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Date post: 18-Feb-2019
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Vi racconto il Pantheon BY DIDATTICARTE · 16 FEBBRAIO 2014 Molti lettori del blog mi hanno raccontato di aver sbagliato la risposta alla domanda sulla copertura del Pantheon, il famoso edificio romano, partecipando al test “Quanto ne sapete di storia dell’arte? Un test per scoprirlo”. Le possibilità che davo riguardo il materiale della volta erano: cemento armato (impossibile perché questo appare a metà dell’Ottocento), opus incertum (risposta sbagliata perché, pur essendo una tecnica romana, era utilizzato per muri “a sacco” cioè con due strati di pietre irregolari e una colata di cemento al centro), mattoni a spina di pesce (questo era un trabocchetto per i miei alunni in quanto abbiamo studiato da poco lacupola di Santa Maria del Fiore di Brunelleschi che è realizzata con questa tecnica) e, infine, calcestruzzo (e questa, sebbene sia stata contestata, era la risposta corretta). Da questo episodio mi è venuto il desiderio di dedicare un intero post a questo monumento eccezionale, una delle architetture italiane più significative dal punto di vista strutturale, artistico e simbolico.
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Vi racconto il Pantheon

BY DIDATTICARTE · 16 FEBBRAIO 2014

Molti lettori del blog mi hanno raccontato di aver sbagliato la risposta alla domanda

sulla copertura del Pantheon, il famoso edificio romano, partecipando al test “Quanto ne

sapete di storia dell’arte? Un test per scoprirlo”.

Le possibilità che davo riguardo il materiale della volta erano: cemento

armato (impossibile perché questo appare a metà dell’Ottocento), opus

incertum (risposta sbagliata perché, pur essendo una tecnica romana, era utilizzato per

muri “a sacco” cioè con due strati di pietre irregolari e una colata di cemento al

centro), mattoni a spina di pesce (questo era un trabocchetto per i miei alunni in quanto

abbiamo studiato da poco lacupola di Santa Maria del Fiore di Brunelleschi che è

realizzata con questa tecnica) e, infine, calcestruzzo (e questa, sebbene sia stata

contestata, era la risposta corretta).

Da questo episodio mi è venuto il desiderio di dedicare un intero post a

questo monumento eccezionale, una delle architetture italiane più significative dal punto

di vista strutturale, artistico e simbolico.

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Ma andiamo con ordine, seguendo le indicazioni che ho dato per la lettura di un’opera

d’arte e iniziamo dalla descrizione del monumento. Il Pantheon che conosciamo tutti

venne creato in epoca imperiale (118-128 d-C.) quando, sotto Adriano, fu ricostruito un

precedente tempio, ugualmentededicato a tutti gli dei (dal greco pan, tutto, e theòs,

divinità), voluto da Agrippa (63-12 a.C.) ma distrutto da un incendio.

La grandezza di questo monumento è data soprattutto dallo spazio interno, un unico

vano a pianta circolare coperto da un’immensa cupola emisferica di dimensioni

impressionanti, talmente avvolgente da dare l’impressione di essere sospesi al centro di

una grande sfera cava. E in effetti le proporzioni sono proprio quelle di una

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sfera:il diametro dell’aula(43,44 m) è esattamente pari alla sua altezza.

La facciata anteriore ha l’aspetto di un tempio ottastilo; il pronao, composto da tre file

di colonne corinzie monolitiche lisce in granito egizio, è unito alla rotonda retrostante da

un elemento intermedio a forma di parallelepipedo.

Il corpo cilindrico (detto anche tamburo) ha uno spessore di circa 6 metri ed è

profondamente scavato all’interno da nicchie alternativamente quadrangolari o

semicircolari intervallate da edicole. Al di sopra di esse corre una trabeazione

anulare che sporge solo in corrispondenza delle colonne che affiancano l’abside.

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Sul tamburo si innesta la grande cupola emisferica (la più grande cupola del mondo fino

alla costruzione di quella brunelleschiana nel XV secolo) la cui solidità è garantita

dal massiccio rinfianco, cioè l’appesantimento della parte più esterna della cupola in

modo da “verticalizzare” le spinte orizzontali che potrebbero far collassare il tamburo. Il

profilo esterno della cupola appare, così, ribassato, cioè meno di mezza sfera.

La cupola è realizzata in calcestruzzo, (un impasto di calce, pozzolana, acqua e pietrisco)

nella cui composizione, via via che ci si avvicina alla sommità, sono presenti materiali

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sempre più leggeri (dal travertino iniziale fino alla leggerissima pomice nella parte più

alta). Un oculo zenitale, del diametro di quasi 9 metri, costituisce l’unica fonte di luce per

il grande vano circolare.

All’interno della cupola sono presenti cinque anelli concentrici di 28

cassettoni quadrangolari ciascuno i quali, da un lato alleggeriscono la struttura (sono

infatti degli incavi nello spessore della cupola stessa), e dall’altro la rendono più resistente

attraverso la griglia di nervature che vanno formare.

