Università degli Studi di Perugia
Facoltà di Ingegneria
Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Elettronica
SVILUPPO DI UN SISTEMA
DI ACQUISIZIONE
PER LA CARATTERIZZAZIONE
DI UN SENSORE DI RADIAZIONE
A MATRICE DI PIXEL ATTIVI
PER APPLICAZIONI MEDICALI
Laureando
David Battisti
Relatore
Ing. Daniele Passeri
Correlatore
Dott. Leonello Servoli
Anno Accademico 2009-2010
Sommario
I
Sommario INTRODUZIONE .................................................................................................................................. 1
CAPITOLO 1. SENSORI DI RADIAZIONE ........................................................................................ 3
1.1 - PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO ........................................................................................ 3
1.2 - ACTIVE PIXEL SENSOR ......................................................................................................... 5
1.3 - IL RAPS03 ................................................................................................................................. 9
CAPITOLO 2. IL SETUP DI MISURA ............................................................................................... 12
2.1 - INTRODUZIONE .................................................................................................................... 12
2.2 - HARDWARE .......................................................................................................................... 14
2.2.1 - DAUGHTER BOARD ...................................................................................................... 14
2.2.2 - MOTHER BOARD ........................................................................................................... 15
2.2.3 - SCHEDA DI ACQUISIZIONE ......................................................................................... 16
2.3 - SOFTWARE ............................................................................................................................ 18
CAPITOLO 3. UTILIZZO DEL SETUP CON RAPS04 ..................................................................... 21
3.1 - IL RAPS04 ............................................................................................................................... 21
3.2 - LE SCHEDE DAUGHTER ..................................................................................................... 24
3.4 - OPERAZIONI DI BONDING ................................................................................................. 26
3.5 – TEST FUNZIONALE SU RAPS03 ........................................................................................ 30
CAPITOLO 4. IL PROGETTO RAPID ............................................................................................... 33
4.1 - LA RADIOLOGIA INTERVENTISTICA............................................................................... 33
4.2 OBIETTIVI DEL PROGETTO RAPID ..................................................................................... 36
4.3 SESSIONE DI ACQUISIZIONE DATI ..................................................................................... 39
CAPITOLO 5. ANALISI SUI DATI RACCOLTI ............................................................................... 44
5.1 - INTRODUZIONE .................................................................................................................... 44
5.2 – SPETTRO DEI FOTONI DIFFUSI DAL FANTOCCIO ........................................................ 46
5.3 – LINEARITÀ TRA SENSORI ESAS E ESAL......................................................................... 49
5.4 – DISTRIBUZIONI DEL NUMERO DI FOTONI E DELLA CARICA RACCOLTA ............. 54
5.5 – ANALISI SU GRUPPI DI PIÙ FRAME ................................................................................. 60
5.6 – CONFRONTO CON GLI ALTRI SENSORI .......................................................................... 64
Sommario
CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI .............................................................................................. 68
BIBLIOGRAFIA.................................................................................................................................. 70
APPENDICE ........................................................................................................................................ 71
A1 - INTRODUZIONE .................................................................................................................... 71
A2 - HARDWARE........................................................................................................................... 72
A2.1 - ALIMENTATORI ............................................................................................................. 72
A2.2 - SETUP DI MISURA ......................................................................................................... 74
A.3 - ARCHITETTURA E CARATTERISTICHE DI RAPS03 ...................................................... 78
A.4 - SOFTWARE DI ACQUISIZIONE ......................................................................................... 79
A.4.1 - SET FPGA PARAMS ...................................................................................................... 81
A.4.2 - ACQUISITION PARAMS ............................................................................................... 83
A.4.3 - SAVE DATA ................................................................................................................... 88
A.4.4 - VISUALIZZAZIONE E ANALISI DATI ........................................................................ 90
A.5 - TUTORIAL ............................................................................................................................. 93
Introduzione
1
INTRODUZIONE
Questo lavoro di tesi si colloca nell‟ambito del progetto RAPS, “Radiation Active Pixel Sensor”.
Tale progetto nasce dalla collaborazione tra l'Università degli Studi di Perugia, l'Università degli
Studi di Parma e l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) di Perugia, e riguarda il progetto e
la successiva realizzazione e caratterizzazione sperimentale di sensori a matrice di pixel attivi in
tecnologia CMOS, in grado di rilevare il passaggio di particelle ionizzanti identificandone il punto
di impatto con elevata precisione [1].
Nel corso del tempo sono stati sviluppati quattro prototipi di sensore chiamati RAPS01, RAPS02,
RAPS03 e RAPS04, di cui l‟ultimo è tuttora in fase di produzione. Il lavoro di tesi ha riguardato la
caratterizzazioni di sensori di radiazione a matrici di pixel attivi per applicazioni non
convenzionali, sviluppandosi in diversi ambiti riguardanti le due ultime versioni del prototipo
RAPS; in particolare, la fase iniziale del lavoro ha riguardato il setup di test del RAPS03, con la
produzione di una guida d‟uso che è riportata in appendice; una seconda parte è relativa
all‟adattamento del setup di misura alle versioni successive del chip, in particolare una versione
leggermente modificata rispetto a quella attualmente in uso del RAPS03 e, soprattutto, il RAPS04.
Infine, la parte conclusiva del lavoro è stata dedicata all‟analisi di dati sperimentali acquisiti in una
sessione di misure presso l‟Ospedale di Foligno nell‟ambito del progetto RAPID (Real Time
Active Pixel Dosimetry). Quest‟ultimo progetto nasce da una collaborazione tra il Servizio di
Fisica Santitaria dell‟ASL 3 dell‟Umbria presso l‟Ospedale di Foligno, l‟INFN di Perugia e
l‟Università degli Studi di Perugia, e prevede la progettazione e successiva realizzazione e
caratterizzazione sperimentale di un prototipo di dosimetro in tempo reale, basato su sensori a
matrici di pixel attivi, da utilizzarsi nell‟ambito della radiologia interventistica [2].
Il lavoro sarà organizzato come di seguito descritto: nel primo capitolo è presentata una
introduzione al principio di funzionamento dei sensori di radiazione in Silicio, per poi passare alla
descrizione del RAPS03. Il secondo capitolo, poi, è dedicato al setup di misura, evidenziandone le
principali caratteristiche e funzionalità. Il terzo capitolo mostra le principali caratteristiche del
RAPS04, e le modifiche da apportare al setup di misura per poterlo testare nei prossimi mesi. Il
quarto capitolo introduce il progetto RAPID, fornendo alcune nozioni di base sulla radiologia
interventistica e, soprattutto, evidenziando le potenzialità del progetto stesso, per poi passare alla
descrizione della sessione di presa dati. Il quinto capitolo, infine, riporta i risultati ottenuti
nell‟analisi dei dati a disposizione, per poi passare alle conclusioni e agli sviluppi futuri; a corredo
della trattazione è riportata un‟appendice contenente una guida d‟uso al setup di acquisizione. Gli
strumenti software utilizzati nell‟ambito di questo lavoro sono Matlab R2007b per l‟analisi dati,
Labview per la gestione del software di controllo del setup di misura e Cadence 16.3 ORCAD
Introduzione
2
Capture per la supervisione della realizzazione delle PCB destinate ad ospitare le nuove versioni
del prototipo RAPS.
Capitolo 1 Sensori di radiazione
3
CAPITOLO 1. SENSORI DI RADIAZIONE
1.1 - PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO Lo scopo di un sensore di radiazione è rilevare il passaggio di una radiazione intesa come
particella, fornendo informazioni relative alla energia ad essa associata e alla sua traiettoria. La
possibilità di utilizzare rilevatori in silicio è dovuta all‟interazione tra radiazione e materia: quando
una radiazione di lunghezza d‟onda sufficientemente piccola, cioè dal visibile fino ai raggi X,
attraversa un substrato di silicio, essa cede parte della sua energia al materiale; tale energia si
manifesta sotto forma di portatori di carica (coppie elettrone-lacuna) che vengono generati nel
materiale, e che possono poi essere raccolti tramite dispositivi, tipicamente fotodiodi, la cui
posizione spaziale è nota, risalendo così alla natura della radiazione incidente e al suo punto di
impatto sul sensore. Lo stesso principio di funzionamento è sfruttato per rilevare il passaggio di
particelle cariche come elettroni, protoni o nuclei atomici, in quanto l‟effetto che esse producono
interagendo col silicio è sempre la generazione di coppie elettrone-lacuna.
Per rappresentare il meccanismo di generazione delle coppie elettrone-lacuna è possibile fare
riferimento al modello a bande di energia: in un substrato di silicio gli elettroni si trovano
tipicamente in banda di valenza, e affinché si verifichi la possibilità che essi passino in banda di
conduzione devono ricevere dalla particella incidente un'energia superiore all'Energy Gap, cioè alla
distanza energetica che separa le due bande; qualora ciò avvenga, si ha un elettrone libero di
muoversi in banda di conduzione e una corrispondente lacuna in banda di valenza.
Figura 1.1: andamento qualitativo della struttura a bande nel silicio
Come mostra la figura 1.1, l'Energy Gap per il silicio è di 1.124 eV; in realtà, però, questo
quantitativo di energia non è di per sé sufficiente per spostare un elettrone dalla banda di valenza a
quella di conduzione, visto che i punti di potenziale massimo e minimo per la banda di valenza e di
conduzione sono associati a frequenze spaziali differenti. Affinché un elettrone possa cambiare
banda grazie a questo minimo quantitativo di energia, deve verificarsi una deformazione del
reticolo del silicio che sovrapponga i punti di massimo e minimo delle due bande: in altre parole,
nella transizione tra banda di valenza e banda di conduzione deve essere coinvolto anche un
Capitolo 1 Sensori di radiazione
4
fonone, che è per definizione una unità quantizzata di vibrazione del reticolo. In virtù della bassa
probabilità che ciò avvenga, nell‟ambito dei sensori di radiazione in silicio si considera un Energy
Gap pari a 3.6 eV, corrispondente alla distanza energetica che separa il massimo della banda di
valenza dal corrispondente livello energetico in banda di conduzione.
Occorre precisare, inoltre, che il meccanismo di generazione di portatori nel substrato di silicio è
differente a seconda della natura della radiazione o della particella incidente: maggiore è l‟energia
ad essa associata e maggiore sarà il numero di portatori generato; in particolare, distinguendo la
radiazione in base alla sua lunghezza d‟onda, si hanno le seguenti modalità di interazione tra
radiazione e materia:
Luce visibile e ultravioletta: i fotoni incidenti hanno poca energia, di conseguenza non
penetrano in profondità nel substrato ma vengono assorbiti in una regione di poche frazioni
di micron di silicio, generando una singola coppia elettrone lacuna.
Raggi X: un fotone X genera numerose coppie elettrone lacuna (in numero proporzionale
alla sua energia) in una piccola regione spaziale localizzata intorno al punto di impatto sul
substrato.
Particelle α: essa penetra nel substrato per alcuni micron, generando coppie elettrone-
lacuna lungo tutto il percorso, con un massimo di coppie generate intorno al punto di
arresto.
Particelle β: essa penetra in profondità nel substrato, generando coppie elettrone lacuna in
maniera uniforme lungo la sua traiettoria.
I portatori di carica generati si muovono nel substrato di silicio finche non avviene il fenomeno,
duale della generazione, di ricombinazione. Per evitare che ciò avvenga, e poter quindi ricavare
informazioni sulla natura della radiazione incidente, si possono sfruttare diverse soluzioni
tecnologiche, ad esempio creare un campo elettrico in grado di separare lacune e elettroni,
dirigendo per trascinamento i portatori verso un centro di raccolta di carica, oppure è possibile
sfruttare la diffusione dei portatori nel materiale; i sensori RAPS, oggetto di questo lavoro di tesi,
implementano questa seconda soluzione, sfruttando un fotodiodo polarizzato inversamente nella
ormai consolidata architettura a tre transistor chiamata APS (Active Pixel Sensor), illustrata nel
paragrafo successivo.
Capitolo 1 Sensori di radiazione
5
1.2 - ACTIVE PIXEL SENSOR L‟elemento principale di questa classe di sensori è un fotodiodo polarizzato inversamente: quando
una radiazione con energia superiore all‟Energy Gap del silicio attraversa la regione svuotata
presente alla giunzione p-n del dispositivo, alcuni elettroni possono passare dalla banda di valenza
a quella di conduzione, generando così coppie elettrone lacuna. Esse vengono poi separate dal
campo elettrico presente alla giunzione, e quindi raccolte agli elettrodi del fotodiodo; in pratica, la
radiazione incidente dà luogo a una foto-corrente che scorre nel fotodiodo. Il numero di coppie
generate è approssimativamente pari a:
dove E è l‟energia della radiazione incidente, mentre = 3.6 eV è l‟Energy gap del Silicio.
Per poter raccogliere la quantità maggiore di carica, l‟approccio più utilizzato è quello di realizzare
il fotodiodo per mezzo di una regione di tipo n (n-well) su un substrato di tipo p-, come mostrato
nella figura 1.2.
Figura 1.2: realizzazione del fotodiodo
Il vantaggio sta nel fatto che i portatori ad essere raccolti e misurati sono gli elettroni, mentre
l‟informazione associata alle lacune viene persa, in quanto l‟anodo del fotodiodo è posto a massa;
vista la maggiore mobilità degli elettroni rispetto alle lacune, in un rapporto di quasi 3:1 nel silicio,
ciò si traduce in una maggiore lunghezza di diffusione e, di conseguenza,in una maggiore
efficienza nella raccolta della carica. Una prima conseguenza è che i transistor presenti nel pixel
sono tutti di tipo n: inserire transistor di tipo p richiederebbe infatti una n-well che li ospiti, che
farebbe da centro parassita di raccolta di carica, compromettendo la risoluzione del sensore.
Tornando alla misura della carica raccolta, ci sono due possibili opzioni per ricavare il numero di
coppie elettrone lacuna generate, e quindi risalire all‟energia della radiazione incidente: si può
misurare direttamente la corrente che scorre nel fotodiodo, mantenendo fissa la polarizzazione
inversa, oppure si effettua una misura in tensione; ciò avviene ricaricando periodicamente il
fotodiodo tramite un impulso di reset, ossia applicandovi una opportuna polarizzazione per un
tempo fissato, per poi lasciarlo „floating‟ per un successivo intervallo di tempo, chiamato tempo di
integrazione. La differenza di tensione misurata sul fotodiodo tra l‟inizio e la fine del periodo di
integrazione, infatti, è proporzionale all‟integrale della carica generata dalla radiazione durante
questo intervallo di tempo.
Capitolo 1 Sensori di radiazione
6
La maggior parte dei sensori di radiazione in silicio, compresi i sensori RAPS, sfrutta questa
seconda possibilità, in quanto necessita di meno elettronica per effettuare la lettura: essa infatti è
limitata ai tre transistor mostrati nello schematico di figura 1.3.
Figura 1.3: schematico di un pixel APS
I segnali di gestione del pixel sono RESET e SELECT. L'attivazione del transistor di reset M1
porta la tensione al nodo Vfd a caricarsi fino al suo valore massimo; utilizzando un transistor di
tipo n per effettuare questo pull-up, però, tale valore massimo non può raggiungere il valore di
alimentazione, ma è pari a ,.dove è la tensione di soglia del transistor M1.
Questo fatto porta a due inconvenienti: in primo luogo, riduce il range dinamico del sensore, e
inoltre introduce una fonte non trascurabile di non uniformità, visto che il valore di è solo
nominalmente uguale per tutti i transistor nei diversi pixel. Nella figura 1.4 si mostra come, col
passare degli anni e il progredire del nodo tecnologico, e le conseguenti diminuzioni delle tensioni
utilizzate, si sia arrivati ad avere un range dinamico estremamente limitato per i pixel realizzati con
transistor di tipo n.
Capitolo 1 Sensori di radiazione
7
Figura 1.4: andamento rispetto allo scaling di
Sulla base di queste considerazioni, nei prossimi anni potrebbero essere introdotte architetture
basate sull‟utilizzo di transistor di tipo p: volendo mantenere un fotodiodo di tipo n-well\p-sub
occorrerebbe, infatti, predisporre delle tasche di tipo p++ per ospitare le n-well dei transitor p,
evitando così che essi facciano da centri indesiderati di raccolta di carica. Ciò avrebbe senza dubbio
un impatto sulle dimensioni e sulle prestazioni del pixel, ma visto il progredire dello scaling
potrebbe diventare una soluzione efficiente.
