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Università degli Studi di Padova - infn.it 3.3 Matrici E-ToF Pag. 17 ... Fig. 1: Sezione d'urto di...

Date post: 15-Feb-2019
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Università degli Studi di PadovaDipartimento di Fisica e AstronomiaCorso di Laurea Triennale in Fisica

Tesina di LaureaSezione d'urto di diffusione elastica del fascio radioattivo di 7Be su un bersaglio di 58Ni ad energie attorno alla barriera Coulombiana

Relatore: Dr. Marco MazzoccoCorrelatore: Prof. Cosimo Signorini

Laureando: Nicola FierroMatricola: 459378

ANNO ACCADEMICO: 2011/2012

Indice

Introduzione Pag. 7

Capitolo 1 Problematica Scientifica Pag. 8

Capitolo 2 Produzione del Fascio Secondario di 7Be e Set-Up

Sperimentale Pag. 10

2.1 Bersaglio di Produzione Pag. 10

2.2 Linea di fascio EXOTIC Pag. 11

2.3 PPAC Pag. 12

2.4 DINEX Pag. 13

2.5 Rivelatori di Monitor Pag. 14

Capitolo 3 Analisi dei Dati Sperimentali Pag. 15

3.1 Calibrazione posizione dei PPAC Pag. 15

3.2 Calibrazione energetica dei rilevatori Pag. 16

3.3 Matrici E-ToF Pag. 17

3.4 Spettri energetici delle strip Pag. 18

3.5 Efficienza delle strip Pag. 19

Capitolo 4 Simulazione Monte-Carlo ed Analisi Teorica Pag. 21

4.1 Valutazione della Distribuzione Angolare Pag. 21

4.2 Valutazione della Sezione d’Urto di Reazione Pag. 24

4.3 Confronto con Esperimenti Precedenti Pag. 25

Conclusioni Pag. 27

Bibliografia Pag. 29

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Introduzione

Questo lavoro di tesi è incentrato sullo studio della dinamica di reazione nel sistema 7Be+58Ni ad energie attorno alla barriera Coulombiana. Il 7Be è un nucleo radioattivo (T1/2 = 53.4 giorni) debolmente legato (Sα = 1.586 MeV) con una struttura a cluster 3He + 4He molto pronunciata e, nelle vicinanze di un forte campo Coulombiano o nucleare, c'è una elevata probabilità che possa dare origine a fenomeni anelastici quali il transfer di nucleoni, la rottura o la fusione. Considerando la bassa intensità attualmente disponibile per i fasci radioattivi, informazioni specifiche sui singoli canali di reazione sono tutt'ora molto difficili da ottenere. Pertanto una prima informazione sulla “reattività” di un nucleo radioattivo può essere ottenuto dallo studio del suo processo di diffusione elastica.

L'analisi svolta in questo lavoro permette di misurare per la prima volta la sezione d'urto di reazione per il sistema 7Be+58Ni ad un'energia di 23.2 MeV (pari a circa il 20% in più della barriera coulombiana, l'energia per la quale classicamente proiettile e bersaglio vengono a contatto). Tale sezione d'urto è data dalla somma delle sezioni d'urto dei singoli canali di reazione anelastici (transfer, scattering anelastico, breakup, fusione) che verranno analizzati in esperimenti futuri.

Il principale interesse nello studio delle reazioni nucleari indotte dal 7Be è legato al processo di breakup. Il 7Be, infatti, ha un'elevata probabilità di frammentarsi in 3He ed 4He, due nuclei stabili fortemente legati e con masse simili. Questa caratteristica lo rende il caso più favorevole da un punto di vista sperimentale per uno studio dettagliato del processo di breakup.

Questo esperimento è stato svolto presso i Laboratori Nazionali di Legnaro dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), dove un fascio di 7Be è stato prodotto per la prima volta nel mese di maggio del 2010, utilizzando un fascio primario di 7Li a 34.2 MeV, incidente su un bersaglio gassoso di H2. La facility EXOTIC è stata poi utilizzata per selezionare gli ioni di 7Be e per focalizzarli su un target secondario di 58Ni.

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Capitolo 1 Problematica Scientifica

La dinamica di reazione indotta dai nuclei debolmente legati è oggigiorno uno degli argomenti di studio più in voga in Fisica Nucleare. Questi nuclei hanno delle caratteristiche molto peculiari, per esempio, (i) un'estensione radiale maggiore di quelle osservate per i nuclei stabili e ben legati vicini alla valle della stabilità β, (ii) energia di legame molto debole (tipicamente Sp,n,α < 1.0 MeV) e (iii) elevata densità superficiale di neutroni. Tutti questi fenomeni sono fortemente connessi e a volte generano effetti contrastanti tra loro.

La situazione è particolarmente notevole ad energie attorno alla barriera coulombiana, dove anche per nuclei stabili è stato osservato un forte aumento della sezione d'urto di fusione ad energie al di sotto della barriera coulombiana. Il fatto che una debole energia di legame e la struttura ad alone di molti nuclei radioattivi possano causare o meno un ulteriore aumento delle sezioni d'urto di fusione ha dato vita a molti lavori teorici e ha fornito un importante contributo a livello sperimentale per la produzione di fasci secondari con maggiore intensità, migliore risoluzione energetica e migliore qualità ottica.

Esperimenti eseguiti per studiare l'interazione di nuclei stabili debolmente legati (6,7Li e 9Be) con target pesanti (208Pb e 209Bi) mostrano solo degli aumenti moderati della sezione d'urto di fusione ad energie vicine alla barriera. D'altro canto per i sistemi 9Be + 208Pb, 209Bi [1,2], 6,7Li + 208Pb [3,4], 6He + 209Bi [5,6], 6He + 238U [7], 6He + 64Zn [8], 6He + 63,65Cu [9], 6,7Li + 28Si [10,11] è stata misurata una produzione piuttosto consistente di particelle alfa in questo intervallo energetico.

