UNIVERSITÀ DEGLI STUDIDELLA TUSCIA
FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE
Corso di laurea magistrale inComunicazione pubblica, d’impresa e pubblicità
Indirizzo di“Linguaggi dell’informazione e della pubblicità”
oppure:
Indirizzo di “Comunicazione dell’istituzione pubblica”
AUTOREes. Mario Rossi
Titolo della tesies. La lingua economico-finanziaria nel
“Sole 24 ore”: analisi di un corpus di testi
Cattedra
inserire qui il nome dell’insegnamento, es. Analisi del discorso
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RELATORE CANDIDATOProf. (nome e cognome) (nome e cognome + matricola)
ANNO ACCADEMICO 2009/2010(Attenzione: la sessione di febbraio è l’ultima sessione dell’anno
accademico precedente)
Testo aggiornato a: 10.04.2010
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Modello-standard per la tesi del corso di laurea magistrale
Questo è il modello-standard da seguire per la
stesura di una tesi del corso di laurea magistrale, cioè
il file già impostato con la formattazione richiesta, con
tutte le indicazioni principali su formato, carattere,
margini, indice, bibliografia, note, ecc. Puoi scaricare
sul tuo PC questo file e usarlo subito per la stesura:
puoi cioè proprio “scriverci dentro” direttamente.
Nella pagina precedente c’è il modello della pagina di copertina / frontespizio, cioè il modello che devi seguire per stampare la copertina della tesi e il frontespizio, cioè la prima pagina interna della tesi. Il frontespizio contiene le informazioni essenziali su: luogo in cui è stato condotto il lavoro (Università della Tuscia, Facoltà di Scienze politiche), sull’area curricolare e disciplinare (Corso di laurea in..., Cattedra di...), sull’argomento (Titolo), sull’autore (candidato) e infine sul docente che ha seguito il lavoro (relatore). Attenzione: è bene scrivere FACOLTÀ (con la À maiuscola accentata, facilmente recuperabile nel menu inserisci > simbolo di Word) e non FACOLTA’ con l’apostrofo.Un consiglio sul titolo: l’autore è libero di scegliere il titolo che preferisce per il proprio lavoro; è però meglio evitare, per quanto possibile, titoli ammiccanti (spiritosi) o allusivi. Molto meglio dire in modo semplice e diretto di cosa tratta la tesi.
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Anche questa pagina è già formattata secondo lo
standard da usare per la tesi, per cui puoi
inserire già qui il tuo testo.
Attenzione: sia nell’esempio della prima pagina
(copertina / frontespizio), sia nelle pagine
seguenti, le parti evidenziate in rosso non devono
essere riprodotte:
modello aspetto finaleAUTORE
Mario RossiTitolo della tesi
es. La lingua economico-
finanziaria nel “Sole 24 ore”: analisi di un
corpus di testi
Mario RossiLa lingua
economico-finanziaria nel “Sole 24 ore”: analisi di un
corpus di testi
Nelle pagine seguenti trovi:
1) il modello dell’indice;
2) le norme redazionali per la stesura della tesi, cioè le regole da seguire per formattare il
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testo, per le citazioni, per le note, per la bibliografia, ecc.
3) alcuni suggerimenti su come organizzare il lavoro (elaborato non applicativo-professionale).
Ti consigliamo di seguire con attenzione il modello dell’indice e le norme redazionali (parti 1 e 2 di questo modello); con indicazioni precise scrivere la tesi sarà più rapido e più facile . Come organizzare il lavoro (parte 3 di questo modello) dipende invece dal tema che avrai scelto e da quello che intendi dimostrare. I suggerimenti che troverai nella terza parte sono solo uno dei tanti modi possibili per mettere in ordine gli argomenti trattati nella tesi.
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INDICE
(all’inizio, cioè a p. 2)
Distribuzione del testo: a scelta libera(capitoli lunghi, paragrafi brevi, con o senza una premessa introduttiva, ecc.)es.Premessa…………………………………………………….p. 3capitolo (o cap.) 1…………………………………………..p. 5capitolo 2….……………………………………………….p. 19ecc.oppurecapitolo (o cap.) 1…………………………………………..p. 5
paragrafo (o par.) 1.1…………………………………p. 5
paragrafo 1.2…………….……………………………p. 9ecc.
Parti obbligatorie (tutte alla fine del testo, nell’ordine seguente):
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Conclusioni …………..………………..………………..…p. xxBibliografia (in ordine alfabetico per cognome)………….p. xxAttenzione: diversamente da quanto accade per la tesi triennale, per la tesi magistrale non è richiesto un abstract in lingua inglese
Per ogni parte della tesi (capitoli, paragrafi, bibliografia, indicare qui nell’indice sempre la pagina iniziale.
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1. Il modello dell’indice
Anche se spesso trascurato, l’indice (o sommario) è un elemento essenziale della tesi. Il titolo, infatti, può essere descrittivo (meglio), ma anche generico (meno bene) o, al limite, allusivo (se proprio vuoi essere originale). L’indice, invece, deve dirci con chiarezza cosa contiene la tesi. Importante: bisogna fare attenzione a che i titoli dei capitoli e dei paragrafi dell’indice siano identici a quelli usati all’interno del testo. Come ci viene giustamente suggerito nell’esempio della pagina precedente, è obbligatorio indicare la pagina d’inizio di ogni capitolo o paragrafo:
“per tutti i capitoli o paragrafi, indicare qui nell’indice sempre la pagina di inizio .”
avremo pertanto:
cap. I..................................p. 15 e non cap. I.............................pp. 15
infatti, p. sta per “pagina”, pp. sta per “pagine”; la pagina è quella iniziale; se vogliamo, possiamo anche indicare la pagina iniziale e quella finale di un capitolo o di un paragrafo:
avremo allora, diversamente dall’esempio precedente:
cap. I..................................pp. 15-19 e non cap. I.............................p. 15-19
questo secondo sistema è molto utile per chi vuol citare una singola sezione della tesi e può farlo semplicemente scorrendo l’indice, senza dover sfogliare le pagine del volume.L’indice deve contenere, obbligatoriamente e nell’ordine indicato, Conclusioni e Bibliografia.
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2. Le norme redazionali per la stesura
L’uso del computer nella stesura della tesi di laurea
obbliga chi scrive a rispettare alcune norme
redazionali.
Qui di seguito ti offriamo alcune indicazioni essenziali
che contribuiranno a dare al testo l’assetto grafico
suggerito per le tesi e le tesine dei corsi di laurea
triennali e magistrali della nostra Facoltà, e comunque
simile a quello di pubblicazioni ufficiali.
2.1. Formattazione del testo
a) carattere: Garamond 14 (cioè il tipo di carattere di
questo testo, sempre compreso nell’elenco dei caratteri
disponibili in Word, e corpo 14, cioè dimensioni del
carattere);
b) margini: come in questo testo (dal comando “File >
Imposta pagina”): sinistro = 4 – destro = 3 – superiore
= 3 – inferiore = 4;
c) interlinea: doppia (dal comando “Formato” e poi
“Paragrafo”);
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d) allineamento: giustificato (dal comando “Formato”
e poi “Paragrafo”);
e) numero della pagina: in alto, al centro (dal
comando “Inserisci” e poi “Numeri di pagina”).
