Sergio Valentini © 2013
UNIVERSITA’ DI BERGAMO
Sergio Valentini
Corso di Economia e Tecnica del Commercio Internazionale
La distribuzione: approfondimento sulle tipologie più appropriate
Sergio Valentini © 2013
La fase iniziale di una strategia di vendita e/o
marketing prevede la decisione relativa al
canale o ai canali di distribuzione da utilizzare
La scelta tenderà ad essere condizionata da una
serie di elementi come:
• Canali distributivi alternativi disponibili
• Efficacia di ciascun canale
• Costi legati a utilizzo e gestione di questi
canali
La scelta del canale distributivo
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Verifiche preventive
• Per ogni canale distributivo c’è più di un livello
distributivo ? (Es.:grossisti che servono dettaglianti)
• In caso affermativo, conviene avvalersene?
• Le vendite devono essere effettuate senza
restrizioni a tutti i distributori? (o è preferibile un
rapporto contrattuale con una cerchia selezionata di
distributori)
Scelta del canale distributivo
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Occorre individuare il canale (o la combinazione di
canali) che nel complesso massimizza i risultati in
termini di profitto complessivo:
Volume Totale Vendite x Margine Profitto Netto
• Se il canale distributivo è efficace, produrrà un buon
volume di vendite
• Se il canale distributivo è economico, genererà un
buon margine di profitto
Bisogna ricercare la combinazione ottimale di entrambi
Canale distributivo ottimale
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Non è facile informarsi sui canali di distribuzione e bisogna
cercare/interpretare le variabili proxy più adeguate
Ad esempio:
•Le statistiche possono dare informazioni sulla quantità di
prodotti fabbricata e venduta sul mercato locale
•Vanno incrociate con i dati di import/export
E’ necessario incrociare questi dati con i gusti dei
consumatori, prezzi prevalenti, canali distributivi
Prima di mettere a punto un progetto per entrare sul mercato,
l’esportatore deve sapere come e quanti prodotti sono arrivati
ai consumatori sul mercato
Informazioni sulla distribuzione nei
mercati esteri
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Se si sceglie un cattivo canale di distribuzione, magari
accettando un ordine iniziale che a prima vista si presenta
interessante, si possono compromettere possibilità future di
insediamento a lungo termine
Ad esempio:
•offerta di prodotti a prezzo troppo basso in circuiti
non idonei
•Mancato rispetto da parte dell’importatore di
regole locali con conseguenti problemi legali
•Assistenza insufficiente
Rischi
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Lo studio dei circuiti di distribuzione può farsi in
parte con l’analisi delle informazioni pubblicate:
• Numerosi paesi pubblicano delle statistiche sul
volume e il valore del commercio delle varie
classi di intermediari, a livello di ingrosso e
dettaglio e per categoria di prodotti
• Le riviste di commercio, cataloghi aziendali e di
fiere, siti internet, danno un’idea generale dei
circuiti utilizzati dalle varie categorie di prodotti
Circuiti di distribuzione prevalenti
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E’ una realtà non modificabile (almeno nel breve-medio
termine) e di fatto condiziona l’esportatore nelle sue scelte
E’ influenzata da vari fattori:
Tradizione: nei Paesi, motivi sociali, economici, storici e politici hanno
determinato la struttura della distribuzione di alcune merci secondo
forme organizzative che ancora resistono alle mutate esigenze dei
produttori e dei consumatori
Tipo di prodotto: a ogni tipo di prodotto corrispondono differenti canali di
distribuzione
Ordinamento giuridico e tributario: la legislazione vigente su mercati esteri
può influire sullo sviluppo o decadenza dei diversi canali di
distribuzione; lo stesso vale per l’ordinamento tributario e la
legislazione finanziaria, che potrebbe favorire o scoraggiare certe
strutture commerciali di distribuzione
La struttura distributiva di un
Paese estero
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Fattori d’influenza sulle modalità distributive ottimali
Costi del servizio distributivo
Grado di controllo che l’esportatore può esercitare
sull’attività degli intermediari locali
Struttura dell’apparato produttivo - numero di produttori
locali, posizionamento rispetto ai mercati, grado di
concentrazione commerciale industriale, metodi e costi di
produzione
Struttura dell’apparato distributivo - l’organizzazione
commerciale di mercato ha il suo peso: numero delle
aziende al dettaglio e all’ingrosso; importanza dei negozi di
vendita, ubicazione rispetto al consumatore
La struttura distributiva di un
Paese estero
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Di norma,ci sarà un lungo circuito di distribuzione per beni
di largo consumo (con effetti sui ricarichi a ogni passaggio
distributivo e contrattuale)
Per i beni strumentali è consueto un contatto diretto tra
industria produttrice e industria utilizzatrice (numero più
limitato di clienti potenziali, valore unitario elevato,
argomenti tecnici di vendita, servizio di assistenza post-
vendita, confidenzialità, affidabilità nella qualità e nei tempi
di consegna)
Canale distributivo prevalente
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L’esportatore può controllare la distribuzione
dei suoi prodotti sui mercati esteri in modo:
diretto o indiretto