Fig. 1: Sezione d'urto di reazione “ridotta” per sette reazioni nucleari indotte da proiettili leggeri su bersagli di 58Ni e 64Zn. Gli assi sono stati ridotti in modo da tenere in considerazione la diversa superficie dei nuclei collidenti e la diversa altezza della barriera coulombiana nei diversi sistemi.

Queste particelle alfa sono principalmente generate da canali di trasferimento diretti e si è scoperto che tutti questi processi hanno sezioni d'urto

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maggiori di quelle di fusione, specialmente vicino alla barriera. Questo risultato evidenzia che la piccola soglia di breakup e la struttura ad alone del proiettile aumentano principalmente la probabilità di reazione piuttosto che quella di fusione.

Il grafico mostra la sezione d'urto “ridotta” ricavata dalle misure di scattering elastico per sei proiettili leggeri che interagiscono con un target mediamente pesante di 58Ni o 64Zn. Si vede chiaramente che 8B, nucleo con alone protonico e molto debolmente legato (Sp = 0.138 MeV) [12], e 6He, nucleo con alone di 2 neutroni e debolmente legato (S2n = 0.975 MeV) [8], hanno la maggior reattività o che i proiettili leggermente più legati, quali 6Li (Sα = 1.474 MeV) [12] e 7Be (Sα = 1.586 MeV) [12], hanno una sezione d'urto di reazione decisamente grande. Al contrario per altri nuclei debolmente legati, ad esempio il 17F (Sp = 601 keV) [13], la sezione d'urto di reazione è piuttosto simile a quella misurata per il nucleo molto legato e doppio-magico 16O che interagisce con target di 58Ni [14] o 64Zn [15].

Questi risultati mostrano chiaramente che gli effetti legati al breakup nelle sezioni d'urto di reazione non possono essere predetti a partire solo dalla struttura ad alone e/o dalla debole energia di legame del proiettile. Infatti, accoppiamenti con canali di reazione diretti (come osservato per 6He) così come specifiche strutture collettive o proprietà di particella singola dei nuclei incidenti (come ad esempio per 17F) possono influire notevolmente sulla sezione d'urto di reazione.

All'interno di questo ambito abbiamo intrapreso lo studio del processo di diffusione elastica nel sistema 7Be + 58Ni all'energia di 23.2 MeV, al fine di dedurre la sezione d'urto di reazione. Il nostro lavoro completa lo studio realizzato a Notre Dame (Indiana, USA) per la stessa reazione ad energie di fascio inferiori [12].

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Capitolo 2Produzione del Fascio Secondario di 7Be e Set-Up Sperimentale

La facility EXOTIC sita ai LNL è stata concepita per la produzione di RIB (Radioactive Ion Beam) leggeri e a breve vita media attraverso una reazione nucleare diretta in cinematica inversa [16].

Questa tecnica di produzione In-Flight (“in volo”) genera fasci di ioni radioattivi partendo da un fascio primario di ioni pesanti che incidono su un bersaglio leggero. Questa particolare scelta permette di ottenere un fascio fortemente proiettato in avanti entro un cono cinematico molto stretto, che può poi essere selezionato e trasportato da dispositivi elettromagnetici.

I vantaggi che hanno portato a scegliere questo metodo sono l'indipendenza dalle proprietà chimiche degli ioni coinvolti, la possibilità di ottenere isotopi con vita media molto breve (1ms) grazie all'efficacia del trasporto, l'alta efficienza di produzione dei fasci secondari, la moderata radioattività ed il costo limitato delle facility. Al contrario gli svantaggi sono invece dati dalla bassa intensità del fascio secondario, dalla sua bassa risoluzione energetica e dall'elevata emittanza.

Fasci secondari di 17F e 8B sono prodotti rispettivamente con le reazioni p(17O,17F)n (Qval = -3.54 MeV) e 3He(6Li,8B)n (Qval = -1.97 MeV). Nel primo caso si ottiene un'intensità media attorno alle 105-106 pps, con una purezza superiore al 93%. Il fascio di 17F è stato usato per il commissioning della facility e per studiare i processi di scattering elastico su target di 58Ni [13], 208Pb [17] e 1H [18] .

2.1 – Bersaglio di Produzione

Fig. 2: Il cilindro metallico contenente il target gassoso utilizzato in EXOTIC. Il fascio proiettile nella figura proviene da destra.

Il fascio secondario di 7Be è stato prodotto attraverso la reazione a due corpi p(7Li, 7Be)n (Qval = -1.64 MeV). Un fascio primario molto intenso di 7Li prodotto

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con l'acceleratore Tandem LNL-XTU è stato fatto incidere su un bersaglio gassoso di H2 a temperatura criogenica (88 K) e a pressione atmosferica (1 atm). Il target utilizzato è contenuto entro un cilindro di metallo lungo 5 cm. Le finestre di ingresso e di uscita della camera hanno un diametro di 16 mm e 22 mm, rispettivamente. Il gas è isolato dall’alto vuoto della linea di fascio (10 -7 mbar) mediante due fogli sottili di Havar spessi 2.2 μm (equivalente a 1.83 mg/cm2). Tale valore è un compromesso tra lo spessore necessario perché la finestra sopporti la pressione interna del gas (fino ad un massimo di 1 bar) e la sottigliezza indispensabile per non aumentare eccessivamente l’indeterminazione energetica e lo straggling sia angolare che energetico sia del fascio primario che di quello secondario. Questo dispositivo permette di guadagnare fino ad un fattore 3 nello spessore del bersaglio attraversato a parità di pressione del gas. Inoltre il raffreddamento per conduzione delle finestre di ingresso e di uscita compensa il loro progressivo riscaldamento dovuto all’energia depositata al loro interno dai due fasci.

