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Voce per la Comunità

Date post: 28-Mar-2016
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Notiziario pastorale delle parrocchie di Botticino.
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1 VOCE per la COMUNITA’ UNITA’ PASTORALE “S.ARCANGELO TADINI“ PARROCCHIE DI BOTTICINO NOTIZIARIO PASTORALE INIZIO ANNO PASTORALE 2012-2013 CERCHIAMO IL TUO VOLTO LA CHIESA DI BRESCIA DAL CONCILIO AL SINODO SULLE UNITA’ PASTORALI anno della fede
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VOCE per la COMUNITA’

UNITA’ PASTORALE “S.ARCANGELO TADINI“PARROCCHIE DI BOTTICINO

NOTIZIARIO PASTORALEINIZIO ANNO PASTORALE 2012-2013

CERCHIAMO IL TUO VOLTO

LA CHIESA DI BRESCIA DAL CONCILIOAL SINODO SULLE UNITA’ PASTORALI

annodella fede

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RECAPITO DEI SACERDOTI E ISTITUTILicini don Raffaele, parroco

cell. 3283108944 e-mail parrocchia:[email protected]

[email protected] segreteria: 0302193343Segreteria tel. 0302692094

Zini don Giovanni tel. 3355379014 Loda don Bruno tel. 0302199768

Pietro Oprandi, diacono tel 0302199881Scuola don Orione tel. 0302691141

sito web : www.parrocchiebotticino.itSuore Operaie abit. villaggio 0302693689Suore Operaie Casa Madre tel. 0302691138

BATTESIMI BOTTICINO SERABOTTICINO MATTINA SAN GALLO

sabato 24 - domenica 25 novembre 2012sabato 12 - domenica 13 gennaio 2013sabato 9 - domenica 10 febbraio 2013

I genitori che intendono chiedere il Battesimo per i figli sono invitati a contattare, per tempo, per accordarsi sulla preparazione e sulla data della celebrazione, il parroco personalmente o

tel.3283108944

Presentazione All’inizio del nuovo anno pa-storale il Notiziario per le famiglie delle tre Parrocchie di Botticino. E’ un notiziario-documento perchè non si limita a dare notizie, ma presenta pagine di formazione nei vari ambiti della pastorale. Non va letto tutto d’un fiato, ma gustato e meditato pagina per pagina. Viene presentato il cammi-no dell’anno pastorale secondo le indicazioni del vescovo per tutta la diocesi in cammino verso il Sinodo Diocesano sulle Unità Pastorali e di conseguenza il cammino a livello parrocchiale. Il documento del Papa riguardante l’ “Anno della fede” e il 50°dell’apertura del Concilio Va-ticano II arricchiscono il cammino pastorale personale e comunitario. Non mancano temi attua-li riferiti alla realtà socio-politica e alla salvaguardia dell’ambiente. Rifuardo alla pastorale fami-liare numerose sono le pagine: echi dell’incontro mondiale, la scoperta della ritualità in famiglia. E poi le pagine rigurdanti la caritas, le missioni, l’oratorio con il programma annuale, la scuola don Orione, attività di volontariato, ri-creative e sportive.

UNITA’ PASTORALE “S.ARCANGELO TADINI”PARROCCHIE DI BOTTICINOORARI S.MESSE

da sabato 27 ottobre 2012 FEsTIvE DEl sABATO E vIgIlIA FEsTIvITA’

SERA VILLAGGIO ore 16,00MATTINA PARROCCHIALE ore 17,30

SAN GALLO PARROCCHIALE ore 17,30SERA PARROCCHIALE ore 18,45

FEsTIvE DEllA DOmENICA E FEsTIvITA’SERA PARROCCHIALE ore 8,00

MATTINA PARROCCHIALE ore 9,30SAN GALLO PARROCCHIALE ore 10,00

SERA PARROCCHIALE ore 10,45MATTINA PARROCCHIALE ore 17,30

SERA PARROCCHIALE ore 18,45

lUNEDI’CASA RIPOSO ore 17,00

MATTINA PARROCCHIALE ore 18,00SERA PARROCCHIALE ore 20,00

mARTEDI’MATTINA SAN NICOLA ore 18,00

SAN GALLO PARROCCHIALE ore 17,30SERA PARROCCHIALE ore 17,30

mERCOlEDI’MATTINA MOLVINA ore 17,00

SAN GALLO PARROCCHIALE ore 17,30SERA PARROCCHIALE ore 18,30

gIOvEDI’SAN GALLO PARROCCHIALE ore 17,30

MATTINA S.NICOLA ore 18,00SERA PARROCCHIALE ore 20,00

vENERDI’SAN GALLO TRINITA’ ore 17,30

MATTINA PARROCCHIALE ore 18,00SERA PARROCCHIALE ore 18,30

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È sempre tempo di semina. Ogni anno si riparte con la fiducia nel seme buono e con la consapevolezza che l’eterno Seminatore non si arrende di fronte a nessun tipo di terreno e di difficoltà, ma getta con abbondanza a piene mani. Anche se la proposta di fede non trova pausa estiva... riparte l’attività pastorale delle parrocchie stimolata dagli eventi che ci vengono dalla Chiesa diocesana e dalla Chiesa universale.

L’attività pastorale della comunità cristiana vuole accompagnare ogni uomo di buona volontà, in questo nuo-vo anno pastorale per aiutarlo ad essere cristiano oggi.

Si riparte con il desiderio di far splendere piccole luci dal seme gettato, che continua a sostenere il cam-mino dei piccoli e dei grandi, dei forti e dei deboli, dei semplici e di quanti fanno fatica.

La vita quotidiana, con tutti i suoi aspetti, è il campo di Dio, è il nostro campo. In essa siamo ospiti e lavo-ratori di tutte le ore. Sempre più urge la necessità di dialogare con la terra, con la natura, di incontrare la Buona Notizia nell’oggi, nelle forme e nei tratti caratteristici della contemporaneità.

E tutto questo nel Tempo Ordinario, il tempo della vita feriale in cui non c’è nulla di straordinario: la parola di Dio ci raggiunge nella normalità dei giorni, delle situazioni e della vita. Vivere il Vangelo ogni giorno e annun-ciarlo nella normalità del quotidiano è quello che desideriamo realizzare attraverso l’insieme della proposta pastorale che si realizza nelle varie attività parrocchiali.

La luce della Parola entra nella vita e nella storia e vi germoglia oltre le nostre attese e aspettative. Ogni sprazzo di luce può essere segnale di vita nuova e di speranza per le persone e per la comunità umana tutta intera.

Desideriamo camminare insieme quest’anno. Un anno segnato da ricorrenze ed eventi ecclesiali diocesani e universali. Il Sinodo Diocesano sulle Unità Pastorali che si celebrerà in dicembre, l’Anno della Fede e il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. “Ho ritenuto - dice il Papa - che far iniziare l’Anno della fede con questo anniversario, possa essere un’occasione propizia per comprendere che i testi la-sciati in eredità dai Padri conciliari, secondo le parole di Giovanni Paolo II, “non perdono il loro valore, né il loro smalto”. ...esso può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa”. E sono proprio la ricerca e l’impegno per il cambiamento che legano strettamente tutti i docu-menti conciliari. Un cambiamento che non tradisce minimamente l’originalità del messaggio evangelico, anzi lo rende più attuale, comprensibile e desiderabile. Un cambiamento, ancora, che senza stravolgere il cuore della Rivelazione, chiede che venga riespressa con un linguaggio aggiornato e plausibile dentro alle sfide attuali. In essi la Chiesa si riconosce a tutti gli effetti parte integrante della famiglia umana, della quale condivide gioie e speranze, ma anche dolori e angosce. Emerge una Chiesa che bandisce ogni trionfalismo ed egemonia sul mondo, per essere solidale o, meglio, come dicono i testi, unita con il mondo, fermento e quasi anima del mon-do, una Chiesa che deve, prendendo a modello il suo Signore, comprendersi ed agire come serva della famiglia umana, ed essere, come diceva mons. Tonino Bello, una Chiesa col grembiule”.

Ascoltare i segni dei tempi: era ed è questo l’invito dei documenti conciliari rivolto a tutta la Chiesa, fatta di laici e consacrati. Tutto questo, pensando all’impegno urgente per la nuova evangelizzazione che attende la Chiesa, è quanto mai attuale, e ci ricorda che il messaggio del Concilio Vaticano II è ancora tutto davanti a noi. Molto è stato fatto in questi anni, ma molto resta ancora da fare. Anche oggi, infatti, come comunità cristiane dobbiamo impegnarci per rendere comprensibile e desiderabile il messaggio evangelico, cercando linguaggi adeguati, che sappiano parlare alla vita delle persone con le parole vive del Vangelo. Ancora di più dobbiamo essere comunità cristiane che nell’annuncio del Vangelo non indottrinano, né tantomeno propongo-no un’ideologia religiosa, ma vogliono raggiungere l’uomo nell’intimo di sé, nel luogo in cui si svolge quella sfida fondamentale che è l’esistenza.

In definitiva, servono persone che facciano comprendere come Dio si rivela a noi, non tanto come a dei sudditi, ma come ad amici con i quali entrare in relazione, costruendo un’unica, solidale famiglia.

Sulla strada tracciata dal Concilio facciamo quindi in modo che le nostre parrocchie sentano questa con-tinua esigenza di conversione per portare frutti abbondanti e soprattutto, nel rinnovo dell’azione pastorale, rivedano gli strumenti maturati dalla tradizione passata, come il primo annuncio, l’iniziazione cristiana e l’edu-cazione, i quali devono essere rinnovati e adattati alle attuali condizioni culturali e sociali. Il Concilio, dunque, sta ancora davanti a noi! don Raffaele

si riparte con fiducia...inizio nuovo anno pastorale

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Lacreazionediunpolittico,tipologiadipalad’altareascompartipiuttostoantiquata,fusi-curamenteuna richiestaesplicitadel commit-tente,cheTizianorisolseconferendounastra-ordinariaunitàaicinquepannelli. L’opera fu un esempio fondamentale per lascuolabresciana:difficileèimmaginareibagliori

luministicieglieffettidichiaroscurodiMorettoeSavoldosenzaquestofondamentalemodello.L’operaarrivaaBrescianel1522evienemontataall’altaremaggioredellachiesadeisantiNazaroeCelso. LascenacentraledellaResurrezionerinnoval’iconografiatradizionalecombinandosiconquelladell’Ascensione.UnCristotrionfantesimanifestasfolgoranteincielo,impugnandoilvessillocrociatocomeemblemadelCristianesimo.Lasuafigura,distraordinariaforzaespressivaebellezzaanatomica,siergeinondatadallaluce,soprattuttopercontrastoconlosfondodelleprimeoredelmattinoeconisoldatinell’ombrainbasso,rischiaratiappenadaqualcheriflessosull’armaturadiunodiessi. Nell’operaTizianodimostròdiaverassimilatoerielaboratolerecentissimeinnovazioniroma-nediRaffaello:inparticolarelaTrasfigurazioneperlaposaeilruolocentripetogiocatodalCristo,el’affrescodellaLiberazionedisanPietro,comeleatmosferenotturne.IlgestodiCristochespa-lancalebracciapuòancheesserelettocomeunacitazionecoltadelGruppodelLaocoonte,eilsuomodellatoanatomicocomeunomaggioallaperfezionedellastatuariaantica.Losfondopoi,rigatodairiflessiaranciocherievocanol’albadellanuovaeracristianainauguratadallaResurrezione,rimanda-noalsentireatmosfericoepaesisticodelleoperedellascuoladanubiana,allaqualefapensareanchel’architetturanordicadellaGerusalemmeidealesullosfondo.

parrocchie e diocesi in cammino - parrocchie e diocesi in cammino - parrocchie e diocesi in cammino - parrocchie e diocesi in cammino - parrocchie e diocesi in cammino - parrocchie

Polittico Averoldi di Tiziano, 1522, olio su tavola. Conservato presso la Chiesa di S. Nazaro a Brescia

L’opera artistica da dove è stato tolto il manifesto per il programma diocesano del nuovo anno pastorale

progetto “LE DILLA ETSANAT” “per i bambini di Dilla” in EtiopiaPer la costruzione della cucina per la mensa dei bambini poveri di Dilla quale dono e gesto di solidarietà in occa-sione dell’Ordinazione sacerdotale di don Isidoro Aposto-li, salesiano di don Bosco, missionario in Etiopia , abbiamo raccolto € 13.515,72.Hanno contribuito: le parrocchie di Botticino con le varie offerte raccolte personali e comu-nitarie (buste) , Quaresima di fraternità, 5% utile delle feste parrocchiali; l’iniziativa ‘polenta e baccalà’, spiedo di S.Nicola e spiedo di Mattina; Compagnia teatrale di Sera e commedia di S.Gallo; Alpini di Sera e San Gallo; Scuola Materna di Sera; classe 2^ D Scuola Scalvini; chiesa di Molvina; Campanari di Botticino. La cifra intera è stata inviata ai Salesiani d’Etio-pia, causale per la cucina di Dilla, tramite bonifico bancario il 26 settembre 2012 .

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parrocchie e diocesi in cammino - parrocchie e diocesi in cammino - parrocchie e diocesi in cammino - parrocchie e diocesi in cammino - parrocchie e diocesi in cammino - parrocchie

DIOCESI DI BRESCIAAnno pastorale 2012-2013

In cerca del volto bello di Cristo Cerchiamoiltuovolto”,latraccia,loslogan(comelodefiniscemons.RenatoTononi,vicarioperlapastoraleeilaici)sceltoperlaset-timanadiAgoràconcuilaChiesabrescianahaapertol’annopastorale2012/2013,hainséqualcosadiindeterminato,un’angolaturacheriman-daallaricercadiqualcherisposta.Èlostessomons.Tononiasottolinearela“bellezza”diquestiorizzontiampiacui“loslogan”rimanda. “Chièilsoggettodelcercare?Qualevoltosicerca?”sonodomandebisognosedirisposte. Losloganscelto-affermamons.Tononi-ciproponesollecitazionisignificative”.Quelverbousatoalplurale(mentreilsalmo26dacuièstatomutuatolousaalsingolare)chiamaincausalacomunità,nonsoloquellacristiana,deicredentimaanchequellaincuisimuovonotuttelepersonechesonoinricerca.Una

prospettivachegiàilVangelodiGiovanni(12,21)dimostraquandoraccontadialcunigreci,paganidunque,cheesprimonoadAndreaildesideriodivedereGesù”. Lasceltadi“Cerchiamoiltuovolto”trovalasuagiustificazionenell’in-tentodimantenereapertaeattualelaprospettivadiunaricercachenonèsoloquelladeicredenti,madichiunquesipongadomandesullaverità,sulsensodellavitaedellasuapienezza. Messodunqueafuocoilsoggettodiquel“Cerchiamo”rimanedastabili-requalesia,qualepossaesserel’oggettodiquestaricerca. “Certo-affermaancoramons.Tononi-ilrimandoalvoltodiDioèimpli-cito.AquelvoltodiDiochenelNuovoTestamentosìidentificadaunpuntodivistavisibileestoricoconquellodiCristo”.L’apostoloPaolo,d’altraparte,affer-macheCristoèl’immaginediDio,l’immaginevisibiledell’invisibile.Questione

risolta,dunque?ntemasceltoperl’annopastorale2012/2013invitalaChiesabrescianaariscoprireilvoltodiCristo?No,oalmenononsolo.C’èunpassaggioinpiùchemons.Tononisollecita.“Conlaresurrezione-affermailvicarioperlapastoraleeilaici-Cristoperdelasuastoricità,nonèpiùfisico,visibile”.Qualevoltovisibilebisognadunquecercare?Èancoramons.Tononiaindicarelaviaperlarisposta:“IlCristorisorto,ascesoalcielononappartienepiùaquestastoriaecosìilsuocorpo,ilsuovoltononsonopiùvisibili.MaCri-sto-afferma-havolutochecifossecomunqueunvoltovisibilechelorappresentasseequestoèilvoltodellaChiesa,diventatavoltovisibiledell’invisibile”. Proprioqui,allora,sicollocalacentralitàdi“Cerchiamoiltuovolto”,untitolocheintendelanciareunaprovocazionenonsoloagliuominimaancheallacomunitàcristianeperverificareselequestesianovoltobellodiCristo,seeinchemodofacilitinol’incontroconilvoltodiCristooppuresesianodaostacoloaquestaricerca. “Cerchiamoiltuovolto”,conilsuoprogrammaarticolatodiventaoccasionediverificapertuttelecomponentidellaChiesabresciana:peripresbiteri,perilaici,periconsacrati,ireligiosi,lereligiose,maancheperquellechesonosueespressionisignificativecomelacatechesi,lacarità,lamissionarietàelosguardoecu-menico. C’èperòunultimointerrogativochequestocamminodiricercaediverificapone:quellodeglistru-menti,deicriteripervalutare lafedeltàdellaChiesabrescianaaessere ‘VoltobellodiCristo”.La“lente”attraversocuileggerequestopercorsoèilConcilioEcumenicoVaticanoII,dicuianchelaChiesabrescianasiapprestaacelebrarei50annidell’apertura.“Lariletturadialcunidocumenticonciliariciaiuterànellarevisio-nedelnostroessereChiesa,nonpergiungereasentenzedefinitivemaperindividuareprospettivedifuturoperchéquellabrescianapossaessereunaChiesacapacedimostrareilvoltobellodiCristoperl’uomod’oggi.

Quello che sta per aprirsi è un cammino di revisione per la Chiesa bresciana in tutte le sue componenti alla luce dei documenti del Concilio Vaticano II

a g o r À d e l l a d i o c e s i d i b r e s c i a i n i z i o d e l l ’ a n n o p a s t o r a l e 2 0 1 2 - 2 0 1 3

d i o c e s i d i b r e s c i a

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cerchiamoil tuo volto

1962-2012la chiesa di brescia dal concilioal sinodo sulle unità pastorali

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Primo incontro con tutti gli animatori pastorali delle tre Parrocchie di Botticino all’inizio del nuovo anno pastorale

Vistalasituazionenellaqualecitroviamoèpossibileancoradubitaredell’urgenzadiunaveraepropriaconversionepastoraledellenostrecomunità? Credopropriodino.Nonpossiamopiùaspettare!Nonpossiamocullarcipiù-usandounaaf-fermazionechesembraciriportiadaltritempi-sul«sièfattosemprecosì»! Mafacciamounpassoindietro.Lenostrecomunitàhannopresocoscienzadeicambiamenti,avvenutisoprattuttoinquestiultimitempi,cheesigonomutamentiditraiettoria?Laconsapevolezzadelcambiamento,infatti,èinversamenteproporzionaleallachiusura,aitradizionalismiealla«stati-cità»dellenostrecomunità. Occorreanzituttoriscoprirelostiledell’incarnazioneperilqualeidiscepolidiCristovivonolestessegioieelestessesperanze,letristezzeeleangoscedegliuominidioggi(cfr.Gaudiumetspes,

1),conlacertezzacheèproprioquestoadecideredell’identitàdellaChiesastessanelmondo(cfr.Lumengentium,I). Tradottoperlenostreparrocchiequestosignificachelaco-munitàcristiananonpuòcheesseremissionariaecheinquantotaledeveesserecellulavivanelterritorio,presenzadiscretamaefficacechedaunlatoèimpegnataadiscernereisegnideitem-pi(risorseeproblemi,eventualidisponibilitàebisogni,atteseepossibilirisposte),edall’altroèdispostaadunaintensaoperaapostolicachesuperisemprepiùildivariotrafedeevitacontri-buendoacostruireunveroeproprioprogettoculturaleillumina-todalVangelo. Un ruolo di primo piano spetta alla corresponsabilità deiChristifìdeleslaici,iqualisonochiamatiaportarelaChiesanelcuoredelmondo,santificandolerealtàtemporaliinsiemeconlaparolaeconlatestimonianza,edilmondonelcuoredellaChiesachesioffrenell’offertadiCristoalPadre.Questononpuònoncoincidereconlarivalutazionedegliorganismidicomunioneedipartecipazione(ministerialità)inprimoluogoiMinistriOrdinatielereligiose,ilConsiglioUnitàPastoraleelacomunitàdiquantinellenostreparrocchiesvolgonounservizio-ministero-eccle-siale(“ciòchenoiabbiamoudito,ciòchenoiabbiamovedutoconinostriocchi,ciòchenoiabbiamocontemplatoeciòchelenostremanihannotoccato,ossiailVerbodellavita(poichélavitasièfattavisibile,noi l’abbiamovedutaediciòrendiamotestimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era pressoilPadreesièresavisibileanoi),quellocheabbiamovedutoe

udito,noiloannunziamoancheavoiperchéanchevoisiateincomunioneconnoi»(1Gv1,1-3”) Lafamigliaèdaconsiderarsicertamentecomeilcentrodituttal’azionepastorale.Occorrealloradecidersialpiùprestoperunapastoraleconeperlafamiglia,occorreripartiredallafamigliaconlaconsapevolezzachesenzalafamiglianessunapastoraleèpossibile.(FamiglieICFR,liturgia,strutture...)

possiamoancora aspettare?

parrocchie e diocesi in cammino - parrocchie e diocesi in cammino - parrocchie e diocesi in cammino - parrocchie e diocesi in cammino - parrocchie e diocesi in cammino - parrocchie

La Casula composta dalle tre parrocchie

di Botticino per la festa

dell’Unità Pastoralemaggio 2012

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UnaChiesamissionariaèunaChiesacoinvol-gente, dove a nessuno è permesso di rimanere aimargini,unaChiesachesimette indiscussionenelrapportoconlastoriaecheinventacontinuamenteoccasioniditraino(dall’offertadiitinerariformativiaccessibilia tutte leetà,condizioniestatidivita,allapartecipazioneattivaeconsapevolenellecele-brazioni liturgiche,ainumerosi servizidi carità so-prattuttoversoifratellipiùpoveri). Questo progetto però richiede anzitutto una«conversionementale» nel pensare la Chiesa comecomunitàdinamicachepuòscenderenelvissutoquoti-diano(strade,lavoro,associazioni,feste,bar...),chepuòentrarenellecase(centridiascoltonellefamiglieeperlefamiglie,cheoccupailuoghidiritrovodellacomunitàcristiana(valorizziamoequalifichiamoinostricentriparrocchiali/oratori!)enonsolo. UnaChiesamissionariaèunaChiesaaccanto,chemettetuttiaproprioagio,chesifapresenzavicinaai«lontani»echesamostrare«ascolto,interesseesimpatia».C’èdastupirsiinfattisetanticristianisonocome«abbandonati»,lasciatiasestessi,esetanti,feritidallavitaodaicorrieridellamorte,perdonolasperanzaperchénonc’èchiannuncilorolaBuonaNotiziadiCristo.Leoccasioniperaccompagna-re,consolareesostenerenonmancano.Bastipensareall’occasione dellamalattia e dellamorte cristiana.Lamalattiaèluogodellacroce,possibilitàdiscandaloovverodiredenzionesesolocondiscrezionemaanchecon passione (patire-con) sappiamoessere costante-mentecomeilBuonSamaritano.Gliospedalielecasedicuradovrebberoessere il luogo incui laComuni-tàèdicasa,alSacramentodell’Unzionedovremmodareancorapiù importanzaedignità,allapreghieramaggiorespessoreumano,maggiorefamiliaritàconlasofferenza.Ifuneralipotrebberoesserelapiùefficaceoccasionepersprigionarefortesolidarietàtraiparentideldefuntoelacomunitàcristiana,tantocheavoltediventanoaddiritturamotivodiavvicinamentoediritrovamentodellafede.Mabi-sognamaggiormenteattrezzarsiperchéquestimomenti-enonsoloquestimaogniazionepastorale-possanoesserenutritidipreghieraeleliturgiepossanorealmenteesprimerelaforzatrasfigurantedellasperanzaedellagioiacristiana. UnaChiesamissionariaèunaChiesadirompente,quellaChiesachegrida«daitetti»enonsolodaipulpitilasuafede,cheinuncertosenso«nonlasciainpace»nessuno,mascuotedaltorporeemetteincrisi.Ilmondoindifferente,credo,vaaffrontatocondecisioneeimpegno,quasiaggreditodallapotenzadelVangelo.Sonoinfatticonvintocheilcosiddetto«ateismopratico»stranamentefini-scacolrafforzarsiattraversolanostraindifferenza,sifacciasemprepiùimpetuosotramitelenostreassenze. Alloranonc’ètempodaperdere.

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FESTA UNITA’ PASTORALE maggio 2012

Rinnovo promesse Battesimo 2° anno ICFR giugno 2012

Rinnovo promesse Battesimo 2° anno ICFR giugno 2012

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In questi ultimi mesi s’è parlato molto tra la gente di come, a giudizio di mol-ti, stia andando l’esperien-za dell’Unità Pastorale, di

come siano i nostri sacerdoti, di che cosa si debba o non si debba fare. Tante

domande e altrettante risposte: una per ogni testa (per-ché ognuno ha la propria idea). Domande che nascono a volte solo per il gusto di parlare, altre volte invece per un sincero interessamento per la vita e il futuro delle nostre parrocchie. Anche io, come molti, mi sono interrogato e vi propongo questo mio pensiero; non con la convinzio-ne di volere insegnare qualcosa a qualcuno, ma solo per mettere in comune una riflessione che mi è nata così e mi ha fatto vedere le cose da “un lato particolare”.

E’ ormai da qualche anno, pochi a dire il vero, che le nostre tre parrocchie, di Sera, Mattina e San Gallo, han-no dato vita, secondo la volontà del Vescovo, a quella esperienza per ora assolutamente rara in tutta la Diocesi di Brescia che si chiama Unità Pastorale. E’ stata accolta con interesse e impegno da alcuni, con stordimento da altri, in certi casi con rammarico, in altri con disinteresse o addirittura con fastidio … ma c’è.

Siamo per tutta la diocesi un modello a tutti gli effetti, sia in positivo che in negativo: molti guardano a noi per vedere se tale esperienza possa funzionare o no. La re-sponsabilità è grande e non è solo del parroco o dei curati o del diacono o delle suore, in questa esperienza c’è tutta quanta la comunità, anche noi laici (anzi, soprattutto noi laici).

E’ una sperimentazione, e come tutti gli esperimenti non è detto che funzioni al primo tentativo, non è detto che vada tutto bene subito. Infatti di cose che non vanno perfettamente o che possono cambiare o migliorare ce ne sono tante, e nessuno lo può negare.

Di problemi ne abbiamo, ma ciò non toglie che cia-scuno di noi, come membro di questa comunità, si debba domandare con sincerità: io che cosa voglio al riguardo? Perché due sono le strade: dirci sconfitti e “ritornare a quello che si faceva una volta”, andarsene e dire “arran-giatevi tutti!” o accettare la sfida e dire: “Sì, nonostante tutto ci credo!” .

Vorremmo vedere tutto andare alla perfezione, vor-remmo avere dei preti fatti come vogliamo noi, vorrem-mo che tutto filasse senza fatica, ma non è così. Noi siamo quelli che siamo, i nostri preti sono quello che sono. Nes-suno può dirsi senza difetti, nessuno senza pregi. Questa è una verità che va accettata. L’Unità Pastorale c’è, è una realtà, ma non è ancora al suo compimento: è creata, ma forse solo abbozzata, e perché possa funzionare meglio, dobbiamo tutti quanti (preti e laici) cercare di migliora-re, tenerla in piedi, “fare manutenzione continua”. Accet-tando però due verità: innanzi tutto nessuno può fare da solo, neanche il parroco, primo responsabile davanti al vescovo di questa comunità; in secondo luogo non pos-siamo pretendere di vedere subito i frutti maturi di ciò che abbiamo da poco iniziato, serve pazienza e speranza.

Io guardo a questa comunità, questa Unità Pastorale, e vedo che ci sono tante cose belle, tante persone in gamba, tantissime potenzialità… ma spesso c’è anche stanchez-za, dubbio, disorientamento… in una parola sfiducia.

Penso che il problema maggiore in questa nostra Uni-tà in questo momento sia proprio un crescente senso di sfiducia (alcuni lo definiscono “mal di pancia”): sfiducia nel progetto e sfiducia nelle persone che cercano (nel bene e nel male) di realizzare questo progetto.

Per quanto riguarda il progetto non c’è molto da dire… siamo restii ai cambiamenti, siamo sostanzialmente con-servatori, tradizionalisti: “si è sempre fatto così”, “andava bene come era, perché cambiare?”, “ecco, ogni prete che arriva ne inventa una”, “se non sanno mettersi d’accordo tra loro, come pretendono che lo facciamo noi” “ah! se c’è anche quello là, io non faccio niente!”e così via. Ma è così da secoli, e comunque i cambiamenti sono avvenuti lo stesso. Il problema, se mai, è ricordarci che questo pro-getto di Unità Pastorale è un progetto di comunione, di comunità; e la comunità è fatta di persone, non di idee o di principi (per quanto belli e grandi siano): non si può lasciare indietro qualcuno, non si può dire “tu non c’en-tri”, “chi ci sta bene, gli altri si arrangino”. E’ un cammi-no che va fatto insieme, in cordata, aiutandoci a capire, a migliorare. Specialmente i più lenti, i più deboli vanno aiutati.

La verità si deve sposare con la carità. E quando ciò non avviene si crea sfiducia, a volte rancore. Vedo con preoccupazione questa sfiducia che serpeggia riguardo alle persone (e che io stesso a volte ho provato e forse in alcuni casi provocato): sfiducia nei sacerdoti da parte dei laici, sfiducia nei laici da parte dei preti, spesso insof-ferenza o invidie tra noi laici impegnati nella comunità (ognuno tira l’acqua al suo mulino, ognuno vorrebbe fare per sé… non parliamo poi di quando cominciamo a di-scutere sulle singole frazioni del paese!), a volte sfiducia, invidie o poco dialogo tra gli stessi preti. E quando que-sto accade quale testimonianza positiva diamo?

Se un sacerdote crede di poter fare da solo, di gestire tutto e tutti come vuole, di “usare come manovali” i laici, sbaglia! Se io laico non mi sento coinvolto, non parteci-po, non contribuisco con i miei consigli, le mie idee, le mie capacità, se faccio qualcosa solo per il mio personale

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A volte bisogna crederci

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tornaconto, sbaglio! Tutti siamo coinvolti, tutti siamo protagonisti; ognuno con un compito diverso. Tante voci per un unico canto. Il Concilio Vaticano II lo ha insegnato, ma spesso ci fa comodo (preti e laici) non ricordarcelo.

Forse dovremmo tutti chiederci se crediamo dav-vero nella comunità. Tutti, preti e laici. Forse ogni tanto dovremmo pensare che da soli rischiamo di sbagliare, di vedere le cose solo a modo nostro. Forse ogni tanto dovremmo chiedere scusa, se ci rendiamo conto di aver sbagliato. Chiedere aiuto, se sap-piamo che da soli non riusciamo. Dire “grazie” ogni tanto. Forse dovremmo fidarci di più di chi ci sta vicino. Rispet-tarci. Forse dovremmo pensare alla comunità come alla nostra famiglia: lavorare per l’unione, non per il divorzio.

Sta per iniziare un nuovo anno pastorale, “l’anno del-la fede”. Potremmo impostare su questa virtù teologale i nostri sforzi. Quando andiamo a messa la domenica, reci-tiamo sempre il Credo e diciamo: “Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica”. Ma che cos’è questa Chiesa? Certo la Chiesa universale, certo il papa, i vescovi, i mis-sionari lontani… tutto quello che volete; ma è anche la Chiesa locale, la nostra chiesa, la nostra comunità. Credo la Chiesa in cui vivo, in cui sono cresciuto, in cui lavoro? Non è un’entità vaga: è un insieme di volti, di persone, di caratteri con cui mi incontro o mi scontro tutti i giorni, simpatici o antipatici. Credo in questa Chiesa? Credo di poter collaborare con gli altri, con questo o quel parroco, con questa o quella suora, con questo o quel barista, cate-chista, animatore (e chi più ne ha più ne metta)?

Serve un atto di fede: nel buon Dio, nel progetto, negli altri e in noi stessi. Anche quando sbagliamo, anche quan-do vediamo sbagliare qualcun altro, anche quando saremmo tentati di lasciar perdere. Ci vuole fede! Serve che ci allenia-mo ad aver fede! Qualcuno potrebbe obbiettare: belle paro-le, ma piuttosto astratte! Non c’è nulla di più concreto inve-ce! Perché se ho fiducia (ho fede) in qualcuno, lo dimostro con i fatti! Non penso subito male, non aspetto che caschi o sbagli, godendone poi, ma piuttosto lo aiuto, se sbaglia lo correggo con rispetto, se non lo capisco mi confronto, pro-vo a mettermi nei suoi panni. A volte servirebbe che i pre-ti si mettessero nei nostri panni: panni di gente che lavora, che magari ha famiglia, figli… tante volte non ci pensano e pretendono. A volte noi dovremmo metterci nei loro panni: pensate sia facile dirigere con amore la nostra comunità, con il carattere che ci troviamo ad avere noi abitanti di Botticino!

A volte basterebbe (preti e laici) guardarsi e dirsi: “va bene, mi fido di te!”, “diamoci una mano e proviamo a cam-minare assieme”. Allora la nostra Unità Pastorale potrà essere una (veramente unita), potrà essere santa (fatta cioè di per-sone che si vogliono bene e lo dimostrano), cattolica (cioè universale, aperta agli altri) e apostolica (con piena fiducia in ciò che il successore degli apostoli, cioè il vescovo, ci invita a fare).

E’ forse una utopia… ma qualche passo in questa direzio-ne potremmo farlo. Crediamoci! Giorgio Maghella. CUP

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PRECISAZIONIUNITA’ PASTORALE

L’Unità Pastorale delle parrocchie di Botticino non è piovuta dall’alto, ma voluta.

Già nella nomina di don Raffaele a parroco di Bot-ticino Sera del 1 agosto 2003, e resa pubblica il 26 ottobre 2003, si legge “Il parroco della parrocchia di “S.Maria Assunta” in Botticino Sera avrà inoltre tutte le facoltà, diritti, doveri e competenze inerenti all’Unità Pastorale di prossima costituzione e retta dal relativo Decreto Vescovile”.

Non è piovuta dall’alto, ma voluta dai parroci, dai sacerdoti, dai tre Consigli Pastorali Parrocchiali di Sera, Mattina e San Gallo e dagli animatori pastora-li a conclusione del cammino di formazione fatto in preparazione (2004-2005-2006) e successiva realizza-zione delle Missioni Parrocchiali vissute nelle tre par-rocchie nell’anno pastorale 2006-2007.

Il documento finale, redatto e approvato da quan-ti impegnati nella pastorale (Consigli e animatori), è stato il “mandato” consegnato nella solennità di Pentecoste 2007, e pubblicato sui notiziari pastorali, contenente le indicazioni pastorali per le tre parroc-chie di Botticino.

Nell’ottobre 2008 viene consegnata al Vescovo la lettera a firma dei due parroci - quello di Sera e San Gallo, e quello di Mattina - e dei tre Consigli Pa-storali con le motivazioni e il progetto pastorale che esprimevano la disponibilità delle tre parrocchie di Botticino ad essere costituite in Unità Pastorale, sug-gerendone anche il nome (inizialmente “SS.Trinità” e sucessivamente “S. Arcangelo Tadini”).

Il Vescovo di Brescia, con decreto del 22 aprile 2009: “Preso atto dell’unità geografica e territoriale delle parrocchie del Comune di Botticino e del per-corso fino ad oggi intrapreso dalle comunità parroc-chiali interessate, finalizzato ad un’azione pastorale sempre più organica e condivisa;

Constatato il vantaggio pastorale derivante dalla cooperazione fra le tre parrocchie, da tempo messa in atto in particolare nella pastorale giovanile e nelle celebrazioni liturgiche;

Dopo aver verifìcato la validità della suddetta esperienza attraverso un percorso di preparazione che è culminato nelle Missioni Popolari del 2007 e nel conseguente mandato redatto e diffuso congiun-tamente dai Consigli Pastorali delle tre Parrocchie, contenente le linee guida sulle quali impostare il cammino pastorale della erigenda Unità Pastorale di Botticino ;

Sentito il parere del Consiglio episcopale,” COSTITUISCE ed ERIGE L’UNITA’ PASTORALE “S.

Arcangelo Tadini” per le Parrocchie di S. Maria As-sunta, dei Ss. Faustino e Giovita e di S. Bartolomeo, site nel Comune di BOTTICINO.

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1. La “porta della fede” (cfr At 14,27) che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi. E’ possi-bile oltrepassare quella soglia quando la Parola di Dio viene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che trasforma. Attraversare quella porta comporta immettersi in un cammino che dura tut-ta la vita. Esso inizia con il Battesimo (cfr Rm 6, 4), mediante il quale possiamo chiamare Dio con il nome di Padre, e si conclude con il passaggio attra-verso la morte alla vita eterna, frutto della risurre-zione del Signore Gesù che, con il dono dello Spirito Santo, ha voluto coinvolgere nella sua stessa gloria quanti credono in Lui (cfr Gv 17,22). Professare la fede nella Trinità – Padre, Figlio e Spirito Santo – equivale a credere in un solo Dio che è Amore (cfr 1Gv 4,8): il Padre, che nella pienezza del tempo ha inviato suo Figlio per la nostra salvezza; Gesù Cri-sto, che nel mistero della sua morte e risurrezione ha redento il mondo; lo Spirito Santo, che conduce la Chiesa attraverso i secoli nell’attesa del ritorno glorioso del Signore.

2. Fin dall’inizio del mio ministero come Successo-re di Pietro ho ricordato l’esigenza di riscoprire il cammino della fede per mettere in luce con sempre

maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entu-siasmo dell’incontro con Cristo. Nell’Omelia della santa Messa per l’inizio del pontificato dicevo: “La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza” [1]. Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere co-mune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato [2]. Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto cul-turale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori del-la società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone.

3. Non possiamo accettare che il sale diventi insipido e la luce sia tenuta nascosta (cfr Mt 5,13-16). Anche l’uomo di oggi può sentire di nuovo il bisogno di re-carsi come la samaritana al pozzo per ascoltare Gesù, che invita a credere in Lui e ad attingere alla sua

sorgente, zampillante di acqua viva (cfr Gv 4,14). Dobbiamo ritrovare il gusto di nutrirci della Parola di Dio, trasmessa dalla Chiesa in modo fede-le, e del Pane della vita, offerti a so-stegno di quanti sono suoi discepo-li (cfr Gv 6,51). L’insegnamento di Gesù, infatti, risuona ancora ai nostri giorni con la stessa forza: “Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la via eter-na” (Gv 6,27). L’interrogativo posto da quanti lo ascoltavano è lo stesso anche per noi oggi: “Che cosa dob-biamo compiere per fare le opere di Dio?” (Gv 6,28). Conosciamo la ri-sposta di Gesù: “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha

LETTERA APOSTOLICA IN FORMA DI MOTU PROPRIO

PORTA FIDEIDEL SOMMO PONTEFICE

BENEDETTO XVICON LA QUALE SI INDICE L’ANNO DELLA FEDE

Chiesa Universale Anno della fede 11 ottobre 2012 / 24 novembre 2013 - Chiesa Universale Anno della fede 11 ottobre 2012 / 24 novembre 2013 - Chiesa Universale Anno della fede 11 ottobre 2012 /24 novembre 2013

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mandato” (Gv 6,29). Credere in Gesù Cristo, dun-que, è la via per poter giungere in modo definitivo alla salvezza.