Distribuire su mercati esteri
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• Venditore dipendente diretto
• Agente all’estero
• Concessionario di vendita
• Distributore
• Filiale di vendita
Distribuzione Diretta
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• Vendita a Buyer
• Vendita a Trading company
• “Piggyback”
• Consorzio all’esportazione
Distribuzione Indiretta
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Insediamenti misti o produttivi all’estero
• Franchising
• Licensing
• Assembly
• Contract Manufacturing
• Joint Venture
• Investimento produttivo diretto (filiale di
produzione)
Distribuzione su mercati esteri
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L’esportatore si occupa di collocare direttamente i
propri prodotti sui mercati esteri tramite un
proprio ufficio esportazione, il quale:
• sceglierà e controllerà i propri collaboratori di
vendita
• gestirà gli ordini, dall’assunzione alla spedizione
e riscossione
• determinerà le strategie del prodotto, del prezzo,
della distribuzione, della promozione delle vendite
Esportazione diretta (e sue forme)
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Vantaggi
Nell’esportazione diretta:
•l’impresa ha la possibilità di controllare
immediatamente e direttamente il mercato estero
•può seguirne gli sviluppi e prendere con
tempestività tutte le misure necessarie per
apportare eventuali rettifiche alla politica di vendita
Esportazione diretta su mercati
esteri
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Svantaggi
Si contrappongono maggiori costi dovuti a costituire e
formare un ufficio esportazione con i suoi costi fissi di
struttura, dati del personale, area occupata, ammortamenti
su mobili e macchine, e dai costi variabili di spese di viaggio
e pernottamento all’estero
Questi costi possono essere sopportati con facilità solo da
aziende che hanno già una certa dimensione e presenza su
mercati esteri
Esportazione diretta su mercati
esteri
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Questa formula si incontra frequentemente nella vendita
di prodotti ad alto contenuto tecnologico o di impianti,
dove l’impresa esportatrice ha bisogno di avere sotto un
controllo diretto i differenti aspetti dell’affare
E’ necessario in questi casi l’intervento di un venditore
tecnico-commerciale specializzato (quando il numero
limitato di affari realizzabili in ciascun paese estero e la
corrente irregolare di ordini non giustificano l’impianto
stabile di altra forma di vendita)
Il venditore dipendente diretto
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Le vendite effettuate ai grandi magazzini, alle
cooperative di acquisto, alle catene di
supermercati, si prestano a questa forma di
vendita, così come le vendite effettuate alle
imprese trasformatrici di materie prime o
semilavorati
Si può trovare la forma di vendita diretta anche
nei paesi dove è difficile avere un agente o un
rappresentante
Vendita Diretta
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E’ un commerciante, persona fisica o giuridica, localizzato
nel paese importatore
• Si pone come intermediario tra esportatore e
compratore per promuovere le vendite in nome e per
conto dell’azienda mandante esportatrice (agente con
rappresentanza)
• Riceve in cambio una provvigione sugli affari diretti e
indiretti andati a buon fine
• Più raramente l’agente riceve una provvigione con
minimo garantito oppure è stipendiato dall’esportatore
C’è anche l’agente senza rappresentanza, che si limita a
promuovere dei contratti con la clientela trasmettendoli
al fabbricante che li concluderà poi direttamente
Agente all’estero
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Gli agenti possono essere esclusivi (monomandatari)
o plurimandatari, a seconda che trattino solo i prodotti
di una o di più imprese, che non devono però mai
essere in concorrenza fra loro
L’agente può essere con o senza deposito
Se è con deposito, mette a disposizione
dell’esportatore i locali per immagazzinare la merce, la
quale rimane sempre di proprietà dell’esportatore (per
questo servizio l’agente riceve di solito una provvigione
aggiuntiva)
Tipologie di agenti
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Optare per la scelta di un agente offre i seguenti
vantaggi:
1. i costi sono variabili, nel senso che le
commissioni pagate all’agente sono
proporzionali alle vendite effettuate
2. l’agente conosce bene il mercato e la clientela
e l’esportatore conosce pure i clienti ai quali la
merce è inviata e il grado di accettazione del
prodotto sul mercato
3. quando l’agente è riuscito a fare conoscere un
prodotto, può facilmente lanciare un nuovo
prodotto dello stesso fabbricante
Agenti: Vantaggi (1)
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4. L’agente è fortemente motivato a fare il
proprio lavoro poiché non guadagna se
non vende
5. Se l’agente è monomandatario, è
totalmente a disposizione dell’esportatore
6. L’esportatore mantiene il controllo dei
prezzi sul mercato
Agenti: Vantaggi (2)
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Quando un agente è plurimandatario, è
portato a seguire e sviluppare il prodotto
che gli dà maggior reddito, trascurando gli
altri (tra cui il nostro?)
Inoltre non è sempre disponibile a seguire
gli obiettivi espansionistici dell’esportatore
collaborando attivamente e in modo fidato
alla politica di penetrazione di prezzo, di
marca, di promozione, ecc.