2.2 - Linea di Fascio EXOTIC

Fig. 3: La linea di fascio EXOTIC. Il fascio incidente proviene da sinistra. Si notano, in sequenza, il supporto del bersaglio gassoso, il primo tripletto di quadrupoli, il dipolo magnetico, il filtro di Wien ed il secondo tripletto di quadrupoli. La camera di scattering dove avviene la reazione secondaria si trova in basso a destra.

Il fascio secondario di 7Be è separato dal fascio deviato di 7Li e dai nuclei di 4He prodotti con la reazione p(7Li,4He)4He (Qval = +17.35 MeV) per mezzo della linea di fascio EXOTIC.

Questa linea consiste di una sequenza di otto elementi ottici. Il sistema è stato progettato con lo scopo di avere un’ampia accettanza angolare (10 msr) e di permettere un’elevata purezza del fascio secondario. Gli elementi che

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determinano la focalizzazione e la dimensione finale del RIB prodotto sono i quadrupoli ed i sistemi di fenditure, mentre l’eliminazione dei contaminanti è dovuta all’azione combinata di filtri opportuni (dipolo magnetico e filtro di velocità) e fenditure.

Un primo tripletto di quadrupoli (Q1-Q3) ha la funzione di focalizzare il fascio secondario dopo il dipolo magnetico ed è collocato circa 200 mm dopo il gas target. La sua vicinanza al suddetto gas target è ciò che assicura un’elevata accettanza angolare del fascio secondario. In seguito vi è un dipolo magnetico che seleziona in rigidità magnetica, ossia, modifica la traiettoria degli ioni che lo attraversano a seconda del loro rapporto momento su carica. La direzione d’uscita del dipolo è inclinata di 30° rispetto all’ingresso ed è pertanto possibile scartare una consistente frazione del fascio primario che non ha reagito con le molecole del gas target e che tipicamente ha una rigidità magnetica molto diversa dal fascio radioattivo prodotto.

Dopo il dipolo si trova un filtro di Wien, che agisce da selettore di velocità. Variando opportunamente la sovrapposizione del campo elettrico e di quello magnetico è possibile selezionare la velocità del RIB di interesse ed eliminare le componenti del fascio primario non soppresse dall’azione del dipolo magnetico. Un secondo tripletto di quadrupoli (Q4-Q6) provvede poi alla focalizzazione del fascio secondario nel piano focale finale. In tale posizione viene tipicamente collocato un target secondario ed attorno ad esso dei rivelatori per studiare gli effetti dell’interazione del RIB con i nuclei del bersaglio.

Lungo la linea sono infine disposti quattro sistemi di fenditure. Il primo, chiamato S0, si trova circa 200 mm prima del gas target, e serve per definire il profilo del fascio incidente. Il secondo sistema, S1, si trova 1 m prima del dipolo magnetico ed è utilizzato per eliminare le componenti periferiche del fascio secondario onde evitare che possano colpire o strisciare lungo le pareti interne del dipolo magnetico. La terza fenditura, S2, è localizzata subito dopo il dipolo e permette la selezione del fascio secondario e provvede all’eliminazione della maggior parte dei contaminanti. Infine S3 è posto all'uscita del secondo tripletto di quadrupoli e serve ad eliminare le impurità deflesse dal filtro di Wien. Tutte le fenditure sono regolabili, eccetto l’ultima che ha dimensione circolare fissa (diametro 40 mm). Tipicamente, S0 è regolata con un’apertura di forma quadrata di ± 1.5 mm (x) × ± 1.5 mm (y).

2.3 - PPAC

Due “Parallel Plate Avalanche Counters” (PPACs) sono collocati lungo la linea di fascio a 750 e 214 mm nel senso di percorrenza del fascio stesso per ricostruire la posizione del fascio evento per evento.

Ogni PPAC è costituito da un catodo piatto posizionato tra due anodi. Gli anodi sono costituiti di 60 fili distanti tra loro 1.0 mm ed i due sono orientati perpendicolarmente a formare una griglia. La risoluzione sulla posizione è di 1.0 · 1.0 mm2. I fili sono connessi a delle linee di ritardo di 2.5 ns/mm, per un totale di 150 ns su tutta la linea. I segnali sono acquisiti alla fine di ognuna di queste linee

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sia per la griglia verticale che per quella orizzontale che per il catodo, per un totale di 5 segnali per PPAC. Lo spazio tra gli anodi ed il catodo è riempito con isobutano (C4H10) alla pressione di 12 mbar. Le finestre dei rivelatori sono costituite da fogli di mylar spessi 1.5 µm. Il catodo è anch'esso costituito da un foglio di mylar spesso 1.5 µm con uno strato di 30 nm alluminio evaporato su entrambe le superfici. Il primo PPAC, detto PPAC_A, è piazzato all'interno di una piccola camera di reazione all'uscita del secondo tripletto di quadrupoli. Il secondo, il PPAC_B, è collocato all'ingresso della camera di reazione principale.

