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Volontariato Salento Febbraio 2011

Date post: 03-Mar-2016
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Il mensile delle associazioni di volontariato della provincia di Lecce
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Il campo Rom di Lecce sotto i riflettori Castigo virtuale, punizione reale. Nuovi disagi adolescenziali speciale panareo giovani a pag. 13 a pag. 6 S ono molteplici i cambiamenti e le trasformazioni che la nostra socie- tà vive e sorprendente è la velocità con la quale essi si susseguono. Si assiste così all’affermarsi dell’individualismo e del narcisismo che generano omolo- gazione, perdita di vincoli comunitari. Il volontariato in tutte le sue forme rappresenta una componente struttu- rale ed imprescindibile del panorama sociale dell’Italia e afferma i valori della solidarietà, del dono, della re- sponsabilità. L’80% degli italiani ha fiducia nel vo- lontariato: è quanto emerge dal XXIII Rapporto Eurispes presentato il 28 gennaio a Roma, nel quale c’è un lun- go approfondimento sul tema del vo- lontariato. Dossier pp. 8-11 F emminismo liberale, socialista, femminismo anarchico, il movi- mento delle suffragette, il femminismo radicale fino al cyber femminismo. Evoluzioni di una lotta per un diritto proprio e naturale, confusa a volte nel tempo e che ha seguito in ogni paese un percorso differente con un unico nutrimento, la conoscenza, la cultura. Continua a pag. 12 di Luigi Russo VOLONTARIATO E 150° DELL’UNITÀ D’ITALIA A bbiamo ancora nella memoria le parole e le immagini emozionanti di Roberto Benigni che faceva l’esegesi dell’Inno di Mameli nella terza serata del festival di Sanremo. Ha restituito un re- spiro straordinariamente ampio a quelle parole, andando a mettere in risalto i va- lori che sono alla base dell’Unità di un pa- ese, l’Italia, che nel suo dna ha molto più di quanto riesce a dimostrare la maggior parte della sua attuale classe dirigente. A ben pensarci i valori dell’Inno sono molto simili ai valori, ai sogni, alle spe- ranze dei volontari, che non mettono l’utilitarismo davanti alle loro azioni, ma il dono, la solidarietà, la speranza e l’im- pegno per costruire un mondo migliore. L’Italia, ha ricordato Benigni a noi italiani che la storia la dimentichiamo troppo fa- cilmente o che l’abbiamo studiata molto male, è stata costruita e voluta da giova- nissimi “volontari”, di destra e di sinistra, cattolici e atei, che hanno creduto, fino a dare la vita, contro ogni luogo comune e calcolo, al valore dell’unità del paese. Non hanno combattuto, pertanto, perché dovevano conquistare una poltrona o una carica politica, un vitalizio o un pri- vilegio, ma perché volevano costruire un mondo migliore per loro, le loro famiglie, i loro figli. E ci sono riusciti, anche se i loro figli non comprendono appieno que- sto valore… L’unità d’Italia è antidoto all’impoveri- mento inevitabile delle secessioni, è un valore significativo in un tempo in cui si parla di “federalismo”, che non può che essere solidale: “Noi fummo da secoli/ calpesti, derisi,/ perché non siam popo- li,/ perché siam divisi”. Forse per questo motivo a qualche politico leghista non piace la bandiera e l’Inno di Mameli. Ma sbagliano, per ignoranza e incapacità stra- tegica. I volontari salentini e di tutta l’Italia il 17 marzo, “compleanno dell’Unità d’Italia”, faranno festa. Sicuramente, esporranno nelle loro sedi la splendida bandiera, se- gno di identità, e canteranno l’Inno Na- zionale, inno di unità, solidarietà, sogno. VOLONTARIATO ITALIANO: TRA IDENTITÀ E FUTURO editoriale FEMMINISMO, EVOLUZIONI DI UNA LOTTA le parole che contano “L’unico modo per realizzare i propri sogni è svegliarsi” Roberto Benigni S pesso agli onori della cronaca, i cani e i canili sono protagonisti di situazioni non sempre esemplari. I problemi lega- ti al randagismo sono tanti e multi- formi ed assumo- no caratteristiche diverse a secon- da delle scelte di pubbliche ammi- nistrazioni e Asl. Secondo la Legge Regionale puglie- se, ogni comune dovrebbe avere un canile sanitario, in cui i cani trovati per strada senza un Cip di riconoscimento, ob- bligatorio per leg- ge ormai da tempo, dovrebbero restare sessanta giorni per consentire che siano ritrovati dai padroni o dotati di micro- chip e sterilizzati, se randagi. Continua a pag. 14 OLTRE IL RANDAGISMO Febbraio 2011 - Anno VI - n.47
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Page 1: Volontariato Salento Febbraio 2011

Il campo Romdi Lecce sottoi riflettori

Castigo virtuale,punizione reale.Nuovi disagi adolescenziali

speciale panareogiovani

a pag. 13a pag. 6

Sono molteplici i cambiamenti e le trasformazioni che la nostra socie-

tà vive e sorprendente è la velocità con la quale essi si susseguono. Si assiste così all’affermarsi dell’individualismo e del narcisismo che generano omolo-gazione, perdita di vincoli comunitari. Il volontariato in tutte le sue forme rappresenta una componente struttu-rale ed imprescindibile del panorama sociale dell’Italia e afferma i valori della solidarietà, del dono, della re-sponsabilità.L’80% degli italiani ha fiducia nel vo-lontariato: è quanto emerge dal XXIII Rapporto Eurispes presentato il 28 gennaio a Roma, nel quale c’è un lun-go approfondimento sul tema del vo-lontariato.

Dossier pp. 8-11

Femminismo liberale, socialista, femminismo anarchico, il movi-

mento delle suffragette, il femminismo radicale fino al cyber femminismo.Evoluzioni di una lotta per un diritto proprio e naturale, confusa a volte nel tempo e che ha seguito in ogni paese un percorso differente con un unico nutrimento, la conoscenza, la cultura.

Continua a pag. 12

di Luigi Russo

VOLONTARIATO E 150° DELL’UNITÀ D’ITALIAAbbiamo ancora nella memoria le

parole e le immagini emozionanti di Roberto Benigni che faceva l’esegesi dell’Inno di Mameli nella terza serata del festival di Sanremo. Ha restituito un re-spiro straordinariamente ampio a quelle parole, andando a mettere in risalto i va-lori che sono alla base dell’Unità di un pa-ese, l’Italia, che nel suo dna ha molto più di quanto riesce a dimostrare la maggior parte della sua attuale classe dirigente.A ben pensarci i valori dell’Inno sono molto simili ai valori, ai sogni, alle spe-ranze dei volontari, che non mettono l’utilitarismo davanti alle loro azioni, ma il dono, la solidarietà, la speranza e l’im-pegno per costruire un mondo migliore.L’Italia, ha ricordato Benigni a noi italiani che la storia la dimentichiamo troppo fa-cilmente o che l’abbiamo studiata molto male, è stata costruita e voluta da giova-nissimi “volontari”, di destra e di sinistra, cattolici e atei, che hanno creduto, fino a dare la vita, contro ogni luogo comune e calcolo, al valore dell’unità del paese. Non hanno combattuto, pertanto, perché dovevano conquistare una poltrona o una carica politica, un vitalizio o un pri-vilegio, ma perché volevano costruire un mondo migliore per loro, le loro famiglie, i loro figli. E ci sono riusciti, anche se i loro figli non comprendono appieno que-sto valore…L’unità d’Italia è antidoto all’impoveri-mento inevitabile delle secessioni, è un valore significativo in un tempo in cui si parla di “federalismo”, che non può che essere solidale: “Noi fummo da secoli/ calpesti, derisi,/ perché non siam popo-li,/ perché siam divisi”. Forse per questo motivo a qualche politico leghista non piace la bandiera e l’Inno di Mameli. Ma sbagliano, per ignoranza e incapacità stra-tegica.I volontari salentini e di tutta l’Italia il 17 marzo, “compleanno dell’Unità d’Italia”, faranno festa. Sicuramente, esporranno nelle loro sedi la splendida bandiera, se-gno di identità, e canteranno l’Inno Na-zionale, inno di unità, solidarietà, sogno.

VOLONTARIATO ITALIANO:TRA IDENTITÀ E FUTURO

editoriale

FEMMINISMO,EVOLUZIONI

DI UNA LOTTA

le parole che contano

“L’unico modo per realizzarei propri sogni è svegliarsi”

Roberto Benigni

Spesso agli onori della cronaca, i cani e i canili sono protagonisti

di situazioni non sempre esemplari. I problemi lega-ti al randagismo sono tanti e multi-formi ed assumo-no caratteristiche diverse a secon-da delle scelte di pubbliche ammi-nistrazioni e Asl. Secondo la Legge Regionale puglie-

se, ogni comune dovrebbe avere un canile sanitario, in cui i cani trovati per strada senza un Cip di

riconoscimento, ob-bligatorio per leg-ge ormai da tempo, dovrebbero restare sessanta giorni per consentire che siano ritrovati dai padroni o dotati di micro-chip e sterilizzati, se randagi. Continua a pag. 14

OLTRE IL RANDAGISMO

Febbraio 2011 - Anno VI - n.47

Page 2: Volontariato Salento Febbraio 2011

IL VOLONTARIATO ÈFORMAZIONE

I VOLONTARI? LA “NAZIONE” PIÙ POPOLOSA D’EUROPA

SERVIZIO CIVILE NAZIONALE: SI PROGETTA!