Agenti: Svantaggi
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abbia una buona reputazione sul mercato
• non tratti prodotti concorrenti
• disponga dell’organizzazione e delle
infrastrutture necessarie
• sia disponibile ad interessarsi del prodotto per
lungo tempo e possa dedicare ad esso sufficiente
attenzione
• sia preparato nel prodotto e nel settore che deve
trattare sul mercato
• abbia risorse sufficienti da investire (in linea con
le necessità)
Per scegliere un buon agente
bisogna accertarsi che
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• contatto con le rappresentanze diplomatiche e
commerciali italiane all’estero
• camere di commercio italiane, estere in Italia,
italiane all’estero, Ice/Ace
• inserzioni sulla stampa specializzata estera
• associazioni di categoria
• consultazioni di annuari
• partecipazione a fiere e mostre specializzate
• banche, spedizionieri, clienti esteri, fornitori
nazionali
• repertori internet
Agenti: ricerca e scelta
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L’agente riceve generalmente una commissione
sotto forma di percentuale del valore delle merci
vendute, ovvero sul fatturato al cliente locale, dedotti
gli eventuali sconti, spese, oneri fiscali, ecc.
La percentuale varia normalmente fra l’1% e il 15%;
la cifra media più comune si aggira sul 5%
Se si è inserito nel contratto con l’agente la clausola
della “star del credere”, la percentuale che egli
riceverà sarà più alta, a causa della responsabilità
che si assume sulle perdite subite dall’esportatore
Agenti: Come remunerarli
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Quando l’esportatore si riserva il diritto di effettuare vendite dirette nel
territorio dell’agente, può essere prevista una provvigione diversa (più
bassa)
Di solito sorge per l’agente il diritto al riconoscimento della provvigione
quando il cliente ha effettuato il pagamento della fornitura. Anche la
periodicità della liquidazione delle provvigioni deve essere indicata: di
solito trimestralmente
A volte la provvigione pattuita con l’agente viene integrata da un contributo
fisso annuo per spese telefoniche, di viaggio, oppure viene garantito un
minimo di provvigione annua indipendentemente dal volume di affari
raggiunto
Sono anche normali provvigioni minori per contratti di maggiore entità, o
ridotte per interventi limitati nel processo di vendita
Agenti: provvigioni
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E’ un intermediario di commercio che acquista i prodotti
dal fabbricante (esportatore) per rivenderli in nome e
per conto proprio ai clienti
L’agente invece si limita a promuovere contratti tra
fabbricante e cliente, oppure a concluderli in nome e per
conto del fabbricante (agente con rappresentanza)
Il cliente dell’esportatore è il concessionario; quest’ultimo a
suo rischio e spese rivenderà la merce alla clientela del
mercato che gli è stato attribuito
Il portafoglio clienti della zona di vendita appartiene al
concessionario, il quale è libero di decidere (in linea di
principio) l’organizzazione e a politica di vendita dei prodotti
che acquista
Concessionario di vendita
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Diversamente dall’agente con rappresentanza, il
concessionario non impegna mai il fabbricante
Attenzione: considerare attentamente la capacità
finanziaria del concessionario, per non veder sfumare
possibilità di affari importanti sul mercato in cui opera
a causa della sua debole capacità economico-
finanziaria a trattare in proprio
La remunerazione del concessionario è data dalla
differenza fra il prezzo di acquisto e il suo prezzo di
vendita
Concessionario
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La scelta di questo canale distributivo è impegnativa
Vale per aziende esportatrici che dispongono di
prodotti ad elevato standard tecnologico, in grado di
detenere una posizione leader sul mercato
Sono imprese che operano una strategia product
oriented con una forte caratterizzazione di prodotto
finale (imprese automobilistiche, telecomunicazioni,
ecc)
Quando scegliere una distribuzione
con concessionari?
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E’ un intermediario all’estero che acquista grandi
quantità di prodotti curandone la diffusione sul
mercato
Richiede in cambio all’esportatore il diritto
d’esclusiva per la zona in cui distribuisce i prodotti
acquistati (Paese o regione)
Il distributore è un grossista, ma a volte è anche un
fabbricante di articoli similari o complementari
Il Distributore
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Caratteristiche:
• Deve possedere una rete di vendita propria
• Deve disporre di locali per il deposito delle merci
• Deve essere in grado di effettuare il servizio post-
vendita
• Deve avere capacità finanziaria che gli permetta
di effettuare acquisti di grandi stock di prodotto
Acquista e rivende in proprio, applicando un ricarico
sul prezzo di acquisto per giustificare la copertura
dei costi di distribuzione e il suo profitto
Il Distributore (2)
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• è utile ai fini delle vendite tenere in loco una
grande quantità di merci per ovvie ragioni di
rapidità di consegna
• il distributore è stimolato a dare impulso alle
vendite, trattandosi di merce che ha già pagato
• dato che le spedizioni di merci sono effettuate in
grandi quantità, l’esportatore può beneficiare di
risparmi di costi amministrativi interni, di
trasporto e spedizioniere
Distributore: Vantaggi
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• basso controllo sulla situazione di mercato e della politica
di vendita del distributore (Selezione dei clienti, prezzi che
vengono praticati, tecniche di promozione, politiche di
prodotto, monitoraggio della concorrenza)
• tendenza del distributore a spingere la vendita di prodotti
per lui più remunerativi, senza prendere in considerazione
l’intera gamma di produzione dell’esportatore (margine +
che volume!)