4. Alla luce di tutto questo ho deciso di indire un Anno della fede. Esso avrà inizio l’11 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Con-cilio Vaticano II, e terminerà nella solennità di No-stro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, il 24 novembre 2013. Nella data dell’11 ottobre 2012, ricorreranno anche i vent’anni dalla pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, testo pro-mulgato dal mio Predecessore, il Beato Papa Gio-vanni Paolo II [3], allo scopo di illustrare a tutti i fedeli la forza e la bellezza della fede. Questo do-cumento, autentico frutto del Concilio Vaticano II, fu auspicato dal Sinodo Straordinario dei Vescovi del 1985 come strumento al servizio della catechesi [4] e venne realizzato mediante la collaborazione di tutto l’Episcopato della Chiesa cattolica. E pro-prio l’Assemblea Generale del Sinodo dei Vesco-vi è stata da me convocata, nel mese di ottobre del 2012, sul tema de La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Sarà quella un’oc-casione propizia per introdurre l’intera compagine ecclesiale ad un tempo di particolare riflessione e riscoperta della fede. Non è la prima volta che la Chiesa è chiamata a celebrare un Anno della fede. Il mio venerato Predecessore il Servo di Dio Paolo VI ne indisse uno simile nel 1967, per fare memo-ria del martirio degli Apostoli Pietro e Paolo nel diciannovesimo centenario della loro testimonianza suprema. Lo pensò come un momento solenne per-ché in tutta la Chiesa vi fosse “un’autentica e since-ra professione della medesima fede”; egli, inoltre, volle che questa venisse confermata in maniera “in-dividuale e collettiva, libera e cosciente, interiore ed esteriore, umile e franca” [5]. Pensava che in tal modo la Chiesa intera potesse riprendere “esatta co-scienza della sua fede, per ravvivarla, per purificar-la, per confermarla, per confessarla” [6]. I grandi sconvolgimenti che si verificarono in quell’Anno, resero ancora più evidente la necessità di una simile celebrazione. Essa si concluse con la Professione di fede del Popolo di Dio [7], per attestare quanto i contenuti essenziali che da secoli costituiscono il patrimonio di tutti i credenti hanno bisogno di esse-re confermati, compresi e approfonditi in maniera sempre nuova al fine di dare testimonianza coerente in condizioni storiche diverse dal passato.

5. Per alcuni aspetti, il mio venerato Predecessore vide questo Anno come una “conseguenza ed esigenza postconciliare” [8], ben cosciente delle gravi dif-ficoltà del tempo, soprattutto riguardo alla profes-sione della vera fede e alla sua retta interpretazio-ne. Ho ritenuto che far iniziare l’Anno della fede

in coincidenza con il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II possa essere un’occasione propizia per comprendere che i testi lasciati in eredità dai Padri conciliari, secondo le parole del beato Giovanni Paolo II, “non perdono il loro valore né il loro smalto. È necessario che essi vengano letti in maniera appropriata, che vengano conosciuti e assimilati come testi qualificati e nor-mativi del Magistero, all’interno della Tradizione della Chiesa … Sento più che mai il dovere di ad-ditare il Concilio, come la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX: in esso ci è of-ferta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre” [9]. Io pure intendo ribadire con forza quanto ebbi ad affermare a proposito del Concilio pochi mesi dopo la mia elezione a Succes-sore di Pietro: “se lo leggiamo e recepiamo guidati da una giusta ermeneutica, esso può essere e diven-tare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa” [10].

SIGNIFICATO DEL LOGOSu un campo quadrato, bordato, è simbolicamente rappresentata

una barca, immagine della Chiesa, in navigazione su dei flutti graficamen-

te appena accennati, e il cui albero maestro è una croce che issa delle vele che con dei segni dinamici realizzano il trigramma di Cristo; inoltre lo sfondo

delle vele è un sole che associato al trigramma

rimanda anche all’eucaristia.

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6. Il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti: con la loro stessa esistenza nel mondo i cristiani sono infatti chiamati a far risplendere la Parola di verità che il Signore Gesù ci ha lasciato. Proprio il Conci-lio, nella Costituzione dogmatica Lumen gentium, affermava: “Mentre Cristo, «santo, innocente, sen-za macchia» (Eb 7,26), non conobbe il peccato (cfr 2Cor 5,21) e venne solo allo scopo di espiare i pec-cati del popolo (cfr Eb 2,17), la Chiesa, che com-prende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento. La Chiesa «prosegue il suo pellegri-naggio fra le persecuzioni del mondo e le consola-zioni di Dio», annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga (cfr 1Cor 11,26). Dalla virtù del Signore risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le afflizioni e le dif-ficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori, e per svelare in mezzo al mondo, con fedeltà anche se non perfettamente, il mistero di lui, fino a che alla fine dei tempi esso sarà manifestato nella pienezza della luce” [11].

L’Anno della fede, in questa prospettiva, è un invito ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo. Nel mistero della sua morte e risurrezione, Dio ha rivelato in pienezza l’Amore che salva e chiama gli uomini alla conver-sione di vita mediante la remissione dei peccati (cfr At 5,31). Per l’apostolo Paolo, questo Amore intro-duce l’uomo ad una nuova vita: “Per mezzo del bat-tesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella mor-te, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possia-mo camminare in una nuova vita” (Rm 6,4). Grazie alla fede, questa vita nuova plasma tutta l’esistenza umana sulla radicale novità della risurrezione. Nella misura della sua libera disponibilità, i pensieri e gli affetti, la mentalità e il comportamento dell’uomo vengono lentamente purificati e trasformati, in un cammino mai compiutamente terminato in questa vita. La “fede che si rende operosa per mezzo della carità” (Gal 5,6) diventa un nuovo criterio di intelli-genza e di azione che cambia tutta la vita dell’uomo (cfr Rm 12,2; Col 3,9-10; Ef 4,20-29; 2Cor 5,17).

7. “Caritas Christi urget nos” (2Cor 5,14): è l’amore di

Cristo che colma i nostri cuori e ci spinge ad evan-gelizzare. Egli, oggi come allora, ci invia per le stra-de del mondo per proclamare il suo Vangelo a tutti i popoli della terra (cfr Mt 28,19). Con il suo amore, Gesù Cristo attira a sé gli uomini di ogni generazio-ne: in ogni tempo Egli convoca la Chiesa affidandole l’annuncio del Vangelo, con un mandato che è sem-pre nuovo. Per questo anche oggi è necessario un più convinto impegno ecclesiale a favore di una nuova evangelizzazione per riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede. Nella quotidiana riscoperta del suo amore attinge forza e vigore l’impegno missionario dei credenti che non può mai venire meno. La fede, infatti, cresce quando è vissuta come esperienza di un amore ricevuto e quando viene comunicata come esperienza di grazia e di gioia. Essa rende fecondi, perché allarga il cuo-re nella speranza e consente di offrire una testimo-nianza capace di generare: apre, infatti, il cuore e la mente di quanti ascoltano ad accogliere l’invito del Signore di aderire alla sua Parola per diventare suoi discepoli. I credenti, attesta sant’Agostino, “si for-tificano credendo” [12]. Il santo Vescovo di Ippona aveva buone ragioni per esprimersi in questo modo. Come sappiamo, la sua vita fu una ricerca continua della bellezza della fede fino a quando il suo cuore non trovò riposo in Dio [13]. I suoi numerosi scritti, nei quali vengono spiegate l’importanza del credere e la verità della fede, permangono fino ai nostri gior-ni come un patrimonio di ricchezza ineguagliabile e consentono ancora a tante persone in ricerca di Dio di trovare il giusto percorso per accedere alla “porta della fede”.

Solo credendo, quindi, la fede cresce e si rafforza; non c’è altra possibilità per possedere certezza sulla propria vita se non abbandonarsi, in un crescendo continuo, nelle mani di un amore che si sperimenta sempre più grande perché ha la sua origine in Dio.

8. In questa felice ricorrenza, intendo invitare i Confra-telli Vescovi di tutto l’orbe perché si uniscano al Suc-cessore di Pietro, nel tempo di grazia spirituale che il Signore ci offre, per fare memoria del dono pre-zioso della fede. Vorremmo celebrare questo Anno in maniera degna e feconda. Dovrà intensificarsi la riflessione sulla fede per aiutare tutti i credenti in Cristo a rendere più consapevole ed a rinvigorire la loro adesione al Vangelo, soprattutto in un momento di profondo cambiamento come quello che l’umani-tà sta vivendo. Avremo l’opportunità di confessare la fede nel Signore Risorto nelle nostre Cattedrali e nelle chiese di tutto il mondo; nelle nostre case e presso le nostre famiglie, perché ognuno senta forte l’esigenza di conoscere meglio e di trasmettere alle generazioni future la fede di sempre. Le comunità religiose come quelle parrocchiali, e tutte le realtà ecclesiali antiche e nuove, troveranno il modo, in

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questo Anno, per rendere pubblica professione del Credo.

9. Desideriamo che questo Anno susciti in ogni creden-te l’aspirazione a confessare la fede in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia e speranza. Sarà un’occasione propizia anche per intensificare la celebrazione della fede nella liturgia, e in parti-colare nell’Eucaristia, che è “il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e insieme la fonte da cui promana tutta la sua energia” [14]. Nel contempo, auspichiamo che la testimonianza di vita dei creden-ti cresca nella sua credibilità. Riscoprire i contenu-ti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata [15], e riflettere sullo stesso atto con cui si crede, è un impegno che ogni credente deve fare proprio, soprattutto in questo Anno.

Non a caso, nei primi secoli i cristiani erano tenuti ad imparare a memoria il Credo. Questo serviva loro come preghiera quotidiana per non dimenticare l’impegno assunto con il Battesimo. Con parole den-se di significato, lo ricorda sant’Agostino quando, in un’Omelia sulla redditio symboli, la consegna del Credo, dice: “Il simbolo del santo mistero che avete ricevuto tutti insieme e che oggi avete reso uno per uno, sono le parole su cui è costruita con saldezza la fede della madre Chiesa sopra il fondamento stabile che è Cristo Signore … Voi dunque lo avete rice-vuto e reso, ma nella mente e nel cuore lo dovete tenere sempre presente, lo dovete ripetere nei vostri letti, ripensarlo nelle piazze e non scordarlo durante i pasti: e anche quando dormite con il corpo, dovete vegliare in esso con il cuore” [16].

10. Vorrei, a questo punto, delineare un percorso che aiuti a comprendere in modo più profondo non solo i contenuti della fede, ma insieme a questi anche l’at-to con cui decidiamo di affidarci totalmente a Dio, in piena libertà. Esiste, infatti, un’unità profonda tra l’atto con cui si crede e i contenuti a cui diamo il nostro assenso. L’apostolo Paolo permette di entrare all’in-

terno di questa realtà quando scrive: “Con il cuore … si crede … e con la bocca si fa la professione di fede” (Rm 10,10). Il cuo-re indica che il primo atto con cui si vie-ne alla fede è dono di Dio e azione della grazia che agi-

sce e trasforma la persona fin nel suo intimo.

L’esempio di Lidia è quanto mai eloquente in proposi-to. Racconta san Luca che Paolo, mentre si trovava a Filippi, andò di sabato per annunciare il Vangelo ad alcune donne; tra esse vi era Lidia e il “Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo” (At 16,14). Il senso racchiuso nell’espressione è impor-tante. San Luca insegna che la conoscenza dei con-tenuti da credere non è sufficiente se poi il cuore, autentico sacrario della persona, non è aperto dalla grazia che consente di avere occhi per guardare in profondità e comprendere che quanto è stato annun-ciato è la Parola di Dio.

Professare con la bocca, a sua volta, indica che la fede implica una testimonianza ed un impegno pubblici. Il cristiano non può mai pensare che credere sia un fatto privato. La fede è decidere di stare con il Si-gnore per vivere con Lui. E questo “stare con Lui” introduce alla comprensione delle ragioni per cui si crede. La fede, proprio perché è atto della liber-tà, esige anche la responsabilità sociale di ciò che si crede. La Chiesa nel giorno di Pentecoste mostra con tutta evidenza questa dimensione pubblica del credere e dell’annunciare senza timore la propria fede ad ogni persona. È il dono dello Spirito Santo che abilita alla missione e fortifica la nostra testimo-nianza, rendendola franca e coraggiosa.

La stessa professione della fede è un atto personale ed insieme comunitario. E’ la Chiesa, infatti, il primo soggetto della fede. Nella fede della Comunità cri-stiana ognuno riceve il Battesimo, segno efficace dell’ingresso nel popolo dei credenti per ottenere la salvezza. Come attesta il Catechismo della Chiesa Cattolica: “«Io credo»; è la fede della Chiesa profes-sata personalmente da ogni credente, soprattutto al momento del Battesimo. «Noi crediamo» è la fede della Chiesa confessata dai Vescovi riuniti in Conci-lio, o più generalmente, dall’assemblea liturgica dei fedeli. «Io credo»: è anche la Chiesa nostra Madre, che risponde a Dio con la sua fede e che ci insegna a dire «Io credo», «Noi crediamo»” [17].

Come si può osservare, la conoscenza dei contenuti di fede è essenziale per dare il proprio assenso, cioè per aderire pienamente con l’intelligenza e la volontà a quanto viene proposto dalla Chiesa. La conoscenza della fede introduce alla totalità del mistero salvifico rivelato da Dio. L’assenso che viene prestato impli-ca quindi che, quando si crede, si accetta liberamen-te tutto il mistero della fede, perché garante della sua verità è Dio stesso che si rivela e permette di conoscere il suo mistero di amore [18].

D’altra parte, non possiamo dimenticare che nel nostro contesto culturale tante persone, pur non ricono-

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scendo in sé il dono della fede, sono comunque in una sincera ricerca del senso ultimo e della verità definitiva sulla loro esistenza e sul mondo. Questa ricerca è un autentico “preambolo” alla fede, perché muove le persone sulla strada che conduce al miste-ro di Dio. La stessa ragione dell’uomo, infatti, porta insita l’esigenza di “ciò che vale e permane sempre” [19]. Tale esigenza costituisce un invito permanente, inscritto indelebilmente nel cuore umano, a mettersi in cammino per trovare Colui che non cercheremmo se non ci fosse già venuto incontro [20]. Proprio a questo incontro la fede ci invita e ci apre in pienezza.

11. Per accedere a una conoscenza sistematica dei con-tenuti della fede, tutti possono trovare nel Catechi-smo della Chiesa Cattolica un sussidio prezioso ed indispensabile. Esso costituisce uno dei frutti più im-portanti del Concilio Vaticano II. Nella Costituzione Apostolica Fidei depositum, non a caso firmata nella ricorrenza del trentesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, il Beato Giovanni Paolo II scriveva: “Questo Catechismo apporterà un contri-buto molto importante a quell’opera di rinnovamen-to dell’intera vita ecclesiale… Io lo riconosco come uno strumento valido e legittimo al servizio della comunione ecclesiale e come una norma sicura per l’insegnamento della fede” [21].

E’ proprio in questo orizzonte che l’Anno della fede dovrà esprimere un corale impegno per la riscoper-ta e lo studio dei contenuti fondamentali della fede che trovano nel Catechismo della Chiesa Cattolica la loro sintesi sistematica e organica. Qui, infatti, emerge la ricchezza di insegnamento che la Chie-sa ha accolto, custodito ed offerto nei suoi duemila anni di storia. Dalla Sacra Scrittura ai Padri della Chiesa, dai Maestri di teologia ai Santi che hanno at-traversato i secoli, il Catechismo offre una memoria permanente dei tanti modi in cui la Chiesa ha me-ditato sulla fede e prodotto progresso nella dottrina per dare certezza ai credenti nella loro vita di fede.

Nella sua stessa struttura, il Catechismo della Chiesa

Cattolica presenta lo sviluppo della fede fino a toc-care i grandi temi della vita quotidiana. Pagina dopo pagina si scopre che quanto viene presentato non è una teoria, ma l’incontro con una Persona che vive nella Chiesa. Alla professione di fede, infatti, segue la spiegazione della vita sacramentale, nella quale Cristo è presente, operante e continua a costruire la sua Chiesa. Senza la liturgia e i Sacramenti, la pro-fessione di fede non avrebbe efficacia, perché man-cherebbe della grazia che sostiene la testimonianza dei cristiani. Alla stessa stregua, l’insegnamento del Catechismo sulla vita morale acquista tutto il suo si-gnificato se posto in relazione con la fede, la liturgia e la preghiera.

12. In questo Anno, pertanto, il Catechismo della Chie-sa Cattolica potrà essere un vero strumento a soste-gno della fede, soprattutto per quanti hanno a cuore la formazione dei cristiani, così determinante nel nostro contesto culturale. A tale scopo, ho invitato la Congregazione per la Dottrina della Fede, in ac-cordo con i competenti Dicasteri della Santa Sede, a redigere una Nota, con cui offrire alla Chiesa ed ai credenti alcune indicazioni per vivere quest’An-no della fede nei modi più efficaci ed appropriati, al servizio del credere e dell’evangelizzare.

La fede, infatti, si trova ad essere sottoposta più che nel passato a una serie di interrogativi che provengono da una mutata mentalità che, particolarmente oggi, riduce l’ambito delle certezze razionali a quello del-le conquiste scientifiche e tecnologiche. La Chiesa tuttavia non ha mai avuto timore di mostrare come tra fede e autentica scienza non vi possa essere alcun conflitto perché ambedue, anche se per vie diverse, tendono alla verità [22].

13. Sarà decisivo nel corso di questo Anno ripercorrere la storia della nostra fede, la quale vede il mistero insondabile dell’intreccio tra santità e peccato. Men-tre la prima evidenzia il grande apporto che uomini e donne hanno offerto alla crescita ed allo sviluppo della comunità con la testimonianza della loro vita, il secondo deve provocare in ognuno una sincera e permanente opera di conversione per sperimentare la misericordia del Padre che a tutti va incontro.

In questo tempo terremo fisso lo sguardo su Gesù Cristo, “colui che dà origine alla fede e la porta a compimento” (Eb 12,2): in lui trova compimento ogni travaglio ed anelito del cuore umano. La gioia dell’amore, la risposta al dramma della sofferenza e del dolore, la forza del perdono davanti all’offesa ricevuta e la vittoria della vita dinanzi al vuoto del-la morte, tutto trova compimento nel mistero della sua Incarnazione, del suo farsi uomo, del condivi-dere con noi la debolezza umana per trasformarla con la potenza della sua Risurrezione. In lui, morto

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e risorto per la nostra salvezza, trovano piena luce gli esempi di fede che hanno segnato questi duemila anni della nostra storia di salvezza.

Per fede Maria accolse la parola dell’Angelo e credet-te all’annuncio che sarebbe divenuta Madre di Dio nell’obbedienza della sua dedizione (cfr Lc 1,38). Visitando Elisabetta innalzò il suo canto di lode all’Altissimo per le meraviglie che compiva in quanti si affidano a Lui (cfr Lc 1,46-55). Con gioia e trepi-dazione diede alla luce il suo unico Figlio, mantenen-do intatta la verginità (cfr Lc 2,6-7). Confidando in Giuseppe suo sposo, portò Gesù in Egitto per salvar-lo dalla persecuzione di Erode (cfr Mt 2,13-15). Con la stessa fede seguì il Signore nella sua predicazione e rimase con Lui fin sul Golgota (cfr Gv 19,25-27). Con fede Maria assaporò i frutti della risurrezione di Gesù e, custodendo ogni ricordo nel suo cuore (cfr Lc 2,19.51), lo trasmise ai Dodici riuniti con lei nel Cenacolo per ricevere lo Spirito Santo (cfr At 1,14; 2,1-4).

Per fede gli Apostoli lasciarono ogni cosa per seguire il Maestro (cfr Mc 10,28). Credettero alle parole con le quali annunciava il Regno di Dio presente e realizza-to nella sua persona (cfr Lc 11,20). Vissero in comu-nione di vita con Gesù che li istruiva con il suo in-segnamento, lasciando loro una nuova regola di vita con la quale sarebbero stati riconosciuti come suoi discepoli dopo la sua morte (cfr Gv 13,34-35). Per fede andarono nel mondo intero, seguendo il man-dato di portare il Vangelo ad ogni creatura (cfr Mc 16,15) e, senza alcun timore, annunciarono a tutti la gioia della risurrezione di cui furono fedeli testimoni.

Per fede i discepoli formarono la prima comunità rac-colta intorno all’insegnamento degli Apostoli, nella preghiera, nella celebrazione dell’Eucaristia, metten-do in comune quanto possedevano per sovvenire alle necessità dei fratelli (cfr At 2,42-47).

Per fede i martiri donarono la loro vita, per testimoniare la verità del Vangelo che li aveva trasformati e resi capaci di giungere fino al dono più grande dell’amo-re con il perdono dei propri persecutori.

Per fede uomini e donne hanno consacrato la loro vita a Cristo, lasciando ogni cosa per vivere in semplicità evangelica l’obbedienza, la povertà e la castità, segni concreti dell’attesa del Signore che non tarda a veni-re. Per fede tanti cristiani hanno promosso un’azione a favore della giustizia per rendere concreta la paro-la del Signore, venuto ad annunciare la liberazione dall’oppressione e un anno di grazia per tutti (cfr Lc 4,18-19).

Per fede, nel corso dei secoli, uomini e donne di tutte le età, il cui nome è scritto nel Libro della vita (cfr Ap

7,9; 13,8), hanno confessato la bellezza di seguire il Signore Gesù là dove venivano chiamati a dare te-stimonianza del loro essere cristiani: nella famiglia, nella professione, nella vita pubblica, nell’esercizio dei carismi e ministeri ai quali furono chiamati.

Per fede viviamo anche noi: per il riconoscimento vivo del Signore Gesù, presente nella nostra esistenza e nella storia.

14. L’Anno della fede sarà anche un’occasione propi-zia per intensificare la testimonianza della carità. Ri-corda san Paolo: “Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!” (1Cor 13,13). Con parole anco-ra più forti - che da sempre impegnano i cristiani - l’apostolo Giacomo affermava: “A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quo-tidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessa-rio per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta. Al contrario uno potrebbe dire: «Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede»” (Gc 2,14-18).

La fede senza la carità non porta frutto e la carità senza la fede sarebbe un sentimento in balia costante del dubbio. Fede e carità si esigono a vicenda, così che l’una permette all’altra di attuare il suo cammino. Non pochi cristiani, infatti, dedicano la loro vita con amore a chi è solo, emarginato o escluso come a co-lui che è il primo verso cui andare e il più importante da sostenere, perché proprio in lui si riflette il volto stesso di Cristo. Grazie alla fede possiamo ricono-scere in quanti chiedono il nostro amore il volto del Signore risorto. “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto

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a me” (Mt 25,40): queste sue parole sono un monito da non dimenticare ed un invito perenne a ridonare quell’amore con cui Egli si prende cura di noi. E’ la fede che permette di riconoscere Cristo ed è il suo stesso amore che spinge a soccorrerlo ogni volta che si fa nostro prossimo nel cammino della vita. Soste-nuti dalla fede, guardiamo con speranza al nostro im-pegno nel mondo, in attesa di “nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia” (2Pt 3,13; cfr Ap 21,1).

15. Giunto ormai al termine della sua vita, l’apostolo Pa-olo chiede al discepolo Timoteo di “cercare la fede” (cfr 2Tm 2,22) con la stessa costanza di quando era ragazzo (cfr 2Tm 3,15). Sentiamo questo invito ri-volto a ciascuno di noi, perché nessuno diventi pigro nella fede. Essa è compagna di vita che permette di percepire con sguardo sempre nuovo le meraviglie

che Dio compie per noi. Intenta a cogliere i segni dei tempi nell’oggi della storia, la fede impegna ognu-no di noi a diventare segno vivo della presenza del Risorto nel mondo. Ciò di cui il mondo oggi ha par-ticolarmente bisogno è la testimonianza credibile di quanti, illuminati nella mente e nel cuore dalla Parola del Signore, sono capaci di aprire il cuore e la mente di tanti al desiderio di Dio e della vita vera, quella che non ha fine.

“La Parola del Signore corra e sia glorificata” (2Ts 3,1): possa questo Anno della fede rendere sempre più sal-do il rapporto con Cristo Signore, poiché solo in Lui vi è la certezza per guardare al futuro e la garanzia di un amore autentico e duraturo. Le parole dell’apo-stolo Pietro gettano un ultimo squarcio di luce sul-la fede: “Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, mol-to più preziosa dell’oro – destinato a perire e tutta-via purificato con fuoco – torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo,

credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e glo-riosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime” (1Pt 1,6-9). La vita dei cri-stiani conosce l’esperienza della gioia e quella della sofferenza. Quanti Santi hanno vissuto la solitudine! Quanti credenti, anche ai nostri giorni, sono prova-ti dal silenzio di Dio mentre vorrebbero ascoltare la sua voce consolante! Le prove della vita, mentre con-sentono di comprendere il mistero della Croce e di partecipare alle sofferenze di Cristo (cfr Col 1,24), sono preludio alla gioia e alla speranza cui la fede conduce: “quando sono debole, è allora che sono for-te” (2Cor 12,10). Noi crediamo con ferma certezza che il Signore Gesù ha sconfitto il male e la morte. Con questa sicura fiducia ci affidiamo a Lui: Egli, presente in mezzo a noi, vince il potere del maligno (cfr Lc 11,20) e la Chiesa, comunità visibile della sua misericordia, permane in Lui come segno della ri-

conciliazione definitiva con il Padre.

Affidiamo alla Madre di Dio, proclamata “bea-ta” perché “ha creduto” (Lc 1,45), questo tem-po di grazia. Dato a Roma, presso San Pietro, l’11 ottobre dell’Anno 2011, settimo di Pontificato.

BENEDETTO XVI

[1] Omelia per l’inizio del ministero petrino del Vescovo di Roma (24 aprile 2005): AAS 97(2005), 710.[2] Cfr BENEDETTO XVI, Omelia S. Messa al Terreiro do Paço, Lisbona (11 maggio 2010): Insegnamenti VI,1(2010), 673.[3] Cfr GIOVANNI PAOLO II, Cost. ap. Fidei depositum (11 ottobre 1992): AAS 86(1994), 113-118.[4] Cfr Rapporto finale del Secondo Sinodo Straordinario dei Vescovi (7 dicembre 1985), II, B, a, 4: in Enchiridion Vatica-num, vol. 9, n. 1797.[5] PAOLO VI, Esort. ap. Petrum et Paulum Apostolos, nel

XIX centenario del martirio dei Santi Apostoli Pietro e Paolo (22 feb-braio 1967): AAS 59(1967), 196.

[6] Ibid., 198.[7] PAOLO VI, Solenne Professione di fede, Omelia per la Concelebrazio-

ne nel XIX centenario del martirio dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, a conclusione dell’ “Anno della fede” (30 giugno 1968): AAS 60(1968), 433-445.

[8] ID., Udienza Generale (14 giugno 1967): Insegnamenti V(1967), 801.[9] GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio

2001), 57: AAS 93(2001), 308.[10] Discorso alla Curia Romana (22 dicembre 2005): AAS 98(2006), 52.[11] CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 8.[12] De utilitate credendi, 1,2.[13] Cfr AGOSTINO D’IPPONA, Confessioni, I,1.[14] CONC. ECUM. VAT. II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Conci-

lium, 10.[15] Cfr GIOVANNI PAOLO II, Cost. ap. Fidei depositum (11 ottobre

1992): AAS 86(1994), 116.[16] Sermo 215,1.[17] Catechismo della Chiesa Cattolica, 167.[18] Cfr CONC. ECUM. VAT. I, Cost. dogm. sulla fede cattolica Dei Fi-

lius, cap. III: DS 3008-3009; CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. sulla divina rivelazione Dei Verbum, 5.

[19] BENEDETTO XVI, Discorso al Collège des Bernardins, Parigi (12 settembre 2008): AAS 100(2008), 722.

[20] Cfr AGOSTINO D’IPPONA, Confessioni, XIII, 1.[21] GIOVANNI PAOLO II, Cost. ap. Fidei depositum (11 ottobre 1992):

AAS 86(1994), 115 e 117.[22] Cfr ID., Lett. enc. Fides et ratio (14 settembre 1998), nn. 34 e106:

AAS 91(1999), 31-32, 86-87.

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Nota con indicazioni pastorali per l’Anno della fede

della Congregazione per la dottrina della fede

A livello di parrocchie1. Tutti i fedeli sono invitati a leggere e meditare at-tentamente la Lettera apostolica Porta fidei del Santo Padre Benedetto XVI.

2. L’Anno della fede «sarà un’occasione propizia per intensificare la celebrazione della fede nella liturgia, e in particolare nell’Eucaristia»[31]. Nell’Eucarestia, mi-stero della fede e sorgente della nuova evangelizza-zione, la fede della Chiesa viene proclamata, celebrata e fortificata. Tutti i fedeli sono invitati a prendervi parte consapevolmente, attivamente e fruttuosamente, per essere autentici testimoni del Signore.

3. I sacerdoti potranno dedicare maggior attenzione allo studio dei Documenti del Concilio Vaticano II e del Catechismo della Chiesa Cattolica, traendone frutto per la pastorale parrocchiale – la catechesi, la predicazione, la preparazione ai sacramenti – e proponendo cicli di omelie sulla fede o su alcuni suoi aspetti specifici, come ad esempio, “l’incontro con Cristo”, “i contenuti fondamentali del Credo”, “la fede e la Chiesa” [32].

4. I catechisti potranno attingere maggiormente alla ricchezza dottrinale del Catechismo della Chiesa Cattolica e guidare, sotto la responsabilità dei rispettivi parroci, gruppi di fedeli per la lettura e il comune approfondimento di questo prezioso strumento, al fine di creare piccole comunità di fede e di testimo-nianza del Signore Gesù.

5. Nelle parrocchie si auspica un rinnovato impegno nella diffusione e nella distribuzione del Catechi-smo della Chiesa Cattolica o di altri sussidi adatti alle famiglie, autentiche chiese domestiche e luoghi primari di trasmissione della fede, ad esempio nel contesto delle benedizioni delle case, dei Battesimi degli adulti, delle Confermazioni, dei Matrimoni. Ciò potrà contribuire alla confessione e all’approfondi-mento della dottrina cattolica «nelle nostre case e presso le nostre famiglie, perché ognuno senta forte l’esigenza di conoscere meglio e di trasmettere alle generazioni future la fede di sempre»[33].

6. Sarà opportuno promuovere missioni popolari e altre iniziative, nelle parrocchie e nei luoghi di lavo-ro, per aiutare i fedeli a riscoprire il dono della fede battesimale e la responsabilità della sua testimo-nianza, nella consapevolezza che la vocazione cristiana «è per sua natura anche vocazione all’apo-stolato»[34].

7. In questo tempo, i membri degli Istituti di Vita Consacrata e delle Società di Vita Apostolica sono sollecitati ad impegnarsi nella nuova evangelizzazione, con una rinnovata adesione al Signore Gesù, mediante l’apporto dei propri carismi e nella fedeltà al Santo Padre ed alla sana dottrina....10. Tutti i fedeli, chiamati a ravvivare il dono della fede, cercheranno di comunicare la propria espe-rienza di fede e di carità[35] dialogando coi loro fratelli e sorelle, anche delle altre confessioni cristiane, con i seguaci di altre religioni, e con coloro che non credono, oppure sono indifferenti. In tal modo si auspica che l’intero popolo cristiano inizi una sorta di missione verso coloro con cui vive e lavora, nella consapevolezza di aver «ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti»[36].

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“Di quei giorni conservo soprattutto il ricordo dell’at-mosfera. Una sensazione di entusiasmo, di gioia e di aper-tura che ci pervadeva. Ho trascorso durante il Concilio gli anni migliori della mia vita, non solo e non tanto perché ero giovane, ma perche finalmente si usciva da un’atmo-sfera che sapeva un po’ di muffa, di stantio, e si aprivano porte e finestre, circolava l’aria pura, si guardava al dialo-go con altre realtà, e la Chiesa appariva veramente capace di affrontare il mondo moderno. Tutto questo, lo ripeto, ci dava una grande gioia e una grande carica d’entusiasmo”. A parlare così, in un recente intervento, è stato il Cardi-nal Carlo Maria Martini. Una memoria grata di un av-venimento - il Concilio Vaticano II - che ha segnato, in maniera irreversibile, la vita della Chiesa. Fu Giovanni XXIII a volerlo, poco tempo dopo la sua elezione (28 ottobre 1958). Il papa bergamasco, pensato e votato in Conclave come papa di “transizione”, maturò presto la necessità di precisare e distinguere fra ciò che è princi-pio sacro e Vangelo eterno, e ciò che è mutevolezza dei tempi. Il suo annuncio - il 25 gennaio del 1959, nella Ba-silica di San Paolo fuori le Mura - stupì molti. Il percorso avviato, probabilmente, fu diverso da quanto inizialmen-te previsto dallo stesso Pontefice che, all’inizio, pensava di chiudere tutto abbastanza in fretta. Il 17 maggio dello stesso anno si insediò la commissione antepreparatoria. In quell’occasione il Papa illustrò le finalità del concilio: aumentare la coesione interna e l’apertura ai problemi del mondo contemporaneo. La commissione, attraverso il Segretario di Stato, mons. Tadini, invitò 2594 vescovi e superiori di vari ordini, università e facoltà cattoliche ad inviare proposte di argomenti da discutere. Tali “po-stulati” ammontarono a 2812. Vennero quindi vagliati e passati ai competenti organismi della Curia che a loro volta elaborarono “proposita et monita”. Il 5 giugno 1960 con il motu proprio “Supernu Dei Natu” comincia la fase preparatoria con l’istituzione di dieci commissioni che, ad eccezione di quella per l’apostolato dei laici, ricalca-vano gli organismi centrali della curia romana. Questa impostazione sottomise le commissioni preparatorie al condizionamento della Curia e determinò in ultima ana-

lisi uno dei fenomeni più caratterizzanti del Concilio: su 69 schemi presentati alle congregazioni generali della prima sessione, solo tre servirono come effettivo riferi-mento per i rispettivi decreti conciliari. Ben trenta fu-rono bocciati. Ciò ebbe come conseguenza il passaggio della leadership ideologica del concilio dalla piccola ma influente schiera dei tradizionalisti alla grande maggio-ranza moderatamente progressista.

ALLA RICERCA DEI SEGNI DEI TEMPI

«Nella santa Messa di mezzanotte per il Corpo diplo-matico nella sala Clementina... Immediatamente dopo ce-lebrai la seconda e terza Messa nella mia cappella priva-ta... Alle ore 9 mia firma solenne della Bolla di indizione del Concilio, sempre nella Sala Clementina. Era presente anche il cardinale Copello, gran cancelliere di Santa Roma-na Chiesa. Mi servii per la firma di una penna d’oro regala-tami dall’Osservatore Romano per l’occasione. Alle 12.30 nella stessa Sala Clementina mio breve discorso con riferi-mento alla indizione del Concilio e alla benedizione di Na-tale che di là diedi in tiara, Urbi et orbi». Così, il giorno di Natale del 1961, Giovanni XXIII, sul suo diario, descri-veva uno dei passi formali, ma decisivi, verso la celebra-zione dell’evento conciliare già nel pieno della sua fase preparatoria: la firma della bolla Humanae salutìs. Un testo da riprendere in mano. Vi si legge che il Concilio avrebbe cercato di «contribuire più efficacemente alla soluzione dei problemi dell’età moderna» affrontando dunque la già grave crisi della società. E tuttavia un testo sereno, venato di ottimismo, con il Pontefice che affer-mava «facendo nostra la raccomandazione di saper distin-guere “i segni dei tempi” ci sembra di scorgere, in mezzo a tante tenebre, indizi non pochi che fanno bene sperare sulle sorti della Chiesa e della umanità...». Uno sguardo non risentito, capace di speranza. «Pur non avendo finalità direttamente terrestri, essa (la Chiesa) tuttavia non può disinteressarsi nel suo cammino dei problemi e dei travagli di quaggiù. Sa quanto giovino al bene dell’anima quei mez-

Il Concilio Vaticano II si è aperto l’11 ottobre 1962.Chi lo ha progettato? Quale atmosfera si respirava?Ce ne parlano il cardinal Martini e il Vescovo Bettazzi.

Il Concilio: rivoluzione copernicana

Il Concilio compie 50 anni

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zi che sono atti a rendere più umana la vita ai singoli uo-mini che devono essere salvati; sa che, vivificando l’ordine temporale, che con la luce di Cristo rivela pure gli uomini a se stessi, li conduce cioè a scoprire in se stessi il proprio essere, la propria dignità, il proprio fine». Insomma, a sta-gliarsi era già l’attesa nuova fase per la vita della Chiesa. Punto ancora taciuto nel documento era la data preci-sa dell’avvio del Concilio, genericamente convocato - si poteva leggere - «per il prossimo anno 1962». Tuttavia la lacuna non angosciava il Papa ottantenne che aveva appena ricevuto gli auguri di compleanno dal Cremlino (e aveva risposto a Kruscev associando nelle sue espres-sioni cordiali il popolo russo). Papa Roncalli vedeva il piccolo seme, lanciato tre anni prima, trasformato in una pianta. Per il momento si accontentava di procedere «a vista». Poco tempo prima, parlando con Jean Guitton e indicandogli la cupola dell’osservatorio di Castel Gan-dolfo, aveva detto al filosofo francese: «Questi sapienti astronomi, per guidare gli uomini, si servono di strumenti molto complicati. Io invece non li conosco. Io mi accontento, come Abramo, di avanzare nella notte, passo dopo l’altro, alla luce delle stelle».Di queste cose parlo con mons. Luigi Bettazzi, oggi alla soglia dei novant’anni. Al tempo del Concilio, Bettazzi era il vescovo italiano più giovane e ne è stato poi testi-mone intelligente e appassionato.

Nel 1963, lei a 40 anni entrava al Concilio Vatica-no II. Come ha vissuto questa esperienza? È stata una grande grazia; l’esperienza della Chiesa cattolica, univer-sale, con la presenza attiva di vescovi di tutte le razze e di tutte le culture. Questa globalità fu enfatizzata in me dal fatto di essere vescovo ausiliare del Card. Lercaro, uno dei quattro Moderatori del Concilio. Chi voleva avvicinarlo o sollecitava la sua attenzione non di rado richiedeva la mia mediazione; non a caso ebbi presente alla mia ordi-nazione episcopale Roger Schutz di Taizé, ed ebbi modo di frequentare il gruppo impegnato a sviluppare il tema della Chiesa dei poveri (fu lì, ad esempio, che iniziai a fre-quentare il brasiliano dom Helder Camara). Mi aiutò an-che la frequentazione di vescovi attratti dalla spiritualità di Charles de Foucauld, il gruppo che si venne formando, venti vescovi provenienti da diciotto nazioni di tre conti-nenti, si radunava tutte le settimane, dando luogo a scam-bi e incoraggiamenti fruttuosi. Ed io, vescovo giovane, mi rendevo conto che, se ufficialmente ero un Padre, vi en-travo come un alunno. Un noto vescovo italiano ha spesso ripetuto che il Concilio è stato il suo secondo seminario.

Il Concilio aprì le finestre della Chiesa, suscitando speranze straordinarie... In realtà, il clima al di fuori del Concilio era allora di molta speranza: in un mondo che sentiva il bisogno di forti mutamenti (che scoppiaro-no poi tra i giovani e gli operai nel 1968 e nel 1969), un cambiamento nella Chiesa - l’organizzazione più estesa e massiccia del mondo - dava a tutti il primo annuncio di novità. Al di dentro dell’Assemblea era evidente la tensione tra quanti - ed erano la maggioranza -spingeva-no per il rinnovamento e quanti invece - minoranza, ma agguerrita ed autorevole - si appellavano alla tradizione per frenare la riforma. Finito il Concilio, la minoranza potè emergere anche forse per gli eccessi di chi, in nome del Concilio, portava avanti trasformazioni sostanziali. I Papi, per mantenere doverosamente l’unità della Chiesa, hanno dovuto tener conto anche di questa minoranza, forse anche fisicamente più vicina a loro; e questo può aver dato l’impressione che si volesse attaccare il Conci-lio e che quindi lo si dovesse “difendere”.

