. Ed

è a questo punto che dovrebbero sorgere seri

dubbi sul valore quantomeno relativo della

formula della «neutralità». Infatti, gli elementi

funzionali passati in rassegna dovrebbero rite-

nersi sufficienti per giustificare l’impiego del

codice organizzativo della cooperativa fuori

dai rigori dell’art. 2511 c.c. (nuovo testo): la

«neutralità causale» è modalità di argomenta-

zione di quelle che possono sfuggire dal con-

trollo; di quelle che potrebbero indurre alla

costruzione dell’ «ircocervo». E allora – in

fondo a tutto (ed il quesito è stato voluta-

mente lasciato insoluto fino a questo punto) –

quale significato può legittimamente rivendi-

care nel nostro sistema positivo la formula di

cui si discute? L’unica semantica che questa

possa legittimamente esibire non può prescin-

dere da un principio ordinamentale – espresso

nell’art. 2247 c.c. – secondo cui la fissazione

di un paradigma funzionale resta pur sempre

un elemento della fattispecie societaria: la for-

mula della «neutralità causale» designa un par-

ticolare atteggiarsi della causa societatis; nonindica invece alcuna abdicazione alla raziona-

lità del nostro ordinamento, secondo cui ogni

codice organizzativo corrisponde legislativa-

28 Banca Popolare del Frusinate

PRIMA PARTE

Page 29: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

mente una giustificazione funzionale (v. tutti

gli studi di Spada riportati in nota bibliogra-

fica; da ultimo v. Sciuto/Spada).

Nell’orizzonte normativo delle banche

popolari la formula evoca 1) un universo dimodelli funzionali tipici, non sempre coinci-denti con quelli dell’art. 2511 c.c., ma com-

prensivi di iniziative speculative e non, ascrivi-

bili all’area dell’art. 2247 c.c., nonché altrui-

stiche, ascrivibili all’area concettuale del Libro

primo del codice civile, purché non prevalenti

rispetto alle prime (si torni a vedere l’art. 32,

comma 2, t.u.b.); 2) una delimitazione delle

«zone di interessi» disponibili all’autonomia

statutaria, perché riconosciuti dall’ordina-

mento generale tutti come compatibili alla fat-

tispecie societaria (sempre ex art. 2247 c.c.).

In questa prospettiva, dire che la banca popo-lare è «causalmente neutra» equivale ad averrinvenuto la ragione stessa di giustificazione delcodice organizzativo delle società cooperative.Tuttavia – ed è questo il caveat conclusivo –«neutralità causale» non va intesa come compa-tibilità con qualsiasi causa od anche con nessunacausa: non sarebbe valida, ad es., una clausolastatutaria che in una banca popolare vietasse

qualsiasi distribuzione di dividendo azionario,

qualsiasi destinazione di utilità di natura

mutualistica, a vantaggio di esclusive devolu-

zioni filantropiche. La fattispecie della banca

popolare è pur sempre quella di una società:

nessuno può dubitare che questi enti vadano

ascritti – come si diceva – nell’area dell’art.

2247 c.c.; ed in quest’area, sarà lo statuto

sociale a contemperare una ipotesi sui generisdi «mutualità spuria» e/o di lucratività miste a

cause filantropiche (che mai possono divenire

predominanti). Diviene così fondamentale

indagare su di un altro piano: su quello statu-

tario. Ma dapprima occorrerà valutare quanto

di questi dibattiti sopravvive ad una sotterra-

nea ed insidiosa innovazione, giunta con la

recente riforma del diritto societario, che in

linea astratta si assume non dovrebbe aver toc-

cato le banche popolari.

3.4. La riforma del diritto societario del2003 e l’autonomia del diritto dellebanche popolari.Con la riforma del diritto delle società di

capitali e cooperative – introdotta per novella-

zione del codice civile attraverso il ricordato d.

lgs. n. 6/2003 – viene, da un lato, operata una

più rigorosa distinzione tra cooperative aventi

diritto alle agevolazioni tributarie e non [v. art.

5, comma 1, lett e), legge 3 ottobre 2001, n.

366 - delega per la riforma del diritto societa-

rio; v. anche Relazione ministeriale al d. lgs. n.

6/2003, § 15]: è introdotta infatti la nozione

di «(società cooperative a) mutualità preva-

lente» proprio a discriminare tra le prime e le

altre (artt. 2512-2514 c.c., nuovo stile).

Dall’altro, l’art. 223 terdecies, comma 2, disp.att. c.c. (nuovo testo) dispone espressamente

che alle banche popolari continuino «ad appli-

carsi le norme vigenti alla data di entrata in

vigore» della legge delega di riforma del diritto

societario (legge n. 366/2001): non, si badi, al

tempo della entrata in vigore del decreto legi-

slativo delegato (n. 6/2003). La disposizione è

ambigua e, per adesso, nessun chiarimento

viene dalla circolare della Banca d’Italia (n.

245408 del 16 marzo 2004) concernente le

modifiche statutarie conseguenti alla riforma

29

Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

Page 30: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

societaria. Secondo una prima interpretazione,

non dovrebbe trattarsi di altro, riguardo alle

banche popolari, che dell’ultrattività delle vec-

chie disposizioni, incluso di quelle del codicecivile, in materia di società cooperative e diquelle sulla società per azioni dalle prime

richiamate (Buonocore). Certamente si tratta

di una posizione che getta un cono d’ombra su

molti problemi operativi. Quale diritto regola

ad es. una impugnativa di deliberazione

assembleare di banca popolare? E secondo

quale rito – quello ordinario del codice di pro-

cedura civile o quello societario introdotto dal

d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 – si solleva la

contestazione in sede giudiziaria? Non solo;

seguendo questa linea, vi è chi ha rilevato che

così opinando addirittura si finisce per disap-

plicare alle cooperative il nuovo diritto penale

societario (perché entrato in vigore successiva-

mente alla legge delega con d. lgs. 11 aprile

2002, n. 61) (Morera). Non meno importanti

interrogativi suscita poi la interpretazione

restrittiva, secondo la quale alle banche popo-

lari dovrebbe applicarsi il nuovo diritto codi-

cistico delle cooperative, mentre a sopravvi-

vere sarebbe il solo materiale normativo spe-

ciale, dedicato alle banche popolari, consi-

stente essenzialmente nelle disposizioni del

t.u.b. (Marasà). Se così fosse, le popolari di

sicuro ne guadagnerebbero perché si dissolve-

rebbero anche molti dei problemi più avanti

messi a fuoco (oltre che di seguito, v. anche

infra, § 4.2.); ma il fatto è che la disposizione

eccettuativa del legislatore delegato rinnova il

contenuto dell’art. 5, comma 3, legge delega

n. 366/2001, secondo cui «sono esclusi dal-

l’ambito di applicazione delle disposizioni dicui al presente articolo [: le linee guida della

riforma del diritto comune delle cooperative –

notazione mia] i consorzi agrari, nonché le

banche popolari, le banche di credito coopera-

tivo e gli istituti della cooperazione bancaria in

genere, ai quali continuano ad applicarsi le

norme vigenti salva l’emanazione di norme di

mero coordinamento che non incidano su

profili di carattere sostanziale della relativa

disciplina» (la disposizione delegante risulta

più nitida rispetto a quella delegata).

Un’ultima corrente di pensiero pretende,

infine, di mediare tra le precedenti, propo-

nendo una interpretazione «correttiva» della

normativa delegata sulla base della lettera della

legge delega, considerando in particolare il

ricordato art. 5, comma 3, là dove esclude le

cooperative di credito «dall’ambito di applica-

zione delle disposizioni di cui al presente arti-

colo» (corsivo mio) anziché dalla complessiva

portata precettiva della riforma societaria. Se

ne deduce così la disapplicazione del nuovo

diritto delle cooperative e l’applicabilità,

invece, a) dei principi suppletivi desumibilidal nuovo diritto delle società per azioni (non

viene in considerazione, per ragioni connesse

ai presupposti per l’esercizio dell’attività ban-

caria, il diritto della società a responsabilità

limitata, che può essere ora richiamato in fun-

zione suppletiva, così edificando la novità

della «cooperativa s.r.l.» - v. art. 2519 c.c.,

nuovo stile); b) del nuovo diritto processualesocietario (introdotto con il d. lgs. n. 5/2003);

c) del nuovo diritto penale societario (intro-dotto, come detto, con d. lgs. n.61/2002)

(Condemi). Lettura cui va dato atto di analiti-

cità e sforzo di razionalizzazione; ma forse

arbitraria, perché le difformità tra normativa

delegata e delegante non dovrebbero indurre

30 Banca Popolare del Frusinate

PRIMA PARTE

Page 31: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

alla interpretazione correttiva della prima sugli

indici testuali della seconda, quanto piuttosto

all’accertamento di un vero e proprio eccesso didelega, valutabile solo in sede di giudizio dicostituzionalità sotto il profilo della violazione

dell’art. 76 Cost. E forse proprio questa

dovrebbe essere la prospettiva meno insoddi-

sfacente, secondo il sommesso parere di chi

scrive: l’art. 223 terdecies, comma 2 disp. att.esibisce una norma viziata per eccesso di delegarispetto all’art. 5, comma 3, legge n.

366/2001 e dunque costituzionalmente illegit-tima in ragione dell’affermazione di regole inpalese travalicamento dei limiti posti dalla

normativa delegante. Potrebbe allora essere il

sindacato di costituzionalità la sede nella quale

opportunamente «rettificare» l’ambito della

disapplicazione del nuovo regime societario,

anche nel senso in cui si è espressa la dottrina

della interpretazione «correttiva», la quale

pure lascia insoluti non pochi problemi opera-

tivi. Ma fino a quel pronunciamento, unica

interpretazione legittima non può essere che

quella prospettata dal Buonocore, precisan-

dosi che la disapplicazione della riforma socie-

taria si estende anche ai profili penali e proces-

suali; e su quella (pur provvisoria) certezza si

fonderanno gli argomenti di qui in avanti.

La riforma – nell’ambito di un disegno poli-

tico di respiro generale – rafforza il legame tra

l’organizzazione cooperativa ed il programma

mutualistico, infittendo i controlli, inasprendo

le sanzioni (civilistiche) per il caso della inat-

tuazione, nell’ordine adesso (anche) della persi-stenza della iniziativa sociale (cade così l’esi-genza della tesi del Graziani, che ravvisava nel

mancato perseguimento della funzione mutua-

listica una «grave irregolarità» gestoria che, ai

sensi dell’art. 11 legge Basevi e dell’art. 2544

c.c. vecchio stile giustificava lo scioglimento

della società per atto dell’autorità di vigilanza).

Tale novità potrebbe spiegare – ma il condizio-

nale è d’obbligo e si vedrà tra breve perché – la

scelta di disapplicazione del nuovo diritto alle

banche popolari, a livello legislativo non stret-

tamente legate alla mutualità.

Sarà opportuno procedere con sistematicità.

La riforma ha, notoriamente, sovvertito

l’ordine tradizionale, secondo cui nel codice

civile si collocano i principi generali di diritto

privato, mentre al di fuori le regole «setto-

riali». Così, almeno tendenzialmente, sotto il

vecchio diritto, con la parziale eccezione –

forse – degli artt. 2542 ss. c.c. (già dichiarati

inapplicabili alle banche popolari dal d. lgs. n.

105/48). Viceversa, oggi le nuove disposizioni

del codice civile si occupano (anche) di deli-

neare fattispecie a rilevanza extra-privatistica –

v., ad es., la «mutualità prevalente» (v. art. 223

duodecies, commi 6 e 7, disp. att. c.c., testoriformulato dal d. lgs. n. 6/2003) –.

È intuitivo così che l’espressione «mutua-

lità» (tout court) debba attingere ancora moltoalla nozione enucleata dalla giurisprudenza,

sia teorica che pratica, ancor prima che alla

nozione di «mutualità prevalente»; è indiscuti-

bile che da una riforma (legge delega più

decreto delegato), il cui disegno politico è

nella restituzione alla mutualità di tutte le

cooperative, a «mutualità prevalente» e non –

v. art. 5 legge delega (n. 366/2001); art. 2511

c.c., testo riformulato dal d. lgs. n. 6/2003;

Relazione ministeriale al d. lgs. n. 6/2003, §

15 (ove si afferma testualmente che lo scopo

mutualistico caratterizza anche le società coo-perative prive della «mutualità prevalente») –,

31

Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

Page 32: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

fosse legittimo attendersi di più nei riguardi

delle banche popolari.

Ad ogni modo, l’esclusione di queste dalla

riforma, avvenuto nel pieno rispetto della

legge delega, ne fa ancora di più una entitàibrida, racchiusa in una realtà settoriale.Orientavano invero verso la disapplica-

zione del nuovo diritto le seguenti ragioni

politiche: a) l’intento di non andare controla tradizione, lasciando intatta la «neutralità

causale», conformatasi prima per via di

prassi poi per diritto scritto; b) una proba-bile volontà di procedere presto ad una

riforma organica ad hoc, diretta a collocareuna volta per tutte le banche popolari fuori

dai modelli cooperativi. Il disegno politico,

pur se opinabile, avrà pure una sua raziona-

lità; ma sotto il profilo tecnico, le scelte del

legislatore sono davvero prive di costrutto! Si

osservi l’intima contraddittorietà di talune

disposizioni (torna a considerare l’art. 223

terdecies disp. att. c.c. - nuovo testo),

secondo cui le banche di credito cooperativo

sono da un lato incluse nell’area delle agevo-

lazioni fiscali riservate della «mutualità pre-

valente», beninteso alla condizione che

rispettino le norme previste dalle leggi spe-

ciali (comma 1); ma sono dall’altro estro-

messe dall’area di applicazione delle nuove

disposizioni del codice civile sull’organizza-

zione delle società cooperative – incluso per-

tanto il nuovo art. 2545 septiesdecies c.c.! –,al pari delle banche popolari (comma 2),

rispetto alle quali il divario funzionale non

potrebbe essere più netto.

Chi non rinunzi a tentare la razionalizza-

zione dei testi giuridici dovrebbe prendere atto

almeno di alcuni dati.

a) Funzione mutualistica e persistenza dellainiziativa sociale. Si potrebbe opinare che l’iso-lamento delle banche popolari dal nuovo

diritto delle società cooperative segni un defi-

nitivo distacco delle prime dalla funzione

mutualistica. Come si accennava, però, ciò

non spiegherebbe l’isolamento anche delle

«cugine» banche di credito cooperativo. Si è

detto che viene rafforzato nel nuovo diritto il

legame tra mutualità ed organizzazione coope-

rativa; lo dimostra tecnicamente – è giunto il

momento di chiarirlo – il nuovo corredo delleconseguenze giuridiche della ricorrenza o dellamancata attuazione del programma mutuali-stico. Sotto il nuovo diritto le società cooperative– tutte e non solo quelle a «mutualità preva-lente» – sono soggette a scioglimento per atto del-l’autorità di vigilanza, ove di fatto non perse-guano lo scopo mutualistico (così per il nuovoart. 2545 septiesdecies c.c., testo riformulatodal d. lgs. n. 6/2003). È evidente che ad egualesanzione di eliminazione della iniziativa socialenon vadano incontro le banche popolari, perdisapplicazione della riforma. Ci si potrebbe

chiedere allora se trovi applicazione il princi-

pio del vecchio art. 2544 c.c. (testo anteriforma ex d. lgs. n. 6/2003), esprimendosi

dunque non la necessità ma solo la facoltati-vità della funzione mutualistica. Tale norma,come si è detto ripetutamente, finché vigeva il

d. lgs. n. 105/48 era espressamente dichiarata

non applicabile; mentre manca oggi una cor-

rispondente disposizione di disapplicazione

nel testo unico bancario, che si riferisce espres-

samente soltanto alla c.d. legge Basevi (art. 29,

comma 4, t.u.b.). Ora, considerato che gli

artt. 2542-2545 c.c. (testo ante riforma 2003)si raccordano al sistema della vigilanza sulla

32 Banca Popolare del Frusinate

PRIMA PARTE

Page 33: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

cooperazione che trova i principi fondamen-

tali proprio nella c.d. legge Basevi (v. per tutti

– da ultimo – Bonfante), pare fondato opi-

nare a) che non solo permanga inapplicabile(anche) il vecchio art. 2544 c.c., ma – più in

generale – b) che il rinvio al vecchio dirittosocietario compiuto dall’art. 223 terdeciesdisp. att. c.c. vada riferito esclusivamente alleregole sull’organizzazione. Gli agganci testualidella comune organizzazione cooperativa alla

funzione mutualistica, ravvisabili nel vecchio

diritto societario (v. art. 2511; art. 2515,

comma 2; art. 2518, comma 2, n. 9; art.

2536 c.c. – tutti nel testo ante riforma ex d.lgs. n. 6/2003), risultano inapplicabili alle

banche popolari oggi ancor più plausibil-

mente che in passato. Ma, nonostante questa

più accentuata disconnessione causale dalle

cooperative comuni, la sottrazione delle

popolari alla riforma del diritto delle società

cooperative non rappresenta alcuna necessità

logica correlata al divario tra le prime e la fun-

zione mutualistica, bensì soltanto il frutto di

una decisione politica. Infatti, la disapplica-zione alle banche di credito cooperativo della

riforma societaria e segnatamente dell’art.

2545 septiesdecies c.c., che enuncia un princi-pio di carattere generale, non trova razionalespiegazione nelle sole disposizioni eccettua-

tive in tema di vigilanza cooperativa (v. artt.

18 d. lgs. 220/2002 e 21, comma 3, legge n.

59/92; già ricordati retro, § 3.2.): il che sot-

trae logicità e aggiunge politicità alle scelte

legislative del 2003.

b) Anche sul piano dell’organizzazione lalaconicità dell’art. 223 terdecies disp. att.c.c. nasconde uno scenario abbastanza

complesso:

b1) un primo interrogativo sorge a marginedella nomina esclusivamente assembleare degli

organi sociali (art. 29, comma 3, t.u.b.). è

venuto tempo di sciogliere la riserva altrove

aperta (retro, § 3.1.). ci si trova di fronte ad

una formula usualmente posta in correlazione

all’art. 2535 c.c. (testo ante riforma ex d. lgs.n. 6/2003), così desumendone a) che gliamministratori delle popolari possano essere

soltanto scelti fra i soci e b) ulteriore argo-mento di parentela tra organizzazione delle

popolari e delle cooperative. Queste conclu-

sioni vengono oggi messe in crisi dalla riforma

introdotta con il d. lgs. n. 6/2003, che nel

nuovo art. 2542 c.c. impone ora che solo la

maggioranza dei componenti dell’organo

amministrativo sia costituita da soci, sia per

dare spazio ai rappresentanti dei portatori

degli strumenti finanziari di cui si dirà tra

breve, sia – forse – per concedere spazi ai

sistemi di amministrazione mutuati dal nuovo

regime della società per azioni (v. art. 2544

c.c., nuovo stile).

Ora, il nuovo diritto societario non si applica

alle popolari; dunque esse rinviano al codice

organizzativo delle vecchie cooperative; così le

prime non potranno avvalersi dei nuovi sistemi

d’amministrazione (c.d. alternativi) della

società per azioni. Forse non tutto il male viene

per nuocere, si direbbe, considerato lo scarso

coordinamento tra l’art. 2543 c.c. (nuovo stile)

e questi regimi (Costi). Ma non è chi non veda

come, anche dal punto di vista dell’amministra-

zione, vada aprendosi il divario;

b2) gli strumenti finanziari, che le coopera-tive possono oggi emettere, dovrebbero nello

spirito della riforma moltiplicare i canali d’af-

flusso di capitali di debito verso la mutualità

33

Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

Page 34: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

(v. art. 2526 c.c., testo riformulato dal d. lgs.

n. 6/2003). Ma questi strumenti sono preclusi

alle popolari. Secondo una interpretazione

restrittiva, la ragione risiederebbe nel fatto che

tutti i finanziamenti destinati alla società coo-

perativa dovrebbero esclusivamente correlarsi

alla funzione mutualistica; la facoltatività di

questa spiegherebbe allora la inaccessibilità di

questi strumenti alle banche popolari. Ove

invece si ritenga che qualche spazio vi sia per

la convergenza dei medesimi finanziamenti

verso iniziative speculative, considerato che

neanche nel nuovo diritto è respinta l’idea

della «mutualità spuria» (art. 2521, comma 3,

n. 8; art. 2545 quater, comma 2; art. 2545

quinquies c.c., come riformulati dal d. lgs. n.

6/2003), l’impraticabilità di queste modalità

di raccolta di capitali di debito denunzia uno

scollamento tra codici organizzativi delle

popolari e delle cooperative comuni spiegabile

solo parzialmente in base a ragioni funzionali.

Ma lo scollamento si è prodotto anche con le

cooperative comuni vecchio stile, quando si

consideri che, reciprocamente, le banche

popolari possono finanziarsi emettendo, al

pari di tutte le altre banche, «obbligazioni

bancarie», «titoli di deposito» e «prestiti subor-

dinati» ai sensi dell’art. 12 t.u.b. (Salanitro).

Ma non basta, perché, da ultimo, alle società

bancarie – a tutte ed a prescindere dal codice

organizzativo prescelto, e dunque anche allepopolari – è stato consentito indebitarsi emet-tendo strumenti finanziari con causa «parteci-

pativa» al rischio dell’impresa sociale ai sensi

dell’art. 2411, ult. comma, c.c. (nel testo rifor-

mulato dal d. lgs. n. 6/2003): merita segnala-

zione infatti che il d. lgs. 6 febbraio 2004, n.

37 (coordinamento dei d. lgs. 17 gennaio

2003, nn. 5 e 6, recanti la riforma del diritto

di societario, con il testo unico bancario, d.

lgs. 1° settembre 1993, n. 385 e con il testo

unico della intermediazione finanziaria, d. lgs.

24 febbraio 1998, n. 58), nel riformulare il

testo dell’art. 12, comma 3, t.u.b., ha omesso

di dichiarare inapplicabile il nuovo art. 2411

c.c. (Portale).

Si può allora azzardare una prima, provviso-

ria, conclusione. Ancorché la riforma del

diritto societario non abbia sovvertito, in

apparenza, l’ordine delle banche popolari,

questo non è tuttavia uscito indenne dalla rivo-luzione prodottaglisi tutt’intorno, poiché

accanto all’allargarsi del distacco funzionale,

varie regole denunziano che già è in embrione

l’edificazione di un codice organizzativo suigeneris, più prossimo a quello delle vecchiesocietà cooperative, che a quello delle nuove,

mentre la struttura finanziaria è più vicina a

quella delle società bancarie (azionarie e non)

che non di diritto comune. Non viene perciò

smentita la tesi della divaricazione fra «forma»

e «sostanza» della cooperativa, ossia fra tipolo-

gia funzionale ed organizzativa; ma, così come

vengono introdotti elementi di autonoma

caratterizzazione dell’organizzazione, direi

anche che, a mano a mano che il diritto scritto

del 2003 rafforza il legame tra iniziativa

sociale regolata in forma cooperativa e causa

mutualistica, per le banche popolari si rie-

spandono invece gli spazi già lasciati all’auto-nomia statutaria sotto la vigenza del codice dicommercio del 1882. Non è questo, del resto,

l’unico paradossale «eterno ritorno» della

riforma societaria del 2003, poiché nel nuovo

art. 2511 c.c., che definisce le società coopera-

tive come «società a capitale variabile con

34 Banca Popolare del Frusinate

PRIMA PARTE

Page 35: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

scopo mutualistico», par di sentire riecheg-

giare le parole di Vivante («le società coopera-

tive sono società a capitale variabile regolate in

modo da favorire gli scambievoli servigi della

società verso i soci e dei soci verso la società»).

3.5. Notizie (ed un commento)dell’ultima ora.Come in ogni giallo che si rispetti, a questo

punto c’è una «notizia dell’ultima ora»; un

tentativo di depistaggio del lettore e dell’inve-

stigatore, che non poteva certo mancare.

Nel dicembre del 2003 la Commissione

europea ha formalmente richiesto all’Italia

informazioni per sospetta violazione dell’art.

56 del Trattato CE sulla libertà di circolazione

dei capitali con specifico riferimento al princi-

pio del voto capitario delle banche popolari

quotate nei mercati regolamentati. Non è stata

aperta al momento alcuna procedura di infra-

zione contro l’Italia; ma merita attenzione l’ar-

gomentazione di autorevoli giuristi espres-

sione delle associazioni di tutela dei c.d. soci

deboli delle banche popolari (v. retro, § 2.2.),

attese stavolta ad una «prova di maturità».

Particolare considerazione va riservata alla

(affermata) equiparazione tra voto capitario

delle popolari e golden shares, che caratterizzala disciplina speciale della privatizzazione di

alcune società azionarie derivanti dalla trasfor-

mazione di enti pubblici. In entrambi i casi

l’impatto è esaminato nella prospettiva delle

sole società quotate in borsa (banche popolari

o società per azioni) e viene identificato in una

sostanziale discriminazione fra i componenti

della compagine sociale atta a limitare la

libertà comunitaria di circolazione dei capitali

(art. 56 Tr. CE; Cafari Panico).

A questi argomenti è tuttavia dato obiettare

una sostanziale diversità dei codici organizza-

tivi sui quali vengono ad innestarsi: da un lato,

la golden share è un potere speciale che effetti-vamente può squilibrare uguaglianza e parità

di trattamento dei soci di una società per

azioni (per un’analisi della più recente giuri-

sprudenza comunitaria v. Ballarino/Bellodi).

Dall’altro, il voto capitario è (invece) nel

diritto comune delle società cooperative, si

innesta nella organizzazione democratica

funzionale alla causa mutualistica. Forse che

se un domani dovessero quotarsi altre società

cooperative, diverse dalle banche popolari,

sarebbero tutte costrette – in forza dell’art.

56 Tr. CE – a mutare la propria organizza-

zione in azionaria e la propria causa in lucra-

tiva? Più realisticamente, l’argomento comu-

nitaristico, ancora una volta ripropone –

strumentalmente ed in chiave di organizza-

zione e di governo della società – la mai con-

ciliata antitesi tra «forma» e «sostanza» di

società cooperativa.

4. Tipologia sociale (prassistatutarie).È tempo di tornare alla nostra (faticosa)

investigazione. Ogni volta che sembra di

essere sulle tracce dello scomparso si torna più

o meno al punto di partenza; il colpo di teatroincautamente annunciato, la svolta nella

trama del giallo sono ancora una volta rin-

viati. Ma, intanto, è già qualcosa l’aver accer-

tato – pur se in negativo – che non un indi-

zio incoraggia a ritenere morto il protagonista

35

Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

Page 36: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

e ad avvertire l’esigenza di spostare il piano

dell’indagine. Infatti, si comprende sempre

meno del destino del nostro: indizi contra-

stanti spingono a pensare ora alla sua morte,

ora alla sua sopravvivenza. Da un lato è

impossibile provare che sia tuttora in vita rac-

cogliendo testimonianze che lo scambiano

per un’altra persona (la mutualità delle società

cooperative codicistiche; così ha fatto il detec-tive che lo ha inseguito sulle tracce dell’art.2515, comma 2, c.c.); dall’altro chi lo dà per

morto non è stato in grado di ritrovarne il

cadavere, probabilmente perché è andato a

cercarlo in un territorio nel quale non ha mai

abitato (così ha fatto chi ha visto nell’organiz-

zazione delle banche popolari la struttura

azionaria).

Da altro lato ancora, quando si è detto –

con grande plausibilità – che la ricerca del

protagonista è tanto difficile perché al

momento della sparizione era vestito di un

abito buono per tutte o quasi le occasioni

(c.d. «neutralità causale» dello schema orga-

nizzativo della cooperativa) non si sono for-

niti indizi sufficienti al nostro investigatore,

che non pare così tuttora in grado di rispon-

dere all’interrogativo se il protagonista sia

vivo o morto. Affaticato, ma ancora non

demotivato, l’investigatore si mette ricercarlo

cambiando completamente versante.

Precisamente, dirige le indagini verso gli sta-

tuti sociali: possibile – la domanda sorge

spontanea – che di tutte le iniziative non spe-

culative fino ad oggi svoltesi sotto l’etichetta

«banca popolare» non si riesca a trovare

riscontro nella vigente normativa statale,

all’infuori di una epifania nell’art. 32,

comma 2, t.u.b.?

4.1. Alla ricerca delle «identitàstatutarie» delle banche popolari: a) lacausa sociale.L’identità funzionale delle banche popolari

è, attualmente, nel collegamento stretto, per

via statutaria, fra lucratività, qualche forma di

mutualità a radicamento territoriale e filan-

tropia. E ciò basterebbe – secondo ricordata

voce autorevole – a giustificare l’utilizzazione

dello schema organizzativo della cooperativa

(retro, § 3.3.). Chi scrive premette di non

voler utilizzare, in materia societaria, la parola

«mutualità» in altro significato che in quello

di disciplina dispositiva del patrimonio

sociale funzionale all’autodestinazione in via

diretta, cioè mediante «gestione di servizio»,

oppure in via indiretta, cioè mediante appro-

priazione in denaro, dei vantaggi consistenti

nella migliore condizione di accesso al mer-

cato (in questo caso del credito) o di rispar-

mio di spesa (v. retro, § 3.3.). Il rigore lessi-

cale è raccomandabile anche perché la

«mutualità» delle banche popolari è sempre

cresciuta fuori dal diritto scritto.

A questo punto l’indagine, preso atto della

divergenza tra «forma» e «sostanza» della coo-

perativa, deve esplorare a quali risultati nel

mercato può condurre il fatto che la organiz-

zazione cooperativa ci appaia come una chiave

buona ad aprire tutte le porte.

L’osservazione delle prassi sembra attestare

che all’assenza della obbligatorietà della causa

mutualistica nella legge corrisponda la diffu-sione a livello statutario di cause «non lucra-tive», talora addirittura «non economiche»,

più frequenti nelle società meno patrimonia-

lizzate, con esigua compagine di soci, con atti-

vità concentrate in una ristretta zona del terri-

36 Banca Popolare del Frusinate

PRIMA PARTE

Page 37: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

torio nazionale: dalla filantropia alla promo-

zione dello sviluppo imprenditoriale del terri-

torio; ai «principi tradizionali del credito

popolare», tuttavia ignoti alla legge, sollevan-

dosi allora il problema del valore giuridico di

un richiamo dal senso apparentemente socio-

logico; alla mutualità – dulcis in fundo – insenso tecnico. Il senso di questa ricerca “sul

campo” è nell’analisi degli interessi, nel con-

creto della realtà storica, al di là degli slogan.È stato esaminato un campione di n. 12 sta-

tuti su di un totale di n. 44 quante oggi sono

le banche popolari (dal computo sono ovvia-

mente escluse quelle trasformatesi in società

per azioni e che abbiano tuttavia mantenuto

nella denominazione sociale la locuzione

«banca popolare»). Il campione è stato assor-

tito tenuto conto delle fasce di classificazione

delle banche iscritte presso l’AssociazioneNazionale Banche popolari. La ricerca sulleclausole statutarie ha dato un esito profonda-

mente diverso da una analoga condotta nel

1991 (Santosuosso), quando l’universo delle

banche era anzitutto molto più affollato, al

pari dell’assetto istituzionale, profondamente

mutato medio tempore. L’aggregazione dei datiinduce a dividere in due gruppi fondamentali

le clausole statutarie significative. Da un lato,

le clausole da cui si desumono le funzioni dellabanca popolare (il plurale come si vedrà è

d’obbligo); dall’altro le clausole che ne identi-

ficano l’organizzazione cooperativa sui generis.Qui di seguito vengono presentati in forma

sintetica i risultati della indagine, con un cor-

redo di commenti. Nell’appendice a fine testovengono invece riprodotte le clausole statuta-

rie, ordinate in tabelle, in modo che si possano

riscontrare le conclusioni raggiunte senza

troppo appesantire l’esposizione. Si inizia con

l’esame delle clausole sulle funzioni.

A) Ripartizione degli utili netti [vedi tabella1]. La ricerca ha evidenziato dati che si

lasciano classificare al modo che segue: a)clausole che non impongono alcun obbligo di

devoluzione filantropica; b) clausole cheimpongono la devoluzione filantropica di una

percentuale fissa di utili netti; c) clausole cheimpongono la devoluzione filantropica sol-

tanto d’una percentuale massima di utili netti;

d) clausole che impongono la devoluzionefilantropica di una percentuale che viene sta-

bilita di volta in volta dall’assemblea; e) clau-sole che non quantificano l’obbligo di devolu-

zione filantropica degli utili netti lasciando

alla discrezionalità del c.d.a. l’an, mentre la fis-sazione del quantum rispetto all’utile netto

complessivo è stabilita dall’assemblea, affer-

mando tuttavia che la devoluzione debba

avvenire in via residuale, cioè dedotte tutte le

altre destinazioni dell’utile netto. Talora l’esi-

genza di fissazione del limite dall’assemblea è

espressa in maniera puntuale; talora invece

viene menzionata genericamente la necessità

di fissazione di “criteri” o “decisioni” dall’as-

semblea. Riassumendo: solo le clausole di cui

alla lett. e) attribuiscono alla devoluzionefilantropica il carattere di residualità (apparen-

temente) imposto dall’art. 32, comma 2,

t.u.b., peraltro non sempre in modo esplicito.

