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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO - radiomaria.it · tutti gli uomini a riconciliarsi con Dio per...

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO _________________________________________ FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN STUDI INTERNAZIONALI Tesi di laurea UN SANTUARIO E LA SUA “VOCE” IL CASO DI MEDJUGORJE E “RADIO MARIA” Relatore Prof. Paolo Cozzo Candidato Marco Paganelli Matr. n. 279477 ANNO ACCADEMICO 2011 - 2012 1
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO

_________________________________________

FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE

CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN STUDI INTERNAZIONALI

Tesi di laurea

UN SANTUARIO E LA SUA “VOCE”

IL CASO DI MEDJUGORJE E “RADIO MARIA”

Relatore Prof. Paolo Cozzo Candidato Marco Paganelli Matr. n. 279477

ANNO ACCADEMICO

2011 - 2012

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A Maria Regina della Pace Ai miei genitori e ai nonni A don Adriano Gennari Al Cenacolo Eucaristico della Trasfigurazione A padre Livio Fanzaga A “Radio Maria” A quanti hanno collaborato per la buona riuscita di questo lavoro.

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UN SANTUARIO E LA SUA “VOCE”:

IL CASO DI MEDJUGORJE E “RADIO MARIA”

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INDICE

CAPITOLO 1

I FATTI DI MEDJUGORJE

1.1. GLI EVENTI E I LORO PROTAGONISTI………………………………………. 6

1.2. MEDJUGORJE NELLA STORIA DELLA JUGOSLAVIA………………………13

1.3. I LUOGHI DELLE APPARIZIONI E L’ORGANIZZAZIONE DEL CULTO….. 33

CAPITOLO 2

IL DIBATTITO SULLE APPARIZIONI DI MEDJUGORJE

2.1 POSIZIONI DELLA CHIESA E DEL MONDO LAICO……………………………. 39

2.2 GLI SVILUPPI DI MEDJUGORJE……………………………………………………. 72

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CAPITOLO 3

RADIO MARIA: “UNA VOCE CRISTIANA NELLA TUA CASA”

3.1 LA FONDAZIONE…………………………………………………………………………79

3.2 DA EMITTENTE LOCALE A NETWORK INTRNAZIONALE……………………….94

APPENDICE DOCUMENTARIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II NELL’UDIENZA GENERALE DEL 23 MARZO 1994:

PARTE DEDICATA A “RADIO MARIA”……………………………………………………108

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II NELL’UDIENZA GENERALE DEL 29 MARZO 1995:

PARTE DEDICATA A “RADIO MARIA”……………………………………………………..111

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II AI PARTECIPANTI DEL PELLEGRINAGGIO

PROMOSSO DALLA SEZIONE POLACCA DI “RADIO MARIA”………………………… 114

ATTO DI CONSACRAZIONE DI RADIO MARIA ALLA VERGINE

DELL’ANNUNCIAZIONE………………………………………………………………………117

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA……………………………………………………………121

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CAPITOLO 1

I FATTI DI MEDJUGORJE

1.1 GLI EVENTI E I LORO PROTAGONISTI

Medjugorje è una piccola cittadina della Bosnia Erzegovina diventata famosa in tutto il mondo, a

partire dagli anni’80 del ’900, in quanto protagonista di un evento inaspettato: alcuni parrocchiani,

ragazzini tra i 10 e i 17 anni, dichiarano di vedere e di parlare con la Madonna.

Nel tardo pomeriggio del 24 giugno 1981 Ivanka Ivankovic, Mirjana Dragicevic, Vicka Ivankovic,

Ivan Dragicevic, Ivan Ivankovic e Milka Pavlovic, affermano di vedere sulla collina Crnica, nel

luogo chiamato Podbrdo, una figura bianca di una donna, con un bambino in braccio, che invita loro

ad avvicinarsi ma essi, sorpresi e intimoriti, scappano via.

Il giorno successivo, alla stessa ora (sempre attorno alle 18) i primi quattro si sentono attratti verso

il posto dove, la giornata precedente, assistono a quella che hanno riconosciuto come la santa

Vergine; nel frattempo anche Jakov Colo e Marja Pavlovic li raggiungono, completando così la

formazione del collegio dei veggenti ( Milka Pavlovic ed Ivan Ivankovic comunicano tuttavia di

non avere mai più avuto nessuna visione). Il 25 giugno 1981 Maria, descritta dai protagonisti come

“notevolmente bella, radiosa e sorridente”, ricompare loro invitandoli nuovamente ad avvicinarsi;

essi, facendosi coraggio, obbediscono e cadendo in ginocchio, in un primo momento pregano e

successivamente dialogano con lei. Mirjana comunica di averle chiesto un segno che confermasse

la realtà del fenomeno sovrannaturale in corso e che testimoniasse la loro stabilità psichica. Da quel

giorno in poi i sei veggenti dichiarano che continuano regolarmente gli incontri con la Gospa (in

croato “Madonna”).

Il 26 giugno questi giovani affermano che l’oggetto della visione rivela la propria identità. Quel

giorno, sempre alla stessa ora, su richiesta di Mirjana la Gospa dice: “Io sono la Beata Vergine

Maria”; Vicka invece lancia su di lei dell’acqua benedetta invitandola ad allontanarsi se non fosse

stata la santa Vergine, che invece resta e mentre i ragazzi, terminata l’apparizione, scendono dal

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Podbrdo, Marja afferma di averla rivista e di avere ricevuto un suo messaggio contenete un invito a

tutti gli uomini a riconciliarsi con Dio per ottenere la pace nel mondo.

Nel frattempo in tutta Medjugorje si inizia a insinuare la pazzia dei ragazzi o che essi potessero

essere drogati; il 27 giugno i sei giovani sono portati a Citluk dalla polizia per essere sottoposti a

numerose domande e a una accurata visita psichiatrica al termine della quale vengono ritenuti sani

di mente; all’apparizione di quella sera verso le ore 18, circa 15.000 persone si recano presso la

collina mentre i veggenti, durante l’apparizione, espongono le risposte, che vengono registrate, date

dalla Madonna.

Il 28 giugno, visto che il fenomeno inizia ad assumere proporzioni enormi a causa della notevole

partecipazione popolare, il parroco, frate Jozo Zovko, inizialmente scettico, interroga, nella casa

canonica, i sei giovani sugli eventi di cui sono protagonisti.

Lunedì 29 giugno la polizia preleva, ancora una volta, i veggenti per sottoporli a un ulteriore esame

medico.

Il 30 giugno due ragazze, su ordine del regime comunista, invitano i sei fanciulli, come loro stessi

affermano in numerose testimonianze, a trascorrere una giornata a notevole distanza dal luogo delle

apparizioni. Giunta la solita ora, spinti dalla medesima forza interiore dei giorni precedenti, essi

chiedono di fermare l’auto per mettersi in preghiera e la Madonna non manca, neanche in quella

circostanza, all’appuntamento quotidiano.

Da quel giorno, fino al 15 gennaio 1982, la polizia blocca non solo i sei ragazzi ma anche la folla,

sempre più numerosa, che li segue quotidianamente sul Podbrdo. I protagonisti affermano che la

Regina della Pace riesce a superare tale ostacolo apparendo in luoghi nascosti, per esempio nelle

loro case in campagna attuando “una vincente strategia di depistaggio e di attrazione”1.

Nel contempo il parroco di Medjugorje, padre Jozo, richiama i fedeli alla preghiera del santo

rosario e alla celebrazione eucaristica nella chiesa di San Giacomo, a cui partecipano anche i

veggenti ai quali, talvolta, appare Maria. I fedeli della parrocchia di Medjugorje dichiarano che un

tale evento prodigioso accade anche per il sacerdote; in tale modo egli si convince della veridicità

degli eventi superando, così, lo scetticismo iniziale. Egli concede ai veggenti una zona dove avere

l’apparizione quotidiana a partire dal 15 gennaio 1982 fino all’aprile 1985 quando il vescovo

diocesano ordina di spostarsi in una stanzetta della casa parrocchiale.

1 E. FATTORINI, Il culto mariano tra Ottocento e Novecento: simboli e devozione: ipotesi e prospettive di ricerca, Milano, Franco Angeli, 1999, pp. 73-74.

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Il parroco, condannato a tre anni di prigione, viene liberato dopo un anno e mezzo anche tramite

40.000 lettere scritte al Capo dello Stato e altri due francescani, accusati di attività sovversive nei

confronti del paese, sono imprigionati2.

Secondo quanto ha dichiarato la veggente Marja Pavlovic, in un’intervista al cronista Paolo Brosio

in onore dei trent’anni delle apparizioni, le guardie tenevano padre Jozo al buio ma ogni volta che si

recavano presso la sua cella vedevano non soltanto che dormiva tranquillamente ma anche “la porta

aperta e quindi per loro era uno shock incredibile”; tramite tali eventi molte di loro, con altri

carcerati, si sono convertite al cattolicesimo3.

Il vescovo della diocesi di Mostar di quegli anni, monsignor Pavao Zanic, in un primo momento

crede a quanto dicono i veggenti ma successivamente cambia idea condannando la loro

testimonianza mettendo così in cattiva luce frate Jozo4.

Il 23 agosto 1989 il vescovo Zanic priva quest’ultimo delle facoltà sacerdotali nella diocesi di

Mostar. Le motivazioni del provvedimento non sono comunicate ufficialmente in quanto appaiono

molto gravi ma il diretto interessato si rifiuta di obbedire a tali disposizioni e pertanto il successore

di Zanic, monsignor Ratko Peric inasprisce i provvedimenti già in vigore nei suoi confronti5; padre

Jozo dal 12 marzo 2009 viene mandato nell’isola di Badja, di fronte alle coste di Spalato, con il

compito di restaurare un antico monastero del Duecento. Da qui è stato trasferito in Austria, in un

convento di Graz, dove ha studiato da giovane. Oggi padre Jozo si trova lì. 6

La dinamica iniziale di queste visioni non sembra presentare caratteri originali: turbamento dei

piccoli veggenti, incredulità e irrisione del contesto sociale, opposizione del potere politico

comunista, persecuzione del parroco che viene accusato di proteggere i ragazzi, consenso e attesa

miracolistica della comunità7.

Il 2 febbraio 1982 i veggenti affermano che la santa Vergine ha chiesto di celebrare la ricorrenza

dell’inizio delle sue apparizioni ogni 25 giugno poiché “proprio quel giorno i fedeli sono venuti per

la prima volta sulla collina”.

Le caratteristiche delle apparizioni dei primi anni presentano “ contenuti ripetitivi (pace, preghiera,

digiuno, perdono, gioia), la continuità delle visioni (tutti i giorni), la puntualità (sempre alla stessa

2 Ibid, 1999, p. 74. 3 P. BROSIO, Viaggio a Medjugorje: trent’anni con la Regina della Pace, Milano, Piemme incontri, 2011, pp. 132-133. 4 P. BROSIO, Profumo di lavanda: Medjugorje la storia continua, Milano, Piemme, 2010, p. 57. 5 M. CORVAGLIA, Medjugorje è tutto falso, Assago (Milano), Anteprima, 2007, p.77. 6 BROSIO, Profumo di lavanda, cit., p.61. 7 FATTORINI, Il culto mariano tra Ottocento e Novecento, cit., p.74.

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ora)” tuttavia “da qualche tempo le apparizioni, seguendo gli spostamenti dei veggenti in ogni parte

del mondo, cambiano ora anche sulla base dei fusi orari”8.

I messaggi comunicati dai veggenti al termine delle apparizioni si sintetizzano in cinque pratiche

da realizzare: il rosario, l’eucaristia, la confessione mensile, la lettura della Bibbia e il digiuno a

pane e acqua il mercoledì e il venerdì come allenamento della volontà alla rinuncia al peccato9.

Fino al 25 giugno 2001, nel ventesimo anniversario delle apparizioni, il numero totale dei messaggi

(essi sono sempre in sintonia col tempo liturgico della Chiesa) è 322 così suddivisi: 148 settimanali

(dati alla parrocchia ogni giovedì, dal primo marzo 1984 all’8 gennaio 1987) e 174 mensili (dati il

25 di ogni mese in ricordo del giorno dell’anniversario delle apparizioni).

Il messaggio più breve è stato comunicato dalla Gospa tramite la veggente Marja il 23 agosto 1984

(“pregate, pregate, pregate”) mentre quello più lungo, formato da 115 parole, è del 25 novembre

1997. L’inizio del contenuto è sempre il medesimo (“cari figli”) così come la conclusione (“grazie

per aver risposto alla mia chiamata”). Le parole che maggiormente si ripetono sono “abbandono”

alla “volontà di Dio”.

Secondo un’analisi dei messaggi rivelati fino al 25 giugno 2001 il termine “Dio Padre” è ripetuto

130 volte, “preghiera” 123, “Gesù” 30, “Spirito Santo” 15, “Croce” e “Paradiso” 10 (quest’ultimo

molte volte è definito “Cielo”), “digiuno” 8, “Satana” 60.

Secondo la testimonianza del veggente Ivan nel messaggio datogli il 14 agosto 1984 la Madonna ha

richiamato i fedeli in particolare alla recita dei misteri dolorosi, gloriosi e gaudiosi (ciò diventerà il

programma ufficiale della parrocchia prima della santa messa serale) estendendo l’invito, tramite

Marja il 25 giugno 1985, affinché i sacerdoti facciano altrettanto per superare gli ostacoli che il

demonio vuole causare alla Chiesa cattolica.

Il 25 febbraio 1988 la santa Vergine ha chiesto a ogni pellegrino di portare sempre una corona del

rosario come segno, verso il Maligno, della propria appartenenza a lei. Tali affermazioni hanno

avuto come conseguenza un incremento della devozione verso questa pia pratica attuata

regolarmente in numerose chiese italiane anche grazie alla trasmissione quotidiana di essa,

sull’emittente “Radio Maria”, che ha reso possibile concretizzare l’invito di papa Paolo VI,

nell’esortazione apostolica “Marialis cultus” del 2 febbraio 1974, a non trascurare tale devozione10.

Vediamo ora una breve presentazione dei veggenti:

Jakov Colo nasce a Sarajevo il 6/03/1971; ha avuto apparizioni quotidiane fino al 12/09/1998

quando la Vergine, rivelandogli il decimo segreto, gli ha promesso che sarebbe venuta a fargli visita

8 Ibid., p. 86. 9 COMITATO MEDJUGORJE TORINO, Convertitevi e pregate, Torino, Medjugorje Torino, 2004, p. 22. 10 R. CANIATO- V. SANSONETTI, Maria, alba del terzo millennio: il dono di Medjugorje, Milano, Ares, 2009, p. 183.

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ogni Natale per tutta la sua vita raccomandandogli di pregare per i malati. Vive a Medjugorje con

sua moglie e i tre figli. Orfano di genitori da quando era ragazzo, è cresciuto con gli zii fino ai 18

anni e Vicka gli ha fatto da vice - mamma.

Ivan Dragicevic viene alla luce il 25/05/1965 a Bijakovici, nella parrocchia di Medjugorje.

Continua ad avere apparizioni quotidiane. Vive con sua moglie e i tre figli tra Boston e Medjugorje.

La Gospa gli ha chiesto di pregare soprattutto per i giovani e i sacerdoti e gli ha comunicato nove

dei dieci segreti.

Ivanka Ivankovic nasce a Bijakovici (frazione della parrocchia di Medjugorje) il 21/06/1966. E’

stata la prima dei sei a vedere Maria; ha un carattere molto riservato. Ha avuto apparizioni

quotidiane fino al 07/05/1985 quando la Gospa, rivelandole il decimo segreto, le ha promesso che

avrebbe avuto una apparizione annuale per tutta la sua vita, nel giorno dell’anniversario delle

apparizioni ogni 25 giugno. Vive con suo marito e tre figli a Medjugorje. La Vergine le ha affidato

il compito di pregare per le famiglie.

Marja Pavolovic nasce il 1/4/1965 a Bijakovici (parrocchia di Medjugorje) e continua ad avere

apparizioni quotidiane. Tramite lei la Santa Vergine comunica, ogni 25 del mese a partire dal

25/01/1987, un messaggio rivolto alla parrocchia e a tutta l’umanità (dal 1/03/1984 al 8/1/1987 fu

comunicato ogni giovedì). E’ sposata con un italiano, ha quattro figli e vive a Monza e a

Medjugorje. La Gospa le ha affidato il compito di pregare per le anime del Purgatorio ed è a

conoscenza di nove segreti.

Mirjana Dragicevic Soldo nasce il 18/03/1965 a Sarajevo, vive a Medugorje col marito e i suoi due

figli. Ha avuto apparizioni quotidiane fino al 25/12/1982 quando, dopo avere ricevuto il decimo

segreto, la santa Vergine le ha promesso che avrebbe avuto una sola apparizione all’anno ogni 18

marzo. Come dichiarato dalla stessa veggente questa data coincide con quella del suo compleanno

ma la ragione per cui la Madonna appare non è legata a tale motivazione ma a ragioni che saranno

comprensibili nel momento in cui verranno svelati i segreti che comunicherà al mondo tramite

padre Petar Lubcic. Dotata di un carisma particolare, quando parla attorno a lei cade un silenzio

assoluto: la gente rimane affascinata dal suo modo molto diretto di comunicare. Dal 2 agosto 1987,

secondo quanto ha riferito la veggente, la santa Vergine le appare per pregare per i non credenti:

questa è l’intenzione affidatale.

Vicka Ivankovic nasce il 03/09/1964 a Bijakovici, parrocchia Medjugorje. Ha apparizioni

quotidiane, afferma di avere ricevuto il compito dalla Madonna dell’ intercessione per la cura delle

patologie psichiche, morali e fisiche; vive a Krehin Grac presso Medjugorje col marito e sua figlia.

Una particolarità riscontrabile in queste presunte visioni, in continuità con quelle avvenute in

epoche storiche precedenti e in diverse parti del mondo, è la presenza di bambini o comunque

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individui appartenenti a ceti sociali bassi11. Secondo padre Livio Fanzaga “ in loro non c’è la

grande cultura teologica, ma la Sapienza di Dio, la sapienza dei piccoli in cui io vedo tanti sacerdoti

e anche vescovi, che vanno a chiedere consiglio ai veggenti”12.

Un altro aspetto da evidenziare è come questi ultimi non hanno scelto di ricevere il sacramento

dell’ordine ma quello del matrimonio e sono diventati genitori di famiglie numerose. E’ da

sottolineare come, anche nel caso di Medjugorje, il contesto sociale di partenza sia stato

caratterizzato da una fortissima povertà economica, da una notevole risposta positiva al fenomeno a

causa dell’adesione alla fede cattolica, di buona parte degli abitanti, che come si vedrà, rientra da

secoli nella storia dell’Erzegovina ma pure da una forte persecuzione dei primi tempi. I veggenti

nelle prime settimane sono stati sottoposti a pressioni della polizia anche tramite intimidazioni,

hanno sopportato interrogatori, sono stati portati dagli psichiatri perché ritenuti pazzi; a scuola sono

stati emarginati; i poliziotti, intanto, avevano vietato l’accesso alla montagna delle apparizioni e

tutta la piana sottostante, per cui i ragazzi non sapevano dove andare per la visione quotidiana.

Non bisogna dimenticare alcune distinzioni tra questi veggenti e quelli di altri eventi simili; i

ragazzi delle altre apparizioni, come quelli che hanno avuto la visione della santa Vergine a

Beauring o nella cittadina della Salette, dopo l’avvenimento, hanno condotto una vita lontana dai

riflettori. A Medjugorje la lunga durata di tali eventi ha fatto sì che questi ragazzi siano rimasti “a

disposizione” delle folle di pellegrini sempre più vaste.

Un aspetto da tenere presente riguarda il senso di globalità che ha assunto Medjugorje; tali

fenomeni sovrannaturali non sono legati al luogo (come per esempio nel caso di Lourdes o Fatima)

ma si ripetono in qualunque parte del mondo si trova il veggente.13

Da quanto esposto fino a ora si nota come all’inizio delle apparizioni, l’età dei veggenti è compresa

tra gli 11 e i 17 anni. I veggenti non hanno legami di parentela fra loro, non vivono nello stesso

posto e non frequentano la stessa scuola. Sono molto diversi per carattere, età e capacità

intellettuale; un elemento da evidenziare è la casualità, durante le vacanze estive, con cui si è

formato il loro gruppo.

Altri elementi da constatare riguardano il rapporto di amicizia che si è instaurato; essi hanno un

grande rispetto gli uni degli altri. Tra loro non esiste né rivalità né gelosia ma si registrano le qualità

e i difetti tipici della loro età e dell’ambiente da cui provengono.14

11 G. CRACCO, Santuari e pellegrinaggi nella storia cristiana, in Il Cristianesimo. Grande atlante, vol. II, Ordinamenti, gerarchie, pratiche, a cura di G. Alberigo,Torino, UTET 2006, pp. 888-907, in part. pp. 894-895. 12 L. FANZAGA, la fedeltà dei veggenti in “Medjugorje Torino. Periodico del Gruppo di Preghiera Regina Pacis di Torino”, 27, (2011), n.155, pp 5-7 in part. p.7. 13 Ibid., p.6. 14 R. LAURENTIN- L. RUPCIC, La Vergine appare a Medjugorje? Un messaggio urgente dato al mondo in un paese marxista, Brescia, Querniana, 1984, pp. 46- 47.

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La profonda amicizia tra i protagonisti si sarebbe mantenuta dall’intero gruppo anche con Milka

Pavlovic (sorella di Marja) e Ivan Ivankovic, i ragazzi che avrebbero visto la Gospa soltanto il

primo giorno. Mirjana Vasilj Zuccarini, scrittrice originaria di Medjugorje, afferma che il ragazzo

avrebbe smentito il contenuto della prima visione della Madonna, dichiarato dagli altri veggenti il

24 Giugno 1981; inoltre, tramite Sivric, si apprende che il 18 maggio 1986 un altro padre

francescano, che diventò amico dei veggenti e di Mirjana in particolare, Milan Mukulic di Portland

(Oregon), chiese a Ivan Ivankovic se avesse visto la Madonna il 24 Giugno 1981 ed egli rispose in

maniera negativa. Padre Laurentin nel 1984 afferma: “Egli (Ivan Ivankovic) crede alla sincerità

degli altri veggenti”. Se crede, significa, ovviamente, che, con i suoi occhi, non ha mai visto niente

di particolare15.

La Gospa, secondo la testimonianza dei veggenti, ha rivelato la sua vita dal 7 gennaio 1983; a Jakov

fino alla fine di aprile 1983; a Ivanka e a Ivan fino al 22 maggio 1983; a Marja fino al 17 luglio

1983; a Vicka fino al 10 aprile 1985.

I ragazzi hanno trascritto il contenuto in modo differente: Ivanka avrebbe preso degli appunti in

modo cifrato così da non consentire a nessuno la lettura, Ivan e Marja hanno trascritto soltanto

determinati aspetti utili per la meditazione personale, Vicka, su istruzione della santa Vergine, ha

dichiarato di avere trascritto totalmente la rivelazione su alcuni quaderni di cui prevede la

pubblicazione quando la santa Vergine lo vorrà. Molti fedeli affermano la volontà di leggerne i

contenuti ma padre Laurentin fa notare che la pubblicazione potrebbe comportare eventuali

polemiche poiché sarebbe o un’occasione per aumentare la fede oppure ci sarebbe il rischio di

essere considerato un ulteriore vangelo in cui è necessario discernere il contenuto vero e proprio da

interpretazioni personali di chi scrive16.

Ivan Ivankovic e Milka Pavlovic non hanno mai mostrato gelosie o dispute verso il collegio dei

veggenti pur essendosi recati diverse volte sul luogo delle apparizioni ed essendo rimasti in ottimi

rapporti con l’intero gruppo, senza tuttavia farne parte. Solo i sei ragazzi presenti alla seconda

apparizione hanno formato il gruppo. E’ dunque evidente che la ragione della formazione di

quest’ultimo e della sua sopravvivenza non sta nel gruppo stesso, ma in una causa esterna. Prima

dell’inizio degli eventi i protagonisti non si distinguono dagli altri giovani della parrocchia, né per

devozione ma nemmeno per partecipazione al catechismo o ai sacramenti e ancor meno per la loro

ascesi. Per il resto essi continuano a prendere parte alle attività, agli interessi e ai giochi dei loro

compagni. Non dimostrano segni di fanatismo né si mostrano bigotti o particolarmente santi e

nemmeno sono faziosi o scandalosi ma semplici, educati e simpatici17.

15 CORVAGLIA, Medjugorje è tutto falso, cit., p. 27. 16 CANIATO - SANSONETTI, Maria, alba del terzo millennio, cit., pp. 164- 165. 17 LAURENTIN - RUPCIC, La Vergine appare a Medjugorje?, cit., pp. 47- 48.

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1.2 MEDJUGORJE NELLA STORIA DELLA JUGOSLAVIA

Gli eventi appena descritti si collocano in un contesto storico e sociale in cui la fede cristiana fu

presente fin dall’epoca romana come testimoniarono numerosi reperti di antiche croci.

Le conquiste turche nella metà settentrionale del paese, furono azzerate dal re Matteo d’Ungheria

che creò un nuovo “banato”di Bosnia. Nel 1526 l’esercito ungherese perse la battaglia contro

Istanbul a Mohacs e l’anno successivo i turchi presero il dominio della città di Jajce. Il principe

slavo Stefano Vukcic riconquistò il proprio territorio alla fine del 1463 ma nel 1465 passò sotto il

dominio dei turchi. Il suo secondo figlio Vlatko gli succedette alla sua morte, avvenuta nel 1466. Il

nuovo sovrano cercò di consentire l’arrivo degli aiuti ungheresi e di Venezia in difesa dei territori

rimanenti su cui ebbe potere. Nel 1482 dovette cedere l’ultimo territorio dell’Erzegovina all’impero

ottomano che, dal 1451 al 1481 durante il regno di Maometto II, stabilì la sua presenza a

Costantinopoli nel 1453 ma anche nella Serbia settentrionale, in alcune parti della Bosnia e

dell’Erzegovina.

Il suo successore Bayazid II, pur continuando le conquiste territoriali, si concentrò soprattutto sul

rafforzamento di quelle realizzate in precedenza. Nel 1533 stipulò un trattato di pace con l’Austria

ma non mancarono le occasioni per le ostilità contro gli Asburgo; quando esse diventarono su larga

scala l’attività militare al confine con la Bosnia divenne maggiore. Le principali guerre tra l’impero

ottomano e quello asburgico avvennero nel 1566 e tra il 1593 e il 1606; quest’ultima fu causata da

forze locali al confine nordorientale della Bosnia dove i turchi, nel 1592 conquistarono la città di

Bihac ma l’anno successivo il pascià di Bosnia venne sconfitto mentre assediava la piazzaforte di

Sisak18.

Nei primi cinque anni della conquista turca, secondo i dati contenuti nel defeter ottomano degli anni

1468/1469, cioè dell’anagrafe tributaria che registrò le proprietà e chi le possedette classificando

tali individui sulla base del criterio dell’appartenenza religiosa, l’Islam dominò piccoli territori della

Bosnia centrale e orientale nei quali la maggioranza (37.125 famiglie) praticarono la fede cristiana

mentre soltanto 372 quella musulmana. Secondo lo studioso Nedim Filipovic l’unica zona

particolarmente affollata di musulmani fu la regione nei dintorni di Sarajevo dominata dagli

ottomani a partire dall’anno 1440. In quelli seguenti emerse un incremento dei nuclei famigliari

musulmani e dei celibi ma anche una progressiva emigrazione degli appartenenti alla religione

cristiana. Nella Bosnia settentrionale e nordorientale l’islamizzazione avvenne lentamente dato che

tali territori furono governati dall’Ungheria e più velocemente dopo l’anno 1530 in seguito al

termine del processo di conquista islamica.

18 N. MALCOM, Storia della Bosnia: dalle origini ai giorni nostri, Milano, Bompiani, 2000, pp. 75 –77.

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Secondo alcuni studiosi la prima persecuzione contro i cattolici, molti dei quali furono costretti a

convertirsi all’Islam, fu tra l’anno 1516 e il 1524.

Adem Handzcic analizzando questa zona della Bosnia sottolineò come numerosi cattolici fuggirono

da questi luoghi e che la metà dei monasteri francescani (cinque su dieci) interruppe ogni attività.

Lo studioso sottolineò come la città di Srebrenica resistette molto grazie alla folta presenza di

cattolici tedeschi e ragusani che, verso la metà del sedicesimo secolo, rappresentavano i due terzi

del totale degli abitanti.

Le ultime cifre precise in possesso degli storici riguardarono la zona della Bosnia nordorientale nel

1533 islamizzata per un terzo, rispetto al totale della popolazione e nel 1548 per il 40%.

I dati a disposizione degli studiosi, nei periodi successivi, sono non adeguatamente rappresentativi

in quanto provengono da testimonianze ( di alcuni sacerdoti in visita in questi luoghi) che

riportarono numeri sulla base di fonti poco attendibili; usavano, inoltre, la parola “Bosnia” in

maniera inesatta al fine di sottolineare la forte presenza cattolica o comunque le sofferenze di

quest’ultima in seguito alle persecuzioni dei musulmani. Questi ultimi diventarono, mediante un

lungo processo graduale di insediamento durato centocinquanta anni e una lenta conversione

all’Islam dei bosniaci, la maggioranza della popolazione.

La presenza della Chiesa ortodossa venne riconosciuta ufficialmente e quindi accettata dallo stato in

quanto i suoi appartenenti furono poco presenti sul territorio prima dell’invasione ottomana mentre

la Chiesa cattolica, pure avendo ricevuto la medesima approvazione legale che le consentiva di

proseguire la sua opera, fu accusata di spionaggio, mediante i suoi ministri del culto, in favore delle

nazioni straniere, in particolare l’Ungheria di modo che essa potesse riuscire a mantenere il

controllo del nord della Bosnia. La Chiesa cattolica fu presente in questo paese soprattutto

attraverso i frati francescani. Nel 1514 l’unità amministrativa cattolica della Bosnia venne divisa in:

Bosnia croata (cioè non ottomana) e la “Bosnia Argentea” (ovvero la Bosnia). Le condizioni di vita

del clero, secondo un rapporto del 1603 dalla Bosnia a Roma, furono molto difficili in quanto gli

amministratori locali sottraevano ai sacerdoti i loro aiuti economici, provenienti dai fedeli e

dall’estero, in diversi modi tra cui obbligandoli a pagare un prezzo molto elevato per potere

rimanere nelle proprie sedi. Tali disagi non furono creati dalle autorità dell’ Impero ottomano per

ottenere ulteriori conversioni all’Islam ma semplicemente per arricchire l’erario mediante nuovo

denaro.

Secondo una ulteriore teoria, smentita dagli eventi storici, l’islamizzazione della Bosnia fu causata

dalla conversione di massa di moltissimi aderenti alla chiesa bosniaca ma in realtà il vero motivo fu

rappresentato dal fatto che, prima dell’arrivo dei turchi, nell’Erzegovina e nella zona controllata dai

serbi della Bosnia orientale vi furono tre chiese diverse in concorrenza tra loro mentre nella Bosnia

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vera e propria vi furono la chiesa bosniaca e quella cattolica; nessuna delle due ebbe un aiuto

particolare da parte dello stato così come non ottenne una rete di parrocchie sul territorio. Tale

situazione fu totalmente diversa da quella di paesi come l’Ungheria o la Serbia, dove vi fu un’unica

chiesa nazionale. L’islamizzazione venne favorita, inoltre, dalle notevoli divergenze tra cattolici e

ortodossi che consentirono, così, di ottenere nuovi adepti al Corano19. Sulla base di alcune fonti

emerse come alcuni cristiani decisero di farsi calpestare da alcuni asceti musulmani, durante la loro

lettura di questo libro sacro, per essere guariti da alcune malattie; viceversa un documento scritto

nel 1695 da un francescano del monastero di Olovo, evidenziò il profondo rispetto degli aderenti

all’islam verso la chiesa locale e una particolare loro devozione verso la santa Vergine per i

numerosi miracoli concessi da Dio tramite la sua intercessione20.

Secondo alcuni rapporti cattolici dopo l’anno 1450 la Chiesa cattolica e quella ortodossa cercarono

di ottenere quanti più aderenti possibili e ciò provocò l’arrivo dei francescani in Erzegovina e il

forte tentativo, mediante la rivalità, di eliminare i resti della chiesa bosniaca. Dopo l’invasione degli

ottomani dal 1480, aumentò la presenza dei fedeli e dei sacerdoti ortodossi laddove non si fece mai

nessun loro riferimento, anche perché ottennero un forte sostegno dalle autorità dell’ Impero

ottomano. Nella parte settentrionale della Bosnia il numero di ortodossi fu più consistente anche

grazie all’immigrazione, approvata tacitamente dagli ottomani, in quelle terre da fuori del paese, per

ripopolare quella parte di territorio bosniaco rimasto disabitato a causa dell’epidemia di peste e per

la guerra.

Dal 1470 in poi gruppi di mandriani cristiani, identificabili con i valacchi, si stabilirono nella parte

orientale dell’Erzegovina e nel successivo mezzo secolo crebbero anche nella Bosnia

centrosettentrionale e centrale. In diverse zone del nord del paese, per evitare che rimanessero

disabitate a causa della decisione di molti cattolici di trasferirsi nel territorio asburgico, giunsero

dall’Erzegovina e dalla Serbia i valacchi.

Un funzionario asburgico, Benedict Kuripesic, dopo un viaggio in Bosnia, riscontrò che essa era

divisa in tre popolazioni: i turchi che oppressero i cristiani, i vecchi bosniaci di fede cattolica

romana e i serbi che si autonominavano valacchi i quali favorivano gli interessi degli ottomani in

quanto nomadi e poiché dotati di una forte tradizione militare. Essi furono spostati dai turchi nelle

regioni di confine e quelli, con i serbi, fuggiti verso il settentrione, accettarono l’autorità degli

Asburgo21.

Dalla metà del Seicento il vescovo Moravic dichiarò che la somministrazione dei sacramenti,

moltissime volte, avveniva in case private di fedeli e nei cimiteri.

19 Ibid., p. 86 - 93. 20 Ibid., p. 95. 21 Ibid., pp. 109 – 111.

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Molti francescani bosniaci pubblicarono opuscoli di devozione popolare e altre opere con cui

furono criticati i canti popolari con linguaggio contrario e offensivo verso la fede.

Alcune lettere al papa del 1661 affermarono il tentativo del patriarca ortodosso di imporre questo

rito anche ai cattolici bosniaci e questi ultimi, per difendersi, dovettero spendere ingenti somme di

denaro per pagare le spese giudiziarie (solo a partire dall’ 800, secondo quanto riferito da alcuni

osservatori, la situazione si ribaltò mediante una politica ottomana più indulgente nei confronti dei

cattolici rispetto a quella attuata verso gli ortodossi)22.

La Bosnia fu messa in ginocchio dal conflitto con gli Asburgo tra il 1593 e il 1606, i decenni

seguenti furono caratterizzati da una ripresa rovinata dalla crisi, di tutto l’impero Ottomano, seguita

alla svalutazione della moneta e all’inflazione elevata. Tra il 1640 e il 1669 i turchi furono in

guerra contro Venezia; nel 1645 un esercito bosniaco attaccò la Dalmazia senza ottenere i risultati

sperati e ciò complicò la situazione economica del paese tanto da mettere in fuga, secondo quanto

riferito nel 1655 dal vescovo cattolico Marijan Maravic migliaia di famiglie cattoliche e sulla base

di un rapporto dell’anno 1661 si seppe che quattro conventi francescani furono incendiati.

Due anni più tardi ripresero le ostilità contro gli Asburgo e nel 1664 l’esercito ottomano entrò in

Austria cessando, mediante un trattato di pace stipulato con la controparte, ogni attività bellica.

Nella guerra asburgica tra il 1683 e il 1699 i turchi non riuscirono nell’intento di assediare Vienna,

furono sconfitti dagli austriaci e dai polacchi perdendo, tra il 1684 e il 1687 anche l’Ungheria.

La Bosnia fu invasa dai musulmani che furono incentivati dagli Asburgo. Nel 1689 l’esercito

austriaco, tramite la Bosnia, entrò in Serbia raggiungendo il Kosovo ma l’anno dopo i turchi

riconquistarono la zona e furono accolti in maniera molto positiva dai serbi ortodossi.

Nel 1697 gli austriaci, guidati dall’abilissimo principe Eugenio di Savoia, sconfissero i turchi in

Ungheria a Zenta giungendo, successivamente, in Bosnia e quando ritornarono nella parte

settentrionale altri cattolici si unirono all’esercito del principe Eugenio nella marcia verso l’Austria.

Nel 1699 col trattato di Karlowitz gli Asburgo ottennero la Transilvania e l’Ungheria mentre

Venezia ricevette ampie parti della Dalmazia e della Grecia.

Nel 1714 l’Austria si alleò con Venezia e insieme, due anni più tardi, sconfissero i turchi ma le

truppe della Bosnia furono sufficientemente resistenti da perdere, sul campo di battaglia, solo poche

posizioni.

Nel 1718 col trattato di Passarowitz l’Austria ricevette una piccola parte del territorio bosniaco nella

parte meridionale del confine tradizionale e la Dalmazia, controllata da Venezia, raggiunse una

linea che da allora formò il confine bosniaco sudoccidentale.

22 Ibid., pp. 146- 147.

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Nel 1736 fu violato dagli austriaci l’accordo stipulato diversi anni prima ed essi invasero la Bosnia

il cui nuovo governatore seppe difenderla adeguatamente sconfiggendo il nemico nella battaglia di

Banja Luka e nel trattato di pace di Belgrado del 1739 Vienna rinunciò a quasi tutti i territori situati

a Sud del fiume Sava. Tale risultato portò nel paese mezzo secolo di pace ma pure un notevole

malcontento popolare a causa delle sempre più insistenti rivolte fiscali.

Nel 1788 Giuseppe II d’Austria e Caterina la Grande di Russia si allearono per attaccare i territori

ottomani nei Balcani; dopo poco tempo le forze austriache trovarono forti resistenze ma l’anno

successivo arrivarono fino in Serbia e grazie alle pressioni dei paesi europei, non riuscirono a

concretizzare i loro progetti.

Nel 1791 l’Austria restituì i territori conquistati in Bosnia e in Serbia. Nel 1808 Napoleone aiutò

militarmente il pascià locale Rizvanbegovic, in conflitto per un’eredità con i suoi fratelli, a Hutovo.

Gli Asburgo nell’anno successivo, chiedendo la pace, cedettero buona parte dell’attuale Slovenia e

la metà occidentale della Croazia; tali zone, insieme ad altre, costituirono un nuovo territorio

francese, le “Province Illiriche”. Napoleone nel 1809 invase la Bosnia e quattro anni più tardi

abbandonò le sue nuove conquiste lasciandole nuovamente in mani austriache23.

Dal 1809 al 1813 la zona settentrionale della Jugoslavia, cioè la Slovenia, la Dalmazia e una parte

della Croazia, venne inglobata nelle province illiriche; negli stessi anni i serbi, sotto la guida di

Karageorgevic, organizzarono una insurrezione dentro l’Impero ottomano. Cominciò allora a

prendere forma l’idea di una eventuale aggregazione degli slavi del sud nel luogo abitato dai serbi

(una zona eventualmente chiamata Slavia del Sud”).

Nel 1867 l’impero asburgico affrontò lo jugoslavismo (esso fu uno dei fattori che contribuì a

vincere la solidità regia già compromessa dalla bellicosità, ad esempio, del Lombardo Veneto).

Vienna attaccò la Bosnia Erzegovina nel 1878 e tentò di influenzare anche la Serbia dove nel 1903

vi fu un colpo si stato che portò al governo Pietro I Karageorgevic il quale volle distaccarsi

dall’organizzazione austro ungarica.