Nasce la rete europea VALUE che unisce università e volontariato,nel compito di riconoscerne il valore formativo ai fini dell’occupabilità

L’importanza della prestazione non retribuita per il sistema Europa. Sono oltre 100 milioni i volontari nell’Ue,

che pesano per circa il 3% del Pil

La Regione Puglia presenta le linee guida per la redazione dei progetti 2011

Con la delibera n. 101 del 26 gennaio 2011, la Regione Puglia definisce i

criteri per la redazione dei nuovi proget-ti di servizio civile che si realizzeranno a partire da settembre 2011. Tali criteri vanno a completare le indicazioni del “Prontuario contenente le caratteristiche e le modalità per la redazione e la presentazione dei progetti di ser-vizio civile nazionale da realiz-zare in Italia e all’estero, nonché i criteri per la selezione e la va-lutazione degli stessi” approvato con il D.P.C.M del 4/01/2009.Ancora non sono stati resi noti i termini entro cui i progetti do-vranno essere presentati, tutta-via, facendo riferimento al punto 4 della circolare del 17/06/2009, che prevede che le regioni posso-no adottare propri criteri aggiun-tivi entro 60 giorni prima della scadenza annuale della presenta-zione dei progetti, è presumibile imma-ginare che tale scadenza debba situarsi a partire dal 1 aprile 2011.Poche le novità introdotte dai nuovi cri-

teri. In primo piano si pone l’ennesima riduzione del numero massimo di vo-lontari richiedibili dal singolo ente, de-liberata, si legge, a causa della prevista “significativa decurtazione dei finanzia-menti”. Gli enti di IV classe, che costitu-iscono la maggioranza assoluta della po-

polazione dell’albo regionale, potranno disporre di un minimo di 2 e un massimo di 4 volontari. Viene inoltre ripresa, dopo la sperimen-

tazione dai risultati poco confortanti di 2 anni fa, l’attribuzione di punteggio premiale a quei progetti che introducano criteri di selezione tesi a favorire l’ac-cesso al servizio a candidati con disabi-lità e/o bassa scolarizzazione.Sempre nell’ambito della premialità si

collocano infine percorsi di formazione, aggiuntivi alla formazione generale e specifica prevista per legge, che abbiano come tema il primo soccors La Regio-

ne Puglia presenta le linee guida per la redazione dei progetti 2011 o, la comu-nicazione interpersonale e la lettura del territorio.In totale sono i 20 i punti aggiuntivi che possono essere assegnati dalla commis-sione valutatrice, tuttavia dal documento

presentato dalla Regione non è possibile evincere il peso speci-fico di ognuna delle singole voci sopra citate.Al di fuori della valutazione di merito del progetto, ma egual-mente importante per gli enti è la possibilità di co-realizzare fra enti diversi, la formazione generale nell’ambito di classi composte da 25 volontari. Tali collaborazioni dovranno però già essere pre-ventivate in fase di redazione del progetto.Il settore Servizio Civile del CSV Salento è attivo per azioni di con-

sulenza e supporto alle OdV, previo ap-puntamento e mail [email protected], tel. 0832/392640.

Luca Spagnolo

“Se i volontari europei costitu-issero una nazione a sé stante,

sarebbe la più popolosa dell’Unio-ne”: è con questa metafora che John MacDonald, capo della task force che lavora alla Commissio-ne europea per l’Anno europeo del volontariato, vuole sottolinea-re l’importanza che la prestazione di tempo e d’opera non retribuita ha per il sistema Europa. Con ol-tre 100 milioni di volontari (pra-ticamente un adulto su cinque), il volontariato arriva a pesare in certi Stati membri fino al 3% del Pil. Ma vi sono ancora molti ostacoli da superare per dare al settore gli strumenti per un maggiore svilup-po. Se ne è discusso ampiamente nel corso di una conferenza orga-nizzata dal Comitato delle Regio-ni sul tema “Azioni delle autorità regionali e locali nell’Anno euro-peo del volontariato”. Mercedes Bresso, presidente del Comitato delle Regioni ed ex governatore del Piemonte, ha delineato nel suo discorso introduttivo le principali sfide che l’Europa deve affrontare per sfruttare appieno l’apporto so-ciale ed economico rappresentato

dai volontari. Innanzitutto ci sarebbe bisogno di introdurre uno statuto giuridico eu-ropeo per i volontari e le loro as-sociazioni. Ciò fungerebbe da base per definire regole per permettere il finanziamento europeo per que-ste realtà e dare loro accesso agli appalti pubblici. “Bisogna poi su-perare gli ostacoli che bloccano lo sviluppo di un volontariato tran-sfrontaliero più forte”, ha aggiunto Bresso. Un esempio: un disoccupa-to tedesco che volesse fare del vo-lontariato all’estero per arricchire il proprio curriculum, perderebbe i sussidi di disoccupazione. Vi è poi la necessità di allargare alle fasce più basse della popolazione l’accesso al volontariato interna-zionale, generalmente dominato da giovani che hanno studiato. Infine, un punto chiave è rivedere e sem-plificare, all’orizzonte delle nuove prospettive finanziarie 2013-2019, i regolamenti finanziari per i fon-di europei, per fare in modo che siano più accessibili alle realtà del volontariato.

Antonio Carbone

Fare volontariato non significa soltanto aiutare gli altri. Mol-

to spesso essere al servizio degli altri è uno strumento importante per aiutare se stessi. In una socie-tà sempre più complessa, qualsiasi azione, per essere espletata al me-glio, ha bisogno di presupposti co-noscitivi e competenze tecniche e relazionali. Per agire bisogna saper cosa e come farlo. Ecco allora che l’esperienza del volontariato, qual-siasi ne sia l’oggetto, presuppone a monte un’attività di acquisizione di conoscenze e competenze cor-relate. Praticamente, presuppone un percorso di formazione, molto spesso informale, ma pur sempre effettivo e reale capace di trasmet-tere al volontario, tutte quelle co-noscenze effettivamente necessarie al corretto espletamento delle sue funzioni. Allo stesso dubbio però, è anche fuori discussione il fatto che quanto appreso, non avrà solo un suo specifico peso per l’azione vo-lontaria, ma costituisce un bagaglio efficace e spendibile anche per gli altri contesti di vita in cui la per-sona è inserita. Partendo da queste premesse, nasce dunque la rete di

VALUE; un’iniziativa sostenuta dal settore Grundtvig del Programma di Apprendimento Permanente della Commissione Europea Un progetto, che riunisce 20 organizzazioni che rappresentano le università ed il vo-lontariato di 13 paesi europei.Lo scopo generale della Rete VA-LUE è di facilitare e stimolare lo sviluppo della cooperazione tra le università ed il volontariato per ri-conoscere e formalizzare l’appren-dimento complesso e spesso sofi-sticato apportato dal volontariato e rispondere alla gamma differenzia-ta di obiettivi e bisogni personaliz-zati dei volontari che studiano. Fra le finalità più interessanti di questo percorso emerge l’attenzione alla redazione di linee guida europee finalizzate ad una certificazione univoca e riconosciuta, a livello eu-ropeo, delle competenze acquisite dalla persona e spendibili sul piano dell’occupabilità.I risultati emersi dalle varie inizia-tive della rete saranno presentati nella primavera del 2011, nel cor-so di una conferenza che si terrà ad Ankara, in Turchia.

Luca Spagnolo

2CSV INFORMA

Page 3: Volontariato Salento Febbraio 2011

3ASSOCIAZIONI

Un progetto di agricoltura biologica condivisa, per fronteggiare la crisi e ricostruire relazioni sociali

Lo offre l’associazione di volontariato “La Girandola”, che rivolge le proprie attività ad anziani soli, minori in condizioni di disagio, famiglie. Il disagio economico la prima emergenza

ON LINE IL NUOVO SITO DELL’ASSOCIAZIONE MARCO 6.31L’associazione, nata nel 2000 per volontà di alcune famiglie che vivono quotidianamente la disabilità, lavora

per il potenziamento dell’autonomia, dell’aggregazione e inclusione sociale

E’ on line il nuovo sito dell’associa-zione di volontariato “Marco 6.31”,

completamente rinnovato dal punto di vista grafico e dell’impostazione. Nel nuovo sito, visitabile all’indirizzo www.marcoseitrentuno.it, è possibile leggere la storia dell’associazione, iscriversi alla newsletter, visualizzare una galleria di foto relative all’attività del gruppo. L’as-sociazione, con sede a Surbo in Via Don F. Cosma 106, è presente sul territorio leccese dal 2000, ed è nata per volontà di alcune famiglie che si trovano a vive-re quotidianamente la disabilità. Marco 6.31 ha lo scopo di garantire alle persone disabili il potenziamento delle proprie autonomie e la possibilità di trascorrere momenti di aggregazione e inclusione sociale. La finalità dell’associazione si esprime infatti attraverso i diversi servizi offer-ti: diurnato per circa 30 ragazzi disabili con la programmazione di attività la-

boratoriali (autonomia, motricità, tea-tro, giardinaggio, manualità, cognitivo, informatica, cineforum); trasporto delle persone disabili an-che verso strutture specializzate ( “La nostra famiglia” di Ostuni e Brindisi”); t r aspor to degli an-ziani e trasporto scolastico (in con-venz ione con l’ente locale); servi-zi per il tempo libero (piscina, pa-lestra e campi-estivi). Marco 6.31 realizza inoltre scatole porta-confetti caratterizzate

dal logo dell’associazione e dalla forma di casa legata al progetto “Vivere insie-

me”. Le scatole sono utilizzate come vere e proprie bomboniere

per chi sceglie di fare una donazione

a l l ’ a s s o c i a -zione come

opzione al-ternativa r i spe t to alla bom-bon ie ra tradizio-nale.I n o l t r e

l’associa-zione ha

p a r t e c i p a t o come partner a

diversi progetti con il Csv Salento, le Acli,

l’Associazione “ArteMente” ( sul

tema del volontariato per il disagio psi-chico). Nell’ambito della progettazione sociale 2006 finanziata dal Centro ser-vizi volontariato Salento, Marco 6.31 ha realizzato il progetto “Mi racconto diversamente”, che ha visto la realizza-zione di diversi laboratori, di un corso di formazione specifico per i volontari e di un cortometraggio. Ogni anno l’associa-zione è protagonista di un evento (“Festa della persona disabile”) di promozione sociale sul territorio relativamente al tema della disabilità, attraverso conve-gni, momenti ludico-ricreativi e pubbli-cazioni. “Marco 6.31” si propone anche di realizzare una struttura per il “Dopo di Noi” ed è sostenuta in tale progetto dal tessuto socio-economico locale. La maggior parte delle entrate derivano da iniziative sul territorio di fund raising (festa associativa, donazioni di privati..) e dal tesseramento dei soci.