Negli altri casi la fissazione di una percentuale

– talora in forma di “tetto” – alla devoluzione

filantropica non è presentata come residuale,

ma come “pre-deduzione” dall’utile netto

prima della distribuzione ai soci. Ci sarebbe da

chiedersi se invece l’art. 32, comma 2, t.u.b.

richieda una devoluzione a tutti gli effetti resi-

37

Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

Page 38: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

duale. Si potrebbe tuttavia replicare che l’in-

terpretazione recepita dagli statuti possa rive-

larsi anche più garantista rispetto ad un crite-

rio di mera residualità. Ma poi tale garanzia

viene di fatto vanificata nel momento in cui è

attribuita al c.d.a. una discrezionalità non solo

di scelta delle iniziative filantropiche da soste-

nere, ma anche di fissazione della misura della

devoluzione entro un limite massimo prede-

terminato nello statuto, senza indicare il

minimo della contribuzione. Inoltre, non è

mai prevista la devoluzione a scopi filantropici

ad es. dei dividendi non riscossi dopo un

quinquennio [ma sul punto bisogna rinviare

più sotto, al sotto-gruppo di clausole C)].

B) Voci del netto e del passivo reale [veditabella 2]. Lo stile delle clausole che vengono

riprodotte a campione è comune a tutti gli sta-

tuti esaminati. La ricerca ha evidenziato totale

assenza di clausole istitutive sia di attribuzioni

a titolo di «ristorni» (cfr. nuovo art. 2545 sexiesc.c.) sia di stanziamenti a fini mutualistici, ai

quali l’art. 2518, comma 1, n. 9 e l’art. 2536

c.c. (versione ante riforma 2003, consideratoche il nuovo diritto non si applica alle banche

popolari; ma nel nuovo diritto v. comunque

art. 2521, comma 3, n. 8; art. 2545 quinquiesc.c.) affidano tuttavia l’attuazione del pro-

gramma mutualistico. Si tratta di disposizioni,

come si è già rilevato, manifestamente

difformi dall’art. 32 t.u.b. L’assenza di indica-

zioni negli statuti circa destinazioni a scopi

mutualistici potrebbe orientare verso conclu-

sioni alternative. a) Chi sostiene che le banchepopolari debbano a tutt’oggi perseguire una

causa mutualistica, benché magari «spuria»,

dovrebbe coerentemente risolversi perché le

due ricordate disposizioni codicistiche trovino

comunque applicazione – a parte la previsione

sulla riserva legale, fissata nella misura del

dieci per cento degli utili netti annuali dall’art.

32, comma 1, t.u.b. –: corollario sarebbe

allora che la totalità degli statuti qui esaminati

sarebbe viziata, pur se non a pena di nullità,

trovando in questi casi comunque applica-

zione la norma imperativa (sulle devoluzioni).

b) Chi invece è persuaso della neutralità cau-sale delle banche popolari ritiene che l’art. 32

t.u.b. pienamente prevalga sull’art. 2536 c.c.

(vecchio testo); il che trova testuale conferma

negli statuti, in questa prospettiva niente

affatto viziati. c) La lettura, infine, di talunibilanci di esercizio accentua la complessità

della realtà che qui si va osservando. Spesso le

piccole popolari (quelle per intenderci classifi-

cate nella 3° fascia dall’Associazione Nazionale

di categoria) – almeno in certe fasi della loro

operatività – non distribuiscono utili per

molti esercizi. Potrebbe essere questo un argo-

mento a conforto della mutualità; ma ad un’a-

nalisi più attenta non è detto che sia così.

Infatti, se la non distribuzione indiscutibil-

mente sposta le attese di remunerazione del-

l’investimento del socio nell’area della

«gestione di servizi» (bancari), non è detto che

l’utile così accantonato sia necessariamente

destinato ai fondi mutualistici (di cui si è

appena detto). Può essere destinato in conto

futuri aumenti di capitale; oppure può essere

accantonato in fondi per rimborso delle quote

dei soci recedenti [v. numerosi esempi ancora

in tabella 1]. È quest’ultimo un validissimo

espediente che permette di conciliare la «porta

aperta» con le esigenze di stabilità del capitale

nominale. Ciò a riprova – ove mai ve ne sia

ancora bisogno – che nel nostro ordinamento

38 Banca Popolare del Frusinate

PRIMA PARTE

Page 39: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

societario una nozione ontologizzante di

mutualità è completamente fuori luogo; che la

nozione di mutualità deve piuttosto rappor-

tarsi ai poteri dispositivi del patrimonio netto

di bilancio.

C) Diritti individuali del socio [vedi tabella3]. Quest’ultimo gruppo di clausole dalle

quali si è tentato di leggere in controluce la

mutualità nelle banche popolari ha carattere

residuale e pertanto eterogeneo. Dal campione

di statuti esaminato si sono espunte due clau-

sole attinenti diritti individuali del socio e

ricorrenti pressoché in tutti gli statuti. a) «Ilsocio partecipa per intero al dividendo delibe-

rato dall’assemblea qualunque sia l’epoca del-

l’acquisto della qualità di socio; i sottoscrittori

di nuove azioni devono però corrispondere

alla società gli interessi di conguaglio nella

misura fissata dal c.d.a.». b) «I dividendi nonriscossi entro un quinquennio dal giorno in

cui divennero esigibili restano devoluti alla

società». A dispetto delle apparenze, è la

seconda clausola che congiura contro la

mutualità, poiché le somme non riscosse rien-

trano nella più totale libertà dispositiva della

società; mutualità viceversa avrebbe suggerito

di devolvere a fini coerenti al programma que-

ste somme. Non così la prima clausola, che –

pur confessando la mutualità «spuria» - rinvia

ai poteri assembleari di disposizione del patri-

monio sociale.

D) Enunciazioni di criteri generali nelle clau-sole sulla costituzione e sulla denominazionedella società [vedi tabella 4] e/o sull’oggettosociale [vedi tabella 5]. La ricerca ha rilevato invari statuti enunciazioni di criteri generali del-

l’azione e del perseguimento dell’oggetto

sociale. Si possono aggregare a questo modo le

formule in uso negli statuti esaminati: «finalità

peculiari delle banche popolari» (talora la

variante è insignificante: «di una banca popo-

lare»); «principi/criteri tradizionali del credito

popolare»; «principi di mutualità»; «principi

della mutualità e della cooperazione»; «prin-

cipi della mutualità e (principi) tradizionali

del credito popolare»; «principi normativi

della cooperazione e della mutualità e (…) cri-

teri tradizionali del credito popolare». La

varietà lessicale potrebbe così condensarsi: a)finalità peculiari delle banche popolari; prin-

cipi/criteri tradizionali del credito popolare; b)principi della mutualità e della cooperazione.

Si possono così osservare [punto a)] enun-

ciazioni che attingono il significato da dati del

tutto empirici: dall’esperienza, dalla tradizione

culturale, quindi dalla storia e dalla sociologia

del settore creditizio. Si tratta di ciò che autore

accreditato ha detto «mutualità in senso socio-

logico» (Gambino), percorrendo itinerario già

battuto qualche decennio prima, secondo cui

la mutualità della impresa cooperativa si iden-

tifica nello scopo di una collettività caratteriz-

zata per omogeneità sociologica e di interessi

(Verrucoli), in contrapposizione ad una

nozione più ristretta e tecnica [di cui v. retro,

§ 3.3., nonché infra, tra breve, punto b)]. Le

formule dovrebbero pertanto indirizzare la

gestione sociale – lasciando piena libertà d’a-

zione – a conformarsi ai parametri noti del

c.d. radicamento territoriale delle banchepopolari, sia in senso geografico – riferimento

oggi scomparso dagli statuti esaminati – sia in

senso sociologico, con riguardo cioè a partico-

lari categorie sociali di clientela [come si tor-

nerà a vedere anche esaminando il prossimo

gruppo di clausole, sub E)]. A queste direttive

39

Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

Page 40: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

debbono essere raccordate formule, pur esse di

contenuto generico, che in questa prospettiva

non rivelano allora valore di clausole di stile,

quali l’incentivazione al risparmio di piccoli

capitali e il sostegno della iniziativa economica

medio/piccola, che si collocano sui versanti

della raccolta del risparmio e dell’esercizio del

credito. Così, ad es., un primo gruppo di clau-

sole che programmano di «attuare ogni oppor-

tuna iniziativa volta a diffondere ed incoraggiareil risparmio»; «incoraggiare il risparmio popo-lare in tutte le sue forme»; fare «opera di pro-paganda per il risparmio»; nonché un secondogruppo di clausole, che programmano il «fine

precipuo di favorire e sviluppare le attività

agricole, industriali, commerciali, artigiane e

di lavoro autonomo con particolare alle atti-

vità produttive minori ed alle imprese coope-

rative»; il «fine di favorire e sviluppare le atti-

vità agricole, industriali, commerciali, turisti-

che, artigiane e di servizi con particolare

riguardo alle piccole e medie imprese». Si

tratta di clausole di richiamo ad una tradi-

zione e ad una specificità sociologica, senza

alcun preciso radicamento territoriale della

clientela, vale a dire senza l’attestazione statu-

taria della preferenza di clienti provenienti da

zone geografiche determinate. Le preferenze

vengono semmai collegate all’appartenenza a

determinate categorie sociali (v. in particolare

il secondo gruppo appena riportato): in que-

sto caso il radicamento territoriale assume

forma indiretta, poiché – de facto – è facil-mente prevedibile la provenienza della clien-

tela di una banca i cui sportelli siano ubicati in

una certa parte del territorio nazionale; meno

invece quando la presenza delle filiali sia dif-

fusa su tutto il territorio nazionale. Si

potrebbe pertanto concludere che un dato d’e-

sperienza – il c.d. radicamento territoriale

delle banche popolari nella prestazione delle

operazioni bancarie – all’inizio del nuovo mil-

lennio si sia profondamente trasformato,

abbia perduto pressoché totalmente valenza

geografica, pur avendo mantenuto valenzasociologica; segnando un momento di distaccodalla esperienza delle banche di credito coope-

rativo, già casse rurali ed artigiane

(Schlesinger; Marasà). Altro è invece il radica-

mento territoriale della compagine sociale,

assente nel diritto delle banche popolari, con-

trariamente invece che nelle banche di credito

cooperativo (v. art. 34, comma 2, t.u.b.). Ma,

soprattutto, ci si chiede fino a che punto gli

obiettivi statutari a rilevanza sociologica

acquisiscano un valore giuridico forte, nel

senso della sanzionabilità dinanzi ad un giu-

dice di comportamenti trasgressivi di organi

sociali, segnatamente dell’amministrazione.

L’interrogativo potrebbe trovare adeguata

risposta ove fosse impostato al modo seguente:

questi richiami a valori sociologici e della tra-

dizione sono idonei ad influenzare, e se sì in

quale misura, la produzione dell’attività

sociale? Ove si concludesse negativamente,

bisognerebbe prendere atto che si tratti di

clausole di stile. Ma ove se ne provasse la ido-

neità – non rileva qui stabilire se in quanto

previsioni delimitative dell’oggetto sociale

oppure se in quanto specificative dell’interesse

sociale –, sarebbe ipotizzabile un recupero dellamutualità (quantomeno in senso sociologico)delle banche popolari in chiave statutaria. Unanalogo problema interpretativo è stato

affrontato nella letteratura giuridica, sia ita-

liana (Sciuto; Stella Richter), sia tedesca

40 Banca Popolare del Frusinate

PRIMA PARTE

Page 41: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

(Schmidt; Mertens; Winkler), soltanto con

riferimento alla realtà delle società per azioni,

nei cui statuti si dà una casistica invero non

abbondante, ma neppure scarsa, di indicazioni

di obiettivi ideologici, politici, religiosi e di

altra natura volti in qualche misura a circoscri-

vere le occasioni speculative che peraltro l’ente

potrebbe legittimamente sfruttare ai sensi del-

l’art. 2247 c.c.: è il noto caso tedesco della casa

editrice che programma statutariamente di

rifiutare la pubblicazione di libri e periodici

contrari ad un certo credo politico o religioso.

Negli statuti delle banche popolari invece

clausole a contenuto sociologico sono assai

ricorrenti: sarebbe riduttivo spiegare questa

prassi come mero prodotto dell’azione

conformatrice delle associazioni di categoria,

perché viceversa si tratta del risultato opera-

tivo e dinamico dell’ampiezza delle scelte fun-

zionali che il nostro ordinamento autorizza

per questa categoria di enti creditizi. Per tali

obiettivi è ipotizzabile altresì una prospettiva

di recupero di significato anche giuspubblici-

stico (v. infra, 4.1.1.).

Si può inoltre osservare [punto b)] che èevidente l’utilizzo viceversa di locuzioni dal

valore giuridico fortemente evocativo.

Scontato che i «principi della cooperazione»

non abbiano alcun senso autonomo in questo

contesto, perché le banche popolari sono fuori

come si è detto dalla sfera di applicazione del-

l’art. 45 Cost. e perché in materia societaria

con la locuzione ricordata si evoca un codice

organizzativo, al limite anche regole speciali a

carattere «settoriale», piuttosto che una fun-

zione, bisogna allora concentrarsi sulla portata

concreta dei «principi della mutualità». Il pro-

gramma mutualistico nominato in statuto

delinea – astrattamente – la realizzazione

d’una economia, nella sfera di ciascun socio,

a) in forma diretta – come «gestione di servi-zio», vale a dire come autodestinazione ai soci

delle prestazioni della banca – oppure b) informa indiretta – attraverso la tecnica dei

ristorni e delle altre destinazioni a fini mutua-

listici dell’art. 2536 c.c. (vecchio testo). A

titolo di mera curiosità, si osserva che in uno

statuto il richiamo ai «principi della mutua-

lità» è fatto precedere dalla congiunzione

«anche»; ne risulta apertamente e testualmente

dichiarato che la mutualità non è la sola causa

ispiratrice dell’azione sociale e dunque un

espresso riferimento ai principi della «mutua-

lità spuria». Quanto alla coincidenza tra le

persone dei soci e dei destinatari dei servizi

prestati dalla impresa sociale, si dirà tra breve;

sotto il secondo profilo (ristorni ed altre desti-

nazioni), va ribadito che l’enunciazione di un

programma mutualistico non può non impe-

gnare in senso forte tutti gli organi sociali – cia-scuno per quanto di competenza – ad una

«non illimitata lucratività» nella disposizione

del patrimonio sociale (retro, § 3.3.). E ciò,

pur in assenza di espresse istituzioni statutarie

di accantonamenti a scopi mutualistici: la

distonia che passa fra enunciazione di un pro-

gramma mutualistico e la configurazione dei

poteri di disposizione del patrimonio sociale –

distribuzione di utili inclusa – in chiave spic-

catamente lucrativa non può non essere risolta

nei termini d’un obbligo degli organi sociali di

assumere le decisioni necessarie all’attuazione

del programma manifestato. Non pare infatti

legittimo (direi anche di più: sarebbe immo-

rale) lasciare da un lato libera l’autonomia sta-

tutaria di indicare qualsivoglia programma

41

Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

Page 42: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

consentendole dall’altro di sottrarsi dal gene-

rale principio dell’autoresponsabilità: si tratta

semplicemente di restituire concretezza alle

etichette, poiché è difficile dubitare sulla ido-

neità di questo gruppo di clausole a condizio-

nare – con efficacia «giustiziabile» – la produ-

zione dell’attività sociale. Si precostituisce così

un parametro di valutazione dell’attuazione

dell’intero rapporto sociale, ed in prima bat-

tuta dell’operato degli amministratori.

E) Autodestinazione ai soci dei servizi dell’im-presa sociale. Verrà osservato ora un ulterioreprofilo delle clausole relative all’oggetto

sociale, talune specificamente dedicate alle

operazioni bancarie, o meglio alla contratta-

zione d’impresa con i soci [vedi tabella 6]. Più

precisamente ci si riferisce:

a) alla ricorrente formula secondo cui i ser-vizi prestati dalla banca sono diretti tanto a soci,quanto a non soci [sul punto torna a vedereanche tabella 5]. Si è già osservato come – sin

dai tempi di Vivante – alla cooperativa non sia

mai stato vietato di operare con terzi (v. retro,

§ 3.3.): così ancora oggi, nonostante la restri-

zione imposta dall’art. 2521, comma 2, c.c.

(testo novellato dal d. lgs. n. 6/2003). Queste

clausole evocano il trasferimento dell’econo-

mia nella sfera dei soci attraverso la tecnica

dell’autodestinazione in forma diretta. Il fatto

che gli statuti prevedano la prestazione delle

attività anche ai non soci postula tuttavia: a1)una regolamentazione di favore delle condi-

zioni di accesso ai servizi della banca a benefi-

cio dei soci (c.d. autodestinazione diretta), su

basi meramente contrattuali; oppure a2) ladistribuzione dei ristorni, vale a dire il trasfe-

rimento delle economie dalla società ai soci in

forma indiretta, mediante assegnazione di

somme di denaro (va ricordato che alle banche

popolari non si applica l’art. 2545 sexies c.c.,introdotto dal d. lgs. n. 6/2003). Ora, quanto

ad a1), è noto che l’autodestinazione direttapostuli un momento di scambio a carattere

contrattuale, anziché societario, dalla società

al socio, come dimostrato autorevolmente già

da più di quarant’anni (Oppo; ma vedi già il

ricordato spunto del Vivante dello «scambio

di servigi» tra società e soci), salvo casi dubbi e

particolari, comunque estranei alla coopera-

zione bancaria (Spada), sicché nulla si oppone

ad intravedere in queste previsioni statutarie

un momento di mutualità. Quanto ad a2), siosserva tuttavia che negli statuti non si rin-

viene traccia di accantonamenti per questi

specifici fini mutualistici (v. retro, § 4.1.). E

questo segna viceversa un momento di allon-

tanamento dalla mutualità;

b) alla (meno frequente) istituzione d’unaregola di preferenza dei soci a parità di condi-zioni o di garanzie offerte con i non soci nelleoperazioni di concessione di credito (ciò

dovrebbe costituire, nell’ottica di dottrina

autorevole – Bonfante –, indizio di mutua-

lità). Si tratta in questo caso di veri e propri

criteri di gestione sociale nel compimento

delle operazioni bancarie, vale a dire della con-trattazione d’impresa. A questo proposito la

vaghezza delle previsioni statutarie deve essere

bilanciata attraverso una più puntuale disci-

plina nelle condizioni della contrattazione tra

società e socio. Del profilo dell’autodestina-

zione ai soci già si è detto; si è già detto in par-

ticolare che il trasferimento delle economie

dalla società al socio prende assetto – all’in-

fuori di casi particolari comunque estranei alla

materia bancaria – in un contratto. Proprio

42 Banca Popolare del Frusinate

PRIMA PARTE

Page 43: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

per via contrattuale debbono essere colmate le

ambiguità che qui si segnalano: b1) da un lato,coerentemente con i programmi – divisati in

altri statuti – di sostegno della impresa

medio/piccola e delle imprese cooperative, si

sceglie di limitare le operazioni attive (proba-

bilmente il riferimento ai soli fidi è improprio

e va interpretato estensivamente) a quelle di

«modesto importo». Resta da vedere cosa ciò

significhi nel concreto: allo scopo pare neces-

sario tenere anzitutto considerazione delle

indicazioni rivenienti dalla normativa di vigi-

lanza bancaria; successivamente, l’attuazione

del precetto statutario postula la fissazione di

parametri precisi nelle condizioni contrattuali

con la clientela della banca; b2) dall’altro, vaconsiderata l’indicazione di «esclusione di

ogni operazione di mera speculazione». Si

tratta di un criterio di valore schiettamente

politico, che non si può valutare alla stregua

dell’art. 2247 c.c. e che intende sicuramente

raccordarsi all’art. 45 Cost., la cui lettera esso

riecheggia. Ma il significato risulta oggi inde-

cifrabile, dovendo così pensarsi ad un relitto di

un periodo storico in cui le operazioni di

borsa erano viste come fumo negli occhi da

tutte le culture che hanno dominato avvicen-

dandosi la scena politica italiana. Si ricordino

i provvedimenti di chiusura delle borse nel

1936 adottati dal regime fascista, ritenute

contrastanti con l’organizzazione corporativa

dello Stato e l’economia nazionale; si pensi poi

alla continuità d’ispirazione con l’art. 47

Cost., nel quale le forze politiche costituenti

scelsero di favorire esclusivamente «l’investi-

mento azionario nei grandi complessi produt-tivi del Paese» (corsivo mio). Basterà rileggereun memorabile saggio di Gerardo Santini,

risalente a più di venticinque anni fa benché

tuttora attualissimo, nel quale si ripercorre-

vano le evoluzioni strutturali delle operazioni

finanziarie, i mutamenti della communis opi-nio sulla funzione economico-sociale dellaspeculazione borsistica. Non è privo di signifi-

cato che oggi il legislatore conceda alle parti

dei contratti derivati una tutela forte, nei ter-

mini di sicura azionabilità delle loro pretese e

di esonero dall’art. 1933 c.c. [v. art. 23,

comma 5, d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 –

testo unico della intermediazione finanziaria],

quella stessa tutela osteggiata a lungo (e tut-

tora, in certi limitati casi) dalla giurispru-

denza. Anche l’ambigua esclusione statutaria

delle operazioni a carattere speculativo può

assumere concretezza soltanto attraverso le

condizioni di contratto relative ai rapporti tra

società e soci.

4.1.1. Segue conclusioni sul punto.Riassumendo: a) nessuna clausola statuta-

ria istitutiva di riserve a fini mutualistici; per

converso frequenti clausole di autodestina-

zione diretta delle prestazioni della impresa

sociale ed espliciti richiami ai principi della

mutualità (cooperativa). Ed inoltre: b)richiami alla tradizione del credito popolare

ed enunciazione di programmi di sostegno

di categorie sociali, prevedendo sia l’opera di

propaganda per il risparmio, sia la presta-

zione del credito a condizioni agevolate per

determinate categorie sociali.

Si intuisce facilmente come quanto si racco-

glie sub a) costituisca materia di diretto inte-resse per il riconoscimento d’una mutualità

43

Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

Page 44: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

statutaria a fronte della neutralità causale della

banca popolare nel sistema legislativo. Si è

anche visto che l’enunciazione d’un tale pro-

gramma non può non avere un valore forte,

nel senso dell’impegno di tutti gli organi

sociali all’attuazione – anche nella fase dispo-

sitiva del patrimonio sociale – della funzione

mutualistica.

È forse sotto questo aspetto che può recupe-

rarsi un raccordo tra mutualità e disciplina del

gradimento: parte della dottrina, tanto quella

persuasa dello scopo mutualistico in senso tec-

nico (Oppo), quanto quella convinta invece

che le banche popolari si facciano carico di

una mutualità sui generis (Costi), ritengonod’intravedere nel socio non gradito – che la

disciplina ammette comunque ad esercitare i

diritti patrimoniali – un soggetto portatore di

interessi esclusivamente speculativi (: massi-

mizzazione del valore della propria partecipa-

zione e percezione del dividendo); un soggetto

cioè che eccezionalmente non condivide il

programma mutualistico come invece coloro

che il gradimento hanno ricevuto e che sono

pertanto legittimati ad esercitare anche i diritti

di natura corporativa. Come già detto,

aprendo una riserva che qui è venuto il

momento di sciogliere (retro, § 3.2.), la for-

mula di legge dello «spirito della forma coope-

rativa» allude al contemperamento tra «chiu-

sura» tendenziale della banche popolari e prin-

cipio della «porta aperta» della struttura orga-

nizzativa a carattere «democratico» (Schiuma),

con conseguente esigenza di fissazione di cri-

teri che circoscrivano la discrezionalità dell’or-

gano amministrativo, visto del resto che nean-

che nelle cooperative di diritto comune la

«porta aperta» significa diritto soggettivo ad

entrare nella compagine sociale (Pennisi) (con-tra v. tuttavia Bonfante): principio che si ricol-lega sì alla funzione mutualistica nelle ordina-

rie società cooperative; ma non nelle banche

popolari, per le quali la normativa dell’ordina-

mento generale opera una scelta che si è detta

– tra molte precisazioni – di «neutralità cau-

sale» (retro, § 3.3.; infra, § 5.). Ove tuttavia la

banca popolare – per statuto anziché per legge

– si sia data carico di perseguire una funzione

mutualistica, i parametri del gradimento

dovrebbero recuperare – ad avviso di chi scrive

– una dimensione coerente con la causa

sociale (ed a queste condizioni riguadagnano

plausibilità le tesi ricordate di Oppo e Costi).

Quanto alla mutualità «in senso sociolo-

gico» – siamo così passati a b) – si è posta inluce l’esigenza di un chiarimento, in ultima

analisi, della espressione d’una prospettiva

funzionale delle nozioni giuridiche (fattispe-

cie). Il dato sociologico deve essere raccordato

a quello normativo, secondo il quale il voca-

bolo «mutualità» evoca la «gestione di servi-

zio» oppure una speciale disciplina dispositiva

del netto di bilancio: è chiaro che unica diret-

trice di ricerca da percorrere sia, nel caso delle

banche popolari, la prima. Se l’enunciazione

di tali programmi – diversamente da quelli

esposti sub a), sulla cui giuridicità possono

nutrirsi meno dubbi – sia idonea a creare posi-

zioni di interesse non coercibili o, al contrario,

idonee a regolare la produzione dell’attività

sociale, è dato sicuramente controvertibile e

dipendente dal riconoscimento di una valenza

giuridica ai valori della tradizione culturale e

della sociologia. Certo è che, se ciò fosse

dimostrato, questi assurgerebbero a parametro

valutativo dell’attuazione del rapporto sociale

44 Banca Popolare del Frusinate

PRIMA PARTE

Page 45: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

complessivo; con maggiore certezza si

potrebbe affermare, inoltre, che la «neutralità

causale» del sistema legale disvelerebbe nel

sistema statutario un insieme di funzioni –

lucratività, mutualità, cause da Libro primo

del codice civile – tali da giustificare, fuori dai

limiti imposti dal diritto comune, l’adozione

del codice organizzativo della società coopera-

tiva. Direi anche di più: la «mutualità» si

apprezzerebbe come una «non illimitata lucra-

tività» dal punto di vista oggettivo, nel senso

che tra le iniziative istituzionali la banca popo-

lare sarebbe statutariamente obbligata ad

includere anche iniziative a carattere non spe-

culativo a beneficio dei soci.

Pure sotto altro profilo, una conclusione in

termini costruttivi sul valore giuridico della

c.d. mutualità «in senso sociologico» pare pos-

sibile, alla luce del nuovo principio costituzio-

nale della «sussidiarietà orizzontale» [v. art.

118, ult. comma, Cost. (come riformulato

dalla legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3); v. poi

in ultima battuta sempre l’ art. 2 Cost.], per-

ché potrebbero ravvisarsi i presupposti per

coordinamento ed incentivazioni pubbliche

(quali ad es. mirati sgravi fiscali) dell’azione

delle banche popolari a fini di sostegno della

crescita economica di determinate comunità

sociali, ove ne fosse accertata la natura di «atti-

vità di interesse generale». Tanto dovrebbe

bastare, da un lato, per tornare a giustificare

l’adozione della organizzazione cooperativa

pur in assenza di una precisa opzione mutua-

listica (a livello legislativo); dall’altro, per

affermare che non vi sarebbe violazione del

principio comunitario del divieto di aiuti di

stato almeno quante volte le misure anzidette

si mantengano entro i limiti descritti dall’art.

87, comma 3, lett. c), Tratt. CE [«possono

considerarsi compatibili con il mercato

comune (…) gli aiuti destinati ad agevolare lo

sviluppo di talune attività o di talune regionieconomiche, sempreché non alterino le condi-zioni degli scambi in misura contraria al

comune interesse» (corsivo mio)].

A parte si è registrato come molteplici sta-

tuti prevedano in misura variabile destina-

zioni di patrimonio sociale a scopo filantro-

pico: si è già avuto modo di mettere in luce

come queste cause fuoriescano dalla cornice

dell’art. 2247 c.c. e dunque dall’area delle

società, spostandosi piuttosto in quella delle

associazioni del Libro primo del codice civile.

E ciò, senza ovviamente opinare che le coope-

rative, anche bancarie, siano (né in tutto né in

parte) associazioni (era la tesi di Ascarelli,

rimasta isolata). Mette conto qui segnalare

come pure la filantropia delle banche popo-

lari potrebbe e forse dovrebbe da ultimo valo-

rizzarsi – anche fiscalmente – ed indirizzarsi

in conformità del ricordato principio costitu-

zionale della «sussidiarietà orizzontale». Non

dovrebbe riscontrarsi violazione dei ricordati

principi comunitari di divieto di aiuti di stato

nella misura nella quale si consideri che tali

agevolazioni non avrebbero ad oggetto atti-

vità economiche; ma, sotto altro profilo, è l’e-

quilibrio di mercato stesso ad esigere una rap-

presentazione contabile veritiera, corretta e –

soprattutto – distinta per i rami di attività

profit e non profit della banca popolare e rela-tivi spostamenti di flussi finanziari all’interno

del patrimonio sociale.

Infine, un rilievo (una illazione?) sul piano

delle dimensioni della iniziativa sociale.

Mentre tutti gli statuti di banche

45

Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

Page 46: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

medio/piccole (fasce 2° e 3°) inclusi nel cam-

pione esaminato programmano di ispirare l’a-

zione sociale alla mutualità, in senso giuridico

(anche sotto la forma dell’autodestinazione

delle operazioni bancarie) o in senso sociolo-

gico, non in tutti gli statuti di banche grandi

(fascia 1°) inclusi nel campione viceversa si

incontrano tali enunciazioni.

Questo dato, che come tutti i rilevamenti

statistici finisce involontariamente per fare

torto a qualcuno, costituisce ad ogni modo

indizio della diversificazione per via statuta-ria delle identità funzionali: se il modellolegale ha una identità astrattamente compo-

sita, perché – come usa dire – è «casual-

mente neutro», la caratterizzazione funzio-

nale avviene in sede statutaria, in conse-

guenza di talune variabili, fra le quali la

patrimonializzazione, la dislocazione geo-

grafica degli sportelli (ciò che denunzia

anche la concentrazione o meno della clien-

tela in una determinata zona, la diretta

conoscenza o meno di questa, il rapporto

fiduciario, etc.), la estensione della compa-

gine sociale.

È anzi affermazione comune che proprio

quest’ultimo aspetto – che raggiunge la

massima dimensione in caso di quotazione

delle azioni della società in borsa – tradisca

l’esistenza di rilevanti componenti non inte-

ressate a condividere il programma mutuali-

stico, in senso tecnico-giuridico (ivi incluso

sotto il profilo dell’autodestinazione delle

operazioni bancarie prestate dalla società)

od anche soltanto sociologico (Pennisi). Si

deve iniziare qui allora un discorso che sarà

sviluppato più avanti (infra, § 5.): dalla«banca popolare» alle «banche popolari».

4.2. Segue: b) l’organizzazionecooperativa sui generis.Concessa l’ascrizione della banca popolare

al tipo della società cooperativa, si è detto che

la prima può avvicinarsi alla struttura organiz-

zativa della società cooperativa ante riforma2003 (retro, § 3.4.).

Bisogna ora spostare l’attenzione dal

modello (organizzativo) legale a quello statu-

tario, esaminando in particolare le clausole

che inducono ad una specifica caratterizza-

zione. In questa sede l’attenzione si concentra

su quelle relative al procedimento deliberativo

assembleare.

Mentre sul piano della funzione negli sta-

tuti si registra diversità di modelli socio-eco-

nomici conseguenti alla patrimonializzazione,

al numero ed alla dislocazione geografica degli

sportelli sul territorio, sul piano della organiz-

zazione non si riscontrano viceversa dissomi-

glianze relazionabili alla dimensione. Non

potendosi affrontare con pretese di comple-

tezza la tematica, si prenderanno in considera-

zione le sole clausole che vengono ad inserirsi

negli spazi che oggi la legge lascia all’autono-

mia statutaria e che invece in passato necessi-

tavano di un’autorizzazione dell’autorità di

vigilanza. L’interesse di queste clausole è

duplice, sia – come si è accennato – quanto

alla caratterizzazione, sia quanto al governo

della società, nel senso della partecipazione dei

soci (cooperatori e non) alle deliberazioni del-

l’organo assembleare, della formazione delle

maggioranze e dunque della non autoreferen-

zialità degli organi amministrativi e di con-

trollo interno. Si considerano così le clausole

attinenti a: a) convocazione/svolgimento delleassemblee [vedi tabella 7]: non uno degli sta-

46 Banca Popolare del Frusinate

PRIMA PARTE

Page 47: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

tuti esaminati contempla la istituzione delle

assemblee separate; b) esercizio del diritto divoto [vedi tabella 8]: non uno degli statuti esa-

minati introduce la tecnica del voto per corri-

spondenza. Inoltre, la già severa disciplina del

voto per delega dell’art. 2534 c.c. (testo anteriforma 2003) subisce ulteriori limitazioni sta-

tutarie nel campione esaminato.