Se dovesse presentare il nucleo dell’evento con-ciliare a un nostro contemporaneo, quali sarebbero i punti chiave che indicherebbe? Un elemento fonda-mentale fu il cambio di prospettiva proposto da Papa Giovanni, che lo volle più come Concilio “pastorale” che come Concilio “dogmatico”, partendo cioè non dal-le definizioni di verità da credere (dogmi) bensì dalla mentalità e dalle attese della gente d’oggi per portarla ad accogliere le verità della fede. Questo è stato ripro-posto anche di recente come pretesto per non accettarlo (“è stata solo un’Assemblea pastorale!”...); mentre inve-ce ha portato a valutare e perseguire le verità di sempre in modo nuovo (o, forse, nel modo originario). Pensia-mo ad esempio alla fede, prima spesso valutata secondo l’estensione delle verità credute, oggi invece commisura-ta all’adesione alla Parola di Dio o alla Liturgia, a cui pri-ma si “assisteva” e oggi si “partecipa”. Credo che i punti chiave del Concilio siano da individuare nelle quattro Costituzioni: rivalutazione della Parola di Dio (Costitu-zione Dei Verbum), vitalità della liturgia (Sacrosanctum Concilium), una Chiesa misurata sulla comunione a tutti i livelli (Lumen gentium) e aperta con simpatia a tutta l’umanità (Gaudium et spes).

Lei ha parlato spesso del Concilio come di una “ri-voluzione copernicana”. A che punto siamo ? Credo sia da riconoscere la realtà di una Chiesa non monopo-lizzatrice della salvezza: “extra Ecclesiam nulla salus” non vuol dire che non ci si salva al di fuori dei confini isti-

tuzionali della Chiesa, bensì che non ci sarebbe per l’uma-nità una speranza concreta di miglioramento (di salvezza, potremmo dire) se non ci fos-se la Chiesa. Le “rivoluzioni” sono iniziate, ma il cammino è lungo e faticoso, dopo due millenni di monopolio della salvezza e di pratica identi-ficazione della Chiesa con la gerarchia. Ma indietro non si torna.

Cardinal Martini il Vescovo Bettazzi

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LA FEDE HA I SUOI GESTILa fede ha le sue feste. La fede ha i suoi gesti. Attraversano tutta la sua esistenza anche feriale. Dopo aver presentato i segni del recarsi al tempio e dell’ entrare in queste pagine riscopriamo il valore del Benedire e Spezzare il pane..

UNA MANO BENEDICENTELa penombra di un’osteria. Cinque figure che emergono. Una tovaglia bianca che pare dar luce a tutto. In pieno rilievo la mano benedicente di Gesù. La tavola è imbandita. Ogni elemento del quadro ci riman-da all’Eucarestia. Due sono i verbi che noi coniughiamo: benedire e spezzare il pane.

Gli interrogativiChe significato hanno nella Sacra Scrittura questi due verbi? Quale portata assumono se li compie Gesù? Perché la comunità li ha inseriti nella celebrazione della Cena del Signore?

Commento artisticoTUTTA LA MIA VITA IN UN GESTO Èunodeipiùbeiquadri“sacri”dellastoriadell’artecristiana.Gesùstacompiendoungestoriassuntivodituttalasuavita.Guardandoquestamano,fissandolaalungo,vengonoinmentetuttiigestidiGesù:manochechiama,manocheperdona,manocheguarisce,manochesicontorcesottoicolpideichiodi,manochelavaipiedi,manocheprendeinmanolapropriavitaperdonarlaaisuoi.Caravaggioambientaquestasplendidamanobene-dicentedelCristoinuncontestodisempliceferialità.Ipadronidell’osteriaeiduepellegrinidiEmmaussonoisuoiamicidiosteria,ancheiltavoloèquellodellasuaosteria.Eppureèpropriolìchequellamanosieleva.IlconciliodiTrentovolevaintrodurrenell’artelasemplicitàdeivoltiedeigestiquotidiani.Nonvolevaabbassareillivellodell’ar-

te. Ma ci voleva unCaravaggio (e altripochi) per non sci-volare nell’immagi-nettaillustrativa.Quiil Cristo dà corpo algestochedasempreDio pensava di rive-lare al mondo: “Ioviamo, iovibenedi-co”.Edèdall’eternitàcheDiopensavaaunpane che fossepurodono, pura grazia.Ma è impressionan-te l’audacia del Ca-ravaggio: ha dato alCristo il proprio vol-to, trasfigurandolo.Ilpittorehaaddossolamacchiadeldelittochehadapococom-messoeper ilqualeè in fuga, inseguitoda una condanna amorte. La sua tra-gedia, il suo voltoesasperato potran-nomai essere presi,incarnati dal CristoCaravaggio, Emmaus, 1606, Milano, Pinacoteca di Brera

Igestidellafede

BENEDIRE,SPEZZARE IL PANE

I GESTI DELLA FEDE riscoperti in famiglia - Benedire,spezzare il pane- I GESTI DELLA FEDE riscoperti in famiglia - Benedire,spezzare il pane - I GESTI DELLA FEDE riscoperti in famiglia-

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I GESTI DELLA FEDE riscoperti in famiglia - Benedire,spezzare il pane- I GESTI DELLA FEDE riscoperti in famiglia - Benedire,spezzare il pane - I GESTI DELLA FEDE riscoperti in famiglia-

Percorso biblico

IL GUSTO DI DIO Ilnostropercorsovisitatrediversemense,intredifferentisituazionicollegabilitraloro

A mensa con IsraelePartecipiamo, idealmente, ad un pasto con il popolod’Israele.Interrompiamoillavoro.Cisediamoamensa.CisentiamointalmodocommensalidiDioalbanchettodelRegno.

Ci adagiamo sugli schienali.Possiamo guardarci in fac-cia. Assumiamo lentamenteilcibo.Neapprezziamotuttoilgusto.Arrivaanoiilsaporedella creazione. Diciamo, sindall’inizio, rivolti a Dio “Be-nedettosei tu,Signore!”.Ca-piamo che ogni cosa è sua.Comprendiamo che ognicosaèregalataanoi.Gliuo-ministessisonoconsegnatiindonogliuniaglialtri.Ancheifiglichesiedonoaccantoanoisonosegnalidellabenedizio-nediDio.Eglièpernoivita,protezione, salute, promessa

difecondità.Chisvolgeilruolodipadredifamiglia,ognivoltachespezzailpaneefapassareilvino,devenarrarelemeravigliediDio.Ognigenerazionedeveportareavantiilfilodellariconoscenza,dellabenedizione.

A cena con Gesù, nel CenacoloSiavvicina laPasqua.Gesùsiedeamensaconnoi,suoidiscepoli. C’è un’intimità straordinaria. Si sente nell’arial’aspettativa di un evento decisivo. Ecco la sequenzadeigestidiGesù:prendeilpane,benediceDio, lospez-za, lodona.Ècomeseprendesseinmanolacreazione.Inquell’orasolennedice“Grazie”alPadre.Loriconoscecomefontediognivita.

Intende mima-re la sua morte.Il vero dono cheegli fa non è néilpanenéilvino,ma ciò che essisignificano: l’esi-stenzaelapersonasua.Eglisarà,trapoco,panespezzatoevinoversato.Sarà,tramitelacroce,vitaegioia.Leparolecheeglipronuncia“Prendeteemangiate…Prendeteebe-vete”diconoperchecosaeglièvissutoeperchecosaeglistapermorire.Ilfallimentoèilculminedeldono.Lacro-ce,cheeramaledizione,diventabenedizionepernoitutti(Gal3,13-14).ProprioconlasconfittaGesùèconvintocherealizzeràilRegno.Ancoraspezzeràilpane,ancoraberràilvino.Intantosacheneldonodisérealizzaun’alleanzanuova,indissolubile,nelsuosangue(Lc22,14-20).

Con i discepoli, ad EmmausPerentrareinquestascenaabbiamol’efficaceaiutodelle2 immagini:EmmausdiCaravaggioe IpellegrinidiEm-mausdiFranciscodeZurbaran.

SiamofuggitidaGerusalemme.Vogliamodimenticaretreannidellanostravita.Seppelliamoconunpassatoremoto(chefuprofetapotenteinparoleedopere)GesùdiNaza-reth.

Sifaincontroanoiunpellegrino.Prendeilnostropasso.Ciascolta.PoicominciaaspiegarcileScritture.Sentiamocheilnostrocuoresistariscaldando.

Glidiciamo:“Restaconnoi.Lanottesiavvicina”.Accettailnostroinvito.Entriamoinunalocanda.Sediamoamensacon lui.Eglicompiequestigesti:benediceDio,spezza ilpane,ce lodona.Èunasequenzadanoiconosciuta.Cirimandaall’indietro,cirimandaadun’altracena.Inostriocchisiaprono:èlui.Èrisorto.AnchequieglirendelodealPadreeciregalacomecibotuttosestesso.ÈurgentechenoitorniamoaGerusalemmedainostrifratelli.D’orainpoiilgestodispezzareilpanesaràquellocherivelalanostraidentitàdidiscepolidelRisorto(At2,42).

alpuntotalecheilpeccatositrasfiguriaddiritturanelvoltodellaMiseri-cordia,delPerdono,delpuroDono?Larispostaèsì.Manonèunsìfacile.Deviattraversarelanotte,perlasciartiraggiungeredaquestomistero.EquantanotteneiquadridelCaravaggio!Inquestanottecisonotuttelenottidellenostremiserie,tuttigliabissideinostripeccati,maanchetuttalaprofonditàdelmisterodiDio.Infine,ilCaravaggiononsièaccontentatodilasciarsi“benedire”prestandoilvoltoalCristo.Ilpittoreèanchecia-scunodeipellegrinidiEmmaus,sisenteunodiloro.Manonchiamiamolipellegrini!Inrealtàeranoinfuga,eranoimpauriti,sisentivanofalliti.Soloquellamanoalzatahafattoritrovarelorolaveracasa.

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Commento artistico

CORPO SPEZZATO COME IL PANEAnchesel’espertocivieneadirechequestaèoperadellospagnoloFranciscodeZurbaran(1598-1664),cheinessaarrivaanchel’ondalungadellalucecara-vaggescaechequicitroviamodavantiaungrandeesempio dimisticismo spagnolo, a noi non basta.Quicivienerichiesto,comeavvieneconCaravaggio,dirivivereiltemadiEmmausconunrealismocheètantopiùintensoquantopiùprofondoèilprocessodiinteriorizzazione.Tuttiglioggettisultavolosonocosìbellieverichetuvorrestiguardarlialungo,conlostuporedichisembravederliperlaprimavolta.Tiverrebbevogliadiguardarliconlalentediingrandi-mentopercogliereilsegretodiquesta“presenza”.Matudiquaelorodilà.Einvecetitroviinginocchio,oltre ilmiracolodiquestapresenza.Perché?Gesùstarompendoilpaneeinquellaferitaentraunalucestraordinaria.Quelpaneèilsuocorpo.Edicolposicreaunsilenziochepreparailsuorientrarenell’As-senzacheèlanottedellafede.Macheesperienzastiamovivendo!StiamocontemplandoilvoltodiLui:solenne,calmo.Interiorizzato,risorto.Ildonochehatra lemanièsenzaritorno,èdatopersempre.Lapartesuperioredelsuovoltoentraapparentementenell’ombra.Inrealtàentrainunaluceacuiinostriocchinonhannoaccesso.È il fattodi riconoscerlochestailluminandoipellegrini,latavolaeivariog-getti.Dellasualuceprestoresteràsoloilcalore.MaresteràancheilPane.Persempre.Eglialtrioggetti,lanostraquotidianarealtàvisibileagliocchi,ciòcheprimastavamutoeopacosottoinostriocchisaran-nosostanziatidell’indicibileedell’inimmaginabile.“Nadateturbe/Nadateespante/Todosepasa/Diosnosemuda”.ParolediTeresad’Avilachesonodiventatenostre,perchéperunattimoancheanoi,uominidelframmentoedelladispersione,èconcesso,nelsacramentodelPane,divedereeditoccareche“Dioèlalucedelsolenelcorpodelmon-do”(parolediunmistico).QuellaluceprovenientedallaferitadelPaneèlasua,comesuesonoleparole:

“Iostoallaportaebusso.Sequalcunoascoltalamiavoceemiaprelaporta,ioverròdalui,ceneròconluiedegliconme”.(Ap3,20)

Vademecum liturgico

IN GESU’ OGNI BENEDIZIONELaliturgiasottolineaiduemovimentidellabenedizione,unoascendenteedunodiscendente.

C’è la benedizione ascendenteIlgestosommoèl’Eucarestia.Esprimelalodedelcredente,diGesù,dell’umanitàintera.SaleversoilPadre.ApartiredalPrefaziosinarra,divoltainvolta,unaspettodelmisterodiCristo.Ilbenediretrovailsuoculminenelladossologia:tuttalastoria,lacreazioneritornaalPadrepermezzodiGesùedinforzadelloSpirito.

PrimadellaComunionechipresiedespezzailpane.Nesottolinealadestinazioneuniversale.Ècibodiscesodalcieloperogniesserevivente.

C’è la benedizione discendenteSottolineailflussodigrazia,ilfiumedibenevolenzache,dopolaPasquadiCristo,inondapersone,luoghiecose.Igesticoncuitalemovimentosiesprimesono:

I GESTI DELLA FEDE riscoperti in famiglia - Accogliere la Parola- I GESTI DELLA FEDE riscoperti in famiglia - Accogliere la Parola-- I GESTI DELLA FEDE riscoperti in famiglia

Francisco de Zurbaran, I pellegrini di Emmaus, 1639, Mexico, Museo San Carlos

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I GESTI DELLA FEDE riscoperti in famiglia - Accogliere la Parola- I GESTI DELLA FEDE riscoperti in famiglia - Accogliere la Parola-- I GESTI DELLA FEDE riscoperti in famiglia

TRAMATE CON NOI - per attivarsi in famiglia genitori e figliDALLA RICONOSCENZA ALLA CONDIVISIONE• Che cosa vuol dire Benedire? E’ dire bene di tutto ciò che viviamo, di ciò che ci circonda, anche delle perso-

ne. Proviamo, per una giornata intera, a dire solo bene delle cose che vediamo, facciamo e delle persone. Può essere proposto un gioco dove sono coinvolti genitori e ragazzi. Vengono segnate solo le espressioni di malcontento che emergono nel gruppo. Come piccola penitenza chi ha fatto più fatica a benedire, alla sera dovrà preparare un momento bello (piccola festa, poesia, canzone, ...) per gli altri.

• La preghiera prima del pasto, prima di una azione significativa è un modo per fermarsi, riconoscere il bene che viene dal Signore e benedire. Proviamo a fare questa piccola pausa e questo gesto in famiglia.

• La domenica vestiamoci a festa. Dobbiamo ricordare a noi stessi quale meraviglia Dio ha operato per noi nel “primo giorno della settimana”. È il modo più bello per dire bene di Dio che ci ha fatto “bene”.

• Ecco alcuni gesti di “riconoscenza” che sono presenti nella celebrazione eucaristica - Al rito della presentazione dei doni portiamo all’altare pane e vino. Ricordiamoci anche di fare arri-

vare lì ciò che serve per la vita dei poveri. A nome nostro, chi presiede dirà la preghiera: “Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo…”

- Dal prefazio sino alla dossologia siamo coinvolti nel “grazie” che Gesù stesso rende al Padre. Dalla sua donazione in croce, discende poi a noi ogni benedizione. Con il messalino in mano, proviamo a identificare, di domenica in domenica, il dono per cui rendiamo grazie.

- Dopo la celebrazione dell’Eucarestia, fermiamoci sul sagrato. Possiamo così vedere tutti quelli che sono oggetto della benedizione divina.

• Aiutati dal quadro di Caravaggio e di Francisco de Zurbaran, mettiamoci nei panni dei due pellegrini di Emmaus. Osserviamo i gesti di Gesù: quale scena ci riportano alla memoria? Che cosa ha rappresentato per noi lo spezzare il pane operato da Gesù? Con chi lo spezziamo ogni giorno?

• A cena, quando tutti siamo riuniti, possiamo spezzare un pane. Ognuno dà un pezzo agli altri membri della famiglia dicendo: Io, oggi, ho spezzato con te il pane della fatica del lavoro, dello studio …

• Alla sera passiamo in rassegna i doni che Dio ci ha fatto. Diciamo: “Ti benediciamo, Signore perché…”• Diciamo il Salmo 103, riportato. Inizia con le parole “Benedici il Signore, anima mia” e continuiamolo libe-

ramente.

-L’imposizionedellemani.RicordailgestocheGesùhalasciatoaidiscepoli(Mc16,18).Ancheigenitoripossonocompierlosuifigli(Benedizionalen.62).

- Il segno della croce su persone e cose.

-L’aspersioneconl’acquabenedetta.Famemoriadell’even-topasqualeedelBattesimo.Èproprio linfacheescedalcuoretrafittodiCristo(Gv19,34).Sifaall’iniziodell’Euca-restia,inAvventoeQuaresima.Sipraticanellabenedizionedellecose.

-Aconclusionedell’Eucarestiac’èquestoefficaceaugurio“VibenedicaDioonnipotente,PadreFiglioeSpiritoSanto”.

-Chi riceve la benedizione china il capo o si inginocchia.Pensagiustamentetrasé:Diomiassiste;èqui;mirendeforteinpresenzadelledifficoltàdellavita.

Celebrare

BENEDICI IL SIGNORE, ANIMA MIA Benedici il Signore, anima mia,quanto è in me benedica il suo santo nome.2 Benedici il Signore, anima mia,non dimenticare tutti i suoi benefici.3 Egli perdona tutte le tue colpe,guarisce tutte le tue infermità,4 salva dalla fossa la tua vita,ti circonda di bontà e misericordia,5 sazia di beni la tua vecchiaia,si rinnova come aquila la tua giovinezza.6 Il Signore compie cose giuste,difende i diritti di tutti gli oppressi.7 Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie, le sue opere ai figli d’Israele.8 Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore.9 Non è in lite per sempre,non rimane adirato in eterno.10 Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe.11 Perché quanto il cielo è alto sulla terra, così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono;12 quanto dista l’oriente dall’occidente,così egli allontana da noi le nostre colpe. [Sal 103, 1-12]

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Lochiamanoilmomentodeiringraziamenti Lo chiamano il mo-mentodeiringraziamenti,

ma iononvoglio ringraziarenessuno omeglio–sedevoringraziarequalcuno–ringrazio ilPadreEternoechinellesuebracciamicihaspintounpo’dipiù. Se ci siete anchevoi traquelli chemi cihannospintosentiteviringraziatituttie…stop! Daquestoversanteforsehofinito. Aringraziarecomesifacevauntempo,conl’etàche mi ritrovo, vi terrei qui fino a notte o potreidimenticarnetroppi. Sietevoichedoveteringraziare. RingraziateilPadreEternoperchéavetedettosìeavetepartecipatointantiebeneaduneventodiChiesa. Ringraziate il Padreperché, più o meno co-scientemente, credete inquestosacramentochefaipreti. RingraziateilPadreperchécontinuaa dare alla nostra Terraunqualcheprete,anchesevecchiettoononnoospeditoalcune migliaia di km più inlà. Ringraziate il Padre perché unnuovopreteèun’occasione inpiùperconoscereLuietoglierglilema-scherechegliabbiamoappiccicatoaddossoecheciimpedisconodiri-conoscereilsuoamoreedifidarcieaffidarciaLuisenzasospetti,senzatimori,senzatroppomodernetimidezze. RingraziateilPadreperchépoteteapprofittarediunoinpiùpertornareacasasuaepercamminaremeglio.

Ringraziate ilPadre perché colsuoSpiritolasciaGesùCristovivoin mezzo a noi,al nostro fianco,vita natural du-rante, al capez-zale di ammalati

emoribondi,nelconfessionale,all’altare,sulpulpi-to,suqualchealtracattedra:almare,inmontagna,perstradaoincortileconivostrifigli. RingraziateilPadreperchédacertipretiesconoalcunivescovi(comeinostriAngeloeLorenzoquipresenti)chedannocontinuitàallanostraChiesa. RingraziateilPadreperchésesietequièsolounbene che vi hamosso.Allora chiedete-vi cosa è questobenechiedeteviper-chésitevenuti chiedetevicomedevecambiareadesso,uscendodiquilavostra

vitainconcretoenonperemozioni. EringraziamotuttiilPadrechecihadatoquestafestacheènonlamiafesta,malano-stra.

RingraziamoMaria.Maria,registadiquestagiornata.Maria,madre anchedi questoprete attem-

pato.Maria,donataciperGesù,unicosacerdo-teeterno. Maria,sposadello SpiritoSanto che tie-ne vivi tuttiquestidonichesietevoiquiin

questachiesa. Maria, via maestra aGesùequindialPara-diso,allagioiaperennenell’abbraccio del Pa-dre.Eadessoancheilonta-ninonscappinosubito“perché per via nonvenganomeno”.Per tutti qualcuno hamoltiplicato2pescie5panini.

Isidoro

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Unfratelloattornoalqualestringersi,duegiornidigioia,treco-munitàinfesta.Il22settembrescorso,l’ordinazionesacerdotaledidonIsidoroApostolièstataaccoltaecelebratadallanostraUnitàPastoraleconl’emozionechemeritava,cosìcomelasuaprimamessanellagiornatadi

domenica.Tante,infatti,lepersonepresen-tinellabasilicasantuarioalsìdiAbbaIsi,ulteriorepassodiadesioneallachiamatadiCristo.«Tusentiilgridodellanostragente–glihadettoMons.AngeloMoreschi,ve-scovodiGambella(Etiopia),durantelacelebrazionedaluipresieduta–oradiventiAbbaeperlapaternitàdiDioilmondointerodiventatuofiglio».PoigliharicordatoilsacrificiodiCristo,ilpanespezzatoeilsan-gueversato,attraversoiqualiilsacerdotesiaccomunaalui.«BenedettoXVI–haproseguitoMons.Moreschi–cihachiestodiesseresacerdotiautenticinellanostravitaenelnostroministero».Elui,AbbaIsi,all’etàdi64anni,davantiallasuafamiglia,aisalesianididonBosco,eagliamicidelSidamo,hapronunciatoeconfermatoilsuosì.«Èsignificati-vochel’ordinazionediIsidoro–haaffermatoilsindaco,MarioBenetti,inconclusioneallacelebrazione–arrivinell’annodelcentenariodella

mortedelTadini.Comequest’ultimoèstatomissionarionelnostrocomune,adoperandosiperifiglidiquestecomunità,cosìAbbaIsièmissionario,compiendolapropriachiamatainEtiopia».Perso-stenerlointuttoquesto,lecomunitàdiSanGallo,MattinaeSera,neimesiprecedentil’ordinazione,sisonoattivateconiniziativedivariogenere,utiliaraccoglierefondidadestinarepoiallacostru-

zionediunacucinaperibambinidiDilla.Primaancora,alcunimembridell’UnitàPastoraleavevanomostratolavicinanzaaIsidoro,partecipan-do,duranteilmesedimarzo,allecelebrazioniperilsuodiaconato,svol-tesiinAfrica.Qui,doveèarrivatoperlaprimavoltanel1989edove,finoad oggi, aveva operatocome missionario laico,donIsidorotornaoraperriprendere il suo opera-to.NellarealtàetiopediZwayricopriràiruolidicoordinatoredellescuoleeincaricatodeglioratori,maconlenuovevestidipadre.

Nadia

Carissimi,esprimo col cuore la mia riconoscenzaper quanto ricevuto in questi giornie in quelli passati.Mi sono sentito ‘sollevato’dalle tante preghiere.La vostra vicinanza si è generosamente manifestata perché avete pensato a noi laggiù in Etiopia.Serberò ricordo.Non ho registrazione di alcuni nomi, ma la preghierae la benedizione li raggiungerà comunque..Senza amici e benefattori non andiamo lontano.Vi benedico da prete, per intanto.Il Signore farà vedere a suo tempo quello che è nascosto agli occhi del mondo.Auguro ogni beneai singoli e alle famiglie.Un abbraccio in don Bosco.Ci incontreremo lassù...e sarà un’altra festa.Isidoro.

Isidoro, prete a ‘64 anni’

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A 50 anni dal Concilio Vaticano II, a 40 anni dalla istituzione della Caritas Italiana, la Ca-ritas Diocesana di Brescia intende guardare ai gesti, ai segni, alle tante opere di carità che hanno contribuito a rendere la chiesa parti-colare bresciana una “comunità in cammino” per dire grazie, semplicemente grazie a tutti coloro che nella carità continuano a dare ra-gione della speranza che è in loro.

PRIMAVERA nella comunità

“Scorrendo le pagine del Vangelo, restiamo colpiti dai gesti di Gesù: gesti che trasmettono

la Grazia, educativi alla fede e alla sequela; gesti di guari-gione e di accoglienza, di misericordia e di speranza, di futu-ro e di compassione; gesti che iniziano o perfezionano una chiamata a seguirlo e che sfociano nel riconoscimento del Signore come unica ragione del presente e del futuro. Quella dei gesti, dei segni è una modalità connaturata alla funzione pedagogica della Caritas. Attraverso i segni concreti, infatti, voi parlate, evangelizzate, educate. Un’opera di carità parla di Dio, annuncia una speranza, induce a porsi domande. Vi auguro di sapere coltivare al meglio la qualità delle opere che avete saputo inventare. Rendetele, per così dire, «par-lanti», preoccupandovi soprattutto della motivazione inte-riore che le anima, e della qualità della testimonianza che da esse promana. Sono opere che nascono dalla fede.”

ESTATEfra tutti“Nei quattro de-cenni trascorsi, avete potuto ap-profondire, spe-rimentare e at-tuare un metodo di lavoro basato su tre attenzioni tra loro correlate e sinergiche: ascoltare, osservare, discernere, mettendolo al servizio della vostra missio-ne: l’animazione caritativa dentro le comunità e nei territori. Si tratta di uno stile che rende possibile agire pastoralmente, ma anche perseguire un dialogo pro-fondo e proficuo con i vari ambiti della vita ecclesia-le, con le associazioni, i movimenti e con il variegato mondo del volontariato organizzato”.

AUTUNNOcon segnati“[...] prendersi cura di chi necessita di sen-tire il calore di Dio attraverso le mani aperte e disponibili dei discepoli di Gesù.Questo è importante: che le persone sofferenti possano sentire il calore di Dio e lo possano sentire tramite le nostre mani e i nostri cuori aperti”.

INVERNOcon Dio“Si tratta di assu-mere la responsa-bilità dell’educare alla vita buona del Vangelo, che è tale solo se com-prende in ma-

niera organica la testimonianza della carità. Sono le parole dell’apostolo Paolo ad illuminare questa prospettiva: «Quanto a noi, per lo Spirito, in forza della fede, attendiamo fermamente la giustizia spe-rata. Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità» (Gal 5, 5-6). Questo è il distintivo cristiano: la fede che si rende operosa nella carità. Ciascuno di voi è chiamato a dare il suo contributo affinché l’amore con cui siamo da sem-pre e per sempre amati da Dio divenga operosità della vita, forza di servizio, consapevolezza della re-sponsabilità. «L’amore del Cristo infatti ci possiede» (2 Cor 5, 14), scrive san Paolo. E’ questa prospettiva che dovete rendere sempre più presente nelle Chie-se particolari in cui vivete”.

Le stagioni del grazieA partire dal discorso di Benedetto XVI in occasione della celebrazione per il 40 anni di Caritas Italiana nella ciclicità delle stagioni un invito al ripetersi del grazie nella ferialità e nella quoti-diana prossimità.Nelle rappresentazioni delle esperienze di grazie un invito a rileggere l’essere e l’operare della Caritas alla luce del “con Dio”, “nella comunità”, “fra tutti”, “con segnati”

CARITAS

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Lo slogan scelto da Missio per la Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno è “Ho creduto perciò ho parlato”, tratta dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Co-rinzi (2 Cor 4,13). Il riferimento è al rapporto essenziale tra missione e fede e alla rilevanza data a quest’ultima da papa Benedetto XVI, con l’aver indetto uno speciale Anno della Fede: dall’11 ottobre 2012, con il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, fino al 24 novembre 2013, solennità di Cristo Re dell’Universo.

“Ho creduto perciò ho parlato”

MISSIONI

II 50° anniversario dell’apertura del Concilio - 11 ottobre 1962 - ricorre nel cuore dell’ottobre missionario. L’Anno della Fede, che in tale circostanza il Papa inaugura, è riferimento prezioso anche per chi si occupa di missione. Il rinnovamento della coscienza missionaria che il Concilio ha promosso nelle Chiese locali e nel cuore di ogni battezzato, si intreccia con la fede, dono che caratterizza il percorso di ogni cri-stiano e ne costituisce l’identità profonda. .L’intreccio di fede e missione richiama un unico modo di vivere: chi accoglie in sé la relazione costitutiva con Cristo, non può che comu-nicarla. L’autentico cammino della fede non si esaurisce in vicende individuali o in solitàrie vette di spiritualità, ma ha la sua conseguenza nell’annuncio o nella testimonianza: la missione svela che la fede è vera.Perciò Missio proponendo l’Ottobre e la Giornata Missionaria Mondiale ricorda che non solo “la fede si rafforza donandola”, ma anche “ci spinge a essere missionari”, al punto che “la perdita di vitalità nella spinta missionaria è sintomo di una crisi di fede”, secondo le parole del Beato Giovanni Paolo II. Nella testimonianza della fede, missionari e missionarie da un lato e comunità di invio dall’altro, possono recipro-camente sostenersi e nello stesso tempo assicurare che la Buona Notizia venga divulgata. Ed è suggestivo pensare che in questi ultimi decenni, tanta parte della storia e del servizio missionario si è realizzato attorno all’espressione fidei donum: un dono che si riceve con gratitudine e che si distribu-isce con gratuità.

Tre proposte formative“Nuovi stili di viaggio”, “Nuovi stili di animazione” e “Nuovi stili di vita”. Sono tre le proposte formative pensate dal Centro missionario diocesano per quest’anno pastorale.

“Nuovi stili di viaggio” si rivolge ai giovani dai 18 ai 35 anni e si articola in tre passaggi fondamentali: il corso di formazione, il viaggio (Africa, America Latina...), il ritorno e la restituzione. Inizia domenica 4 novembre.

“Nuovi stili di animazione” è finalizzato, invece, ad acquisi-re una maggiore consapevolezza e conoscenza verso i temi della mis-sione a partire dalla Sacra Scrittura. Si rivolge a chi desidera diven-tare animatore di un gruppo missionario o approfondire il proprio impegno nell’ambito dell’animazione missionaria Il primo appunta-mento è fissato per domenica 25 novembre.

“Nuovi stili di vita” è l’occasione giusta per interrogarsi su am-biente, generazioni future, popolazioni povere e Parola di Dio. Il pri-mo incontro è sempre domenica 25 novembre. Informazioni e iscrizioni presso la tua parrocchia o il Cen-tro missionario diocesano di via Tosio I, contattando il numero 0303754560 o consultare il sito www.cmdbresciait.

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Grazieanzituttoper l’invitochemiavete ri-volto.L’hoaccoltomoltovolentieriperchéloconsiderounonoreeperchéspero,nellostessotempo,cheque-sto incontro servaadaccrescerequella “attenzioneerelazione”chechiedeteecheèfruttuosapertutti.Unprete,unvescovoèdi tutti;appartieneallacomunitàcristianaehaunaresponsabilitàall’internodellaChie-sa;malamissionedellaChiesaèalserviziodelmondo;eallora,secondounabellaespressione,spessocitata,delConcilio“legioieelesperanze,letristezzeelean-goscedegli uomini d’oggi, dei poveri soprattuttoeditutticolorochesoffrono, sonopure legioiee le spe-ranze,letristezzeeleangoscedeidiscepolidiCristo,enullavièdigenuinamenteumanochenontrovieconellorocuore.”IocredoinunDioche,peramoredell’uo-mo,sièfattouomoehavissutoun’esistenzadiuomo;voilavorateafavoredell’uomocheDioamaedicuisiprendecura.Nonèlastessacosa,macertosonoatteg-giamentichepossonoincontrarsiearricchirsiavicen-da. Quandoerobambino, venneaparlarealmiopae-seDiVittorioetenneuncomizioproprionellapiazzain cui abitavo. Eraunevento grandee ascoltammo ilsuodiscorsodallefinestre,osservandolapiazza,sotto,pienadigente.Erano i tempichevoiavetericordato:dicontrapposizioneenellostessotempodiconfronto,addiritturadiemulazione,neltentativodiessereipiùattenti alle condizioni di vita della gente. Sono cam-biatemoltecosedaallora,lecontrapposizionisisonofattepiùmorbide,mal’impegno,lapassionedovrebberimanerealtrettantoforte.Oggilastoria–eiodico:ilSignore–cichiedonodirispondereallesituazionimu-tate, di individuare nuovi obiettivi, di proporre nuovicamminichemigliorinol’esistenzadellepersone.AvetedettochelavostraCameradelLavoro“nonhamaial-lentatoilrapportoconilavoratorielelavoratrici”echeproprioquestocostituiscelasuacaratteristicastorica,comeuna‘matrice’dicuiandatefieri.Sonoparolebel-le,chedannounvalorepermanentealvostroservizioechelorendonosignificativoaldilàdeisuccessiedegliinsuccessicheinevitabilmentesiregistranonellastoria.C’ènelvangelo,unapaginastupendacheesprimenelmodopiùforteilvalorediun’attenzioneeffettivaall’uo-moeaisuoibisogni.Lasciatechevelalegga:Mt25,31-46.CiinsegnavapadreMartinicheunbranocomeque-stosipuòleggeredadiversipuntidivista:mettendosineipannidichifadelbene,dichisirifiutadifarlo,dichiloricevedaaltri.Inognimodo,ilraccontofunzionacomeuninvitoall’impegno.Lavita, ilbenesseredeglialtridipendeanchedate;nonpuoisottrartiaquestaresponsabilità accontentandoti della ricerca del tuobeneprivato:ilbenechefaièpreziosoagliocchidiDio

eilbenechenonfaiaglialtrièunamancanzagrave.Diohaaffidatogliuominigliuniaglialtrienellacomunitàdegliuominicisonolerisorsechepossonosostenerelavitadiciascuno.“Quellocheavetefattoalpiùpiccolodiquestimieifratelli–diceGesù–loavetefattoame…quello che non avete fatto al più piccolo, non l’avetefattoame.”Insomma:ilrapportoconGesùequindiilrapportoconDiosiviveconcretamentenelmodoincuitrattiamoglialtri,incuicimettiamodifrontealoro;nel-laprassiconcretal’altro,ilbisognoso,havalenzasimileaGesùCristo.Perquestol’impegnoafavoredell’uomoentraneldisegnodiDio–chelosisappiaono,chelosifacciaperfedeesplicitaoconaltremotivazionipulite.Avetedettocheilavoratorihannounalorodignitàna-tivacheèdoveredituttiriconoscere,ciascunonelsuocampodiesperienzaediazione.Èproprioquestocherende significativa l’attività sindacale: l’attenzioneallecondizionidilavorodellepersone,laricercadicondizio-nidisicurezzachepermettanodiguardarealfuturoconserenità,lapossibilitàdimantenereinmododegnolapropriafamigliasonoazionicheservonoarenderecon-cretaevisibileladignitàdellepersone.E,seguardiamoalpassato,nemmenotantolontano,dobbiamodirecheinpochidecennisonostaifattimoltipassiavanti;chedobbiamoesserericonoscentiversolegenerazionichecihannoprecedutoechehannopagatoprezzielevatiperconsegnarciunasocietàmigliore. Naturalmente,avreipreferito incontrarvi inunmo-mento più tranquillo della vita sociale, non in questitempi in cui la crisi ci sta rendendopiùpoveri enonsembraoffrirciprospettiveimmediatediripresa.Sonod’accordoquandoditechelacrisiattualenonèsolounacongiunturanegativa,maunatrasformazionechemet-teincrisi ilmodellostessodisviluppo.Effettivamentela globalizzazione, l’informatizzazione, l’allungamentodellasperanzadivita,l’incertezzadeimercatifinanzia-ri, la trasformazionedemografica, l’ingressodi nuovepoderosenazioni nelmondodello sviluppoeconomi-co… insomma tutti imutamenti di cui siamo attori espettatoriciobbliganoaimmaginarescenariineditiperil futuro.Noi (stoparlandodimeedelmondoeccle-siasticoingenere)siamoabituatiaprocedereconunacertarigidità.Arrivatiaformularealcuniprincipichiari,daqueiprincipideriviamoconsicurezzaqualidebbanoessere i singoli comportamenti.Ma c’è un problema.I principi etici sono indispensabili; se vengonomeno,lavitavaalladerivaefiniamoperessereportatidallesituazioni anziché plasmarle e dirigerle.Ma i principisonogenerali equindi astratti; le situazioni sono sin-golariequindiconcrete.Bisognaimpararelafedeltàaiprincipienellostessotempocercaredi rispondere inmodopuntualeallesfidesemprenuovecheabbiamodavanti.Nonècosafacileedobbiamoaverepazienzaconnoistessi; lesfidesonocosìtanteecosìmutevolichecontrollarleegestirle richiederebberiflessione (e

“Dio conservi la vostra passione”

Il vescovo Luciano Monari alla Camera del lavoro in occasione del 120° di Fondazione della CGIL di Brescia - 4 settembre 2012