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L’edificio venne consacrato alla Vergine (Santa Maria ad Màrtyres) nel 609. Fu questo il

motivo per cui, unico fra le antiche costruzioni templari, ci è pervenuto pressoché integro

non avendo subito le devastazioni a cui furono sottoposti tutti gli altri templi pagani dopo

l’anno 391, quando l’imperatore Teodosio (347-395) ne decretò la definitiva chiusura. La

copertura in tegole di bronzo dorato e le decorazioni a rosette dei cassettoni furono

asportate nel corso dei secoli e sono irrimediabilmente perdute. Ma il ricco pavimento e

gran parte del rivestimento parietale interno in pregiati marmi policromi

sono,ancora,quelli,originali.

Vediamo adesso alcuni aspetti legati all’iconologia, cioè ai significati dell’opera. Il primo

elemento simbolico, di cui ho già parlato, è la forma dello spazio interno e la sua

riconducibilità alla sfera. Si tratta di un’allusione all’eccellenza in quanto la filosofia greca

considerava la sfera il solido geometrico perfetto, simbolo della volta celeste e del creato.

Per ritrovare in architettura un riferimento così esplicito alla sferadovremo attendere

fino alla fine del XVIII secolo quando, in pieno Illuminismo, Étienne - Louis Boullée

progettò l’utopistico “Cenotafio di Newton”, un’immensa sfera dal diametro di ben 150 m

tale da ricreare l’immensità dell’universo come omaggio al celebre scienziato.

Il visitatore, entrando nell’aula del Pantheon, è compreso fra le due direttrici

fondamentali della sua vita: quella terrestre data dall’asse orizzontale che collega

l’ingresso all’abside e quella celeste frutto dell’asse verticale, l’axis mundi, in una

dimensione in cui si incontra l’umano con il divino.

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Lo stesso

imperatore Adriano disse: ”La mia intenzione è che questo santuario per tutti gli Dei

riproduca la somiglianza del globo terrestre e delle sfere dei pianeti. La cupola deve

rivelare il cielo attraverso una grande apertura al centro, mostrando alternativamente

luce ed ombra.

Questo Tempio deve essere concepito alternativamente e misteriosamente come un

spazio aperto e come uno spazio chiuso come se fosse un quadrante astrologico. Le ore

faranno il loro giro su quella volta così laboriosamente pulita da artigiani greci; il disco

della luce del giorno resterà sospeso come uno scudo d’oro; la pioggia formerà una

piscina pulita sul pavimento sotto l’oculo, le preghiere saliranno come fumo verso il vuoto

dove noi poniamo gli Dei”.

L’imperatore sembra voler sottolineare proprio l’aspetto più importante del Pantheon: il

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suo rapporto con la luce. È la luce che crea lo spazio interno. Questa è la grande

scoperta dei Romani! L’architettura fino a quel momento non era molto diversa

dalla scultura: il tempo greco o lapiramide egizia erano strutture da guardare

dall’esterno, non era permesso entrarvi. Se ne godeva la perfezione geometrica, l’armonia

delle proporzioni, ma non erano vivibili come spazi architettonici.

Con i Romani arriva lo spazio e con esso la luce che lo struttura. Come scrive Alberto

Campo Baeza “Architectura sine luce nulla architectura est”o, ancora, “Se mi si

domandassero dei consigli su come distruggere I’architettura, suggerirei di chiudere

l’anello del Pantheon”…

E adesso, per concludere in bellezza, lasciatevi accompagnare dentro il Pantheon

da Alberto Angela con uno dei suoi eccezionali documentari. http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=-_R7RK-hKiA

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Raccontiamo l’enigma del “doppio frontone” del Pantheon romano

Non tutti sanno che il Pantheon, il tempio romano dedicato a tutti gli dei dell’Olimpo, è

oggetto di un enigma che archeologi e storici dell’arte non sono riusciti ancora a spiegare.

Quanti in piazza del Pantheon, oltre che al “più grandioso, più significativo e meglio

conservato” dei monumenti romani antichi (lo diceva Armando Ravaglioli), dedicano

un’occhiata ai muri degli edifici, o alla sua sommità?

Ci sono almeno tre lapidi, che definire eloquenti è poco; e spesso, queste piccole tavole in

marmo raccontano incisa la storia di una città: solo nel Centro storico, se ne contano oltre

novecento.

In piazza, si vede poi il segno perfino d’un clamoroso errore degli architetti antichi. Il

dettaglio che rivela l’errore è proprio sopra il pronao dell’edificio dell’anno 27 avanti Cristo

(che noi vediamo ricostruito da Adriano), dietro al timpano triangolare.