Ragioni di affinità tematica spingono a trat-

tare congiuntamente i due punti. È noto che

gli strumenti appena riferiti costituiscano

regole speciali dirette al coinvolgimento del

singolo socio nel procedimento deliberativo

collegiale, strettamente funzionali, nell’argi-

nare l’assenteismo dei soci, a) a restituire effi-cienza alla regola decisionale democratica

(voto per teste) delle società cooperative, in

modo da contrastare fenomeni di autoreferen-

zialità nel governo; b) a diffondere e rafforzarela condivisione del programma mutualistico

(v., sul diritto riformato, Costi). È anche noto

che l’adozione di queste tecniche speciali,

rimessa nel diritto comune ante riforma 2003all’autonomia statutaria, per le banche popo-

lari fosse sottoposta alla ulteriore condizione

dell’autorizzazione dell’autorità di vigilanza

bancaria dal d. lgs. n. 105/48. L’abrogazione

di quest’ultimo, da parte del t.u.b., induce a

riflettere se il silenzio della legge si traduca in

un divieto assoluto per le banche popolari di

richiamare nel proprio statuto assemblee sepa-

rate e voto per corrispondenza oppure se torni

ad applicarsi anche a queste il regime comune,

ovviamente ante riforma 2003. La secondaopinione pare senz’altro preferibile, conside-

rato che l’autorizzazione ai sensi del d. lgs. n.

105/48 rappresentava una mera condizione

aggiuntiva per l’efficacia della clausola statuta-

ria. Ma, pur in questa prospettiva, il problema

è un altro. Il fatto è che la indefinita identitàfunzionale delle banche popolari finisce peraccompagnarsi a deboli norme di democraziacooperativa, le quali – almeno in certi casi –garantiscono inamovibilità ed irresponsabilitàdel management. Anche sotto questo aspetto siapre un divario tra la riforma societaria del

2003 e la disciplina delle banche popolari: il

nuovo art. 2540 c.c. (testo novellato dal d. lgs.

n. 6/2003) impone infatti le assemblee sepa-

rate al superamento di certi limiti, quanto

all’estensione della compagine sociale ed

all’ambito geografico di svolgimento dell’atti-

vità sociale. Ed è deplorevole della imperati-

vità del nuovo art. 2540 c.c. non abbiano a

beneficiare le banche popolari.

Un discorso a parte deve infine essere svolto

in merito al voto per delega. La disciplina limi-

tativa dell’art. 2534 c.c. (vecchio testo), resa

appena di poco meno restrittiva dal nuovo art.

2539 c.c. (testo novellato dal d. lgs. n.

6/2003), si basa sulla idea che la partecipazione

assembleare debba essere personale, diretta,

secondo collegialità, non solo e non tanto per-

ché personale e diretta debba essere la condivi-

sione del programma mutualistico (se così

fosse, ad identiche restrizioni andrebbe incon-

tro anche il voto per corrispondenza), ma

soprattutto perché attraverso la incetta di dele-

ghe non sia vanificato il principio del voto

capitario. Un principio organizzativo tipologi-

camente rilevante, in coerenza del quale pure il

testo unico sulla intermediazione finanziaria

del 1998 – una normativa adottata con il

dichiarato proposito di rendere la gestione

delle società quotate trasparente, responsabile

ed intercambiabile – disapplica le regole sulle

47

Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

Page 48: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

deleghe di voto nei riguardi delle società coo-

perative quotate (attualmente solo banche

popolari) (art. 137, comma 4, t.u.f.). Ciò pre-

messo, non si mancherà di osservare come le

clausole statutarie più rigorose nel limitare,

quando non addirittura nel vietare, il voto per

delega, si rinvengano proprio negli statuti delle

banche di fascia prima, cioè delle banche con

maggiore patrimonializzazione, presenza degli

sportelli diffusa su ambiti territoriali dislocati

attraverso l’intero territorio nazionale, più

larga compagine sociale, piuttosto eterogenea e

non sempre interessata al programma mutuali-

stico, quando espresso nello statuto sociale.

È evidente che all’estendersi della compa-

gine sociale tutti i disincentivi alla partecipa-

zione assembleare personale e diretta del socio

manifestano distonie con le ricordate esigenze

di un governo trasparente, responsabile ed

intercambiabile della società, nella misura

nella quale essi vengono a costituire strumento

di elusione del principio del voto capitario;

anzi, dirò di più: nella misura nella quale si

assiste all’eterogenesi del mezzo (voto capita-

rio) rispetto al fine (condivisione del pro-

gramma mutualistico). Il rischio in altri ter-

mini è che il codice organizzativo della coope-

rativa possa nella realtà statutaria delle banche

popolari divenire solo formalmente democraticopoiché, se in una organizzazione azionaria è

sempre dato sperare che l’autoreferenzialità

del management consolidata sull’assenteismodella maggioranza dei soci possa essere contra-

stata attraverso un passaggio di mano della

partecipazione di controllo, anche attraverso

una offerta pubblica d’acquisto ostile, in una

organizzazione democratica non è lecito spe-

rare neppure in questo.

4.2.1. Segue conclusioni sul punto.Le osservazioni appena esposte legittimano

una conclusione. La cooperativa sui generis,pur reprensibilmente impermeabile ad «accor-

gimenti statutari» in tema di governo della

società, garantisce tuttavia trasparenza,

responsabilità ed intercambiabilità del mana-gement proprio attraverso la «partecipazionemilitante» dei soci nelle realtà medio/piccole.

Non si dica che questo dato socio-economico

è irrilevante, a meno di confessare che la pro-

spettiva della «corporate governance» incroci

quella del neo-istituzionalismo. Dubbi sor-

gono viceversa per le grandi realtà, per le quali

- almeno per quelle giunte alla quotazione di

borsa - il testo unico sulla intermediazione

finanziaria del 1998 prevede una tutela delle

minoranze adattata alle società cooperative,

cioè ad organizzazioni sorrette dal voto capita-

rio (art. 135 t.u.f.). Si tratta per la verità della

quadratura del cerchio, posto che di «tutela

delle minoranze» si parla tradizionalmente in

connessione ai temperamenti, per via legale o

statutaria, della organizzazione della società

per azioni basata sul voto per quote di inte-

ressi, sulla proporzionalità (oggi «naturale»)

fra potere assembleare e rischio d’impresa. Ma

è già abbastanza per accertare una divarica-zione tra modelli di organizzazione e dinamichedel rapporto sociale. Sul punto il dibattito – chein tema di banche popolari trae oggi spunto

da riferimenti normativi testuali (v. art. 135

t.u.f.) mentre deve prescindere dalle non

poche innovazioni della riforma societaria

introdotta con il d. lgs. n.6/2003 [che invece

ha esteso l’applicabilità di strumenti quali il

controllo ex art. 2409 c.c. (v. il nuovo art.

2545 quinquiesdecies c.c.)] – trova rinnovato

48 Banca Popolare del Frusinate

PRIMA PARTE

Page 49: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

impulso in una recente ed importante sen-

tenza del Consiglio di Stato (10 aprile 2002,

n. 1964), in cui si afferma che «nelle società

cooperative sono configurabili minoranze, e

che esiste un criterio [quello dell’art. 135

t.u.f.] che rende più facilmente applicabili

alcune norme poste a loro tutela». Pur consi-

derando che ci troviamo di fronte ad obiterdictum, poiché la materia del contendere eranel concreto l’applicazione dell’art. 148,

comma 2, t.u.f. ad una banca popolare quo-

tata e che il discorso è qui circoscritto alle ban-

che popolari – uniche cooperative quotate, cui

non è applicabile il nuovo diritto societario (v.

art. 223 terdecies, comma 2, disp. att. c.c.) –,la pronuncia del Consiglio di Stato resta in

prospettiva come un’indicazione di ricerca nelmateriale normativo della società per azioni,

benché ante riforma 2003 (salvo rettifiche

provenienti da un ipotetico giudizio di costi-

tuzionalità: v. retro, § 3.4.), peraltro con la

(ovvia) clausola «in quanto compatibile».

Infatti, questa importante sentenza non legit-

tima alcuna assimilazione della banca popo-

lare al modello della public company, desi-gnando piuttosto questa espressione - nella

realtà anglo-americana e, per assimilazione,

anche nella nostra - una esperienza di accorgi-

menti (legali e/o statutari) diretti da un lato a

restituire effettività, ma dall’altro anche acreare contrappesi alla proporzionalità tra potereassembleare e rischio d’impresa rendendo le par-tecipazioni (quantitativamente) simili, quali:

a) limiti di varia natura al possesso azionarioed ai sindacati di voto; b) clausole di voto dilista per l’elezione degli amministratori; c)deroghe vistose al principio di collegialità,

quali ad es. voto per delega, voto per corri-

spondenza, etc., volte ad arginare l’assentei-

smo assembleare dei soci. In una parola: il

punto di partenza e di arrivo della esperienza

della public company è pur sempre nella societàper azioni, vale a dire un’organizzazione (che

bene si definì «plutocratica» sotto la vigenza

del diritto societario abrogato: Schiuma) nella

quale la divisione capitalistica delle partecipa-zioni giustifica la regola della formazione delle

maggioranze assembleari per quote di interessi(almeno in via residuale, nel nuovo diritto: v.

ora Sciuto/Spada); non certo invece di un’or-

ganizzazione democratica basata su variabilità

del capitale e maggioranze per teste. In altritermini, nel passaggio da un codice organizza-tivo ad altro pare indispensabile «ri-semantiz-zare» la «tutela delle minoranze».

5. Conclusioni: dalla «bancapopolare» alle «banche popolari».Modelli legali e statutari a confronto.Se spostiamo l’attenzione dalla legge agli

statuti delle società, non si può parlare più

della «banca popolare», ma ci si deve riferire

all’universo composito delle «banche popo-

lari». La patrimonializzazione può incidere

notevolmente determinando effetti a cascata

che allontanano l’azione sociale dalla mutua-

lità, pure se «spuria», quali ad es. a) la esten-sione e la eterogeneità della compagine

sociale, particolarmente accentuata nei casi di

quotazione in borsa della società; b) la esten-sione su tutto il territorio nazionale degli spor-

telli, che a sua volta rende necessario un perso-

nale destinato a spostarsi attraverso aree geo-

grafiche molto vaste, con conseguente perdita

49

Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

Page 50: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

del rapporto diretto con la clientela e passag-

gio ad una contrattazione d’impresa sempre

più spersonalizzata, più standardizzata e più

rigida. Queste diversità si riflettono negli sta-

tuti, che ora chiudono a qualsiasi scopo sociale

che non sia la lucratività; ora lasciano uno spi-

raglio aperto sulla tradizione del credito popo-

lare ed individuano obiettivi di interesse socio-

logico; ora pongono dei criteri di scelta relativi

alla contrattazione d’impresa, sia dal punto di

vista soggettivo, sia dal punto di vista ogget-

tivo; ora fanno espresso riferimento alla

mutualità. Anche sotto il profilo delle opera-

zioni bancarie lo sviluppo è andato avanti sim-

metricamente verso la rottura della unitarietà

della categoria delle banche popolari: le radici

di questi mutamenti vanno ricercate nella pro-

gressiva despecializzazione delle banche, corri-

spondente ad una tendenza in atto dagli anni

’70 in avanti e conseguente anche alla transi-

zione dal modello di mercato dirigista e chiuso

della legge bancaria del 1936 e della

Costituzione repubblicana del 1948 al

modello liberista, aperto e concorrenziale, dei

Trattati comunitari (v., sotto il primo profilo,

Belli/Brozzetti; sotto il secondo, Merusi).

Pertanto, se a livello legale la banca popo-

lare assume precisa identità solo sotto il pro-

filo organizzativo – l’ente collettivo a struttura

democratica ricalcato sulla società cooperativa

ante riforma 2003, ma con talune specificitàad es. con riguardo alle tecniche di raccolta di

provvista finanziaria –, l’autonomia statutaria

è chiamata a dare una più solida identità cau-

sale all’ «ordinamento dei poteri». Quando si

dice: un modello legale funzionalmente «neu-

tro», vari modelli funzionali statutari

(Pennisi), secondo me si deve intendere non

che lo schema organizzativo sia slegato da

qualsiasi giustificazione funzionale, ma che il

nostro ordinamento assume come legittima

una giustificazione funzionale in astratto com-

prensiva di una composizione di interessi

tipizzati ascrivibili sia all’area dell’art. 2247c.c. sia all’area del Libro primo del codice

civile; composizione che nel concreto è chia-

mata a realizzare l’autonomia statutaria.

Insomma, si tratta di allargare sempre di più ilconcetto – già di per sé estremamente elastico –di mutualità come «non illimitata lucratività»(retro, § 3.3.). «Neutralità causale» non vaintesa come compatibilità con qualsiasi causa odanche con nessuna causa: nessuno può dubitareche le banche popolari vadano ascritte – si è

detto – nell’area dell’art. 2247 c.c.; ed in que-

st’area, sarà lo statuto sociale a contemperare

una ipotesi sui generis di «mutualità spuria»e/o di lucratività miste a cause filantropiche

(che mai possono divenire predominanti).

L’esaltazione dell’autonomia statutaria è oggi

massima per effetto anche delle poche (non

perspicue, forse viziate) disposizioni intro-

dotte dalla riforma societaria del 2003; ciò che

sotto altro profilo induce una sorta di ritornoall’antico: la funzione mutualistica, ai tempi incui vigeva il codice di commercio, era affidata

completamente agli statuti delle società

(Calandra Buonaura; Costi). E probabilmente

a questi complessi modelli funzionali, a questi

«contemperamenti statutari» intende alludere

Renzo Costi, una dottrina giusbancarista

imprescindibile, quando descrive la causa delle

banche popolari come una «mutualità suigeneris», in senso lato ed atecnico: a queste, esolo a queste condizioni d’uso della formula,

chi scrive può dunque associarsi. La ricerca

50 Banca Popolare del Frusinate

PRIMA PARTE

Page 51: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

condotta sul campo ha del resto evidenziato

una realtà statutaria orientata decisamente

verso la mutualità (lato sensu) e la filantropiache non verso la stretta lucratività.

Dalla configurazione causale al modello

organizzativo della società cooperativa.

Questo «abito» – si dice – non sempre riesce a

soddisfare tutte le esigenze: la grande popolare

quotata soffre infatti del principio del voto per

teste come di un «abito stretto» perché la

rende di fatto non scalabile e di conseguenza

nei mercati finanziari le sue azioni rischiano di

divenire merce poco appetibile. Ecco perché il

t.u.b. ha offerto a questa esigenza la via d’u-

scita della trasformazione o della fusione da

cui risulti una società per azioni; ma questa è

una porta stretta, con sbarramenti tali da farparlare a ragione della trasformazione o della

fusione nei termini di una eccezione alla

regola generale (retro, § 3.2.). Secondo voci

autorevoli si tratterebbe anche di via d’uscita

necessitata, pur se soltanto economicamente,perché chi vuol mietere successi nei mercati

finanziari deve presentarsi con un «abito» che

assicuri contendibilità del controllo della

società (Schlesinger). Ad autore tanto accredi-

tato sia tuttavia consentito sollevare una obie-

zione. Pur in assenza delle divisate condizioni

di apprezzamento, l’investimento azionario

nelle banche popolari sembra spuntare quota-

zioni crescenti nel medio/lungo periodo sui

mercati finanziari: mi piace qui citare i dati

raccolti da una fonte imparziale, sicuramente

mai indulgente verso il mondo delle banche

popolari (v. Plus, supplemento de “Il Sole – 24Ore”, nei numeri di sabato 31 agosto 2002,pagg. 4-5 e soprattutto di sabato 13 dicembre

2003, pagg. 4-5); dati che smentiscono gli

analisti finanziari, che assumono che se non

c’è contendibilità non c’è gradimento dei mer-

cati, per il motivo che non si acquistano par-

tecipazioni in attesa del dividendo, ma di una

vantaggiosa occasione di rivendita. Ebbene,

questo assunto merita una qualche revisione.

Pur nella consapevolezza che le azioni delle

banche popolari siano da trattarsi alla stregua

di un «prodotto di nicchia», bisogna distin-

guere tra investitori di breve e di medio/lungo

periodo. Se non pare discutibile che i primi

comprino per rivendere a migliori condizioni,

per i secondi si delineano più diversificate pro-

spettive, incluso l’investimento in beni desti-

nati ad una costante valorizzazione nel

medio/lungo periodo, quali ad es. i titoli a

reddito fisso o gli immobili. Obiettivamente,l’investimento in azioni emesse da banche popo-lari risente poco o nulla delle repentine fluttua-zioni delle quotazioni di mercato, mentredischiude la prospettiva, oltreché del dividendo,soprattutto di un graduale incremento di valore,connesso alla patrimonializzazione dell’emit-tente; incremento che legittima un’assimilazione(sotto il profilo economico) alla categoria del«reddito fisso». Dunque – come si diceva –poco appetibili per l’investimento a breve, ma

compatibilissime con un programma a

medio/lungo termine. In tutto questo, senza

dimenticare che il socio può trovare ulteriore

attrattiva in prestazioni lato sensu mutualisti-che, variamente qualificabili ed atteggiate,

nella forma – spesso conveniente – di opera-

zioni bancarie a condizioni agevolate per i

soci; ma – ad onor del vero – ciò diviene raris-

simo nelle popolari di prima fascia, le sole

peraltro quotate in borsa. Senza dire delle pre-

stazioni filantropiche a terzi, cui – almeno in

51

Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

Page 52: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

certe cerchie sociali – viene riconosciuto

grande prestigio e che peraltro oggi potreb-

bero rivendicare valorizzazione, coordina-

mento ed incentivazione fiscale nel nuovo

quadro costituzionale della «sussidiarietà oriz-

zontale» (retro, § 4.1.1.). Non sarebbe del

tutto infondato opinare che forse proprio que-

ste funzioni non speculative abbiano permesso

alle banche popolari di «resistere» – fornendo

alle associazioni di categoria seri argomenti di

ordine politico – sui mercati finanziari, dai

quali invece è scomparsa la società in accoman-dita per azioni, altra entità non contendibile,che evidentemente non poteva invocare gli

stessi argomenti a propria difesa.

Ad ogni buon conto, neppure mi pare seria-

mente contestabile che il codice organizzativo

della cooperativa meglio si coordini con le esi-

genze della banca medio-piccola che non con

quelle della grande (retro, §§ 4.2., 4.2.1.). Ed

è proprio la prima - operando in una dimen-

sione di concentrazione geografica degli stabi-

limenti, di c.d. radicamento territoriale (pur

nell’accezione più evoluta: retro, § 4.1.), in

una dimensione di ridotta ed uniforme com-

pagine sociale - quella nella quale si possono

per via statutaria rinvenire una serie di fun-

zioni «non lucrative», comprese od estranee

all’ordine concettuale dell’art. 2247 c.c.

La convivenza di causa lucrativa ed altre

cause «non lucrative» e/o «non economiche»

(quando «non egoistiche») potrebbe dunque

costituire ragion sufficiente dell’organizza-

zione cooperativa alle banche popolari, magari

– de iure condendo – con qualche ritocco dellavigente normativa sul piano della trasparenza

e della responsabilità nella gestione sociale; sul

piano della incentivazione dei soci alla parteci-

pazione alla organizzazione di stampo demo-

cratico; id est – come si dice oggi – sul pianodel governo: il vero è che nel dibattito attuale

alle banche popolari non si rimprovera più

l’assenza della causa mutualistica nello statuto

legale; non si censura più come negli anni ’50

il divario tra «forma» e «sostanza» della coope-

rativa, una volta escluse le popolari dalle age-

volazioni fiscali e previdenziali; si disapprova

piuttosto un (supposto) deficit di governanceconnesso alla «forma» cooperativa. Ed è

reprensibile scelta, quella del legislatore del

2003, di tener fuori le popolari dalla riforma

societaria, che sicuramente apporta progressi

in materia di governo delle cooperative.

Riprendiamo le fila del nostro romanzo

giallo e cerchiamone, se possibile, una con-

clusione realistica. Il nostro investigatore,

sconsolato, abbandona finalmente le inda-

gini: ogni volta che crede di essere sulle tracce

dello scomparso, qualcosa gli sfugge e non

stringe nulla.

Per ragioni che si intuiscono facilmente,

consistenti in un fuorviante identikit inizial-mente messogli a disposizione: posto che già

nel nostro ordinamento societario comune la

nozione di «mutualità» presenta un elevato

grado di elasticità, la mutualità delle banche

popolari costituisce un problema piuttosto cheun istituto. Un problema della dottrina, dellagiurisprudenza e poi della politica legislativa.Un problema che non si risolve utilizzando unlessico ed uno strumentario di argomentazionigiuridiche ontologizzanti. Un problema che simisura soltanto con le regole e se si confessanoapertamente gli interessi che di volta in voltaentrano in gioco. Si è detto che la causa dellebanche popolari è mutevole e – quando non

52 Banca Popolare del Frusinate

PRIMA PARTE

Page 53: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

inclina verso la più completa lucratività –

risulta da un mix di cause societarie e nonsocietarie: alla «neutralità causale» del modello

legale fa riscontro una realtà assai varia sul

piano statutario.

Una ricerca della «mutualità» delle banche

popolari, pensando esclusivamente ad una

disciplina della disposizione del netto di bilan-

cio, è una ricerca mal impostata; un’assurda

pretesa di chiudere in un letto di Procuste un

secolo e mezzo di storia del nostro ordina-

mento, fatta di autonomia statutaria, di libertà

prima concesse e poi negate, di sostegno all’im-

prenditoria e al risparmio e – sia consentito –

anche di qualche poco commendevole autore-

ferenzialità gestionale.

Ma si non pensi di aver fatto un lavoro inu-

tile: la ricerca è anche accertamento della falsità

di piste prima ritenute virtuose. La sua indagine

sarà servita soprattutto a capire che la neutralità

causale fa delle banche popolari, a livello legale,

un «abito» buono per (quasi) tutte le occasioni.

I programmi statutari di funzioni lato sensu«non lucrative» non sono il volto rispettabile di

un dottor Jekill, pronto a mutarsi in un terribileMr. Hyde, cioè la lucratività innestata su diun’organizzazione solo apparentemente demo-

cratica ma sostanzialmente autoreferenziata.

Al contrario, tutto fa del credito popolare un

universo funzionale da indagare sia nella pro-

spettiva (giusprivatistica) della cogenza dei pro-

grammi statutari che variamente orientano

verso la «gestione di servizio», sia nella prospet-

tiva (giuspubblicistica) delle «nuove frontiere»

del federalismo costituzionale.

53

Le Banche Popolari ovvero: “La mutualità che visse due volte”

Page 54: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Prof. Fausto Piola Caselli

Page 55: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Costituzione e Sviluppo dellaBanca Popolare del Frusinate

Page 56: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Banca Popolare del Frusinate

SECONDA PARTE

Page 57: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

1.Le origini del sistema bancario italiano.

La parabola del credito nei secoli.

Il nostro Paese vanta un’antichissima tradi-

zione bancaria, che risale ai tempi della prima

espansione romana in età repubblicana e che

ha lasciato tracce in tutta l’area mediterranea,

nord africana e medio orientale. Superato poi

il periodo tormentato del declino imperiale e

quello delle invasioni barbariche, in pieno

medio evo, con l’affermarsi delle autonomie

comunali e la ripresa dei rapporti mercantili

tra Mediterraneo ed Europa centro settentrio-

nale, il sistema creditizio italiano conobbe un

impulso particolare, che portò il nostro Paese

a primeggiare ovunque per capacità tecniche e

ampiezza di traffici.

Verso il Mille, l’attività bancaria era con-

centrata prevalentemente nelle città mari-

nare, in particolare a Venezia, con operazioni

di deposito, di custodia e giroconto. Ma già a

partire dal secolo successivo i mercanti-ban-

chieri toscani, genovesi e padani moltiplica-

vano le proprie attività, utilizzando le prime

scritture in partita doppia e maneggiando

con competenza centinaia di monete europee

in oro e in argento. I primi strumenti della

banca e del credito, come l’assegno e la cam-

biale, nacquero e vennero diffusi proprio

dalle grandi case bancarie italiane.

Nonostante i divieti canonici contro l’usura,

il credito venne largamente negoziato nei

confronti delle amministrazioni pubbliche e

dei privati cittadini. In qualità di tesorieri di

fiducia dei principi e dei signori italiani, i

banchieri italiani tessevano rapporti interna-

zionali a largo raggio, moltiplicando reti

commerciali e filiali all’estero.

Il predominio dell’attività creditizia italiana

rimase indiscusso fino all’inizio del 1500. Più

tardi, con l’emergere dei grandi stati nazionali

europei e con lo spostamento dei traffici mer-

cantili dall’area mediterranea a quella oceanica,

gli italiani furono costretti a cedere il passo alle

nuove dinastie bancarie olandesi ed inglesi, che

a loro volta seppero emanciparsi dalla tradizio-

nale struttura a base famigliare, ottenendo dai

governi il privilegio della responsabilità limi-

tata. Gli affari si svilupparono allora, a partire

dal 1600, grazie alle nuove joint stock compa-

nies, società dalla base azionaria diffusa, che

consentivano una raccolta del capitale sociale

più capillare. Il sistema del credito in Italia si

ridusse sostanzialmente all’attività di routine di

alcune grandi famiglie aristocratiche ed alle

banche pubbliche, incaricate del controllo delle

emissioni monetarie, della collocazione dei

titoli del debito pubblico e della gestione dei

cespiti fiscali per conto dei rispettivi governi.

La Chiesa e l’usura.

Anche le vicende del credito minuto, con-

cesso per il consumo privato o per le esigenze

periodiche dei campi e della piccola bottega

artigiana, si svilupparono in Italia seguendo

un percorso del tutto originale. Com’è noto,

fin dai primi secoli la Chiesa di Roma si era

pronunciata con fermezza contro l’usura,intendendo con questa qualsiasi forma di

remunerazione dei prestiti. L’esortazione evan-

gelica di S. Luca mutuum date, nihil inde spe-rantes, che invitava a concedere gratuitamentei prestiti per le necessità quotidiane, era presa

in modo fin troppo letterale, ma anticipava

una visione mutualistica che sarà sempre

sostenuta con coerenza e che molti secoli dopo

57

Costituzione e Sviluppo della Banca Popolare del Frusinate

Page 58: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

si troverà alla base della dottrina sociale della

Chiesa. In realtà, in un modo povero di mezzi

di sostentamento e di capitali, il divieto cano-

nico dell’usura finiva per rappresentare un

valido aiuto per le famiglie contadine, soprat-

tutto attraverso i prestiti gratuiti “di saldatura”

tra il momento della semina e quello del rac-

colto. Le autorità civili non potevano che pro-

seguire nella stessa direzione: lo stesso Carlo

Magno, con l’Admonitio generalis del 789,aveva ripreso senza esitazione la tradizionale

proibizione religiosa dell’usura, esigendone il

rispetto in tutta Europa. Poco per volta, tutta-

via, i mercanti più scaltri riuscirono comun-

que ad aggirare i divieti canonici sull’usura,

sostenuti sul piano dottrinario dalla nuova

teologia aperta e realistica di SanTommaso. La

notevolissima diffusione delle cambiali, che

venivano negoziate nelle fiere internazionali in

Francia e in Italia, era dovuta proprio alla pos-

sibilità di mascherare l’interesse di un debito,

che veniva rimborsato alla scadenza in una

moneta diversa da quella originaria, calcolata

con un rapporto di cambio che non teneva

conto di quello corrente di mercato.

Tuttavia, l’erogazione del credito al consumo

per i ceti più deboli continuava a rappresentare

un’esigenza sociale, ancor prima che economica.

I banchi ebraici, che non erano toccati dai

divieti canonici contro l’usura, prestavano a

breve termine con tassi di interesse elevatissimi.

Su ispirazione francescana, nacquero così i primi

monti di pietà, che in un primo momento vol-

lero sposare la causa della carità ai poveri in

modo del tutto radicale, concedendo piccoli

prestiti su pegno senza alcuna remunerazione. Il

primo monte nacque a Perugia nel 1462,

seguito subito da altri sorti nell’Italia centro-

nord e poi altrove: in meno di mezzo secolo i

monti di pietà dilagarono in Italia, in Spagna e

in parte della Francia meridionale.

Si trattava però di istituzioni esclusivamente

cittadine, rivolte alle famiglie delle piccole e

grandi città. Ben presto sorsero così nelle cam-

pagne i monti frumentari, che prestavano ai

contadini le sementi in natura, a basso tasso di

interesse. I prestiti venivano restituiti sempre in

natura, al termine del raccolto e raramente la

durata del contratto poteva superare l’annata

agraria. I monti frumentari divennero presto

una realtà vivacissima in tutto il panorama agri-

colo italiano, specializzandosi non solo nelle

operazioni di prestito al minuto ma anche nello

stoccaggio e nella distribuzione delle granaglie.

Nel Mezzogiorno, i monti frumentari si diffu-

sero particolarmente tra il basso Lazio e la

Puglia, con una concentrazione particolare nel

Beneventano, dovuta all’opera di Pietro

Francesco Orsini, vescovo di Benevento alla fine

58 Banca Popolare del Frusinate

SECONDA PARTE

Fig. 1 – I Monti frumentari nel LazioFonte: Piola Caselli, Monti di Pietà, p. 229

monte di pietà

Roma

Viterbo Rieti

Latina

Frosinone

monte granatico

monte granatico e di pietà

Page 59: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

del Seicento e salito poi al soglio con il nome di

Benedetto XIII. Come si può vedere dalla car-

tina, nel Lazio, i monti frumentari o granatici si

localizzarono particolarmente nell’area di Rieti e

di Frosinone. Nell’Archivio di Stato di

Frosinone è tuttora conservata una ricca docu-

mentazione sui monti della provincia, attivi fino

ai primi decenni successivi all’Unità.

Il problema del risparmio nell’Italia

preunitaria.

Intorno alla metà del Settecento, insieme al

primo sviluppo delle fabbriche, iniziò a

diffondersi in Europa una concezione più

dinamica del risparmio, inteso ormai come

una ricchezza produttiva che avrebbe dovuto

prendere il posto dell’usuale carità, affidata

fin’ora alla buona volontà dei privati e delle

parrocchie. L’esigenza degli investimenti pro-

duttivi si poneva in modo più evidente in

Inghilterra, che nei primi decenni della rivolu-

zione industriale si trovava per la prima volta

a fronteggiare l’imprevedibilità dei mercati. I

conti delle prime imprese del cotone e del

ferro oscillavano tra i rapidi profitti nelle fasi

di espansione e le altrettanto rapide cadute

nelle crisi di sovrapproduzione, con violenti

picchi congiunturali negativi che provocavano

disoccupazione e miseria.

Cambiava la mentalità nei confronti del

risparmio e diventava chiara la necessità del suo

utilizzo nel sistema produttivo. Se il medico

olandese BernardMandeville (1670-1733) nella

Fable of the bees aveva giustificato il lusso e laricerca del profitto, sostenendo che i vizi dei pri-

vati finivano comunque per accrescere la ric-

chezza del paese, lo scrittore inglese Daniel

Defoe (1661-1731), poteva dichiarare con insi-

stenza nel Robinson Crusoe la necessità delrisparmio per fronteggiare le avversità future,

tanto da venire considerato in seguito come l’i-

spiratore dell’idea di cassa di risparmio. Per

David Hume (1711-1776), solo la laboriosità

dell’intera nazione poteva creare la ricchezza

destinata a creare le condizioni per il migliora-

mento delle condizioni di vita di tutti. Adam

Smith (1723-1790) sosteneva con la chiarezza

del suo limpido linguaggio che il risparmio con-

tribuiva alla ricchezza delle nazioni. David

Ricardo (1772-1823) si pronunciava contro le

imposte a favore dei poveri e riteneva che la

soluzione del problema della miseria dovesse

essere trovata nel lavoro e nelle workhouses pro-mosse dai governi, contrapponendole alla carità

improduttiva delle parrocchie. Cresceva anche

la consapevolezza del valore morale del rispar-

mio, purché saggiamente investito. Nelle

nazioni industrializzate nascevano i primi sinda-

cati, mentre nell’Europa centro meridionale le

vecchie corporazioni cittadine cedevano il passo

alle associazioni di mestiere ed al mutualismo.

Risparmio e credito iniziavano a rivestire un

ruolo fondamentale nella nuova società che

emergeva con grande lentezza, tra le crisi econo-

miche e l’ostilità della vecchia classe dirigente.

L’Italia, un tempo terra di vivaci imprese ban-

carie, non aveva più una rete creditizia che non

fosse quella delle banche al servizio dei governi.

