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V P G Incontro con Vincenzo Iannucci Coordinatore dei ... · Giudici di Pace CONTRIBUTI DAI...

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Anno II N° 1 • Poste Italiane - spedizione in a. p. - art. 2 comma 20/c legge 662/96 - Direzione Commerciale - Napoli VOCI DAL PALAZZO DI GIUSTIZIA Incontro con Vincenzo Iannucci Coordinatore dei Giudici di Pace CONTRIBUTI DAI COLLEGHI La Finanziaria 2005 La Costituzione Europea HISTORIA L’industria tessile nel salernitano PAGINA DEI CONVEGNI La Sala Avvocati intitolata a Plinio Galante VOCI DAL PALAZZO DI GIUSTIZIA Incontro con Vincenzo Iannucci Coordinatore dei Giudici di Pace CONTRIBUTI DAI COLLEGHI La Finanziaria 2005 La Costituzione Europea HISTORIA L’industria tessile nel salernitano PAGINA DEI CONVEGNI La Sala Avvocati intitolata a Plinio Galante
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VOCI DAL PALAZZODI GIUSTIZIA

Incontro con Vincenzo Iannucci

Coordinatore deiGiudici di Pace

CONTRIBUTI DAI COLLEGHILa Finanziaria 2005

La Costituzione Europea

HISTORIAL’industria tessile nel

salernitano

PAGINA DEI CONVEGNILa Sala Avvocati

intitolataa Plinio Galante

VOCI DAL PALAZZODI GIUSTIZIA

Incontro con Vincenzo Iannucci

Coordinatore deiGiudici di Pace

CONTRIBUTI DAI COLLEGHILa Finanziaria 2005

La Costituzione Europea

HISTORIAL’industria tessile nel

salernitano

PAGINA DEI CONVEGNILa Sala Avvocati

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Periodico Trimestraledell’Ordine degli Avvocatidi Nocera InferioreRegistrazione presso il Tribunaledi Nocera Inferioren. 184 del 23.02.2004

PresidenteAniello Cosimato

Direttore EditorialeLuigi Ciancio

Direttore ResponsabileMarianna Federico

Comitato di RedazioneMatteo BaseliceSilvio CalabreseMaria CoppolaChiara FalconeMarco MainardiPiervincenzo PacileoAnnalisa SpinelliAntonio TorreGiuseppe Tortora

Hanno collaborato a questo numeroMarco AmbronRino CarpinelliAlba De FeliceTeobaldo FortunatoRosario IannuzziClara Maria OlivaPierpaolo PesceRoberto RossiErrico Santonicola

Proposte e suggerimenti ai contattiOrdine degli Avvocatidi Nocera InferioreTel./Fax 081.929600 - 081.927432e.mail:[email protected] contatti con il direttore [email protected] contatti con il direttore [email protected] contatti con la redazione

Progetto grafico a cura diMarianna Federico

Il materiale per la pubblicazione,che dovrà essere inviato su supporto magneticoformato Word, non sarà restituito

In copertina:Sarno, Tomba del Guerriero,particolare di lastra dipinta.Foto Soprintendenza Archeologica per le province diSalerno, Avellino e BeneventoPer gentile concessione:Soprintendenza Archeologica per le province diSalerno, Avellino e Benevento

Realizzazione EditorialeAltrastampa Edizionitel./fax 081.5573808cell. [email protected]

© 2005 FotoAltrastampa Edizioni

© 2005 TestiOrdine degli Avvocatidi Nocera Inferiore

anno II n. 1 marzo 2005

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Nocera Superiore,Convento diSanta Maria degli Angeli,affreschi del chiostro,particolare.

Aniello CosimatoAi Colleghi dal Presidente 4

Luigi CiancioEditoriale 6

VOCI DAL PALAZZO DI GIUSTIZIA

la redazioneIntervista a Vincenzo Iannuccicoordinatore dei Giudici di Pacedi Nocera Inferiore 8

Rino CarpinelliUn giorno di “ordinaria giustizia” 10

DOTTRINA E GIURISPRUDENZA

Rosario IannuzziL’agire leale del Pubblico Ministeronelle indagini preliminari 12

Clara Maria OlivaL’esclusione del socioper gravi inadempienze 13

Giuseppe TortoraEsecuzione della pena e principiodi semestralizzazione della condotta 15

Marco AmbronLa condizione del minore stranieronella legge cd. Bossi-Fini alla luce dellarecente giurisprudenza costituzionale 17

Maria CoppolaL’accesso ai documenti amministrativicome riscritto dalla legge di riforma11 febbraio 2005, n. 15, recante“Modifiche ed integrazioni alla legge7 agosto 1990, n. 241, concernenti normegenerali sull’azione amministrativa” 21

Alba De FeliceViolenza in famiglia: mobbing,addebbito della separazione erisarcimento del danno 23

Errico SantonicolaIl référé all’italiana nella riforma

del Diritto Societario.Art. 19 D. Lgs. n. 5 del 17 Gennaio 2003: procedimento sommario di cognizione 26

TOGHE ILLUSTRI

la redazionePiero Calamandrei - terza parte 29

HISTORIA ET ANTIQUITATES

Roberto RossiStoria dell’industria tessile nelmezzogiorno d’Italia: l’area salernitana 31

Teobaldo FortunatoAlfonso Fresa: un astronomoed il suo anfiteatro 34

CONTRIBUTI DAI COLLEGHIRino Carpinelli

La Finanziaria 2005 ovvero‘a menesta maritata 37

Pierpaolo PesceNasce la Costituzione Europea:quale futuro per le CostituzioniNazionali? E soprattutto, qualiprospettive per le Regioni? 38

DAL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE

la redazioneLe decisioni delle Sezioni Unitein materia disciplinare 43

LA PAGINA DEI CONVEGNI

la redazioneLa Sala Avvocati intitolataalla memoria di Plinio Galante 45

NOTIZIE DAL CONSIGLIO DELL’ORDINEla redazione

Modifiche al Testo Unico delledisposizioni legislative e regolamentariin materia di spese di giustizia, di cuial decreto del Presidente dellaRepubblica 30 maggio 2002, n. 115 47

la redazioneStatistiche iscritti 48

il Consiglio richiede il rimborso del costo effettivo del KIT di SMART CARD pari a Ê 70,00+IVA com-prensivo del canone per il primo anno di accesso al sito POLIS WEB/Avvocati. Nel costo è compreso lafirma digitale, la Posta certificata ed il POLIS WEB.È utile sottolineare che il costo di Ê 70,00+IVA è riservato ai soli primi 100 sottoscrittori del contrattodi smart card in quanto trattasi di una offerta lancio da parte della DCS Software e Servizi s.r.l.Pertanto, l’assegnazione dei pacchetti avverrà seguendo il principio della temporalità delle prenotazio-ni effettuate.

Il kit smart card, pertanto, comprende:- personalizzazione della carta;- due certificati di firma digitale a valore legale (uno rilasciato dal CA CNF attestante l’iscrizione

all’Ordine l’altro dalla CA ACTALIS attestante i dati come persona fisica);- un certificato di autenticazione rilasciato dalla CA CNF;- un lettore di smart card, un CD auto-installante con drivers e software applicativo e licenza software

client per firma, verifica firma e cifratura.

Le caratteristiche di un documento informatico firmato digitalmente sono:integrità: garanzia che il documento non è stato manomesso dopo la sottoscrizione;autenticità: garanzia dell’identità di chi firma;non ripudio: l’autore non può disconoscere il documento firmato;valore legale: il documento elettronico sottoscritto digitalmente ha lo stesso valore legale di un docu-mento cartaceo sottoscritto con firma autografa.La smart card - realizzata con la collaborazione del Consiglio Nazionale Forense in partnership conACTALIS e DCS - permetterà, inoltre, di usufruire direttamente dei nuovi servizi on-line che l’Ordinesta predisponendo: variazioni di recapito; richieste di certificazioni; iscrizioni a corsi e convegni; paga-mento quote; verifica della situazione delle parcelle presentate per il parere del Consiglio.Il kit per la firma digitale comprensivo di tessera-smart card dell’Ordine, lettore e software di gestione,può essere richiesto presso la Segreteria dell’Ordine tramite la sottoscrizione di apposita modulisticascaricabile dal sito dell’Ordine o, in alternativa, reperibile presso la segreteria, ed il deposito di una foto-grafia formato tessera.Nella speranza che le iniziative del Consiglio abbiano suscitato il Tuo interesse e la Tua approvazioneTi porgo i miei più cordiali saluti.

Aniello Cosimato

5 marzo 2005

Carissimo Collega,Ti informo di due importanti iniziativeintraprese dal Consiglio dell’Ordine, che mionoro di rappresentare.La prima, già operativa, è quella della crea-zione di un sito internet istituzionale. Potrai,fin da ora, infatti, collegarti telematicamentealle pagine dell’Ordine sul sito www.forono-cera.it. Il nuovo portale, presentato in unrecente articolo della nostra rivista OmniaIustitiae, Ti consente di prendere visione equindi di scaricare tutta la modulistica altri-menti reperibile presso la segreteria, oltre cheessere costantemente informato sulle attivitàdel Consiglio. Come anticipato nel citatoarticolo, il Consiglio ha disposto che tutti gliiscritti possano dotarsi, gratuitamente, diuna e-mail base con il dominio foronocera.it.Ebbene, ciò è stato regolarmente fatto. Lastruttura della mail è la [email protected] così, ad esem-pio, per l’avvocato Roberto Rossi l’e-mailsarà [email protected] Tua casella di posta elettronica è già atti-va, sta a Te renderla operativa recandoti pres-so la segreteria dell’Ordine per il ritiro dello stampato in cui saranno riportate la URL di riferimento, lapassword e le caratteristiche tecniche. Troverai, inoltre, nello stampato, anche la tabella dei costi per uneventuale incremento potenziale della tua nuova e-mail.Nel caso Tu provveda al ritiro della e-mail, la segreteria inserirà la stessa tra i dati pubblicati sull’albo.La seconda iniziativa a cui facevo riferimento all’inizio, sicuramente la più importante, rappresenta unprimo passo nel futuro per l’intera categoria.Si tratta, e ne avrai sicuramente sentito parlare in questi ultimi tempi, della possibilità per l’avvocato,munito di una apposita smart card dotata di idonea certificazione digitale, di collegarsi via internet,quindi comodamente dal suo studio, all’archivio dei registri civili delle cancellerie del Tribunale, aven-do liberamente accesso all’archivio dei suoi fascicoli. Oggi per il Tribunale di Nocera Inferiore e per gliiscritti al Foro nocerino ciò è una realtà. Il Consiglio dell’Ordine, preventivamente autorizzato dal Tribunale di Nocera Inferiore, ha, infatti, con-ferito incarico alla ditta DCS Software e Servizi s.r.l. della gestione tecnica del POLIS WEB/Avvocati, ilsito internet chiamato ad amministrare l’archivio civile del Tribunale. Il POLIS WEB/Avvocati consen-tirà, inoltre, in tempi presumibilmente brevi, di automatizzare alcuni servizi quali il biglietto di cancel-leria, la richiesta copie ed altro ancora.Attualmente l’archivio del contenzioso civile non è completo in quanto risultano ancora mancanti circa8000 fascicoli relativi ad anni pregressi al 2005. Il Consiglio, pertanto, allo scopo di rendere fruibile,prima possibile, il servizio di accesso all’intera banca dati, sta studiando la possibilità di conferire inca-rico, previa autorizzazione del Tribunale di Nocera Inferiore, ad una società di servizi che provvedaall’inserimento dei citati fascicoli nella banca dati. È, inoltre, allo studio del Consiglio, di intesa con lapresidenza del Tribunale, la possibilità di operare con una ditta esterna anche per la banca dati lavoro(circa 5000 i fascicoli da inserire) il che consentirebbe, in tempi relativamente brevi, al collega che uti-lizzerà il servizio, l’accesso anche ai fascicoli delle cancellerie del lavoro.Tutto ciò, rappresenta una ineludibile svolta per la nostra professione e necessaria premessa al proces-so telematico già in fase di test in altri Tribunali.Mentre per la prima iniziativa i costi sono stati assunti in toto dal Consiglio dell’Ordine, per il Polisweb

4 marzo 2005

Ai Colleghidal Presidente

7 marzo 2005

Giorgio Vasari,Allegoria della Giustizia,

della verità e dei vizi,Museo di Capodimonte,

Napoli.

Articulo quinto: chi téne ‘mmano, ha vinto.

Credo sia capitato a tutti i colleghi di imbatter-si in qualche cliente che, ad onta di codici epandette, ritiene di essere nel giusto e di nonaver contravvenuto ad alcuna norma.Ed anzi, credendosi un valido giurista, contra-sta con discutibile genialità, la tesi dell’avvoca-to che inutilmente si sforza di fargli capire chele sue argomentazioni non trovano riscontrooggettivo nella legge e che, quindi, è consiglia-bile una onorevole transazione.Il cliente ti ascolta a bocca aperta, non sai sepreoccupato o ammirato per quanto tu esponio, ancor più, se inconsapevolmente dubbiosodella tua preparazione professionale; incalzacon le sue stravaganti tesi, cercando di convin-certi che i suoi argomenti difensivi sono aprova di vittoria.E poi, quando si accorge che hai un attimo ditemporanea “defaillance”, egli ti spiaccica un “se voi volete…, è sicuro che vinceremo la causa”.Il primo impulso è quello di mettere alla porta il cliente, magari accompagnandovelo a calci.Poi, dopo un rapido conteggio mentale per frenare la tua reazione, ritenti una spiegazione meno elabo-rata, priva di riferimenti normativi ma con la speranza di convincerlo sulla inopportunità di affrontareun giudizio sicuramente compromesso.Ti sforzi di spiegare che il compito di un avvocato serio è anche quello di richiamare l’attenzione delcliente sul fatto che la litigiosità non sempre paga, ed anzi espone al rischio di condanne pregiudizievoli…anche per la tasca; che, a fronte di situazioni giuridiche compromesse, l’avvocato ha il dovere di farcapire che il Codice non è un elastico da tirare nella direzione che ci si convince di raggiungere, benchépreclusa, ma un insieme di norme da invocare ed applicare in difesa di un giusto diritto.E quando, infine, gli fai capire che non intendi assumere la sua difesa in quanto una sentenza sicura-mente negativa esporrebbe te e lui, egli, con aria di superiorità - convinto oramai di avere di fronte nonun professionista serio, ma un pusillanime - si alza e portandosi verso la porta, senza neppure salutar-ti, ti grida: “Avvoca’, sapete che vi dico, io della legge conosco solo l’articulo quinto: chi téne ‘mmano,ha vinto”.Resti solo, con i tuoi pensieri, ricordando quanta saggezza contengono gli scritti di Calamandrei, ilquale sosteneva che nell’avvocatura, “la differenza tra i professionisti ed i mestieranti è la seguente: men-tre questi si ingegnano di trovare nelle leggi le ragioni per permettere ai clienti di violar legalmente lamorale, quelli cercan nella morale le ragioni per trattenere i clienti dal far quello che solo le leggi per-mettono”.

Con questo numero, il primo del secondo anno di pubblicazione, la nostra rivista presenta una nuovaimmagine di copertina. Trattasi di un particolare della Tomba del Guerriero, rinvenuta a Sarno: unaulteriore significazione della storia remota dei comuni del circondario.

6 marzo 2005

Editorialedi Luigi Ciancio

bile ed equilibrata.

Le aspettative dei cittadini di vedere risolte in tempibrevi le controversie che li riguardano dovrannonecessariamente essere disattese? La informatizza-zione degli uffici potrebbe mitigare i disagi?L’informatizzazione potrebbe costituire unabuona alternativa alla carenza degli addetti delsettore. Informatizzando il settore civile, ricordoche quello penale è già informatizzato, si potreb-be apportare valore aggiunto alle normali attivitàsvolte. L’utilizzo dei supporti informatici consen-tirebbe infatti la riduzione dei tempi di registra-zione e consultazione degli archivi con ripercus-sione anche sui tempi di definizione delle contro-versie. Lavoriamo per sostenere i bisogni degliutenti, possibilmente cercando di evitare di disat-tenderli.

Il suo rapporto con gli avvocati e con l’istituzione

che li rappresenta, il Consiglio dell’Ordine?I rapporti personali e professionali con gli opera-tori del settore (avvocati, consulenti tecnici ecc.),che giornaliermente svolgono la propria attivitàpresso questo ufficio sono semplicemente ottimi.Amici e colleghi con cui vi è in primis un rappor-to personale e poi quello professionale. Lo stessoper gli organi istituzionali che li rappresentano,dopo tutto sono uno di loro.

Non va dimenticato, infine, il problema, molto sen-tito dagli avvocati, della disciplina delle udienzeinnanzi il suo Ufficio. Troppe le cause da trattarenelle singole udienze. Che cosa fare?Problema annoso che spero di definire quantoprima. Solo un accordo di massima con ilPresidente del Tribunale per arginare il problema,ma le parti in causa sono tante e trovare un accor-do che trovi tutti concordi è difficile. Una solasicurezza: il nostro impegno.

9 voci dal palazzo di giustizia marzo 2005

la redazioneH

Incontriamo l’avvocato Vincenzo Iannuccicoordinatore dei Giudici di Pace di NoceraInferiore. Nelle pagine seguenti RinoCarpinelli, con pungente ironia, affronta l’an-noso quanto delicato problema dello svolgi-mento delle udienze innanzi il Giudice diPace.

Un Avvocato chiamato a svolgere le funzioni diCoordinatore dei Giudice di Pace, qualche cennoalla sua storia professionale ed umana?Ho assunto la carica di Coordinatore F.F. nell’aprile del 2004, ma ero in organico dei Giudici diPace di Nocera Inferiore già dal maggio 2002.Avvocato fin dal 1978, ho svolto funzioni diGiudice Conciliatore dal 1989 al 1998 nonchéquella di Difensore Civico presso il comune diPoggiomarino dal 1996 al 1999.Sposato con due figli, ho trovato nella funzioneche esercito una realizzazione professionale masoprattutto umana e sociale.

All’assunzione del suo incarico di Coordinatorequal’era lo stato di salute dell’Ufficio e qual’è lostato attuale?Quando assunsi la carica di Coordinatore deiGiudici di pace di Nocera Inferiore, escluso me,altri tre Giudici operavano in questo ufficio non-ostante l’organico di diritto ne prevedesse 15. Allostato sono in servizio 6 Giudici di Pace, ma in pas-sato si sono anche raggiunti picchi di 14.Sottolineare lo stato di salute di questo ufficio èdoveroso dal momento che solo comprendendola progressione crescente del carico di lavoro sipuò intuire quali siano effettivamente i problemiche giornaliermente attanagliano questo ufficio eapprezzare con più solerzia le attività svolte siadai Giudici che dal personale amministrativo.Relativamente all’anno 2004, 17 nuove iscrizioniper richieste di risarcimento danni e 109 definite,2652 nuove iscrizioni per richieste di risarcimen-to danni da circolazione stradale e 1189 le defini-te, 2 iscrizioni per misure condominiali definite,82 nuove iscrizioni per opposizione a decretiingiuntivi e 28 definite, 795 nuove iscrizioni rela-tive alla L. 689/91 e 499 definite, 1412 nuove iscri-zioni per decreti ingiuntivi e 941 definite. Come sipuò vedere vi è stato un sostanziale incrementodelle attività di questo ufficio.

L’introduzione della competenza penale ha sicura-

mente aumentato il carico di lavoro, ma ha ancherichiesto l’acquisizione di nuove competenze daparte dei Giudici di Pace. Secondo lei sono compe-tenze ormai assimilate?Con l’introduzione della competenza penale deiGiudici di Pace si è reso indispensabile l’acquisi-zione delle competenze necessarie, competenzeche allo stato, dopo l’empasse iniziale causata daproblemi organizzativi, possono ritenersi oramaiacquisite, ciò dal punto di vista amministrativo.Per quanto riguarda le competenze dei Giudici diPace ricordo che la maggior parte degli stessi hasvolto o svolge attività forense, per cui, con idovuti confronti, siamo riusciti a coordinare unametodologia di lavoro univoca che prevede loscambio periodico delle informazioni tra di noi.

Dall’alto della sua esperienza potrebbe tracciare unbilancio del Giudice di Pace a 10 anni dalla sua isti-tuzione?L’istituzione dell’Ufficio del Giudice di Pace hanotevolmente ridotto il carico di lavoro degliorgani giudicanti almeno relativamente ai reatiminori che, in questo modo non ingolfano più leattività dei giudici togati. Bilancio quindi estre-mamente positivo se non fatto specifico riferi-mento a casi specifici che rappresentano comun-que una disfunzione dell’intero sistema giudican-te.

Affrontiamo il problema dello stato di salute attualedel Giudice di Pace di Nocera Inferiore ed in parti-colare il carico di lavoro nel settore civile. Quali,secondo lei, i rimedi alle carenze evidenti ed ai ritar-di cronici?Il settore civile è notoriamente quello più intasa-to da un alto numero di procedimenti. Penso checon un organico amministrativo e dei Giudici diPace completo si potrebbe facilmente ovviare ilproblema. Un maggior numero di Giudici com-porterebbe un minor numero di processi per sin-golo Giudice e conseguenzialmente maggiornumero di sentenze e palese riduzione dei tempidi definizione dei ruoli. L’attività degli stessiopportunamente coadiuvata dal personale ammi-nistrativo in questo modo potrebbe ottimizzare illavoro di un ufficio che comunque allo statorisulta produttivo e ben rodato.

E per il settore penale?Quanto detto per il settore civile vale anche perquello penale, dove però il minor numero di ruoliiscritti e dibattuti rende la situazione più sosteni-

8 marzo 2005

Voci dalPalazzo di Giustizia

Michelangelo Buonarroti,Il Giudizio Universale, part.,

Cappella Sistina,Roma.

Purtroppo si sono accavallate due udienze”. E tirodritto. Ora come ora ho ancora più bisogno dicaffeina e di nicotina. Ritorno in aula. E final-mente arriva il mio turno. Discuto la mia causa,annoto il rinvio sul foglio della giornata e me nevado. Scendo le scale, recitando la seconda pre-ghiera dell’avvocato: ”Signore, ti ringrazio di aver-mi dato la mia causa quotidiana, di non avermifatto litigare con nessuno e del rinvio che mi èstato concesso dall’avversario”.Sono quasi le tredici.Avverto un senso di stanchezza: sono andato a

perorare i diritti del mio assistito o a lavorare alporto?Non voglio sembrare un nostalgico ma ricordo ilmio primo giorno di udienza in Pretura.L’aula era la stessa. Gli avvocati erano tutti com-postamente in attesa dietro la transenna. Il can-celliere accanto al Giudice chiamava nel più asso-luto silenzio i nomi delle parti e di volta in voltagli avvocati interessati si avvicinavano per prende-re il fascicolo.O tempora o mores!

11 voci dal palazzo di giustizia marzo 2005

Rino CarpinelliH

UN GIORNO DI “ORDINARIA GIUSTIZIA”.