Antonio Carbone

“L’ORTO DELLE DONNE” SBOCCIA IN PRIMAVERA

UN NUMERO VERDE PER NON ESSERE SOLI DI FRONTE ALLE DIFFICOLTÀ

Ideato e realizzato dall’associazione di volontariato “Donne del Sud”,

con il patrocinio dell’Ufficio della Consigliera delle pari opportunità, Se-renella Molendini, e in collaborazione con il CSVSalento, partirà in prima-vera il progetto “L’Orto delle Donne”. L’idea è quella di mettere gratuitamen-te a disposizione un pezzo di terreno e delle sementi, e di invitare donne di qualsiasi età, anche accompagnate da figli, nipoti, genitori, parenti e amici, a coltivarvi un orticello, sotto la guida di un agronomo, per poi, sempre gra-tuitamente, portare a casa i prodotti del proprio raccolto. Un progetto so-lidale anti-crisi per la realizzazione di

un orto biologico sociale, sia in campo che sui balconi. Nell’ambito dell’ini-ziativa si terranno infatti anche lezioni teoriche per poter avviare un piccolo orto anche sui balconi o sulle terrazze di casa. “In tempi di crisi economi-ca e di depauperamento delle risorse ambientali- dichiara la presidentessa Tiziana Lezzi- l’orto rappresenta per noi donne l’esigenza di avere un con-tatto diretto con la terra, di conoscerne le potenzialità e di averne cura, con-sapevoli della stretta correlazione tra alimentazione e salute. Inoltre, il con-trollo della provenienza è un elemento necessario per garantire la freschezza e l’integrità delle verdure, così come

la sicurezza della non-contaminazione da sostanze chimiche e la qualità dei cibi che consumiamo: tutto questo sarà garantito da un tipo di coltura esclusi-vamente biologica”. Donne del Sud, nell’ambito della rassegna “Itinerario Rosa” promossa dal Comune di Lec-ce, il 24 marzo nella sala UTE del Ca-stello Carlo V di Lecce, presenterà il convegno “Donne e Natura”, e darà il via al primo laboratorio gratuito, che si svolgerà dal 1° al 30 aprile, nei ter-reni dell’associazione, in via Sinisgalli a Lecce. Il primo obiettivo sarà quello di ‘formare’ le partecipanti al proget-to, ovvero, insegnare loro le tecniche di coltura, della creazione del com-

post, di irrigazione e di raccolto, oltre a quelle culinarie, per la preparazione, ad esempio, di conserve alimenta-ri, realizzate solo con ingredienti dei propri orti. “In questo caso-aggiunge Tiziana Lezzi-, il progetto servirà an-che da ponte generazionale, che unirà l’esperienza di adulti appassionati di coltivazione, come, ad esempio, pen-sionati in grado di regalare all’orto il proprio tempo libero e l’esperienza acquisita negli anni, alla determinazio-ne di noi donne di ridefinire il nostro ruolo sociale attraverso la riscoperta del legame con la nostra Madre”. Per informazioni: www.donnedelsud.tk

Silvana Sarli

Da circa due mesi c’è un nuovo numero verde a disposizione

dei cittadini, per aiutarli a non sentire più la solitudine. E’ il numero 800-973234, offerto dall’associazione di volontariato “La Girandola”. L’as-sociazione è attiva e impegnata sul territorio di Lecce in via Adda al n. 14 a partire dal 2009. Attraverso que-sto nuovo servizio “come Girandola intendiamo offrire un supporto tele-fonico sulle varie questioni rispetto a cui esercitiamo la nostra attività – sottolinea Monica Agrosì, presiden-te dell’associazione -, penso quindi

all’assistenza per aiutare gli anziani ad affrontare situazioni di solitudine, al sostegno per i minori che vivono quotidianamente condizioni di disa-gio sociale, al supporto informativo, psicologico e pratico per le donne che si trovano sole durante la gra-vidanza e nel post parto”. Il numero verde è attivo il mercoledì dalle ore 15.30 alle 18.30, il giovedì dalle 18 alle 19.30, il sabato dalle 9 alle 12. A disposizione gratuitamente, per rispondere al numero verde, sono operatori specializzati in settori spe-cifici. I servizi che l’associazione

rivolge alla famiglia infatti sono di natura psicopedagogica con implica-zioni sul fronte medico, sociale, le-gale, bisogna considerare quindi tutte le dinamiche insite all’interno dei nu-clei familiari. “Riceviamo sette-otto chiamate al giorno, durante i giorni in cui il servizio è attivo, e in questo periodo si tratta soprattutto di richie-ste di aiuto dal punto di vista econo-mico – spiega Agrosì -. In questi casi incontriamo direttamente le persone, per cercare di capire il tipo di disa-gio e indirizzarle ai nostri specialisti a seconda delle necessità. La nostra

intenzione è mettere in piedi un da-tabase con una lista delle richieste, in base alle esigenze e alle priorità, e su questi fondamenti cercare di offrire piccoli contributi utilizzando i fondi che come associazione riusciamo ad avere a disposizione. Ci servirebbe molto anche riuscire a rendere più noto il numero verde, in modo che chi ha bisogno sappia che è possibile usufruirne”. Per contatti con l’asso-ciazione si può scrivere all’indirizzo [email protected].

Antonio Carbone

Page 4: Volontariato Salento Febbraio 2011

Nuove procedure telematiche che, così ritenevano le persone disa-

bili e i loro familiari, avrebbero do-vuto alleggerire dalle incombenze di sottoporsi alle verifiche documentali per il riscontro dell’invalidità civile. E invece cosa accade? Piuttosto che snellire le procedure, si accumulano ritardi. Vediamo perchè.La causa sta nel non avvio della nuova procedura informatica e telematica. Annunciata nel 2009 come la panacea di tutti i mali, il software, nelle inten-zioni dell’Inps, avrebbe dovuto ga-rantire celerità nei procedimenti. “Dal primo gennaio 2010 l’intera gestione dei procedimenti di accertamento e riconoscimento delle invalidità civili è stata assunta dall’Inps. Con una De-terminazione dell’ottobre 2009 – scri-ve la Fish denunciando la situazione di fatto - il Commissario straordina-rio dell’Istituto aveva annunciato e programmato l’avvio di una nuova procedura informatica e telematica che avrebbe garantito, oltre alla piena trasparenza degli atti, una maggiore celerità dei procedimenti a tutto van-taggio dei cittadini. Ad oltre un anno dall’avvio delle nuove procedure, vengono quotidianamente segnalati gravi ritardi e disagi per i cittadini. Si attendono ancora per mesi i certificati di invalidità, di handicap e di disabi-lità, essenziali non solo per ottenere eventuali provvidenze economiche, ma anche per accedere a prestazioni sanitarie e sociali e per iscriversi alle liste di collocamento”.Dalle note interne dell’Inps – con-tinua la Federazione italiana per il superamento dell’handicap - si com-

prende che molte pratiche sono anco-ra cartacee e che gli arretrati si stanno accumulando giorno dopo giorno, confermando le preoccupate segnala-zioni che quotidianamente giungono alla Fish e alle associazioni federa-te. Il tutto accade nell’indifferenza dei Ministeri che su questi aspetti dovrebbero vigilare. Una situazione di emergenza che non giova né alle

persone con disabilità, né a concre-tizzare l’effettivo contrasto alle false invalidità tanto enfatizzato in partico-lare dal Ministro Tremonti”. “Rimane l’interrogativo: l’Inps ha effettuato 300mila controlli sui falsi invalidi e ne deve svolgere altri 500mila entro la fine del prossimo anno. I ritardi nell’ordinaria amministrazione non deriveranno anche da questa missione che il Ministro Tremonti gli ha affi-

dato? O vi sono anche altre respon-sabilità esterne? In realtà le domande, data la scarsa trasparenza, sono molte e riguardano la gestione, i risultati, i costi economici e sociali, l’efficacia e i disagi di due gigantesche operazioni (le nuove procedure e i controlli stra-ordinari) i cui contorni sono tutt’altro che chiari, ma che sembrano essere rilevanti, per ora, solo per la nostra

Federazione”. Una cosa è certa, però. “Per fare chiarezza e per smaschera-re eventuali mistificazioni, la Fish – conclude la nota - intende percorrere tutte le strade istituzionali per ottene-re risposte formali e dati ufficiali da cui trarre conclusioni certe e su cui pretendere soluzioni di maggiore ri-spetto dei diritti civili”.A Lecce poi la questione è ancora più spinosa. Nei giorni scorsi, le persone

disabili si sono viste recapitare una nota dell’Inps che richiedeva la pre-sentazione, in merito al piano straor-dinario delle verifiche sull’invalidità civile, la presentazione di tutta la documentazione medica accertante la patologia. Il tutto entro e non oltre 15 giorni dalla ricezione della nota. Tut-tavia, la maggior parte delle persone, ha già consegnato da tempo (alcuni da decenni) la documentazione medica, nei preposti uffici ASL. Difatti, l’in-sistenza dell’Inps è proprio dovuta all’impossibilità di reperire tramite la Asl questa documentazione che pare essere svanita, con l’aggravante che la struttura sanitaria avrebbe l’obbli-go della custodia. La questione non è affatto trascurabile: se infatti gli interessati non dovessero reperire e inviare la documentazione richiesta entro il termine stabilito, ci sarà la so-spensione e la successiva revoca dei benefici economici.“Ed ecco come alle soglie del 2011 – sottolinea Vito Berti del sindaca-to Sfida di Lecce- dove i principi di correttezza e buona amministrazione dovrebbero evolversi, l’inefficienza della PA si ripercuote ingiustamente sul cittadino il quale oltre a subire la mancanza di dialogo e coordinamento della PA, è onerato di procurarsi della documentazione già in possesso della P.A., portarla da un ufficio all’altro della stessa P.A., con tutte le difficoltà a reperirla ed ad ottenerla, con il gra-ve peso di vedersi revocato il bene-ficio economico qualora questa non venga prodotta nell’irrisorio termine di 15 giorni”.