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quindimoltotempo)einsiemeprontezzadireazione(equindiriflessiveloci). Ho trovato citata, in una conferenza diMarcoVitale, questa valutazione di Robert Reich: “Sebbeneglieccessifinanziarisianostatilacausapiùimmediatadella crisi economica edella lenta ripresa successiva,ilmotivodi fondoè la crescentedisuguaglianzanelladistribuzionedelredditoedellaricchezza.Dadecenni,inItalia,comenegliStatiUniti,ibeneficidellacrescitaeconomicavannosempredipiùaicittadinipiùricchi.”NelsuovolumeReichnotachelaquotadiredditotota-leappannaggiodell’1%piùriccodegliamericaniharag-giuntoipicchipiùaltinel1928enel2007;èpropriouncasochedopoil1928cisiail’29edopoil2007cisiamonoi?LadottrinasocialedellaChiesaaffermainsiemeildirittodiproprietàprivatae ladestinazioneuniversa-ledeibenidella terra.Laproprietàprivataègaranziadella libertàdellepersone, ladestinazioneuniversaledei beni è dinamismo di responsabilità e solidarietà.Quando l’equilibrio tra queste due esigenze si altera,a rimetterci è la società intera che vede incepparsi ilmeccanismodellacreatività,dellafiduciaequindidellacollaborazione.Citosempredallaconferenzadelprof.Vitale:“Sedobbiamo,comedobbiamo,darevitaaunnuovopattosociale,perunapiùequaequindianchepiù efficace distribuzione della ricchezza, dei redditi,dellavoro.Sedobbiamo,comedobbiamo,ridarespe-ranzaeprospettivaaigiovanieaidisperatidellaterrachepremonoallenostrefrontiere,abbiamobisognodiunagrandecaricadi solidarietà;nonassistenzialemaproduttiva, efficiente, vera. Bisogna rafforzare quellachelaMateretMagistrachiamalaretedellasocializza-zione:socializzazionedellepersoneenoncollettivizza-zionedeibeni.”Proprioperchéilmondocamminaecambiainfretta,lapossibilitàdioperareefficacementeinquestomon-dodipendesemprepiùdall’intelligenzadellepersone.È l’intelligenzachesacapirequellochestasucceden-do, sa immaginare le rispostepossibili, sacorreggersiquandovedecheirisultatinonsonoquellichesieranoprevisti, sa rinnovarsi e ripartire per obiettivi semprenuovi.Questorichiedeunaformazionecontinuaedef-ficace,chediailgustodipensare,diimmaginare,dicre-are;cheinsegnil’umiltàdiverificareglieffettideicom-portamentieladisponibilitàacambiarliquandoappareutile.Inostrigiovaniavrannodafaticarenonpoco;nonpotranno–comeinparteabbiamopotutofarenoi–ri-posaresuglialloriperchéoggiglialloriseccanoinfrettaenonservonopiùacingerelefrontidigloria.Sarannomenosicuridinoi,maavrannomoltepiùpossibilitàdiquelle che noi abbiamo avuto. Dobbiamo accompa-gnarli con simpatiaedare loro coraggioperché sonolorochepossonodischiudereunfuturopiùumano,an-cheseoggiportanoilpesopiùgrave.Ladisoccupazionegiovanileha toccatoun livello troppoalto, in-sopportabilmentealto.C’èbisognodiimpren-ditorichesappianoinnovareecrearecosìpostidilavoro;echeagiscanoconunospessoreeti-cosolido,fattodiserietà,diprofessionalità,dionestà,diimpegno.Hosentitoripeterepiùvol-tedaRomanoProdichelaprimaurgenzaoggiè la formazione;eche lasecondaèancora laformazione;echelaterzaèsemprelaforma-zione.E’propriocosì :ci interessaunaperso-naumanachesiaconsapevoledisestessa,chasappiaquellochefaeperchélofa,chesappiarinunciareaunasoddisfazione immediatapercostruireunbenepermanente,chesiaprontaadaccettarelecorrezionichelepermettonodimiglioraresestessa.Sobenecheunapersonacosìèdifficiledacostruire;lovedoinmestes-

so,perlepigrizie,leabitudini,lapaurechebloccanoavolte ilcamminodicrescita.Masonoconvintoche lastradac’èedèbellaedèdegnadell’uomo.Suquestastradasaràpossibilefarelesceltechedannosicurezzaancheperilfuturo. NellaenciclicaLaboremExercensGiovanniPa-olo II ha scritto: “Ognuno, in base al proprio lavoro,abbia il pienotitolodi considerarsi al tempostesso il‘com-proprietario’delgrandebancodilavoro,alquales’impegna insiemecon tutti.Eunavia verso tale tra-guardopotrebbeesserequelladiassociare,perquan-toèpossibile, il lavoroallaproprietàdelcapitaleedidarvitaaunariccagammadicorpiintermediafinalitàeconomiche,sociali,culturali:corpichegodanodiunaeffettiva autonomia nei confronti dei pubblici poteri,cheperseguanoilorospecificiobiettiviinrapportidile-alecollaborazionevicendevole,subordinatamentealleesigenzedelbenecomune,echepresentino formaesostanzadiunaveracomunità,cioècheinessiirispet-tivimembrisianoconsideratietrattaticomepersoneestimolatiaprendereparteattivaallalorovita.”(Labo-remExercens,14)Chenonsiacosa facileèevidente;perquestoilPapausaespressionicaute,deltipo:“po-trebbeessere….perquantoèpossibile…”Ciòchestadietroaquestomododivedereèilriconoscimentodellavoratore/lavoratricecomesoggettodellavoro.Lodi-ciamospessocheillavorononèunamercequalsiasieilmotivoèchenellavoroècoinvoltalapersonastessa,contuttelesueenergie,comeprotagonista.Dettoconle parole del Concilio: “Col loro lavoro, operai e con-tadininonvoglionosologuadagnare ilnecessariopervivere,masvilupparelelorodotipersonalieaverepar-tenell’organizzazionedellavitaeconomica,sociale,po-liticaeculturale.”(GS9)Sonoconvintochequestasiaunastradapromettente,perchéèquellacherispondepiùpienamentealleesigenzedell’uomo;soperòanchechenonèunastradafacileperchérichiedeunaconver-sionedimentalitàdaparte siadegli imprenditori, siadei lavoratori: lacapacitàdinonvederesolo ilprofit-toimmediatodiparte,madisaperindirizzarelescelteversoilsuccessodiun’impresachegarantiscailfuturoditutti. Troppo spesso, in questi giorni ci troviamo difronte a bubboni che scoppiano improvvisamente echeminacciano il benesseredi intere comunità. Pen-soallasituazionedeiminatoridelSulciseatantealtresituazionidicui lecronachediquestigiornisonopur-troppopiene.Quandoèingiocolasicurezzadellavoroequindiilbenesseredellefamiglie,noncipuòessereesitazione:bisognafareilpossibilee l’impossibilepersanare le situazioni. Ma dobbiamo anche impararequalcosa.Quando l’infezioneèdiffusa,siècostrettiaintervenirecondosimassiccediantibioticiche, inevi-tabilmente,sfiancanol’organismo.Ealloraaunprofa-

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novienedadire:sideveproprioaspettarechelecrisiscoppino per cominciare a pensarci? Non c’erano inprecedenza i segni dell’infezione?Non si poteva farequalcosa?Prevenire,c’insegnano,èsemprepiùsaggiochecurare.Perchésiamocosìlentiaprenderecoscien-zadellesituazioni?Forselarispostaèinun’osservazio-nesemplicemapreziosa;ecioècheilsensocomune,cioèl’intelligenzapraticaconcuiaffrontiamoiproblemiquotidianidellavita,ètendenzialmentemiope.Osser-vaconattenzione lecosevicine,manonsaguardareconacutezzalecoselontane.Risolveilproblemaimme-diatomanonprevienel’insorgenzadicomplicanzenelfuturo.Peraverequestaattenzionecivuolelacompe-tenzadellostudioecivuole,nellostessotempo,luci-dità,disinteresse,creatività.Ecco,abbiamobisognodipersonecosì:checiinsegninoafareentrarenelledeci-sionicheprendiamol’attenzioneaglieffettiimmediati,maanchelaconsiderazionedeltipodifuturochepre-pariamocon lenostrescelte. Il rispettoper l’ambien-te,lasalutedellepersone,lasicurezzadichilavora,lagestionedelterritorio…tuttoquestorichiedesaggezzaedisinteresse:saggezzaperchésitrattadivalutareuti-litàesvantaggidiogniscelta;disinteresseperchétuttoquestohauncostoeconomicoebisognaesserecapacidirinunciareaunpiùaltolivellodivitapergarantireunbenesserepiùsicuroallegenerazionifuture. Mirimanedadireunaparolasugliimmigrati.Viringrazionaturalmentedelgiudiziocheaveteespressosullamialettera.Ecredodipotergarantireladisponi-bilitàdelCentroMigrantiaconfrontarsieacollaborarein tuttoquantopuò servireamigliorare le condizionidivitadiognipersona–equicontasoloilvoltouma-no,nonlanazionalitàdiorigineol’adesionereligiosaol’affiliazionepolitica.NaturalmenteilCentroMigranti–purnonessendounufficiodiCuria–simuoveconunostileecclesialecheèstiledicomunioneechecercadicoinvolgereattivamentetuttelepartiinteressate.Èunamodalitàdiinterventopiùdialogicarispettoaquelladi

sindacatiopartitiorappresentanze;menodiretta,mache, forse, permette di raggiungere risultati insperatinell’avvicinare le parti contrapposte. Lo stesso potreidireperl’attenzionealmondodeicarcerati. Al termine delle vostre parole avete espressoungiudiziochemihacolpito:“Megliosbagliareinsiemeailavoratoripiuttostocheavereragionecontrodiloro.”Ho ricordato che, inuna sua lettera,Dostoevskij ave-vascritto:“SemisidimostrassecheCristononènellaveritàe se fossematematicamentedimostratoche laveritànonè inCristo,preferirei comunque restare inCristochecon laverità.”Mihacolpito la somiglianzadelledueaffermazioni.Chenaturalmentenonsono,dalpuntodivistalogico,accettabili:nonsipuòpensarediamaredavveroCristoconlamenzognaenemmenosipuòpensaredifareilbeneautenticodeilavoratoriconl’errore.Maleparolenonsonocostretteafaresempreaffermazioniverificatedalpuntodivistalogico.Posso-noancheesprimereemozioni,paureirragionevoli,de-sideriintensi,illuminazioniimprovviseeabbaglianti;einquestosensoledueaffermazionisonoaffascinanti.Dicono cheGesùCristoèperDostoevskij qualcunoacuieglihaconsacratolasuavita;ediconoqualcosadisimilepervoi,chevorresteconsacrareilvostroservizioperilbenedeilavoratori.Diovimantengaquestapas-sione–consaggezzasempre–perché,comehodet-to,nonsiaiutanessunoconl’erroreolapresunzione;maanchecondedizione,perchéinqualsiasisituazionel’amoreappassionatosaaprireviedisperanza.

NUOVO IMPULSO ALL’ESSERE NEL MONDORileggiamo alcuni punti della Gaudium et Spes. Essi appaiono attuali ed illuminanti. Tracciano il volto di una Chiesa che, come Gesù, si cinge del grembiule per il servizio del mondo

Ilcinquantesimodall’aperturadelVaticanoIIèun’occasionepreziosaperriflettere,ancoraemeglio,sulnostroessereChiesainquestomondo.Cisoffermiamosualcunipuntidella Gaudium et Speschesonopreziosiperilluminarel’oggi,piùdiquantosipossacredere,specieinalcunisettoriecclesialidoveilConcilioèdifattotrascuratoonegato.

Nel mondo e per il mondoPerilVaticanoIIilnostroesserenelmondoaltrononècheuncontinuoscrutareisegnideitempieinterpretarlialla

lucedelVangelo(n.4).InaltripassisuccessivideldocumentoessosaràanchedefinitocomegrandeaiutodellaRivela-zioneallacomunionetralepersone(n.23);l’insiemedeiprincipidigiustiziaediequitàperlavitaindividuale,socialeedinternazionale(n.63);l’aiutoagliuominidelnostrotempo-siaquellichecredonoinDio,siaquellicheesplicitamentenonloriconoscono-affinché(…)rendanoilmondopiùconformeall’eminentedignitàdell’uomo,aspirinoaunafratel-lanzauniversale(n.91).Ivaririferimentialmagisterosociale-implicitioesplicitichesiano-sibasanotuttisullaconsa-pevolezzadellamissioneevangelizzatriceneiconfrontidelmondoedeisuoiinnumerevoliproblemi,missionecheèunrivolgersiatuttiperillustrareilmisterodell’uomoecooperarenellaricercadiunasoluzioneaiprincipaliproblemidelnostrotempo(n.10).Inquest’otticasidelineaunpopolodiDioriunitodalCristo,desiderosodiinstaurareundialogosuivariproblemimoderni,arrecandolalucechevienedalVangelo(n.3).

Ilcompitodievangelizzare,dicuiilmagisterosocialeèparteintegrante,èstrettamenecollegatoall’impegnodicarità.Comeèspecificatonelpassochesegue:«L’unione della famiglia umana viene molto rafforzata e completata dall’unità

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della famiglia dei figli di Dio, fondata sul Cristo. Certo, la missione propria che Cristo ha affidato alla sua Chiesa non è d’ordine politico, economico o sociale: il fine, infatti, che le ha prefisso è d’ordine religioso. Eppure proprio da questa missione religiosa scaturiscono compiti, luce e forze, che possono contribuire a costruire e a consolidare la comunità degli uomini secondo la legge divina. Così pure, dove fosse necessario, a seconda delle circostanze di tempo e di luogo, anch’essa può, anzi deve, suscitare opere destinate al servizio di tutti, ma specialmente dei bisognosi, come, per esem-pio, opere di misericordia e altre simili»(n.42).

Il rifiuto del collateralismoIlbrano,precisandochelamissionedellaChiesanonèd’ordinepolitico,economicoosociale,contiene,primadi

tutto,ilrifiutodiogniformadicollateralismotraChiesaeistituzionilaiche,ognitentativodisostituzioneaipotericiviliediogniingerenzaneiloroaffari.InoltreprecisaanchequaledeveesserelamissionedellaChiesa.IpadriconciliarisonobencoscientichelaChiesahaunamissionedinaturareligiosa,cioènonpuòessereparificataoinglobataoridottaadistituzioneumana.Maleggiamoancorailtesto:«La forza che la Chiesa riesce a immettere nella società umana contem-poranea consiste in quella fede e carità effettivamente vissute, e non in una qualche sovranità esteriore esercitata con mezzi puramente umani. (…) Niente le sta più a cuore che di servire al bene di tutti e di potersi liberamente sviluppare sotto qualsiasi regime che rispetti i diritti fondamentali della persona e della famiglia e riconosca le esigenze del bene comune» (n.42).

Inquestosuoservirealbeneditutticisonocompiti,luceeforzedaspendereperilbenedell’umanità.È,cioè,unamissionereligiosachenonsilimitaall’annunciodiunaverità,maaccompagnaquestolietoannuncioconunimpegnoafavoredegliultimi.Lestesseprimeparolediaperturaavevanofattoriferimentoallacondivisionedellegioieedellesperanzediogniuomoeognidonna,aggiungendosubito:deipoverisoprattuttoeditutticolorochesoffrono(n.1).

La logica dell’incarnazioneInaltreparoleèilVangelocheannunziaeproclamalalibertàdeifiglidiDioeraccomandatuttiallacaritàditutti

(n.41).Ritroviamoquidelineatounpensiero-azionechepartedallafontecheèlaRivelazione,leggelasituazionecontemporanea,senzanessunaingerenzaoimposizione,eoffrelapropriacollaborazione(n.76)perlarealizzazionedelbenecomune,specieadiniziaredagliultimiedalleoperedicaritàalorodestinate(n.4).L’otticaèsemprequelladell’incarnazione,inessalacaritàèilcuoredellabuonaNovelladelRedentore:«Il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, fattosi carne lui stesso e venuto ad abitare sulla terra degli uomini, en-trò nella storia del mondo come uomo perfetto, assumendo questa e ricapitolandola in sé. Egli ci rivela “che Dio è carità”(1Gv4,8)e insieme ci insegna che la legge fondamentale della umana perfezione, e per-ciò anche della trasformazione del mondo, è il nuovo comandamen-to dell’amore. Coloro pertanto che credono alla carità divina, sono da lui resi certi che la strada della carità è aperta a tutti gli uomini e che gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani. Così pure egli ammonisce a non camminare sulla strada della carità sola-mente nelle grandi cose, bensì e soprattutto nelle circostanze ordinarie della vita.»(n.38).

Cingersi di un grembiuleQuellocheèquiespressocomelineaguida,sitrovarealizzatonel

pensieroenellaprassidivarieChieselocali,sparsenelmondo.Ilorocontributipostconciliaripresentanomoltipuntidiricchezza,dottrinaleepastorale,validianchenellasituazioneattualee,dall’altraparte,ciaiutanoasmascheraremeglioquelleposizionidirifiutodellaGaudium et Spes.Penso,adesempio,alconvegnoecclesialeitalianodel1976,cheindicanell’evangelizzazione enellapromozione umanaibinarisucuiscorrel’azionedellaChiesa.

LaChiesaesisteperannunziareilVangeloadogniuomoeognidonnaeinogniambiente;ilsuoannuncioèlaParolachesalvalapersonaintegralmente,percuinonèconcepibileunannunciostaccatodaun’operadipromozioneumana.ConcettochegiàPaoloVIavevaprecisatonell’Evangelii nuntiandi.«Tra evangelizzazione e promozione umana, svilup-po, liberazione, ci sono infatti dei legami profondi. Legami di ordine antropologico, perché l’uomo da evangelizzare non è un essere astratto, ma è condizionato dalle questioni sociali ed economiche. Legami di ordine teologico, poiché non si può dissociare il piano della creazione da quello della redenzione che arriva fino alle situazioni molto concrete dell’ingiu-stizia da combattere e della giustizia da restaurare. Legami dell’ordine eminentemente evangelico, quale è quello della carità: come infatti proclamare il comandamento nuovo senza promuovere nella giustizia e nella pace la vera, l’autenti-ca crescita dell’uomo?» (Evangelii nuntiandi,n.31).

Interminiconciliariilfinediordinereligiosodeveconiugarsiconilsuscitare opere al servizio di tutti, specialmente de,i bisognosi (n.42).L’annunciodellaParolaportaalcingersidiungrembiule,simbolodelservizioconcreto.QuestoperchéilCristoè,auntempo,Parolafattacarneebuon samaritanochesoccorreecuralepiagheumane(Le10),perquesto,annunciodisalvezzaeserviziovannosemprediparipasso.IlCristoèsempre,auntempo,gioiachesifaannuncio,te-nerezzachesitraduceinservizio.

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Il tema dell’educazione politica è spesso presente negli interventi di pastori e laici credenti. Benedetto XVI ha par-lato, ad Aquileia, di impegno «a suscitare una nuova gene-razione di uomini e donne capaci di assumersi responsabi-lità dirette nei vari ambiti del sociale, in modo particolare in quello politico. Esso ha più che mai bisogno di vedere perso-ne, soprattutto giovani, capaci di edificare una “vita buona” a favore e al servizio di tutti. A questo impegno infatti non possono sottrarsi i cristiani, che sono certo pellegrini verso il Cielo, ma che già vivono quaggiù un anticipo di eternità» (7.5.2011).

Poiché questa “vita buona” va preparata e curata, bisogna sempre istituire e rinnovare percorsi di educazione sociale e politica. Scrivono i Vescovi italiani: “Avvertiamo infine la necessità di educare alla cittadinanza responsabile. L’attuale dinamica sociale appare segnata da una forte tendenza indivi-dualistica che svaluta la dimensione sociale, fino a ridurla a una costrizione necessaria e a un prezzo da pagare per ottenere un ri-sultato vantaggioso per il proprio interesse. Nella visione cristia-na l’uomo non si realizza da solo, ma grazie alla collaborazione con gli altri e ricercando il bene comune. Per questo appare ne-cessaria una seria educazione alla socialità e alla cittadinanza, mediante un’ampia diffusione dei principi della dottrina sociale della Chiesa, anche rilanciando le scuole di formazione all’impe-gno sociale e politico” (CEI 2011, n. 54).

Linee per un concreto impegnoAlcuni spunti di riflessione sull’argomento:

1.Nella misura in cui si crede che la politica sia una real-tà antropologica ed etica, l’educazione politica è parte di una più generale educazione. Così impostata, l’edu-cazione alla dimensione politica rientra a pieno titolo in tutti gli itinerari educativi (primari, secondari, per giovani e adulti). In ambito civile, il discutere a lungo, come si fa in Italia da diversi anni, sull’insegnamento dell’educazione civica spesso nasconde da una parte una confusione teorica e pratica, dall’altra una mancan-za di volontà politica nel sanare, una volta per tutte, il deficit formativo. In ambito ecclesiale, invece, spesso si considerano i temi sociopolitici come “pericolosi” e/o “non rilevanti per la fede e la testimonianza cristiana”.

2.Qualsiasi progetto e azione educativa richiedono, pri-ma di tutto, che si prendano seriamente le distanze da una politica ridotta a gestione tecnica del potere. La te-oria e l’azione educativa dovranno, sulla scia classica, partire dal vero contenuto della politica, che, insegna Eric Voegelin, è il rispondere (e provvedere) a doman-de quali: che cos’è la felicità? Come deve vivere un uomo per essere felice? Che cos’è la virtù? Che cos’è, soprattutto, la virtù della giustizia? Qual è, dal punto di vista territoriale e demografico, la dimensione otti-ma di una società? Qual è il genere migliore di educa-zione? Quali le professioni e quale la forma di governo

migliore? Tutte queste domande scaturiscono dalla vita d’ogni giorno e interrogano la persona e la comunità, sempre e dovunque.

3.L’educazione politica, secondo la tradizione classica e il Magistero Sociale, deve trasmettere e far acquisire le virtù che fondano l’ordine sociale e garantiscono la sua bontà intrinseca, in quanto perfezionamento della persona umana e sviluppo della società sono tra loro interdipendenti. Lo stretto rapporto tra educazione alla virtù e struttura politica dipendono da una visione ge-nerale, che canonizza l’etica come la scienza della vir-tù e la politica come la scienza dei mezzi istituzionali, necessari alla conoscenza e alla pratica delle virtù nei cittadini. Oggigiorno, purtroppo, si è molto lontani dal considerare la virtù come il bene superiore, indispensa-bile sia per raggiungere la felicità personale sia per edi-ficare una politica sana.

4.Sia nell’impegno educativo, che in quello politico-istituzionale (come la redazione di Carte Costituzio-nali e di progetti politici), gli esempi di collaborazione tra cultura laica e cristiana, sono stati possibili perché si riconosceva una base teorica comune a tutte le visioni del mondo. Abbiamo bisogno di un dialogo sincero con tutti e su tutti i temi: c’è urgenza di riprendere il meto-do dell’Assemblea costituente. Tre tradizioni culturali e politiche - social-comunista, liberale e cristiana - si sono incontrate per definire, prima di tutto, i principi etici fon-danti della nostra comunità nazionale e, di conseguenza, far derivare da essi un’architettura di stato personalista e pluralista, che tenesse presenti anche gli interessi mate-riali, ma considerati con il loro giusto peso.

5.Perché lo studio e la prassi delle virtù contribuiscano a realizzare la città - i greci direbbero la pólis - l’educa-zione politica va riferita ad un preciso contesto stori-co e geografico, relativamente piccolo da poter esser compreso e vissuto dall’educando e dall’educatore. Nel momento in cui si parla tanto di villaggio globale e di comunità europea, potrebbe suonare strano questo ri-chiamo. Un chiarimento è doveroso. L’educazione po-litica non può, almeno nella sua prima fase, rapportarsi a grandi realtà sociali ed istituzionali. A motivo dello stretto legame tra crescita personale e crescita della co-munità, bene individuale e bene pubblico, lo studio e la prassi politica devono partire da dimensioni vicine ed esperibili. Esse possono essere la famiglia, la scuola, il piccolo gruppo, il territorio del proprio quartiere e/o città, in altri termini il territorio, cioè lo spazio che c’è tra individui, direbbe la Arendt.

6.L’invito a partecipare, che caratterizza quasi tutti gli itinerari di formazione politica, andrebbe riformulato e vissuto ispirandosi alla formula agostiniana dell’habita-

CITTADINI E CREDENTI Ci sono precise linee d’impegno per educare alla cittadinanza responsabile? Come attuare il progetto di suscitare una nuova generazione di persone cristiane impegnate in politica?

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1. La Giornata per la salvaguardia del creato: lode e riconciliazione

CelebrarelaGiornataperlasalvaguardiadelcreatosignifica,inprimoluogo,renderegraziealCreatore,alDioTrino chedonaai suoifigli di vivere suuna terrafecondaemeravigliosa.

Lanostra celebrazionenonpuò,però,dimenticarele feritedi cui soffre lanostra terra, chepossonoes-sere guarite solo da coscienze animate dalla giustiziaedamanisolidali.Guarireèvocedelverboamare,echidesideraguariresentechequelgestohainséunavalenzachelovorrebbeperenne,comeperenneefe-deleèl’AmorechesgorgadalcuorediDioesimanifestanella bellezza del creato, a noi affidato comedono eresponsabilità.Conesso,proprioperchégratuitamentedonato,ènecessarioanchericonciliarsiquandociac-corgiamodiaverloviolato.

Lariconciliazionepartedauncuorechericonoscein-

nanzituttoleproprieferiteevuolesanarle,conlagraziadelSignore,nellaconversioneenelgestogratuitodellaconfessionesacramentale.Quindisifaanchericoncilia-zioneconilcreato,perchéilmondoincuiviviamoportasegnistraziantidipeccatoedimalecausatianchedallenostremani,chiamateoraaricostituiremediantegestiefficaciun’alleanzatroppevolteinfranta.

Questoèloscopodelmessaggiocheviinviamo,ca-rissimifratelliesorelle,comeVescoviincaricatidipro-muoverelapastoraleneicontestisocialieilcamminoecumenico,inunfecondointrecciochecivedevicinieci impegna tutti.Nella condivisionedella lodeedellaresposabilitàperlacustodiadelcreato,ilmesediset-tembrestadiventandopertutteleConfessionicristianeunarinnovataoccasionedigraziaedipurificazione.An-chediquestorendiamograziealSignore.

La nostra riflessione raccoglie le tante sofferenzesperimentate,inquestoanno,danumerosecomunità,segnatedaeventiluttuosi.Pensiamoalleimmensefe-riteinflittedalterremotonellaPianuraPadana.Mentrericonosciamolanostrafragilità,cogliamoanchelafor-zadellanostragente,nelvoleradognicostorinasceredallemacerieericostruireconnuovicriteridisicurezza.Pensiamoallealluvionichehannorecatoluttiedistru-zioniaGenova,nelleCinqueTerre,inLunigianaeinva-stezonedelMessinese.

Nelpiantodituttiquestifratelliesorellesentiamoilluttodellaterra,cuilastessaSacraScritturafariferi-mento, e che coinvolge tristementeanchegli animaliselvatici,gliuccellidelcieloe ipescidelmare(cfrOs4,3).Èsignificativo,inproposito,cheil9ottobresiasta-todichiaratodalloStatoitaliano“Giornatainmemoriadellevittimedeidisastriambientalieindustrialicausatidall’incuriadell’uomo”.

Educare alla custodia del creato per sanare le ferite della terra

dossier

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANACONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

7a GIORNATA PERLA SALVAGUARDIA DEL CREATO1° SETTEMBRE 2012

7a GIORNATA PERLA SALVAGUARDIA DEL CREATO1° SETTEMBRE 2012

EDUCARE ALLA CUSTODIADEL CREATOPER SANARELE FERITE DELLA TERRA

EDUCARE ALLA CUSTODIADEL CREATOPER SANARELE FERITE DELLA TERRA

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DIOCESI DI BRESCIAUfficio per l’Impegno Sociale

MESSAGGIO

re et diligere. Agostino insegna che si abita un luogo nella misura in cui lo si ama: quia per dilectionem inhabitant. Le nostre città diventano spesso più spazi anonimi di residenti che comunità di abitanti. È possibile, per esempio nelle nostre parrocchie, pensare ad itinerari educativi che aiutino a riscoprire e vivere il gusto d’essere abitanti di una città, di un quartiere o piccolo paese?

7.All’impegno educativo non possono sottrarsi i partiti politici, che ben sanno come la loro storia è stata ricca di pro-gettualità, integrità morale e fecondità politica nella misura in cui la formazione era seria e costante. In quest’ottica non sarebbe fuori luogo, né immorale, far dipendere la quota di finanziamento pubblico dei partiti politici dall’attua-zione di programmi formativi per coloro che già ricoprono cariche politiche e per altri che si preparano ad esse.

8.L’impegno educativo, nei suoi diversi risvolti teorici e pratici, è il più potente mezzo per rendere la nostra speranza in una politica giusta e matura, progetto e non illusione.

Direi il tutto, in sintesi, con le parole di Sturzo: «E da quando la politica è impregnata di tutti i valori etici, è alla politica (non alla tecnica della politica, né agli interessi terreni che la politica contiene, ma presa come una delle espressioni onni-comprensive della vita sociale) che le Chiese debbono accostarsi e affrontarne, al momento giusto e con visione spirituale, le lotte titaniche che si presentano loro. Noi diciamo “con visione spirituale” per dare risalto al carattere del tutto religioso dei fini e dei mezzi con cui la Chiesa può stabilire un contatto con la politica, considerata nel suo valore etico e sociale».

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2. Una storia di guarigione e responsabilità

Laguarigionenascedauncuorecheama,chesifavi-cinoall’altroperessereinsiemeliberatinellaveritàecon-dividerelavita.Èlalogicadell’educazionealla“vitabuonadelVan-gelo”chelenostreChiesestannopercorrendoinquestodecennio.

CeloricordaanchelastoriabiblicadiGiuseppe(cfrGen37-49), venduto dai fratelli per rivalità e gelosia. La suavicendacontieneunconcretoitinerariodiguarigione,dapartediDio,delleferite,siaquelledelcuorechequelledel-laterra.Giuseppeègettatonelpozzo,gridandolasuain-nocenza,manonèascoltatodaifratelli.AprestareascoltoalsuogemitosaràDiostesso,chehacuoredipadre.Giu-seppediventeràilviceréd’Egitto,attuandounaintelligentepoliticaagraria.NellaprecarietàdellacrisichesiabbattesulPaese,resavisibiledallevacchemagreedallespighevuote,immaginidifortesuggestioneancheperilmomen-toattuale,larelazionedelpopoloconlaterrasaràsanatapropriograzieallalungimiranzaeallaresponsabilitàperilbenecomunedimostratadaGiuseppe,figuraemblemati-cadellaSapienzadonatadaDioaIsraele.

Egli,inoltre,pensainterminidiriconciliazioneenondivendettaquandosivededavantiisuoifratelli,chelohannotraditoevenduto.Selimetteallaprovaconseverità,èperco-glierel’autenticitàdellegamecheliuniscealpadreGiacobbe,verificandocosìlaradicediogniguarigione,interioreedeste-riore.Dopoaverconstatatocheilpadrerestailpremurosoeinsostituibilepuntodiriferimento,eglirivelalasuaidentità,in

unpiantoliberato-riochedivieneac-coglienza fraternaefuturodibenes-sereinunaterraeinuncuorericon-ciliati in saggezzaeverità.Giuseppestesso esce tra-sformato da que-sto perdono: eglidiviene consape-vole dell’agiremi-sericordiosodiDioversogliuomini.

Quello di Giu-seppe,dunque,èl’itinerariobiblicocheproponiamo,perchépossaesserediluceedisperanza,durantequestofaticosomaliberantecamminodibenedizione.

3. Educare all’alleanza tra l’uomo e la terraAnoi,comeChieseinItalia,insintoniacontanteChie-

senelmondo,spettaproprioquestocompito:riportareilcuoredellanostragentedentroilcuorestessodiDio,Padreditutti,che«fasorgereilsuosolesuicattiviesuibuoni,efapioveresuigiustiesugliingiusti»(Mt5,45).Solosedi-venteràprimarialacoscienzadiunauniversalefraternità,potremoedificareunmondoincuicondividerelerisorsedellaterraetutelarnelericchezze.CiòsiaccompagnaallacomprensionechelacreazionecièdonatadaDio,cheessastessasifapercorsoversoDioecifasperimentareildialogotradinoinellaverità,comefratellichehannoriconosciutolapaternitàgratuitadiDio.

Silegge,infatti,nelmessaggioscaturitodall’ultimoFo-rumEuropeoCattolico-Ortodosso,tenutosiaLisbonanelloscorsogiugno:«Nonèpiùpossibiledilapidarelerisorsedelcreato,inquinarel’ambienteincuiviviamocomestiamofa-cendo.Lavocazionedell’uomoèdiessereilcustodeenonilpredatoredelcreato.Oggisideveessereconsapevolideldebitocheabbiamoversolegenerazionifutureallequalinondobbiamotrasmettereunambientedegradatoeinvivibile»(n.11).

È nella Bibbia che incontriamo la grande prospettivadell’alleanzatraDioelasuacreazione,inunareciprocitàdariconosceredavantialuoghidovelabellezzaesterioresièfattasegnodiunabellezzainteriore–pensiamo,adesem-pio,aitantisitidoveimonacicustodisconoilcreato–maanchedavantiaitristiscempidell’ambientenaturale,pro-vocatidalpeccatodegliuomini,evidentesoprattuttonelleazionidellacriminalitàmafiosa.

Traecologiadelcuoreedecologiadelcreatovièinfattiunnessoinscindibile,comericordaBenedettoXVInell’en-ciclica Caritas in veritate: «L’uomo interpreta e modellal’ambientenaturalemediantelacultura,laqualeasuavol-tavieneorientatamediantelalibertàresponsabile,attentaaidettamidellaleggemorale»(n.48).L’ambientenaturalenonèunamateriadicuidisporreapiacimento,«maoperamirabiledelCreatore,recanteinséuna“grammatica”cheindicafinalitàecriteriperunutilizzosapiente,nonstrumen-taleearbitrario.Oggimoltidanniallosviluppoprovengonopropriodaqueste concezioni distorte» (ivi), comequellecheriduconolanaturaaunsemplicedatodifattoo,all’op-posto,laconsideranopiùimportantedellastessapersonaumana.

Civienechiesto,perciò,diannunciarequesteveritàconcrescenteconsapevolezza,perchédaessepotràsgorga-reunconcretoefedeleimpegnodiguarigionedell’am-bientecalpestato.Sitrattadiuncompitocheappartienealla sollecitudine educativa delle comunità cristiane eoffrel’occasionepercatechesibibliche,momentidipre-ghiera,attivitàdipastoralegiovanile,incontriculturali.Èuna responsabilitàcheappartieneancheaidocenti, inparticolareagliinsegnantidireligione:essapotràessereintensivamenterichiamatanelmesedisettembre,dedi-catoinmodospecialealcreatoetempodiripresadellascuola.

Ritesserel’alleanzatral’uomoeilcreatosignificaancheaffrontarecondecisione iproblemiapertie inodiparti-colarmentedelicati,chemostranoquantoampieecom-plessesianolequestionilegateall’intrecciotrarealtàam-bientaleecomunitàumana.Accantoall’annuncio,infatti,ènecessariaancheladenunciadiciòcheviolaperavidità lasacralitàdellavitaeildonodellaterra.Proprioinquestimesiève-nuta all’attenzione deimedia la questione dell’eternit aCasaleMonferrato,conigraviimpattisullasaluteditantiuominiedonne,checontinuerannoamanifestarsianco-raperparecchianni.Uncasoemblematico,cheevidenzialostrettorapportoche intercorre tra lavoro,qualitàam-bientaleesalutedegliesseriumani.L’attenzionevigilantepertaledrammaticasituazioneeperisuoisviluppideveaccompagnarsiallachiarapercezionechel’amiantoèsolounodeifattoriinquinantipresentisulterritorio.

Visonoanziareenellequalipurtroppolagestionedeirifiutiedellesostanzenocivesembraavvenirenelpiùto-talespregiodellalegalità,avvelenandolaterra,l’ariaelefaldeacquifereeponendounagraveipotecasullavitadichioggiviabitaedellefuturegenerazioni.

Mentreesprimiamounavoltadipiùquellasolidarietàpartecipe,chesiègiàmanifestatainnumerosigestidicon-divisione,desideriamoproporreunariflessionetesaaco-gliereintaliaccadimentialcunielementichelastessaforzadell’emergenzarischiadilasciaresullosfondo,impedendodipercepirnetuttalarilevanza.Occorreinvecesaperleg-gere isegnideitempi,scoprendo–nella lucedella fede–quegliinvitiariorientareresponsabilmenteilnostrocam-minocheessiportanoinsé.

Annunciarelaveritàsull’uomoesulcreatoedenun-ciarelegraviformediabusosiaccompagnaallames-sainattodiscelteegestiqualistilidivitaintessutidisobrietàecondivisione,un’informazionecorrettaeap-profondita, l’educazione al gusto del bello, l’impegnonellaraccoltadifferenziatadeirifiuti,controgliincendidevastatorienell’apprendistatodellacustodiadelcre-ato,anchecomeoccasionidinuovaoccupazionegio-vanile.

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4. Per una Chiesa custode della terraVivere il territoriocomeunbenecomuneèun’esi-

genzadivastaportata,cherichiamaanchelecomunitàecclesialiaunapresenzavigilante. Il territorio, infatti,èdavvero talequando abitatodaun soggetto comu-nitariocheseneprendarealmentecuraelapresenzacapillare del tessuto ecclesiale deve esprimere ancheunimpegnointalsenso

Abbiamobisognodiunapastoralechecifacciarecu-perareilsensodel“noi”nellasuarelazioneallaterra,inunasaggiaazioneeducativa,secondoleprospettivedegliOrientamentipastoraliEducareallavitabuonadelVangelo.Prendersicuradelterritorio,delresto,signi-ficaanchepermetterecheessocontinuiaprodurre ilpaneeilvinopernutrireogniuomoecheognidome-nicaoffriamocome“fruttidellaterraedelnostrolavo-ro”aDio,PadreeCreatore,perchédiventinopernoiilCorpoeilSanguedelSuoamatissimoFiglio.

Perquestoinvitiamoconforzaatornarearifletteresulnostrolegameconlaterrae,inparticolare,sulrap-portochelecomunitàumaneintrattengonocolterrito-rioincuisonoradicate.Sitrattadiunarealtàcomplessaericcadisignificati,chespessorimandaastoriedire-lazioniedicrescitacomune,incuilacittàdegliuominiedelledonnerivelailsuoprofondoinserimentoinunluogoeinunambiente.Ilterritorioèsempreunarealtànaturale, conunadimensionebiologica ed ecologica,maèanche inscindibilmentecultura,bellezza, radica-mentocomunitario,incontrodivolti:unadensarealtàantropologica, incuiprendecorpoanche il vissutodifede.

Isanticiinsegnanoconchiarezzalastradadasegui-re,comesanBernardinodaSiena,chementreponevaalverticedellasuaoperapastoraleilnomediGesù,da-vantialqualeogniginocchiosipiegainadorazione,siadoperavaperrafforzareiMontidipietàeiMontifru-mentari,segnidiunarinascitachedàaldenaroilgiustovalore,diventandoancheprecursorediquella“econo-miadifiducia”chesolapuòguarireleferitedellanostracrisi,causatadaaviditàeinsipienza.

Lestessemanidell’uomo,sostenuteeguidatedallaforzadelloSpirito,potrannocosìguarireerisanare,inpienariconciliazione,ilcreatoferito,anoiaffidatodal-lemanipaternediDio,guardandocon responsabilitàeducativaallegenerazionifuture,versocuisiamodebi-toridiparolediveritàeoperedipace.Roma,24giugno2012SolennitàdellaNativitàdiSanGiovanniBattista

LACOMMISSIONEEPISCOPALEPERIPROBLEMISOCIALIEILLAVORO,

LAGIUSTIZIAELAPACE,LACOMMISSIONEEPISCOPALEPERL’ECUMENISMOEILDIAL

Territorio, persone, comunitàTerritorioèterminedioriginefrancesechestaadindi-

careilcomplessodelleattivitàumanenellospazio;sidi-stingueperciòdaambiente,cherimandaagliecosistemieallerisorsenaturaliinessiracchiuse,edapaesaggio,checoncernelequalitàestetichediampieporzionidispazio,sullequaliunacomunitàsiriconosce.Purconquestedi-stinzioni,sonoevidentiimillenessicheunisconoilterrito-rioall’ambienteealpaesaggio.

Ilterritoriorichiamaallaspecificaquestionedell’ammi-nistrazionedibenicheperloronaturasonoodovrebberoessereapertiatutti.Questalorodisponibilitàoaccessibi-litàètaledarichiedereun’amministrazione,unacura,de-legataadunorganismochesiaespressionedellavolontàeopinioneditutti,inaltritermini,alpubblico.Possiamoalloracapirecheterritorioèlasommadituttiqueibeni,lacuinaturarichiedeunagestionepubblica.Leacque,lestrade,l’igienepubblica(puliziadairifiutiecontrollodel-

lepatologieepidemiche),iboschi,ormaianchel’ariaeilfuoco (l’energia) sono tuttielementidiffusi nello spaziocherichiedonounatuteladapartediunorganismosuperparteselungimirante.Equicomincianoiproblemi;principalmenteessisonodi

duetipi:daunlato,vièunacontinuae,neitempimoder-ni,crescentespintadapartediprivaticittadiniamettereavaloreporzionidelterritorioperpropriscopi,sianoquestilasoddisfazionedibisogniol’acquisizionediunprofitto.