Osservazioni aggiuntive
Carattere del testo e delle note. Il carattere tipografico (o font) Garamond è un carattere con grazie, elegante, particolarmente adatto alla stampa, un po’ meno adatto alla lettura sullo schermo di un computer; 14 è il corpo dei caratteri in punti tipografici; è un corpo piuttosto grande (nei libri più comunemente in uso i corpi prevalenti sono 12, 11 o anche meno); carattere delle note, Garamond 12. è un po’ più piccolo, ma non molto, di quello usato nel testo.
Interlinea. Se per il testo l’interlinea doppia è accettabile, per le note risulta un po’ troppo grande; è consigliabile un’interlinea 1,5 o singola.
Allineamento. Testo e note (attenzione anche a queste) vanno sempre giustificate, cioè allineate non solo a sinistra (l’allineamento è automatico), ma anche a destra, con il comando “Formato” e poi “Paragrafo”, oppure cliccando l’icona che mostra una serie di righe orizzontali della stessa lunghezza.
Margini e impaginazione. L’aspetto della pagina è molto arioso e, come in tutte le tesi, gli spazi intorno al testo sono molto ampi. Una pagina piena, cioè con tutte le righe complete, senza salti di riga o righe che terminano a metà, contiene, con queste indicazioni, circa 1250 battute (spazi compresi). Se consideriamo
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che una cartella dattiloscritta standard per un libro a stampa contiene almeno 2000 battute, è facile calcolare che le 180 pagine massime della nostra tesi corrispondono a circa 100 pagine dattiloscritte standard.
Uso del corsivo, del neretto, del maiuscoletto. Non ci sono obblighi o indicazioni precise sull’uso di neretto, corsivo, maiuscoletto e sottolineato e sull’eventualità di usare altri caratteri oltre al Garamond; ma alcune cose si possono dedurre in modo “silenzioso”:
neretto: è adatto a differenziare i titoli e i sottotitoli dei capitoli e dei paragrafi;
corsivo: si usa per le citazioni (sempre tra “virgolette alte”);
sottolineato : si può usare per evidenziare qualche parte del testo;
MAIUSCOLETTO (comandi “Formato” > “Carattere” > “Maiuscoletto”): non è previsto, ma può servire per evidenziare alcune parti (brevi) di testo, cognomi, o altri elementi cui si vuole attribuire particolare rilievo.
Raccomandazioni:meglio non utilizzare il neretto con funzione enfatica, ma riservarlo solo all’indicazione dei capitoli; usiamo invece il corsivo per: parole straniere (tranne quelle di uso più comune, come computer o bar), tecnicismi (almeno la prima volta in cui compaiono e in cui li definiamo), parole che vogliamo sottolineare per la loro importanza (corsivo “enfatico”), titoli di monografie, saggi, articoli di ogni genere; evitiamo il sottolineato, a meno che non sia assolutamente indispensabile per differenziare una parte di testo da un’altra (per es., all’interno di una frase in corsivo tra virgolette).Possiamo servirci di altri font di caratteri per i titoli o i sottotitoli di capitoli di paragrafi; in generale, visto che
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per il testo si usa un font con grazie (Garamond), per i titoli possiamo utilizzare un font bastoni (come Arial o Verdana).
Spazi e rientri. Nel modello, la prima riga di ogni capoverso non è rientrata; tuttavia sarebbe meglio, anche per una maggiore leggibilità del testo, usare un rientro (di tre o quattro battute) all’inizio di ogni capoverso (il primo capoverso di un capitolo può anche essere non rientrato), come nell’esempio seguente:
Nel modello, la prima riga di ogni capoverso non è rientrata; tuttavia sarebbe meglio, anche per una maggiore leggibilità del testo, usare un rientro (di tre o quattro battute) all’inizio di ogni capoverso (il primo capoverso di un capitolo può anche essere non rientrato), come nell’esempio seguente:
Se usiamo i rientri per segnalare l’inizio dei capoversi, è opportuno non esagerare con gli spazi. Inseriremo pertanto, come si deduce silenziosamente dal Modello:
due spazi tra un capitolo e un altrouno spazio tra il titolo di un capitolo e l’inizio del testouno spazio tra un paragrafo e un altro.
2.2. Punteggiatura e uso degli spazi
L’uso del computer nella stesura della tesi di laurea
obbliga chi scrive a rispettare alcune norme di editing.
Qui di seguito si offrono alcune indicazioni essenziali
che contribuiranno a dare al testo l’assetto grafico
corrente nelle pubblicazioni ufficiali.
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2.2.1. I segni di punteggiatura ( , ; . : ? ! ... ) devono
essere sempre seguiti, e mai preceduti, da uno spazio.
Es.: non: …e desideri creando,offrendo , cercandoma: … e desideri creando, offrendo, cercando
non: Che ore sono ?Le quattro .ma: Che ore sono? Le quattro.
non: Su questo......... beh.. vede........ preferirei non risponderema: Su questo... beh... vede... preferirei non rispondere
(Attenzione! Come si vede dall’ultimo esempio, i
puntini di sospensione sono sempre e solo tre).
Questa norma si applica anche alle abbreviazioni usate
correntemente nelle bibliografie o nelle note a piè di
pagina.
Es. non: Cassese,S. La crisi dello stato, Roma-Bari 2002 , p.100.
ma: Cassese, S. La crisi dello stato, Roma-Bari 2002, p. 100.
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2.2.2. Le parentesi sono accostate al testo che
racchiudono. La parentesi d’apertura deve quindi
essere preceduta, e non seguita, da uno spazio; la
parentesi di chiusura, invece, deve essere seguita, e
mai preceduta, da uno spazio.
Es.: non: ...il sistema tradizionale( non quello usato dai cinesi )presenta...ma: ... il sistema tradizionale (non quello usato dai cinesi) presenta...
2.2.3. Le virgolette, indipendentemente dal tipo singolo
o doppio, alto e basso ( ‘ ’ “ ” « » ), seguono le
stesse norme delle parentesi. Dunque:
Es.: non: Secondo Volli « l’obiettivo è l’euforia », ma secondo altri...ma: Secondo Volli «l’obiettivo è l’euforia», ma secondo altri...
2.2.4. I trattini lunghi ( – ) usati per isolare le frasi in
inciso sono preceduti e seguiti da uno spazio.
Es.:
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non: La situazione –stando alle ultime voci –è peggiorata…ma: La situazione – stando alle ultime voci – è peggiorata...
2.2.5. Il trattino breve ( - ), usato per collegare i due
elementi di una parola composta o per segnalare un
intervallo di pagine, non richiede spazi né prima né
dopo.
Es.:non: afro - americano ma: afro-americano
non: si veda alle pp. 23 - 34 del saggio citatoma: si veda alle pp. 23-34 del saggio citato
2.2.6. L’apostrofo non richiede spazi né prima né dopo.
Ess.non: ...dell’ ordine...ma: ...dell’ordine...
non: L’ adozione...ma: L’adozione...
Attenzione! L’apostrofo non va confuso con la
virgoletta alta singola. Per l’uso degli spazi con le
virgolette vedi sopra.