Nelle province croate di quest’ultimo impero vi furono numerose adesioni degli intellettuali al

movimento culturale favorevole all’unificazione degli slavi del sud, chiamato illirismo che assunse

la forma politica dello jugoslavismo di cui fu il principale teorico monsignore Stoesmayer anche se

prese piede una strada più “croatista” sfociata nel Partito, di estrema destra, del diritto croato

nominato successivamente “Frankovici”. Nel 1908 fu imposta alla Russia, uscita indebolita dalla

sconfitta nel conflitto col Giappone, l’annessione della Bosnia Erzegovina.

Durante la prima guerra mondiale i serbi, con quelli presenti in Croazia da una parte e i croati con

gli sloveni dall’altra, combatterono su due fronti opposti. Con la dichiarazione di Corfù, frutto di

23 Ibid., pp. 125 –133.

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negoziati tra il governo serbo esiliato in questa località e alcuni dirigenti croati in esilio, venne

stabilito che i croati, i serbi e gli sloveni fossero considerati un unico popolo guidato dalla dinastia

dei Karageorgevic.

I deputati sloveni, croati e serbi dell’ex parlamento di Vienna istituirono in Croazia un apposito

Consiglio nazionale formato dalle tre componenti guidato dallo sloveno padre Korosec, aiutato dal

croato Ante Pavelic e dal serbo di Croazia Svetozar Pribicevic; il loro progetto di unione della

futura Jugoslavia fu rifiutato dal principe reggente Alessandro e il Consiglio, in seguito alle

rivendicazioni italiane sul confine croato, riconoscendo l’autorità della monarchia non si espresse in

modo contrario rispetto alla creazione di un’assemblea costituente. Il primo dicembre 1918 fu

istituito ufficialmente il regno dei serbi, sloveni e croati.

Il 28 giugno 1921 vi fu il voto per la costituente il quale divise da un lato i comunisti, messi fuori

legge in quanto accusati di avere organizzato un attentato contro il ministro degli Interni e dall’altro

il partito contadino croato di Stejpan Radic che si rifiutò, in questa occasione, di recarsi alle urne.

L’unica maggioranza provenne dalle preferenze dell’organizzazione musulmana jugoslava guidata

dal rappresentante dei musulmani di Bosnia, il dottor Mehmed Spaho. Tale istituzione creò uno

stato centralizzato che, non curante delle etnie, organizzò il territorio in trentatre “regioni”24.

Sotto l’aspetto ecclesiale venne creata, nei territori di Bosnia ed Erzegovina, la provincia

francescana Bosniaca e nel 1892 la provincia francescana dell’Erzegovina i cui componenti

prestano tuttora la loro opera presso la parrocchia “San Giacomo” a Medjugorje; essi ebbero forti

difficoltà ad applicare l’atto di Leone XIII che, nel 1881, ristabilì il clero secolare al quale i

francescani furono costretti a consegnare progressivamente un quinto delle loro parrocchie; una

decisione molto ardua dati i rapporti di forte radicamento, di familiarità e di affidamento delle

popolazioni ai francescani che ebbero una notevole autorevolezza come guida spirituale e civile.25

La Bosnia Erzegovina fu abitata, per secoli, da individui che si definirono croati in quanto

appartenenti alla Chiesa cattolica e altri serbi poiché aderenti a quella ortodossa, il terzo gruppo

venne considerato come etnia Musulmana (la M maiuscola indicò il modo per distinguere queste

persone dai reali praticanti).

Dal punto di vista politico furono presenti tre partiti principali: il partito musulmano, quello del

popolo sloveno guidato da Anton Korosec e infine quello contadino croato il cui leader fu Stejpan

Radic il quale fu ucciso nell’agosto 1928 in seguito alle ferite riportate in una sparatoria (in cui

morirono tre persone) in conseguenza di una sua accusa verso il deputato Radic. Da quel momento i

parlamentari croati si riunirono non più nell’Assemblea ma a Zagabria; vi fu, inoltre, un governo

24 J. KRULIC, Storia della Jugoslavia dal 1945 ai nostri giorni traduzione di M. Grazia Meriggi, Milano, Bompiani,1997, pp. 13 – 16. 25 FATTORINI, Il culto mariano tra Ottocento e Novecento, cit., p. 74.

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parlamentare di transizione guidato dallo sloveno Korosec e dal 6 gennaio 1929 al 4 ottobre 1934

venne realizzata, in seguito a un colpo di stato, una dittatura durante la quale il “regno dei serbi,

croati e sloveni” prese il nome di Jugoslavia che fu divisa in nove regioni di cui una, alla fine

dell’agosto 1939 fu chiamata Croazia. Essa comprese sia i territori che rientravano nei confini dopo

il 1945 e sia la zona intorno a Mostar e Travnik; ebbe inoltre istituzioni indipendenti. Nonostante la

Jugoslavia avesse proclamato nel 1939 la propria neutralità, cedendo alle pressioni della Germania,

divenne tra i suoi alleati; l’esercito serbo e il popolo di Belgrado ritennero questa scelta un

tradimento e organizzarono un colpo di stato il 27 marzo 1941 con cui il generale Simovic prese il

potere del nuovo governo militare che promise di rispettare gli accordi con l’alleato tedesco ma il

bombardamento di Belgrado del 6 aprile 1941 portò a una breve invasione del paese26.

Durante il secondo conflitto mondiale i partigiani conquistarono i territori serbi della regione di

Uzice tra l’ottobre e il dicembre 1941, i soldati di Tito dovettero ripiegare in Bosnia da quell’anno

fino al 1944.

Nel 1943 i partigiani non furono esposti all’annientamento ma reclutarono soldati dalla Dalmazia

convincendo i croati della montagna e gli inglesi ad allearsi con loro; recuperarono, inoltre, molte

armi degli italiani, grazie alla capitolazione del nostro paese nel settembre di quell’anno e vinsero la

guerra, terminata il 15 maggio 1945, grazie in particolare all’aiuto di Londra e all’arrivo

dell’Armata rossa, nella parte settentrionale della Serbia, nel settembre 1944. Da segnalare come il

termine del conflitto fu contrassegnato dal massacro di Bleiburg 27.

Il modello staliniano, attuato dal governo jugoslavo nell’immediato dopoguerra, comportò diversi

problemi per le religioni praticate sul territorio; un articolo sul giornale “Politika” dell’ 11 gennaio

1946 affermò l’assenza totale di una guerra di religione ma giustificò il processo e il conseguente

arresto di alcuni preti come, ad esempio, alcuni frati francescani e il vescovo di Mostar ma anche

quello di Lubjana, in quanto furono definiti “criminali di guerra”.

Il 4 giugno 1945 vi fu l’incontro tra l’arcivescovo di Zagabria Stepinac e Tito il quale gli mostrò

profondo sconcerto per il comportamento di una parte del clero; il prelato gli rispose che lo stato

non solo non riconobbe ufficialmente la Santa Sede ma approvò una serie di misure restrittive

riguardante la stampa cattolica o l’estensione della possibilità di divorzio per un maggiore numero

di persone. Il 20 settembre 1945 venne pubblicata una lettera pastorale che criticò apertamente tali

provvedimenti assieme al progressivo processo di secolarizzazione.

Il 16 settembre 1947 alcuni delegati musulmani incontrarono Tito il quale rassicurò loro sulla

possibilità di esprimere liberamente il proprio credo mentre le loro istituzioni caritative vennero

abolite o comunque ricostituite. 26 KRULIC, Storia della Jugoslavia, cit., pp. 18 – 20. 27 Ibid., pp. 22 – 24.

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Alla fine della seconda guerra mondiale andò al potere Tito il quale dominò la scena politica fino al

1980. Egli godette di un notevole prestigio internazionale e di un forte carisma interno tanto da

riuscire a tenere unito, mediante la dittatura, un paese che presentava numerose disomogenieità

etnico culturali che, alla sua morte, causarono un’escalation di violenza. In quell’anno terminò

un’epoca importante per la Jugoslavia e non fu casuale che nel 1981 iniziarono le apparizioni della

santa Vergine ai sei veggenti. La società jugoslava fu trasformata dal nuovo fenomeno religioso,

cioè le presunte apparizioni mariane, che trovò un’adesione profonda di buona parte dei cittadini 28.

Il secondo conflitto mondiale causò 344 morti nella parrocchia di Medjugorje; in questa cittadina le

autorità comuniste realizzarono una sanguinosa persecuzione sulla popolazione infliggendo pesanti

violenze e influenzando l’istruzione scolastica, mediante il valore dell’ateismo che fu sempre

rifiutato da buona parte dei cittadini per il loro forte senso religioso. Secondo la testimonianza dei

primi pellegrini il clima sociale che si respirava fu caratterizzato da una forte tensione dovuta a un

eccessivo controllo dei movimenti delle persone da parte della polizia, una povertà economica

molto forte causata anche da un apposito disinteresse a combatterla da parte del regime, al fine di

scoraggiare l’arrivo di nuove persone e stroncare la possibilità di insurrezioni popolari che

potessero destabilizzare lo Stato; in seguito alla caduta del regime comunista, si intensificarono i

pellegrinaggi e per le famiglie di questi ragazzi fu una fatica enorme, perché la gente – specialmente

gli italiani- invase le case dei veggenti i quali, nonostante i loro impegni, accolsero, risposero e

testimoniarono gli eventi in corso29.

Alcuni dei sei protagonisti, insieme ai loro concittadini, ancora oggi mettono a disposizione una

parte delle abitazioni personali, creando così piccole pensioni a gestione familiare, per dare modo

ai nuovi arrivati di potere trascorrere diversi giorni in questo luogo di culto migliorando le

condizioni di vita di sé stesse e portando nuova ricchezza nazionale a una economia ancora

fortemente arretrata; infatti “dopo decenni di miseria, fame e disoccupazione giovanile da pochi

anni si respira un’aria diversa. I pellegrinaggi hanno infatti portato in ventotto anni su questi monti

sperduti trentacinque milioni di fedeli”.30

Una delle conseguenze negative, in seguito al decesso di Tito, fu l’accentuazione della divisione tra

clero diocesano e frati minori; mentre il vescovo Zanic evitò qualunque tipo di divergenza con le

autorità comuniste di Belgrado in cambio della piena libertà di culto, i francescani lottarono, a

livello politico, contro il regime, richiamandosi alla tradizione ultracattolica e anticomunista della

Croazia ustascia. In pratica, i frati minori si proposero ai fedeli come gli intransigenti crociati

28 Ibid., pp. 60- 123. 29 FANZAGA, la fedeltà dei veggenti, cit., p.6. 30 BROSIO, A un passo dal baratro: perché Medjugorje ha cambiato la mia vita, Milano, Piemme, 2009, p. 121.

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anticomunisti custodi della Fede, contrapposti ai cedevoli compromessi e alle ambiguità del potere

temporale e del clero diocesano. All’inizio degli anni Ottanta in Erzegovina si crearono di fatto due

chiese cattoliche: quella francescana e quella diocesana31.

L’astio dei francescani verso il regime risaliva alle fasi finali della seconda guerra mondiale. Il 7

febbraio 1945 infatti le truppe di Tito furono artefici di un eccidio nel santuario francescano di

Siroki Brijeg. Anche questo evento contribuì a consolidare l’immagine dei frati minori32.

La dissoluzione della Federazione Jugoslava interessò anche le sorti della Bosnia; il 15 ottobre

1991 il Parlamento di Sarajevo approvò un memorandum proposto dal Partito di Azione

Democratica (Sda) e appoggiato dalla (Comunità Democratica Croata) (Hdz) che riconfermò

l’emendamento alla Costituzione della Bosnia Erzegovina e la piattaforma della presidenza

(collegiale) bosniaca sullo status del paese e sul futuro assetto della comunità. Secondo i due

documenti, la Bosnia Erzegovina dichiarò di essere “uno stato sovrano e indivisibile”, con la stessa

posizione verso la Serbia e la Croazia, completamente indipendente della Jugoslavia ridotta (senza,

cioè, la Slovenia e in particolare la Croazia).

La Bosnia, insieme alla Slovenia, Croazia, Macedonia e Kosovo, accolse favorevolmente la

proposta, comunicata dalla Comunità Europea e ampiamente criticata dalla Serbia e dal

Montenegro, il 17 dicembre 1991, di presentare la richiesta di riconoscimento internazionale. Pochi

giorni dopo il presidente croato Tudjman annunciò la valutazione di una tripartizione della Bosnia

una parte del cui territorio sarebbe stato annesso alla Croazia, una parte alla Serbia con in mezzo un

piccolo stato di Bosnia. Un tale ambizioso progetto contrastò con la situazione etnica bosniaca;

secondo i dati del censimento del 1991 i serbobosniaci erano presenti sul 94,5 % del territorio, i

bosniaci musulmani sul 94 % e i croatobosniaci sul 70 % di quest’ultimo; siccome tali tre

componenti furono da secoli legati tra di loro una eventuale divisione del territorio avrebbe

comportato notevoli trasferimenti della popolazione con l’uso della forza e dunque un vero e

proprio conflitto.

L’8 gennaio 1992 l’ONU approvò l’ invio di 10.000 Caschi Blu in Croazia. Dal giorno successivo il

Partito Democratico Serbo proclamò “la sovrana Repubblica del popolo serbo in Bosnia

Erzegovina, costituita da cinque “province autonome serbe” (Sao) e alcune altre circoscrizioni,

compresa la maggior parte di Sarajevo”. Dal 27 marzo dello stesso anno il Parlamento del popolo

serbo in Bosnia Erzegovina eliminò la dizione “Bosnia Erzegovina” sostituendola con “Republika

Srpska”. A Sarajevo il Partito Democratico serbo e l’Armata popolare jugoslava armarono la

31 R. ASCHERI, L’imbroglio di Medjugorje: le false apparizioni della Madonna, Milano, Kaos, 2007, p. 29. 32 BROSIO, A un passo dal baratro, cit., p.54.

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popolazione serba; secondo i dati del secondo Distretto militare risultò che prima del 19 marzo

1992 l’Armata distribuì ai singoli e alle unità di volontari serbi ben 51.900 armi da fuoco33.

Moltissimi serbi di Bosnia, influenzati dal Partito Democratico serbo e intimoriti dalle decisioni del

governo della Croazia, non accettarono la secessione dalla Jugoslavia poiché videro solo nel

governo di Belgrado il garante della propria sicurezza; la Comunità Democratica Croata si mostrò

molto indecisa sul referendum circa il futuro status della Bosnia ma alla fine diede il proprio

consenso al voto poiché fortemente spinta dalla chiesa cattolica bosniaca e particolarmente dei

francescani. Il 25 gennaio 1992 il parlamento bosniaco decise di indire il referendum

sull’indipendenza per il 29 febbraio e primo marzo 1992; due giorni dopo si seppero i risultati:

votarono il 63,4 % degli aventi diritto di cui ben il 92,68 % si espresse a favore dell’indipendenza e

lo 0,19 % contro. In quel medesimo giorno fu proclamata ufficialmente l’indipendenza da parte del

governo della Repubblica di Bosnia Erzegovina ma pochi giorni dopo nel territorio iniziarono le

violenze con le quali fu contestato un tale risultato34; numerose unità paramilitari serbe e

montenegrine irruppero nei villaggi dell’Erzegovina orientale e nel nord del paese; uno dei

comandanti più noti fu Zelljko Raznjatovic chiamato anche “Arkan”. Egli devastò per tre giorni la

città di Bijeljina; durante gli scontri 500 civili musulmani furono massacrati e i rimanenti furono

espulsi dalla guardia serba di volontari conosciuta come “Tigri”. In seguito a tali eventi si cercò di

trattare una tregua con Arkan, che ricevette, con questo proposito, una delegazione composta dal

ministro della Difesa Jerko Darko e dai membri della presidenza collegiale serba con quella

musulmana. L’esito di tali negoziati non fu quello sperato e gli scontri si estesero al confine con la

Serbia dove, lungo il fiume Drina, molti bosniaci musulmani furono espulsi e massacrati. Il 10

aprile fu occupata Zvornik e nelle settantadue ore successive cadde Visegrad esattamente dieci

giorni dopo che le unità armate del Partito democratico serbo e dell’Armata popolare jugoslava

conquistarono Banja Luka e iniziarono a bombardare Mostar (nella cui diocesi rientra la parrocchia

di Medjugorje) fino a quando non raggiunsero la sponda est della Neretva.

Secondo molti storici il conflitto a Sarajevo iniziò il 4 aprile quando le unità militari serbe (la

milizia del Partito democratico serbo con l’appoggio dell’Armata popolare jugoslava) colpirono la

scuola di polizia del ministero degli Interni a Vraca e misero l’intera città sotto assedio dividendola

in due parti. La Bosnia rispose con la mobilitazione generale del proprio esercito. Nelle ventiquattro

ore che precedettero l’inizio delle ostilità molti serbi residenti nel paese decisero improvvisamente

di partire con la propria famiglia inventando scuse banali; in realtà, essendo stati informati per

33 Z. DIZDAVERIC, Bosnia Erzegovina 1992-93, in La guerra dei dieci anni, a cura di M. MAGNO, Milano, Il Saggiatore, 2001, pp. 143- 197 in part. 144 - 149. 34Ibid., p. 153.

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tempo dal Partito democratico serbo o dai militari dell’Armata popolare jugoslava sull’imminenza

di un intervento militare, si affrettarono a lasciare la zona. Il 6 aprile la Comunità Europea

riconobbe la Bosnia Erzegovina. Belgrado, intanto, continuò a rifiutare le continue proposte di pace

provenienti dal parlamento di Sarajevo proseguendo i violenti scontri35.

Il 7 aprile la Bosnia fu riconosciuta ufficialmente dalla Croazia la quale attribuì ai propri cittadini

anche la doppia cittadinanza mostrandosi da una parte collaborativa nei confronti dell’occidente ma

dall’altra cercò di fare diventare la Bosnia una propria provincia sulla base del principio (che

Tudjman condivideva con Milosevic) di riunire i croati e i serbi in un unico stato creando così la

Grande Serbia e la Grande Croazia spartendosi il territorio bosniaco. Fin dall’inizio il leader del

governo di Belgrado sostenne Karadzcic (Presidente della Repubblica serba nei territori

dell’Erzegovina e comandante dell’Esercito serbo bosniaco) provando, così, a disintegrare lo stato

dall’interno e Tudjman iniziò un conflitto cruento contro l’esercito bosniaco. Complessivamente

Tudjman e Milosevic ebbero come obiettivo comune, aiutandosi reciprocamente, la disintegrazione

della Bosnia e dall’altro la dirigenza bosniaca musulmana non comprese questo progetto e valutò

l’ipotesi di realizzare un nuovo stato anche a scapito della stessa Erzegovina36. La presidenza della

Bosnia unì il Comando di Difesa territoriale alla Lega patriottica guidata da Kemo Karisik entro il

15 aprile; una settimana prima, mentre partirono gli attacchi contro le città della Bosnia orientale e

centrale, a Grude si costituì il Consiglio di Difesa croato per difendere i croati presenti nella zona37.

Il 26 aprile a Belgrado venne proclamata la Repubblica federale di Jugoslavia formata dalla Serbia

ma anche comprendente la Vojvodina, il Kosovo più il Montenegro. Durante i sanguinosi scontri

furono attuati molti eccidi di massa ed espulsioni della popolazione non serba; entro fine dell’estate

50.000 bosniaci- musulmani e croati furono trasferiti nei lager di cui non si seppe mai l’esatto

numero. Il 4 maggio la Bosnia dichiarò ufficialmente l’invasione da parte della Repubblica

Jugoslava chiedendo l’aiuto internazionale che arrivò solo nel 199538. Il Consiglio di Sicurezza

dell’ONU approvò moltissime risoluzioni, rimaste inascoltate, allo scopo di indurre le parti a

cessare le ostilità. L’8 maggio le Nazioni Unite decisero la presa del controllo dell’aeroporto di

Sarajevo, fino ad allora sotto l’autorità dall’esercito della Repubblica serba, per consentire l’arrivo

degli aiuti umanitari mediante un apposito ponte aereo. Il 16 giugno i croato musulmani

attaccarono la città di Mostar e spinsero il nemico nella parte orientale del Paese39. La Croazia, a

sorpresa, il 3 luglio, decise il ritiro del suo esercito dalla Posavina Bosniaca permettendo così alle

truppe serbe provenienti da Banja Luka, di occupare numerose zone; nello stesso giorno la

35 Ibid., pp. 157- 160. 36 Ibid., pp. 162- 163. 37 Ibid., pp. 165 166. 38 Ibid., pp.168- 169. 39 Ibid., pp. 171- 172.

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Comunità croata dell’Erzegovina istituì il potere esecutivo e provvisorio nelle zone liberate e difese.

La delegazione della Comunità democratica croata e quella del Partito di azione democratica ( a

prevalenza musulmana della Bosnia Erzegovina), dopo essersi autonominati “rappresentanti

legittimi del popolo croato e bosniaco”, negoziarono a Medjugorje, il 6 luglio, le forme di

decentramento dello Stato; le divergenze tra le parti furono notevoli sia rispetto all’importanza

dell’appartenenza etnica in caso di eventuale formazione di “cantoni” in un determinato territorio e

sia riguardo ad altre questioni rilevanti.

Il 21 luglio, a Zagabria, venne stipulato un accordo, tra il presidente della Bosnia Izetbegovic e il

suo omologo croato Tudjman, che permise una collaborazione militare tra i due stati mediante la

formazione delle forze armate della Repubblica di Bosnia Erzegovina nate dall’unione dell’esercito

dell’Erzegovina (cioè il Consiglio di difesa croato) con l’esercito bosniaco a prevalenza

musulmana; intanto non si placarono i contrasti tra l’ala militare del Partito croato dei diritti (ovvero

la Forza di difesa croata) e l’esercito dell’Erzegovina (chiamato Consiglio di difesa croato) la cui

polizia militare uccise in un agguato, il 2 agosto a Mostar, il comandante della fazione ostile in

quanto si adoperò per favorire l’alleanza tra croati e bosniaci; la conseguenza di tale attentato fu la

dissoluzione dell’istituzione di cui la vittima fu membro col passaggio dei componenti croati, di

quest’ultima, nell’organizzazione che lo uccise e i restanti musulmani nell’esercito bosniaco a

prevalenza musulmana.

Il 3 agosto il presidente della Bosnia Izetbegovic chiese al Consiglio di Sicurezza dell’ONU la

revoca dell’embargo di armi verso il suo paese in modo da garantire alla popolazione il diritto

all’autodifesa previsto dall’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite ma la risposta a tale quesito

della comunità internazionale fu negativa.

Il 12 agosto la Repubblica serba di Bosnia Erzegovina cambiò nome divenendo “Republika Srpska”

(in tale modo fu tolto un qualunque riferimento alla Bosnia Erzegovina).

Il 27 agosto nella conferenza di Londra si sottolineò l’obbligo del riconoscimento della Bosnia

Erzegovina, nei sui confini attuali, da parte delle ex repubbliche jugoslave e della garanzia del

rispetto dei diritti delle minoranze; si previde, inoltre, l’invio di una forza di pace internazionale,

sotto l’egida del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Il 3 settembre iniziarono i lavori di una nuova

conferenza permanente sulla Jugoslavia presieduta, per la Comunità Europea, da David Owen e per

l’ONU da Cyrus Vance. Il 14 settembre il Consiglio di Sicurezza dell’ONU approvò l’invio delle

forze di pace in Bosnia con l’intento di proteggere i convogli umanitari ma l’uso delle armi fu

consentito solo per autodifesa. Successivamente le Nazioni Unite vararono il divieto di sorvolo

dello spazio aereo bosniaco al quale il paese rispose mediante la formazione, all’interno

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dell’esercito bosniaco a prevalenza musulmana, della settima brigata islamica che indicò come

obiettivo principale la volontà di combattere per il proprio credo religioso.

La tensione tra gli appartenenti a questo esercito e il Consiglio di difesa croato (esercito

dell’Erzegovina) fu molto elevata; quest’ultimo, il 18 dicembre, decise di sciogliere i consigli

comunali eletti legalmente togliendo l’incarico ai sindaci infedeli alla Comunità democratica croata

e agli amministratori locali croati contrari al conflitto contro i bosniaci- musulmani40.

Al termine del 1992 il Partito di azione democratica (a maggioranza musulmana della Bosnia

Erzegovina), mediante macchinazioni, riuscì a mantenere Izetbegovic a capo della presidenza

collegiale anche se, secondo la costituzione, avrebbe dovuto cedere l’incarico all’esponente croato

della presidenza.

Il 2 e 3 gennaio 1993 nella conferenza di Ginevra i mediatori Cyrus Vance e David Owen

presentarono un piano di pace che non ebbe gli effetti sperati; le proposte riguardarono la

suddivisione della Bosnia Erzegovina in dieci province e la composizione del governo centrale

suddiviso in tre membri musulmani, altrettanti serbi e un uguale numero di bosniaci.

Il 15 gennaio il ministro della Difesa Bozo Rajic (appartenente alla Comunità democratica croata)

ordinò che in alcune province del paese le unità dell’esercito bosniaco a prevalenza musulmana si

sottomettessero al Consiglio di difesa croato (esercito di Bosnia Erzegovina) ma le prime si

rifiutarono iniziando, così, duri scontri tra i musulmano bosniaci e i croatobosniaci. Pochi giorni

dopo il parlamento dell’autonoma Repubblica Sprska approvò i principi costituzionali del piano

Vance Owen ma sostenne che spettasse ai serbi il 70 % del paese41.

Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu costituì, con la risoluzione numero 808, il Tribunale

internazionale dell’Aja per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia dopo avere adottato, la decisione

di consentire l’uso della forza, ai caschi blu, per garantire la propria sicurezza. I viveri inviati

contestualmente non raggiunsero del tutto i civili ma tale operazione, insieme ad altre simili, fu di

grande impatto mediatico.

Il 25 marzo Izetbegovic firmò il piano con cui la Bosnia fu divisa in base alle etnie; la dirigenza

musulmana cercò di formare un proprio stato tra la Croazia e la Serbia.

Il 31 marzo il Consiglio di Sicurezza dell’ONU autorizzò la NATO a usare la forza per proteggere

lo spazio aereo bosniaco (dichiarato nel frattempo zona no fly).

Nel mese di aprile, nonostante le forti pressioni della Comunità internazionale, Izetbegovic rifiutò

di applicare il piano Vance Owen e Milosevic cercò di convincere i serbi di Pale ad accettarlo, ma

invano. Tale fallimento portò all’intensificazione delle ostilità.

40 Ibid., pp. 176- 181. 41 Ibid., p. 183.

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Il 16 aprile la città di Srebrenica fu dichiarata “area protetta” da una apposita risoluzione delle

Nazioni Unite. Pochi giorni dopo i governi dei paesi partecipanti alla missione promossa dall’Onu

confermarono l’embargo alle armi destinate all’esercito bosniaco a prevalenza musulmana. Il

parlamento dei serbi di Pale, nelle ventiquattro ore successive, rifiutò, ancora una volta, il piano

Vancent Owen, nonostante esso fosse stato approvato dalla Comunità democratica croata e dal

partito a prevalenza musulmana della Bosnia Erzegovina (Partito di azione democratica).

Il 22 maggio, mediante l’accordo di Washington, venne proposta a croati e bosniaci musulmani la

creazione di una confederazione tra la Croazia e le parti della Bosnia Erzegovina controllate

dall’esercito bosniaco a prevalenza musulmana e l’esercito dell’Erzegovina (Consiglio di difesa

croato) ma Izetbegovic rifiutò. Intanto Mostar e altre città continuarono a essere attaccate

dall’esercito dell’Erzegovina42.

Dal 27 al 30 luglio a Ginevra si svolse una conferenza sulla Bosnia che cercò di definire il paese

come un insieme di tre repubbliche con un governo centrale dai poteri limitati ma tale proposta non

venne approvata dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Inoltre venne redatto un progetto di

Costituzione, su questa base, poi respinto dal parlamento di Sarajevo. I croati, intanto, proseguirono

la pulizia etnica a Mostar e in altre parti della Bosnia. Il 28 agosto nacque, con capitale in

quest’ultima città, lo “stato croato in Bosnia Erzegovina” .

Il Presidente Izetbegovic chiese nuovamente all’occidente un intervento militare in Bosnia ma

invano e il 14 settembre firmò a Ginevra un accordo con Tudjman per un cessate il fuoco, che mai

si realizzò, fra l’esercito bosniaco a prevalenza musulmana e quello dell’Erzegovina (il Consiglio di

difesa croato).

Il 20 settembre una nuova conferenza propose un ulteriore piano di pace consistente in una

suddivisione del territorio in tre parti: il 53 % ai serbi, il 30 ai bosniaci e il restante 17 ai croati; agli

ultimi due, differentemente dalle proposte precedenti, si garantì la possibilità di indire un

referendum sulla secessione dopo due anni dalla firma del trattato. Intanto nel paese scoppiò una

quarta guerra in quanto un membro della presidenza, Abdcic, proclamò l’indipendenza della

“Regione autonoma Bosnia occidentale” e costituì inoltre la Difesa popolare della Bosnia

occidentale che fu ostile all’esercito bosniaco a prevalenza musulmana43.

Il nuovo anno, il 1994, fu contrassegnato da notevoli tensioni causate soprattutto anche (ma non

solo) dall’attentato, in un mercato di Sarajevo, il 5 Febbraio44. Questo episodio consentì alla NATO

di lanciare un ultimatum nel quale chiese, per evitare i suoi raid aerei, il ritiro delle armi, dei serbi di

42 Ibid., pp. 185-190. 43 Ibid., pp. 193- 195. 44 G. RIVA, Bosnia Erzegovina 1994-95, in La guerra dei dieci anni, a cura di M. MAGNO, Milano, Il Saggiatore, 2001, pp. 198- 250 in part. p. 200.

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Bosnia, presenti nel raggio di 20 km dal centro di Sarajevo entro dieci giorni e cioè il 20 Febbraio.

Il Presidente Karadzcic rifiutò una tale imposizione ma, grazie all’intervento dell’alleata Mosca,

ritirò l’artiglieria pesante ricevendo in cambio lo stanziamento, nella zona serba di Sarajevo, di 400

caschi blu russi evitando, momentaneamente, l’intervento dell’Alleanza Atlantica45. Il 27 febbraio

iniziarono i primi raid aerei di quest’ultima a causa della violazione della no fly zone del nemico.

L’artiglieria attorno a Sarajevo fu spostata a Gorazde. Essa fu dichiarata “zona protetta” dall’Onu

nel 1993 e continuò per mesi a essere circondata dai serbi e attaccata duramente. Il 10 aprile la

NATO intervenne con attacchi aerei ma senza il successo sperato allora i serbi provarono a

impossessarsi delle armi, sotto il controllo dei caschi blu, a Sarajevo e in altre zone del paese. Il 15

aprile iniziò l’offensiva finale su Gorazade. Essa fu sotto il controllo degli uomini del comandante

serbobosniaco Mladic i quali dovettero ritirarsi da quel territorio in seguito a un ultimatum ma

realizzarono ciò con la tecnica della terra bruciata.

A maggio l’Armata croata con quella bosniaca attaccarono, con un successo parziale, i serbi a

Brcko per bloccare i loro rifornimenti. Il 12 dello stesso mese il senato americano revocò

unilateralmente l’embargo sulle armi alla Bosnia Erzegovina. Tre giorni più tardi i croati con i

musulmani crearono un comando congiunto e il 21 Kresimir Zubak fu eletto presidente della

federazione. Il 14 giugno, in una visita a Sarajevo, Tudjman definì i serbi, di fronte a Izetbegovic,

come nemici comuni da combattere.

Il 5 luglio il gruppo di contatto (Stati Uniti, Russia, Francia, Gran Bretagna, Germania e più avanti

si aggiungerà anche l’Italia) preparò un piano in cui propose la suddivisione della Bosnia

destinando il 51 % del suo territorio alla federazione croato musulmana e il restante 49 alla

Repubblica serba la quale avrebbe dovuto cedere il 22 % delle zone sotto il suo controllo.

Il G7 di Napoli del 10 luglio obbligò le parti ad accettare tale piano entro poco più di una settimana.

La federazione croato- musulmana dichiarò l’intento di sottoscriverlo a patto che la Bosnia potesse

rimanere un unico stato ma il giorno successivo, a Ginevra, comunicò la propria adesione

incondizionata ritirata in seguito all’opposizione della parte serba comunicata il 27 luglio.

Pochi giorni dopo il gruppo di contatto varò sanzioni economiche verso la Serbia e il Montenegro46.

Milosevic assunse un atteggiamento critico verso Karadzcic in quanto egli volle mostrarsi come

uomo pacifico e il 4 agosto Belgrado chiuse i confini ai serbi di Bosnia rompendo con loro ogni

rapporto economico e politico. Karadzcic il 27- 28 agosto organizzò un referendum riguardante il

piano di pace sul quale il 90 % della popolazione si espresse in modo contrario.

Papa Giovanni Paolo II, nonostante le condizioni di sicurezza precarie in conseguenza delle quali i

responsabili dell’Onu e Karadzcic provarono a dissuaderlo, volle recarsi in visita a Sarajevo l’ 8 45 Ibid., pp. 203- 204. 46 Ibid., pp. 208- 214.

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settembre 199447. Due giorni prima la Santa Sede, su indicazione di una epistola giunta dal

rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu Yasushi Akashi al nunzio Monterisi,

convinse il pontefice a cambiare programma recandosi soltanto a Zagabria48.

Il 24 settembre l’Onu alleggerì le sanzioni alla Serbia e inasprì quelle per la repubblica di Karadzcic

e Mladic; i musulmani, appoggiati dai croati, conquistarono 300 chilometri quadrati di territorio e i

serbi reagirono prontamente per riconquistarli mediante una lunga battaglia iniziata il 13 novembre.

Una settimana più tardi il Consiglio di Sicurezza dell’Onu estese il mandato per l’uso della forza

aerea al territorio della Croazia consentendo, così, la prima azione militare di notevoli dimensioni in

Europa dalla fine della seconda guerra mondiale. I serbo bosniaci attaccarono l’enclave musulmana

di Bihac dove vi furono alcuni raid aerei della Nato49.

L’ex Presidente americano Jimmy Carter propose un piano di pace in cui si invitò le parti a un

completo cessate il fuoco per quattro mesi, l’interposizione dei caschi blu nella zona, il rispetto dei

diritti umani, la liberazione di tutti i prigionieri di guerra, l’ avvio dei negoziati prendendo come

spunto il piano redatto dal gruppo di contatto, la libertà al traffico presso l’aeroporto di Sarajevo e

di circolazione dei convogli umanitari nelle zone controllate dai musulmani; tale intesa venne

accettata dalle parti ma queste ultime entrarono in conflitto dal momento che ebbero firmato due

documenti differenti e i serbi rivendicarono la volontà di controllare alcune città islamiche e di

dividere Sarajevo in due parti.

L’apertura del nuovo anno, il 1995, fu caratterizzato da una tregua a causa del clima meteorologico

troppo rigido. Dal 20 marzo vi furono ancora scontri in molte zona della Bosnia. Dal 14 aprile si

seppe che l’Iran, col consenso degli Stati Uniti, armò i musulmani e dieci giorni dopo il Tribunale

internazionale dell’Aja comunicò l’accusa di genocidio nei confronti di Mladic e Karadzcic. Il

primo maggio la Croazia riprese una parte della Slovenia occidentale con il tacito consenso di

Milosevic50.

Il 22 maggio i serbi presero le armi sequestrate loro dai soldati dell’Onu. Due giorni più tardi

fallirono i tentativi dell’inviato americano Frasure di convincere Milosevic a riconoscere i confini

della Bosnia e i serbi bombardarono pure col fosforo. Davanti a tale situazione l’Alleanza Atlantica

lanciò un ultimatum secondo cui Karadzcic avrebbe dovuto restituire gli armamenti entro il giorno

successivo; siccome la risposta fu negativa iniziarono nuovi raid aerei occidentali e scontri sul

terreno dove furono presi in ostaggio anche alcuni osservatori dell’Onu51. I serbobosniaci ritennero

47 Ibid., p. 217. 48 Ibid., pp. 220 – 222. 49 Ibid., p. 224 –225. 50 Ibid., pp. 227- 228. 51 Ibid., p. 232.

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che le Nazioni Unite fossero palesemente schierate con i musulmani, il 13 Giugno liberarono tutti

gli ostaggi e ripresero gli scontri con questi ultimi52.

L’11 luglio Srebrenica fu conquistata dai serbi; Mladic ordinò, dopo avere separato gli uomini dalle

donne e dai bambini, il trasferimento dei primi in uno stadio di Bratunac allestito come campo di

concentramento per indagare sulla eventuale presenza di “criminali di guerra”. Karadzcic e Mladic,

con due loro sottoposti, furono condannati dal Tribunale penale dell’Aja per aver commissionato, in

questa città bosniaca, il massacro più grave dal termine del secondo conflitto mondiale: 8000

persone vennero uccise e ammassate nelle fosse comuni53. Il 25 luglio la città di Zepa fu

conquistata dai serbi. La Croazia, avendo interesse a riconquistare la Krajine perduta nel 1991, si

alleò con Sarajevo54.

La stampa italiana rivelò che i collaboratori di Karadzcic nel mese di aprile chiesero, all’Istituto

internazionale per gli studi politici, la mediazione del papa per risolvere il conflitto in corso. Gli

uomini di Karadzcic incaricarono questo istituto di rappresentare la Repubblica serba di Bosnia in

Italia stabilendo anche una sua sede a Roma.

Il 9 giugno arrivò nella capitale italiana l’ex ministro degli Interni della Repubblica serba di Bosnia

Zivko Rakic, come inviato di Karadzcic che riuscì, dopo appena quattro giorni, a mandare al

pontefice un messaggio scritto in cui i serbi affermarono la volontà di cessare le ostilità. Rakic il 13

giugno incontrò il nunzio apostolico a Sarajevo Francesco Monterisi il quale il 16 giugno rispose

all’inviato serbo affermando che Giovanni Paolo II aveva dato disposizione alla Segreteria di Stato

di prendere i contatti, in via riservata, con le grandi potenze per presentare loro le esigenze delle

popolazioni serbo- bosniache.

Il 17 giugno il presidente Karadzcic inviò una lettera all’arcivescovo di Sarajevo Pulijc, avversario

di coloro che assediavano Sarajevo, per informarlo delle trattative in corso col Vaticano. Il prelato

rispose affermando la propria disponibilità a incontrare Rakic nell’aeroporto della capitale bosniaca

alla presenza delle forze di pace.

Rakic non riuscì a incontrare il papa e ritornò in patria. Intanto le trattative proseguirono tramite

Nicholas Oman, diplomatico dei serbi di Bosnia residente in Slovenia e Lorenzo Mazzera, un

imprenditore veneto che ricevette l’incarico di delegato di Karadzcic per l’Italia.

Il 13 luglio il direttore dell’Istituto internazionale per gli studi politici ed economici Gianfranco

Oliverio dichiarò di avere incontrato l’ex sottosegretario della presidenza del Consiglio italiano

Gianni Letta. Grazie all’incontro della delegazione serba di Rakic con l’eurodeputato Antonio

Tajani il quale il 12 luglio, grazie all’arrivo per la seconda volta a Roma della delegazione serba

52 Ibid., pp. 234 235. 53 Ibid., pp. 239- 240. 54 Ibid., p. 242.

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chiese, in un discorso al parlamento europeo “un coinvolgimento diretto del Vaticano perché tentino

di convincere le parti in lotta ad accettare il piano di pace”.

Il 12 luglio giunsero a Roma Rakic, il ministro dell’Informazione della repubblica serba di Bosnia

Miroslav e Milorad consigliere diplomatico del presidente Karadzcic. Essi incontrarono nella

capitale il reverendo Charlot e Gianfranco Oliverio. Tutti e cinque furono fotografati dalla rivista

“Epoca” in un ristorante e quello che doveva rimanere un incontro segreto divenne pubblico55.

Il 28 agosto il mercato della città di Sarajevo fu colpito da un attentato di cui l’Onu incolpò i serbi

contro i quali si scatenò una serie di attacchi dal cielo dal 31 agosto a metà settembre. I serbi di

Bosnia, con quelli di Serbia, formarono un’unica delegazione per trattare la fine delle ostilità.