• tendenza del distributore ad affermare sul mercato la sua
immagine, di modo che risulterà molto semplice per lui
sostituire un prodotto con un altro concorrente in caso di
rottura di relazioni con l’esportatore
Distributore: Svantaggi
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Quando le vendite sul mercato estero avranno raggiunto un
volume tale da giustificare l’istituzione di una propria
organizzazione amministrativa ed economica in loco,
l’esportatore dovrà pensare alla creazione di filiali estere o
di società sussidiarie o di depositi esteri appoggiati da
un’organizzazione di vendita
Per giungere a una conclusione di questo genere, la
domanda del prodotto deve rimanere molto elevata e il
mercato ricco di prospettive, dato l’alto investimento
richiesto
Distribuzione: la filiale di vendita
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E’ una soluzione obbligata quando i prodotti sono di qualità,
sono richiesti, hanno un marchio affermato ed esiste una forte
concorrenza: in questi casi il ricorso a intermediari non consente
di tenere adeguatamente sotto controllo il mercato e non
garantisce il mantenimento di un’immagine elevata e la
collocazione dell’intera gamma di prodotti dell’esportatore
Lo scopo principale che ci si prefigge con la costituzione di una
filiale sui mercati esteri è assicurare un controllo più stretto del
mercato e delle sue variabili per essere più attivamente presenti
sul mercato estero
La filiale diretta è in costante contatto con la clientela con la
propria organizzazione di vendita
Va preparata con cura e nel tempo
Filiale all’estero: quando
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La filiale è ideale per conoscere e seguire nel
tempo:
• la clientela
• il mercato
• la concorrenza
È nelle condizioni ideali per formulare una
corretta ed equilibrata politica di marketing
mix (prodotto, prezzo, pubblicità,
distribuzione)
Filiale all’estero
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I rapporti economici fra esportatore e mercato estero
possono essere regolati in due modi diversi:
a. Fatturazione da casa madre a filiale estera;
b. Fatturazione diretta da casa madre alla clientela
estera
Filiale all’estero
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Da casa madre a filiale estera
La filiale estera fatturerà successivamente ai
clienti locali applicando sui prezzi di acquisto
il suo ricarico
Questo dovrà consentirle il recupero dei
costi fissi (costi amministrativi e generali) e
variabili (commissioni, trasporti, spese,
viaggio, ecc.) e un margine di utile adeguato
Filiale all’estero: fatturazione
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Fatturazione diretta da casa madre alla clientela estera
1. La filiale estera si occupa della vendita, ricevendo
ordini dai clienti e li trasmette alla casa madre
2. La casa madre spedisce la merce direttamente
all’utilizzatore finale
3. Il pagamento verrà fatto dal cliente estero alla
casa madre
4. La filiale riceve una commissione sulle vendite da
lei originate la cui entità dovrebbe coprire i costi di
gestione della struttura organizzativa e di vendita
Filiale all’estero: fatturazione
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L’esistenza di filiali all’estero con deposito predispone più
favorevolmente l’atteggiamento del compratore all’acquisto
su piazza in valuta locale
Il compratore conosce con certezza il prezzo di acquisto e
non va incontro a problemi di ritardi di trasporto, aleatorietà
dei prezzi espressi in valuta diversa da quella del paese
acquirente
Inoltre ha un riferimento psicologico e reale per eventuali
problei
Filiali all’estero: Vantaggi
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Anche se a volte l’istituzione di filiali all’estero può
assicurare il successo nella penetrazione di un mercato
La costituzione e gestione è onerosa e complessa
Di norma può essere realizzata solo da imprese di grandi
dimensioni
Richiede studi di fattibilità, supporto e investimenti
rilevanti
Comporta un profilo di rischio più elevato
Filiali all’estero: Svantaggi
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Diversamente da ciò che avviene nell’esportazione diretta,
nella forma indiretta l’esportatore realizza le operazioni di
vendita all’estero tramite intermediari, normalmente residenti
in Italia
La funzione di esportatore (ufficio export) viene esercitata
oppure viene delegata ad organismi esterni all’impresa
Le forme organizzative sono:
• Buyer
• Trading company
• “Piggyback”
• Consorzio all’esportazione
L’ESPORTAZIONE INDIRETTA E LE SUE
FORME
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L’esportatore non viene a conoscenza né delle caratteristiche
dei mercati esteri, né dei prezzi che vengono praticati, e tanto
meno conosce la tipologia dei destinatari consumatori o
utilizzatori del prodotto e la relativa evoluzione dei gusti
C’è il rischio di produrre articoli che il mercato non richiede
più nella qualità, forma e prezzi attuali
Non c’è nessun contatto con il consumatore, per cui
l’intermediario può sostituire il prodotto con un altro
concorrente nel caso di un contratto non rinnovato
Sono più protetti i casi di articoli fortemente richiesti dal