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2.2.7. Caratteri e segni d’interpunzione che non compaiono sulla tastiera
Nei personal computer alcuni caratteri e alcuni segni
d’interpunzione non possono essere introdotti
spingendo un solo tasto, come avviene per i segni usati
più di frequente, ma vanno trovati tra i “Simboli”,
cliccando sul tasto “Inserisci” nel Menu e quindi sul
tasto “Simbolo”. Qui possiamo trovare molti segni (ti
diamo l’esempio di quelli più comuni):
a) – cioè il trattino lungo, usato per isolare le frasi in inciso (vedi sopra)
b) « » cioè le virgolette basse doppie (dette anche “sergenti” o “virgolette a caporale”), usate per le citazioni
c) È cioè la e maiuscola accentata (che va preferita alla e maiuscola con apostrofo: E’)
d) À cioè la a maiuscola accentata (nelle parole FACOLTÀ, UNIVERSITÀ, ecc., che va preferita alla a maiuscola con apostrofo: A’)
e) caratteri con accenti e simboli non usati nell’ortografia italiana, ma presenti nell’ortografia di altre lingue, come la ç con la cediglia del francese (in parole come français “francese”), le vocali dello spagnolo con accento acuto (á, í, ó), le vocali del tedesco con la dieresi (ä, ö, ü), ecc.
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2.3. Altre norme
2.3.1. Le parole straniere (anche quelle latine) vanno sempre in corsivo.
Es.: non: ...deriva dall’antico germanico markian ma: ...deriva dall’antico germanico markian
2.3.2. Quando si dice qualcosa intorno a una certa
parola, quella parola va accompagnata dalle virgolette
alte doppie (si tratta perlopiù di parole tecniche o
diffuse in ambiti di ricerca circoscritti).
Es: non: ...sfruttare quel dispositivo semiotico chiamato marchio o nell’uso americano logo...ma: …sfruttare quel dispositivo semiotico chiamato “marchio” o nell’uso americano “logo”...
2.3.3. Ogni termine tecnico deve essere accompagnato
da una definizione non appena viene introdotto per la
prima volta nel nostro testo. La definizione della parola
può essere inserita nel testo, se breve, o in una nota a
piè di pagina.
Es.: L’isotopia (cioè “...”) della marca è intertestuale. oppure
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L’isotopia della marca è intertestuale.1
Nella nota a piè di pagina: 1 Con “isotopia” si intende...
2.3.4. Quando si fa un elenco, è buona norma mettere le voci in colonna, non di seguito, e numerarle (o farle precedere da una lettera, in ordine alfabetico: a, b, c, ecc.).
Es.:non:-funzione di identificazione: consiste nel fatto che la marca individua il prodotto dal punto di vista delle sue caratteristiche principali; -funzione di orientamento: la marca aiuta il cliente a orientarsi sfruttando l’offerta; -funzione di garanzia: rinvia al fatto che la marca è un impegno pubblico di qualità e prestazione;
ma:1. funzione di identificazione: consiste nel fatto che
la marca individua il prodotto dal punto di vista delle sue caratteristiche principali;
2. funzione di orientamento: la marca aiuta il cliente a orientarsi sfruttando l’offerta;
3. funzione di garanzia: rinvia al fatto che la marca è un impegno pubblico di qualità e prestazione.
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2.3.5. È buona regola indicare la fonte di qualsiasi
informazione che si presume non ovvia per il lettore.
Es.: non: La parola marca deriva dall’antico germanico markian,“segno di confine”.ma: La parola marca deriva dall’antico germanico markian,“segno di confine” (Grande Dizionario della Lingua Italiana, s.v. marca).
2.4. Citazioni e note
Sebbene sia un tipo di testo argomentativo affine ai
testi scientifici (vedi più avanti), una tesi di laurea è un
lavoro originale solo in parte, cioè per l’analisi dei dati
e le osservazioni e conclusioni che ne ricava l’autore.
Anche se l’argomento è un fatto recentissimo (per
esempio, il terremoto in Abruzzo nella primavera del
2009), un personaggio nuovo (per esempio un atleta o
un personaggio dello spettacolo che hanno conosciuto
un successo molto recente) o, ancora, se il tema è
estremamente specifico e circoscritto, è impossibile
che il metodo di analisi non rientri in categorie già
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ampiamente dissodate da studiosi più esperti di noi.
Sarà quindi opportuno e necessario citarli: sia per
correttezza scientifica (cioè per non attribuirci meriti
che non abbiamo) sia per chiarezza nei confronti del
lettore, che deve essere informato anche sulla
provenienza delle informazioni. Quindi:
2.4.1. Citazioni interne al testo
a) per citare nel testo della pagina brani di libri o di
articoli, mettete sempre il brano citato tra virgolette
e in corsivo: «in modo che si possa distinguere
facilmente il vostro testo da quello dell’autore citato».
L’indicazione della fonte bibliografica si dà in nota
(vedi più avanti, al punto d).
b) Quando le citazioni sono troppo lunghe o
contengono parti che ai fini del nostro discorso non
interessa riportare, possono essere tagliate. Il taglio
della citazione deve essere segnalato da tre punti tra
parentesi tonde o quadre (possibilmente in tondo
non corsivo).
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Es.: La citazione:
«Lo sport, a cui è affidata una funzione di punta nella
strategia della diffusione, è un settore tutto particolare
del quotidiano poco correlato con gli altri e che, in
qualche caso, vive in una specie di isolamento»
può essere ridotta così:
«Lo sport [...] è un settore tutto particolare del
quotidiano [...] e che, in qualche caso, vive in una
specie di isolamento».
o così:
«Lo sport (...) è un settore tutto particolare del
quotidiano (...) e che, in qualche caso, vive in una
specie di isolamento».
c) È bene indicare sempre la fonte del brano citato. La
fonte deve essere completa: bisogna indicare chi
(l’autore della citazione) e dove (articolo, volume,
quotidiano o altro, con il riferimento della pagina).
Es.: non: «La scrittura è una tecnologia» afferma Walter Ong …
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ma: «La scrittura è una tecnologia» afferma Walter Ong (Ong 1986: 123)
Attenzione! Le fonti sono quasi sempre scritte. In caso
di fonti orali (ad esempio la radio), bisogna indicare
perlomeno il titolo del programma e il giorno (ad es.:
Radio Tre, «Radio anch’io», 18/11/2005). In caso di
materiali reperiti in rete, oltre all’indirizzo del sito,
sarà bene indicare in nota (e poi nella “sitografia”)
anche il periodo in cui la notizia è stata trovata a
quell’indirizzo.
Es.: Acerboni, G. Progettare e scrivere per Internet.
Premessa, testo ricavato dal sito
http://www.italianoscritto.com/, ottobre 2005).
2.4.2. Note a piè di pagina
A che servono le note a piè di pagina? Le note a piè di pagina servono a contenere informazioni aggiuntive che potrebbero distrarre il lettore nel seguire il nostro ragionamento.
Vanno messi nelle note: approfondimenti su dettagli dell’argomentazione; nostre riflessioni aggiuntive che hanno incidenza
marginale sull’argomentazione; traduzioni di citazioni fatte nella lingua originale;
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rinvii e approfondimenti bibliografici.