L’8 settembre iniziò il negoziato al termine del quale venne approvato un documento che riconobbe

i confini riconosciuti a livello internazionale della Bosnia e la suddivisione di quest’ultima in due

parti: una minoritaria, il 49 % in Repubblica Serba e per il restante 51 in Federazione croato

musulmana; intanto i tamburi di guerra non cessarono di suonare56.

Milosevic, Tudjman, Izetbegovic e il mediatore americano Holbrooke, con le rispettive

delegazioni, dal 31 ottobre, in Ohio a Dayton, iniziarono una trattativa che il 10 novembre portò a

siglare un patto che previde l’unificazione della città di Mostar, fino a ora divisa in due parti, a est

controllata dai musulmani e a ovest dai croati, il riconoscimento, da parte delle autorità di Zagabria,

dell’efficacia delle decisioni della Bosnia sulla minoranza croata nel suo territorio, la cessione di

alcuni poteri del governo di Sarajevo alla federazione appena creata e infine si stabilì una unione

politica ed economica. Tali risultati non furono completamente esaurienti per i partecipanti i quali

proseguirono le discussioni fino al 21 novembre.

Il giorno successivo venne reso noto al mondo l’accordo i cui punti principali riguardarono il

riconoscimento dello stato bosniaco nei confini già stabiliti a livello internazionale ma il cui

territorio fu suddiviso in due parti ognuna con un proprio esercito: il 51 % del territorio venne

destinato alla Federazione croato musulmana e la restante parte alla Repubblica serba. La Bosnia

creò un proprio governo centrale il cui controllo si estese all’aeroporto di Sarajevo e ai quartieri

serbi di questa città, un parlamento, una banca centrale, una moneta unica, una Corte

Costituzionale, una presidenza collegiale. Negli accordi fu stabilita anche la possibilità di rientro dei

profughi nelle proprie case e la loro libertà di movimento, la presenza nel paese di una forza

internazionale di 60.000 soldati per garantire la sicurezza dei civili, il collegamento di Gorazde con

la federazione mediante un apposito corridoio terrestre, il divieto di accesso alle cariche politiche,

pubbliche e militari da parte di criminali di guerra.

55 F. BIROSLAVO - E.BURBA, Il Papa e i serbi, in “Epoca”, 46, n.29, pp. 32-34. 56 DIZDAVERIC, Bosnia Erzegovina 1992-93, in La guerra dei dieci anni, cit., pp. 245- 246.

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In seguito all’arrivo dei soldati occidentali molti abitanti si trasferirono nelle zone in cui la propria

etnia era maggioritaria57.

Nel corso delle guerre jugoslave Medjugorje fu governata dal Consiglio di difesa croato che iniziò

la realizzazione della pulizia etnica con l’intento, tra l’altro, di distruggere il monastero serbo

ortodosso di Zitomislic ed entrò a fare parte della mai riconosciuta “Repubblica Croata

dell’Herceg– Bosna”. Nel 1993 i croati costruirono diversi campi di concentramento in cui furono

maltrattati e uccisi moltissimi bosniaci e serbi.

La collina delle prime apparizioni, il Podbrdo, fu di proprietà dell’Ordine francescano e venne

usata, dalla milizia locale, come zona per provare lanciagranate.

Il 2 aprile 1995 l’ordinario del luogo, monsignore Ratko Peric, fu rapito, violentato e tenuto in

ostaggio per diverse ore, dai militari serbi e venne liberato grazie all’intervento della Forza di

protezione dell’Onu.

Con l’accordo di Dayton del 1995 la Federazione di Bosnia Erzegovina (popolata da bosniaci e

croati) occupò la città.

Molte pubblicazioni divulgative descrissero come alcuni devoti delle apparizioni di Medjugorje

affermarono che gli eventi storici appena illustrati avrebbero rappresentato l’incarnazione della lotta

cosmica tra Bene e Male, tra Gesù e il demonio nella prospettiva della vittoria finale di Dio tramite

la santa Vergine. Questi toni apocalittici consentirono, a quanti studiarono il fenomeno, di affermare

la notevole somiglianza col tipo di religiosità presente durante le apparizioni mariane di Fatima.

Nelle fasi più acute del conflitto di Bosnia si ebbe una forte strumentalizzazione propagandistica del

culto quando frange estreme convinsero molti combattenti a mettere la corona del rosario nelle

canne dei fucili; secondo, invece, i settori moderati dei fedeli la devozione di Medjugorje favorì il

dialogo ecumenico tra cattolici e ortodossi, in quelle zone. In tale modo la religione diede, in un

certo senso, un proprio contributo alla pace che si raggiunse, da quelle parti in modo molto

complicato e sofferto58.

La veggente Marja Pavlovic, come già detto, riferì di avere avuto un’apparizione mentre scendeva

dal Podbrdo il 26 giugno 1981. La Madonna era in lacrime e chiese la riconciliazione degli uomini

con Dio. Marja e gli altri veggenti compresero successivamente che quell’invito alla pace si riferiva

al conflitto scoppiato in Bosnia esattamente dieci anni dopo (la guerra iniziò il 26 giugno 1991).

La coincidenza delle due date consentì ai sei protagonisti e a quanti attribuivano loro una forte

credibilità di interpretare il richiamo alla preghiera per la pace, avvenuto il terzo giorno delle

apparizioni, come un riferimento alle ostilità iniziate in quella zona nel decennale esatto delle

visioni. 57 Ibid., pp. 248- 250. 58 FATTORINI, Il culto mariano tra Ottocento e Novecento, cit., p. 71.

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Secondo il giornalista Antonio Socci il conflitto di Bosnia fu molto inquietante perché fu il primo a

essere scoppiato sul suolo europeo dalla fine della seconda guerra mondiale e fu l’unico caso di

dissoluzione di un regime comunista mediante le ostilità e “con la sua contrapposizione etnico-

religiosa è anche la tragedia che per la prima volta prefigura la «guerra» planetaria del Duemila,

ovvero lo «scontro di civiltà» con il mondo islamico”.

La veggente Marja Pavlovic fu intervistata dal giornale “L’informateur de Montreal” il 7 ottobre

1992 e sulla guerra in corso affermò che la vera causa di quest’ultima era da ritenersi in una risposta

insufficiente alle richieste fatte dalla Gospa. Vicka allo stesso giornale ribadì l’importanza di

seguire i messaggi della santa Vergine per vincere l’azione del demonio e quindi per fare cessare le

ostilità.

Il 7 agosto 1993 il vescovo di Spalato in pensione monsignore Franic rilasciò un’intervista al

giornale austriaco Gebetsaktion Marie Reine de la Paix (n. 30). Il prelato affermò che il conflitto di

Bosnia scoppiò per la scarsa risposta agli appelli della Madonna anche a causa della contrarietà

verso le apparizioni espressa dal vescovo di Mostar monsignore Zanic.

Secondo Socci Spalato (come Medjugorje) fu risparmiata dalle azioni belliche perché il suo

arcivescovo chiese ai fedeli l’intensificazione delle proprie orazioni secondo le intenzioni della

Vergine espresse tramite i veggenti.59

Secondo alcune testimonianze sul piccolo villaggio dell’Erzegovina, a partire dall’anno 1992

quando iniziò il conflitto appena esposto, gli aerei serbi non riuscirono a sganciare i loro ordigni a

causa di una fitta nebbia che puntualmente non consentì l’identificazione dei target da bombardare.

Alcuni piloti serbi raccontarono di avere visto in cielo la Gospa che fece loro il gesto di fermarsi.

L’unica azione ostile su questo territorio fu causata da una bomba a grappolo che il 7 aprile 1992

cadde sul terreno ma non esplose mentre il 23 aprile e il 9 maggio dello stesso anno la periferia fu

attaccata da granate di mortaio ma il centro della città e tutti i luoghi sacri non subirono danni.

Questi eventi furono interpretati dai sostenitori della veridicità delle apparizioni come una

particolare protezione della santa Vergine su questo luogo.

Negli Stati Uniti colpì l’opinione pubblica la testimonianza del capitano americano Scott O’ Grady

che il 2 giugno 1995, sorvolando sul suo F16 la Bosnia, fu colpito da un missile serbo Sam 6. Egli

dichiarò di essersi lanciato col paracadute e affermò in un’intervista alla tv americana “Nbc” di

avere avvertito la presenza della Madonna mentre fu intrappolato dietro le linee nemiche e di avere

ricevuto da Lei la forza per resistere aspettando i soccorritori60.

Nonostante le difficoltà logistiche, che scoraggiarono molte agenzie di viaggi a organizzare

pellegrinaggi per l’interruzione di molte vie di comunicazione che consentivano il raggiungimento 59 A. SOCCI, Mistero Medjugorje, Casale Monferrato, Piemme, 2005, pp. 153-158. 60 CANIATO - SANSONETTI, Maria, alba del terzo millennio, cit., pp. 44 - 45.

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di Medjugorje, in seguito al conflitto di questo periodo, i pellegrini proseguirono nel loro intento

infatti tra il 1992 e il 1995 il loro numero fu maggiore alla quantità di turisti in villeggiatura, nello

stesso periodo, sulle coste della Dalmazia centrale e meridionale61.

1.3 I LUOGHI DELLE APPARIZIONI E L’ORGANIZZAZIONE DEL

CULTO

La parrocchia di Medjugorje si trova nella parte meridionale dell’Erzegovina ed è situata nella

Diocesi di Mostar; tutta questa zona si dispiega su un territorio montuoso nella parte settentrionale e

uno rivierasco in quella meridionale; i confini sono a nord e a ovest con la Croazia, a sud est col

Montenegro, infine a est con la Serbia.

Il territorio dell’Erzegovina è notevolmente roccioso (basti pensare alla localizzazione del punto in

cui i sei veggenti hanno dichiarato di avere visto per la prima volta la Madonna; in quella

circostanza non vi era altro che ciottoli appuntiti che oggi alcuni pellegrini, anche anziani,

percorrono addirittura a piedi nudi, con estrema agilità). I fiumi presenti alternano il loro corso a

momenti in cui scorrono in superficie ad altri in cui sono sotto terra.

Dai dati emersi negli ultimi anni si constata che una larga fetta della popolazione, il 25,4%

nell’anno 2004 è sotto la soglia di povertà e nell’anno 2010 il 27,2% è disoccupata. Analizzando

complessivamente il ‘900 emerge la forte migrazione degli autoctoni da questa ragione a causa della

notevole povertà economica.

Dal 1981, dopo l’inizio degli eventi che hanno caratterizzato la storia degli oltre ultimi trenta anni

di questa zona, buona parte della popolazione è rientrata in patria.

La chiesa parrocchiale di Medjugorje viene costruita nel 1897 a distanza di cinque anni dalla

parrocchia; a causa dell’instabilità del terreno è riedificata a partire dal 1934 e consacrata il 19

gennaio 1969; attualmente è formata da 4300 persone di nazionalità croata e di fede cattolica

continuando a essere il centro della vita di fede della comunità. Essa è animata da un programma

settimanale ben articolato caratterizzato dalla celebrazione della santa messa due volte al giorno e al

mattino vengono celebrate, in orari differenti, in circa quindici lingue. I sacerdoti possono chiedere

di celebrare nei luoghi deputati ma non nelle case private, né sul Podbrdo o sul monte della Croce.

Tutte le sere c’è la possibilità di confessarsi e di pregare; l’eucaristia pomeridiana (delle ore 17 o

61 Ibid., p. 47.

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delle 18) viene preceduta dalla recita dei misteri gaudiosi e dolorosi del rosario interrotta, per

qualche minuto di preghiera personale, nel momento esatto in cui iniziano le apparizioni quotidiane

ai veggenti Marja, Vicka e Ivan. La messa è seguita dalla recita del “Credo” e per sette volte delle

orazioni del “Padre nostro”, “Ave Maria” e “Gloria al Padre” terminate le quali segue la

benedizione degli oggetti di devozione acquistati dai pellegrini, la preghiera per i malati e infine si

completa la recita del santo rosario meditando i misteri gloriosi (queste ultime iniziative sono

sostituite il venerdì con l’adorazione della croce e il giovedì con quella eucaristica). Quest’ultima

pratica è particolarmente accentuata dato che viene ripetuta pure il mercoledì e il sabato. Nei giorni

feriali è anche possibile per i sacerdoti e i gruppi, incontrare i frati della parrocchia e i veggenti.62

A partire dal 1989 viene costruito un altare esterno usato per le grandi feste o i raduni estivi, come

ad esempio, il festival dei giovani nella prima settimana di agosto, in quanto può contenere fino a

5000 posti a sedere.

All’esterno si trovano: una cappella per l’adorazione al Santissimo Sacramento costruita nel 1991

(usata anche per la celebrazione eucaristica per pellegrini di diverse nazionalità), 25 confessionali

costruiti nel 1991 e restaurati nel 2001 sempre pieni di penitenti di ogni parte del mondo dal mattino

alla sera; una statua in bronzo ( realizzata vicino ai confessionali esterni, nel 1998 da Carmelo

Puzzolo) di san Leopoldo Bogdan Mandic, patrono dei confessori, canonizzato nel 1983; a nord

ovest della chiesa si incontra una croce di legno che consente la preghiera silenziosa; dall’ anno

2000, inoltre, è presente uno spazio coperto per il ristoro di quanti arrivano; da segnalare pure una

statua di bronzo rappresentate il Cristo risorto (secondo molti testimoni oculari dalla gamba esce del

liquido ritenuto sovrannaturale e miracoloso); dal 1998 c’è, inoltre, una sala delle conferenze che

può contenere fino a 800 posti a sedere. Per i pellegrini sono a disposizione alcuni servizi

importanti come l’ufficio parrocchiale costruito nel 1892 e restaurato nel 1990; nella sua cantina si

è celebrata l’eucaristia fino alla fine della costruzione della vecchia chiesa e durante la guerra del

1992; l’ufficio informazioni (nato nel 1991, chiuso per la guerra e riaperto nel 1995) organizza i

programmi dei pellegrinaggi, comunica gli avvisi, tiene i contatti con le guide organizzando le

riunioni con i veggenti e i frati della parrocchia.

Presso l’ufficio parrocchiale si trova il negozio per i pellegrini in cui essi possono comprare oggetti

che ricordano il pellegrinaggio. A ovest della parrocchia c’è il pronto soccorso (funzionante dal

primo maggio al primo novembre, gestito dal personale medico dell’Ordine di Malta) e infine vi è

uno spazio adibito a parcheggio per le auto e pullman. Vi è poi la collina delle prime apparizioni,

sopra il monte Podbrdo, dove i veggenti affermano di avere visto per la prima volta Maria: qui si

trova una statua di marmo bianco, costruita sul modello di quella vicina al sagrato della chiesa da

62 Ibid., pp. 98- 99.

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Dino Felici. Lungo il tragitto per giungervi si incontrano dei rilievi di bronzo rappresentanti i

misteri gioiosi e dolorosi del santo rosario realizzati dal prof. Carmelo Puzzolo e si trova una croce

in legno che indica il luogo dove, secondo la testimonianza dei sei protagonisti, la Gospa è apparsa

il terzo giorno delle visioni, alla veggente Marja Pavlovic, in lacrime chiedendo la riconciliazione

degli uomini con Dio al fine di ottenere la pace nel mondo.

Ai piedi della collina c’è una croce dipinta di blu, realizzata nel 1985; in questa zona il gruppo di

preghiera del veggente Ivan Dragicevic si ritrova regolarmente; quando egli è a Medjugorje la

Madonna appare a lui la sera alle ore 22, alla presenza anche dei pellegrini che desiderano

partecipare.

Il monte Krizevac, il più elevato di tutta Medjugorje, è alto 520 metri sul livello del mare; qui il 15

marzo 1934, i parrocchiani costruiscono una croce di cemento armato, alta 8,5 metri per onorare i

1900 anni della morte di Cristo; al centro delle braccia ci sono alcune reliquie, inviate

appositamente dal Vaticano, della croce di Gesu. I costruttori vi hanno inciso queste parole: “ A

Gesu Redentore dell’umanità, in segno della nostra fede, del nostro amore e della nostra speranza

ed in memoria del XIX centenario anniversario della passione di Gesu”. In questo luogo ogni anno

nel giorno della solennità dell’Esaltazione della Santa Croce viene celebrata l’eucaristia. Il 30

maggio 1984, secondo quanto hanno affermato i veggenti, la santa Vergine dice che la costruzione

di tale simbolo rientra nel piano di Dio. Da quando sono incominciate le apparizioni i parrocchiani e

i pellegrini hanno iniziato a percorrere la via crucis sul tragitto che porta nel punto in cui è stata

costruita la croce; le quindici stazioni inizialmente erano segnate da croci di legno che dal 1988

sono state sostituite da alcuni rilievi in bronzo realizzati dal prof. Carmelo Puzzolo; lungo il

percorso il 24 novembre 2001 è stato posto un memoriale in bronzo incastonato nella pietra

dedicato a padre Slavko Barbaric morto l’anno prima, a causa di un malore, proprio in quel punto.

Secondo numerose testimonianze molti pellegrini sono rimasti affascinanti dalla sua profonda

spiritualità. Egli era nato a Dragicina e venne ordinato sacerdote il 19 dicembre 1971. Nel 1982

conseguì a Friburgo il dottorato in Pedagogia religiosa con specializzazione in psicoterapia e torna a

Medjugorje occupandosi dei pellegrini e scrivendo un autorevole studio sulla psicologia dei

veggenti e altri libri su temi mariani. E’ stata una persona molto stimata tanto da essere definito da

padre Laurentin “l’ambasciatore internazionale” di Medjugorje.

Slavko creò un villaggio per vedove e orfani con vicino una scuola, ha organizzato ogni mese dei

ritiri che ebbero come tema centrale il digiuno, avviò l’iniziativa di appositi incontri di preghiera e

di catechesi per i sacerdoti, per i fidanzati, per gli sposi e per i giovani (ideando un apposito festival

che si svolge ogni anno nella prima settimana di agosto).

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Il parroco della chiesa di San Giacomo, fra Ivan Sesar ha dichiarato che il sacerdote è stato

continuamente impegnato nella testimonianza di Medjugorje davanti ai pellegrini tanto da non avere

tempo neanche per sé stesso ma è riuscito a pubblicare diverse opere che sono state addirittura

tradotte in 20 lingue e pubblicate in milioni di copie.

Secondo quanto riferito in una lettera scritta da suor Emmanuel, pubblicata il primo dicembre 2000

sul sito internet www.childrenofmedjugorje.com, sono emersi dettagli sulla morte di questa persona

che la religiosa ha interpretato in una prospettiva sovrannaturale: il decesso di padre Slavko è

avvenuto al termine della via crucis e la Chiesa cattolica da sempre ha concesso l’indulgenza

plenaria a quanti si sono applicati a percorrerla; l’anno (del Giubileo) e il giorno della morte, il

venerdì, ha richiamato il tema della Divina Misericordia e per di più la data, 24 del mese, è stata

quella dell’inizio delle apparizioni. Subito dopo essersi accasciato a terra, dopo avere benedetto i

pellegrini presenti in quel momento con lui, secondo quanto riferito dal documento di questa suora,

il cielo si è aperto e il sole è rifulso per qualche attimo soltanto in quel punto; improvvisamente il

gruppo si è trovato davanti ai loro occhi un arcobaleno che è sembrato iniziare proprio dalla

parrocchia di san Giacomo.

Domenica 26, festa di Cristo Re monsignore Peric ha celebrato i funerali a cui hanno partecipato

moltissime persone.

Sono state molte, invece, le segnalazioni di persone che riferirono di aver ottenuto alcune grazie per

sua intercessione ma la Santa Sede continua a essere fedele ai cinque anni necessari prima di aprire

una nuova causa di beatificazione63.

A Medjugorje vi sono alcune festività che vengono accentuate in modo particolare come, ad

esempio, la solenne messa di mezzanotte a Capodanno o le celebrazioni particolari nelle solennità

mariane come quella dell’Annunciazione il 25 marzo o dell’Immacolata Concezione dell’8

dicembre; molti pellegrini raggiungono il piccolo villaggio dell’Erzegovina la prima domenica dopo

l’8 settembre per la festa dell’esaltazione della santa Croce a cui il popolo croato è particolarmente

devoto; un particolare numero di individui presenzia alle celebrazioni anche nei mesi dedicati a

Maria cioè ottobre e maggio ma anche per l’anniversario delle apparizioni a fine giugno (dal 24

giugno 1992 è nata l’iniziativa annuale della marcia della pace consistente nella processione

eucaristica dal convento di Humac fino alla parrocchia di san Giacomo).

Il 25 luglio ricorre la festa del protettore della parrocchia di Medjugorje la cui statua viene portata

dal santuario nel bosco dove viene celebrata la messa in suo onore.

63 Ibid., pp. 69 – 74.

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Per i pellegrini che volessero pregare nella quiete dal 1990 la parrocchia ha acquistato una casa,

sempre piena di ospiti denominata “Domus Pacis” in cui vengono svolti vari programmi

differenti.

Il parroco di Medjugorje Ivan Sesar ha stabilito delle regole precise per i pellegrini e i loro

accompagnatori. Tali norme affermano, tra l’altro, la possibilità di celebrare il sacrificio eucaristico

solo nella parrocchia e anche nella cappella dell’adorazione su autorizzazione del parroco il quale è

l’unica autorità a potere consentire i raduni di preghiera. Egli ha disposto il divieto di utilizzare i

locali del santuario per incontrare i pellegrini eccetto per i preti che risiedono nella parrocchia,

quello di imporre le mani sui fedeli, di fumare nei luoghi di culto, di accendere candele in quelli non

deputati a tale scopo, di lasciare fotografie o oggetti votivi sul Krizevac e sulla collina delle prime

apparizioni, di scattare fotografie durante la santa messa o l’adorazione eucaristica e di chiedere la

carità. Fra Ivan, oltre a tali prescrizioni, ha invitato i sacerdoti a concelebrare la messa serale e a

confessare i penitenti, chiede ai fedeli di presentarsi con un abbigliamento e un comportamento

adeguato al luogo di preghiera64.

La principale fonte di informazione della parrocchia è il “Centro informazioni Mir Medjugorje” che

si trova accanto a tale luogo di culto. Esso dal marzo 1996, col riconoscimento dell’autorità

ecclesiastica, ha attivato il sito internet www.medjugorje.hr dove vengono pubblicate notizie in

tempo reale tratte anche dal “press bulletin” creato il 23 novembre 1994 con lo scopo di fornire

informazioni ufficiali e bloccare quelle scorrette e ufficiose. In tali pagine web i termini

“apparizioni”, “messaggi” e altri sinonimi hanno l’unico valore di testimonianza umana e quindi, in

conformità ai decreti di papa Urbano II e del Concilio Vaticano II, non devono essere considerate

un giudizio sugli eventi in corso spettante esclusivamente al Vaticano.

Inoltre vi sono anche un ufficio informazioni, che fornisce ogni tipo di notizie utili ai pellegrini,

costituito nel 1991, chiuso per il conflitto e aperto dal 1995, l’associazione delle guide, invece, offre

ai pellegrini informazioni, notizie storiche, culturali, etnografiche e della vita religiosa della zona.

E’ presente anche una biblioteca, un archivio, una radio creata all’inizio del conflitto tra Bosnia e

Croazia, col nome “Radio Medjugorje”; si è occupata di temi politici, sportivi, culturali e di aspetti

inerenti alla fede. Dopo un paio di anni è stata chiusa e non è mai ripartita fino alla caduta del

regime comunista, con un nuovo palinsesto dedicato a trasmettere notizie utili per i pellegrini e per

gli abitanti, insieme agli appuntamenti, specialmente di preghiera, del santuario di san Giacomo,

inoltre vi è la collaborazione con una emittente televisiva di Zagabria e una di Mostar (non ci sono

momentaneamente le condizioni tecniche per creare uno studio televisivo a completa disposizione

64 Ibid., pp. 104 –107.

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della parrocchia); da segnalare, inoltre, una casa editrice che pubblica il periodico “Glas mira” (La

voce della pace) ma anche altri libri e opuscoli in diverse lingue.

Dal 21 al 23 giugno 1994, in onore del tredicesimo anniversario delle apparizioni ai sei veggenti, i

dirigenti a livello mondiale dei centri per la pace e dei gruppi di preghiera ispirati a Medjugorje si

sono riuniti nel villaggio dell’Erzegovina definendo alcune regole per l’apostolato. In queste ultime

si afferma che i messaggi della Gospa non esprimono ulteriori informazioni rispetto al contenuto

biblico, la necessità di trasmetterli mediante una corretta traduzione in altre lingue, l’invito a

vegliare sul bene spirituale dei pellegrini e dei parrocchiani di Medjugorje, si sottolinea

l’importanza del rispetto, da parte dei devoti, delle autorità ecclesiastiche locali e l’inserimento

nella comunità ecclesiale di provenienza. Infine si rende noto che il contenuto dei messaggi non

riguarda la paura circa gli eventi futuri ma un invito alla pace nel mondo mediante la

riconciliazione tra Dio e l’uomo65.

65 Ibid., pp. 282 – 285.

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CAPITOLO 2

IL DIBATTITO SULLE APPARIZIONI DI MEDJUGORJE

2.1 POSIZIONI DELLA CHIESA E DEL MONDO LAICO

Il concetto di apparizione nel linguaggio biblico si intende “la manifestazione continua della

divinità di Dio, della sua vicinanza, della sua signoria e della sua potenza, motivata dal suo amore

gratuito per la salvezza del popolo dell’alleanza”.66

La Chiesa cattolica considera autentica una mariofania se in essa sussiste l’orientamento a Cristo;

“quando essa si allontana da lui, si rende autonoma o addirittura si fa passare come un altro e

migliore disegno di salvezza, più importante del Vangelo, allora essa non viene certamente dallo

Spirito Santo. Ciò non esclude che una mariofania ponga nuovi accenti, faccia emergere ulteriori

forme di pietà o ne approfondisca e ne estenda di antiche”.

Una ricerca storica di M. Gamba affermò che dagli inizi del cristianesimo al 1999 si verificarono

1019 apparizioni, di cui 850 ebbero luogo in Europa e 288 avvennero nell’ultimo secolo67.

Il 25 febbraio 1978 la Congregazione per la Dottrina della Fede stilò un documento “sub secreto”

che esprimeva i diversi criteri su cui la Chiesa si basa nella valutazione delle apparizioni mariane:

l’acquisizione dettagliata della dinamica degli eventi, il messaggio relativo alla presunta

manifestazione sovrannaturale, la diagnosi medica e psicologica del veggente e il suo grado di

istruzione rispetto alla dottrina cattolica, la sua propensione alla partecipazione alla vita ecclesiale e

sacramentale, l’eventuale presenza di guarigioni miracolose attestate dalla medicina, il giudizio

della Chiesa e infine l’analisi delle ricadute in termini di “evangelizzazione del mondo, della cultura

e dei costumi” e di ritorno alla vita di fede dei lontani.

Al termine delle indagini il magistero ecclesiale prevede un giudizio basato su diversi criteri.

Il giudizio positivo “constat de supernaturalitate” prevede la constatazione della trascendenza e cioè

“garantisce la validità dei messaggi e la bontà delle conseguenze: non si impegna a confermare che

nell’evento è presente la persona percepita dal veggente (il Cristo, Maria, santi…)”.

Il secondo criterio, quello utilizzato nel caso delle apparizioni di Medjugorje, “non constat de

supernaturalitate” afferma né un giudizio positivo né uno negativo. La chiesa “avverte che l’evento

66 S.M. PERRELLA, Le mariofanie per una teologia delle apparizioni, Padova, Messaggero, 2009, p.70. 67 Ibid., pp. 118-119.

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resta nel confine di normale, ordinario fenomeno umano e terreno, anche se evoluzioni verso la

soprannaturalità potrebbero avvenire”.

L’ultimo, infine, esprime un giudizio negativo “constat de non supernaturalitate”; la Santa Sede con

tale espressione “ammonisce che l’evento è privo di alcunché di soprannaturale o ha evidenze

tutt’altro che soprannaturali, ossia ne denuncia la falsità soprannaturale non solo l’assenza di essa.68

L’approvazione di un’apparizione o di una mariofania da parte dell’autorità episcopale o pontificia

non obbliga nessun fedele a credervi in quanto il cristiano è ritenuto in grado di giudicare tali eventi

sulla base della sua “discrezione, prudenza e senso ecclesiale”. Le apparizioni della Vergine e i

messaggi connessi non aggiungono nulla alla Rivelazione di Dio avvenuta pienamente in Cristo ma

le rivelazioni “private” incentivano alcuni aspetti della vita di fede particolarmente trascurati.

In caso di giudizio negativo “per il cristiano sarebbe veramente temerario andare in senso contrario

al giudizio della Chiesa”. Le Normae approvate dal Vaticano nel 1978 non affrontarono la tematica

della qualità magisteriale rispetto al riconoscimento di un’apparizione mariana; queste disposizioni

si riferirono alla dinamica dell’indagine dell’ordinario diocesano. Secondo lo studioso Salvatore

Perrella tali leggi “sono in un certo modo assimilabili alla procedura in uso per il «processo» di

canonizzazione di una santa o di un santo nella sua parte previa alla formazione del relativo atto

pontificio (abitualmente chiamata pars contenziosa)”. 69

Il pronunciamento di un vescovo locale su un’apparizione mariana viene considerato “un atto

ministeriale di esercizio della funzionalità legislativa, e più precisamente di magistero autentico non

infallibile e non universale”. La sua fallibilità è dovuta al fatto che il suo atto magisteriale è rivolto

alla chiesa locale e pertanto non attua la prerogativa ecclesiale dell’infallibilità che sussiste

esclusivamente quando lui, con altri membri del collegio episcopale, è unito al papa70.

Le Normae riferiscono la possibilità per il vescovo diocesano di coinvolgere nelle indagini, su una

presunta mariofania, la propria Conferenza episcopale. Egli può emettere a tale fine o una richiesta

esplicita oppure può consentire tale intervento se il presunto fenomeno assumesse una dimensione

regionale o nazionale; tuttavia il giudizio definitivo può essere emesso esclusivamente dal vescovo

diocesano.

Le Normae prevedono infine l’intervento della Congregazione per la Dottrina della Fede se

richiesto dal vescovo del luogo della presunta mariofania, da un buon numero di fedeli rispettosi

della comunione gerarchica oppure se il Vaticano, sentito il vescovo diocesano, decidesse di

68 Ibid., pp. 129-133. 69 Ibid., p. 136- 138. 70 Ibid., pp. 143-144.

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effettuare ulteriori accertamenti sul presunto evento sovrannaturale i cui esiti spettano comunque

all’ordinario diocesano 71.

Nel caso del fenomeno di Medjugorje è da tenere presente come la Santa Sede abbia ufficialmente

definito “opinione personale” le aspre critiche del vescovo di Mostar Peric e ha dato la possibilità ai

fedeli di organizzare pellegrinaggi non ufficiali.

Le apparizioni di Medjugorje, a partire dal 24 giugno 1981, hanno permesso, mediante numerosi

strumenti, un’attenta analisi del fenomeno con un conseguente dibattito molto acceso tra favorevoli

e contrari.

Il noto villaggio dell’Erzegovina è diventato un luogo di forte religiosità popolare la quale, secondo

il sociologo Roberto Cipriani, ha assunto una certa autonomia rispetto alla religione ufficiale (a

Medjugorje, ogni anno, si recano diversi milioni di pellegrini nonostante la prudenza, espressa in

merito al giudizio sulle apparizioni, della Santa Sede)72.

Secondo il giornalista Antonio Socci il fenomeno di Medjugorje “è l’inizio di una fra le più

straordinarie apparizioni della Madonna”.

Secondo Vittorio Messori nel popolare villaggio dell’Erzegovina continua a verificarsi “il maggior

movimento di masse cattoliche del post concilio”73.

Per il giornalista Paolo Brosio i messaggi della Gospa hanno come obiettivo “la salvezza

dell’umanità, dell’intero pianeta. Ecco perché Medjugorje oggi, per volere di Dio, si può

considerare la Palestina del Duemila”74.

Secondo padre Livio Fanzaga gli eventi di Medjugorje “hanno posto la Chiesa di fronte a problemi

di discernimento che esigono dosi supplementari di prudenza e consiglio” poiché queste apparizioni

sono diverse dalle altre dal momento che la Gospa per la prima volta ha scelto di guidare, con i suoi

messaggi, una parrocchia e tutti quei fedeli che accettano questo tipo di spiritualità75.

L’anno 1984 la stampa internazionale mise in evidenza come, a livello ecclesiastico, vi fu una presa

di distanza dall’evento sia da parte della Santa Sede e dei vescovi jugoslavi.

Monsignore Zanic, ordinario della diocesi di Mostar dal 14 settembre 1980, inizialmente ebbe

un’opinione positiva sulle affermazioni espresse dai sei veggenti ma successivamente, a causa delle

sempre più profonde divergenze tra secolari e francescani, cambiò idea accusando questi ultimi di

avere inventato un tale evento prodigioso al fine di delegittimare l’autorità del vescovo e

indirettamente del papa. L’ordinario diocesano, nel gennaio del 1982, nominò una commissione di

71 Ibid., pp. 154-155. 72 F. GARELLI, La Chiesa in Italia, Bologna, Il Mulino, 2007, p.122. 73 A. SOCCI, I segreti di Karol Wojtyla, Milano, Rizzoli, 2009, p. 163. 74 BROSIO, Viaggio a Medjugorje, cit., p. 166. 75 L. FANZAGA, Perché queste apparizioni non hanno fine in La Madonna di Medjugorje, a cura di V. Sansonetti R. Caniato, supplemento a “Oggi”, ( 2009), n.3, pp. 7-14, in part. pp. 9-10.

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quattro membri di cui soltanto uno, Ivan Dugandzcic, si recò personalmente a Medjugorje per

indagare sugli eventi in corso.

Due anni più tardi monsignore Zanic istituì una seconda commissione, dichiarando che i quattordici

membri furono, in parte, scelti dai suoi superiori76.

Il vescovo, autonominatosi presidente, elaborò ripetutamente un documento nel quale affermò il

divieto di organizzare pellegrinaggi nel luogo delle presunte apparizioni per favorire un giudizio

non influenzato dal fervore popolare. Tale provvedimento andò contro le norme canoniche che

permettevano, da sempre, a ogni fedele di visitare e pregare in qualunque parrocchia cattolica in

ogni parte del mondo; inoltre il presidente della commissione teologica dell’episcopato jugoslavo,

l’arcivescovo di Spalato monsignore Franic, dopo una visita a Medjugorje, espresse il suo parere

positivo rispetto alla liturgia, alla predicazione e alle medesime apparizioni, entrando, così, in pieno

contrasto con il vescovo di Mostar la cui commissione ribadì la disapprovazione per quei laici e i

sacerdoti impegnati in pellegrinaggi nel villaggio dell’Erzegovina.

L’11 ottobre 1984 la commissione fu incentivata a sottolineare la propria contrarietà, già ribadita

nel comunicato precedente del 24 marzo, ma ciò non fu possibile perché a livello canonico essa non

poté pronunciarsi con termini contrari ancora più incisivi anche dal momento che un autorevole

teologo di Zagabria, padre Brajcic, si convinse della veridicità della testimonianza dei sei veggenti;

in tale contesto la commissione espresse soltanto il proprio dispiacere per la mancata applicazione

delle norme restrittive, rispetto ai pellegrinaggi, affermate precedentemente.

Monsignore Zanic inviò il nuovo comunicato alla Conferenza episcopale jugoslava che, il 12

ottobre 1984, affermò la propria contrarietà soltanto rispetto alla preparazione di pellegrinaggi

ufficiali; tali furono ritenuti, secondo monsignore Franic, quelli organizzati dai cardinali o dai

vescovi, poiché potrebbero sottintendere un prematuro riconoscimento ufficiale da parte del

Vaticano delle apparizioni ancora in corso, mentre rimasero consentiti quelli privati anche

accompagnati da guide spirituali, pure sacerdoti, in qualità di pellegrini.

Il comunicato del vescovo dell’11 ottobre assieme a quello della Conferenza episcopale jugoslava

del giorno successivo furono trasmessi da monsignore Zanic, alla Curia romana e pubblicati l’11

novembre, sempre dello stesso anno, sul quotidiano “Osservatore romano”. Questi documenti

vennero riportati anche dall’ Ufficio stampa della Santa Sede; ciò provocò un’errata interpretazione

degli eventi, riportata sui mass media internazionali, secondo la quale il Vaticano aveva espresso un

giudizio negativo sulle apparizioni della Gospa. Le alte gerarchie di Roma, tuttavia, continuarono a

76 R. LAURENTIN, Medjugorje nell’ora della disinformazione: autopsia delle false notizie (secondo fascicolo integrativo del libro “La Vergine appare a Medjugorje?”), Brescia, Queriniana, 1985, p. 16.

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mantenere la solita posizione ufficiale sul fenomeno di grande prudenza rispetto al giudizio sulle

visioni pur tuttavia permettendo ai pellegrini di recarsi sul posto77.

Il vescovo di Mostar, al fine di arginare l’interesse verso le apparizioni di Medjugorje, decise di

redigere, per la stampa internazionale, un documento di 23 pagine, non ufficiale ma presentato

come “la posizione del vescovo” con la sua firma e il suo sigillo. Questo testo assunse un certo

grado di rilevanza rispetto ai contenuti in esso riportati davanti alla diffusione dei quali, come rivelò

lo stesso Zanic, il medesimo Giovanni Paolo II il 2 giugno 1982 gli raccomandò molta prudenza

prima di condannare gli eventi. Il 10 dicembre 1984 il “Gazzettino di Venezia” riportò una

dichiarazione dell’ordinario di Mostar il quale affermò l’impegno della commissione a concludere i

lavori entro marzo dell’anno successivo ma anche la sua volontà di anticipare quella data,

divulgando prima il suo rapporto.

Il vescovo di Mostar, nel giudicare gli eventi, agì in maniera insolita rispetto al modo consueto

usato dalla Santa Sede e codificato dalla tradizione conciliare, nell’analisi delle apparizioni.

Monsignore Zanic non permise alla commissione di ascoltare molti testimoni come, invece,

accadde nel caso delle apparizioni a Bernadette Soubiroux, concentrando l’attenzione, essendo al

contempo presidente della commissione e suo primo membro, su dettagli poco rilevanti e

apparentemente non positivi. Egli, stranamente, fin dalla prima riunione insistette affinché i membri

pubblicassero un documento amministrativo al fine di limitare i pellegrinaggi e ogni opinione sul

fenomeno; non capitò mai, inoltre, che un ordinario pubblicasse le conclusioni sull’oggetto di studio

prima della commissione creata con tale obiettivo. 78

Nella posizione del prelato si affermò come le apparizioni fossero causate da allucinazioni collettive

smentite, a livello scientifico, mediante appositi elettroencefalogrammi durante le estasi nelle quali i

sei ragazzi non diedero segni di epilessia e non si addormentarono79.

La seconda accusa contenuta nel documento era quella di essere delle persone bugiarde dal

momento che alcuni di essi esitarono a esprimere determinati dettagli in quanto intimoriti dalle

autorità tramite un apposito giuramento prima di ogni interrogatorio e la consapevolezza, più volte

richiamata alla loro attenzione come pressione psicologica, che ogni parola uscita dalla loro bocca

sarebbe stata prontamente registrata; per esempio Ivanka affermò di essere andata sulla collina delle

prime apparizioni il 24 giugno 1981 per pascolare il suo gregge ma subito dopo si smentì, sotto la

spinta dell’autorità, dicendo, invece, di avere voluto fumare e ascoltare alcune canzoni80.

77 Ibid., pp. 17 – 19. 78 Ibid., pp 23- 26. 79 Ibid., p. 32. 80 Ibid., pp. 34 – 35.

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Secondo il vescovo i cinque veggenti rifiutarono di scrivere il contenuto del terzo segreto (la croce

bellissima, indistruttibile e non creata dall’uomo, che ci sarà sul monte Potbordo, in futuro ) in una

busta sigillata poiché la santa Vergine avrebbe detto loro di mantenere la riservatezza ma solo Ivan

disobbedì nel seminario di Vissoko. Tale evento non fu mai smentito ma in quella lettera egli

scrisse, su due fogli, “niente niente niente”. I sacerdoti della parrocchia informarono l’ordinario

diocesano del contenuto non propriamente esaustivo.