Come ogni mattina salgo i pochi gradini, che por-tano alla (ex) Pretura (mi piace ancora parlare diPretura, forse perché è in questo edificio che sononato e cresciuto professionalmente).È d’obbligo fare la prima tappa dagli ufficiali giu-diziari per la notifica degli atti, sperando che nonvi sia già la solita ed interminabile fila di avvocatipiù mattinieri di me, altrimenti mi tocca aspetta-re un momento più propizio.Dopo uno sguardo nel loculo (rectius: cassetta),augurandomi che l’ufficiale giudiziario mi abbiafatto la grazia di avervi depositato gli atti notifi-cati, mi avvio al secondo piano, recitando la pre-ghiera dell’avvocato: “Signore, dammi oggi la miacausa quotidiana. Fa che non litighi con ilGiudice, con l’avversario e con il cancelliere. E fache il mio avversario mi conceda il rinvio come iolo concederò a lui”.Entro in aula: anche qui ci sono già i soliti avvo-cati mattinieri. Qualcuno inganna il tempo,acculturandosi con la rivista giuridica alla moda,per poi sfoggiare l’ultima decisione dellaCassazione; qualche altro si lamenta con il colle-ga, con il quale ha attaccato bottone, del Giudiceche gli ha dato torto; qualche altro ancora “ripas-sa la lezione”, perché oggi deve discutere unacausa importante; qualche altro ancora esibiscel’ultimo telefonino, che fa anche il caffé.Si respira un’aria di apparente calma piatta, masotto sotto si avverte la tensione dei muscolipronti a scattare: tra poco avrà inizio la gara del-l’accaparramento del fascicolo con la tecnicadello spighetto.Intanto l’aula comincia a popolarsi fino all’inve-rosimile di altri avvocati, di parti, di testimoni, diconsulenti tecnici e di vigili urbani, che negli ulti-mi tempi svolgono anche l’attività di legali.Tutto ciò mi fa capire che oggi sarà una bruttagiornata con tante cause da trattare.Finalmente ecco spuntare il commesso con il car-rello (omologato dal Ministero), traboccante difascicoli ed uno sciame di avvocati, famelico dicause, si fionda davanti al banco del Giudice.Dopo la rituale conta dei fascicoli: 90 (anche oggiil numero corrisponde. Sia ringraziato il Signore),qualcuno di buona volontà, con voce stentoreaper sovrastare l’assordante vociare, che serpeggianell’aria, comincia a chiamare i nomi delle parti e

porge quindi il fascicolo ad una mano, che tentadi innalzarsi tra la folla.Alla fine però qualcuno, forse perché arrivatotardi (colpa del traffico! panacea scusante oggi ditutti i ritardi), resta senza fascicolo e comincia, avolte accompagnandosi con imprecazioni, a gri-dare il nome delle parti o dell’avversario.Nessuno risponde.La chiamata continua con voce più forte.Ancora nessuna traccia del fascicolo e del collega.A questo punto all’avvocato sorge spontanea unadomanda: “Vuoi vedere che l’avversario ha imbo-scato il fascicolo per non farmi verbalizzare?”La ricerca diventa più affannosa. L’avvocatocomincia ad incacchiarsi (si può dire?) ed a pen-sare di mettere una taglia sul fascicolo ma soprat-tutto sull’avversario.Ma ecco spuntare il collega, trafelato perché èdovuto correre da un altro Giudice, per sentire deitestimoni.Non trovo il fascicolo.L’ho lasciato sul banco a destra.Ed infatti il fascicolo è sul banco di destra. Si, masommerso da una marea di borse.E l’avvocato pensa: “C’è finito per caso o…?”Completato il verbale, si passa alla “inturnazione”(neologismo che sta per operazione che consentedi mettere in turno il fascicolo).Questa è la fase più difficile e pericolosa, perchébisogna cercare di permeare il muro di avvocati,che stazionano innanzi al banco del Giudice, inattesa di discutere ciascuno la propria causaanche se non è ancora il momento. Alla facciadella privacy.Alla fine il collega di buona volontà, che è riusci-to ad occupare di buon ora la prima linea, ti fa lagrazia di inturnare il fascicolo.Comincia ora la spasmodica attesa del turno epenso di ingannarla andando a prendere un caffèed a fumare una meritata e conseguenziale siga-retta in un anfratto nascosto, sperando che qual-che giannizzero del ministro Sirchia non mi sco-pra.Ma vengo fermato dal testimone, il quale senzamezzi termini mi spara in faccia una domanda:“Avvoca’, ma voi così fate udienza? E che capisce ilGiudice in questo casino?” (sic!).Sento il viso avvamparsi. Il cuore comincia a cor-rere la Mille Miglia. La rabbia monta dentro di mein un crescendo adrenalinico. Cerco di non perde-re il controllo e, assumendo le difese della classe,farfuglio: “Ma no. Oggi è un caso eccezionale.

10 voci dal palazzo di giustizia marzo 2005

vignetta di Lara Ciancio

momento che la misura cautelare viene adottatadal Giudice su richiesta del Magistrato a tuteladelle sue proprie esigenze investigative, sul cuiregolare svolgimento egli stesso sorveglia.Credo che un punto vada chiarito: anche se la dis-crezionalità nella gestione delle indagini prelimi-nari non richiede imparzialità di giudizio - laquale è appunto carattere tipico della funzionegiurisdizionale - di certo esige lealtà nei rapporticon gli altri soggetti del procedimento nell’eserci-zio dello stesso potere discrezionale concessodalla legge.Pur rivestendo la qualità di soggetto del procedi-mento penale - che, comunque, diviene parte solouna volta esercitata l’azione penale - il Magistratodel Pubblico Ministero costituisce, al tempo stes-so, un organo dell’apparato statale incaricato,oltre che di iniziare ed esercitare l’azione penale,di vegliare «all’osservanza delle leggi, alla pronta eregolare amministrazione della giustizia» (artt. 73 e 74ord. giud.).Il che, ovviamente, richiama agli articoli 3 e 97della Costituzione i quali impongono «che sianoassicurati il buon andamento e l’imparzialità» dellapubblica amministrazione nel rispetto della «paridignità sociale» di tutti i cittadini.Si può, quindi, affermare che per espresso dettatocostituzionale, viene richiesto al Magistrato delPubblico Ministero, quanto meno, un “agireleale”, di cui corollario evidente è il dovere diobiettività consacrato nell’art. 358 c.p.p., secondoil quale il Magistrato non solo compie ogni attivi-tà necessaria ad assumere le sue determinazioniin merito all’esercizio dell’azione penale ma «svol-ge altresì accertamenti su fatti e circostanze a favoredella persona sottoposta alle indagini».In tale prospettiva assume notevole rilevanzapure l’obbligo di osservanza delle norme proce-durali imposto dall’art. 124 c.p.p., secondo ilquale i Magistrati sono tenuti ad osservare lenorme del Codice di rito «anche quando l’inosser-vanza non importa nullità o altra sanzione processua-le». Nel caso in esame, vertente in materia disequestro preventivo, è ben chiaro che gli uniciinterventi prospettati dal Codice sono quello perl’adozione della misura (art. 321 comma 1 c.p.p.)e quello per la decisione sulla richiesta di revocadell’interessato trasmessagli dal Magistrato masolo quando quest’ultimo ritenga che essa vadaanche in parte respinta (art. 321 comma 3).Quando non si è né nell’una che nell’altra ipotesiil Magistrato potrebbe e dovrebbe, quindi - nel

rispetto del prospettato dovere di “agire leale”nella fase delle indagini preliminari - limitarsi adaccogliere o rigettare la richiesta di svolgimentodi particolari atti di indagine o di accesso ai luo-ghi in sequestro senza aggravare inutilmente ilprocedimento, tanto dal punto di vista ammini-strativo che sotto l’aspetto della corretta esplica-zione delle attività difensive nell’interesse dellapersona sottoposta alle indagini.Così come è da biasimare la ricerca di una “appro-vazione” o, con le parole del Nobili, di «una sortadi alibi», da parte del Giudice per le indagini pre-liminari, delle modalità di gestione delle indagini.Ben chiaro era l’intento del legislatore codicisticodi tenere - in antitesi con il Codice Rocco - perfet-tamente separate funzione investigativa e funzio-ne giurisdizionale: come viene fatto autorevol-mente notare, si è voluto un Giudice «per le» inda-gini preliminari e non «delle» indagini prelimina-ri. Quell’intento può essere pienamente realizzatosoltanto se il Magistrato del Pubblico Ministero,munito di necessaria professionalità e sufficientecoscienziosità, si attiene al dovere di agire lealenella gestione - pur sempre discrezionale e moltoauspicabilmente autonoma da ogni altro potere -delle indagini preliminari.

Clara Maria OlivaH

L’esclusione del socio per graviinadempienze.

Sentenza Tribunale di Nocera Inferiore, PrimaSezione Civile, del 08/07/04, rel. dott. SalvatoreDi Lonardo.Con atto di citazione dinanzi al Tribunale di NoceraInferiore il Sig. Tizio, nella qualità di socio della S.n.c.XXX, proponeva opposizione, ai sensi degli artt. 2293 e2287 c.c., avverso la delibera assembleare con la qualeveniva escluso dalla compagine sociale.L’esclusione veniva deliberata per asserite gravi inadem-pienze, derivanti dalla legge e dal contratto sociale, cheavrebbero inciso negativamente sulla situazione dellasocietà, rendendo più difficile il perseguimento dei finisociali.La società convenuta si costituiva e chiedeva il rigetto del-l’opposizione, affermando l’esistenza di gravi inadem-pienze consistenti nell’assoggettamento dello stesso amisure di prevenzione, con sequestro dei beni in sedepenale, che avrebbero determinato difficoltà crescentinell’esercizio dell’attività sociale (in particolare, difficol-tà nei rapporti con la Banca che aveva provveduto alla

13 giurisprudenza marzo 2005

Rosario IannuzziH

L’agire leale del Pubblico Ministeronelle indagini preliminari.

Tribunale di Nocera Inferiore, Ufficio del Giudiceper le indagini preliminari dr.ssa RaffaellaCaccavale, ord. 30.11.2004.“Quando la parte interessata non richiede la revocadella misura cautelare ma solo l’autorizzazione all’ac-cesso ai luoghi in sequestro - attività che rientra nellagestione esclusiva del P.M. - deve dichiararsi il non luogoa provvedere e rimettere gli atti al P.M. per la formaliz-zazione del diniego ovvero per la notifica agli interessatidei provvedimenti negativi già resi. L’intervento delG.I.P. è previsto solo allorquando, a fronte di un’istanzadi revoca, il P.M. decida di non accogliere in tutto o inparte”. (C.p.p., artt. 321, 328)

Il Giudice per le indagini preliminari, aderendoalla richiesta rivoltagli dal Magistrato delPubblico Ministero titolare delle indagini, sotto-poneva a sequestro preventivo l’opificio di pro-prietà dell’indagato per immissioni rumoroseritenute rischiose per la salute dei cittadini finiti-mi.Successivamente, il difensore avanzava alMagistrato del Pubblico Ministero una istanzaper lo svolgimento di attività di indagine con laquale - premesso che l’indagato intendeva proce-dere ad una valutazione di fattibilità di interventiidonei a ridurre o, comunque, a contenere neilimiti di legge le emissioni sonore dell’impiantoproduttivo in questione e che, a tale scopo, avevaconferito incarico a tecnici i quali avrebberodovuto previamente procedere all’esecuzione diprove di misurazione fonometrica - chiedeva diautorizzare i tecnici all’uopo incaricati ad accede-re ai luoghi in sequestro sotto la sorveglianzadella polizia giudiziaria delegata all’uopo, al finedi procedere all’esecuzione delle prove fonometri-che sui macchinari in sequestro.Il Magistrato del Pubblico Ministero trasmetteval’istanza al Giudice per le indagini preliminari evi-denziando «che non sussistono le condizioni per accer-tamenti tecnici ultronei rispetto a quanto ampiamenteverificato con le indagini in atti ed i numerosi interventigiudiziari (civili e penali); che non si versa in tema diindagini difensive; che le prove fonometriche ai fini dellaprogettazione degli interventi sono inutili» e, per talimotivi, esprimendo parere sfavorevole all’accogli-

mento dell’istanza stessa.Il Giudice per le indagini preliminari dichiarava ilnon luogo a provvedere sull’istanza proposta erimetteva gli atti al P.M. «per quanto di successivacompetenza» e cioè «per la formalizzazione del diniegoovvero per la notifica agli interessati dei provvedimentinegativi già resi».È pacifico che il nuovo Codice di ProceduraPenale ha fissato due principi cardine del proce-dimento per le indagini preliminari: il primo,secondo il quale il Magistrato del PubblicoMinistero «dirige le indagini» (art. 327 c.p.p.) e, ilsecondo, che vuole che il Giudice per le indaginipreliminari provveda, soltanto, «nei casi previstidalla legge, sulle richieste del Pubblico Ministero, delleparti private e della persona offesa dal reato» (art. 328c.p.p.).Senza ombra di dubbio il Magistrato del PubblicoMinistero assegnatario del procedimento penalenella fase delle indagini appare come vero e pro-prio dominus di tutte le attività di indagine, inquanto «necessarie per le determinazioni inerenti l’e-sercizio dell’azione penale», esercizio del quale eglisoltanto è titolare (art. 326 c.p.p.).Quid iuris, quindi, qualora, in qualsiasi stato delleindagini, il Magistrato si trovi di fronte ad unaistanza o ad una memoria difensiva inoltrate nel-l’esercizio della generale facoltà concessa dall’art.367 c.p.p. e rivolte alla emanazione di un provve-dimento per la cui adozione la legge non prevedel’intervento del Giudice?Non dovrebbero esservi margini di incertezza poi-ché il Magistrato del Pubblico Ministero ha, in talcaso, pieno potere e completa autonomia di valu-tazione e di determinazione senza la necessità didover sottoporre la richiesta al vaglio di alcunaltro organo o ufficio.D’altro canto è comprensibile lo smarrimento cheassale il difensore di fronte ad un inaspettatoprovvedimento di trasmissione degli atti, smarri-mento immediatamente seguito dal timore diaver colposamente ignorato l’esistenza di unanorma del Codice che disciplini il caso specifico.In realtà avrebbe dovuto essere ben chiaro che l’i-stanza di accesso ai luoghi in sequestro non rien-tra nei casi per i quali è previsto l’intervento delGiudice per le indagini preliminari.Forse il Magistrato, per eccesso di zelo, ha volutosottoporre l’istanza al Giudice perché temeva una“turbativa” dell’esecuzione della misura cautelare:anche in tal caso non si vede quale provvedimen-to avrebbe potuto adottare il Giudice, dal

12 marzo 2005

Dottrina eGiurisprudenza

ad oggetto la prima delle tre ipotesi di esclusionefacoltativa di cui all’art. 2286 c.c.La delibera di esclusione viene, infatti, adottataper gravi inadempienze che il socio escluso avreb-be commesso.Il Tribunale ha ritenuto non esistenti le gravi ina-dempienze, ritenendo di dover accogliere l’oppo-sizione.In particolare la società deliberava l’esclusione invirtù del fatto che il socio escluso fosse da diversianni assoggettato a Misure di Prevenzione, consequestro penale dei beni da parte del Tribunaledi Napoli, Sezione Misure di Prevenzione.Tale situazione avrebbe comportato - a dire dellasocietà - danni economici rilevanti, consistentinelle difficoltà incontrate nei rapporti con i terziper il perseguimento delle finalità sociali (in par-ticolare la società faceva riferimento alla revoca,in sede bancaria, di garanzie e affidamenti).Le gravi inadempienze, per le quali la società chie-deva l’esclusione, andavano dimostrate, cosìcome andava provata l’imputabilità delle stessead un comportamento quantomeno di naturacolposa da parte del socio.L’onere probatorio incombeva alla società oppo-sta, che era convenuta in senso processuale, maparte attrice in senso sostanziale, avendo ellainvocato il diritto di escludere il socio.Il Tribunale, in specie, ha ritenuto che l’esclusio-ne del socio non fosse giustificata alla luce dellededotte gravi inadempienze, giacché non risulta-vano dimostrati i comportamenti che il socioavrebbe posto in essere in violazione degli obbli-ghi previsti dalla legge o dall’atto costitutivo.In sostanza l’esclusione è stata deliberata in con-siderazione del sopravvenuto status personale delsocio di “sottoposto a misure di prevenzione” esotto questo aspetto la volontà assembleare sipone in contrasto anche con il dettato di cui allaseconda parte del primo comma dell’art. 2286 c.c.che presuppone, sia per l’interdizione che per lainabilitazione, una sentenza irrevocabile di con-danna.Nel bilanciamento dei contrapposti interessi,quello della società da un lato, teso ad evitare undiscredito commerciale, e quello del socio dall’al-tro, che viene colpito da un provvedimento pena-le di natura cautelare, il legislatore ha inteso limi-tare la tutela della società alla sola ipotesi in cui visia stato un accertamento giudiziale irrevocabilein ordine alla responsabilità penale del socio, conla conseguenza che deve ritenersi illegittimo il

provvedimento con il quale, prima di talemomento, venga deliberata l’esclusione.In definitiva l’esclusione del socio, solo perchésottoposto a indagini o a misure di prevenzione,non appare giustificabile alla luce del rispetto diun principio di rango costituzionale (art. 27comma 2), il quale parte da una presunzione dinon colpevolezza, fino a quando non venga stabi-lito il contrario attraverso una condanna definiti-va. Si badi bene, però, ciò non significa che qualora ilsocio si renda autore di fatti illeciti non può esse-re escluso fino alla condanna definitiva, ma signi-fica che tale suo atteggiamento deve pur sempreintegrare gli estremi del grave inadempimentoimputabile a sua colpa, e la prova deve essere for-nita dalla società.Nel caso di specie la società non ha fornito utilielementi probatori atti a dimostrare le gravi ina-dempienze imputabili al socio escluso, ritenendoil Tribunale insufficiente la sua sola condizione disottoposto a misure di prevenzione.A parere della scrivente la pronuncia delTribunale di Nocera appare integralmente condi-visibile, laddove nel bilanciamento tra gli interes-si della società e quelli del socio, salvaguarda quel-li del socio che, alla prova degli atti, non risultaaver commesso un inadempimento tale da incide-re negativamente sulla situazione della società,siccome la sua condizione di sottoposto a misuredi prevenzione non può assurgere al rango dicomportamento tale da integrare un grave ina-dempimento.E ciò alla luce dell’illustrato principio costituzio-nale............................................

1 C.C. 1 gennaio 1998, n. 153, in G.I., I, 1, 721; C.C. 1 giugno 1991, n.6200, ivi 1991, 441.

2 Cass., 13 gennaio 1987, n. 134, in RFI, 1987, voce Società, c. 3233 n.686.

3 Tribunale di Milano, 30 ottobre 1986, in RFI, 1987, voce Società, c.3233 n. 685.

4 F. Di Sabato, in Trattato Rescigno, 16, p. 101; G. Ferri, Le Società, p.288; F. Galgano, op. cit., p. 128.

5 Cass. 4 dicembre 1995, n. 12487, in Giur. It., 1996, I, 1, 722.6 In questo senso Galgano, Diritto Commerciale, Le Società, pp. 129-130.7 F. Di Sabato, in Trattato Rescigno, 16, p. 102.

Giuseppe TortoraH

Esecuzione della pena e principio disemestralizzazione della condotta.

Tribunale di Sorveglianza di Salerno, pres. Della

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revoca di garanzie e affidamenti).Il Tribunale di Nocera Inferiore, riunitosi in Camera diConsiglio, riteneva di dover accogliere l’opposizione edannullare la delibera di esclusione per la mancanza digravi inadempienze in capo al socio escluso.

Cause di esclusione facoltative.È opportuno premettere brevi cenni sulla proble-matica che afferisce alle cause di esclusione facol-tativa. L’esclusione facoltativa è tale in quanto implicauna facoltà e non un obbligo per gli altri soci diadottare il provvedimento.Essa è disciplinata dall’art. 2286 c.c. e può essereadottata per tre motivi:1) gravi inadempienze delle obbligazioni derivan-ti dalla legge o dal contatto sociale;2) per dichiarazione di interdizione, legale o giu-diziale, e inabilitazione;3) per sopravvenuta impossibilità di eseguire laprestazione, ossia il conferimento.1) L’ipotesi di esclusione per gravi inadem-pienze rappresenta una clausola generale,nella quale rientra ogni ipotesi in cui il com-portamento grave e ingiustificato del sociocontrasta con lo scopo sociale, consistentenell’esercizio in comune dell’attività econo-mica, e realizza un inadempimento tale damenomare la reciproca fiducia che, nellasocietà di persone, deve caratterizzare i rap-porti tra i vari componenti della compaginesociale.La gravità dell’inadempimento, che può giustifi-care l’esclusione, ricorre quando l’inadempienza ètale da impedire del tutto il conseguimento del-l’oggetto sociale, o anche quando ha inciso nega-tivamente sulla situazione della società, rendendomeno agevole il perseguimento dei suoi fini1.In giurisprudenza si è definito, quale grave ina-dempimento, qualsiasi atto che sia in contrastocon lo scopo principale della società. In particolare sono state ritenute valide ragioni diesclusione del socio il grave dissidio, in una socie-tà composta da due soli soci, imputabile ad unosolo di essi2, lo sviamento della clientela e deidipendenti effettuati a favore di altra impresaavente oggetto uguale o affine, l’irregolare tenutadella contabilità3.In dottrina si ritiene che la gravità dell’inadem-pienza corrisponda all’importanza dell’inadempi-mento, previsto dall’art. 1455 c.c. per la risoluzio-ne del contratto4.

Le norme sull’esclusione del socio, però, hannocarattere speciale e sostituiscono quelle generalisulla risoluzione per inadempimento dei contrat-ti con prestazioni corrispettive, le quali non sonoapplicabili al contratto di società, sia per la man-canza di interessi contrapposti tra il socio e l’entesociale, sia per le diverse finalità cui esse sono pre-poste.Infatti, la risoluzione mette nel nulla il rapportocontrattuale nei confronti della parte inadem-piente, con gli effetti restitutori di cui all’art. 1458c.c. e, nel caso le parti in contratto siano solamen-te due, elimina del tutto il rapporto con i recipro-ci obblighi restitutori delle parti.L’esclusione del socio, invece, comporta soltantolo scioglimento del vincolo sociale limitatamenteal socio inadempiente, con il diritto di quest’ulti-mo esclusivamente ad una somma di denaro cherappresenti il valore della quota, ma non anche, diper sé, lo scioglimento della società5.In ogni caso l’esclusione è ammessa solo quandole gravi inadempienze siano imputabili al socio atitolo di dolo o colpa grave.2) Il socio può essere escluso quando sia colpitoda provvedimento di interdizione, legale o giudi-ziale, e di inabilitazione.L’inclusione della suddetta ipotesi tra le cause diesclusione si spiega con l’esistenza di un dovere dicollaborazione del socio, nel senso che lo statopersonale inciderebbe sul contratto di società6.Secondo diverso orientamento7, l’esclusione delsocio è giustificata in quanto la sua incapacitàaltererebbe l’intuitus che è alla base del contrattodi società.3) L’ipotesi di esclusione dalla società per soprav-venuta impossibilità di eseguire la prestazionepresuppone la presenza di cause oggettive cheprecludano in via definitiva la prestazione dell’o-pera personale del socio, e prescinde dalla colpo-sità dell’inadempimento, che, invece, caratterizzal’ipotesi di esclusione per gravi inadempienze.Pertanto, al socio che per sua colpa abbia solotemporaneamente omesso la prestazione dellapropria opera, è applicabile la disposizione di cuial comma 1 dell’art. 2286 c.c., e non quella di cuial comma 2, con la conseguenza che egli può esse-re escluso dalla società qualora il suo inadempi-mento, pur sfornito del carattere della definitivi-tà, risulti grave.

La sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore.La sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore ha

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estrinsecazione della condotta contestata al con-dannato.Con l’ordinanza in commento, il Tribunale diSorveglianza accoglieva il reclamo ritenendo che“l’infrazione non appare di tale gravità da determinareil rigetto dell’istanza di liberazione anticipata in relazio-ne al lungo periodo di carcerazione sofferto dal condan-nato prima all’estero e poi in Italia non potendo certa-mente inficiare il giudizio positivo che deve esprimersi,secondo quanto risulta dagli atti, in ordine al comporta-mento tenuto dal condannato nei sei semestri di carcera-zione presofferta”.Venivano pertanto concessi 270 giorni di libera-zione anticipata con conseguente immediatascarcerazione del detenuto.Sebbene possa apparire, prime facie, priva di conte-nuti innovativi, l’ordinanza in questione va inter-pretata, ad avviso di chi scrive, come una equili-brata e fedele applicazione del principio di seme-stralizzazione della condotta del condannato, daintendersi quale effettiva esplicazione della fun-zione rieducativa della pena e, più in generale,delle norme vigenti in tema di ordinamento peni-tenziario.