Non vanno messi nelle note:
passaggi logici che incidono sulla comprensione del testo;
rinvii interni che servono a collegare parti del testo [questo vale per una tesi breve, va meno bene quando si ha a che fare con un volume di molti capitoli e molte pagine];
citazioni che hanno particolare rilievo per l’argomentazione.
Le note a piè di pagina si creano automaticamente dal
menu di Word, che le numera in ordine crescente e le
stampa nel margine basso di ciascuna pagina. Il
modello di una nota compare alla fine di questa frase1.1 Per le note usare il carattere Garamond corpo 12 (che è quello
usato per questa nota), con la stessa impaginazione del testo
principale (margini superiore, inferiore e laterali, interlinea
doppia, giustificazione a destra).
Esempi per citazioni di libri o articoli nelle note (vedi
anche il paragrafo seguente sulla Bibliografia):
1) Libri
Cassese, S., La crisi dello stato, Roma-Bari 2002.
Cassese, S., La crisi dello stato, Roma-Bari 2002, pp. 100 sgg.
Abruzzese, A. (a cura di), Lessico della comunicazione, Roma
2003.
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Nella nota che vedete come esempio, trovate alcuni
modi di come citare testi di natura diversa: libri con
uno o più autori, libri con un curatore, solo alcune
pagine di libri, articoli di riviste e di giornali, ecc.
Come vedete, i titoli vanno sempre in corsivo, mentre
non è necessario citare la casa editrice.
Fiorentino, G., Fotografia, in A. Abruzzese (a cura di), Lessico
della comunicazione, cit, pp. 100-110.
Serianni,, L., V. Della Valle, G. Patota, L’italiano parlato e
scritto. Agenda salvascrittura, Milano 2003.
Per il rinvio ad un capitolo di un libro che affronta un argomento
specifico della vostra tesi, potete usare questa formula:
Su questo argomento, vedi tutto il secondo capitolo di Pombeni,
P. Introduzione alla storia contemporanea, Bologna 2000, pp.
100-110.
2) Articoli
Di Gregorio, L., Il processo delle politiche di immigrazione in
Italia. Uno schema interpretativo integrato, “Stato e Mercato” 3
(2002), pp. 433-466.
Oppure:
Vedi l’articolo di Cassese, S., Le riforme istituzionali, “Corriere
della Sera”, 13 febbraio 2003, p. 1.
Testo aggiornato a: 10.04.2010
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2.5. La bibliografia
La bibliografia conclude il testo della tesi; è uno strumento che fa parte integrante del testo e che serve all’autore per appoggiare, con opportuni riferimenti, le proprie argomentazioni e le citazioni, al lettore per capire su quali testi si sia basato l’autore nel proprio lavoro e per poterne, eventualmente, ripercorrere le varie fasi.
La bibliografia può apparire in varie forme; bibliografia essenziale: riporta solo i testi effettivamente usati dal candidato e concordati col docente;bibliografia estesa: riporta anche l’indicazione di testi che non sono stati usati dal candidato nel suo lavoro; testi, dunque, “di seconda mano”, che il candidato ha trovato citati negli studi effettivamente utilizzati e che riporta per offrire al lettore un panorama più ampio di letture e approfondimenti sul tema; in questo secondo caso, bisogna seguire due regole: indicare con chiarezza i testi effettivamente usati, distinguendoli in qualche modo dagli altri; non esagerare nelle indicazioni, limitandosi ai rinvii veramente utili per un approfondimento.
Prima di preparare la bibliografia, bisogna ricordare che:
a) in primo luogo, si riporta il cognome dell’autore,
seguito dal nome proprio. Si può dare anche
soltanto l’iniziale del nome proprio dell’Autore,
quando non sia possibile ricavarlo dalle
bibliografie disponibili;
b) per i libri, dopo cognome e nome, si riporta il
titolo del volume, in corsivo; quindi la città sede
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della casa editrice (attenzione: non è la città in cui
il volume è stato stampato) e la data di edizione.
Oltre a ciò, può essere indicata anche la casa
editrice.
Attenzione! Indicare la città e la data di
edizione è obbligatorio, indicare la casa
editrice è facoltativo; non si indicano le pagine.
c) per gli articoli, non si indicano la città e la casa
editrice, ma la rivista, il quotidiano o il volume
in cui l’articolo è stato pubblicato; inoltre,
obbligatoriamente, si indicano sempre le
pagine iniziale e finale del testo.
Ecco un esempio di bibliografia:
BIBLIOGRAFIA
Abruzzese, Alberto (a cura di), Lessico della
comunicazione, Roma 2003.
Cassese, Sabino, La crisi dello stato, Roma-Bari 2002.
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Cassese, Sabino, Le riforme istituzionali, “Il Corriere
della Sera”, 13 febbraio 2003, p. 1
Di Gregorio, Luigi, Il processo delle politiche di
immigrazione in Italia. Uno schema interpretativo
integrato, in “Stato e Mercato” 3 (2002), pp. 433-466.
Fiorentino, Giovanni, Fotografia, in Abruzzese, A. (a
cura di), Lessico della comunicazione, Roma 2003, pp.
100-110.
Serianni, Luca, Della Valle, V., Patota, G., L’italiano
parlato e scritto. Agenda salvascrittura, Milano 2003. *
* Attenzione! Nel caso in cui gli autori siano più d’uno, si può indicare per esteso il nome proprio soltanto del primo di essi.
2.5.1. Ordine e aspetto delle voci bibliografiche
Ciascuna voce è separata dalle altre da un accapo (non da uno spazio, diversamente dal modello della tesi triennale), e si chiude con un punto fermo. L’ordine è alfabetico, dalla A alla Z del cognome dell’autore principale (o del primo autore di una serie) o del curatore. Ciascuna voce contiene, obbligatoriamente:
prenome e cognome dell’autore, in carattere tondo, seguito da una virgola;
titolo della monografia (volume singolo), del saggio (in rivista), dell’articolo (in un giornale) o della voce di un dizionario, in carattere corsivo, seguito da una virgola;
luogo di edizione, cioè la citta in cui il volume è stato pubblicato, seguito da uno spazio, senza virgola;
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data di pubblicazione, seguita da un punto fermo.
Notiamo alcuni casi particolari: il secondo testo di Cassese è comparso in un quotidiano; il titolo dell’articolo, in corsivo, è quindi seguito dalla testata (“Il Corriere della Sera”), tra virgolette alte doppie, dalla data di uscita, completa di giorno, mese ed anno (13 febbraio 2003) non separati da virgole, e dall’indicazione della pagina; il testo di Di Gregorio è un saggio comparso in una rivista, lo capiamo perché dopo la virgola troviamo scritto “in” (Il processo delle politiche di immigrazione in Italia. Uno schema interpretativo integrato, in) e perché troviamo il nome della rivista, indicato tra virgolette alte (“Stato e Mercato”); al nome della rivista seguono altri dati, non separati da virgole ma da semplici spazi: il numero del fascicolo e l’annata, quest’ultima tra parentesi tonde; l’indicazione delle pagine è completa di pagina iniziale e finale, separate da un trattino e sempre seguite da un punto fermo (pp. 433-466); osserviamo anche che le cifre contengono unità, decine e centinaia (433-466; una soluzione alternativa sarebbe stata quella di non indicare due volte le centinaia: 433-66); il testo di Fiorentino è una voce (cioè l’articolo di un dizionario, composto per definizione da molte voci) all’interno di un’opera collettiva, curata da A. Abruzzese: troviamo pertanto la formula “in”, l’indicazione del curatore, il titolo dell’opera e, infine, le pagine occupate dalla voce.