Tornando al funzionamento di un APS „classico‟, una volta spento il transistor di reset, il fotodiodo
è lasciato floating; la carica accumulata nella giunzione, e di conseguenza la tensione al nodo Vfd,
decade lentamente fino al successivo impulso di reset, per effetto della corrente di buio che tende a
scaricare il fotodiodo (periodo di integrazione). Se però, nell'intervallo temporale che intercorre tra
due impulsi di reset, il fotodiodo viene colpito da una radiazione, si ha un repentino abbassamento
della tensione al nodo Vfd: si innesca infatti un fenomeno di generazione di coppie elettrone-
lacuna, dovuto all'effetto fotoelettrico precedentemente descritto, che dà origine a una corrente
aggiuntiva che attraversa la giunzione e determina così una riduzione della carica raccolta nel
fotodiodo.
Il segnale ai capi del fotodiodo viene poi trasferito dal transistor M2, che è connesso in
configurazione Source Follower: esso pertanto presenta un guadagno di tensione circa unitario,
riproducendo in uscita il segnale presente al suo gate, cioè la tensione ai capi del fotodiodo. La
presenza di questo stadio “buffer” è giustificata dal fatto che la sua elevata impedenza d'ingresso e
la sua bassa impedenza di uscita garantiscono un assorbimento di corrente pressoché nullo da parte
degli stadi a valle, evitando così di introdurre ulteriori effetti di perdita che scarichino la tensione al
nodo Vfd.
La lettura dell'uscita, infine, è abilitata dal pass-transistor M3, che viene pilotato dall'impulso di
Select.
Capitolo 1 Sensori di radiazione
8
E' opportuno precisare che il pin di uscita è connesso ad un carico il cui scopo è quello di
polarizzare opportunamente il Source Follower. Tale carico è costituito semplicemente da un
transistor, pilotato da una tensione di gate tale da mantenerlo sempre in conduzione: esso, infatti, si
comporta da pozzo di corrente, assorbendo corrente dal circuito. Questo transitor, nell‟ottica di una
disposizione dei pixel in forma matriciale come quella mostrata nella figura 1.5, è comune a tutti i
pixel di una stessa colonna, garantendo il doppio vantaggio di fornire una polarizzazione uniforme
a tutti i pixel di una stessa colonna e di minimizzare il numero di pixel presenti all‟interno del
singolo pixel.
Figura 1.5: struttura di principio di un sensore a matrice di pixel APS
Ci sono diverse possibilità di lettura di una struttura di questo tipo; una delle più semplici, scelta
anche per le diverse versioni del progetto RAPS, è quella di utilizzare un segnale di reset comune a
tutti i pixel della matrice, per poi leggerli in maniera sequenziale, selezionandoli tramite una
opportuna circuiteria che implementa i decoder di riga e di colonna presenti nella figura xx.
Un‟altra opzione è quella di applicare l‟impulso di reset ai soli pixel di una stessa riga, leggerli in
maniera sequenziale e poi passare alla riga successiva; il vantaggio è che si risente meno
dell‟effetto della corrente di buio che tende a scaricare il valore di tensione in uscita, e che potrebbe
portare a vedere valori significativamente diversi tra i primi e gli ultimi pixel letti, soprattutto nel
momento in cui si ha a che fare con matrici costituite da un numero molto elevato di pixel.
Capitolo 1 Sensori di radiazione
9
1.3 - IL RAPS03 Il sensore utilizzato per l‟acquisizione dati nel corso di questo lavoro è il RAPS03, terza versione
del progetto RAPS. Si tratta di un sensore di radiazione di dimensioni complessivamente pari a 5x5
mm realizzato in tecnologia CMOS UMC (United Microelectronics Company – Taiwan) da 0.18
μm. Esso sfrutta i 6 livelli di Metal e il livello di Poly messi a disposizione dalla tecnologia per
poter realizzare le diverse strutture, sia analogiche che digitali, presenti al suo interno. La figura 1.6
mostra il layout del sensore, evidenziando le componenti principali.
Figura 1.6: layout del chip RAPS03
Le strutture principali sono le 4 matrici costituite ciascuna da 128x128 pixel. Esse sono disposte in
modo da formare una matrice complessiva di 256x256 pixel, ma ogni sottomatrice è dotata di una
propria elettronica di lettura e ha un‟uscita analogica dedicata; in questo modo è possibile
implementare le diverse modalità di lettura e analisi descritte nel capitolo 2
Le altre strutture presenti, non utilizzate durante questo lavoro di tesi, sono sostanzialmente
strutture di test, come le matrici di dimensioni minori 32x32 pixel, realizzate con pixel diversi
Capitolo 1 Sensori di radiazione
10
rispetto a quelle delle matrici principali, o 3x3 pixel, o i singoli pixel e transistor. Inoltre sono
presenti dei buffer analogici per pilotare le uscite della matrice.
La scansione di ogni matrice 128x128 in fase di lettura avviene riga per riga, dall‟angolo in basso a
sinistra fino all‟angolo in alto a destra. I diversi segnali di temporizzazione e controllo sono
generati all‟interno del chip stesso [3]. Le 4 strutture principali sono uguali a due a due; la
differenza sta nella diversa tipologia di pixel che esse utilizzano: le matrici chiamate ESAL
sfruttano i cosiddetti “pixel L”, mentre le matrici ESAS impiegano i “pixel S”. In entrambi i casi si
tratta di pixel di dimensione 10 μm x 10 μm che utilizzano l‟architettura a tre transistor di un pixel
APS descritta nel paragrafo precedente. La figura 1.7 mostra un confronto dei layout dei due pixel,
e si può notare come l‟unica differenza sia nella dimensione della n-well che costituisce il
fotodiodo.
Figura 1.7: layout del pixel L (a sinistra) e del pixel S (a destra)
Nel caso dei pixel L (L=Large) essa è infatti la massima possibile, pari a 73.96 , garantendo
così un fill factor, cioè il rapporto tra l‟area sensibile e l‟area totale del pixel, pari al 74 %.
Nel pixel S, invece, l‟area occupata dal fotodiodo è pari a 4 , e di conseguenza il fill factor è
pari al 4 %.
Il vantaggio, in questo caso, è che la capacità associata alla giunzione p-n che costituisce il
fotodiodo è più piccola, e questo si traduce in rapporto di conversione carica-tensione più efficiente
e una maggiore velocità di lettura del pixel ma peggiora le prestazioni in termini di rumorosità. È
possibile distinguere tra due fondamentali componenti di rumorosità, la prima descrive le
fluttuazioni del valore di uscita di un pixel a fronte di una illuminazione uniforme, la seconda
invece descrive le fluttuazioni del valore di uscita del singolo pixel attorno al suo valor medio;
quest‟ultimo contributo può essere modellato, in prima approssimazione, come N = kT / C
È quindi evidente come la minore capacità associata ai pixel S determini una maggiore rumorosità
di singolo pixel, e questo aspetto è di fondamentale importanza nel dimensionare le soglie con le
quali confrontare l‟uscita per decidere se è stata rilevata una radiazione o meno, come sarà
Capitolo 1 Sensori di radiazione
11
evidenziato nel capitolo 2. Per uno studio dettagliato e approfondito della rumorosità delle matrici
ESAS e ESAL si rimanda a [4].
Dal punto di vista delle prestazioni, come sarà evidenziato nel capitolo 5 dedicato all‟analisi dei
dati sperimentali, le differenti soluzioni implementate nei pixel implicano che le matrici ESAS
abbiano una efficienza maggiore delle ESAL per quanto riguarda la capacità di contare il numero
di fotoni incidenti, visto che il migliore rapporto di conversione carica-tensione fa sì che,
nonostante la rumorosità di singolo pixel più elevata, anche fotoni poco energetici possano essere
tradotti in una variazione significativa del segnale di uscita; d‟altra parte, avendo un‟area sensibile
più piccola, esse forniscono prestazioni inferiori relativamente alla capacità di raccogliere la carica
generatasi in seguito all‟interazione tra radiazione e substrato, specie nei casi in cui una radiazione
investe un pixel sul bordo del pixel stesso: la carica generata si divide, infatti, tra pixel adiacenti,
ma la percentuale di carica che non viene raccolta a causa di fenomeni di ricombinazione è molto
più elevata nei pixel S che non negli L.
Capitolo 2 Setup di misura
12
CAPITOLO 2. IL SETUP DI MISURA
2.1 - INTRODUZIONE
In questo capitolo sono presentate le principali funzionalità e caratteristiche del setup sperimentale
utilizzato per il test di RAPS03. Per una descrizione più dettagliata da un punto di vista operativo si
rimanda alla guida d‟uso riportata in appendice.
L‟aspetto più importante da sottolineare è l‟elevata flessibilità di questo setup. Essa va intesa sotto
diversi punti di vista: in primo luogo, la possibilità di smontare il setup e trasportarlo facilmente per
effettuare sessioni di acquisizione al di fuori del laboratorio semiconduttori dell‟INFN di Perugia,
come ad esempio la sessione di acquisizione all‟Ospedale San Giovanni Battista di Foligno
nell‟ambito del progetto RAPID, descritta in dettaglio nel capitolo 4, o come le diverse sessioni di
acquisizione, effettuate nel corso del tempo al CERN di Ginevra o ai laboratori LNF di Frascati o
LNS di Catania, su fasci di particelle di diversa natura ed energia.
Altro aspetto fondamentale è che lo stesso setup viene utilizzato non solo per il RAPS03, ma anche
per testare sensori commerciali Micron Technology ITALY nell‟ottica di una collaborazione tra
l‟azienda e l‟Università di Perugia; esso, inoltre,sarà utilizzato, con minimi accorgimenti e
variazioni, per testare le versioni successive del chip RAPS, come mostrato nel capitolo 3. È in fase
di implementazione, inoltre, il collegamento di questo setup con quello relativo al banco ottico
presente nel laboratorio semiconduttori dell‟INFN di Perugia, in modo da poter testare il RAPS03
con sorgenti laser; nel capitolo 3.sono riportati alcuni grafici con i primi risultati ottenuti in questo
ambito.
Infine, in virtù del fatto che esso dispone di quattro uscite indipendenti tra loro, il setup consente di
implementare diverse modalità di test, a seconda che si stiano facendo analisi il cui scopo
principale è quello di individuare e ricostruire la traiettoria di una particella incidente, o invece
quello di raccogliere informazioni sulla natura (frequenza, energia,…) della radiazione incidente.
Nel primo caso si fa riferimento alla cosiddetta “modalità telescopio”, in cui è possibile valutare la
risposta di quattro sensori allineati tra loro, mentre nel secondo caso ci si concentra solitamente
sull‟analisi di un unico sensore, tenendo conto delle quattro uscite associate alle matrici principale
di 128x128 pixel.
Nella figura 2.1 è mostrato uno schema funzionale, in cui sono evidenziate le diverse componenti;
nei paragrafi successivi sono descritte le principali caratteristiche di ognuna di esse, partendo
dall‟hardware per poi arrivare al software.
Capitolo 2 Setup di misura
13
Figura 2.1: schema a blocchi del setup di misura
Capitolo 2 Setup di misura
14
2.2 - HARDWARE
La figura 2.2 mostra una foto d‟insieme del sistema, dove sono evidenziate le diverse componenti
hardware che lo costituiscono.
Figura 2.2: il setup di acquisizione
Si tratta di tre diverse schede PCB, ognuna con delle funzionalità specifiche, descritte nei paragrafi
successivi.
2.2.1 - DAUGHTER BOARD
Lo scopo di questa scheda, mostrata nella figura 2.3, è quello di ospitare il chip RAPS03,
fornendogli non solo un supporto fisico, ma anche gestendo da un punto di vista elettrico il
collegamento dei segnali da e verso il sensore. Ciò avviene tramite regolatori di tensione e traslatori
di livello, che sono posti, assieme ai vari condensatori di blocco, attorno al sensore. La connessione
alla scheda Mother, infine, avviene tramite un connettore DIN a 96 pin.
Capitolo 2 Setup di misura
15
Figura 2.3: scheda Daughter
Nell‟ottica dell‟utilizzo del setup per le successive versioni del chip l‟unico elemento da modificare
è proprio la scheda daughter, in quanto occorrerà adattarla da un punto di vista elettrico ai diversi
livelli di alimentazione previsti per il RAPS04. Si rimanda al capitolo 3 per una descrizione più
approfondita.
2.2.2 - MOTHER BOARD
Lo scopo principale di questa scheda è ospitare le quattro schede daughter in parallelo, fornendo
loro un solido alloggiamento meccanico. Da un punto di vista elettrico, inoltre, essa si occupa della
gestione di tutti i segnali che viaggiano dalle schede Daughter alla scheda di acquisizione e
viceversa. Nella figura 2.4 è mostrato il file gerber della scheda, in cui sono evidenziate le
principali aree funzionali.
Figura 2.4: gerber file della scheda Mother
Capitolo 2 Setup di misura
16
La Power Area: fornisce le tre tensioni di alimentazioni del chip RAPS03, in particolare la
1.8 volt analogica del Core Analogico, la 1.8 volt digitale del Core Digitale, 3.3 volt del
pad digitale. Queste tensioni sono generate mediante regolatori di tensione fissi lineari, a
partire dalle tensioni che la scheda riceve in ingresso da 3 alimentatori esterni, e sono
collegate in un unico nodo unico a tutti e quattro i RAPS attraverso le relative piste verso il
connettore alla scheda figlia.
Isolatori optoelettronici: gli isolatori per segnali digitali permettono di separare i segnali
digitali in due domini completamente indipendenti, rispetto a due definite alimentazioni
digitali e masse di riferimento, rispettivamente poste sul lato di ingresso e su quello di
uscita. I segnali digitali risultano dunque meno soggetti a forme di disturbi condotti.
Sistemi LVSD-SE e SE-LVDS: Low-Voltage Differential Signaling (LVDS) - Single Ended
(SE) o dispositivi che effettuano l‟operazione inversa SE - LVDS. Questi sistemi
consentono di prevenire il problema di accoppiamento elettromagnetico generato nei cavi
che trasportano più segnali molto vicini tra loro. In pratica, l‟effetto di disturbo provocato
dal campo generato dal segnale che viaggia in un verso è contrastato dal campo generato
dal segnale che viaggia nel verso opposto sulla linea adiacente.
Amplificatori per le uscite analogiche: a causa dei percorsi effettuati dai segnali di uscita
del sensore attraverso le piste e i connettori, che posso introdurre disadattamenti, può
succedere che questi arrivino alla scheda di acquisizione molto degradati. Per risolvere
questo problema vengono inseriti degli amplificatori del segnale in tensione.
Banco di connettori: servono per il collegamento, mediante cavi o diretto, delle tre schede
PCB tra loro. In particolare ci sono 28 connettori LEMO, 7 per ogni scheda Daughter, che
consentono di portare agli ADC e, poi, al pc di gestione del sistema i 4 segnali di uscita
delle matrici ESAS e ESAL, il segnale relativo alle strutture 32x32 realizzate con pixel EG,
e le altre matrici 32x32 realizzate rispettivamente con pixel G1PO e G1POL.
2.2.3 - SCHEDA DI ACQUISIZIONE
L‟ultimo elemento del setup di misura è la cosiddetta scheda di acquisizione. Essa contiene due
schede EVALUATION BOARD AD9238BCP-65EBZ della Analog Device, ciascuna delle quali
alloggia due ADC da 65 MPS e 12 bit di risoluzione per poter convertire in digitale i 4 segnali
analogici acquisiti dalle matrici principali di ciascun RAPS, e una scheda Opal Kelly XEM3050-
4000p, che ha il duplice scopo di alloggiare un FPGA Xilinx Spartan 3 XC3S4000 e un interfaccia
USB2.0 per collegare il tutto con un personal computer di controllo. Quanto appena descritto è
mostrato nelle figure 2.5 e 2.6.
Capitolo 2 Setup di misura
17
Figura 2.5: Evaluation Board AD9238BCP-65EBZ
Figura 2.6: scheda Opal Kelly XEM3050-4000p
Le funzioni svolte dall‟FPGA sono molteplici: esso infatti si occupa della gestione dei segnali di
controllo verso i sensori, ed effettua la trasmissione dei dati da salvare al PC di controllo operando
la sottrazione dei piedistalli e gestendo le operazioni di trigger.
Capitolo 2 Setup di misura
18
2.3 - SOFTWARE
La gestione software della acquisizione, visualizzazione e salvataggio dei dati avviene per mezzo di
un programma sviluppato in Labview, la cui schermata principale è mostrata nella figura 2.7.
Figura 2.7: pannello principale del programma di gestione del setup
Per poter comprendere le principali funzioni implementate in questo software è opportuno
descrivere il formato che si vuole ottenere per i dati salvati. Lo scopo, infatti, è quello di facilitare
al massimo le successive operazioni di analisi sui dati, e ciò avviene, da un lato, trasformando i dati
stessi in un formato che sia più facile possibile da interpretare, e, dall‟altro, facendo in modo che
solo dati realmente significativi vengano salvati.