Marco AmbronH

La condizione del minore stranieronella legge cd. Bossi-Fini alla lucedella recente giurisprudenzacostituzionale.

Premessa.La normativa italiana in materia di minori stra-nieri è enormemente frammentata e dispersa; visono numerose ed incoerenti disposizioni chedisciplinano la condizione giuridica del minorestraniero da profili diversi, attribuendo compe-tenze ad istituzioni, organi ed amministrazionidifferenti e non sempre sistematicamente connes-se tra di loro. Il quadro che ne risulta è per molti versi confuso,giacché norme e competenze spesso finiscono persovrapporsi, determinando incertezza circa ladisciplina da applicarsi concretamente e circa ilsoggetto pubblico deputato di volta in volta adintervenire.Sinteticamente, può dirsi che occorre tener pre-sente, quali fonti normative rilevanti in materia:a) il Testo Unico delle disposizioni concernenti ladisciplina dell’immigrazione e norme sulla condi-

zione dello straniero approvato con D. Lgs. n. 286del 25 luglio 19981, come modificato dalla L. n.189 del 30 luglio 2002 (cd. Legge Bossi-Fini);b) il regolamento di attuazione del T.U., e cioè ilD.P.R. n. 394/99, come recentissimamente modi-ficato dal D.P.R. 334 del 18 ottobre 20042;c) il regolamento disciplinante compiti e poteridel Comitato per i minori stranieri, e cioè ilD.P.C.M. n. 535 del 9 dicembre 1999;d) la legge in materia di affidamento e di adozio-ne, e cioè la L. n. 184/83;e) gli articoli del Codice Civile rilevanti in materia,e cioè gli artt. 330 e ss., 343, 371, 403.A tali fonti vanno aggiunte quelle di carattereinternazionale, e cioè la Convenzione di New Yorkdel 20.11.1989 sui diritti del fanciullo3 e laConvenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 sullaprotezione dei minori4. Per ciò che rileva ai nostri fini, è sufficiente ricor-dare l’art. 3.1 della Convenzione di New York,secondo cui in tutte le decisioni riguardanti ilfanciullo (da parte di organi pubblici e privati) vavalutato prioritariamente l’interesse superiore delfanciullo5, norma poi ripresa anche dal nostroT.U. sull’immigrazione.

La condizione giuridica del minore stranieronel T.U.Il T.U. sull’immigrazione distingue anzitutto laposizione del minore straniero accompagnato daquella del minore straniero non accompagnato, preve-dendo per tali due figure una regolamentazionecompletamente diversa.Tuttavia, prima ancora di addentrarci nell’esamedelle due diverse discipline, occorre ricordarealcune norme del T.U. di carattere generale, appli-cabili, quindi, ad entrambe le figure, cioè al mino-re straniero tout court (accompagnato e non).In tale prospettiva, viene in rilievo anzitutto l’art.19 T.U., secondo cui gli stranieri di minore etàsono inespellibili fino al compimento della mag-giore età, salvo che l’espulsione debba essere adot-tata per ragioni di sicurezza nazionale o di ordinepubblico.Correlativamente, l’art. 28 del D.P.R. n. 394/99,prevedeva che tali soggetti, proprio perché ine-spellibili per il semplice fatto di essere minorenni,hanno diritto - in tale lasso di tempo, e cioè finoal 18° anno di età - ad ottenere il permesso di sog-giorno per minore età. Oggi la disposizione inoggetto viene integrata dall’art. 22 del D.P.R.334/2004, nel senso che il rilascio del permesso di

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Valle, ord. 3/05 del 4 gennaio 2005.La violazione alle prescrizioni imposte con il provvedi-mento di sospensione dell’esecuzione della pena (c.d.indultino) non comporta il diniego della liberazioneanticipata in relazione al periodo di carcerazione prece-dente alla violazione.

La massima in questione appare degna di com-mento in considerazione della sostanziale assenzadi pronunce giurisprudenziali sia di merito che dilegittimità in tema di violazione delle prescrizionial c.d. indultino. Nel caso di specie, il detenuto - destinatario delprovvedimento in commento - veniva arrestatonella Repubblica Ceca nel luglio 2000 e condan-nato, con sentenza irrevocabile, alla pena di annicinque di reclusione, tre dei quali trascorsi inespiazione presso la casa circondariale di Oracov.Successivamente, trasferito presso il carcere diRebibbia, vi rimaneva per circa otto mesi fino aquando interveniva provvedimento di sospensio-ne dell’esecuzione della pena emesso dalMagistrato di Sorveglianza di Roma contenentele prescrizioni accessorie dell’obbligo di presenta-zione per due giorni alla settimana presso la P.G.del luogo di residenza per l’apposizione dellafirma e l’obbligo di dimora nel Comune di resi-denza.Questi veniva però nuovamente arrestato, nelmese di aprile del 2004, per aver violato la prescri-zione accessoria imposta e segnatamente, per nonessersi presentato in uno dei giorni previsti pres-so la P.G. competente.All’udienza fissata dinanzi al Tribunale diSorveglianza di Salerno veniva disposta la revocadell’indultino con effetto a far data dal giornodella violazione.Tale provvedimento veniva motivato sul presup-posto “della assenza di una idonea giustificazione dellaviolazione e del conseguente censurabile e superficialecomportamento del condannato al quale peraltro erastato imposto di presentarsi presso il Commissariato diP.S. soltanto due giorni alla settimana”.Rebus sic stantibus, il condannato si determinava apresentare istanza di liberazione anticipata per ilperiodo di detenzione presofferto sia nella casacircondariale di Rebibbia che in quella di Oracov;istanza rigettata dal Magistrato di Sorveglianza ecosì motivata: “non può essere concessa la liberazioneanticipata in quanto mentre la semplice infrazione disci-plinare pregiudica soltanto il semestre in cui è stata com-messa, il suddetto censurabile episodio, invece, non può

restare confinato al semestre in cui si è verificato ma, inconsiderazione della sua particolare gravità, sintomaticadi mancanza di ravvedimento del reo, si ripercuoteanche su tutto il periodo precedente in quanto non è con-cepibile che il soggetto aderisca al trattamento soltanto indeterminati periodi di detenzione poiché la liberazioneanticipata presuppone l’intervenuta rieducazione delcondannato e quindi un giudizio probabilistico di irre-versibilità del processo interiore di rieducazione”.Avverso tale provvedimento proponeva reclamola difesa del detenuto sostenendo la lacunositàdella parte motiva dell’impugnato provvedimen-to atteso che la violazione in questione non puòcertamente ritenersi di particolare gravità e,comunque, non tale da risultare incompatibilecon il processo di reinserimento sociale e dirieducazione del condannato.A tal riguardo, infatti, la Suprema Corte ha stabi-lito che “il principio della valutazione frazionata persemestri del comportamento del condannato, ai finidella concessione del beneficio della liberazione anticipa-ta di cui all’art. 54 O.P., non esclude che un fatto negati-vo possa riverberarsi anche sulla valutazione dei seme-stri anteriori. Occorre però, precisa la Suprema Corte,che si tratti di una condotta particolarmente grave e sin-tomatica, tanto da lasciar dedurre una mancata parte-cipazione del condannato all’opera di rieducazioneanche nel periodo antecedente a quello cui la condotta siriferisce. Tale giudizio esige una puntuale approfonditaed articolata motivazione in ordine ai connotati di gra-vità concretamente ravvisati nei fatti ai quali viene attri-buita valenza negativa retroattiva” (Cass. Pen., Sez. I,04/01/2000 Signoriello CED 215119).Si aggiunga a tanto che il detenuto non era maistato attinto, precedentemente, da qualsivogliaprovvedimento giudiziario o disciplinare sia nelperiodo trascorso in libertà “sub condizione” siadurante l’espiazione della pena presso le strutturecarcerarie; a tal riguardo, veniva prodotta dalladifesa, una relazione rilasciata dal carcere diOracov dalla quale emergeva la regolare condottacarceraria del detenuto e la sua costante parteci-pazione all’opera di rieducazione.Sosteneva, pertanto, il difensore che, a tutto volerconcedere, alla luce del citato “principio di seme-stralizzazione della condotta” la violazione inquestione avrebbe potuto assumere rilevanza peril solo semestre immediatamente antecedente laviolazione e non anche per quelli anteriori.In conclusione, seppur valido in linea di princi-pio, l’assunto del Magistrato di Sorveglianza nonaveva tenuto conto delle specifiche modalità di

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Legislatore - lo strumento primario ed ordinariodi intervento nei confronti del minore stranieronon accompagnato, come oggi risulta conferma-to, sia pure indirettamente, dal regolamento diattuazione della legge cd. Bossi-Fini. Si è già detto sopra che, prima delle modificheintrodotte dalla legge Bossi-Fini, il minore stra-niero non accompagnato poteva fruire - cometutti i minori stranieri - di un permesso di sog-giorno per minore età, fino al compimento dellamaggiore età. Tale permesso di soggiorno, tutta-via, non era convertibile, al compimento deldiciottesimo anno di età, in un permesso di altranatura, e soprattutto non era convertibile in unpermesso di soggiorno per lavoro subordinatoe/o autonomo e/o per accesso al lavoro. L’unicastrada perché il minore straniero non accompa-gnato potesse continuare a soggiornare in Italiaera quindi soltanto quella di cui all’art. 32,comma 1, vecchia formulazione, del T.U., secon-do il quale, oltre che i minori accompagnati (per iquali si è detto poco sopra), potevano ottenere ilpermesso di soggiorno per motivi di accesso allavoro, studio, lavoro subordinato, lavoro auto-nomo, anche i minori “comunque affidati ai sensi del-l’art. 2 L. n. 184/83”, e cioè anche i minori stranie-ri non accompagnati che fossero stati oggetto diun provvedimento di affidamento da parte deiservizi sociali del Comune di dimora, ovvero daparte del Tribunale per i minorenni competente.L’art. 2 della L. n. 184/83, in effetti, prevede che ilminore (italiano e straniero) “temporaneamenteprivo di un ambiente familiare idoneo” possa essereaffidato, nell’ordine: 1) ad una famiglia con figliminori; 2) ad una famiglia senza figli; 3) ad unacomunità di tipo familiare; 4) ad una istituzionedi accoglienza. Il provvedimento di affidamento,lo ripetiamo, è di competenza del Comune, ed inparticolare del Dirigente dei Servizi Sociali10. Unavolta affidato (ed una volta che il provvedimentodi affidamento abbia conseguito il visto di esecu-tività apposto dal Giudice Tutelare), il minorepotrà ottenere dalla competente Questura un per-messo di soggiorno per affidamento, convertibile,al compimento del 18° anno di età, in un per-messo di soggiorno per lavoro subordinato e/oautonomo e/o per accesso al lavoro11.

Il recente intervento della Corte Costituzionale.Si poneva tuttavia un delicato problema interpre-tativo ed applicativo. Il nostro ordinamentoconosce, quale strumento di intervento delle isti-

tuzioni nelle situazioni di disagio dei minori, nonsoltanto la misura dell’affidamento, ma anchequella della tutela, che viene disposta, secondol’articolo 343 del Codice Civile, quando entrambii genitori del minore sono morti o non possonoesercitare per altre cause la potestà genitoriale. Si tratta, come si vede, di presupposto inverodiverso da quello posto a base della possibilità diaffidamento, che consiste, come si è detto, nell’as-senza temporanea per il minore di un ambientefamiliare idoneo12. Ma le due misure rimangonosenza dubbio fondate su di una comune logica,cioè quella di tutelare l’interesse del minore a cre-scere in un ambiente familiare o pseudo familiareadeguato ai suoi bisogni.Ora, poiché l’art. 32 T.U. cit. opera riferimentosoltanto ai minori affidati, il dubbio interpretati-vo riguardava proprio la possibilità per i minoritutelati di fruire - al compimento della maggioreetà - di un permesso di soggiorno per lavoro sub-ordinato o autonomo. Ed ancora più a monte ci si chiedeva se il minorenon accompagnato presente in Italia fosse unminore da sottoporre a tutela o ad affidamento. La questione, com’è agevole comprendere, nonera irrilevante sul piano pratico, perché, nel casodi minori sottoposti a tutela, le Questure nonconsentivano poi al compimento del 18° anno dietà la conversione del permesso, con atteggiamen-to che produceva una disparità di trattamentoquanto meno discutibile ed inopportuna, poichénon si comprendeva la ragione di un trattamentodiverso di situazioni fondate sulla medesima logi-ca di tutela del minore. Sul punto è finalmenteintervenuta la Corte Costituzionale, con la sen-tenza n. 198 del 23 maggio 2003, che ha dichiara-to infondata la questione di costituzionalità del-l’art. 32 D. Lgs. n. 286/98 sollevata in riferimentoall’articolo 3 della Costituzione13. Il Giudice delleLeggi, con pronuncia interpretativa di rigetto,dopo aver premesso in linea generale che “even-tuali residue incertezze di lettura sono destinate a dissol-versi una volta che si sia adottato, quale canone erme-neutico preminente, il principio di supremazia costitu-zionale che impone all’interprete di optare, fra più solu-zioni astrattamente possibili, per quella che rende la dis-posizione conforme a Costituzione”14, ha chiarito chel’art. 32 va interpretato appunto secundum consti-tutionem, nel senso che “la disposizione del comma 1dell’art. 32 del D. Lgs. del 25 luglio 1998 n. 286, va rife-rita anche ai minori stranieri sottoposti a tutela, ai sensidel Titolo X del Libro primo del Codice Civile, e che per-

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soggiorno per minore età viene rilasciato “salvo l’i-scrizione del minore di anni quattordici nel permesso disoggiorno del genitore o dell’affidatario stranieri regolar-mente soggiornanti in Italia”6. Inoltre, la medesimadisposizione, per il minore non accompagnato,prevede che il rilascio del permesso di soggiorno èpossibile solo dopo segnalazione al Comitato peri minori stranieri e per il tempo necessario all’e-spletamento delle indagini sui familiari nel paesedi origine. Ad ogni modo, vedremo in seguito quale sarà lasorte del permesso di soggiorno rilasciato perminore età, al momento in cui lo straniero com-pia poi la maggiore età, trovandosi ancora sul ter-ritorio dello Stato italiano.Per ora, dunque, il primo assunto è che qualsiasiminore straniero presente sul territorio delloStato italiano non ne può essere espulso ed hadiritto ad ottenere un permesso di soggiorno perminore età7.È norma di carattere altrettanto generale anchequella dell’art. 28, comma 3, del T.U., che -riprendendo analoga disposizione della Conven-zione di New York del 1989 - dispone che in tuttii procedimenti amministrativi e giurisdizionalifinalizzati a dare attuazione al diritto all’unitàfamiliare e riguardanti i minori deve essere presoin considerazione con carattere di priorità il supe-riore interesse del fanciullo. La disposizione,come si vede, enuncia un principio, la cui concre-ta praticabilità è poi rimessa alla prassi ammini-strativa. Ciò premesso, analizziamo anzitutto la disciplinarelativa al minore straniero accompagnato, che si pre-senta di agevole analisi, dal momento che l’inte-resse del minore trova adeguata protezione nelfatto stesso della presenza in Italia dei suoi geni-tori. L’art. 31 del T.U. prevede che il minore stranieroche conviva con il genitore straniero regolarmen-te soggiornante è iscritto nel permesso di soggior-no (o nella carta di soggiorno) di uno e di entram-bi i genitori fino al quattordicesimo anno di età.Egli segue la condizione giuridica del genitore nelcui permesso è iscritto. Al compimento del quat-tordicesimo anno di età, viene invece rilasciato alminore un permesso di soggiorno per motivifamiliari, che ha validità fino al compimento deldiciottesimo anno di età.Va a questo punto ricordato che naturalmente èsempre possibile il ricongiungimento familiarecon i figli minori a carico a condizione che l’altro

genitore, quando esistente, abbia dato il suo con-senso8.Al compimento della maggiore età il minore stra-niero accompagnato che sia stato iscritto nel per-messo di soggiorno del genitore e/o che abbiafruito del permesso di soggiorno per motivi fami-liari può convertire tale ultimo permesso in unpermesso di soggiorno per motivi di studio, diaccesso al lavoro, di lavoro subordinato o autono-mo, per esigenze sanitarie o di cura e può quindiprolungare la propria permanenza regolare sulterritorio dello Stato italiano9. È appena il caso dievidenziare che su tale punto la norma che con-sente di convertire il permesso di soggiorno èquanto mai opportuna, poiché essa da un latoconsente di non rompere bruscamente il legamefamiliare fra il minore ed i propri o il propriogenitore e dall’altro favorisce il formarsi di uncontingente di immigrati cd. di seconda genera-zione, i quali, com’è noto, mostrano un alto gradodi integrazione, essendo cresciuti nel paese diimmigrazione. Disposizioni diverse sono invece dettate per ilminore straniero non accompagnato, la cui posizioneè invero molto più delicata e la cui disciplina èdensa di incertezze e di dubbi interpretativi, nonancora chiariti neanche a seguito dell’approvazio-ne - con il già citato D.P.R. n. 334/04 - del regola-mento di attuazione della legge cd. Bossi-Fini.Occorre preliminarmente avvertire che la discipli-na è stata oggetto di profonde modificazioni aseguito dell’approvazione della legge n. 189/2002,che ha aggiunto alcuni commi al testo originariodell’art. 32 del T.U. Precedentemente, infatti, ilT.U. si occupava dei minori stranieri non accom-pagnati soltanto all’art. 33, comma 2, lett. b). Edinvero, l’art. 33 è la norma che ha istituito ilComitato per i minori stranieri, disponendo chepoi con un successivo regolamento sarebberostate previste le modalità di accoglienza dei mino-ri stranieri non accompagnati presenti nel territo-rio dello Stato, “ai fini dell’accoglienza, del rimpatrioassistito e del ricongiungimento del minore con la suafamiglia nel Paese d’origine o in un Paese terzo”. Ilregolamento in questione è stato poi emanatocon D.P.R. n. 535 del 9 dicembre 1999. Non rien-tra nel tema specifico della presente indagine ana-lizzare più approfonditamente quale sia la disci-plina prevista da tale fonte; per ora, sia quindi suf-ficiente sapere che il regolamento è essenzialmen-te incentrato sulla misura del rimpatrio assistitodel minore, che costituisce - nel chiaro intento del

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Codice Civile”. Premetteva il remittente di essere stato chiamato a giu-dicare su un ricorso proposto avverso un provvedimento con il qualeera stata rigettata l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno e con-testuale conversione da “minore età” a “lavoro”. Il ricorrente, cittadi-no straniero, aveva ottenuto un permesso di soggiorno “per affida-mento” in seguito alla nomina del cognato quale tutore; raggiunta suc-cessivamente la maggiore età, aveva presentato istanza per ottenere ilrinnovo del permesso, con conversione del motivo a “lavoro”, dispo-nendo di una regolare attività lavorativa. L’amministrazione compe-tente ha ritenuto di rigettare tale istanza, in quanto la “trasformazionein lavoro” sarebbe consentita “solo qualora il permesso di soggiornoper affidamento sia stato disposto ai sensi della legge n. 184 del 1983”.

14 Cfr. anche le sentenze della medesima Corte Costituzionale n. 316 del2001 e n. 113 del 2000.

15 Del resto, la Corte ha evidenziato che “una ulteriore incongruenza chederiverebbe da una interpretazione meramente letterale dell’art. 32del D. Lgs. 25 luglio 1998 n. 286: rientrerebbero nella previsione diquesto articolo sia il minore straniero iscritto nel permesso di sog-giorno o nella carta di soggiorno del genitore, sia il minore stranierocomunque affidato, mentre ne sarebbe escluso il solo minore stranie-ro sottoposto a tutela, e cioè ad un istituto giuridico assimilato dallastessa legislazione in parola al vincolo familiare e spesso originato dasituazioni di bisogno anche più gravi di quelle che originano l’affida-mento familiare”.

16 Il cui percorso migratorio si apre normalmente con un ingresso irre-golare nel nostro paese (o comunque nell’area Schengen) e con unaprima fase di vita e lavoro del tutto nascosti agli organi pubblici e per-ciò con una presenza non certificabile.

17 Con il già più volte menzionato D.P.R. n. 334/04.

Maria CoppolaH

L’accesso ai documenti amministrativi comeriscritto dalla legge di riforma 11 febbraio2005, n. 15, recante “Modifiche ed integrazio-ni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernentinorme generali sull’azione amministrativa”.

Il 26 gennaio 2005 la Camera dei Deputati hadefinitivamente approvato, dopo cinque lettureparlamentari e con voto pressoché unanime ditutti gli schieramenti politici, il disegno di leggedi riforma della l. n. 241/901, recante “Nuovenorme in materia di procedimento amministrati-vo e di diritto di accesso ai documenti ammini-strativi”.Si tratta, invero, di una riforma auspicata e pero-rata già dal 2000, anno in cui fu presentata edapprovata dalla Camera dei Deputati la propostadi legge Cerulli Irelli2, poi decaduta in ragionedella fine della legislatura.Legge di straordinaria democraticità, la n. 241/90è riuscita a conferire parità e reciprocità al rap-porto pubblica amministrazione-cittadini, infor-mando, fin dalla sua emanazione, l’operato dellaP.A. ai principi costituzionali di legalità, impar-zialità e buona amministrazione. Certo, nel corsodegli anni essa ha subìto non pochi interventi3,tesi, appunto, a modulare, anche in relazione aimutamenti della realtà sociale, il dettato norma-tivo ed oggi, in virtù della riforma di cui alla l. n.

15/2005, un nuovo e rivoluzionario principio siaggiunge ai precedenti, quello della trasparenza4.Tale principio, reso finalmente fattispecie concre-ta ed operativa all’interno dell’ordinamento, sco-pre un volto inedito del rapporto con i cittadini, iquali, attraverso la possibilità concessa dalla leggedi controllare la conformità dell’attività ammini-strativa all’ordinamento ed all’interesse pubblico,ottengono la possibilità di diventare, essi stessi,compartecipi dell’azione amministrativa5.Evidenti, le conseguenze: il rapporto tra segretez-za e pubblicità dell’azione amministrativa subisceun radicale mutamento di prospettiva, divenendoregola la pubblicità ed eccezione la segretezza.Contestualmente, il cittadino riesce, in prima per-sona, a promuovere, assicurare e controllare l’im-parzialità ed il buon andamento dell’operatodella Pubblica Amministrazione, nonché l’effica-cia e l’efficienza dell’azione amministrativa. È in questa sorta di rivoluzione copernicana chevengono completamente riscritti l’art. 22 della l.n. 241/90 in tema di accesso ai documenti ammi-nistrativi e gli articoli ad esso collegati.

Vecchia “definizione” del diritto di accesso.La precedente formulazione dell’art. 22 della l. n.241/1990 era la seguente:“1. Al fine di assicurare la trasparenza dell’attivitàamministrativa e di favorirne lo svolgimentoimparziale è riconosciuto a chiunque vi abbiainteresse per la tutela di situazioni giuridicamen-te rilevanti il diritto di accesso ai documentiamministrativi, secondo le modalità stabilitedalla presente legge.2. È considerato documento amministrativo ognirappresentazione grafica, fotocinematografica,elettromagnetica o di qualunque altra specie delcontenuto di atti, anche interni, formati dallepubbliche amministrazioni o, comunque, utiliz-zati ai fini dell’attività amministrativa.3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigoredella presente legge le amministrazioni interessa-te adottano le misure organizzative idonee agarantire l’applicazione della disposizione di cuial comma 1, dandone comunicazione allaCommissione di cui all’articolo 27”.A ben vedere, in realtà, una definizione in sensoproprio di accesso non si rinveniva esplicitamen-te, pur ricavandosi dalla norma.Vi rimedia la legge di riforma.