Altre osservazioni:
prenome e cognome: meglio separarli con uno spazio
A. Abruzzese non A.Abruzzese
sarebbe anche meglio indicare il cognome prima del prenome, per facilitare la lettura alfabetica:
Abruzzese A., non A. Abruzzese
questo sistema può non essere usato quando si usa la bibliografia “all’americana” (vedi oltre);
casa editrice: meglio indicarla, prima o dopo il luogo di edizione (ma, una volta scelta una sequenza, sempre allo stesso modo; quindi, o sempre prima o sempre dopo) e senza la virgola prima dell’anno
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Roma, Carocci 2003 non Roma Carocci 2003 o Roma, Carocci, 2003
o
Carocci, Roma 2003 non Carocci Roma 2003 o Carocci, Roma, 2003
2.5.2. La bibliografia “all’americana”
È un sistema di citazione bibliografica molto in uso negli ultimi anni, che permette una citazione rapida anche all’interno del testo, risparmiando le note a piè di pagina (vedi oltre, le Forme della citazione); consiste nell’indicazione del solo cognome dell’autore, seguita dall’anno di pubblicazione dell’opera e dalla pagina da cui si cita. Quando si usa questo sistema, i rinvii abbreviati vanno sciolti, cioè resi espliciti e completi, in questo modo:
Cassese 2002 = S. Cassese, La crisi dello stato, Roma-Bari 2002.
In ogni caso, la regola fondamentale da seguire è la coerenza: una volta adottato un sistema, lo si deve applicare sempre, e sempre allo stesso modo. Se avete dubbi, provate a vedere come si sono comportati gli autori dei saggi che avete utilizzato.
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3. Suggerimenti su come organizzare il lavoro.
Ricordiamo che la “Tesi” (che vale 8 CFU), è un elaborato originale, compreso tra un minimo di 100 pp. e un massimo di 180 pp., o un corrispondente lavoro – sempre originale – di carattere applicativo-professionale.
Prima di affrontare questo argomento, è opportuno riprendere alcune nozioni essenziali su cos’è un testo come la tesi di laurea.Come in ogni occasione di scrittura, è importantissimo tener conto del tipo di testo che stiamo scrivendo e del destinatario a cui ci stiamo rivolgendo. Che tipo di testo è la tesi? La tesi è un testo argomentativo/informativo: argomentativo, perché ha come obiettivo sostenere la fondatezza di determinate affermazioni; informativo, perché deve – anche – far conoscere ai lettori uno o più informazioni che riguardano un evento, un oggetto o un concetto. Ricordiamo che la tesi consiste nell’elaborazione critica di un argomento, sulla base della bibliografia concordata con il docente, allo scopo di evidenziare le capacità critiche e di sintesi del candidato nel corso della prova finale.
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In queste poche righe troviamo tutte le indicazioni fondamentali, da integrare con qualche precisazione.Candidato (cioè laureando, tesista) e docente concordano insieme l’argomento della tesi; il docente può suggerire al candidato una bibliografia, cioè una serie di testi che trattano il tema scelto come argomento della tesi; ma da un candidato preparato ci si aspetta anche che integri le letture suggerite dal docente con altre letture frutto di conoscenze o di ricerche personali. Dopo aver letto e studiato un certo numero di studi su un dato argomento (bibliografia) il candidato deve produrre un elaborato critico (“elaborazione critica”) su quell’argomento, e dimostrare di possedere (“evidenziare”) capacità critiche e di sintesi.
Soffermiamoci sull’aggettivo critico, che compare due volte. Con questo aggettivo si intende dire che il candidato deve riuscire a farsi un’opinione personale sull’argomento che ha concordato come oggetto della tesi e che deve dimostrare di saper trasferire questa opinione in un testo scritto e di saperla esporre oralmente in una “discussione” (pubblica) davanti alla Commissione “nominata dal Preside”.L’altro termine essenziale è sintesi; il candidato ha a disposizione uno spazio, sufficientemente ampio, ma ben definito:
La tesi dovrà essere un lavoro originale compreso tra un minimo di 100 pp. e un massimo di 180 pp. In queste pagine il candidato deve esporre l’argomento della tesi e una propria elaborazione critica, basata sulla lettura di una bibliografia concordata, in tutto o in parte, col relatore, e in genere, come vedremo oltre, sull’esame di altri materiali (statistiche, testi presi come campione, atti normativi, ecc.). Perciò dovrà avere anche buone capacità di sintesi, dovrà cioè essere capace di redigere un elaborato anche piuttosto
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complesso e articolato rispettando i vincoli imposti dal regolamento didattico della nostra Facoltà.
3.1.1. Critica e sintesi: cosa non si deve fare
Abbiamo detto che il candidato deve riuscire a farsi un’opinione personale dell’argomento concordato col docente. Ma la tesi non è l’espressione di un’opinione. In un editoriale, in un articolo di opinione pubblicato da un grande quotidiano, un argomento viene affrontato, anche con taglio argomentativo e critico, da un esperto di fama nazionale o da un grande giornalista, ben noto al largo pubblico dei lettori e in grado di esercitare, con le sue opinioni, un’influenza sui suoi tanti lettori. Un laureando, per definizione, non è un esperto di fama nazionale e non ha le capacità e la credibilità di un grande giornalista. Perciò, non ci aspettiamo che scriva cose fondamentali (da esperto) sull’argomento prescelto, né che ci informi delle sue opinioni in proposito (da opinionista di fama). Ci aspettiamo che sappia esporre in modo chiaro e ben strutturato il lavoro svolto e che sia in grado, dopo essersi fatto un’opinione personale, di esporre i risultati più significativi di tale lavoro.
3.1.2. Ordine, ridondanza e modestia
Esporre in modo chiaro e ben strutturato significa: organizzare l’argomentazione con ordine, in genere seguendo un percorso a tre fasi, che parte dalla descrizione dello stato della questione (i dati sull’argomento prescelto), prosegue con le ricerche svolte e con l’analisi dei dati, si conclude (conclusioni, vedi oltre) con l’esposizione dei risultati più notevoli di tali ricerche. Bisogna quindi evitare lunghe digressioni, cambiamenti bruschi rispetto alla sequenza lineare del percorso, eccessive frammentazioni, analisi troppo minuziose di dettagli.