Così,laricercadiun’abitazioneconfortevoleelavolon-tàdell’impresaedilediguadagnaredallasuacostruzionehannodatounaspintafortissimaall’urbanizzazione,aliasoccupazione di suolo per fabbricati a uso residenziale.Tuttiabbiamosott’occhio lapoderosaurbanizzazionediperiferie,areeturistiche,assistradali.Lapressioneèsta-ta fortissimaproprioperchéunivadue“bisogni”,quellodell’abitare(edeirelativiserviziivicompreseleinfrastrut-ture) conquellodiun settoreeconomico chegarantivaprofittiepostidilavoro.

Dall’altro lato,visonoleautoritàpubblichechiamateagestireibeniapertiatutti.Ilsuolo,laprincipalerisorsadelterritorio,puòesserediproprietàpubblicaoprivata;arigorepotrebbeesserediproprietàcollettiva,maquestaformaperragionistoricheegiuridiche,èoraresidualeepurtropponegletta.Giustamente,ildirittotutelalaproprietàprivatadelsuoloe,inbuonamisura,idirittid’usochedaquestadiscendono.Tuttavia,datiigrandisquilibrichesimilesi-tuazioneprovocavanell’usodelsuolo,dadecenni(dase-coliinpaesicomelaGermania),vièuncontrollopubblicosull’usodelsuolochesichiama invariomodo,general-mentepianoregolatore,opianodifabbrica,onelleversio-nipiùsofisticate,pianoterritorialedicoordinamento(dituttigliusidelsuolo).

Questipiani, ai vari livelli amministrativi, presentanoalorovoltaundupliceproblema,attinentelapartecipa-zionedelpubblico.Perunversoinfattisisonodimostratineltempomolto,troppopermeabili,adinteressidiparte;lobbybenattrezzatehannoesercitatounafortepressio-neperotteneremodifichealorofavorevoli,difattosvuo-tandoilvaloreditutelacollettivadelpiano.Perunaltro,icittadinihannovigilatopocosull’effettivarealizzazionediquestipianidifabbricazione.

Invero, ci sonodegli strumentidipartecipazione in-diretta(ipartitichedi fattonominavano imembridellacommissioneurbanistica)ediretta(leaudizionipubbliche,lapossibilitàdifareosservazioniscrittealpiano).Tuttavia,qualcosanonhafunzionatonellapartecipazione.

Quelladelleimpreseeratroppointeressata,particola-ristica,senzanessunaresponsabilitàsociale;quelladelleistituzioni(edeipartitichelehannoispirate)troppopro-naaisuddettiinteressidiparte,formandoquelrapportoclientelareassaidiffusoinItalia.Dalcantosuo,laparteci-pazionedellasocietàcivileèrisultatadebole,estempora-nea,avolte,anch’essacondizionatadarisorseprovenien-tidallapubblicaamministrazioneodasponsorprivatididubbiarettitudine.

Neèuscitaunagestionedelsuolopavida,spessocao-ticaperviadellaframmentazionedellapubblicaammini-strazione.

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Perrispondereaquestostatodicosesiinvoca,ormaidavent’anniaquestaparte,laprivatizzazionedellagestio-nedimoltiserviziterritoriali.Èperòevidentechesitrattadiunascorciatoia,unasemplificazioneindebitaperbenilacuinaturaèedovràrestareapertaatutti.Ilproblemaèalloralaformadigestione;ancheinquestocasosappiamochedovràesserepiùpartecipatachenelpassato.

Giustamente,dapiùpartisi invoca lapartecipazionedirettadeicittadini.Essaperòsaràsterilesenoncresceràafiancodifunzionaripubblici integerrimiediimprese,chescopranol’intimadimensionesocialedelloroopera-renelmercato.

Senzaquestapolifonia,lagestionedelterritorioèirri-mediabilmentedestinataastonare.

Ambiente e salute.Laprotezionedella saluteumanadall’inquinamen-

todeibeniambientaliprimari(aria,acqua,terra)èuntemarelativamenterecente,maproprio lapromozio-nedeldirittoumanoallasaluteèstatastoricamentelalevachehageneratonormativesemprepiùstringentiperlamessaalbandodiprocessieprodottinocivi.

Inquestiultimi50annisonostatifattideipassiavan-tifondamentalinellacomprensionedellacorrelazionetra sostanzenociveeconseguenzeper la salutedellepersone; le ricerche epidemiologiche hanno dato econtinuanoadareuncontributo importantissimoallaindividuazione e al monitoraggio della popolazioneesposta amiscele di agenti fisici e chimici potenzial-mentedannosiperlasalute.Nonostanteisignificativiprogressirealizzati,però,ilproblemadell’inquinamen-to e del suo impatto sulla salute umana è ben lungidall’essererisolto.IlrecenteRapportodell’AgenziaEu-ropea dell’Ambiente (AEA/EEA) L’ambiente in Europa:Stato e prospettive pubblicato nel 2010 indica tra leprimequattroprioritàstrategichedelleattualipoliticheeuropeepropriolaquestionedellecorrelazionitraam-biente,saluteequalitàdellavita.

InEuropailcontestopiùproblematicoèrappresen-tatodall’inquinamentodell’arianellecittàacausadeltraffico stradale, delle attività industriali, dell’uso deicombustibili fossiliper il riscaldamentoe laproduzio-nedienergia.A frontedeipositivi risultaticonseguitineiconfrontidialcunifattoriinquinanticomepiombo,ossididiazoto,monossidodicarbonio,diossidodizol-fo,siregistranolivellidiconcentrazioneparticolarmen-teallarmantiper inquinanticomeilparticolatosottile(pm10,pm2,5)el’ozono(O3).Proprioessi,secondoglistudi dell’OrganizzazioneMondiale della Sanità, sonoparticolarmente dannosi per la salute umana, in ter-minidiminoreaspettativadivita,dieffettirespiratoriecardiovascolariacutiecronicispecieperlefascepiùdebolidellapopolazione(anziani,bambini,malati),diriduzionedellosviluppopolmonareneibambiniedelpesoallanascita.

Visonopoialtridueambitisuiquali il rapportori-chiamal’attenzioneecherichiedonol’adozionediap-procci sistemici e integrati. Il primo riguarda i rischilegati alla esposizione a sostanze chimiche e ai loroeffetti combinati sulla salute umana – un ambito incuiallacrescentepreoccupazionenoncorrispondeat-tualmenteun’adeguatadisponibilitàdidati.Ilsecondosegnala i rischi correlati al progressivodispiegarsi delcambiamentoclimaticoelaloroincidenzasullasalutedellepersoneedellecomunità.L’aumentodella tem-peratura rappresenta uno dei fattori dimaggiore im-pattosullasaluteesullaqualitàdellavitaumanacomeconseguenzadell’elevatorischiodiaumentodieventiestremi(ondatedicalore,ondatedifreddo,inondazio-ni,alluvioni…)ediaccresciutadiffusionedinuovema-lattie (a seguitodiunamaggioraccessibilitàdiagentipatogeniveicolatidall’acquaedaglialimenti,divettoritropicali,dell’inquinamentodell’aria…).

Il caso dell’EternitUn esempio particolarmente drammatico del rap-

porto tra salute e ambiente è rappresentato poi dalcasodell’amianto.

Larecentesentenzadicondannadeidueproprietaridell’EternitdapartedelTribunalediTorinohariportatoallaluceunproblemaconcuil’Italiastafacendoicontidaoltre20anni.È,infatti,dal1992cheilnostroPaesehamessoalbandolaproduzioneel’utilizzodell’amian-toacausadellasuapericolosità,malasentenzaèstori-caperchéperlaprimavolta–noninItalia,manelmon-do–unTribunalehaconfermatochel’amiantouccideechevisonopreciseresponsabilitàincapoapersonefisiche.

L’averabolitolaproduzionedell’amiantonelnostropaeseèstatounfattoreimportante,manonsufficientenelladirezionedellaprotezionedellasaluteumana:laleggedel1992prevedeancheuncensimentodettaglia-todeisiticontaminati,perpoiprocedereallabonificaeallosmaltimento.

IlcompitoèassegnatoalleRegioni,madopo20annitale censimento non è ancora stato completato e lestimeadisposizionesonoquelledelCNRedell’Ispesl,secondocuinelterritorionazionalevisarebberotrale30ele40tonnellatedimaterialicontenentiamianto;unmilionedimetriquadratidi coperture ineternitèpresentegiàsoloaCasaleMonferrato.

Leconseguenzedellapresenzadiquestaenormeepervasivaquantitàdimaterialeinquinatoepericolososonoparticolarmentepesanti:sicalcolachecirca3.000personemuoionoinItaliaogniannoacausadimalat-tieconnessealrilasciodellefibrediamianto.Comeènoto,infatti,ilrischiononèlegatotantoallapresenzadellasostanza,quantoallapolvererilasciatadaimate-rialidegradati,chetendonoaspezzarsieasbriciolarsi,rilasciandocosìlefibrediamianto.

Èunarealtàcheinteressaunnumeroimportantediprodotti(circatremila),chevannodagliisolantitermicieacusticialletubature,daipavimentiinlinoleumallecoperturedegliedifici.

La sentenza, oltre a riportare l’attenzione dell’opi-nionepubblica sul problemadell’amianto, rappresen-taun’occasioneperrilanciare l’urgenzadiunpianodimessainsicurezzadelterritorioitalianoneiconfrontidiquestoinquinante.Si tratta, cioè, di completare l’attuazione della legge257/92,cheprevedeinterventiper l’individuazione, ilrisanamentoelabonificaattraversolarealizzazionediappositi impiantidi trattamentoedi smaltimentodeimaterialiinquinati.

Un’azione importantedovrebbeesserepureorien-tataallapromozionediappositecampagneinformativerivolteallapopolazione,perfarconoscereirischilegatiall’amianto,imaterialichelocontengonoelanecessitàdiunidoneosmaltimento.

MalasentenzadelTribunalediTorinorappresenta

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ancheun’occasioneaffinchél’Italiasifacciaportavoceinsedeinternazionaledellamessaalbandouniversaledell’amianto.

Talematerialecontinua,infatti,adessereprodottoinmoltipaesidelmondo(Cina, India,Russia,Brasile,Indonesia…),mentreinparecchialtri–tracuiStatiUni-tieCanada–nonneèvietatol’utilizzo.Laquestionedell’amiantorapresentaquindisuscalainternazionaleunproblema tutt’altro chemarginale: secondo stimedell’Organizzazione Mondiale della Sanità muoiononelmondoognianno100milapersoneperesposizio-ne all’amianto, mentre 125 milioni sono i lavoratoriespostiatalesostanza.Nellalottacontrol’amiantolasentenzaitaliana–purconingiustificatoritardoeconilsacrificiodiunnumerotroppoaltodiviteumane–rappresenta,dunque,unabuonanotizianelcamminodiciviltàdellafamigliaumana.Bisognaoraestenderequesto risultatoanchea livello internazionale, soste-nendo il dirittoalla saluteealla vitadellepersoneedeilavoratoridiqueiPaesichehannodapocoiniziatoillorocamminodisviluppoeconomicoesociale.Viè,allora,un’azionedidiplomaziadasvolgereall’internodelle istituzioni internazionali come leNazioniUnite,l’OrganizzazioneMondialedellaSanità,l’Organizzazio-neMondialedelCommercioedegliorganismiqualiilG8eilG20.Fondamentaleèperòancheagiresulfrontedellacooperazioneallosviluppoesultrasferimentoditecnologie innovative: leconoscenzepiùrecentimet-tonooggiadisposizionematerialiingradodisostituireconsuccessoeaparitàdicostol’amiantointuttiqueiprodottiincuistoricamentevenivaevieneutilizzato.

L’Italia: un territorio splendido e fragile Il “Bel Paese”, è indubbiamente un territorio stra-

ordinariocheoffresintesidivalorinaturalieculturalisenzaugualiinEuropa.Labiodiversità,pereffettodellavarietàdeiclimi,dellamorfologia(monti,colline,laghi,coste,pianure,isole,lagune),deisuoli(rocceanticheerecenti–dioriginecarbonatica,metamorfica,cristal-lina,vulcanica–,azionedeighiacciaiedeifiumi,areecarsiche)edelsecolaremodellamentodapartedellepopolazioni,èriccaalpuntodacontribuireperoltreil50%aquelladell’interocontinente.Questastraordinaria“armonia”chehaispiratopoeti

eartistiecherendeilnostropaesetraipiùattraentialivelloturistico,èfondatasudelicatiequilibri,perseco-lisostenutidalpazientelavorodiun’agricolturatradi-zionale,nonintensiva,rispettosadelfuturo.Sonocosìsortipaesaggi“fruttodellanaturaedellavorodell’uo-mo”dicuiogniregioneèricca.Una “ruralità” di fondo che oggi, per l’evoluzione

delle pratiche agronomiche e l’affermarsi di modellisocioeconomici semprepiùcompetitivieglobalizzati,hapersolasuaidentità,aprendoafenomenidiabban-dono,daunlato(conevidenticonseguenzedeleteriealivellodipaesaggioedipresidiodelterritorio,specienelleareemontane, intrinsecamentepiù fragili), ediconcentrazione delle attività, dall’altro, con forzaturedellaproduzioneeilricorsoamodellidiutilizzopiùin-tensiviemenorispettosideitempidellanatura.

Alcune conseguenze sono poi rafforzate da feno-meni di cambiamento climatico che a prescinderedall’analisi delle cause –più omenonaturali oppureantropiche–odalleiniziativenecessariepermitigarneglieffetti(conproblemidicosti,maanchediresponsa-bilità),sonoinnegabiliepurtropporicorrenti,confra-ne,alluvioni,dissesti.Acompromettereterritorispes-sostupendicontribuisconoanchel’incuria(mantenereun territoriobelloeordinato richiedemoltaenergia,sapienza, attenzione, rispetto) e l’egoismo (si puntasoloalprofittoimmediato,confidandotropponellaca-pacitàdidiluizionedegliecosisteminaturalipersmal-

tire ivelenie rinviandodecisioni importanti,anchealivello internazionale,magariaccrescendoglisquilibriNord-Sud).

Allastessadinamicacontribuiscepure laconcomi-tante espansione urbanistica, che riduce pericolosa-mentelasuperficieagrariautile,cioèilsuoloeffettiva-mentecoltivabile.

InItaliasononate,apartiredaglianni’90,diverseareeprotette che si sonoaggiunte ai parchi storici eoggioltreil10%delterritoriodovrebbeesseredifesoealsicuro.Aciòsiaggiunganolenormativeeuropeechecon la ReteNatura 2000 dovrebbero contribuire allatuteladihabitat (quindi territoriprossimo-naturali)especie. Ciò nonostante, le pressioni speculative nonsonocessateeletuteleappaionodeboli.

Serve,quindi,ancorpiùdinormativecherisultanodicomplessaapplicazione,unanuovaconsapevolezza,dalbasso,dapartedellefamiglie,deisingolicittadini,dellecomunitàparrocchialiecivili.Intalsensosievin-conoanchesegnalipositividiunanuovapartecipazio-neallagestionedeibenicomuni.

Ilterritoriorestaunbenepreziosissimo,danonspre-care,elasuaefficacegestionerichiedeanzituttopun-tualeconoscenzadeisuoivalori,ambientalieculturali,ilrafforzamentodelleidentità(nelleareemontaneein-ternepiùspopolateefragiliormaispessocompromesse)e l’adozionedi opportuneiniziative di ri-qualificazione.Va invertitala tendenzaal consumoe al degradodei suoli, va-lorizzando ini-ziative (nonmancano gliesempidibuo-ne pratiche)fondate sullasostenibi l ità(durevolezza)delle attivitànecessarie aprodurreibenidiconsumo(evitandosprechi)egaran-tire un futuromeno condizionato dalleminacce am-bientaliainostrifigli.

Consumo di suoloIlconsumodisuolonaturaleeagricoloinItalia,ma

ancheneiPaesidell’Ue,haassuntovaloriedinamichedrammatici.Nonsidisponeaoggidiunregistronazio-naledeiconsumidisuolo,masistimachetra1995e2006sianostaticonsumati750.000ha(paria68.200ha/annoe187ha/giorno)eche,dunque,in11annisiasparitaun’areavastacomel’Umbria.Esaminandoidatidiconsumodisuolo,poi,emergeunaforteaccelera-zionedelfenomenodall’iniziodelmillennio.

GlistudiosirilevanocheinItaliailconsumodisuolo,benedi fattonon rinnovabile,disponibile inquantitàdataedesauribile,procedeatassisuperioririspettoairitmidicrescitadellapopolazioneedelredditopro-ca-pite;trattasi,pertanto,diunconsumodisuoloimmo-tivato,consegnatoa logichedimercatoe interessidiparteechenonconsentedimassimizzareilbeneficiosocialenetto.

Sononotelecausegenerali,culturaliinsensolato,delfenomenodell’eccessodiconsumodisuoloquali:a) l’incapacità dell’uomo di ritrovare la rilevanza delsensodellimite;b)lacorrelataefallaceideologiadiunapossibilecre-

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scitasenzafine,quandolalimitatezzafisicadellaterraedellealtrerisorsenonrinnovabilicostituisceunvincoloassolutoallacrescitainfinita;c)l’affermarsidelladeregulationcompetitiva;d)un’ideadistortadiinnovazione,chehailpropriopa-radigmanelconsumodisuolo,maanchedelterritorio,dellacittà,dibenirelazionaliedisocialità,dacuiderivaunadissipazionediqualitàdellavita;e)latesiperlaqualelacrescitadellecittàedelleretidicomunicazione rappresenterebbeunasortadimarca-toredisviluppoemodernità.

Altrettantoconosciutesono lecausespecifichedelconsumodisuoloinsintesiriferibili:a)alprevaleredellacittàdilatata,abassadensitàedis-seminata(sprawlurbano);b)a scelte residenzialidei cittadiniedi localizzazioneodelocalizzazionediimpreseindustrialiecommerciali;c)all’assunzionedeiterritorimetropolitanicomeunsi-stemainsediativounitariosuscalavasta,cheannullaledicotomiecentro-periferiaecittà-campagna;d)allarilevanza,intuttiipiùrecentiprocessidiurbaniz-zazione,dellarenditaurbana,cheètornataarappre-sentareun fattoredecisivodell’espansionedelle cittàitaliane,grandieminori;e)all’esistenzadiunapianificazioneurbanistica fram-mentata, chiusanel recintodei confini amministrativicomunalieincapacedicoglierelecorrelazionidiareavastadiun’urbanitàbisognosadicoordinamento;f)allacrisifinanziariadegliEntiLocali,chehaportatoicomuniaconfigurareglioneridiurbanizzazionecome“cifra”importanteperfarquadrareibilanciefinanziarelestessespesecorrenti.

Sipuòaffermarechelasostenibilitàdeiservizisocia-li,dipersestessidirittiesigibili,nonpossaprescinderedallatuteladelterritorioeche,quindi,nonpossagiu-stificarsiilconsumodisuolopermantenereunelevatolivellodiservizi.

Ed,infine,èfacileverificareanchegliimpattidirettiedindiretti,immediatiodilungoperiododelconsumodi suolo:perdita irreversibiledapartedei suoli urba-nizzati delle proprie capacità fisiche e biologiche (fis-sazionedellaCO2,problemidirifornimentodellefaldeidriche,ecc.),degradodelpaesaggio,dissestoidrogeo-logico,deterioramentodellaqualitàdellavitae,nondaultimo,perditadiimpreseediinfrastruttureagricole,diculturaimprenditoriale,diprodottialimentari,dibiodi-versità,ditradizionirurali,diconoscenzaedicapacitàmanutentivadelterritorio.

Sono invece segni di speranza la crescentemobili-tazione di gruppi di cittadini, le prese di posizione digruppidicittadiniassociazioniambientaliste,agricole,cooperative,di intellettuali,dicomunitàcristiane,chesiattivanoorasuquestoorasuquell’interventodina-turastrutturaleoinfrastrutturaleambientalmenterile-vante.Purepromettentisonolesceltediquelleammi-nistrazioni provinciali e comunali chepongono tra gliobiettivistrategicideipropristrumentidipanificazione

ilmassimocontenimentooperfino l’azzeramentodelconsumodi suolo,nonché l’inedificabilitàdellecosid-dettearee libere (areeagricole).Altrettantodegnodiattenzioneèl’accoglienza–alivelloscientifico,maan-chealivellopoliticoelegislativo–deltemadelsuolocome bene comune, da cui far discendere l’introdu-zionedinormecogenticheabbianol’obiettivodimini-mizzareilconsumodisuolo,elacostruzionediquadriconoscitivicompleti,adeguatieaggiornatidellacarat-terizzazioneagricola,paesisticaenaturalisticadeisuoliedell’edificazioneurbana.

Sifastradalaconsapevolezzachelatuteladelsuo-loagricolononèquestioneeconomicainsensostrettopoichéperl’economiadominantequalsiasidestinazio-ne del suolo diversa da quella agricola (residenziale,industriale, commerciale, infrastrutturale, ecc.) è piùconveniente rispetto ad un uso agricolo. D’altronde,l’economia tradizionale, che si serve della moneta echefariferimentoaivaloridiscambiodeibeniriprodu-cibili,ecioèallascarsitàrelativa,noncontempla(nonpuòcontemplare)néivalorid’usochenonpassanoviamercatonébeniascarsitàassoluta,qualèilsuolo.Latuteladelsuoloagricoloè,dunque,questionedinaturaeminentementeeticaepolitica,intrinsecaecostituivadi unmodoaltro ed altodi concepire la politica edigovernare il territorio.Occorronoopportuni interven-tilegislativisulpianonazionale(apartiredallasemprerinviatanormativasulregimedeisuoli)esulpianore-gionale,necessitato,questo,afarsuelanozionedellapianificazione comunale di tipo strutturale, da assog-gettareaValutazioneAmbientaleStrategica,el’innova-zioneproceduralecostituitadallaco-pianificazionetradifferentilivelliamministrativi,laquale,assicurandouncontrollopiùattentosulleespansioniurbane,ècapacediprodurreunefficacecontenimentodelconsumodisuolo.

Unarealetuteladelsuolo: a)postula l’esigenzadiperseguireconcretamenteunosvilupposostenibile,chemettaadisposizionedel-lacittadinanzastrumentidiconoscenzadelfenomeno,chericorraauninsiemedistrumentidinaturadiversaecomplementaredinaturagiuridica,economica,fisca-le,oltrechedicomunicazioneepartecipazione,echevalorizzilesinergietraurbanistica,economiaefiscalitàlocale,conl’obiettivodicreareunmodellodigovernodelterritorioedell’ambientecoerenteconleaspettati-vepiùprofondeeveredellasocietà;

b)sollecitaladefinizionediazioniestrumentidige-stionenoncondizionabilidainteressidiparte,secondounmodellodisviluppobasatosustilidivitapersona-li e comunitari improntati a sobrietà, eco-sufficienzaed eco-efficienza e che miri alla qualità del vivere edell’abitare,allaconvivialitàealbenesseredeicittadinie,anzi,aunafelicitàsostnibile.Latuteladelsuolo,alparidiquelladialtribenicomu-

ni, richiama, infine, l’esigenza diconsiderare per il governo delterritorio forme di democraziapartecipativa, che si affianchinoalle istituzionididemocraziarap-presentativa, valorizzando ruoloecompitidellasocietàcivileorga-nizzata. ScrivevaLuigiEinaudi:«La lot-tacontro ladistruzionedelsuoloitaliano sarà dura e lunga.Ma èil massimo compito di oggi se sivuolesalvareilsuoloincuivivonogliitaliani»(IlCorrieredellaSera,15.12.1951).

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Sisonosvolteil3settembre,nelduomodiMilano,leesequiedelcard.CarloMariaMartini,spentosiaGallarate,all’etàdi85anni,venerdì31agosto.Lamessa,presiedutadall’arcivescovodiMilano,card.AngeloScola,èstataconcelebratada9cardinali,39vescovie1200sacerdoti,allapresenzadinumeroseautoritàcivili,comeilpremierMarioMonti,4ministri,l’expresidentedelConsiglio,RomanoProdi,30parlamentarie35sindaciprovenientidatuttaItalia.InpiazzaDuomoc’eranooltre15milapersone,ecirca6milafedelisisonoraccoltiinpreghieraall’internodellachiesa.

“È stato un uomo di Dio, che non solo ha studiato la Sacra Scrittura, ma l’ha amata intensamente, ne ha fatto la luce della sua vita, perché tutto fosse per la maggior gloria di Dio”.ÈunpassaggiodelmessaggiocheBenedettoXVIhafattogiungereinoccasionedelleesequie.Aleggereiltestoilcard.AngeloComastri. Proprioper questo, secondo ilPapa, il card.Martini “èstatocapacediinsegnareaicredentieacolorochesono alla ricerca dellaverità che l’unica Paroladegna di essere ascolta-ta, accolta e seguita èquelladiDio,perché in-dica a tutti il camminodella verità e dell’amo-re”. E il card. Martini èstatocapacedifarlo“con una grande apertura d’animo, non rifiutando mai l’incontro e il dialogo con tutti, rispondendo concretamente all’invito dell’Apostolo di essere ‘pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi’. Lo è stato con uno spirito di carità pastorale profonda, secondo il suo motto episcopa-le, “Pro veritate adversa diligere”, attento a tutte le situazioni, specialmente quelle più difficili, vicino, con amore, a chi era nello smarrimento, nella povertà, nella sofferenza”.“Siamo qui convocati dalla figura imponente di questo uomo di Chiesa, per esprimergli la nostra commossa gratitudine”,hadettoilcard.AngeloScola,nell’omeliaperleesequie.Ilcard.Martini,ha ricordato ilporporato,“non ci ha lasciato un testamento spirituale, nel senso esplicito della parola. La sua eredità è tutta nella sua vita e nel suo magistero e noi dovremo continuare ad attin-gervi a lungo”.Secondoilcard.Scola,“affidare al Padre questo amato pastore significa assumersi fino in fondo la responsabilità di credere più che mai in questo Anno della fede e la responsabilità di testimoniare il bene della fede a tutti. Ci chiede il nostro amato cardinale di diventare, con lui, mendicanti di Cristo”.Questoè“il grande lascito del cardinale Carlo Maria: davvero egli si strugge-va per non perdere nessuno e nulla. Egli, che viveva eucaristicamente nella fede della risurrezione, ha sempre cercato di abbracciare tutto l’uomo e tutti gli uomini. E lo ha potuto fare proprio perché era ben radicato nella certezza incrollabile che Gesù Cristo, con la Sua morte e risurrezione, è pe-rennemente offerto alla libertà di ognuno”.IlpastorecheoraaffidiamoalPadre,“ha amato il suo popolo, spendendosi fino all’ultimo istante. Anch’io ho potuto far tesoro del suo aiuto quest’anno, fin all’ultimo affettuoso colloquio, una settimana prima della sua morte”.“Nell’attitudine salvi-fica, e quindi pienamente pastorale, del suo ministero egli ha riversato competenza scritturistica, attenzione alla realtà contemporanea, disponibilità all’accoglienza di tutti, sensibilità ecumenica e al dialogo interreligioso, cura per i poveri e i più bisognosi, ricerca di vie di riconciliazione per il bene della Chiesa e della società civile”.Alterminedellacelebrazionehapresolaparolaancheilcard.DionigiTettamanzi,arcivescovoeme-ritodiMilanoesuccessorediMartinisullacattedradiAmbrogioeCarlo:“Lui è stato, per me come per tantissimi altri, punto di riferimento per interpretare le divine Scritture, leggere il tempo pre-sente e sognare il futuro, tracciare sentieri per la missione evangelizzatrice della Chiesa in amorosa e obbediente docilità al suo Signore”.Ilcard.Tettamanzihacosìrievocatoil“sorriso”ela“parola”delcard.Martini,ilsuo“chinarsi sulle nostre fragilità”,lo“sguardo capace di vedere lontano”,lafede“nei giorni della gioia e in quelli del dolore”e“l’arte di ascoltare e di dare speranza a tutti”.Traivescoviconcelebrantianchemons.LucianoMonarichehaportatoaMilanoilcordogliodellaChiesabrescianachepiùvoltenelcorsodell’episcopatomilaneseenegliannisuccessivihaavutomododiaccogliereeapprezzareilcard.CarloMariaMartini.LasuaultimavisitaaBresciainocca-sionedelviaggioapostolicodiBenedettoXVIdell’8novembre2009.

Il cardinal Martini con tre botticinesi al termine della S.Messa da lui celebrata a Gerusalemme alcuni anni fa

LA MORTE DEL CARDINAL MARTINI

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RINNOVATOILPRESBITERIODELLACHIESAPARROCCHIALEDIBOTTICINOMATTINA

Grazie a Giuseppe Tregambe, artista dicasa nostra, a quantihannofornitoilmarmo(di Botticino!), comeil Consorzio e le Coo-peratrive, a chi ci haprestato il laboratorio,eadalcunivolontari siè potuto completare ilpresbiteriodellachiesaparrocchiale di Bottici-noMattina.Giuseppe,l’artista, hasistemato l’altare esi-stente(fattodaluianni

fa,comeanchel‘ambone)ritoccandoemigliorandolaraffigurazione;èstatoposizionatosuunbasamentonuovointeramentedimarmo.Hadatopiùcorpoall’ambonearricchendolodisimboli:laParoladiDio,pro-clamataesostenutadaiquattroevangelisti,siriversasuchil’ascoltacomeunafonted’acquaviva.LasededelpresidentedellacelebrazionecondisegnateinrilievolepalmeattornoallacrocecherichiamanoilmartiriodeiSS.FaustinoeGiovita,patronidiMattina,conlasedeaccantodeldiaconoequelledeiconcelebrantisonorealizzazioninuove.Ilrisultatoèottimo,ancheperl’armoniadell’insiemedituttoilpresbiterio.Nellapaginaaccantopotetetrovareulteriorimotivazioni,oltreaquelleestetiche,delperchèdiquestoin-tervento.

LAVORI IN CORSO NELLE PARROCCHIEFermento,movimentodimani,diingegnoefantasia,masoprattuttograzieallabuonavolontàdipersonevolontarieperl’occasioneodasempresièpotutoinquestimesiintervenireperlasistema-zionedialcuniluoghideglioratoridiBotticino.

ASan Gallosièsistematoilbancobaresièdatounabellarinfrescatadellepareti,pitturateconarte.

ABotticino Mattinasisonoricavatiiluoghiperdarelapossibilitàaigruppigiovanilicheamanofaremusicaditrovarsipersuonare,fareleproveecostruireoccasionidiincontroespettacolomusicale.Taliluoghisonostatirealizzaticonrivestimentoecontrosoffittatureinlegnoperunaudiomigliore.Occorreràinfuturodareunatinteggiaturanuova,piùgiovaneefrescaaivarilocalidell’oratorio...Nonmancherannocertobuonepersonechesipresterannopertaleopera.

ABotticino Sera sièiniziatoaspostarelasegreteriainunluogopiùvisibileedalqualesipuòavereunmaggior“controllo”el’ufficioparrocchialealpianterrenoperavereunastanzainpiùpergliincontri,epoigiornodopogiornoilocalialpianterreno(entrata,corridoio,salabaresaleattigue)sisonocoloratedigiallo,arancio,rosa,verde,azzurro...Vistol’ottimorisultato-e l’aver preso su la mano-siècontinuatodandounasistemazioneaquel-lochefinoaqualcheannofaeral’appartamentodelcurato,primachesitrasferisseincanonica,trasformandolo in stanze tanto necessarie per gli incontri. Serramenti, porte, pavimento, pareticolorate,controsoffittoperfavorireilrisparmioenergeticoerifacimentoimpiantoriscaldamento...Iltuttoconpocaspesa,macontantolavoroperi‘soliti’volontarimaancheperquellioccasionalinonsolodiSera,maanchediMattina.Sì,questestanzeavevanopropriobisognodiuntoccodiclasseperchèpiccoliegrandisitrovinomeglioquandopartecipanoagliincontri.Manonèfinita:occorreràintervenireanchenellazonaaule,quelledoveunavoltac’eralascuolaecheeranoleunicheperl’attivitàdicatechesi.Forza,aspettiamoqualcheaiutoinpiù!

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L’ADEGUAMENTO DELLE CHIESE SECONDO LA RIFORMA LITURGICA SECONDO L’ORDINAMENTO GENERALE DEL MESSALE ROMANO(295 e ss.) E CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, RIGUARDANTI IL PRESBITERIO, L’ALTARE, L’ AMBONE E LA SEDE DEL PRESIDENTE (16 e ss.)

Ilprogettodiadeguamentodelpresbiteriohaunduplicescopo:consentireunagevolesvolgi-mentodeiritiemettereinevidenzaitre"luo-ghi"eminentidelpresbiteriostessochesonol'altare,l'amboneelasededelpresidente.

L’altareL’altare nell’assemblea liturgica non è sempli-cementeunoggettoutileallacelebrazione,maèilsegnodellapresenzadiCristo,sacerdoteevittima,è lamensadelsacrificioedelconvitopasqualecheilPadreimbandisceperifiglinel-lacasacomune,sorgentedicaritàeunità.Perquesto è necessario che l’altare sia visibile datutti,affinchétuttisisentanochiamatiaprenderneparteedèovviamentenecessariochesiauniconellachiesa,perpoteressereilcentrovisibilealqualelacomunitàriunitasirivolge.Lasuacollocazioneèdifondamentaleimportanzaperilcorrettosvolgimentodell’azioneliturgicaedeveesseretale

daassicuraresensopienoallacelebrazione.Laconformazioneelacollocazionedell’altaredevonorenderepossibilelacelebrazione rivolti al popolo e devono consentire di girarvi intorno e dicompiereagevolmentetuttiigestiliturgiciadessoinerenti....Perevocare laduplicedimensionedimensadel sacrificioedel convitopasquale,inconformitàconlatradizione,lamensadelnuovoaltaredovreb-beesserepreferibilmentedipietranaturale,...eisuoilatituttiugualmenteimportanti...Nelcasoincuil’altarepreesistentevenisseconservato,sievitidicoprirelasuamensaconlatovagliaelosiadornimoltosobriamente,inmododala-sciarenelladovutaevidenzalamensadell’unicoaltareperlacelebrazione...

L’amboneL’amboneèilluogopropriodalqualevieneproclamatalaParoladiDio.Lasuaformasiacorrelataaquelladell’altare, ilcuiprimatodevecomunqueessererispettato.L’ambonedeveessereunanobile,stabileedelevatatribuna,nonunsempliceleggiomobile;accantoadessoèconvenientesituareilcandelabroperilceropasquale,chevirimaneduranteiltempoliturgicoopportuno.L’ambonevacollocatoinprossimitàdell’assemblea,inmododacostituireuna

sortadicernieratrailpresbiterioelanavata;èbenechenonsiapostoinasseconl’altareelasede,perrispettarelaspecificafunzionediciascunsegno...

La sede del presidenteLasedeèilluogoliturgicocheesprimeilministerodicoluicheguidal’as-sembleaepresiedelacelebrazionenellapersonadiCristo,CapoePasto-re,enellapersonadellaChiesa,suoCorpo.Perlasuacollocazione,essadeveesserebenvisibiledatuttieindirettacomunicazionecon l’assemblea, inmododa favorire laguidadellapre-ghiera,ildialogoel’animazione.Lasededelpresidenteéunicaenonabbiaformaditrono;possibilmente,nonsiacollocatanéaridossodell’altarepreesistente,nédavantiaquelloinuso,mainunospazioproprioeadatto...siprevedanoadeguatesedipericoncelebranti.Lasededeldiaconosiapostavicinoallasededelcelebrante.Ovepossibile,èbeneprevedereopportunesediperglialtriministriliturgicieperiministrantidistintedaquelledelpresidenteedeiconcelebranti.

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UNITA’ PASTORALE -PARROCCHIE BOTTICINOCommissione pastorale familiare e coppia

Associazione PUNTO FAMIGLIA E DINTORNI

settembre 2012 Nell’anno pastorale che si apre, siamo invitati come Chiesa a porgere particolari attenzioni a due eventi di portata eccezionale, uno di carattere dioce-sano e l’altro di dimensione universale. Prendendo lo spunto dai 50 anni dall’inizio del Concilio Vaticano II, papa Benedetto XVI ha voluto indire un anno dedicato alla fede, alla sua riscoperta e alla sua diffusione. In questo solco, la nostra Chiesa diocesana, dopo un significativo tempo di prepara-zione, si appresta a vivere il Sinodo sulle Unità pasto-rali, nell’intento di ridisegnare, così, un nuovo volto della vita, dell’identità e della missione delle nostre comunità cristiane. Anche la pastorale familiare, come azione di Chiesa con e per le famiglie, intende percorrere un cammino in piena sintonia con le due strade accen-nate qui sopra, cercando di far emergere la ricchez-za e la complementarietà del proprio apporto nella complessa azione generale. Così, una riflessione am-pia e profonda sulla “Famiglia come chiesa domesti-ca” diventa la felice concretizzazione di questo per-corso, nello sforzo di riscoprire la fede e di ricercare una maniera rinnovata di “abitare” la Chiesa. Una famiglia abitata dalla Grazia divina nelle sue relazioni e vicende quotidiane diventa realmente una pietra viva di comunione per la Chiesa univer-sale, acquistando a buon diritto il titolo di “piccola chiesa”, come felicemente ci ricorda il documento conciliare Lumen Gentium (n. 11). Vivere la carità fraterna e l’ordinaria azione di cura vicendevole, fanno del nucleo familiare fondato sul matrimonio un chiaro luogo teologico e sacra-mentale, dove cioè in maniera evidente si costruisce il Regno di Dio, durante il trascorrere delle generazio-ni. Nella preghiera personale e comune, come pure in ogni gesto di sincera oblazione, tutta la fa-miglia rende culto a Dio e alimenta la comunione spirituale con l’intera Chiesa. Non c’è linguaggio più completo e non c’è un arco di tempo più ampio di

quello del familiare per trovare, poi, le occasioni di far conoscere il Signore Gesù e insegnare la vita buona del Vangelo: in famiglia, davvero, generare alla vita è generare alla fede, una volta e per sempre. Appare evidente, anche, come il Testo Sacro, pur nella grande diversità dei suoi Libri, dei periodi e delle situazioni, faccia risuonare, come una delle note fondamentali, il manifestarsi di Dio nella vita fa-miliare. Nella pienezza dei tempi e nella piccolezza della famiglia di Nazareth, dice il Vangelo, addirittura Dio prende la sua dimora tra gli uomini; la sua Parola completa, il suo Unigenito Figlio, assume tutta l’uma-nità e ci salva tra le venature delle relazioni casalin-ghe, percorrendo le stanze dell’intera esistenza. Continuando in questa direzione, la Chiesa apostolica e dei primi secoli (almeno fino al sec. IV) ha innestato la propria esperienza di comunione e di comunità partendo precisamente dalle casa, facen-do emergere via, via una specifica casa di accoglien-za in cui tutti si potessero riconoscere stabilmente nel ritrovarsi a rendere culto a Dio. La “Domus Eccle-siae” era così in grado di tenere insieme gli elemen-ti di unione fraterna in un luogo casalingo, vissuto nell’esperienza quotidiana, con quella di uno spazio chiaramente ed inevocabilmente deputato anche alle espressioni di fede, soprattutto nella preghiera liturgica dell’eucarestia. Dalla vita e dalle vicende del familiare, tutta la comunità cristiana era in grado di presentare a Dio ringraziamenti, lode e richieste, distinguendo ma non separando fede e vita. Da queste poche battute, spero che tutti possano aver inteso l’importanza dell’argomento e la sua piena attualità, personale – familiare – eccle-siale, nonché la necessità dell’apporto attivo di ogni singola famiglia, come pietra viva della comunità cri-stiana. Allora, va da sè, che ogni iniziativa dell’Ufficio famiglia sarà indirizzata su questa strada, chiedendo ovviamente a tutti coloro che si mettono a servizio della pastorale familiare di compiere al riguardo uno

pagine per lafamiglia e... dintorni

pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia

La casa sulla roccia:Sulla roccia di Cristo sorge la famiglia come Chiesa domestica

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sforzo di comunione; questo esprimerà un autentico stile di Chiesa e sarà un valido contributo al Sinodo diocesano.

ottobre 2012 Un anno interamente dedicato alla fede, alla sua riscoperta nella comprensione e nella vita di te-stimonianza: è questo che chiede a tutta la Chiesa il nostro papa Benedetto XVI. Si tratta di una scelta che non può non far emergere alcuni interrogativi, da quelli generali fino alle domande che salgono dalle singole famiglie cristiane. Ad esempio, perché un invito così diretto per una realtà che sta a fonda-mento del nostro essere Chiesa e seguaci di Gesù Cristo? E’ così necessario ritornare su quelle dimen-sioni che sostengono tutta la nostra vita e le nostre scelte? E ancora, ma la famiglia fondata sul matri-monio, e insieme tutta la vita familiare dei cristiani, come viene coinvolta dalla richiesta del Pontefice? Si potrebbe proseguire allungando l’elenco di domande ed approfondendo la ricerca di senso, ma sono sicuro che basterebbe prendersi la briga di rispondere a questi tre primi interrogativi. Quello che a noi appare immediatamente fruttuoso per la pastorale familiare, però, è il sostare sulla questione della fede in famiglia, su che cosa davvero è chiama-ta a credere una famiglia cristiana. Ovviamente, es-sendo cellula fondamentale della Chiesa univerale, vale il credo niceno-costantinopolitano, quello per intenderci che recitiamo insieme tutte le domeniche a messa. Sì, certo, ma la questione è come calarlo nelle vene del corpo familiare, come cioè scrivere un credo con la vita della famiglia. Vediamo, allora, in poche battute di iniziare la riflessione con un decalogo, con la speranza che possa diventare spunto di revisione di vita e rilancio per un’esistenza sempre più evangelica.