Eppure c’era chi teneva in vita il mito del cre-

dito, se non nelle intraprese d’affari, almeno

nella libellistica d’occasione. Il sacerdote ed eco-

nomista napoletano Francesco Fuoco pubbli-

cava nel 1824, sotto il nome di Giuseppe De

Weltz, con il titolo eloquente La magia del cre-dito svelata, istituzione fondamentale di pubblicautilità. Era una concezione enfatica del credito,

59

Costituzione e Sviluppo della Banca Popolare del Frusinate

Page 60: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

basata sul concetto di magia più che quello di

investimento, ma che perlomeno si sforzava di

tracciare un orizzonte nuovo:

...il credito che stabilisce una specie di comu-nità tra le nazioni più remote del globo; il creditoche fa valere in favore del povero i tesori delricco;...(il credito) è pressocché sconosciuto nelnostro paese...magica è la sua forza per chiunquela segua nei suoi movimenti. Esso è l’anima ditutto il mondo economico...In Italia l’approvvigionamento del credito

per le aziende rappresenterà sempre un osta-

colo, ed un pesante costo aggiuntivo, nell’e-

spansione del processo produttivo, soprattutto

nella fase della sua prima industrializzazione.

2. Dalle casse di risparmio allebanche popolari.

Il mutualismo nel credito.

Pochi anni dopo la Restaurazione, in Italia

era sorta una cassa di risparmio veneta per ini-

ziativa del governo austriaco e nel 1823 era

stata fondata a Milano la Cassa di Risparmio

delle Province Lombarde, che si era presto

dedicata al credito fondiario sotto forma di

mutui ipotecari, devolvendo parte degli utili a

scopi di beneficenza. Altre casse di risparmio,

create per iniziativa dei locali monti di pietà e

dei monti frumentari, sorsero poco per volta

in tutta l’Italia preunitaria, con la sola ecce-

zione del Regno delle Due Sicilie. Nel 1870 si

contavano in Italia 249 Casse di Risparmio,

che per lo più venivano considerate come pie

istituzioni e non come reali istituti di credito

al servizio delle attività produttive. Il nostro

Paese, preso dai problemi dell’unificazione,

era ancora ben lontano dalla grande trasfor-

mazione economica che nel resto d’Europa era

già nel pieno del suo sviluppo. Altrove, gli

ideali di solidarietà e di mutualismo si realiz-

zavano in concrete forme bancarie. In Prussia

erano nate le banche popolari e le casse sociali

di credito, ideate da F.W. Raiffeisen e da

Hermann Schulze. In realtà, già da allora le

casse sociali operavano nell’ambiente rurale

della Renania prussiana, mentre le banche

popolari erano attive piuttosto nel regno di

Sassonia, caratterizzato dal dinamismo delle

piccole città. Mondo agrario e mondo citta-

dino reclamavano già da allora una diversa

specializzazione del credito.

Luzzatti e le banche popolari.

Seguendo una traccia simile, in Italia toccò

al giovanissimo economista e uomo politico

veneziano Luigi Luzzatti (1841-1927) di

diffondere nel 1863 con La diffusione del cre-dito e le banche popolari il principio del mutua-lismo e dell’autoaiuto, assegnando al credito

un ruolo preminente sia nei processi produt-

tivi che nei rapporti sociali e di solidarietà. Il

credito doveva rivolgersi ad un tempo ai pro-

blemi della produzione ed a quelli del con-

sumo, ponendo particolare attenzione al

risparmio inteso come sforzo per garantirsi le

risorse necessarie per i momenti più difficili

della vita. La storia straordinaria delle banche

popolari italiane può essere testimoniata dalla

successione dei congressi nazionali, che si ten-

nero a partire dall’incontro preparatorio di

Torino del 1865, promosso dalla Banca ope-

raia di Torino, alla presenza delle banche

popolari già costituite in quell’anno (Lodi,

60 Banca Popolare del Frusinate

SECONDA PARTE

Page 61: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Asola, Jesi) e di quelle che pur essendo costi-

tuite non esercitavano ancora il credito

(Milano, Torino, Como, Varese e Cremona).

A Torino era presente Luigi Luzzatti, che illu-

strò i progressi compiuti in Germania soste-

nendo, non senza provocare polemiche, che

l’accesso ai prestititi doveva essere concesso

solo a coloro che avessero dimostrato di saperselomeritare con preventivi atti di risparmio, met-tendo in risalto la potenziale azione mutuali-

stica delle popolari e sottolineando il ruolo

previdenziale che esse avrebbero potuto assu-

mere. Le banche popolari si moltiplicarono da

allora in poi con ritmo sempre più intenso.

Nel 1871 venne fondata la banca popolare di

Novara, destinata ad assumere presto una

notevole importanza ed a superare per capa-

cità di raccolta e dinamismo, all’inizio del

nuovo secolo, la più nota ed antica banca

popolare di Milano.

Sviluppo e crescita delle popolari.

Nel 1876, il successo e l’importanza assunta

ormai dalle popolari portò alla costituzione di

un istituto centrale di coordinamento,

l’Associazione nazionale delle banche popolari,

che tenne in quell’anno un primo congresso

ufficiale. Luzzatti riferì allora che contro le

2.830 banche popolari che si contavano tra

Austria e Germania, in Italia ne erano attive

solo 118 e di queste solo 16 erano localizzate

a sud di Roma. I congressi dell’Associazione si

tennero con cadenza periodica e poco dopo

nacquero le prime organizzazioni regionali tra

le banche popolari: in Abruzzo e Romagna nel

1888 e nel Veneto l’anno successivo. Le citta-

dine meridionali videro finalmente la nascita

di molte banche popolari, che presto sovrasta-

rono per numero le casse di risparmio e gli altri

istituti di credito ordinario:

vedi tab. 1Con poche eccezioni, le banche popolari, a

differenza delle casse di risparmio ed ad altri

istituti di credito ordinario, lavoravano nel-

l’ambito del territorio del comune di appar-

tenenza e non cercavano di espandersi in aree

geografiche sempre più grandi. E nelle citta-

dine grandi e piccole anche le nostre banche

61

Costituzione e Sviluppo della Banca Popolare del Frusinate

tab. 1 - Le banche in Italia tra 1860 e 1890 (con esclusione delle case bancarie)

CR= Casse di risparmio; SOC=Società ordinarie di credito; BP= Banche popolari

Area 1860 1873 1880 1890CR SOC CR SOC BP CR SOC BP CR SOC BP

Ex Regno di Sardegna 18 2 21 56 15 19 39 16 20 12 35

Lombardia, Veneto 7 8 16 37 12 18 54 1 27 158

Emilia, Marche e Umbria50 69 9 18 96 10 30 115 10 108

Toscana 12 1 13 19 10 13 21 10 13 7 35

Lazio 4 7 11 2 11 5 3 13 3 10

Province meridionali 18 13 6 32 20 27 44 61 283

Totale 91 4 136 124 88183 113 140 218 120 629

Fonte: Sannucci, p. 193.

Page 62: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

popolari iniziarono la raccolta dei depositi.

Ma tra l’esperienza tedesca e quella italiana ci

fu fin dall’inizio una notevole differenza. La

base societaria delle popolari tedesche conti-

nuò per lungo tempo a mantenersi piuttosto

omogenea, contando tra i soci soprattutto

artigiani e piccoli commercianti. Le popolari

italiane allargarono invece fin dall’inizio la

base sociale, annoverando insieme ai piccoli

azionisti anche proprietari di immobili,

uomini d’affari ed i primi capitalisti della

nascente industria italiana. Spesso le opera-

zioni delle popolari non disdegnavano gli

impieghi di medio e lungo termine. Inoltre,

a differenza delle banche cooperative tede-

sche, dove i soci operavano con responsabi-

lità illimitata e si dimostravano quindi poco

favorevoli all’ampliamento delle attività, le

nostre popolari nacquero fin dall’inizio in

forma di società anonima a responsabilità

limitata, su indicazione dello stesso Luzzatti.

Nel 1882 il codice di commercio estese

infine alle popolari le norme che contraddi-

stinguevano le società cooperative: le azioni

divennero così nominative ed ai soci venne

riconosciuto un solo voto pro capite, qualun-

que fosse l’entità del capitale posseduto.

Intanto, per favorire ulteriormente la rac-

colta del piccolo risparmio, nel 1875 vennero

fondate le Casse di risparmio postali, con lo

scopo di raccogliere i depositi delle famiglie

più modeste e dei risparmiatori del

Mezzogiorno, che non avevano una rete ban-

caria capillare di riferimento. Con il finanzia-

mento della Cassa Depositi e Prestiti, le casse

di risparmio postali giocheranno poi un ruolo

decisivo nelle finanze comunali di fine secolo,

assicurando agli enti locali i finanziamenti a

lungo termine ed a basso tasso di interesse che

la rete del credito ordinario non avrebbe

potuto (o non voleva?) in alcun modo erogare.

Un’istituzione creditizia che mostra la sua

solidità nel tempo.

La storia successiva delle banche popolari

dimostra la bontà della concezione di Luigi

Luzzatti, che appariva in tutta la sua evidenza

proprio nelle frequenti crisi congiunturali del

sistema economico italiano. Nella generalizzata

depressione del 1893-94, che coinvolse nume-

rosi istituti di credito provocando alcuni falli-

menti clamorosi, il MAIC (Ministero dell’agri-

coltura, industria e commercio) osservava che:

...mentre gli istituti di credito ordinariocadono ad uno ad uno e alcune cadute segnanograndi catastrofi economiche pel nostro Paese...lebanche popolari resistono...traggono dalla crisioccasione di mostrare il loro valore economico emorale...Quelle che muoiono si può dire che “col-gano il buon momento per sparire dallascena”...ma qual differenza anche in questesospensioni e perfino in queste cadute! I deposi-tanti furono quasi sempre rimborsati perintero...e persino laddove le jatture sono piùprofonde, nelle Puglie a mo’ di esempio, quanteliquidazioni lente ma onorate...Secondo il Luzzatti, le banche popolari usci-

rono dalla depressione di quegli anni ridotte di

numero ma più robuste, con una base societa-

ria più compatta e fortificata. Poi lo sviluppo

delle popolari proseguì, con una singolare ten-

denza ad un recupero delle posizioni nel

Mezzogiorno. Nel 1908 su 690 banche popolari

regolarmente costituite in tutta Italia, 443

(64%) operavano ormai al centro nord e 247

(36%) al sud e nelle isole. Nel periodo fascista e

62 Banca Popolare del Frusinate

SECONDA PARTE

Page 63: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

nel corso della depressione decennale, legata alla

politica deflattiva voluta da Mussolini a partire

dal 1926 ed in seguito alla grande crisi mon-

diale, tra fallimenti e concentrazioni il numero

degli istituti di credito in Italia si ridusse note-

volmente, con una perdita più consistente per le

casse di risparmio e per gli istituti di credito

ordinario, che vennero più che dimezzati. La

banche popolari, in controtendenza, ebbero

allora perdite decisamente più contenute.

La tradizione di solidità delle banche

popolari continua ancor oggi ed il sistema

italiano della banche popolari mantiene una

ragguardevole posizione nel sistema del cre-

dito nazionale. Il numero delle banche popo-

lari attive in Italia, negli ultimi trenta anni, è

diminuito da 195 a 68, in parallelo con il

processo di concentrazione bancaria che ha

caratterizzato la vita recente di tutti gli isti-

tuti di credito: tuttavia le popolari offrono al

pubblico al giorno d’oggi ben 6.000 sportelli,

con oltre 60.000 dipendenti, pari al 17% di

tutto il sistema del credito. In quasi la metà

delle province presenti sul territorio nazio-

nale, le popolari detengono una quota supe-

riore al 25% della raccolta complessiva men-

tre la rischiosità degli impieghi si attesta

intorno al 3,5%, quasi un punto e mezzo al

di sotto della media nazionale.

3. L’economia del frusinate.

Il punto di partenza: un mondo contadino.

All’indomani dell’unità d’Italia, l’economia

del frusinate si basava quasi esclusivamente

sull’agricoltura, con poderi di dimensione

minima e proprietà fondiaria notevolmente

frammentata. Da tempo immemorabile la cul-

tura tradizionale si basava sul ritmo biennale

mais-frumento, senza giovarsi di particolari

sistemi di irrigazione e la resa per ettaro non si

discostava da quella di età medievale, intorno

a 5-6 volte il seminato. I fondi erano gestiti in

regime di mezzadrìa o di colonia migliorataria.

Grazie ai poli di attrazione costituiti dai mer-

cati romani e napoletani l’allevamento era

invece più sviluppato, e si potevano contare

numerose razze equine e bovine di pregio. La

città di Frosinone era la sede di un modestis-

simo artigianato locale, ma il circondario –

divenuto provincia nel 1927 – era dotato di

qualche impianto di buona qualità. La lana si

lavorava ad Alatri, a Monte S. Giovanni esi-

steva una cartiera ed una fabbrica di polveri da

sparo, Ceprano era nota nella farmacopea per

l’olio di ricino e nei dintorni di Guarcino esi-

63

Costituzione e Sviluppo della Banca Popolare del Frusinate

Foto storica.Archivio BancaPopolare del Frusinate

Page 64: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

stevano laboratori artigianali che producevano

buon vasellame, cappelli, mattoni, tele e

liquori. Era invece decisamente più vivace la

zona di Sora, lungo le direttrici del Liri e del

Fibreno, dove erano impiantate cartiere ed

opifici di varia grandezza specializzati nella

lavorazione della lana.

Mancava invece una vera e propria rete cre-

ditizia. Solo nel 1854 a Frosinone venne isti-

tuito un monte frumentario, che ebbe un

discreto sviluppo e che protrasse le operazioni

fino al 1907. All’inizio il monte prestava die-

tro corresponsione di un interesse, elevatis-

simo ma non raro a quei tempi sopratutto in

ambiente rurale, del 15%, ridotto nel 1882

all’8% per le sementi in grano e del 12% per

quelle in granturco. Cinque anni dopo, nel

1859, grazie all’iniziativa di una “società di

cittadini” che riuscì a raccogliere un modesto

capitale, venne fondata la locale cassa di

risparmio. La nuova banca lavorava a giorni

alterni, in funzione del ritmo dei mercati,

delle fiere e dei giorni di paga e inizialmente

raccoglieva i depositi la domenica mentre

provvedeva ai pagamenti il giovedì. La fonda-

zione della cassa di risparmio si inseriva ancora

nella concezione ideale che faceva del rispar-

mio la fonte di tutte le virtù, come ricordava

nel suo editto il Delegato apostolico, perché:

...soccorre da un lato l’industria, l’agricolturaed il commercio, ponendo in circolazione amodico frutto i capitali della Cassa, combattel’ozio e l’ignavia dall’altro, invitando i men ric-chi all’attività ed al risparmio con assicurare lorosulle somme che depositano nella Cassa mede-sima un progressivo risparmio...

Caso quasi unico in Italia, il monte di pietà

venne invece istituito solo nel 1864, come

ramo di attività della cassa e non viceversa.

Il primo sviluppo economico.

Il frusinate continuò per lunghi anni a costi-

tuire un’area depressa, caratterizzata da un’agri-

coltura povera e da un tessuto industriale allo

64 Banca Popolare del Frusinate

SECONDA PARTE

tab. 2 Dati demografici essenziali della provincia di Frosinone. 1951-1991 1951 1961 1971 1981 1991Popolazione della provincia468.594 438.254422.630 460.395 479.559

Variazione % nel ventennio precedente _ _ -9,8 _ 13,5

Abitanti nei Centri in %40,9 45,3 53,9 67,2 6

“nei Nuclei urbani“ 14,9 15,4 12,5 7,2 12,6

“in Case sparsi“ 44,1 39,2 33,6 25,0 2

Fonte: mia elaborazione da CCIAA Frosinone, pp. 22 e 23.

Foto storica.Archivio BancaPopolare del Frusinate

Page 65: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

stato embrionale, che produceva nei settori tra-

dizionali dell’abitazione e dell’alimentazione

con aziende di pochi addetti. Gli unici poli di

un certo dinamismo restavano quelli tradizio-

nali della carta intorno ad Isola Liri e l’insieme

delle attività turistico-termali nella zona di

Fiuggi. Anche nel secondo dopoguerra le atti-

vità economiche del frusinate stentavano a

decollare e la struttura agricolo-artigianale non

venne radicalmente modificata, perlomeno in

un primo periodo, dall’istituzione della Cassa

del Mezzogiorno e dai provvedimenti del 1957

per lo sviluppo delle aree depresse. Del resto,

anche la demografia della regione si manteneva

su livelli modesti. Nella prima parte del qua-

rantennio 1951-1991 la popolazione della pro-

vincia si ridusse 10%, a causa delle ricorrenti

correnti migratorie verso le zone del nord

Italia, con punte che arrivavano al 50% per la

popolazione montana al di sopra dei 1000

metri. Poi la crescita demografica riprese,

mostrando una lieve tendenza alla concentra-

zione urbana, con casi di particolare evidenza

per il capoluogo, per Sora, Alatri e Cassino:

vedi tab. 2La crescita economica divenne invece più

evidente a partire dai primi anni Sessanta, sia

per l’apertura dell’Autostrada del Sole, sia per

una politica di intervento pubblico più effi-

cace. Senza dubbio gli anni Sessanta rappre-

sentarono un periodo di cerniera per lo svi-

luppo industriale del frusinate, che secondo

una ricerca dell’associazione regionale delle

Camere di commercio del Lazio vide raddop-

piare gli stabilimenti manifatturieri con più di

10 addetti e raddoppiare nello stesso periodo

la mano d’opera impiegata. Il potenziamento

dell’Area di Sviluppo Industriale nella valle del

Sacco (1969) sanciva le nuove prospettive di

crescita. In particolare, il movimento positivo

manifestatosi nel decennio 1961-1971

mostrava che le industrie manifatturiere con

più di 10 addetti iniziavano a crescere, sia in

termini di unità locali che di addetti. Le ini-

ziative di rilievo erano rappresentate, com’è

noto, dall’insediamento della FIAT, il cui sta-

bilimento iniziò ad essere progettato nel 1967

e dall’ampliamento dell’Area di Sviluppo

Industriale a ben 36 comuni, nell’anno succes-

sivo, gestiti da un apposito consorzio.

Di fatto, nel periodo 1968-1978 si poté

assistere ad un notevole incremento sia delle

unità locali che del numero dei loro addetti,

ben più evidente nei comuni inclusi nell’area

di sviluppo industriale, rispetto a quelli che

ne erano rimasti fuori:

vedi tab. 3Il fenomeno non riguardava tuttavia l’in-

tero territorio provinciale in modo omogeneo,

ma tendeva a privilegiare adesso l’asse territo-

riale che correva lungo la Roma-Napoli,

rispetto all’antico polo trasversale del Liri.

65

Costituzione e Sviluppo della Banca Popolare del Frusinate

tab. 3Unità locali e addetti per alcunicomuni dell’Area di SviluppoIndustriale (1968-1978)

1968 1978 U.L. Addetti U.L. Addetti

Anagni 20 1.371 32 6.214Cassino 30 1.686 26 2.050Frosinone 42 3.120 66 6.761Isola del Liri 18 1.762 19 1,572Sora 31 1.740 25 2.022Totale comuni A.S.I. 221 15.415 288 34.480Totale comuni non A.S.I. 28 1.329 30 1.533

Fonte: Tavone, p. 42

Page 66: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Crescita delle aziende e dell’occupazione.

Con riferimento all’intera provincia, una

prospettiva temporale di più ampio respiro

mette bene in evidenza l’incremento numerico

delle aziende e degli addetti sia per tutta la

provincia sia per i comuni a sviluppo econo-

mico più significativo, per i settori industriali

dei servizi e del commercio che facevano rife-

rimento alla CCIAA di Frosinone, nell’arco di

un quarantennio fal 1951 al 1991:

vedi tab. 4La tabella, nella quale sono stati inseriti i

soli dati del capoluogo per renderne più

immediata la lettura, mostra con chiarezza

l’andamento di quello che potremmo generi-

camente definire come lo sviluppo economico

della provincia, nell’ultimo periodo di tempo

significativo. Se ne possono trarre alcuno dati

di fatto che vanno sottolineati:

a. il settore del terziario e quello del commer-cio decollano per primi, negli anni Settanta eOttanta, per subire poi una battuta di arresto,mentre le aziende industriali, partite a loro voltacon maggior ritardo, proseguono la loro espan-sione anche negli anni Novanta

b. il settore industriale mostra un aumento degliaddetti per unità in misura decisamente superiorea quanto non accada per gli altri due compartic. il ruolo della città di Frosinone nell’intera

provincia aumenta considerevolmente. Seinfatti la presenza delle aziende attive aFrosinone rispetto a quelle dell’intero territorioprovinciale cresce dal 7,5% al 13%, il numerodegli addetti complessivamente impiegati aFrosinone passa dal 10% al 20%, conqui-stando una quota di tutto rispetto sul totaledella provincia.La considerazione più significativa, tutta-

via, al di là dei dati che mostrano palese-

mente in deciso incremento in tutti i settori

produttivi, riguardano proprio il rapporto tra

l’andamento demografico e quello degli

addetti alle aziende dell’intera provincia. Se si

tiene conto della sostanziale stabilità della

popolazione nel periodo, il numero degli

addetti cresce notevolmente, con un rialzo

che è particolarmente accentuato nel decennio

1979-1980, per poi mantenere un andamento

più stabile nell’ultimo periodo:

vedi fig. 2

66 Banca Popolare del Frusinate

SECONDA PARTE

1951 1961 1971 1981 1991

U.L. Add. U.L. Add. U.L. Add. U.L. Add. U.L. Add. Industria5.172 18.242 4.097 21.212 4.352 34.773 6.347 61.858 8.387 64.358Frosinone 316 1.607 385 2.475 478 6.620 625 10.027 894 9.366Terziario 6.290 12.473 9.477 18.964 11.448 23.154 14.712 33.410 15.194 37.888Frosinone 544 1.691 1.033 3.288 1.238 4.056 1.647 6.279 1.875 7.348Commercio4.928 8.460 7.706 13.568 9.101 16.136 11.459 22.444 11.268 23.538Frosinone 431 1.024 825 2.151 931 2.531 1.213 3.438 1.237 3.764Totale 11.462 30.715 13.815 40.848 16.031 58.429 24.610 119.551 28.641 132.962Frosinone 860 3.298 1.424 5.816 1.728 10.759 2.8832 22.790 3.740 24.327

tab. 4 Andamento delle unità locali e degli addetti nella provincia di Frosinone 1951-1991

Fonte: mia elaborazione da CCIAA Frosinone, tabb. a.1.24 e segg.

Page 67: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

E’ proprio il particolare rapporto tra l’anda-

mento demografico e quello occupazionale

relativo alle diverse unità produttive che forni-

sce il quadro di sintesi più significativo dell’e-

voluzione economica di Frosinone nel periodo

più recente. Esso indica il momento di passag-

gio da un’economia prevalentemente agricola

a condizione famigliare, dispersa nel territorio,

ad uno sviluppo fondato su di una pluralità di

settori produttivi a carattere aziendale.

4. La Banca Popolare del Frusinate,dalla nascita ad oggi.Costituzione della banca e scelta della sede,

1991-1992. Saldamente radicata in questo con-

testo economico e sociale, caratterizzato da una

crescita dell’occupazione lenta ma continua, da

un’elevata propensione al risparmio delle fami-

glie, da una rete bancaria che poggia prevalen-

temente sulle filiali locali dei grandi istituti

nazionali, nasce da un qualificato gruppo di

imprenditori e di liberi professionisti del frusi-

nate il progetto della nuova banca. Al di là degli

aspetti strettamente economici, legati al poten-

ziale profitto dell’iniziativa, l’iniziativa acco-

muna un gruppo di persone legate alla propria

terra e che intendono guardare lontano: fare in

modo che il risparmio proveniente dal territo-

rio venga prevalentemente utilizzato nelle ini-

ziative destinate allo sviluppo locale, senza

essere più veicolato verso i grandi gruppi azien-

dali del centro nord del Paese, tradizionali

destinatari del risparmio proveniente dalla

Ciociaria. La scelta della società cooperativa

garantisce la parità di voto tra tutti i soci, indi-

pendentemente dal capitale personalmente

posseduto ed è questo un preciso segnale che il

gruppo promotore intende lanciare. E ancora,

il progetto prevede che la nuova banca dovrà

farsi promotore di iniziative culturali, scientifi-

che e assistenziali che possano dare uno smalto

particolare al nuovo istituto di credito, rivol-

67

Costituzione e Sviluppo della Banca Popolare del Frusinate

Fig. 2 - popolazione e addetti alle unità produttive nellaprovincia di Frosinone

1951 - 1991

Fonte: v. tab. 3.

1951

Popolazione Addetti

1961 1971 1981 1991

Page 68: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

gendosi – ancora una volta – alle necessità di

volta in volta manifestate del territorio. Il

primo decennio di vita della banca dimostrerà

che gli obiettivi originari saranno centrati con

coerenza e continuità.

Dopo un periodo iniziale necessario ad otte-

nere le dovute autorizzazioni della Banca

d’Italia ed alla raccolta del capitale versato dai

soci fondatori, alle 9 di mattina del 12 luglio

1991 l’assemblea costituente si riunisce nella

sala convegni dell’hotel Henry, alla presenza del

notaio Piacitelli. Nasce la nuova società coope-

rativa a responsabilità limitata cui aderiscono

ben 1.347 soci, che sottoscrivono un importo

di 15 milioni di lire per quota, pagabili in tre

rate ciascuna. Il capitale così raccolto, pari a 20

miliardi di lire, garantisce l’immediata operati-

vità della banca, ponendola al primo posto tra

le banche popolari di recente costituzione

quanto all’entità del capitale sociale. Com’è

naturale, i soci provengono in larga misura dal

capoluogo; è importante tuttavia anche l’in-

fluenza di soci di Boville, di Veroli e di Alatri,

con un provenienza che in definitiva abbraccia

i centri più importanti di tutta la provincia.

Un altro elemento di notevole rilievo

riguarda l’attività professionale dei promotori.

L’analisi della professione dei soci, contribui-

sce a mettere in evidenza il ruolo preponde-

rante rivestito dagli imprenditori locali, dai

commercianti, dalle aziende di varia natura e

dai liberi professionisti. A testimoniare il

carattere composito del capitale della nuova

banca, sta tuttavia la presenza di numerosi

impiegati, di studenti, di casalinghe e di inse-

gnanti. Non mancano alcuni operai ed altri

esponenti di diversi settori professionali.

Per il primo triennio a dirigere il Consiglio di

amministrazione, composto da 11 membri, è

chiamato il presidente Bruno di Cosimo, coa-

diuvato dal vice presidente Gerardo Plocco. Gli

altri membri sono nell’ordine Benito Stirpe,

subito acclamato presidente onorario, Antonio

Annunziata, Luigi Celani, Luigi Conti, Bruno

68 Banca Popolare del Frusinate

SECONDA PARTE

tab. 5Soci della BPF per comune di residenza

Frosinone 388 Roma 60

Boville 132 Ripi 57

Veroli 99 Coreno Aus. 35

Alatri 91 Monte S. Giov. 35

Ferentino 61 Cassino 33

Isola Liri 26 Fiuggi 21

Anagni 22 Cervaro 20

Ceccano 22 Torrice 20

Ceprano 22 Altri <20 202

Sora 21

tab. 6Soci della BPF per ramo di attività

Imprenditore 223 Studente 92

Commerciante 164 Casalinga 72

Soc. r.l. 147 Att. varie 65

Professionista 135Insegnante 51

Impiegato 121 Artigiano 48

Pensionato 37 Soc. p.a. 20

Medico 33 Farmacista 18

Soc. n.c. 33 Operaio 17

Dirigente 26 Rappres.te 16

Soc. a.s. 24 Altri <5 15

Page 69: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Iannarilli, Nicolino Milani, Umberto Mizzoni,

Baldassarre Santamaria e Carlo Uccioli.

Maurizio Ferrante è nominato Presidente del

Collegio sindacale. Il Consigliere Celani è chia-

mato ad assumere le funzioni di direttore gene-

rale, per la vasta esperienza maturata nel settore

delle banche popolari. Dovrà così lasciare il

posto in Consiglio, sostituito l’anno dopo da

Giancarlo Salvatore. Come vice direttore viene

scelto Romano Marchini, a seguito di una sele-

zione affidata alla Cefor, la società di emana-

zione delle banche popolari che ha il compito di

selezionare il personale. Viene poi bandito un

concorso pubblico per la scelta del logotipo che

dovrà caratterizzare la nuova banca e già in sede

di assemblea costituente il gruppo dirigente

manifesta l’intenzione di acquistare un immo-

bile di prestigio, che dovrà essere all’altezza del

ruolo che la banca intende assumere. Il 19 otto-

bre del 1991, in sede di Consiglio di ammini-

strazione, viene nominato il comitato esecutivo

e se ne fissano le deleghe. In attesa dell’acquisto

della nuova sede sociale, si rende indispensabile

prendere in affitto i primi locali e la scelta cade

su di un ampio immobile in via Caduti di via

Fani, dove verrà aperto il primo sportello e già il

6 marzo il Consiglio di amministrazione è con-

vocato nei locali appena resi operativi. L’attività

della banca inizia ufficialmente il 30 maggio del

1992: per l’occasione viene stampata una carto-

lina primo giorno, con un annullo speciale con-

cesso dalle poste. Dal primo giugno, dunque, la

banca è al lavoro.

Il periodo di avvio, 1992-1996.

I primi anni rappresentano il periodo in cui

si pongono le fondamenta della banca, che deve

formare le strutture operative di base, trovare il

proprio spazio nella raccolta locale del credito e

riscuotere la fiducia della clientela, impostando

una politica gestionale convincente. I risultati

sono lusinghieri e ciò deve essere sottolineato

con particolare evidenza, perché la situazione

generale del Paese sta attraversando un periodo

di profonda crisi, che giunge a punte particolar-

mente aspre negli anni 1992-94, come testimo-

niano alcuni indicatori fondamentali. Il PIL ha

imboccato la strada di un lento ma inarrestabile

decremento annuo, la disoccupazione supera le

quote allarmanti del 13% senza mostrare segno

di ripresa, la lira si svaluta ampiamente con le

altre monete dello Sme e fluttua ormai - di fatto

- liberamente. Il tasso ufficiale di sconto tocca,

nel 1992, il livello elevatissimo del 15% e di

conseguenza il tasso sulle anticipazioni bancarie

arriva al 16.5%. Il governo è costretto ad una

politica di tagli e di rigidità sul piano fiscale,

imponendo addirittura un’imposta del 6% unatantum sui depositi bancari: quasi una patrimo-niale di antica memoria. Le finanziarie che si

succedono ad ogni dicembre sono sempre più

rigorose, strette tra la ricerca di nuove risorse

per l’erario ed i tagli alla spesa pubblica. Come

nota acutamente il presidente Di Cosimo nella

relazione di accompagno al bilancio al

31.12.1992, più che un problema congiuntu-

rale si tratta di prendere atto che siamo arrivati

alla fine di un’epoca:

...l’epoca del salario come variabile indipen-dente, la libertà degli enti pubblici di accumu-lare disavanzi, la possibilità di avere finteimprese sovvenzionate dalla stato.Per le banche popolari italiane, arriva adesso

una nuova disciplina, volta a stabilizzare gli

assetti interni attraverso un equilibrio generale

nell’influenza dei soci sulla gestione, impo-

69

Costituzione e Sviluppo della Banca Popolare del Frusinate

Page 70: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

nendo che nessun socio possa detenere più

dello 0.50 del capitale sociale. Anche i vincoli

reciproci tra gli stessi soci possono essere rin-

saldati, e viene confermata la possibilità di

introdurre la clausola del gradimento per l’in-

gresso di nuovi soci.

La Banca Popolare del Frusinate sembra

navigare tranquilla nella tempesta economica

italiana, come dimostra il buon andamento

della raccolta e quello degli impieghi, dovuti

in gran parte alla fiducia che la neonata banca

riscuote tra i soci e le loro famiglie. Nei primi

sette mesi di attività vengono raccolti più di

15 miliardi di lire di risparmi e vengono ero-

gati più di 7 miliardi di crediti, ma nell’anno

successivo la raccolta tocca i 34 miliardi e gli

impieghi i 21 miliardi, triplicando il traguardo

già ragguardevole raggiunto l’anno prece-

dente. Ormai l’andamento della raccolta e

degli impieghi ha imboccato un percorso di

crescita continuo e con essi aumenta il ruolo

dei depositi a vista. Rispetto al sistema crediti-

zio italiano, la raccolta è remunerata dalla

banca mediamente con due punti percentuali

in più, a dimostrazione della grande conside-

razione in cui vengono tenuti i depositanti,

che sembrano a loro volta ricambiare la fidu-

cia. La curva della raccolta tende nel lungo

periodo a distaccarsi lentamente da quella

degli impieghi, testimoniando in concreto la

grande prudenza seguita dalla banca nella con-

cessione del credito:

vedi fig. 3

Nel 1994 viene aperta la filiale di Alatri, che

si aggiudica subito il servizio di tesoreria del

comune di Guarcino. Poco dopo, nel 1996,

apre i battenti la filiale di Ripi, con la quale si

conferma non solo l’elevato incremento della

clientela della banca ma anche la fiducia che la

stessa Banca d’Italia, nel concedere l’autorizza-

zione ad aprire il nuovo sportello, nutre per la

Banca Popolare del Frusinate. Nello stesso

anno partono importanti servizi, come il col-

locamento dei fondi di investimento ARCA,

l’emissione di prestiti obbligazionari e l’aper-

tura dei rapporti con l’estero: la banca è ben

decisa ad allargare la sfera delle proprie attività

nella consapevolezza che la diversificazione dei

servizi finisce per portare clientela agli spor-

telli. Che l’andamento generale delle opera-

70 Banca Popolare del Frusinate

SECONDA PARTE

Fig. 3 - Andamento della raccolta e degli impieghi

150.000

100.000

50.000

0

€X1.000

Impieghi:crediti verso la clientelaRaccolta: diretta

1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002

Page 71: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

zioni mostri un incremento costante è dimo-

strato anche dalla crescita del numero dei

dipendenti. Includendo nel numero il diret-

tore ed il vice direttore, il personale sale a 12

unità nel 1992, all’indomani dell’inizio delle

attività, per aumentare di due unità l’anno

dopo, ed arrivare ad un organico di 20 dipen-

denti già nel 1994, cresciuto ancora a 24 unità

nel 1996. In termini di retribuzioni ed oneri

accessori, il costo medio dei dipendenti per la

banca è pari al 75% della media riscontrata

nel sistema creditizio italiano.