Un degrader composto da un foglio di alluminio dello spessore 10.8 µm può essere inserito dopo il PPAC_A per diminuire l'energia del fascio provocando un lieve peggioramento nella risoluzione ed una riduzione dell'intensità di circa il 30%. Quest'operazione fa però risparmiare il tempo che sarebbe stato necessario per fare una risintonizzazione dell'acceleratore primario e di tutta la facility EXOTIC al fine di avere un'energia diversa. Infine un gruppo di 3 collimatori di diametro 20 mm è piazzato tra i due PPAC (~264-324 mm prima del target secondario) ed uno da 12 mm giusto dietro il PPAC_B (~164 mm prima del bersaglio di 58Ni)

2.4 - DINEX

Gli ioni di 7Be diffusi del bersaglio di 58Ni sono stati rilevati dall'array DINEX. Questi rilevatori al silicio “Double Sided Strip Detector” sono costituiti da telescopi doppi con area sensibile di 48,5 * 48,5 mm2. Il primo strato di ogni telescopio è costituito da DSSD di 40 µm di spessore con 16 (orizzontali) * 16 (verticali) strip e il secondo è composto da 1000 µm DSSD con 16 (horizontal) * 16 (vertical) strip. I quattro telescopi sono stati collocati in modo da coprire la distribuzione angolare davanti e dietro al target e sono stati posizionati ad una distanza media di 70-72 mm dal target. Gli angoli polari medi dei vari rivelatori erano: θlab = +56°, +125° per i telescopi T1 e T2, rispettivamente e θlab = -65°, -135° per i telescopi T3 e T4, rispettivamente. Nell'indicazione dei valori abbiamo usato la convenzione di considerare positivi gli angoli di scattering a sinistra rispetto alla direzione del fascio.

Lo spessore dello strato ∆E è adatto per l'identificazione in carica e massa sia degli isotopi di 3He che di quelli di 4He con energie maggiori di 6.4 e 7.1 MeV, rispettivamente.

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Fig. 4: La fotografia raffigura i quattro rilevatori di DINEX montati su una guida in metallo che ne tiene vincolata la posizione, a destra (secondo la direzione del fascio) si possono vedere i due collimatori che precedono i monitor.

Fig. 5: Interno della camera di scattering in cui si possono vedere i quattro telescopi, i due collimatori ed il target di 58Ni. Come sopra la direzione del fascio è da sinistra verso destra.

2.5 – Rivelatori di Monitor

Per controllare l'intesità del fascio e verificarne l'allineamento orizzontale due rivelatori al silicio, M1 e M2, dello spessore di 300 µm sono stati collocati ad angoli di scattering θlab = ± 20° e ad una distanza di 132 mm dal target. Quest'angolo di diffusione ci assicura che il processo di diffusione elastica sia puramente coulombiano (e quindi di sezione d'urto nota) all'energia del nostro esperimento. L'area complessiva di ogni monitor (300 mm2) è stata opportunamente schermata con un collimatore del diametro di 7 mm.

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Capitolo 3Analisi dei Dati Sperimentali

L’analisi sperimentale dei dati raccolti durante l’esperimento è proceduta per fasi successive. Dapprima abbiamo provveduto alla calibrazione della posizione colpita dalle particelle di 7Be incidenti sul secondo PPAC (Par. 3.1), poi alla calibrazione energetica delle strip dei rivelatori di DINEX e dei monitor (Par. 3.2). Successivamente abbiamo proceduto all’analisi della correlazione degli eventi energetici registrati con il loro segnale temporale (Parr. 3.3 e 3.4) e quindi determinato l’efficienza di rivelazione di ogni singola strip (Par. 3.5). Questo capitolo presenta in successione tutte le fasi dell’analisi sperimentale.

3.1 - Calibrazione posizione dei PPAC

Per ricostruire la posizione del fascio incidente, abbiamo utilizzato i PPAC. Quando una particella attraversa il rilevatore, viene ionizzata una zona di gas al suo interno. Gli ioni positivi prodotti vengono attirati dal catodo, mentre gli elettroni vengono attirati e moltiplicati (con un effetto a cascata) dall’intenso campo elettrico attorno ai fili dell’anodo. Il segnale elettronico raccolto viene misurato ad entrambi gli estremi dell’anodo. Dal momento che tra ciascuna strip adiacente è collocata una linea di ritardo di 2.5 ns, lo sfasamento temporale tra i due segnali raccolti dall’anodo contiene un’informazione sulla posizione colpita dalla particella in corrispondenza della griglia.

I segnali acquisiti dai PPAC vengono elaborati da un modulo elettronico TDC (Time to Digital Converter) utilizzato in modalità common stop. Questo modulo misura la distanza temporale tra ciascun impulso in ingresso ed un segnale comune di stop. Nel nostro caso il segnale comune era costituito dal segnale temporale del catodo del PPAC_B (opportunamente ritardato), mentre i segnali degli anodi (sia di quello con i fili orizzontali sia di quello con i fili verticali) erano collegati a quattro diversi ingressi del TDC.

La figura sottostante rappresenta il profilo del fascio di 7Be nel PPAC_B. La forma circolare è legata alla presenza di un collimatore del diametro di 12 mm collocato immediatamente dietro al PPAC_B. Si notano distintamente sia i fili verticali che quelli orizzontali distanti 1 mm l’uno dall’altro.

In questo esperimento il PPAC_A ha avuto una bassa efficienza di rivelazione e solo il PPAC_B è stato utilizzato per la ricostruzione della posizione del fascio. Il profilo del fascio misurato con il PPAC_B è perfettamente compatibile con quello misurato in un esperimento precedente presso la stessa linea di fascio con un fascio radioattivo di 17F. Abbiamo pertanto assunto che il fascio di 7Be incidesse centralmente sul bersaglio di 58Ni con una larghezza a mezza altezza (FWHM) di 8 mm sul piano orizzontale e 9 mm sul piano verticale.

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Fig. 6: Ricostruzione della posizione del fascio attraverso il PPAC_B. Si possono distinguere i fili (corrispondenti alle zone in verde) e la spaziatura di 1 mm tra di loro.