La rinnovata definizione del diritto di accesso.

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tanto non si pone un problema di costituzionalità di que-sta disposizione”. La Consulta è giunta a tale con-clusione proprio partendo dall’assunto che affi-damento e tutela, pur avendo presupposti diversi,“sono entrambi finalizzati ad assicurare la cura delminore”15.Non v’è dubbio che la detta sentenza della CorteCostituzionale abbia provveduto a colmare unvuoto di legislazione che produceva distorsioniirragionevoli e conseguenze pratiche di enormerilievo per quei minori che, pur essendo sottopo-sti a tutela, si vedevano privare al compimentodella maggiore età della possibilità di soggiornareregolarmente in Italia.Oggi, dunque, per effetto della pronuncia delGiudice delle Leggi qui commentata, anche il per-messo di soggiorno rilasciato al minore stranierosottoposto a tutela può essere convertito al 18°anno di età in permesso di soggiorno per lavorosubordinato o autonomo o per accesso al lavoro.

Le novità della legge Bossi-Fini.In tema di minori stranieri, la più importanteinnovazione contenuta nella legge n. 189/02 ècostituita dall’aggiunta di tre commi (1 bis, 1 ter e1 quater) all’articolo 32 del T.U. Tali commi preve-dono in buona sostanza che, al compimento dellamaggiore età, può essere rilasciato il permesso disoggiorno per motivi di lavoro subordinato oautonomo o di accesso al lavoro o di studio, aiminori stranieri non accompagnati che sianostati ammessi per un periodo non inferiore a dueanni in un progetto di integrazione sociale e civi-le gestito da un ente pubblico o privato che abbiarappresentanza nazionale e che comunque siaiscritto nel registro istituito presso la Presidenzadel Consiglio dei Ministri ai sensi dell’articolo 52del D.P.R. 394/1999, sempre che non sia interve-nuta una decisione di rimpatrio da parte delComitato per i minori stranieri. Occorre peròdimostrare, a tali fini, che il minore sia - al com-pimento del 18° anno di età - da almeno 3 anni inItalia e che abbia frequentato per almeno 2 anniun progetto di integrazione civile e sociale.La disposizione aveva suscitato dubbi interpreta-tivi al momento della sua entrata in vigore, poi-ché - in mancanza di norme attuative - non sicomprendeva per esempio cosa si dovesse intendeper “progetto di integrazione civile e sociale”, oppurecome si dovesse dimostrare la presenza in Italiada almeno tre anni di un minore straniero nonaccompagnato16.

Oggi che il regolamento di attuazione della leggen. 189/02 è stato finalmente emanato17, le per-plessità, lungi dall’essere chiarite, si sono accen-tuate, dal momento che alcuna disposizione ditale regolamento ha provveduto a specificare iconcetti generici contenuti nell’art. 32 T.U. n.286/98.Sarà dunque la prassi giurisprudenziale a doversifar carico, come troppe volte avviene in questoPaese, del compito di colmare le ambiguità ed ivuoti normativi lasciati dal Legislatore............................................1 D’ora in poi, per comodità, “T.U.”.2 Si tratta del regolamento di attuazione della legge cd. Bossi-Fini (L. n.

189/02), emanato dopo oltre due anni dall’entrata in vigore della fonteprimaria che intende attuare. Tale ritardo testimonia della difficoltàche le nuove norme hanno posto, sia per la portata di radicale muta-mento rispetto al precedente impianto del T.U. n. 286/98, sia in termi-ni di modifiche organizzative che l’amministrazione deve operare inconseguenza delle nuove disposizioni.

3 Ratificata in Italia con L. 27 maggio 1991, n. 176.4 Pure ratificata in Italia con L. 24 ottobre 1980, n. 472.5 La disposizione in oggetto espressamente prevede che “In tutte le

decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubblicheo private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità ammini-strative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullodeve essere una considerazione preminente”.

6 È evidente, per tale parte della disposizione, l’intento di coordinamen-to con le norme riguardanti il minore straniero accompagnato, dellequali si tratterà di qui a poco.

7 Sia pure con le precisazioni che si sono indicate a proposito delle inno-vazioni introdotte dal D.P.R. n. 334/04. Naturalmente, non è possibileignorare che la nuova formulazione dell’art. 28 del D.P.R. n. 394/99 (aseguito delle ricordate innovazioni) pone una serie di dubbi interpre-tativi, poiché - in particolare - non si comprende bene come dovrebbeessere regolata la posizione del minore straniero non accompagnato, inmancanza di segnalazione della sua presenza al Comitato per i minoristranieri, che rappresenta poi, nella prassi, la situazione di gran lungapiù frequente. Così come rimane incerta la posizione del minore stra-niero non accompagnato segnalato al Comitato per i minori stranieri,ma non rimpatriato da tale organo. Avrà tale minore diritto (comeinvero sembra opportuno) al permesso di soggiorno per minore età?

8 Cfr. art. 29, comma 1, lett. b) T.U. n. 286/98.9 Così come espressamente stabilito dall’art. 32, comma 1, del T.U.;

inoltre, tale possibilità risulta ulteriormente confermata oggi dall’art.13 del D.P.R. 334/04, che disciplina i casi di possibile conversione delpermesso di soggiorno.

10 Va richiamato, a tale proposito, l’articolo 107 del Testo Unico delleleggi sull’ordinamento degli enti locali, che definisce, in attuazionedel principio di separazione tra politica ed amministrazione, le com-petenze dei Responsabili dei servizi.

11 Così come espressamente disposto dall’articolo 32, comma 1, delT.U., secondo cui “Al compimento della maggiore età, allo stranieronei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all’artico-lo 31, commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell’artico-lo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un per-messo di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavo-ro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura”.

12 Ed è invero difficoltoso comprendere quale sia la più opportuna misu-ra da adottare nei confronti di un minore straniero non accompagnato,posto che egli si trova sia nella condizione di crescita in un ambientefamiliare inidoneo, sia (anche se non sempre) in una condizione nellaquale i suoi genitori non possono esercitare la potestà genitoriale(stante la lontananza fisica e l’assenza di frequente comunicazione).

13 La questione era stata sollevata dal T.A.R. Emilia Romagna con ordi-nanza del 23 maggio 2002. La norma veniva censurata nella parte incui non prevedeva che, al compimento della maggiore età, il permes-so di soggiorno possa essere rilasciato anche nei confronti dei minoristranieri “sottoposti a tutela, ai sensi degli artt. 343 e seguenti del

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mente distinti gli ambiti di applicazione delle duenorme. Le disposizioni della l. n. 241 dl 1990 val-gono per tutti gli interessati e hanno ad oggettoesclusivamente il diritto di accesso ai documentiamministrativi, mentre quelle del Codice riguar-dano solamente le persone cui i dati si riferiscono,che possono accedere a tutti i propri dati perso-nali in qualunque forma detenuti dalla PubblicaAmministrazione”7.Anche il successivo art. 24 viene riformulato ed, inparticolare, arricchito di casi di esclusione dall’ac-cesso.Viene escluso il diritto in questione nei confrontidi: 1. documenti amministrativi contenenti informa-zioni di carattere psico-attitudinale relativi a terziformati nei procedimenti selettivi;2. istanze di accesso preordinate ad un controllogeneralizzato dell’operato delle pubbliche ammi-nistrazioni;3. documenti che riguardino l’attività in corso dicontrattazione collettiva nazionale di lavoro e gliatti interni connessi all’espletamento del relativomandato;4. documenti coperti da segreto di Stato e nei casidi segreto o di divieto di divulgazione espressa-mente previsti dalla legge8.Al contempo, però, si precisa che l’accesso aidocumenti amministrativi non può essere negatoove sia sufficiente fare ricorso al potere di differi-mento e che, comunque, deve essere garantito airichiedenti l’accesso ai documenti amministrativila cui conoscenza sia necessaria per curare o perdifendere i propri interessi giuridici.Nel caso, poi, di documenti contenenti dati sensi-bili e giudiziari, l’accesso è sì consentito, ma neilimiti strettamente indispensabili oltre che neitermini previsti dall’art. 60 del DecretoLegislativo n. 196/2003, in caso di dati idonei arilevare lo stato di salute e la vita sessuale.Altra innovazione riguarda l’art. 25 della legge n.241 e, dunque, le modalità di esercizio del dirittodi accesso e le tutele contro il rifiuto posto all’ac-cesso.Il comma 5 bis aggiunto all’articolo appena citatointroduce, appunto, in nome della semplificazio-ne e del risparmio per il cittadino oltre che per laP.A., la possibilità per le parti, nei giudizi in mate-ria di accesso, di stare in giudizio personalmente,senza l’assistenza del difensore9.La stessa P.A. potrà essere rappresentata e difesada un proprio dipendente, purché in possesso

della qualifica di dirigente, autorizzato dal rap-presentante legale dell’ente.Anche il comma 4 dell’art. 25 è stato modificatoed ora prevede l’applicazione dello stesso mecca-nismo utilizzato nei confronti degli atti delleamministrazioni comunali, provinciali e regiona-li, anche per le amministrazioni centrali e perife-riche dello Stato: in caso, cioè, di diniego dell’ac-cesso, espresso o tacito, o di differimento dellostesso, il richiedente può presentare ricorso alTribunale amministrativo regionale, ovverorichiedere, nello stesso termine, anziché alDifensore civico, alla Commissione per l’accessoche la determinazione negativa sia riesaminata.Queste innovazioni, che costituiscono il portatodell’evoluzione giurisprudenziale amministrativasviluppatasi nell’ultimo decennio, hanno giàfatto parlare di sé nelle sedi scientifiche, non-ostante il breve lasso di tempo finora intercorso.Staremo a vedere i risultati della loro applicazio-ne nella pratica............................................

1 Atto Camera n. 3890.2 Atto Camera n. 6844.3 Soltanto in materia di accesso diverse modifiche sono state appor-

tate prima dalle leggi nn. 265/1999 e 340/2000, poi dalla l. n.45/2001 e dal D.Lgs. n. 196/2003.

4 Art. 15, comma 2, l. n. 15/2005.5 Cfr. Caringella-Garofoli-Sempreviva, L’accesso ai documenti ammini-

strativi. Profili sostanziali e processuali, Milano, 2003.6 Cfr. A. Ferrucci, Diritto di accesso e riservatezza: osservazioni sulle modifi-

che alla l. 241/90, in Giustamm.it - Rivista di diritto pubblico, n. 2/2005.7 È quanto, appunto, si legge nella relazione di accompagno alla l. n.

15/2005.8 Art. 16, comma 1, l. n. 15/2005.9 Art. 17, comma 1, lett. c), l. n. 15/2005.

Alba De FeliceH

Violenza in famiglia: mobbing,addebbito della separazione erisarcimento del danno.

La violenza, in tutti i suoi aspetti, rappresenta,sempre, qualcosa che provoca, in noi, sdegno,rabbia, amarezza. A maggior ragione, poi, quandoesplode tra le sacre mura domestiche.Ritengo siano proprio questi, in fin dei conti, isentimenti che, sempre, fulminei, ci assalgono nelmomento stesso in cui, apprendiamo, per ragioniprofessionali, di violenze patite o di maltratta-menti subiti, da vittime innocenti, ad opera diconiugi, conviventi, genitori, brutali. Inoltre, all’esperienza professionale diretta, matu-rata negli studi o nelle aule di giustizia, si aggiun-

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Questa, la nuova versione dell’art. 22, rubricato“Definizioni e principi in materia di accesso” edintrodotta dall’art. 15, comma 1, della l. n.15/2005:“1. Ai fini del presente capo si intende:a) per “diritto di accesso”, il diritto degli interes-sati di prendere visione e di estrarre copia di docu-menti amministrativi;b) per “interessati”, tutti i soggetti privati, com-presi quelli portatori di interessi pubblici o diffu-si, che abbiano un interesse diretto, concreto eattuale, corrispondente ad una situazione giuridi-camente tutelata e collegata al documento alquale è chiesto l’accesso;c) per “controinteressati”, tutti i soggetti, indivi-duati o facilmente individuabili in base alla natu-ra del documento richiesto, che dall’esercizio del-l’accesso vedrebbero compromesso il loro dirittoalla riservatezza;d) per “documento amministrativo”, ogni rappre-sentazione grafica, fotocinematografica, elettro-magnetica o di qualunque altra specie del conte-nuto di atti, anche interni o non relativi ad unospecifico procedimento, detenuti da una PubblicaAmministrazione e concernenti attività di pubbli-co interesse, indipendentemente dalla naturapubblicistica o privatistica della loro disciplinasostanziale;e) per “pubblica amministrazione”, tutti i sogget-ti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privatolimitatamente alla loro attività di pubblico inte-resse disciplinata dal diritto nazionale o comuni-tario.2. L’accesso ai documenti amministrativi, attese lesue rilevanti finalità di pubblico interesse, costi-tuisce principio generale dell’attività amministra-tiva al fine di favorire la partecipazione e di assi-curarne l’imparzialità e la trasparenza, ed attieneai livelli essenziali delle prestazioni concernenti idiritti civili e sociali che devono essere garantiti sututto il territorio nazionale ai sensi dell’articolo117, secondo comma, lettera m), dellaCostituzione. Resta ferma la potestà delle regionie degli enti locali, nell’ambito delle rispettivecompetenze, di garantire livelli ulteriori di tutela.3. Tutti i documenti amministrativi sono accessi-bili, ad eccezione di quelli indicati all’articolo 24,commi 1, 2, 3, 5 e 6.4. Non sono accessibili le informazioni in posses-so di una Pubblica Amministrazione che nonabbiano forma di documento amministrativo,salvo quanto previsto dal Decreto Legislativo 30

giugno 2003, n. 196, in materia di accesso a datipersonali da parte della persona cui i dati si riferi-scono.5. L’acquisizione di documenti amministrativi daparte di soggetti pubblici, ove non rientrantenella previsione dell’articolo 43, comma 2, delTesto Unico delle disposizioni legislative e regola-mentari in materia di documentazione ammini-strativa, di cui al decreto del Presidente dellaRepubblica 28 dicembre 2000, n. 445, si informaal principio di leale cooperazione istituzionale.6. Il diritto di accesso è esercitabile fino a quandola Pubblica Amministrazione ha l’obbligo di dete-nere i documenti amministrativi ai quali si chiededi accedere”.Ebbene, risulta di immediata evidenza il rango diprincipio generale dell’azione amministrativaassunto dal principio de quo in questa nuova for-mulazione, soprattutto in virtù delle finalità dipubblico interesse di cui esso si rende portatore.Parimenti in primo piano emerge una serie didefinizioni, tra cui quelle di “diritto di accesso”,di “soggetti interessati” e “controinteressati”, di“documento amministrativo” e di “pubblicaamministrazione”, prima assolutamente omessee, di conseguenza, lasciate alla libera interpreta-zione degli operatori del diritto6.Non solo.L’esercizio del diritto di accesso, ossia del dirittoriconosciuto ai “soggetti interessati” di prenderevisione dei documenti amministrativi e di otte-nerne copia, viene circoscritto: ex comma 4, infat-ti, si può “accedere” esclusivamente alle informa-zioni contenute in documenti amministrativi,con espressa esclusione, pertanto, di quelli chenon rivestono la forma di documento. Tutto ciò, salvo quanto previsto dalla normativain materia di protezione dei dati personali daparte del soggetto a cui i dati si riferiscono. Questa puntualizzazione, “introdotta su indica-zione del Garante per la protezione dei dati per-sonali, è volta a coordinare la disciplina in mate-ria di accesso ai documenti amministrativi conte-nuta nella citata l. n. 241 con quella del Codicesulla privacy relativa ai dati personali. Si chiariscecosì che resta ferma la disciplina prevista delCodice relativamente al diritto di accesso ai datipersonali da parte della persona cui i dati si riferi-scono, anche se tali dati non siano contenuti inun documento amministrativo, ma detenuti dauna Pubblica Amministrazione in altre forme econ altre modalità. Rimangono pertanto netta-

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al comportamento del “mobbizzato”.Difatti, più il carattere e la volontà di quest’ulti-mo affievoliscono e più le violenze psicologiche,perpetrate dal coniuge mobbizzante, aumentano,intensificandosi (ma sempre in maniera, scientifi-camente, sottile), sino ad arrivare ad un vero eproprio annientamento della personalità dell’al-tro, a volte, attraverso veri e propri tentativi diespulsione, ovvero, di induzione, preordinata, allaseparazione.Non di rado, infatti, ci troviamo al cospetto disoggetti (gravemente, per così dire, “mobbizzati”)i quali - pur di sottrarsi a questo lento, ineluttabi-le calvario - si dichiarano disponibili a separazio-ni consensuali, veramente “da fame” (purchéimmediate!), cui sono stati, in definitiva … indot-ti, proprio …, dall’altro coniuge!E’ ovvio e naturale che, in casi simili, dovremmo,quantomeno attivarci - nell’interesse ed a tuteladella parte, nostra assistita - per comprendere (aldi là delle richieste, ufficialmente ed apparente-mente, dalla stessa formulate), quale sia la sua,reale, volontà e, soprattutto, quale è (o potrebbeessere) la tutela giuridica da apprestare caso percaso: è questo, in fin dei conti, la vera essenza, l’a-nima, del nostro ruolo! Ovviamente, però, viste le molteplici manifesta-zioni di tale tipo di violenza sarà, estremamente,difficile, per noi avvocati - terzi spettatori dellavita matrimoniale - cercare di porre fine a talisituazioni e –soprattutto- individuare gli stru-menti giuridici, all’uopo, più idonei.Innanzitutto, è chiaro ed evidente che, in siffatteipotesi (a prescindere dalla possibilità di denun-zia al Giudice penale, ovemai la molestia moraleconcretizzi, addirittura, gli estremi di reato: adesempio, l’ipotesi di cui all’art. 610 cp), bisogneràporsi, in concreto, il problema di fornire la prova(referti medici, prova testi, etc.) di tale violenzamorale.Tanto, al fine di poter, concretamente, fondare larichiesta di addebito della separazione, in capo alsoggetto “mobbizzante” e, poi, soprattutto - unavolta superato tale scoglio (dimostrando - ovvia-mente - la sofferenza ed il disagio patito dalla vit-tima) - promuovere la pretesa risarcitoria; appre-stando, così, finalmente, una forma di tutela, con-creta ed effettiva. Ovviamente, tale percorso si presenta, per noiavvocati, estremamente complicato e lastricato dicomprensibili insidie, prima, fra tutte, la inevita-bile considerazione che, allo schema di addebito

della separazione (almeno per come lo stesso èstrutturato e configurato dal vigente codice, V.artt. 151, 158 e 548 cc), sarebbe estranea ogni fun-zione, diretta o indiretta, di natura risarcitoria.Il condizionale, però, è, veramente, d’obbligo inquanto, data la particolare delicatezza della mate-ria (ci troviamo realmente su di un terreno percosì dire, minato!), la valutazione dell’ingiustiziadel comportamento dell’agente, va effettuata congrande cautela e rapportata, da un lato, alla gravi-tà del danno arrecato all’altro coniuge a seguitodella violazione dei doveri sponsali e - dall’altro-alla individuazione, nel caso concreto, dello speci-fico obbligo (o dovere) che l’istante assume esserestato violato!Ovviamente, in tale indagine, al fine di ritenereapplicabile o meno l’art. 2043 cc. (danno ingiu-sto), un peso determinante dovrà essere attribui-to, nello specifico, alle conseguenze della condot-ta dell’agente nei confronti della vittima, ed, inparticolare, all’effettiva gravità del caso.In tale ottica, si segnalano due recenti pronunzie(Tribunale di Firenze: 13/6/00 - in Famiglia e dirit-to 2001, 161 e Tribunale di Milano: 4/2/00 inGuida al diritto, 2002, 37), con le quali i giudici dimerito - in un caso specifico e particolarmentegrave di violazione dell’obbligo di assistenzamorale e materiale (Tribunale di Firenze), ovverodi violazione, anche, dei più elementari doveri dirispetto e di solidarietà umana (Tribunale diMilano) - hanno ritenuto legittima e fondata, nonsolo, la richiesta di addebito della separazionema, anche, (fatto, questo, rilevantissimo!) larichiesta - nel medesimo processo di separazione-di risarcimento del danno ex art. 2043 cc.Parimenti, (in tema di mobbing coniugale) si evi-denzia un’altra, illuminante, pronunzia (proba-bilmente, la prima nel settore!) resa dalla Corte diAppello di Torino il 19/2/00, relativa alle molestiemorali ed alle continue e gravissime pressioni psi-cologiche, attuate da un coniuge per indurre l’al-tro a comportamenti e scelte, non voluti né con-divisi, ma passivamente, da quest’ultimo, tollera-ti e subiti pur di non essere estromesso dalla vitamatrimoniale!È chiaro ed evidente, quindi, che, allo stato, l’ap-porto della dottrina e della giurisprudenza dimerito - per quanto sporadico, limitato ed in faseembrionale - comunque, sussiste.Difatti, nel nostro panorama giuridico sonoriscontrabili, senz’altro, già oggi, le premesse peruna auspicabile ed effettiva tutela risarcitoria del

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ge l’opera di bombardamento continuo dei massmedia, i quali - quasi come in un macabro bollet-tino di guerra - puntualmente, riferiscono di epi-sodi, incredibili, allucinanti, raccapriccianti.Quest’universo familiare violento (a mio parere,sempre esistito, ma soltanto negli ultimi decenni,realmente, emerso) rappresenta, comunque, un’a-mara e cruda realtà, un fenomeno sociale di cuiprendere atto ed al quale tentare di porre, concre-tamente, rimedio; soprattutto, nel momento incui ci viene chiesta - in quanto avvocati - la giustatutela.Nella maggior parte dei casi, trattasi di violenzafisica, sanzionabile - in sede penale - con gli stru-menti giuridici, all’uopo apprestati, ma, rilevabile(oltre che ben rilevante!), certamente - anche insede civile - nel corso del giudizio di separazione,ai fini della richiesta di addebito.Tra i rimedi esperibili in siffatte problematiche,va, comunque, ricordata, anche, la recente leggen.154 del 4/4/01 (intitolata, proprio, alla violenzanelle relazioni familiari), che consente al sogget-to/vittima di reagire nei confronti del proprio“carnefice” (coniuge o convivente che sia), atti-vando un meccanismo particolarmente celere edefficace - sia in campo civile che in campo penale- diretto e finalizzato, soprattutto, all’allontana-mento del soggetto violento.Tuttavia - al di là della violenza meramente fisica- noi avvocati, molto spesso, avvertiamo, nel casoda seguire, l’esistenza (e il peso) di una forma diviolenza meno tangibile ed evidente (ma, non perquesto, meno deleteria o allarmante), estrinsecan-tesi, sempre, tra le mura domestiche, ma con tec-niche molto più sofisticate e sottili di quelle che,solitamente, siamo usi riscontrare (minacce, vio-lenze, etc.).Tante volte, infatti, ci rendiamo conto che non loschiaffo, né la percossa, né - addirittura - laminaccia patita, pesano - ai fini della scelta sepa-rativa maturata dalla “vittima” - quanto quell’o-pera … attenta, costante e certosina, effettuata daun coniuge per attentare alla sfera psichica del-l’altro, per deprimerlo, demoralizzarlo, annien-tarlo. Trattasi, in definitiva, di una forma, latente edinquietante, di violenza morale, attuata in manie-ra subdola e sottile, attraverso metodi di vero eproprio “terrorismo psicologico”, ossia con allu-sioni, sgarbi, attentati all’autostima del partner,forme di rifiuto dell’altro, accompagnate dallaesternazione, reiterata, di giudizi offensivi, ingiu-

stamente denigratori e svalutanti, nell’ambito delnucleo parentale ed amicale.Tanto, al punto che, pian piano, la vittima, quasiinconsapevolmente, è portata, realmente, ad iso-larsi, ad allontanarsi da una realtà familiare esociale per la quale, ovviamente, non si sente, più,all’altezza, anzi, si avverte inadeguata, quasi …perdente.In parole povere, una violenza nascosta e silente,una tortura da vera “goccia cinese”, per indurrel’altro all’errore, ovvero a qualche atto sconsidera-to o, ancor peggio (!), all’isolamento. Quindi, il fenomeno culturale e sociale definitocon il termine mobbing (dall’inglese to mob: assali-re, avvilire, rattristare), da anni all’attenzione deigiuslavoristi - con il quale si indica quella sottile eraffinata strategia di persecuzione psicologica,attuata mediante comportamenti, sottilmente,vessatori, da colleghi e/o superiori, nei confrontidi un soggetto più debole, di una vittima designa-ta - da qualche tempo ha cominciato ad investireanche le tematiche, o, meglio, le problematichefamiliari. Difatti, recenti approfondimenti hanno eviden-ziato (e la realtà dei nostri studi professionali celo conferma) che una particolare forma di mob-bing può essere, talvolta, riscontrata, anche, nellerelazioni coniugali, apparentemente (ma soloapparentemente!), poco conflittuali, o, comun-que …, non conflittuali nel senso comunementeinteso.Invero, spesso, noi avvocati ci troviamo a dovergestire problematiche familiari nelle quali - alme-no, ad un primo, sommario, esame - sembrerebbequasi mancare una vera e propria crisi di coppia.Ad un’indagine più approfondita, poi, affiorano,pian piano, gli “attacchi”, soprattutto psicologici,attuati, in maniera continua ed intenzionale, daun soggetto nei confronti dell’altro.Trattasi, per la verità, di episodi che, singolar-mente considerati, potrebbero apparire banali edinsignificanti, ma che, poi - valutati nella loro glo-balità - diventano ossessivi ed insopportabili, rap-presentando la causa scatenante di un disagioveramente profondo, foriero, a volte, di gravipatologie psichiche (o, quantomeno, concausa diesse) al punto da indurre la vittima - in alcuni casi- ad atti sconsiderati.Il mobbing coniugale, quindi, si presenta sottoforma di un lento e perseverante stillicidio dellapersonalità, subdolo e duraturo, che ha un anda-mento crescente ed inversamente proporzionale