Così, una famiglia potrebbe dire...

• Credo nella vita come dono e come impron-ta di Dio, nella dignità di ogni essere umano e in ogni momento, nell’esistenza che cam-mina nel bene e compie passi verso l’eterni-tà.• Credo nella comunione, come spazio di cre-scita e di felicità per ciascuna persona, contro ogni egoismo ed individualismo, perché sia-

mo creati a immagine di Dio Trinità d’Amore.• Credo nella fedeltà dei legami e delle pro-messe fatte, come unica possibilità di recipro-ca accoglienza e affidamento, nella respon-sabilità matura e nella dignità personale.• Credo nell’amore totale e fecondo, come sorgente inesauribile di bene e di novità, come unica risposta al dono dell’altro.• Credo nel matrimonio sacramento, come viva manifestazione dell’amore di Cristo ver-so la Chiesa e come fondamento della fami-glia.• Credo nel perdono come respiro di vita e speranza del futuro, senza il quale nessun amore è veramente umano e nessuna inten-zione di bene diventa seme di verità.• Credo che la pace sia dono del Risorto e meta da raggiungere, con lo stile dell’umiltà personale e della correzione fraterna, con un metodo di dialogo speranzoso che sa vin-ceretutti i silenzi dei cuori.• Credo nell’impegno quotidiano per costru-ire il Regno di Dio, con il contributo di tutti e senza scartare nessuna delle briciole di vita del familiare, insieme a tutti i buoni rapporti di rete che si creano nella Chiesa e nella so-cietà..• Credo che la pazienza e la benevolenza sia-no alcune delle virtù per coloro che sono in-namorati della famiglia; non optional di po-chi, ma percorso e stile di vita per tutti. • Credo che generare alla vita sia generare alla fede nell’educazione testimoniata e nel-la preghiera perseverante, con i linguaggi propri e molteplici che la famiglia deve offri-re, nella complementarietà degli interventi nella Chiesa e nella società civile. Queste dieci parole “magiche” potrebbero essere viste come dieci sentieri, che poi in verità si traducono in un’unica via per la famiglia cristiana, ritmando i passi del suo cammino con la professio-ne continua della fede in Colui che lungo i secoli ci continua a salvare dicendo: “Questo è il mio coman-damento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15,12). don Giorgio Comini

segretariato diocesano pastorale familiare

AppuntamentoSantaMessaperfamiglie,fidanzatieani-

matoridellapastoralefamiliare.Ogniultimosabatodelmese.alleore21–

CentroPastorale“PaoloVI”.

pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia

Pomeriggi di spiritualità coniugale presso Chiesa della S. Famiglia di Nazaret Fantasina - Cellatica (ore 16.00 - 18.00).

CALENDARIO ANNUALE:- Domenica 16 ottobre - Domenica 20 novembre -

Domenica 18 dicembre-Domenica 22 gennaio - Domenica 26 febbraio - Domenica 18 marzo -

Domenica 15 aprile - Domenica 27 maggio

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La famiglia, il lavoro e la festa nel mondo contemporaneoLuigino BruniOggi è necessario rivendicare per la famiglia il ruolo di soggetto econo-mico globale, non solo come agen-zia di consumo, risparmio, ridistri-buzione del reddito e fornitrice di lavoro, sostanzialmente “maschi-le”. La famiglia è anche produttri-ce. Il Nobel per l’economia Becker ha affermato che anche quando essa consuma, produce valore, an-che economico, attraverso un la-voro di trasformazione, anche se il PIL non lo registra. Un esempio: trasformare il cibo in pranzo. Un

rapporto famigliare stabile “produ-ce “ felicità , maggior rispetto per istituzioni e leggi, maggior parteci-pazione alla vita civile e al volonta-riato, aumento della soddisfazione individuale. Da ultimo l’economia cresce quando ha capitale sociale e beni relazionali, si vive il rispetto delle regole, la cultura civica e una fiducia diffusa. La famiglia che edu-ca alla cooperazione, al senso civi-co ....offre una forma specifica di capitale, produce beni relazionali, spirituali, non ancora debitamente riconosciuti.Oggi si chiede alla famiglia di con-sumare di più per rilanciare la cre-scita, ma com’è possibile aumen-tare i consumi se non si lavora, oppure poco e male?La gratuità e il dono accomunano

la famiglia, il lavoro e la festa. L’ar-te delle gratuità che si apprende in famiglia riguarda anche il lavoro e l’economia. Gratuità non è sinoni-mo di gratis, sconto, non remune-razione. Ma è quella indicata nella Caritas in veritate come un modo di agire senza utilitarismo, ricono-scere che il lavoro va fatto bene non in vista di un riconoscimento ma perché è un bene, è una cosa buona. La gratuità si fonda sull’eti-ca delle virtù. La prima motivazio-ne del lavoro ben fatto è dentro il lavoro stesso; la ricompensa è im-portante ma non è la motivazione del lavoro ben fatto, essa riconosce che il lavoro è fatto bene ma non ne è il “perché”. Per il lavoro ben fatto occorre la gratuità. Non può essere il denaro l’incentivo. Non

DAL VII INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE MILANO 30 MAGGIO - 2 GIUGNO 2012

LA FAMIGLIA: IL LAVORO E LA FESTALa famiglia tra opera della creazione e festa della salvezza Card. G.RavasiAl centrodella riflessione la casa,non soloedificio,ma“luogo”dellerelazionifamigliari,delcasato,dellegenerazioni,apertaalmondo;lacasa/famigliaeccle-siadomesticadeiprimisecoli,sededell’eucaristiado-menicale.IlCard.Ravasidipingeconpennellatebibli-chelacasasimbolica,nonun’ idealeirraggiungibile,maquellachepermettedivivereecustodire“l’intimacomunione di vita e d’amore” (GS 48), quella a cuiGesùsirifàinMt19,3-9riportandocial“principio”ericordandoconLévi-Strausschelafamigliaèunfeno-menouniversale,reperibileinogniequalunquetipodisocietà.Per edificare la casa sono necessarie solide fonda-menta.Allabase, la coppia,descrittanell’ebraicodiGn2consettetermini:‘ezer(aiuto),ke-negdô(comedifronte),costola,dabaq(unirsi),basar‘ehad(un’uni-cacarne),‘isshah(donna),‘ish(uomo).Perognunodiessièoffertounbreveapprofondimento.Malacasabisognaanchedipareti,di“pietrevive”at-tornoalla“pietraviva”cheèCristo.Sonoifigli.DopoilnomedivinoJhwhnell’ATlaparolapiùricorrenteèben(figlio).Lafeconditàdellacoppiarimandaalsuoessere“adimmaginediDio”proprioinquantocoppia“maschioefemmina”(Gn1,27).Larelazionegenera-tivaumana“diverràl’analogiailluminanteperscopri-reilmisterodiDio..lavisionetrinitariacristianadiDioPadre,FiglioeSpiritod’amore.DioTrinitàècomunio-ned’amoree lafamiglianeè il riflessovivente”.Unduplicemonitosulleparetidellacasadefinisce l’im-

pegnodichilaviveenecustodisceilegami:l’amoretotaleeindissolubileeilquartocomandamento.Poi ci sono le tre stanze, tre locali simbolici abitatiquotidianamente, la stanzadeldolore, la stanzadellavoro,lastanzadellafestaedellagioiafamiliare.Nel-larelazioneilCard.avasisifermasuognunadiesse,sottolineandoper la festa l’importanza dell’attesa edellapreparazione,perassaporareneltempol’eternoeimparareadaprirsiaquellafestasenzafinecheciattende: l’eternitànella comunioneconDio.Primoluogodiquestaeducazione/catechesièlafamiglia.Lavisionedellacasasichiudesullanecessitàchesiaabitatadaduevirtù:lasperanza,cheaprealfuturo,allanovità,aldesideriodiconversione,allapossibilitàdicambiamentoperchénonincatenalepersoneneltempopresente;latenerezza,chehaunvoltomater-nomaanchepaterno,comequellodelquadrodiOs11,1-4. La famiglia traoperadella creazionee festadellasalvezza.

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aver premiato le virtù...questa cri-si è creata anche da lavoratori e manager poco virtuosi. Da chi ha scambiato l’essere imprenditore con la speculazione.Non usiamo la logica dell’incentivo anche dentro casa: il denaro ai figli come riconoscimento, non come un incentivo.Le cose vanno fatte bene (anche i compiti, il riordino della propria camera....) questo è il “perchè” del lavoro ben fatto.L’attuale cultura economica non capisce il valore del lavoro preva-lentemente femminile svolto den-tro casa e questo ha portato a giu-stificare stipendi più bassi per molti lavori educativi e di cura. “Il lavoro

è veramente tale e porta anche frut-ti di efficienza e di efficacia, quan-do esprime un’eccedenza rispetto al contratto e al dovuto, quando cioè è dono”.Oggi economia e lavoro devono ri-conciliarsi con la festa. L’economia che non comprende il vero dono, non comprende neppure la festa e la gratuità e le relazioni non stru-mentali che ne sono parte essen-ziale. Le diverse le etimologie della parola festa rimandano al lavoro e alla casa. Festa non coincide con di-vertimento (=“volgere lo sguardo altrove”). Tre sottolineature: - la fe-sta ha bisogno del lavoro; ricreando lavoro sostenibile si ricrea la pos-sibilità della festa - con la festa sia

in famiglia che sul lavoro si espe-rimenta l’essere comunità e l’avere un destino comune, si va oltre la lo-gica efficientista, si rafforza la fra-ternità – la festa ha bisogno di tem-po e di cura, richiede il lavoro della preparazione, dello svolgimento, del dopo, quando tutto è finito.Gli stili di vita delle famiglie pos-sono sostenere il cambiamento e dire molto alla politica e all’econo-mia: per esempio che il vuoto dei rapporti non si colma col consumo delle merci, che la sobrietà è un bene, che la vulnerabilità e la fragi-lità sono parte integrante della vita e accolte a piccole dosi rendono più forti.

La famiglia e il lavoro oggi in una prospettiva di fedeCard. D. TettamanziUnaprimaconsiderazione:l’accentoculturalesull’individuo,spogliatodellesuerelazioninonmettefacil-menteatemailrapportotrafamigliaelavoro,chetendeadiventareperciòconflittuale.1 La Parola di Dio testimonia che famiglia e lavoro sono segni della benedizione di Dio.Duecitazioni: ilSal128e ilcomandamentodelsabatoDt5,12-15,donatonella logicadell’AlleanzaconDioedellacuradellepersonenellelororelazionifondamentali.2 La parola della Chiesa: famiglia e lavoro edificano la società e umanizzano il mondo.Ladottrinasocialedellachiesanasceconlaprimacomunitàapostolicamacomelaintendiamonoiogginasceconl’esploderedella“questionesociale”chel’indu-strializzazionehaprovocato. IlCard.Tettamanzisottolinea ilconcettooriginaledifondodelleCaritasinVeritate:l’economiaelavitasocialedevonoesserepla-smatedallospiritodeldono,dallalogicadeldisinteresse,dellacomunione,dellafraternità,dellasolidarietà,dellagratuità(nonsignificagratis,senzaprezzoocor-rispettivo.CfrrelazionediBruni).Infamiglia,scuoladisocialità,siapprendeillinguaggiodellagratuità.3 L’ethos del lavoro umano: una nuova luce dalla vita di NazarethIllavorooggiponeunaquestioneculturale,cioèilsuovero“senso”,ilsuopostonellavitapersonale,famigliare,sociale.Alcuneriflessioniapartiredall’esperienzaquotidianadiNazarethdoveGesùperbuonapartedellasuavita lavoramanualmenteaccantoaGiuseppe.An-chenoisperimentiamonellaquotidianitàdellavorolaripetitività,lastanchezza,lafaticael’impegno,ilsensodeldovere.Contamaggiormenteiltipodilavoroolapersonachelavora?Nell’ambitodella retribuzioneedellepensioni c’èuna“giu-stiziadistributiva”?Oltrecertilimitisitraducein ingiustiziascandalosa.Leleggidimercatodevonoessereregolate.Gesùlavorainfamiglia-Senzalavoroqualefamigliaèpos-sibileecomepuòessacontribuireresponsabilmenteaco-struirelacittà?-Senzafamiglia,qualelavoroèpossibile?Poichéessaèilluogoeducativoprimarioancheallavoro.Gesù lavora anche per il villaggio. La dimensione socialedellavoroeilvaloredellasolidarietà.Significarilanciareilrapportotradirittiedoveri:dallapropriaazienda,alcircuitodellediverseaziende,al“sistemaPaese”.GesùCristoèl’unicoeuniversalesalvatoreanchemedianteilsuolavoroquotidianoaNazareth.Ancheilnostrolavoropuòdiventareluogodisalvezzaedisantificazionepernoieperglialtri.Partiamocoldoverecompiutonelmiglioredeimodicheinsiemeallanostravitadigraziapersonalesonoillievitoevangelicoogginecessariopiùchemai.

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La Famiglia e la festa: tra antropologia e fedeBlanca Castilla De CortazarLa gioia di festeggiareL’uomo moderno ha guadagnato il “tempo libero” ma ha perso il senso della festa.Presupposti antropologici della fami-glia è bene non darli per scontati.1) Ogni persona è “un dono” capace di donare, di farsi dono, non solo di avere. Si riceve dal Creatore e dai suoi genitori.2) La persona come “centro sussisten-te” e “incontro”. L’uomo non è un in-dividuo isolato perché è strutturalmente relazionale. E’ un Fine in sé ma non per sé. La persona porta in se la chiamata e la responsabilità dell’amore: vivere

per un al-tro realizza in pienezza l’umanità. Possedersi per donarsi: questo è par-te dell’ “ima-go Dei”.3) L’”unità dei due” e

l’apertura al terzo. Non può esserci un figlio senza padre e madre, né una madre senza un figlio e un padre, né un padre senza un figlio e una madre. La masco-linità richiama la femminilità e vicever-sa. Nel corso dei secoli, aver assegnato un ambito definito ai sessi (Public man, private woman) ha favorito l’assenza dei padri in famiglia e privato l’am-biente lavorativo del genio femminile. La differenza sessuale (Gn 1,26-27) è per la comunione e la fecondità e an-che queste dimensioni hanno il loro “principio” nell’essere a “immagine e somiglianza di Dio” dell’uomo. Dove si realizza la comunione delle persone si manifesta la comunione divina trini-taria.

L’esperienza della festa- Per vivere la festa ci vuole la forza dello spirito che insegue l’amore per la verità e per il bene. Nell’errore e nella menzogna, la festa dura poco e fa male (dalle malattie fisiche per consumo in eccesso di cibi, a quelle psichiche per perdita del senso del vivere). Allora si impara a fare festa ed educare il desiderio al bene e alla verità è una festa, conoscere sce-

gliendo è una festa.- Le emozioni della festa: la capacità di meravigliarsi, di contemplare, di essere grati, il rispetto, l’adorazione che la verità e il bene suscitano in noi e che è il culmine della festa.- La festa non s’improvvisa, si pre-para. Conoscere il luogo, la data e l’ora permette di preparare il cuore. I riti sono necessari a preparare il cuo-re e vivere la festa.La famiglia, luogo per la festaIn famiglia s’impara l’importanza di “esserci” per l’altro: attorno alla ta-vola non solo per cibarsi ma per con-dividere e conoscersi; nelle faccende domestiche per aiutarsi nelle fatiche; quando nell’aria c’è dolore o sapore di vittoria... esserci per condividere una passione per qualcosa, per gio-care insieme.La festa, dove il tempo si unisce all’eternitàLa domenica, un giorno speciale: un giorno per andare a Messa. C’è un detto spagnolo: “La Festa si ricono-sce per la Messa e per la Mensa”.

La famiglia e il lavoro oggi: tra opportunità e precarietàPedro Morandè CourtTutta l’attività umana appartiene all’ambito del la-voro, non solo quella remunerata. Il lavoro è la rispo-sta effettiva che gli esseri umani danno al dono della vita e a tutti gli altri doni che ricevono dagli antenati e dalle famiglie, dai maestri, dagli educatori... Esso è un elemento essenziale della reciprocità dei vincoli sociali.Nella nostra società post-industriale il fattore decisi-vo della produzione è l’uomo stesso con la sua capaci-tà di conoscere, di organizzare, di intuire e soddisfare il bisogno altrui (CA n.32) e la famiglia è un fattore essenziale nella formazione del “capitale umano”. Un secondo fattore sociale determinante del XX secolo è stata l’entrata della donna nel mercato del lavoro remunerato con la conseguenza della redifinizione dei ruoli sociali. Per la famiglia ha significato il raf-forzamento del potere d’acquisto, d’investimento, di risparmio.Ma la redifinizione dei ruoli all’interno della famiglia non è stata semplice e indolore.Opportunità è precarietà che la nostra epoca pre-senta alla famiglia e al lavoro.- Oggi al lavoratore sono richieste anche “abilità so-ciali” (capacità di lavorare in team, leadership, gestire data- base e generare informazione) e questo impli-ca uno sguardo allo sviluppo d’insieme della società

e delle sue richieste. Perciò il “capitale umano” ri-cercato include anche “capitale sociale” (capacità di lavorare in ampie reti di collaborazione) e “capitale culturale” (continuo aggiornamento delle conoscenze e delle proprie competenze). Ma è la famiglia che for-ma primariamente la personalità e il carattere di ogni uomo, lo aiuta a sviluppare le sue attitudini, alimenta la sua curiosità intellettuale...- Gli elementi di precarietà per la famiglia: molte del-le funzioni che prima svolgeva la famiglia oggi sono appannaggio di altre istituzioni. “Le reti sociali e la comunicazione virtuale fa sì che ogni membro della famiglia abbia una sua rete di comunicazioni indipen-dentemente dagli altri e coabitazione non significa più frequenza di interazione e compresenza nelle re-lazioni”. Il tempo dedicato alla famiglia si concepisce come tempo di riposo e non occasione di esperienza educativa per tutti. C’è uno sbilanciamento dell’espe-rienza famigliare come unicamente affettiva.Serve un nuovo orizzonte culturale che rilanci la fami-glia come luogo della vita e del lavoro, della formazio-ne del capitale umano integrale che le persone offrono alla società per raggiungere la convivenza pacifica e il bene comune. E la famiglia ritorni con coraggio ad avere come criterio ermeneutico “la verità nella cari-tà”, per rinnovare la comunione e per orientare il la-voro umano allo sviluppo integrale delle persone.

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Santificare la festa: La famiglia nel Giorno del SignoreCard. S. P. O’Malley

(Questa relazione ha offerto molti aneddoti che è impossibile sinte-tizzare ma che hanno reso molto efficaci i passaggi che seguono)

Oggile“terredimissione”nonsonopiù la Papua Nuova Guinea ma gliUSA,l’Europa...”Abbiamobisognodiformareuominiedonnechedianolatestimonianzadifede,nondipro-grammi di protezione dei testimo-ni”.Nonbastapiùl’amministrazioneordinaria dei sacramenti, ci vuolel’esperienza di essere in camminocome discepoli di Gesù, personal-mente,inmodocoinvolgenteevivifi-cante,conaltri,inunacomunitàviva.

Il terzo comandamento“PiùdiquantoIsraeleabbiaconser-vato il sabato, Il sabato ha conser-vato Israele”. Più di quantonoi ab-biamomantenutol’osservanzadellaMessadomenicale,essacihacusto-ditocomepopoloconlosguardosu

Dio,unitoagli altrie con lo slanciomissionario. Perdere la Messa è laviasicuraperl’asfissiaspirituale.L’EucaristiaLacaritàcristianaèanchelasolleci-tudineversoifratellichesonospiri-tualmentesenzacasa,affamati,spi-ritualmente prigionieri e ammalati.Lachiesanonèuncentrodiaggre-gazionemail“luogo”perdiventarediscepolidiGesù, vivere la sequelacon i fratelli, attingendo forza dall’eucaristia domenicale. Così forgia-molanostraidentità.Quantifratelliaspettanounnostroinvito...

L’Eucaristia e la famiglia“Lafamigliachepregaunita,rimaneunita”

La nostra fede: un patrimonio vivente per i nostri figli e nipotiIfigliimparanoosservandoigenito-rieinonni,anchenell’esperienzadifede. Imparano a prepararsi a rice-verel’Eucaristia,quantoeperchésiaimportante, il valoredel sacramen-todellaRiconciliazione...Imparanol’importanzadicondividereconaltrefamiglielafestadelladomenicanonsolonellapraticareligiosamaanchenel pranzo, nel gioco, nel gesto di

carità.CosìsihacoscienzadiesserefamigliadiDio.Studidiconocheèlapratica religiosadel papà cheaiutamaggiormente i figli a considerarlacomeimportantepergliadulti.CitandoBenedettoXVI:“ladomeni-canonèsolounasospensionedalleattività ordinarie, ma un tempo incui icristianiscopronolaformaeu-caristicachela lorovitaèchiamataadavere”.Cristosidonaveramenteanoi,noninmodosimbolico.

L’Eucaristia ci prepara alla missioneAnche noi come i discepoli di Em-mausaffrettiamociadirealmondocheGesù Cristo è vivo e che è ne-cessarioaccostarsiallamensadellaParolaedelPaneperfareesperien-zadell’amorediDiopersonalmente.

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La santità familiare nell’esperienza del lavoroTavola rotonda internazionale dell’ IMF il 31 maggio a Brescia in CattedraleIl tessuto ecclesiale e sociale bresciano ha espresso grandi persone che hanno operato per migliorare la vita famiglia-re e dei luoghi lavorativi. Per questo ne sono state scelte tre, le cui vite sono state raccontate ai convegnisti interna-zionali con un dvd disponibile: S. Maria Crocifissa (Paola) Di Rosa, S. Arcangelo Tadini, il Beato Giuseppe Tovini.Nella sua comunicazione introduttiva alla Tavola Roton-da Fulvio de Giorgi si è soffermato sulle trasformazioni storico-sociali che l’Europa ha vissuto e sta vivendo, che sono epocali anche in riferimento al vissuto familiare. Ha citato la Caritas in Veritate n. 36 per chiarire la sfida odier-na “fatta emergere dalle problematiche dello sviluppo in questo tempo di globalizzazione e resa ancor più esigente dalla crisi economico- finanziaria, è di mostrare, a livello sia di pensiero sia di comportamenti, che… nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare po-sto entro la normale attività economica. Ciò è un’esigenzadell’uomo nel momento attuale”. Qui si gioca la santità fa-migliare, perché la logica della gratuità e del dono appar-tengono al DNA costitutivo della coniugalità e dell’essere famiglia. E “l’icona efficace di questa santità è la povertà: non come mancanza di risorse ma come scelta di genero-sità; non come un non avere l’essenziale, ma come dare anche l’essenziale”. Una povertà che è sobrietà, legame disinteressato, reciprocità. E’ un consiglio evangelico per tutti. La famiglia che tende a questo stile di vita è un dono alla Chiesa, alla società, all’ambito sociale e lavorativo.

I coniugi Carlo e Maria Carla Volpini che facevano da mo-deratori , sul lavoro hanno proposto un testo del filoso-fo libanese cristiano-maronita K. Gibran e sottolineatu-re dalla GS e dalla Laborem Excercens, affermando che la crisi attuale è anche un richiamo alla conversione del modo di vivere, una possibilità di riconsiderare il senso del lavoro e riposizionarlo in rapporto alla famiglia. Hanno lasciato due domande aperte: - esiste ancora il concetto di lavoro come condivisione per un bene comune? – Come cristiani quali interrogativi dobbiamo porci rispetto al no-stro modo di pensare e vivere il lavoro, quali cambiamenti favoriscono la necessaria “conversione” nel rapporto fami-glia, lavoro e festa?Sono seguite le belle testimonianze di due coniugi. Maria Rosa e Alejandro Scarano, dall’ Argentina. Hanno tra-smesso il valore di un lavoro, anche di responsabilità , vis-suto come servizio che permette di sperimentare il Bene e praticare l’Amore, perciò d’incontrare Dio. Vivere così il lavoro lo fa abitare dalla speranza, alimenta il senso di ap-partenenza e di solidarietà, di amicizia in Cristo, tra per-sone che passano a volte la maggior parte del tempo fuori casa. E’ un lavoro che umanizza.I coniugi Marielle ed Eric Barthelemy, francesi, con la loro esperienza hanno raccontato il valore della preghiera per il discernimento famigliare sulle scelte lavorative, dell’af-fidarsi alla chiamata di Dio, anche quando essa comporta trasferirsi con tutta la famiglia per due anni in un altro Continente, dell’essere spogliati dalle proprie abitudini e confort. L’importanza di ascoltare le domande dei figli (“noi cosa facciamo per gli altri?” ) e l’importanza di la-sciarsi cambiare dagli incontri e dalle esperienze che ven-gono fatte anche in merito al rapporto tra famiglia, lavoro e festa.Per comprendere che anche la Francia è terra di missione.

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SPORTELLO AFFIDOCoordinamento Famiglie Affidatarie “Spazio Famiglia”(ex Cascina Bota) Via S. Zeno, 1 74 Bresciaemail: [email protected] www.coordinamentofamiglieaffidatarie.itPer adesioni ed informazioni: +39. 030.3531078Siamo presenti nei seguenti orari: Lunedì dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 18.00 Mercoledì dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 18.00 Venerdì dalle 10.00 alle 13.00

“Sportello Affido” è un progetto nato dal Coordinamento Famiglie Affidatarie di Brescia e prende spunto da una riflessione condivisa sui temi dell’accoglienza e del diritto del minore ad una famiglia, con l’obiettivo di promuovere e sostenere la realizzazione di percorsi di affido, e tradur-re, così, in un gesto concreto il valore della solidarietà.

LO SPORTELLO AFFIDO E’ OPERATIVO PER:• fornire informazioni a tutti coloro che sono interessati all’affido • offrire un aiuto alle famiglie affidatarie che vivono momenti di fatica: consulenza psicosociale, legale, amministrativa... • accogliere famiglie disponibili a fare un percorso verso l’affido • offrire un luogo in cui:

• si realizzano corsi per operatori che lavorano sull’af-fido familiare• si pensano e si promuovono percorsi di sensibilizza-zione all’affido per Comuni, Associazioni, Cooperative sociali, Parrocchie ed Enti interessati,• si organizzano incontri e approfondimenti su tema-tiche legate all’affido all’interno di parrocchie, scuole, biblioteche.....• è possibile consultare materiale e bibliografie ine-renti il tema dell’affido • viene divulgato un periodico

UNA FINESTRA APERTA...UNO SPAZIO APERTOA BAMBINI E GIOVANICON FAMIGLIEIN DIFFICOLTA’

HO SENTITO PARLARE DI AFFIDO FAMILIARE E VORREI CAPIRE!

IL BAMBINO “SENZA UNA FAMIGLIA NON PUÒ ESISTERE”

Questa affermazione di Winnicott evidenzia l’importanza che ha per ogni bambino il nu-cleo familiare, nello sviluppo della personali-tà e nella costruzione di un’identità. Tuttavia non sempre le famiglie sono in grado di svol-gere il proprio ruolo educativo.L’affido familiare nasce proprio per donare una possibilità eli accoglienza ad un bambino, qualora sia necessario il suo allontanamento dalla famiglia di origine, in attesa di un cam-biamento delle condizioni di quest’ultima; ha lo scopo di sostenere il diritto del minore ad essere amato, curato e protetto e di affian-care la famiglia in difficoltà a tempo pieno o anche solo per alcune ore a settimana.

“CONOSCO UNA FAMIGLIACHE VIVE L’ESPERIENZADELL’AFFIDAMENTO DI UN MINOREE MI CHIEDO: POTREI ANCH’IO?

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La casa-famiglia nel Nuovo Testamento

“Retrouvaille” propone weekend per coniugi che vivono un momento di

difficoltà, di grave crisi, che pensano alla separazione o sono già separati

ma desiderano ritrovare se stessi e una relazione di coppia chiara e stabile.

Per info: [email protected] e www.retrouvaille.it.

Il Gruppo Galilea è un cammino di fede per persone che vivono situazioni ma-trimoniali difficili o irregolari (es. divorziati-

risposati). Gli incontri sono mensili,al centro la Parola di Dio, con ampi

spazi di ascolto, riflessione e condivisione.Ogni primo sabato del mese.

Gli incontri si tengono da calendario annua-le, presso il Centro Pastorale “Paolo VI”, (situato in via Gezio Calini, 30 - Brescia)

un sabato al mese, dalle ore 17.00 alle ore 19.00.

Guida e accompagnatore del Gruppo è don Giorgio Comini, direttore dell’Ufficio

Diocesano di Pastorale Familiare.

numero verde da numero fisso

800-123958da cellulare3462225896

Inizieremo a offrirvi in questo spazio uno sguardo su alcune ca-se-famiglie raccontate dal Nuovo testamento.Sono case nelle quali Gesù si ferma durante i suoi viaggi, dove Gesù istruisce i suoi discepoli, dove compie miracoli, dove trae spunto da fatti che accadono per dire qualcosa di sé.Sono le case aperte, accoglienti, che permettono ad altri di incontrar-Lo.Gesù non entra sempre fisicamente in queste case, ma attraverso l’in-contro con un famigliare che chiede aiuto e la cui vita viene toccata profondamente.Sono le case dalle quali il Vangelo si diffonde dopo la morte di Gesù, che accolgono i suoi apostoli nella missione dell’annuncio che Gesù è il Cristo. Sono le case lasciate per la persecuzione, e quelle nelle quali con coraggio ci si ritrova nel giorno del Signore a pregare e spezzare il pane.Sono le case delle generazioni passate, che hanno permesso la fede di quelle presenti, che hanno preparato il terreno perché Maria e Giu-seppe potessero liberamente pronunciare e rinnovare il loro fiat “av-venga di me secondo la tua parola”. Nominiamo alcune di queste case-famiglie: quella di Elisabetta e Zaccaria, quella di Pietro, quella di Lazzaro e le sue sorelle, quella del centurione, quella di Zaccheo, quella di Giairo, quella della vedova di Naim, la famiglia di Erode, la casa di Maria madre di Giovanni Marco, la casa di Cornelio a Cesa-rea, la casa di Lidia a Filippi, la casa di Filippo a Cesarea, la casa di Giasone a Tessalonica, la casa di Aquila e Priscilla e di Tizio Giusto a Corinto, la casa di Filemone.Non riusciremo ad entrare in tutte queste case ma quelle che visite-remo saranno motivo di riflessione anche per noi, per la nostra casa, per le relazioni famigliari, per la nostra fede e il vissuto nella comu-nità ecclesiale. Chiudo ricordando quello che i Vescovi italiani hanno scritto nel documento Evangelizzazione e sacramento del matrimo-nio del 1975 sulle famiglie cristiane che “hanno un posto e un compi-to insostituibile per l’annuncio del Vangelo.I coniugi in forza del loro ministero non sono soltanto l’oggetto del-la sollecitudine pastorale della Chiesa, ma ne sono anche il soggetto attivo e responsabile in una missione di salvezza che si compie con la loro parola, la loro azione e la loro vita” (59).

Chiara Pedraccini

“Pensare la famiglia”

Seminario di studio per sposi, sacerdoti, religiosi/se,

animatori pastorali e per tutti coloro che

sono interessati.

Info e iscrizione:DIOCESI DI BRESCIAUfficio per la Famiglia Tel. 030/3722245-232.E-mail: [email protected]

Present azione del corso:sabato 27 ottobre 2012 alle ore 20segue poi la S. Messa alle ore 21

presso il Centro Pastorale Paolo VI

“Pensare la famiglia” è un percorso di semina-rio di studio per sposi, religiosi/se e sacerdoti, interessati a comprendere i significati ricchi e profondi della famiglia così come voluta da Dio. Per contrastare e risolvere le sfide dei tempi moderni, che negano o ridicolizzano i valori fondamentali della vita, del matrimonio e della famiglia, serve mettere mano alla fatica del pensare e alla speranza del pregare insie-me.

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Ha senso pregare per i defunti? Nel-le parrocchie una parte considere-

vole di quanti si recano alla Messa lo fa per questo. Molti «prenotano» (nel ger-go popolare si dice anche «ordinano») la Messa di trigesima, di anniversario, di compleanno dei loro cari, si danno ap-puntamento come rete di famiglie «al-largate» e ora si dispongono al ricordo dei loro cari, attenti soprattutto al mo-mento in cui, per lo più, nella preghie-ra dei fedeli, il sacerdote pronuncia il nome dei defunti.

Per chi non ha ancora una fede espli-cita e consapevole nel Signore Gesù, quei nomi (pronunciati con voce forte e chiara) hanno la potenza di un «sacra-mento»: sono un’iniziale traccia di tra-scendenza, attualizzano una presenza spirituale, confermano una concezione della vita dove la morte non divora ogni segno di vita. Sono un’importante con-ferma di ciò che il Sacramento (eucari-stico) celebra in pienezza: l’amore è più forte della morte!

La preghiera per i defunti è sempre un’importante attestazione dell’affetto e della premura di chi è rimasto in vita nei confronti di chi è «aldilà» ma che ri-mane unito da vincoli che superano la morte. La separazione dal corpo del de-funto non interrompe la solidarietà con lui. Lo dimostra proprio la preghiera. Questa fede è già attestata nell’Antico Testamento. Giuda Maccabeo promuo-ve una colletta per offrire un sacrificio di espiazione in suffragio dei caduti in battaglia (2 Mac 12,41-45).

Anche Paolo è convinto che la pre-ghiera serva ai defunti. Egli si augurache il suo amico Onesiforo trovi «mise-ricordia presso il Signore in quel gior-no» (2 Tm 1,18).

I cristiani pregano per i defunti, per-ché passino dalla morte alla vita, attra-verso il mistero di Cristo risorto; siano, cioè, purificati nell’anima e accolti con i santi, mentre il corpo attende la risur-rezione.

I defunti hanno bisogno della pre-ghiera, pensano i cristiani. I morti, pur essendo misteriosamente al cospetto di Dio, sono, in un certo senso, in posi-zione di debolezza rispetto ai vivi. Non partecipano più al corpo sacramentale della Chiesa; non possono rivolgere per-sonalmente a Dio la domanda di perdo-no.

La liturgia prega quindi, non solo nelle esequie ma in ogni celebrazione eucaristica, perché i defunti possano passare attraverso il mistero pasquale e, lavati nel sangue di Cristo, siano libera-ti dal peccato e ammessi a godere la luce del volto di Dio (Preghiera eucaristica II).

Si prega per i defunti ma, nella litur-gia, in un certo senso si prega anche con il defunto.

Nell’Eucaristia infatti l’assemblea liturgica terrena si unisce a quella del cielo. Lo ricorda ogni volta il prefazio che introduce il canto solenne del San-to, quando invita a unire la voce umana a quella degli angeli e dei santi del cielo, quindi anche a quella dei defunti che sono presso Dio. Nell’intercessione per i defunti, incorporati in Cristo nel batte-simo, la comunità cristiana si riconosce come un’unica Chiesa, quella della ter-ra e quella del Cielo e vive il passaggio alla comunione dei santi. Nella Messa si prega, infatti ogni volta di poterci ritro-vare insieme ai nostri defunti e a tutti i giusti che hanno lasciato questo mon-do, per godere per sempre della gloria del Cielo (Preghiera eucaristi-ca III).

Nella celebrazione delle esequie cristiane, infatti, i defunti sono trattati come fi-gli, costantemente chiamati per nome. I ricordi, le evoca-zioni, gli accenni alla vicenda personale sono tutti al passa-to. I verbi della Parola di Dio proclamata, delle preghiere e degli inni, dei salmi e delle orazioni sono tutti al futuro:

a ciò che sarà, che si ma-nifesterà, che si compirà, che si vedrà... Si prende congedo, ci si separa da una persona cara che si sa morta; eppure la si considera come viva, im-maginandola nel suo con-giungimento con un’altra comunità, quella della co-munione dei santi. Nella comunione eucaristica si crede che l’assemblea del-la terra si unisce a quella del cielo.

Nella celebrazione eucaristica si prega per i defunti, si prega con i de-funti ma si prega anche per la propria morte, si alimenta il desiderio del cielo, si esalta il desiderio di essere finalmente con

il Signore. Tutta la vita occorre prepa-rare il giorno del grande passaggio, vi-vendolo come l’incontro con il Signo-re. La morte, infatti, è per il cristiano l’appuntamento sospirato e decisivo, da considerare senz’altro come motivo di guadagno: «Infatti per me il vivere è Cristo e il morire guadagno» (Fil 1,21). La devozione cristiana continuamente si rivolge a Maria perché preghi «per noi adesso e nell’ora della nostra morte».

La liturgia è quindi la più importan-te (oggi probabilmente l’unica) scuola dove si impara a morire, a guardare in faccia la fine del nostro mondo e il pas-saggio, sempre colmo di angoscia (è sta-to così anche per Gesù!), verso una di-mensione altra. Nel Credo che precede la Preghiera dei fedeli, sono annunciate e professate le parole della fede: la vita eterna, la gloria del cielo, la risurrezio-ne della carne. Eppure l’occhio non vede nulla, l’anima non «sente» nulla. Ci sono i canti che invitano alla gioia, i fiori che celebrano la vita, le forme e i colori della liturgia che alludono al mistero, ma vale solo la nuda parola della fede.

Esiste tuttavia, nella vicenda fami-liare, un’esperienza che pur maturando in un travaglio doloroso e prolungato, comunica una certezza che irradia luce e forza e che produce la trasformazione di un amore capace di sfidare la morte: è la vedovanza.

La morte è la sfida più drammatica

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posta all’amore umano. Nella perdita della persona amata, la storia d’amore sembra trovare una fine irrimediabile e una sconfitta definitiva.Nella morte della persona con la quale l’altro ha condiviso passione, intimità affettiva e progetto di vita, chi ha co-struito la sua identità attraverso la fe-deltà all’amore unico, si sente deprivato della sua parte migliore. Si frantuma la solida roccia su cui si costruiva ogni cosa, si oscura l’ideale della vita, viene meno la totale fiducia con cui si affron-tavano, con coraggio, le fatiche della vita. La solitudine sembra ergersi sovra-na, totale, irriducibile.