Riguardo al primo aspetto, occorre tenere conto del fatto che si ha a che fare con un segnale di
uscita analogico che prevede la lettura sequenziale della tensione di uscita dei diversi pixel, che in
condizioni di buio resta più o meno costante, con dei repentini abbassamenti di tensione in
corrispondenza dei pixel colpiti da una radiazione. L‟obiettivo è trasformarlo in un segnale digitale
che, invece, sia a valor medio nullo, con dei picchi in corrispondenza dei pixel colpiti da
radiazione; per far questo, occorre operare, prima del salvataggio dei dati, delle trasformazioni sul
segnale in uscita a valle della conversione A\D, in particolare la sottrazione del valor medio
(comunemente detto „piedistallo‟) di ogni pixel e una inversione di segno. Altro aspetto
fondamentale è scegliere quale valore salvare: passando dalla lettura di un pixel al successivo, a
causa di accoppiamenti capacitivi sul percorso di uscita del segnale, si individua un comportamento
analogo a quello descritto dalla figura 2.8.
Capitolo 2 Setup di misura
19
Figura 2.8: tipico andamento della tensione di uscita del RAPS03
Volendo fornire e salvare un valore di uscita univoco per ogni pixel, occorre campionare il segnale
individuando un certo numero di campioni significativi (almeno 4), evidenziati in rosso nella
figura, e fare poi la media su questi campioni; anche questa operazione, che ovviamente cambia a
seconda della frequenza di clock scelta e, quindi, dell‟intervallo di lettura dedicato a ogni pixel, è
gestita dal software e svolta dall‟FPGA.
Il secondo aspetto di fondamentale importanza è capire quando un dato acquisito è significativo e,
di conseguenza, deve essere salvato; in quest‟ottica rientra la gestione delle funzioni di trigger, che
consiste nel confrontare il valore di ogni pixel con una soglia fissata dall‟utente rispetto a un
segnale di riferimento, che nella maggior parte dei casi coincide col segnale di uscita del RAPS03,
e salvare solo le situazioni in cui ci sia almeno un pixel sopra soglia. In particolare, le soglie
devono essere dimensionate tenendo conto della rumorosità di singolo pixel, in modo tale da
riconoscere ed escludere i cosiddetti “bad pixel”, senza però essere troppo elevate da escludere dal
salvataggio anche eventi significativi. Alcuni dei pixel delle diverse matrici, infatti, possono essere
non funzionanti, ad esempio a causa di errori di processo durante la fabbricazione del chip. Essi
possono essere individuati ed esclusi dal computo degli eventi che vengono salvati in quanto
risultano illuminati anche in condizioni di buio; per questo motivo, oltre ad essere chiamati „bad
pixel‟, sono anche detti „pixel caldi‟. Occorre poi considerare anche il fatto che, durante una
Capitolo 2 Setup di misura
20
acquisizione, alcuni pixel „buoni‟ si trasformano in bad pixel, restando illuminati dopo essere stati
colpiti. Il software implementa un algoritmo che prevede il riconoscimento e l‟esclusione dei bad
pixel.
Chiariti questi aspetti, utili non solo alla gestione dell‟acquisizione ma anche alle successive
operazioni di analisi dati, è possibile riassumere le principali funzioni gestite dall‟utente tramite
interfaccia grafica e svolte dal software di acquisizione:
Configurare l‟FPGA con un file .bit, che viene caricato nella Spartan3 al momento
dell‟accensione.
Configurare i parametri di acquisizione, come le modalità e le soglie di trigger e le
operazioni di calcolo e sottrazione dei piedistalli.
Configurare i sensori, scegliendo periodo di clock e, di conseguenza, durata dell‟intervallo
di integrazione e di lettura di ogni pixel.
Calcolare la maschera dei bad pixel, e applicarla per escludere dal salvataggio dei dati i
pixel interessati.
Visualizzazione in tempo reale, tramite grafici a una, due e tre dimensioni, che consentono
di valutare la natura dei dati che si sta acquisendo, e quindi di capire se essi siano
sufficientemente significativi da essere salvati o se, invece, occorra modificare i parametri
di acquisizione.
Salvataggio dei dati: esso può avvenire in due modalità, utilizzate a seconda del tipo di analisi
che si sta facendo; è infatti possibile salvare, in corrispondenza a un evento di trigger, solo il
sensore contenente il pixel che supera la soglia fissata, oppure tutti i sensori assieme.
Capitolo 3 Utilizzo del Setup con RAPS04
21
CAPITOLO 3. UTILIZZO DEL SETUP CON
RAPS04
Nei prossimi mesi il setup di misura sarà utilizzato per il test e la caratterizzazione della nuova
versione del prototipo RAPS, chiamato RAPS04. Per poterlo adattare alle caratteristiche del nuovo
sensore rispetto al precedente, in particolare il diverso numero dei segnali di uscita e i diversi livelli
di alimentazione richiesti, è stato sufficiente progettare una scheda Daughter che risolvesse questi
problemi di compatibilità, lasciando inalterato tutto il resto del setup di acquisizione. Un‟altra
differenza sta nel fatto che, per poterne sfruttare a pieno le potenzialità, il RAPS04 deve essere
bondato direttamente sulla scheda, mentre finora si è utilizzato un package per contenere il
RAPS03; l‟operazione di bonding sarà eseguita nella camera pulita dell‟INFN di Perugia, e deve
essere effettuata anche per il RAPS03, al fine di confrontarne l‟efficienza rispetto alla soluzione
con package utilizzata finora.
3.1 - IL RAPS04
Il prototipo RAPS04 si differenzia notevolmente rispetto alle versioni precedenti in quanto è
realizzato in una tecnologia innovativa 3D, allo stato dell‟arte, che permette di integrare su uno
stesso substrato più circuiti funzionalmente completi, impilandoli l‟uno sull‟alto in direzione
verticale, e offrendo la possibilità di distribuire verticalmente anche alcuni segnali globali,
mediante interconnessioni realizzate attraverso il silicio stesso chiamate TSV (Through Silicon
Vias). I vantaggi offerti da questa integrazione tridimensionale sono molteplici, infatti, come
suggerisce la figura 3.1, la conseguenza immediata è la riduzione della lunghezza delle
interconnessioni, in conseguenza della quale si riducono anche l‟occupazione d‟area, i tempi di
propagazione dei segnali, la potenza dissipata e, presumibilmente, anche i costi di produzione
rispetto a quelli cui si andrebbe incontro operando un semplice scaling del nodo tecnologico [5].
Capitolo 3 Utilizzo del Setup con RAPS04
22
Figura 3.1: l’integrazione verticale
Il RAPS04 è stato realizzato per mezzo di una collaborazione tra le fonderie Chartered e Tezzaron:
la prima si è occupata della realizzazione delle parti planari del chip, in una tecnologia a 130 nm,
lasciando lo spazio necessario nei vari layer affinché la seconda potesse posizionarvi i “Super-
contatti” per realizzare le connessioni in direzione verticale. In particolare, RAPS04 è composto da
due strati sovrapposti e speculari chiamati Tier A e Tier B, ciascuno dei quali implementa una
matrice a sensori di pixel attivi funzionalmente completa, dotata cioè di elettronica di controllo e di
lettura, oltre a diverse strutture di test; in figura 3.2 è mostrato il layout del Tier A, e sono
evidenziati anche i segnali associati alle pad di I\O del Tier B .
Capitolo 3 Utilizzo del Setup con RAPS04
23
Figura 3.2: layer del Tier A presente nel RAPS04
Le matrici principali di 16x16 pixel si trovano nella zona centrale del chip e, mantenendo la doppia
architettura con pixel L e S, con le stesse dimensioni e caratteristiche di quelli utilizzati in RAPS03,
consentono di ottenere una matrice complessiva di 32x32 pixel. I due Tier sono stati progettati in
modo che le aree sensibili risultino perfettamente allineate, e poste a una distanza molto piccola,
dell‟ordine dei 12 micron offerti dalla tecnologia utilizzata. Ciò offre prospettive molto interessanti
soprattutto nell‟ambito del rilevamento della traiettoria della particella che incide sul sensore: pur
utilizzando una struttura che consente di effettuare questa operazione come il telescopio, infatti, si
risente inevitabilmente delle conseguenze dello scattering subito dalla particella nell‟interazione
con le diverse strutture che essa attraversa, e questo aggiunge una notevole percentuale di
incertezza sulla bontà della traiettoria che viene ricostruita. Nel caso del RAPS04, invece, le
conseguenze dello scattering saranno molto meno significative, viste le ridotte distanze che
separano i vari strati sensibili. Nell‟ottica di minimizzare gli effetti di scattering, inoltre, il chip sarà
realizzato senza package, venendo quindi bondato direttamente sulla scheda che lo ospita tramite
un approccio di tipo Chip-on-Board. Per valutare gli effetti di questa operazione, mai realizzata
finora per le precedenti versioni del RAPS, che utilizzavano tutte un package, sono state prodotte
alcune schede per eseguire il bonding diretto anche su RAPS03.
Capitolo 3 Utilizzo del Setup con RAPS04
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3.2 - LE SCHEDE DAUGHTER
Come accennato nel capitolo precedente, l‟unico elemento da modificare nel setup di test è
costituito dalle schede daughter che ospitano i sensori; esse sono state progettate alcuni mesi fa, e
successivamente realizzate dalla ditta Artel di Arezzo. Per quella destinata al RAPS03 si è ripreso il
progetto relativo alle vecchie schede, di cui è mostrato un esempio in fugura 3.3.
Figura 3.3: scheda Daughter per RAPS03, senza chip montato su di essa
L‟unico aspetto da modificare è che, come si vede nell‟immagine sopra, nel progetto originario al
centro c‟è il footprint del socket PGA120 che alloggia il chip; esso va invece rimosso, lasciando lo
spazio, sempre in posizione esattamente centrale, per effettuare il bonding del sensore. Il risultato è
mostrato nella figura 3.4.
Figura 3.4: scheda Daughter per RAPS03 Diamond
Per la scheda destinata al RAPS04 è stato necessario, invece, effettuare un nuovo progetto che, pur
mantenendo inalterate le dimensioni complessive e il pin di connessione alla scheda Mother,
risolvesse i problemi di compatibilità rispetto al numero di segnali e, soprattutto, rispetto ai diversi
livelli di tensione di alimentazione presenti. Questo è stato ottenuto inserendo nella scheda alcuni
Capitolo 3 Utilizzo del Setup con RAPS04
25
regolatori di tensione e traslatori di livello, oltre ai connettori LEMO per potervi connettere
strutture di test e ai vari condensatori per la polarizzazione. Lo schematico definitivo è riportato
nella figura 3.5, mentre per maggiori dettagli sui componenti utilizzati si rimanda a [6].
Figura 3.5: schematico della scheda Daughter per RAPS04
Capitolo 3 Utilizzo del Setup con RAPS04
26
3.4 - OPERAZIONI DI BONDING
Prima di commissionare le schede è stato necessario recuperare e mettere a disposizione le diverse
informazioni relative alle dimensioni del chip, delle sue pad di I\O e della distanza tra di esse, oltre
alle bill of materials, cioè l‟elenco di tutti i componenti da inserire sulle schede. In seguito sono
stati preparati i diagramma di bonding dei due chip, ossia la visualizzazione, sovrapposta al layout
estratto dal file gerber della scheda, di come devono essere connessi i diversi segnali dalle pad di
I\O chip alla scheda. Essi sono riportati nelle figure 3.6 e 3.7, per il RAPS03 e il RAPS04
rispettivamente, assieme ai rispettivi piani di montaggio contenenti l‟elenco dei segnali da
considerare.
Capitolo 3 Utilizzo del Setup con RAPS04
27
Figura 3.6: piano di montaggio e diagramma di bonding per RAPS03
Capitolo 3 Utilizzo del Setup con RAPS04
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Figura 3.7: piano di montaggio e diagramma di bonding per RAPS04
Osservando queste immagini è possibile intuire come l‟operazione di bonding sarà più complicata
per il RAPS04 rispetto al RAPS03: pur avendo un numero inferiore di segnali da collocare, infatti,
Capitolo 3 Utilizzo del Setup con RAPS04
29
si ha a che fare con un chip di dimensioni complessive analoghe a RAPS03, ma in cui la parte di
interesse è quella in basso a sinistra del chip stesso, che per il resto è occupato da altri progetti di
diversi enti e università europee e americane. Ciò comporta la necessità di realizzare dei
collegamenti piuttosto lunghi per arrivare dalle pad di I\O del RAPS04 che si trovano verso il
centro del chip fino alle pad sulle scheda, che di conseguenza risultano essere più spaziate tra di
loro rispetto a quelle per RAPS03.
In attesa di ricevere dalla fonderia Tezzaron i chip di RAPS04 è stato eseguito il bonding di un
sensore RAPS03. Tale operazione è stata realizzata dalla Dott.ssa Maria Ionica nella camera pulita
presso l‟INFN di Perugia: inizialmente è stato incollato il chip sulla scheda per mezzo di una colla
isolante termicamente ed elettricamente chiamata “Araldite 2011”, poi, dopo aver atteso 24 ore
perché essa si asciugasse completamente, è stato realizzato il bonding secondo il piano di
montaggio riportato nella figura 3.6. Questa operazione è stata eseguita utilizzando alluminio con
una bassa percentuale di silicio, circa 1 %, per rendere i collegamenti più rigidi e resistenti. La
macchina che realizza l‟operazione si comporta in modo analogo a una macchina da cucire: essa
piazza il filo di bonding sulla pad del chip, lo tira fino a posizionarsi sopra la corrispondente pista
della scheda e, infine, realizza il collegamento. La larghezza del filo di bonding è di circa 25 μm,
per poi schiacciarsi e allargarsi sulle pad del chip e sulle piste della scheda, dove arriva a occupare
un‟area di circa 50x100 μm. Nella figura 3.8 è riportata una foto della scheda con, al centro, il chip
bondato.
Figura 3.8: scheda Daughter con chip RAPS03 incollato e bondato
Capitolo 3 Utilizzo del Setup con RAPS04
30
3.5 – TEST FUNZIONALE SU RAPS03
Per controllare la correttezza della nuova scheda e dell‟operazione di bonding eseguita, è stato
effettuato un test funzionale presso il Laboratorio Semiconduttori dell‟INFN di Perugia, con
l‟unico obiettivo di verificare che il sistema fosse in grado di gestire il nuovo sensore, di acquisire
dati e di rispondere a uno stimolo luminoso esterno. Ciò è avvenuto acquisendo dati prima in
condizioni di buio e, poi, in condizione di illuminazione costante, rivolgendo una lampada verso il
sensore: pur essendo quest‟ultimo coperto da una struttura plastica per evitare di danneggiare i
bond realizzati, la cui presenza costituisce uno schermo alla luce visibile, si è notato un
innalzamento del livello dei piedistalli, come è mostrato nella figura 3.9, che riporta i piedistalli in
condizione di buio e di illuminazione per una delle matrici ESAL.
Figura 3.9: confronto tra i piedistalli in condizione di buio e illuminazione costante per una matrice ESAL
Si nota una differenza di qualche conteggio ADC tra il livello medio dei piedistalli nei due casi che
testimonia il corretto funzionamento del sensore. Confrontando questi valori con i tipici valori in
condizioni di buio dei piedistalli del RAPS03 utilizzato finora si nota un abbassamento degli stessi,
passando da circa 3600 a 2800 ADC Counts; anche per la rumorosità di singolo pixel sui diversi
sensori si sono riscontrati dei valori diversi da quelli tipici, che vanno attentamente studiati prima
di poter ricavare i fattori di conversione da ADC Counts a eV e poter, quindi, utilizzare il sensore
in modo significativo.
Capitolo 3 Utilizzo del Setup con RAPS04
31
Come ulteriore verifica del corretto funzionamento del RAPS03 bondato è stato effettuato un test
con sorgente laser; si ringrazia l‟Ing. Claudio Barberi per la fusione in Labview dei programmi di
controllo del setup di acquisizione del RAPS con quelli di gestione del laser, e per l‟aiuto nel
produrre i risultati mostrati nelle figure 3.10 e 3.11: la prima mostra uno spot di dimensione 5x5
pixel di una matrice ESAS del RAPS03 package, mentre la seconda mostra uno spot di stesse
dimensioni relativo a una matrice ESAL del RAPS03 bondato.
Figura 3.10: risposta del RAPS03-package all’illuminazione con sorgente laser
Capitolo 3 Utilizzo del Setup con RAPS04
32
Figura 3.11: risposta del RAPS03-bondato all’illuminazione con sorgente laser
Confrontando le due immagini, si nota come esse siano sostanzialmente identiche in termini di
risposta ottenuta, a ulteriore conferma che l‟operazione di bonding è stata effettuata in maniera
corretta e che, soprattutto, il setup di acquisizione ha confermato le caratteristiche di flessibilità e
riconfigurabilità che ci si aspettava. La caratterizzazione del comportamento del chip RAPS con
sorgenti laser sarà effettuata in maniera esaustiva nei prossimi mesi.