Dalla piazza, con qualche fatica per quanto è in alto ed anche nascosto dal frontone (alla

cui base è la dicitura in cui se ne ricorda l’autore: Marco Vipsanio Agrippa, genero

dell’imperatore Augusto), si può anche apprezzare l’errore di un’epoca e di architetti

antichi. Il Pantheon, dietro il pronao, mostra le tracce di un altro frontone, più elevato

dell’attuale.

Il grande timpano triangolare, ora disadorno, in origine doveva essere decorato da fregi in

bronzo che furono quasi certamente asportati all’epoca delle invasioni barbariche: la

disposizione dei fori ora visibili usati per ancorare le decorazioni ha suggerito agli esperti

che il fregio stesso potesse raffigurare un’aquila ad ali spiegate che tiene nel becco una

corona di quercia, simbolo di potere.

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Ma sulla facciata del Pantheon si nota un secondo frontone triangolare in laterizio

esattamente identico a quello del pronao ma più alto di quasi 3 metri: il vertice, come bene

evidenzia l’immagine sotto, sfiora la cornice superiore del tamburo.

La differenza di livello tra i due frontoni ha fatto ipotizzare che forse il progetto originale

prevedeva un pronao più alto e più imponente con un effetto prospettico più sarebbe stato

più equilibrato e gradevole con colonne molto più alte di quelle attuali. Si sono formulate

due ipotesi.

La prima: le cave egiziane di Assuan, che fornivamo il il granito non erano in grado di

fornire fusti monolitici di tali eccezionali dimensioni. La seconda più teorizza invece la

possibilità di un errore: furono spedite colonne più basse. Quindi, per l’impossibilità (o

mancando il tempo) di procurarsi quelle adatte, i costruttori risolsero il problema

semplicemente abbassando l’altezza del pronao.

“Era il progetto originario; però, non furono trovate colonne sufficientemente alte; e quindi,

la facciata del monumento fu ridotto di misura”, spiega l’archeologo Andrea Carandini. Per

questo, il tempio, che ci appare come dovrebbero averlo visto alla loro epoca i Romani, è

probabilmente il solo che vanti una tale eclatante singolarità.

“Il Pantheon forse si trova sul luogo dove i Romani credevano che Romolo fosse stato

divinizzato”, dice Paolo Carafa, docente alla Sapienza. Il mito ha due varianti: la morte in

Senato, o la sparizione in Campo Marzio, quindi dove si trova il Pantheon, durante una

tempesta. Supportano la tesi di Carafa indizi intriganti: un bassorilievo e un racconto di

Svetonio, che indicano e parlano proprio di questo tempio.

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Augusto, insomma, si fa divinizzare come il fondatore; e per questo costruisce una

singolare “unità di luogo”: il tempio, con il progetto che poi deve essere variato. Nelle città

è opportuno vagare con gli occhi in alto: si scoprono parecchi dettagli. Roma ne è piena;

forse aveva proprio ragione Nibby: per un itinerario completo, serve una vita. O forse,

nemmeno: un conoscitore come Silvio Negro ha infatti intitolato, nel 1962, un libro sulla

città Roma, non basta una vita. Il Pantheon è il monumento romano che vanta il maggior

numero di primati: è il meglio conservato, ha la cupola in muratura più grande di tutta la

storia dell’architettura, è considerato l’antesignano di tutti moderni luoghi di culto, ed è

stata l’opera dell’antichità più copiata ed imitata. Michelangelo la considerava opera di

angeli e non di uomini.

Il punto in cui sorge non è casuale ma è un luogo leggendario della storia della città.

Secondo una leggenda romana, infatti, questo era il posto dove il fondatore di Roma,

Romolo, alla sua morte fu afferrato da un’aquila e portato in cielo fra gli dei. Ma a che cosa

serviva e cosa indica il suo nome?

Il nome deriva da due parole greche: pan, “tutto” e theon “divino”, in origine infatti il

Pantheon era un piccolo tempio dedicato a tutte le divinità romane. Fatto erigere tra il 27 e

il 25 a.C. dal console Agrippa, prefetto dell’imperatore Augusto, l’edificio attuale è opera di

successive e imponenti ristrutturazioni.

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Domiziano nell’80 d.c, lo ricostruì dopo un incendio, trent’anni dopo colpito da un fulmine

prese nuovamente fuoco. Fu allora ricostruito nella sua forma attuale dall’imperatore

Adriano, sotto il cui regno l’impero di Roma raggiunse il culmine del suo splendore, ed è

probabile che la struttura attuale sia frutto proprio del suo genio eclettico dai gusti esotici.

Infatti, il Pantheon unisce ad una struttura cilindrica, di chiaro stampo romano, lo splendido

colonnato esterno d’ispirazione greca.

Benché la nuova struttura risultasse molto diversa da quella originale l’imperatore Adriano

volle che sulla facciata fosse apposta un’iscrizione latina che tradotta significa “Lo costruì

Marco Agrippa, figlio di Lucio, console per la terza volta”.


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