3.2 - Calibrazione energetica dei rivelatori

I segnali elettronici raccolti da ciascuna strip di DINEX e dai rivelatori di monitor sono stati dapprima trattati con un opportuno preamplificatore e quindi integrate e formate con un amplificatore spettroscopico. I segnali così ottenuti sono quindi stati acquisiti con un modulo elettronico peak-sensitive ADC (Analogue-to-Digital Converter).

La calibrazione in energia dei singoli canali di ciascun modulo ADC è stata effettuata sia prima che dopo l’esperimento. Tale procedura prevede l’utilizzo di sorgenti alfa di calibrazione, costituite da una miscela degli isotopi radioattivi artificiali 241Am, 244Cm e 239Pu, e di un impulsatore. I picchi presenti nello spettro sottostante corrispondono alle energie cinetiche più probabili delle particelle alfa emesse nei decadimenti radioattivi dei 3 isotopi (5.157 MeV per il 239Pu, 5.486 per il 241Am e 5.805 MeV per il 244Cm).

Nella figura sottostante invece abbiamo riportato un spettro ottenuto con l’impulsatore settato a diversi valori di ampiezza (0.25, 0.5, 1,…, 2). L’interpolazione lineare di dati ottenuti con l’impulsatore ci fornisce come intercetta il canale dell’ACD corrispondente all’energia 0. La calibrazione energetica di ogni canale dell’ADC procede quindi con un’interpolazione lineare del canale corrispondente all’energia 0 e di quelli corrispondenti ai picchi di energia nota ottenuti dal decadimento alfa dei 3 isotopi. Valori tipici di corrispondenza tra energia e canali è compresa tra 10 e 20 keV per canale.

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Fig. 7: Spettro energetico delle particelle alfa emesse nei decadimenti radioattivi di 241Am, 244Cm e 239Pu ed usati per la calibrazione energetica dei rivelatori.

Fig. 8: Spettro ottenuto con l’impulsatore settato a diversi valori di ampiezza.

3.3 - Matrici E – ToF

Il passo successivo è stato l'analisi delle correzioni tra i segnali energetici ed i segnali temporali all'interno delle cosiddette matrici E – ToF (Time of Flight). Il segnale energetico è costituito dal segnale formato e amplificato dall'amplificatore spettroscopico (già considerato nel precedente paragrafo). Il segnale temporale è misurato con un TDC e corrisponde alla differenza tra l'arrivo del segnale “veloce” in uscita dal preamplificatore della strip che stiamo considerando

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(segnale di START) e dal segnale del catodo del PPAC_B (segnale di (COMMON) STOP, opportunamente ritardato).

Nella figura in basso è riportato un esempio di matrice in cui all'interno del contorno blu vediamo gli eventi con una correlazione energetico-temporale. All'interno del contorno rosso sono invece presenti gli eventi generati da un impulsatore, inserito all'interno della catena elettronica (in un ingresso del preamplificatore, parallelamente ai segnali elettronici che giungono dal rivelatore) ed impostato ad una frequenza di 2 Hz. I segnali dell'impulsatore corrispondono tutti alla medesima energia, ma sono totalmente incorrelati con i segnali di STOP forniti dal PPAC_B. Per questo motivo il loro spettro copre tutto l'intervallo temporale di acquisizione dei dati. L'utilità della presenza dell'impulsatore è legata alla stima dell'efficienza dei diversi moduli e delle diverse vie di pre-amplificazione, amplificazione e del sistema di acquisizione.

Fig. 9: Spettro di correlazione degli eventi. All'interno del contorno blu, nella parte ad energia più alta, vediamo gli eventi di diffusione elastica mentre ad energie inferiori troviamo eventi generati da particelle più leggere originate dal breakup. All'interno del contorno rosso sono presenti gli eventi generati dall'impulsatore.

L'analisi delle correlazioni nelle matrici E-ToF consente di discriminare gli eventi fisici effettivamente correlati con il segnale di trigger, che ha avviato il sistema di acquisizione, dai segnali spuri. All'interno del contorno blu si evidenzia dapprima una regione ad alta energia, dove sono presenti gli eventi di diffusione elastica dal bersaglio. Le zone ad energia intermedia e a bassa energia corrispondo a particelle più leggere del proiettile e con numero atomico inferiore (p, 3He, 4He) originate da processi di frammentazione del proiettile (breakup 7Be → 3He + 4He) o di trasferimento di un nucleo di 6Li dal proiettile al bersaglio, con il conseguente rilascio di un protone. Questi eventi saranno oggetto di un successivo lavoro di analisi.

3.4 - Spettri Energetici delle Strip

Siamo quindi passati all’analisi degli spettri energetici delle singole strip e

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abbiamo notiamo che la maggior parte degli eventi sono rivelati dai due monitor posti ad un angolazione di ±20° rispetto alla direzione del fascio.

Una cospicua frazione di particelle è rilevata anche dai rivelatori di DINEX posti ad angoli di scattering maggiori rispetto ai due monitor. In questo caso è evidente che c'è una sensibile diminuzione della posizione del centroide dell'energia e del suo integrale all'aumentare dell'angolo con cui le particelle vengono deflesse dal target di 58Ni, fino ad arrivare alla strip localizzata più all'indietro di ciascun rivelatore, in cui c'è la statistica inferiore.

Questo comportamento è in accordo con la teoria dello scattering di Rutherford che prevede una sezione d'urto (nel centro di massa) dipendente

esclusivamente da

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sin 4( θ2 ) . La formulazione completa della sezione d'urto per

un processo di scattering Rutherford nel sistema di riferimento ha generalmente un formula più complicata, ma, in questo caso, considerato il rapporto tra le masse del proiettile e del bersaglio, assume una formulazione molto simile a quella nel sistema di riferimento del centro di massa.