Nel 1996 il direttore generale Marchini

lascia l’incarico, sostituito dal suo vice Rinaldo

Scaccia. Nel consiglio di amministrazione,

escono Luigi Celani e Baldassarre Santamaria,

sostituiti da Sergio Armida e Arnaldo Zeppieri.

Gli utili iniziano a crescere e presto viene isti-

tuito un fondo, destinato alla restituzione della

quota di quei soci che intendessero monetiz-

zare i versamenti iniziali fatti a suo tempo. Il

valore effettivo della quota sociale, inizial-

mente fissato in 15 milioni di valore nominale,

supera ora i 20 milioni e tanto più si rende

necessario provvedere anche alla sede sociale,

che deve essere adeguata al ruolo che la banca

si sta guadagnando. Mantenendo fede alle pro-

messe fatte in sede di costituzione, il

23/12/1991 viene acquistato l’immobile di

piazza de Matthaeis e subito iniziano con il

Comune le procedure per ottenere la conces-

sione edilizia. L’immobile, sede prevista della

direzione generale e di una filiale, inizierà pre-

sto ad essere utilizzato per gli uffici della pre-

sidenza e della direzione generale, ma per la

piena operatività dell’edificio e l’apertura degli

sportelli per il pubblico a piano terra bisognerà

attendere ancora qualche anno.

In pieno sviluppo, 1997-1999.

Negli anni immediatamente precedenti gli

accordi monetari che porteranno al trattato

di Maastricht ed alla nascita dell’euro, l’eco-

nomia italiana sembra uscire lentamente

dalla recessione che aveva caratterizzato il

periodo precedente, pur mantenendo un PIL

nazionale intorno all’1,4% annuo, sempre

ben al di sotto della media europea. Anche la

provincia di Frosinone, soprattutto per il

maggiore dinamismo impresso dalla nascita

di nuove aziende, sembra avvertire i sintomi

della ripresa. Si può iniziare a sperare che sia

finalmente vinta in Italia la lotta all’infla-

zione e l’incremento dei prezzi inizia infatti

ad attestarsi su valori vicini al 2%. Il TUS

può finalmente scendere al 5.5%, per stabi-

lizzarsi l’anno dopo al 3%, in armonia con i

10 paesi dell’unione monetaria. E’ necessario

prepararsi con efficienza per i nuovi traguardi

imposti da un sistema economico che anno

71

Costituzione e Sviluppo della Banca Popolare del Frusinate

Grafica copertinaBilancio 1992

Page 72: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

dopo anno si avvia ad una globalizzazione

sempre più marcata.

Il prime rate ABI è ormai al 6,375% e la

diminuzione dei tassi sugli impieghi e sui

depositi è inevitabile. Questo però rende più

problematici gli impieghi finanziari e la rac-

colta del sistema creditizio in Italia avverte

una decisa decelerazione, anche se nel loro

complesso le banche popolari continuano a

mantenere una buona dinamica complessiva,

sia nella raccolta che negli impieghi.. Nel

1997, con l’assunzione di cinque nuovi ele-

menti, il personale della nostra banca tocca

complessivamente le 29 unità. Un’ispezione

della Banca d’Italia alla Popolare del

Frusinate, durata ben due mesi, si risolve

favorevolmente con il pieno riscontro della

regolarità delle operazioni dell’Istituto e

quasi a conferma, nel 1998 giunge dalla

Banca d’Italia l’autorizzazione ad aprire un

nuovo sportello a Frosinone, destinato alla

sede sociale di piazza de Matthaeis. Del resto,

tutto sta a testimoniare della solidità della

banca e della fiducia che essa continua a

riscuotere tra i risparmiatori.

Nel 1998, nonostante la continua discesa

dei tassi di interesse, la raccolta si è incre-

mentata di ben il 22% ed il risultato finale

dell’anno è del tutto lusinghiero, sforando i 5

miliardi di lire lordi. Il certificato azionario

vale ora 21.700.000 lire. La banca, nel 1999,

è in grado di erogare ben 2.259 fidi ad arti-

giani, professionisti, commercianti ed

imprenditori, mantenendo fede all’impegno

assunto all’atto della costituzione, con cui si

vincolava a reinvestire i depositi all’interno

del territorio e non presso le aziende del nord

del paese. I conti correnti sono numerosi,

con 4.243 rapporti e 2.304 sono i libretti di

risparmio. Il R.O.E. (return on equity, chemisura il rendimento del capitale netto più le

riserve) sfiora adesso il 12,3% con un incre-

mento di quasi otto punti rispetto all’anno

precedente! Del resto, la fig. 3 dimostra che

l’andamento degli utili, mantenutosi piutto-

sto stabile nei primi cinque anni di attività,

tende ora a crescere in modo netto, consen-

tendo di conseguenza ai fondi di riserva un

incremento sempre maggiore. Una lieve fles-

sione in corrispondenza dell’esercizio 1999 è

72 Banca Popolare del Frusinate

SECONDA PARTE

Fig. 4 - Andamento degli utili e delle riserve

€X1.000

12.000

10.000

8.000

6.000

4.000

2.000

0

Utile: al netto delle imposteRiserve: ordinaria e straordinar

Page 73: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

dovuta alla prudente decisione di accendere

un fondo di garanzia per crediti verso la

clientela:

vedi fig. 4Si può ora acquistare una partecipazione

del 5% di Invest banca spa, un istituto spe-

cializzato in materia di strumenti finanziari,

di consulenza e di investimenti, quasi a sot-

tolineare una volta di più la politica di diver-

sificazione impressa a tutte le attività. La

banca, fedele alla sua concezione originaria di

elevato profilo morale, aderisce nel 1998

all’invito formulato dalla Banca d’Italia e dal

Prefetto per l’istituzione – insieme alla banca

popolare del Cassinate, alla banca della

Ciociaria ed alle due casse di risparmio di

Anagni e di Frosinone - del fondo antiusura

della provincia di Frosinone.

Il fondo è stato espressamente voluto per

combattere un’antichissima piaga sociale, e

le banche consorziate versano ciascuna la

somma di 500.000.000 di lire, per favorire

la denuncia degli strozzini che operano sul

territorio. Inoltre, la Banca Popolare del

Frusinate, unica banca del Lazio, aderisce

per iniziativa della Confidi alla costituzione

di uno speciale Fondo di prevenzione dell’u-sura che ha lo scopo di concedere finanzia-menti a medio termine a piccole e medie

imprese ad elevato rischio finanziario, che

cioè non sono state ammesse al finanzia-

mento dalle grandi banche.

2000-2002.

Finalmente l’11 marzo del 2000 viene

inaugurata la nuova filiale di palazzo Minotti

a piazza de Matthaeis, alla presenza di tutte le

autorità cittadine e del direttore della Banca

d’Italia dott. Stefania Bucchi, che mette in

rilievo il servizio svolto dalla BPF al territo-

rio. E’ significativa anche la menzione fatta

dal Vescovo Mons. Boccaccio, che nel breve

commento ai presenti, prima di benedire il

nuovo edificio, sottolinea l’impegno della

banca contro l’usura. Ormai la Banca

Popolare del Frusinate è uscita dalla fase di

avvio e diversifica significativamente le sue

attività. Nel 2000 la raccolta relativa ai fondi

ARCA è passata da 8 a 17 miliardi di lire, con

importanti ricavi che provengono sia dalla

collocazione dei fondi, sia dal servizio delle

carte di credito e dalle polizze di assicura-

zione, il che dimostra come la gestione di

tutti i servizi offerti dalla banca sia in attivo.

I conti correnti crescono di numero e nel

complesso hanno una giacenza media di 13

milioni di lire, a riprova non solo della fidu-

cia che la banca riscuote tra la clientela, ma

anche dell’elevata propensione al risparmio

73

Costituzione e Sviluppo della Banca Popolare del Frusinate

Grafica copertinaBilancio 1998

Page 74: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

delle famiglie ciociare.I dipendenti salgono a

35 unità nel 2000 ed il valore della quota ini-

zialmente di 15.000.000 di lire tocca adesso

i 25.000.000, con un incremento del 67%,

che rimane particolarmente elevato anche se

si tiene conto del leggero deprezzamento

subito dalla lira nel periodo. L’anno dopo,

infatti, la quota crescerà ancora toccando un

incremento record del 123% rispetto al

momento costitutivo. Nel Consiglio di

amministrazione si verifica un modesto cam-

biamento, con Augusto Pigliacelli che sosti-

tuisce Nicola Milani. Che la banca stia

andando a gonfie vele, comunque, è sotto gli

occhi di tutti gli operatori economici del fru-

sinate. Del resto, il giornale La Provincia del

24 dicembre 2000 intitolerà un significativo

articolo “Una banca al servizio del territorio”

mettendo in rilievo sia l’estensione degli

sportelli (due attivi a Frosinone, uno a Ripi

ed uno ad Alatri) e riprendendo da un’inter-

vista concessa dal Direttore Generale Scaccia

l’idea portante dell’intrapresa coraggiosa, masostenuta sempre da un’ottica di mutualismo

e di intervento nel sociale, particolarmente

rivolte al mondo della scuola.

Tra le altre iniziative, infatti, la banca ha

avviato le iniziative rivolte ai prestiti di onore

concessi agli studenti che si iscrivono ai

Master in discipline bancarie, ma concede

anche prestiti a tasso agevolato agli studenti

di scuola media e di scuola media superiore

per l’acquisto di computer. Sul fronte spor-

tivo, un accordo con la Frosinone calcio con-

sente ai clienti della banca di acquistare l’ab-

bonamento annuale per le partite, con paga-

mento rateale.

L’anno seguente, nel 2001, si manifestano

in seno al Consiglio di Amministrazione

alcune divergenze sugli obiettivi strategici

della banca, che già si erano manifestate nel

periodo precedente e che ora portano all’u-

scita di ben cinque consiglieri: dalla compa-

gine escono Stirpe, Bottini, Armida, Uccioli

e Zeppieri.

Il presidente Di Cosimo ritiene oppor-

tuno convocare un’assemblea straordinaria

nel novembre dell’anno per il reintegro del

Consiglio e vengono eletti al loro posto

Domenico Capogna, Massimo Chiappini,

Adriano Pistilli, Domenico Polselli, Giorgio

Toti e Gaetano Visocchi. Nella sua storia,

sono ben quaranta i soci che si sono alternati

per un motivo o per l’altro in seno al

Consiglio di Amministrazione, con una rota-

zione che rappresenta un segno di democra-

tica alternanza, pur nel solco della continuità

della gestione complessiva. La loro profes-

sione: imprenditori e liberi professionisti.

La banca affronta un periodo di generale

depressione della fase congiunturale, manifesta-

tasi negli USA, in Europa ed in Italia, dove in

74 Banca Popolare del Frusinate

SECONDA PARTE

Anno 2000.Inaugurazioneapertura filiale piazzaDe Matthaeis

Page 75: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

un anno l’incremento del PIL passa dall’1,8%

allo 0,9%. Eppure la banca nel 1991 incre-

menta la raccolta del 13%, anche se gli impieghi

mostrano una flessione del 10%. E’ il momento

di migliorare il rapporto tra i soci e l’istituto e

viene creata un’apposita commissione

“Promozione e Sviluppo” per legare ai soci alla

banca in un vincolo più efficace. Il personale

dipendente passa a 40 unità. Nel 2002 viene

festeggiato il decennale di attività della banca

con un convegno presso l’Abbazia di Casamari

(8 giugno 2002) dal titolo Il ruolo delle banchepopolari nel’evoluzione del sistema bancario.E’ questo l’anno in cui il sistema creditizio

italiano, nonostante l’ampio movimento di

riorganizzazione e di concentrazione aziendale,

nel suo complesso registra un sostanzioso calo

dell’utile lordo e le banche popolari, diminuite

di ben 66 unità, registrano un totale di attività

inferiore a quelle del resto del sistema.

Nonostante ciò, la raccolta della banca

aumenta sensibilmente ed anche gli impieghi

mostrano una decisa tendenza al rialzo.

La quota sociale, dagli iniziali 15 milioni,

tocca ormai i 37 milioni di lire e la solidità

della banca viene consacrata dall’apertura di

un’altra filiale a Veroli, in frazione Casamari.

Si allarga l’area dei conti con prestiti agevolati

per giovani ed anziani.

Da un’indagine del “Giornale della banca e

della finanza”, su 463 istituti di credito ita-

liani valutati come “minori”, che contabiliz-

zano un attivo inferiore ai 650 milioni di

euro, la Banca Popolare del Frusinate viene

classificata al primo posto tra le popolari in

Italia per solidità e redditività, distanziando

di non poco le altre banche popolari della

Ciociaria, figurando addirittura all’11 posto

nella classifica complessiva. Il patrimonio, in

dieci anni, è raddoppiato toccando i 40

miliardi di vecchie lire. La quota iniziale, che

in euro era pari a 7.747,50, tocca ora i

19.595,00 euro. Alcuni consiglieri, sono

chiamati alla Bocconi a tenere un ciclo di

lezioni, quasi a confermare il prestigio dell’i-

stituto. La solidità della banca e le ampie pro-

spettive di ulteriore sviluppo fanno nascere –

come accade di frequente nel mondo azien-

dale – un tentativo di scalata ai vertici azien-

dali, che tuttavia fallisce nel corso della suc-

cessiva assemblea ordinaria dei soci, tenutasi

il 30 marzo 2003 in occasione del rinnovo

del Consiglio di Amministrazione.

La “cordata” guidata da Arnaldo Zeppieri

non riesce ad imporsi, mentre viene rinnovata

la fiducia all’intero consiglio uscente, con uno

scarto significativo di 100 voti tra maggio-

ranza e minoranza. Il trauma tuttavia viene

presto superato senza lasciare alcun segno nel-

l’operatività dell’istituto e nella fiducia che

esso continua a riscuotere nella clientela. La

banca cerca ora di espandere le attività legate

alla casa ed all’edilizia, unendo ai tassi agevo-

75

Costituzione e Sviluppo della Banca Popolare del Frusinate

Page 76: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

lati per i mutui sulla prima casa anche – in

convenzioni con diversi comuni della provin-

cia – i tassi agevolati per i prestiti a chi vorrà

ristrutturare le abitazioni nei centri storici.

Un…utilissimo 5%.

Fin dalle prime norme che ne disciplinavano

l’istituzione, nell’Ottocento, le banche popo-

lari sono state obbligate a destinare a scopi di

pubblica utilità un ventesimo degli utili netti

ricavati ogni anno. Anche la Banca Popolare

del Frusinate rispetta, come è ovvio, l’obbligo

di legge ed accantona in vista delle future sov-

venzioni la quota dovuta, che va ad accrescere

l’apposito fondo di riserva. Dai primi 21

milioni di vecchie lire accantonate fin dal

primo anno, il 1991, si sale progressivamente a

toccare i 50.000.000 nel 1995 ed i

139.000.000 tre anni dopo e per stabilizzarsi

infine intorno ai 200.000.000 di lire accanto-

nate annualmente annue. In totale, considerati

dodici esercizi dal 2001 al 2002, la banca rie-

sce ad accantonare per scopi di pubblica utilità

un fondo di riserva vicino ai 600.000 euro.

Con questa somma, piuttosto cospicua, inizia

una politica di assistenza e di sostegno alle

iniziative culturali, sociali, sportive ed assi-

stenziali nel territorio, che si affina anno dopo

anno giungendo ad interventi di grande

rilievo, che aggiungono prestigio alla banca.

Questo capitolo della storia della Banca

Popolare del Frusinate non va dimenticato,

perché rappresenta il segnale di un mecenati-

smo intelligente, aperto e sensibile. Tanto per

ricordare i maggiori interventi di tipo cultu-

rale, oltre alle sovvenzioni di importo minore

destinate alle più svariate iniziative locali,

citiamo come esemplare il restauro del quadro

di San Bartolomeo nella chiesa di San

Benedetto a Frosinone, realizzato nel 1998 e,

l’anno dopo, il restauro del simulacro di

Cristo morto a Sant’Agostino a Ripi e di

Cristo Crocifisso nella parrocchia di SS.

Salvatore a Veroli. Ancora nel 1999 la BPF

finanzia incontri di studio e di divulgazione di

matematica mentre sul piano dello sviluppo

del turismo locale eroga vari contributi, tra cui

6.000.000 di lire per modernizzare gli

impianti di risalita a Campocatino.

A Novembre del medesimo anno iniziano gli

importanti interventi di restauro de “L’albero

della vita”, presso la chiesa di Santa Salome a

Veroli, lavori affidati alla ditta Francesco

Antonucci di FR. Il restauro viene portato a ter-

mine l’anno dopo. mettendo in luce un’impor-

tante opera di ignoto, che viene attentamente

studiata. Si può pensare ad una scoperta inno-

vativa nel quadro della pittura di autori minori

locali, ed in particolare una sigla apparsa nel

corso del restauro potrebbe farci ricondurre

all’Autore, forse Girolamo Siciolante di

Sermoneta, allievo di Pierin del Vaga.

76 Banca Popolare del Frusinate

SECONDA PARTE

ConcertoAbbazia di Casamari.

Page 77: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Il dipinto è del tardo Cinquecento o del primo

Seicento. Sul restauro effettuato e sulle sue tecni-

che la banca promuove una giornata di studio il

18 marzo 2000, con successiva pubblicazione

degli atti, ricchi di spunti artistici e storici.

Segue poi, nel medesimo anno, un’affollata

esposizione ad Alatri curata dalla società di

scienze “Mathesis” con il contributo della

banca. Sul piano assistenziale, la banca aderisce

all’inziativa promossa dall’Associazione fra le

Banche Popolari per raccogliere contributi per

l’ospedale di Tirana. Sempre nel 2000 si inizia

il recupero del noto affresco di palazzo Minotti

a piazza De Matthaeis e, tra le altre iniziative, la

banca eroga vari contributi, tra cui 5 milioni di

lire per la XII edizione del raduno nazionale

auto storiche (35 equipaggi) con giro delle città

fortificate (Alatri, Anagni, Ferentino e Veroli).

Vengono poi acquistati i camici bianchi per i

volontari dell’Arvas (associazione regionale dei

volontari assistenza sanitaria). La mostra “Oltre

il compasso – la geometria delle forme” allestita

presso il chiostro di San Francesco ad Alatri e

sponsorizzata dalla banca, vede ben 6.000 visi-

tatori. Nel 2003 La BPF sponsorizza una

ricerca che dà vita ad un bel volume di

Francesco Antonucci: I Santi Patroni di

Frosinone. Percorso storico iconografico dedi-

cato alla ricostruzione storica delle figure dei

santi Ormisda e Silverio, pontefici del VI

secolo, promuovendo nello stesso tempo una

serie di concerti estivi all’abbazia di Casamari.

Ma sempre nel 2003 si moltiplicano le inizia-

tive sportive e culturali che vengono sostenute

dalla banca, come dimostrano l’intesa con il

CONI per l’educazione e la formazione spor-

tiva degli studenti di Frosinone e di Veroli.

Nasce il protocollo di intesa con l’Ateneo di

Cassino, con il quale si mettono in palio alcune

borse di studio per tesi dalle discipline identifi-

cate via via ogni anno e ancora si finanziano

contratti di insegnamento per discipline giuridi-

che, economiche ed aziendali presso le Facoltà

di Economia e di Giurisprudenza, inserendosi

in quel solco così frequente all’estero ma ancora

poco conosciuto da noi, di enti esterni che

finanziano – nella piena autonomia didattica –

corsi di studio ritenuti di particolare rilievo per

lo sviluppo economico locale. Con lo stesso spi-

rito di collaborazione e promozione della cul-

tura nel territorio nasce l’accordo con il conser-

vatorio di musica “Licinio Refice di Frosinone.

La Banca Popolare del Frusinate ha dimostrato

in questo modo di assolvere pienamente le pro-

messe avanzate al momento della fondazione,

non solo operando fattivamente nel settore cre-

ditizio che le compete, ma promuovendo anche

una nutrita serie di iniziative complementari.

Per gli anni futuri, la banca potrà senza dubbio

divenire un sicuro punto di riferimento per tutti

coloro che hanno a cuore lo sviluppo della cul-

tura e della vita sociale nel frusinate.

77

Costituzione e Sviluppo della Banca Popolare del Frusinate

Anno 2003.Firma stipulaconvenzionecon l’Universitàdi Cassino

Page 78: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Prof. Francesco Salerno

Page 79: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Società ed Economianelle Valli del Frusinate

Page 80: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Banca Popolare del Frusinate

TERZA PARTE

Page 81: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Società ed Economia nelle Vallidel Frusinate

Il contesto geo-economico nel quale, per

vocazione direi ‘naturale’, esplica la propria

attività la Banca Popolare del Frusinate è

attraversato da una delle due grandi vie di

comunicazione che, fin dall’antichità, hanno

congiunto alla Campania, forse, l’Etruria,

certamente, il Lazio. Accanto alla direttrice

costiera che attraversa la valle Pontina,

infatti, la via interna che segue le valli fluviali

del Sacco (per i Romani, Trerus o Tolerus) edel Liri (Liris) costituisce un corridoio dipenetrazione obbligato tra catene di monti

quasi ininterrotte (quelle degli Ernici, delle

Mainarde e de La Meta, a nord-est; dei

Lepini, degli Aurunci e degli Ausoni, a sud-

ovest). Passaggi trasversali, tra i sistemi mon-

tuosi, assicurano il collegamento tra l’interno

e le fertili pianure della costa tirrenica e, fin

dall’antichità, hanno rappresentato sia i per-

corsi della transumanza per le popolazioni

pastorali alla ricerca di pascoli stagionali, sia

le strade lungo le quali sono sorte stabili

strutture insediative di comunità.

La storia della regione è risalente. Le inda-

gini hanno posto in luce presenze umane già

a partire dal Paleolitico inferiore. Nell’età del

ferro, fra i luoghi occupati, compaiono già

Frosinone e Cassino. Come tutti i centri del-

l’epoca sono in realtà, più che ‘città’, rocche

fortificate intorno alle quali gruppi etnici, di

origine ernica (Alatri) o volsca (Frosinone,

Cassino), si sono organizzati in comunità di

villaggio.2

La penetrazione romana, a partire dal VI

secolo a. C., lenta e irta di difficoltà ma ineso-

rabile e definitiva,3 dall’ultimo scorcio del IV

secolo a.C., favorisce la nascita di un assetto

viario più complesso (via Latina, via Labicana,

via Appia) teso a rendere più agevoli i collega-

menti con la madrepatria delle colonie fon-

date sul territorio, e, nel contempo, idoneo a

garantire un maggior supporto alla politica di

espansione verso il Meridione.4

La romanizzazione dell’area ed il suo essere

partecipe del sistema politico-istituzionale

romano, le trasformazioni economiche e

sociali che la conquista romana comporta

favoriscono il sorgere di aristocrazie locali

sempre più legate economicamente e politica-

mente con le grandi famiglie dell’aristocrazia

romana ed, a volte, in grado di esprimere

uomini cui vengono affidate le sorti dello

stesso Stato romano. Se a Caio Mario, a

Varrone, a Cicerone (solo per citare alcuni fra

i più celebri) sono state dedicate pagine e

pagine, meno noti sono innumerevoli perso-

naggi il cui ruolo, pure, fu significativo per lo

sviluppo delle comunità locali. Sono magi-

strati, cittadini, amministratori, funzionari

imperiali, oscuri ai più, ma della cui opera il

ricordo è stato tradito, il più delle volte, da

iscrizioni funerarie oppure, meno frequente-

mente, da epigrafi onorarie.

L’esame del corpus epigrafico conservato

nel CIL consente di gettare uno sguardo sulla

vita di queste élites cittadine, particolarmente

attive fra II e III secolo d.C.

Una recente ricerca su «attori della vita giu-

ridica nel patrimonio epigrafico di Casinum e

del Cassinate», condotta dalle cattedre giusro-

manistiche dell’Università di Cassino, ha con-

sentito, attraverso l’esame del cospicuo patri-

monio epigrafico e delle significative fonti let-

81

Società ed Economia nelle Valli del Frusinate

Page 82: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

terarie, una prima ricostruzione dell’organiz-

zazione amministrativa che la città ebbe fra i

secoli V a.C. e III d.C.5

La nostra indagine si è, così, inserita nel

solco tracciato da studi recenti che hanno

permesso di tratteggiare un quadro di una

classe dirigente locale, nel tempo sempre più

attiva, legata spesso al potere centrale e

vivace in misura molto maggiore rispetto a

quanto potevamo ritenere sulla base di studi

precedenti, forse meno sensibili ai temi di

‘storia locale’.6

Per quanto riguarda Cassino, dall’indagine

sono riemerse o hanno trovato più attento

esame, le figure di C. Futius, «praefectusCasinatium», in epoca tardorepubblicana,7 L.Luccius Hiberus, vissuto nel II sec. d.C., di

rango equestre, patronus di Casinum e della

vicina Interamna Lirenas (l’odierna Pignataro

Interamna), al quale i Cassinati dedicarono

un’epigrafe «ob merita publica»8 (una secondaiscrizione è a lui dedicata da un collegio di

artigiani, «fabri»).9 Ad essi si deve aggiungere

il ricordo di alcuni senatori romani originari

da questa città: i Q. Futii, consoli sotto

Claudio10 Obultronius Sabinus, governatore

della Baetica nel 67/8, C. Ummidius Durmius

Quadratus, governatore di Cipro e della

Lusitania, console del 40 d. C., legato impe-

riale in Illirico e, successivamente, in Siria11

(una sua discendente è Ummidia Quadratilla,

munifica nel restaurare a sue spese l’anfiteatro

cittadino).12

Ancora più ricchi sono i dati che proven-

gono dalle altre comunità laziali.13 Per

quanto riguarda il territorio che trova

nell’Ateneo cassinate il suo punto di riferi-

mento culturale, un riesame delle fonti epi-

grafiche provenienti dai centri sorti lungo il

Sacco ed il Liri, o nelle loro vicinanze, con-

sentirebbe una migliore conoscenza di un’a-

rea geografica che, seppur limitata nelle

dimensioni, si presenta eterogenea e con un

diverso sviluppo dei centri urbani. Non si

esclude, pertanto, che l’indagine condotta su

Cassino possa essere estesa anche ai centri

nei quali la Banca Popolare del Frusinate è

presente con le sue strutture. Già una prima

rapida lettura di saggi e di epigrafi relativi a

Frosinone, Alatri, Veroli, Casamari,

Ferentino, consente di individuare, per

alcune delle cinque comunità, l’esistenza,

tra il I secolo a.C e III d.C., di figure di

rilievo tra i gruppi cittadini egemoni.14

Sono, tra gli altri, i casi di A. Hirtius, il

famoso console del 43 a. C., vincitore di

Antonio a Modena, da Ferentinum, Q.

Paquius Rufus, legato nel 42 a.C., forse origi-

nario di Verulae15, di P. Betilienus Bassus,

monetale nel 4 a.C.,16 discendente da L.

Betilienus Varus, ricordato con un’iscrizione

82 Banca Popolare del Frusinate

TERZA PARTE

Fanciulla di Sora, 1827.Archivio BancaPopolare del Frusinate

Page 83: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

dai concittadini grati per le opere pubbliche

da lui fatte costruire17 ad Aletrium, di Clodius

Proculinus, decurione «coloniae Frusinatium»,18

dei Laberii, forse originari di Ferentino, ricor-

dati da più fonti epigrafiche.19

Rappresentano, le comunità sopra ricor-

date, centri significativi di un territorio che si

segnala, fin dall’età romana, per attive pre-

senze di un’aristocrazia la cui economia è fon-

data sullo sfruttamento della terra, di artigiani

interessati a varie attività tecniche, di gruppi

dediti al commercio20 che, con frequenza, si

fa interprete delle esigenze della propria

comunità, come testimonia l’omaggio a C.

Paccius Felix, «patronus coloniae Casinatiumomnibus honoribus et honeribus perfunctus» alquale gli abitanti della città decisero di erigere

una «statua marmorea» «ob omnibus laboribusquos circa patriam civesque suos exibuit».21

Pur se le differenze di status fra le comunità

locali e Roma comportavano, per gli abitanti

delle prime, il mancato godimento delle pre-

rogative proprie dei cittadini romani, la tutela

del ius gentium rese possibile, sotto l’aspetto

privatistico, vari rapporti commerciali, obbli-

gatori, relativi a scambi patrimoniali e con-

sentì che fossero surrogati e, quindi, utilizza-

bili dai non romani, alcuni istituti tipici del

ius civile che era il «ius proprium civiumRomanorum».22 Più gravi, certo, erano le diffe-renze che, fra i cives Romani e gli abitanti dellealtre comunità, permanevano in campo pub-

blicistico (ad esempio, il ius migrandi limitato,l’esclusione dal godimento del diritto di provo-care ad populum, un diritto di suffragio limita-tissimo).23 Eppure questa situazione (immo-

dificata, almeno, fino al 90 ed all’89 a.C.,

allorché due provvedimenti - una lex Iulia,

83

Società ed Economia nelle Valli del Frusinate

Cassino, Abbaziadi Monte Cassino.La Cripta della Basilica

Page 84: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

fatta approvare dal console L. Giulio Cesare,

lontano parente del futuro dittatore e, suc-

cessivamente, una lex Plautia Papiria - con-cessero la cittadinanza romana ai Latini)24

non impedì una progressiva assimilazione

delle classi dirigenti locali a quelle romane,

una loro integrazione nell’economia, nell’e-

sercito, nella stessa vita politica dell’Urbe.25

Il risultato, secondo alcuni studiosi, fu la

nascita di un ceto di ricchi proprietari ter-

rieri, impegnati nella commercializzazione

dei loro prodotti e, come trafficanti o ban-

chieri, impegnati nella vita economica del

Mediterraneo e, in ultimo, nella vita politica

della stessa Roma.26

A partire da Augusto le comunità locali

furono le palestre per un’ordinata carriera di

un cursus honorum percorso entro le cariche

municipali oppure all’ombra di una burocra-

zia centrale sempre più organizzata nei suoi

meccanismi.27

Come il resto dell’Impero, anche l’area fru-

sinate alimentò gli organi del governo cen-

trale. I funzionari civili e militari finirono con

il costituire il tramite fra la comunità locale ed

il principe, prima, l’imperatore, poi. Una

situazione che si mantenne, forse, anche

quando l’assolutismo intraprese una lotta per

l’annientamento delle aristocrazie dell’econo-

mia e della finanza.28

Un legame sinallagmatico si era instaurato,

così, tra gli esponenti dei gruppi dirigenti

locali ed il potere centrale: i primi mostravano

il consenso che riscuotevano nella loro terra

d’origine, il secondo appariva più vicino alla

comunità locale.29

Nella crisi del tardoantico che comporta la

destrutturazione delle realtà urbane, anche i

centri della valle del Liri e, più in generale,

del Frusinate appaiono in decadenza.30 Ad

esempio, ad Interamna Lirenas i rinveni-

menti ceramici diminuiscono nel III-IV

secolo e cessano dopo il tardo V secolo.31 In

quest’epoca Cassino subisce un riadatta-

mento della cinta muraria, ristretta alla parte

sud della città: ma nel 529, allorché arriva S.