Nell‟immediato futuro si realizzerà il bonding di altri chip RAPS03, e la stessa operazione sarà poi
eseguita su RAPS04. Per testare quest‟ultimo, poi, non sarà necessario apportare modifiche al
software di acquisizione, ma occorrerà ovviamente una attenta analisi preliminare che consenta di
individuare i parametri ottimi di acquisizione, come il periodo di clock, la lunghezza dell‟intervallo
di integrazione e le soglie di trigger ottimali: queste ultime, in particolare, variano a seconda della
sorgente che si sta utilizzando, ma devono essere sempre dimensionate sulla base del rumore di
singolo pixel in modo da escludere correttamente i bad pixel.
Capitolo 4 Il progetto RAPID
33
CAPITOLO 4. IL PROGETTO RAPID
4.1 - LA RADIOLOGIA INTERVENTISTICA
Il progetto RAPID (Real Time Active Pixel Dosimetry) nasce da una collaborazione tra il Servizio di
Fisica Sanitaria dell‟ASL3 dell‟Umbria presso l‟Ospedale di Foligno, l‟INFN di Perugia e l‟Università
degli Studi di Perugia. Esso prevede la progettazione, realizzazione e caratterizzazione sperimentale di
un prototipo basato su sensori di radiazione a matrice di pixel attivi che sostituisca i dosimetri
attualmente utilizzati nell‟ambito della Radiologia Interventistica.
Questa disciplina è uno dei campi più fortemente in evoluzione della medicina, in quanto in essa si
fondono il progresso tecnologico e lo sviluppo di tecniche e materiali diagnostici e interventistici
sempre più innovativi. La Radiologia Interventistica, in particolare, è in grado di fornire prestazioni
diagnostiche specialistiche (ecografia, eco color doppler, TC multistrato, Risonanza magnetica,
Angiografia digitale) e prestazioni terapeutiche che spaziano su numerosi campi (malattie cardio-
vascolari,oncologia, ortopedia, urologia, ginecologia....), tendendo a sostituire sempre di più il
trattamento chirurgico convenzionale, grazie ai numerosi vantaggi che essa offre [2], [7]: in oltre il
90% dei casi, infatti, è sufficiente lavorare in anestesia locale, con procedure minimamente invasive
che sono, in generale,meno pericolose dei corrispettivi interventi chirurgici. Ci sono, però, anche delle
criticità, legate soprattutto all‟alto livello di esposizione radiologica (si tratta di raggi X) sia nei
pazienti che, soprattutto, nei medici. I tempi di esposizione dipendono fortemente dal tipo di diagnosi
o intervento effettuato, e possono andare da pochi minuti nei casi più semplici fino a oltre un‟ora in
quelli più complessi, come è mostrato nella seguente tabella, relativa a dai provenienti dall‟Ospedale
di Foligno.
Tabella 4.1: diverse procedure diagnostiche e interventistiche e relativi tempi di esposizione a radiazione
Questo comporta la possibilità di incorrere in danni non solamente di natura stocastica, ma anche di
tipo deterministico, soprattutto quando si espone il paziente a dosi elevate per tempi lunghi,
indirizzando il fascio sempre sulla stessa parte del corpo. Per il personale sanitario, inoltre, occorre
tener conto della ripetitività dell‟esposizione alle radiazioni, e del fatto che, a seconda del tipo di
intervento da effettuare, è necessario lavorare vicino al paziente e, spesso, in assenza di protezioni,
Capitolo 4 Il progetto RAPID
34
specie per quanto riguarda le mani e gli occhi. Diventa, quindi, non trascurabile il contributo di
radiazione diffusa dal corpo del paziente che investe il personale sanitario nel contesto delle diverse
procedure diagnostiche e terapeutiche.
Prima di entrare nei dettagli del progetto RAPID è opportuno fornire alcune definizioni utilizzate nel
contesto medico per quantificare l‟esposizione a radiazioni:
Dose assorbita: è la definizione più generica, e di natura più fisico-ingegneristica; essa,
infatti, è definita come energia depositata per unità di massa in un mezzo da una radiazione
incidente. Dal punto di vista dimensionale, essa si misura in Gray:
Dose equivalente: essa cerca di fornire un‟informazione più rilevante da un punto di vista
biologico rispetto alla dose assorbita, tenendo conto della pericolosità derivante dal tipo di
radiazione che interagisce col corpo umano. Ciò avviene moltiplicando la dose assorbita per
un fattore correttivo che è pari a 1 per fotoni X, γ e particelle β, mentre assume valori
maggiori nel caso di protoni, neutroni e particelle α.
Dal punto di vista dimensionale, pur essendo il fattore adimensionale, essa si quantifica
con una nuova unità di misura, il Sievert:
Dose effettiva: quest‟ultima quantità è utilizzata per confrontare il rischio stocastico a fronte
di radiazioni non uniformi con quello dovuto a radiazioni uniformi che investono tutto il
corpo. Ciò è necessario in quanto i diversi organi e tessuti reagiscono in maniera diversa a una
radiazione incidente, incorrendo in danni più o meno gravi. La dose effettiva è quindi definita
come somma pesata della dose equivalente:
dove i pesi tengono conto della diversa radiosensibilità dei vari tessuti.
Sulla base delle definizioni appena fornite, esistono delle norme che regolano i tempi di esposizione e,
soprattutto, la dose cui è sottoposto il personale sanitario, come ad esempio la “ICRP 73: Radiological
Protection and safety in medicine” e la “NCRP 122 : use of personal monitors to estimate effective
dose equivalent to workers for external exposure to low-LET radiation, 1995”. Esse prevedono il
monitoraggio della dose ricevuta dal personale sanitario per mezzo di dosimetri individuali, cui si
affiancano dosimetri ambientali per offrire una taratura della dose nella stanza in cui si fa uso di
radiazione. Dal punto di vista tecnologico, esistono diverse tipologie di dosimetri individuali; tra i più
diffusi,utilizzati anche come pietra di paragone nell‟ambito del progetto RAPID, ci sono i Lif TLD
100 (Termo-Luminescent Dosimeter), sensibili nel range energetico compreso tra 10 keV e 3 MeV.
I TLD effettuano una misura indiretta della radiazione, fornendo un valore in uscita in termini di dose
equivalente; essi sono costituiti da cristalli, solitamente fluoruro di calcio o fluoruro di litio, con
all‟interno una percentuale opportunamente definita di impurità. Quando una radiazione investe il
Capitolo 4 Il progetto RAPID
35
cristallo, essa porta alcuni elettroni in uno stato eccitato, in cui essi restano intrappolati a causa delle
impurità presenti. Quando, in fase di lettura, il cristallo viene scaldato, questi elettroni tornano a livelli
energetici più bassi, emettendo nella transizione un fotone, la cui frequenza, ovviamente, dipende dal
salto energetico effettuato ed è quindi legata all‟energia della radiazione che aveva eccitato l‟elettrone.
Uno degli aspetti più importanti da tenere in conto è che, col passare del tempo, si verifica il fenomeno
del fading, ossia gli elettroni eccitati decadono naturalmente a livelli energetici stabili, rendendo
quindi inutile la lettura del dispositivo. I tempi di fading variano da qualche settimana per i TLD in
fluoruro di calcio fino a circa due anni per il fluoruro di litio.
Dalla descrizione appena fornita si traggono alcune immediate conseguenze: in primo luogo, i TLD
effettuano misure non in tempo reale, ma, al contrario, con tempi di risposta molto lunghi, visto che le
fasi di misura e di lettura del dispositivo sono separate; esiste, infatti, un servizio dosimetrico cui
inviare i TLD per ottenere i valori di dose misurati, i cui tempi di risposta sono solitamente compresi
tra uno e due mesi. Altro aspetto importante è che essi sono dispositivi usa e getta visto che, una volta
scaldati per effettuare la lettura, essi non possono essere riutilizzati per altre misure.
Sulla base di queste considerazioni, cercando di recepire e attuare il principio della „dose
optimization’, riportato nel Decreto Legislativo 26 maggio 2000, n. 187, Applicazione del Consiglio
Direttivo della Comunità Europea 97/43/Euratom, il quale afferma che “All doses due to medical
exposure for radiological purposes … shall be kept as low as reasonably achievable consistent with
obtaining the required diagnostic information, taking into account economic and social factors.”, è
nato il progetto RAPID.
Capitolo 4 Il progetto RAPID
36
4.2 OBIETTIVI DEL PROGETTO RAPID
Il progetto RAPID nasce a partire dalle considerazioni fatte nel paragrafo precedente; esso, infatti, si
propone di realizzare un prototipo di dosimetro in grado di misurare la dose effettiva ricevuta dal
personale sanitario nel corso di ogni procedura di Radiologia Interventistica. Tale grandezza, poi, può
essere comunicata, per mezzo di un protocollo di trasmissione wireless, in tempo reale agli operatori
specializzati che, da una postazione remota, si occupano del monitoraggio complessivo della
situazione, offrendo numerosi vantaggi rispetto al monitoraggio tradizionalmente eseguito con i TLD;
il primo e più evidente è la possibilità di intervenire con prontezza in caso di dosi molto elevate. Altro
aspetto significativo è l‟ottimizzazione delle procedure di intervento, ad esempio la possibilità di
individuare la posizione ottima cui l‟operatore dovrebbe mettersi rispetto al fascio e al paziente per
minimizzare la dose che lo investe, oppure la possibilità di definire opportunamente i tempi limite di
esposizione per evitare rischi eccessivi. Le informazioni lette, poi, potrebbero essere facilmente
salvate in un archivio che viene aggiornato in tempo reale, offrendo così un notevole strumento di
supporto alla gestione del personale, in quanto sarebbero immediatamente noti sia i tempi di
esposizione a radiazione, sia la dose effettiva assorbita da ogni operatore.
Dal punto di vista delle dimensioni, si punta a realizzare un dispositivo piccolo e di facile utilizzo, ad
esempio un braccialetto da polso sul quale sono implementate le diverse funzioni richieste;
l‟interfaccia wireless è necessaria per eliminare l‟ingombro proveniente da cavi e strumentazione di
supporto.
La figura 4.1 mostra uno schema a blocchi in cui sono evidenziate le principali componenti che si
pensa di realizzare.
Capitolo 4 Il progetto RAPID
37
Figura 4.1: unità funzionali principali nel progetto RAPID
Le funzioni che si pensa di implementare in ciascun blocco sono le seguenti:
Sensore: si utilizzerà un sensore di radiazione di tipo APS. Lo scopo principale di questa
prima fase di caratterizzazione sperimentale è scegliere il sensore migliore nell‟ottica del
dispositivo che si vuole realizzare; per questo motivo, come sarà descritto in dettaglio nei
paragrafi seguenti, sono state realizzate sessioni di acquisizione sia su sensori RAPS03 che su
sensori commerciali Micron Technology ITALY.
DSP: esso implementerà diverse funzioni, racchiuse in un algoritmo che è tuttora in fase di
sviluppo, e che si occuperà di effettuare un primo processing in tempo reale sui dati acquisiti
in modo da generare un segnale acustico di allarme nel caso di dosi troppo elevate che
mettano a rischio la salute dell‟operatore, oltre a applicare un filtro ai dati acquisiti in modo da
ridurre la loro dimensione in vista delle operazioni successive.
Capitolo 4 Il progetto RAPID
38
Unità di Controllo: essa si occuperà della gestione dell‟acquisizione dati, selezionando
opportunamente quelli da salvare e predisponendoli alla loro trasmissione verso la postazione
di controllo remota.
Interfaccia di trasmissione wireless: il suo compito è quello di trasmettere i dati al pc di
controllo; attualmente lo studio relativo a questa sezione è rivolto all‟individuazione del
protocollo di trasmissione ottimale, e di conseguenza agli strumenti hardware necessari per
implementarlo
PC in postazione remota: da questa posizione si controlleranno in tempo reale i dati che
vengono acquisiti durante ogni procedura, e si effettuerà poi la gestione dell‟archiviazione
degli stessi. Per rendere semplici ed intuitive queste operazioni si pensa di costruire una
apposita interfaccia grafica.
Lo studio e il progetto dei diversi blocchi appena descritti è portato avanti in parallelo; in questa prima
fase, comunque, l‟interesse maggiore è sulla scelta del sensore da utilizzare, visto che questo andrà
inevitabilmente a influenzare le modalità di lavoro dei blocchi a valle. Nei paragrafi seguenti sarà
presentata in dettaglio una sessione di acquisizione dati effettuata presso l‟Ospedale San Giovanni
Battista di Foligno, e saranno poi riportati i risultati di analisi relativi al sensore RAPS03
Capitolo 4 Il progetto RAPID
39
4.3 SESSIONE DI ACQUISIZIONE DATI
Come accennato in precedenza, l‟obiettivo è confrontare le prestazioni di diversi sensori per scegliere
quello migliore da utilizzare nel prototipo RAPID. È opportuno precisare, comunque, come la scelta,
in vista di una effettiva produzione del dispositivo e di un suo ingresso sul mercato, non sarà legata
solamente alle prestazioni, ma anche ad altri aspetti, come i tempi di produzione e, soprattutto, i costi
che si avrebbero utilizzando la soluzione RAPS o sensori commerciali Micron.
Lo studio e la caratterizzazione di sensori commerciali Micron, originariamente destinati al visibile,
nel campo della rilevazione dei raggi X e delle particelle ionizzanti è il frutto di una collaborazione di
lunga data tra l‟azienda e l‟Università di Perugia. Essa è portata avanti sfruttando lo stesso setup di
misura descritto nel capitolo 2, e i risultati ottenuti nel corso degli anni sono stati assolutamente
positivi, dimostrando come questi sensori possano essere utilizzati con profitto in ambiti diversi da
quelli per cui sono stati progettati e ottimizzati. L‟aspetto tecnologico più evidente che li distingue dai
sensori RAPS, oltre alle diverse dimensioni dei singoli pixel e delle matrici, è la profondità dello strato
sensibile: essi sono stati realizzati, infatti, con una n-well su uno strato epitassiale di tipo p- che li
separa dal substrato di tipo p++, come mostrato nella figura 4.2.
Figura 4.2: schematizzazione di un fotodiodo in tecnologia CMOS con strato epitassiale
Vista la elevata probabilità di ricombinazione che si ha nel substrato p++, ciò comporta che la
profondità sensibile coincida sostanzialmente con la profondità dello stato epitassiale; questo non è un
problema nel contesto della rilevazione del visibile, poiché si ha a che fare con fotoni poco energetici
che non sono in grado di penetrare in profondità nel silicio, mentre il suo impatto va valutato
attentamente nel contesto dell‟utilizzo del sensore nella rilevazione di radiazione X. Le analisi svolte
sui sensori Micron a disposizione hanno, comunque, confermato che la presenza di uno strato
epitassiale non pregiudica la possibilità di rilevare radiazioni di energia superiore rispetto al visibile.
Capitolo 4 Il progetto RAPID
40
Nell‟ambito del progetto RAPID sono stati considerati due sensori commerciali Micron con diversi
spessori dello strato epitassiale, il primo è il MT9V011, con uno strato epitassiale di 4 μm, il secondo è
il MT9V032, con uno strato epitassiale di 12 μm. Il sensore RAPS, invece, è stato costruito senza
strato epitassiale, e il suo spessore sensibile, legato alla lunghezza di diffusione dei portatori nel
silicio, è di circa 25 μm.
La figura 4.3 mostra come i diversi sensori sono stati alloggiati su un supporto plastico (per la
precisione PMMA, Polimetilmetacrilato, noto anche come Plexiglas) per effettuare la sessione di
acquisizione.
Figura 4.3: sensori utilizzati
Oltre agli elementi descritti in precedenza, è presente uno spettrometro col quale confrontare i dati
rilevati; come ulteriore termine di confronto sono stati utilizzati dei TLD, posti a fianco della scheda
mostrata in figura xx nel corso di alcune sessioni. È importante notare che, pur essendo messi uno a
fianco dell‟altro, la posizione dei sensori non può essere perfettamente coincidente, e questo ha un
impatto nei risultati ottenuti, come sarà mostrato nel capitolo seguente.
I test sono stati realizzati sfruttando un angiometro DSA – Digital Subtraction angiography nel
dipartimento di Radiologia Interventistica dell‟Ospedale di Foligno. Questo macchinario, mostrato
nella figura 4.4, consente di effettuare procedure diagnostiche, chiamate angiografie, che consentono
Capitolo 4 Il progetto RAPID
41
la visualizzazione di patologie arteriose e venose: poiché i vasi sanguigni non sono visibili per mezzo
delle tradizionali radiografie, si utilizza un mezzo di contrasto radio-opaco contenente iodio, che viene
iniettato tramite un catetere direttamente nel vaso da esaminare. Le immagini di interesse, poi, sono
ottenute tramite una differenza tra una immagine “base”, acquisita prima dell‟introduzione del mezzo
di contrasto, e i frame acquisiti in seguito [7].