mercato per qualità, prezzo e immagine
Esportazione indiretta: Svantaggi
Sergio Valentini © 2013
A volte, gli intermediari tendono a spingere la
vendita dei prodotti che incontrano minor
resistenza sul mercato o che offrono maggiori
possibilità di guadagni/margine
Se gli intermediari non hanno capacità finanziarie
per gestire un numero elevato di clienti o
assisterli in modo adeguato dopo la vendita da
loro effettuata, si auto-limitano (imputando la
cosa al mercato)
Esportazione indiretta: Svantaggi
Sergio Valentini © 2013
Per contro, il sistema indiretto di vendita sui mercati esteri offre
il vantaggio di bassi costi e rischi del tutto trascurabili
Molte PMI non avrebbero mai affrontato i mercati esteri senza
case d’intermediazione a sollevarle - tra l’altro - anche dallo
svolgimento delle pratiche burocratiche, doganali, valutarie e
di trasporto per il trasferimento della merce sui mercati esteri
Anche i pagamenti sono rapidi e sicuri perché la maggior parte
delle organizzazioni sono note a livello internazionale
Il pagamento avviene in Italia: in questa forma di vendita il
rapporto dell’esportatore si esaurisce con la consegna e la
fatturazione della merce in Italia all’intermediario
Esportazione indiretta: Vantaggi
Sergio Valentini © 2013
I buyers (compratori) o buying offices sono operatori
commerciali indipendenti o che rappresentano più
frequentemente compratori esteri e che risiedono sul mercato
di esportazione
Prendono contatti con le imprese, visitano le mostre e fiere,
reperiscono i fornitori dei prodotti necessari alle aziende che
rappresentano, forniscono suggerimenti per adattare i prodotti
al mercato estero
Hanno diritto ad una commissione sul valore della merce
esportata/acquistata variabile dal 3 all’8%
Esportazione indiretta: Buyer
Sergio Valentini © 2013
Esportare tramite buyers è molto semplice e non presenta
problemi particolari
Non si può fare affidamento sulla continuità di produzione
così venduta, ma occorre cercare contemporaneamente altri
sbocchi perché la domanda è basata su richieste esterne e
quasi sempre sul prezzo competitivo
Potrebbero venire a mancare in qualsiasi momento gli
ordinativi sperati
Conviene puntare sulla qualità o sul servizio globale pre e
post-vendita, come elementi di scelta e di affezione al
prodotto da parte del consumatore (questo vale in genere per
tutte le forme di esportazione indiretta)
Buyers
Sergio Valentini © 2013
Nate in Giappone, sono base del successo nipponico
nello sviluppo del commercio estero, reso possibile
dalla capillarità e ampiezza della loro rete organizzativa
Le trading controllano il 25% del commercio mondiale,
percentuale che scende al 20% negli Stati Uniti e nei
paesi OCSE, sono molto meno significative in Italia
In sostanza si occupano di ricercare le fonti di fornitura,
acquistando in proprio e facendosi carico di tutte le
successive fasi di finanziamento, deposito, trasporto,
ecc., per la rivendita sui mercati esteri
Esportazione indiretta:
Trading company
Sergio Valentini © 2013
La loro attività si sviluppa anche nel collocamento dei
prodotti di fabbricazione del paese che
rappresentano, con contratti di reciprocità
Svolgono una continua azione di ricerca sui mercati
esteri, assistenza tecnica e gestionale e supporto
finanziario, in modo da offrire ai propri clienti la
combinazione prodotto servizio
Le maggiori trading companies sono giapponesi e
sono quasi necessarie per vendere in Giappone
Trading companies
Sergio Valentini © 2013
Le funzioni base concretamente svolte:
• acquisto e vendita per conto proprio e di terzi
• collaborazione per l’introduzione del prodotto nei mercati
• assistenza all’azienda nelle varie fasi - dal primo contatto
con il cliente fino alla formulazione del contratto
• organizzazione di pacchetti di finanziamento in offerta al
cliente
• fornitura di servizi specializzati (ricerche e analisi di
mercato o settoriali)
• servizio di ispezione delle merci, trasporto, magazzino,
certificazioni, sdoganamento
Trading companies: attività
Sergio Valentini © 2013
Elimina i rischi tipici dell’esportazione, le
problematiche relative alle politiche di vendita, il
rischio finanziario e valutario dell’operazione
E’ la società di trading infatti che prende in carico
tutta la sfera di responsabilità legata ad una
compravendita internazionale
Molte trading intervengono nel complesso
meccanismo del countertrade
Trading companies: Vantaggi
Sergio Valentini © 2013
Normalmente è ubicata nello stesso paese dell’esportatore e
il produttore che si rivolge alla trading non conosce di regola
i nomi dei clienti stranieri e talvolta neppure la destinazione
della fornitura (tanto meno il prezzo finale)
È scarsamente significativa nel processo evolutivo di
internazionalizzazione; d’altro canto l’incontro con la società
di trading preclude proprio la penetrazione del mercato
estero
Il filtro “impigrisce” e impedisce di cogliere le mutazioni nel
mercato di sbocco
Trading companies: Svantaggi
Sergio Valentini © 2013
È una forma di scambio di merce fra due paesi, di cui uno a
valuta forte e l’altro a valuta debole, oppure che non dispone
di valuta sufficiente per estinguere le obbligazioni di
pagamento internazionale, o che preferisce valorizzare