Benedetto, le fortificazioni dovevano essere

in stato di abbandono.32

E’ in questo contesto che il discorso cri-

stiano sull’uomo e sulla sua prassi di vita

trova la sua massima espressione nella regola

pronunciata e diffusa da S. Benedetto e nella

realizzazione concreta di centri monastici.33

A Montecassino, a Casamari, le strutture

autonome di produzione e di scambio realiz-

zarono, nella prassi quotidiana, il pensiero

84 Banca Popolare del Frusinate

TERZA PARTE

Foto storica.Archivio BancaPopolare del Frusinate

Page 85: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

innovativo dei cristiani nei confronti del

lavoro. Il monachesimo benedettino, labo-

rioso e produttivo, valorizzò in Europa le

forze attive, le orientò verso l’operosità, il ser-

vizio ai bisognosi, l’autosufficienza, affermò

la convivenza del lavoro con la preghiera.34

Nelle valli del Liri e del Sacco, la diffusione

della Regula monasteriorum avrebbe contri-

buito, fortemente, a segnare, per i secoli suc-

cessivi, pur nelle trasformazioni delle econo-

mie, degli assetti istituzionali e degli equilibri

sociali,35 il dna, culturale e sociale, di quelle

aree geografiche. In queste, pur se le condi-

zioni di vita, a partire soprattutto dai primi

dell’Ottocento, non resero possibile alle

popolazioni locali di sviluppare agevolmente

forme di riscatto sociale e di cultura e mise-

ria e povertà spinsero, in alcuni casi, a pro-

durre forme di violenza e di illegalità che

espressero fenomeni di brigantaggio come

più estremi momenti di protesta sociale,

restò, pur sempre, viva una sensibilità sociale

che favorì la genesi di una ‘politica sociale’

impegnata a sviluppare forme di assistenza e

carità istituzionalizzate.36

Queste avrebbero contribuito alla forma-

zione di ceti sociali nei quali era fortemente

radicata l’idea di un modello di sviluppo eco-

nomico fondato, oltre che sul lavoro agri-

colo, anche sul mercato e, successivamente,

sull’industrializzazione, soprattutto a partire

dai primi anni Sessanta del secolo scorso.37 E’

in queste aree ed in questa cultura, dunque,

che dal 30 maggio del 1992, opera la Banca

Popolare del Frusinate, impegnata, pur in

presenza di un processo di deindustrializza-

zione (dovuto, in parte, anche al venir meno

delle partecipazioni statali),38 ad individuare

forme di intervento idonee a contribuire allo

sviluppo di nuove realtà produttive ed a

sostenere l’economia di soggetti e di imprese

che, per dimensioni occupazionali e settori

d’attività, possono superare l’attuale con-

giuntura ed affrontare con successo il cam-

mino nell’Europa unita. In quest’ottica, la

feconda collaborazione che la Banca ha

avviato, da tempo, con l’Ateneo cassinate

rientra in una strategia di investimento e di

promozione dei valori rivolta soprattutto ai

giovani, nell’intento di offrire loro maggiori

opportunità di una formazione che si vuole

caratterizzare per il suo alto contenuto quali-

tativo e destinata ad incoraggiare la genesi di

nuove professionalità idonee a consentire un

concreto inserimento dei giovani nella realtà

economica e sociale del Frusinate.

85

Società ed Economia nelle Valli del Frusinate

Page 86: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Pino Parente

Page 87: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

La Banca Popolare del Frusinate.Una banca con nome e cognome

Page 88: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Banca Popolare del Frusinate

QUARTA PARTE

Page 89: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Una banca con nome e cognome.

La Banca Popolare del Frusinate ha un

nome e un cognome.

Il nome e il cognome dei soci che vent’anni

fa l’hanno fondata.

Il nome e il cognome dei soci che oggi la

sostengono e la guidano.

Il nome e il cognome di chi la presiede, di

chi la dirige, di chi ci lavora.

Il nome e il cognome di artigiani, professio-

nisti, imprenditori che hanno creduto in que-

sta nuova realtà che nasceva sotto i loro occhi,

che cresceva insieme a loro.

Nella metà degli anni ‘80, tra Boville, Veroli

e Monte S. Giovanni Campano comincia a

prendere corpo un’idea di banca cooperativa

in grado di sottrarre le attività imprenditoriali

e artigiane locali al monopolio creditizio delle

banche nazionali presenti sul territorio.

Una risposta spontanea, dal basso, alla poli-

tica creditizia attuata fino a quel momento su

un territorio che aveva bisogno di crescere. La

banca che avevano in mente i primi soci-

sognatori si scontra inizialmente con la dura

realtà degli adempimenti burocratici, delle

autorizzazioni, degli studi di fattibilità, poi

declina verso un’ipotesi di cassa rurale interco-

munale, infine si arena nelle secche della diffi-

denza e dell’ostruzionismo.

Ma non muore. Anzi, risorge dalle ceneri

ancora calde della prima idea bruciata quando

incontra una iniziativa analoga che sta muo-

vendo i primi passi nella città capoluogo. E’

un incontro di entusiasmi, di volontà, di

determinazione. La “fusione” tra il primo

nucleo di Boville, Veroli e Monte S. Giovanni

Campano con i promotori di Frosinone porta

alla aggregazione di 1379 soci fondatori che

con una quota individuale di 15 milioni di lire

costituiscono la Banca Popolare del Frusinate.

E’ il 12 luglio 1991.

E nemmeno un anno dopo, il 30 maggio

1992, la Banca Popolare del Frusinate inizia la sua

attività a Frosinone in piazza Caduti di via Fani.

Ecco tratteggiata con rapidi cenni la storia

della Banca Popolare del Frusinate: una storia

che va approfondita in alcuni passaggi cruciali

che ne hanno segnato la fisionomia, il carat-

tere, la missione.

Torniamo all’inizio.

Il contesto storico, sociale e produttivo della

provincia di Frosinone negli anni ‘80 è caratte-

rizzato da una grande frammentazione di inizia-

tive, di progetti, di azioni. Una frammentazione

che ha sempre contraddistinto questo territorio

(basta ricordare le divisioni esistenti fin dalle ori-

gini tra le sue popolazioni: gli Ernici, i Volsci, i

89

La Banca Popolare del Frusinate. Una banca con nome e cognome

Anno 1992.Articolo “Mille sociper una banca”

Page 90: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Lepini, i Sanniti, gli Ausoni, gli Aurunci, tutti

divisi, gli uni contro gli altri, che favorirono l’oc-

cupazione finale da parte dei Romani).

Ma, senza andare così lontano e restando sul

terreno del credito, basta ricordare i tanti pro-

getti avviati in quegli anni: per esempio a

Monte San Giovanni Campano da Luigi

Conti, veterinario, che insieme ad altri ha l’i-

dea di costituire una cassa rurale artigiana (così

si chiamavano allora le banche di credito coo-

perativo) o l’altra iniziativa promossa da auto-

revoli imprenditori nella zona della valle del

Liri (Ceprano, Sora, Rocca d’Arce, Boville).

Entrambe non riescono ad andare in porto:

è un periodo storico in cui nel territorio della

provincia di Frosinone esistono solo alcune

casse rurali (Anagni, Fiuggi, Paliano) che

insieme alla banca della Ciociaria rappresen-

tano il nucleo fondamentale più importante

delle banche locali nel territorio.

La raccolta del risparmio è di gran lunga infe-

riore a quella che fanno registrare gli istituti di

credito nazionali (Banco di Santo Spirito, Cassa

di Risparmio di Roma, Commerciale) che rac-

colgono nel territorio della provincia risparmi

per trasferirli altrove, ad alimentare iniziative

imprenditoriali del centro nord.

Contemporaneamente, in quegli stessi anni

l’indagine annuale del Sole 24 Ore segnala la

provincia di Frosinone come la prima in Italia

per capacità di risparmio.

Questo succede per diversi anni. E’ da

questa constatazione di una duplice esigenza

che nasce l’idea di una banca locale: una

banca popolare, però, e non una banca di

credito cooperativo (che aveva più vincoli

giuridici e amministrativi, doveva muoversi

secondo vincoli di contiguità territoriale e,

soprattutto, si rivolgeva preferenzialmente al

credito rurale e artigiano).

Una banca popolare in grado di rappresen-

tare tutto il territorio del Frusinate e non solo

della Ciociaria (che abbraccia solo una parte

della provincia di Frosinone, mentre le cose

più importanti stanno al sud della provincia:

a Cassino con l’abbazia di Montecassino, a

Roccasecca, ad Aquino con San Tommaso,

ad Arpino con Cicerone).

Intorno a questo progetto si riunisce un comi-

tato promotore formato da professionisti e

imprenditori di Monte San Giovanni Campano,

Boville e Veroli che per un paio d’anni si incon-

trano e discutono presso lo studio di Carlo

Uccioli al Giglio di Veroli. A questo nucleo ori-

ginario si aggiunge Luigi Celani che era stato

direttore della cassa rurale di Ronciglione. E’ il

1986 e la banca che hanno in mente si chiama

ancora banca popolare degli Ernici.

90 Banca Popolare del Frusinate

QUARTA PARTE

Anno 1998.Frosinone, Chiesadi San Benedetto.Restauro del dipinto diSan Bartolomeo

Page 91: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Dopo un paio d’anni di lavoro e di riflessione,

diventa chiaro che, per decollare, il progetto di

una banca popolare deve avere una base più

ampia e più solida. L’entusiasmo, la passione, la

buona volontà da sole non bastano. Ecco allora

l’incontro con imprenditori e professionisti di

Frosinone che sotto la guida di Salvatore Trento

stanno perseguendo un progetto simile.

Trovare un accordo, mettersi tutti insieme

intorno a un tavolo, unire l’esperienza e l’en-

tusiasmo, la professionalità e la passione, la

competenza e la buona volontà è un evento

spontaneo e risolutivo.

Nasce così un comitato promotore più allar-

gato, di 18-20 persone, presieduto da Salvatore

Trento, che con la loro azione, la loro posizione,

il loro ruolo sociale, la stima di cui godono rie-

scono a coinvolgere commercianti, professioni-

sti e imprenditori, soggetti trainanti del territo-

rio, senza limiti e steccati geografici.

E coinvolgono anche le associazioni di cate-

goria: l’Associazione Provinciale Agricoltori con

Franco Baldassarre, direttore provinciale, le pic-

cole e medie imprese con Gerardo Plocco, presi-

dente della Federlazio, l’Associazione Industriali

con Annunziata, presidente, la cassa edile con

Benito Stirpe, l’Università di Cassino con

Giorgio Spinelli, Preside della facoltà di

Economia e Commercio, solo per citarne alcune.

L’idea si dimostra subito vincente: poter con-

tare su un gruppo consistente di soggetti trai-

nanti, in grado di coinvolgere altri soggetti e di

far condividere il progetto da una base sempre

più ampia e qualificata, diventa un moltiplica-

tore di idee, di iniziative, di progetti.

Un progetto che si svolge e si precisa nei

suoi lineamenti fondamentali man mano che

si attua e si concretizza. Si precisa attraverso

un ampio ed acceso dibattito sul ruolo e la

funzione che la banca deve svolgere, fino

all’affermazione decisa di un’idea di banca

popolare con forti risvolti mutualistici, un’ini-

ziativa non solo economica e finanziaria, ma

anche sociale, con un fortissimo radicamento

sul territorio, in grado di favorire lo sviluppo

economico del contesto in cui si realizza, dove

vivono e lavorano i suoi associati. E si concre-

tizza attraverso la nomina di Bruno Di

Cosimo a presidente del Comitato Promotore.

Il successo è immediato. In pochi mesi si rac-

colgono più di mille adesioni in tutto il territo-

rio della provincia, che riescono a dotare la banca

91

La Banca Popolare del Frusinate. Una banca con nome e cognome

Anno 1992.Lettera di convocazionedel Consiglio diAmministrazione

Page 92: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

di un capitale iniziale di 20 miliardi di lire.

Nel gennaio del 1990 lo studio di fattibilità

della nuova Banca Popolare del Frusinate

affronta l’esame degli organi tecnici della

Banca d’Italia.

Il 12 luglio 1991, ottenuta l’autorizzazione,

si arriva all’atto costitutivo.

Il 30 maggio 1992 la Banca Popolare del

Frusinate inizia l’attività, simbolicamente rap-

presentata dal dono alla città di Frosinone del-

l’opera del Maestro Gismondi, la “Ciociara”,

nel giorno dell’inaugurazione della banca.

E’ un inizio travolgente: essere riusciti ad

aggregare tante persone e tanti capitali con-

sente importanti investimenti in risorse

umane qualificate e in risorse tecnologiche

d’avanguardia. E’ un esordio eclatante: la

banca pratica una politica dei tassi aggressiva

(allo 0,50-0,75% allora vigente si contrap-

pone un tasso a 2 cifre), trasformando i rispar-

miatori da soggetti passivi in soggetti attivi.

Negli anni successivi la Banca Popolare del

Frusinate apre nuovi sportelli ad Alatri (1994)

e a Ripi (1996), per andare incontro alle esi-

genze di tutto il territorio.

Con l’inizio dell'attività prende corpo e si

sviluppa l’attenzione della banca verso le isti-

tuzioni e le problematiche culturali presenti

nel territorio, portando così a compimento la

vocazione mutualistica propria della banca

popolare. Nel 1998, la Banca Popolare del

Frusinate è presenza attiva e riconoscibile in

iniziative di recupero, salvataggio e rilancio del

patrimonio culturale della provincia. Nel

1999 interviene nel restauro di due sculture in

cartapesta policroma presso le chiese di

Sant’Agostino e San Salvatore a Ripi e nel

restauro del dipinto di San Bartolomeo presso

la chiesa di San Benedetto a Frosinone. Nel

2000 partecipa al restauro dell’Albero della

Vita, un affresco della fine del ‘500, nella

chiesa di Santa Salome di Veroli.

Nei suoi anni di attività la Banca Popolare

del Frusinate assume una rilevanza e un ruolo

di primo piano nello scenario economico e

produttivo della provincia. Un ruolo rappre-

sentato simbolicamente dalla scelta della

nuova sede in piazza De Matthaeis, nella

“city”, nel cuore dell’attività economica e

finanziaria della città di Frosinone.

92 Banca Popolare del Frusinate

QUARTA PARTE

Anno 2000.Veroli, Chiesadi Santa Salome.Restauro dell’ affresco“Albero della Vita”

Page 93: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Un ruolo ormai ampiamente riconosciuto:

nella speciale classifica pubblicata nell’otto-

bre 2003 dal Giornale della banca e della

finanza sulle banche più solide, equilibrate,

redditizie, produttive la Banca Popolare del

Frusinate risulta all’undicesimo posto tra le

banche minori, distanziando notevolmente le

altre aziende bancarie della zona. E’ il giusto

riconoscimento di un progetto professionale

che implica una passione civile.

La grandezza del nostro paese risiede nella

ricchezza dei patrimoni e dei valori locali e

municipali: mettere insieme più esperienze,

più professionalità, più umanità per il pro-

getto di una banca popolare al servizio di

tutti è un’iniziativa non solo economica, ma

anche sociale e culturale, fa crescere un con-

cetto non solo di utilitarismo, di mercato, di

capitalismo, ma un concetto più vicino alle

radici storiche e culturali della provincia.

Un sogno? Una sfida? tutte e due.

Il successo della Banca Popolare del

Frusinate è la realizzazione di un sogno ali-

mentato dall’entusiasmo, dalla tenacia e dalla

volontà dei primi soci-promotori che hanno

fortemente creduto in un’idea innovativa.

La presenza sempre più diffusa della Banca

Popolare del Frusinate nella provincia è il risul-

tato di una sfida vincente ai luoghi comuni, alle

divisioni, alla frammentazione delle iniziative.

Una sfida culturale, prima che sociale ed

economica.

Oggi, dopo diversi anni di attività sul territorio

e per il territorio, la Banca Popolare del Frusinate si

presenta con una forte identità di banca popolare,

una chiara riconoscibilità nell’intera provincia,

una vera personalità economica e finanziaria.

E’ una banca con nome e cognome

E’ la Banca Popolare del Frusinate.

93

La Banca Popolare del Frusinate. Una banca con nome e cognome

Anno 2000.Inaugurazioneapertura filiale piazzaDe Matthaeis

Page 94: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Luigi Conti

Page 95: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

L’Origine della Banca.Storia, Fatti e Protagonisti

Page 96: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Banca Popolare del Frusinate

QUINTA PARTE

Page 97: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Fatti e protagonisti

La Banca Popolare del Frusinate nacque dall’e-

sigenza di creare un punto di incontro tra i rispar-

miatori del territorio che condividevano la neces-

sità di una più consapevole e responsabile gestione

del proprio denaro e del suo potenziale valore di

investimento. Il principio al quale la Banca si è

ispirata fin dalla sua costituzione e si ispira

tutt’oggi, è fondato sulla realizzazione di iniziative

socio - economiche nel territorio, rispecchianti un

modello di sviluppo umano e sociale sostenibile,

ove la produzione della ricchezza e la sua distribu-

zione siano fondati sui valori della solidarietà, della

responsabilità civile e del compimento del bene

comune. La fedeltà a questo principio ha fatto sì

che l’incontro tra due realtà unite dalle stesse

intenzioni e da comuni obiettivi, generasse l’at-

tuale configurazione della BPF.

COSTITUZIONE COMITATO PROMOTORE

La storia della Banca inizia nel 1984,

quando era già in via di definizione il progetto

di costituzione della Cassa Rurale di Monte

San Giovanni Campano, portato avanti da

Luigi Conti, Antonio Reali e da un comitato

all’uopo costituito. Di questo nuovo istituto

di credito era già stata richiesta l’autorizza-

zione alla Banca d’Italia, avendo ottenuto nel

mese di febbraio dello stesso anno, il parere

favorevole dell’Amministrazione Comunale

all’istituzione di una Cassa Rurale ed

Artigiana, con il rinvio a successivi incontri

per determinarne l’ubicazione dello sportello.

L’iniziativa, nel suo complesso, godeva del

favore di più di un centinaio di sostenitori.

Le intenzioni del Comitato furono successi-

vamente intercettate da un cospicuo gruppo di

persone a loro volta intenzionate a creare una

banca, e confluirono in un unico comitato

promotore a carattere intercomunale, costi-

tuito da rappresentanti di Veroli, Monte San

Giovanni Campano e Boville Ernica.

Il neocomitato per l’istituzione della Banca

Popolare degli Ernici era così costituito:

Rappresentanti di Boville Ernica

Nicolino Milani,

Umberto Mizzoni,

Egidio Astolfi;

Rappresentanti di Monte S. Giovanni Campano

Luigi Conti,

Fernando Sili,

Domenico Buttarazzi;

Rappresentanti di Veroli

Franco Baldassarre,

Bruno Iannarilli,

Carlo Uccioli.

97

L’Origine della Banca. Storia, Fatti e Protagonisti

Anno 1985.Richiesta di costitu-zione Cassa Rurale edArtigiana nel comunedi Monte SanGiovanni Campano

Page 98: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

In seguito, dopo una fitta rete di contatti e

di scambi di idee, si prospettò la possibilità di

fondere il comitato intercomunale con un

comitato promotore costituitosi a Frosinone e

capeggiato da Maurizio Ferrante, di cui presto

si seppe l’esistenza. L’obiettivo diveniva sem-

pre più grande e coalizzarsi significava poterlo

portare a termine.

Dalla fusione nacque il ComitatoPromotore Banca Popolare del Frusinate,composto dai signori Salvatore Trento, in

qualità di presidente, Antonio Annunziata,

Franco Baldassarre, Luigi Celani, Luigi

Conti, Umberto Coratti, Bruno Di Cosimo,

Maurizio Ferrante, Bruno Iannarilli,

Giovanni Battista Magni, Nicolino Milani,

Umberto Mizzoni, Gerardo Plocco, Marcello

Leonello Proietti, Spinelli, Benito Stirpe,

Carlo Uccioli, Renzo Villa.

Quella che segue è una breve elencazione

delle tappe fondamentali che hanno caratteriz-

zato l’opera del Comitato Promotore in circa

due anni di costante attività a favore della costi-

tuzione della Banca Popolare del Frusinate.

Il lavoro svolto, oltre a voler rappresentare

un implicito ringraziamento a tutti coloro che

in quegli anni vollero dedicarsi con passione

ed energia alla causa, investendo il proprio

tempo e le proprie risorse, è anche esaustivo

del difficile processo che lega la costituzione di

una Banca alle persone che se ne fanno pro-

motrici, ciascuna portatrice di sensazioni e

conoscenze proprie, con le dinamiche dettate

dal complesso iter burocratico e normativo.

ANNO 1990

18 Gennaio

Viene presentata la domanda per la costitu-

zione della Banca Popolare alla Banca d’Italia

di Frosinone. Alla domanda sono allegate oltre

1000 sottoiscrizioni di coloro che divente-

ranno i futuri soci fondatori.

27 Gennaio

Data della prima assemblea del Comitato

Promotore BPF, presso la sede di via Aldo

Moro, 1 a Frosinone.

Dopo aver apprezzato la risposta data

dagli imprenditori, dai professionisti e dai

cittadini della provincia di Frosinone, che

con la loro risoluta adesione hanno reso

possibile il progetto di costituzione della

nuova Banca, il Comitato elegge il proprio

Segretario, nella persona di Maurizio

Ferrante, il Tesoriere, Umberto Mizzoni e

contestualmente nomina un comitato ese-

cutivo con funzioni organizzative costituito

98 Banca Popolare del Frusinate

QUINTA PARTE

Anno 1990.Verbale n° 1 delComitato Promotore

Page 99: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

dai signori Franco Baldassarre, Luigi Conti,

Nicolino Milani, Marcello Leonello

Proietti, Renzo Villa e di diritto, il

Presidente, il Segretario ed il Tesoriere.

Nella stessa occasione, Antonio Annunziata

manifesta la propria disponibilità e quella

della sua azienda, a mettere a disposizione la

sala convegni sita nello stabilimento di

Ceccano, per qualsiasi futura necessità del

Comitato Promotore.

ANNO 1991

11 Gennaio

Seconda assemblea del Comitato

Promotore presso la sala convegni del

C.E.D. della Annunziata Spa di Ceccano.

La Banca d’Italia rilascia l’autorizzazione

alla costituzione della società cooperativa a

responsabilità limitata denominata Banca

Popolare del Frusinate.

Il valore delle azioni che i soci sono a chia-

mati a sottoscrivere è di 15 milioni di lire cia-

scuno. Alla presenza dei notai Piacitelli e

Perna, ai fini della stesura dell’atto costitu-

tivo del nuovo istituto di credito ciociaro e

per la definizione delle modalità di gestione

del deposito dei versamenti necessari per la

costituzione del capitale sociale, si opta per

l’assemblea tramite procura.

17 Gennaio

Terza assemblea del Comitato Promotore

presso la sala convegni del C.E.D. della

Annunziata Spa di Ceccano. Viene definitiva-

mente approvato lo statuto della Banca.

E’ fissata al 5 Aprile 1991 la scadenza del ver-

samento iniziale della quota sociale in lire 5

milioni, entro il 5 luglio quella del secondo ver-

samento, sempre di 5 mln e al 4 ottobre l’ul-

timo versamento dei restanti 5 milioni di lire.

31 Gennaio

Quarta assemblea del Comitato Promotore

presso la sala convegni della FEDERLAZIO

di Frosinone.

Si delibera l’apertura del conto corrente per la

raccolta del versamento delle quote sociali presso

la filiale di Frosinone del Banco di Roma,

Agenzia 6054, Via AldoMoro, con la nomina di

quattro membri delegati alla apertura del conto,

i quali nominalmente ed in forma congiunta

sono chiamati ad assumerne la responsabilità

della gestione.I membri scelti nel Comitato

Promotore sono: Antonio Annunziata, Umberto

Mizzoni, Benito Stirpe, Salvatore Trento.

Viene istituito un comitato scientifico,

composto da Luigi Celani, Umberto Coratti,

Nicolino Milani, Marcello Leonello Proietti e

Renzo Villa, con lo scopo di esaminare lo stu-

dio di fattibilità presentato alla Banca d’Italia,

in ordine alla sede ed al personale da destinare,

nella fase iniziale, alla costituenda Banca.

15 Marzo

Nona assemblea del Comitato Promotore

presso la sede della Unione Provinciale

Agricoltori di Frosinone.

Il presidente Trento, dopo aver sottoscritto il

verbale della precedente assemblea, presenta le

sue dimissioni da Presidente del Comitato

Promotore della Banca Popolare del Frusinate.

In seduta stante i membri del Comitato

decidono per il ritiro delle dimissioni e fissano

la data della futura riunione, procrastinando

l’ordine del giorno.

28 Marzo

Decima assemblea del Comitato Promotore

presso la sede della FEDERLAZIO di Frosinone.

99

L’Origine della Banca. Storia, Fatti e Protagonisti

Page 100: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Il presidente Trento espone la sua volontà di

dimettersi da presidente del Comitato. I com-

ponenti del Comitato insistono con vigore per

la revoca delle dimissioni del presidente e per la

permanenza della sua carica, a testimonianza

dell’ottimo lavoro fino ad allora svolto.

Trento pone come condizione vincolante al

ritiro delle sue dimissioni che il Comitato deli-

beri sul proprio nominativo quale Presidente

del futuro Consiglio di Amministrazione della

Banca e sul nominativo di Proietti quale

Presidente del Collegio Sindacale.

Il Comitato non accetta le condizioni poste

determinando le dimissioni del presidente

Trento. Viene chiamato a fare le funzioni di

presidente pro tempore del Comitato,

Nicolino Milani, elemento trainante degli

imprenditori locali.

Nella stessa seduta, si decide di inviare una

lettera a tutti coloro che hanno sottoscritto

l’impegno a versare la quota sociale, postici-

pando la data del primo versamento al 20

maggio 1991.

5 Aprile

Undicesima assemblea del Comitato

Promotore presso la sede della FEDERLA-

ZIO di Frosinone.

Il Comitato elegge, all’unanimità, il nuovo

presidente nella persona di Bruno Di Cosimo.

Il nome del nuovo presidente viene aggiunto

ai quattro nominativi delegati alla firma sul

conto aperto presso il Banco di Roma.

Il neopresidente, ringraziando per la fidu-

cia accordatagli, precisa che la sua, derivata

dall’impellente necessità, sarà una presidenza

a carattere operativo e tesa esclusivamente alla

buona riuscita dell’iniziativa, con lo scopo

unico di raggiungere nel minor tempo possi-

bile la costituzione della Banca.

Essendo ancora da inviare la lettera ai futuri

soci della Banca, Annunziata mette a disposi-

zione la tipografia della propria azienda per il

lavoro di stampa.

13 Aprile

Dodicesima assemblea del Comitato

Promotore presso la sala convegni del C.E.D.

della Annunziata Spa di Ceccano.

Il Comitato, dopo aver attentamente valu-

tato le numerose assenze del promotore

Trento, decide all’unanimità che il conto cor-

rente bancario intestato al Comitato promo-

tore della Banca del Frusinate, sia intestato

esclusivamente, in modo nominale e con-

giunto, ai soci promotori, Antonio

Annunziata, Bruno Di Cosimo, Umberto

Mizzoni, Benito Stirpe.

19 Aprile

Tredicesima assemblea del Comitato

Promotore presso la sala convegni del C.E.D.

della Annunziata Spa di Ceccano.

Celani, precedentemente incaricato dal

Comitato, espone il proprio studio di fattibi-

lità sulla futura sede della Banca, determi-

nandone le superfici occorrenti, l’organi-

gramma e la struttura.

Il Comitato, con l’obiettivo di trovare

una struttura adeguata alla Banca, delibera,

dopo averne verificato la disponibilità, di

formalizzare una richiesta alla Annunziata

Spa per il locale di Piazza Caduti di Via Fani

a Frosinone.

20 Maggio

Quindicesima assemblea del Comitato

Promotore presso la sede della FEDERLAZIO

di Frosinone. Il Comitato Promotore prende

atto del superamento dell’obiettivo prefissato,

100 Banca Popolare del Frusinate

QUINTA PARTE

Page 101: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

essendo il numero di coloro che hanno versato

la prima quota, superiore alle 1.250 unità.

1 Giugno

Sedicesima assemblea del Comitato

Promotore presso la sede della FEDERLAZIO

di Frosinone. Il Comitato delibera all’unani-

mità di comunicare al Banco di Roma i versa-

menti da respingere, essendo giunti fuori ter-

mine massimo. Viene concordato con il notaio

Piacitelli, il rilascio della procura.

24 Giugno

Ultima assemblea del Comitato Promotore

presso la sede della FEDERLAZIO di Frosinone.

Si prende atto del buon esito della raccolta

delle procure. Il presidente del Comitato è

delegato alla definizione della data per la sti-

pula dell’atto costitutivo, data che non deve

superare il 12 luglio.

Il presidente propone di indicare nell’atto

costituivo la sede della futura Banca, in

Piazza Caduti di Via Fani, salvo poi modifi-

care con assemblea ordinaria nel caso la scelta

ricada su altro immobile.

12 Luglio - Assemblea costituente

In ottemperanza agli accordi presi nel

corso dell’ultima riunione del Comitato

Promotore, alle ore 9.00 del 12 Luglio 1991

si riunisce la prima Assemblea costituente,

presso la sala convegni dell’Henry Hotel, alla

presenza del notaio Piacitelli.

Nell’occasione viene nominato il primo

Consiglio di Amministrazione: ne è Presidente

Bruno Di Cosimo, affiancato nel ruolo di

Vicepresidente da Gerardo Plocco. Gli altri mem-

bri sono: Benito Stirpe, Presidente Onorario,

Antonio Annunziata, Luigi Celani, Luigi Conti,

Bruno Iannarilli, Nicolino Milani, Umberto

Mizzoni, Giancarlo Salvatore e Carlo Uccioli.

Nasce la nuova Società Cooperativa a

Responsabilità Limitata “Banca Popolare del

Frusinate”, alla quale aderiscono 1.347 soci.

Si nota una stretta corrispondenza tra la

maggiore provenienza dei soci da quei

Comuni presso i quali hanno la residenza i

membri del Comitato Promotore.

Successivamente, presso quegli stessi Comuni,

saranno istituite le prime filiali della Banca.

23 Novembre

Luigi Celani si dimette da consigliere per

assumere la Direzione Generale, nel rispetto

di quanto comunicato in sede di presenta-

zione il programma di costituzione alla

Banca d’Italia.

Romano Marchini assume la

Vicedirezione. Viene istituita una

Commissione speciale per la scelta del mar-

chio Banca Popolare del Frusinate.

14 Dicembre

Il Prof. Baldassarre Santamaria viene nomi-

nato membro del Consiglio di Amministrazione

in sostituzione di Luigi Celani.

101

L’Origine della Banca. Storia, Fatti e Protagonisti

Anno 1991.Foglio presenze delComitato Promotore

Page 102: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

ANNO 1992

4 Gennaio

Viene ratificato l’atto di acquisto dell’im-

mobile Minotti, effettuato il 23/12/1991.

8 Febbraio

Viene dato l’incarico all’artista Gismondi

per la realizzazione della statua della

“Ciociara”, offerta alla Città di Frosinone.

30 Aprile

Convocazione della prima Assemblea Sociale.

Nasce l’idea di un giornalino redatto dalla Banca

per l’informazione dei Soci e dei Clienti.

30 Maggio

Alle ore 9.15 viene inaugurata la BancaPopolare del Frusinate presso la sede diPiazza Caduti di via Fani.1 Giugno

Inizia ufficialmente l’attività della Banca

Popolare del Frusinate presso la sede di Piazza

Caduti di Via Fani.

9 Giugno

La Banca Popolare del Frusinate aderisce

all’ABI.

STORIA DEL CONSIGLIODI AMMINISTRAZIONE

Nel corso di questi anni, il Consiglio di

Amministrazione ha visto alternarsi diverse

persone nei ruoli di Consigliere.

Tutti coloro che hanno partecipato all’at-

tività della Banca, profondendo il massimo

impegno nel ruolo al quale erano stati

destinati dai soci attraverso l’elezione,

hanno contribuito in modo indispensabile

allo sviluppo ed alla crescita della Banca.

Il 09/10/1991 viene eletto il primo

Consiglio di Amministrazione, composto da 11

membri, dura in carica per tre anni.

Ne è Presidente Bruno Di Cosimo,

affiancato nel ruolo di Vicepresidente da

Gerardo Plocco.

Gli altri membri sono: Benito Stirpe,

Presidente Onorario, Antonio Annunziata,

Luigi Celani, Luigi Conti, Bruno Iannarilli,

Nicolino Milani, Umberto Mizzoni, Giancarlo

Salvatore e Carlo Uccioli.

Il 23/11/1991 Luigi Celani si dimette

dalla carica di consigliere del CDA.

Nel 21/12/1991 Baldassarre Santamaria

sostituisce Luigi Celani.

Il 17/02/1994 Bruno Iannarilli viene sosti-

tuito da Luigi Celani.

Nel 1995 Umberto Mizzoni è sostituito da

Pietro Fabrizi.

Nel 1996 Luigi Celani è sostituito da

Armida Sergio e Baldassarre Santamaria è

sostituito da Arnaldo Zeppieri.

Nell’Assemblea del 30/04/2000 Antonio

Annunziata viene sostituito da Roberto Bottini.

Il 15/03/2001 Nicola Milani si dimette e

viene cooptato Augusto Pigliacelli, il quale non

102 Banca Popolare del Frusinate

QUINTA PARTE

“La Ciociara” diTommaso Gismondi.

Page 103: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

è confermato dall’Assemblea del 06/05/2001,

che elegge Manuela Mizzoni.

Il 23/05/2001 si dimettono Benito Stirpe,

Arnaldo Zeppieri, Roberto Bottini e Carlo

Uccioli. Il 29/06/2001 il CdA coopta Roberto

Turriziani e Domenico Capogna.

Il 04/07/2001 si dimette Sergio Armida. Nel

novembre 2001 l’Assemblea Straordinaria (con-

vocata su richiesta dei soci) elegge i nuovi consi-

glieri nelle persone di: Domenico Capogna,

Massimo Chiappini, Adriano Pistilli, Domenico

Polselli, Gaetano Visocchi e Giorgio Toti.