Nel documento di monsignore Zanic si lesse, inoltre, che altre 47 persone nella sua diocesi

avrebbero avuto visioni ma esse, differentemente da quanto accaduto per esempio nel caso di

Lourdes, rimasero nell’anonimato.

La terza accusa contenuta nel documento riguardava la manipolazione operata da fra’ Tomislav

Vlasic sui veggenti; in particolare egli fu accusato di avere autorizzato i due frati sospesi da

monsignore Zanic, a continuare a confessare a Medjugorje. In realtà egli non solo impose loro di

non somministrare il sacramento della riconciliazione ma impose anche di presentarsi nella

cittadina dell’Erzegovina esclusivamente con abiti civili per evidenziare la natura privata dei loro

pellegrinaggi in quell’area. Il vescovo diede modo ad alcuni francescani di esercitare il loro

ministero nelle cappelle sconsacrate della diocesi81. Egli, sempre nella sua posizione, rimproverò

Tomislav Vlasic di fabbricare i messaggi ma ciò fu smentito dalla realtà in quanto durante le prime

apparizioni egli non fu presente a Medjugorje ma venne coinvolto nella guida della parrocchia di

san Giacomo, dopo l’arresto di padre Jozo Zovko, non trasformandola in un gruppo carismatico con

tutte le sue peculiarità (la glossolalia, espressioni entusiastiche o gesti particolari come le mani

alzate in segno di lode a Dio) ma mantenne la classica sobrietà tipica della liturgia tradizionale.

Inoltre c’è da sottolineare come il fenomeno delle guarigioni non si verificò durante le apposite

preghiere da lui guidate ma in circostanze esterne come la preghiera personale (a volte fuori da

Medjgugorje) o nelle apparizioni della Gospa ai veggenti82.

Prima di continuare l’analisi della posizione di monsignore Zanic è bene sottolineare che quanto

scritto fino a ora su padre Tomislav riguarda soltanto gli eventi dei primi tempi delle visioni di

Medjugorje ma è necessario dedicare una breve descrizione sui fatti degli ultimi anni prendendo

spunto da una trasmissione realizzata dal direttore di “Radio Maria” padre Livio Fanzaga in data 8

settembre 2008.

Padre Livio dichiarò che fra’ Tomislav non fu mai né il parroco di Medjugorje e neanche la guida

spirituale dei veggenti ma a partire dall’anno 1985 fu allontanato dal villaggio dell’Erzegovina e fu

escluso dai collaboratori parrocchiali. Il 25 gennaio 2008 la Congregazione per la Dottrina della 81 Ibid., pp. 39- 43. 82 Ibid., pp. 45- 46.

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Fede, dopo una indagine molto approfondita, emise un decreto, tenuto riservato per dare modo

all’interessato di cambiare il proprio comportamento sulla base dei ripetuti richiami, resi vani dalla

sua continua disobbedienza. La diocesi di Mostar ricevette l’incarico di rendere pubblico il

documento dell’ex Sant’Uffizio in cui venivano riportate anche le accuse a lui rivolte e cioè la

“divulgazione di dubbie dottrine, manipolazione delle coscienze, sospetto misticismo,

disobbedienza su ordini legittimamente impartiti ed addebiti contra sextum”.

Padre Livio spiegò che nel documento fu scritto che padre Tomislav aveva fondato l’aggregazione

“Regina della Pace tutti tuoi – per mezzo di Maria a Gesu” e che essa era strettamente connessa al

fenomeno Medjugorje. Il Vaticano indagò, all’interno dell’evento iniziato il 24 giugno 1981, anche

su tale attività la quale fu ritenuta illegittima. In tale contesto si diffuse erroneamente la notizia di

una condanna delle apparizioni da parte di Roma. Il documento in oggetto espresse diversi obblighi

estremamente vincolanti verso il sacerdote: il divieto di operare nelle istituzioni canoniche e civili

senza un’apposita licenza scritta dal Ministero Generale dell’Ordine, di relazionarsi con la sua

comunità e i membri facenti parte, di somministrare il sacramento della confessione, di effettuare la

predicazione e gli interventi pubblici, l’obbligo di dimora in una “domus Ordinis” in Lombardia

indicata dal Ministero Generale dell’Ordine e quello di seguire un percorso formativo teologico e

spirituale con valutazione finale. Inoltre in questo documento fu espressa la minaccia di un processo

penale, di sanzioni ancora più dure (fino anche alla dimissione), in caso di mancato rispetto di tali

punti e in seguito alle tre accuse più gravi: violazione del sesto comandamento per di più con motivi

mistici, accanto ai forti sospetti di scisma ed eresia.

Il direttore di “Radio Maria”, durante la sua trasmissione, informò anche che padre Tomislav scrisse

un libro intitolato “Oltre la barriera” con cui rivelò che la madre generale della sua aggregazione,

Caterina Stefania, rimossa dall’autorità ecclesiastica, ebbe rivelazioni private da extraterrestri;

questo testo fu duramente criticato dal Gruppo di ricerca sulle Sette della Conferenza episcopale

italiana.

Padre Livio informò i suoi ascoltatori di avere ricevuto una telefonata da padre Tomislav nel 1988

dopo che egli inviò una lettera al papa e al mondo affermando l’inesistenza dell’inferno bruciato

dall’amore di Dio. Fanzaga lo invitò a ravvedersi ma invano; in tale modo venne confermata l’idea

maturata da lui nel 1985, di “un filone gnostico - eretico presente a Medjugorje che però nulla ha a

che fare con i sei veggenti di Medjugorje”. Il direttore di “Radio Maria” affermando che le

impressioni positive espresse in molti libri o mediante altre fonti da padre Renè Laurentin e

monsignore Franic su Tomislav Vlasic furono opinioni personali, “anche perché su segnalazione

della veggente Marja Pavlovic, la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva da tempo iniziato

la sua indagine canonica”. Padre Livio interpretò la possibile sostituzione dell’autentico collegio dei

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sei veggenti con altri falsi come il tentativo di Satana di appropriarsi di una parte del piano della

Gospa, pericolo da Lei segnalato in un messaggio, il primo agosto 1985.

Fanzaga disse in radio di avere con sé da anni un documento inedito e cioè la fotocopia autografa

della lettera, scritta da Marja Pavlovic sotto giuramento, inviata l’11 luglio 1988 alla Congregazione

per la Dottrina della Fede, pubblicata in esclusiva sul sito internet di “Radio Maria”, in cui la

veggente aveva preso nettamente le distanze dalle attività di padre Tomislav smentendo i contenuti

riportati nei testi dal titolo: “ Una chiamata nell’anno mariano”. Nell’epistola si leggeva che mai la

santa Vergine diede un messaggio di approvazione della sua opera e del gruppo di preghiera da lui

guidato. Padre Livio disse chiaramente che l’entrata, per breve tempo, della veggente nella

comunità fu provvidenziale in quanto le permise di comprenderne le dinamiche e di allontanarsi nel

momento in cui vi furono tentativi, da parte di Tomislav, di strumentalizzarla, apparve chiaramente,

in tale modo, il distacco palese di questa realtà con quella originaria di Medjugorje. Durante la

trasmissione radiofonica il conduttore espresse gratitudine alla Chiesa per avere difeso il villaggio

dell’Erzegovina da tentativi, avvenuti anche a Lourdes e a Fatima, di strumentalizzazione e di

inquinamento del nucleo originario dei veggenti e intravide il pericolo che la confusione creata

prima dell’intervento dell’autorità ecclesiastica desse ulteriori argomentazioni per rafforzare le

critiche sull’evento in corso dal 24 Giugno 198183.

E’ necessario riportare per completezza i documenti, sempre pubblicati sul sito internet di “Radio

Maria”, del Ministro Generale dell’Ordine dei Frati Minori. Il primo, datato il 26 aprile 2008,

contestò a padre Tomislav il mancato rispetto dell’obbligo di dimora contenuto nel decreto della

Congregazione per la Dottrina della Fede del 25 gennaio 2008 ribadendo il divieto di celebrare i

sacramentali o i sacramenti; rispetto a questi ultimi vi fu anche l’obbligo di non riceverli e di non

prendere parte come ministro a cerimonie pubbliche84.

Il secondo documento, datato 10 marzo 2009 sempre del Ministro Generale dei Frati Minori Fra

Jose Rodriguez Carbslio indirizzato ai Ministri Provinciali della Bosnia Erzegovina, Croazia e Italia

informò che il papa aveva concesso a padre Tomislav la riduzione allo stato laicale e le dimissioni

dall’Ordine; a Vlasic venne ordinato il divieto di amministrare beni anche se impiegati a favore del

prossimo, quello di esprimere affermazioni in merito al fenomeno Medjugorje e qualunque altra

riconducibile alla materia religiosa con la proibizione assoluta di abitare nelle case dell’Ordine

francescano.

Quanto appena descritto non scoraggiò i pellegrinaggi nel villaggio dell’Erzegovina. padre Livio, in

un’intervista, disse che i fedeli che si recarono a Medjugorje aumentarono e i partecipanti al

83 . http://www.radiomaria.it/documenti/dwnl.php?id=122984 .radiomaria.it/documenti/dwnl.php?id=1277 . http://www

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“Festival dei giovani” nella prima settimana di agosto del 2008 furono 50 mila, i sacerdoti furono

più di 600 (l’anno precedente furono 100 in meno)85.

Dopo questa breve parentesi sulla questione di padre Tomislav che mosse le più alte gerarchie

vaticane torniamo ad analizzare la posizione di monsignore Peric nella quale criticò anche padre

Laurentin accusandolo di essere stato pagato dai francescani in cambio della difesa delle tesi,

scrivendo libri, favorevoli al fenomeno di Medjugorje; egli, incontrando Peric a Mostar il 9 agosto

1984 lo invitò a cambiare idea in quanto non veritiera. Nella prima pagina della sua posizione il

prelato accusò Laurentin che sarebbe stata la bellezza dei veggenti a convincerlo della veridicità

degli eventi.86

L’ultima accusa rivoltagli fu quella di avere scritto libri rientranti in una propaganda, insieme a

servizi giornalistici televisivi e della carta stampata, mirante alla legittimazione della posizione

francescana rispetto ai noti contrasti col clero diocesano.

Nei primi mesi del 1984 il presule obiettò che semmai fu Zanic ad utilizzare i mass media per

screditare gli eventi in corso nell’Erzegovina. In Jugoslavia, intanto, la stampa limitò le notizie

inerenti alle apparizioni e alcuni giornalisti non contrari a queste ultime furono arrestati.

All’inizio dello stesso anno la Conferenza episcopale italiana, per solidarietà a Zanic, invitò a tacere

e così quanti chiesero il permesso per tradurre il libro di padre Laurentin non lo poterono più fare.

Negli Stati Uniti i servizi della delegazione apostolica invitarono numerose televisioni o giornali

cattolici a eludere tali notizie e il sacerdote dovette rinunciare a numerose conferenze previste da

tempo87.

Un aspetto peculiare delle apparizioni di Medjugorje riguardava l’acceso dibattito sviluppato

attorno a esse circa la loro autenticità; gli oppositori sottolinearono: il numero eccessivo delle

apparizioni, la brevità delle visioni (alcune della durata di pochi minuti) e il fatto che esse non

fossero legate a un luogo specifico (come, ad esempio la grotta di Lourdes) ma ai veggenti; a tale

proposito il fattore gruppo non rappresentò un vincolo in quanto, durante le apparizioni, la santa

Vergine, a volte, rivolse correzioni personali ad alcuni di loro senza che gli altri sentissero il

contenuto.

Una ulteriore argomentazione sostenuta dagli oppositori alle apparizioni fu l’eccessiva quantità di

parole comunicate dalla Gospa; in realtà fu da sempre possibile sintetizzarle nel termine”pace” , suo

vero obiettivo e nei mezzi per raggiungerla: “preghiera”, “conversione” e “digiuno”. La Madonna,

dando all’inizio delle visioni consigli personali ai veggenti, estese queste cure materne a tutta la

85 V. SANSONETTI, Radio Maria. “Credete a padre Livio, è la più libera che ci sia”, in “Oggi”, 2009, n.41, pp. 77-78 in part. p. 78. 86 LAURENTIN, Medjugorje nell’ora della disinformazione, cit., pp. 51- 53. 87 Ibid., pp 55- 57.

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comunità anche mediante messaggi molto più frequenti rispetto a quelli attuali, cioè con cadenza

settimanale ogni giovedì (analizzando i contenuti dei messaggi fu facile notare una suddivisione in

due tipi: quelli caratterizzati da parole precise e altri da ispirazioni e locuzioni interiori come quelli

date tramite Jelena e Mirjana)88.

Un’altra obiezione degli oppositori di Medjugorje riguardava le contraddizioni di alcuni aspetti non

molto rilevanti, per esempio il tema della possibilità di evitare il castigo futuro del mondo,

(nacquero piccole divergenze, in tale senso, tra Mirjana e Jelena); tuttavia bisogna dire che i

messaggi, nel loro complesso, furono sempre molto chiari (anche nei Vangeli, del resto, emersero

piccole contraddizioni su dettagli poco importanti ai fini della comprensione del testo)89.

L’ultimo aspetto faceva riferimento alle numerose testimonianze di persone che, in loco,

raccontarono di avere assistito a fenomeni luminosi nel cielo; le ricadute, a livello sociale, di tale

aspetto furono notevoli in quanto comportarono un risveglio della fede, numerose conversioni,

confessioni e attirarono i parrocchiani sulla collina delle apparizioni90.

La stampa comunista descrisse gli eventi di Medjugorje come un complotto, ad opera di un

movimento patriottico croato violento e di estrema destra, gli ustasci, per rovesciare il regime. La

Gospa fu rappresentata nel cielo davanti ai veggenti, appoggiati da un sacerdote cospiratore, con un

mitra in mano. In realtà queste visioni avvennero in un contesto di piena obbedienza alle leggi civili

da parte dei cittadini; si pensi, ad esempio, al rispetto del divieto di accesso al monte Podbrdo da

parte di questi ultimi e la continuazione delle visioni in altri luoghi tra cui nella parrocchia di San

Giacomo proprio dove le autorità si vantarono di concedere al popolo la libertà di culto; inoltre il

collegio dei veggenti ebbe l’apparizione quotidiana non propriamente in chiesa (evitando, in tale

modo, di fare spettacolo) ma, in modo discreto, in una stanza fino a poco tempo prima adibita a

magazzino91.

La stampa marxista nel 1981 si scagliò duramente contro le apparizioni; in un articolo del 22

ottobre in “Vercernje Novisti” (Le notizie) dal titolo “La Madre di Dio sul luogo del crimine”

Milenko Vesnic, nell’esposizione degli eventi che interessarono il piccolo villaggio

dell’Erzegovina, mise in evidenza come essi furono organizzati dalla Chiesa cattolica per tutelarsi

dalle autorità pubbliche e la forte reazione violenta della popolazione onesta, cioè contraria, a un

tale evento. La critica si concentrò in particolare sul luogo, non casuale, dal momento che a Citluk

era presente una fossa con 2500 persone vittime degli ustasci e sia sulle parole di padre Jozo Zovko,

parroco di san Giacomo nel 1981, che esaltò l’evento interpretandolo come liberazione dalla

88 LAURENTIN – RUPCIC, La Vergine appare a Medjugorje?, cit., pp. 112 – 114. 89 Ibid., p. 116. 90 Ibid., p. 118. 91 Ibid., p. 120.

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schiavitù del peccato ma soprattutto dall’oppressione politica diventando bersaglio, insieme a

monsignore Zanic, di questo articolo, per non avere condannato i crimini commessi, durante

l’ultima guerra, da parte di sacerdoti. L’ordinario diocesano fu marchiato come estensore del

terrorismo fascista del 1941 e rimproverato ulteriormente dalle autorità di Citluk. Davanti a tali

affermazioni il vescovo protestò, scrivendo alla più alta autorità dello stato, chiedendo il rispetto dei

diritti umani. L’articolo, inoltre, sottolineò l’accusa di vittimismo del clero modo per abusare

dell’onestà della popolazione. La Chiesa cattolica fu inoltre rimproverata di non avere preso parte

alla commemorazione a Zagabria, in ricordo del presidente Tito, a un anno dalla sua morte; tutti

questi eventi furono interpretati come segnali pericolosi circa un tentativo di destabilizzare

l’autorità civile.

La stampa non confessionale del paese si limitò a ricostruire i fatti del 24 giugno 1981

evidenziandone l’aspetto superstizioso. L’articolo pubblicato sul settimanale “Arena” il 22 luglio

1981 intitolato “Il miracolo nella roccia” scritto da Pavle Pavlovic, seppure condannando

lievemente il fenomeno giudicando gli aderenti come “cervelli malati per curiosità e superstizione”

e riportando la condanna del comitato del partito socialista di Citluk, tentò di esporre

oggettivamente gli eventi intervistando i diretti protagonisti (sia il parroco padre Jozo, e sia Vicka,

Ivanka e Jakov). Il giornalista ritornò nel pomeriggio per assistere all’apparizione ma i veggenti non

furono in quel luogo, allora egli decise di salire nel posto in cui la Gospa fu vista per la prima volta;

lungo il sentiero, in una casa male illuminata, egli riportò l’ incontro avvenuto con una persona

ottantaseienne, di nome Jozo Vasilj, conosciuta da tutto il villaggio per avere ricevuto una

guarigione miracolosa dalla cecità durata quattro anni, tramite erbe bollite da sua moglie, prese dal

luogo delle apparizioni della Madonna92.

L’obiezione più grave riguardò il fatto che la Gospa avrebbe biasimato il vescovo locale difendendo

i francescani. La realtà storica fu diversa: questi ultimi curarono il popolo croato fino al 1881

quando papa Leone XIII ordinò che un quinto delle loro parrocchie fosse restituito al clero

diocesano facendo nascere, così, un conflitto accentuato, per di più, dal forte legame esistente tra i

seguaci di san Francesco e gli autoctoni. Durante le guerre di Mostar due francescani, fra Ivica

Vego e fra Ivan Prusina, furono notevolmente spinti dagli altri a prendere pubblicamente una

posizione avversa a quella di monsignore Peric il quale, li sospese a divinis e il Ministro Generale

dell’Ordine francescano li estromise dalla congregazione. Essi, consultando Vicka, ebbero parole

consolanti, appuntate in un diario della veggente che ella negò di possedere, dando così il pretesto

92 Ibid., pp. 181 – 189.

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per affermare che la Gospa si oppose alla decisione del vescovo e che pertanto le apparizioni erano

da ritenersi completamente false93.

Molte erano le ragioni addotte in favore dell’autenticità delle apparizioni; a Medjugorje non fu mai

concentrata l’attenzione principalmente sulla Madonna ma su Gesu; in questo il comportamento

della Gospa, riferito dai veggenti, fu pienamente conforme a quello espresso nel Vangelo

specialmente nella suo continuo richiamo verso l’eucaristia e i sacramenti.

In secondo luogo la Vergine non influenzò le scelte di vita dei veggenti (nessuno di loro intraprese

la vita religiosa), infine vi fu la conformità delle estasi rispetto ai criteri tradizionali e alle

esperienze della Chiesa (sincronismo perfetto di tutti e sei nella caduta in ginocchio all’inizio della

visione, blocco inconsapevole delle corde vocali fino alla fine dell’estasi durante le quali fu

possibile vedere solo il movimento delle labbra, forte diminuzione della percezione del mondo

esterno, leggero aumento dei battiti cardiaci, mantenimento del proprio carattere naturale, assenza

di forme isteriche)94.

I veggenti affermarono dall’inizio delle apparizioni di avere una conoscenza oggettiva della Vergine

dichiarando addirittura di averla toccata95.

La posizione ufficiale della Santa Sede fu molto prudente a partire dall’inizio delle apparizioni;

accanto ai tantissimi fedeli recatesi, fin dall’inizio degli eventi, in loco vi fu, come già detto, una

forte contrarietà del vescovo di Mostar dell’epoca, preceduta da una lieve apertura che aveva

l’impegno di difendere i sei ragazzi dall’accusa che le apparizioni fossero un fenomeno fascista cioè

ustascia.

Monsignore Zanic nell’agosto 1981 scrisse un articolo sul giornale “La Voce del Concilio”; pur

esprimendo la prudenza della Chiesa nell’avvalorare un fenomeno ancora in corso, egli accusò gli

atei di non avere le prove sufficienti per affermare una eventuale manipolazione dei veggenti, difese

inoltre i sacerdoti dall’accusa di indottrinamento dei veggenti all’insaputa dei loro genitori, smentì

la dichiarazione secondo la quale le autorità ecclesiastiche avevano bollato come superstiziosi gli

eventi in corso a Bijakovici, custodì la chiesa della Bosnia Erzegovina dall’insinuazione di un

eventuale inganno dell’opinione pubblica per difendere interessi politici e il collegio dei veggenti

dall’essersi espresso in modo poco veritiero essendo psicologicamente instabile. Nella conclusione

dell’articolo l’autore citò alcuni versetti degli Atti degli Apostoli con cui affermò che solo la

prosecuzione nel tempo delle visioni sarebbe stato l’autentico segno della volontà divina e di

conseguenza dell’autenticità del fenomeno.

93 Ibid., pp. 123 – 125. 94 Ibid., pp. 129- 132. 95 Ibid, p. 134.

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Monsignore Zanic scrisse, inoltre, nel settembre 1981, una lettera al presidente della Repubblica

federale jugoslava Serge Kraigher per respingere le accuse rivolte alla sua persona e ai sacerdoti di

Medjugorje (in particolare padre Jozo e Ferdo Vlasic) e di tutta la diocesi avanzate, al termine della

riunione del 17 agosto 1981 della conferenza comunale dell’Unione socialista del popolo lavoratore

di Citluk, in una dichiarazione (estratta dal notiziario dello stesso giorno R.T.V e dal giornale del

giorno successivo “Vecernij Liste) che identificava tali fedeli alla Chiesa cattolica come

collaboratori degli ustasci, una minaccia per le autorità civili socialiste. Monsignore Zanic nella

epistola respinse fermamente questi attacchi chiedendo al destinatario di fare altrettanto e di non

assumere una posizione pregiudiziale verso il fenomeno in corso nell’Erzegovina.

Il 10 gennaio 1982 il prelato organizzò una commissione di inchiesta iniziando progressivamente ad

assumere una posizione sempre più scettica96.

Nel maggio 1984 la commissione venne allargata a quindici membri e due anni più tardi si

pronunciò, con un voto favorevole di undici componenti su quindici, verso un giudizio così

espresso: “Non constat de supernaturalitate”. Il verdetto fu inviato alla Congregazione per la

Dottrina della Fede che, il 15 maggio 1986, chiese sulla base delle sue norme del 24 febbraio 1978,

nuove indagini della Conferenza episcopale jugoslava. Il 9 gennaio 1987 il presidente di

quest’ultima il cardinale Franjo Kuharic e l’ordinario di Mostar Zanic annunciarono la formazione

di un’altra commissione composta da quindici membri, che si riunì 23 volte a Zagabria e terminò i

lavori il 10 aprile 1991 confermando il verdetto di quella precedente: “ sulla base delle ricerche sin

qui compiute, non è possibile affermare che si tratta di apparizioni e di fenomeni soprannaturali” e

quindi i vescovi si impegnarono a continuare a seguire gli eventi. Tali prospettive non

rappresentarono una condanna del fenomeno ma neanche una sua approvazione. Saverio Gaeta nel

suo quarto libro, su questo argomento, scrisse che l’emissione del giudizio definitivo della Santa

Sede fu sospeso, come nel caso di altri eventi simili, fino alla cessazione delle apparizioni mentre

in un’intervista del 20 ottobre 1989 al giornalista irlandese Kieron Wood il vescovo Zanic affermò

che a Los Tequis, in Venezuela, pur continuando le apparizioni mariane, l’ordinario del luogo si

pronunciò ufficialmente a favore di queste ultime già nel novembre 198797.

Secondo lo studioso Salvatore Perrella la lunga durata delle apparizioni di Medjugorje non è, come

invece ha affermato il cardinale Bertone, un evento anomalo nella storia delle mariofanie e quindi il

fenomeno che prosegue nel villaggio dell’Erzegovina a suo avviso non può essere considerato un

96 K. JUAREZ, La Madonna di Medjugorje i suoi messaggi, le guarigioni miracolose, le testimonianze, la posizione ufficiale della Chiesa: perché è vera, perché appare, Milano, Albero, 1987 , pp 38- 40. 97 CORVAGLIA, Medjugorje è tutto falso, cit., pp. 170 –174.

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elemento valido per esprimere un giudizio negativo su queste visioni dal momento che le

mariofanie avvenute a Laus, in Francia durarono 54 anni e furono approvate dalla Santa Sede98.

Secondo padre Livio Fanzaga il fatto che le apparizioni durino da molti anni è da collegare al

periodo storico attuale estremamente pericoloso per il fatto che l’umanità rischia di distruggersi

poiché esclude Dio dalla propria vita. Questo pericolo, secondo quanto dichiarato dai veggenti,

viene descritto dalla Gospa in diversi messaggi che, secondo Fanzaga, sono in sintonia col concetto

di “massima impostura” anticristica espresso nel Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 675) e con i

pericoli riferiti anche da papa Giovanni Paolo II nella preghiera di consacrazione del millennio alla

santa Vergine99.

Dal 2010 papa Benedetto XVI ha istituito una commissione guidata dal cardinale Camillo Ruini che

in futuro esprimerà un parere alla Congregazione per la Dottrina della Fede. La commissione ha già

ascoltato tutti i veggenti e dovrebbe concludere i lavori entro la fine del 2012100.

Secondo il quotidiano “Il Giornale” la commissione sarebbe composta da una ventina di membri tra

i quali l’arcivescovo di Sarajevo Vinko Pulijc, l’ordinario di Zagabria Julian Herranz (ex presidente

del Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi), il gesuita e psicologo francese

Tony Anatrella, altri esperti di mariologia e alcuni laici. La notizia più significativa sarebbe

l’assenza dell’attuale vescovo di Mostar Ratko Peric da sempre fortemente contrario verso queste

apparizioni101.

Al di là delle posizioni contrarie o favorevoli rispetto al fenomeno furono varie le volte, ricordate

dall’attuale vescovo di Mostar Ratko Peric, in cui il Vaticano entrò nel merito della questione sin

dai primi tempi; nel 1985 monsignore Bavone ordinò alla Conferenza episcopale italiana di vietare i

pellegrinaggi ufficiali nella zona interessata dalle apparizioni; dieci anni più tardi il cardinale

Bertone inviò una epistola in Francia al Vescovo di Langres monsignor Leone Taverdet, nel 1996

all’arcivescovo di Besançon, monsignor Luciano Daloz e il 26 maggio 1998 all’ordinario di

Réunion monsignor Gilberto Aubry, affermando la contrarietà della Chiesa ai pellegrinaggi se

organizzati in modo da presupporre l’approvazione del fenomeno in violazione, così, della

dichiarazione della Conferenza episcopale jugoslava102.

Il cardinale Christoph Schonborn, primate d’Austria, commentò la lettera inviata a quest’ultimo

affermando che i vescovi avrebbero dovuto prendersi cura di Medjugorje difendendola dai pericoli

tipici dei luoghi di culto e accogliere i buoni frutti ai quali disse di credere esprimendo, da vescovo,

98 PARELLA, Le mariofanie per una teologia delle apparizioni, cit., p. 163. 99 FANZAGA, Perché queste apparizioni non hanno fine, cit., p.12. 100 A. TORNIELLI, Da Medjugorje al Palavela un esercito di fedeli, in “La Stampa”, 12 Maggio 2012, 146, n.130, p. 67. 101 A. TORNIELLI, Miracoli a Medjugorje? Pronta ad indagare una task force del papa, in “Il Giornale”, 18 marzo 2010, 37, n. 65, p. 22. 102 ASCHERI, L’imbroglio di Medjugorje cit., p. 112.

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un giudizio morale103. Egli accolse nella sua diocesi più volte i veggenti e si recò, nel 2009,

pubblicamente sul posto celebrando l’eucaristia e partecipando a celebrazioni pubbliche.

Nel 1984 l’allora cardinale Joseph Ratzingher, prefetto della Congregazione per la Dottrina della

Fede, col giornalista Vittorio Messori scrisse un libro intitolato: “Rapporto sulla fede” in cui il

futuro papa affermò che “nessuna apparizione è indispensabile alla fede, la Rivelazione; è terminata

con Gesù Cristo, Egli stesso è la Rivelazione”; tuttavia Dio ancora oggi può manifestarsi in questo

nostro tempo “attraverso persone semplici e anche per mezzo di segni straordinari che denuncino

l’insufficienza delle culture che ci dominano, marchiate di razionalismo e positivismo”104.

In un’intervista sul giornale “Eco di Maria” il cardinale Shonborn ribadì la sua posizione su

Medjugorje sottolineando in particolare i buoni frutti da lui constatati: la fede, la gioia, la

conversione, la riscoperta della dimensione sacramentale e l’aumento delle vocazioni alla vita

religiosa. Egli concordò col Vaticano nel suo atteggiamento fortemente prudente per non avere

voluto pronunciarsi, in modo definitivo, fino al termine delle apparizioni.

Nel 2004, la giornalista del mensile cattolico tedesco “Politik und Religion”, Marie Czernin

intervistò monsignore Pavel Hnilica vescovo di Rusado e stretto amico di Giovanni Paolo II. Egli

raccontò di avere avuto modo di parlare col santo padre di Medjugorje nel 1984 e di avergli

consigliato di andarci in incognito; il vescovo disse poi di avere parlato nuovamente col papa

quattro anni più tardi quando, il primo agosto, il pontefice ricevette, sempre nella sua residenza

estiva, una commissione medica di Milano, alla quale affermò l’importanza del rispetto della

posizione contraria dell’ordinario di Mostar, il quale avrebbe dovuto rendere conto a Dio del modo

con cui aveva affrontato la questione riconoscendo, invece, che molti pellegrini recandosi in quel

luogo, riscoprirono la propria fede. Durante l’intervista il prelato affermò che fu invitato a un

incontro di preghiera e un giornalista gli chiese se il fenomeno in corso nell’Erzegovina potesse

avere una natura diabolica; egli rispose negativamente in quanto affermò che né a Lourdes né a

Fatima si verificò un così grande numero di confessioni, tanto da definire Medjugorje come il

“confessionale del mondo”. Karol Woytila disse al suo interlocutore di ritenere forte il legame con

le apparizioni della santa Vergine a Fatima e seppe che, durante la guerra di Bosnia, il piccolo

villaggio dell’Erzegovina e la città di Spalato non furono interessate dalle ostilità (questo evento fu

interpretato come un segno della protezione della Gospa). Il vescovo, nell’ultima parte

dell’intervista affermò che il mancato pronunciamento ufficiale della Chiesa era ritenuto un fatto

positivo poiché se la Santa Sede avesse avuto una forte contrarietà verso il fenomeno ancora in

103 . http://www.radiomaria.it/documenti/dwnl.php?id=1290104 RATZINGER - MESSORI, Rapporto sulla fede, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1985, p.112.

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corso, avrebbe indubbiamente bloccato ufficialmente i milioni di fedeli che ogni anno vi si

recano105.

Giovanni Paolo II fu un papa di grande impronta mariana come affermò sia il suo stemma

episcopale che fu lo stesso di quello pontificio rivolto alla Madonna “Totus tuus”, sia nei suoi

discorsi e nelle encicliche (come la “Redemptoris Mater”)106.

L’arcivescovo di Perpignan, in Francia, monsignore Jean Chabbert dichiarò: “Io so per certo che il

Papa è convintissimo dell’autenticità di Medjugorje”.

L’arcivescovo di Belgrado, monsignor Frank Perko, affermò che “non è vero che a Medjugorje non

avviene nulla di soprannaturale”.

L’arcivescovo di Edimburgo, il cardinale Gray, affermò che il pontefice decise di indire l’anno

mariano, nel 1983, per i messaggi di Medjugorje che egli ritenne veritieri dal momento che vi

furono, sin dall’inizio, numerosi frutti.

Il cardinale Tomasek affermò che il papa, in sua presenza, disse che se non avesse avuto tale

incarico sarebbe andato a confessare a Medjugorje. La stessa frase fu ripetuta da lui alla veggente

Mirjana, secondo quanto ella riferì al termine dell’udienza privata, durata circa venti minuti nel

1987.

Uno dei vescovi croati che incontrò Giovanni Paolo II in Vaticano nel 1995 raccontò che durante il

dialogo l’ex vescovo di Mostar monsignore Zanic chiese al papa quando sarebbe andato a Sarajevo

e il suo interlocutore, con una pronta battuta rispose: “oh pensavo mi chiedesse quando viene a

Medjugorje?”.

Il 6 aprile 1995 una delegazione croata guidata dal vicepresidente del paese Radic e dal cardinale

Kuharic fu ricevuta dal pontefice. Terminata la lettura del discorso ufficiale egli disse ai presenti di

volere andare in pellegrinaggio a Spalato, a Maria Bristrica e a Medjugorje.

Il 5 agosto 1988 il vescovo di San Angelo in Texas monsignore Micheal D. Pfeir, scrisse una lettera

pastorale alla sua diocesi intitolata “Il Vangelo, Maria e Medjugorje”, nella quale affermò che in

una conversazione privata a cui parteciparono anche altri cardinali del paese chiese al papa un

giudizio personale su Medjugorje ed egli ne parlò molto positivamente.

Il 12 aprile 1997 Giovanni Paolo II non andò a Medjugorje ma a Sarajevo chiedendo comunque da

subito e per tutto il suo soggiorno, informazioni dettagliate sul villaggio dell’Erzegovina ascoltate

con vivo interesse, a padre Tomislav Pervan (provinciale dell’Erzegovina) e ricevette un regalo dal

santuario di san Giacomo.

105 http://www.radiomaria.it/documenti/dwnl.php?id=1199 106 CANIATO - SANSONETTI, Maria, alba del terzo millennio, cit., p. 377.

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Durante la preghiera nella cattedrale della capitale bosniaca per due volte invocò la protezione della

“Regina della Pace”.

A Medjugorje, nella cappella della comunità “Oasi della Pace”il 12 aprile 1997 un centinaio di

italiani partecipò a un momento di preghiera e all’apparizione della Gospa a Marja. La veggente al

termine della visione, testimoniando davanti ai presenti, affermò la presenza di una stretta

correlazione tra i messaggi del 25 del mese e le riflessioni del santo padre in quanto egli fu

considerato dalla santa Vergine, suo “figlio prediletto” . Per esempio il 25 settembre 2001,

all’indomani della tragedia negli Stati Uniti dell’11 settembre, la Madonna invitò a pregare e a

digiunare poiché il demonio voleva portare nel mondo la guerra e l’odio. Giovanni Paolo II

nell’Angelus di pochi giorni dopo, (domenica 30 settembre) invitò tutti a recitare il rosario

quotidianamente per la pace.

Il 22 marzo 1995 la veggente Vicka accompagnò in udienza dal papa i 350 feriti e invalidi di guerra

croati e bosniaci e fu incaricata di tradurre ai suoi connazionali le parole dette dal pontefice il quale

si avvicinò a lei e riconoscendola accettò in dono una corona del rosario. Il pontefice ringraziò, la

benedisse e le disse: “Tu prega la Madonna per me e io pregherò per te”.

Nell’agosto 1989 l’arcivescovo di Sant’ Antonio, negli Stati Uniti, chiese al papa come comportarsi

davanti al grande numero di persone in partenza per un pellegrinaggio presso il villaggio

dell’Erzegovina ed egli rispose di lasciarli andare chiedendogli preghiere per la sua persona e per il

suo ministero di successore di Pietro.

L’arcivescovo di Pescara, monsignore Francesco Cuccarese rivolse al santo padre la stessa

domanda ottenendo una risposta identica cioè di pieno consenso.

Il 17 giugno 1992 padre Jozo incontrò il papa il quale gli disse: “Coraggio! Io sono con voi!

Abbiate cura di Medjugorje, non stancatevi, ma perseverate. Proteggete Medjugorje”.

Durante il congresso eucaristico di Bologna nel 1997 l’ex nunzio apostolico in Bulgaria,

monsignore Mario Rizzi, affermò che nel 1996 partecipò, con monsignore Roberto Cavallero di

Chiavari, ad una messa privata celebrata dal santo padre. Il papa, sapendo che quest’ultimo era

appena tornato da Medjugorje, gli chiese una sua opinione rispetto all’eventuale veridicità degli

eventi ma lui non rispose rigirandogli il medesimo quesito al quale Giovanni Paolo II disse: “Ci

credo, ci credo, ci credo!”.

Monsignore Cavallero raccontò, invece, di avere dichiarato al papa il proprio parere positivo; il

santo padre gli rispose, con una battuta, affermando la necessità di convertire i vescovi.

La suora polacca che si occupò degli alloggi del papa affermò che egli leggeva regolarmente

l’opuscolo intitolato “L’eco di Medjugorje” tradotto in polacco.

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Padre Slavko e padre Leonard Orec interpretarono l’appello del pontefice, espresso durante

l’Angelus del 14 marzo 1993, a pregare, a digiunare e ascoltare i messaggi della Madonna, come un

implicito riferimento a Medjugorje.

L’arcivescovo di Asuncion in Paraguay, monsignor Felipe Santiago Benitez fu fortemente indeciso

se consentire, senza le dovute autorizzazioni del vescovo di Mostar e del provinciale dei frati minori

francescani, gli incontri di preghiera di padre Slavko in Sudamerica e così, trovandosi in Vaticano,

nel novembre 1994 chiese chiarimenti in merito al papa il quale rispose decisamente: “Autorizzate

tutto ciò che riguarda Medjugorje”. Dopo questa frase il cardinale chiamò i centri per la pace e

diede il suo consenso spiegando anche le motivazioni che lo spinsero a cambiare idea. In tale modo

la testimonianza degli eventi del santuario dell’Erzegovina e dei messaggi della Gospa arrivarono in

otto paesi.

Il settimanale della diocesi di Treviso “La vita del popolo” nel numero del primo febbraio 1987

scrisse che il vescovo della città, monsignore Antonio Mistrorigo affermò che il papa gli mostrò di

essere informato in modo approfondito sugli eventi del santuario di san Giacomo e di non avere

nulla in contrario rispetto ai pellegrinaggi.

Il 15 novembre 1996 suor Emmanuel, con fratel Ephraim fondatore della sua comunità delle

“Beatitudini” furono ricevuti in Vaticano insieme ad altre 30 persone. Il papa salutò ciascuno

personalmente dando la sua benedizione e quando arrivò alla religiosa ella le disse che trascorse gli

ultimi sette anni a Medjugorje e ribadiva che la sua principale mansione era quella di diffondere i

messaggi della Gospa mediante cassette, trasmissioni, libri e conferenze. Giovanni Paolo II fu molto

sorpreso e la benedisse una seconda volta. Successivamente egli si soffermò sui libri per bambini

scritti dalla suora e fu così che arrivò su di lei una terza benedizione.107.

Il cardinale Frantisek Tomasek , arcivescovo di Praga noto nel mondo per le violenze subite per la

difesa della fede cattolica, affermò in una testimonianza pubblicata nel 1990 da padre Slavko, la sua

profonda convinzione sia della veridicità degli eventi in corso nel villaggio dell’Erzegovina e sia di

quella della convinzione della stretta connessione con le apparizioni di Lourdes e di Fatima. Il

prelato venne a conoscenza di molti gruppi di credenti che, tornando dal loro pellegrinaggio,

pregarono in modo fervoroso e iniziarono a digiunare secondo le indicazioni della Gospa. In una

intervista precedente che egli concesse il 21 novembre 1987 a un giornale tedesco, invitò i sacerdoti

a fare personalmente questa esperienza.