Alice Mi

NUOVE PROCEDURE INPS CREANO DISAGISONO QUELLE PER LA VERIFICA STRAORDINARIA DELL’INVALIDITÀ CIVILE. LO SOSTENGONO IL SINDACATO

DELLE FAMIGLIE DEI DISABILI, SFIDA E LA FISH

Le regioni italiane all’unanimità avevano approvato la proposta di

due emendamenti per dotare il capitolo del Fondo nazionale per le non auto-sufficienze (Fna) di 400 milioni di euro per l’anno 2011 e di attingere per que-ste risorse al risparmio che il ministero dell’Economia contabilizzerà nel corso di quest’anno in ragione dell’innalza-mento dell’età pensionabile delle don-ne. Ma entrambi sono stati rigettati dal governo nazionale. La notizia proviene dal tavolo di confronto tra governo e regioni sul decreto “milleproroghe”.“Ci era sembrata una proposta anche eticamente, oltre che politicamente, corretta – sostiene l’assessore regiona-le al Welfare della Puglia Elena Genti-

le - se pensiamo che la gran parte del lavoro di cura delle persone anziane e disabili non autosufficienti ricade sulle donne e che innalzare l’età pensiona-bile non è indifferente in una famiglia in un cui una donna lavora e c’è anche una persona non autosufficiente. Ma evidentemente questo piano discussio-ne non è all’altezza del governo che l’Italia ha in questo momento: è un livello di discussione troppo elevato”.L’assessore Gentile ha stigmatizzato molto negativamente la notizia, perché spegne ogni speranza di poter confer-mare anche per quest’anno l’investi-mento necessario nei Comuni pugliesi per rafforzare le prestazioni di cura do-miciliari e per concorrere al pagamento

delle rette per i centri diurni per disabi-li gravi, Alzheimer, ecc…, e per le resi-denze protette, ma anche per garantire i posti di lavoro degli operatori sociali e sociosanitari che in questo settore sono occupati.Eppure il ministro Sacconi prima di Natale aveva assicurato che il Fna 2011 sarebbe stato recuperato con i 400 mi-lioni di euro di questo decreto. Ora il problema ritorna dove è sempre stato, nelle mani delle regioni e dei comuni che dovranno far fronte con risorse del tutto irrisorie a dare risposte minime, e quasi sempre inadeguate, alle famiglie e alle persone non autosufficienti, pro-prio in una fase di crisi, la cui morsa non accenna ad allentarsi. Né è pensa-

bile che il taglio del Fondo Nazionale Non Autosufficienza sia recuperabile con le risorse dei bilanci regionali, già falcidiati nei trasferimenti erariali a partire da quest’anno, in attesa di un fe-deralismo che rischia di affamare ancor di più i territori e i ceti sociali più debo-li del Paese. “Mi auguro, intanto – con-clude la Gentile - che le parti sociali, le associazioni di categoria, gli enti locali e le imprese che operano in questo set-tore non restino in silenzio di fronte a questo scempio, sapendo riconoscerne i veri responsabili. Credo sia giunto il tempo di alzare la voce tutti insieme per pretendere il rispetto di diritti mini-mi e per la dignità delle persone”.

Alice Mi

IL “NO!” DEL GOVERNO AL FONDO PER LA NON AUTOSUFFICIENZARigettati dal Governo nazionale gli emendamenti delle regioni per rifinanziare il Fondo per l’anno 2011, che la legge di stabilità

di Tremonti, approvata a novembre scorso, ha azzerato. In Puglia dura la reazione dell’assessore Gentile

4DISABILITÀ

Page 5: Volontariato Salento Febbraio 2011

Nel periodo che intercorre tra l’assegnazione dell’or-

ganico e i primi di giorni di scuola, gli occhi di tutti sono puntati sull’integrazione sco-lastica degli alunni disabili, sulle scelte del Ministero, dei vari uffici scolastici, delle Asl e delle singole scuole. Molti i casi alla ribalta della crona-ca, per assenza di insegnanti di sostegno e/o di assistenti ad personam, per Piani Educativi Individualizzati non coeren-ti con i bisogni dell’alunno o per classi troppo numerose. Arrivati alla fine del primo quadrimestre, sembra che que-sti problemi siano scomparsi o risolti. Ma in molti casi non è così, anzi ai problemi legati all’inizio dell’attività didatti-ca, si sommano quelli emersi durante la prima tranche del periodo scolastico.Abbiamo scelto di raccontarvi due storie esemplificative di realtà molto diffuse, e spesso sottaciute, nella nostra provin-cia. I nomi utilizzati sono fittizi e rappresentano la situazione e le condizioni di tanti genitori e tanti alunni con disabilità.

INTEGRAZIONE SCOLASTICA: DOV’È?

GALATONE, L’ASSISTENTE AD PERSONAM NON È DISPONIBILE

A TREPUZZI, GENITORI DI RAGAZZO AUTISTICO CHIEDONO DEROGA TOTALE PER IL SOSTEGNO

Rimbalzo di competenze, tagli, scoperture. Per gli alunni disabili della nostra provincia l’esercizio del diritto allo studio è un’odissea di disagi, consumata tra rivendicazioni e intermediazioni di giudici e associazioni

La ragazza non parteciperà alle visite guidate insieme ai suoi compagni di classe

Secondo il PEI il bambino ha bisogno di un adulto sempre vicino

Serena è una bimba di otto anni, affetta da “handicap mentale

grave e non è autosufficiente”. La sua insegnante di sostegno è spesso assente per malattia e non viene so-stituita. Secondo la Corte Costituzio-nale (sentenza n. 80 del 22 febbraio 2010) le scuole devono “immediata-mente provvedere alla sostituzione del personale docente, anche per assenze di un solo giorno”, mentre nell’istituito frequentato da Serena le cose non stanno esattamente così. Le richieste di Miriam, mamma di Serena, sono davvero semplici e tu-telate dalla legge. La scuola è l’uni-ca che deve intervenire per la sosti-tuzione dell’insegnante di sostegno quando è assente, anche contro la “continuità”. È infatti più importan-te che Serena abbia una qualsivoglia insegnante che segua il suo anda-mento scolastico, invece di rimanere da sola in classe senza alcun aiuto didattico. Secondo la mamma di Se-

rena i contenuti appresi da sua figlia sono ancora molto limitati: la mam-ma avrebbe addirittura constatato un lieve regresso.Ma i problemi principali sono con l’assistente ad personam: all’inizio dell’anno scolastico era sempre pre-sente a scuola, ma dopo le vacanze natalizie la mamma di Serena, è sta-ta informata che l’operatore è stato trasferito in altre sedi. Sembra incre-dibile che una bimba con gravi defi-cit e ben poca autonomia sia privata di una figura così importante.Serena infatti non è autosufficiente e giorni fa sua madre è stata chiamata dall’insegnante di sostegno per cam-biarla, dato che la bimba era “bagna-ta” già da diverse ore.Le questioni legate alla presenza o assenza dell’assistente ad personam non influiscono solo sull’andamento scolastico di Serena: l’assenza di un operatore dedicato impedisce infatti alla bambina di partecipare alle vi-

site guidate che si terranno durante l’anno scolastico. Le insegnanti cur-ricolari hanno già fatto cenno alla

famiglia che non solo affronta il di-sagio quotidiano della disabilità del-la figlia, ma la vede provarsi di un

diritto fondamentale, quello di avere pari dignità e pari opportunità.Eppure a tutte le istituzioni scolasti-che, anche secondo la nota di chia-rimento del ministero dell’istruzio-ne del 30 novembre 2001, compete “la responsabilità di predisporre le condizioni affinché tutti gli alunni, durante la loro esperienza di vita scolastica, dispongano di servizi qualitativamente idonei a soddisfare le proprie esigenze”. Sempre nella stessa nota si legge che la scuola, “mediante i propri organi di gestio-ne, deve adoperarsi attraverso tutti gli strumenti previsti dalla legge e dalla contrattazione, compresa la formazione specifica degli operatori scolastici per conseguire l’obiettivo della piena integrazione degli alunni disabili”.Così, nei rimbalzi di responsabilità tra scuola, Asl e Comuni, chi paga le conseguenze sono spesso le persone disabili e le loro famiglie.

Giovanni è un bambino di otto anni, che ha frequentato la scuola

dell’infanzia seguito, a partire dal se-condo anno, da un’insegnante di soste-gno con dodici ore settimanali. Il primo anno di scuola il bambino non è stato presentato come “alunno in situazione di difficoltà”. Giunta l’età scolare, è sta-to iscritto alla scuola primaria ed è stato inserito in una classe di venti alunni. Quest’anno frequenta la seconda ed è seguito dall’insegnante di sostegno per sedici ore settimanali. Frequenta anche un centro riabilitativo per due giorni la settimana, per un totale di sei ore setti-manali.I genitori si sono rivolti più volte all’“Uf-ficio X” dell’Ambito Territoriale della Provincia di Lecce (ex Provveditorato agli Studi) per chiedere l’aumento delle ore di sostegno per il proprio figlio. La risposta dell’allora responsabile dell’In-tegrazione Scolastica, Raffaele Cacchio-ne, è stata sempre la stessa. Impossibile aumentare le ore di sostegno, fino ad arrivare alla deroga totale, a causa del contenimento della spesa pubblica.I genitori vorrebbero che Giovanni usufruisse del sostegno per tutte le ore scolastiche, ritenendo le sedici ore in-sufficienti a creare momenti di appren-

dimento rilevanti per la crescita della persona e della sua personalità.Secondo il suo PEI, Piano Educativo Individualizzato, “l’alunno presenta un’importante disturbo della comunica-zione, iperattività e un ritardo in tutte le aree di sviluppo. Il linguaggio presenta gravi difficoltà ed è limitato a poche pa-role”.Il ragazzo è infatti affetto da “distur-bo autistico grave con ritardo mentale di grado lieve” e nel suo PEI si pone l’accento su quelli che la scuola stessa definisce “comportamenti problema”: “ostilità e scarsa tolleranza ai cambia-menti con reazioni aggressive piuttosto forti e spesso pericolose per sé e per ciò che gli sta intorno. (…) In certi momenti è imprevedibile, preso da impulsi incon-trollabili che si esprimono in instabilità, si alza all’improvviso, si avventa contro insegnanti e compagni, graffia, morde compromettendo tutto ciò che è il rego-lare svolgimento della lezione e incu-tendo un senso di paura nei compagni”. La situazione è quindi molto chiara agli insegnanti curriculari e all’insegnante di sostegno. Loro stesso ritengono che il bambino: “necessita, pertanto, della continua vicinanza dell’adulto che lo aiuti a controllarsi e attuare un inter-