Eppure il desiderio del cuore inna-morato non si rassegna. Quando sono amate, le persone non possono essere dimenticate.

Pur nel dramma inconsolabile del-la perdita e nel travaglio del distacco, l’amore resiste, e, al termine del lungo percorso della rielaborazione del lutto, si rivela pronto affidare la morte stessa.

È la forza dell’amore che definisce la vedova, il vedovo. Vedovi sono coloro che conservano ancora negli occhi, e la-sciano trasparire in ogni loro espressio-ne, le tracce evidenti di un amore pieno. Sono coloro che non possono parlare dello strappo inaccettabile operato dal-la morte, senza provare e manifestare, ogni volta, un’intima, incontrollabi-le emozione. Si rimane vedovi (non in quanto stato civile ma come esperienza del cuore) finché si portano nel proprio corpo le stigmate, doloranti e lumino-se, dell’amore. La vedovanza è quindi un’esperienza umana e religiosa pre-gnante. È la prova che, redenti nel dolo-re dalla fede, la morte, anziché distrug-gere i legami d’amore, può perfezionarli e rafforzarli.

La vedovanza, considerata e vissuta in questo modo, svolge una funzione sociale e culturale particolarmente pre-ziosa nel mondo di oggi, perché dimo-stra l’inconsistenza e l’insostenibilità dei presupposti su cui si regge il nuovo costume dell’«amore liquido».

Nella moderna concezione della vita conta l’immediatezza del sentire, l’eb-brezza del trovarsi ora qui, ora là. La vedova (il vedovo) conosce l’inganno dell’amore emozionale. Ha sperimen-tato nel corso della vita, dove l’amore è stato vissuto non come l’avventura di un momento ma come il segreto di una storia, che si esiste come persone solo in quanto si riceve e si dona amo-re. Privati di quell’amore, non si è più la persona di prima. Il tempo si ferma e lo spazio diventa insopportabile. Le coordinate essenziali della vita sono offerte dall’amore. La sola esperienza che rende possibile la personificazione è data dalla sicurezza dell’amore. Il non senso dell’individualismo non potreb-be essere più totale. Il vedovo lo sa. In molti lo incoraggiano a superare il suo

trauma: «Cerca di dimenticare... con il tempo riuscirai. La vita continua...». Un ultimo bacio e saluto per una con-sorella amata, per tanti anni vissuta con noi; la sua presenza era dolce quaggiù e ora fermamente crediamo che viva nel Signore. Ma chi rimane preso dall’amo-re ha un’unica possibilità di ritornare ad amare la vita: non «dimenticare» ma «portare dentro» la persona amata, continuare ad amarla, in modi e forme nuove ma reali. L’amore non vuole che il bene e la felicità dell’amato. Solo sul-la certezza di un amore che continua si può affrontare la vita e ripartire. La morte separa gli amanti, eppure l’amore ancora li congiunge.

Per chi resta, l’amore di chi è partito è come l’aria che permette di spiccare ancora il volo.

La cultura ultramoderna ha un modo particolare di affrontare l’interrogativo del possibile senso della vita e consiste nel negarlo. Il senso è semplicemente un effetto, una sensazione; è il raggiun-gimento di un obiettivo provvisorio e momentaneo. Il vuoto che nella vita co-stantemente si crea, non cerca risposte alte e definitive. Può essere facilmente saturato da altre esperienze, riempito da nuove sensazioni. Nella vita reale, invece, le cose non vanno così. Senza la continuità di una storia, senza il sup-porto della memoria, non sono possibili né presente né futuro. Tutto apparireb-be anonimo e inconsistente. La nega-zione del tempo ridurrebbe l’umano al biologico.

L’esperienza di chi nella vita ha davvero amato non potreb-be essere più distante da questo mondo evanescente. Solo ades-so che è rimasto senza l’altro, la vedova (il vedovo) capisce che, privato dell’amore, ogni cosa appare nella sua vanità. «Perché continuare a fare quello che sto facendo? Per qual fine?». Ora che, senza la compagnia dell’amore, la stessa persona appare inutile a se stessa; ora che, senza l’altro, si ritrova in un corpo senza valore, diventa evidente che non esiste domanda più importante e ri-schiosa di quella che si interroga sull’amore. Non più quindi: «Che cosa provo?», «Che cosa sento?», ma piuttosto: «Sono certo del mio amo-re?», «Dov’è il mio amore?».

Il vedovo capisce che i suoi piedi sono stati appoggiati per tutta una vita come su una voragine. Perso l’amore, si è sentito precipitare nel vuoto.

L’unica realtà che si rivela consisten-te è quella che è vissuta (o che è stata vissuta) nell’amore e finché dura l’amo-re. Solo nell’amore c’è relazione con il vero. Nell’amore ogni azione diventa irreversibile; non avrebbe senso volteg-giare un po’ qui, un po’ là. Ognuno si responsabilizza dell’altro. Diversamen-

te, la vita si svuoterebbe nella fluidità e nell’inconsistenza di un gioco fine a se stesso. Nella smemoratezza la realtà si riduce alla sua materialità; nella solitu-dine del vedovo la realtà, invece, si ri-conduce all’amore. Il vedovo, la vedova sono persone sole

Si può continuare ad amare, rima-nendo soli? In realtà si ama sempre soli. L’amore vero non può che essere tale. La solitudine è il vero segreto dell’amo-re. L’amore, nella sua forma pura, non calcola e non presuppone reciprocità. Non si ama in vista di un ritorno, non si da per ricevere. L’amore è un perenne «spreco», perché dimentica di calcola-re. La società dell’utile, infatti, diffida dell’amore, non lo coltiva, non lo crede possibile. Si ama sempre in perdita. I frutti verranno, ma non sono messi sul conto. In amore più si perde, più si gua-dagna, questo insegna l’Eucaristia (cf Gv 12,25).

Gradualmente diventa chiaro il se-greto dell’amore: l’amore vuole l’eterno, non basta una vita intera per poterlo mostrare.

Il vedovo sa parlare dell’amore; nes-suno più di lui (lei) ne conosce il miste-ro. Conosce anche il limite della carne. Sa che l’amore ha bisogno della carne ma non si riduce alla carne. L’adulto ma-turo sa affrontare la vita e rinnovarsi. Può così apprendere anche dalla morte. Il dolore accolto e portato nella cultura dei legami innesca un dialogo interiore che prelude alla rinascita spirituale. An-che soli la vita ha senso.

Percorrendo questa strada ci si avvi-cina in modo efficace al mistero eucari-stico della risurrezione di Cristo. Gesù è vivo perché il suo amore ha raggiunto la qualità estrema e divina (la potenza!) del dono. Per questo il Cristo non è sta-to succube della morte.

La vedova, il vedovo, ancora presi dall’amore, fanno della risurrezione di Cristo una vivida e quotidiana esperien-za. Forse è per questo che, da sempre, alle vedove è stato riconosciuto un mi-nistero importante da svolgere nella co-munità cristiana (cf 1 Tm 5,9).

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LA PROCESSIONE DELLE OFFERTE

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C on un gesto, attestato fin dai primi scritti (ne parlava già Giustino nella sua Apologià), i fedeli partecipano all’Eu-caristia portando all’altare il pane e il vino. Come, altrimen-ti, potrebbero riconoscere in Dio il donatore di ogni dono? Come potrebbero presentarsi a «mani vuote» all’altare, men-tre celebrano l’inestimabile dono del suo Figlio?

Con quella processione festosa (ravvivata dal canto o anche animata dalla danza) l’assemblea intende rendere a Dio ciò che a essa è stato gratuitamente donato: «dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane...questo vino».

Il momento tradizionalmente chiamato «offertorio», è sta-to rinominato dal Messale di Paolo VI «preparazione dei doni». Il dono offerto e ricevuto, infatti, è Cristo stesso, come ogni volta ricorda la preghiera che introduce al memoriale eucari-stico.

Il cammino ascendente della processione con le offerte in-dica che l’Eucaristia è un mistero di amore e donazione. Anche questo gesto va, quindi, curato con attenzione e precisione. La-sciato alla fretta, all’improvvisazione, alla negligenza, si riduce a mera funzionalità (cosa, dunque, non necessaria, trascurabi-le). Ogni atto liturgico, invece, è un atto umano, prodotto da persone che realmente ci credono, si applicano e vi impegnano consapevoli il loro tempo. Non è finzione, recita, comporta-mento mimato. In quanto atto umano può diventare simboli-co, che fa segno all’Invisibile Presente.

Nella liturgia avviene come in famiglia, dove tutto è ma-teriale e simbolico insieme. Occuparsi della casa è anche un

modo per curare se stessi, il cibo è affetto, apparecchiare e servire alla tavola è empatia e attenzione verso le persone.

Radunarsi attorno alla tavola è un’occasione, per la fami-glia, di darsi reciprocamente premura, rispetto, amore. La mensa unisce le persone. In casa cibo e affetto s’intrecciano, si confondono, si condizionano e non solo per i bambini.

Eppure la tavola rende il cibo intermediario dell’amore solo attraverso uno sforzo immane. La tavola condivisa è un vero sacrificio. Il tavolo è il mobile pensato per dare alla por-tata della mano la massima comodità. Come arredo della con-divisione del cibo, è giunto alla forma attuale dopo una lunga storia, testimone di quella svolta essenziale, nell’evoluzione della forma umana della vita che, all’inizio, comportò la stazio-ne eretta, dove la zampa è sostituita dalla mano. Diversamen-te dalla zampa, attrezzata per sottrarre, strappare, portar via, la mano è capace di significati trascendenti: porgere, offrire, servire, accompagnare la parola, tradurre il pensiero, ‘” comu-nicare l’affetto. La tavola «costringe» così le persone a stare vicine, a entrare nello spazio d’intimità dell’altro. L’obbligo del faccia a faccia e della conversazione incalzante, però, non è sempre piacevole. Spesso provoca resistenza e fuga. Gli adole-scenti si sottraggono con il telefonino, gli adulti si rifugiano nel televisore, i bambini abbandonano la tavola appena possibile. Ognuno vuol stare «per i fatti suoi», secondo il copione del «perfetto narcisista».

Per «mangiare bene» è necessario, invece, pensare all’al-tro. Per aprire lo spazio della convivialità bisogna fermare il tempo, il flusso degli eventi, il rumore della quotidianità, altri-menti degli altri non ci si accorge neppure. La «buona tavola» inizia, quindi, dalla sua preparazione. Preparazione sbrigativa, tavola sbrigativa.

Nella preparazione del cibo, nel servizio e nel rito della preparazione della tavola vale una prima regola «sacrificale», quella della collaborazione: tutti possono dare il loro contribu-to, in base all’età, ad altri possibili impegni familiari. Anche un bimbo di pochi anni può portare, ad esempio, il suo tovaglioli-no e deporre le sue posate.

La tavola unisce la famiglia anche in quanto è opera comune; crea legami d’affetto in quanto unisce i familiari in una vicenda condivisa. I pasti sono necessari (mangiare si deve) ma sono anche un piacere: soddisfazione di un bisogno, gradimento del

Anche i fiori rendono bella, festiva e profumatala mensa dell’altare, hi momento

della sua preparazione.

Anche la piccola offerta in denaro è un attodi culto: un po’ della mia vita per la vita del fratello.

«All’inizio della liturgia eucaristica si portano all’altare i doni, che diventeranno il Corpo e il Sangue di Cristo. Prima di tutto si prepara l’altare che è il centro di tutta la Liturgia eucaristica... È bene che i fedeli presentino il pane e il vino. Quantunque i fedeli non portino più, come un tempo, il loro proprio pane e vino destinati alla liturgia, tuttavia il rito della presentazione di questi doni conserva il suo valore e il suo significato spirituale» (Ordinamento Generale del Messale Romano, n 73).

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cibo, incontro, conversazione... La collaborazione di tutti sul primo lato permette di avere più possibilità e tempo per go-dere il secondo. Il mansionario familiare potrebbe attribuire a ognuno il suo incarico, come all’altare ogni ministro svolge il suo servizio. In casa, luogo dove la comunicazione raggiunge il massimo della sua intensità, ogni gesto è metafora. Cibo e be-vande diventano intermediari di significati e mediatori di valo-ri che oltrepassano l’ambito dell’alimentazione e si trasforma-no in immagini efficaci del nutrimento reciproco. Non conta dunque solo il fatto del prendere il cibo insieme, di cucinarlo, offrirlo, dividerlo. Ha significato anche come si prepara la ta-vola. Oggi è sempre scarso il tempo che si può (o si vuole) de-dicare alla casa e alle attività alimentari. Buttare sbadatamente le posate sul tavolo, aggiungere alla rinfusa gli altri oggetti, tra-smette un messaggio di pura funzionalità. Collocare ogni cosa con cura, occuparsi dell’estetica di ogni particolare, prepara una scena spirituale. L’intenzione del tempo familiare è, infat-ti, di dare senso, valore e consistenza a tutti gli altri tempi della vita, di trasmettere insieme significato e speranza.

Il cibo portato in tavola acquista così un altro significato: è vissuto come simbolo dell’amore e della cura. Le persone, però, rimangono anche in famiglia attaccate ai loro gusti e sen-sibili alla loro autonomia. I pasti tuttavia sono guidati da un’eti-ca comunitaria i cui valori sono: apertura all’altro, incontro e comunicazione, domanda d’amore e disponibilità al dono, superamento dell’«arroganza» (la pretesa capricciosa dei pic-coli come dei grandi), senso e valore al vivere. A tavola ci si attende di essere reciprocamente accolti e premurosa-mente trattati. Nell’alimentazione capita, infatti, qualcosa di straordinario: il cibo viene assimilato dal corpo e diven-ta parte integrante di se stessi. La materia diventa spirito!

La trasformazione che ci si aspetta dalla tavola, nella liturgia avviene in grado sommo.

Non solo il pane diventa intermediario dell’amore, ma si trasforma nel Corpo stesso di Cristo! Non solo si alimentano i legami ma si è convertiti dalla Grazia in un cuor solo e un’anima sola.

Un altro miracolo opera la «potenza dello Spirito San-to» (annunciata fin dal saluto di colui che presiede) e ri-guarda il senso e il valore del denaro.

La tradizione liturgica invita a portare all’altare non solo pane e vino ma anche altri doni, non simbolici ma concreti, per i bisogni dei poveri e la necessità della Chiesa. Mentre si snoda la processione offertoriale, gli incaricati raccolgono le offerte dei fedeli, deposte non sull’altare ma ai suoi piedi.

Oggi più che mai il denaro è materia ambigua. È diventato il metro di misura più diffuso per attribuire valore all’azione. Il suo potere si basa sulla capacità di rappresentare il mezzo sim-bolico per eccellenza per impossessarsi di ogni cosa, azzerando le qualità delle esperienze, sulla base di un valore unico di rife-rimento. L’assoluto del denaro si presenta, infatti, nella secola-rizzazione, come il sostituto più immediato della fede, diventa un codice che si estende a tutta la vita e relativizza il resto. Il denaro diventa, spesso, l’espressione concreta e operativa di quelle «ricchezze ingiuste» (Le 16,9) che Gesù denuncia a più riprese. È la manifestazione di una dedizione totale, di quanto « I figli di questo mondo, nelle relazioni con quelli della loro generazione, siano più avveduti dei figli della luce» (Lc 16,8).

Ebbene, nella divina liturgia anche il denaro è trasfigurato: con quelle «ricchezze ingiuste» è possibile «farsi degli amici» (Le 16,9), cioè compiere qualcosa di buono. Concretamente: la potenza dello Spirito, che opera nell’azione liturgica, rende il denaro materia sacra.

La trasfigurazione dell’economia (da economia di profitto a economia di comunità) inizia dall’Eucaristia. La comunità, che dopo la Messa raccoglierà quel denaro, dovrà essere consape-vole che si tratta di materia resa sacra, s’impegnerà a usarlo nella «fedeltà» per essere degna di ricevere la ricchezza vera (Le 16,11) che è il Corpo di Cristo.‘

L’Eucaristia chiede così alla comunità parrocchiale di di-ventare, nella trasparenza con cui quel denaro sarà collocato, dall’accortezza con cui sarà utilizzato, un prototipo dell’eco-nomia umanizzata dal Sangue di Cristo. Tutta la vita è trasfor-mata dall’Eucaristia: lo si vede da come cambia il significato culturale del denaro!

I cristiani imparano, così, che per resistere alla forza irre-sistibile del denaro e all’inganno della sua idolatria, non sono sufficienti i richiami morali, meno ancora le ideologie. Servo-no i riti: l’assidua celebrazione domenicale. In questa, anche la processione delle offerte ha il suo ruolo, non secondario.

La tavola «costrìnge» le persone a stare vicine. Per «mangiare bene» è necessario

pensare all'altro.

Il pane e il vino sono fatti segno della nostra offerta come Gesù li fece segno della sua;

tutta la vita è trasformata dall'Eucaristia.

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IMPARARE A PREGARE

Famiglia e ritualità

L’attualizzazione della Parola di Dio nell'ome-lia conduce subito alla preghiera. Come ri-

spondere alle interpellanze di Dio senza il soste-gno della sua Grazia? La testimonianza della vita e l'attesa operosa e responsabile del Regno che viene non si appoggia sulle capacità umane.

La «Preghiera dei fedeli» (termine forse poco felice e impreciso) è il momento in cui l'assem-blea si rivolge al Signore affidandogli le necessità della Chiesa e del mondo. Anche la preghiera fa parte del cammino di conversione: un cambia-mento della mente perché veda e interpreti diver-samente i fatti della vita e gli eventi del mondo. Chi frequenta l'Eucaristia ama pregare, crede all'efficacia della parola rivolta a Dio.

Riguardo però alla «Preghiera dei fedeli», si vive spesso una sensazione di insoddisfazione, come se non se ne comprendesse pienamente il valore. Lo dimostra anche il fatto che questa preghiera si trasforma facilmente in altro. Nella celebrazione del matrimonio può diventare il mo-mento in cui formulare auguri e felicitazioni agli sposi. Nei funerali può essere l'occasione per esprimere solidarietà, dimostrare commozione, raccontare qualche stralcio di vita del congiun-to. Altre volte diventa la cassa di risonanza degli eventi sociali importanti del momento, l'inventa-rio delle condizioni di una società buona, l'elenco dei propositi e delle buone intenzioni. Ogni volta l'assemblea risponde in coro: «Ascoltaci, Signo-re». Ma sappiamo davvero pregare? Sappiamo distinguere con chiarezza i confini tra ciò che non

dobbiamo domandare a Dio perché spetta alla nostra responsabilità e ciò che chiediamo a Dio e non possiamo attribuire a noi perché compete a Lui solo?

«Provvedi, Signore, ai disoccupati, ai senza tet-to; vieni in aiuto a chi vive nella povertà o nell'in-giustizia...». A volte, infatti, i problemi ci appaiono talmente gravi e complessi che ci fanno sentire totalmente impotenti. Allora affidiamo tutto al Si-gnore. Ma questo modo di pregare non rischia di essere una facile delega delle nostre responsabi-lità? Che cosa ci insegna l'Eucaristia a proposito della preghiera?

La riflessione sulle pieghe più misteriose e pro-fonde della vita familiare ci può fornire risposte importanti.

La preghiera è per lo più intesa e vissuta come confidenza in Dio. Traduce, nel rito religioso come nella devozione personale, l'espressione piena della fiducia che il credente ripone nella Provvi-denza: «Se rimanete in me e le mie parole riman-gono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato» (Gv 15,7).

È naturale, quindi, che nell’Eucaristia, la pre-ghiera cristiana più grande, il fedele esprima la sua preghiera «per le necessità della Chiesa e del mondo» e si senta partecipe di ciò che avviene attorno a lui, confidandolo familiarmente al suo Signore.

La preghiera, tuttavia, raggiunge la sua verità più profonda non tanto quando chi prega «offre la vita» (affida a Dio i suoi bisogni), quanto piuttosto quando consegna totalmente se stesso, prima e indipendentemente da ogni bisogno e lascia ogni cosa a Dio, rinunciando a ogni calcolo: «Padre, io mi abbandono a Te, fa’ dì me ciò che ti piace. Qualsiasi cosa tu faccia di me, ti ringrazio. Sono pronto a tutto, accetto tutto... Rimetto l’anima mia nelle tue mani, te la dono» (Charles de Foucauld).

Essere pronto a ogni cosa, accettare tutto, ri-mettere l’anima, sono tutte disposizioni che cor-rispondono al morire. Consegnare lo spirito nelle mani del Padre è, infatti, la preghiera di Gesù nella sua agonia.

La preghiera nuda e pura dona al Signore «la propria morte», offre la rinuncia a mettere l’io al primo posto, presenta a Dio la propria totale «mancanza».

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Nella misteriosa sicurezza della fede, la conse-gna è totale e nessuna notte può più fare paura: «Mio Dio, non mi accordare nulla, anche se im-ploro, l’amore che ho per Te non ha bisogno di speranza» (santa Teresa di Gesù).

Offrire la morte comprende non soltanto la consegna della vita ma raggiunge nel suo gesto anche il dono di ogni desiderio e di ogni attesa. È l’affidamento totale delle persona, la massima espressione della fede: «Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore» (Rm 14,8).

«Soli in compagnia dell’Altro»Questo atteggiamento orante coincide con

la «maturità» umana, come l’ha considerata, per esempio, la ricerca psicanalitica soprattutto dell’infanzia. Persona matura, a qualunque sta-dio della sua evoluzione, è colui che sa stare solo, che sa «dimenticarsi» (nel senso della di-pendenza) dell’altro, pur in sua presenza.

Per tutta la vita permane il bisogno di essere personalizzati dall’affetto, ma è altrettanto indi-spensabile imparare a separarsi, per diventare autonomi. Questo doppio movimento si svilup-pa parallelamente: la certezza dell’amore rende efficace il riconoscimento personale, la sussi-stenza personale permette di tollerare le sepa-razioni e le perdite.

La consistenza dei legami, l’autorevolezza genitoriale e la verità del dialogo familiare, pro-muovono l’assunzione di responsabilità dei figli e li fanno crescere nella sicurezza interiore. Ma-dri iper-protettive e padri complici facilitano, in-vece, solo la solitudine patologica. La loro pre-senza li avvolge da ogni parte, ma non li aiuta a cavarsela da sé nella vita. I genitori apprensivi sono spesso incapaci di cogliere le vere esi-genze del figlio, si curano solo dei suoi bisogni materiali e della sua gratificazione immediata. Questa preoccupazione, in realtà, nasconde l’ossessione del controllo e crea dipendenza, l’impossibilità di accettare la solitudine sana. Il bambino viziato e iperprotetto quando è solo si sente abban-donato, quando è con la mam-ma si sente soffocato.

L’autonomia, invece, si acqui-sisce attraverso un’esperienza decisiva: «essere soli con l’al-tro» come D. Winnicott ha mira-bilmente sintetizzato in un suo testo («Sviluppo affettivo e am-biente»). Questa esperienza si impara dai genitori che hanno praticato l’arte della separazio-ne, accettando il prezzo di una momentanea sofferenza.

La forma matura dell’amore consiste quindi nell’ammettere non solo la propria imperfezio-ne ma anche nel fare dono del-la propria «mancanza». È vero

amore ritrarsi per fare spazio all’autonomia del figlio. Donare «solitudine» significa ammette-re di non poter «conoscere» il proprio figlio, di non volere esercitare un controllo completo. Il dono è sempre un’esperienza di totale gratuità, dove colui che dona si nasconde e accetta di essere solo. Il vero dono non cerca riconosci-mento, pone un limite al proprio potere. Se si imponesse creerebbe un obbligo di restituzio-ne, ma smetterebbe di essere segno d’amore. Di più: non solo il genitore maturo accetta l’idea di poter «mancare» al figlio, ma comprende che paradossalmente, per essere amabili è ne-cessario anche lasciarsi «odiare» (la piena ac-cettazione dell’ambivalenza dell’affetto). Il dono reciproco della propria imperfezione libera dal rischio sempre incalzante della dipenden-za mortifera e crea le condizioni di un tipo di presenza discreta che, insieme all’autonomia, educa al senso di responsabilità e promuove le capacità creative.

Dimenticarsi di sé al cospetto di DioNella funzione genitoriale, quindi, la separazio-

ne («solitudine sana») svolge un ruolo vitale per prevenire la dipendenza («solitudine malata»). La sana distanza tra le persone, tra la persona e le sue emozioni, tra le persone e le cose, genera l’au-

tonomia e promuove la crescita.La capacità di stare soli, segno

inequivocabile di autonomia e maturità, deriva dal rapporto com-plesso di legame e rottura, di con-tinuità e soluzione.

Il rito istituisce il medesimo per-corso. Le sue tappe sono state indi-viduate dall’antropologia culturale nei passaggi della distinzione, se-parazione, liminalità, integrazione. Nella celebrazione eucaristica la distinzione è data dall’assemblea liturgica, la separazione dalla con-versione, la liminalità dall’incontro con il Signore nella doppia mensa della Parola e della Comunione, l’integrazione dalla missione che scaturisce dal Sacramento.

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L'ultimagrandesezionedellibrodellaGenesiGen37-50) è conosciuta come «ciclo di Giuseppe» e anche

«Giacobbeeisuoifigli».Èlastoriadiunafamiglialaceratadall'invidiaedall'odio,tragicamentedivisa,cheattraversadureproveetribolazioniperraggiungereun'inaspettatariconciliazione.Essaillustraampiamenteilcomportamen-todegliesseriumanisottopostiafortipressioniemotivee,alcontempo,èunariflessioneteologicasullemirabiliviedellaProvvidenza.

Secondo Gen 47,9 Giuseppe nasce, ormai del tuttoinatteso, quando Giacobbe ha già 91 anni e dieci figli.L'amataRachele,inizialmentesterile,quandorestaincin-taepartoriscechiamailsuoprimogenito Yosef,Giuseppe,ilcuinomeèspiegatoinduemodi:«Dioha"ritirato"(dalverboasap) il mio disonore»e«Il Signore mi "aggiunga"(da yasap) un altro figlio» (Gen30,22-24).Quest'ultimaspiegazionerifletteildesideriodiRachelediaverealtrifi-gli.Piùtardi,dopocheGiacobbesierainsediatoinCana-an,RachelediedeallaluceBeniamino,ildodicesimodei«figlid'Israele»,morendoduranteilparto(Gen35,16-20)

Giuseppe è un non-integrato nel gruppo familiare;sembra,comediceilsuonome,un«aggiunto»,nellasuaaccezionenegativa:di troppo.Aciòcontribuisce il fattocheegliriferiscaalpadreipettegolezzicheriguardanoisuoifratelli(Gen37,2).Eppure,«Israele amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché era il figlio avuto in vecchiaia, e gli aveva fatto una tunica con maniche lunghe» (Gen37,3).

Spesso, i legamidi sangue«passivi», comequelli trafratelli (pur avendo gli stessi genitori) possono favoriretensioni,conflitti,gelosie...odio.L’amorepreferenzialediGiacobbeperGiuseppeseparaquest’ultimodaisuoifra-

VIAGGIO ATTRAVERSO LA BIBBIA

Giuseppe e i suoi fratelli

Il ”di più” dell’amore

Giacobbe benedicei figli di Giuseppe.

Nella preghiera, la dimenticanza è più completa e abissale di quanto avvenga nell’educazione. Si spinge fino a «dimenticar-si di sé, al cospetto di Dio». Questa conse-gna totale alla volontà di Dio («Sono pronto a tutto, accetto tutto, purché la tua volontà si compia in me...») è un traguardo umano oggi particolarmente erto e improponibile («Que-sto linguaggio è duro; chi può intenderlo?» Gv 6,60). È il linguaggio eucaristico.

Questa asprezza va associata all’evidente difficoltà dell’educazione alla sana solitudine, che comprende il silenzio, la capacità di pen-siero e di riflessione, l’assunzione di respon-sabilità. È sempre più raro fare esperienza della solitudine come momentanea assenza di stimolazioni esterne artificiali, sempre più improbabile prendere congedo dall’altro, inte-riorizzandone la presenza. Si cresce incapaci di gestire i momenti vuoti senza riempitivi.

È indispensabile «offrire la morte» per dare un senso alla vita e assumersene, in qualche modo, la responsabilità. Solo in questo to-tale abbandono ci si mette al riparo dal po-tere distruttivo della solitudine e la certezza dell’Amore introduce nella compagnia uma-na. L’offerta orante della morte permette gradualmente, giorno dopo giorno, di as-sumere la solitudine della vita. ‘

All’offerta che il credente consegna cor-risponde, come sempre avviene nella pre-ghiera,’ l’inaspettata pienezza di dono che si riceve. Si realizza qui, in senso pieno, la pro-messa di Cristo: «Date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccan-te vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Le 6,38).

Questo esercizio della separazione, questa consegna della morte, questa pre-ghiera nuda della fede, altro non sono che nomi autentici della libertà («La verità vi farà liberi» Gv 8,32), come la solitudine amica è il terreno germinale dell’autono-mia personale.

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telli,iqualivedonoinquestounminusaffettivoneiloroconfronti.

Maamorechiamaodio:«I suoi fratelli, vedendo che il loro padre amava lui più di tutti i suoi figli, lo odiavano e non riuscivano a parlargli amichevolmente»(lett.«inpace»,v4).Giàdaquestiprimiversettivediamodueblocchi contrapposti: Giuseppe e suo padre, da unaparte,ifratelli,dall’altra.Condividereiproprisogniconi fratelli, forse nel tentativo di ricostruire un dialogo,rende invecepiù incrinati i reciproci rapporti: laposi-zionediGiuseppesifapericolosa(vv5-11).

Isogni,nellaBibbia,spessosonoforieridiunachia-mata:Diosirivelaall’uomo.ÈunarealtàsimbolicaallaqualeGiuseppegiàpartecipaecheDio,manmano,por-teràallapienezza.NelprimosognoGiuseppesivedealdisopradeifratelli;nelsecondo,addirittura,igenitoriquasisiprostranoalui.Giuseppe,sognandoicovonielestellechealuis’inchinano,haunsegnodaDio:l’an-nunciodiunavocazionefutura.Risultato:«I suoi fratelli lo odiarono ancora di più»(v8).

Laseparazionedefinitivaèormaiinatto:ifratellisidirigonoaSichem,poiancorapiùlontano,aDotan,se-gnandocosìnonsololadistanzafisica,maanchequellaaffettiva.AquestopuntoGiacobbedecidedimandareGiuseppeavedere«come stanno i... fratelli»,letteral-menteloshalomla«pace»(v14),parolacheinrealtàcelaun’insidiadimorte.Giacobbe,infatti,èpreoccupa-to,ritenendosiinparteresponsabilediquestatragediafamiliare.MaGiuseppe,obbedendoalpadre,parteallaricerca di una fraternità perduta, tanto che all’uomomisteriosochelointerroga:«Che cosa cerchi?»,egliri-sponde:«Cerco i miei fratelli»(v15).Non«checosa»,ma«chi»,einpiùafferma:«iocerco».

Ignaridiciò, i fratelli,allavistadiGiuseppe, il«pa-dronedeisogni»,restanosconvolti.L’odioriemergealpuntodaconcepirediucciderlo,dopoavergli tolto latunica,segnodellapredilezionepaterna(v20).GrazieaRuben,però,Giuseppevienerisparmiato:l’abbandonoinunacisternavuotad’acquasaràlasoluzionealterna-tiva,maèsoloun’escamotagepernon«macchiarsi»di-rettamentelemanidelsuosangue:ciavrebbepensatolaseteaducciderlo.

Il seguito lo conosciamo: Giuseppe viene vendutoaimercanti,inviaggioversol’Egitto;ifratelliriportanoquellatunicasporcadisangue,giustificandolaalpadreconilfalsoraccontodellabelvaferoce...(vv31-35).

«Intanto i Madianiti lo vendettero in Egitto a Potifar, eunuco del faraone e comandante delle guardie» (v 36), en-trando nei favori del suo padrone, macostrettoa subire le calunniedellamo-glie di quest’ultimo, avendo ella cerca-to di sedurlo (Gen 39,11-19). Giuseppenonsidifende,scegliedifermareilmalesudi sé.Si ritrova incarcere,giusto tragli ingiusti.Ma,nellasuasventura, ilSi-gnore gli è vicino: in carcere interpretaisognidelcoppiereedelpanettieredelfaraone, infinequellidel faraonestesso(Gen 41,1-36). Questa fama lo eleveràfinoallanominadiviceréd’Egitto.Ilfara-one,infatti,nonsoloaccettailconsigliodiGiuseppeeprendeprovvedimentichesalveranno il Paese durante la carestia,

ma riconosce in lui un uomo «intelligente e saggio»,benedettodaDio(Gen41,38).

Ilcapitolo42raccontailprimoincontrotraGiusep-pe e i fratelli, i quali, a causa della carestia vengonomandatidaGiacobbe inEgittopercomprare ilgrano.Essi,giuntialcospettodiGiuseppe,glisiprostranoda-vanti,masenzariconoscerlo(cfGen42,6-7):quelvec-chiosognodeicovonisi staavverando.QuiGiuseppeadottaunostranoatteggiamento:litrattadaestranei,accusandoliaddiritturadiesserespie(v9).D’altronde,rivelarsi apertamente, per concedere loro il perdono,avrebbeingeneratoundubbiopentimento.Laviascel-tadaGiuseppeèdura,mahaunafinalitàpedagogica,necessariaperun camminodi autenticaconversione,ricorrendoancheallaprigionia:Giuseppemetteincar-cereisuoifratelli,inducendoliarifletteresulmalefattoperessereguariti.È interessantenotarecheaquestopuntodelraccontovengautilizzatodalnarratoreilver-bo ‘asap, «Li riunì in custodia» (Gen42,17) -qualchecommentatoretraduce:«ligiuseppizzò»,cioèfecepro-varlorolestessepenedaluipatite.Mac’èbisognodiun’altraoccasione.Nel capitolo43 i fratelli sonopar-titiunasecondavoltaperl’Egittoacausadelgrano:ilbisogno,lafame-nonl’amoreel’obbedienzaalpadre-ancoraunavolta,però,sonoalserviziodiundisegnopiùalto,delqualeGiuseppeè lo strumentoprincipa-lee,allostessotempo,luogopersonificatodell’amoredelpadre(Giacobbe)edel«Padre»:Diosifapresenteed operante in questo percorso di riconciliazione, ri-portandol’interafamigliadiGiacobbesulcamminodiGiuseppe.Il«di troppo»orasirivelapersonaessenzia-leperlasalvezzadell’interafamiglia,dalpuntodivistafisico(lafame,lacarestia),ancorchédalpuntodivistapsicologicoespirituale.

Ilsignificatodiquelnome(«aggiungere/aggiunta»),ancheperifratelliacquistaunsensopiùnobile:eglièil di piùdell’amore,coluicheharicevutounamoreinpiù per poter realizzare la riconciliazione, il perdono.«Aggiungere»eilnomeYosef-Giuseppe,inebraicocor-rispondono,numericamente,altermineqium(q.y.ùm),cioè«sostentamento,cibo,ricchezza».Ildi più,I’«ag-giunta»d’amorecheGiuseppeharicevutoehasapu-todonareaifratellièunasortad’energiaprimordiale,oltrecheilciboconcreto(ilgrano),èunarealizzazionedell’amorediDionelmondo.

Giuseppe viene riconosciutodai suoi fratelli

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QUI SCUOLA

E’ scuola PARITARIA Finalmente paritaria anche la scuola primaria parrocchiale DON ORIONE Dopo tanti sacrifici e interventi strutturali anche la scuola primaria è diventata paritaria, con tutti van-taggi che tale riconoscimento comporta soprattutto per le famiglie che possono accedere alla Dote scuola regionale, qualora presentassero i requisiti economici richiesti . E’ allora utile chiarire alcuni punti: 1. Cosa significa il termine “scuola paritaria”? In Italia, il Sistema Nazionale di Istruzione prevede l’esistenza di scuole statali e di scuole private; le scuole private possono essere riconosciute come paritarie rispetto alla scuola statale, se rispettano un insieme di requisiti previsti dalla legge 10 marzo 2000, n. 62. Più specificamente le scuole paritarie sono “istituzioni scolastiche non statali, che, a partire dalla scuola per l’infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell’istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzati da requisiti di qualità ed efficacia”. 2. Cosa comporta lo status di “scuola parita-ria”? Lo status di “scuola paritaria” comporta la l’equiparazione con la scuola statale “a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti in partico-lare per quanto riguarda l’abilitazione a rila-sciare titoli di studio aventi valore legale”. Quindi dal punto di vista della didattica e della “validità” del percorso di studi, la scuola pari-taria è del tutto equivalente a quella pubblica, compresa la capacità di rilasciare autonoma-mente titoli di studio legalmente riconosciuti, come per esempio il diploma di scuola media o quello di maturità, non è più necessario ogni anno presentare gli alunni presso altra scuola per gli esami di idoneità. 3. Ma allora, che differenza c’è tra scuola pub-blica e scuola privata? Proprio per quanto detto sopra, secondo l’ordinamento vigente il termine “scuola pri-vata” è un po’ ingannevole; infatti tra la scuo-la pubblica e quella privata paritaria le uniche differenze riguardano la gestione della scuola stessa: gestione statale per le prime, gestione privata (enti) per le seconde; invece nel caso di una scuola privata non paritaria, la princi-pale differenza è l’incapacità di rilasciare au-tonomamente titoli di studio con valore legale. 4. La scuola paritaria comporta costi aggiunti-vi per lo stato ? Assolutamente no, il risparmio economico per lo stato è notevole, argomento già ampiamente trattato, anche se oggetto di costante polemica per i convinti assertori che l’istruzione debba es-sere unica prerogativa dello stato.

NOI E LOROScuola parrocchiale e Scuola in inglese

Convivere nello stesso edificio non significa necessariamente apparte-nere alla stessa realtà.

L’edificio della congregazione Don Orione, appunto, vede la conviven-za di due scuole nettamente distinte ed è bene fare chiarezza in modo da evitare fraintendimenti.

Da ormai sei anni la parrocchia ha in gestione la scuola ex orionina con cinque classi della primaria e tre della secondaria di primo grado ; sot-to lo stesso tetto da tre anni convive la scuola internazionale in lingua in-glese, gestita da privati, che nulla hanno a che vedere con la nostra scuola .

Con il 12 settembre inizieremo un nuovo anno scolastico , con la bella news della parità anche per la scuola primaria, riconoscimento importan-te della serietà della didattica , della regolarità dei programmi e del curri-colo. La conclusione del primo ciclo della scuola primaria e l’aumento del numero degli iscritti è per noi tutti motivo di soddisfazione e di fiducia nel futuro per la nostra piccola, ma intensa realtà scolastica.

Certo non mancano problemi, legati soprattutto all’aspetto ammini-strativo, i soldi in un periodo di crisi non sono mai sufficienti e le spese per mettere a norma l’edificio sono state davvero onerose , ma tutti i sacrifici fatti e che ancora faremo hanno permesso la crescita, e non solo nume-rica, della scuola.

Ringraziamo tutti quelli che hanno creduto in questa realtà e ci hanno sostenuto con il loro affetto, con la loro comprensione, con la loro fiducia, un grazie a tutte le famiglie che ci affidano i loro figli, agli insegnanti, ai collaboratori, ai volontari che a diverso titolo ci danno una mano perché questo nostro “Don Orione”, come il santo diceva, sia sempre più una famiglia

“ben disciplinata e condotta avanti con molto affetto nel Signore e con molta cura i nostri alunni.”

Questo sia l’augurio per il nuovo anno che ci attende, anno in cui insie-me possiamo davvero educarci per educare.