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Depositato il ricorso e fissata l’udienza, l’attoredeve notificare al convenuto, almeno trenta gior-ni prima della data di comparizione, il ricorso conil pedissequo decreto ed il convenuto deve costi-tuirsi non oltre dieci giorni prima dell’udienzastessa. L’atto di costituzione del convenuto (ndr:memoria difensiva o comparsa di risposta, nonessendo stato definito specificamente nell’uno onell’altro modo) dovrà contenere tutto quanto sianecessario per una corretta costituzione dellostesso. In particolare, e tra l’altro: indicazione deidocumenti, da depositare all’atto della costituzio-ne, e delle prove costituende tese a dimostrare lafalsità dei fatti costitutivi allegati dall’attore, ma,soprattutto, la verità dei fatti estintivi, modifica-tivi ed impeditivi addotti come eccezioni. La cele-rità del rito porterebbe ad escludere l’indicazionedi prove costituende, stante l’unicità dell’udienza,ma è opportuno ricordare che tali prove potreb-bero essere prese in considerazione, allorquando,il rito in esame, terminasse con la conversione inrito ordinario. Per quanto riguarda la possibiledomanda riconvenzionale, formulata dal conve-nuto, questa è trattabile e decidibile nelle formedel rito sommario. In fase sommaria, la costitu-zione del convenuto direttamente in udienza ètempestiva, dal punto di vista delle preclusioni edella contumacia, e deve essere, comunque, consi-derata tale anche nel caso in cui il rito sommariovenga trasformato in ordinario. Se, diversamente,il convenuto non si costituisce neppure all’udien-za, nonostante la corretta, regolare e tempestivanotifica del ricorso e del pedissequo decreto, “ilGiudice dovrà decidere unicamente sulla base della pro-spettazione e della dimostrazione dei fatti costitutivi”. Altermine dell’udienza, il Giudice, “ove ritenga sussi-stenti i fatti costitutivi della domanda e manifestamenteinfondata la contestazione del convenuto”, pronunciaordinanza di condanna al pagamento dellasomma di denaro o alla consegna di cosa deter-minata, accogliendo, in tutto o in parte, ladomanda principale e l’eventuale riconvenzionaledel convenuto. Con l’emissione dell’ordinanza dicondanna il Giudice provvede anche sulle spese,secondo quanto statuito dall’art. 19, comma 2 bis.L’ordinanza di condanna integra un titolo esecu-tivo ed è fattispecie idonea alla iscrizione di ipote-ca giudiziale. È importante ricordare che il giudi-ce ha la possibilità di accogliere anche, soltanto,una parte della domanda formulata dall’attore.In questo caso, “l’accoglimento non integrale delladomanda renderà possibile al creditore utilizzare, anche

esecutivamente, la condanna parziale e, contestualmen-te, procedere con il giudizio ordinario per la parte nonaccolta”. In tal senso si è espresso il Tribunale diMilano, Giudice designato dott. Simonetti, nel-l’ordinanza resa il 7 ottobre 2004, nella causaCarmignani c/ Unicredit Private Banking Spa.Tale provvedimento, infatti, dispone, in via som-maria, solo per una domanda, ravvisando, invece,per le restanti istanze, la necessità di conversionedel giudizio sommario in ordinario ai sensi del-l’art. 19, comma 3, del Decreto Legislativo inesame. In particolare, con l’emissione dell’ordi-nanza appena richiamata, vengono concessiall’attore i termini per la presentazione dellamemoria di replica alla comparsa del convenuto.Difatti, all’attore viene assegnato il termine, noninferiore a trenta giorni, che, ai sensi dell’art. 4,comma secondo, il convenuto fissa all’attore perla replica alla comparsa di risposta. Se l’ordinan-za di assegnazione dei termini viene resa in udien-za il termine decorre da questa, mentre ove siapronunciata fuori udienza, mediante redazione edeposito in Cancelleria, il termine decorre dallacomunicazione dell’ordinanza, comunicazionefatta a cura della Cancelleria stessa. Ciò significache il ricorso e la memoria di costituzione che leparti hanno depositato nel corso del procedimen-to sommario si “trasformano” e saranno valutatialla stregua dell’atto di citazione e della comparsadi risposta del processo a cognizione ordinaria,senza necessità di assegnare i termini per il depo-sito di memorie integrative secondo quanto pre-visto dall’art. 426 c.p.c. per il caso di mutamentodel rito. È opportuno, anzi necessario, evidenzia-re come la stessa struttura del “référé” sembraessere incompatibile con la possibilità che esso siadefinito con un formale provvedimento di rigettodella domanda, esulando dai poteri sommari l’ac-certamento negativo della sussistenza del dirittodedotto. La possibilità che il procedimento siconcluda con un provvedimento di rigetto ladomanda attorea, è estranea alla stessa funzionedel procedimento che, ricordiamo, è quella di farconseguire, ove possibile, all’attore, un titolo ese-cutivo e, in caso contrario, di far proseguire ilgiudizio nelle forme ordinarie lasciando impre-giudicata ogni decisione sulla domanda. Il quartocomma dell’art. 19 prevede che avverso l’ordinan-za sommaria di condanna può essere, esclusiva-mente, proposta impugnazione davanti alla Cortedi Appello nelle forme di cui all’art. 20 dello stes-so Decreto Legislativo. Il giudizio di appello va,

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coniuge/vittima, nell’ambito del giudizio di sepa-razione.Sta a noi avvocati, quindi - valutata, con estremacautela, l’effettiva gravità del caso da seguire - for-nire un prezioso contributo affinché, attraversol’esame di singole fattispecie, da sottoporre alvaglio del Giudice, quest’orientamento possafinalmente incrementarsi e concretamente attec-chire! (perché no!) anche nella realtà dei nostriTribunali.Ritengo, infatti, che sottoporre al giudicante casispecifici, nuovi e particolari - che, realmente, cicoinvolgano, facendoci sentire animati dal sacro-santo intento di fornire alla parte, nostra assisti-ta, la giusta tutela - rappresenti un’opera corag-giosa e meritoria, rendendoci, al tempo stesso, inconcreto, fautori di un giusto cambiamento e par-tecipi di un diritto, finalmente, e sempre più,dinamico.

Errico SantonicolaH

Il référé all’italiana nella riforma delDiritto Societario. Art. 19 D. Lgs. n. 5del 17 gennaio 2003: procedimentosommario di cognizione.

La riforma del diritto societario, attuata con ilDecreto Legislativo n. 5 del 2003, è stata pensatatenendo fede a quella che è l’idea ispiratrice ditutta la dottrina processualistica: l’effettivitàdella tutela giurisdizionale.Quello di cui ci occupiamo è un procedimentosommario di cognizione che si svolge nel con-traddittorio delle parti e può concludersi conordinanza immediatamente esecutiva di condan-na, ordinanza che costituisce, altresì, titolo per l’i-scrizione di ipoteca giudiziale, impugnabiledavanti alla Corte d’Appello, secondo il dispostodell’art. 20 dello stesso Decreto Legislativo, e che,se non impugnata, non è idonea a produrre glieffetti della cosa giudicata sostanziale ex art. 2909c.c.L’istituto che si è presentato al LegislatoreItaliano, come modello per la creazione di taleprocedimento, è quello del référé francese, disci-plinato dall’art. 808 del Codice di ProceduraCivile attualmente vigente in Francia.Il procedimento ex art. 19 D. Lgs. n. 5/03 puòessere collocato tra le “tutele sommarie non cautela-ri, autonome e non necessarie”.

La sommarietà della procedura si evince, chiara-mente, al comma 3 dell’art. 19, laddove si dichia-ra che il Giudice deve stabilire l’opportunità omeno del rito sommario basandosi sulla valuta-zione dell’oggetto della causa o delle difese svoltedal convenuto. Il procedimento è, altresì, autonomo in quantoal termine dello stesso può, ma non necessaria-mente deve, conseguire la cognizione ordinaria,scelta - questa - rimessa, esclusivamente, allavolontà del soggetto passivo, così come avvienenel rito monitorio.Una medesima scelta, ma, questa volta, affidata alsoggetto attivo, evidenzia la non necessità delprocedimento. Tanto, perché, spetta all’attore optare per il rito acognizione piena o la procedura in esame, che,ricordiamo, si conclude con un provvedimentosommario autonomo al quale non conseguonogli effetti della cosa giudicata, diversamente dallasentenza emessa a seguito del rito ordinario.L’art. 19, comma 1, D. Lgs. n. 5/03, individua ilproprio ambito di applicazione stabilendo che,“fatta eccezione per le azioni di responsabilità da chiun-que proposte”, il rito per “référé” può avere ad ogget-to qualsiasi controversia inerente il pagamento diuna somma di denaro, anche non liquida, e laconsegna di una cosa mobile determinata.Lo stesso comma precisa, poi, che chiunquevoglia introdurre il procedimento in esame, devedepositare presso la Cancelleria del Tribunalecompetente un ricorso.L’articolo di cui si discute, quindi, non dettandoulteriori criteri, presuppone che la competenzadel Giudice sia individuata per relationem conquella dell’Ufficio Giudiziario competente per ilgiudizio ordinario, con l’unica variante dellacomposizione monocratica, anche quando ilTribunale, ai sensi dell’art. 1, comma 3, nel rito acognizione piena, giudicherebbe in composizionecollegiale.Il Giudice investito del ricorso, fisserà la data del-l’udienza di comparizione ed assegnerà al conve-nuto il termine per la costituzione.A tal proposito, lo stesso art. 19 stabilisce che ilgiudicante deve fissare l’udienza non oltre i ses-santa giorni dalla sua designazione, che l’attoredeve provvedere alla notifica del ricorso conpedissequo decreto almeno trenta giorni primadella data di udienza e che, infine, il convenutodeve costituirsi non oltre i dieci giorni prima del-l’udienza stessa.

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“L’amore dell’umanità, che è il riconoscimentodella ugual dignità morale insopprimibile in ogniuomo, coincide in sostanza coll’operoso ed esal-tante amore della libertà”.

Piero Calamandrei

Delle libertà civili e politiche.… Sul rapporto tra diritti di libertà e diritti sociali,Calamandrei tornerà durante l’esperienzadell’Assemblea costituente (1946-1948) e anchedopo. L’esame di questo punto nodale del suo pen-siero sulla Costituzione ha suscitato l’interesse dialcuni studiosi, anche in relazione ad una contrad-dizione che si potrebbe in lui rilevare a propositodella collocazione da riservare ai diritti sociali nellaCostituzione, e cioè in un posto diverso da quello,centrale, riservato ai diritti di libertà.Ai diritti di libertà è noto che Calamandrei dedicòvari studi, dagli “Appunti sul concetto di legalità”a “Costituente e questione sociale”, alla premessaalla ristampa dei “Diritti di libertà” di FrancescoRuffini, alla “Introduzione al Commentario siste-matico della Costituzione italiana”, da lui direttoinsieme ad Alessandro Levi, sino all’ultimo scrittosulle “Inattuazioni costituzionali” del 1955.Nel vecchio dibattito tra i diritti di libertà intesicome diritti negativi (diritti al rispetto da partedello Stato) e diritti di libertà intesi invece comelibertà positive (per cui lo Stato deve rimuovere gliostacoli di ordine economico e sociale, che si frap-pongono alla libera espansione morale e politicadella persona umana; sarà poi questa la formula adessere riflessa in termini di maggiore ampiezza nelcomma secondo dell’art. 3 della Costituzione ita-liana), Calamandrei finirà per optare per questaseconda posizione. Lo Stato deve quanto menorimuovere gli ostacoli di natura giuridica e garan-tire la sicurezza sociale.Tuttavia il punto critico non è tanto qui, quantonel collegamento tra libertà e legalità. I diritti dilibertà non sono tanto autolimitazione dello Statoquanto limitazione della stessa legalità: nel sensoche occorre assolutamente una Costituzione “rigi-da”, come quella che appunto venne adottata inItalia, con una potestà superiore alla legge ordina-ria e tuttavia nel quadro dello Stato, una potestà diannullamento delle leggi contrarie a quei diritti adopera di una Corte costituzionale.

Anzi ad un certo momento Calamandrei sembraaderire alla posizione dei sostenitori dei diritti dilibertà come diritti supercostituzionali, nel sensoche essi debbano essere collocati accanto ai princi-pi fondamentali dell’ordinamento repubblicano,non sottoponibili nemmeno alla proceduta di revi-sione costituzionale.Come è noto, questa posizione (peraltro nonperenta) non passò; ma questo concetto dellainviolabilità riferito ad alcuni diritti fondamentaliè rimasto iscritto in alcuni articoli dellaCostituzione, per esempio per il diritto alla libertàpersonale (ed anche per il domicilio e per il segretoepistolare) e per il diritto di difesa giudiziaria. Quanto ai diritti sociali, che rappresentano - comeè avvenuto per altre costituzioni del dopoguerra (ecome era avvenuto nel primo dopoguerra, ma conben scarso successo, con la Costituzione di Weimare con la Costituzione della repubblica spagnola) -la grande innovazione della struttura della Cartarispetto allo Statuto albertino, il punto di crisi sta-rebbe non già nel riconoscere la loro supremadignità quanto nel realismo che deve accompagna-re tale riconoscimento, e ciò in relazione all’impos-sibilità dello Stato di provvedere a tutto, di trovareil lavoro a tutti, di assicurare a tutti un lavorodignitoso e un’esistenza dignitosa, e così via.Fu appunto in relazione a questo problema cheCalamandrei alla Costituente presentò due volteun ordine del giorno per collocare i diritti sociali inun preambolo, come un compito a cui laRepubblica fosse tenuta a provvedere, ma a cuinon era possibile assegnare la stessa vincolativitàpositiva che doveva esser propria dei diritti di liber-tà. Fu indotto a ritirare il primo ordine del giornoda Togliatti, Mortati ed altri, mentre il secondonon ebbe neanche modo d’essere posto in votazio-ne.Due motivi possono essere individuati, per questaposizione, che potrebbe altrimenti sembrare singo-lare.Il primo motivo è da ricondursi all’abito tradizio-nale del giurista autentico, avvezzo a vedere neidiritti una pretesa realmente esigibile. Ed è in rela-zione a ciò che egli poté perfino essere accusato divolere in definitiva una Costituzione “borghese”.Il secondo, collegato del resto al primo, è espressonettamente nel suo discorso preliminare inAssemblea, del 4 marzo 1947. Il discorso è anchestato pubblicato autonomamente con il titolo“Chiarezza nella Costituzione”. In esso si rintrac-cia una chiara distinzione tra i programmi od

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Piero Calamandrei terza parte

TogheIllustri

a cura della redazione

quindi, visto non come una forma di gravameavverso un provvedimento al quale potrebbe esse-re riconosciuta la natura di sentenza in sensosostanziale, bensì “come possibilità di accedere, sullostesso rapporto deciso nelle forme sommarie, alla cogni-zione ordinaria e, attraverso di essa, di conseguire il giu-dicato sostanziale di cui all’art. 2909 c.c.”.Avverso la sentenza di appello è, poi, possibileesperire qualsiasi mezzo di impugnazione che siastato previsto dal nostro ordinamento nei con-fronti delle sentenze emesse in secondo o in unicogrado. Quindi, avverso la sentenza emessa in sededi appello deve essere considerato ammissibile ilricorso in Cassazione per tutti i motivi di cuiall’art. 360 c.p.c. (sentenze impugnabili e motivi

di ricorso). Nel caso in cui, invece, il giudizio diappello si estingua, l’ordinanza sommaria, pur seimpugnata, produrrà gli stessi effetti che avrebbeprodotto in mancanza dell’impugnazione.Inoltre, anche se la Corte di Appello abbia, in ipo-tesi, disposto la sospensione degli effetti esecutividell’ordinanza, l’estinzione del giudizio travolge ilprovvedimento di inibitoria e l’ordinanza riacqui-sterà i suoi effetti esecutivi. La disciplina del giu-dizio sommario si chiude con il comma 5 dell’art.19, il quale così recita: “All’ordinanza non impugna-ta non conseguono gli effetti di cui all’articolo 2909 delCodice Civile”.Qualora l’impugnazione venga dichiarata inam-missibile per mancanza di specifiche “censure” oimprocedibile per mancata costituzione dell’ap-pellante, non essendosi svolto, in Corte diAppello, nessun giudizio sul merito ed essendomancato qualsiasi accertamento sulla cui basepossa formarsi il giudicato, è giusto ritenere che“l’ordinanza mantenga le caratteristiche di esecutività edi mancanza di forza di giudicato possedute in penden-za dei termini per impugnare”.Possiamo dire che l’impossibilità del consolida-mento in giudicato deve avvenire non solo nelleipotesi sopra descritte ma “anche quando sia manca-to ogni ulteriore accertamento rispetto al contenuto del-l’ordinanza pronunciata nel procedimento sommario,come avviene ogni qualvolta il giudizio di appello vengadeciso in rito o si estingua”.In sostanza, quindi, si può affermare che chiun-que chieda il giudizio sommario potrà aspirare adottenere rapidamente, grazie a forme processualiimprontate a particolare celerità, un titolo esecu-tivo, ma non potrà avere dal Giudice un accerta-mento che abbia l’autorità del giudicato e chepossa, dunque, resistere ad un accertamento dicontrario segno, operato in sede di cognizione.Difatti, l’efficacia di giudicato potrà essere rag-giunta solo dopo lo svolgimento di una fase acognizione piena. In definitiva, si può serenamen-te sostenere che precipua intenzione delLegislatore, nel prevedere tale tipo di riforma, siastata quella di utilizzare il settore delle controver-sie in materia societaria, come una “prova”, per l’a-dozione di un modello processuale da poterestendere alla generalità delle controversie. Taleestensione, dopo un fisiologico “rodaggio” dellanorma, è davvero auspicabile ai fini della celeritàdi quella “risposta”, che ora, purtroppo, non c’èma che i cittadini, da tempo, impazienti, attendo-no dalla Giustizia.

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Francesco De Rosadetto Pacecco,

Il giudizio di Paride, part.,Museo di Capodimonte,

Napoli.

Quest’anno la rubrica Historia et Antiquitates intendeapprofondire la storia economica dei nostri luoghi. Ciavvaleremo, pertanto, della collaborazione dell’amicoRoberto Rossi assegnista di ricerca presso la cattedra distoria economica della Facoltà di Economia pressol’Università degli Studi di Salerno. Al primo appunta-mento sulla nascita dell’industria tessile e delle altre atti-vità economiche nel meridione d’Italia seguiranno gliapprofondimenti specifici sull’agro nocerino sarnese. Buona lettura.

La redazione

Con la costituzione in reame unitario ad opera diRuggiero II, la monarchia normanna riuscì adotare il Meridione di un’unità amministrativa edeconomica e di nuovi sbocchi commerciali.L’Italia del Sud aveva un regno amministrativa-mente autonomo, in grado di interloquire con lepotenze politiche ed economiche dell’epoca qualila Catalogna, la Francia, l’Impero Bizantino e ilSacro Romano Impero. Questa mutata situazionepolitica diede impulso, in particolare nell’areacampana e nella Sicilia - liberata dal giogo arabo -alla fioritura di commerci e di attività agricole,con l’espansione di centri come Napoli, Palermo,Messina, Salerno, Bari, Brindisi e Gaeta.