5STORIE DI DISABILITÀ

vento personalizzato attraverso attività strutturate e l’uso di idonee strategie educative e sociali.”Sempre dal PEI risulta quanto arretrato sia il raggiungimento degli obiettivi no-nostante gli stessi siano stati “rapportati alle sue reali potenzialità”, tenendo in particolare rilievo le aree affettivo-rela-zionali e della comunicazione.La famiglia si è rivolta anche al dirigen-te scolastico dell’istituto comprensivo che Giovanni frequenta, sperando in un suo intervento formale presso l’“Ufficio X”, in modo da ottenere la deroga totale per il sostegno. La scuola con sua nota del 22 dicembre 2010, fa presente come non ricada nelle competenze della scuo-la assegnare le ore di integrazione sco-lastica, cosa per altro vera, ma la nota non fa minimamente cenno se la scuola abbia o meno contattato l’ex Provvedi-torato per far presente le reali necessità di Giovanni.Alla fine i genitori hanno chiesto ad un’associazione di volontariato che si occupa di tutela di diritti delle persone con disabilità, di inoltrare formalmente la loro richiesta all’“Ufficio Scolastico X”. La famiglia è ora in attesa di una risposta, sperando nel buon senso e in un’attenta lettura del PEI dove è evi-denziata con cura le reale situazione di Giovanni e le sue necessità educative e didattiche.

A cura di Sara D’ARPE

Page 6: Volontariato Salento Febbraio 2011

Sono abbastanza scettico sull’uso del termine dipendenza rispetto

all’abuso che si fa di strumenti come la playstation, non tanto perché non esista il problema ma in quanto si ri-schia di assimilare determinate pra-tiche, comportamenti e disagi legati alle tecnologie di comunicazione con le vere dipendenze che pos-sono essere le tossicodipendenze. In generale, ho una avversione nei confronti di letture semplificatrici riguardo a questi problemi. Lavorando al mio ultimo libro, ho avuto modo di leggere lo studio “Alone Together” di Sherry Turkle. Si tratta di un clamoroso manifesto di pentimento dell’antropologa da sempre classificata fra gli entusiasti nei confronti delle nuove tecnolo-gie. La Turkle ha sempre sostenuto, infatti, che l’uso di queste ultime fosse di sperimentazione d’identità, uno stato moratorium attraverso cui i giovani adulti provano a capire me-glio se stessi. In questo studio, inve-ce, c’è una svolta a 360 gradi in cui l’antropologa ammette di aver sotto-valutato una serie di problemi gravi. Il libro si occupa anche di prati-ca clinica e di come giovanissimi social-robot come i tamagotchi de-terminino una progressiva perdita di capacità di discriminare fra vivente e non vivente. A mano a mano che le forme di vita artificiale come i robot diventano in grado di assimilare an-che emotività, capacità relazionali e “logiche” – e nelle ultime tecnologie anche emozioni e sentimenti come

nel caso di robot con interfaccia e modalità di relazione quasi umane – noi perdiamo la capacità di discrimi-nare la realtà stessa. Iniziamo a con-siderare noi stessi come macchine, per cui la perdita del confine va nella direzione dell’assimilazione del cor-po umano alla macchina e viceversa. In una società frammentata, senza grosse macro-identità – condizione facilitata anche da relazioni mediate dalla rete – c’è una progressiva per-dita di sicurezza nella relazione con l’altro fino all’ansia. Rispetto alla relazione reale, con la sua ingom-brante presenza fisica, fatta di odori e sapori ma anche di elementi di ri-schio, si preferisce comunicare con sms: persino la voce può diventare un problema rispetto alla possibilità di un rapporto più indiretto in cui si è un grado di gestire l’immagine che si vuole dare di sé all’altro. Si tratta di rischi con cui in passato eravamo costretti a convivere, come quello di perdere stima dell’altro o addirittura la propria autostima. Situazioni mi-nacciose che portano a preferire il rapporto con la macchina, la quale si può identificare sia con lo stru-mento in sé che con un mondo in cui immergersi, come in “Second Life”. La questione, quindi, va dai video-games alla rete. Più che di dipendenza parlerei del divenire sempre più fragile dell’identità della net-generation che fa fatica a vivere e che da questo punto di vista è più dipendente dalla tecnologia.

Tonino Cantelmi, psichiatra, afferma che “I ragazzi sono

immersi in una realtà virtuale che desensibilizza nei confronti dell’aggressività. Non si ha più la percezione della gravità delle proprie azioni”. Il commento è a chiosa di un evento del 24 genna-io 2010, similare al fatto odierno. Basta, inoltre, una ricerca su Goo-gle con parole chiave adolescenza, violenza e videogames, per ave-re una triste varietà di cronaca a tema. L’equazione sembra dunque fatta. La società ha un nuovo mo-stro da blandire perché non esiga

dazi troppo alti. L’evento, in se stesso, è il campanello d’allarme, non il problema, ma le famiglie non sembrano esser in grado di percepirne i segnali. Si esigono alchimie educative sempre nuo-ve, ma il dato è complesso e non esistono soluzioni pret à porter. Ci sono percorsi da tracciare e percor-rere, che non sono compiti singo-lari, ma investono globalmente le agenzie sociali. E prima ancora di questo, c’è la necessità di uscire da un autismo sociale che ci disabilita alla comprensione dei segnali, pri-ma che diventino tragedie.

I ragazzi sono sempre più vittime di nuove dipendenze. Avete ri-

scontrato anche nella vostra asso-ciazione situazioni preoccupanti? Abbiamo avuto modo in più di un’occasione di confrontarci con genitori, soprattutto mamme, mol-to preoccupate perché i propri figli trascorrono troppo tempo davanti alla playstation. Il problema più grosso è di come intervenire in queste situazioni senza ricorrere sempre alle solite punizioni, spesso anche inutili. A questo si aggiunga l’incapacità di dialogare con i pro-pri figli. Oggi c’è un preoccupante silenzio nelle case: ognuno vive nel suo mondo. Siamo tutti nella stessa casa, ma non siamo più una fami-glia.Dunque, alcuni comportamenti possono essere determinati anche da una mancanza di relazione fa-miliare che prepari alla relazione

con “l’esterno”?Non pensiamo che sia solo un pro-blema di deficienza di relazioni fa-miliari. La famiglia ha sì un ruolo importante, ma non è la sola. Vi è sempre una pluralità di fattori. Per ottenere dei risultati apprezzabili abbiamo bisogno di far interagire: famiglia, scuola, chiesa.Come si può cercare di far “usci-re” i ragazzi dal loro mondo vir-tuale?Non c’è un’unica soluzione. Ogni ragazzo ha un suo approccio spe-cifico al “mondo virtuale”. Siamo convinti che non bisogna comunque demonizzare eccessivamente questi giochi, perché crediamo che, come in tutte le cose, anche in questo caso ci sono degli aspetti positivi. Forse se riuscissimo a trasmettere ottimismo nel loro futuro e fiducia nelle loro capacità, avremmo fatto loro il miglior regalo della vita.

“USCIRE DALL’AUTISMO SOCIALE”

DIPENDENZE E RELAZIONI FAMILIARI A CONFRONTO

AMORE D’ACCIAIO Intervento dell’educatore Luca Spagnolo

Intervista a Mariolina Dell’Abate, presidente dell’Associazione Comitato Genitori

Tracce di una conversazione con Carlo Formenti, giornalista e docente di Teorie e tecniche dei

nuovi media presso l’Università del Salento

Accade di rado di rimbalzare sulla cronaca ma nella realtà quoti-

diana accade, e quando la questione diventa di dominio pubblico, risuona più forte perché intorno c’è il silenzio.Un giovane salentino, sedici anni compiuti, ha tentato il suicidio, o for-se semplicemente ha voluto punire un padre che per una volta è stato più duro del solito impedendogli di gioca-re alla playstation.Si parla di nuove dipendenze, quella da internet, da shopping, da videoga-mes, da sesso, da telefonino. Il prota-gonista di questa vicenda ne è vittima a tal punto da trascorrere notti intere

a giocare senza più avere la forza di andare a scuola, senza avere la capa-cità di vivere la normalità della sua età: studio, scuola, compagni, giochi tra ragazzi.Per questa ragione, per una volta, il padre, un professionista con la passio-ne per le armi, ha imposto il suo pote-re paterno e per punizione ha deciso di sequestrargli la consolle.Un tempo la punizione era a letto sen-za cena. Tempi moderni, e moderne reazioni, anomali secondo gli studi, ma dettate da un modus vivendi talmente esage-rato da rendere normale ogni eccesso.

CASTIGO VIRTUALE, PUNIZIONE REALEEpisodi di violenza contro se stessi e contro gli altri.