Alla fine del 1998 l’arcivescovo metropolita slovacco Jan Sokol di Trnava (già stato a Medjugorje),

il vescovo greco cattolico Juan Hirka di Presov e quello di Kosice Alojz Tkac mandarono una

107 Ibid., pp. 383 –395.

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lettera agli uffici parrocchiali del santuario di san Giacomo per invitare i veggenti nelle loro diocesi.

Il veggente Ivan partecipò, così, in Slovacchia a un incontro di preghiera nel marzo 1999.

Monsignore Tadeusz Werno, vescovo della diocesi polacca di Koszalina, fu convinto a recarsi in

pellegrinaggio parlando con un parroco di Podstrzela, cittadina nel nord della Polonia. Il prelato

ammise che i racconti delle persone rientrate a casa dalla parrocchia di san Giacomo non fecero che

confermare l’idea che questo luogo fosse di particolare grazia; egli affermò di avere visto molte

persone avvicinarsi al sacramento della riconciliazione e comunicarsi affermando così che le

apparizioni nutrirono da sempre la vita di fede.

Il primate di Polonia, il cardinale Josef Glemp, il 13 ottobre 1986 a Fatima citò anche il santuario di

Medjugorje tra i maggiori al mondo. Nello stesso mese il cardinale dell’Ecuador il francescano

Bernardino Echeverria Ruiz, a Quito partecipando alla conferenza mariana disse: “la mia presenza

qui desidera confermare la mia convinzione che, per rinnovare la Chiesa, l’impulso viene dai gruppi

di Medjugorje, in Ecuador e nel mondo intero”.

L’arcivescovo emerito di Ravenna, il cardinale Ersilio Tonini, durante l’intervista prefazione al

libro scritto da Luciano Moia intitolato “Parola di Maria” (Ed. Segno. 1996) rispose al quesito se

fossero da considerare un miracolo i frutti di Medjugorje: pur valorizzando la prudenza della Chiesa

nell’esprimere un giudizio definitivo sul fenomeno e rispettando i dubbi del vescovo di Mostar,

disse che le apparizioni iniziate il 24 giugno 1981 nel villaggio dell’Erzegovina, sono un grande

dono del Signore.

Una opinione decisamente più favorevole fu quella del cardinale Giuseppe Siri, a lungo arcivescovo

di Genova, che disse a monsignore Hnilica nel 1989 che i pellegrini rientrati da Medjugorje

intensificarono la preghiera e la vita sacramentale formando appositi gruppi che espandendosi

avevano iniziato a rinnovare tutta la Chiesa universale e tramite apposite conferenze riuscirono a

portare in loco nuove persone. Il medesimo prelato il 10 aprile 1987 in un’intervista al quotidiano

“Il resto del Carlino” stupito disse: “Io posso solo dire che vedo ritornare da Medjugorje con la

corona del rosario in mano molti che erano partiti da Genova come non credenti”.

Monsignor John Magee, già segretario di papa Giovanni Paolo II affermò in un’intervista in

Canada, la sua assoluta certezza nella veridicità delle apparizioni nella località dell’Erzegovina.

Alla fine del 1987 il vescovo della città scozzese Motherwell, monsignore Joseph Devine, affermò

di vedere l’autenticità della testimonianza dei sei veggenti mediante i frutti e fece un paragone con

gli eventi di Lourdes dove la popolazione locale, successivamente alle visioni di Bernadette, visse

in modo pagano mentre nel villaggio dell’Erzegovina, molti abitanti non deviarono mai dalla strada

della salvezza.

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La veggente Marja Pavlovic raccontò che, nella sua casa a Medjugorje il 19 marzo 1987, ricevette

la visita inaspettata di monsignore Luigi Giussani, che costituì il movimento cattolico “Comunione

e Liberazione” e di don Giacomo Martinelli iniziatore della comunità “Casa di Maria” che si

occupò dell’accoglienza dei pellegrini nei più rilevanti santuari mariani del mondo. Il dottore

Antonacci, che fu presente all’incontro, affermò che esso durò a lungo e mentre Marja si allontanò

in cucina per preparare un caffè, fu chiesto a don Giussani un parere sulla veggente ed egli disse: “

Ma che bisogno c’è di farle tanti test? Guardate in faccia questa ragazza, guardate i suoi occhi, il

suo sguardo, non c’è ombra di falsità in lei”.

L’opuscolo “Eco di Medjugorje” n. 38 dell’8 marzo 1987 riferì che monsignore Francesco Carboni,

vescovo di Macerata, affermò di essersi recato in pellegrinaggio in quell’anno e che confessò

ininterrottamente per due giorni senza cercare né i sacerdoti e nemmeno i veggenti. Tutto ciò gli

bastò per convincersi della veridicità degli eventi. Durante il suo soggiorno nella cittadina

dell’Erzegovina fu intervistato da una rivista austriaca alla quale disse che, tornato a casa, avrebbe

detto ai suoi sacerdoti che per comprendere gli eventi di Medjugorje, sarebbe stato necessario

mettersi a disposizione per confessare i pellegrini.

Monsignore Mario Cecchini già vescovo di Fano, dedicò la sua permanenza, nell’agosto 2001, alle

confessioni e celebrò la messa solenne dell’Assunta il 15 agosto, per gli italiani.

Il vescovo di Chiavari, monsignore Daniele Ferrari, dichiarò nel 1986 la necessità di accogliere e

concretizzare i messaggi della Gospa, inserendoli addirittura tra le fonti della Rivelazione di Dio e

nell’insegnamento della Chiesa in quanto potrebbero correggere molti programmi pastorali lontani

dall’orazione, dalla penitenza mediante il digiuno e dall’azione del Paraclito.

Il nunzio apostolico a Dublino, l’arcivescovo Gaetano Alibrandi, affermò di avere percepito a

Medjugorje un forte sostegno spirituale e una notevole consolazione.

Il cardinale dell’Uganda Emmanuel Wamala si recò nel villaggio dell’Erzegovina nei primi giorni

di giugno del 1995; rientrato a casa inviò una epistola ai suoi frati affermando la propria

soddisfazione.

Nel maggio dello stesso anno fu la volta del cardinale Jean Margéot vescovo emerito di Port Louis

che, prima di rientrare a casa, espresse la sua soddisfazione ai sacerdoti della parrocchia di san

Giacomo.

Nel 1987 un prelato dell’Austria, monsignore Kurt Knotzinger affermò che Medjugorje

rispecchiava perfettamente i contenuti espressi nel vangelo.

In Austria il vescovo di Salisburgo, dopo avere partecipato all’incontro col papa a Maribor in

Slovenia il 19 settembre 1999, partì in modo ufficioso, il giorno successivo, per la Bosnia e affermò

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che la testimonianza dei veggenti e ciò che ne conseguì fu molto positivo perché diede un

contributo a risvegliare alcuni precetti dimenticati dalla Chiesa.

Dal 24 al 28 ottobre 1999 andò in pellegrinaggio, con diversi fedeli, il vescovo di Gayana in

Venezuela. Egli disse che durante il soggiorno percepì una forte presenza soprannaturale e fu molto

colpito per le conversioni.

A fine settembre del 2000 si recò l’ex ordinario della diocesi di Bruxelles e in quell’anno arrivarono

altri a Medjugorje da diversi paesi come India, Messico, Filippine e Kenya. Durante l’undicesimo

festival dei giovani monsignore Robert Rivas vescovo di Saint Vincent, Grenada e di Kinngstown il

3 agosto 2000 rivolse un saluto ai migliaia di giovani presenti.

Dal 6 al 10 agosto 2000 si recò in loco il vescovo di Seul Paul Tim Tchang- Ryeol accompagnato

da tre sacerdoti della sua diocesi per pregare sia per la sua chiesa e sia per la pace tra le due Coree.

Il primo marzo 1998 andò nel santuario di san Giacomo monsignore Edwin O’Brien ordinario

militare americano cioè l’arcivescovo responsabile di tutte le forze armate degli Stati Uniti dal

settembre 1997. Egli affermò che girando in diverse parti del mondo, sentì sempre elementi positivi

sul piccolo villaggio dell’Erzegovina soprattutto molte persone capirono l’importanza della propria

conversione a Dio.

Nel 1998 giunse in loco anche il presidente della Conferenza episcopale giapponese monsignore

Stephen Fumio Humao ma anche, a fine del 2001 quello a riposo di Taipei e l’ordinario della

diocesi vietnamita di Bac Ninh monsignore Jospeph Nguyen Quang Tuyen tra il 16 e il 18 marzo

2002. Tutti e tre furono entusiasti dei loro pellegrinaggi e cercarono di stimolare le loro diocesi a

comportarsi sulla base della profonda esperienza di fede realizzata presso il noto santuario

dell’Erzegovina.

Il vescovo di Liverpool andò in loco per due settimane; guidò due gruppi di pellegrini, confessò

numerosi fedeli e sottolineò la particolarità di Medjugorje cioè quella della conversione e del

rinnovamento del cuore.

Dall’8 al 15 maggio 1997 arrivarono tre vescovi dell’Uganda. Essi prima di partire chiesero

l’autorizzazione al nunzio apostolico del loro paese monsignor Luis Robles Diaz il quale rispose:

“il Papa non si esprime pubblicamente su Medjugorje ma voi andateci pure”.

Nei primi giorni del luglio del 1996 giunse il vescovo uruguayano , monsignor Raul Horacio

Scarpone Carcero, il quale confessò e celebrò anche la messa serale.

Nel febbraio 1995 il vescovo argentino Ruben H. Di Monte affermò di essere giunto sul posto dopo

averne sentito parlare in seguito alla conversione di due suoi parenti, uno comunista e l’altro

fascista. Egli affermò la profondità evangelica dei messaggi della santa Vergine, la conversione dei

fedeli mediante una ripresa notevole della vita sacramentale e il culmine di un percorso di salvezza

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per l’intera umanità iniziato dalla Madonna nell’apparizione a Parigi a Rue du Bac nel 1830. Egli

riconobbe che i messaggi della Gospa, tutti riferiti alla preghiera, alla conversione del cuore e al

digiuno, continuano a essere l’unico mezzo dato da Dio per raggiungere la pace autentica.

Il primate d’Australia, il cardinale Edward Bede Clancy chiese a tutti i vescovi dell’Oceania di

consentire, a padre Slavko e al veggente Ivan, di recarsi nelle loro diocesi per dare testimonianza.

Essi, nel gennaio 1993, incontrarono 150.000 persone. Pochi anni prima il vescovo australiano della

diocesi di Bunbury dichiarò di amare Medjugorje in quanto affermò di avere visto molti giovani

recitare il rosario in un contesto puramente eucaristico.

Molti vescovi accolsero i veggenti; monsignore Hnlica si recò in Russia, con la veggente Marja, nel

1991 e negli Stati Uniti soltanto nel 1993 si svolsero più di 100 conferenze dedicate alla Gospa.

Nel 2001 monsignore Antunez de Mayolo responsabile dell’arcidiocesi peruviana di Ayacucho

dichiarò di essere venuto a Medjugorje poiché esortato da sua cugina, residente in Germania,

rimasta entusiasta dopo il suo pellegrinaggio. Egli fu colpito positivamente dalla fede, dalle

numerose confessioni per cui lui stesso si rese disponibile, per la partecipazione intensa

all’eucaristia. Tali fattori fecero promettergli di diventare “l’apostolo” di Medjugorje in Perù in

quanto fu colpito dal clima di profonda devozione che si respirò presso il santuario di san Giacomo.

L’arcivescovo emerito di Napoli, nel novembre 2001, il cardinale Corrado Ursi, affermò di avere

pregato con la veggente Marja e di avere assistito all’apparizione quotidiana del giorno 22. Egli,

nonostante i suoi 94 anni, percorse i 1450 chilometri per raggiungere l’Erzegovina accompagnato

da un altro sacerdote molto devoto conosciuto in Campania per la lotta all’usura il gesuita padre

Massimo Rastrelli.

Nel medesimo periodo giunse il vescovo canadese Denis Croteau il quale dichiarò di avere avuto

notevoli benefici, nel suo ministero, dopo ogni pellegrinaggio. Egli si recò sul posto in incognito

“mimetizzandosi” tra la gente, come un qualunque pellegrino, guidando un gruppo di 73 fedeli

affermò di essere rimasto molto colpito positivamente e prima di rientrare a casa affermò la propria

volontà di ritornare, sempre privatamente, ma come vescovo. In Canada egli incoraggiò a

organizzare un secondo viaggio, che durò poco più di una settimana, durante il quale fu colpito

dall’atmosfera intensa di preghiera e dal fatto che i veggenti parlassero esclusivamente della

conversione del cuore a Dio mediante la preghiera e delle opere di carità anche materiale come il

sostegno alle persone più bisognose.

Accanto ai prelati cattolici si recarono anche quelli anglicani; dal 30 agosto al 3 settembre del 2000

si recò pure il vescovo inglese Micheal Marshal.

Il 2 novembre 2001 il quotidiano “Puglia” ricordò la profonda devozione del vescovo di Molfetta

don Tonino Bello.

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Secondo l’opuscolo “Eco di Medjugorje del febbraio 1989 madre Teresa di Calcutta scrisse sul n.6

di “Medjugorje- Vienna” del 1987 che per raggiungere la santità richiesta da Gesu vi fu da sempre

un unico modo e cioè quello di imitare l’umiltà di Maria e che la purificazione del cuore per vedere

Dio passò, in ogni epoca storica, dalla preghiera e dal digiuno. Poi confidò di desiderare fortemente

la possibilità di recarsi a Medjugorje dove molti pellegrini si convertirono108.

Monsignore Domenico Sigalini, ordinario della diocesi di Palestrina (località vicino Roma),

assistente ecclesiastico generale dell’Azione Cattolica italiana confermato da Benedetto XVI fino al

2013, scelto dal papa per la preparazione della Giornata Mondiale della Gioventù a Parigi, Roma,

Denver, Manila e Toronto, tenne una catechesi durante il meeting dei giovani a Medjugorje nella

prima settimana di agosto del 2011. Secondo il giornalista Paolo Brosio “la presenza di Sigalini è da

sottolineare in modo particolare perché si è trattato dell’unico vescovo presente ufficialmente a

questa manifestazione giovanile di carattere internazionale e, addirittura, nei panni di relatore”109.

Padre Livio Fanzaga, direttore di “Radio Maria” sul sito internet dell’emittente, sintetizzò le

disposizioni della Santa Sede citando il libro scritto dal cardinale Tarcisio Bertone intitolato

“L’ultima veggente di Fatima” la cui prefazione fu scritta da papa Bendetto XVI. L’alto prelato

affermò che le opinioni di monsignore Peric non furono considerate un giudizio della Chiesa ma

un’opinione puramente personale, sottolineò la necessità di attenersi alla Dichiarazione di Zara del

10 aprile 1991 dove si ammise la non soprannaturalità dell’evento ritenendo necessarie ulteriori

indagini. Il Vaticano, non accogliendo il contenuto sostenuto dall’ordinario di Mostar, affidò

l’analisi del caso alla Conferenza episcopale della ex Jugoslavia la quale promise nuovi

accertamenti (non esprimendo pertanto un giudizio negativo). Bertone nel suo libro affermò la

possibilità di organizzare i pellegrinaggi, in modo privato, da fedeli o da agenzie laiche, anche con

l’accompagnamento dei sacerdoti (utili per il sacramento della confessione) poiché questa località

fu ritenuta luogo di culto in cui rientrò, come altre nel mondo, la possibilità di esprimere qualunque

forma devozionale110.

Uno degli aspetti di cui l’autorità ecclesiastica tenne conto fu il grande numero di pellegrini

presenti fino dai primi anni.

Secondo il cronista Paolo Brosio oggi Medjugorje può ospitare fino a 45.000 pellegrini. Se questo

numero fosse maggiore alcuni di loro sarebbero costretti ad alloggiare in alcune città limitrofe111.

Il giornalista Stefano Biavaschi riferì che sulla base dei dati ufficiali della parrocchia, nel 1985

vennero distribuite 482.200 comunioni mentre l’anno dopo divennero 583.400 e nel 1987 804.400

108 CANIATO - SANSONETTI, Maria, alba del terzo millennio, cit., pp. 357- 375. 109 BROSIO, Viaggio a Medjugorje, cit., pp 302-303. 110 T. BERTONE - G. DE CARLI, L’ultima veggente di Fatima i miei colloqui con suor Lucia, Milano, Rai Eri Rizzoli, 2007, pp. 103-106. 111 BROSIO, Viaggio a Medjugorje cit., p.85.

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per giungere nel 1990 a 1.373.850 con 34.147 celebranti. L’anno precedente visitarono il piccolo

villaggio dell’Erzegovina 15 vescovi.

Il 25 giugno 1991 la Croazia e la Slovenia si distaccarono dalla Jugoslavia e iniziò il sanguinoso

conflitto; comunque in quell’anno vi furono distribuite 550.300 comunioni e la santa messa fu

celebrata da 15.273 sacerdoti. Il 1992 fu l’anno in cui, negli ultimi vent’anni, furono distribuite il

minor numero di comunioni: 32.600 e 3422 sacerdoti celebranti. Negli anni successivi si avviò una

lenta ripresa. Il 3 luglio 2001 vi fu il sesto incontro internazionale per i sacerdoti intitolato: “ Il

sacerdote, a servizio della divina Misericordia” al quale furono presenti 210 presbiteri, un diacono

permanente e molti seminaristi.

Nel giorno di Pentecoste di quell’anno fu celebrata una messa solenne in arabo e in greco,

presieduta dall’arcivescovo di Tripoli monsignor Georges Riashi, a conclusione del pellegrinaggio

di alcuni monaci libanesi accompagnati dal superiore del loro ordine l’abate Nicolas Hakim.

Il 25 giugno 2001, ventesimo anniversario delle apparizioni, vi furono 273 presbiteri sull’altare per

la celebrazione eucaristica e migliaia di pellegrini giunti da diverse parti del mondo tra cui Corea,

America, Brasile, India, Australia, Giappone, Carabi, Emirati Arabi Uniti.

Dal 19 al 23 luglio fu organizzato, dal missionario indiano padre James Manjacka il seminario per

la guarigione interiore; 5000 fedeli parteciparono alla sua predicazione diurna e 10 000 a quella

serale.

Furono 10.000 i giovani, accompagnati da 300 sacerdoti, che parteciparono dal 31 luglio al 6 agosto

di quell’anno al dodicesimo incontro internazionale dei giovani.

Attorno al 15 agosto arrivò presso il santuario il francese Florence Stefani che, partendo da

Grenoble, realizzò il pellegrinaggio in bicicletta.

Il noto cantante latino americano di origine messicana Emmanuel, ad agosto, ritornò a Medjugorje

per la quarta volta affermando la presenza di un grande clima di pace. A ottobre giunse il

responsabile della emittente televisiva privata del Brasile “Redevida” per consacrare tutti i

lavoratori alla Gospa. Dal 27 novembre al 22 dicembre arrivarono alcuni pellegrini ortodossi da

Mosca per partecipare a dei ritiri spirituali.

Nel villaggio dell’Erzegovina nel 1996 si esibì, in onore del quindicesimo anniversario delle

apparizioni, il tenore Josè Carreras con Cecilia Gasdia e il primo maggio 2002 giunse il pianista

croato Ivo Pogorelic.

Il 29 agosto 1999 fu presente pure l’ex capo dello stato italiano Francesco Cossiga il quale partecipò

alla messa dedicata agli italiani e dichiarò di essere molto legato ai croati sottolineando come il

santuario dell’Erzegovina fosse stato preservato miracolosamente dalla guerra.

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Dal 6 al 10 agosto 2000 non mancarono qui la principessa Matilde di Belgio e il principe ereditario

Filippo che si definirono molto entusiasti del loro viaggio. Tra le altre teste coronate si segnalò il

pellegrinaggio dell’arciduca Otto d’Asburgo e suo figlio Karl che il 23 aprile 1995 parteciparono,

con alcuni membri della missione di pace della Comunità Europea e della famiglia, alla santa

messa.

La principessa Filona d’Asburgo disse che quando a Medjugorje salì sul mone Krizevac si sedette

su una pietra e mentre guardò dall’alto la parrocchia di san Giacomo vide il suo tetto aprirsi per

consentire al cielo di riversarvi al suo interno; da tale evento ella dichiarò di essersi convertita e

rimase molto tempo in loco svolgendo lavori di segreteria presso gli uffici parrocchiali mettendo a

disposizione le sue conoscenze linguistiche apprese durante gli anni di vita mondana112.

L’ex parroco di Medjugorje padre Jozo Zovko riferì, durante l’incontro di preghiera del 6 aprile

2008 a Milano curato dall’associazione “Mir I Dobro”, di avere conosciuto personalmente l’ex

primo ministro britannico Tony Blair che da poco si era convertito al cattolicesimo sia tramite sua

moglie fortemente cattolica e molto devota verso la Gospa e sia tramite l’incontro con Robert

Hutely convertitosi a Medjugorje con la moglie.

Blair organizzò una conferenza nella cattedrale di Westminster, a Londra, nella quale sottolineò

l’importanza della religione per tutta l’umanità e si espresse contro il laicismo. Inoltre l’ex premier

britannico creò la “Fondazione Tony Blair per la fede”.

Il giornalista Antonio Socci affermò che la veggente Marja Pavlovic dichiarò, in diverse occasioni,

che il presidente americano Reagan si mise in contatto con lei nell’ottobre 1987, pochi mesi prima

della firma dell’accordo che terminò la crisi missilistica con l’Unione Sovietica, per chiederle di

pregare.

Marja affermò successivamente di avergli scritto una lettera per incoraggiarlo a prendere decisioni

rilevanti per la pace mondiale. La veggente affermò di avere saputo successivamente da Reagan di

essersi sentito spronato a siglare l’importante accordo con Mosca. Inoltre egli le disse che, con sua

moglie, pregò e digiunò per queste intenzioni secondo le disposizioni della Gospa e che decise di

portare con sé al colloquio con Gorbacev la sua lettera che fu letta anche dal presidente russo. In

seguito la veggente dichiarò di avere ricevuto una busta nella quale Reagan la ringraziò.

La Gospa, come già detto, affermò in uno dei suoi messaggi che a Medjugorje avrebbe concluso il

piano iniziato nelle apparizioni di Fatima. Il collegamento tra queste visioni, secondo quanti

aderiscono a questi culti, fu dimostrata da alcune coincidenze.

Antonio Socci affermò che nel 1959 papa Giovanni XXIII lesse il contenuto del terzo segreto di

Fatima ma decise di segretarlo.

112 CANIATO - SANSONETTI, Maria, alba del terzo millennio, cit., pp. 64 – 68.

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L’11 ottobre 1962 papa Roncalli, aprendo i lavori del Concilio Vaticano II, derise i “profeti di

sventura” affermando che la fine del mondo era ancora lontana.

Il 14 ottobre dello stesso anno un aereo militare americano fotografò 162 testate nucleari sovietiche

sull’isola di Cuba puntate verso gli Stati Uniti. Il giorno successivo il presidente americano

Kennedy si trovò davanti alla difficile valutazione sull’opportunità di un intervento militare.

Secondo Socci gli Stati Uniti scelsero l’opzione diplomatica in quanto ebbero informazioni dal

Vaticano sul contenuto catastrofico del terzo segreto di Fatima.

In un’intervista il segretario alla Difesa di Kennedy Robert McNamara affermò che gli Stati Uniti,

nel 1992, seppero da ex ufficiali sovietici che se gli americani avessero invaso Cuba sarebbe

iniziato un conflitto nucleare.

Secondo Socci fu provvidenziale che proprio in quel momento storico vi fosse alla presidenza degli

Stati Uniti una persona di fede cattolica e quindi sensibile al messaggio della santa Vergine apparsa

a Fatima. Inoltre il popolare giornalista sottolineò che Kennedy nacque nel maggio del 1917 (il

mese e l’anno in cui iniziarono le apparizioni della Madonna ai pastorelli di Fatima) e che ricevette

la “nomination”per la Casa Bianca il 13 luglio 1960 proprio il giorno in cui nel 1917 la santa

Vergine consegnò ai veggenti il terzo segreto. Secondo Socci anche queste date rientrarono

all’interno di un preciso disegno provvidenziale che consentì all’umanità di evitare una terza guerra

mondiale113.

Una delle voci più conosciute del panorama musicale rock Zucchero Fornaciari dichiarò di avere

accompagnato a Medjugorje suo cognato malato di sclerosi multipla. Il noto cantante dichiarò di

essere rimasto sorpreso positivamente dal clima di preghiera creato dai presenti, pur rimanendo

scettico, affermò che il malato ebbe, anche se non immediatamente, dei benefici114.

Altri vip italiani che si recarono in questa località segnaliamo pure Barbara D’Urso, Antonello

Venditti, Andrea Bocelli e Nek (nome d’arte di Filippo Neviani); tutti furono accomunati, al

termine dei loro pellegrinaggi, da impressioni molto positive per il clima fraterno e di pace

fortemente presente.

Quest’ultimo dichiarò in un’intervista a Paolo Brosio. “ La Madonna di Medjugorje mi ha insegnato

che la vita è una grande occasione per amare”115.

Da pochi anni molti mass media, soprattutto quotidiani e settimanali italiani, evidenziarono la

conversione di un altro personaggio molto conosciuto, il giornalista Paolo Brosio, che vivendo per

lungo tempo in modo dissoluto, ebbe una profonda conversione e conseguentemente una forte

devozione verso la Madonna di Medjugorje; in questa località, secondo molte testimonianze, vi

113 A. SOCCI, Tony Blair convertito sulla via di Medjugorje, in “Libero”, 12 aprile 2008, 43, n. 89, p.14. 114 CANIATO - SANSONETTI, Maria, alba del terzo millennio, cit., p. 237. 115 BROSIO, Viaggio a Medjugorje cit., p.195.

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furono numerose guarigioni fisiche ma, ancora di più quelle morali, spirituali e psicologiche. Tali

vissuti, in particolare quello del noto show man (nonostante qualche accusa dell’uso di questi mezzi

esclusivamente per ottenere profitti) esposto nei suoi tre libri, contribuì notevolmente ad accendere,

ancora di più, i riflettori sul fenomeno in corso dal 24 giugno 1981 fino al punto da attirare

l’attenzione, in maniera mai avvenuta prima, pure dei maggiori canali televisivi italiani inizialmente

con sporadiche interviste a lui, poi con programmi saltuari dedicati all’argomento e

successivamente con uno settimanale in onda in prima serata, su “Retequattro”.condotti dal noto

personaggio.

Questi documentari non costituirono una novità per il palinsesto televisivo in quanto nel passato ve

ne furono altri simili presentati anche da cronisti, come Corrado Augias sul canale “Rai Tre” nella

trasmissione “Enigma”, palesemente scettici rispetto a tali fenomeni.

Il tema delle apparizioni mariane e Medjugorje in particolare assunse, specialmente nel nostro

paese, una particolare divulgazione tramite, da qualche anno, un’apposita rivista mensile intitolata

“Medjugorje la presenza di Maria”, diversi inserti periodici all’interno di alcuni settimanali come,

ad esempio, quello curato, in occasioni particolari, da Vincenzo Sansonetti e Riccardo Caniato nella

rivista”Oggi”, un canale televisivo “Medjugorje Italia tv” ora non più visibile a Torino (provò a

trasmettere in cinque regioni dell’Italia settentrionale), migliaia di siti internet che ancora oggi

velocizzano le informazioni in arrivo dalla parrocchia di san Giacomo e le diffondono in tempo

reale in ogni parte del mondo consentendo, inoltre, di seguire in diretta, tramite web cam, anche gli

appuntamenti di preghiera in loco e da altre parti permettendo, tramite appositi forum, di mantenere

tra i fedeli un contatto continuo e una viva vicinanza rispetto all’evento. Non dimentichiamo, infine,

la presenza di una inizialmente piccola emittente radiofonica parrocchiale della provincia di Como

diventata, quasi miracolosamente, il mezzo cattolico più ascoltato e amato al mondo: Radio Maria,

a cui è dedicato l’ultimo capitolo.

Un altro tipo di miracolo da registrare fu quello “tecnologico” che consentì, come dichiarato da

numerosi testimoni, la percezione costante e oggettiva della presenza della santa Vergine tramite

diversi strumenti come, ad esempio, le macchine fotografiche, semplici polaroid o quelle più

sofisticate rendendo partecipi dell’evento miracoloso più persone creando, così, una sorta di

condivisione dell’evento eccezionale116.

Uno dei sostenitori più conosciuti della veridicità della apparizioni fu, come già detto, Padre Livio

Fanzaga. Il direttore di “Radio Maria” pubblicò in esclusiva, tra i documenti inerenti alle

apparizioni di Medjugorje sul sito internet dell’emittente, la fotografia riportata qui di seguito; egli,

in un’intervista televisiva andata in onda durante il programma sul canale “Retequattro” intitolato

116 FATTORINI, Il culto mariano tra Ottocento e Novecento cit., p. 87.

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“Viaggio a…..” nella puntata di martedì 27 marzo 2012 condotta da Paolo Brosio, affermò che la

fotografia fu scattata nel 1988 da una signora canadese e studiata dall’equipe che analizzò la

Sindone; al termine di questi ultimi accertamenti non fu trovata alcuna sovrapposizione fotografica.

L’immagine rappresenta Vicka, impegnata nella testimonianza degli eventi in corso dal 1981,

davanti a Padre Livio e a un pellegrino; alle spalle della veggente si vede nettamente la figura di una

donna, vestita di bianco, di cui si riesce chiaramente a notare il viso dolce e serio, le ciglia sottili, gli

occhi, le labbra della bocca pronunciate e il collo. Secondo la veggente e il sacerdote di Erba si

tratterebbe di un segno dato dalla santa Vergine.

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Questa foto fu pubblicata, in esclusiva sul sito internet di “Radio Maria”. 117

117 http://www.radiomaria.it/documenti/dwnl.php?id=171

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Uno degli elementi caratteristici di Medjugorje fu pure la realtà dei gruppi nati per pregare anche

per le intenzioni del papa, l’evangelizzazione e la Chiesa sia universale e per quella locale. Essi

furono guidati dai veggenti secondo i quali la Gospa diede indicazioni spirituali circa lo

svolgimento degli incontri che inizialmente avvennero in abitazioni private con un basso numero di

partecipanti.

Lo scopo prefisso fu quello di non ridurre l’orazione a un atto ripetitivo ma di concretizzare nella

vita le parole della Madonna, riferite tramite i veggenti, vivendo realmente la consacrazione, fatta

quotidianamente a parole, al cuore immacolato di Maria.

Tale realtà assunse una dimensione internazionale; per esempio a Monza (ma anche altrove in Italia

e all’estero) nacque, qualche anno fa, un gruppo di preghiera guidato dalla veggente Marja, molte

delle cui informazioni e iniziative sono riportate su un apposito sito internet www.medjugorje-

oggi.org 118.

Il quotidiano comunista “Manifesto” del 26 agosto 1998 pubblicò un articolo, redatto da Giacomo

Scotti, fortemente critico verso il santuario di san Giacomo dal titolo: “Miracoli sotto l’altare. La

Madonna abbandonata. Medjugorje in crisi di pellegrini. Un viaggio nel supermercato della guerra

santa dei croati”. Il giornalista descrisse la località come una città, in cui furono costruite diverse

ville, controllata da molti speculatori, cioè criminali arricchiti con i frati francescani, mediante il

denaro lasciato dai pellegrini buona parte del quale fu utilizzato per armare i i croati di Erzegovina

in guerra contro i musulmani. Nel testo in questione fu chiaro il sillogismo tra “cattolicesimo

ostentato e violento” strettamente legato al “più retrogrado nazionalismo”119.

Anche all’interno del mondo cattolico recentemente si sono levate critiche verso il fenomeno

iniziato il 24 giugno 1981. Il mensile “Jesus” del luglio 2001, in occasione del ventesimo

anniversario delle apparizioni, pubblicò un articolo di inchiesta su Medjugorje prendendo come

base il contenuto di un libro di un sacerdote di Torino, don Pier Angelo Gramaglia, presentato

come “docente di teologia, esperto di tutti i fenomeni di spiritismo”. Il sacerdote criticò duramente i

veggenti affermando, ad esempio, che il comportamento di Ivanka all’inizio delle apparizioni fu

quello tipico di un “conduttore di sedute spiritiche” con grossi problemi psichici specialmente dal

punto di vista affettivo.

Secondo don Gramaglia la fenomenologia delle visioni fu progressiva e molto simile a quella di

altre esperienze medianiche. Egli sottolineò, inoltre, come la ripetizione dei medesimi gesti, durante

l’apparizione favorì, fin da subito, il richiamo ipnotico a cui seguì il fenomeno estatico dei sei

veggenti. Il progressivo allungamento della durata delle apparizioni nel tempo fu definita da lui un

“termometro psichico” dei sei ragazzi. Il sacerdote affermò che il clima creato in loco dopo l’inizio 118 Ibid, pp. 224 225. 119 Ibid, pp. 287 288.

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delle apparizioni permise la valorizzazione di pratiche ascetiche arcaiche che, rielaborate, divennero

una consuetudine per tutti i parrocchiani del villaggio dell’Erzegovina e per gli aderenti alla sua

spiritualità. Il divieto delle autorità comuniste di esprimere il proprio credo pubblicamente favorì lo

sviluppo di forme di preghiera devozionali e intimistiche. Accanto a tale aspetto fu chiaro sin da

subito la volontà dei cattolici di trasformare questa parrocchia in un santuario internazionale e di

sottolineare la propria importanza rispetto alle altre fedi presenti sul territorio e all’ateismo di stato.

Un ulteriore aspetto che don Gramaglia mise in evidenza fu l’inserimento nella parrocchia di san

Giacomo nel 1983 del movimento carismatico del “Rinnovamento nello Spirito” soprattutto tramite

il dottore Philippe Madre, padre Pierre Rancourt e don Emilien Tardif.

Don Gramaglia criticò l’abitudine dei veggenti di pregare per i malati al termine della messa e

affermò che le testimonianze di guarigione da lui conosciute, ebbero come protagoniste persone che

avevano delle sensazioni tipiche dell’autosuggestione120.

Vi furono altri libri contrari al fenomeno delle apparizioni tra cui due francesi scritti da Joachim

Bouflet dal titolo “Medjugorje ou la fabrication du surnaturel (Medjugorje o la fabbricazione del

soprannaturale) e “Faussaires de Dieu (Falsari di Dio).

Joachim Bouflet sostenne, tra l’altro, che le visioni non furono mai credibili poiché i francescani

sfruttarono i sei veggenti. Accusò inoltre Vicka di essere pazza isterica per le numerose

contraddizioni espresse come il fatto che le apparizioni sarebbero dovute terminare il 3 luglio 1981,

il cambiamento di atteggiamento ( prima contrario e poi favorevole) di padre Jozo Zovko, l’accusa

di arricchimento commerciale dei sei ragazzi che assunsero un comportamento da vip, il mancato

ascolto dei croati degli appelli della Gospa alla riconciliazione con i serbi e con i musulmani, il

pericolo di disobbedienza alle alte autorità della Chiesa da parte dei francescani e dei sei ragazzi, il

giudizio negativo sulle apparizioni a livello diocesano e non favorevole di papa Bendetto XVI. Tali

considerazioni appena esposte furono controbattute da tesi sostenute anche da un illustre mariologo

come padre Laurentin.

Secondo Riccardo Caniato e Vincenzo Sansonetti i sei veggenti non si riunirono il 4 luglio 1981

credendo che le apparizioni fossero terminate a causa della notevole pressione psicologica attuata

dalle autorità ma la visione arrivò ugualmente, in modo improvviso, alla veggente Marja il cui

fratello dichiarò di essere rimasto sorpreso nel vederla in estasi.

Secondo Caniato e Sansonetti la credibilità di queste ultime, invece, fu dimostrata da numerosi

esami clinici attuati da equipe mediche giunte immediatamente da diverse parti del mondo. Per

quanto riguarda i messaggi della Gospa, secondo i due giornalisti, fu riconosciuta la loro profondità

evangelica, l’accusa della manipolazione dei sei protagonisti venne smentita dal fatto che i frati

120 P. GRAMAGLIA, Verso un “rilancio” mariano? Voci d’oltreterra, Torino, Claudiana, 1985, pp. 35-42.

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furono i primi ad essere inizialmente scettici dell’accaduto, l’unico loro guadagno fu la forte

sofferenza delle persecuzioni delle autorità dello stato e che per i due giornalisti si chiesero inoltre,

come i veggenti avrebbero potuto sopportare sulle loro spalle, per così tanto tempo, il peso di una

eventuale mistificazione degli eventi.

Sulla base di quanto affermato dai due cronisti l’iniziale scetticismo di padre Jozo e il cambiamento

della sua posizione confermò la grande prudenza e il discernimento richiesti a qualunque bravo

parroco.

Per Caniato e Sansonetti i veggenti non si comportarono mai come delle star ma misero da sempre a

disposizione perfino le loro abitazioni per accogliere i pellegrini sacrificando in parte anche la vita

privata e familiare.

L’invito della santa Vergine alla riconciliazione tra le etnie si verificò mediante diversi messaggi

nei quali, però, non vi fu alcun riferimento agli esiti. I veggenti e i frati non nascosero mai la

volontà di obbedire a qualunque autorità della Chiesa (compreso il vescovo locale fortemente

contrario alle loro testimonianze)121.

I fenomeni di Medjugorje vennero definiti, nel corso del tempo, un unicum in quanto mai nella

storia della Chiesa vi furono apparizioni quotidiane, così lunghe, con un alto numero di veggenti.

Tale contesto diede modo a numerosi singoli scienziati o gruppi di ricerca di recarsi sul posto, da

ogni parte del mondo, per analizzare le estasi. Tra le equipe, formate da credenti e da atei, vi furono

anche quelle italiane a partire dal febbraio 1984122.

I risultati ricavati durante l’indagine effettuata tra il 7, 8 e 9 settembre 1985 dal professore

Marginelli e dai suoi colleghi, furono esposti in una relazione dettagliata trasformata in un libro di

cui ricevette una copia il vescovo di Mostar dell’epoca monsignore Zanic e Giovanni Paolo II, che

si concluse così: “fermo restando che, al di fuori dell’estasi, questi ragazzi risultano perfettamente

normali sul piano psico – fisico, la condizione estatica dei veggenti di Medjugorje non può essere

scientificamente spiegata in linea puramente naturale”. Il dottor Frigerio affermò di avere saputo

che il pontefice lesse con grande interesse e trepidazione i dati esposti nel testo ricevuto in dono123.

Nel sito internet ufficiale della Chiesa cattolica italiana www.chiesacattolica.it/santuari/eu-bih-

bosniaerzegovina2.htm furono descritti gli avvenimenti, iniziati il 24 giugno 1981 nel villaggio

dell’Erzegovina e la chiesa di san Giacomo fu così definita: “un santuario di fede vivente in cui

diversi milioni di pellegrini, dal 24 giugno 1981 fino ai nostri giorni, sono accorsi per coglierne i

segni prodigiosi e verificare le guarigioni miracolose”. Inoltre si affermò: “ Il messaggio della

Madonna della Pace è di interesse universale e se Lourdes ha legato il suo nome al dogma

121 CANIATO - SANSONETTI, Maria, alba del terzo millennio, cit., pp 289 – 296. 122 Ibid, pp. 302 303. 123 Ibid, pp. 307 308.

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dell’Immacolata Concezione, Fatima alla seconda guerra mondiale e alla conversione della Russia,

Medjugorje rappresenta la continuazione e il coronamento di Fatima e cioè la sicura speranza di una

prossima era di pace per l’umanità intera”124.

2.2 GLI SVILUPPI DI MEDJUGORJE

Tra gli elementi dei sostenitori della veridicità delle apparizioni di Medjugorje, vi furono i frutti

derivanti dalle guarigioni non solo fisiche ma anche spirituali, morali e psicologiche che molte

persone dichiararono di avere ricevuto dopo il loro pellegrinaggio. Alcune statistiche indicarono la

notevole presenza di sacerdoti confessori (in determinati giorni più di 150) pronti ad ascoltare i

penitenti di diverse nazionalità legittimando così l’affermazione di coloro che definirono questa

località il confessionale del mondo.