Figura 4.4: l’angiografo DSA utilizzato come sorgente X per i test
Il setup di misura è stato predisposto al fine di simulare le effettive condizioni di utilizzo di questo
macchinario: è stato disposto sul lettino un fantoccio costituito da lastre di PMMA, il cui scopo è
simulare l‟effetto, in termini di scattering, introdotto dal corpo del paziente. Ciò è possibile in quanto
la densità di questo materiale, e quindi la sua predisposizione a interagire con fotoni X, è analoga a
quella del corpo umano.
La scheda contenete i diversi sensori, poi, è stata piazzata sul lettino a diverse distanze dal fantoccio
nel corso delle varie acquisizioni, in un intervallo di valori compreso da pochi centimetri a circa un
metro da esso, al fine di valutare la dose ricevuta nel range di distanze in cui si trova a operare
tipicamente un medico che utilizza questo macchinario. Nel corso di alcune acquisizioni a fianco della
scheda con i sensori sono stati piazzati dei TLD per effettuare un confronto tra i valori rilevati. A
Capitolo 4 Il progetto RAPID
42
completare il setup di misura sono stati disposti il pc di controllo, gli alimentatori del sistema e le
schede Mother e di acquisizione. La figura 4.5 mostra il setup in fase di assemblaggio, mentre la figura
4.6 mostra la board con i sensori vicino alle lastre di PMMA che costituiscono il fantoccio, così come
è stat disposta per il primo run acquisito.
Figura 4.5: setup di acquisizione in fase di montaggio
Figura 4.6: disposizione dei sensori rispetto al fantoccio per il primo run acquisito
Capitolo 4 Il progetto RAPID
43
Il DSA emette radiazioni per mezzo di un tubo X, che può essere spostato dall‟operatore in modo da
illuminare la parte del corpo del paziente di interesse; esso emette un fascio perpendicolare rispetto al
lettino, diretto dal basso verso l‟alto.
Esistono due modalità di funzionamento della macchina, chiamate “continua” e “pulsata”. Nel primo
caso, si emette una radiazione uniforme, di energia relativamente bassa; nel secondo, invece, si
inviano ripetutamente impulsi di radiazione molto intensi ma di breve durata; è proprio questa seconda
opzione la più utilizzata nel contesto diagnostico in quanto essa consente di ottenere i migliori risultati
in termini di risoluzione delle immagini prodotte. Complessivamente, a parità di durata del run di
utilizzo del macchinario, la dose equivalente è pressoché uguale nei due casi, ma la dose effettiva è
diversa. I run effettuati in questa sessione di presa dati sono stati di tre minuti circa ciascuno, cioè
brevi rispetto alle tipiche durate di utilizzo del macchinario riportate nella tabella 4.1, ma comunque
sufficienti a valutare le prestazioni dei sensori sotto test.
Nei paragrafi successivi, l‟attenzione è rivolta ai soli run in continua per quanto riguarda i dati del
sensore RAPS, che sono stati analizzati parallelamente al sensore Micron MV9T011. Le diverse
analisi sono state effettuate con un duplice obiettivo: da un lato, nell‟ambito della caratterizzazione del
sensore RAPS nel campo della rilevazione di radiazione X per applicazioni medicali, si è cercato di
fare un confronto tra i risultati forniti dalle matrici ESAS e quelli forniti dalle matrici ESAL,
verificando che le differenze tra i due fossero quelle attese e cercando di quantificarle, allo scopo di
stabilire se mantenerle entrambe o preferirne una all‟altra nelle versioni del chip che saranno
sviluppate nei prossimi anni. Rivolgendo l‟attenzione al progetto RAPID, invece, si è valutato il
contributo congiunto di tutte le matrici 128x128: l‟obiettivo, in questo caso, è cercare di fornire un
risultato univoco che possa facilmente essere confrontato con quelli dei sensori Micron; sommando i
contributi di tutti i sensori, inoltre, si ha il vantaggio che aumenta la precisione dei risultati forniti,
come si può notare osservando i grafici riportati nel capitolo seguente.
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
44
CAPITOLO 5. ANALISI SUI DATI RACCOLTI
5.1 - INTRODUZIONE
Prima di presentare nel dettaglio i grafici che mostrano i risultati ottenuti, è opportuno introdurre
l‟argomento della analisi dati, tanto in generale quanto, soprattutto, nel contesto del RAPS03. Come
detto nel capitolo 2, l‟operazione di analisi deve partire da quella di acquisizione: infatti, solo se
quest‟ultima è stata svolta in maniera attenta si ha la certezza che i dati che si sta analizzando siano
significativi; in ogni caso, è sempre opportuno effettuare delle analisi preliminari il cui scopo sia
accertarsi della bontà dei dati a disposizione. In particolare, si è dimostrato che in alcuni casi non c‟è
stata una acquisizione continua dei dati nei 3 minuti di durata del run, ma a intervalli separati nel
tempo, dovuta presumibilmente a una non corretta pressione del tasto di accensione dell‟Angiografo.
Questi run, quindi, sono stati esclusi dalle successive analisi, e tenuti in conto solo nei grafici di
correlazione tra i diversi sensori.
Per poter giungere a questo e agli altri risultati ottenuti, però, è necessario innanzi tutto estrarre dai file
salvati dal setup di acquisizione le informazioni di interesse, e quindi bisogna partire dal formato in
cui sono stati salvati i dati; in particolare, essi sono salvati in file binari, che contengono al loro interno
i valori, in termini di conteggi ADC, letti in corrispondenza di ogni pixel della matrice 128x128 di
interesse. Il modo in cui tali valori sono ottenuti è quello descritto nel capitolo 2, in particolare è stato
utilizzato un tempo di integrazione di ogni frame pari a 140 ms per scansionare l‟intera matrice, in
modo da calcolare la media su 32 campioni significativi in ogni pixel. Viene salvato, poi, un file
diverso in corrispondenza a ogni evento di trigger, e nel caso specifico della sessione di presa dati
analizzata, il segnale di trigger scelto è stato proprio il segnale di uscita della matrice ESAS o ESAL
considerata, con una soglia di trigger è pari a 23 conteggi ADC per tutte le quattro matrici.
In fase di analisi, tranne casi particolari come, ad esempio, l‟analisi di rumorosità del sensore, non è
necessario tenere in conto tutti i pixel di una matrice, ma solo quelli che sono stati effettivamente
illuminati da una radiazione; tali pixel sono individuati confrontando il valore di ogni pixel della
matrice con una soglia significativamente alta rispetto al valore del rumore di singolo pixel, chiamata
“soglia primaria”. Questo porta alla individuazione dei diversi seed, cioè dei pixel in cui è depositata
la maggior parte della carica generatasi in seguito all‟interazione di un fotone col silicio. Occorre, poi,
considerare che la carica generata può essersi distribuita tra più pixel adiacenti ai seed individuati, e
ciò avviene confrontando questi pixel con una seconda soglia, anch‟essa definita tenendo conto del
rumore di singolo pixel, ma di valore inferiore rispetto alla primaria, chiamata “soglia secondaria”.
L‟unione dei seed e dei relativi pixel adiacenti porta alla individuazione dei cosiddetti cluster; è
opportuno notare come i cluster possono essere anche costituiti da un solo pixel.
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
45
L‟algoritmo di estrazioni dati utilizzato in questo lavoro prevede il calcolo del rumore di singolo pixel
(indicato con σ in seguito), supponendo che la sua distribuzione sia gaussiana. Ciò è stato
implementato valutando, per ogni pixel, tutti i frame a disposizione ed escludendo dal calcolo i pixel
che presentano valori elevati e che, quindi, sono stati presumibilmente colpiti. In seguito la soglia
primaria per individuare i seed è stata posta pari a 7σ, mentre la soglia secondaria è stata posta pari a
3σ.
Prima di mostrare i risultati di maggiore interesse, è opportuno precisare che le matrici 128x128 prese
in considerazione sono state collegate ai quattro canali degli ADC come mostrato nella figura 5.1.
Figura 5.1: connessione delle matrici 128x128 analizzate agli ADC
Nei grafici successivi, pertanto, la ESAS di sinistra è identificata come S1 (sensore 1), e così via
procedendo in senso antiorario.
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
46
5.2 – SPETTRO DEI FOTONI DIFFUSI DAL FANTOCCIO
Il primo risultato di interesse è lo spettro dei fotoni diffusi dal fantoccio, mostrato nella figura 5.2 per
le due matrici ESAS.
Figura 5.2: spettro misurato per le matrici ESAS
I diversi colori corrispondono a run a diverse distanze, come riportato nella legenda; la larghezza degli
istogrammi è stata dimensionata in modo da avere bin larghi 1 keV ciascuno. Si nota un andamento
decrescente dello spettro rispetto alla distanza dal fantoccio, e una forma sostanzialmente analoga per i
due sensori. Essa, in particolare, ricorda il tipico andamento triangolare dello spettro emesso da un
tubo X, di cui è riportato un esempio nella figura 5.3
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
47
Figura 5.3: spettro emesso da un tubo X
Ci sono poi diversi fattori che contribuiscono a modificare questa forma, tra cui il più importante è
senza dubbio la diffusione dei fotoni ad opera del fantoccio. Altri aspetti da prendere in considerazione
sono l‟efficienza di rilevazione del segnale, che dipende dalla profondità di interazione del fotone col
Silicio: visto che i fotoni poco energetici vengono assorbiti a profondità piccole, essi sono rilevati in
maniera più efficiente di quelli maggiormente energetici, come è mostrato nella figura 5.4.
Figura 5.4: efficienza di rilevazione nel Silicio rispetto all’Energia
È evidente infatti, osservando la figura, come fotoni poco energetici siano favoriti rispetto a quelli
maggiormente energetici. Un ulteriore contributo che tende a favorire i fotoni poco energetici è la
probabilità di interazione dei fotoni col Silicio, che è fortemente dipendente dall‟energia dei fotoni
stessi, e di nuovo tende a favorire quelli meno energetici. Questi aspetti giustificano la forma dello
spettro di figura 5.2.
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
48
La figura 5.5 mostra lo spettro misurato per le matrici ESAL; si nota lo stesso andamento decrescente
con la distanza dal fantoccio, ma c‟è una forma che, pur ricordando l‟andamento triangolare atteso, è
leggermente differente rispetto a quello misurato con le ESAS, comunque giustificabile facendo
riferimento alla differenza tra i pixel S e L, come sarà spiegato in dettaglio in seguito.
Figura 5.5: spettro misurato per le matrici ESAL
L‟aspetto più strano è la differenza nel comportamento dei due sensori ESAL, che si ritrova anche
negli altri run analizzati:osservando la figura, infatti, si nota che il sensore chiamato S2 ha uno spettro
più significativo a basse energie rispetto a quello chiamato S3. Nelle analisi successive questo aspetto
tende ad essere mascherato, visto che si considera il contributo congiunto delle due matrici ESAL, ma
è comunque un fattore da tenere in conto nel valutare i risultati ottenuti. Nelle prossime sessioni di
presa e analisi dati, poi, occorrerà cercare di capire se questo diverso comportamento tra le due matrici
ESAL sia dovuto allo specifico chip utilizzato o a altri fattori che possano essere tenuti in conto e,
successivamente, compensati.
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
49
5.3 – LINEARITÀ TRA SENSORI ESAS E ESAL
Prima di mostrare altri risultati, è opportuno riportare alcuni grafici di correlazione tra i diversi sensori
ESAS e ESAL utilizzati. Essa è stata valutata in due aspetti: nel contare il numero di cluster
individuati prima, e nel raccogliere la carica generata dalla radiazione poi, dimostrando che essi
descrivono, pur con le differenze dovute alle diverse architetture, le stesse cose. La linearità nel
valutare questi aspetti è stata verificata considerando le grandezze di interesse a fine run, normalizzate
rispetto alla superficie del sensore, e facendo un fit lineare dei punti a disposizione. Nelle seguenti
figure 5.6, 5.7 e 5.8 è riportato, rispettivamente, il confronto tra le due matrici ESAS, tra le due ESAL
e, infine, tra una matrice ESAS e una ESAL, per quanto riguarda il numero di cluster rilevato.
Figura 5.6: correlazione nel numero di cluster individuati rilevata tra le matrici ESAS
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
50
Figura 5.7: correlazione nel numero di cluster individuati rilevata tra le matrici ESAL
Figura 5.8: correlazione nel numero di cluster individuati rilevata tra le matrici ESAS e ESAL
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
51
I coefficienti angolari delle rette di regressione trovate sono riportati nei grafici, e sono tutti prossimi a
1, confermando la correttezza dei risultati forniti. È interessante, in particolare, valutare quello
ottenuto dal confronto tra una matrice ESAS e una ESAL: esso è leggermente inferiore a 1, mostrando
che le matrici ESAS hanno individuato, a fine run, più cluster delle ESAL, in linea con i risultati attesi.
Questo aspetto, comunque, sarà indagato in dettaglio nel prossimo paragrafo.
Nelle grafici di figura 5.9, 5.10 e 5.11 sono riportate le stesse analisi, fatte, però, rispetto alla carica
individuata a fine run.
Figura 5.9: correlazione nella carica rilevata tra le matrici ESAS
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
52
Figura 5.10: correlazione nella carica rilevata tra le matrici ESAL
Figura 5.11: correlazione nella carica rilevata tra le matrici ESAS e ESAL
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
53
Osservando i valori trovati dal fit, si nota come, a differenza del caso precedente, si ottenga un valore
del coefficiente angolare della retta di regressione leggermente superiore a 1, a testimonianza del fatto
che le matrici ESAL sono in grado di raccogliere con più efficienza la carica generata dalla radiazione
incidente sul sensore.
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
54
5.4 – DISTRIBUZIONI DEL NUMERO DI FOTONI E DELLA
CARICA RACCOLTA
Le quantità di maggiore interesse per valutare l‟efficienza del sensore utilizzato sono le distribuzioni
del numero di cluster in un frame e della carica complessivamente raccolta in un frame, che forniscono
informazioni, rispettivamente, sull‟efficienza del rilevatore nel contare i fotoni incidenti, legata
soprattutto alla possibilità di individuare quelli poco energetici riuscendo a distinguerli dal rumore, e
sull‟efficienza nel raccogliere la carica generata in seguito al passaggio di una radiazione. Queste
grandezze sono state ottenute sommando frame a frame i contributi delle singole matrici. I grafici di
figura 5.12, 5.13 e 5.14 mostrano la distribuzione del numero di fotoni rilevati, normalizzata alla
superficie dell‟area sensibile, prima per le due matrici ESAS, poi per le ESAL e, infine, considerando
tutte le 4 matrici assieme.
Figura 5.12: distribuzione del numero di fotoni individuati nelle matrici ESAS
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
55
Figura 5.13: distribuzione del numero di fotoni individuati nelle matrici ESAL
Figura 5.14: distribuzione del numero di fotoni individuati considerando tutte le 4 matrici
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
56
È possibile notare come le matrici ESAS e ESAL presentino caratteristiche diverse: come accennato
nel capitolo 2, infatti, il migliore rapporto di conversione tra carica e tensione che caratterizza i pixel S
rispetto agli L fa sì che i primi si comportino meglio nel contare i fotoni, e infatti confrontando i
grafici appena mostrati si vede come le ESAS individuino più fotoni rispetto alle ESAL. Considerando
tutte le matrici assieme, poi, si nota come gli istogrammi ottenuti diventino più stretti, grazie al fatto
che, sommando più contributi assieme, e supponendo che tali contributi siano gaussiani di media e
varianza rispettivamente pari a ( ) e ( ) si ottiene una distribuzione ancora gaussiana, con
valor medio pari a e varianza pari a . La normalizzazione rispetto all‟area dei sensori
considerati, poi, modifica il valor medio delle distribuzioni, ma l‟aumento di precisione dovuto alla
diminuzione della deviazione standard è mantenuto. La precisione ottenuta, poi, migliora in tutti i
grafici all‟aumentare della distanza dal fantoccio, come testimoniano i fit gaussiani sovrapposti agli
istogrammi, che mostrano curve più strette a distanze maggiori: l‟effetto dello scattering introdotto dal
fantoccio, infatti, è meno evidente a distanze elevate da esso. Questo fatto è confermato anche dal
grafico di figura 5.15, in cui è riportato l‟andamento, rispetto alla distanza, dei valori medi ottenuti dal
fit sul grafico di figura 5.14 (considerando, cioè, il contributo di tutti i sensori). Le barre d‟errore sono
state costruite considerando la deviazione standard calcolata nel fit, e individuano quindi una fascia di
valori distanti ±σ rispetto al valor medio.