Per ogni strip verticale di DINEX e per i due rivelatori di monitor abbiamo proceduto all'integrazione del picco relativo al processo di diffusione elastica dopo un'opportuna sottrazione del fondo.

Fig. 10: Spettri energetici misurati dal monitor2 (a), dalla strip numero 1 del telescopio T1 (b), dalla strip numero 8 del telescopio T1 (c) e dalla strip numero 15 del telescopio T1 (d).

3.5 - Efficienza delle Strip

Come già accennato nel Par. 3.2, un impulsatore è stato inserito in un opportuno ingresso dei vari preamplificatori al fine di procedere alla calibrazione energetica delle diverse strip. Tale impulsatore è stato tenuto acceso per tutta la durata dell'esperimento ad un'ampiezza di segnale fissa (1V) e con una frequenza

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costante di 2 Hz. Gli integrali dei conteggi del pulser ci permettono di valutare l'efficienza relativa delle varie strip durante tutta la misura.

Fig. 11: Il grafico mostra come i conteggi dell'impulsatore siano diversi per ogni rilevatore. L'efficienza è massima per i detector T3 (strip 33-48) e T4 (strip 49-64) e per i due monitor corrispondenti agli ultimi due punti nel grafico (strip 65-66). Le strip 1-16 corrispondono al rivelatore T1 ed, infine, le strip 17-32 si riferiscono a T2.

Come è possibile notare dal grafico, tutte le catene elettroniche dei telescopi T3 e T4 ed i rivelatori di monitor M1 ed M2, hanno pressoché la stessa efficienza, mentre T1 e T2 hanno efficienze significative inferiori e sono state opportunamente tenute in considerazione nell'analisi successiva. Il motivo di tale perdita di efficienza è molto probabilmente legato al diverso tempo-morto del sistema di acquisizione nella procedura di read-out dei segnali provenienti dai diversi ADC.

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Capitolo 4Simulazione Monte-Carlo ed Analisi Teorica

4.1 – Valutazione della Distribuzione Angolare

Al fine di poter valutare l'effetto dell’interazione nucleare sul processo di diffusione elastica abbiamo scritto un'opportuna simulazione Monte-Carlo di tale processo nel linguaggio di programmazione C++. Il programma prevede come dati di input:

• la descrizione geometrica dell'incidenza del fascio 7Be sul bersaglio di 58Ni, ovvero offset rispetto all'asse ottico della linea di fascio e larghezza a mezza altezza sia lungo la coordinata orizzontale che verticale;

• l'energia di incidenza del fascio di 7Be e la sua risoluzione energetica;• lo spessore del bersaglio e l'energia cinetica persa dal proiettile per

attraversare tutto il bersaglio;• la descrizione geometrica della disposizione dei telescopi di DINEX e dei

rivelatori di monitor attorno al bersaglio, (angoli polari medi di rivelazione, distanza media dal target e possibili angoli di disallineamento dei rivelatori);

• lo spessore e la risoluzione energetica del primo stadio di rivelazione di DINEX (∆E/E = 1.4%, misurata con le particelle alfa del decadimento di 239Pu, 241Am e 244Cm) e dei rivelatori di monitor (∆E/E = 0.75 %).

Nella simulazione viene assunto evento per evento un punto di diffusione elastica casuale lungo lo spessore del bersaglio (1.12 µm) e l'energia cinetica della particella viene diminuita in accordo con lo spessore attraversato. A questo punto il codice ricostruisce la cinematica di un urto elastico a due corpi e pesa i diversi angoli di diffusione nel sistema di riferimento del centro di massa con la sezione d'urto di Rutherford. Il codice, quindi, calcola la perdita di energia dello ione diffuso nello spessore rimanente del bersaglio ed infine determina la strip dei rivelatori di DINEX o il rivelatore di monitor che intercetta la traiettoria del 7Be una volta fuoriuscito dal target. Gli spettri energetici di ogni rivelatore vengono quindi salvati in un file di testo che può essere direttamente confrontato con quelli misurati sperimentalmente per i diversi rivelatori. Dal momento che nella simulazione abbiamo assunto un processo di scattering puramente coulombiano su tutto l'intervallo angolare, ci aspettiamo un ottimo accordo tra gli spettri sperimentali e simulati per i rivelatori di monitor (collocati a θlab = ±20°) e le strip ad angoli minori dei rivelatori T1 e T3 di DINEX. Da un centro angolo in poi cominceranno a notarsi gli effetti dovuti all'interazione nucleare tra proiettile e bersaglio ed il rapporto relativo tra gli eventi degli spettri sperimentali e quelli simulati diminuirà in maniera consequenziale.

Nella simulazione Monte-Carlo abbiamo assunto che il fascio incidente fosse centrato sul bersaglio (in accordo con lo spettro del PPAC_B), con una ampiezza a mezza altezza di 8 mm sul piano orizzontale e di 9 mm sul piano verticale (come misurato in un precedente esperimento). Abbiamo generato in

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totale 4·106 eventi di diffusione elastica.Un rapido confronto dei conteggi ottenuti dai rivelatori di monitor (posti in

posizioni geometricamente simmetriche rispetto all’asse ottico) evidenzia un leggero disallineamento del supporto dei rivelatori rispetto all’asse d’incidenza del fascio secondario di 7Be sul bersaglio di 58Ni. I rivelatori risultano essere collocati ad angoli polari θ diversi rispetto a quelli originariamente previsti dalla geometria. Per tenere in considerazione questo effetto di disallineamento nella simulazione, abbiamo provato a ruotare in maniera solidale tutti gli angoli medi sia dei rivelatori di monitor che dei rivelatori di DINEX in senso antiorario, ovvero avvicinando T3 ed M2 all’asse ottico ed allontanando T1 ed M1. Sono state compiute diverse simulazioni variando tutti gli angoli medi ad intervalli di 1°. Il miglior accordo tra la frequenza di conteggio dei rivelatori a destra e a sinistra dell’asse ottico si ottiene con una rotazione (antioraria) di 1.7°, pienamente compatibile con la procedura di allineamento ottico del supporto dei rivelatori. Pertanto, la stima a posteriori degli angoli medi dei diversi rivelatori è la seguente: +21.7° (M1), -18.3° (M2), +57.7° (T1) e -63.3°(T3).