In data 02/04/2006 il CdA viene ampliato

a 15 membri con l’ingresso di: Sergio

Armida, Roberto Bottini, Ignazio Carbone e

Leonardo Zeppieri.

Il Consiglio di Amministrazione attual-

mente in carica è composto da:

Bruno Di Cosimo (Presidente), Gerardo

Plocco (Vice Presidente), Sergio Armida,

Roberto Bottini, Domenico Capogna,Ignazio

Carbone, Massimo Chiappini, Luigi Conti,

Pietro Fabrizi, Adriano Pistilli, Domenico

Polselli, Giancarlo Salvatore, Giorgio Toti,

Gaetano Visocchi, Leonardo Zeppieri.

STORIA DEL COLLEGIO SINDACALE

Il primo collegio sindacale è costituito da

Maurizio Ferrante (Presidente), Franco

Baldassarre e Maurizio Irti - supplenti Antonio

Gargano e Angelo Pagliuca.

Nel 1995 Maurizio Irti si dimette e viene

sostituito da Antonio Gargano; Adriano

Pistilli è nominato membro supplente.

Nel 1996 si dimette Angelo Pagliuca e viene

nominato Marcello Mastroianni. Nel 2001

MarcelloMastroianni si dimette e viene sostituito

da Gaetano Di Monaco. Adriano Pistilli è nomi-

nato consigliere d’amministrazione e viene sosti-

tuito nel Collegio Sindacale da Stefano Donati.

Il Collegio Sindacale attualmente in

carica è composto da:

Collegio Sindacale - effettiviMaurizio Ferrante (Presidente)

Franco Baldassare

Antonio Gargano

103

L’Origine della Banca. Storia, Fatti e Protagonisti

Anno 2001.Assemblea Straordinaria

Maurizio Ferrante.Presidente del CollegioSindacale

Page 104: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Collegio Sindacale - supplentiGaetano Di Monaco

Stefano Donati

STORIA DEL COLLEGIO

DEI PROBIVIRI

Il primo collegio è costituito da Aldo

Simoni (Presidente), Fabrizio Pagliei,

Tommaso Fusco, Pietro Fabrizi, Gaetano

Visocchi, membri supplenti Arnaldo Zeppieri

e Vitaliano Gerardi.

Nel 1995 Vitaliani Gerardi si dimette e viene

sostituito da Romeo Sardellitti come membro

effettivo, nello stesso anno Pietro Fabrizi entra

nel Consiglio di Amministrazione e viene sosti-

tuito da Arnaldo Zeppieri.

Nel 1996 Arnaldo Zeppieri entra nel CdA

ed entrano come membri Supplenti

Domenico Polselli e Filippo Turturro.

Gaetano Visocchi e Domenico Polselli,

nell’Assemblea del Novembre 2001, vengono

eletti nel Consiglio di Amministrazione. Al

loro posto vengono nominati Antonio

Iadicicco e Roberto Magliocchetti.

Nel 2003 viene nominato l’attuale Collegio

dei Probiviri e confermato con l’Assemblea del

02/04/2006.

Il Collegio dei Probiviri attualmente in

carica è composto da:

Aldo Simoni ( Presidente)

Probiviri EffettiviTommaso Fusco, Antonio Iadicicco,

Roberto Magliocchetti, Perlini Vittorio.

Probiviri SupplentiMarcello Grossi, CarloUccioli.

DIREZIONE GENERALE

Dal 1993 al 1993

Luigi Celani

Dal 1993 al 1996

Romano Marchini, già Vicedirettore

Dal 1996

Rinaldo Scaccia, già Vicedirettore

DIPENDENTI

Qualsiasi società basa la sua forza e la sua

immagine sulla professionalità dei propri

dipendenti. E’ alla costanza del loro lavoro

che si devono gli ottimi risultati raggiunti

nel corso di questi anni di attività.

Ogni socio ed ogni cliente che esce dagli

uffici e dalle filiali della Banca, porta con sé

104 Banca Popolare del Frusinate

QUINTA PARTE

Anno 1996.Rinaldo Scaccia.Direttore Generale

Page 105: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

le impressioni lasciate dal rapporto umano e

professionale intrattenuto con il dipendente

dal quale è stato accolto e servito con la

massima cortesia e disponibilità.

L’efficienza nel proporre soluzioni imme-

diate e sicure, l’attuale problem solving,

fanno dei dipendenti della Banca un proto-

tipo di professionalità e di competenza.

Tutto ciò è la conseguenza di un luogo di

lavoro sereno e cordiale, dove lavorare non

equivale solo ad un semplice coesistere di

volti senza nome.

105

L’Origine della Banca. Storia, Fatti e Protagonisti

Anno 1996Mastronicola Daniela;Franchi Alfredo;Astolfi Domenico;Conte Dora.

Anno 1997Folcarelli Tommaso;Carinci Barbara;D’Ascani Cristina;Reatini Rocco;Papetti Pietro;Zaffi Borgetti Guido.

Anno 1998Salulini Giampaolo;Archilletti Amedeo.

Anno 1999Detta Gabriele;Carlino Mauro;Paniccia Massimiliano;Polidori Gianluca;Francazi Daniela.

Anno 2000Boni Antonella.

Anno 2001D’Aquino Vittorio.

Anno 2002Marchignoli Paolo;Rosa A. Maria;Tufano Paolo.

Anno 2003Favoriti Clara.

Anno 2004Diana Monia;Scaccia Claudia;

Anno 2005Stellati Antonio;

Anno 2006Lunghi Mario;Sabellico Dino;Fratangeli Daniele;Patrizi Alessandro;Chiappini Antonio.

Anno 1992Orrù Mario;Ferazzoli Maria;Mella Massimo;Petitti Roberto;Sciullo Giuseppe;Celani Guido;Crescenzi Giovanni;Manzi Marisa;Grandi Walter;Santurro Bernardino.

Anno 1993Moro Marco;Grande Luciana.

Anno 1994Straccamore Alberto;Cimaroli Roberta;Santopadre Marco;Giorgi Enrico;Cafolla Massimo;Stefano Stirpe.

Page 106: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

FILIALE

Il mondo bancario è caratterizzato da pro-

cessi che un po’ si discostano dalle previsioni

di qualche tempo fa.

Sta crescendo l’importanza delle filiali,

(definite come le artefici del successo di una

banca) e stanno aumentando le fusioni, fatto

questo che porta anche a un aumento della

competizione.

Date queste premesse, un aspetto vincente

per il settore è oggi rappresentato dalla foca-

lizzazione su produzione (o acquisizione) di

servizi e sulla loro distribuzione (e quindi

segmentazione dei clienti), che deve però

contare anche su innovazione e integrazione

dei canali distributivi.

E’ proprio nella distribuzione che le filiali

giocano un ruolo determinante, formando

una rete di servizi e prodotti sempre ricon-

ducibili ad un’unica identità.

Inoltre, in ogni filiale deve essere presente

un sistema client-server, per permettere di

realizzare servizi personalizzati offerti attra-

verso diversi canali integrati tra loro.

1992

Filiale di Frosinone. (foto a)

1994

Apertura della filiale di Alatri. (foto b)

1996

Apertura della filiale di Ripi. (foto c)

1999

Apertura della filiale di DeMatthaeis a Frosinone,

sede legale che oltre ai tradizionali sportelli, ospita

la sede della Presidenza, della Direzione Generale

e di tutti gli Organi Statutari. (foto d)

2002

Apertura della filiale di Casamari. (foto e)

2003

Apertura della filiale del Tribunale della Città

di Frosinone. (foto f )

2005

Apertura della filiale di Ferentino. (foto g)

2007

Prevista nuova apertura filiale di Isola del Liri.

106 Banca Popolare del Frusinate

QUINTA PARTE

(Foto a) Anno 1992Inaugurazioneapertura filiale piazzaCaduti di Via Fani

Ringrazio sentitamente, per lacollaborazione e la disponibilitàdimostrata, tutti coloro che hannocontribuito al reperimento delle notiziestoriche e del materiale documentaleimpiegato per la stesura diquesta parte dell'opera.

Luigi Conti

Page 107: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

107

L’Origine della Banca. Storia, Fatti e Protagonisti

(Foto b) Anno 1994Inaugurazioneapertura filiale diAlatri

(Foto c) Anno 1996Inaugurazioneapertura filiale di Ripi

(Foto d) Anno 1999Inaugurazioneapertura filiale piazzaDe Matthaeis

(Foto e) Anno 2002Inaugurazioneapertura filiale diCasamari

(Foto f) Anno 2003Inaugurazioneapertura filiale delTribunale di Frosinone

(Foto g) Anno 2005Inaugurazioneapertura filiale diFerentino

Page 108: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate
Page 109: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Dinamiche di unaGestione

Page 110: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Banca Popolare del Frusinate

SESTA PARTE

Banca Popolare del Frusinate

Page 111: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Dinamiche di una gestione

La Banca Popolare del Frusinate, nel corso

degli anni, ha perfezionato l’analisi delle proprie

dinamiche gestionali attraverso un accurato

sistema di valutazione della performance. Il

forte radicamento nel territorio, è derivato dal-

l’attivazione di strumenti per lo sviluppo del-

l’imprenditoria locale e per il progresso socio-

ambientale del contesto in cui la banca opera.

La BPF oggi affronta la sua attività con

responsabilità, massimo impegno, grande

serietà e trasparenza e con quell’integrità che

implica correttezza ed onestà oltre gli obblighi

previsti dalla legge.

Essere Soci

Rapporto privilegiato quello che i soci

intrattengono con la BPF. I primi benefici

sono ovviamente finanziari, potendo disporre

i soci di condizioni agevolate e godendo di

una gestione del risparmio a tassi di interesse

più alti. Inoltre, la notevole crescita del valore

nominale della quota sociale versata a suo

tempo, con un andamento crescente delle

azioni ad ogni chiusura di esercizio, insieme

all’allargamento promosso della base sociale,

sono ulteriori motivi di soddisfazione affian-

cando alla figura di socio la consapevolezza di

aver fatto un vero e proprio investimento.

Nondimeno, l’atteggiamento del socio negli

ultimi anni si è fatto legittimamente più

attento, contraddistinguendo un rapporto con

la Banca sostanzialmente più attivo.

L’inclinazione da parte del socio a segnalare i

propri motivi di insoddisfazione o i propri con-

sigli, ha trovato risposta nell’istituzione di un

numero verde pronto ad accogliere tutti i

reclami ed a valorizzare le indicazioni prove-

nienti dai soci. La Banca attraverso la gestione

combinata dei reclami, ha potuto effettuare

politiche di orientamento ai soci rivolte al con-

solidamento della loyalty. Allo scopo di raffor-

zare il collegamento con i soci ha realizzato e

realizza, con il supporto della rete distributiva

aziendale, incontri periodici e ricorrenti aventi

ad oggetto temi sensibili. Infine è garantita la

tutela della riservatezza nel trattamento delle

informazioni anche mediante l’affidabilità dei

sistemi tecnologici adottati per la loro gestione.

Il rapporto con la clientela

Nel perseguire la politica di orientamento al

cliente, ossia nel costante monitoraggio delle sue

esigenze, la BPF effettua ricerche sistematiche di

customer satisfaction suddividendo il target per

aree territoriali e per segmenti. L’utilizzo del

111

Dinamiche di una Gestione

Anno 2003.Crociera sul Nilo deiSoci della BancaPopolare del Frusinate

Page 112: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

CRM – Customer Relationship Management,

prevede un approccio di gestione non solo collet-

tiva, ma personalizzata delle relazioni con la

clientela, riuscendo ad elaborare una visione uni-

taria del fenomeno.

Nel prossimo futuro, soprattutto nel rap-

porto con le aziende private e con le famiglie,

è intenzione della Banca implementare con

maggiore energia la figura del responsabile di

portafoglio clienti attraverso un proficuo per-

corso di formazione.

Sintomatico di tale comportamento è la

natura assegnata alle filiali aperte nel corso

degli anni, con obiettivi centrati sullo sviluppo

dei prodotti e l’acquisizione di nuovi clienti,

rivolti ai tassi di sviluppo della clientela, al suo

mantenimento e soddisfazione.Il singolo

cliente ha così potuto notare una capillare cre-

scita di attenzione nei suoi confronti, unita

all’incremento della remunerazione in denaro.

Comunicazione e tecnologia

La comunicazione di prodotti finanziari

innovativi e dei servizi offerti anche attra-

verso il supporto di soggetti esterni, è di per

sé un servizio che la Banca Popolare del

Frusinate offre ai suoi soci e clienti. Avendo

capito che la comunicazione può essere non

solo un elemento che costruisce posiziona-

mento distintivo, ma anche un meccanismo

che può generare ricadute virtuose in termini

commerciali, con il passare del tempo la

Banca ha costruito un’immagine distintiva in

un contesto molto standardizzato e omolo-

gato; pianificando alcune campagne locali in

appoggio alla struttura commerciale e utiliz-

zando media molto duttili - che si conciliano

con l’esigenza di non sovradimensionare la

comunicazione rispetto al bacino effettivo sul

quale vuole incidere - come i principali quo-

tidiani areali, le affissioni anche nei grandi

formati, allargando progressivamente il rag-

gio d’intervento man mano che lo sviluppo

della rete commerciale progrediva.

Sono state quindi realizzate le campagne

locali, più o meno ampie, su determinati

prodotti (mutui e conti correnti) che offrono

remunerazioni interessanti o tassi di interesse

particolarmente competitivi. La Banca ha

iniziato di conseguenza a canalizzare ed a

creare contatti all’esterno, monitorando con-

tinuamente le performance dell’attività pro-

mozionale. Quest’ultimo aspetto è partico-

larmente importante perché è sempre diffi-

cile verificare quanto incide la comunica-

zione, dal punto di vista della ricaduta com-

merciale, essendo essa parte di un mix, com-

prensivo delle leve del prezzo, del prodotto,

della rete distributiva.

112 Banca Popolare del Frusinate

SESTA PARTE

Copertina del periodicobimestrale de “Il Cent”

Page 113: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Attraverso il sito web, costantemente aggior-

nato, e la diffusione di volantini e brochures

presso le filiali della Banca, tutti gli interessati

possono entrare a conoscenza dell’attività

svolta. Recentemente, con il supporto di due

Società esterne, è stata ideata un’area per l’assi-

stenza e la consulenza alla PMI in materia di

operazioni di finanza straordinaria quali

fusioni, acquisizioni, cessioni.

Punta di diamante del sistema divulgativo

delle notizie riguardanti la BPF è la rivista “Il

Cent”, nata nel 1998 e distribuita a tutti i soci

e clienti. Il Cent soddisfa pienamente le esi-

genze comunicative della Banca e la domanda

informativa proveniente dalla clientela, per-

mettendo agli utenti di essere continuamente

aggiornati ed offrendo la possibilità agli inte-

ressati di intervenire direttamente. La rivista

trimestrale, della cui redazione si occupa un

apposito Comitato, è lo specchio dell’attività

della Banca, riporta le notizie relative alle

scelte direzionali ed organizzative, gli inter-

venti realizzati nel sociale, la partecipazione

alle iniziative culturali.

Nel campo della tecnologia e dell’informa-

tizzazione dei processi interni, la BPF ha intra-

preso una decisa azione di rinnovamento e di

adeguamento alle linee guida più recenti. Le

carte elettroniche ed i terminali POS sono

solo due facce della realtà che ad un livello più

alto contiene il “Trading on line”, il “Remote

Banking” ed il “Corporate Banking”. Una

delle più recenti innovazioni introdotte nel

settore è “MITO”, ossia la possibilità di colle-

garsi con la Banca attraverso una qualsiasi

postazione dotata di connessione Internet ed

effettuare tutte le operazioni finanziarie per le

quali si ha accesso.

Risorse umane: sviluppo e formazione

Grande è l’attenzione alle risorse umane, per

sviluppare le potenzialità di ogni dipendente,

fonte preziosa di vantaggio competitivo.

L’organico della Banca in questi anni di

attività si è notevolmente ampliato raggiun-

gendo un totale di oltre 40 persone. Nella

fase di selezione del personale la Banca si

avvale della consulenza di Società specializ-

zate nel settore. Le nuove risorse ingaggiate,

insieme a quelle già operative, partecipano

all’intensa attività formativa programmata

ogni anno. Nel settore finanziario, ma non

solo, la formazione risulta essere fondamentale

nel sostenere e favorire i cambiamenti organizza-

tivi e le esigenze strategiche aziendali.

L’accentuata complessità e l’accelerazione dei

mercati, fanno sì che il cliente esiga sempre più

una migliore qualità del servizio erogato, fatta di

competenza e professionalità. E’ stata necessaria,

quindi, e lo sarà ancora un’azione formativa spe-

113

Dinamiche di una Gestione

Home page del sitointernet della BancaPopolare del Frusinate

Page 114: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

cializzata nella quale si abbinino interventi di

formazione tecnica ad altri di natura comporta-

mentale, con particolare attenzione al rafforza-

mento delle conoscenze normative.

Del resto, la BPF può contare sulla dimo-

strata disponibilità del proprio personale ad

assecondare, sviluppandole e consentendone

l’attuazione, le scelte organizzative disposte

dalla Direzione nell’interesse della Banca.

Gestione Patrimoniale

In questi ultimi anni di mercati finanziari

estremamente incerti e dai ritorni altamente

imprevedibili, è cresciuta la ricerca di nuovi

strumenti in grado di riconoscere meglio le

dinamiche di mercato. Tutti sappiamo che un

aspetto naturale dei mercati è quello di essere

soggetti a cicli. All’interno di questi cicli, è per

l’investitore sempre più difficile riconoscere

esattamente quando si è davanti ad un’inver-

sione di tendenza e quando invece ad una sem-

plice correzione di breve termine. Molto spesso

i momenti migliori per entrare o uscire da un

particolare mercato possono essere identificati

solo retroattivamente. Il timing giusto è reso

ancora più difficile dal fatto che i mercati rara-

mente si muovono in maniera razionale.

Pertanto ci sono sempre dei rischi dietro l’an-

golo che l’investitore non può prevedere, soprat-

tutto se alla base della crescita di un patrimonio

non vi è stata un’attenta valutazione dei desideri

e delle esigenze dell’investitore.

La gestione patrimoniale in titoli e/o fondi è

quindi un’operazione che richiede attenzione e

professionalità, un settore nel quale solo una

grande esperienza dei mercati, un’ottima cono-

scenza dei prodotti ed una costante analisi setto-

riale garantiscono una gestione davvero profes-

sionale. Gli specialisti della gestione patrimo-

niale della BPF mettono a disposizione il loro

“know how” acquisito in tanti anni di espe-

rienza sui mercati e sono sempre aggiornati sulle

peculiarità e le innovazioni degli stessi. Con

ogni cliente si stabilisce la strategia d’investi-

mento più consona alla sua tolleranza al rischio

ed ai suoi obiettivi finanziari. L’investimento è

costantemente monitorato; la scelta dei valori

inseriti nel portafoglio è effettuata nel rispetto

del mandato conferitoci, nell’ambito delle

moderne strategie d’investimento.

Inoltre, in ogni momento il cliente dispone

d’informazioni aggiornate sullo stato dei suoi

averi, la composizione del suo portafoglio, l’e-

voluzione e la performance degli investimenti.

Il sistema dei controlli

Il sistema dei controlli interni rappresenta

l’insieme delle regole, delle procedure e delle

strutture organizzative che consente la corretta

gestione di tutte le attività della Banca, nel

rispetto delle leggi, delle disposizioni dettate

dall’Organo di Vigilanza. Il suo continuo ade-

guamento alle diverse attività della Banca, è fon-

damentale per perseguire l’obiettivo di “sana e

prudente gestione” che deve accompagnare le

attività commerciali e la conseguente redditività.

Lo sforzo di riqualificazione del comparto

creditizio è iniziato con il conferimento in out-

sourcing alla società ME.TA. dell’attività di

internal auditing. Successivamente l’istituzione

di “Risk Controller” operante con la collabora-

zione dell’addetto dell’Ufficio Ispettorato e del

Direttore Generale, garantisce l’integrazione

dei controlli ispettivi tradizionali, verificando

presso le filiali l’affidabilità dei processi nonché

114 Banca Popolare del Frusinate

SESTA PARTE

Page 115: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

la coerenza tra assetti organizzativi ed adegua-

tezza delle risorse disponibili. È funzionante il

sistema applicativo GIANOS (Generatore

Indici Anomalie delle Operazioni Sospette),

che nell’attività antiriciclaggio tende ad indivi-

duare le operazioni sospette da segnalare

all’U.I.C. (Ufficio Italiano Cambi).

Sintesi delle attività di prossimità al territo-

rio e di sviluppo dell’imprenditorialità

locale svolte dalla BPF:

• attività di project financing per lo svi-

luppo dell’imprenditorialità;

• accordi con associazioni di categoria del-

l’artigianato per migliorare l’accesso degli

associati al credito;

• collaborazione con onlus e non profit ope-

ranti in campo sociale, assistenziale, religioso,

culturale e sportivo;

• rapporti di collaborazione con il settore

dell’istruzione (borse di studio; realizzazione

nelle università di aule multimediali, organiz-

zazione di incontri con gli studenti);

• interventi di ristrutturazione su immobili

di interesse artistico.

CULTURA

Arte, Istruzione, Turismo, Sport

La cultura di un territorio è un concetto dal

significato molto vasto, una sorta di contenitore

che va continuamente riempito e dal quale

poter attingere in qualsiasi momento. Diversi

sono i soggetti deputati a tale compito e diverse

sono le forme di collaborazione e di interazione

che di volta in volta vengono definite. L’interesse

comune è il miglioramento della qualità della

vita di tutti gli individui alla base del quale vi è

l’indiscutibile disposizione di un ruolo determi-

nante attribuito alla crescita culturale.

Parlare di cultura significa comprendere che le

risorse umane costituiscono la risorsa principale

della nostra società. Esse sono al centro della

creazione e della trasmissione delle conoscenze e

sono un elemento determinante delle potenzia-

lità d’innovazione. Gli investimenti nell’istru-

zione e nella formazione sono un fattore chiave

della competitività, della crescita e dell’occupa-

zione e, di conseguenza, sono il requisito preli-

minare per conseguire predeterminati obiettivi

economici, sociali e ambientali. Analogamente, è

fondamentale rafforzare le sinergie e la comple-

mentarietà fra istruzione e altri settori d’inter-

vento, quali l’occupazione, la ricerca e l’innova-

zione, la politica macroeconomica.

A livello locale, le risorse degli enti pubblici

destinate al settore culturale non sempre sono

sufficienti a garantire la divulgazione e la pro-

mozione delle iniziative intraprese dagli artisti o

dalle numerose organizzazioni culturali attive

nel territorio. E’ in questo contesto che deve

necessariamente intervenire il privato, sponso-

rizzando le idee migliori e più stimolanti, ovvero

quelle meritevoli di analisi ed interesse, solleci-

tando l’attenzione dell’opinione pubblica.

Si metteva prima in risalto la vastità del con-

cetto di cultura; esso contempla la scuola, la

formazione professionale, la ricerca, l’arte, la

musica, le tradizioni popolari, lo sport. Tutte

espressioni della capacità intrinseca dell’indivi-

duo e di una specifica collettività a partecipare

fattivamente al progresso umano e civile e di

farlo apportando il proprio contributo innova-

tivo, le proprie esperienze, le proprie idee.

115

Dinamiche di una Gestione

Page 116: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

La Banca Popolare del Frusinate è particolar-

mente attiva in tutto il campo delle attività filan-

tropiche e culturali con un’elevata diffusione di

interventi su tutto il territorio. Le modalità attra-

verso le quali la BPF svolge il rapporto tra banca

e cultura si articolano su due filoni principali:

mecenatismo e sponsorizzazione.

Quanto al mecenatismo, si tratta di un’atti-

vità di liberalità a beneficio di soggetti terzi

operanti nel settore culturale. Nel caso del-

l’arte, per esempio, spesso si tratta d’opere

moderne e d’idee degne della massima consi-

derazione. Certo, non tutte le banche possono

vantare il possesso di prestigiose collezioni

d’arte, ma affiancare determinate iniziative,

organizzare mostre e convegni, investire sulle

giovani promesse o rafforzare il valore di pre-

senze artistiche locali già conosciute ed affer-

mate, significa mettere a disposizione dei cit-

tadini i frutti dell’impegno nel campo della

cultura. Un ulteriore grado di partecipazione

attiva da parte della BPF si evidenzia nel

finanziamento di interventi di restauro e con-

solidamento per la salvaguardia del vasto

patrimonio artistico ciociaro.

D’altro canto, un simile atteggiamento

costituisce, indirettamente, anche un modo

innovativo ed informale per avvicinare il

grande pubblico alle banche, per renderne

noti, l’attività e gli obiettivi, offrendo consi-

derevoli ritorni in termini di notorietà e di

immagine.

Sponsorizzazioni di studi e ricerche,

offerta agli studenti universitari di stage

lavorativi, contributi all’ammodernamento

delle strutture, istituzioni di borse di studio.

Per quanto concerne la sponsorizzazione

culturale, si tratta di un’attività in crescita

per la BPF. Negli ultimi tempi, progressiva

importanza ha assunto l’attività di sponso-

rizzazione di mostre e di organizzazione di

spettacoli dal vivo (come concerti, opere liri-

che e teatrali). Strettamente connessa a que-

st’ultima, è l’attività editoriale, con la produ-

zione di volumi che rappresentano la sintesi

di rilevanti attività di ricerca nel campo del

restauro, dell’architettura, della musica e

dell’archeologia.

Presente in diverse manifestazioni spor-

tive, la BPF è particolarmente legata al

mondo dello sport in quanto ne condivide i

principi di competizione, divertimento,

entusiasmo e di solidarietà.

Molto è stato fatto anche per la

Formazione Professionale, attraverso la col-

116 Banca Popolare del Frusinate

SESTA PARTE

Anno 2000.Consegna Borsedi studio

Banca Popolare delFrusinate, sponsorufficiale del FrosinoneCalcio

Page 117: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

laborazione con le Università e con l’istitu-

zione di Master e Corsi di Specializzazione

nelle discipline economiche.

L’organizzazione e la promozione di que-

sti corsi è la giusta risposta all’obbligo di

frequenza ad attività formative per aumen-

tare la crescita culturale e professionale dei

giovani e favorirne l’ingresso nel mondo del

lavoro a condizioni migliori: è una scelta

che ci pone alla pari con l’Europa ed è

rispettosa delle attitudini di ogni giovane.

Il forte legame con il territorio e la parti-

colare attenzione che la Banca Popolare del

Frusinate dedica ai suoi abitanti, con parti-

colare riferimento ai giovani, sono il filo

conduttore del nuovo modo di far banca

dell’Istituto, volto alla creazione di un rap-

porto personale di fiducia, semplicità, tra-

sparenza, concretezza e sincerità con tutti i

suoi clienti e soci. Il Conto dello sportivo,

riservato agli iscritti alle Società sportive

affiliate al Comitato Provinciale di

Frosinone. Il conto offre un insieme di ser-

vizi, agevolazioni ed opportunità molto inte-

ressanti, prevedendo condizioni particolari

per il finanziamento delle strutture sportive

della provincia.

ECONOMIA

Il tema dell’economia locale gravita essen-

zialmente sull’approccio della BPF con le pic-

cole e medie imprese. Negli ultimi anni si è

consolidato un rapporto banca-impresa di

consistente importanza, in virtù di singoli

processi interni relativi ai settori creditizi e

industriali. A livello nazionale si assiste all’evo-

luzione del primo grosso impulso verso una

maggiore attenzione nei confronti dell’acqui-

sizione di quote azionarie di imprese da parte

delle banche, impulso determinato anche dal

contesto normativo. Infatti, a partire dalla

seconda metà degli anni ‘80, dopo oltre cin-

quant’anni di rigida separazione tra banca e

impresa, il legislatore italiano ha gradualmente

riammesso la possibilità per gli istituti di cre-

dito di entrare a far parte del capitale aziona-

rio di imprese non finanziarie. In questo spe-

cifico canale la BPF ancora non ha sviluppato

una proficua politica d’inserimento essendo

l’esigenza del contesto locale proiettata verso

altri obiettivi economici.

Le aziende ciociare sono oggi impegnate in

una forte competizione. La crisi economica

innescatasi dai primi anni Novanta, la neces-

sità di adeguamento ai parametri richiesti dal

trattato di Mastricht, la rilevante diminuzione

dei tassi di inflazione, l’impossibilità di sot-

trarsi a un contesto competitivo allargato a

tutti i paesi membri dell’Unione Europea, ha,

infatti, recentemente generato all’interno del

nostro sistema creditizio un processo di ridi-

117

Dinamiche di una Gestione

Consegna Assegno diMerito per il consegui-mento della Laurea

Page 118: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

mensionamento del margine di intermedia-

zione, riducendo considerevolmente la profit-

tabilità del settore.

La prima conseguenza per la Banca

Popolare del Frusinate, è stata l’immediata

necessità di orientare la propria attività verso

servizi a più alto valore aggiunto e con mag-

giori margini di profitto. Seppur con i limiti

della necessità di tutelare un servizio che,

pur avendo carattere di impresa, continua a

coinvolgere in larga parte l’interesse della

collettività risparmiatrice, la Banca Popolare

del Frusinate ha assimilato negli anni nella

sua cultura il concetto di assunzione del

rischio nella sua accezione più ampia, e

soprattutto differente rispetto al mero

rischio di credito.

In questo contesto si legge l’assunzione di

partecipazioni in imprese dinamiche e con

ampie potenzialità di crescita, rientrando a

pieno titolo nella gamma di prodotti-servizi

offribili al cliente-impresa, potendo costi-

tuire una sistematica, seppur non esclusiva,

modalità di impiego.

L’obiettivo preminente è rivolto all’assun-

zione di un importante ruolo per uno specu-

lare movimento dell’impresa verso la banca,

intesa come partner finanziario.

La necessità trasmessa dal territorio di

instaurare con l’istituto bancario un rap-

porto che vada oltre il tradizionale rapporto

di credito, trova le sue motivazioni nella

fisiologica evoluzione anagrafica del nostro

contesto imprenditoriale, mista all’intensifi-

cazione delle pressioni competitive nazionali

ed internazionali.

La forte concentrazione di fenomeni di crea-

zione d’impresa avutasi nei decenni ’60 - ‘70,

pone molte piccole e medie imprese ciociare

di fronte a problematiche di consolidamento

della struttura finanziaria e di sviluppo con

difficoltà di individuazione di un partner

finanziario in grado di sostenere il processo

di successione.

Contemporaneamente, la crescente globa-

lizzazione dell’economia sta richiedendo un

impegno in termini di investimenti qualita-

tivamente e quantitativamente superiore

rispetto al passato e quindi una finanza

aziendale ben diversificata e più equilibrata

tra mezzi propri e indebitamento.

L’insieme di queste esigenze muovono

verso una graduale diminuzione del peso

percentuale del debito bancario nel passivo

delle imprese, a favore di una maggiore

quota di capitale di rischio, senza tuttavia

dover significare un ridimensionamento del

ruolo delle banche nel complesso della

struttura finanziaria delle stesse imprese.

Al contrario, le PMI stanno oggi ricono-

scendo l’esigenza di poter ridimensionare il

numero degli interlocutori, di poter in defi-

nitiva disporre di un interlocutore unico in

grado di soddisfare completamente le neces-

sità finanziarie o comunque di svolgere una

valida attività di indirizzo in tal senso.

Un discorso analogo, qui considerato dal

punto di vista prettamente economico, è

destinato ai giovani ciociari, dei quali la

Banca sostiene le scelte e le idee, contribuen-

done all’inserimento nel mondo del lavoro.

Consapevole della loro forte propensione

verso l’iniziativa privata e dell’attrazione dal-

l’idea di “mettersi in proprio”, la BPF ha

ideato alcuni strumenti finanziari con l’o-

biettivo principale di facilitarne l’accesso al

118 Banca Popolare del Frusinate

SESTA PARTE

Page 119: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

credito, attualmente il maggiore ostacolo

incontrato nel comune percorso formativo e

professionale.

Come se non bastasse, quando si arriva ad

ottenere un finanziamento, il costo dell’in-

tera operazione è sempre troppo elevato

rispetto ai benefici ottenuti. Anche su que-

st’aspetto la BPF ha lavorato molto, preve-

dendo dei tassi agevolati per la specifica ini-

ziativa.

Dal punto di vista relazionale e comunica-

tivo, la banca è alla continua ricerca di mezzi

e strumenti per accrescere l’interesse dei gio-

vani verso le tematiche di natura finanziaria

e bancaria, sensibilizzandone l’atteggia-

mento nei confronti del consumo e della

gestione dei bilanci familiari e progettando

originali sistemi di packaging.

Tra le iniziative intraprese, l’estensione

dell’offerta con prodotti/servizi connessi alla

gestione del risparmio per rispondere ai

bisogni di segmenti specifici (studenti e gio-

vani lavoratori), la recente incentivazione

delle carte di debito e di credito e della tele-

matica, canale innovativo prediletto dai gio-

vani ed utilizzato frequentemente per la

gestione del conto corrente.