L’impianto istituzionale ed economico posto inessere dai successori di Roberto d’Altavilla, fu pre-servato dalle costitutiones di Federico II diHoenstaufen-Svevia che, sancirono l’esistenza diun diritto nazionale e, soprattutto, certo. Base,questa, irrinunciabile alla creazione di un fecon-do terreno di sviluppo per le attività economiche.La costruzione normanno-sveva non venne menoper il subentrare della dinastia angioina nel 1268,essa infatti non fondò una nuova strutturaamministrativa, ma continuò a regnare utlizzan-do la struttura amministrativa centralistica postain essere dai normanni.La dinastia angioina svolse un’azione di forteimpulso alle attività manifatturiere regnicole, cer-cando di sollevare le sorti del Regno da quelle dimero produttore di materie prime (grano, olio elana specialmente); in particolare Robertod’Angiò ravvisò l’importanza degli artigiani - chenei liberi comuni dell’Italia centro settentrionaleerano già costituiti in agguerrite e politicamenteorganizzate corporazioni - come per esempio icimatori di panni-lana. A costoro fu riconosciuto ildiritto di organizzarsi per difendersi dallo sfrut-tamento degli intraprenditori, ossia i grandi mer-canti, soprattutto stranieri. Il sovrano si preoccu-pò di migliorare le condizioni dei contadini con-sentendo loro la libera vendita dei prodotti dellaterra - svincolandoli, per quanto possibile daisempre crescenti obblighi feudali - e permettendoalla popolazione povera delle campagne l’eserci-zio del pascolo e del legnatico sui terreni e suiboschi del più grande demanio pubblico alloraesistente; anche le strade, vitale infrastruttura perqualsiasi sviluppo economico, furono rese piùsicure e questo favorì notevolmente i commerci.Data l’endemica mancanza di capitale umano nelRegno di Napoli, i sovrani angioini, con una seriedi provvedimenti fiscali, incentivarono lo stabili-mento di operai ed artigiani stranieri, soprattuttofiorentini e lombardi. Questa politica era indi-spensabile per dotare il Regno di quel know howtecnologico che assolutamente mancava e perconsentire al Paese la capacità di trasformare lematerie prime che produceva.Gli ultimi decenni della monarchia angioinafurono caratterizzati dalle aspre lotte interne allacasa regnante fra Angiò e Durazzeschi e dallamutata situazione internazionale che vedeva ilsorgere di una nuova potenza politica, quella delRegno d’Aragona. Tale mutato contesto arrestò ilprocesso di modernizzazione economica del

31 marzo 2005

Historiaet Antiquitates

di Roberto Rossifoto archivio Centro Provinciale per il Restauro e la Conservazione della Fotografia di Nocera Inferiore

Storia dell’industria tessile nelmezzogiorno d’Italia: l’areasalernitana.

impegni da un lato e diritti esigibili dall’altro.Il problema di metodo, che era anche un problemadi sostanza. E soprattutto di rispetto dellaCostituzione, quale sarebbe stata letta dopo la suaemanazione.Calamandrei non voleva che la Costituzione incor-resse in quella stessa sfiducia dei cittadini, cheaveva caratterizzato molte leggi in periodi antece-denti della storia italiana.“Nella nostra Costituzione - egli disse - ad articoliche consacrano veri e propri diritti azionabili, coer-cibili, accompagnati da sanzioni, articoli che disci-plinano e distribuiscono poteri e fondano organiper esercitare questi poteri, si trova frammista unaquantità di disposizioni vaghe (sui rapporti etico-sociali e sui rapporti economici), le quali non sonovere e proprie norme giuridiche nel senso preciso epratico della parola, ma sono precetti morali, defi-nizioni, velleità, programmi, propositi; magarimanifesti elettorali, magari sermoni: che tutti sonocamuffati da norme giuridiche, ma norme giuridi-che non sono”. E a proposito del progetto di arti-colo 1, che diceva, similmente all’articolo attuale,“La Repubblica italiana ha per fondamento il lavo-ro”, Calamandrei osservava: “Quando dovrò spie-gare ai miei studenti che cosa significa giuridica-mente che la Repubblica italiana ha per fonda-mento il lavoro, che cosa potrò dire?”. E via via conuna serie di proposizioni analoghe, talune assaispiritose, esprime gli stessi concetti a proposito deiprogetti di articoli dedicati ai fini prescritti “adogni attività economica privata o pubblica”, allatutela della salute e al promovimento dell’igiene,all’assicurazione dell’istruzione, e quant’altro. Perconcludere, dopo una nobile invocazione allanecessità di ripristinare la fiducia nelle leggi, “biso-gna evitare che nel leggere questa nostraCostituzione gli Italiani dicano, dopo aver lettoognuno dei suoi articoli: non è vero nulla”.Questo era dunque Calamandrei: un giurista serioe nello stesso tempo una grande personalità ispira-ta ad ideali di progresso sociale, protesa verso unavvenire di giustizia e di solidarietà: sul pianonazionale come su quello internazionale. Ma l’im-pegno era una cosa, il riconoscimento dei diritticome di qualcosa di già consentito, un’altra.Come è noto, la Costituzione realizzò un metododiverso da quello proposto da Calamandrei neisuoi ordini del giorno: in alcuni articoli riconobbeprima il diritto e poi aggiunse l’impegno per la suaeffettiva realizzazione o protezione: esemplare l’ar-ticolo 3 nei due suoi commi. Qualche altra volta

fuse il riconoscimento e promovimento, come nel-l’articolo 5 dove è detto che “la Repubblica, una eindivisibile, riconosce e promuove le autonomielocali”. In altri articoli è rimasto solo il “promuo-ve”. Comunque, risultò una Costituzione anticipa-trice, lo strumento di una “rivoluzione giuridica elegalitaria”, quale Calamandrei aveva propugnato.La partecipazione di Piero Calamandrei allacostruzione della nuova Costituzione, in senoall’Assemblea costituente e fuori di essa con la suagrande e costante presenza di scrittore di cose poli-tiche e giuridiche, non si limitò, di certo, a queigrandi temi dei diritti di libertà e dei diritti sociali.Egli lasciò un’impronta in molti settori dell’ordi-namento costituzionale, anche se le sue proposteben di rado finirono per essere accolte. Ed egliseppe anche fare dell’ironia in proposito, ricordan-do la propria appartenenza al Partito d’Azione, ilcui gruppo parlamentare non superava i novedeputati.Egli viene ancor oggi citato come sostenitore diuna repubblica presidenziale, che di certo era laformula preferita dal Partito d’Azione. Per l’esat-tezza, non si trattò di una vera e propria battaglia,ma di fermi accenni a questa propensione. Sono daricordare in proposito un suo intervento, in secon-da sottocommissione, del 5 settembre 1946 ed unsuo articolo su “Italia libera”. Testualmente preci-sò: “Non è indispensabile che si adotti integral-mente in Italia lo schema della repubblica presi-denziale quale è in vigore in America; basterebbeche ad essa ci si avvicinasse in un punto, che è quel-lo dell’innalzamento e rafforzamento dell’autoritàdel capo del governo, attraverso l’approvazionesolenne - popolare o delle assemblee legislativealmeno - del piano in cui sia fissata la politica cheintende seguire”. E ribadì: “Il problema fondamen-tale della democrazia, cioè il problema della stabi-lità del governo; nel progetto di costituzione diquesto non c’è quasi nulla”. Parole di grande reali-smo e che sembrano quasi profetiche quando sipensa a ciò che è accaduto in Italia per cinquan-t’anni, con cinquantatré governi, e a quello che èuno dei tormenti delle riforme oggi in gestazione(...).

Una figura straordinaria, una figura di giurista e dipatrono di nobili cause, di artista e di poeta, di let-terato e di uomo politico, del quale ben si com-prende che abbia continuato a suscitare tantaattenzione nel mondo della cultura non solo giuri-dica e costituzionalistica.

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Naturalmente, la politica accentratrice diFerrante creò in seno alla nobiltà un profondomalcontento che sfociò in ripetuti tentativi insur-rezionali. Il più famoso di questi, la cosiddettaCongiura dei Baroni causò gravi disagi all’econo-mia del Regno di Napoli, in modo particolareportò alla contrazione dei traffici con l’estero,basti pensare che lo stesso sovrano aveva costitui-to una società commerciale con i Coppola poten-tissimi Conti di Sarno - poi coinvolti nella con-giura - beneficiando di ampi profitti. A seguito diciò Ferrante ricorse ad una nuova politica diincentivo per favorire una ripresa degli scambicommerciali nell’interesse dell’economia nazio-nale, come è possibile constatare in una relazionedel tribunale della Regia Camera della Sommaria(supremo tribunale fiscale del Regno) inviata al reil 17 maggio 1474, in cui appunto si evidenziavache le entrate della dogana di Napoli eranoaumentate a circa 30 mila ducati annui.L’aumento delle rendite era dovuto ad un’accortapolitica economica del sovrano che incentivò leesportazioni, favorì il sorgere di industrie localied impedì i tentativi di frodi doganali.Ferrante non si preoccupò solo di migliorare ilcommercio con l’estero, ma anche di istituirenuove industrie e migliorare quelle esistenti;infatti sottoscrisse una convenzione con il vene-ziano Marino Cataponte ma anche con banchierie mercanti fiorentini e genovesi - e tale è il caso deiBardi, degli Acciaiuoli e dei Grimaldi e con i napo-letani Francesco e Luigi Coppola per dotare dicapitali l’asfittico mercato interno e per sviluppa-re l’arte della seta - materia molto richiesta suimercati internazionali e con alto valore aggiunto- con il duplice fine di incentivare il settore mani-fatturiero e di favorire l’erario con nuove entrate.Provvedimenti analoghi furono presi per la mani-fattura della lana, promuovendone il commercio,e organizzando gli artigiani in corporazione:l’Arte della Lana.Ferrante, inoltre, concesse importanti privilegi aimercanti catalani, veneti e fiorentini per l’appro-do in franchigia nei porti del Regno e diede ai cit-tadini stranieri che contraevano matrimonio aNapoli o vi fissavano la loro dimora la cittadi-nanza con i conseguenti privilegi fiscali e giudi-ziari, con il fine ultimo di incentivare gli investi-menti nelle attività economiche della città. Nel1469 fu emanata una serie di provvedimenti com-merciali, infatti venne stabilito che lo jus fundaci,una sorta di dazio doganale pagato dalle merci in

entrata nel Regno, una volta riscosso non potesseessere di nuovo applicato per le merci già contrat-tate, furono altresì impedite le frodi doganali inCalabria sulla produzione di seta greggia. Infine,in un impeto liberistico ante litteram, con una dis-posizione del 1471 fu sancita l’abolizione di ognidazio o gabella su tutte le merci in uscita dalPaese. Non meno importante fu il decreto del 14luglio del 1472 con il quale il sovrano, per daremaggiore impulso alla navigazione, concesse lafranchigia dei diritti doganali sui materiali dacostruzione e riparazione delle navi. Grazie alla politica economica di Ferrante i com-merci fiorirono e le più importanti società com-merciali e bancarie fiorentine, senesi e genovesifurono incentivate ad investire cospicui capitalinel Regno cosi da far confluire notevoli sommenelle casse dell’erario reale e a dare nuovo ossige-no alle manifatture nazionali.Ferrante morì nel 1494, il suo successore, AlfonsoII, regnerà solo per un anno, durante il quale sub-irà l’attacco dei francesi di Carlo VIII che riusciro-no ad arrivare senza colpo ferire fino a Napoli,anche perché sostenuti dal papato, da Firenze egran parte della riottosa nobiltà napoletana.Alfonso II si ritrovò a fronteggiare i francesi senzal’appoggio dei baroni, che si schierarono con gliinvasori, e temendo di non essere in grado disconfiggerli decise di abdicare in favore del figlioFerrandino il 21 gennaio 1495. Il 18 febbraiodello stesso anno Napoli era in tumulto, i france-si erano ormai alle porte della città e la nobiltàurbana, filofrancese, non organizzò alcuna resi-stenza, anzi lasciò che la plebe entrasse nel palaz-zo reale abbandonato di Castel Capuano che fusemidistrutto e saccheggiato.Le prime truppe nemiche entrano in Napoli il 20febbraio e Ferrandino abbandonata la difesa diCastelnuovo riparò prima ad Ischia e poi inSicilia. Gli ultimi anni della monarchia aragonesedi Napoli, dopo la prematura morte diFerrandino ed il passaggio della corona allo zioFederico d’Aragona, furono contrassegnati daaspre lotte fra le fazioni filo-francesi e filo-arago-nesi, cio comportò un notevole danno alla già fra-gile struttura economica del Regno che vide leampie colture granarie devastate dalle battaglie ele navi commerciali predate dalle opposte fila conuna massiccia fuga dei capitali stranieri ed unrapido invilimento di tutte le attività manifattu-riere.E la storia continua…

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Regno di Napoli facendo abortire, così, il tentati-vo di impianto dall’alto di un settore manifattu-riero.Nel 1435 con lo sbarco di Alfonso V d’Aragonanel Mezzogiorno incominciò un periodo di guer-re tra Angioini e Aragonesi per la conquista delRegno che si concluse solo nel 1442 con l’incoro-nazione di Alfonso V d’Aragona re di Napoli conil nome di Alfonso I. Il monarca aragonese iniziòuna vasta opera di riorganizzazione amministra-tiva ed economica puntando, soprattutto, sullarivitalizzazione del ruolo della monarchia, schiac-ciata dallo strapotere acquisito dal baronaggiodurante i duri anni di guerra. In particolare ad

Alfonso d’Aragona è da attribuire la riorganizza-zione del più grande “impianto produttivo” delRegno, quel Tavoliere pugliese, che, da un latoproduceva tonnellate di grano per l’alimetazionedella popolazione e per l’esportazione e, dall’al-tro, accoglieva i circa due milioni di pecore pro-duttrici di lana che annualmente transumavanodall’Abruzzo e che costituivano, dopo il grano ilmaggiore prodotto di esportazione.Ad Alfonso successe il figlio Ferrante I che fu l’ar-tefice di un notevole risanamento economico,infatti egli abolì gran parte dei privilegi baronali,favorendo la nascita di un ceto borghese ed il raf-forzamento dei piccoli proprietari terrieri.

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In questa paginae in quella precedente.

L’interno delleManifatture delle

Cotoniere Meridionali.

ogni traccia storica.Al momento, la notizia interessò poco il laurean-do Alfonso, che la carriera di lì a poco avrebbeportato lontano dalla sua terra, versol’Osservatorio Astronomico di Torino. Trascorse un trentennio prima che, a metà deglianni Cinquanta, tracciasse la prima relazione euna pianta ipotetica del monumento, sottopo-nendola al celebre archeologo Amedeo Maiuri,allora direttore degli scavi di Pompei.Nel 1958 i tre, Alfonso, Matteo e Amedeo sceseroattraverso la porta di un “cellaio nero come la boccadell’inferno” in un ambulacro romano: intravideroblocchetti di tufo nocerino in opera reticolata,alternati a filari di laterizi, chiusi in alto da unafascia decorata a motivi fitomorfi, lambiti ancora

da pallide tracce di cromìe, offese dal buio e dalsilenzio del luogo.Coltri enormi di fango e detriti ostruivano ognicosa, in tutte le possibili direzioni: verso occiden-te, dove era il giardino dei monaci e la lunettadella cantina, da cui era disceso frate Antonio,trent’anni prima, i varchi erano sbarrati; a oriente,un esile passaggio permise loro, avanzando car-poni, tra il fastidio di nottole e pipistrelli, di giun-gere in uno degli ingressi principali dell’edificio,sormontato da un’enorme volta a botte che lilasciò attoniti e stupefatti; solo la luce delle asteluminose contro le tenebre chiarì all’archeologo ilmistero di quel sotterraneo: era proprio l’ambula-cro ellittico di un anfiteatro! La visione allontanòla repulsione di essere discesi nell’antro, calpe-

stando gradini ingombri della “viscida belletta cala-ta con secoli di alluvioni” dal vicinissimo monteAlbino.Questa la cronaca. I fatti, nella sostanza, riman-gono gli stessi illustrati nei primi e unici articolidi Matteo e Alfonso Fresa, all’inizio degli anniSessanta. Ancora oggi, non sappiamo altro del-l’anfiteatro, se non che, genericamente, potrebbedatarsi tra il I secolo a.C. e il I d.C. e che rifaci-menti sarebbero di età traianea o dell’epoca del-l’imperatore Adriano, ammesso che concordiamocon i giudizi espressi da studiosi mai calati nellespelonche. In fondo, questi hanno espresso pare-ri, con tutte le riserve del caso, guardando unica-mente foto in bianco e nero, sbiadite e sfuocate,scattate da fotoreporter improvvisati per l’occa-sione. Eppure, la ricerca archeologica a Nocera, inseguito, ha reso giustizia della grande fama di cuila città godeva presso gli antichi storiografi:Nuceria, in origine Alfaterna, in seguitoConstantia, capeggiò la confederazione sannitica.Fu a lungo crocevia di importanti arterie viarie edi traffici militari e commerciali, lungo le rotteterrestri verso l’estremo lembo d’Italia.È stato scavato e in parte restaurato il teatro elle-nistico-romano (II secolo a.C.) in località Pareti;sono state messe in luce le fortificazioni meridio-nali della città antica, con torri mediane in operaincerta, definite “annibaliche” in ricordo del suodistruttore. Necropoli monumentali sono stateindividuate, lungo una via cava ovvero una stradaa tre carreggiate, con ai due lati edifici funerarigrandiosi e scenografici, databili dall’età repub-blicana (II secolo a.C.) al tardo impero inoltrato;ricostruite genealogie di gentes emancipate e colte,

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In questa pagina.In alto:

Alfonso Fresaal telescopio

dell’OsservatorioAstronomico di Napoli.

Al centro:pianta dell’anticaNuceria Alfaterna

in un disegno di Fresa.

Il 10 gennaio del 1985, si spegneva Alfonso Fresa,una delle figure più emblematiche, significativedi tutta la Valle del Sarno. Nato nel 1901 aPucciano, piccola frazione di Nocera Superiore,cuore pulsante della Nuceria romana, conseguì lalaurea in Discipline Nautiche nel 1926, pressol’Istituto Navale di Napoli. Agli esordi, fu assi-stente volontario all’Osservatorio diCapodimonte; nel ‘34 fu nominato assistenteall’Osservatorio di Pino Torinese e nel ‘52,Astronomo, stavolta, di nuovo a Capodimonte.

Nel 1954 ottenne la libera docenza in AstronomiaGeodetica all’Università di Napoli; lasciò ilmondo accademico nel ‘66. Per lunghi anni, pre-sidente della International Lunar Association, glifu dedicato un cratere lunare nel 1974 per onora-re la lunga e fruttuosa carriera scientifica. Ma,strano destino quello di Alfonso Fresa: tutta lavita trascorsa a scrutare nel profondo della lunganotte siderale, da una specola astronomica all’al-tra, e a frugare nelle viscere della sua Nocera; aosservare stelle variabili, calcolando traiettorie dipianetini lontanissimi e comete; immergersi poi,negli anfratti di palazzi vetusti, non solo per sfa-tare leggende, o fugare ombre. Piuttosto, deditoad annotare sezioni di mura possenti dalle deco-razioni in stucco, al tremulo pallore di torce, per

scoprire, in tal modo, tra le innumerevoli cose, unanfiteatro travolto da disastri naturali, sommersoda alluvioni, in un passato ignoto, senza tempoapparente.Infine, scomparire egli stesso, dimenticato dallacittà d’origine, Nocera senza distinzione alcuna,Soprana o Sottana, distratta, a quel tempo, dallemille incombenze di un collasso urbanisticoannunciato, tuttora visibile. Un contesto, oggi,con troppi fili di coscienza, memoria storica earchitettonica da riordinare e raccordare, perridare senso ai tanti monumenti negati, segreti.Per onorarne la memoria a distanza di un venten-nio, racconterò di una scoperta e di un edificiograndioso: l’anfiteatro, costruito al limite estre-mo, a occidente di Nuceria Alfaterna, “Urbem ine-spugnabilibus muris cinctam”, nella media valle delSarno.Ironia della sorte, ancor oggi, una strada a ridos-so del complesso di case che insistono sull’insignemonumento, obliterandolo, segna il confine tra ledue Nocera, Superiore e Inferiore. Ebbene, comein ogni rievocazione di fatti e vicende, anche quivi sono precedenti, antefatti diremmo, il caso for-tuito e l’audacia. Nelle memorie dell’astronomo che stiamo perpubblicare, con il contributo autorevole diMargherita Hack, leggiamo: “Correva l’anno1926...” quando egli, insieme al germano mino-re, Matteo, frate francescano, ritenne, in basealla verifica de visu di alcuni indizi e racconti checircolavano nel monastero e in paese, di averindividuato, nel giardino piccolo del Conventodi Santa Maria degli Angeli, nel villaggio diGrotte, un anfiteatro sepolto di cui era svanita

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Historiaet Antiquitates

di Teobaldo Fortunatofoto archivio Famiglia Fresa

Alfonso Fresa: un astronomoed il suo anfiteatro.

In questa pagina.In alto:

Alfonso Fresa davantiall’Osservatorio

Astronomico di Napoli.Al centro:

le due facce della Luna inun disegno di Fresa.

Credo che solo le persone mature e forse pochigiovani, un po’ più attenti alle tradizioni, cono-scano un antichissimo piatto (risalente al ‘500)della nostra gastronomia, la così detta “menestamaritata”.Secondo la ricetta del Tardacino nelle sue annota-zioni alla Vaiasseide, la pietanza consiste in unbrodo molto grasso fatto con ossa di midollo oosso di prosciutto non del tutto scarnificato,carne di vitella, cappone ripieno, gallina ruspante,pancetta o verrinia, salsicce e salame nostrano.In questo ben di Dio vengono fatte cuocere afuoco lento foglie verdi e tenere di scarolelle (indi-vie), borraccelle (boraggini), cicorielle (cicorie),vrucculille (broccoletti), cappucce (verze) e torzel-le (torsi) con un bel pezzo di caciocavallo piccantee del peperoncino.Il tutto da assaporare dopo aver lasciato la mine-stra riposare nella pignata (da qui anche il nomedi “pignato maritato”).La pietanza è così definita, in quanto celebra lenozze tra il nobile e ricco vigore della carne e lapovera e bella saporosità della verdura.Perché questo accostamento tra il sublime piatto ela legge finanziaria, con la quale ogni mese didicembre il governo “ci delizia”, approfittandodella distrazione degli italiani presi dalle festivitànatalizie?Perché la legge finanziaria è una minestra marita-ta (che i gastronomi mi perdonino!) o meglio unababele o accozzaglia, che dir si voglia, di disposi-zioni e di modifiche, che vanno a sostituire paroledi articoli di altri leggi, di rinumerazioni deglistessi articoli e di introduzione di altri, la cui intel-legibilità richiede un lavoro di esegesi non indiffe-rente.La finanziaria 2005 è costituita da un solo artico-lo suddiviso in 572 commi, che determinano unagiungla normativa, nella quale diventa difficiledistricarsi.Valga il seguente esempio: comma 338. Gli impor-ti minimo e massimo della sanzione amministra-tiva per l’adempimento degli obblighi di cuiall’art. 31 del R.D.L. 13.4.1939, n. 652, convertito,con modificazioni, dalla legge 11.8.1939, n. 1249,dall’art. 31 del medesimo R.D.L. n. 652 del 1939,

come rideterminati dall’art. 8, comma 1, del D.L.30.9.1989, n. 332, convertito, con modificazioni,dalla L. 27.11.1989, n. 384, con riferimento almancato adempimento degli obblighi previstidagli artt. 20 e 28 del citato D.L. 13.4. 1939, n. 652,sono elevati rispettivamente a euro 258 e a euro2.066.Questo labirinto di commi ha introdotto tra l’al-tro delle disposizioni che riguardano le locazionidegli immobili. Infatti il comma 341 stabilisce che non è soggettoad accertamento il canone locativo degli immobi-li, aventi rendita catastale, che risulti dal contrat-to in misura non inferiore al 10% del valore del-l’immobile determinato ai sensi dell’art. 52,comma 4, del D.P.R. 131/1986, cioè il prodottoche risulta dalla moltiplicazione della renditacatastale per i coefficienti di rivalutazione.Il successivo comma 342 stabilisce che, in tema diaccertamento delle imposte sul reddito dei fabbri-cati, non si procede ad accertamento se i redditi difabbricati derivanti da locazioni siano stati dichia-rati in misura non inferiore ad un importo corri-spondente al maggior tra il canone di locazione,come da contratto, (ridotto del 15%) e il 10% delvalore dell’immobile determinato ai sensi dell’art.52, comma 4, del D.P.R. 131/96.Ancora il comma 343 stabilisce che le normeinnanzi citate non si applicano ai contratti di loca-zione concordati.In altri termini il contribuente, che dichiara unreddito derivante dalla locazione di un fabbricatoin misura non inferiore a una certa soglia minima(il maggior importo tra l’85% del canone di loca-zione e il 10% del valore dell’immobile) non è sog-getto ad accertamenti (indagini bancarie, accerta-mento sintetico, rettifica delle dichiarazioni,accertamento parziale secondo gli elementi segna-lati dall’anagrafe tributaria).Come fare allora per procedere al conteggio? Occorre innanzi tutto prendere la rendita catasta-le dell’immobile; rivalutarla (L. 662/96) del 5%(per i fabbricati) o del 25% (per i terreni); quindi simoltiplica il prodotto ottenuto con i coefficientimoltiplicatori previsti dal D.M. del 14.12.1991 ecioè per 75 in caso di terreni, per 34 per gli immo-bili C/1 (negozi) ed E, per 50 per gli immobiliA/10 (uffici) e D (opifici), per 100 per tutti gli altrifabbricati (quindi anche per le abitazioni).A questo punto però occorre tener presente che lal. 350/03 (finanziaria 2004) aumentò i moltiplica-tori delle rendite catastali del 10% ai soli fini delle

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Contributi dai Colleghi

La Finanziaria 2005 ovvero‘a menesta maritata.di Rino Carpinelli

di ranghi elevati, tracciate storie e ripercorsi tragi-ci destini ed eventi funesti. È il caso di Quinto Lutazio Varo, imberbe dicias-settenne, figlio della Nuceria - bene (secondo ladefinizione di Marisa de’ Spagnolis, scopritrice ditutta la necropoli di Pizzone) della tarda repub-blica romana, “perito in acqua”, per dirla con leparole del padre, rapito dalle Naiadi. Appuntonella necropoli di Pizzone, scoperta di recente adestra della moderna strada statale n. 18, resta ilsepolcro a camera con vasto recinto esterno e unadoppia epigrafe, compianto funebre metrico ingreco e latino, a imperitura memoria. Dell’anfiteatro dunque, nulla di nuovo, ancoracom’è offuscato e avvolto dalle leggende dellagente comune. Nella malìa del racconto e nell’in-genuità di filologie spicciole, il microtoponimoGrotte rievoca il relitto di antichi camminamentimilitari verso il castello del Parco Fienga e a levan-te verso la Rocca, erta nel Medioevo sul monteSolano, se non addirittura cunicoli misteriosi chemenavano alla Rotonda (il Battistero paleocristia-no di Santa Maria Maggiore). Bastava attraversar-li per entrare in possesso di tesori e fortune. Infine, un elemento probante ci è dato conoscereper ristabilire la verità dei fatti e ridare ordine allaricerca scientifica: in una pergamena del CodexDiplomaticus Cavensis relativa al gennaio del 1014,

si fa menzione di un appezzamento di terreno “inlocum Nucerie... ubi proprie ad Grotte Aceprandi dici-tur...”. Il documento può rappresentare forse, illimite post quem non v’era più memoria dell’arena,luogo dei tanti combattimenti gladiatori, ricorda-ti dai graffiti pompeiani? Tra il XII e il XIII secoloi setti murari che ancora sporgevano dal suolofurono inglobati nella fabbrica ellittica ed eccen-trica di Palazzo Ruotolo, un tempo dimora deiprincipi Cardamone, di stirpe angioina.L’elegante arco catalano ribassato, con in alto unaoriginaria coppia di leoni rampanti a incorniciareuno scudo entro cui campeggiano i gigli angioini,testimonia la speranza ultima di un ritorno allaluce del monumento sottostante, in un percorsoideale che ne raccordi la storia e dia giustizia aifratelli Fresa, che ne hanno perorato a lungo lacausa nelle sedi e su riviste accademiche. Talememoria storica oggi sta per raccoglierla laSoprintendenza Archeologica di Salerno. Finalmente è stato avviato il procedimento diacquisizione al patrimonio pubblico del comples-so architettonico e del retrostante giardino laddo-ve, due millenni or sono, otto metri più in basso,gareggiavano “gladiatorum paria XX et venatio...”. Intal modo ci piace pensare, rileggendo iscrizionipompeiane riferite ai ludi nocerini, al tempo deisuoi fasti e delle passate grandezze.