materie prime e produzioni locali
Di fatto ha assunto forme molto complesse poiché
difficilmente si riesce a scambiare merce contro merce di
valore equivalente
E’ necessario allora l’intervento delle trading che si occupano
sia della contrattualistica internazionale sia del collocamento
sul mercato internazionale dei beni offerti in contropartita
Counter Trade
Sergio Valentini © 2013
Il countertrade ha assunto nel tempo formule sempre più
sofisticate:
• counter purchase (controacquisto): l’esportatore viene
pagato parzialmente con prodotti provenienti dal paese
importatore
• buyback: l’esportatore cede normalmente beni strumentali,
macchinari o tecnologia (know how) e accetta di essere
pagato totalmente con prodotti fabbricati dai macchinari che
ha venduto o derivanti dall’applicazione delle tecnologie
fornite
• offset: gli accordi prevedono la fornitura di prodotti ad
elevata tecnologia e di notevole importo
Forme di counter trade
Sergio Valentini © 2013
Nella scelta delle trading, uno degli elementi da tenere
presente è il costo del servizio stesso, che deve essere
preventivamente noto all’esportatore
I diversi tipi di costo possono riassunti in:
• costo di intermediazione (retainer fee - pagamento di un
onorario) costituito da una quota fissa per le spese vive
sostenute e una quota variabile sul valore dell’esportazione,
dovuta nel caso l’esportazione abbia avuto esito positivo
• costo di consulenza quando si richiedono servizi
specializzati
• costi di finanziamento e assicurativi nel caso in cui sia
la stessa trading a finanziare l’esportazione
Trading companies: scelta
Sergio Valentini © 2013
• premio di sfioramento (tipico del countertrade): è
l’abbattimento del valore di realizzo che la trading sarà
costretta a praticare per riuscire a collocare i prodotti in
contropartita del cliente estero.
Lo sfioramento, che costituisce un costo per l’esportatore
(che dovrà recuperarlo dal prezzo di vendita) non costituisce
remunerazione per la trading, bensì uno sconto necessario
che dovrà essere praticato per rendere vendibili sul mercato
internazionale prodotti che altrimenti sarebbero fuori mercato
per una serie di ragioni
• costi accessori per servizi particolari come l’ispezione
delle merci, il trasporto, ecc.
Trading companies: altri costi
Sergio Valentini © 2013
In questa forma la vendita sui mercati esteri è
affidata a un’impresa (di solito di grandi dimensioni)
la quale già opera sui mercati esteri con propri
prodotti
A questi aggiunge anche prodotti (non competitivi)
di altre imprese che sono distribuiti sotto il marchio
delle rispettive aziende di produzione
E’ un accordo puramente distributivo tra un’impresa
esportatrice e un’azienda locale che mette a
disposizione del produttore la propria rete di
vendita
“Piggyback”
Sergio Valentini © 2013
La ragione che spinge l’azienda distributrice in questa
direzione potrebbe essere quella di ampliare la gamma dei
propri prodotti
E’ una variante del franchising con la differenza sostanziale
che, mentre il franchisee mette a disposizione un capitale di
rischio, in questo contratto l’azienda locale interviene come
cooperatrice e collaboratrice del produttore estero, dietro un
compenso, pur rimanendo a suo carico il costo di esercizio
Il costo della distribuzione viene espresso sotto forma di
provvigione
E’ una forma di vendita utile per quelle aziende che iniziano la
propria attività esportativa, per farsi conoscere sui mercati
esteri senza investire capitali ingenti di introduzione diretta
Piggyback: quando sceglierlo
Sergio Valentini © 2013
Si rivolgono al piggyback i settori tradizionali
del franchising (tessile, abbigliamento,
arredamento, servizi avanzati)
Aziende alimentari che intendono avvalersi di
una catena di ristorazione in un paese estero
Grandi magazzini, mostre di mobili,
assicurazioni
Piggyback: settori prevalenti
Sergio Valentini © 2013
• Nascono per consentire alle PMI di operare sui mercati
internazionali anche se sprovviste di struttura idonea
(traduzioni, tecniche del commercio, canali d’ingresso)
• I consorzi export sono organismi che con proprio
personale specializzato realizzano una politica attiva per
i mercati esteri e per conto dei consorziati stessi
• L’attività dei consorzi si estende su varie aree applicative
a seconda dello scopo per cui sono costituiti: abbiamo i
consorzi promozionali e i consorzi operativi.
Consorzi Export
Sergio Valentini © 2013
Hanno lo scopo di:
• raccogliere informazioni sui mercati esteri, organizzando
anche missioni;
• curare la partecipazione dei membri a fiere e mostre
internazionali;
• fornire assistenza e consulenza in materia finanziaria,
valutaria, doganale, di trasporti, assicurazione crediti, ecc;
• organizzare corsi di formazione per personale addetto ai
servizi esportazione con pubblicazione di letteratura
specializzata sul commercio estero;
• offrire ai soci una serie di servizi quali traduzione della
corrispondenza con l’estero, servizio interpreti, ecc
• fare una prima consulenza legale relativa al contenzioso
creditizio
Consorzi promozionali
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Vengono costituiti per occuparsi della
commercializzazione sui mercato esteri dei prodotti
per conto degli aderenti.
