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VALLICOLTURA E OASI NATURALISTICA DI … ambientale... · prelevati solo quando avranno raggiunto...

Date post: 29-Aug-2018
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VALLICOLTURA E OASI NATURALISTICA DI CA’MELLO Noi alunni della classe I H, insieme agli alunni della classe I G, il giorno 27 ottobre siamo andati a visitare l’oasi naturalistica di Ca’mello sul delta del Po, dove “la padrona è la natura”. Appena scesi dal pullman abbiamo incontrato la nostra prima guida di nome Elisabetta, che ci ha istruito sulla vallicoltura, ovvero bacini di acqua salmastra (né troppo dolce né troppo salata), divisi in zone dove si allevano pesci, in particolare branzini, orate, cefali e anguille I bacini dove crescono i pesci sono solo in parte modellati dall’uomo e si possono distinguere le seguenti zone: 1) Il bacino più grande, poco profondo (1 metro e mezzo) dove vengono immessi gli AVANNOTTI, cioè i pesci piccoli appena nati, catturati in mare da pescatori specializzati e da loro portati nella vallicoltura. Nelle vallicolture il compito dell’uomo non è quello di ingrassare i pesci con mangimi artificiali, ma è quello di garantire l’ambiente necessario alla crescita naturale a partire dalle alghe.
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VALLICOLTURA E OASI NATURALISTICA DI CA’MELLO

Noi alunni della classe I H, insieme agli alunni della classe I G, il giorno 27 ottobre

siamo andati a visitare l’oasi naturalistica di Ca’mello sul delta del Po, dove “la

padrona è la natura”.

Appena scesi dal pullman abbiamo incontrato la nostra prima guida di nome

Elisabetta, che ci ha istruito sulla vallicoltura, ovvero bacini di acqua salmastra (né

troppo dolce né troppo salata), divisi in zone dove si allevano pesci, in particolare

branzini, orate, cefali e anguille

I bacini dove crescono i pesci sono solo in parte modellati dall’uomo e si possono

distinguere le seguenti zone:

1) Il bacino più grande, poco profondo (1 metro e mezzo) dove vengono

immessi gli AVANNOTTI, cioè i pesci piccoli appena nati, catturati in

mare da pescatori specializzati e da loro portati nella vallicoltura.

Nelle vallicolture il compito dell’uomo non è quello di ingrassare i pesci con

mangimi artificiali, ma è quello di garantire l’ambiente necessario alla crescita

naturale a partire dalle alghe.

Fondo del bacino con le alghe, primo nutrimento degli avannotti

2) Vasche per lo svernamento, profonde anche 3 metri, dove delle siepi di

TAMERICI, con funzione di frangivento, proteggono questi bacini e

permettono ai pesci di non morire, nei mesi invernali, di ipotermia.

3) Bacini e laghetti dove branzini, cefali, orate…vengono separati a seconda

della grandezza. Nelle foto sottostanti si vedono sbarramenti e tubature

che servono per separare e trasportare nei diversi bacini i pesci che saranno

prelevati solo quando avranno raggiunto il peso e la grandezza utili per la

vendita. I pesci allevati in questo modo naturale, costano molto di più di

quelli allevati in modo intensivo “artificiale”.

LA LAGUNA E L’ALLEVAMENTO DI MOLLUSCHI

Abbiamo poi visitato la vicina laguna chiamata “Sacca degli Scardovari”, che si

è formata tra due rami del Po. Qui i pescatori pescano i molluscchi (vongole,

ostriche, cozze) con la RASCA,. Questo stumento veniva un tempo usato

manualmente dai pescatori che entravano nell’acqua. e che la muovevano in su e

in giù per “raschiare”; ora questo movimento è stato sostituito dal movimento

dalle imbarcazioni.

SISTEMA DI INGRASSAMENTO

Dovete però sapere che nella vallicoltura c’è anche un sistema di ingrassamento

dei molluschi. Infatti quando sono ancora piccoli, hanno un guscio tenero e

possono essere mangiati da altri molluschi come il MURICE, che è una delle

“conchiglie carnivore”.

Pertanto l’uomo ha pensato di trasportare i “baby molluschi” in queste aree

protette, esattamente in questi recipienti con acqua salata, in cui crescono al sicuro.

Vengono via via spostati da uno all’altro, man mano che aumentano di dimensioni

L’OASI DI CA’MELLO

Nel pomeriggio abbiamo visitato l’oasi di Ca’Mello, che fu erroneamente chiamata

così da un cartografo, non capendo che gli abitanti locali avevano chiamato in

questo modo il luogo, proprio dalla forma del fiume che sembrava delineare due

gobbe di un cammello.