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Un arco dell’anfiteatro diNocera Superiore.

europea”, hanno siglato la c.d. Costituzione euro-pea.Il testo costituzionale, che prima di entrare invigore dovrà essere ratificato da ciascuno Statomembro - conformemente alle proprie normecostituzionali interne -, è destinato a sostituirel’insieme dei Trattati esistenti con un Testo Unico,strutturato in quattro parti, oltre al preambolo e atrentasei protocolli allegati (I parte: Principi gene-rali; II parte: Carta dei diritti fondamentali; IIIparte: Politiche e regole di funzionamentodell’Unione; IV parte: Disposizioni generali e fina-li).La nascita della Costituzione europea, tuttavia, seda un lato va salutata con orgoglio, dall’altro,impone due ordini di valutazioni: la sorte da attri-buire alle odierne Costituzioni nazionali, ed ilruolo da riservare alle Regioni in questa nuovastagione storica, politica e giuridica.Le due questioni, come si avrà modo di illustrarediffusamente, sono strettamente connesse, se solosi pensi al fatto che, in modo apparentementecontraddittorio, l’Italia, per un verso condivide l’i-dea di uno stato federale europeo e contribuisceattivamente alla sua formazione, e, per altro verso,realizza una sempre più evidente “federalizzazio-ne” dello Stato (decentramento in favore delleRegioni e degli altri enti territoriali).Negli ultimi tempi, invero, da più parti si era teo-rizzato il declino delle costituzioni nazionali,imputando le cause di tale crisi all’apertura dellasovranità statale verso fenomeni internazionali didiverso tipo ed importanza politica-economica,all’attenuazione del dogma di esclusività dellasovranità nazionale, nonché alla graduale diffu-sione di esperienze di integrazione sovranaziona-le.Andava diffondendosi, ormai, l’idea che la nascitadi una Costituzione europea dovesse necessaria-mente comportare la “morte” delle Costituzioninazionali, a meno che - si è detto - non si volesserischiare di dover negare la “legittimità” dellaprima, in favore della permanenza in vita delleseconde. In altri termini, a molti è apparso difficile ipotiz-zare la coesistenza del testo costituzionale sovra-nazionale con quelli nazionali.E tuttavia, la crisi in cui versano le costituzioninazionali non può certo ascriversi solo ed esclusi-vamente alle cause appena enunciate, dovendosiessa ricondurre, invece, alla più generale crisi del-l’idea di Stato come forma di aggregazione politi-

ca di un determinato corpo sociale.Ed infatti, se da un lato lo Stato appare oramaiinadeguato per far fronte da solo ai suoi tradizio-nali compiti (a causa, per esempio, di una econo-mia sempre più globalizzata e di dimensionisovranazionali, del controllo dei flussi migratori,ecc.), dall’altro, è ancora troppo esteso e dispersivorispetto al luogo in cui i diversi bisogni socialidevono essere soddisfatti e ai cittadini cui l’ammi-nistrazione deve essere riferita. Ecco perché, dun-que, il problema del ruolo da attribuire agli entiregionali, in questa nuova prospettiva, apparequanto mai attuale e connesso alla crisi di identi-tà nella quale versa la “grundnorm” di ciascunpaese membro.Sembra piuttosto questo, quindi, il principalemotivo di disagio delle singole Carte costituziona-li, atteso che, oggi, esse, come già osservato, devo-no “barcamenarsi” tra le istanze sovranazionali -che ormai rappresentano una realtà irrinunciabile- e quelle locali, sempre più frequenti e diffuse.Ne consegue, che, se per un verso le Costituzioninazionali possono dirsi aperte alle esperienzeinternazionali (e ad esse spesso giuridicamentesubordinate), per altro verso, esse devono far fron-te ad istanze locali che, in apparente controten-denza, mirano ad esaltare la particolarità rispettoall’unità, ed il decentramento politico e socialerispetto ai controlli delle autorità centrali.Ebbene, è proprio all’interno dello scenario appe-na descritto, che va inquadrato il problema delruolo da attribuire alle Regioni nella futuraEuropa e, dunque, nelle prospettive dellaCostituzione europea.Ed infatti, come già anticipato, non è possibilenegare, nella odierna realtà italiana, la coesistenzadi due opposte tendenze: una forte spinta verso ilregionalismo, testimoniata dalla recente riformadel Titolo V della Costituzione, ma anche unapiena adesione al rafforzamento dell’identitàeuropea e delle istituzioni dell’Unione.Le opposte tendenze, tuttavia, non sembrano esse-re state adeguatamente recepite e perequate nellaCostituzione europea, atteso che il rapporto traRegioni e istituzioni europee non risulta moltodiverso rispetto all’assetto precedente il Trattatocostituzionale europeo.Eppure, come è noto, sono svariati i settori neiquali le competenze attribuite alla Comunità sisovrappongono o, addirittura, si confondono conquelle attribuite alle Regioni (es. agricoltura,ambiente, istruzione professionale, cultura), con

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imposte di registro, ipotecarie e catastali.Inoltre la l. 191/04 (solo per gli immobili diversidalla prima casa e per i fini innanzi detti) fissò unaulteriore rivalutazione del 10% dei moltiplicatori,di cui al D.M. 14.12.1991.Ne consegue che:a) per l’imposta di registro per locazioni e per attitraslativi aventi ad oggetto gli immobili non“prima casa” il valore catastale si ottiene applican-do alle rendite catastali un coefficiente di rivalu-tazione del 5% per i fabbricati e moltiplicando ilprodotto per i coefficienti indicati nel D.M.14.12.1991 aumentati del 20%. In maniera piùsemplice avrebbero potuto dire:1) per i terreni occorre moltiplicare il redditodominicale non rivalutato per 112,50;2) per i fabbricati C/1 ed E occorre moltiplicare larendita catastale per 42,84;3) per i fabbricati A/10 e D occorre moltiplicare larendita catastale per 63;4) per gli altri fabbricati (anche le abitazioni)occorre moltiplicare la rendita catastale per 126;b) per l’imposta di registro per locazioni e gli attitraslativi aventi ad oggetto la “prima casa”, anchese questa viene locata, il valore catastale si calcolaapplicando alle rendite catastali il coefficiente dirivalutazione del 5% e moltiplicando il prodottoper i coefficienti di cui al D.M. del 14.12.1991 riva-lutati del 10%. Più semplicemente si può moltipli-care la rendita catastale non rivalutata per 115,50;c) per l’Irpef derivante da locazione la valutazioneautomatica si ottiene applicando alle rendite cata-stali il 5% per i fabbricati e moltiplicando il pro-dotto per i moltiplicatori del D.M. citato. Più sem-plicemente:1) per i fabbricati C/1 ed E bisogna moltiplicare larendita catastale non rivalutata per 35,70%;2) per i fabbricati A/10 e D bisogna moltiplicare larendita catastale non rivalutata per 52,50%;3) per tutti gli altri fabbricati e per le abitazionibisogna moltiplicare la rendita catastale non riva-lutata per 105%.Facciamo qualche esempio pratico:metodo complicato:ufficio A/10: rendita catastale 2000 x 5% x 50=105.000 x 10%= 10.500 canone minimo;metodo semplice:ufficio A/10: rendita catastale 2000 x 52,50=105.000 x 10%= 10.500 canone minimo;metodo complicato:1a casa concessa in locazione: rendita catastale2000 x 5% x 120= 252.000 x 10%= 25.200 canone

minimo;metodo semplice:1a casa concessa in locazione: rendita catastale2000 x 125= 252.000 x 10%= 25.000 canone mini-mo da dichiarare.Ma non è finita qui.Sempre il comma 342 stabilisce se non vi è con-tratto registrato si presume, salvo prova contraria,la esistenza della locazione anche per i quattroperiodi di imposta precedenti a quello accertato.Ed ancora il successivo art. 346 stabilisce che icontratti di locazione o i contratti, che costitui-scono diritti relativi di godimento, di immobili oloro porzioni, comunque stipulati, sono nulli sericorrendone i presupposti, non sono registrati.In realtà più che di nullità sarebbe preferibile par-lare di contratto sottoposto a condizione sospen-siva; di conseguenza il contratto sarebbe ineffica-ce (cioè è nello stesso stato in cui si troverebbe sefosse nullo) fino a quando non interviene la regi-strazione, avvenuta la quale, in virtù della retroat-tività della condizione il contratto diventa efficacefin dalla origine. Ciò non accadrebbe se si volesseparlare di vera e propria nullità, essendo questa unvizio che per sua natura è afferente all’iter forma-tivo del contratto stesso, mentre la registrazione èun evento estraneo e successivo al contratto.A questo punto mi rendo conto di aver fattoanch’io una “menesta maritata” ed invoco il per-dono dei lettori, invitandoli a stare allerta, perchésicuramente qualcos’altro bolle in pentola a segui-to dei chiarimenti che darà l’agenzia delle entrate.

L’Unione europea, a circa 50 anni dalla sua nasci-ta, ha finalmente compiuto un significativo passoavanti nel processo di integrazione europea.Ed infatti, come è noto, il 24 ottobre dello scorsoanno, i capi di Stato e di Governo dei paesi mem-bri dell’Unione, dando seguito al lavoro iniziatocon la convenzione di Laeken, convocata in segui-to alla “Dichiarazione sul futuro dell’Unione

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Nasce la Costituzione Europea:quale futuro per le CostituzioniNazionali? E soprattutto, qualiprospettive per le Regioni?di Pierpaolo Pesce

mente costituito dall’ente regionale o altro centrodi autonomia locale (Province, Comuni), e noncerto dallo Stato membro.Anche il principio democratico risulterebbe mag-giormente realizzato se si coinvolgessero maggior-mente gli enti regionali nel processo decisionalecomunitario, avvicinando, in questo modo, glistessi cittadini all’Unione e rendendoli diretta-mente partecipi della costruzione dell’Europaunita. Non è chi non veda, infatti, come il processo di“regionalizzazione” in tutti gli Stati membridell’Unione sia molto progredito dalla nascitadelle Comunità Europee, e come le diverseRegioni, nei vari paesi, presentino un’evidente ete-rogeneità sia sotto il profilo giuridico che econo-mico. Il loro grado di autonomia e di sviluppo economi-co, peraltro, risulta molto differenziato anche traRegioni di uno stesso Stato, come dimostra pro-prio il caso italiano. Tale eterogeneità, che inevitabilmente complicaoltremodo il problema della definizione del ruolodelle Regioni, è destinata ad aumentare con l’al-largamento dell’Unione, rendendosi necessariofare in modo che gli atti normativi dell’Unionesiano suscettibili di un’applicazione flessibile aseconda del contesto regionale di riferimento.Per quanto concerne la realtà italiana, l’ultimatappa (in ordine di tempo) del processo di evolu-zione del potere estero delle Regioni (iniziato nellaseconda metà degli anni ‘70) è stata segnata dallarecente riforma del Titolo V della Costituzione (L.Cost. n. 3 del 18 ottobre 2001) che ha riconosciu-to loro il c.d. “treaty making power”, in passato attri-buito esclusivamente allo Stato.Va tuttavia sottolineato che anche dal nuovoTitolo V si evince l’assenza di una effettiva volon-tà di rimuovere i fattori di squilibrio presenti nelrapporto tra Regioni e Comunità Europea, rispet-to allo Stato, il che presenta non poche incertezzeinterpretative.Ed infatti, l’ultimo comma del nuovo art. 117Cost. prevede che, nelle materie di loro competen-za, le Regioni possano concludere accordi conStati e intese con enti territoriali interni ad altriStati, nei casi e nei modi disciplinati da leggi delloStato.Anche il primo comma dell’art. 117 Cost. fa riferi-mento ai rapporti internazionali, laddove prevedeche la potestà legislativa dello Stato e delleRegioni, è esercitata nel rispetto della Costitu-

zione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordina-mento comunitario e dagli obblighi internaziona-li, limiti questi (Costituzione, diritto comunitarioe obblighi internazionali) che, è bene sottolinear-lo, contribuiscono al mantenimento dell’unitàdell’ordinamento. Il secondo comma dell’art. 117 riconosce, invece,la competenza statale esclusiva rispetto alla politi-ca estera e ai rapporti internazionali dello Stato,nonché ai rapporti dello Stato con l’UnioneEuropea restando possibili, peraltro, casi limite,come i rapporti eventualmente intrattenuti dalleRegioni con entità non riconosciute.Quanto alle materie di competenza regionale, conespressione non molto dissimile da quella di cui alcomma precedente, il terzo comma dell’art. 117colloca i rapporti internazionali delle Regioni e irapporti delle Regioni con l’Unione Europea tra lematerie di competenza concorrente. Ebbene, detta situazione normativa genera uninterrogativo: riguardo a tali materie (ovvero, irapporti internazionali e con l’Unione Europea) lapotestà legislativa spetta alle Regioni - essendoriservata alla legislazione dello Stato solo la deter-minazione dei principi fondamentali - oppurerimane di competenza esclusiva dello Stato? Lavicenda non è ancora del tutto chiara.In ordine all’esercizio del treaty making power daparte delle Regioni, dunque, come si è osservato, ilnuovo art. 117 fa riferimento ad accordi con altriStati (i quali non possono che essere accordi informa semplificata) e ad intese con enti territoria-li interni ad altri Stati, le quali non costituisconoveri e propri accordi internazionali, collocandosisu un piano “metagiuridico”. Tali accordi e intese,però, come anticipato, possono essere conclusidalle Regioni soltanto nei casi e nei modi stabilitida leggi statali.A tal proposito, la legge La Loggia, attuativa dellariforma, prevede che le Regioni, prima di sotto-scriverli, comunichino i progetti di accordo, cheintendano stipulare con altri Stati al Ministerodegli Affari Esteri il quale accerta l’opportunitàpolitica e la legittimità degli accordi e conferiscealle Regioni pieni poteri di firma. Gli accordi even-tualmente conclusi dalle Regioni in assenza delconferimento di pieni poteri sono nulli (art. 6,comma 3, ultimo periodo).Il Ministero degli Esteri, inoltre, può indicare alleRegioni questioni di opportunità politica chesconsigliano la stipulazione di determinati accor-di e, in caso di dissenso da parte delle Regioni,

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evidente condizionamento delle competenze delleRegioni medesime.La Convenzione prevista dal vertice di Laeken,infatti, durante i lavori preparatori, ha sistemati-camente trascurato la questione del ruolo delleRegioni, essendo prevalsa l’idea tradizionale cheessa dovesse essere affrontata dai singoli Statimembri al loro interno, stante la neutralitàdell’Unione.La sensazione, a dire il vero, è che, pur essendo laquestione regionale sentita a livello comunitariocome problema da affrontare, permane comun-que una certa tendenza verso l’indifferenza.E tuttavia, è innegabile che la futura Europa, peressere effettivamente vicina al cittadino, come sipretenderebbe, non può che essere fondata su tredistinti livelli che coesistano e si coordinino:l’Unione, gli Stati e le Regioni.Ed invece, la Convenzione si è concentrata quasiesclusivamente sulla dicotomia Unione-Stati,nonostante il libro bianco sulla “governance”, pub-blicato dalla Commissione europea nell’agostodel 2001, avesse riconosciuto l’importanza e lanecessità di una più stretta cooperazione tra i trelivelli di governo.Tale documento aveva evidenziato come l’attualemodo di operare dell’Unione non consenta “un’a-deguata interazione in un partenariato a più livelli” incui le Regioni possano partecipare attivamenteall’elaborazione della politica europea.Anche il principio di sussidiarietà, in seno allaConvenzione, è stato ancora una volta intesocome riferito per lo più al rapporto tra Stati mem-bri e Comunità, e non anche alle Regioni.Appare imprescindibile, invece, la risoluzione delproblema della responsabilità della Comunità perviolazione delle regole sulla competenza nei con-fronti delle Regioni.Attualmente, le Regioni non dispongono di stru-menti idonei per agire nei confronti dellaComunità, qualora vengano adottati atti comuni-tari lesivi delle loro prerogative. Esse, infatti, anche nel nuovo assetto, sono privedel potere di adire la Corte di Giustizia delleComunità Europee (salvo quanto disposto dal-l’art. 5, comma 2 della L. n. 131 del 5 giugno2003), né annoverano propri rappresentanti inseno alla Comunità, tranne il già esistenteComitato delle Regioni, che, però, riveste unamera funzione consultiva.Tale comitato, istituito dal Trattato sull’UnioneEuropea e operante dal 1994, è consultato dal

Consiglio, dalla Commissione e del ParlamentoEuropeo nei settori che investono interessi regio-nali e locali, di talché, resta auspicabile un raffor-zamento delle sue funzioni.A questo proposito, i sei osservatori del Comitatoavevano presentato alla Convenzione diverserichieste, tra le quali figuravano la legittimazioneattiva davanti alla Corte di Giustizia delleComunità Europee - quantomeno a difesa delleproprie prerogative e del principio di sussidiarietà- e la partecipazione al dialogo tra Consiglio,Parlamento Europeo e Commissione, nell’ambitodella procedura di co-decisione, in tutti i casi diconsultazione obbligatoria.È opportuno però, sottolineare, con riferimentoalla realtà italiana, che le nostre Regioni hannosistematicamente manifestato un generale disin-teresse per i lavori della Convenzione, nonostantela consapevolezza che i risultati di essa avrebberoinciso in modo considerevole sul loro futuro.E ciò, probabilmente, proprio a causa del ruolo dasempre poco chiaro e marginale ad esse riservatonel processo di integrazione europea.Lo Stato italiano, dal canto suo, da solo non eracerto in grado di promuovere adeguatamente ilruolo delle Regioni a livello europeo, ruolo che,anche in futuro, potrà essere potenziato soloattraverso uno sforzo comune dello Stato e delleRegioni.Più in generale, occorrerebbe che le nostre Regioniprestassero maggiore attenzione al rapporto conl’Unione, inserendo norme ad hoc nei rispettiviStatuti.Allo stato, non può certo parlarsi di “un’Europadelle Regioni”, concetto da più parti auspicato (siain sede teorica che istituzionale) ma ben lontanodal realizzarsi.Ed invece, sussiste una marcata tendenza versoun’Europa degli Stati.E però, una Costituzione europea che non dedichila giusta attenzione alla realtà regionale, nonpotrà mai dirsi una Costituzione compiuta, com-pleta e, dunque, efficiente.Una ipotesi valida per integrare a pieno le Regioninella costruzione europea, potrebbe essere quelladi far leva sui principi già sanciti dai Trattati,come per esempio il principio di prossimità (stret-tamente correlato al principio di sussidiarietà),secondo il quale le decisioni vanno adottate dal-l’ente il più possibile vicino ai cittadini. Non puònegarsi che, anche nella prospettiva europea, illivello di governo più vicino al cittadino è sicura-

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Le sentenze del Consiglio Nazionale Forense sonoappellabili innanzi alle Sezioni Unite della Cortedi Cassazione. Riportiamo in queste pagine alcu-ne decisioni tra le più significative.

Ricorso in Cassazione. Motivi.Vizi di motivazione della decisione del C.N.F.Le decisioni del Consiglio Nazionale Forense, ricorribiliper Cassazione a norma dell’art. 56 r.d.l. 27 novembre1933, n. 1578, per incompetenza, eccesso di potere e vio-lazione di legge, sono suscettibili di sindacato da partedella Corte di Cassazione, quanto al vizio di motivazio-ne, in base all’art. 111 cost. e soltanto in quanto la moti-vazione manchi affatto o non si presenti logicamentericostruibile o sia priva di congruenza logica rispetto aifatti accertati dal giudice, quali risultano dalla decisioneimpugnata.Cassazione a Sezioni Unite, 2 aprile 2003, n. 5075.