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La chiarezza può essere nemica della sintesi, ma è sempre meglio abbondare (ridondanza), essere espliciti nelle spiegazioni, piuttosto che saltare passaggi logici o di contenuto fondamentali. La ridondanza va incontro alle esigenze del lettore. Il laureando non deve mai pensare di rivolgersi a un esperto dell’argomento trattato (vedi oltre A chi è rivolta la tesi?), bensì di doverlo spiegare a un lettore/ascoltatore che di quell’argomento sa poco o niente. Bisogna quindi evitare allusioni, ammiccamenti, ellissi. Quest’osservazione, fondamentale, ha conseguenze sulle forme dell’argomentazione e sulle forme della citazione.Chiudiamo con la modestia: è molto difficile, se non impossibile, che l’argomento trattato in una tesi, per quanto circoscritto, specialistico e - al limite - fantasioso, non sia stato mai affrontato in precedenza. Sarà anzi molto probabile che altri, più esperti di noi, lo abbiano trattato, magari avendo a disposizione più tempo per approfondirlo e più spazio per esporlo. Bisogna quindi evitare toni trionfalistici (“un tema mai trattato prima d’ora”), formule troppo nette (“è sicuro che...”; “non c’è dubbio che...”, ecc.) e considerazioni troppo personali (“io sono convinto che...”), considerazioni che si possono fare solo nei casi di cui si è veramente sicuri perché sono appunto il risultato della propria originale ricerca.
3.1.3. A chi è rivolta la tesi?Una domanda che ogni laureando deve porsi prima di cominciare a scrivere è “chi sono i destinatari della tesi?”.Nella tesi, i destinatari sono almeno tre: 1. il docente con cui si concorda l’argomento da trattare;2. il proprio relatore di tesi di laurea magistrale
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3. un lettore esterno, che dobbiamo sempre tenere in considerazione quando scriviamo un testo argomentativo/informativo.I destinatari 1 e 2 contano molto perché devono dare un giudizio sulla qualità del lavoro e decidere se merita o non merita gli 20 crediti previsti dal regolamento didattico. Il destinatario 3, anche se virtuale, conta forse ancora di più.Infatti, anche se non è detto che la nostra tesi sia letta da altre persone oltre che da noi, dal docente che l’ha seguita e dal relatore della tesi, dobbiamo pensare sempre a un lettore esterno. Il lettore esterno è un lettore che: a. ha poca o nessuna conoscenza degli argomenti che stiamo trattando, ma allo stesso tempo è interessato, per qualche motivo che non possiamo prevedere, agli argomenti che stiamo trattando;b. non è obbligato - diversamente dai destinatari 1 e 2 – a leggere il nostro testo; c. potrebbe avere opinioni diverse dalle nostre sugli eventi, sulle cose o sulle idee che formano l’argomento della nostra tesi.
Per questi motivi, il nostro testo dovrà, necessariamente:
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a. dare al lettore tutte le informazioni utili a farsi un’idea sufficientemente chiara di quello di cui stiamo scrivendo (funzione informativa);b. coinvolgere il nostro destinatario virtuale nella lettura, e farlo arrivare fino in fondo, per fargli capire quali sono le nostre idee (funzione persuasiva);c. fare in modo che capisca che le nostre affermazioni sono fondate su dati veri e su un metodo di ricerca corretto; convincerlo che l’opinione che stiamo esprimendo, anche se non è necessariamente l’unica possibile, è degna di attenzione e di rispetto (funzione argomentativa).
3.1. Obiettivi della ricerca
Questo paragrafo introduttivo – che potete intitolare Premessa, Introduzione o, anche, Obiettivi della ricerca, conterrà, in sintesi (al massimo 2 cartelle), gli obiettivi che lo studente si è prefissato per la ricerca.
Per es.: verificare le caratteristiche del linguaggio della medicina alla luce dell’analisi di un corpus di testi tratti da riviste di divulgazione medica. Particolare attenzione è stata rivolta al lessico (tecnicismi specifici e collaterali, grado di tecnicità della terminologia usata, modalità di presentazione e di spiegazione dei tecnicismi).
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In questa sezione dovete dire, in poche parole (una o due pagine, non più) di cosa tratta il vostro lavoro e perché lo avete scelto. Siate essenziali e sintetici, lasciando ai capitoli le informazioni più dettagliate (metodo seguito, studi precedenti, ecc.); cercate soprattutto di essere chiari, appoggiandovi al titolo e all’indice, che vi serviranno da guida. Non abbandonatevi a divagazioni personali (“ho scelto di occuparmi della storia dell’amministrazione ferroviaria perché mi piace viaggiare”; “sono da anni un appassionato lettore di Camilleri, per questo ho deciso di studiare la lingua dei suoi ultimi gialli”) o, peggio, a dichiarazioni enfatiche (vedi sopra, modestia).Tenete presente inoltre che non è richiesta, e quindi non è necessaria, alcuna considerazione di carattere generale relativa ai testi specialistici o alle caratteristiche del linguaggio specifico (medico, giuridico, economico-finanziario) cui i testi analizzati appartengono. Sarà invece utile dire subito quali aspetti dei testi presi in esame sono stati oggetto dell’analisi (vedi anche capitolo 3. analisi linguistica) e perché. Per esempio, nell’analisi dei foglietti illustrativi dei medicinali, più che soffermarsi sui tecnicismi specifici o collaterali utilizzati nel testo, sarà interessante
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analizzare come tali tecnicismi sono presentati (se in modo chiaro o oscuro per il paziente, ecc.) e soprattutto quali procedure argomentative e pragmatiche sono state adottate da chi ha scritto il testo per fornire indicazioni il più chiare possibile ai destinatari (medico di base e paziente). Occorre quindi motivare le proprie scelte citando subito gli studi presi a modello.
es. 1: Ho scelto di concentrare l’analisi su questi aspetti tenendo conto delle osservazioni fornite da Serianni 2007, pp. XXX, sulle caratteristiche del linguaggio medico. Per l’analisi dei foglietti illustrativi si è seguito il modello di Serianni 2008 e di Serianni 2005, pp. XX-XX (vedi il paragrafo precedente sulla bibliografia).
es. 2: Ho scelto di concentrare l’analisi su questi aspetti tenendo conto delle osservazioni fornite da Dardano 1998, pp. XXX, sulle caratteristiche del linguaggio economico-finanziario. Per l’analisi degli articoli del “Sole 24 ore” si è seguito il modello di Zanola 2008 e di Zanola 2004, pp. XX-XX (vedi il paragrafo precedente sulla bibliografia).
3.2. Presentazione dei dati
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Un requisito essenziale di ogni ricerca scientifica è la
definizione precisa dei dati presi in esame. Anche nelle
scienze umane è obbligatorio per un ricercatore onesto
e scrupoloso dire su quali dati si è basato per arrivare
a determinate conclusioni e quali fonti ha utilizzato
come materiali di partenza per la propria ricerca.
Questo capitolo è essenziale per due motivi:
a. per consentire a chi legge di attingere alle
stesse fonti usate da chi ha scritto la tesi;
b. per consentire un semplice e chiaro
ritrovamento delle parole o delle frasi
citate – come esempi – dall’insieme dei testi
analizzati.
La presentazione dei dati si compone di due parti:
1) l’elenco completo dei materiali utilizzati;
2) la descrizione dettagliata dei materiali utilizzati.