Figura 5.15: dipendenza dalla distanza dal fantoccio del numero medio di fotoni rilevati
Si nota come il grafico segua l‟andamento atteso descritto dalla legge dell‟inverso del quadrato della
distanza, come è testimoniato dal fit con la funzione 1 / r² che vi è sovrapposto. Valutando le barre
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
57
d‟errore, poi, si ha la conferma che la precisione degli istogrammi ottenuti aumenta all‟aumentare
dalla distanza dal fantoccio.
I grafici di figura 5.16, 5.17 e 5.18 mostrano, invece, il flusso di energia rilevato, anche in questo caso
considerando prima le matrici ESAS, poi le ESAL e, infine, tutte le 4 matrici assieme. Questa
grandezza si ottiene considerando la distribuzione della carica complessivamente raccolta in un frame
e normalizzandola sia rispetto all‟area sensibile sia rispetto alla durata del tempo di integrazione di un
frame, pari a 140 ms.
Figura 5.16: flusso di energia per le matrici ESAS
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
58
Figura 5.17: flusso di energia per le matrici ESAL
Figura 5.18: flusso di energia considerando tutte le quattro matrici
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
59
Si osserva come, in questo caso, siano le matrici ESAL a fornire prestazioni migliori: sfruttando la
maggiore area sensibile dei pixel che le compongono rispetto alle matrici ESAS, infatti, esse riescono
a raccogliere più efficientemente la carica generata dal passaggio della radiazione, soprattutto nei casi
in cui essa si distribuisce tra più pixel adiacenti. Valgono, poi, le stesse considerazioni fatte per le
distribuzioni del numero di fotoni, sia rispetto alla maggiore precisione che si ottiene considerando il
contributo di tutti i sensori, sia rispetto all‟andamento decrescente dei contributi rilevati rispetto alla
distanza, come testimonia il grafico di figura 5.19, che mostra l‟andamento dei valori medi ottenuti dal
fit gaussiano sugli istogrammi di figura 5.18. Anche in questo caso sono mostrate barre d‟errore di
ampiezza ±σ centrate sui valori medi, che dimostrano come la precisione ottenuta aumenta
allontanandosi dal fantoccio, in virtù del minore effetto di scattering subito.
Figura 5.19: dipendenza dalla distanza dal fantoccio del valor medio del flusso di energia rilevato
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
60
5.5 – ANALISI SU GRUPPI DI PIÙ FRAME
Verificato che il comportamento delle matrici ESAS e ESAL rispecchia quello atteso, si è lavorato
considerando l‟intera matrice 264x264, cioè la somma dei contributi ricavati dalle 4 matrici 128x128.
L‟obiettivo delle analisi successive, in particolare, è quello di valutare, relativamente al flusso di
energia misurato, l‟aumento di precisione delle distribuzioni ottenute considerando più di un frame
alla volta. Occorre tenere a mente, infatti, che lo scopo di queste analisi è fornire una caratterizzazione
del sensore per poterlo inserire in un dispositivo in tempo reale, e quindi è di fondamentale importanza
valutare quanto tempo è necessario al sensore per raggiungere livelli di precisione accettabili nel
contesto del dosimetro che si vuole realizzare; la grandezza di maggiore interesse, nel contesto del
progetto RAPID, è il flusso di energia misurato, da cui, tramite ulteriori analisi da eseguire nei
prossimi tempi, si ricaverà il valore di dose equivalente misurata. In questa prima fase ci si limita a
valutare cosa avviene sommando i contributi di più frame assieme, mentre in futuro occorrerà valutare
questo aspetto tenendo conto anche dei tempi di reset della matrice e di gestione e processing del
segnale di uscita.
Il grafico di figura 5.20 mostra gli stessi istogrammi di figura 5.18, relativi al flusso di energia
complessivo, considerando però la somma di 5 frame, e quindi un tempo di integrazione complessivo
che passa da 140 ms a 700 ms. Di seguito, in figura 5.21, è riportato l‟andamento, rispetto alla
distanza, del valor medio ricavato dal fit gaussiano sugli istogrammi di figura 5.20, con barre di errore
di ampiezza ±σ centrate sui valori medi.
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
61
Figura 5.20: flusso di energia valutato su 5 frame consecutivi
Figura 5.21: dipendenza dalla distanza dal fantoccio del valor medio del flusso di energia rilevato su 5 frame consecutivi
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
62
È immediato notare come, considerando più di un frame alla volta, si ottengano istogrammi più stretti,
fatto confermato anche dalla larghezza delle barre d‟errore mostrate nell‟ultimo grafico; il passo
successivo, mostrato nei grafici di figura 5.22 e 5.23 per uno dei run a disposizione, è stato cercare di
capire quanti frame è necessario mettere assieme per ottenere determinati valori di errore relativo,
definendo quest‟ultimo come rapporto tra la deviazione standard e il valor medio ottenuti dai fit sugli
istogrammi visti finora.
Figura 5.22: flusso di energia considerando un diverso numero di frame consecutivi
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
63
Figura 5.23: errore relativo sul flusso di energia rispetto al numero di frame considerati
Andamenti analoghi a quelli appena mostrati si trovano per gli altri run analizzati. Osservando gli
ultimi grafici, si vede come l‟errore relativo diminuisca all‟aumentare del numero N di frame valutati,
secondo una legge del tipo 1 / , come testimonia il fit sovrapposto al grafico di figura 5.23. Si
ottengono andamenti analoghi a quello appena mostrato anche per gli altri run, e in generale si osserva
come occorra considerare almeno 4 frame alla volta per ottenere un errore relativo inferiore al 10%,
che tradotto in termini di tempo di integrazione significa 140x4=560 ms.
Questo dato è uno dei più interessanti nell‟ambito del progetto RAPID, perché conferma la possibilità
di realizzare un dosimetro che lavori in tempo reale, e dovrà, comunque, essere valutato e quantificato
più attentamente, sia rispetto a questi dati in continua, per mezzo di ulteriori analisi che tengano conto
anche degli altri tempi di lettura e gestione del chip, sia rispetto, soprattutto, ai run in pulsata, che
saranno analizzati a breve.
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
64
5.6 – CONFRONTO CON GLI ALTRI SENSORI
A conclusione dei risultati mostrati, si riportano alcuni grafici che evidenziano la linearità tra i sensori
RAPS e gli altri sensori utilizzati, cioè i sensori Micron, lo spettrometro e i TLD. Questi grafici sono
stati costruiti considerando il contributo di tutte le 4 matrici 128x128, e quindi non tengono conto delle
differenze rispetto alle architetture dei pixel S e L. Come nei risultati mostrati nel paragrafo 5.2, si
tiene conto dei valori di carica raccolta a fine run, normalizzandoli rispetto alla superficie dei sensori.
Nei grafici di figura 5.24, 5.25 e 5.26 si riportano, rispettivamente, i confronti con i sensori Micron
MT9V011, Micron MT9V032, e con lo spettrometro.
Figura 5.24: correlazione tra RAPS03 e Micron MT9V011
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
65
Figura 5.25: correlazione tra RAPS03 e Micron MT9V032
Figura 5.26: correlazione tra RAPS03e Spettrometro AMTEK X123
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
66
In tutti i grafici mostrati si nota come l‟andamento dei punti a disposizione non sia perfettamente
rettilineo, ma, al contrario, presenti dei valori fortemente fuori andamento per quanto riguarda i run a
distanze più brevi. Questo fatto può essere giustificato facendo ricorso a considerazioni di natura
geometrica: ricordando, infatti, la disposizione dei sensori sulla board usata in fase di acquisizione,
riportata nella figura 4.3, si può notare come essi siano decentrati l‟uno rispetto all‟altro. Ciò fa sì che,
a distanze limitate dal fantoccio (sotto i 15 cm circa) l‟effetto dello scattering che esso introduce è
rilevato in maniera diversa dai vari sensori; in particolare, il RAPS03 riesce a individuare la maggior
parte dei fotoni che interagiscono col fantoccio, visto che è posto al centro della board, e, di
conseguenza, è allineato con l‟asse centrale del fascio, mentre i sensori in posizione più decentrata,
cioè lo spettrometro e il Micron MT9V011, riescono a valutarli a pieno solo da una certa distanza in
poi; il Micron MT9V032, invece, è posto al centro della board, quindi allineato con il RAPS03, e
infatti i punti relativi a questo grafico si dispongono in maniera più evidente lungo una retta; la
deviazione dall‟andamento atteso del punto a 3.5 cm può essere giustificata dal fatto che all‟interno
dello stesso c‟è stato un intervallo temporale di circa 30 secondi di mancata acquisizione, che ha
ridotto di circa il 15% la carica complessivamente raccolta a fine run. Quest‟ultimo aspetto non si nota
facendo riferimento ai valori riportati per il sensore RAPS nel confronto tra RAPS e TLD, mostrato
nel grafico di figura 5.27.
Figura 5.27: correlazione tra TLD e RAPS03
In questo caso, infatti, si è considerato un altro run a 13.5 cm rispetto a quello riportato nei grafici
precedenti, che a sua volta presenta dei brevi intervalli di mancata acquisizione al suo interno, e questo
Capitolo 5 Analisi sui dati raccolti
67
fa sì che la carica complessiva raccolta dal RAPS nel run a 3.5 cm sia, anche se di poco, superiore a
quella individuata nel run a 13.5 cm; l‟utilizzo di due run differenti è stato necessario perché si hanno
a disposizione solo pochi run in cui sono stati utilizzati anche i TLD, e non sempre essi sono stati
significativi per tutti i sensori considerati. Per quanto riguarda gli altri punti si nota, comunque, lo
stesso comportamento rilevato confrontando il RAPS03 con lo Spettrometro e con il Micron
MT9V011, con il punto a 3.5 mm fortemente fuori andamento rispetto agli altri; in questo caso, infatti,
la distanza tra i due rilevatori considerati è ancora maggiore, visto che i TLD sono stati posti sul
lettino a fianco della scheda contenente i sensori.
Per valutare meglio i diversi risultati mostrati in questo capitolo sono previste, a breve, ulteriori
sessioni di acquisizione, il cui obiettivo principale sarà quello di fornire un confronto significativo tra i
TLD e i sensori RAPS. Come detto in precedenza, infatti, l‟obiettivo è quello di costruire un
dosimetro, e quindi bisogna trasferire, in termini di dose equivalente, i risultati rilevati come flusso di
energia depositata dai sensori RAPS e Micron; occorrono, infatti, più punti rispetto ai 4 a disposizione
nell‟ultimo grafico mostrato per poter costruire una retta di calibrazione significativa.
Conclusioni e sviluppi futuri
68
CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI
Il lavoro svolto ha riguardato lo sviluppo e l‟utilizzo di un sistema di acquisizione per la
caratterizzazione di sensori di radiazione a matrice di pixel attivi. In questo ambito è stato, in primo
luogo, prodotto un manuale d‟uso del sistema che si trova presso il Laboratorio Semiconduttori
dell‟INFN di Perugia, riportato in appendice, scritto con l‟obiettivo di consentire un facile utilizzo del
setup di acquisizione anche a un utente inesperto che lo utilizzi per la prima volta. La caratteristica
principale di questo sistema è la sua flessibilità, visto che esso consente di effettuare sessioni di
acquisizione anche al di fuori del laboratorio, e su diverse tipologie di sensori, in particolare alcuni
sensori commerciali Micron Technology ITALY e le diverse versioni del sensore RAPS.
In quest‟ultimo ambito si è svolta un‟altra parte del lavoro, relativa alla trasposizione del setup per
testare la nuova versione del RAPS03 e, soprattutto, la versione successiva del chip, chiamata
RAPS04, seguendo lo sviluppo delle schede sulle quali bondare i sensori, realizzate poi dalla Artel di
Arezzo, e le operazioni di bonding del RAPS03. Non avendo ancora a disposizione il RAPS04, infatti,
è stata verificata la funzionalità del sistema solo con la nuova versione del RAPS03, dimostrando che
esso è in grado di acquisirne i dati, senza alcuna modifica al software e con la sola sostituzione delle
schede Daughter per quanto riguarda l‟hardware. Saranno effettuate a breve analisi più significative
per realizzare una caratterizzazione del nuovo sensore in termini di rumorosità, individuando i
parametri ottimi di acquisizione e, infine, fornendo i fattori di conversione da ADCCounts a eV; lo
stesso sarà fatto per il RAPS04 quando si avrà il chip a disposizione.
Un‟ulteriore parte del lavoro ha riguardato una sessione di presa dati, e la successiva analisi degli
stessi, realizzata utilizzando come sorgente un Angiografo presso l‟Ospedale di Foligno nell‟ambito
del progetto RAPID; tale progetto è relativo alla realizzazione di un prototipo di dosimetro basato su
sensori a matrice di pixel attivi da utilizzarsi nel contesto della radiologia interventistica. Il lavoro di
analisi svolto ha avuto il duplice scopo di caratterizzare il sensore RAPS03 nel campo della
rilevazione di radiazione X per applicazioni medicali, e di confrontarne le prestazioni con alcuni
sensori Micron in vista dell‟inserimento dello stesso nel progetto RAPID.
I risultati ottenuti hanno evidenziato come le diverse caratteristiche dei pixel Large e Small presenti
nel RAPS03 abbiano un impatto nelle prestazioni del sensore, essendo i pixel Small più efficienti nel
contare il numero di fotoni incidenti, ma meno efficienti nel rilevare la carica depositata in seguito al
passaggio della radiazione. Volendo utilizzare anche le versioni successive del chip RAPS nel contesto
della rilevazione di radiazione X, ciò suggerisce di mantenere entrambe le architetture.
Nell‟ambito del progetto RAPID, invece, le analisi svolte hanno dimostrato che il RAPS03, al pari dei
sensori commerciali Micron, può essere utilizzato come sensore di base per costruire un dosimetro in
tempo reale, garantendo sufficiente precisione e velocità di rilevazione della radiazione incidente. Gli
Conclusioni e sviluppi futuri
69
sviluppi futuri in questo ambito riguardano, da un lato, l‟analisi dei dati a disposizione in modalità di
funzionamento “pulsata” dell‟Angiografo, e la realizzazione di ulteriori sessioni di acquisizione con
l‟obiettivo di arrivare a definire un fattore di conversione tra eV e dose assorbita, necessario per poter
validare il corretto funzionamento del prototipo che si vuole realizzare.
Bibliografia
70
BIBLIOGRAFIA
[1] D. Passeri, A. Marras, P. Placidi, P. Delfanti, D. Biagetti, L. Servoli, G.M. Bilei, P.
Ciampolini, Detectors with Reconfigurable Read-out Electronics in a 0.18μm CMOS
Bulk Technology, 2007 IEEE Nuclear Science Symposium Conference Record, pp. 2509 –
2512.
[2] M. Paolucci, M. Biasini, B. Checcucci, R. Di Lorenzo, A. Esposito, D. Battisti, L. Fanò, D.
Passeri, P. Placidi, L. Servoli, A Real Time Active Pixel Dosimetry for Interventional
Radiology, ORAMED 2011, Workshop on Optimization of Radiaction Protection on Medical
Staff, Barcelona, January 2011
[3] P. Delfanti, Progetto e Collaudo di un Sensore di Radiazione a Stato Solido, Gennaio 2008,
Dottorato di Ricerca in Tecnologie dell'Informazione, Università degli Studi di Parma
[4] D. Biagetti, Characterization and Development of Radiation Sensors in CMOS
Technology, Dottorato di Ricerca in Ingegneria dell‟Informazione, Università degli Studi di
Perugia, A. A. 2008/2009
[5] D. Battisti, Progetto in Tecnologia VLSI 3D di sensori di radiazione a matrice di pixel
attivi, Tesi di Laurea in Ingegneria Informatica ed Elettronica,Università degli Studi di
Perugia, A. A. 2007/2008
[6] G. Motta, Progetto di una scheda PCB per circuiti integrati di tipo tridimensionale, Tesi
di Laurea in Ingegneria Informatica ed Elettronica, Università degli Studi di Perugia, A. A.
2008/2009
[7] www.radiologiainterventistica.com
Appendice
71
APPENDICE
A1 - INTRODUZIONE
È di seguito riportata una guida pratica all‟uso del setup di acquisizione descritto nel capitolo 2. Essa
fa riferimento all‟utilizzo del setup di misura con il RAPS03; come già detto nei capitoli precedenti, lo
stesso setup sarà utilizzato, con lievi differenze, anche per le versioni successive del chip; in questo
documento sono evidenziati alcuni aspetti nei quali si pensa di apportare modifiche significative, ma
gli aggiornamenti relativi al settaggio di alcuni parametri di acquisizione, come ad esempio la
frequenza di clock, potranno essere definiti solo dopo aver effettuato le prime analisi sui nuovi sensori.
In alcuni aspetti questa guida d‟uso potrebbe sembrare ridondante rispetto a quanto già affermato e
descritto nei capitoli precedenti, ma essa è stata pensata come un documento a sé stante, indipendente
dal lavoro di tesi, che possa essere letto da un utente che usa il setup per la prima volta, fornendogli le
competenze di base necessarie ad un suo corretto utilizzo.