Le ricadute delle apparizioni in loco ebbero conseguenze internazionali tanto, secondo quanto

dichiarato dalla veggente Marja, da avere generato un forte impulso che consentì, ai santuari

mariani polacchi, di riprendere vita.

Nel ventesimo anniversario delle apparizioni (2001) furono distribuite 23 milioni di comunioni

grazie ai 271.414 sacerdoti registrati. La spiritualità di tale luogo fece riscoprire a tutta la chiesa una

pratica penitenziale quasi del tutto scomparsa cioè quella del digiuno (la Gospa, secondo quanto

affermarono i veggenti, lo richiese consumando esclusivamente pane e acqua il mercoledì e il

venerdì). Secondo padre Laurentin “oggi nel mondo digiunano regolarmente il mercoledì e il

venerdì più di centomila persone”.

Sulla base di una indagine realizzata da padre Silvano Bracci, tra il 1987 e l’anno successivo, su

851 pellegrini italiani che si recarono nel villaggio dell’Erzegovina il 25 % degli intervistati

dichiarò di essere partito “con autentico spirito di pellegrino”, la meta affermò di “avere scoperto

che cosa significa pregare con fede”. Tra coloro che ritornarono sul posto il 90 % dichiarò che fu

spinto dalla seguente motivazione “per crescere nella fede e nella preghiera”.

Nella medesima statistica il 40 % degli intervistati affermò di avere avvertito “una presenza

particolare della Madonna”, il 50 % circa affermò di essersi confessato dopo tanto tempo e infine il

7,5 % di avere smesso di bestemmiare. Sul tema del digiuno il 16 % affermò di realizzarlo talvolta,

“il 12 % solo il venerdì e il 5 % due volte alla settimana”. Più di un quarto dei partecipanti al

124 Ibid, p. 287.

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sondaggio “prega abitualmente in famiglia, molti visitano i malati o praticano altre forme di carità.

Infine, il 14 % dei pellegrini interpellati sono giovani sotto i trent’anni”.

Padre Slavko affermò nel libro intervista scritto da Kresimir Sego intitolato “Medjugorje, il tempo

della grazia” che col termine “conversione” si intendeva che molte persone ripresero a partecipare

alla vita sacramentale, dopo un periodo di interruzione, l’arrivo di nuovi aderenti alla fede cattolica

e un incremento dell’intensità della partecipazione alla vita di fede125.

Uno dei frutti di Medjugorje furono i gruppi di preghiera in ogni parte del mondo (il veggente Ivan

affermò che solo nelle Americhe erano già 4500) la cui forza, secondo padre Laurentin, fu talmente

notevole tanto da poterla paragonare a quella delle comunità appartenenti al movimento

“Rinnovamento carismatico”; per quanto riguarda il nostro paese non si ebbero mai dati precisi

(probabilmente i gruppi di preghiera legati a Medjugorje sono alcune centinaia).

Nel luglio 1991 alcuni pellegrini cinesi giunsero in Erzegovina affermando che i messaggi della

Vergine raggiunsero Hong Kong e numerose città della Cina tramite il bollettino bimestrale “Echo

of Medjugorje” e altro materiale informativo tradotti nella lingua locale. Nei maggiori centri urbani

si formarono molti gruppi di preghiera con i quali si creò l’esigenza di intensificare la pratica del

sacramento della riconciliazione e di avere una seria direzione spirituale.

Il fenomeno di Medjugorje ebbe ricadute dal 1989 anche sui giovani tramite un apposito festival

internazionale annuale nella prima settimana di agosto. Numerosi ragazzi e ragazze, che ebbero a

disposizione quasi da subito la possibilità di ascoltare la messa serale e le catechesi sia mattutine e

quelle pomeridiane mediante la traduzione in molte lingue, iniziarono a raggiungere Medjugorje in

misura sempre crescente (“seimila nel 1997; ottomila nel 1998; fino ai ben oltre diecimila previsti

per il 2001. I gruppi più numerosi di giovani vengono dai Paesi dell’Est (nel 1998 c’erano 1200

cechi, 550 rumeni, 530 polacchi, ecc.)”.

Secondo il giornalista Paolo Brosio nel 2011 vi furono “60 paesi partecipanti, 40.000 giovani

presenti, 600 sacerdoti mobilitati ogni giorno per concelebrare e confessare provenienti da paesi di

tutto il mondo”. Inoltre il programma del meeting fu tradotto in 18 lingue, furono accreditati decine

di giornalisti da ogni parte del mondo, molti siti internet, canali televisivi e stazioni radiofoniche

(come “Radio Mir Medjugorje”) trasmisero il meeting in diretta126.

Un aspetto importante riguarda il recupero della fede cristiana per le famiglie fondamentale per

superare le minacce verso la loro unità e nei confronti dell’educazione dei figli. Un secondo

dettaglio da evidenziare è il consistente numero di vocazioni alla vita religiosa, nate dal clima di

preghiera intensa presente in loco, in particolare in molti istituti della Dalmazia e un po’ in tutti i

Balcani (tra questi le suore francescane di Dance, nei pressi di Dubrovnik, le carmelitane di 125 CANIATO - SANSONETTI, Maria, alba del terzo millennio, cit., pp 235 – 236. 126 BROSIO, Viaggio a Medjugorje, cit., p. 325.

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Lubiana, i frati minori dell’Erzegovina, le clarisse di Spalato). Numerosi istituti religiosi chiesero

alla parrocchia di San Giacomo un appezzamento di terreno per aprire loro case.

Un terzo impulso da registrare concerne l’ecumenismo; migliaia di fedeli cristiani non appartenenti

al cattolicesimo (ma anche membri di alcune fedi non cristiane) si recarono in pellegrinaggio

rivedendo le proprie posizioni personali.

Il pentecostale David Duplessis affermò di avere superato la paura verso la devozione mariana e di

avere intuito intimamente l’efficacia dell’intercessione della Gospa verso suo Figlio Gesù.

Padre Gianni Sgreva nato il 2 marzo 1949 nella diocesi di Verona entrò nella congregazione dei

Passionisti. Egli dichiarò che, durante la comunione al termine della celebrazione eucaristica del

primo giorno dell’anno 1985 a Medjugorje, udì intimamente una voce che gli disse: “donati tutto a

me”. Il sacerdote rispose positivamente a tale richiesta in quanto riconobbe che la provenienza

dell’appello fosse della santa Vergine. Egli fondò, così, un istituto di vita consacrata, con lo scopo

esplicito di vivere i messaggi di Medjugorje. Tale istituzione fu caratterizzata da diverse comunità

(di cui una venne formata proprio in loco nel 1990) con un totale di 130 membri diramata in 12

parti del mondo: in Italia, in Brasile, in Giamaica, in Russia e recentemente anche nel Camerun.

Ogni singolo istituto fu composto da 10 fratelli e sorelle, con casa madre nella provincia di Rieti a

Passo Corese. Le attività principali, che avevano come orario di inizio le 5 e terminavano alle ore

21 circa con la preghiera di compieta, erano incentrate soprattutto sulla dimensione sacramentale, la

contemplazione e la preghiera (soprattutto mariana nello spirito di Medjugorje). Il sodalizio era

composto da sacerdoti, seminaristi, sposati e da altre persone (di sesso maschile e femminile) con

altre forme di consacrazione.

Padre Gianni Sgreva affermò di avere parlato, a metà degli anni Ottanta, col cardinale Ratzinger del

suo dubbio derivante dal fatto che la formazione di una comunità di impronta medjugorjana potesse

essere prematura dal momento che l’autorità ecclesiastica non si pronunciò mai in modo definitivo

sulla questione; il futuro papa Benedetto XVI lo incoraggiò ad andare avanti col suo progetto

affermando: “Non ve ne preoccupate, noi ci occupiamo dei fatti.Voi occupatevi dei frutti”.

Suor Elvira Petrozzi dal 1982 si occupò, mediante i valori derivanti dal cristianesimo, del recupero

dei tossicodipendenti tramite la fondazione della “Comunità Cenacolo” che creò la casa madre a

Saluzzo, in provincia di Cuneo e numerose altre in America, in Europa e il primo giugno 1991 a

Medjugorje.

Un’altra comunità cattolica molto importante fu quella fondata da fratel Ephraim chiamata

“comunità delle Beatitudini” il cui carisma fu la preghiera per l’unità della chiesa e si propose lo

stile di vita dei primi cristiani espresso negli Atti degli apostoli. La composizione fu caratterizzata

da 60 case nei 5 continenti gestite con l’ausilio di laici, sacerdoti, diaconi, famiglie, fratelli e sorelle.

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La fondazione di tale realtà, pure essendo antecedente a Medjugorje, ne condivise il mandato della

preghiera e della conversione. Nel 1989 venne aperta nella città del santuario di san Giacomo, la

casa abitata da circa 20 membri e da un sacerdote che si posero l’obiettivo di vivere i messaggi della

Gospa comunicati tramite i veggenti. Le attività principali di tale comunità riguardavano la liturgia

contemplativa, l’animazione pastorale a san Giacomo prendendo anche parte al programma serale

di preghiera. La leader di questa istituzione fu suor Emmanuel Maillard che tramite numerosi libri

sottolineò i frutti spirituali di questa comunità successivamente pubblicati anche sul sito internet

www.childrenofmedjugorje.com.127.

Tra le altre attività sorte a Medjugorje vi furono l’ospedale Padre Pio funzionante solo in parte, la

comunità Maijelo – Selo ( Villaggio della Madre) che ebbe come obiettivo l’accoglienza di vedove,

orfani di guerra e ragazze madri, la continuazione dell’iniziativa in ricordo di padre Slavko cioè un

fondo, attivato nel 1991, chiamato ” Amici dei talenti- Medjugorje” per aiutare gli studenti che, pur

avendo una certa propensione allo studio, non potevano accedere ad esso a causa, ad esempio, di

precarie situazioni economiche. Fino a oggi tramite tale denaro sono state distribuite 547 borse di

studio a cui si devono aggiungere i 1.105 sostegni occasionali. Il fondo ha consentito

l’organizzazione di incontri culturali e spirituali come “La giornata dello studente” oppure “gli

incontri dei laureati” ma sono state realizzate pure mostre di quadri e concerti, opere letterarie anche

tramite le serate dedicate alla poesia e infine un corso di pittura guidato dallo scultore e pittore

italiano Carmelo Puzzolo, che realizzò alcuni lavori posti nelle due vie crucis a Medjugorje.128

Un’altra comunità è quella della “Famiglia ferita” fondata da suor Josipa Kordic. Nel maggio 1962

partì per Sarajevo dove lavorò come domestica in una famiglia riuscendo così a terminare la scuola

primaria e a frequentare le suore francescane dell’Erzegovina maturando così la sua vocazione alla

vita religiosa.

Successivamente fu trasferita in Italia e fu accolta nella casa generale delle sorelle scolastiche

francescane del Cristo Re a Roma. Qui nel 1970 emise la propria professione solenne, si dedicò allo

studio e alla vita spirituale, si diplomò come educatrice dei bambini dell’asilo nido e infine si laureò

presso l’università Lateranense. Dopo alcuni anni ritornò in Erzegovina a Bieloporie e fu mandata,

dal 1980 fino al 1984, a New York. In seguito ritornò a Siroki Brijeg e a Listica dedicandosi ai più

poveri durante la guerra e iniziò a redigere le regole per una nuova comunità religiosa. Il 12 ottobre

1994 lasciò le suore francescane e si recò a Medjugorje per fondare la comunità della “Famiglia

ferita” che si pose lo scopo di sostenere le persone rimaste vittime della guerra di Bosnia, a Citluk e

Vionica. Fu ricevuta da papa Giovanni Paolo II che le diede il permesso di raggiungere quella zona,

sollecitandola ad affrettarsi a concretizzare il suo scopo, data la gravità della situazione umanitaria. 127 CANIATO - SANSONETTI, Maria, alba del terzo millennio, cit., pp. 239 – 246. 128 Ibid, p.248.

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I primi centri di accoglienza, realizzati tramite tende e case prefabbricate, furono costruiti sul

terreno di proprietà della famiglia Kordic a Vionica e sempre in questa zona, poco distante da

Medjugorje, venne realizzata una seconda struttura dedicata alle famiglie. Tutto il centro, costruito

anche tramite alcuni volontari italiani e quelli appartenenti all’associazione “Maria Porta del Cielo”

che ha sede a Citluk e a Roma, fu dedicato al pontefice Giovanni Paolo II.

La comunità di suor Josipe ottenne l’approvazione verbale e la benedizione di questo papa. Il

vescovo di Mostar, Ratko Peric, partecipò alla scelta del nome della comunità e la sostenne

finanziando alcuni suoi progetti ma non le concesse un riconoscimento ufficiale.

Alla morte della religiosa le succedette, il 25 luglio 1995, suor Kornelya che riuscì a comprare nelle

vicinanze una palazzina per ospitare anziani abbandonati. Da diversi anni il denaro raccolto dalla

fondazione “Olimpiadi del cuore” è usato per terminare la ristrutturazione dell’asilo nido e della

scuola media ma anche per creare uno spazio con lo scopo di permettere ad anziani e bambini di

realizzare insieme, nelle ore diurne, alcune attività ludiche. I fondi, per questo progetto intitolato

“Bosnia Nonni e Nipoti”, arrivarono sia tramite la gente semplice ma anche per mezzo di numerosi

personaggi autorevoli dell’imprenditoria, dello sport e dello spettacolo; un esempio tra tanti Daniela

Fossati, figlia di Danilo fondatore del “Gruppo Star”, che, insieme a Luca di Lugano, in sintonia

con i propri parenti, stanziò in tutto 140.000 euro. La famiglia Fossati creò, inoltre, il “Banco

alimentare italiano” presieduto dal parroco di Crema don Mario Inzoli, che, con l’ausilio delle

principali industrie alimentari italiane private, iniziò la distribuzione dei loro prodotti mediante

apposite mense in tutta Italia a un milione di poveri129.

Un’altra importante associazione nata a Medjugorje “Mir i dobro” cioè “Pace e Bene”: suo scopo è

quello di spedire dall’Italia a Medjugorje diversi aiuti umanitari preparati da centinaia di volontari.

Una ulteriore iniziativa di tale associazione, sostenuta anche dai lettori del settimanale italiano

“Oggi”, riguarda la promozione delle adozioni a distanza degli orfani dell’ultima guerra di Bosnia e

la costruzione, per questi ultimi e per le vedove, di una apposita struttura di accoglienza, tra

Erzegovina e Croazia. Tali informazioni furono riportate sul periodico “Aiutiamoli” diffuso

dall’associazione preso la sua sede centrale, a Viaggiù (Varese).

Terminato il conflitto l’associazione proseguì le iniziative descritte con i suoi circa 200 iscritti

volontari veneti, lombardi e liguri. Le strutture nell’isola di Kajljan, davanti a Dubrovnik, divennero

operative a partire dal 1995 e il governo croato le diede gratuitamente in prestito a padre Jozo

Zovko per ospitare i 4220 orfani di guerra, di cui egli si prese cura, tutti gli anni, da giugno a

settembre in turni di 300 alla volta, ogni paio di settimane.

129 BROSIO, Profumo di lavanda, cit., pp. 272 –281.

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Un ulteriore istituto, quello della “Santa Famiglia”, sorse a Siroki Brijeg, vicino a Mostar: accolse

4.220 ragazzi molti dei quali adottati a distanza da “Mir I Dobro” e ragazze orfani.

Altre iniziative caritative furono realizzate dal signor Alberto Bonifacio, ex bancario di Lecco in

pensione che, unendosi ai volontari dell’associazione “Regina della Pace”, da diverso tempo portò

molti aiuti umanitari alle popolazioni colpite dalla guerra della ex Jugoslavia mediante circa 300

viaggi su pulmini, guidati da volontari130.

Anche a Medjugorje diverse persone dichiararono di essere state protagoniste in prima persona o

con riferimento a terzi, di diverse guarigioni fisiche derivanti, secondo i fedeli, dall’intercessione

della santa Vergine.

Numerosi testimoni ritennero che il primo guarito in modo prodigioso fu il piccolo Danijel Setka

nei primi giorni delle apparizioni. Alla fine dell’anno 1982 l’ufficio parrocchiale di Medjugorje

raccolse 150 segnalazioni di guarigioni ritenute miracolose e due anni più tardi raddoppiarono,

giungendo così a 300, per arrivare nel 1991 a 1000.

Domenica 13 maggio 2012 si è svolto un incontro di preghiera, presso il Palavela di Torino,

promosso dal Centro aiuto alla vita “Moncalieri Testona” durante il quale è intervenuta la veggente

di Medjugorje Marja Pavlovic (a cui la Gospa appare quotidianamente) e diversi ospiti come il

docente di Storia e di Filosofia Diego Manetti (conosciuto dagli ascoltatori di “Radio Maria” per i

numerosi libri scritti col direttore padre Livio Fanzaga), lo scultore e iconografo David Onagro che

creò l’icona “Salus Populi Romani” che accompagna, ogni anno, il papa negli incontri con i

giovani.

E’ la prima volta che una manifestazione si tiene a Torino, dove negli anni passati – l’allora

arcivescovo, cardinale Severino Paletto, si era sempre mostrato scettico verso il fenomeno di

Medjugorje – non erano mai state concesse le necessarie autorizzazioni diocesane.

L’attuale arcivescovo monsignore Cesare Nosiglia ha invece autorizzato lo svolgimento del meeting

consentendo a circa 20 sacerdoti di partecipare per confessare i penitenti e per celebrare la santa

messa, senza peraltro “patrocinare” questo incontro “a motivo della presenza della veggente che

avrà l’apparizione di fronte ai partecipanti” 131.

Dalle testimonianze dei 2000 fedeli presenti è emerso il clima di forte sofferenza presente a Torino

per la carenza di spiritualità unita alla crisi economica e a quella politica. Tale situazione ha

incrementato nei fedeli il bisogno di pregare e di vivere momenti di intensa spiritualità come quelli

presenti in questi tipi di meeting132.

130 CANIATO - SANSONETTI, Maria, alba del terzo millennio, cit., pp. 248 –253. 131 A. TORNIELLI, Da Medjugorje al Palavela, cit., p. 67. 132 E. GRAZIANI, Le visioni di Medjugorje per i duemila del Palavela, in “La Stampa” , 14 Maggio 2012, anno 146, n. 132, p. 63.

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Da tutte queste testimonianze è emerso anche che numerose persone hanno deciso di realizzare i

loro pellegrinaggi a Medjugorje sentendone anche parlare tramite una radio che, da piccola

emittente parrocchiale, divenne in poco tempo, il più grande network mondiale cattolico: “Radio

Maria”.

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CAPITOLO 3

RADIO MARIA: “UNA VOCE CRISTIANA NELLA TUA CASA”

3.1 LA FONDAZIONE

“Radio Maria” nacque, come piccola emittente parrocchiale, nel 1982, ad Arcellasco d’Erba località

in provincia di Como ed ebbe, dopo il 1987, una notevole espansione, nel nostro paese e all’estero,

con alcune ricadute di grande importanza tra i fedeli. Un altro aspetto da registrare fu quello di unire

le comunità di italiani presenti in diverse parti del mondo dal momento che, anche questi ultimi,

riuscirono ad ascoltare i programmi presenti nel palinsesto.

Questo mezzo di comunicazione si pose lo scopo di affrontare quelle tematiche non solo

strettamente inerenti all’aspetto religioso e a quanto ad esso connesso ma anche nella esposizione di

idee, su temi etici in linea con quanto affermato dalla Chiesa cattolica133.

Le prime trasmissioni radiofoniche iniziarono in Italia il 6 ottobre 1924 quando il regime fascista

creò l’ ”Unione Radiofonica Italiana” senza però comprendere le sue potenzialità. Nel novembre

1927 questa istituzione diventò l’”Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche” e fu creato un

organismo, l’ ”Ente Radio Rurale”che permise l’ascolto, da parte di interi gruppi di persone, degli

stessi contenuti. In tale modo il governo di Mussolini utilizzò questo mezzo per controllare la

società134.

“Radio Maria”, pur non essendo una emittente ufficiale della Chiesa cattolica, è ritenuta importante

anche dalla Santa Sede ai fini dell’evangelizzazione. L’emittente di Erba nacque in un momento in

cui il Vaticano e le istituzioni civili ormai da più di mezzo secolo avevano già capito e utilizzato le

potenzialità del mezzo radiofonico.

133 FATTORINI, Il culto mariano tra Ottocento e Novecento, cit., pp. 93- 94. 134 F. GENTILE, G. ROBERTI, la radio: origini e sviluppo, in Il Mediaevo italiano industria culturale, TV e tecnologie tra XX e XXI secolo, a cura di M. Morcellini, Roma, Carocci, 2000, pp. 273- 290 in part. pp. 273-274.

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Il 12 febbraio 1931, con l’apporto dell’inventore dell’apparecchio radiofonico Guglielmo Marconi,

fu inaugurata “Radio Vaticana” alla presenza di papa Pio XI135.

Negli archivi sonori dell’emittente furono depositati i 2 discorsi registrati dal pontefice e da

Marconi. A partire dal 9 marzo 1931 iniziarono le trasmissioni radiofoniche quotidiane in diverse

lingue e il 2 marzo 1939 l’emittente annunciò, per la prima volta, l’elezione di un nuovo papa: Pio

XII il quale utilizzò molto lo strumento radiofonico per lanciare messaggi ai fedeli in occasione di

festività importanti come a Natale e a Pasqua.

Durante la seconda guerra mondiale “Radio Vaticana” diventò uno strumento della Segreteria di

Stato per rintracciare i militari dispersi, prigionieri e civili. Dal 1940 al 1946 dai suoi microfoni

furono lanciati, a questo scopo, nel mondo 1.240.728 messaggi in 12.105 ore di trasmissione.

Il 3 ottobre 1947 Pio XII ricevendo i partecipanti a un congresso internazionale per ricordare il

cinquantesimo anniversario dell’invenzione dell’apparecchio radiofonico da parte di Marconi

affermò che lo scienziato ebbe anche il merito di avere creato il collegamento tra il Palazzo

Apostolico in Vaticano e quello di Castel Gandolfo mediante l’uso di onde elettroniche molto corte.

“Radio Vaticana” trasmise anche eventi come la proclamazione dell’Assunzione di Maria in Cielo

avvenuta il primo novembre 1950.

In una lettera del 17 novembre 1957 padre Giovanni Battista Janssens, Preposito generale della

Compagnia di Gesù alla quale era affidata l’emittente in quel periodo scrisse una lettera nella quale

affermava che l’obiettivo principale dell’emittente era quello di diffondere la voce del papa e le

principali cerimonie pontificie nel mondo insieme alle notizie internazionali provenienti dalla

Chiesa cattolica.

Nel 1952 fu trasmessa, per la prima volta, la recita del rosario diretta dal papa e nel 1957 nacque il

Radiogiornale. Esso era un bollettino, che si distribuiva in multicopia dentro e fuori la Radio

Vaticana. Il Radiogiornale è trasmesso ancora oggi quotidianamente in 7 lingue: italiano, spagnolo,

francese, inglese, tedesco, portoghese e polacco136.

“Radio Maria” si appoggia, ancora oggi, all’emittente della Santa Sede soprattutto per quanto

riguarda i notiziari e le trasmissioni delle celebrazioni importanti presiedute da Giovanni Paolo II e

da Benedetto XVI.

La nascita di “Radio Maria” avvenne in un’epoca in cui nacquero le maggiori emittenti radiofoniche

private e cioè circa una dozzina di imprese radiofoniche nazionali, una ventina di emittenti costruite

in aree metropolitane di notevole dimensione o coincidenti con arterie molto trafficate come, ad

135 S NESPOLESI, La Radio in Italia, in Cento anni di Radio da Marconi al futuro delle telecomunicazioni, catalogo a cura di M. G. Janniello, F. Monteleone, G. Paoloni, Venezia, Marsilio, 1995, pp. 77- 82 in part. p. 77. 136 http://www.radiovaticana.org/it1/cronistoria.asp?pag=3

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esempio, l’autostrada del Sole (attualmente le emittenti locali più importanti, rilevate da Audiradio,

si aggirano attorno a 150).

A partire dal 1985 il direttore dell’emittente fu padre Livio Fanzaga. Egli nacque, l’11 novembre

1940, a Dalmine, in provincia di Bergamo.

Il giovane Livio, primogenito di sette figli, visse in una famiglia fortemente religiosa tuttavia nella

zona di residenza, dopo il trasferimento da Dalmine, vi fu un clima talmente anticlericale da non

esserci neanche una parrocchia ma fu sua zia Giuseppina Giambellini, suora laica, che domandò alla

Curia di Bergamo, l’invio di un sacerdote. In tale modo arrivò don Giacomo Piazzali il quale,

mediante i sacrifici e le offerte delle persone, riuscì a costruire il luogo di culto con annesso

l’oratorio. A tale esperienza partecipò anche Livio il quale rimase colpito positivamente dal fatto

che il parroco non domandò nessun aiuto e tale aspetto divenne uno dei capisaldi

dell’organizzazione di “Radio Maria”.

Livio ricordò, tra le persone a lui care e che contribuirono a dargli una formazione religiosa, la

nonna Lucia e sua madre, descritta come “donna forte”. Il padre, invece, fu estroverso, spericolato e

fortemente ospitale (nascose in casa una famiglia ebrea perseguitata dai nazisti).

Il giovane, terminato il ciclo di studi elementari, frequentò tre anni le scuole commerciali di

Bergamo e successivamente sentì la vocazione del missionario che fu spronata anche dalla sua

partecipazione alle attività del doposcuola nella casa dello studente gestita da sacerdoti della diocesi

di Bergamo; durante l’ultimo anno partecipò a tre giorni di esercizi spirituali predicati da don

Milani e rimase affascinato dal clima e dalle parole; fu in quell’occasione che, a soli 14 anni, fu

definitivamente convinto di tale sua aspirazione rifiutando momentaneamente quella del sacerdozio.

Livio ricordò la vita spartana che realizzò nella sua famiglia e che durò anche durante il seminario,

lasciando una impronta nel suo carattere che incise nel modo di gestire “Radio Maria”. Il suo

parroco avrebbe dovuto presentarlo al “Pontificio Istituti Missioni Estere” per consentirgli di avere

una preparazione adeguata a ciò che egli aveva in mente ma, per una serie di circostanze, in realtà lo

presentò al seminario degli Scolopi. Egli fu mandato, per un breve periodo, in Africa dopo essere

diventato sacerdote. Egli iniziò la sua formazione, mediante la presentazione del parroco al rettore

del seminario, padre Castellani e venne accolto in una sua struttura a Finale Ligure dove dedicò

molto tempo allo studio valorizzando, così, questa sua forte propensione nata, sin da piccolo, dalla

lettura di giornalini e libri su qualunque argomento e proseguita fino al suo approdo a “Radio

Maria”.

Il giovane Livio fu affascinato dal fondatore della sua congregazione, san Giusepe Calasanzio, per

avere costituito una scuola popolare e avere creato un quarto voto, oltre a quello di povertà, castità e

obbedienza: quello di dedicarsi, in maniera profonda, all’istruzione dei ragazzi poveri.

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Livio fece il suo noviziato a Roma, con notevoli sofferenze, per il suo carattere irrequieto che non

gli consentì di abituarsi facilmente a uno stile di vita troppo regolare e per poco riuscì a essere

ammesso alla professione semplice a cui seguì il liceo, momento in cui lesse numerose opere della

letteratura italiana e straniera.

Il seminarista apprese il valore della fedeltà al papa e alla Chiesa istituzionale soprattutto durante i

suoi studi presso l’università “Cattolica” di Milano e quelli realizzati presso la “Gregoriana” a

Roma137. Qui conobbe in modo approfondito don Milani e ne rimase affascinato dal fatto che,

nonostante le aspre critiche dell’opinione pubblica verso di lui e la condanna a due anni di carcere

per essersi espresso in modo favorevole, in una lettera, verso gli obiettori di coscienza, a suo modo

di vedere mantenne un profondo rispetto e una grande fedeltà alla Chiesa istituzionale138.

Negli anni del Concilio Vaticano II Livio ebbe modo di entrare in contatto personalmente, insieme

ad altri seminaristi, con numerosi vescovi, cardinali e illustri teologi come Laurentin, Congar,

Rahner e Chenu e di leggere diversi libri di personaggi autorevoli come Guardini, de Lubac, von

Balthasar, Ratzinger e di membri appartenenti al protestantesimo come Bultmann e Cullman.

Il 19 marzo 1966 il giovane seminarista divenne sacerdote e fu destinato a una parrocchia di Milano

accanto a cui vi era annesso l’oratorio e una pensione per universitari (in seguito aperta anche ai

ragazzi lavoratori). Padre Livio gestì l’oratorio e la Casa dello Studente ma egli trovò anche il

tempo per laurearsi in filosofia, nel 1970, presso l’università “Cattolica” del capoluogo lombardo in

cui insegnarono docenti, come il professore Emanuele Severino, che espressero tesi che mandarono

in crisi la fede di molte persone. Durante l’esperienza universitaria e parrocchiale il giovane

sacerdote conobbe, pur non facendone parte, la realtà dei movimenti ecclesiali come “Comunione e

Liberazione”.

Egli, dopo la laurea, chiese di essere mandato in missione in Senegal per costruire, con un suo

confratello col quale studiò in modo approfondito l’Islam, un centro culturale e ciò avvenne a

Podor.

Nei fine settimana egli andò ad aiutare il nunzio apostolico di Dakar a sbrigare delle pratiche legate

all’attività diplomatica come le lettere e le relazioni da inviare alla Santa Sede ma ammalandosi

sempre di più, per una patologia non riscontrata sul momento, rientrò a Milano dove scoprì di essere

affetto da una forma di tubercolosi che colpì solo la zona sottocutanea ma i medici lo dichiararono

incurabile; tuttavia egli affermò di essere guarito in modo miracoloso pur essendo deluso dal fatto

di non avere completato la sua missione139.

137 L. FANZAGA, Radio Maria un miracolo di volontariato. Origini, storia, attività dell’emittente cattolica più ascoltata nel mondo Intervista di A. Montonati, Milano, Sugarco, 2012, pp 11- 25. 138 Ibid., p. 29. 139 Ibid., pp. 31 – 37.

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Nella parrocchia di partenza continuò a svolgere l’attività lasciata cioè la guida della “Casa dello

Studente” e fu nominato dai suoi confratelli assistente provinciale per l’economia riportando il

bilancio di tale attività in pareggio nell’arco di poco tempo.

Padre Livio nel 1971 propose al suo parroco una nuova iniziativa quella di creare gruppi misti di

ragazzi e ragazze delle scuole medie fino al matrimonio, per proporre loro un percorso spirituale in

continuazione a quello realizzato durante le catechesi precedenti al sacramento della confermazione,

non in contrasto con le attività di oratorio già presenti. Tale formula venne incoraggiata dal

responsabile della pastorale della città e futuro vescovo di Crema. monsignore Tresoldi e portò a

risultati importanti: nove vocazioni sacerdotali. Gli incontri furono organizzati una volta alla

settimana con una messa celebrata da lui a cui parteciparono i figli del professore Cigada, docente

dell’università “Cattolica” di Milano, che gli chiese la disponibilità a pubblicare, mediante la casa

editrice ”Sugarco” da lui acquistata, le omelie pronunciate durante la celebrazione eucaristica. Tra

le attività di questi gruppi vi fu anche il pellegrinaggio di una settimana presso la comunità di Taizè,

conosciuta grazie a padre Balducci.

Padre Livio iniziò a leggere anche testi di ascetica e di mistica che avrebbe commentato

successivamente a “Radio Maria” in particolare quello di santa Caterina da Siena, che tramite le sue

esperienze mistiche lo portò ad amare maggiormente il santo padre e a intensificare il proprio

cammino spirituale sulla base delle tre tappe indicate da lei: la conversione, la purificazione e infine

la via mistica.

Il 1985 fu per padre Livio un anno importante in quanto si dedicò anche allo studio dei mistici non

cristiani e si recò a Medjugorje, dopo avere sentito parlare, da un suo confratello, delle presunte

apparizioni della santa Vergine a sei ragazzi e avere letto, su tale argomento, un libro scritto dal

professore Frigerio.

Livio, pur non avendo visto segni prodigiosi, si convinse intimamente della veridicità delle visioni,

dalla naturalezza con cui i veggenti esposero gli eventi e dal clima di grande fervore percepito sul

posto. Egli diventò loro amico e traduttore dal momento che, da quell’anno, col permesso dei suoi

superiori, trascorse le sue vacanze in quel luogo e riferì le sue opinioni positive a monsignore Zanic.

Fanzaga conobbe le profonde divergenze tra i frati e il clero diocesano e sostenne sempre che la

Gospa si riproponeva il compito primario di riconciliare tali fratture.

Il fenomeno di Medjugorje, inoltre, cambiò la sua vita in modo radicale in quanto scoprì la

Madonna come persona viva, con una conseguente intensificazione della preghiera (il rosario

quotidiano completo con i venti misteri e il digiuno a pane e acqua il mercoledì e il venerdì) e una

diminuzione di interesse verso la cultura.

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Nel villaggio dell’Erzegovina, nel 1985-86, egli conobbe don Mario Galbiati che gli parlò della

radio istituita da lui nel 1982 ad Arcellasco d’Erba e che per incarico del parroco di Medjugorje,

aveva ricevuto il compito di diffondere i messaggi della Gospa.

Dal 1982 al 1987 tale emittente funzionò tramite un ripetitore installato sul campanile della

parrocchia presente nella città e il suo segnale arrivò fino a Lecco e all’Alta Brianza.

Don Mario chiese a Fanzaga di registrare, per la sua radio, alcune interviste e dialoghi da mandare

in onda sapendo che lui si era prestato da interprete ai veggenti dal momento che aveva imparato da

autodidatta il croato e durante i suoi studi aveva appreso anche il francese, il tedesco, lo spagnolo e

l’inglese.

Nel 1987 don Galbiati, a causa delle sue precarie condizioni di salute e del divieto di pubblicizzare

gli eventi dell’Erzegovina per il mancato giudizio definitivo dell’autorità ecclesiastica, decise di

cedere l’emittente radiofonica a un’associazione privata di laici in modo da non coinvolgere

direttamente la Chiesa.

“Radio Maria” ebbe una dimensione parrocchiale fino al 1987 e fu costituita, in anni in cui

nacquero le maggiori emittenti radiofoniche locali e nazionali, in seguito a una missione popolare

dei padri passionisti ad Arcellasco d’Erba in provincia di Como. L’aspetto peculiare che rese

differente questa nuova realtà da altre simili fu la comunicazione settimanale del messaggio della

santa Vergine poiché, come già detto, venne richiesta esplicitamente dallo stesso parroco di

Medjugorje.

L’imprenditore Emanuele Ferrario fu eletto presidente dell’associazione e chiese a padre Livio se

fosse stato disponibile a comprare nuove frequenze a Milano. Egli, proprio in quel periodo,

ricevette due notevoli somme di denaro donate da due parrocchiani per sdebitarsi con la Madonna, a

cui attribuirono alcune grandi grazie tramite la sua intercessione. Il sacerdote chiese di dare questi

soldi a Ferrario il quale comprò la frequenza 105.7 che dal Campo dei Fiori di Varese riuscì a

espandere il segnale in Piemonte e in metà Lombardia. Egli inserì padre Livio nel consiglio

direttivo dell’associazione, nel quale entrò dopo essere stato autorizzato dai suoi superiori, come

direttore dei programmi. Il sacerdote iniziò a contattare conduttori prestigiosi come il responsabile

della casa editrice “Ancora”, padre Severino Medici che venne ogni mercoledì mentre il giovedì di

ogni settimana andò a condurre la sua trasmissione padre Mason.

Don Galbiati chiese a pade Livio di tenere delle catechesi per giovani ogni venerdì e il presidente

Ferrario gli propose, terminato tale impegno, di recarsi dalle ore 23 per tutta la notte, in radio per

parlare con la gente. Egli accettò non prima di avere rassicurato il suo parroco che il sabato mattina

sarebbe stato a Milano, nella sua parrocchia, per celebrare la messa mentre il sabato sera Ferrario

avrebbe condotto la sua trasmissione in radio allo stesso modo di Fanzaga.

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Padre Livio dalle ore 23 alla mezzanotte rispondeva alle telefonate delle persone su temi religiosi;

successivamente era prevista la recita del rosario con replica alle ore 3 e alle 6. Durante questa

programmazione notturna vi erano delle pause con due rubriche che egli registrò precedentemente

(“Dialogo sulla Divina Provvidenza” di santa Caterina da Siena e la “ Mistica città di Dio” della

Serva di Dio Maria di Gesù de Agreda). Per la restante parte del tempo vi erano telefonate degli

ascoltatori sia nella notte del venerdì e sia in quella del sabato, fino al mattino, sorprendentemente

senza alcuna interruzione divenendo, questo, uno dei programmi in assoluto più ascoltati di “Radio

Maria”.

Si iniziò a istituire un ordine ben definito del palinsesto equilibrando la preghiera (il santo rosario e

la messa nella parrocchia), i programmi culturali e i momenti di svago. Tra il 1988 e il 1989 don

Mario perse il controllo delle radio a causa delle ripetute assenze per motivi di salute, partecipando

saltuariamente a qualche trasmissione.

Nel 1990 fu completata la rete nazionale e vi fu un forte dissenso tra l’associazione e il parroco di

Erba in quanto quest’ultimo pensò di creare una comunità religiosa diocesana formata da sacerdoti,

laici e religiose ma vi fu la netta contrarietà della controparte poiché sarebbe potuta diventare

l’unica proprietaria della radio.

Nel settembre 1991 padre Livio apprese che, durante le sue vacanze a Medjugorje, le trasmissioni

dalla parrocchia furono sospese e che alcune persone, appartenenti alla comunità di don Galbiati,

avevano preso il controllo dell’emittente radiofonica. Al suo ritorno dall’Erzegovina l’associazione

sospese il sacerdote informando subito la Curia di Milano la quale, dialogando tramite monsignore

Giudici con il presidente Ferrario, stabilì l’autorità dell’associazione.

Il divieto di trasmettere dalla parrocchia fu aggirato tramite un amico di padre Livio che gli

assicurò, per un mese, i collegamenti, mediante alcuni studi mobili, da diverse parrocchie da

Ancona, dalla Puglia e dal Lazio, sempre da un luogo diverso e tale abitudine fu mantenuta fino ai

giorni nostri.

Lo scontro fu causato dal fatto che don Mario voleva proporre la creazione di una comunità da

gestire personalmente guidando anche le ore di preghiera e accogliendo quanti volessero confessarsi

creando così la “parrocchia dell’etere” mentre l’associazione seguiva il percorso contrario, cioè

quella di una radio tra la gente e non come una struttura.

Padre Livio ebbe regolarmente rapporti, in obbedienza al permesso scritto rilasciato dai suoi

superiori rinnovato ogni anno, con l’Ufficio Comunicazioni Sociali della Curia ambrosiana. Egli

continuò ad appartenere alla comunità degli Scolopi di Milano ma fu ritenuto “distaccato” a “Radio

Maria” per condurre lì il suo apostolato.

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Nel 1992 una famiglia regalò all’emittente un appartamento a Roma (in via Casilina, vicino al

raccordo anulare) dove fu installata una regia; una giornalista volontaria, Giovanna Tudisco, si offrì

come caporedattrice. Successivamente, tramite un satellite, i programmi trasmessi iniziarono ad

essere ascoltati dagli italiani all’estero e dal 1990 iniziò una collaborazione con un gruppo di

polacchi che voleva creare, in Polonia una “Radio Maria” sul modello di quella italiana.