Se l’insieme dei dati su cui la ricerca è basata è
costituito da molti materiali (es. documenti d’archivio,
articoli di quotidiani o riviste, referti, articoli di legge,
ecc.) sarà bene regolarsi così:
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1. Elenco completo dei materiali utilizzati
es. 1
[S 4/1 gen-mar-08 ] = “Salute”, annata 4, numero 1, gennaio-
marzo 2008 [periodicità semestrale]
[FB 35-08] = “Forma e Benessere”, annata 35, 2008 [periodicità
annuale]
es. 2
[RX torace 1] = radiografia del torace eseguita il 25 marzo 2008
[RX torace 2] = radiografia del torace eseguita il 12 maggio
2008
[TAC addome 3] = tomografia assiale computerizzata
dell’addome eseguita il…
N.B. l’elenco dei materiali, specie se ampio, potrà essere
stampato in corpo più piccolo rispetto a quello del testo della
tesi, per es. in corpo 12 (quello usato in questi esempi) e andrà
comunque corredato di una nota a piè di pagina in cui si
sciolgono, di seguito e una volta per tutte, tutte le sigle
utilizzate, e si indica con precisione l’arco temporale interessato
dalla ricerca. Es. di nota2
2 Sciogliamo di seguito le sigle delle riviste spogliate per questa ricerca: S = “Salute” (6 numeri, dal gennaio 2006 al settembre 2008); FB = “Forma e Benessere” (dal n. 32 del 2005 al n. 35
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Ogni riga dell’elenco si compone quindi di due parti: fonte in
forma abbreviata: [tra parentesi quadre, con indicazioni
essenziali per il riconoscimento: una sigla trasparente, per es.
CdS per Corriere della Sera, una data (se utile), qualche
informazione sintetica sui contenuti] = scioglimento
dell’abbreviazione: senza parentesi, si danno in forma esplicita
tutte le informazioni utili per consentire a chi legge di accedere
agli stessi dati usati dall’autore nel proprio lavoro.
Se i materiali sono, per es., più testi tratti da una sola
rivista o da un solo quotidiano, oppure se si tratta di
parti di un singolo testo (es. un manuale universitario,
ecc.) sarà bene regolarsi così:
es. 1
Oggetto della nostra analisi sono 30 articoli tratti dalla rivista
annuale “Economia e Business d’Impresa” (d’ora in poi in sigla
EBI), dal fascicolo 13 del 2004 al fascicolo 17 del 2008. Diamo
qui di seguito l’elenco completo degli articoli analizzati:
[EBI 13-04] = Anna Bianchi, Il mercato dei derivati, p. 11
[EBI 15-06] = Carla Neri, Come funziona l’impresa, pp. 24-26
del 2008).
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es. 2
Oggetto della nostra analisi sono 3 capitoli del volume di Paolo
Esposito, Dermatologia clinica, Roma, Istituto Superiore di
Dermatologia, 2005 (d’ora in poi in sigla Esposito 2005). Per
comodità, elenchiamo qui di seguito le pareti di testo analizzate
[Esposito 2005, I] = Paolo Esposito, Dermatologia clinica, cap. I,
pp. 3-75
[Esposito 2005, II] = Paolo Esposito, Dermatologia clinica, cap.
II, pp. 77-152
N.B. quando nei capitoli della tesi si citerà uno dei
materiali usati come fonti della ricerca, nella parte tra
parentesi quadre andranno indicate solo la pagina o le
pagine da cui è tratto l’esempio; nell’elenco
dettagliato, invece, si indicano tutte le pagine del
capitolo o dell’articolo effettivamente spogliate.
2. Descrizione dettagliata dei materiali utilizzati.
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In questa sezione sarà utile presentare, in modo breve,
ma dando tutte le informazioni utili, i testi o il testo
oggetto della ricerca.
Riviste di divulgazione o quotidiani.
Delle riviste occorre dare il titolo completo della
testata, la periodicità, la data d’inizio della
pubblicazione, l’editore, il nome del direttore
responsabile, il pubblico a cui si rivolge e – se possibile
– la tiratura media; inoltre, sarà utile fornire tutte le
informazioni che possono servire a capire qual è il
taglio della pubblicazione e cosa contiene un numero
“tipo”. Il tutto, in poche frasi:
Es. “Forma e Benessere. Consigli per la salute del
corpo” è una rivista trimestrale che ha iniziato le
pubblicazioni nel 1998; a pubblicarla è l’editore
Mondadori di Milano; direttore responsabile è
attualmente Mario Bianchi. La rivista si rivolge al largo
pubblico e ha una tiratura media di 25.000 copie. Un
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numero tipo consta di circa 100 pagine (pubblicità e
fotografie comprese) e contiene articoli di giornalisti
specializzati, di medici specialisti (raccolti in rubriche
fisse dedicate a…), interviste, sondaggi, spazi riservati
alla posta dei lettori, ecc.
Quando si è preso in esame un quotidiano di larga
notorietà (Il sole 24 ore, Repubblica, Corriere della
sera, ecc.) non ha ovviamente senso farne una “storia”,
o dare informazioni sul direttore, sulla tiratura media e
simili. Sarà invece utile dire con precisione quali
sezioni del quotidiano sono state scelte per la ricerca e
perché, magari dicendo se si è scelta una sezione fissa
del giornale (es. le pagine / l’inserto di Economia e
finanza del Corriere della sera, ecc.) e se,
all’argomento analizzato, il giornale dedicava anche
altri approfondimenti, motivando la selezione operata.
Manuali universitari e simili; disposizioni normative.
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Anche in questi casi sarà utile dare a chi legge un po’
di notizie per fargli capire di cosa tratta il testo
analizzato. Se è un manuale universitario, andrà detto
chi è l’autore (in genere si trovano queste informazioni
nella quarta di copertina), che grado di notorietà ha
nell’ambiente accademico (es. si tratta di un testo
adottato nella nostra facoltà, dalla cattedra di…, o,
anche, in altre facoltà italiane [citando solo le più
importanti]). Se si tratta di una singola legge o di una
singola sentenza, bisognerà dire – in sintesi! - in che
contesto la legge è stata emanata o la sentenza
emessa, qual era la situazione precedente, che iter ha
avuto la stesura della legge (più letture, verifica di
costituzionalità, ecc.), se ci sono state reazioni
politiche importanti.
Referti medici, foglietti illustrativi, verbali.
Nel caso di documenti protetti da una certa
riservatezza, come i referti diagnostici o i verbali, si
potranno omettere dati personali, anche relativi agli
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autori del referto o del verbale (basterà dire, per es.,
“analisi condotta in un laboratorio di Viterbo”); sarà
invece utile fornire le coordinate temporali (data,
eventuale ripetizione dell’analisi, ecc.) e gli elementi
essenziali che aiutino a capire le circostanze (es. se il
paziente ha una particolare patologia, se il verbale è
stato fatto contestualmente, e simili). Per i foglietti
illustrativi, basterà indicare: la data e se si tratta di un
aggiornamento rispetto ad altre versioni precedenti; la
casa produttrice, le caratteristiche del farmaco, la sua
diffusione nazionale o internazionale.
N.B. se i materiali utilizzati per la ricerca sono
raccolti a parte, nella sezione Allegati (vedi), sarà
comunque opportuno segnalarlo, all’inizio della
descrizione, direttamente nel testo o in una nota
a piè di pagina.