La guida è divisa in quattro sezioni: la prima è relativa all‟hardware, e si mostra, attraverso alcune
foto, sia l‟apparato di alimentazione che il setup di misura vero e proprio; la seconda, invece, contiene
una breve descrizione delle strutture presenti nel sensore RAPS03, necessaria per comprendere bene
come settare i diversi parametri di acquisizione; la terza è relativa al software di acquisizione, mentre
l‟ultima contiene un tutorial che mostra, passo per passo, le operazioni da seguire per impostare e
salvare una sessione di acquisizione.
Appendice
72
A2 - HARDWARE
A2.1 - ALIMENTATORI
Il setup di misura di RAPS03 si trova nel laboratorio semiconduttori dell‟INFN di Perugia. Esso è
costituito da tre elementi principali: il pc di controllo del sistema, il setup di misura vero e proprio,
contenuto all‟interno di una scatola di alluminio, e la sezione di alimentazione.
La figura A2.1 mostra proprio quest‟ultimo elemento: attualmente si utilizzano 3 alimentatori, uno
analogico e due digitali, che forniscono tensioni di 6V, ±7V e ±7.5V; in particolare, i 6V sono richiesti
dalla scheda che alloggia l‟FPGA, e dalle sezioni digitali degli ADC e del RAPS03, mentre le tensioni
duali ± 7 V sono necessari per la parte analogica del RAPS03, e infine le tensioni duali ± 7.5V sono
richieste dalla parte analogica dell‟FPGA. In futuro si pensa di ridurre il numero di alimentatori a due,
riducendo così l‟ingombro dovuto agli stessi e ai cavi, e facilitando lo spostamento del setup per
effettuare sessioni di acquisizione al di fuori del laboratorio.
Figura A2.1: Alimentatori
Occorre fare attenzione, nel‟accendere e spegnere gli alimentatori, a non modificare inavvertitamente i
valori di tensione e corrente che sono stati settati.
La verifica sulle correnti, almeno in quelli digitali, avviene in modo che si accende la spia „cc‟ qualora
venga superato un valore di soglia; se ciò si verifica occorre reimpostare correttamente uno o più
valori. I valori da impostare, sempre in riferimento agli alimentatori digitali, sono tali per cui in quello
da 7.5 V occorre posizionare le manopole riferite alle correnti in posizione verticale; per l‟alimentatore
sottostante da 7 V i valori cui posizionare le manopole sono segnati con un pennarello sul bordo delle
manopole stesse. Ѐ comunque possibile passare da una visualizzazione del valore di tensione fornita a
Appendice
73
quello di corrente assorbita dall‟alimentatore selezionando l‟interruttore sui display: valori tipici letti
in condizioni di corretto funzionamento del sistema sono di 0.01 A sul primo canale e 0.21 sul
secondo per l‟alimentatore analogico, di 0.11 A e di 0.50 A rispettivamente su primo (quello a sinistra)
e secondo canale per l‟alimentatore da 7.5 V, e di 0.09 A e 0.20 A a sinistra e destra rispettivamente
per l‟alimentatore in basso.
Le tensioni di alimentazione sono portate al setup di misura tramite un cavo che va inserito e staccato,
su un lato del setup di misura, sempre con gli alimentatori spenti. Il verso di inserimento del cavo è
univoco. Ѐ bene controllare sempre, tramite un multimetro, che le tensioni di alimentazioni
coincidano, punto per punto, con quelle riportate nella figura che si trova accanto al connettore delle
alimentazioni. Esso è mostrato nella figura A2.2,mentre l‟elenco delle tensioni da verificare è riportato
per comodità nella tabella A2.1.
Figura A2.1: Connettore che porta l’alimentazione al setup di misura
3
5.5 V
Opal Kelly
2
6 V
Digital
1
+7.5 V
Analog
6
OkGND
5
DGND
4
AGND
9
6 V
Digital
8
DGND
7
-7.5 V
Analog
12
-7 V
Analog
11
AGND
Analog
10
+7 V
Analog Tabella A2.1: Tensioni di alimentazione sul connettore
Tolleranze dell‟ordine di 0.1V su questi valori sono del tutto accettabili; misurando queste tensioni si è
notato come la più variabile rispetto al valore nominale sia quella da 5.5 V che alimenta l‟FPGA, per
la quale quindi è accettabile una tolleranza leggermente superiore alle altre.
Appendice
74
A2.2 - SETUP DI MISURA
La figura A2.3 mostra la scatola di alluminio che contiene il setup di misura; essa consente di ridurre il
rumore elettromagnetico esterno in fase di acquisizione, e fornisce una chiusura di protezione nei
confronti delle sorgenti radioattive che possono essere utilizzate in fase di test.
Figura A2.2: Scatola protettiva contenente il setup di misura
Quando all‟interno della scatola sono presenti sorgenti radioattive NON è consentito all‟utente aprirla:
solo il personale autorizzato può farlo. In tal caso, quindi, le verifiche sulle tensioni di alimentazione
non possono essere svolte, ci si deve limitare a controllare sui display degli alimentatori.
I sensori sotto test sono attualmente di due tipi: il RAPS03 e dei sensore commerciale Micron
Technology ITALY; in futuro verranno testati con questo apparato il RAPS04 e lo stesso RAPS03
bondato direttamente sulla PCB. Alcune analisi preliminari del secondo sono riportate nel capitolo 3,
mentre per il RAPS04 occorre attendere di avere a disposizione il chip. La figura A2.4 mostra la
scheda, chiamata daughter, su cui viene alloggiato il chip; attualmente esso è protetto da un
rivestimento di nastro adesivo, e va ovviamente maneggiato con cura essendo abbastanza delicato;
maggiore attenzione dovrà essere prestata con le versioni successive, in virtù del fatto che il bonding
del chip direttamente sulla PCB è facilmente danneggiabile.
Figura A2.3: Scheda ‘daughter’
Appendice
75
La figura A2.5 mostra una visione d‟insieme dell‟apparato; esso è costituito sostanzialmente da 4
elementi: la scheda principale in basso (mother) che contiene le 4 slot su cui possono essere alloggiate
le schedine (daughter) sulle quali è bondato il chip, mentre sopra c‟è la scheda di acquisizione, che
alloggia due ADC e un FPGA.
Figura A2.4: visione complessiva del setup di misura
Il verso di inserimento delle daughter sulla mother, che avviene tramite un connettore DIN a 96 vie
disposte su tre file da 32 pin, è univoco; al di là delle diverse modalità di test che possono essere
utilizzate, affinché il sistema funzioni è necessario che la prima slot sia sempre occupata; come mostra
la figura A2.6, con prima slot si intende quella più vicina all‟utente quando il connettore delle
alimentazioni si trova dal lato destro della scatola. In futuro, comunque, questa slot sarà indicata
direttamente sulla mother.
Figura A2.5: la prima slot delle 4 disponibili va sempre connessa
Appendice
76
Il motivo è che su quella slot arrivano delle linee che portano segnali che devono poi essere distribuiti
alle altre, quindi, per fare in modo che queste ultime funzionino, occorre inserire almeno il connettore
sulla prima slot.
Relativamente alle diverse modalità di test, le principali sono la cosiddetta „modalità telescopio‟, in cui
vengono connesse quattro schede daughter in fila per verificare se e come una particella le attraversi, e
la modalità in cui si utilizza un singolo sensore. Per maggiori dettagli fare riferimento al paragrafo
relativo alle modalità di trigger.
I segnali in uscita dal sensore passano dalla daughter alla mother, e da qui arrivano a un banco di
connettori per poter poi passare agli ADC. La figura A2.7 mostra il banco di connettori; a seconda del
tipo di acquisizione che si sta facendo, occorre connettere opportunamente gli ADC alla mother; anche
in questo caso c‟è una figura accanto alla scheda che mostra quali segnali arrivino sui diversi
connettori, che sono numerati per poterli riconoscere.
Figura A2.6: banco di connettori per trasferire segnali dalla mother agli ADC
In totale ci sono 4 blocchi, uno per ogni scheda daughter che è possibile inserire, di 7 connettori
ciascuno, relativi alle 4 matrici principali e alle strutture di test presenti, che sono descritte nel
prossimo paragrafo.
L‟ultima scheda, infine, contiene un FPGA, che elabora i dati di acquisizione e li trasmette, tramite
una porta USB, al PC di controllo. Tra i cavi di ingresso all‟FPGA ce ne sono due chiamati external
trigger, mostrati in figura A2.8.
Appendice
77
Figura A2.7: cavi per connettere segnali di trigger esterni
Essi possono essere utilizzati per decidere quando i dati acquisiti sono significativi e ,pertanto, devono
essere salvati. In ogni caso si rimanda al paragrafo relativo al software per la descrizioni delle funzioni
e delle diverse modalità di trigger.
Appendice
78
A.3 - ARCHITETTURA E CARATTERISTICHE DI RAPS03
La figura A3.1 mostra il Layout del chip RAPS03 attualmente sotto test:
Figura A3.1: layout del RAPS03
Sono evidenziate le diverse strutture presenti, in particolare le 4 matrici principale di 128x128 pixel
ciascuna, di cui costituite con pixel S e due con pixel L. Ci sono poi diverse strutture di test, tra cui
una matrice di dimensioni 32x32, e infine singoli pixel e singoli transistor. I segnali (analogici) di
uscita delle matrici passano poi attraverso un buffer per raggiungere le pad di I\O del chip. I segnali
digitali di Reset e di scan delle matrici sono generati internamente al chip stesso, e controllate per
mezzo di appositi registri. I segnali che arrivano sui connettori della scheda madre sono quelli riferiti
alle 4 matrici principali, quello della matrice 32x32, e quelli delle strutture denominate G1PO e
G1POL che utilizzano pixel con architetture diverse rispetto ai “tradizionali” pixel Small e Large che
costituiscono le matrici 128x128.
Appendice
79
A.4 - SOFTWARE DI ACQUISIZIONE
Il PC di controllo del sistema si trova a fianco della scatola di alluminio contenente il setup.
Attualmente esso controlla anche il banco ottico, e si sta iniziando a testare il comportamento del
RAPS03 sottoposto a sorgenti laser. In futuro, comunque, si pensa di separare tali ambiti, dedicando
ad ognuno un pc di controllo.
Il pc, di norma, resta sempre acceso; in ogni caso, esso è dotato di una password che è (dovrebbe
essere) scritta sul monitor del pc stesso. Per facilitare la lettura della guida, i nomi dei tasti sono
sottolineati ogni volta che vengono nominati.
Il software di acquisizione è stato sviluppato in LabView e si chiama RapsAtCERN_v3.1.vi. La figura
A4.1 mostra la schermata iniziale di Labview dove selezionare il programma di acquisizione.
Figura A4.1 : Schermata iniziale di LabView
Occorre prima eseguire le varie verifiche sull‟hardware e connettere gli alimentatori, e solo in seguito
è possibile lanciare il software. Per avviare il programma occorre cliccare sul tasto Run in alto a
sinistra nella barra di accesso rapido, per spegnerlo c‟è a fianco il tasto rosso Abort Execution.
il programma presenta quattro pannelli, dedicati rispettivamente al settaggio dei parameri dell‟FPGA,
al settaggio dei parametri di acquisizione, al salvataggio dei dati e alla visualizzazione dei dati
Appendice
80
acquisiti. Essi sono descritti in dettaglio nei paragrafi successivi. In generale il programma è stato
sviluppato in modo che ad ogni azione corrisponda la visualizzazione di uno o più led, cosicché sia
semplice e intuitivo per l‟utente sia settare i diversi parametri, sia rendersi conto di eventuali
malfunzionamenti.
Appendice
81
A.4.1 - SET FPGA PARAMS
Il primo pannello del software di acquisizione è relativo alle impostazioni dei parametri dell‟FPGA, ed
è riportato nella figura A4.2.
Figura A4.2 : settaggio dei parametri dell’FPGA
Nella sezione in alto a destra è riportato il bitstreamfile; esso è relativo al controllo di alcune
impostazioni di base del programma, quando il programma è correttamente in esecuzione è acceso il
led Ready; qualora siano accesi gli altri led ci sono problemi abbastanza seri da risolvere, per cui
meglio spegnere il tutto.
Nella sezione a sinistra ci sono invece le varie impostazioni che l‟utente può modificare; in generale
ogni volta che uno o più di questi parametri viene modificato occorre poi premere il tasto CARICA
PARAMETRI per trasferirli dal software all‟FPGA rendendo così effettivi i cambiamenti effettuati. I
valori attualmente inseriti , relativi al clock e alla modalità di calcolo del valore di uscita dei pixel,
sono relativi al RAPS03, per le versioni successive occorrerà individuare i valori corretti da impostare.
L‟uscita dei pixel, infatti, è una tensione analogica, e passando dalla lettura di un pixel al successivo, a
causa di accoppiamenti capacitivi sul percorso di uscita del segnale, si individua un comportamento
analogo a quello descritto dalla figura A4.3.
Appendice
82
Figura A4.3: zoom sul tipico andamento della tensione di uscita della matrice
Volendo fornire un valore di uscita univoco, l‟obiettivo è campionare il segnale individuando un certo
numero di campioni significativi (quelli evidenziati in rosso) a fare la media di questi campioni, quindi
occorre scartare un numero opportuno di campioni iniziali, e uno o più campioni finali. Le cose
variano cambiando la frequenza di clock e quindi la lunghezza del periodo di lettura di ciascun pixel,
comunque l‟obiettivo minimo è di avere almeno 4 campioni per pixel, in modo da scartare i primi due
e l‟ultimo, e conservare il terzo. Questo valore di tensione viene poi convertito in ADCcounts, e poi
visualizzato e salvato. Le impostazioni di default per RAPS03, con il clock a 1 MHz, prevedono di
utilizzare 32 campioni per pixel.
Una osservazione importante è relativa alla scelta della matrice da leggere; attualmente (nelle versioni
successive del chip sarà necessario verificare se la situazione resta invariata, e scoprirne
eventualmente le cause) per leggere le matrici 32x32 invece delle 128x128 non è necessario
selezionare questa impostazione a livello di software, ma è sufficiente lasciare le dimensioni della
matrice letta sul valore 128x128, connettendo opportunamente gli ADC alle uscite 32x32. Così
facendo, infatti, l‟acquisizione è comunque corretta, solo che in fase di visualizzazione e di analisi
solamente i primi 32x32=1024 valori sono significativi, mentre i rimanenti sono tutti a zero.
La sezione in basso contiene, infine, i 4 tasti principali per mezzo dei quali si da il via all‟acquisizione;
quando il software è in acquisizione, il led più grande è acceso e lampeggiante
Appendice
83
A.4.2 - ACQUISITION PARAMS
Nel pannello Acquisition Params di figura A4.4 è possibile impostare i diversi settaggi di acquisizione.
Figura A4.4: pannello Acquisition Params per settare i parametri di acquisizione
Questa sezione è divisa in tre parti: quella in alto a sinistra è relativa al calcolo dei piedistalli, quella a
sinistra è relativa all‟impostazione del trigger, e quella in basso a destra, infine, è relativa al calcolo dei
bad pixel. Vista la loro importanza per capire da un punto di vista teorico il principio di funzionamento
del sistema di acquisizione, esse sono descritte in dettaglio nei paragrafi seguenti.
A.4.2.1 - Piedistalli
Il comportamento dei pixel presenti nel RAPS è rumoroso; considerando un certo numero di uscite di
uno stesso pixel in condizioni di buio, si individua un comportamento fittabile con una gaussiana, di
cui è quindi possibile individuare valor medio (chiamato piedistallo) e varianza.
Il primo viene utilizzato per poter normalizzare a zero l‟uscita dei pixel, in modo da facilitare la lettura
e l‟interpretazione dei dati di acquisizione, mentre la varianza, che, ovviamente, fornisce informazioni
legate alla rumorosità dei pixel sui vari canali, viene utilizzata per dimensionare le soglie del trigger in
modo da individuare i bad pixel.
La figura A4.5 mostra questa sezione del software.
Appendice
84
Figura A4.5: Piedistallo
Il numero di frame da considerare per costruire una statistica significativa è di almeno 100 frame. Si
rimanda al tutorial per come calcolare e sottrarre i piedistalli.
Appendice
85
A.4.2.2 - Trigger
Nel contesto dell‟acquisizione dati, con evento di trigger si intende un qualcosa che consenta di
discriminare tra la situazione in cui i dati sono interessanti e vanno salvati, e quella, viceversa, in cui i
dati acquisiti non sono da considerarsi significativi, e vanno quindi scartati. Ѐ ovvio che a seconda del
tipo di analisi che si realizza (ad esempio, analisi di matrici esposte a radiazione rispetto ad analisi
della rumorosità delle matrici stesse) uno stesso dato può essere significativo o meno. La figura A4.6
mostra la sezione del software in cui è possibile impostare gli eventi di trigger.