Il grafico sottostante evidenzia il rapporto tra il numero di eventi misurati e simulati per le prime 9 strip di T1 (linea rossa) e per le prime 6 strip di T3 (linea blu). In queste regioni il processo di scattering elastico dovrebbe essere puramente di tipo coulombiano, pertanto il rapporto tra eventi generati e simulati dovrebbe essere lo stesso per tutte le strip. Per diminuire gli errori casuali abbiamo considerato la media di 9 strip per il rivelatore T1 e di 6 strip per T3. Si può vedere chiaramente come le due linee si intersechino per una rotazione antioraria di circa 1,7 gradi.

Fig. 12: Il grafico mostra il rapporto tra il numero di eventi misurati con l'esperimento e quelli simulati in funzione dell'angolo di rotazione. Qui il rivelatore T1 è rappresentato dalla linea rossa e T3 da quella blu.

Per il momento abbiamo limitato la nostra analisi alla distribuzione angolare

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del rivelatore T1. Nella tabella sottostante abbiamo riportato l’angolo polare medio (sia nel sistema di riferimento del laboratorio che in quello del centro di massa) ottenuto dalla simulazione per ogni strip di T1. Le colonne successive riportano il numero di conteggi misurati sperimentalmente (con il relativo errore), il rapporto tra dati sperimentali e quelli simulati ed infine il rapporto normalizzato. Quest’ultimo valore si ottiene dividendo il primo rapporto per 1.075 (come deducibile dal grafico soprastante). Tale valore si ottiene imponendo che la sezione d’urto di scattering elastico sia puramente di tipo coulombiano entro le prime 10 strip di T1.

Strip Angolo Polare Simulazione ConteggiRapportoExp./Sim.

RapportoNormalizzato

Lab. C.M. Valore Valore Err. Valore Err. Valore Err.dex1 40.7 45.8 7563 7982.5 151.8 1.06 0.02 0.99 0.02dex2 42.9 48.2 6270 6931.0 138.8 1.11 0.02 1.03 0.02dex3 45.1 50.6 5528 6076.0 128.3 1.10 0.02 1.03 0.02dex4 47.4 53.2 4749 5145.2 116.6 1.08 0.02 1.01 0.03dex5 49.7 55.7 4080 4400.4 106.6 1.08 0.03 1.01 0.03dex6 52.0 58.2 3361 3569.3 95.0 1.06 0.03 0.99 0.03dex7 54.3 60.7 2864 3187.8 89.5 1.11 0.03 1.04 0.03dex8 56.7 63.3 2483 2568.4 80.1 1.03 0.03 0.97 0.03dex9 - - 2146 - - - - - -dex10 61.5 68.4 1838 1856.4 67.1 1.01 0.04 0.94 0.04dex11 63.8 70.8 1628 1620.1 63.2 1.00 0.04 0.93 0.04dex12 66.1 73.2 1473 1277.9 55.5 0.87 0.04 0.81 0.04dex13 68.4 76.7 1274 1118.1 52.3 0.88 0.04 0.82 0.04dex14 70.6 78.0 1079 861.1 46.4 0.80 0.04 0.74 0.04dex15 72.8 80.3 926 649.4 40.5 0.70 0.04 0.65 0.04dex16 75.1 82.6 829 464.8 36.1 0.56 0.04 0.52 0.04Tab 1: La tabella riporta l’angolo polare medio nel sistema di riferimento del laboratorio, in quello del centro di massa ottenuto dalla simulazione per ogni strip di T1. Le colonne successive riportano il numero di conteggi sperimentali, il relativo errore, il rapporto tra dati sperimentali e quelli simulati ed infine il rapporto normalizzato. La strip numero 9 di T1 non era funzionante.

Fig. 13: In questo grafico abbiamo in ascissa gli angoli nel centro di massa e come ordinata il rapporto rispetto alla sezione d’urto di Rutherford.

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4.2 – Valutazione della Sezione d’Urto di Reazione

Come passo conclusivo dell’analisi, abbiamo realizzato una stima preliminare della sezione d’urto di reazione per confrontare il valore da noi ottenuto con quelli misurati precedentemente per lo stesso sistema ad energie di bombardamento inferiori [12]. Tali conti sono stati compiuti con la collaborazione del Dr. Marco Mazzocco e sono stati inseriti per completezza nel lavoro di tesi.

L’analisi teorica viene effettuata con un codice a canali accoppiati, FRESCO [19], nel quale si possono inserire i coefficienti di accoppiamento con i livelli energetici (legati) del proiettile e del bersaglio (per calcolare le sezioni d’urto dei processi di diffusione anelastica), con livelli energetici non-legati del proiettile (per il calcolo della sezione d’urto di breakup), oppure con una ripartizione del numero di nucleoni diversa da quella iniziale (per il calcolo delle sezioni di trasferimento). Infine, tutti i canali non considerati esplicitamente nel calcolo, vengono inclusi in un potenziale di modello ottico, generalmente rappresentato da una buca di potenziale con un termine reale ed uno immaginario con una forma particolare detta Woods-Saxon.