Abbiamo qui conosciuto la nostra seconda guida, Irene, che ci ha illustrato le

caratteristiche di alcune piante ed animali che vivono in questa Oasi protetta.

In primo luogo ci ha parlato delle ANGUILLE, la cui storia ci ha davvero

interessato.

Dovete sapere che le anguille nascono nel Mar dei Sargassi nell’oceano Atlantico;

qui arriva la femmina per riprodursi. Essa arriva bella grassa dopo un lungo viaggio

che fa a digiuno, bruciando i grassi prima accumulati. Giunta si inabissa in

profondità, tanto da non vedere quasi più e da subire l’enorme pressione

dell’oceano. Qui muore, ma prima depone l’uovo, che risale in quanto ricoperto da

una sostanza oleosa. In questa risalita viene fecondato dall’ anguilla maschio. I

piccoli prendono il viaggio, seguendo la Corrente del Golfo, fino nel Mediterraneo.

Abbiamo poi osservato i canneti, che venivano usati per esempio per fare i tetti

delle case. Il loro nome scientifico è latino: FRAGMITE AUSTRALIS

Abbiamo poi conosciuto delle piante che vivono vicino alle acque salmastre, dette

piante “alofile”, cioè “amiche del sale”. Esse sono bellissime: in primo luogo c’è

la SALICORNIA” (che ha un sapore salato), di color rosa!!!

Poi c’è anche “L’ASTRO MARINO” con i suoi fiorellini che sembrono stelle.

Abbiamo poi conosciuto il PIOPPO

BIANCO che ha come gli “occhiali da

sole”, cioè ha delle foglie che hanno un lato

verde ed un altro bianco; ques’ultimo per

ripararsi dal sole e riflettere la luce.

Ma tra la vegetazione abbiamo anche trovato delle tracce e dei resti molto

interessanti, come quelli di un GAMBERO KILLER, ovvero una specie molto

vorace, proveniente dalla Louisiana (USA) e quindi importata, che però è poi

entrata in COMPETIZIONE ECOLOGICA con i gamberi di fiume, tanto da

provocarne l’estinzione in alcuni luoghi.

Abbiamo poi visto le gallerie che costruiscono le NUTRIE, una specie di

castorino, anch’essa importata dall’America per il pelo, che poi si è dimostrata

inadatta per realizzare pellicce da vendere alle signore.

Insomma, abbiamo capito che quando si introducono animali in ambienti che non

sono i loro, si rischia sempre di rompere l’ECOSISTEMA!!!

La signora Irene ci ha parlato anche molto degli uccelli. Uno lo abbiamo trovato

morto, vittima di qualche predatore. Ci ha mostrato come si riconoscono le piume

delle ali da quelle della coda, osservando la loro caduta a terra.

Ci ha affascinato la storia del MARTIN PESCATORE, che abbiamo intravisto volare via.

Il martin pescatore è un uccello

dalle ali azzurre e il petto rosso,

che pesca il pesce. Per

conquistare la sua “Martin

Pescatrice”, le porta per due

volte un pesce, ma lei lo fa

cadere. Solo alla terza volta, lo

accetta e questo è il segnale che

lei lo accetta anche come

compagno. Irene ci ha spiegato

che è un modo per metterlo alla

prova sulle sue capacità di

mantenere la futura famiglia.

Un altro uccello dalla storia molto particolare è il CUCULO: la mamma Cucula

spia il nido di un altro uccello, il CANNARECCIONE (che canta sempre).

Quando la mamma cannarecciona vola via dal suo nido, dove cova le uova, la

cucola arriva, mangia un uovo e poi ne depone uno suo. Quando quest’ultimo si

schiude, il piccolo cucolo rompe tutti gli altri, rimanendo il solo da allevare.

Esemplare di cuculo Esemplare di Cannareccione

Per studiare gli spostamenti migratori di molti uccelli nell’oasi c’è anche una

STAZIONE DI INANELLAMENTO, ovvero delle barriere di rete che

intrappolano gli uccelli, a cui si mette un anello alla zampa, collegato con GPS.

Nell’oasi, nei numerosi laghetti, ci sono anche isolotti che l’uomo ha predisposto

per gli uccelli, che vengono a deporre uova in questi luoghi protetti.

Irene ci ha parlato di moltissime altri animali che vivono in questo biotipo: volpi,

lepri, topi delle risaie, cormorani, porciglioni , barbagianni, rondini e rondoni…

Il nostro percorso si è concluso naturalmente con una bella foto ricordo, dove ci siamo tutti !

CLASSE I H

(con la collaborazione delle professoresse FRANCESCA TOSCANO e MARIALUISA ZARDINI)


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