Consiglio dell’Ordine, competenza a decideresu eventuale violazione deontologica postain essere da avvocato nominato GiudiceOnorario. Ricorso in Cassazione. Motivi.In materia di responsabilità disciplinare degli avvocati,l’art. 53, n. 2, del Codice Deontologico (approvato dal

Consiglio Nazionale Forense il 14 aprile 1997), secondoil quale l’avvocato chiamato a svolgere funzioni di magi-strato onorario deve rispettare tutti gli obblighi inerenti atali funzioni e le norme sulla incompatibilità, rendeesplicita l’intenzione dell’ordine professionale, nell’eser-cizio delle proprie attribuzioni di autoregolamentazio-ne, di considerare l’avvocato chiamato a svolgere le sud-dette funzioni comunque soggetto, oltre che all’obbligo dirispettare i doveri nascenti da tali funzioni, anche all’os-servanza delle regole di deontologia della professioneforense. Pertanto, la decisione del Consiglio dell’Ordineche infligga una sanzione disciplinare ad un avvocatochiamato a svolgere le funzioni di magistrato onorario,per violazione del dovere di astensione, ai sensi del citatoart. 53 del Codice Deontologico in relazione all’art. 51,ultimo comma, c.p.c., non viola il principio di indipen-denza della magistratura, sancito dall’art. 104 cost.,essendo diretta a sanzionare un comportamento tenutoda un avvocato.In materia di procedimento disciplinare a carico degliavvocati, con riguardo alla concreta individuazionedelle condotte costituenti illecito disciplinare, il controllodi legittimità non consente alla Corte di Cassazione disostituirsi al Consiglio Nazionale Forense nell’enuncia-zione di ipotesi di illecito nell’ambito della regola gene-rale di riferimento, se non nei limiti di una valutazionedi ragionevolezza, atteso che l’apprezzamento della rile-vanza dei fatti rispetto alle incolpazioni appartiene allaesclusiva competenza degli organi disciplinari forensi(nella fattispecie, le Sezioni Unite hanno ritenuto che sifosse mantenuta nei limiti della ragionevolezza la deci-

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Dal ConsiglioNazionale Forense

a cura della redazione

Le decisioni delle Sezioni Unitein materia disciplinare.

chiedere al Consiglio dei Ministri di pronunciarsisulla questione, previo intervento del Presidentedella Giunta interessato (comma 4). (Si pensi, adesempio, al caso in cui una Regione intenda con-cludere un accordo di collaborazione commercia-le con uno Stato sottoposto ad embargo).L’attribuzione alle Regioni del potere di conclude-re accordi con altri Stati, però, pone tre ordini diproblemi: quello dell’affidamento degli Stati terzicon cui gli accordi siano stipulati; quello dellaresponsabilità dello Stato nei confronti di taliStati, in caso di violazione del DirittoInternazionale da parte delle Regioni; e quelloconnesso della responsabilità delle Regioni neiconfronti dello Stato in un caso del genere.Riguardo alla partecipazione degli enti regionaliitaliani al processo di formazione del DirittoComunitario, attualmente il Governo ha l’obbligodi comunicare alle Regioni i progetti di atti comu-nitari. Un’apposita sessione comunitaria dellaConferenza Stato-Regioni è convocata semestral-mente dal Ministro per le Politiche Comunitarie.Tale sessione è appunto preposta all’esame degliaspetti delle politiche comunitarie di interesseregionale. Il coinvolgimento della ConferenzaStato-Regioni, ai fini della partecipazione delleRegioni alla formazione del diritto comunitario,risulta tuttavia spesso inefficace, non disponendogli esecutivi regionali di adeguate competenzeriguardo alle questioni oggetto di esame. La leggeLa Loggia prevede, invece, che le Regioni concor-rano direttamente alla formazione degli atticomunitari, inviando propri rappresentanti a par-tecipare all’attività dei gruppi di lavoro e dei comi-tati del Consiglio e della Commissione, nell’ambi-to della delegazione del Governo, secondo moda-lità concordate in sede di Conferenza Stato-Regioni. Nonostante il panorama sinora descritto,tuttavia, la partecipazione regionale in ambitocomunitario appare ancora piuttosto esigua.In definitiva, la Costituzione europea, che senzadubbio rappresenta un nuovo grande capitolodella storia dell’Unione Europea, può definirsicome una sorta di “compromesso” su un insiememinimo di decisioni, ma le scelte fondamentaliper la gestione di un Europa allargata, e la prose-cuzione del processo di integrazione, non possonoche essere demandate a decisioni future, attraver-so modifiche della Costituzione stessa. Il nuovoTrattato costituzionale europeo, in sostanza, nondeve rappresentare un punto di arrivo, ma unatappa intermedia, seppure importante, di un pro-

cesso di integrazione ancora troppo segnato - e ciòè comprensibile da un punto di vista politico - daun eccesso di prudenza e preoccupazione.La “sfida” dei prossimi anni, a livello europeo enazionale, pertanto, dovrà essere quella di poten-ziare il ruolo delle Regioni, quali enti propulsoridello sviluppo economico e della valorizzazionedelle risorse locali, con l’imprenscindibile ruolodello Stato centrale, volto a tutelare l’esercizio deidiritti sociali e di libertà, per garantire una giusti-zia distributiva e per l’attuazione delle politichedell’eguaglianza sostanziale.Pur tralasciando, infatti, l’idea di una “Europadelle Regioni” - ipotesi che, almeno a breve termi-ne, appare di difficile realizzazione - bisogna rico-noscere che lo sviluppo economico e socialedell’Europa non può in alcun modo prescindereda un ruolo attivo e propositivo degli enti territo-riali, anche nel senso di un maggior avvicinamen-to dei cittadini alle istituzioni.In questa ottica, sarebbe agevolmente superabilel’empasse tra l’idea di una “Europa degli Stati” equella di una “Europa delle Regioni”, accedendoad una nuova formula di una “Europa con leRegioni”, formula che al contempo include leRegioni ma non esclude gli Stati.L’adesione a tale concezione, quindi, farebbeemergere evidente anche il nuovo ruolo che leCostituzioni nazionali devono ricoprire.Esse infatti, seppure in veste parzialmente diversarispetto al passato, sono destinate a vivere ancoraa lungo, e, se sapranno adeguarsi e rinnovarsi afronte delle sopravvenute esigenze di Unità, maga-ri occupandosi con maggiore attenzione di mate-rie “sfuggite” al Legislatore costituzionale euro-peo (come per esempio il ruolo delle Regionirispetto all’Unione), nessuna norma sovranazio-nale (con la quale, certo, occorre confrontarsi edintegrarsi) potrà mai definitivamente riporle insoffitta.Breve nota bibliografica1 Studi sulla Costituzione europea, A. Lucarelli-A. Patroni Griffi (a cura

di), in Quaderni della rassegna di diritto Pubblico europeo, Napoli, 2003.2 Le Regioni italiane nella prospettiva della Costituzione europea, M.

Mancini (a cura di), rapporto del convegno organizzato dalDipartimento di Economia, Istituzioni e Società della Facoltà diGiurisprudenza dell’Università di Sassari, in collaborazione con laSudgest, l’Istituto Affari Internazionali e l’Istituto Universitario diStudi Europei, Alghero, 4-5 ottobre 2002.

3 L’Unione Europea. Istituzioni, ordinamento e politiche, B. Beutler, R.Bieber, J. Pipkorn, J. Streil, J.H.H. Weiler, edizione italiana V.Biagiotti-J.H.H. Weiler (a cura di), Bologna, 2001.

4 Regioni ed Unione europea nel nuovo assetto costituzionale: un difficile equi-librio tra sviluppo economico ed unità della dimensione sociale, A. Lucarelli,www.associazionedeicostituzionalisti.it.

5 La nascita della costituzione europea: un’istantanea, F. Sorrentino,www.associazionedeicostituzionalisti.it.

42 contributi dai colleghi marzo 2005

Il 19 marzo scorso l’aula Emilio Alessandrini delPalazzo di Giustizia di Nocera Inferiore ha ospitato lacerimonia di intitolazione della Sala Avvocati allamemoria del compianto Collega Plinio Galante. Riportiamo di seguito gli interventi di saluto delPresidente dell’Ordine, avvocato Aniello Cosimato e delConsigliere Luigi Gabola che hanno inteso ricordare lafigura del professionista e dell’uomo Plinio Galante.

I saluti del Presidente.Autorità, Signore, Signori, Colleghi,compio il gradito dovere di rivolgere, a nome ditutti i colleghi che compongono il Consigliodell’Ordine degli Avvocati di Nocera Inferiore, unsaluto ed un sincero ringraziamento a tutti quelliche hanno voluto onorare con la loro presenzaquesta adunanza nella quale intendiamo ricorda-re la figura dell’avvocato Plinio Galante, alla cuimemoria è stata dedicata la Sala Avvocati delConsiglio dell’Ordine Forense. Come molti di Voi, ho avuto l’onore di conoscerePlinio Galante, devo dire con rimpianto, troppotardi, e ritrovo in questo momento, con gli occhidella memoria, tanti ricordi. Plinio Galante eraun avvocato di grande rango dotato, prima ditutto, di un intuito che gli consentiva di cogliereimmediatamente il punto centrale di ogni que-stione ed indicare le vie di soluzione giuridica.Chi lo ha frequentato e ne ha ammirato la dili-genza e lo scrupolo di difensore, lo avrà semprecome esempio di vita professionale. Sul pianoumano ispirava i suoi comportamenti ad un’ami-cizia costruita essenzialmente sulla linearità delsuo contegno, schietto e sincero, che metteva aproprio agio ogni interlocutore. Egli impartiva aisuoi praticanti, oggi affermati avvocati, lezioni didiritto, ma soprattutto regole di vita. Per talemotivo il suo ricordo va trasmesso, in specialmodo, ai giovani che si apprestano a vestire latoga e che a volte sono già immersi nel futuro,senza avere consolidato le radici del passato. La figura di Plinio Galante possa per loro costi-tuire lo stimolo a realizzarsi avvocati nel senso piùpieno e autentico della parola. Voglio ricordare laSua grande sensibilità quando volle donare i suoiamati libri al neo costituito Consiglio dell’Ordinedegli avvocati di Nocera Inferiore poco prima

della Sua dipartita. Fu un atto di amore e di affet-to verso la categoria che già aveva degnamenterappresentato nell’ambito del Consigliodell’Ordine di Salerno. Volutamente non mi soffermo troppo sulla figu-ra di questo collega che a pieno titolo fa partedella nostra tradizione, perché voglio lasciare laparola a Luigi Gabola, che meglio di me, per i suoirapporti di parentela con l’avvocato Galante, nericorderà l’opera professionale e soprattutto ilprofilo umano. Abbiamo dedicato all’avvocatoGalante la Sala Avvocati, in ossequio a quello spi-rito di servizio verso la categoria che gli apparte-neva. Difatti la Sala non è solo luogo di incontro,ma i colleghi potranno accedere ad utilissimi ser-vizi e strumenti per lo svolgimento della propriaattività, quali l’accesso ai siti giuridici e alle ban-che dati della Cassazione, senza alcun costoaggiuntivo rispetto alla quota annuale. Ai fami-liari dell’avvocato Plinio Galante qui presenti, allaeletta consorte, che invito a fine cerimonia adinaugurare la Sala Avvocati, con il nome di ungrande rappresentante della classe forense, inten-do esternare i sensi della profonda gratitudinedella categoria per gli insegnamenti ricevuti dal-l’avvocato Galante e che saranno trasmessi allefuture generazioni.

45 marzo 2005

La Pagina dei Convegni

a cura della redazione

La Sala Avvocati intitolata allamemoria di Plinio Galante.

sione del Consiglio Nazionale Forense che, nel confer-mare la sanzione disciplinare inflitta ad un avvocatochiamato a svolgere le funzioni di magistrato onorario,per violazione del dovere di astensione - facoltativa - dicui all’art. 51, ultimo comma c.p.c., aveva ritenuto sus-sistenti le gravi ragioni di convenienza che avrebberodovuto consigliare l’astensione stessa).Cassazione a Sezioni Unite, 10 giugno 2003, n.9216.

Azione disciplinare. Prescrizione.Atti interruttivi. Ricorso in Cassazione.Vizi del procedimento davanti al C.d.O.,indeducibilità per la prima volta davanti alleSezioni Unite della Cassazione.Vizi di motivazione della decisione del C.N.F.Deducibilità in Cassazione.L’interruzione del termine quinquennale di prescrizionedell’azione disciplinare nei confronti degli avvocatidecorrente dalla data di realizzazione dell’illecito (odalla cessazione della sua permanenza), è diversamentedisciplinata nei due distinti procedimenti in cui si artico-la il giudizio disciplinare: nel procedimento amministra-tivo dinanzi al Consiglio dell’Ordine la prescrizione èsoggetta a interruzione con effetti istantanei in conse-guenza, non solo dell’atto di apertura del procedimentodisciplinare, ma anche di tutti gli atti procedimentali dinatura propulsiva o probatoria (per esempio consulenzatecnica di ufficio, interrogatorio del professionista sotto-posto al procedimento), o decisoria, secondo il modellodell’art. 160 c.p. (escluso, peraltro, il limite, di cui alterzo comma, del prolungamento complessivo del termi-ne prescrizionale non oltre la metà), nonché (stante laspecialità della materia) di atti provenienti dallo stessosoggetto passivo, pur diretti, non a riconoscere l’illecito,ma a contestarlo, quali specificamente le impugnative

della decisione del Consiglio dell’Ordine; nella fase giuri-sdizionale davanti al Consiglio Nazionale Forenseopera, invece, il principio dell’effetto interruttivo perma-nente, di cui al combinato disposto degli artt. 2945,secondo comma, e 2943 c.c., effetto che si protrae duran-te tutto il corso del giudizio e nelle eventuali fasi successi-ve dell’impugnazione innanzi alle Sezioni Unite e delgiudizio di rinvio fino al passaggio in giudicato della sen-tenza. In tema di procedimento disciplinare a carico diavvocati, i vizi derivanti dalla violazione di norme delprocedimento svoltosi dinanzi al Consiglio dell’Ordinedevono essere fatti valere con l’impugnazione della rela-tiva decisione avanti al Consiglio Nazionale Forense,mentre non possono essere denunciati per la prima voltacon il ricorso alle Sezioni Unite. In tema di ricorso perCassazione avverso le decisioni emanate dal ConsiglioNazionale Forense in materia disciplinare, l’inosservan-za dell’obbligo di motivazione su questioni di fatto inte-gra violazione di legge, denunciabile con ricorso alleSezioni Unite della Corte di Cassazione, solo ove si tra-duca in motivazione completamente assente o puramen-te apparente, vale a dire non ricostruibile logicamenteovvero priva di riferibilità ai fatti di causa.Cassazione a Sezioni Unite, 2 aprile 2003, n. 5072.

Ricorso in Cassazione. Motivi.Incensurabilità dell’entità della sanzione.La determinazione della sanzione inflitta all’incolpatodal Consiglio Nazionale Forense non è censurabile insede di giudizio dinanzi alle Sezioni Unite della Corte diCassazione, essendo riservato agli organi disciplinari ilpotere di applicare la sanzione più rispondente alla gra-vità e alla natura dell’offesa arrecata al prestigio dell’or-dine professionale.Cassazione a Sezioni Unite, 13 gennaio 2003, n.236.

44 dal consiglio nazionale forense marzo 2005

In questa pagina.Beato Angelico,

Giudizio Universale,Galleria dell’Accademia,

Firenze.Pagina precedente.

Giorgio Vasari,La Giustizia,

Galleria dell’Accademia,Venezia.

Modifiche al Testo Unico delle disposizionilegislative e regolamentari in materia di spese

di giustizia, di cui al decreto del Presidentedella Repubblica 30 maggio 2002, n. 115

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 2 marzo 2005Art. 1

1. L’articolo 80 del Testo Unico delle disposizionilegislative e regolamentari in materia di spese di giu-stizia, di cui al decreto del Presidente dellaRepubblica 30 maggio 2002, n. 115, è sostituito dalseguente:«Art. 80. (L) - (Nomina del difensore) - 1. Chi è ammes-so al patrocinio può nominare un difensore sceltotra gli iscritti negli elenchi degli avvocati per il patro-cinio a spese dello Stato, istituiti presso i consiglidell’ordine del distretto di Corte di Appello nel qualeha sede il magistrato competente a conoscere delmerito o il magistrato davanti al quale pende il pro-cesso.2. Se procede la Corte di Cassazione, il Consiglio diStato, le sezioni riunite o le sezioni giurisdizionalicentrali presso la Corte dei conti, gli elenchi sonoquelli istituiti presso i consigli dell’ordine deldistretto di Corte di Appello del luogo dove ha sedeil giudice che ha emesso il provvedimento impugna-to.3. Colui che è ammesso al patrocinio può nominareun difensore iscritto negli elenchi degli avvocati peril patrocinio a spese dello Stato scelto anche al difuori del distretto di cui ai commi 1 e 2».

Art. 21. L’articolo 81 del Testo Unico delle disposizionilegislative e regolamentari in materia di spese di giu-stizia, di cui al decreto del Presidente dellaRepubblica 30 maggio 2002, n. 115, è sostituito dalseguente:«Art. 81. (L) - (Elenco degli avvocati per il patrocinio aspese dello Stato) - 1. L’elenco degli avvocati per ilpatrocinio a spese dello Stato è formato dagli avvo-cati che ne fanno domanda e che siano in possessodei requisiti previsti dal comma 2.2. L’inserimento nell’elenco è deliberato dal consi-glio dell’ordine, il quale valuta la sussistenza deiseguenti requisiti e condizioni:a) attitudini ed esperienza professionale specifica,distinguendo tra processi civili, penali, amministra-tivi, contabili, tributari ed affari di volontaria giuri-sdizione;b) assenza di sanzioni disciplinari superiori all’avver-

timento irrogate nei cinque anni precedenti ladomanda;c) iscrizione all’Albo degli avvocati da almeno dueanni.3. È cancellato di diritto dall’elenco l’avvocato per ilquale è stata disposta una sanzione disciplinaresuperiore all’avvertimento.4. L’elenco è rinnovato entro il 31 gennaio di ognianno, è pubblico, e si trova presso tutti gli uffici giu-diziari situati nel territorio di ciascuna provincia».

Art. 31. All’articolo 83 del Testo Unico delle disposizionilegislative e regolamentari in materia di spese di giu-stizia, di cui al decreto del Presidente dellaRepubblica 30 maggio 2002, n. 115, al comma 1,dopo la parola: «spettanti» sono inserite le seguenti:«al difensore,».

Art. 41. L’articolo 101 del Testo Unico delle disposizionilegislative e regolamentari in materia di spese di giu-stizia, di cui al decreto del Presidente dellaRepubblica 30 maggio 2002, n. 115, è sostituito dalseguente:«Art. 101. (L) - (Nomina del sostituto del difensore e del-l’investigatore). 1. Il difensore della persona ammessaal patrocinio può nominare, al fine di svolgere atti-vità di investigazione difensiva, un sostituto o uninvestigatore privato autorizzato, residente neldistretto di Corte di Appello dove ha sede il magi-strato competente per il fatto per cui si procede.2. Il sostituto del difensore e l’investigatore privatodi cui al comma 1 possono essere scelti anche al difuori del distretto di Corte di Appello di cui al mede-simo comma 1, ma in tale caso non sono dovute lespese e le indennità di trasferta previste dalle tariffeprofessionali».

Art. 51. L’articolo 102 del Testo Unico delle disposizionilegislative e regolamentari in materia di spese di giu-stizia, di cui al decreto del Presidente dellaRepubblica 30 maggio 2002, n. 115, è sostituito dalseguente:«Art. 102. (L) - (Nomina del consulente tecnico di parte).1. Chi è ammesso al patrocinio può nominare unconsulente tecnico di parte residente nel distretto diCorte di Appello nel quale pende il processo.2. Il consulente tecnico nominato ai sensi delcomma 1 può essere scelto anche al di fuori deldistretto di Corte di Appello nel quale pende il pro-cesso, ma in tale caso non sono dovute le spese e leindennità di trasferta previste dalle tariffe professio-nali».

47 marzo 2005

Notizie dal Consiglio dell’Ordine

a cura della redazione

Legge 24 febbraio 2005, n. 25.

L’intervento dell’avvocato Luigi Gabola.Forse l’emozione mi potrà tradire ed il mio ricor-do di lui potrà essere certamente condizionatodal profondo rapporto affettivo che mi ha legatoe tutt’ora mi lega a Plinio Galante.L’iniziativa presa dal Consiglio e dal Tribunale,fin dall’inizio, di attribuire alle aule i nomi deipersonaggi più prestigiosi che hanno indossato laToga, da Adelchi Genovese a Marcello Torre, daGiorgio Barbarulo a Plinio Galante ha fatto si cheil loro ricordo sia sempre presente tra noi, quasicome se essi ci stessero affianco nei momenti dimaggiore impegno professionale.Plinio Galante era un uomo ed un avvocato spe-ciale.Elegante nei tratti e signorile sempre nei compor-tamenti, generoso ed altruista, abbinava l’acume el’intelligenza ad una cultura ed una preparazionegiuridica che lo rendevano unico e particolare.Una per tutte: è per suo espresso desiderio, comericordava il Presidente, che la biblioteca del suostudio è entrata a far parte del nostro patrimonioed è divenuta parte integrante e preponderantedella Biblioteca del Consiglio dell’Ordine.Io purtroppo non ho avuto l’occasione di fare lapratica forense presso di lui avendo scelto unadisciplina diversa, ma molti tra voi lo hannoavuto come maestro e possono essere buoni testi-moni della sua bravura ma soprattutto della suapragmaticità e capacità di sintesi che alla fine ren-dono grande un avvocato. Volete un esempio?Con il Presidente, l’amico Cosimato, non ci siamosentiti prima di questa occasione eppure entram-

bi nei nostri appunti stesi per questa cerimoniasottolineiamo il suo acume nell’affrontare unaquestione giuridica. Egli, infatti, dapprima lasfrondava di tutti gli aspetti ed accessori inutiliod apparentemente utili e giungeva direttamenteal nucleo del problema che doveva risolvere. Nonscorderò mai questo insegnamento, tra i tanti chemi ha dato, di cui ho fatto tesoro sia nella vita chenella professione.Potrei continuare ancora per molto nel ricordarele sue virtù morali che ha trasfuso in chiunque haavuto la fortuna di essergli vicino nella vita, masono convinto che sia superfluo in quanto tuttisappiamo e ricordiamo chi è stato e chi è ancoraPlinio Galante.E con profondo affetto e gratitudine che ringra-zio il Consiglio dell’Ordine di aver voluto intito-lare la Sala degli Avvocati a Plinio Galante.

A conclusione della cerimonia è stato presentato il siste-ma di ricerca su banche dati installato sui quattro perso-nal computer collocati nella Sala Avvocati e a disposi-zione dei colleghi tutti i giorni dalle ore 9,00 alle ore19,00. Il servizio, unico nel suo genere, consente all’u-tente, in modo estremamente semplice e guidato, l’utiliz-zo di programmi quali word ed excel ma, soprattutto,l’accesso a tutte le banche dati altrimenti reperibili pres-so la biblioteca dell’Ordine ed alla rete telematica inmodo sicuro e controllato tramite sofisticate apparec-chiature hardware. L’utente potrà scegliere tanto di sal-vare il lavoro svolto su floppy/pen-drive, tanto di stam-parlo grazie alla stampante installata in rete e, quindi,fruibile tramite tutti i personal computer.

46 la pagina dei convegni marzo 2005

In questa pagina.Il Presidente

Aniello Cosimatocon la figlia

dell’avvocato Galantein un momento della

cerimonia.Pagina precedente.

L’avvocato Plinio Galante.

48 notizie dal consiglio dell’ordine marzo 2005

STATISTICHE ISCRITTI (IN FORZA)

STATISTICHE ISCRITTI PER SESSO (IN FORZA)

Ordinari Speciali Professori Stranieri Totali

TOTALE 954 13 5 1 973

CASSAZIONISTI 107 6 0 0 113

AVVOCATI 847 7 5 1 860

PRAT. SEMPLICI 243

PRAT. ABILITATI 292

TOTALE 535

CASSAZ. E AVVOCATI 973

PRAT. SEMPL. E ABILITATI 535

TOTALE ISCRITTI 1508

OrdinariM • F

SpecialiM • F

ProfessoriM • F

StranieriM • F

TotaliM • F

M • F M • F

CASSAZIONISTI 98 • 9 5 • 1 0 • 0 0 • 0 103 • 10

AVVOCATI 462 • 385 2 • 5 4 • 1 0 • 1 468 • 392

TOTALE 560 • 394 7 • 6 4 • 1 0 • 1 571 • 402

PRAT. SEMPLICI 112 • 131

PRAT. ABILITATI 107 • 185

TOTALE 219 • 316

CASSAZ. E AVVOCATI 571 • 402

PRAT. SEMPL. E ABILITATI 219 • 316

TOTALE ISCRITTI 790 • 718

statistiche aggiornate al 30•03•2005

Jacopo del Fiore,Trittico della Giustizia, part.,

Galleria dell’Accademia, Venezia.


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