Quello dei giovani è quindi un mondo

che sta particolarmente a cuore alla dirigenza

della banca. La politica messa in atto, infatti,

è finalizzata non solo all’offerta di una solu-

zione e di un sostegno a problematiche

immediate, ma tende ad instaurare con que-

sta particolare clientela un rapporto basato

sulla fiducia reciproca che consenta di

accompagnare il giovane, attraverso l’espe-

rienza, l’affidabilità e la completezza dell’of-

ferta, in tutte le fasi della sua vita.

Le crisi economiche: misure e provvedimenti

Nel corso della sua attività, la Banca ha assi-

stito a numerose crisi economiche derivanti e

da congiunture internazionali e dagli annosi

problemi di gestione del sistema economico

nazionale.

L’atteggiamento prevalente atto a fronteg-

giare le diverse situazioni che hanno gravato in

modo pesante sull’economia del territorio fru-

sinate è sempre stato finalizzato alla ricerca di

idonee soluzioni per le parti coinvolte e dovun-

que fosse stata possibile, l’intermediazione e la

ristrutturazione finanziaria.

In questo senso si ricorda uno degli

ultimi provvedimenti presi dalla Banca nella

nota vicenda della Parmalat che, coinvol-

gendo a macchia d’olio numerose imprese

italiane, non aveva certo risparmiato le PMI

del frusinate.

119

Dinamiche di una Gestione

Page 120: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Infatti, le aziende del settore lattiero della

provincia di Frosinone, subirono come

effetto immediato il congelamento dei crediti

pregressi, che innescò un naturale indeboli-

mento delle risorse finanziarie, necessarie al

prosieguo dell’attività produttiva.

La Banca, in sintonia con le intenzioni

dell’Unione Provinciale degli Agricoltori di

Frosinone, fu invitata dalla stessa ad interve-

nire finanziariamente ed in maniera mirata,

nei confronti degli operatori commerciali

direttamente coinvolti nella crisi.

Solidarietà e responsabilità sociale

Nel Libro Verde della Commissione UE

“Promuovere un quadro europeo per la

CSR” la Corporate Social Responsibility è

definita come “l’integrazione volontaria

delle preoccupazioni sociali ed ecologiche

delle imprese nelle loro operazioni com-

merciali e nei loro rapporti con le parti

interessate”.

Essere socialmente responsabili significa

non solo soddisfare pienamente gli obblighi

giuridici, ma anche andare oltre, investendo

“di più” nel capitale umano, nell’ambiente e

nei rapporti con le altre parti interessate.

Il bilancio sociale è ormai uno strumento

affermato attraverso cui un’impresa dà conto

ai suoi molteplici stakeholder dei valori e

delle attività in cui si esplicita la propria stra-

tegia di responsabilità sociale (RSI) e comu-

nica il proprio posizionamento su temi rile-

vanti anche per il mercato.

Esso si pone dunque come uno strumento

di rappresentazione e comunicazione della

Corporate Social Responsibility.

La responsabilità sociale è quindi conside-

rata come strumento etico e di sviluppo

sostenibile e viene esaminata nelle sue impli-

cazioni sulla gestione delle risorse umane,

sui rapporti con i sindacati, sull’equilibrio

con la tradizionale gestione di tipo econo-

mico-finanziaria.

La Banca Popolare del Frusinate è pre-

sente non solo nella vita economica, finan-

ziaria e produttiva del territorio in cui opera,

ma anche nell’ambito sociale, sostenendo i

valori della solidarietà con iniziative a scopo

di beneficenza, di assistenza e di pubblico

interesse. Lo Statuto della Banca, all’art. 147

stabilisce che una quota del 5% vada devo-

luta a questi scopi.

In dieci anni sono state effettuate nume-

rose e diversificate iniziative di rilievo aventi

per oggetto o il finanziamento verso strut-

ture sanitarie e sociali o la realizzazione di

120 Banca Popolare del Frusinate

SESTA PARTE

Page 121: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

interventi specifici rivolti alla tutela del-

l’ambiente e delle condizioni esterne nelle

quali si opera.

Fanno parte di questa categoria (social

banking) anche gli interventi a favore di

soggetti che normalmente non avrebbero

accesso ai servizi bancari perché non in

grado di offrire garanzie reali/personali pro-

prie/di terzi o perché appartenenti a catego-

rie svantaggiate.

Una recente ricerca effettuata da

Uniocamere attraverso il censimento ISVI

dei bilanci sociali delle banche italiane e le

interviste a 8 tra le banche più sensibili ai

temi della RSI, evidenzia che le banche

esplicitano la propria sensibilità per i temi

socio-ambientali principalmente nei

seguenti modi: direttamente nello statuto (4

su 8 banche intervistate); nella mission

aziendale e nel codice di comportamento (6

su 8 banche intervistate).

Gli interventi realizzati dalla BPF, assegnati

alla unità organizzativa che generalmente pre-

sidia anche l’area ambiente/salute/sicurezza

avendo goduto sempre di una particolare pro-

grammazione, sono giunti in risposta alle

emergenze ed ai fabbisogni di volta in volta

individuati nel territorio.

121

Dinamiche di una Gestione

Veroli, donazione pul-mino alla “Casa diAccoglienza GiovanniXXIII”

Page 122: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

122 Banca Popolare del Frusinate

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1986, II, 2844; in Banca borsa, 1987, II, 135; Cons. Stato 10 aprile 2002, n. 1964, consultato in data 18.4.2004 alla

pagina web http://www.cittadinolex.kataweb.it/Article/0,1519,18536%7C133,00.htm

Page 124: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

124 Banca Popolare del Frusinate

Note Bibliografiche della Seconda Parte

C. Bermond, Una rassegna del pensiero degli storici dell’economia su banche e credito negli statipreunitari e nell’Italia liberale, in Rivista di Storia Finanziaria, 9/2002, pp. 7-51.

P. Cafaro, La solidarietà efficiente. Storia e prospettive del credito cooperativo in Italia (1883-2000), Bari 2001.

Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura di Frosinone, Dall’attraversamentoall’accumulazione. Evoluzione storica e prospettive di sivluppo della provincia di Frosinone, Frosinone 2002.

G. Conti e S. La Francesca (a cura di), Banche e reti di banche nell’Italia postunitaria, t.I: Persistenze ecambiamenti nel sistema finanziario e creditizio, Bologna 2000.

E. De Simone, Moneta e banche attraverso i secoli, Milano 2002.

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G. Felloni, Moneta, credito e banche in Europa: un millennio di storia, Genova 1997.

Luigi Luzzatti e il suo tempo, Atti del convegno internazionale di studio (Venezia, 7-9 novembre1991), raccolti da P.L. Ballini e da P. Pecorari, Venezia 1994.

F. Piola Caselli, Monti di Pietà e Monti frumentari nel Lazio, in D. Montanari (a cura di), Monti diPietà e presenza ebraica in Italia (secoli XV-XVIII), Roma 1999, pp. 215-244.

V. Sannucci,Molteplicità delle Banche di emissione: ragioni economiche ed effetti sull’efficacia del controllomonetario (1860-1890), in AAVV., Ricerche per la storia della Banca d’Italia, Bari-Roma, 1990.

O. Tavone, Decentramento industriale nel Mezzogiorno d’Italia: il caso della provincia di Frosinone,Roma 1980.

125

Costituzione e Sviluppo della Banca Popolare del Frusinate

Page 126: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

126 Banca Popolare del Frusinate

1 F. Coarelli, Lazio (Roma, Bari 1982) 161 ss., H. Solin, Sul concetto di Lazio nell’antichità, in AA.VV. (dir. H. S.), Studi

storico-epigrafici sul Lazio antico (Roma 1996) 1 ss., in part. 11 ss.2 Sul Lazio agli albori dell’ultimo millennio a.C. si v. le pagine di L. Capogrossi Colognesi, Storia delle istituzioni romane

arcaiche (Roma 1978) 1 ss.3 F. Càssola, L. Labruna, Linee di una storia delle istituzioni repubblicane (Napoli 1991) 213 ss., e, soprattutto, A.J.

Toynbee, L’eredità di Annibale. I Roma e l’Italia prima di Annibale (Torino 1981) 106 ss. , II. Roma e il Mediterraneo

dopo Annibale (Torino 1983) 126 ss.4 F. de Martino, Storia economica di Roma antica I (Firenze 1979) 37 ss., nonché i saggi di L. Labruna, Il diritto mer-

cantile dei Romani e Romanizzazione, foedera, egemonia raccolti, rispettivamente, in Id., matrici romanistiche del diritto

attuale (Napoli 1999) 21 ss. e Adminicula (Napoli 1995) 19 ss.5 G. Merola, Intorno a Cassino romana, in corso di pubbl. in Index 32 (2004), F. Salerno, Un praefectus a Cassino, in

corso di pubbl. in Mél. M. Clavel-Lévêque (Besançon 2004).6 Per tutti, rinvio a O. Salomies, Senatori oriundi del Lazio, in AA.VV. (dir. H. S.), Studi storico-epigrafici cit. 23 ss., cui

si aggiunga A. Licordari, Ascesa al senato e rapporti con i territori d’origine. Italia: regio I (Latium), in Eos 2 (1982

[1984]) 9 ss.7 CIL. X 5193 e 5194.8 CIL. X 5197.9 CIL. X 5198.10 G. Camodeca, L’archivio dei Sulpicii (Napoli 1992) 245 ss.11 CIL. X 5182.12 G. Lena, Scoperte archeologiche nel Cassinate (Cassino 1980).13 O. Salomies, Senatori oriundi del Lazio cit. 22 ss.14 O. Salomies, Senatori oriundi del Lazio cit. 22 ss., M. Kajava, Nuove iscrizioni del Lazio meridionale, in AA.VV. (dir.

H. S.), Studi storico-epigrafici cit. 23 ss., A. Licordari, Ascesa al senato cit. 3 ss. Si v., altresì, le voci della Paulys

Realenciclopädie der classischen Altertumswissenschaft su «Aletrium», «Casinum», «Frusino», «Verulae», curate - rispetti-

vamente – da Hülsen, I/1 (Stuttgart 1893) 1372, Hülsen, III (Stuttgart 1899) 1652, Weiss, XIII (Stuttgart 1910) 188,

Radke, XVI (Stuttgart 1958) 1688 s.15 O. Salomies, Senatori oriundi del Lazio cit. 108, e si v. le osservazioni di G. Camodeca, Il primo frammento dei Fasti

consolari alifani, in Atti del I Convegno dei gruppi archeologici dell’Italia meridionale [1986] (1988) 37 nt. 14.16 O. Salomies, Senatori oriundi del Lazio cit. 3017 CIL. X/1 5807.18 CIL. X/1 566219 C. Etrilius Regillus Laberius Priscus, leg. Aug. pr. pr. Ciliciae (PIR2. E 104), C. Laberius Quartinus, cos. (CIL. X 5824).20 A Le popolazioni dell’Italia antica: società e forme del potere dedica interessanti pagine M. Torelli, in AA.VV. (dir. A.

Momigliano, A. Schiavone), Storia di Roma I Roma in Italia (Torino 1988) 53 ss.

Note Bibliografiche della Terza Parte

Page 127: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

21 CIL. X 5200. Cfr. H. Solin, in (G. Camodeca cur.), Le Iscrizioni Latine nel Museo Nazionale di Napoli I Roma e

Latium (Napoli 2000) nr. 580 a p. 171 s.22 A. Guarino, Diritto privato romano (Napoli 2001) 123 ss., M. Lauria, Ius. Visioni romane e moderrne (Napoli 1997)

61 ss., 170 ss.23 Si v. i saggi di G. Clemente, Dal territorio della città all’egemonia in Italia e di U. Laffi, Il sistema di alleanze italico, in

AA.VV. (dir. A. Schiavone), Storia di Roma II/1 L’impero mediterraneo (Torino 1990) 19 ss., 285 ss.24 Sulla Lex Iulia de civitate Latinis (et sociis) danda fonti: Cic. pro Balbo 8.21, App. B.c. 1.49, Gell. N. A. 4.4.3; sulla

Lex Plautia Papiria de civitate sociis danda fonti: Cic. pro Archia 4.7, ad Fam. 13.33, Vell. Pat. 2.16-17, App. B.c. 1.53,

Livii ep. 80. Si v. G. Rotondi, Leges publicae Populi Romani (Hildesheim 1966) 338, 340, ma, soprattutto, G. Luraschi,

La questione della cittadinanza nell’ultimo secolo della repubblica, in (F. Milazzo, cur.), Atti del Convegno di Copanello

1994. Res publica e princeps (Napoli 1996) 63 ss.25 F. Salerno, Tacita libertas. L’introduzione del voto segreto nella Roma repubblicana (Napoli 1999) 177 ss.26 U. Laffi, Il sistema cit. 285 ss. Cfr., altresì, K. Lomas, Urban elites and cultural definition: Romanization in southern

Italy, in (T. J Cornell, K.L., edd.), Urban Society in Roman Ita y (London 1995) 107 ss.27 T. Spagnuolo Vigorita, Cittadini e sudditi tra II e III secolo, in AA.VV. (dir. A. Schiavone), Storia di Roma III/1. L’età

tardoantica. Crisi e trasformazioni (Torino 1993) 5 ss., Id., Città e impero (Napoli 1996).28 S. Roda, Nobiltà burocratica, aristocrazia senatoria, nobiltà provinciali, in AA.VV. (dir. A. Schiavone), Storia di Roma

III/1. L’età tardoantica cit. 643 ss.29 M. A. Levi, Collegia e patronatus ai tempi di Adriano, in Index 13 (1985) 557 ss.30 C. Pavolini, Le città dell’Italia suburbicaria, in AA.VV. (dir. A. Schiavone), Storia di Roma III/2 L’età tardoantica. I

luoghi e le culture (Torino 1993) 177 ss.31 G. Lena, Interamna Lirenas, in Quaderni del Museo civico di Pontecorvo 2 (1982) 57 ss.32 G. Carettoni, Casinum (Spoleto 1940) 21 ss.33 L. Orabona, il pensiero economico del Cristianesimo, in (L. Firpo), Storia delle idee politiche economiche e sociali II/1.

Ebraismo e Cristianesimo. Il Medioevo (Torino 1985) 634 s.34 P. Brown, Il filosofo e il monaco: due scelte tardoantiche, in AA.VV. (dir. A. Schiavone), Storia di Roma III/1. L’età tar-

doantica cit. 877 ss., Id., Povertà e leadership nel tardo impero romano (Roma, Bari 2003) 53 ss.35 Rinvio alle pagine di E. Sereni, Agricoltura e mondo rurale e di G. Galasso, Le forme del potere, classi e gerarchie sociali,

in Storia d’Italia I. I caratteri originali (Torino 1972) 136 ss., 401 ss.36 M. della Valle, Miseri e miserabili. Società ed economia nel xix secolo dall’Archivio della delegazione apostolica di

Frosinone (Alatri 1989) passim.37 C. Brezzi, C.F. Casula, A. Parisella (curr.), Continuità e mutamento. Classi, economie e culture a Roma e nel lazio

(1930) (Milano 1981), D. Di Vico, G. Fontana, F. M. Spirito, A. Spalvieri, Industrializzazione senza sviluppo. Indagine

su alcuni aspetti dell’organizzazione economica e territoriale della provincia di Frosinone (Frosinone 1979).38 A. Giannola, Le imprese e lo sviluppo: problemi e prospettive del Mezzogiorno, in Rassegna economica 62/1 (1998) 11 ss.

127

Società ed Economia nelle Valli del Frusinate

Page 128: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

“L’utile netto risultante dal bilancio sarà ripartito come segue: a)una quota non inferiore a quella stabilita dalla legge alla riservalegale; b) una quota non superiore al 7% a disposizione del c.d.a.,da ripartire tra i suoi componenti secondo criteri e modalità cheverranno determinati dal consiglio stesso; c) una quota non supe-riore al 10% per devoluzione, ad insindacabile giudizio del c.d.a., ascopi di beneficenza, assistenza e pubblico interesse; d) ai soci, nellamisura che, su proposta del consiglio, viene fissata dall’assemblea.“L’eventuale residuo, pure su proposta del c.d.a., è destinato allariserva straordinaria o alla costituzione o all’incremento di ulterioririserve, nonché del fondo per l’acquisto o il rimborso di azioni dellasocietà”.

statutoBanca popolaredi San Felice suPanaro, art. 47

statutoBanca popolaredell’EmiliaRomagna,art. 47

Similmente all’art. 47 statuto Banca popolare dell’Emilia Romagnaviene apposto un tetto del 2% per la devoluzione degli utili netti “ascopi di beneficenza, assistenza e di interesse sociale”.

statutoBanca popolaredel Lazio,art. 47 lettera d)

“L’utile netto risultante dal bilancio approvato è ripartito comesegue: a) una quota non inferiore a quella stabilita dalla legge allariserva ordinaria legale; b) una quota non inferiore al 20% allariserva statutaria; c) una quota non superiore al c.d.a. , da assegnarsisecondo le modalità stabilite dal consiglio stesso; d) una quota nonsuperiore al 6% da destinarsi a scopi benefici, culturali e di interessesociale; e) ai soci a norma dell’art. 18, nella misura che, su propostadel consiglio, viene fissata dall’assemblea”.

“Dall’utile netto risultante dal bilancio annuale approvato dall’as-semblea, vengono innanzitutto prelevate:- la quota destinata alla riserva legale o ordinaria, nella misura sta-bilita dalla legge;- una quota non inferiore al 20% e non superiore al 30% destinataalla riserva statutaria o straordinaria.Il residuo utile è ripartito: a) ai soci, nella misura che, su propostadel c.d.a., viene fissata con criteri di prudenza dall’assemblea; b) ilrimanente su proposta del c.d.a. e secondo le deliberazioni dell’as-semblea, la quale può costituire o incrementare riserve comunquedenominate, oltre che il fondo per l’acquisto di azioni della societàe un fondo utilizzabile per assistenza, beneficenza, iniziative culturalie d’interesse sociale”. (Omissis)

statutoBanca Popolaredi Sondrio,art. 58

“Dall’utile netto risultante dal bilancio approvato dall’assemblea, vainnanzitutto destinata una quota pari a quella prevista dalla leggeper la formazione e l’incremento della riserva legale.Il residuo, detratta una congrua assegnazione alla riserva straordina-ria nell’entità stabilita dall’assemblea su proposta del c.d.a. nellamisura non inferiore al 10% e detratta una quota pari al 2,50% infavore del c.d.a. stesso, sarà ripartito secondo le determinazioni del-l’assemblea, sentito il c.d.a., fra i soci quale dividendo e/o accanto-nato per costituire ulteriori riserve, fondi ed accantonamenti, com-preso un eventuale fondo per l’acquisto di azioni proprie e compresauna eventuale assegnazione per opere di assistenza, beneficenza, culturae di interesse sociale”.

statutoVeneto Banca,art. 47

TESTO CLAUSOLA RIFSTATUTO

FASCIA DICLASS I F ICA -ZIONE BANCA

128 Banca Popolare del Frusinate

Appendice della Prima Parte

Tabella 1: Ripartizione degli utili

Page 129: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

“L’utile netto risultante dal bilancio sarà ripartito come segue: a)una quota non inferiore a quella stabilita dalla legge a riserva legale;b) il 20% alla riserva statutaria; c) una quota non superiore al 3% adisposizione del c.d.a., da ripartire tra i suoi componenti secondocriteri e modalità che verranno determinati dal consiglio stesso; d)una quota non superiore al 6% per devoluzione, ad insindacabile giu-dizio del c.d.a., a scopi di beneficenza, assistenza e di pubblico interesse;e) ai soci, nella misura che, su proposta del c.d.a., viene fissata dal-l’assemblea. L’eventuale residuo, pure su proposta del c.d.a., è desti-nato alla riserva statutaria o alla costituzione o all’incremento diulteriori riserve, nonché del fondo per l’acquisto o il rimborso diazioni della società”.

statutoBanca popolaredi Marostica,art. 47

(nessuna menzione dei fondi per iniziative filantropiche)

“L’utile netto risultante dal bilancio sarà ripartito come segue: a)una quota non inferiore a quella stabilita dalla legge alla riservalegale; b) il 10% alla riserva straordinaria; c) una quota non supe-riore al 3% a disposizione del c.d.a. da ripartire secondo criteri emodalità che verranno determinati dal consiglio stesso; d) unaquota non superiore al 3% per devoluzione, ad insindacabile giudiziodel c.d.a. a scopi di beneficenza, assistenza e di pubblico interesse; e) aisoci, nella misura che, su proposta del consiglio, viene fissata dall’as-semblea. L’eventuale residuo, pure su proposta del c.d.a., è destinatoalla riserva straordinaria o alla costituzione o all’incremento di ulte-riori riserve, nonché del fondo per l’acquisto o il rimborso di azionidella società”.

statutoBanca popolaredi Lajatico,art. 47

“L’utile netto risultante dal bilancio annuale viene destinato comesegue: a) una quota non inferiroe al 20% per la formazione o l’in-cremento della riserva legale fino a raggiungere la metà del capitalesociale. Raggiunto tale ammontare deve essere destinata alla riservalegale almeno la decima parte degli utili netti annuali; b) alla riservastraordinaria il 20%. Il residuo sarà ripartito secondo le decisionidella assemblea la quale, detratto il dividendo da assegnare ai soci,ha facoltà: 1) di incrementare o costituire ulteriori fondi di riservagenerali speciali; 2) di costituire o incrementare un fondo per acqui-sto o rimborso di azioni sociali; 3) di destinare parte degli utili alc.d.a. anche in aggiunta ai compensi di cui all’art. 33 del presentestatuto; 4) di istituire o incrementare un fondo per iniziative ed istitu-zioni aventi scopi benefici, sociali, di istruzione e di pubblica utilità,da erogarsi dal c.d.a.”.

statutoBanca popolaredi Fondi, art. 50

(nessuna menzione dei fondi per iniziative filantropiche) statuto dellaBanca popolaredell’Alto Adige:v. in particolare47

statutoBanca popolaredi Lodi(v. in particolarel’art. 58)

129

Le Banche Popolari ovvero: La mutualità che visse due volte

Page 130: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Tabella 2: Patrimonio netto di bilancio

Tabella 3: Diritti individuali del socio.

“Il socio partecipa per intero al dividendo deliberato dall’assembleaqualunque sia l’epoca dell’acquisto della qualità di socio; i sotto-scrittori di nuove azioni devono però corrispondere alla società gliinteressi di conguaglio nella misura fissata dal c.d.a.”.

statutoVeneto Banca,art. 18.1.

TESTO CLAUSOLA RIFSTATUTO

FASCIA DICLASS I F ICA -ZIONE BANCA

“L’utile netto risultante dal bilancio sarà ripartito come segue: a)una quota non inferiore al 10% alla riserva legale; b) una quota noninferiore al 5% sarà attribuita alla riserva straordinaria; c) una quotadi volta in volta fissata dall’assemblea sarà destinata ai consiglieri diamministrazione a titolo di partecipazione agli utili; d) una quota divolta in volta fissata dall?assembleaviene posta a disposizione delc.d.a. per essere devoluta a scopi di beneficenza, iniziative culturali e diinteresse sociale; e) una quota, su proposta del c.d.a., viene dall’as-semblea attribuita a titolo di dividendo ai soci in ragione delleazioni da ciascuno possedute; f ) il residuo, detratto il dividendo daassegnarsi ai soci in ragione delle azioni possedute, sarà devolutodall’assemblea alla costituzione o all’incremento di fondi e riservespeciali e del fondo per l’acquisto o il rimborso di azioni dellasocietà, ovvero riportata a nuovo”.

“Il patrimonio sociale è costituito: a) dal capitale sociale; b) dallariserva legale; c) dalla riserva statutaria; da ogni altra riserva o daogni altro fondo, senza specifica destinazione, comunque denomi-nati”.

statutoBanca popolaredi Marostica,art. 4

2°statutoBanca popolaredel Lazio, art. 4

Il patrimonio sociale è costituito: a) dal capitale sociale; b) dallariserva legale; c) dalla riserva statutaria e da ogni altra riserva ofondo, senza specifica destinazione, comunque denominati”.

1°statutoVeneto Banca,art. 4

“Il patrimonio sociale è costituito: A) dal capitale sociale; B) dallariserva legale; C) da ogni altra riserva o fondo, senza specifica desti-nazione, comunque denominati”.

FASCIA DICLASS I F ICA -ZIONE BANCA

RIFSTATUTO

TESTO CLAUSOLA

3°statutoBanca popolaredel Frusinate,art. 47

“L’utile netto risultante dal bilancio viene innanzitutto destinato:- in misura non inferiore a quella stabilita dalla legge, alla riservalegale;- il 10% alla riserva straordinaria;Il residuo viene ripartito come segue:a) ai soci, nella misura che, su proposta del consiglio, viene fissatadall’assemblea;b) una quota non superiore al 5% per devoluzione, ad insindacabilegiudizio del consiglio di amministrazione, a scopi di beneficenza,assistenza e di pubblico interesse.L’eventuale residuo, pure su proposta del consiglio di amministra-zione, è destinato all’incremento della riserva straordinaria o allacostituzione o all’incremento di ulteriori riserve, nonché del fondoper l’acquisto o il rimborso di azioni della società”.

3°statutoBanca popolaredi Sviluppo,art. 51

130 Banca Popolare del Frusinate

Appendice della Prima Parte

Page 131: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Tabella 4: Costituzione e denominazione della società.

Tabella 5: Oggetto sociale

“La società ha per oggetto la raccolta del risparmio e l’esercizio delcredito, nelle sue varie forme, tanto nei confronti dei propri soci chedei non soci, ispirandosi ai principi della mutualità e a quelli tradi-zionali del credito popolare”.

statutoBanca popolaredell’Alto Adige,art. 3.1.

“La società ha per oggetto la raccolta del risparmio e l’esercizio delcredito, nelle sue varie forme, tanto nei confronti dei propri soci chedei non soci, ispirandosi ai principi tradizionali del credito popo-lare”. (Omissis)

statutoBanca popolaredi San Felice suPanaro,art. 3

“I dividendi non riscossi entro un quinquennio a giorno in cuidivennero esigibili restano devoluti alla società”.

statutoVeneto Banca,art. 18.3.

“La società ha per scopo la raccolta del risparmio e l’esercizio delcredito, nelle sue varie forme, tanto nei confronti dei propri soci chedei non soci, ispirandosi ai principi tradizionali del credito popo-lare. (Omissis) La società si propone pure di attuare opera di propa-ganda per il risparmio”.

statutoBanca popolaredi Fondi,art. 2

2°statutoBanca popolaredel Lazio, art. 3

“La società ha per oggetto la raccolta del risparmio e l’esercizio delcredito nelle sue varie forme, ispirandosi ai principi tradizionali delcredito popolare”. (Omissis)

1°statutoBanca popolaredell’EmiliaRomagna,art. 2

“La società raccoglie il risparmio ed esercita il credito nei confrontidei propri soci ed anche dei non soci, ispirandosi ai principi dimutualità.Essa si propone lo sviluppo delle attività produttive, con particolareriguardo alle imprese medie e minori, ed incoraggia il risparmiopopolare in tutte le sue forme”.

1°statutoBanca Popolaredi Sondrio,art. 2.4

“ (Omissis) Nell’azione istituzionale tesa a favorire lo sviluppo ditutte le attività produttive, la società, in sintonia con le finalitàpeculiari di una banca popolare, si propone di sostenere in modoparticolare le imprese minori e quelle cooperative; inoltre di attuareogni opportuna iniziativa volta a diffondere ed incoraggiare ilrisparmio”.

1°statutoVeneto Banca,art. 3.1.

“La società ha per oggetto la raccolta del risparmio e l’esercizio delcredito, nelle loro varie forme, tanto nei confronti dei propri soci,quanto dei non soci, ispirandosi ai principi tradizionali del creditopopolare”.

FASCIA DICLASS I F ICA -ZIONE BANCA

RIFSTATUTO

TESTO CLAUSOLA

1°statutoBanca Popolaredi Sondrio,art. 1.2.

“La società ispira la propria attività ai principi della mutualità e dellacooperazione ed è retta dalle disposizioni di legge e dalle norme delpresente statuto”. (Omissis)

FASCIA DICLASS I F ICA -ZIONE BANCA

RIFSTATUTO

TESTO CLAUSOLA

131

Le Banche Popolari ovvero: La mutualità che visse due volte

Page 132: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Tabella 6: Destinatari delle attività della banca nelle clausole relative all’oggetto socialeSi fa rinvio alla tabella di cui a nota precedente;si aggiungono inoltre le seguenti clausole relative alle operazioni bancarie:

Tabella 7: (a) Convocazione/svolgimento delle assemblee

Tabella 8: (b) Esercizio del diritto di voto.

“La società ha per scopo la raccolta del risparmio e l’esercizio delcredito nelle sue varie forme, tanto nei confronti dei propri soci chedei non soci, ispirandosi anche ai principi di mutualità”.

statutoBanca popolaredi Lajatico,art. 3.1.

“La società ha per scopo la raccolta del risparmio e l’esercizio delcredito nelle sue varie forme, tanto nei confronti dei propri soci chedei non soci, ispirandosi ai principi tradizionali del credito popo-lare”.

statutoBanca popolaredi Marostica,art. 3

“(Omissis) Non è ammesso il voto per corrispondenza”. statutoBanca Popolaredi Sondrio,art. 27.7.

TESTO CLAUSOLA RIFSTATUTO

FASCIA DICLASS I F ICA -ZIONE BANCA

“L’assemblea dei soci è convocata nei modi e nei termini di legge dalc.d.a. presso la sede della società o in altro luogo del territorio nazio-nale indicato nell’avviso di convocazione”.

statutoVeneto Banca,art. 21.1

TESTO CLAUSOLA RIFSTATUTO

FASCIA DICLASS I F ICA -ZIONE BANCA

3°statutoBanca popolaredi San Felice suPanaro, art. 3

“Nella concessione di fido la società, a parità di merito di credito,dà preferenza ai soci ed alle operazioni di più modesto importo, conesclusione di ogni operazione di mera speculazione”.

1°statutoBanca Popolaredi Sondrio,art. 13

“Il socio può ottenere il credito, a preferenza dei non soci e a paritàdelle garanzie offerte, nei limiti e con le modalità fissate dai compe-tenti organi sociali”. (Omissis)

FASCIA DICLASS I F ICA -ZIONE BANCA

RIFSTATUTO

TESTO CLAUSOLA

3°statutoBanca popolaredel Frusinate,art. 3.1.

“La società ha per scopo la raccolta del risparmio e l’esercizio delcredito, tanto nei confronti dei propri soci che dei non soci, ispiran-dosi ai principi della mutualità”.

3°statutoBanca popolaredi Sviluppo,art. 3.1.

“La società ha per scopo l’esercizio dell’attività bancaria e quindi laraccolta del risparmio e l’esercizio del credito, sia nei confronti deisoci sia di non soci, ispirandosi ai principi normativi della coopera-zione e della mutualità e ai criteri tradizionali del credito popolare,anche al fine di favorire e sviluppare le attività agricole, industriali,commerciali, turistiche, artigiane e di servizi con particolareriguardo alle piccole e medie imprese”.

132 Banca Popolare del Frusinate

Appendice della Prima Parte

Page 133: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

“(Omissis) I soci minori possono essere tutti rappresentati in assem-blea da chi ne ha la legale rappresentanza, anche se questi si trova inuna delle situazioni contemplate dal 4° comma dell’articolo 2372del codice civile, e altresì nel caso in cui il legale rappresentante nonsia socio”.

statutoBanca Popolaredi Sondrio,art. 27.6.

3°statutoBanca popolaredi Sviluppo,art. 24.4.

“Ogni socio non può rappresentare più di cinque soci, salvi i casi dirappresentanza legale”.

3°statutoBanca popolaredi Fondi,art. 24.5.

“Ogni socio non può rappresentare più di quattro altri soci. Non èammessa la rappresentanza di persona non socio, anche se munitadi mandato generale. Le limitazioni anzidette non si applicano aicasi di rappresentanza legale”.

3°statutoBanca popolaredi Lajatico,art. 22

“Ogni socio non può rappresentare più di tre soci, salvi i casi di rap-presentanza legale”.

3°statutoBanca popolaredi Marostica,art. 22

“Ogni socio non può rappresentare più di un socio. Non è ammessala rappresentanza da parte di persona non socia, anche se munita dimandato generale. Le limitazioni anzidette non si applicano ai casidi rappresentanza legale”.

2°statutoBanca popolaredel Lazio,art. 22.5.

“Ogni socio non può rappresentare più di un socio, salvi i casi dirappresentanza legale”.

1°statutoBanca popolaredi Lodi,art. 29.2

“La rappresentanza per procura non è ammessa”.

1°statutoBanca popolaredi Lodi,art. 29.4.

“Nessuno può rappresentare più di un socio”.

133

Le Banche Popolari ovvero: La mutualità che visse due volte

Page 134: Una Storia di Fatti e Protagonisti per lo Sviluppo dell’Economia e della Cultura Frusinate

Finito di stampare nel mese digennaio 2007.Il presente lavoro è stato realizzato dalla:

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