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Tutti gli incontri si tengono presso la SCUOLA PARROCCHIALE “DON ORIONE” via don Orione,1 Botticino

Per informazioni e iscrizioni telefonareal numero 0302691141 da lunedì a venerdì dalle ore 9 alle 11

oppure tramite e-mail [email protected]

PARROCCHIE DI BOTTICINO - SCUOLA “DON ORIONE”

Cultura + Arte + Salute +CORSI ED EVENTI 2012/2013

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IL SEGNO SUL VOLTOitinerario anno oratoriano 2012-2013

Sonomolteleopportunitàdiriflessionechesiapronocon ilprossimoannopastorale:papaBenedettoXVIciinvitaaricordareilConcilioVaticanoII,checompie50anni,conl’AnnodelleFedecheincominceràl’11ottobre;ilnostroVescovoci incoraggiaadavvicinarcialSinododiocesanosulleunitàpastoraliconilpercorsoorientatoversoGesù:“Cerchiamoiltuovolto”;igiovanisiprepa-ranoallaGMGdiRiodal titolo“Andatee fatediscepolituttiipopoli”. Nel percorso dedicato agli oratori abbiamo provatoarichiamarequestielementipartendodaunabellaim-

maginecheilConciliohaoffertodellachiesa:“laChiesanoncessadipregare,sperareeoperare,esortandoifigliapurificarsierinnovarsiperchéilSegnodiCristorisplendapiùchiarosulvoltodellaChiesa”.(LumenGentium,15) SulvoltodellaChiesapuòrisplendereilSegnodiCristoerisplendedavveroinalcunidegliuominiedonnedifedecheabbiamoincontratonellanostravita. Ilcamminocheproponiamo,allora,èquellodell’incontroconseivolti,cherappre-sentanoseistoriedivita,seimomentieattenzionicheattraversanol’annoliturgico:ilvoltocheportaisegnidellafaticaedellavoro,ilvoltodellasperanzaedell’attesa,ilvoltosaggiodichieducaedesideralapace,ilvoltodellasofferenzaedeldolore,ilvoltosplendentedigloriaedilvoltodell’incontro. Volticherappresentanostoriedifede,dicevamo,volticherappresentanooccasioni,incontriemomentidellanostravitaoratoriananeiqualisiamoinvitatiaricercareisegnidell’amoreinfinitodiGesù.

lo scambio dei segniIl Cenacolo è per eccellenza il luogo dei segni. Non esiste nel Vangelo un posto così carico e denso di momenti particolari, di gesti unici, di parole irripe-tibili. Per citare il Concilio: in questo luogo Gesù ha dato pienezza alla rivelazione “con gesti e parole”. Ciò che è avvenuto nel Cenacolo va ben al di là delle mura di questo luogo: diventa il modello at-traverso il quale pensare alla missione odierna del-le nostre comunità, deve suggerirci il modo per rivi-talizzare i nostri luoghi (anche l’oratorio può essere pensato come un piccolo cenacolo), ci deve dare spunti e sollecitazioni per essere portatori oggi dei segni di Gesù sul nostro volto e nella nostra vita. Con questa prospettiva ci lasciamo guidare dalla vicenda di Tommaso, che chiede e pretende i segni.In realtà tutto il Vangelo di Giovanni è un cammi-

no disseminato di segni, non solo questa pagina. Gesù mette in atto alcuni segni che corrispondono al modo con cui i miracoli devono essere recepiti: il segno è l’insieme dell’azione di Gesù (che guarisce, risana, ridona vita…) e della sua parola (che, sola, permette di accogliere il dono perché lo spiega e lo inserisce in un contesto di relazione e di sequela).Non c’è annuncio senza gesto, ma la completezza del gesto necessita della parola. In alcuni momen-ti Gesù sembra addirittura sconfinare nel didattico puro, ad esempio quando ai discepoli, dopo il ge-sto della lavanda dei piedi, chiede se hanno com-preso quel che ha fatto. C’è una preoccupazione fortemente pedagogica di Cristo: anche il gesto più profondo può essere travisato.Siamo inseriti nella dimensione più relazionale della

I volti dei giovani e l’anno della fede

Lectio educativa di Gv.20,19-29

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fede: soltanto den-tro uno scambio di gesti e di parole, di significati e di con-vinzioni, di confron-to e di reciprocità è possibile credere.Ecco perché da soli non si può crede-re. Non è data una fede solitaria per-ché non è data una fede senza scambio. I segni del Maestro devono es-sere vissuti dai discepoli e ridonati ad altri: così tutti possono risalire al Maestro.Così Gesù stesso si affida ai suoi discepoli: non deve solo insegnare a loro come fidarsi di lui, ma addirit-tura essere lui stesso che si fida di loro.Pone segni che i discepoli non capiscono, ma che ca-piranno: perché unisce la dimensione più profonda

della relazione (quella della confidenza, dell’amici-zia, dell’intimità) con quella del futuro. Gesù non ha paura del suo futuro, che nell’immediato è la croce; ma non ha nemmeno paura del futuro più remoto, quello dell’affidamento del Vangelo e della poten-za della croce ai suoi discepoli. Anche lui si affida a loro, anche se loro non lo capiscono, per ora.Ma quando lo capiranno, diventeranno portatori del Vangelo perché inseriti in una relazione vitale con Gesù, densa di significati, di verità sperimenta-ta, di visione nuova della storia e della realtà.Detto in questo modo il meccanismo sembra perfetto e facile. In realtà non lo è. Perché i discepoli sono convinti che i segni di Gesù siano delle ferite ingua-ribili e non, potenzialmente, dei sogni reali. I segni possono diventare o sogni o ferite mortali: nulla, come i segni, hanno questa tremenda potenzialità, nella nostra vita, di indicare gli antipodi, di posi-zionarsi radicalmente nel bene o nel male, di indi-care pienezza o insignificanza, di essere il tutto o il niente (proprio come un gesto di tenerezza, che può indicare fedeltà o può nascondere un tradimento). I discepoli non credono più a Gesù, alle sue belle parole: dove sono finite? Quale potenza può spri-gionare la morte in croce?Così il Cenacolo, da luogo di intimità, si è trasfor-mato in luogo di delusione. Da luogo di partenza è diventato luogo di blocco: le porte chiuse, i discepoli immobili e silenziosi (è solo Gesù che parla, quan-do si mostra), la paura che prende il sopravvento e che determina ogni azione (anzi, ogni non-azione). Come riesce Gesù a far percorrere ai discepoli la strada che va dai segni ai sogni e a convincerli che i segni che lui ha posto (il suo corpo e il suo sangue donato e sempre presente nella Chiesa, la lavanda dei piedi come gesto di servizio e regola della co-munità, la morte in croce come massimo dono e non rinuncia alla vita, la risurrezione come nuova pre-senza con loro e non comoda assenza) sono vera-mente per loro e non contro di loro?Seguiamo la scena, bloccata per i discepoli ma pro-fondamente vitale per Gesù. Alla loro chiusura per paura contrappone la forza di passare in mezzo ai loro muri e alle loro porte. Al loro silenzio con-trappone l’augurio di pace: una parola densa che racchiude tutta la rivelazione di Dio. Alla loro inca-pacità di ritrovare un centro si pone lui in mezzo e rimane, come nuovo centro che permette di ritrovarsi continuamente. Alla loro incapacità di vederlo mo-stra le mani, i piedi, il costato: i segni della passione, che sono prima di tutto segni appassionati per loro e per il Padre.

La sera di quel giorno, il primo dellasettimana, mentre erano chiuse leporte del luogo dove si trovavano idiscepoli per timore dei Giudei, venneGesù, stette in mezzo e disse loro:“Pace a voi!”. Detto questo, mostròloro le mani e il fianco. E i discepoligioirono al vedere il Signore. Gesùdisse loro di nuovo: “Pace a voi! Comeil Padre ha mandato me, anche iomando voi”. Detto questo, soffiò edisse loro: “Ricevete lo Spirito Santo.A coloro a cui perdonerete i peccati,saranno perdonati; a coloro a cui nonperdonerete, non saranno perdonati”.Tommaso, uno dei Dodici, chiamatoDìdimo, non era con loro quando venneGesù. Gli dicevano gli altri discepoli:“Abbiamo visto il Signore!”. Ma eglidisse loro: “Se non vedo nelle sue maniil segno dei chiodi e non metto il miodito nel segno dei chiodi e non metto lamia mano nel suo fianco, io non credo”.Otto giorni dopo i discepoli erano dinuovo in casa e c’era con loro ancheTommaso. Venne Gesù, a porte chiuse,stette in mezzo e disse: “Pace a voi!”.Poi disse a Tommaso: “Metti qui il tuodito e guarda le mie mani; tendi la tuamano e mettila nel mio fianco; e nonessere incredulo, ma credente!”. Glirispose Tommaso: “Mio Signore e mioDio!”. Gesù gli disse: “Perché mi haiveduto, tu hai creduto; beati quelli chenon hanno visto e hanno creduto!”.Gesù, in presenza dei suoi discepoli,fece molti altri segni che non sono statiscritti in questo libro. Ma questi sonostati scritti perché crediate che Gesùè il Cristo, il Figlio di Dio, e perché,credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Gesù non deve solo insegnare ai discepolicome fidarsi di lui, ma addirittura si fida diloro. Pone segni che i discepoli non capiscono,ma capiranno: perché unisce la dimensione

della relazione con quella del futuro.

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Non c’è nulla a caso: ogni segno posto da Gesù è un atto forte e risoluto perché i discepoli escano dalla morte, ritrovino vita. E non c’è rancore: Gesù non giudica l’incredulità o il blocco dei suoi, anzi sembra conoscere in profondo cosa significhi ave-re dimenticato di essere uomini e discepoli, perché questo rimane il segno più incisivo con cui il peccato ha radicalmente marchiato l’uomo (“Tu sarai come Dio”, disse il serpente all’uomo; inganno fatale che lo risveglia, in realtà, come il serpente: oggetto di morte, pauroso e isolato, condannato a sopravvi-vere e a strisciare, più che a vedere e ad abbrac-ciare). Questi sono i suoi discepoli; ma Lui, il Cristo, il Risorto, non li può abbandonare: mette ancora più determinazione di quanto abbia già fatto sulla croce, perché la vittoria sulla morte non può essere solo sua.A questo punto l’azzardo di Cristo è totale.Non basta rialzare i discepoli, occorre farli cammi-nare. È il segno della risurrezione per loro. È la con-divisione piena con la sua morte e la sua risurrezio-ne. È l’adesione ultima e decisiva per la vita. Non c’è pace rimanendo nel cenacolo, ma solo uscendo. “Io mando voi”. Il soggetto èsempre Lui, il Risorto. Ma i soggetti sono pure loro, i paurosi discepoli. Lo Spirito che viene donato li ras-sicura di non essere più soli; la missione che viene affidata porta con sé il segno grande del perdono, il dono per eccellenza, la cosa più difficile che gli uomini sanno fare, il percorso più lungo che accom-pagna la vita di una persona: non viene da noi, ma viene da Dio. I discepoli sono portatori di qualcosa immensamente più grande di loro (di un segno, ap-punto), ma incredibilmente concreto: “perdonate, perché così si accorgeranno che io sono con voi”. È un’azione cristologica, che porta Gesù, che riporta alla sua risurrezione perché solo il Risorto ci può affidare il perdono che ha già dato sulla croce. Il perdono diventa il segno più grande dell’educare perché ha una doppia faccia: rimette in relazione con gli uomini e permette la relazione piena con Dio.Profondamente umano e profondamente divino: ancora una volta gesto e parola che esprimono la rivelazione. Anche noi, perdonando, ritorniamo nel Cenacolo e finalmente incontriamo il Risorto. Tom-maso non c’è. Non ci viene data nessuna spiega-zione per la sua assenza. Ma, anche qui, basta il segno: la comunità, senza Gesù, è già sgretolata, ognuno libero di esserci o meno. Le storie private riprendono il sopravvento e con esse la distanza e l’incredulità. Tommaso non crede ai suoi amici. Non può credere ai suoi amici, perché il legame è in-terrotto, la storia è finita, la comunione è spezzata. Tommaso, francamente, non ha nemmeno voglia di credere ai suoi amici: è giusto che ora riprenda il sopravvento il principio di realtà, la matematica della vita e delle sue possibilità, il calcolo, forse un po’ egoistico ma sicuramente più efficiente, dell’ar-rangiarsi da solo.Tommaso non era con loro: non solo con il corpo.L’obiezione di Tommaso non trova risposta negli al-tri. Non sanno come fare. Lui pone una condizione

che, oggettivamente, non è nelle loro mani. Tocca-re e vedere: basta i segni, adesso vuole le prove tangibili. Passano, infatti, otto lunghi giorni: è vero che indicano un periodo liturgico ma, francamen-te, sono lunghi. Cala di nuovo il silenzio, le porte chiuse, il dubbio. Non c’è traccia della missione che Gesù ha affidato ai suoi. Se possibile, questa si-tuazione risulta peggio della prima, alla sera di Pasqua. Quale prova possono fornire gli amici di Tommaso sulla risurrezione di Gesù? Il silenzio che incombe nuovamente non è forse il segno che ha ragione Tommaso? Se ritornano i segni della mor-te, allora ritorna anche Gesù. Con gli stessi gesti e le medesime parole: ma la forza di questo ritorno è ancora più determinata, perché l’amore si raf-forza quando insiste. Si offre a Tommaso e insiste: ha bisogno della sua fede perché la comunità dei discepoli non perda nessuno. Si potrebbe obiettare che ne rimanevano comunque dieci, che forse non c’era tempo da perdere, che si poteva comunque partire per la missione, che forse Tommaso voleva veramente lasciar perdere. Ma Gesù si offre. Da questa insistenza che non vuole perdere l’unità dei suoi, scaturisce una delle affermazioni di fede più care alla tradizione di tutta la Chiesa: “Mio Signo-re e mio Dio”. Poche parole per dire tutta la fede: un segno sintetico che racchiude tutta la comples-sità di un percorso, perché questa è la semplicità e l’intuizione che esprime un amore vero, profon-do, personale. L’espressione diretta di Tommaso è il frutto del percorso di tutto il Vangelo: finalmente Gesù può stare in mezzo per sempre, come punto di riferimento di tutti, anche di quelli che non hanno messo il dito nelle sue ferite. Ma la fede di Tom-maso, adesso, è ancora più tangibile del toccare il corpo di Cristo: questo è il miracolo che è concesso anche a noi, perché è la fede (anche la nostra) che ci permette di vedere e di toccare.La fede pasquale ci è donata anche come modello educativo. Sono tante, infatti, le situazioni educati-ve evocate da questo brano di Vangelo che inter-secano lo stile dei nostri oratori: la comunità edu-cativa capace di fede reale, i segni della fede che oggi dobbiamo evocare e far presenti, le relazioni concrete e vitali come segno della presenza del Ri-sorto, la pazienza educativa che non aiuta la morte ma che offre più spazio alla vita, la capacità di perdonare come segno della potenza di Gesù che accompagna la nostra umanità, la costruzione di Cenacoli come luoghi densi di segni e capaci di es-sere portatori di unità personale e comunitaria… Questi spunti sono offerti alla nostra passio-ne pastorale: il Signore ci ren-da veramente segno della sua presenza e della sua azione.

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Un saluto tutto speciale a voi, ricercatori della verità, a voi, uomini di pensiero e di scienza, esploratori dell’uo-mo, dell’universo e della storia, a voi tutti, pellegrini in marcia verso la luce, e anche a quelli che si sono fermati nel cammino, affaticati e delusi da una vana ricerca.Perché un saluto speciale per voi? Perché qui tutti noi, Vescovi, Padri del Concilio, siamo in ascolto della verità. Che cosa è stato il nostrosforzo durante questi quattro anni, se non una ricerca più attenta e un approfondimento del messaggio di veri-tà affidato alla Chiesa, se non uno sforzo di docilità più perfetta allo Spirito di verità?Noi dunque non potevamo non incontrarci con voi. Il vostro cammino è il nostro. I vostri sentieri non sono mai estranei ai nostri. Noi siamo gli amici della vostra vocazione di ricercatori, gli alleati delle vostre fatiche, gli ammiratori delle vostre conquiste e, se occorre, i con-solatori dei vostri scoraggiamenti e dei vostri insuccessi.Anche per voi abbiamo dunque un messaggio, ed è que-sto: continuate a cercare, senza stancarvi, senza mai di-sperare della verità! Ricordate le parole di uno dei vostri grandi amici, sant’Agostino: “Cerchiamo con il desiderio di trovare, e troviamo con il desiderio di cercare anco-ra”. Felici coloro che, possedendo la verità, la continuano a cercare per rinnovarla, per approfondirla, per donarla agli altri. Felici coloro che, non avendola trovata, cam-

minano verso essa con cuore sincero: che essi cerchino la luce del domani con la luce d’oggi, fino alla pienezza della luce!Ma non dimenticatelo: se il pensare è una grande cosa, pensare è innanzitutto un dovere; guai a chi chiude vo-lontariamente gli occhi alla luce! Pensare è anche una responsabilità: guai a coloro che oscurano lo spirito con i mille artifici che lo deprimono,l’inorgogliscono, l’ingannano, lo deformano! Qual è il principio di base per uomini di scienza, se non sforzarsi di pensare giustamente?Per questo, senza turbare i vostri passi, senza accecare i vostri sguardi, noi vogliamo offrirvi la luce della nostra lampada misteriosa: la fede. Colui che ce l’ha affidata è il Maestro sovrano del pensiero, colui di cui noi siamo gli umili discepoli, il solo che abbia detto e potuto dire: “Io sono la luce del mondo, io sono la via, la verità e la vita”.Questa parola vi riguarda. Forse mai, grazie a Dio, è apparsa così bene come oggi la possibilità d’un accordo profondo fra la vera scienza e la vera fede, l’una e l’altra a servizio dell’unica verità. Non impedite questo prezioso incontro! Abbiate fiducia nella fede, questa grande amica dell’intelligenza! Rischiaratevi alla sua luce per afferrare la verità, tutta la verità! Questo è l’augurio, l’incoraggia-mento, la speranza che vi esprimono, prima di separarsi, i Padri del mondo intero, riuniti in Concilio a Roma.

In luoghi abbandonatinoi costruiremo con mattoni nuovivi sono mani e macchinee argilla per nuovi mattonie calce per nuova calcinadove i mattoni son caduticostruiremo con pietra nuovadove le travi son marcitecostruiremo con nuovo legnamedove parole non son pronunciatecostruiremo con nuovo linguaggioc’è un lavoro comuneuna chiesa per tuttie un impiego per ciascunoognuno al suo lavoro.(Thomas Stearns Eliot - Cori da “La rocca”)

Riscopriamo i testi del ConcilioDal Messaggio di Sua Santità Paolo VI

agli uomini di Scienza e di Pensiero

Sono 6 volti ma potrebbero essere milioni. Ognuno di noi ricorda di aver visto un giorno un uomo o una donna, un giovane o un anziano, a casa, in oratorio, a scuola, in chie-sa, sul lavoro e di aver incontrato in quel volto l’immagine, il Segno di Gesù.E la Chiesa ha ricevuto questo compito, per il quale non deve mai smettere di pregare (cfr. L.G. 15): rinnovarsi e pu-rificarsi perché i suoi figli mostrino nel suo volto il Segno del Cristo.E il primo volto che vogliamo incrociare è il volto dell’i mpegno, del lavoro, della quotidianità. È il volto che sa che quello fa non è per nulla inutile o troppo piccolo, ma rende migliore il suo pezzo di mondo. È un volto che incontriamo nelle nostre case, nei momenti ordinari che, a volte suc-cede, diventano eccezionali perché brillano di semplicità e di amore. Oasi di senso nei deserti della banalità, sorrisi, abbracci, gesti che mostrano il segno dell’amore di Gesù.

1° tappa - inizio anno

la fatica sul volto

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GREST

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CAMPO ADOLESCENTI MERITZ

CAMPO CRESIMANDI MERITZ

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Le proposte dell’Ufficio per la Spiritualità e le Voca-zioni sono segnate dall’evento dell’Anno della Fede e dalla 50a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni.La profonda convinzione che la preghiera è il “car-dine della pastorale vocazionale” spinse papa Paolo VI - ad appena sette mesi dalla sua elezione - ad isti-tuire, il 23 gennaio del 1964, questa iniziativa. Così la IV domenica di Pasqua del 2013 vedrà, a livello nazionale, un particolare coinvolgimento della no-stra diocesi.L’Anno della fede è iniziato l’11 ottobre 2012: data scelta come ricordo riconoscente per due grandi eventi significativi per la vita della Chiesa oggi: il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Conci-lio Vaticano II, voluto dal beato Giovanni XXIII (11 ottobre 1962), e il ventesimo anniversario della pro-mulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, offerto alla Chiesa dal beato Giovanni Paolo II (11 ottobre 1992).È significativo ricordare un precedente: il 30 giugno 1968 papa Paolo VI, durante la solenne Concelebra-zione a conclusione dell’Anno della fede indetto per i 1900 anni dal martirio dei Santi Apostoli Pietro e Pa-olo, nella sua omelia pronunciò il Credo del Popolo di Dio: un testo ricco, che può essere ripreso.Il primo avvenimento dell’Anno della fede, domeni-ca 21 ottobre, sarà la Canonizzazione di alcuni mar-tiri e confessori della fede, tra i quali il bresciano Giovanni Battista Piamarta.Sarà un anno dedicato dunque al papa Paolo VI, no-stro conterraneo, e alla piccola grande fede dei sem-plici, dei puri di cuore: sono loro i protagonisti di tante pagine bibliche e sono loro la forza delle nostre comunità cristiane. Nella gioia di camminare insieme, come comunità. Perché… la fede e la vocazione crescono insieme!

proposte di qualità adolescenti e giovani

ZONA PASTORALEGRANDE LA FEDE DEI PICCOLI

itinerario di spiritualità per giovanimartedì 23 ottobre 2012 ore 20.30 in Cattedrale

La fede del centurione di Cafarnao (Lc 7,1-10)

Apertura degli itinerari, presieduta dal Vescovoricordando l’apertura dell’anno della fedee la canonizzazione di padre Piamarta.

MARTEDI’ 20 NOVEMBRE,MARTEDI’ 16 APRILE

ore 20,30 al Convento Francescani RezzatoRitiro Spirituale 15-16 dicembre

Incontro europeo digiovani a Romapromosso dalla

Comunità di Taizèinformazioni

presso le parrocchie

Giornate di spiritualità per giovani presso l’Eremo di Bienno

La fede è vitameditazioni del Vescovo Luciano 3-5 maggio 2013Pellegrinaggi

Ti seguo… a ruota (quarta edizione)

Pellegrinaggio in bicicletta28-30 giugno 2013

Pellegrinaggio per seminaristi, novizie, novizi e giovani in cammino vocazionale

arrivo in Piazza san Pietro e incontro con il Papa

4-7 luglio 2013

NELLE PARROCCHIE DI BOTTICINOdurante la settimana varie opportunità di incontro

di formazione per adolescenti e giovani nelle rispettive parrocchie

presso i locali dell’oratorio

piccola grande fede

x credere x cercare x condividere

Corsi per animatori oratorio, per chi vuole fare esperienza

in missione, per chi vuole specializzarsi in teatro, animazione e tecniche della comunicazione....informazioni presso le parrocchie

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Sichar

gruppo vocazionale diocesanoper le giovani e i giovani dai 18 anni

aperto al discernimento di tutte le vocazioni(vita matrimoniale, consacrata, missionaria,

diaconale, presbiterale… )presso le Ancelle della Carità in via Moretto 33

seconda domenica del mese dalle 14 alle 19

nella fede, strade di luce14 ottobre 2012

per Levi (Lc 5,27-32)11 novembre 2012

per i 72 discepoli (Lc 10,,1-16)9 dicembre 2012

per i pastori (Lc 2,1-20)13 gennaio 2013

per il cieco di Gerico (Lc 18,35-43)10 febbraio 2013

per i dieci servi (Lc 19,11-27)10 marzo 2013

per gli abitanti di Gerusalemme (Lc 19,28-40)14 aprile 2013

per Pietro (Lc 5,1-11)12 maggio 2013

per Maria (Lc 1,46-56)

Progetto Giovani & Comunitàquattro mesi di esperienza per i giovani e le giovani di età compresa tra i 18 e i 28 anni

che, attraverso la vita comunitaria e il servizio, si confrontano sulle proprie scelte di vita ispirate ai valori cristiani

info: Ufficio Caritas 030.3757746 Ufficio Vocazioni 030.3722245

Celebrazioni penitenzialivenerdì 21 dicembre 2012 ore 20.30

presso la Chiesa di Gussagopresieduta dal Vescovo Lucianosabato 23 marzo 2012 ore 18.00

presso il Centro Pastorale Paolo VIsegue Veglia delle Palme

Scuola di Preghiera in Cattedrale

LA PREGHIERA E IL RICORDO DELLA FEDE

presieduta dal Vescovoquattro giovedì di Quaresima

- ore 20.3021 febbraio 2013

ho pregato perché non venga meno la tua fede (Lc 22,21-38)

28 febbraio 2013pregate per non entrare in tentazione

(Lc 22,39-46)7 marzo 2013

Pietro si ricordò delle parole del Signore (Lc 22,47-62)

14 marzo 2013ricordati di me (Lc 23,26-43)

vegliando per i missionari martiri

piccola grande fede

Emmausper chi non esclude la vocazione sacerdotale, presso il Seminario diocesano in via Razziche n. 4

dalle ore 12.30 alle 18.00nelle seguenti domeniche:

28 ottobre 201225 novembre 201223 dicembre 201213 gennaio 201324 febbraio 201317 marzo 201328 aprile 2013

26 maggio 201323 giugno 2013

x credere x cercare x condividere

Raccolta di S.Martino e campi di raccolta

Esperienze di carità di festadi fraternitàdi divertimento

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INCONTRI DI CATECHESI PRESSO LE TRE PARROCCHIE

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VITTORIA A BOTTICINO Le imprese dei vincitori riempiono spesso le colonne dei giornali e di continuo bucano lo scher-mo televisivo; le vittorie hanno il sapore della gloria, il calore dell’entusiasmo e la gioia della vita. Que-sta atmosfera si trasmette come un’onda, coinvolgendo chiunque graviti attorno ai vittoriosi. La storia che stiamo scoprendo ha come protagonisti calciatori botticinesi, giovani talentuosi; con pre-gevoli gesta, hanno vinto al loro primo appuntamento la Coppa Anspi, Coppa ambita per il titolo pro-vinciale. Chi vince codesta Coppa ha l’invito al torneo più prestigioso d’Italia che si è disputato a Bellaria. In questo torneo erano presenti 75 squadre, distribuite sui 18 campi a disposizione.Risultato finale: medaglia di bronzo.

Dumper Botticino Mattina il nome completo, società fondata nel 2003 sulle orme del GSO Botticino Mattina; alla Società mancano i fondi ma non la classe e la tecnica. Tutti botticinesi doc, autoctoni cresciuti a pane e calcio, rubando l’uva e respi-rando polvere di marmo, rinfrescan-dosi nelle torride giornate estive alla fontana della piazza. Lo stemma e il nome della squadra raffigurano un dumper, mastodontico mezzo per il movimento terra usato nelle cave.

Classe 1989 la maggior parte dei giocatori, compaiono anche calciatori nati nel 1991-1988-1981-1979-1977-1974-1973-1969. La Dumper non ha solo giocatori con doti tecniche da sviluppare sui campi da calcio. Nella vita i gioca-tori sono persone responsabili e rispettate, lavoratori e padri di famiglia, molte le lauree e i laureandi, cervelli a disposizione della comunità, sperando quella botticinese; infatti, per qualcuno dei nostri si sono già aperte porte europee invogliandoli ad andarsene. Anche la Società, da parecchi anni, ha un grosso obbiettivo sociale: è impegnata nella raccolta fondi per la realizzazione di pozzi d’acqua in Africa. In ordine alfabetico i componenti Dumper: Antonelli Michele, Arici Mauro, Arici Alessandro, Ar-righetti Massimo, Bertocchi Stefano, Boifava Mauro, Busi Stefano, Cavagnini Flavio, Chiodi Cristian, Chiodi Massimiliano, Cremonesi Stefano, Cropelli Alberto, Damonti Diego, Gorni Domenico, Gorni Marco, Modoni Francesco, Moreschi PierLuca, Moreschi Stefano, Noventa Gabriele, Papa Francesco, Pedassi Giuseppe, Pennacchio Davide, Rossi Francesco, Sanca GianLuca, Secondi Davide, Tambus-si Francesco, Tomasotti Nantas. Ringraziamo i numerosissimi tifosi/tifose che seguono costantemente la squadra, ed invitiamo

chi tifoso ancora non è a sostenerci, divertimento garantito!

Con le nuove tecnologie potete seguirci sul social network Facebook nel gruppo ”Avanti tutta Dumper ”dove trovate foto e commenti pre/post parti-te e molto altro.

Forza Dumper!

Guido PittoniBellaria settembre 2012

Primi classificati provinciali Anspi 2012

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Tra segni cristiani e cattedrali di Francia

di Giulio e Graziella

CAMPANE E ... CAMPANARI Lecampaneconilorosquilliargentinichiamanoaraccoltaifedelidellenostrecomunitàparrocchiali,intrecciandounininterrottodia-

logotralaterraeilcielo,tralaterraeilsuocreatore.Riscoprireeconservarelatradizionipopolarièundovereditutti.Unadiquesteèquelladisuonarelacampanain“concerto”,naturalmenteconlecorde.LanostraFederazione,direcentecostituita,siproponeditutelareiconcertima-nualichevangonoautomatizzati,facendomantenerecordeatastiereperconser-varelatradizioneantica,reinserirelecordeelatastierasuiconcertielettrificatidatempoeprivatidellepartimanualidoveesisteildoppiosistema;preservareleica-stellaturainferroeghisad’iniziodelXXsecolo,avvicinareibambinieiragazzialsuonodellecampane,insegnandoloroletecnichedelsuonoadistesaeatastiera.ConlacollaborazionedellascuolacampanaridiS.GALLO/BOTTICINO,sonostatiispezionati75campanilidellanostraprovincia,in63deiqualiesisteildoppiosi-stema.Inoltre siamodisponibili adeffetuare concerti inoccasionedi festepatronali oeventistraordinari,collocandocordevolantilàdoveesisteildoppiosistema(vistochepossiamodisporredicirca40campanaritraiscrittiesimpatizzanti)PERINFORMAZIONIPOTETECONTATTARCIAISEGUENTIINDIRIZZI:SPALENZALORENZOVIAG.GALILEI,3,25030POMPIANO(BS)TEL.030/9465358—CELL.3284070235BUSIAVELINOVIAS.GALLO,7025080BOTTICINO(BS)Tel.030/2199964—CELL3318853670

È uno spettacolo che toglie il respiro.“La navata centrale è altissima, sostenuta da una fila di armoniosi contrafforti volanti. La facciata ha tre

grandi portali giganteschi sovrastati da file di finestre ad arco acuto. Un tripudio di lesene, grondoni, barbacani, archi, guglie, architravi …” così scrive Ken Follett nel suo “I pilastri della terra” descrivendo una cattedrale gotica medievale.

Notre Dame di Parigi, le cattedrali di Bourges e Digione, vere “preghiere di pietra, che rappresentano la quintessenza della Storia, della spiritualità e delle fatiche umane, che spingono gli esseri umani a interrogare il cielo, sono state il grande richiamo al quale non ha resistito il gruppo dell’Unità pastorale di Botticino, organiz-zato dal sagace Battista Benetti ed assistito dal parroco don Raffaele, con il diacono Pietro.

Ci accolgono l’aspra Valle d’Aosta, coi suoi severi castelli che ci scrutano dai poggi ed il Monte Bianco av-volto da nubi, quasi a volerci negare la visione del Dente del Gigante. Ma dopo il traforo il paesaggio dell’Alta Savoia si rivela ridente: morbide colline, linde cittadine.

Si corre veloci verso la prima tappa: Nevers, convento di Saint Gildard, ove riposa la veggente di Lourdes, Bernardetta Soubirous, qui morta nel 1879. In una teca di bronzo e cristallo è conservato il suo corpo, riesumato dopo tanti anni e ritrovato intatto. Il suo viso è piegato sulla spalla sinistra, bianchissimo e dolce; ci dicono sia ricoperto da un sottilissimo strato di cera. È il momento certamente più intenso vissuto nei nove giorni di tour. Ci troviamo dinnanzi a Colei che dalla Madonna si sentì dire le misteriose e incomprensibili, per lei, parole “Que soy era Immaculada Concepcion” in dialetto pirenaico: “Io sono l’immacolata Concezione”.

Verso Bourges il paesaggio è straordinario: campi pettinati, coltivazioni a perdita d’occhio, villaggi sepolti nel verde!

La città ci accoglie con la sua incredibile cattedrale gotica, da taluni considerata la più bella d’Europa. Lo sguardo si estasia nella visione della fuga verso l’Alto delle snelle colonne e delle incredibili vetrate coloratis-sime. Si respira ansia di spiritualità, di ricerca di Dio che ha mosso mani e cuore di quegli uomini del medio evo che hanno voluto, progettato e costruito questi monumenti.

A tratti ora la Loira, il grande fiume, ci accompagna e si nasconde sino alla visita del suo castello più ri-nomato, “Le Chateau de Chenonceau” costruito su un antico mulino fortificato. Un castello-scrigno: quadri, vetrate, arazzi, camera delle cinque regine, utensili medievali … Riscontriamo la mano di artisti italiani: Tin-toretto, Veronese. Straordinari e curatissimi i giardini di Caterina dè medici Viene spontanea l’osservazione:

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come sono bravi questi francesi a valorizzare il loro patrimonio artistico!

Ci accoglie ora la Bretagna, verdissima, punteg-giata da minuscoli villaggi, ordinati, con le tipiche casette, alcune in architettura rurale, che sembrano cristallizzate nel tempo, costruite in granito locale e con l’immancabile crestà sul tetto. Altre, moderne, piccole, coloratissime ricordano le casette delle il-lustrazioni dei libri delle fate.

Ci spingiamo fino al faro di Cap Frehel, alto sull’Oceano, con le sue falesie di arenaria rosa. I vi-vaci colori della landa, le tinte profonde del mare, il respiro dell’Oceano formano un insieme stupendo. L’orgogliosa St. Malò, fiera della propria indipen-denza per tanti secoli, città dei mercanti, di armato-ri e di corsari, ci mostra la sua stupenda cittadella fortificata ed il veliero del 600, mollemente ormeg-giato nel porto. Dice di tutto questa città il motto degli abitanti: “Prima di tutto nato a St. Malò, forse bretone e per ultimo francese”, come a dire l’orgo-glio della propria appartenenza!

Costeggiando la Manica ecco apparire, staglia-ta sulle onde, come un miraggio, l’Abbazia di Saint Michel, monumento unico nel suo genere. Prima monastero medievale, poi fortezza inespugnabile.

Uno scoglio che gli architetti hanno avvolto di edifici! La visita lascia attoniti: chiese, chiostri, sa-loni, cripte, ambulacri, refettori, tutto costruito su tre piani. Sembra incredibile che tutto questo sia ri-uscito a sfidare i secoli!

Il susseguirsi di cippi, monumenti sparsi nei ver-dissimi campi ci introducono ora al grande Sacrario che ricorda le migliaia di soldati americani, inglesi, canadesi, francesi caduti il il giorno dello sbarco in Normandia, il 6 giugno 1944 “Il giorno più lungo”.

Percorriamo in religioso silenzio le spiagge Omaha, Utah, il cimitero ove riposano quei ragazzi venuti da Oltre Oceano e morti per tenere alto il principio della libertà dei popoli in una Europa do-minata dalle armate naziste di Hitler.

Sembra di udire nell’aria la voce di radio Londra che annunciava l’inizio dello sbarco, con i versi del poeta Paul Verlaine: “Les sanglots des violons de l’automne

blessent mon coeur d’un langleur monotone” (i lunghi singhiozzi dei violini d’autunno feriscono il mio cuore con monotono languo-re). Era l’inizio della liberazione dell’Europa dalla tirannide.

La “Ville Lumiere”, Parigi ci accoglie per tre giorni. Gli occhi si riempiono della visione delle magnifiche architetture dei palazzi sulle rive della Senna, la Bastiglia solo disegnata ora sapiente-mente in una piazza, il trocadero, gli Champs Elyseès, la Place de la Concorde, L’Opèra, la Place Vendome, il Palais Royal, la Cociergerie, Versaillers, simbolo della magnificenza e raffinatezza del Re Sole. Affascinante l’escursione serale sulla Senna a bordo dei tipici Bateaux. Un lento centellinare lo splendore di questa cit-tà unica.

Le grandi braccia aperte del Cristo ci accolgono sulla colli-na dei martiri (Montmartre) nella grande Basilica dedicata dalla Francia per assolvere un voto nel 1919 al Sacro cuore di Gesù, Santuario dell’Adorazione Eucaristica perenne, giorno e notte, dal 1° agosto 1885.

La Basilica brilla come un segno di speranza su una città di-stratta e secolarizzata. Guardandola ogni uomo può affermare: “Qui il Signore è presente. Qui qualcuno prega per me”.

Indi Digione, con la sua splendida cattedrale sul colle, con por-tale ricco di scritture, rovinate dalla mano iconoclasta del rivolu-zionario di turno animato da furore antireligioso! Città anche che ha eretto un monumento al nostro Giuseppe Garibaldi qui accorso nel 1870 per aiutare i francesi a respingere i prussiani invasori.

La lunga traversata della Svizzera, il traforo del Gottardo, il confine, con lo spontaneo canto dell’inno nazionale ci riportano a casa: nei ricordi di ciascuno nuove amicizie, una bella compagnia, tanta nostalgia e un arrivederci.

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CELEBRAZIONI 1 NOVEMBRE

SOLENNITA’ DI TUTTI I SANTIS.GALLO ore 17,00 S.MESSA in chiesa parr.

segue processione al cimitero BOTT.SERA in Basilica ore 8,00 - 10,30 - 18,45

al cimitero ore 15,45BOTT.MATTINA in chiesa parr. ore 9,30

al cimitero ore 14,302 NOVEMBRE

COMMEMORAZIONE DEFUNTIS.GALLO al cimitero ore 10,00 e ore 19,00

BOTT.SERA al cimitero ore 10,00 - 15,00 - 20,00BOTT. MATTINA al cimitero ore 10,00 -16,00

in chiesa parrocchiale ore 20,00

PENITENZIALI CON CONFESSIONI

a S.Gallo lunedì 29 ottobre ore 20,00

a Botticino Mattina venerdì 26 ottobre ore 20,00

a Botticino Sera martedì 30 ottobre ore 20,00

DOMENICA 14 OTTOBREINIZIO ANNO

PASTORALE 2012/2013SS.Messe come da orario festivoPranzo comunitario in oratorio;

alle 14,30 presso la chiesa di Botticino Sera incontro bambini e genitori delle tre parrocchie di Botticino

per inizio anno di catechesi seguono giochi presso l’oratorio

DOMENICA 21 OTTOBREGIORNATA MISSIONARIA

MONDIALEDOMENICA 18 NOVEMBRE

SACRAMENTO DELLA CONFERMAZIONE

ORE 10,30 A BOTT. SERA

DOMENICA 25 NOVEMBREGIORNATA DIOCESANA

DEL SEMINARIOGIOVEDI’ 22 NOVEMBRE

S.CECILIA PATRONA DELLA MUSICA

MERCOLEDI’28 NOVEMBREINIZIO CENTRI DI ASCOLTO

1-2 e 8-9 DICEMBRESINODO DIOCESANO

DOMENICA 2 DICEMBRE GIORNATA DELLA CARITAS

visita il sito web delle parrocchie di Botticino:

www.parrocchiebotticino.it


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