Svolgono le seguenti funzioni:
• definizione della politica commerciale dei membri
• ricerca e stipula dei contratti con i rappresentati
• animazione delle vendite
• invio e fatturazione della merce, fino alla fase di
incasso
Questi consorzi vendono in proprio con marchio dei
soci o con proprio marchio
Consorzi Operativi
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A seconda della tipologia dei soci i consorzi possono invece
classificarsi in:
• consorzi monosettoriali - costituiti da aziende d’uno
stesso settore con prodotti concorrenti, oppure con
prodotti complementari (es. confezioni per uomo, donna
bambino)
• consorzi plurisettoriali - costituiti con la partecipazione di
aziende che operano in settori fra i quali non esiste tipo di
collegamento, né a livello di produzione né a livello di
sbocco di mercato
Consorzi Export: tipi di soci
Sergio Valentini © 2013
• I consorzi monosettoriali hanno il vantaggio di
essere dotati maggiore coesione e quindi di
maggiore aggressività sul mercato estero
• I consorzi plurisettoriali (di norma geografici)
hanno maggiori economie di scala sui servizi
comuni e possono raggiungere dimensioni
notevoli
Consorzi Export
Sergio Valentini © 2013
Sviluppi recenti
• Vista l’unicità del modello imprenditoriale delle PMI italiane (che non crescono dimensionalmente), si stanno facendo strada nuovi modelli di aggregazione
• In particolare il modello delle reti d’impresa è crescentemente valorizzato con risorse per spingere le imprese ad aggregarsi
• Esistono due tipi di reti, formalizzate e non, con varie tipologie di contratti
• Solo da poco le imprese stanno realmente cominciando a mettersi assieme (I risultati sono ancora da vedere) in modo “formale”
Sergio Valentini © 2013
• maggiore forza contrattuale nei confronti di operatori
stranieri (che hanno maggiore convenienza e
garanzia a non dover gestire tanti piccoli esportatori)
• maggiore forza contrattuale con organismi pubblici e
istituti bancari (per contributi, garanzie, costi)
• maggiore possibilità di ottenere crediti agevolati e
finanziamenti vari
• possibilità per le PMI di dedicarsi al commercio
estero con ridotti costi di associazione, avendo a
disposizione una struttura funzionale adeguata per
garantirgli un’azione commerciale di penetrazione
nei mercati esteri
Consorzi Export: Vantaggi
Sergio Valentini © 2013
È l’ultimo stadio di espansione di
un’impresa, nel suo processo di evoluzione
a vocazione internazionale è rappresentato
da insediamenti produttivi diretti o in
cooperazione con imprese estere
Presenza diretta o produttiva
all’estero
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• E’ un contratto di collaborazione continuativa tra un
produttore o un rivenditore di beni o servizi (esportatore) e un
distributore (giuridicamente indipendenti l’uno dall’altro)
• Con questa tipologia contrattuale il produttore (franchisor)
concede al distributore (franchisee) lo sfruttamento del
proprio know-how commerciale, dei propri marchi, nome,
ditta, insegna, dietro pagamento di un compenso
• In genere il franchisee è un imprenditore individuale, dato che
questo contratto si presta molto bene per i piccoli operatori
che intendono avviare con immediatezza un’attività di
commercializzazione, con impiego di limitate risorse
finanziarie, avvantaggiandosi dell’esperienza già fatta sul
mercato dal franchisor
Franchising
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Sono sempre ricorrenti questi limiti:
• le delimitazioni dell’area di attività
• l’esclusività dei beni
• la durata (in genere minimo di tre anni)
• la specificazione delle obbligazioni del franchisor
• la specificazione delle obbligazioni del franchisee
• i prezzi delle merci cedute
• i controlli sull’operato del franchisee
• il costo dell’ingresso della catena di franchising
• il compenso commisurato alle vendite lorde
Contratti di Franchising
Sergio Valentini © 2013
• svilupparsi ulteriormente sui mercati
• avvalersi delle economie di scala (ampliando
la produzione in larga scala, diminuiscono i
costi di produzione)
• realizzare maggiori profitti a rischio basso
• evitare investimenti rilevanti per penetrare su
nuovi mercati
Gli interessi del franchisor
Sergio Valentini © 2013
Il franchising si presenta come una strategia di marketing
che consente il raggiungimento di cinque importanti
obiettivi:
• fedeltà di marca grazie al rafforzamento dell’immagine
del prodotto
• copertura rapida del mercato,
• valorizzazione del marchio
• migliore conoscenza del mercato (i punti vendita diventano
punti d’informazione sull’andamento del mercato)
• controllo della rete distributiva (controllare direttamente gli
affiliati, significa controllare il mercato in modo capillare senza
dover passare attraverso gli intermediari tipici del sistema
commerciale tradizionale)
Franchising: motivazioni
Sergio Valentini © 2013
Consiste in un accordo fra un licenziante (colui che
trasferisce il diritto, residente in Italia) e un licenziatario
(colui al quale si cede il diritto, residente nel paese estero)
per l’utilizzo nel suo mercato di:
• brevetti
• copyrights
• marchi e nomi
• know-how
• servizio e consulenza tecnica o assistenza commerciale
Il tutto dietro riconoscimento di royalties
Licensing
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Un aspetto molto importante è quello relativo alla qualità dei
prodotti fabbricati su licenza, il cui standard deve
corrispondere a quello del prodotto fabbricato dal concedente
(licenziante)
Una specifica clausola deve essere prevista nel contratto per
riservarsi il controllo qualità, con possibilità di recedere dal
contratto stesso nel caso in cui il licenziatario non sia in grado
di raggiungere in un certo tempo, il livello qualitativo
concordato, vietando inoltre la messa in circolazione di
prodotti di qualità inferiore
Attenzione alla strategia di lungo periodo: ricomprare le
licenze può essere costoso!