3.3. Analisi dei dati
L’analisi dei dati andrà distinta per sezioni, diverse a
seconda della tipologia di materiali esaminati. Le
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motivazioni della strutturazione e della gerarchia
dell’analisi devono essere state già fornite nel capitolo
1 (vedi Obiettivi della ricerca), quindi è inutile
ripeterle. Le sezioni potranno essere di vario tipo, a
seconda delle metodologie usate nel settore scientifico-
disciplinare in cui si colloca la ricerca; in una tesi di
tipo linguistico, per esempio, le sezioni potranno
essere: gerarchia degli argomenti, testualità, sintassi,
morfologia, lessico. In genere, come nell’esempio
appena fatto, la sequenza va dagli aspetti più
generali agli aspetti più specifici.
Modalità di citazione di singoli termini o di spezzoni di
testo
Soprattutto quando la ricerca si è svolta su molti
materiali, è bene raccogliere tutti i materiali utilizzati
in una sezione a parte (vedi Allegati), e inserire nel
testo solo singoli esempi (termini, brevi citazioni) utili a
confortare le proprie argomentazioni.
Per citare e commentare singoli termini, usare questo
sistema:
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mettere il termine in corsivo, seguito dall’indicazione,
tra parentesi quadre e in sigla (vedi Presentazione
dei dati), del luogo in cui lo si è trovato; per es.:
Tra i grecismi, segnaliamo neoplasia [FB 35-08, p. 5],
mesenchimale [FB 35-08, p. 7], ecc.
Il significato di un termine non sufficientemente noto
va messo – in tondo – tra virgolette semplici:
tracoma ‘malattia virale cronica della congiuntiva e
della cornea’.
Sarà sempre utile indicare, in una nota posta alla
prima occasione in cui se ne fa uso, la fonte da cui
sono state tratte le definizioni (nel caso di tracoma, la
definizione è tratta dal GRADIT).3
In generale, è opportuno moderarsi nella citazione di
ampi spezzoni dei testi esaminati e preferire il rinvio
3 Le definizioni dei tecnicismi sono tratte, salvo indicazioni diverse, dal GRADIT 2007, alla voce relativa.
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all’insieme dei materiali che saranno forniti negli
Allegati (vedi):
es.:
“Nell’articolo di Anna Bianchi sulla crisi dei mercati
finanziari, notiamo il frequente ricorso a frasi nominali
[EBI 13-04, p. 11, p. 13, p. 15]”.
Quando è proprio indispensabile fare esempi, ci si può
limitare a uno o due casi significativi, citandone
eventualmente altri in nota. Gli esempi andranno
presentati in modo che si distinguano bene dal resto
del testo.
Seguite questa forma (attenzione! È diversa da
quella indicata nel modello della tesi triennale),
spaziando gli esempi rispetto al resto del testo, dando
un’interlinea inferiore (non 2 bensì 1,5) e un corpo
minore (non 14 ma 12, come nelle note); per es.:
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Nell’articolo di Anna Bianchi sulla crisi dei mercati
finanziari, notiamo il frequente ricorso a frasi nominali:
«Ottima tenuta del mercato giapponese dei futures» [EBI 13-04, p. 11], «In ripresa le azioni delle principali banche d’affari USA» [EBI 13-04, p. 13]4
Citazioni di saggi e altre risorse bibliografiche.
Le citazioni possono essere di due tipi:
implicite, quando si riassume un concetto espresso da
altri con parole diverse, ma si vuole – correttamente –
dar conto del fatto che si stanno usando riflessioni
altrui;
esplicite, quando si riporta parola per parola la
considerazione di uno studioso perché la si ritiene
essenziale per comprendere quanto si sta dicendo.
Nel primo caso, ci si può limitare alla citazione
all’americana, tra parentesi, nel corpo del testo.
es.
4 Altri esempi in [EBI 13-04, pp. 15, 18, 19].
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Il linguaggio medico, come quello giuridico, è
particolarmente ricco di tecnicismi collaterali (Serianni
2007, p. 65).
Nel secondo, la citazione andrà messa tra virgolette e,
se particolarmente lunga, potrà essere spaziata e
differenziata dal corpo del testo, così come abbiamo
visto per le citazioni di spezzoni ampi dai materiali
esaminati:
es.:
Maurizio Dardano ha osservato che nel linguaggio
economico-finanziario «è particolarmente alta la
frequenza di metafore di movimento» (Dardano 1998,
p. 11), e questa osservazione è confermata dai dati dei
testi esaminati.
3.4. Conclusioni
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Un ultimo capitolo, piuttosto breve, sarà dedicato alle
conclusioni. Attenzione: le conclusioni non sono un
riassunto della tesi. In questa sezione vanno raccolti i
risultati più interessanti del lavoro, senza ripercorrere
punto per punto le varie fasi della ricerca, ma andando
dritti allo scopo: far capire al lettore perché la tesi è
interessante e utile. È un compito difficile, e in questa
sezione entra massimamente in gioco la capacità
critica del candidato, che deve dimostrare di aver
capito quali sono i punti salienti dell’argomento
trattato, e di saperli sinteticamente descrivere a un
lettore che di quell’argomento sa poco o nulla.
Diversamente da quanto accade per la tesi
triennale, le conclusioni dovranno avere un obiettivo
soprattutto pratico, cioè fornire a chi legge non tanto
un giudizio generico sui risultati del lavoro, quanto
piuttosto una riflessione sui dati, anche quantitativi,
emersi dalla ricerca.
3.5. Appendici e allegati
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Quando l’argomento della tesi è l’analisi (linguistica,
normativa, storica) di un campione di testi oppure – a
maggior ragione – quando si analizzano o commentano
materiali audiovisivi o digitali, per non appesantire il
testo della tesi con citazioni molto ampie e per non
togliere spazio all’argomentazione, può essere utile è
opportuno raccogliere tutti i materiali utilizzati in
un’appendice di documenti, una sezione a parte della
tesi. Attenzione: questi materiali non sono gli studi che
ci sono serviti d’aiuto per la ricerca, che vanno indicati
nella Bibliografia. Chiameremo questa sezione
Appendice o Allegati.
Gli allegati potranno essere a stampa (es. trascrizioni
di testi audiovisivi, riproduzioni di materiali a stampa,
ecc.) o digitali (file audio, file di immagini, file video,
ecc.) e potranno essere rilegati insieme alla tesi o in un
fascicolo a parte o, ancora, raccolti su un supporto
digitale (Cd-ROM, DVD, ecc.).
Attenzione però all’indice (che riguarda l’oggetto tesi e
quindi non deve contenere i riferimenti all’appendice,
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da inserire semmai in fondo alla Premessa) e ai rinvii
interni, che devono essere molto chiari e riprodurre
esattamente la struttura dell’appendice. In ogni caso,
l’elenco degli allegati andrà stampato all’interno della
tesi, in modo che il lettore possa sempre recuperare i
materiali originali che l’autore della tesi ha usato per la
propria analisi.
N.B. Materiali e testi raccolti nell’appendice non sono
elaborazione originale del laureando; quindi le pagine
vanno numerate separatamente.
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