Storie di ordinaria follia inspiegabili se non inserite in un contesto più complesso

6SPECIALE GIOVANI

E così è stato: la reazione del ragazzi-no è stata quella di punire ancor di più il padre sparandosi un colpo di pistola nello stomaco. Le sue condizioni, al momento in cui riportiamo questa ri-flessione, sono stazionarie.Tuttavia, per quanto si tratti di un caso eccezionale, desta preoccupazio-ni poiché rientra in un vero e proprio fenomeno.Secondo l’Istat, l’uso del cellulare nella fascia tra gli 11 e i 13 anni è passato dal 35,2% del 2000 all’83,7% del 2008. Nel 2010, sempre secondo l’istituto di statistica, nelle case del 21,5% delle famiglie (20,1 nel 2009)

c’è una consolle per videogiochi. I giovani maschi tra i 16 e i 24 anni tra-scorrono in media un’ora e 18 minuti al giorno alla playstation e molto di quel tempo è rubato allo studio e alla socializzazione.Casi da curare evidentemente, non solo nel corpo, che già in molti casi soffre vista la possibilità di entrare in un totale stato di trance da gioco, ma soprattutto nella psiche. In Val D’Aosta è già nata la prima clinica specializzata nella cura di fragilità adolescenziali che si trasformano nel tempo in dipendenze e patologie psi-chiatriche.

A cura di Laura MANGIALARDO

Page 7: Volontariato Salento Febbraio 2011

Mentre parliamo, l’Egitto sta vivendo un cambiamento radi-

cale dopo trent’anni della sua storia sotto Mubarak. I primi segni della ri-volta si notano anche in Italia: spiag-ge invase da profughi e mare ingordo di vite. Walid, cosa è accaduto in Egitto e so-prattutto come si è creato questo movimento?La terra dei faraoni vede la rivolta. È la prima volta nella sto-ria di questo Paese che la gente scende in piazza a protesta-re. Chiedono giusti-zia e nuove prospet-tive per un futuro più certo di un presente che ha escluso quei giovani che oggi a petto nudo ur-lano a tutto fiato libertà e vita dignitosa. La rivolta è nata attra-verso facebook e twitter, dall’esigen-za delle giovani generazioni stanche di essere escluse dalle decisioni dei politici. Finalmente i ragazzi si sono risvegliati dal sortilegio che li ha op-pressi per anni e hanno deciso di ridare dignità al loro Paese.Contro cosa hanno reagito?

È nato tutto contro un regime che ha dato importanza solo ad una determi-nata fascia sociale, quella degli im-

prenditori. Non ha mai ha voltato lo sguardo ver-so i poveri che rappresentano il 40% della popolazione, non ha mai dato retta alla sofferenza di questa gente e alle loro grida. In Egitto, dove rispetto

a tanti altri Paesi, c’è maggior libertà di stampa e dove soprattutto ci sono tanti giovani molto colti, di diversi ceti sociali, era ormai in atto la mos-sa giusta e, come in un parto, lenta-

mente si è dato vita alla rivolta popolare il 25 gennaio 2011.

Da quel giorno memorabi-le, ogni giorno trascorso

ha raccolto simpatiz-zanti che prima di quella data avevano paura di esprimersi liberamente. Quella appena conclusa, però, non è la rivol-ta dei poveri, perché a dare il via sono sta-

ti giovani benestanti che volevano un futuro

migliore per il loro Pa-ese. Per ironia della sorte

tutto è cominciato attraverso internet e va ricordato che qual-

che anno fa la first lady, Susan Mu-barak, promise che a breve in tutte le case degli egiziani ci sarebbe stato un computer. Penso che se avesse saputo tutto questo, non avrebbe mai osato fare quel passo.Le piazze sono piene, eppure fino al 25 gennaio si temevano scon-

tri religiosi più che politici… L’Egitto è la terra della pace. Spesso si è sentito parlare di persecuzione dei cristiani, ma in questi quindici giorni di rivolta nessuna chiesa è stata attac-cata e nessun cristiano ha subito tor-tura. È stato commovente vedere in piazza Tahrir la commemorazione dei martiri della rivolta, celebrata con la messa cristiana insieme alla preghie-ra musulmana. Gli egiziani sono stati tutti insieme, senza differenze di reli-gioni o di colori a ricordare la rivolta del 1919 contro l’occupazione inglese.I preti pregavano nelle moschee e gli sceicchi nelle chiese. Un detto egizia-no recita “la religione è per Dio ma la terra dell’Egitto è per tutti”.Dov’è il tuo futuro?Mi piacerebbe che la mia famiglia po-tesse vivere con me in Egitto perché è la terra della pace, della gente sor-ridente, è un luogo accogliente in cui si sono rifugiati i profeti. L’Egitto è la mia terra dove il sole ti dà un bacio al mattino e il suo vento ti accarezza i capelli, è la terra dove i tuoi vicini di casa sono sempre con te nel bene e nel male, è la terra in cui si sentono le campane delle chiese e i richiami della moschea.

Laura Mangialardo

L’UNDICESIMA PIAGA D’EGITTO, È IL TEMPO DELLA LIBERAZIONE

GIOVANI E POLITICA, UN COMPROMESSO POSSIBILE?

Intervista a Walid, ragazzo egiziano che vive in Italia con moglie e figlie. Qui lavora e parla un italiano perfetto, ma il suo pensiero rimane in Egitto

L’opinione.

Le nuove generazioni devono lotta-re ogni giorno contro diversi fat-

tori che rendono sempre più difficili le loro condizioni sociali. Accentuato è il disagio tra i giovani, per una moltepli-cità di motivi ma anche perchè manca una classe politica dirigente capace ed affidabile. Le istituzioni appaiono spesso ai giovani distanti ed incapaci di risolvere i problemi. Non di rado questo porta ad una triste e dramma-tica decisione: il distaccamento dalla vita politica quotidiana. I giovani non hanno poca fiducia nella politica e nel-le istituzioni, perché negli ultimi anni hanno ricevuto, da chi ci ha governato, solo incertezze e precariato. La deriva è quanto mai pericolosa e si ritrova spesso in espressioni quali “i politici sono tutti ladri e corrotti”, espressioni che denunciano qualunquismo se non vero e proprio nichilismo. Accade non di rado che ci si ricordi dei giovani solo durante le campagne elettorali: certo, è “naturale”, un bel po’ di consensi fan-no comodo, aiutano a raggiungere gli obiettivi, ma d’altro canto i partiti non suscitano alcuna passione nei giovani e provocano spesso insofferenza per

la lentezza dei tempi. La politica non si occupa di quello che pensano e la distanza che li divide continua a cre-scere. Le politiche giovanili sono poi in concreto inesistenti e i politici non fanno nulla per incentivare la partecipazione dei giovani alla vita politica, pochi sono i leader di partito che ascoltano proposte o suggerimenti. Ep-pure tutti i giovani avvertono con una spiccata sensibilità, tutti i limiti della nostra socie-tà; ad esempio, si continua a vivere in famiglia molto più a lungo, perché non si ha la cer-tezza di un lavoro stabile e, di conseguenza, si vede, in un fu-turo sempre più lontano, l’in-serimento nel vero mondo del lavoro, quello fatto di diritti e doveri. Queste incertezze sul proprio futuro, l’impos-sibilità di considerarlo davvero come il tempo in cui si realizzerà il loro deside-rio d’indipendenza, portano i giovani a essere rinunciatari rispetto all’impegno necessario, per realizzare la crescita di una società che sembra non atten-derli, non ascoltarli. Proprio questa è

una delle ragioni per le quali le nuove leve non cercano più nei partiti risposte ideologiche e non guardano più, come i loro padri, ai leader della politica come bandiere , ma, chiedono una visione

nella quale credere, un modello nel quale identificarsi e attendono risposte concrete insieme a proposte che parli-no di certezze. Le promesse non man-tenute, gli scandali, l’opportunismo, i giochi di potere, queste sono le ragioni per le quali regna lo scetticismo tra le nuove generazioni che sono diventate il soggetto escluso da una politica e una cultura nate e cresciute in un mon-

do parallelo all’universo giovanile. Da alcuni recenti sondaggi, emerge questo diffuso disinteresse alla vita politica: il 69% dei giovani intervistati ha un’opi-nione negativa del mondo politico

italiano e c’è una percentuale altissima d’indifferenza, diffi-denza, rabbia e addirittura noia quando si pensa alla politica. Il 37% dei giovani si ritiene interessato alle informazioni che arrivano dalla politica, ma, una percentuale superiore al 45% non s’informa per niente. I segnali sono chiari: occorre innanzitutto ridare fiducia ad una generazione che fa fatica ad affacciarsi in questa socie-tà. Bisogna eliminare il pes-

simismo collegato alla visione che gli adulti hanno dei giovani, ascoltando le loro ragioni e fornendo chiavi di lettu-ra e strumenti critici per interpretare la realtà e per facilitare l’approccio con la politica. C’è bisogno di una svolta, solo così si potrà contribuire a costruire, ac-canto alle nuove generazioni, un futuro migliore.

Luigi Conte

7GIOVANI E POLITICA

Page 8: Volontariato Salento Febbraio 2011

Organizzazioni di volontariato per territorio. Anni 1995-2003

Anni Nord-ovest Nord-est Centro Mezzogiorno

1995 32,7 30,3 22,6 14,4

1997 28,6 31,3 22,3 17,8

1999 29,4 32,0 20,0 18,6

2001 28,7 32,8 18,8 19,7

2003 28,5 31,5 19,3 20,7 Fonte: rilevazione Istat 2003

8DOSSIER

Sono molteplici i cambiamenti e le trasformazioni che la nostra

società vive e sorprendente è la ve-locità con la quale essi si susseguo-no. L’era della globalizzazione ha spalancato le porte del mondo con-sentendo il passaggio rapido di uo-mini, merci, capitali, informazioni ed ha creato una società aperta che, per dirla con Bauman, è una società esposta ai colpi del destino (Bauman, Modus Vivendi). L’avvento della glo-balizzazione ha portato alla condivi-sione di ingiustizie e diseguaglianze ed ha generato una crisi dell’io e del legame sociale. Si assiste così all’af-fermarsi dell’individualismo e del narcisismo che generano omologa-zione, perdita di vincoli comunitari. L’io globale o postmoderno tende all’autoaffermazione e all’autode-terminazione isolato dal mondo e costantemente sotto pressione. I pro-cessi disgreganti della globalizza-zione hanno ridotto l’individuo alla mera funzione di consumatore volto a conseguire il suo benessere perso-nale, a soddisfare i suoi desideri hic et nunc, desideri legati a mode pas-seggere e per questo destinate a cam-biare con grande facilità (Pulcini, L’io globale: crisi del legame sociale e nuove forme di solidarietà). Con-tinuamente alla ricerca di qualcosa che non trova, l’individuo moderno appare insofferente verso ogni vin-colo, privo di certezze, inappagato e inappagabile. Le prospettive di vita sono instabili, come instabili sono i posti di lavoro, i legami affettivi, la posizione nella società e quindi l’au-

tostima e la fiducia in se stessi. Tutto questo genera nell’individuo paura, insicurezza e, inevitabilmente, chiu-sura e diffidenza verso l’altro.Il principio della nostra società è l’interesse, che divide e limita le relazioni interpersonali a rapporti funzionali che si consumano veloce-mente e che, in ogni caso, si esauri-scono una volta conseguito un risul-tato, appagato un bisogno. La causa di questo cambiamento è da ricercarsi nel consolidamento nella società post moderna di uno spazio economico autonomo, distinto dalla sfera politica e sociale, per il qua-le affinché una società funzioni è necessario che ognuno persegua il proprio interesse egoistico (Deriu, Il dono in una società di mercato). Eppure, per l’antropologo france-se Marcel Mauss (Saggio sul dono.

Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche) quella dell’uomo come “animale economico” è un’in-venzione moderna, una creazione ar-tificiale delle società occidentali. A sovvertire l’idea secondo la quale tutte le sfere della società sono rego-late dal principio di utilità è il fer-mento culturale che negli ultimi anni con la Revue du M.A.U.S.S. (Movi-mento anti-utilitarista nelle scienze sociali) si concentra intorno alla ri-scoperta della cultura del dono e del-la gratuità, Probabilmente, lo spirito del dono gratuito, dell’essere legato indissolubilmente agli altri è stato solo offuscato dalle logiche dell’effi-cienza perché, come afferma Mauss, l’homo donator non è solo dietro di noi ma nel nostro presente.Tutta la nostra esistenza sociale si basa sulla logica del dono e, come

analizzato da Mauss nel suo studio sulle società primitive, sul triplice obbligo di dare, ricevere e ricam-biare. In questa logica lontana dal mercato, lo scambio non è un fatto economico, ma diventa simbolico, un mezzo per intessere relazioni, in-staurare rapporti, creare legame so-ciale. Questa “riscoperta” della cul-tura del dono gratuito nella società contemporanea in cui tutto si vende e tutto si compra può rappresentare una alternativa, in grado di favori-re, citando Latouche, “lo sviluppo di rimedi ai danni generati dal siste-ma” (Latouche, Ritorno al dono). Un sistema che, come dimostra la crisi economica in atto, è estremamente vulnerabile e per questo generatore di insicurezze e precarietà. In questo contesto, il senso del volontariato e della partecipazione si inscrivono proprio nella ricerca e nel bisogno da parte dell’uomo di comunità, di le-gami liberi che restituiscano fiducia e speranza.Il volontariato in tutte le sue forme rappresenta una componente struttu-rale ed imprescindibile del panorama sociale dell’Italia. É quanto emerge dal Rapporto Italia 2011 dell’Euri-spes presentato a Roma lo scorso 28 gennaio, di cui diamo ampio conto in questo dossier. Il volontariato, come ha affermato il Presidente della Re-pubblica Giorgio Napolitano “è un fenomeno straordinariamente vasto, vario e ricco di valori, una linfa vi-tale della nostra convivenza e un elemento caratterizzante e distintivo della nostra democrazia”.

Non esiste una indagine statistica rea-lizzata ad hoc negli ultimi anni, ma

secondo le stime che provengono dalle realtà dei CSV italiani istituiti a partire dalle fine degli anni novanta per effetto della legge 266 del 1991, e che sono or-mai presenti in tutte le province, c’è una certa disomogeneità della distribuzione territoriale del fenomeno volontariato, con un 29% nel nord-ovest, un 31% nel nord-est, un 20% nel centro, un 20% nel Mezzogiorno. Anche se sia il numero delle Associazioni, che il numero dei vo-lontari, è in crescita. Disomogenea dunque la distribuzione sul territorio nazionale, con una concen-trazione nel Nord, sebbene il fenomeno cresca nel Mezzogiorno, in misura mag-giore rispetto alle altri regioni del paese.Un altro dato emerso dagli studi dei CSV è che all’aumento delle organizzazioni di volontariato corrisponde invece una ri-

duzione del numero medio dei volontari, una sorta di polverizzazione del fenome-no associativo, e questo si può spiegare innanzitutto con la nascita di un numero di nuove associazioni nell’area della tu-tela del patrimonio e dei diritti che inevi-tabilmente hanno un bacino ottimale nel territorio locale piuttosto che in quello

regionale o nazionale. Secondo la rileva-zione Fivol del 2006, il numero di asso-ciazioni “indipendenti”, vale a dire non affiliate a grandi sigle nazionali, ma nate

dalla spontanea volontà di cittadini, rap-presenta il 73% delle OdV nate nel quin-quennio 2000-2005, a fronte del 63,8% del periodo 1996-2000 e del 57,4% del 1990-1995 (Frisanco, Il sistema di rete e i rapporti con il territorio per la gestione dei progetti di volontariato). All’interesse consolidato dimostrato

dai volontari italiani nei confronti dei settori socio-assitenziale e sanitario, si affianca un interesse sempre maggiore per i settori della partecipazione civile,

per l’educazione, la protezione civile, la tutela dell’ambiente, del patrimonio storico-artistico e la difesa dei diritti. Si tratta di un volontariato responsabile dei beni comuni, che partecipa alla cosa pubblica da protagonista, che intende costruire, con azioni volontarie concrete, una società migliore, più inclusiva e so-lidale. Un volontariato che informa, de-nuncia, propone, che sollecita e stimola la partecipazione, secondo il principio di sussidiarietà presente nella nostra Costi-tuzione all’art. 118.Un volontariato, insomma, come canale di cittadinanza attiva, che non può più ac-contentarsi di essere solo “la voce di chi non ha voce”, ma deve “dare voce a chi non ha voce”, aiutando tutti i cittadini, a cominciare dai più deboli, ad acquisire mezzi espressivi e potere di partecipa-zione e di decisione (Frisanco, Rapporto Biennale sul Volontariato in Italia).

VOLONTARIATO, TRA IDENTITÀ E FUTURO

Il volontariato in Italia

A cura di Luigi RUSSO e Valentina VALENTE

Page 9: Volontariato Salento Febbraio 2011

Fattore “collaborare con gli altri attori sociali” e item che lo compongono, indice di priorità sul totale dei volontari

Indice di priorità

Collaborare con gli altri attori sociali 0,73

Partecipare alla programmazione territoriale dei servizi 0,83

Partecipare all’elaborazione di progetti di interesse sociale 0,83

Attuare forme di collaborazione finalizzate su bisogni specifici 0,78

Promuovere forme di monitoraggio e valutazione dei servizi erogati dal Terzo settore 0,70

Promuovere forme di controllo e valutazione dei servizi erogati dalle istituzioni 0,64

Fare unità nell’azione politica 0,59 Fonte: “il futuro del volontariato” – fondazione “E. Zancan” Onlus

9DOSSIER

Nel maggio del 2010 con la pubbli-cazione del Libro verde il Forum

Nazionale del Terzo Settore ha posto all’attenzione del Paese, delle forze po-litiche, delle organizzazioni sociali, dei cittadini, un’interessante proposta di lavoro, tesa a promuovere un ampio e partecipato dibattito intorno al tema del futuro del Terzo Settore, con l’obiettivo di definirne le nuove strategie «in questa fase, successiva al riconoscimento for-male del proprio ruolo e del valore della sussidiarietà (…)». Il riferimento pare richiamare da una parte la lunga stagio-ne della legislazione di settore, avviata nel 1991 con l’approvazione della leg-ge 266 sul volontariato, e proseguita in maniera rilevante negli anni successivi, con l’approvazione della legge 381/1991 sulle cooperative sociali e della legge 383/2000 sull’associazionismo di pro-mozione sociale, per citare alcune delle principali norme approvate in Parla-mento; dall’altra rinvia all’affermazione del principio di sussidiarietà che, com’è noto, è stato introdotto nella Carta con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che all’art. 4 sostituisce l’art. 118, indicando nell’ultimo comma: Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma ini-ziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sus-sidiarietà. La necessità di ridefinire oggi ruolo e identità del terzo settore si rende eviden-te a fronte dei profondi cambiamenti in corso nella nostra società, sul piano de-mografico come su quello sociale, che spingono il movimento a raccogliere e rilanciare la sfida che lo stesso governo nazionale aveva posto in sede di appro-vazione del Libro bianco del welfare, nel quale - tra le altre cose - si chiedeva al terzo settore italiano l’avvio di una vera e propria fase costituente. Il contesto nel quale questo dibattito si avvia è noto: gli effetti drammatici della crisi economica cominciano a rendersi evidenti anche nel nostro paese, e rischiano di minare alla base, e in via definitiva, il patto di coesione sociale; la conseguenza più vi-stosa di tale processo è forse quella del progressivo indebolimento dei legami di comunità, conseguenza del pervicace affermarsi di nuove forme di individua-lismo ed egoismo sociale, che sembrano prevalere in modo pervasivo, soprattutto a danno delle persone che vivono in con-dizioni di maggiore disagio. A fronte della crisi della politica il mon-do del non profit in questi anni è signi-ficativamente cresciuto in numeri e qualità. Al tempo stesso però le analisi più approfondite rilevano una spiccata tendenza del mondo non profit alla fram-mentazione, alla disorganizzazione, alla scarsa capacità di fare sistema, di fare