Licensing
Sergio Valentini © 2013
• il rischio di crearsi un potenziale concorrente nel
mercato estero, una volta che il licenziatario
abbia acquisito tutte le conoscenze specifiche di
produzione e commercializzazione, se non
rinnova il contratto
• la mancanza di controllo del mercato estero da
parte del licenziante
• Il contratto di licensing ha normalmente una
durata variabile dai 3 ai 10 anni (in questo arco
di tempo molte condizioni possono cambiare)
Licensing: Svantaggi
Sergio Valentini © 2013
Forma di collaborazione internazionale con la quale
l’esportatore italiano invia all’azienda all’estero (previo
accordo specifico) componenti o ingredienti di origine
italiana per essere assemblati o trasformati in prodotti finiti
Con questo tipo di contratto si punta a evitare il pagamento di
elevati diritti doganali che graverebbero nel paese estero
per l’importazione del prodotto finito dall’Italia
La controparte estera che stipula l’accordo con l’esportatore
italiano può essere:
• una filiale della ditta italiana (in questo caso sarà un
investimento produttivo diretto)
• una joint venture tra ditta italiana e partner estero
• un partner locale che opera su licenza dell’esportatore
italiano
Assemblaggio (assembly)
Sergio Valentini © 2013
In italiano “produzione su commessa”, è un accordo
fra azienda italiana ed estera per fabbricare
all’estero prodotti che sono così più economici di
quelli fabbricati in Italia
La distribuzione dei prodotti appartiene alla ditta
committente
Ha durata da 1 a 3 anni: permette una rapida
penetrazione nel mercato estero; non richiede
grossi investimenti (si presuppone che il partner
estero possegga le attrezzature e capacità tecniche
necessarie alla fabbricazione del prodotto)
Contract manufacturing
Sergio Valentini © 2013
E’ una via di mezzo fra licensing e investimento diretto
Un inconveniente presentato da questa formula è che
il fabbricante estero alla scadenza del contratto non lo
rinnovi e si trasformi invece in un concorrente,
guadagnando del tempo sul mercato, in attesa che il
committente si riorganizzi per un nuovo contratto di
fabbricazione
È il modo migliore di incoraggiare la nascita di
concorrenti sia produttivi che distributivi e perdere per
sempre mercati esteri nel lungo termine
Contract Manufacturing (2)
Sergio Valentini © 2013
• Sono iniziative di collaborazione fra partner
nazionale e partner estero in cui i contraenti
mettono in comune i propri capitali per
perseguire un obiettivo di produzione nel
mercato estero considerato
• E’ una forma di comproprietà e coproduzione
valida soprattutto per i paesi in via di sviluppo,
quando le autorità gradiscono l’intervento di altri
paesi tecnologicamente avanzati (es.: petrolio)
• È spesso possibile ottenere contributi da governi
locali e/o da enti pubblici italiani
Società a capitale misto
Joint Ventures
Sergio Valentini © 2013
Joint Venture si formano anche fra imprese per
realizzare grandi opere edili o impiantistica industriale
con il sistema chiavi in mano
Si avrà in questo caso un’impresa principale, che
assume di fronte all’ente appaltante tutta la
responsabilità dell’esecuzione dell’opera e del ricavo
relativo. Gli utili verranno poi ripartiti secondo quote di
partecipazione predeterminate nel contratto
La joint venture contrattuale si concretizza in un
consortium agreement tra due o più parti, è adatta
maggiormente allo sviluppo comune di un progetto
specifico o per impegni rilevanti
Joint Ventures
Sergio Valentini © 2013
• Costituire una filiale produttiva all’estero è l’ultima fase del
procedimento di penetrazione sui mercati esteri (richiede
elevati costi d’investimento e una complessa struttura
organizzativa per controllare l’operato dall’Italia)
• Di norma è parte di un piano di sviluppo internazionale a
lungo termine per raggiungere obiettivi strategici di:
• introduzione a vasto raggio in un mercato estero con alta
potenzialità d’assorbimento
• aggirare divieti d’importazione o evitare pagamenti di dazi
d’importazione elevati
• produrre a prezzi più competitivi usufruendo di minori costi
di manodopera o di materie prime o minori costi di trasporto
Investimento produttivo diretto
Sergio Valentini © 2013
La filiale di produzione all’estero può essere
strutturata come:
• unità per il montaggio o l’assemblaggio di
componenti, spediti dall’Italia per ottenere il
prodotto finito nel paese estero (assembly)
• unità di produzione a ciclo completo con 100%
capitale italiano (investimento diretto produttivo)
• unità di produzione con capitale misto italiano-
locale (joint venture)
Filiali all’estero
Sergio Valentini © 2013
Esercitazione:
contratto di jv