La posizione ufficiale dell’emittente fu quella di essere un’associazione privata completamente

autonoma circa i programmi, l’amministrazione e l’organizzazione ma sotto il controllo del

Vaticano per quanto concerne la linea pastorale e la dottrina. A dimostrazione di ciò basti pensare

che nel 1995 50 cardinali parlarono in diretta o rilasciarono interviste in radio140.

Vediamo ora com’era organizzato il palinsesto di “Radio Maria”.

Fanzaga alle ore 8.45 iniziava il commento alla stampa e a seguire quello del catechismo della

chiesa cattolica del 1992. A mezzogiorno era prevista la recita della preghiera mariana dell’

”Angelus” e la successiva edizione del giornale radio in onda alle ore 13.30. Esso era diviso in

notizie dal mondo e nell’ultima parte in quelle dalla Chiesa. Fanzaga dichiarò di guardare in

televisione molti telegiornali per migliorare i propri criteri di scelta delle notizie presentate nelle sue

trasmissioni 141.

Nell’emittente radiofonica era assicurata la presenza di volontari il giorno e la notte.

Nel caso in cui padre Livio non avesse potuto andare in onda alle ore 9 sarebbe stato trasmesso il

radiogiornale vaticano e successivamente la replica di qualche catechesi per giovani.

Un aspetto particolare del carattere di Fanzaga fu la riservatezza tanto che da sempre dichiarò di

volere svolgere il suo lavoro senza partecipare a convegni per evitare il tentativo di essere

condizionato in questa missione verso la quale non vi furono mai critiche da parte della Curia di

Milano; secondo quanto riferito al sacerdote di Erba da alcune fonti attendibili, il cardinale Martini

ammise più volte che “Radio Maria protegge la fede del popolo”.

Per un certo periodo l’emittente trasmise, fino a quando non subentrò la dimensione internazionale,

insieme a “Radio A” della diocesi di Milano, i discorsi del cardinale Martini il quale scrisse

numerose lettere a padre Livio con forti apprezzamenti per la preziosa opera portata avanti da lui e

dai suoi collaboratori.

Inizialmente uno degli aspetti principali di “Radio Maria” fu quello devozionale a cui seguì un

filone culturale e un inserimento pieno nella realtà ecclesiale. La radio iniziò a seguire i convegni di

diversi movimenti dando anche spazio alla diretta della settimana liturgica o quella di realtà

diocesane e chiedendo ai vescovi di tenere delle catechesi. Inoltre Fanzaga chiese ai responsabili

140 Ibid., pp. 39- 65. 141 Ibid, pp 67- 75.

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degli studi mobili di contattare cardinali per invitarli a celebrare l’eucaristia durante la loro

settimana di preghiera.

Giovanni Paolo II fu estremamente favorevole a questa emittente tanto da averle dedicato alcuni

discorsi pubblici (riportati in appendice) nell’udienza generale del 23 marzo 1994 , del 29 marzo

1995 e del 18 aprile 1996.

“Radio Maria” fu molto ascoltata anche in Vaticano per il notevole spazio dedicato al papa

mediante la trasmissione dell’Angelus domenicale, il rosario del mattino e quello della sera,

l’udienza generale del mercoledì e infine i programmi dedicati al Magistero pontificio.

Nonostante le critiche di molte emittenti radiofoniche cattoliche concorrenti, concernenti

l’eccessivo risalto alla tematica religiosa, “Radio Maria” è considerata, in riferimento al numero di

ascoltatori, tra le prime 10 radio private in Italia e la prima come durata di ascolto. Questi ultimi due

dati combinati dimostrano come tale emittente sia arrivata ai vertici della radiofonia nazionale

privata.

Tale aspetto è stato evidenziato anche dalla stampa laica che si è occupata a più riprese di Radio

Maria. Anche la televisione ha manifestato interesse per l’emittente di Fanzaga: si ricordano, fra gli

altri, alcuni servizi su Raidue (Cronaca in diretta), Canale 5 (TG5), Italia 1 (Studio Aperto) e su una

televisione tedesca.

Negli ultimi tempi c’è stata una limitazione dei contenuti riguardanti Medjugorje a cui padre Livio

ha deciso di dedicare la serata del 25 del mese in diretta da qualche parrocchia o monastero per

trasmettere il rosario completo durante il quale viene proclamato il messaggio della Gospa a cui

segue il giorno successivo un breve suo commento. Padre Livio, comunque, si è dichiarato

disponibile a non parlare più di tali apparizioni nel caso in cui l’autorità ecclesiastica si fosse

espressa in questo senso.

Padre Livio fu attaccato da alcune riviste e si scontrò col teologo francese Laurentin poiché criticò

aspramente una presunta mistica, Vassula Ryden, in quanto, pur essendo ortodossa, si accostò in

modo ritenuto inadeguato ai sacramenti cattolici e scrisse alcuni opuscoli nei quali espresse molte

idee a suo modo di vedere contrarie al cattolicesimo. Tra il 1988 e il 1989 un conduttore

radiofonico, in assenza di Fanzaga, trasmise, nel proprio programma, la registrazione di un discorso

di questa visionaria. Padre Livio, al suo ritorno, seppe quanto accaduto e approfondendo alcune

notizie circa la sua figura, diventata famosa in buona parte della Chiesa cattolica e negli ambienti

favorevoli a Medjugorje, avviò un apposito studio, con l’aiuto di alcuni esperti, pubblicato sulla

rivista “Sette e religioni”.

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“Radio Maria” continuò la sua battaglia contro Vassula dal momento che la sua testimonianza iniziò

a essere accettata dai gruppi legati a Medjugorje diventando per questi ultimi una minaccia alla loro

credibilità.

Nel 1995 la Congregazione per la Dottrina della Fede dichiarò, in modo definitivo, la chiusura della

questione giudicandola negativamente.

Differentemente dal caso appena descritto la Gospa, a Medjugorje, non scelse dei veggenti

svincolati dalle istituzioni ecclesiali ma al contrario, si servì di persone legate alla parrocchia

locale142.

Uno dei casi che ebbero maggior rilievo su “Radio Maria” fu quello della lacrimazione della

statuina della Madonna di Civitavecchia che legò gli eventi del villaggio dell’Erzegovina a un

vescovo italiano (conduttore di una rubrica mensile sull’emittente di Fanzaga).

Il 2 febbraio 1995 una statuina della Madonna, alta 42 centimetri e regalata da alcuni amici

provenienti da Medjugorje, iniziò a piangere sangue nel giardino della famiglia Gregori, secondo

quanto affermarono i componenti, per 4 giorni. Si svolsero numerosi esami al termine dei quali non

risultò alcuna anomalia. Fu avvertito il vescovo, monsignore Girolamo Grillo, che, a distanza di una

settimana il 15 marzo, vinse ogni scetticismo in quanto affermò che, alla presenza di alcuni

testimoni, vi fu una ulteriore lacrimazione di sangue proprio nelle sue mani. Il 17 giugno 1995 egli

collocò in chiesa l’effige per consentire ai fedeli di venerarla affermando: “Questa grazia ci viene

da Medjugorje”e in tale occasione celebrò la messa, a cui parteciparono migliaia di persone con l’ex

parroco di san Giacomo padre Jozo Zovko. La magistratura italiana archiviò il caso nel novembre

2001. Il gip Carmine Castaldo ricondusse la causa delle lacrimazioni o a un caso di suggestione

collettiva oppure a fenomeno sovrannaturale.

Gli accertamenti effettuati dagli esperti sulla statuina misero in luce che essa non fu contraffatta e

non vi furono indizi che poterono attribuire alla famiglia Gregori una manipolazione del fenomeno

verificatosi sotto gli occhi di diverse persone143.

Oltre a questi temi che, indubbiamente, interessarono un grande numero di persone “Radio Maria”

ebbe alla base del suo palinsesto trasmissioni di cultura religiosa e di preghiera.

Alle ore 5.45, dopo il rosario del papa in latino, vi è la “lectio divina”cioè la meditazione di un testo

della sacra Scrittura. Alle ore 7 è prevista la recita delle preghiere del mattino del buon cristiano,

“l’Angelus” e un cenno biografico del santo del giorno e al termine il collegamento con qualche

parrocchia per la recita del rosario, la celebrazione della messa e le lodi mattutine. La celebrazione

eucaristica è da sempre la trasmissione maggiormente seguita nell’arco della giornata. Alle ore 12

c’è la recita della preghiera mariana dell’ ”Angelus” e dell’ora sesta. Alle ore 16.45 è inserito nel 142 Ibid., pp 77-91. 143 CANIATO - SANSONETTI, Maria, alba del terzo millennio, cit., p. 376.

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palinsesto il collegamento con carceri, caserme, case per anziani, centri di accoglienza, parrocchie

o monasteri (contattate dagli studi mobili presenti in ogni regione e gestiti da volontari) per la recita

del rosario, dei vespri e della benedizione eucaristica, alle ore 20.10 le preghiere della sera e a

seguire il rosario a cui possono partecipare gli ascoltatori in diretta, replicato a mezzanotte e alle ore

3. Alle ore 22.30 è prevista la recita della preghiera di “Compieta”.

Accanto agli appuntamenti appena descritti nel palinsesto sono previsti altri di catechesi condotti da

vescovi, sacerdoti e laici. Sono stati istituiti dei corsi di pastorale, di dogmatica e di storia della

Chiesa. Le trasmissioni, specializzate e non, sono seguite con grande interesse. Esse si suddividono

in due parti: nella prima, della durata di circa tre quarti d’ora, parla il conduttore mentre la seconda

è dedicata all’intervento telefonico degli ascoltatori. Il linguaggio usato è semplice e chiaro, per non

creare confusioni dottrinali, anche da parte dei laici (come Antonio Socci, Angelo Montonati,

Enrico Chiusura, Marco Invernizzi, Angela Cardia) che intervengono saltuariamente.

Ogni giorno dal lunedì al venerdì dalle ore 14 alle ore 15.30 c’è uno spazio, solitamente condotto da

Roberta Zappa, una stretta collaboratrice di Fanzaga, in cui la gente telefonando dall’Italia e

dall’estero ha la possibilità di salutare, porgere auguri e fare dediche.

L’emittente radiofonica, secondo quanto afferma Fanzaga, ha fatto molte battaglie su determinati

temi tra cui quello della chiusura domenicale dei negozi, con l’ausilio anche, tra gli altri, del teologo

Enzo Bianchi e di uno spot creato dal direttore della radio mandato in onda diverse volte nell’arco

della giornata per una settimana, che disse: “Piuttosto che fare acquisti in un negozio di domenica,

sparatevi”.

“Radio Maria” è iscritta sia al “Consorzio delle Radio Locali” per riaffermare la propria identità

cattolica e quella del servizio alla Chiesa tramite l’evangelizzazione e sia alle “Radio Nazionali

Associate” che raggruppa le 15 emittenti più importanti d’Italia.

Inoltre mediante un accordo con “Radio Vaticana” è riuscita a trasmettere i programmi dell’

emittente pontificia (e quindi la voce del papa) nelle frequenze FM144.

Lo stretto legame tra “Radio Maria” e Medjugorje è dimostrato, tra l’altro da un messaggio dato

dalla Gospa tramite i veggenti durante un pellegrinaggio nel villaggio dell’Erzegovina, organizzato

dall’emittente nel gennaio 1986, nel quale la Madonna chiese agli operatori della radio di essere

annunciatori di conversione diffondendo e testimoniando i suoi messaggi. Tale contenuto fu il

criterio usato da padre Livio per organizzare il palinsesto.

Lo sviluppo a livello mondiale è avvenuto su due piani: dopo avere raggiunto tutta l’Italia “Radio

Maria” arriva oggi ai nostri connazionali fuori dal nostro paese mediante il satellite, internet e la

modalità FM.

144 FANZAGA - MONTONATI, Radio Maria un miracolo di volontariato, pp 96- 105.

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Tutte le iniziative internazionali sono coordiante da un Ufficio Esteri, guidato dal presidente

Ferrario e gestito da un sacerdote austriaco a cui fu affidato l’incarico di andare nei diversi paesi per

verificare il palinsesto e l’organizzazione amministrativa di ogni emittente nazionale che doveva

essere basata su principi condivisi: la preghiera, l’evangelizzazione, la trasparenza economica, la

mancanza di spot pubblicitari e infine un’attenzione particolare verso le fasce più deboli della

società come i malati, gli anziani e i poveri. Inoltre è stata istituita la “Famiglia mondiale di Radio

Maria” un organismo internazionale che consente un ampio confronto circa la programmazione e

gli aspetti di natura economica inerenti alla gestione delle singole emittenti.

Oltre alla sede centrale di Erba, dove i dipendenti non furono mai più di tre, sono stati creati, a

Casciago in provincia di Varese, diversi centri a capo dei quali vi è una persona regolarmente

stipendiata, l’ufficio tecnico, quello dedicato alla promozione stampa e contatti con gli attivisti e

l’ufficio collegamenti.

“Radio Maria” ha, sul nostro territorio una diffusione capillare anche nei paesini grazie ai circa 900

ripetitori.

Questa emittente ha fatto da subito un largo uso di volontari pronti a spostarsi anche fino a 50

chilometri per raggiungere gli studi mentre altri si dedicano a girare presso asili, scuole, ospedali,

carceri e parrocchie per distribuire del materiale inerente all’associazione.

Una delle fonti di sostentamento è il denaro proveniente da molte famiglie italiane all’estero da

paesi come la Germania, la Gran Bretagna e la Svizzera nel Canton Ticino; qui 10.000 persone

ascoltano i programmi prodotti a Erba.

L’organigramma dell’emittente è composta da circa cinquanta soci, i quali non ebbero mai azioni o

somme di denaro investite nella radio ma compiti precisi da assolvere, dell’ ”Associazione Radio

Maria”, nella quale vi è una rappresentanza equilibrata del nord, centro e sud Italia, più una

significativa presenza di paesi esteri. Quest’organo nomina un direttivo il quale ha come compito

l’elezione di un presidente con funzione di coordinamento delle mansioni e di supervisore sulle

radio fuori dal nostro paese, sull’amministrazione, sull’ufficio esteri e sulla possibilità di intervento

nel settore tecnico in decisioni importanti come quella della valutazione dell’ acquisto di ulteriori

frequenze.

Il direttivo si riunisce ogni mese, invece i soci si trovano una volta all’anno per l’approvazione del

bilancio preventivo e consuntivo da presentare alla società di revisione “Peat Marwick” che ha il

compito di emettere la certificazione.

Il numero degli assistenti al mixer più quello dei conduttori raggiunge quota 150. Tra questi ultimi

vi sono anche francescani, gesuiti, domenicani, focolarini e neocatecumenali145.

145 Ibid, pp. 107- 117.

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Tra queste persone vi è stato anche padre Gabriele Amorth, sacerdote dal 1954 e fondatore nel 1990

dell’ ”Associazione Internazionale degli esorcisti” di cui fu presidente effettivo fino all’anno 2000.

Egli è stato esorcista nella diocesi di Roma dal 1996 e da diversi anni tiene delle trasmissioni

mensili su “Radio Maria”.

Un altro programma che da sempre ottiene, secondo i responsabili dello studio mobile di Torino, un

notevole successo con milioni di ascolti solo in Italia, è la rubrica in diretta dal capoluogo

piemontese “Alla scoperta del cristianesimo” condotta anche da don Adriano Gennari. Questi è un

sacerdote conosciuto in tutta la diocesi, in diverse parti d’Italia e nel mondo per avere fondato

presso l’abbazia di Casanova, frazione di Carmagnola, in provincia di Torino, la comunità

“Cenacolo Eucaristico della Trasfigurazione” (in particolare qui, l’8 dicembre 2003, ha istituito una

comunità monastica di suore laiche denominata “Giovani Sorelle dell’Eucaristia”). Unitamente a

ciò ha creato, inoltre, l’omonima associazione ONLUS, con sede legale a Torino (dove ha aperto

uno dei due centri di ascolto). Essa ha come scopo principale la lotta contro la povertà spirituale e

materiale anche mediante l’apertura di una mensa festiva per i poveri in via Belfiore 12 a Torino.

Milioni di persone ricevute da lui presso i due centri di ascolto (quello di Torino e di Carmagnola) e

che hanno partecipato alle sue celebrazioni hanno affermato di avere ottenuto delle guarigioni

prodigiose nel corpo e nello spirito riferite in apposite testimonianze, alcune delle quali sono

corredate da certificati medici. Questi documenti, depositati presso la sede dell’associazione,

continuano ancora oggi a essere pubblicati sia su un giornalino cartaceo e sul sito internet

www.cenacoloeucaristico.it.

Secondo molti fedeli don Adriano ha ancora oggi alcuni carismi speciali datogli da Dio, agli inizi

degli anni’ 90, quando iniziò a guidare quello che fu un piccolo gruppo di preghiera e che ben

presto arrivò a essere la comunità di fede più numerosa della diocesi torinese.

Tra i numerosi impegni di don Gennari vi è, oltre le già ricordate regolari catechesi mensili, anche

la guida, organizzata diverse volte dal monastero di Carmagnola, delle dirette per l’ora di

spiritualità pomeridiana su “Radio Maria”146.

Padre Livio fu l’unico autorizzato a scegliere i conduttori delle trasmissioni contattando alcuni

scrittori di libri, organizzando con loro una tavola rotonda sul tema trattato e nel caso avessero

superato tale prova avrebbe affidato, alla persona in questione, uno spazio per trattare il tema in

modo sistematico e continuativo. L’obiettivo principale ( quello di creare una radio vivace) divenne

uno dei criteri che influenzò tali sue scelte. L’aspetto principale in tutto ciò fu quello del

volontariato; nonostante le scarse aspettative previste dal presidente Ferrario quando furono lanciati

146 A. GENNARI, Pregare per amare: preghiere e riflessioni di Don Adriano Gennari, Torino, Cenacolo Eucaristico della Trasfigurazione, 2011, pp. 64-65.

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i primi appelli per trovare delle persone disponibili a curare la redazione romana o studi mobili in

qualunque parte del nostro paese, vi fu una risposta molto positiva così come in America Latina, in

Africa e in Polonia. Nei punti principali vi era bisogno di persone che lavorassero in modo regolare.

I conduttori e gli assistenti al mixer erano dei professionisti ( per esempio svolgevano l’incarico di

insegnanti) che avevano però bisogno di apprendere il linguaggio radiofonico non freddo ma

coinvolgente verso il pubblico.

I giornalisti veri e propri erano molto pochi ma comunque presenti come lo stesso padre Livio e la

responsabile della redazione di Roma. Tuttavia l’impostazione complessiva dell’emittente risaltò

l’aspetto umano e la preparazione culturale di persone non rientranti in quella professione147.

Il regolamento interno di “Radio Maria” riguardava esclusivamente l’orientamento spirituale delle

trasmissioni i cui contenuti non dovevano essere mai in contrasto col papa e i vescovi; un altro

punto focale era l’invito, verso ogni conduttore a fare precedere la propria diretta con un momento

di preghiera personale in una piccola cappella ottenuta a questo scopo.

Il linguaggio utilizzato era da sempre caratterizzato da vocaboli semplici e comprensibili a tutti

evitando anche ogni strumentalizzazione politica.

I programmi riguardano pure tematiche non perfettamente inerenti all’ambito cattolico come quelli

sui i Testimoni di Geova o sulle sette e altri che incentivavano dibattiti attorno a temi sensibili ai

cattolici come l’aborto o l’eutanasia.

Gli ascoltatori nei loro interventi telefonici devono rispettare i temi in oggetto della catechesi

appena svolta.

Un elemento fondamentale sia per il singolo volontario come per il tecnico stipendiato regolarmente

è l’adesione interiore al progetto missionario dell’emittente.

Oltre agli appuntamenti di preghiera, in particolare la messa del mattino e il rosario della sera, gli

argomenti verso cui gli ascoltatori hanno un interesse molto forte riguardano quelli trattati nei

programmi di spiritualità. In questi ultimi affascinano molto i temi del combattimento spirituale,

l’impegno morale e il cammino di perfezione. A seguire il maggiore interesse è rivolto verso quelli

dedicati alla teologia e alla catechesi, poi l’educazione, la famiglia, la medicina e infine

l’intrattenimento.

Molte telefonate e lettere ricevute da padre Livio testimoniano che molte persone si sono convertite

al cattolicesimo o ritornate a una vita di fede. Una tra le tante lettere venne scritta da una prostituta

che dichiarò di avere abbandonato la sua attività dopo avere ascoltato, con una certa assiduità, molti

programmi dell’emittente.

147 FANZAGA - MONTONATI, Radio Maria un miracolo di volontariato, cit., pp. 118- 121.

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Padre Livio ha dichiarato che il mezzo radiofonico è quello più adatto alla evangelizzazione rispetto

alla televisione; secondo Fanzaga, infatti, Gesù non diede come mandato il mostrarsi ma quello di

andare e predicare e in ciò la radio aiutò moltissimo dal momento che vi fu la possibilità di

ascoltarla in qualunque luogo.

Visto che numerosissimi sono gli ascoltatori dalle auto di “Radio Maria” Fanzaga si è attivato per

coprire con 150 impianti tutte le autostrade e le grandi arterie d’Italia.

La “Radio Maria” polacca provò a diventare un canale televisivo. Padre Livio, pur concedendo la

possibilità di realizzare tale progetto, impose di non chiamarla “Tele Maria”. Secondo Fanzaga col

mezzo televisivo si sarebbe perso quel taglio evangelico che le immagini non avrebbero mai reso148.

Secondo la stima di “Audiradio” l’emittente guidata da Fanzaga raggiunse una media di 2 milioni di

ascoltatori al giorno (con una media settimanale di 5 milioni) diventando la quinta o sesta radio più

ascoltata in Italia (a seconda dello share di “Radio Montecarlo”). Il 60 % del totale delle persone

sintonizzate sono donne e anziane. Sui 2 milioni di ascoltatori giornalieri moltissimi i giovani.

Secondo il giornalista Vincenzo Sansonetti “c’è gente, fior di professionisti, ma anche impiegati,

tecnici, operai e perfino studenti, che arriva tardi al lavoro, o alle lezioni in università, per sentire in

auto la radio” sintonizzandosi sul commento alla stampa del mattino curato da padre Livio ascoltato

da oltre un milione di persone149.

Anche il fondatore di “Comunione e Liberazione”, don Giussani, si recò personalmente a

Medjugorje giudicando in maniera positiva l’incontro con la veggente Marja. Numerosi convegni

nazionali del suo movimento sono seguiti da “Radio Maria”, ogni anno, con apposite dirette da

Rimini.

La stessa attenzione è stata rivolta dall’emittente alla convocazione nazionale del “Rinnovamento

dello Spirito” che porta, da diversi anni, nella città romagnola circa 30.000 persone, appartenenti a

questi gruppi di preghiera (guidati non necessariamente da sacerdoti ma anche da laici) da tutte le

parti d’Italia per giornate di profonda orazione.

Molti personaggi della cultura ma anche laici e sacerdoti che hanno ricevuto da Dio particolari

carismi di liberazione e guarigione sono intervenuti in radio. Addirittura vi sono testimonianze,

esposte durante l’incontro, secondo le quali tali episodi di guarigione si sono verificati anche tra

coloro che erano sintonizzati per mezzo della radio.

Attualmente il presidente del “Rinnovamento nello Spirito” è un laico Salvatore Martinez. Oltre a

essere un compositore di musica sacra dal marzo 2008 ottenne l’incarico dal papa di Consultore del

Pontificio Consiglio per i Laici150.

148 Ibid., pp. 123- 131. 149 SANSONETTI, Radio Maria, cit., p. 77. 150 BROSIO, A un passo dal baratro, cit., p. 135.

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3.2 DA EMITTENTE LOCALE A NETWORK INTERNAZIONALE

Il principale obiettivo di “Radio Maria” è stato quello di venire incontro alle esigenze spirituali dei

suoi ascoltatori.

Uno dei risultati maggiori registrati è stato un sensibile aumento di persone che hanno scelto la vita

religiosa grazie alle trasmissioni di questa emittente; per esempio il rettore del seminario

interregionale di Napoli disse a padre Livio che ben 5 ragazzi scelsero di diventare sacerdoti grazie

ai suoi programmi i quali ebbero anche un notevole impatto sulle vocazioni femminili,

specialmente quelle all’interno dei monasteri.

Fanzaga dichiarò di avere ricevuto molte critiche dalle parti politiche in quanto, nel commento alla

stampa del mattino, espresse sempre liberamente tutte le sue opinioni senza rendere conto a nessuno

e interpretò gli eventi alla luce della fede. Un’accusa molto dura nei suoi confronti fu quella di

parlare in modo eccessivo del diavolo151.

Padre Livio divenne quasi un confessore radiofonico; egli raccontò che una ragazza chiamò in

diretta, durante una sua trasmissione, per raccontare di essersi recata dai maghi ma di non avere

avuto il coraggio di confidare ciò durante il sacramento della confessione; altre domande si

concentrarono sull’approfondimento teologico e su quesiti inerenti ad altre catechesi.

Secondo padre Livio per comprendere il Novecento è necessario interpretare gli eventi storici di

questo secolo alla luce dei contenuti espressi, nel 1917, dalla Madonna a Fatima specialmente dopo

il gesto di papa Giovanni Paolo II di avere incastonato, nella corona della statua della santa Vergine

durante il suo pellegrinaggio nella città portoghese, la pallottola sparata contro di lui in piazza San

Pietro il 13 maggio 1981. Fanzaga dichiarò che secondo lui fu questo pontefice ad avere contribuito

in maniera sostanziale al crollo del regime sovietico. Egli collegò tale evento a quanto affermò la

Gospa (ella per la prima volta fece un riferimento ad un’apparizione precedente) tramite i veggenti

di Medjugorje e cioè di essere apparsa in questo territorio per completare il programma di Fatima.

Entrambe le apparizioni, secondo padre Livio, mostravano l’influenza della pietà mariana nei

confronti della religiosità popolare. Da un punto di vista teologico il documento del Concilio

Vaticano II sulla Madonna inserito, al capitolo settimo, nella costituzione dogmatica sulla chiesa

“Lumen Gentium” pose le basi per una corretta devozione verso Maria. Alcuni concetti di tali

documenti furono ripresi sia da Paolo VI che scrisse l’esortazione apostolica “Marialis Cultus” e

anche da Giovanni Paolo II con l’enciclica “Redemptoris Mater” al fine di superare quella crisi post

conciliare che riguardò l’intero ambito ecclesiastico non escludendo neanche la devozione mariana.

151 SANSONETTI, Radio Maria, cit. pp. 77-78.

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Padre Livio sostenne come l’editoria cattolica fu avvantaggiata nell’evangelizzazione in quanto

riuscì ad esprimere quella forza apparentemente assente nelle radio e nelle tv cristiane152.

Il periodo tra l’anno 1996 e il 2011 fu caratterizzato dagli interventi economici della Chiesa

cattolica, mediante il “Progetto culturale” della “Conferenza episcopale italiana”, al fine di

consentire lo sviluppo editoriale per esempio del quotidiano “Avvenire” e per la realizzazione di un

circuito televisivo e radiofonico come ausilio alle emittenti cattoliche.

Tale realtà consentì la prosecuzione dello sviluppo autonomo del segnale di “Radio Maria” sul

territorio italiano con la conseguenza di un forte aumento del numero degli ascoltatori. La presenza

degli studi mobili in tutte le province consentì di effettuare i due collegamenti esterni dedicati alla

preghiera mattutina e pomeridiana da località differenti, facendo di “Radio Maria” l’emittente più

ascoltata negli ospedali e nelle carceri ( il 30% del totale degli ascoltatori iniziò a seguirla dalla

propria auto).

In quest’ultimo arco di tempo considerato le “Radio Maria” si moltiplicarono all’estero,

trasmettendo in lingua locale, arrivando a 57 nel mondo (tutte furono considerate delle associazioni

civili nazionali) più altre 4 dedicate alle minoranze linguistiche.

La “Famiglia Mondiale” nacque nel 1998 e fu istituita dalle circa 20 emittenti internazionali (le

quali furono da sempre considerate come associazioni indipendenti). I membri sono i presidenti

delle singole radio ed hanno il compito di eleggere un Consiglio di Amministrazione al cui vertice

vi è un sacerdote che ha come mansione il controllo dei contenuti dei singoli palinsesti e la

vigilanza sul carisma.

Questa istituzione ha creato un unico sistema satellitare che consente a tutte le emittenti del gruppo

di trasmettere via etere. E’ stata inoltre realizzata una rete internet che raggruppa tutte le emittenti.

La “Famiglia Mondiale” ha lavorato per aprire nuove emittenti inviando, ad esempio,

l’apparecchiatura indispensabile e tecnici esperti. Un altro servizio molto importante è quello legato

alla formazione per i presidenti e i direttori; sono stati inoltre organizzati dei convegni come quello

del 1999 in Perù dedicato alle radio dell’America Latina e anche in Malawi per quelle in lingua

inglese. Gli incontri mondiali si tennero a Como nel 2000 per le emittenti già operative e quelle in

costruzione. Infine quello del 2002, sempre nella città lombarda, fu dedicato, invece, ai sacerdoti –

direttori dell’America Latina.

Il secondo convegno mondiale si è tenuto nel 2003 e dal quel momento si svolse ogni 3 anni o a

Roma o a Collevalenza nella provincia di Perugia.

152 FANZAGA - MONTONATI, Radio Maria un miracolo di volontariato, cit., pp. 138 - 143.

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Un altro momento significativo è stato quello della recita della preghiera di consacrazione di “Radio

Maria” alla Vergine dell’Annunciazione, nell’anno del Grande Giubileo, il 25 marzo 2000, da parte

di tutti i sacerdoti- direttori.

Uno dei compiti della “Famiglia Mondiale” è il mantenimento dei rapporti con la chiesa locale circa

la scelta (autorizzata dall’ordinario diocesano del luogo e dal presidente del Consiglio di

Amministrazione) del sacerdote - direttore al quale è garantito uno stipendio minimo per vivere

dignitosamente.

Da un punto di vista economico la “Famiglia Mondiale” viene sostenuta dal 10 % dei ricavi delle

singole emittenti ma quella italiana versa una cifra maggiore per consentire la fondazione di nuove

radio nel mondo o per permettere loro di espandere il proprio segnale sul territorio.

La “Famiglia Mondiale” ha la sua sede amministrativa a Casciago nella provincia di Varese e quella

legale a Roma dove, sin da subito, si è mantenuta in stretto contatto col Pontificio Consiglio per le

Comunicazioni Sociali ed è divenuta talmente importante da essere riconosciuta ufficialmente come

ONG internazionale dalle Nazioni Unite.

Nel convegno mondiale del 2011 si concentrò un’attenzione particolare per il continente africano

stabilendo una ulteriore destinazione del 5 % dei ricavi alle emittenti di quelle zone e attuando un

gemellaggio basato sulla regola secondo la quale l’emittente in piena attività avrebbe dovuto

aiutare, in modo particolare, una emittente corrispondente sul territorio africano, concretamente ciò

significò, ad esempio, un continuo incontro tra i direttori per la recita insieme del rosario in diretta,

lo scambio di chiamate tra gli ascoltatori delle emittenti.

Ogni radio, così come la “Famiglia Mondiale”, è composta da diversi organi: un direttivo e un

comitato esecutivo che si riunisce ogni mese.

Tutte le 61 “Radio Maria” nel mondo possono contare su 1400 ripetitori, 18.000 volontari e 30

milioni di ascoltatori.

Una caratteristica notevole di questa emittente è il suo impulso missionario. Fin dalle origini sono

stati gli ascoltatori a richiedere la sua presenza sul territorio italiano.

Nel 1989 padre Tadeusz Rydzyk venne a Erba per capire il funzionamento della radio per avviare la

medesima iniziativa in Polonia.

Dal 1993 l’emittente incominciò a interessarsi all’Africa andando nel Burkina Faso. In quella zona,

pur mancando le strutture e i tecnici, “Radio Maria” fu accolta molto positivamente in quanto il

prezzo dell’apparecchio per ascoltare l’emittente era davvero molto basso e quello per acquistare le

frequenze, al di fuori delle grandi città, accessibile.

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Una caratteristica sorprendente è l’ascolto della radio anche da parte degli animisti e dei musulmani

per il ruolo non esclusivamente religioso che assunse ponendosi anche l’obiettivo della promozione

umana, della cultura, della medicina e dell’alfabetizzazione.

L’ostacolo maggiore è invece rappresentato dalle moltissime lingue e dialetti parlati all’interno di

uno stesso stato.

Nel 2011 le “Radio Maria” in Africa erano 16 più altre in costruzione. Le maggiori difficoltà sono

causate dalla mancanza di personale adeguato e quindi i tecnici dell’emittente hanno dovuto portare

assistenza in quelle zone per realizzare impianti e prendersi cura della manutenzione. Un altro

fattore favorevole è la relativa facilità con cui trovare i sacerdoti- direttori grazie alle numerose

vocazioni presenti. I volontari si occupano, inoltre, di raccogliere le offerte fuori dalle parrocchie

poiché mancano strumenti importanti per spedire il denaro tramite il conto corrente postale.

La maggior parte delle emittenti riesce a fronteggiare le spese ordinarie in modo autonomo; invece

per quanto riguarda l’acquisto di nuove frequenze, l’installazione di ripetitori e la costruzione di

tutte quelle tecnologie necessarie per il collegamento satellitare vi è bisogno del sostegno esterno.

Complessivamente, negli ultimi anni, lo sviluppo dell’emittente in Africa è stato un obiettivo

prioritario dell’intera “Famiglia mondiale” che si è attivata aumentando gli aiuti finanziari a tale

scopo proprio per il desiderio straordinario di ascolto, per le frequenze a basso costo e per il grande

numero di nuove adesioni al cristianesimo.

Le iniziative per l’apertura di ulteriori strutture avviene sempre su chiamata dei cristiani con le

dovute autorizzazioni dei governi. Una forte presenza negli ultimi anni si è sviluppata nell’Africa

centrale e vi è un progetto di istituire una stazione speciale per trasmettere in diretta le celebrazioni

dal santuario mariano di Kibeho dove vi è stata un’apparizione mariana approvata dalla Chiesa. La

santa Vergine preannunciò la tragica guerra che si verificò tra due tribù: degli Hutu e dei Tutsi nel

1985.

I sacerdoti e i vescovi sono da sempre la base principale di diffusione di “Radio Maria”

(specialmente quelli che andarono a Roma per motivi di studio o per visitare il Papa).

La diffusione dell’emittente non è avvenuta sulla base di una strategia ben definita in precedenza

ma su richiesta specifica di gruppi locali alla quale è seguita la costituzione di un’associazione e lo

studio delle necessarie formalità burocratiche con le condizioni e i prezzi di acquisto delle licenze e

delle frequenze.

Per ovviare alla difficoltà di trovare sacerdoti direttori sono stati organizzati, negli anni, dei corsi

annuali di formazione della durata di un trimestre presso la sede di Roma della “Famiglia

Mondiale”.

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Un altro aspetto da evidenziare è il contatto continuo con alcune facoltà di teologia per organizzare i

corsi di mariologia e di comunicazione sociale.

Accanto al direttore è sempre presente il presidente del Consiglio Direttivo dell’associazione. Egli è

un laico con qualità professionali nell’ambito tecnico, amministrativo e della diffusione

comunicativa, per acquisire le quali si sono resi necessari dei corsi meno lunghi. Accanto a tali

impegni si aggiungono gli incontri continentali per l’acquisizione degli aggiornamenti; essi si sono

tenuti in Africa (in Tanzania a Dar Es Salama) dove fu costruita una sede della “Famiglia

Mondiale” che si occupa di una formazione continua.

Il progetto di “Radio Maria” ebbe, fin dalla nascita, un carisma speciale che, in particolare chi si

sentì chiamato a contribuire alla gestione dell’emittente, dovette assimilare. Accanto alla

conversione, la preghiera, l’evangelizzazione, l’aspetto davvero unico ha riguardato il volontariato e

l’assenza totale di pubblicità.

Padre Livio sottolineò con forza questi aspetti: “Ripeto, l’assimilazione del carisma di Radio Maria

è il problema più importante, perché da qualche parte c’è la tentazione di fare una radio come tante

altre radio cattoliche, ottime anche quelle, ma che non sono la nostra”.

L’America Latina ebbe, dopo l’apertura della prima “Radio Maria” in Perù (a Lima nel 1995) una

estensione notevole tanto, ad esempio, da arrivare in Argentina a essere una radio nazionale

autosufficiente.

In quasi tutti i paesi dell’area vi furono condizioni favorevoli come il permesso della legislazione di

ottenere la licenza di trasmissione e l’acquisto di frequenze anche nel caso di emittenti propriamente

religiose, la facilitazione dei rapporti in seguito all’omogeneità culturale e linguistica (ciò facilitò la

realizzazione dei programmi e la condivisione delle esperienze), la maggiore predisposizione della

gerarchia cattolica ad autorizzare i propri sacerdoti a diventare direttori, il grande numero di

volontari disponibili e infine il forte impatto positivo sugli ascoltatori locali.

Nel 2003 “Radio Maria” iniziò la sua attività anche in Messico mentre in Brasile inizialmente

trasmise su una frequenza che poi fu persa per diversi motivi ma successivamente ripartirono le

trasmissioni, ma solo via internet, con un sacerdote autorizzato dal vescovo di Brasilia. In tutti

questi anni continuarono le ricerche della frequenza ma dopo il 2005 la maggiore attenzione fu

concentrata sul continente africano.

Nel periodo tra il 1995 e il 2005 gli ascolti in Centro e Sud America sono stati molto alti in quanto

il sostegno dei prelati è stato ampio: lo testimoniano i numerosi interventi in diretta.

Dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali e dalla Santa Sede non arrivarono mai critiche

ma una forte legittimazione in quanto ogni attività si svolse sempre nel rispetto delle autorità civili

ed ecclesiastiche.

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Negli Stati Uniti la realizzazione delle nuove sedi costò molta fatica per le dimensioni dei singoli

stati e per i fusi orari. C’è da registrare l’arrivo delle trasmissioni di Erba in loco tramite l’affitto di

sottofrequenze televisive, alcune delle quali furono presenti sulle Torri Gemelle. A New York e in

Canada, a Toronto così come a Montreal, fu organizzata una redazione che trasmise

quotidianamente, per diverse ore, in italiano.

Negli Stati Uniti, a New York e nel Texas, vennero creati programmi in lingua spagnola per le

minoranze linguistiche.

Per quanto riguarda la creazione di una radio che trasmettesse in lingua inglese furono affrontati

costi molto elevati circa l’acquisto delle frequenze. Negli USA complessivamente fu creata

un’unica associazione che comprese le 3 emittenti nelle diverse lingue.

Lo sviluppo di “Radio Maria” nell’ Europa occidentale, differentemente da quanto accadde nella

parte orientale, fu molto difficile per le poche vocazioni al sacerdozio e per la scarsa disponibilità

dei laici a svolgere volontariato presso l’emittente.

Nel 1998 la radio polacca risolse le sue difficoltà e proseguì la sua attività in modo autonomo. Tra i

paesi in cui vi fu un funzionamento perfetto della radio vi fu l’Ungheria e sorprendentemente la

Lituania. Inoltre fu aperta una sede molto piccola a Tirana (in Albania) in Ucraina, in Serbia ma

anche a San Pietroburgo dove, nonostante la cooperazione con gli ortodossi, vi furono scarse

prospettive di crescita per la poca influenza della Chiesa cattolica sul territorio. In Romania, invece,

vi fu una riposta positiva a livello di ascoltatori e dal punto di vista organizzativo per cui si riuscì

anche a creare una seconda emittente dedicata alle minoranze linguistiche ungheresi.

In occidente l’emittente riuscì in pochi casi, come quello spagnolo, a coprire l’intero territorio.

In Francia si formò, con molta fatica, un’associazione, un presidente, un direttore e l’appoggio di un

vescovo. La diffusione dei suoi programmi si concentrò soprattutto nella zona di Nizza. I progetti

per il futuro riguardano anche la possibilità di ascoltarla tramite internet.

In Germania è iniziata l’attività con una frequenza che consente di trasmettere esclusivamente su

Monaco di Baviera per alcune ore (“Radio Horeb”) per poi raggiungere tutto il paese tramite il

sistema digitale.