Figura A4.6: zoom sul pannello relativo al trigger
Nella colonna a destra si possono scegliere quali sorgenti utilizzare come trigger; si possono utilizzare
i 4 canali degli ADC oppure due canali esterni (nel caso si vogliano utilizzare questi ultimi, vanno
Appendice
86
connessi i relativi cavi ai connettori), e infine si può scegliere tra modalità AND o OR, selezionando o
meno il tasto Coincidence.
Quest‟ultimo aspetto fa riferimento alla modalità di acquisizione che si sta utilizzando: se ad esempio
si lavora in modalità telescopio gli eventi significativi saranno quelli in cui una particella colpisce 4
matrici poste su sensori diversi e allineati tra loro, in modo da poterne valutare la traiettoria; se,
invece, essa colpisce solo una matrice ma non le altre, non si tratta di un evento significativo in questo
contesto, in quanto non fornisce indicazioni sulla traiettoria della particella stessa: sarà quindi
opportuno lavorare in modalità AND, in modo che siano salvate solo le situazioni di interesse, in cui la
particella colpisce tutti i sensori posti sui canali usati come trigger. Viceversa, se vengono esposte 4
matrici di uno stesso pixel a radiazione per verificare la loro risposta, ogni evento risulta essere
significativo, indipendentemente da quale matrice viene colpita, e quindi sarà necessario lavorare in
modalità OR.
Il valore delle soglie da impostare per discriminare tra un evento significativo o meno cambia a
seconda del tipo di acquisizione che si sta facendo; per quanto riguarda l‟operazione di calcolo ed
esclusione dei bad pixel, come sarà chiarito nel paragrafo successivo, è di solito sufficiente porre i
livelli a 6σ, dove σ è la deviazione standard della distribuzione dei valori di uscita di ogni pixel
ricavata dal software assieme ai piedistalli.
A.4.2.3 - Bad Pixel
Alcuni dei pixel delle diverse matrici possono essere non funzionanti, ad esempio a causa di errori di
processo durante la fabbricazione del chip. Essi possono essere individuati ed esclusi dal computo
degli eventi significativi in quanto risultano illuminati anche in condizioni di buio; per questo motivo,
oltre ad essere chiamati „bad pixel‟, sono anche detti „pixel caldi‟.
L‟idea di fondo per trovare i pixel caldi è, di conseguenza, quella di impostare delle soglie di trigger
sufficientemente elevate, in modo che, in condizioni di buio, i pixel „buoni‟ non possano sorpassare
questa soglia (se non con probabilità molto bassa), mentre i pixel caldi la passino facilmente.
Visto che la distribuzione dei valori assunti dall‟uscita di ogni pixel assume una dinamica gaussiana di
cui si è calcolata la deviazione standard, una buona regola è porre in prima ipotesi le soglie all‟incirca
a 6σ: la probabilità di trovare un valore al di fuori dell‟intervallo ±6σ centrato sul valor medio in una
distribuzione gaussiana, infatti, è pari a 10^-9, quindi avendo 128x128x4=65536 pixel
complessivamente, la probabilità di trovare valori al di fuori dell‟intervallo ±6σ in condizioni di buio
nel corso della scansione completa di un chip è inferiore a 10^-4. In ogni caso, come è sottolineato
nella parte relativa al tutorial, è opportuno controllare tramite gli strumenti di visualizzazione che le
soglie impostate siano corrette, ad esempio mettere soglie troppo alte porta ad escludere anche eventi
significativi.
Appendice
87
Un altro aspetto da considerare, inoltre, è che, nel corso di un‟acquisizione, alcuni pixel inizialmente
buoni si „trasformino‟ in bad pixel, e ovviamente anche essi vanno esclusi man mano che vengono
individuati.
Come nel paragrafo precedente, si rimanda alla sezione di tutorial per lo svolgimento delle operazioni
di calcolo ed esclusione dei bad pixel col software. Valori tipici del numero di bad pixel complessivi
in una matrice 128x128 sono compresi tra 100 e 200.
Appendice
88
A.4.3 - SAVE DATA
La figura A4.7 mostra il pannello relativo al salvataggio dei dati.
Figura A4.7: pannello Save Data
Il salvataggio dei dati deve avvenire in modo razionale, cosicché anche a distanza di tempo dal
salvataggio dei dati stessi sia semplice e intuitivo, semplicemente osservando il nome delle cartelle in
cui sono salvati i dati e i nomi dei file stessi, capire a cosa quei dati facciano riferimento.
In particolare, il salvataggio dati è organizzato in modo che nella cartella riferita a una certa
acquisizione si trovino 8 sottocartelle: le 4 relative ai 4 canali, chiamate S1, S2, S3, S4, e le cartelle
contenenti i file riferiti al rumore, ai piedistalli e alle maschere dei bad pixel; c‟è poi un‟ulteriore
cartella, chiamata time, che veniva usata per RAPS02, e che è sempre vuota.
Aprendo una delle cartelle riferita ai canali, si può vedere che essa contiene diverse sottocartelle,
dentro le quali ci sono i file che contengono i dati acquisiti. Visto che il salvataggio dei file avviene
tramite file binari, uno per ogni lettura della matrice, la loro dimensione è circa di 32 kb (2x128x128).
Per evitare che Windows abbia problemi di indicizzazione, è bene non inserire troppi file in una stessa
cartella, la scelta di default è di metterne al massimo 1000; in questo modo dentro a S1 ci sono 16
sottocartelle, e così nelle sottocartelle S2 S3 S4 relative agli altri canali. Per risparmiare spazio su
disco è possibile, inoltre, scegliere se salvare solo la sottomatrice illuminata, o tutte le 4 sottomatrici.
Passando al nome da assegnare ai file, esso ha un nome con un numero progressivo che il programma
aggiorna automaticamente; la sintassi seguita è la seguente:
x_y_n
Appendice
89
dove i vari campi identificano: x=canale dell‟ADC; y=matrice all‟interno del sensore; n=pixel
acquisito
Ad esempio: 0_2_12644
La scelta della cartella dove effettuare il salvataggio, invece, avviene premendo il tasto Generate
directory tree, tramite il quale si apre la schermata riportata in figura A4.8.
Figura A4.8: creazione delle cartelle per il salvataggio dei dati
Occorre impostare due parametri, chiamati Base path e Base name, la cui sintassi è riportata nel
seguente esempio:
Base path: G:\RAPS03_LAB2010Prova
dove il primo elemento indica il sensore sotto test, mentre il secondo indica luogo e data della
campagna di acquisizione
Base name: 06_RAPS03_55Fe_4x13or
il base name cambia a seconda del tipo di acquisizione che si realizza; in particolare, il primo campo è
un numero progressivo che indica in quale sottocartella salvare i dati, (controllare quale è l‟ultima
utilizzata e inserire il numero successivo), poi è indicato il sensore, la sorgente utilizzata e, infine, le
soglie e la modalità di trigger.
Come considerazione di carattere generale, va ricordato che è bene salvare solo i dati significativi,
impostando correttamente i vari settaggi del software; in ogni caso, qualora ci si accorga di aver
salvato dati non significativi, non bisogna buttarli, ma interrompere l‟acquisizione e farne una nuova
con impostazioni corrette: la cosa fondamentale, infatti, è tenere sempre traccia del lavoro svolto, in
modo da capire quali dati si siano salvati senza doverli ogni volta analizzare; allo scopo è presente un
quaderno a fianco del setup di misura nel quale vanno annotate tutte le acquisizioni fatte, con eventuali
commenti.
Appendice
90
A.4.4 - VISUALIZZAZIONE E ANALISI DATI
Nella sezione destra del programma c‟è la parte di visualizzazione e analisi dati, riportata nella figura
A4.9.
Figura A4.9: visualizzazione dati, modalità oscilloscopio
Ci sono tre diverse modalità di visualizzazione, rispettivamente a 1, 2 e 3 dimensioni, e due pannelli
dedicati all‟analisi dei dati acquisiti.
Nella modalità 1D i dati sono presentati come se si stesse osservando lo schermo di un oscilloscopio;
in ascissa ci sono i canali, in ordinata l‟uscita dei pixel in ADCCounts, calcolata come mostrato nel
paragrafo A4.1. Ѐ possibile cambiare il fondo scala dei dati visualizzati semplicemente scrivendo i
valori che si vogliono visualizzare; ad esempio impostando 16500 in ascissa si visualizzeranno tutti i
pixel di una matrice (128x128=16384, gli ultimi valori saranno a 0); cambiando il canale si cambia la
matrice che viene visualizzata.
Appendice
91
La modalità in due dimensioni è mostrata nella figura A4.10.
Figura A4.80: visualizzazione dati, modalità 2D
Si ha una visualizzazione in due dimensioni dei canali in una scala di grigio in cui il bianco individua i
pixel illuminati, mentre il nero è associato ai pixel in condizioni di buio. Anche in questa modalità è
possibile scegliere quale canale visualizzare, o vederli tutti assieme selezionando All 4 frames; è
possibile, poi, mostrare la maschera dei bad pixel (sono i punti fissi evidenziati in bianco), e viene
indicato il massimo valore rilevato, sempre in ADCcounts, e il pixel su cui tale valore è rilevato.
Appendice
92
La modalità di visualizzazione in tre dimensioni è riportata nella figura A4.11.
Figura A4.91: visualizzazione dati, modalità 3D
In questo caso viene aggiunta una terza dimensione in verticale, che fornisce informazioni
sull‟intensità del segnale sui pixel di una singola matrice; al solito, è possibile cambiare la matrice
visualizzata premendo l‟apposito tasto; è possibile definire il valore minimo e massimo visualizzato
sull‟asse verticale; come mostrato nel tutorial, è spesso utile porre come valore minimo il valore
utilizzato per le soglie del trigger.
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A.5 - TUTORIAL
Questo tutorial è riferito al test di un singolo sensore RAPS03 con sorgente radioattiva di ferro55, in
cui gli ADC sono connessi alle 4 matrici principali (128x128) del sensore stesso.
Per far partire l‟acquisizione occorre lanciare il programma premendo Run nella barra in alto a sinistra
e poi, nella sezione relativa all‟FPGA, selezionare le matrici di interesse (128x128 o 32x32) per
mezzo dell‟apposito tasto, e poi premere CARICA PARAMETRI e, nell‟ordine da sinistra a destra, i 4
tasti in basso:
Reset FPGA -> Reset RAPS03 -> Imposta registri RAPS03 -> Via acquisizione
a questo punto il led grande comincia a lampeggiare, come mostrato nella figura A5.1.
Figura A5.1: schermata del software in fase di acquisizione
Ѐ opportuno sottolineare che premendo Reset FPGA si cancellano tutte le impostazioni relative
all‟FPGA, compresi i parametri caricati con l‟operazione descritta in precedenza; essa è comunque
necessaria per inizializzare correttamente il software. In seguito, per rendere effettive eventuali
modifiche della sezione FPGA Params, così come l‟operazione di sottrazione dei piedistalli, occorre
premere CARICA PARAMETRI ma non Reset FPGA, né tantomeno gli altri tasti in basso.
Spostandosi nella sezione di visualizzazione è ora possibile controllare l‟uscita degli ADC (prima di
accendere occorre aver connesso opportunamente gli ADC ai connettori sulla scheda mother!), in
particolare nella modalità oscilloscopio. Con RAPS03 in condizioni di buio, se le cose funzionano, si
dovrebbe vedere un valore in ordinata di circa 3600 su tutti i canali.
L‟operazione successiva da compiere è la normalizzazione del valore di uscita dei pixel a 0, sottraendo
ad ogni pixel il piedistallo calcolato per i pixel dal canale cui esso appartiene. Tale operazione è svolta
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autonomamente dal software; per eseguirla occorre spostarsi nella sezione di Acquisition Params e
selezionare Calcola piedistallo (controllando di farlo su un numero sufficiente di frame).
appena eseguita questa operazione posso controllare il risultato del fitting come mostrato nella figura
A5.2.
Figura A5.2: schermata relativa al calcolo dei piedistalli
Se le cose funzionano (al solito, i valori sono in riferimento a RAPS03 in condizioni di buio; se non si
riscontrano tali valori la soluzione di primo tentativo è spegnere e riaccendere!) i piedistalli sui vari
canali stanno su valori compresi tra 3400 e 3600 circa, mentre la deviazione standard è circa uguale a
due a due sui quattro canali, e pari circa, rispettivamente, a 1.2 e 1.6.
Il motivo per cui si verifica questa situazione è che due delle matrici principali sono costituite da pixel
S, mentre le altre sono costituite da pixel L.
A questo punto premere il tasto Carica piedistalli e poi, tornando sulla sezione FPGA Params,
selezionare Sottrazione piedistallo; ora il led corrispondente diventa verde e, tornando nella sezione di
visualizzazione, vedo che l‟operazione è stata eseguita: nella modalità oscilloscopio, in particolare, è
facile notare come l‟andamento dell‟uscita degli ADC presenti effettivamente una dinamica gaussiana.
In realtà, oltre alla sottrazione dei piedistalli, il software ha anche operato una inversione del segno del
segnale di uscita, in modo che, in corrispondenza dell‟arrivo di una radiazione, cui corrisponde un
abbassamento del livello di tensione in uscita al pixel colpito, si possa visualizzare una variazione
positiva del segnale, facilitando così l‟interpretazione della modalità di visualizzazione 3D.
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Per fare in modo che questa operazione venga effettivamente svolta dall‟FPGA sui dati in uscita dal
sensore e non resti a livello di visualizzazione è necessario selezionare di nuovo CARICA
PARAMETRI.
L‟operazione successiva da compiere è impostare correttamente i livelli del trigger, e lo si fa nella
sezione Acquisition Params, selezionando nel sottomenù apposito i canali da usare come trigger e il
valore delle soglie e premendo poi i tasti Set Trigger sources e Set threesholds. Come detto nel
paragrafo 4.2.3, valori della soglia a 6σ sono in linea di principio esatti per poter individuare i bad
pixel.
In seguito occorre eseguire il calcolo dei bad pixel; ciò avviene sempre nella sezione di Acquisition
Params, premendo nell‟ordine i tasti Reset bad pixels e Attiva Calcolo Bad pixels. in seguito, per poter
individuare i pixel che „diventano cattivi‟ nel corso dell‟acquisizione, premere su Aggiungi bad pixel
alla maschera e, infine, per aggiornare la maschera dei bad pixel premere su Aggiornamento
Automatico e poi su Carica Maschere.
A questo punto, per capire se le soglie sono state piazzate su valori opportuni, è necessario tornare in
fase di visualizzazione, e in particolare nella modalità 2D è bene visualizzare la posizione dei bad
pixel trovati e verificare che essa sia distribuita in modo abbastanza sparso e casuale su tutta l‟aera
delle matrici. Nella modalità 3D, infine, mettendo come valore di fondo scala proprio il valore delle
soglie, si dovrebbe vedere (in condizioni di buio) un pixel ogni tanto che „emerge‟ e poi scompare, in
quanto riconosciuto e classificato come bad. Se, viceversa, fossi in condizione di illuminazione, dovrei
vedere il pixel colpito in maniera evidente e chiara.
Tornando alla sezione di Acquisition Params, il numero complessivo di bad pixel dovrebbe assestarsi
tra i 100 e i 200 per ogni canale. Se il loro numero è più elevato e, in fase di visualizzazione, si
riscontra una situazione di forte rumorosità è plausibile che le soglie siano state settate male, con
valori troppo bassi; occorre quindi aumentarle finché non si arriva a una condizione di corretto
funzionamento.
Una precisazione: questo discorso vale per una acquisizione „standard‟ in cui l‟obiettivo è escludere
gli eventi rumorosi (bad pixel) e salvare solo gli eventi significativi, cioè i pixel effettivamente colpiti
da radiazione. Ѐ evidente che volendo fare, ad esempio, una valutazione della rumorosità dei pixel, la
situazione è completamente differente, e le soglie vanno impostate di conseguenza.
Ora è possibile passare alla fase di salvataggio dei dati. Nel pannello opportuno occorre quindi
selezionare Generate directory tree per scegliere la cartella dove salvare, impostare il percorso corretto
e premere Ok.
in seguito, premere su Salva dati, e successivamente su Salva Piedistallo, Salva Rumore e Salva
Maschera.
Ѐ bene a questo punto controllare che nelle varie siano stati salvati i relativi file.
Poi premere Salva maschera automaticamente, in modo che vengano salvati gli aggiornamenti della
maschera dei bad pixel.
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Infine, premendo Avvia salvataggio, parte il salvataggio dei dati di acquisizione; per interromperlo
occorre premere di nuovo il tasto Avvia salvataggio.