Nel nostro caso gli interessi principali (al momento) sono riprodurre teoricamente i dati relativi al processo di scattering elastico e valutare la sezione d’urto di reazione. Pertanto abbiamo inserito nei nostri calcoli unicamente una buca di potenziale, che rappresenta tutti i canali di reazione diversi dalla diffusione elastica, e nessun accoppiamento. I parametri fondamentali per la descrizione del potenziale (sia per la parte reale che immaginaria) sono la sua profondità, la sua larghezza e la sua diffusività.

Fig. 14: Confronto tra i dati sperimentali e la curva teorica, risultato del fit realizzato con il programma a canali accoppiati FRESCO.

Abbiamo quindi fissato larghezza (R) e diffusività (a) di entrambe le buche ai valori R = 6.65 fm e a = 0.63 fm [Broglia-Winther] mentre abbiamo lasciato entrambe le profondità (V e W) libere di variare. Il miglior accordo tra dati sperimentali e quelli teorici è stato ottenuto per i seguenti valori:

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V = 27.6 ± 5.1 MeVW = 37.8 ± 4.4 MeVDa tale analisi abbiamo ottenuto un valore di sezione d’urto di reazione pari

a 491 ± 31 mb.

4.3 – Confronto con Esperimenti Precedenti

La valutazione della sezione d’urto di reazione per il sistema 7Be + 58Ni ad un’energia di bombardamento nel centro del bersaglio di 22.7 MeV ci permette un rapido confronto con i valori ottenuti da E.F. Aguilera e collaboratori in un esperimento condotto nel 2008 a Notre Dame (Indiana, USA) ed i cui valori sono riportati nella tabella sottostante.

7Be + 58Ni

Elab (MeV) σR(mb)

15,1 20,4 ± 10

17,1 106 ± 30

18,5 182 ± 26

19,9 330 ± 101

21,4 506 ± 97

22,7 491 ± 31Tab 2: Sezione d’urto di reazione per il sistema 7Be + 58Ni a sei energie di bombardamento. I primi cinque valori sono stati misurati da E.F. Aguilera e collaboratori [12], il sesto valore (evidenziato in grassetto) è il risultato del presente lavoro di tesi.

Fig 15: Sezione d’urto di reazione per il sistema 7Be + 58Ni a sei energie di bombardamento.

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Il confronto dei due set di dati mostra chiaramente che non vi è un’elevata compatibilità. Dal trend individuato dalle cinque misure ad energia inferiore potremmo estrapolare a 22.7 MeV una sezione d’urto di reazione di circa 640-650 mb, circa 150 mb al di sopra del valore da noi ottenuto. Un’analisi più accurata degli errori dei due set di risultati rivela però che le due misure potrebbero non essere in totale disaccordo tra di loro. Infatti i due punti a 19.9 MeV e a 21.4 MeV hanno degli errori relativi decisamente grandi dell’ordine del 33% e del 20%, rispettivamente, e pertanto il trend “vero” della sezione d’urto di reazione individuabile all’interno delle barre d’errore potrebbe differire ampiamente da quello estrapolato utilizzando solamente i valori medi delle misure.

Dal nostro canto, la precisione della nostra misura è migliore (l’errore relativo è infatti inferiore al 10%), ed inoltre per il momento abbiamo considerato dati di scattering elastico fino ad angoli polari nel centro di massa di circa 80°, mentre il quantitativo maggiore di informazioni sul processo di interazione nucleare è racchiuso ad angoli all’indietro (rivelatori T2 e T4). Questa parte dell’analisi sperimentale è però oltre lo scopo di questo lavoro di tesi, e sarà oggetto di una fase successiva di lavoro.

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Conclusioni

Questo lavoro di tesi è stato incentrato sullo studio del processo di diffusione elastica di un fascio radioattivo di 7Be da un bersaglio di 58Ni ad un energia attorno alla barriera coulombiana del sistema. Il fascio secondario di 7Be è stato prodotto per la prima volta presso la facility EXOTIC dei Laboratori Nazionali di Legnaro dell’INFN.

L’analisi dati è stata particolarmente complessa, includendo dapprima la calibrazione dei rivelatori utilizzati per il tagging evento per evento del fascio secondario, poi la calibrazione energetica di tutti i rivelatori multi-strip, la valutazione dell’efficienza di ogni singola strip ed infine l’analisi della correlazione tra i segnali energetici e temporali misurati. Terminata la parte sperimentale, si è provveduto alla descrizione del processo di diffusione elastica tramite un codice di simulazione Monte-Carlo, che ci ha permesso di valutare la distribuzione angolare del processo di scattering elastico fino ad un angolo polare massimo di circa 80°. Infine è stata fatta un’analisi preliminare da un punto di vista teorico per la valutazione della sezione d’urto di reazione ed avere una misura indicativa della reattività di questo proiettile debolmente legato. Il risultato da noi ottenuto non è compatibile con misure realizzate precedentemente per la stessa reazione ad energie di bombardamento inferiori. Tuttavia, considerati gli elevati errori relativi delle stime precedenti ed il fatto che la nostra analisi può essere ulteriormente raffinata analizzando i dati di diffusione elastica ad angoli maggiori di 90°, un migliore accordo tra i due set di misure potrebbe essere riscontrato.

In un panorama più ampio, questo lavoro costituisce inoltre il primo passo di un’analisi più sofisticata, volta alla misura degli eventi di breakup e di trasferimento che non è mai stata realizzata prima per questo sistema.

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