In Austria l’emittente trasmise una programmazione condivisa con quella tedesca.

Nel Sud Tirolo fu costituita una emittente, perfettamente funzionante, in grado di trasmettere per

quella minoranza linguistica. Essa diede un notevole contributo per il progetto sul continente

africano e scambiò i programmi con le emittenti tedesche.

Una differenza sostanziale tra “Radio Maria” e le altre radio cattoliche è rappresentata dal fatto che

la prima ebbe dei sacerdoti regolarmente autorizzati dall’ordinario diocesano o dal superiore

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ecclesiastico e nominati dall’associazione locale dell’emittente con l’approvazione della “Famiglia

Mondiale”; le altre radio, invece, ebbero spesso come responsabili dei laici.

Giovanni Paolo II e Benedetto XVI poterono parlare con padre Livio e il presidente Emanuele

Ferrario. Il cardinale Tarcisio Bertone, dopo la sua nomina alla Segreteria di Stato, partecipò a una

trasmissione di “Radio Maria” italiana nella quale affermò di esserne assiduo ascoltatore. I meeting

dell’emittente furono sempre aperti dal discorso del rappresentante del Pontificio Consiglio per le

Comunicazioni Sociali.

In alcuni paesi, come ad esempio in Olanda, furono pagati dei costi di affitto delle frequenze molto

elevati ma non si riuscì a trovare un direttore sacerdote; l’attività fu gestita da laici che però non

riuscirono mai ad affrontare adeguatamente le spese.

Un’altra difficoltà provenne da quei gruppi cattolici progressisti contrari all’impostazione

organizzativa e dottrinale della Chiesa cattolica fedele al papa. Accanto a tale realtà vi fu un numero

consistente di ascoltatori.

In Belgio il cardinale di Bruxelles autorizzò un sacerdote a diventare direttore dell’emittente nella

speranza di riuscire a farla funzionare, in modo autonomo, specialmente nelle zone più

scristianizzate del paese.

Lo sviluppo dell’emittente in Irlanda fu impedito da una legge che vietava la presenza di radio che

non dessero spazi adeguati a tutte le religioni mentre dal Portogallo non giunse mai alcuna richiesta.

Padre Livio definì complessivamente la situazione in questi termini: “In conclusione, l’Europa è il

continente più difficile e più costoso, dove però abbiamo delle presenze molto significative”.

Il continente asiatico, con quello africano, divenne quello che registrò le maggiori conversioni al

cristianesimo. Nelle Filippine, paese molto cattolico, l’emittente, pur non raggiungendo la totalità

della nazione, divenne economicamente autonoma e fu guidata da un ottimo direttore.

In Indonesia l’emittente nacque in una zona in cui vi era una forte comunità cattolica.

In Libano, infine, vi fu un gemellaggio con una radio locale in lingua francese.

E’ stata valutata anche la possibilità di istituire una emittente nella zona di Hong Kong con la

possibilità di trasmissione via internet o affittando alcuni spazi in una emittente commerciale

disponibile all’evangelizzazione senza entrare in contrasto con le autorità cinesi le quali ebbero da

sempre delle profonde divergenze con la Santa Sede.

La missione in Cina fu sentita particolarmente da “Radio Maria” in quanto Giovanni Paolo II chiese

esplicitamente di interessarsi anche a questo territorio.

In Oceania fu aperta radio Papua Nuova Guinea. Alcuni italiani che risedono in Australia chiesero

la possibilità di ricevere “Radio Maria” in lingua italiana tramite il satellite ma non fu possibile

esaudirli; tuttavia, da qualche tempo, è possibile seguirla tramite internet.

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Padre Livio dichiarò: “Avere degli amici affezionati anche laggiù ci fa sperare che la Provvidenza

ci riservi qualcosa di bello pure in quel continente”.

Qualche anno fa la sede di Erba si è trasferita in nuovi locali, siti a poca distanza da quelli dove la

radio era nata. Per trovare il terreno adatto fu incaricato un architetto della città che ne trovò diversi

ma fu scelto il primo poiché vi fu uno stabile, costruito solo parzialmente, con attorno un vasto

campo al centro del quale, circostanza considerata particolare e sorprendente, vi fu una colonna

molto alta sopra la quale vi fu la statua di Maria Ausiliatrice. Furono contatti i proprietari i quali

dichiararono di essere favorevoli alla vendita a patto che fosse conservata la colonna e la statua.

Tale dettaglio fu interpretato, da padre Livio e dai suoi stretti collaboratori, come provvidenziale e

fu stipulato il contratto. Intanto trascorsero degli anni che servirono per mettere da parte il denaro

sufficiente (diversi milioni di euro). Non vennero fatti sconti ma i soldi furono donati grazie alla

sensibilità degli ascoltatori, dei volontari e degli imprenditori. Al termine dei lavori all’entrata fu

collocata una lapide su cui, in virtù della grande gara di generosità di coloro che aderirono

all’iniziativa, fu scritto: “ Sede di Radio Maria donata alla Madonna dagli ascoltatori di tutta Italia”.

L’interno della sede è caratterizzato da grande funzionalità, una bella cappella (dove ogni venerdì

sera dalle ore 20.30 è previsto un momento di preghiera e la catechesi giovanile in diretta curata da

padre Livio) e da un livello tecnologicamente molto avanzato. In tale modo è stato possibile

realizzare la famosa “Due giorni di Radio Maria” due volte all’anno a Novembre e nel venerdì

precedente alla festa della divina Misericordia celebrata nella prima domenica dopo Pasqua. Questo

evento, mai avvenuto prima nella storia delle radio, religiose e non, permise la trasmissione per due

giornate di programmi tradotti nelle lingue locali. Questo palinsesto speciale consiste in una

catechesi di padre Livio ascoltata da tutte le radio così la trasmissione successiva (per esempio il

rosario recitato dal Cile) o, più tardi l’eucaristia celebrata dalla Spagna.

Nell’ultimo decennio è aumentato anche il numero degli studi mobili (uno per provincia) arrivando

così fino a un totale di 70 circa.

“Radio Maria” vorrebbe costruire una sede in ogni provincia con responsabili pronti a recarsi nei

luoghi in cui l’emittente è più ascoltata (per esempio nelle carceri o nelle case di riposo). In Cina

furono costruite 50.000 radioline utilizzabili con le pile ma si creò anche un progetto per l’utilizzo,

a tale fine, dei pannelli solari. Esse furono diffuse in Africa e nelle carceri italiane mediante i

cappellani. L’obiettivo principale dell’emittente è quello da una parte di non perdere i contatti con

le persone e dall’altro con la Chiesa. Quest’ultima ha visto talmente bene tale realtà che alcuni

vescovi e cardinali hanno partecipato all’inaugurazione delle sedi provinciali.

La fedeltà dell’emittente alla Chiesa è stata evidenziata perfino dal pontefice. I partecipanti ai

meeting mondiali di Roma o Collavelenza decisero di assistere all’udienza generale del papa.

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Benedetto XVI salutò personalmente questi ultimi e dichiarò pubblicamente, durante l’udienza del

14 ottobre 2009, queste parole (riprese dal quotidiano vaticano “Osservatore Romano”): “rivolgo il

mio cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i delegati della Famiglia

mondiale di Radio Maria provenienti dai vari continenti e li incoraggio a proseguire la loro

importante opera a servizio della diffusione del Vangelo”. Padre Livio sottolineò il giudizio positivo

del pontefice avendo definito questa emittente un’opera “importante”.

Il punto forte che ha consentito nel tempo di ottenere un notevole successo è stata la grande

adesione alla dottrina cattolica e la fedeltà all’istituzione ecclesiastica che ha consentito di acquisire

un certo credito presso il pubblico.

I sacerdoti collaboratori di questa radio devono essere certamente conformi al catechismo della

Chiesa cattolica ma anche al papa. In tale modo è amata dai cattolici e dalla Chiesa ma mantiene

una libertà che avrebbe perso nel caso in cui fosse stata una radio ufficiale di quest’ultima153.

L’emittente guidata da Fanzaga attualmente ha uno share molto elevato. Secondo i dati forniti da

Audiradio gli ascoltatori sono 1.433.000, con una crescita del 30 % dal dicembre 1993, e oltre 6

milioni nei sette giorni154.

Anche per tali motivi i papi la valorizzarono in modo particolare incontrando, più volte, Fanzaga e

il Presidente Ferrario.

Giovanni Paolo II dedicò, come scritto precedentemente, a “Radio Maria” il discorso del 23 marzo

1994, del 29 marzo 1995 e del 18 aprile 1996 (pubblicati integralmente dall’”Osservatore

Romano”).

Il papa nel primo riconobbe il ruolo dell’emittente come mezzo che permetteva di venire incontro ai

bisogni principali dell’uomo come quelli religiosi soddisfatti mediante la preghiera, i rapporti

telefonici, la catechesi e ultimo, ma non meno rilevante, l’informazione.

Il pontefice richiamò l’importanza attribuita dalla chiesa ai mass media nel decreto del Concilio

Vaticano II intitolato “Gli strumenti della comunicazione sociale” dove al punto numero 3 si

affermò che l’annuncio della salvezza, proveniente da Dio, doveva essere comunicato anche

mediante l’utilizzo di tali mezzi e testimoniato mediante la coerenza di vita, consentendo, così,

l’avvento della nuova evangelizzazione.

Egli sottolineò il contributo dell’emittente verso quest’ultimo aspetto mediante anche l’educazione

della nuova generazione verso la “civiltà dell’amore” apprezzando tra le forme di orazione quella

della “Liturgia delle Ore” e della recita del rosario che invitò a pregare in famiglia in una lettera

scritta appositamente per questo nucleo della società. Un altro dettaglio messo in evidenza

153 Ibid., pp 163- 172. 154 P. SORBI, Sei milioni ascoltano la voce della Madonna, in “Epoca”, 2310, 46, (1995), n. 2, pp 100- 103 in part. p. 101.

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riguardava l’aiuto dato dall’emittente ai malati, le persone sole e quelle che viaggiano per lavoro, a

pregare, nella Chiesa, mediante le modalità proposte nel palinsesto. Inoltre evidenziò il

rafforzamento nella fede mediante le apposite catechesi circa l’approfondimento delle Sacre

Scritture e della letteratura religiosa, il notevole contributo alla meditazione e al raccoglimento

tramite la musica sacra.

Ringraziando l’associazione e gli ascoltatori per le preghiere al Signore per il suo ministero il papa

richiamò, per la seconda volta, la necessità di espandere l’emittente nella sua amata Polonia

concludendo il suo discorso con una preghiera.

Nell’udienza generale del 29 marzo 1995 furono presenti anche 10.000 ascoltatori di “Radio Maria”

la cui Famiglia fu definita “una speciale espressione, un’incarnazione di questa spiritualità mariana

polacca” (vi erano, in quel momento, numerosi pellegrini provenienti dal suo paese). Giovanni

Paolo II ringraziò per le preghiere rivolte alla sua persona e al suo ministero.

Egli riconobbe che l’emittente, nonostante la sua recente fondazione (in quel momento aveva solo

pochi anni) aveva maturato da subito quelle forze necessarie per il raggiungimento degli obiettivi

preposti dai suoi organizzatori. Poi espresse la sua soddisfazione per l’alto numero di ascolti nel

mondo citando, a titolo di esempio, la Polonia soffermandosi in particolare sui volontari presenti in

questa nazione (un aspetto interessante da evidenziare è come in Polonia “Radio Maria” fu

totalmente indipendente dalla sede centrale presente a Erba).

Nell’udienza generale, dell’anno successivo, (18 aprile 1996) dopo i saluti consueti apprezzò

l’operato dell’emittente e richiamò, ancora una volta, il tema della nuova evangelizzazione

mediante la sua lettera apostolica “Tertio millennio adveniente” dove descrisse la necessità,

nell’imminenza dell’anno del Grande Giubileo, di approfondire la figura di Gesù come salvatore

dell’umanità e di unico mediatore tra il Signore e gli uomini.

Il pontefice, in occasione del primo anniversario della pubblicazione della sua enciclica

“Evangelium Vitae”, ricordò la necessità dei cattolici di difendere la vita umana, in particolare di

quella presente nel grembo materno, per tutelare la società civile e il bene comune.

Egli invitò “Radio Maria” a proseguire l’annuncio coraggioso del Vangelo “con la parola e con

l’opera, affinché si espanda sulle onde dell’etere il messaggio di Cristo, il suo messaggio della vita

che è sempre il messaggio della verità, dell’amore e della solidarietà”.

Nel primo convegno tenuto a Como nel settembre del 2000 padre Livio focalizzò, nel suo discorso,

il carisma dell’emittente la cui comprensione fu legata alla fedeltà ad esso e dalla consapevolezza di

non trovarsi davanti a un progetto umano ma ad una grazia straordinaria nata dal cuore Immacolato

di Maria a servizio di tutta la Chiesa e fatta fruttificare da essa. Uno dei motivi che ha consentito di

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arrivare al successo attuale è la percezione netta del tocco sovrannaturale, caratteristico delle opere

divine, presente in tale progetto realizzato faticosamente nonostante le fragilità e le infedeltà umane.

Tutto il palinsesto, anche i programmi di intrattenimento e di promozione umana in esso contenuti,

ha avuto uno sguardo continuo di fede cristiana a cui, ogni conduttore, differentemente da altre

emittenti cattoliche, dichiarava pubblicamente di appartenere.

Il tema principale annunciato dai suoi microfoni è sintetizzabile nella necessità di proclamare

l’urgenza della conversione in una società sempre più scristianizzata. Il mezzo radiofonico è il più

adatto per comunicare una tematica così delicata e la verifica del raggiungimento di tale obiettivo

avviene mediante le testimonianze di ascoltatori che scrivono lettere per testimoniare di avere

ripreso la propria vita di fede interrotta.

Fanzaga, sempre nel medesimo discorso, si soffermò sull’importanza della preghiera dal momento

che essa è il programma più seguito col quale molta gente, singolarmente o con le proprie famiglie

in ogni parte del mondo, ha riscoperto la vita spirituale.

Molti laici scoprirono l’importanza della recita della liturgia delle Ore, che solitamente era esclusiva

dei consacrati, integrandole nel collegamento mattutino (per le Lodi) e pomeridiano (per i Vespri)

realizzato in diretta dalle parrocchie, dalle carceri, dagli ospedali e dai monasteri.

La recita del rosario è considerata molto importante e viene ripetuta diverse volte nell’arco della

giornata.

Le altre devozioni “popolari” (come ad esempio le Vie Crucis e le Novene) hanno trovato piccoli

spazi nel palinsesto.

Tutta la programmazione dell’emittente ha come tema centrale l’evangelizzazione la cui forma

principale è la catechesi ordinaria della Chiesa. Tutte le trasmissioni, ogni giorno, devono basarsi

fondamentalmente sulla fede e sulla morale cristiana mediante gli strumenti dei catechismi

nazionali e quello della Chiesa cattolica.

Altri programmi che soddisfano gli ascoltatori furono la lettura della Bibbia in modo spirituale e

non tecnico, i corsi di mariologia, di storia della Chiesa, di pastorale, di liturgia, di spiritualità, di

agiografia, di insegnamento del magistero e molti altri.

Il palinsesto è completato dagli spazi dedicati alle trasmissioni di promozione umana,

all’informazione dal mondo, dall’ambiente ecclesiastico e al “sano intrattenimento”.

Gli obiettivi principali dell’emittente (la preghiera e l’evangelizzazione) si sono posti lo scopo di

raggiungere un unico risultato e cioè la santificazione delle persone mediante la crescita nella virtù

della fede, della speranza e della carità e il suo successo “non consiste tanto nell’audience, quanto

nelle anime che ritornano a Dio”.

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Uno dei maggiori aspetti che ha incuriosito l’opinione pubblica è l’affidamento totale dell’emittente

alla divina provvidenza, mediante gli aiuti degli ascoltatori, rinunciando alla pubblicità o a sostegni

economici della Chiesa la quale, da sempre, sostiene altre emittenti cattoliche.

Padre Livio, sempre durante il medesimo meetng nel suo discorso affermò: “se Radio Maria fa bene

il suo compito che la Vergine le affida, non le mancherà mai il necessario. La Madonna provvede

alla sua Radio, inviando tutte le risorse necessarie, umane e materiali, se essa è uno strumento

docile nelle sue mani. Anche le grandi sfide della tecnica non troveranno Radio Maria

impreparata”155.

“Radio Maria” ricevette numerose critiche da parte della carta stampata. Il quotidiano “Il Giornale”

descrisse, mediante un linguaggio ironico, l’inutilità dei contenuti presenti nel palinsesto e

sottolineò la possibilità di ascoltare l’emittente di Erba in tutto il territorio nazionale grazie al suo

“segnale nitidissimo, interferenze nulle; addirittura tre o quattro possibilità di incontrarla in ogni

zona attraversata, in modo che sfuggirle è praticamente impossibile”156.

Il caso di Eluana Englaro, la donna che in seguito a un incidente stradale rimase in coma vegetativo

per 17 anni e che morì per l’interruzione della nutrizione artificiale, riaccese il dibattito tra quanti

erano favorevoli e quanti contrari all’eutanasia. “Radio Maria” si fece portavoce del mondo

cattolico contrario al fatto che Eluana potesse morire in quella modalità. Il quotidiano “La

Repubblica” pubblicò un articolo ironico sul palinsesto dell’emittente, sui conduttori dei programmi

e gli ascoltatori che aderivano a questa idea prendendo di mira soprattutto padre Livio che

esprimeva le proprie opinioni durante il commento alla stampa del giorno157.

Altre forme di sarcasmo vi furono anche tramite internet; per esempio sul sito di “You Tube”

furono pubblicate alcune registrazioni audio di alcune parti di catechesi di Fanzaga con intento

canzonatorio.

“Radio Maria” attualmente ha un proprio sito internet (www.radiomaria.it) tramite cui è possibile

conoscere il palinsesto, ascoltare le registrazioni di alcuni programmi, seguire le trasmissioni in

diretta, conoscere la storia dell’emittente, accedere a un’area riservata agli iscritti al sito che

consente di prendere visione di alcuni articoli di settimanali e quotidiani letti, anche diversi anni fa,

da Fanzaga durante il commento alla stampa. Attualmente è anche presente una sua pagina

“Facebook” che conta migliaia di iscritti. Inoltre c’è anche il sito internet della “Famiglia Mondiale

di Radio Maria” dove è possibile ascoltare in diretta tutte le emittenti presenti nel mondo.

155 FANZAGA - MONTONATI, Radio Maria un miracolo di volontariato, cit., pp. 179- 193. 156 M. LUSSANA, Radio Maria frequenze miracolose, in “Il Giornale” , 15 luglio 2007, 34, n. 167, p. 23. 157 E. BERSELLI, A Radio Maria l’Italia che prega in diretta “Madonna, fai una grazia per Eluana, in “La Repubblica”, 7 febbraio 2009, 34, n.32, pp 8 -9.

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Secondo autorevoli studiosi l’emittente guidata da Fanzaga “via etere aiuta la gente a fare l’esame

di coscienza, diffonde il pensiero della Chiesa nei vari campi, è un luogo di preghiera e di

comunicazione. Per molte persone questa emittente rappresenta una fonte quotidiana di rapporto col

sacro”158.

158 F. GARELLI, La chiesa in Italia, cit., p. 123.

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APPENDICE DOCUMENTARIA

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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II NELL’UDIENZA

GENERALE DEL 23 MARZO 1994 PARTE DEDICATA A “RADIO

MARIA”159

GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 23 marzo 1994

Ai pellegrini polacchi della Famiglia “Radio Maria”

Saluto cordialmente i qui presenti partecipanti del pellegrinaggio della Famiglia “Radio Maria”. Un

saluto particolare rivolgo al Vescovo della diocesi di Torun. Saluto anche il Padre Direttore e i suoi

collaboratori religiosi e laici. Mi rallegro di potermi incontrare in Vaticano, nella Basilica di San

Pietro, con voi, che con molto impegno dedicate disinteressatamente il vostro tempo e le vostre

capacità al bene dei radioascoltatori del Paese.

Radio Maria esiste soltanto da pochi anni, durante i quali però si è verificato un grande sviluppo sia

per quanto riguarda il raggio di influenza sul territorio che per il programma. In questa sede

desidero sottolineare soprattutto la ricchezza di questo programma che va incontro ai bisogni

fondamentali dell’uomo e in particolare a quelli religiosi. Direi che questo programma è completo,

in quanto comprende preghiera, catechesi, informazione, musica religiosa e rapporti telefonici con

gli ascoltatori. Tutto ciò è frutto di un immenso lavoro di tanta gente di buona volontà, segno di un

amore sincero per la Chiesa e della profonda comprensione della sua missione annunciatrice,

dell’evangelizzazione.

159 http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/audiences/1994/documents/hf_jp-ii_aud_19940323_it.html.

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Il Decreto conciliare su “Gli strumenti della comunicazione sociale” dice: “la Chiesa Cattolica

giudica suo dovere predicare l’annuncio della salvezza anche mediante gli strumenti della

comunicazione sociale, nonché indirizzare gli uomini al retto uso degli stessi” (cf. Inter mirifica, 3).

Oggi c’è un bisogno grande dell’annuncio del Vangelo nella nostra Patria. La gente ha bisogno di

una parola autentica. Parola che costruisca e non divida, che infonda fiducia nei cuori spaventati,

parola pura, semplice, che annunci amore e verità. Questa parola è il massaggio della salvezza. È

Cristo stesso. Di questa parola voi siete gli annunciatori, ma soprattutto dovreste esserne i testimoni.

Soltanto la parola dietro la quale si nasconda una testimonianza di vita, la parola cresciuta sul

terreno della fede, della speranza e dell’amore, avrà la forza di convincere e di formare l’uomo.

Potrà diventare lo strumento della nuova evangelizzazione. Già oggi posso dire come è prezioso il

contributo di Radio Maria, come esso realizza la nuova evangelizzazione, costruisce la famiglia

“forte in Dio”, educa la nuova generazione alla “civiltà dell’amore” Questa Radio ripropone la

tradizione delle Ore, questa forma bellissima di culto della Madre di Dio e del suo eccezionale

privilegio di Immacolata Concezione, e di sera raduna genitori e figli nella comune recita del

Rosario e nell’Appello di Jasna Gora. Con la Lettera alle Famiglie ho invitato alla preghiera per le

famiglie e con le famiglie.

Proprio Radio Maria aiuta le famiglie ad inserirsi in questa corrente vivificatrice della

preoccupazione della Chiesa per tutta la famiglia umana. “La preghiera serve al rafforzamento

dell’unione spirituale della famiglia, possedendo la forza unificante nell’amore e nella verità” (cf. n.

4). Che questa preghiera sia sempre più possibile, che non cessi neanche sulle onde radiofoniche.

Radio Maria aiuta anche le persone malate, le persone sole, le persone che viaggiano e che

lavorano, ad inserirsi in questa preghiera di tutta la Chiesa. Inoltre, attraverso una profonda

catechesi rafforza i radioascoltatori nella fede e li invita all’approfondimento delle Sacre Scritture e

alla letteratura religiosa.

Una buona musica religiosa infonde un senso di calma nel mondo chiassoso c inquieto di oggi,

favorendo raccoglimento e riflessione. Cari miei, la vostra attività è soprattutto un servizio per la

Chiesa in Polonia. Diffondete un sano insegnamento in stretta collaborazione e unione con i

Vescovi, ai quali è stato affidato “l’ufficio pastorale, ossia l’abituale e quotidiana cura del loro

gregge” (cf. Lumen Gentium, 27), soltanto in questo modo il Vostro apostolato particolare

contribuirà: “all’incremento della Chiesa e alla sua continua ascesa nella santità” (cf. Lumen

Gentium, 33).

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Approfittando di questa occasione desidero ringraziare per le preghiere che Radio Maria rivolge al

Signore nelle intenzioni del Papa. Vi ringrazio di cuore per le parole di fedeltà e di solidarietà. Che

il Signore ricompensi voi qui presenti e quelli rimasti in Patria.

Auguro a Radio Maria un ulteriore sviluppo affinché il suo raggio di attività arrivi in tutti gli angoli

della Polonia. Che la vostra Radio resti sempre al servizio di una informazione basata sulla verità,

impregnata di amore e basata sulla giustizia, contribuisca in questo modo alla formazione delle

coscienze umane, nello spirito dell’insegnamento di Cristo. Affido Voi e il Vostro apostolato alla

tutela della Santissima Maria Vergine che noi veneriamo come Stella dell’Evangelizzazione:

“Maria, orienta le nostre scelte di vita, confortaci nell’ora della prova, affinché, fedeli a Dio e

all’uomo, affrontiamo con umile audacia i sentieri misteriosi dell’etere, per recare alla mente ed al

cuore di ogni persona l’annuncio gioioso di Cristo Redentore dell’uomo. Maria, Stella

dell’Evangelizzazione, cammina con noi”!

Guida Radio Maria e sii la sua protettrice.

Alla fine di questo incontro, dopo il discorso in tedesco ai nostri fratelli dell’Ovest. impartirò a tutti

la benedizione apostolica. Dio vi ricompensi per questa visita!

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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II NELL’UDIENZA

GENERALE DEL 29 MARZO 1995: PARTE DEDICATA A “RADIO

MARIA”160

GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 29 marzo 1995

Ecco le parole del Papa in una nostra traduzione in lingua italiana.

Saluto cordialmente tutti i pellegrini venuti dalla Polonia, i Vescovi presenti a quest’udienza e gli

oltre diecimila ascoltatori di Radio Maria. Oltre a questo grande gruppo di ascoltatori di Radio

Maria, saluto anche altri gruppi, che pur non essendo così numerosi, meritano lo stesso di essere

nominati e sono: i pompieri della diocesi di Rzeszów, il gruppo della parrocchia dei SS. Apostoli

Pietro e Paolo di Zwrócona, vicino Zabkowice Slaskie, il gruppo della parrocchia di S. Giovanni

Battista di Leszno, il gruppo di studenti di Zgorzelec, il gruppo di polacchi di Napoli, alcuni gruppi

di turisti – di Opole, SLupsk, Kraków, Bielsko-BiaLa – e tutte le altre persone che partecipano

all’udienza, provenienti dalla Polonia o dall’estero.

La catechesi odierna sembrava preparata proprio per quest’incontro con la grande famiglia degli

ascoltatori di Radio Maria. Era infatti una catechesi sulla spiritualità mariana nella vita delle

famiglie religiose ed anche nella vita di tutti noi, nella vita di tutta la Chiesa, di tante nazioni

cristiane del mondo intero, ed in particolare della nostra nazione polacca. Penso che Radio Maria e

160 http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/audiences/1995/documents/hf_jp-ii_aud_19950329_it.html

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tutta la famiglia dei suoi collaboratori siano una speciale espressione, un’incarnazione di questa

spiritualità mariana polacca. Perciò vi saluto di cuore.

Siete venuti oggi qui molto numerosi per visitare le Tombe degli Apostoli ed incontrare il Papa.

Come rappresentanti della Conferenza Episcopale vi accompagnano il Vescovo di Torun, il

Segretario dell’Episcopato e il Vescovo di Sandomierz. Li saluto tutti cordialmente. La presenza dei

Vescovi conferisce al vostro pellegrinaggio un significativo aspetto ecclesiale. Saluto anche il

reverendo Direttore e i suoi collaboratori, tutti i suoi collaboratori religiosi e laici. Vi ringrazio per

questo incontro, e soprattutto per le preghiere, per il rosario che recitate incessantemente per il

Papa. Dio vi ricompensi! Portate questo mio ringraziamento alle vostre famiglie, a tutta la grande

famiglia di Radio Maria e a tutti coloro che sono rimasti in Patria.

La vostra radio – Radio Maria – esiste già da tre anni e come si può vedere sta maturando

progressivamente per realizzare gli obiettivi stabiliti all’inizio dai suoi organizzatori. Sono contento

che essa abbia tanti ascoltatori in Polonia ed anche all’estero. Bisogna riconoscere anche il valore

del lavoro disinteressato di molte persone impegnate, religiose e laiche, in tutta la Polonia. Sono

stati proprio i cosiddetti “Uffici di Radio Maria” a organizzare questo pellegrinaggio e questo

incontro.

Miei cari, il compito di Radio Maria consiste nell’evangelizzazione, cioè nella diffusione del

messaggio divino della salvezza, nell’annuncio della “buona novella” e nella sua condivisione con

ogni persona di buona volontà. Ho scritto nell’esortazione Christifideles Laici: “Alle soglie del

terzo millennio la Chiesa tutta, pastori e fedeli, deve sentire più forte la sua responsabilità di

obbedire al comandamento di Cristo: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni

creatura” (Mc 16, 15) [...]. Una grande, impegnativa e magnifica impresa è stata affidata alla

Chiesa: quella di una nuova evangelizzazione, di cui il mondo attuale – specialmente in questo

momento storico, alle soglie del Terzo Millennio – ha immenso bisogno. I fedeli laici devono

sentirsi parte viva e responsabile di quest’impresa, chiamati come sono ad annunciare e a vivere il

Vangelo nel servizio ai valori e alle esigenze della persona e della società” (cf. Christifideles Laici,

64). Si tratta di un compito eccezionale, che va realizzato con grande responsabilità, nell’unione con

la Chiesa e con i suoi Pastori per il bene di tutta la comunità.

L’evangelizzazione raggiunge la sua pienezza quando diventa testimonianza. Bisogna testimoniare

le verità e i valori in cui crediamo come cristiani in famiglia, nei luoghi di lavoro, a scuola e a casa.

Tale evangelizzazione, vale a dire l’annuncio del messaggio di Cristo sia con la testimonianza della

vita, sia con la parola, acquista un carattere particolare ed un’efficacia unica. Dovremmo essere

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come la città collocata sopra un monte, come una lucerna sopra il lucerniere, affinché la nostra luce

risplenda come un faro che indica la via verso un porto sicuro (cf. Mt 5, 14-15).

I miei auguri a voi qui presenti e a tutti gli ascoltatori di Radio Maria, desidero esprimerli con le

parole di San Paolo: “Vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa

verso di lui, che è il capo, Cristo” (cf. Ef 4, 15-16).

Affido alla Madre Santissima la futura attività e l’apostolato di Radio Maria. Possa esso svilupparsi

e contribuire a rafforzare qui in terra la civiltà della verità e dell’amore, in armonia con la volontà di

Dio e per la sua gloria.

Ringraziandovi di cuore per questa magnifica visita, desidero anche fare i miei auguri di Pasqua a

voi qui presenti, alle vostre famiglie, alla grande famiglia di Radio Maria, alla stessa Radio Maria,

ai suoi organizzatori, ai suoi ascoltatori, e infine a tutta la mia Patria.

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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II AI PARTECIPANTI AL

PELLEGRINAGGIO PROMOSSO DALLA SEZIONE POLACCA

DI “RADIO MARIA”161

Piazza San Pietro - Giovedì, 18 aprile 1996

1. Ormai è la terza volta che gli ascoltatori di Radio Maria vengono in pellegrinaggio a Roma, alla

Città Eterna, alle soglie apostoliche, per incontrare il Papa. Vi saluto cordialmente. Do il benvenuto

all’Arcivescovo Marian Przykucki, qui presente a nome della Conferenza Episcopale Polacca a

Monsignor Zbigniew Kraszewski e al Vescovo castrense Géód, Pastore delle Forze armate

polacche. Saluto anche il Padre Direttore e i suoi Collaboratori. Vi ringrazio per questo incontro,

che è divenuto ormai una tradizione, e per la vostra partecipazione così numerosa. In modo

particolare vi ringrazio per l’incessante unione spirituale espressa mediante le vostre preghiere, con

le quali aiutate efficacemente il Papa nel suo servizio alla Chiesa universale. Dio ve ne renda

merito! Non tutti gli ascoltatori di Radio Maria possono essere presenti all’odierna udienza; a loro

portate dunque il mio ringraziamento e il mio saluto; portatelo anche ai vostri cari, alle vostre

famiglie, specialmente ai malati, ai sofferenti ed agli anziani.

2. Il 29 marzo dello scorso anno, durante l’incontro svoltosi qui, in Piazza San Pietro, - faceva

molto più freddo di oggi - dissi che il compito di Radio Maria è l’evangelizzazione. Radio Maria lo

realizza con grande impegno sin dall’inizio stesso della sua attività. Ciò si esprime attraverso la

catechesi, le conversazioni religiose, e specialmente mediante la preghiera condotta con gli

ascoltatori. In questo modo il messaggio del Vangelo che rende liberi raggiunge molti cuori umani,

rincuorando e confortando. Anche quest’anno voglio fare oggetto della nostra riflessione il tema

dell’evangelizzazione. Nella Lettera apostolica Tertio Millennio adveniente (Mentre ormai si

avvicina il terzo millennio) scrissi tra l’altro che "Esiste ( . . .) l’urgente bisogno che, in occasione

del Grande Giubileo, si illustri e approfondisca la verità su Cristo come unico Mediatore tra Dio e

gli uomini e unico Redentore del mondo ( . . .). Nel 2000 dovrà risuonare con forza rinnovata la

proclamazione della verità: "Ecce natus est nobis Salvator mundi" (n. 38) - il messaggio natalizio.

161 http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/speeches/1996/april/documents/hf_jp-ii_spe_19960418_radio-maria_it.html

114

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Si tratta qui di annunziare la Persona di Gesù Cristo, poiché egli è la fonte e il fondamento e il

centro di tutto il messaggio evangelico. Con grande forza l’ha espresso S. Paolo, affermando di non

voler "sapere altro ( . . .) se non Gesù Cristo, e questi crocifisso" (1 Cor 2, 2). Anche noi dobbiamo

annunziare e testimoniare questo Cristo in tutta la pienezza, questo Cristo sempre vivo, sempre

presente, Cristo che è la via, la verità e la vita. È Lui che dobbiamo testimoniare e su di Lui

dobbiamo edificare il futuro delle nostre famiglie e di tutta la nazione.

3. Miei Cari, quest’anno si è compiuto il primo anniversario della pubblicazione da parte mia

dell’Enciclica Evangelium vitae. Oggi vorrei ricordarvi questo. Proprio "Il Vangelo della Vita sta al

cuore del messaggio di Gesù. Accolto dalla Chiesa ogni giorno con amore, esso va annunciato con

coraggiosa fedeltà come buona novella agli uomini di ogni epoca e cultura" (Giovanni Paolo II,

Evangelium Vite, n. 1). La vita umana possiede un carattere sacro ed intoccabile, perciò il compito

di ogni uomo, e specialmente di ogni cristiano è la difesa della vita, di ogni vita, e in modo

particolare del nascituro nel grembo materno. Ogni attacco contro questa vita dovrebbe dunque

incontrare una ferma e chiara opposizione da parte di tutti, e specialmente da parte dei credenti, figli

e figlie della Chiesa. Non si può costruire il bene comune senza riconoscere e tutelare il diritto alla

vita; tale diritto è il pilastro su cui si regge ogni società civile (cf. Ivi, n. 101). Perciò con grande

considerazione voglio sottolineare gli sforzi di tutti gli uomini di buona volontà nel nostro paese,

che dicono un fermo sì alla vita. Ho qui in mente le singole persone, le comunità, le istituzioni

ecclesiastiche, laiche o le organizzazioni, che servono la vita e proclamano la sua sacralità ed

intangibilità.

Nell’Enciclica già menzionata scrissi che il Vangelo della vita costituisce "parte integrante del

Vangelo che è Gesù Cristo. Noi siamo al servizio di questo Vangelo, sostenuti dalla consapevolezza

di averlo ricevuto in dono e di essere inviati a proclamarlo a tutta l’umanità "fino agli estremi

confini della terra" (At 1, 8). Nutriamo perciò umile e grata coscienza di essere popolo della vita e

per la vita e in tal modo ci presentiamo davanti a tutti" (Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n.

78). Siamo popolo della vita e dobbiamo comportarci in conformità con questa vocazione.

Dovremmo essere solidali con la vita, solidali con le madri in attesa del figlio, solidali con le

famiglie bisognose di aiuto morale, di consiglio, oppure di sostegno materiale. Trattiamo la difesa

della vita umana come la parte essenziale della nostra missione. "L’impegno a servizio della vita

grava su tutti e su ciascuno" (Ivi, n. 79).

Per questo servizio al Vangelo della vita abbiamo bisogno di forza. Dovremo attingerla da colui che

è venuto "perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza" (Gv 10, 10). Sviluppiamo in noi la vita

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divina della fede, della speranza e della carità, che è la vita di Cristo in noi. È il più prezioso dono

elargitoci da Gesù - perché avessimo la vita non soltanto a misura dell’uomo, ma a misura del Figlio

di Dio, in cui il Padre si è compiaciuto eternamente. Amiamo questa vita di Dio in noi e

custodiamola, poiché da essa nasce l’amore per ogni vita umana.

4. Miei Cari pellegrini di varie parti della Polonia, vi affido queste riflessioni durante il tempo di

Pasqua, che ci ricorda in modo particolare la vita, la sua vittoria sulla morte. Approfondite in

comune queste verità e condividetele nelle vostre famiglie e negli ambienti in cui vivete e lavorate.

Auguro a Radio Maria, di annunciare coraggiosamente il Vangelo con la parola e con l’opera,

affinché si espanda sulle onde dell’etere il messaggio di Cristo, il suo messaggio della vita che è

sempre il messaggio della verità, dell’amore e della solidarietà. Al tempo stesso ringrazio per il

molteplice e generoso impegno nell’apostolato della parola, che oggi è così importante e di cui c’è

tanto bisogno nel nostro paese. Che questo lavoro di evangelizzazione così grande e responsabile

venga sempre attuato in spirito di comunione ecclesiale, in unione con i Vescovi. Solamente

l’unione dell’azione arricchisce e porta frutti, e il compito proposto viene opportunamente

realizzato. La Madre del Figlio di Dio e Madre nostra, Regina di Polonia e Signora di Jasna Gora vi

accompagni con la sua protezione in questo cammino.

La Madre di Dio non ha mai pensato che un giorno avrebbe parlato per mezzo della radio.

Dio ve ne renda merito. Sono contento di vedere tanti striscioni - essi dicono che venite da tutte le

parti della Polonia. Saluto tutta la Polonia, tutti i compatrioti che vivono tra i Carpazi e il Mar

Baltico, tra l’Oriente e l’Occidente. Sono contento che questo saluto raggiungerà loro tramite

"Radio Maria". Sia lodato Gesù Cristo! Vi auguro di fare un felice ritorno in Polonia. Se Dio vorrà

ci vedremo fra un anno.

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ATTO DI CONSACRAZIONE DI RADIO MARIA ALLA VERGINE

DELL’ANNUNCIAZIONE162

Rallegrati, o Vergine Maria,

perché l’annuncio del Verbo

si diffonde festoso

sulle onde dell’etere

fino agli estremi confini

della terra assetata.

La Parola di Dio,

che nel tuo grembo verginale

si è fatta carne,

sulle ali del vento

semina nei cuori

la gioia e la pace.

162 L. Fanzaga A. Montonati, Tra cielo e terra, cit., pp. 175- 176.

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Dal tuo Cuore di Madre

è germogliato per la Chiesa

un dono immenso d’amore.

E’ Radio Maria,

la tua piccola serva

nella vigna del Signore.

La Famiglia mondiale,

che tu hai raccolto

da ogni popolo e nazione,

a te si consacra

e ti proclama Regina

di ogni suo cuore.

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La fede e l’amore,

la speranza e la pace,

sono il messaggio

che i suoi piccoli figli,

umili e fedeli,

porteranno ai fratelli.

Allarga il tuo manto

Sul dolore del mondo.

I poveri e i malati,

gli afflitti e i soli,

e tutti gli erranti

che cercano la luce

vi trovino riparo.

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Affretta il tempo di grazia

del trionfo finale

del tuo Cuore Immacolato.

Concedici di servirti

col dono della vita

perché sorga presto sulla terra

l’alba radiosa

della civiltà dell’amore.

Regina di Radio Maria,

prega per noi.

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