“Il volontariato svolge un ruolo politico: partecipa attivamente

ai processi della vita sociale favo-rendo la crescita del sistema demo-cratico; soprattutto con le sue orga-nizzazioni sollecita la conoscenza ed il rispetto dei diritti, rileva i bisogni e i fattori di emarginazione e degrado, propone idee e progetti, individua e sperimenta soluzioni e servizi, concorre a programmare e a valutare le politiche sociali in pari dignità con le istituzioni pub-bliche cui spetta la responsabilità primaria della risposta ai diritti

delle persone”. Così recita la Car-ta dei valori del volontariato ed è questa la grande sfida per il futuro. Per poter partecipare il volontaria-to deve saper individuare le dina-miche sociali, essere autonomo, critico, innovativo, sedere ai tavoli della programmazione come corpo unico e unito e stimolare il cambia-mento. Esercitare un “ruolo politico” non significa sostituirsi alle istituzioni e tanto meno gestire dei servizi, significa piuttosto partecipare alla costruzione delle politiche pubbli-

che e dunque proporre criticamente e in autonomia idee, progetti che siano di interesse comune. Perché questo sia possibile è necessario creare delle reti diffuse di volon-tariato che co-progettino, che dia-loghino e collaborino fattivamente con le istituzioni in un clima di re-ciproca fiducia. Nel 2009, secondo una ricerca del-la Fondazione Zancan (Il futuro del volontariato) tra i bisogni maggior-mente avvertiti dalle OdV emerge la collaborazione con gli altri attori sociali finalizzata alla program-mazione territoriale dei servizi e all’elaborazione di progetti di inte-resse sociale.Verso questa direzione stanno vol-gendo le attività dei Centri di ser-vizio per il volontariato, impegna-ti, soprattutto negli ultimi anni, a diffondere la cultura del progetto e la sperimentazione di progetti “in rete”, con l’obiettivo da una par-te di creare relazioni stabili e non strumentali tra le organizzazioni e dall’altra di consentire un esercizio più efficace della loro funzione po-litica volta al cambiamento sociale.

VOLONTARIATO E TERZO SETTORE: LE SFIDE PER COSTRUIRE IL FUTURO

Il ruolo politico del volontariato

sintesi sul piano della rappresentanza; ciò appare vero soprattutto sulla dimen-sione locale e regionale, ma anche su quella nazionale, e diversi esempi se ne possono trarre nell’analisi dei processi di partecipazione connessi alla definizione delle politiche pubbliche. E’ stato rile-vato che il sistema fatica a fare rete, ac-centuando la polarizzazione tra le grandi organizzazioni, quelle caratterizzate dal-le larghe basi associative e dall’adesione alle sigle nazionali capaci di far valere i propri interessi, e le piccole organiz-zazioni, scarsamente rappresentate, che limitano la propria azione all’ambito locale, e faticano a reggere l’impegno del collegamento, della rappresentanza, del coordinamento. Prevale una certa tendenza alla autoreferenzialità, al ri-piegamento verso se stessi e le proprie attività, all’individualismo; una tendenza cui certo non è estranea la cultura domi-nante nel paese, rispetto alla quale però il sistema dei valori di riferimento non ap-pare, paradossalmente, sufficiente a fare argine. Se questa lettura è vera, s’intuisce la necessità di rinforzare la dimensione dell’appartenenza, del collegamento, del confronto e dello scambio fra le espe-rienze, alla ricerca di un comune senso operativo, di una comune visione che promuova, orienti e sostenga l’azione delle organizzazioni solidaristiche. Per quanto attiene lo specifico del vo-lontariato questo rischio è stato in parte evitato con l’istituzione dei Centri di ser-vizio, istituiti ai sensi della legge 266/91

e finanziati con le risorse derivanti dai patrimoni delle fondazioni bancarie, che hanno la funzione di sostenere e quali-ficare l’azione delle organizzazioni del volontariato, laddove essi agiscono in modo promozionale rispetto al territorio di riferimento. Su un piano più generale appare inne-gabile che una più convinta adesione a modelli organizzativi di tipo collaborati-vo, peraltro coerenti con le finalità, con i valori e le idee che s’intendono per-seguire, consentirebbe al sistema delle organizzazioni non profit, a tutti i livelli, un miglioramento delle proprie capaci-tà di azione, soprattutto sul piano della rappresentanza e dell’incidenza sulle po-litiche pubbliche. Il rapporto tra pubblica amministrazione e terzo settore si con-ferma così tema centrale nella riflessione sul futuro del sistema della solidarietà organizzata. A conferma di questa lettura si può rin-viare al dibattito in corso da oltre un quindicennio in Italia sulle diverse inter-pretazioni del principio di sussidiarietà (si veda a tal proposito l’introduzione al volume Il valore aggiunto. Come la sus-sidiarietà può salvare l’Italia, a cura di G. Arena e G. Cotturri, Carocci, 2010), ciascuna delle quali rinvia ad una diver-sa concezione dello stato e della società. Una prima interpretazione che tende a rilevare il riconoscimento costituzio-nale alla natura pubblica dell’iniziativa dei cittadini, intesa come l’esercizio di responsabilità, condiviso con lo stato,

nell’individuazione e nella tutela dei beni comuni. Secondo questa lettura i cittadi-ni sono alleati delle istituzioni, e tendono a condividerne le finalità attraverso il proprio autonomo impegno sociale. Una seconda interpretazione, fino ad oggi senza dubbio prevalente, è quella tesa ad affermare un ruolo forte da parte del terzo settore nell’organizzazione del mercato dei servizi o, se si preferisce, delle risposte della società civile alle do-mande e ai bisogni dei cittadini, riservan-do allo stato la funzione di regolazione, indirizzo e controllo del sistema. Quella che si apre per il terzo settore italiano è certamente una stagione im-portante, nella quale cercare, attraverso il confronto e la riflessione, le soluzioni migliori per affrontare i mutamenti in corso, le risposte possibili alle domande che la complessità propone alla nostra società. Lo stato dovrebbe valorizzare questo patrimonio di esperienze soli-daristiche, sostenendone la crescita e lo sviluppo, opzione che appare contrad-detta dalle recenti decisioni in merito alla mancata copertura dell’istituto del cinque per mille. Non sappiamo bene quale futuro, quale modello di società va definendosi nel passaggio epocale che ci tocca di vivere, quello che è certo, come dicono i grandi interpreti dei mutamenti sociali, che nulla sarà più come prima. Quel che è certo, aggiungiamo noi, che un investimento convinto sul valore del-la solidarietà sarà necessario anche per la società del futuro.

Page 10: Volontariato Salento Febbraio 2011

Organizzazioni di volontariato per settore di attività prevalente Regione Puglia – Anno 2009

Settore prevalente Valore %

WELFAREDonazioni 19%Tutela della salute 15%PARTECIPAZIONE CIVICAProtezione civile 13%Famiglia, infanzia e adolescenza 11%Disabilità 10%Cultura, sport 7%Tutela territorio, dell’ambiente e del patrimonio storico-artistico 7%Diritti civili, detenuti, ex detenuti 5%Povertà 5%Terza età 3%Immigrazione, solidarietà internazionale 3%Devianze e dipendenze 2%

Fonte: Ricerca Regione Puglia-CSV Puglia Net 2011

Utenti delle OdV – Regione Puglia – Anno 2009

Utenti Valore PercentualeMalati 6%Bambini e minori 11%Disabili 12%Cittadini 49%

Fonte: Ricerca Regione Puglia-CSV Puglia Net 2011

Matrice culturale dell’organizzazione

Matrice culturale Valore percentualeCristiana o di altra fede 43%Nessuna 36%Aconfessionale 20%Non sa, non risponde 2%

Fonte: Ricerca Regione Puglia-CSV Puglia Net 2011

Quale rapporto si è sviluppato con le PA

Collaborazione 40%Coinvolgimento 23%Nessun rapporto 18%Partecipazione 17%Altro 2%

Fonte: Ricerca Regione Puglia-CSV Puglia Net 2011

10DOSSIER

La Puglia è stata l’unica Regione Italiana che ha voluto fare chiarezza sul fenomeno del volontariato, investendo risorse significative per la rilevazio-

ne del numero delle associazione iscritte e non iscritte nei Registri Regionali, dei settori di intervento, del numero dei volontari. L’Assessorato alle politiche sociali e al Welfare di Elena Gentile, tramite l’Osservatorio Regionale del Vo-lontariato, e in collaborazione con CSV Puglia Net hanno fatto un vero e proprio censimento del volontariato, cui si è aggiunta una indagine campionaria su circa 700 associazioni attive al 31 dicembre 2009. I risultati saranno presentanti nel mese di febbraio 2011, ma una dato appare con chiarezza: la Puglia rappresenta un caso significativo nel panorama nazionale, perché non solo ha recuperato negli ultimi 6 anni il gap numerico del volontariato rispetto alle Regioni del Nord, ma ha anche avviato un percorso di trasformazione “politica” dello stesso volontariato, e questo certamente per effetto della presenza dei CSV, ma anche per la presenza di politiche di welfare in cui il volontariato è stato considerato con un ruolo attivo e non residuale.Sono 2063 le organizzazioni di volontariato iscritte e non iscritte nel registro regionale censite in Puglia a fine 2009. Le organizzazioni sono distribuite per poco più della metà tra le province di Bari (25,9%) e Lecce (25,5%). A seguire le province di Taranto (19,1%) e Foggia (15,3%), quindi di Brindisi (8,5%) e della neonata BAT (5,6%). Rapportando il dato alla popolazione delle province pugliesi, secondo la comunicazione ISTAT aggiornata al 2009, emerge un dato di 8 associazioni per comune e di una associazione ogni 1978 abitanti. Dall’ulti-ma indagine sul volontariato realizzata in Puglia dalla Fivol nel 2001 il numero di OdV è quasi raddoppiato passando da 1076 a 2063 per una percentuale pari quasi al +48%.Dal campione analizzato il dato relativo ai settori nei quali sono impegnate le organizzazioni conferma il dato nazionale: alto l’impegno nei settori tradizionali del Welfare, nello specifico il 19% delle OdV opera nel settore delle “Donazio-ni” (del sangue, degli organi ecc.) e il 15% nella “Tutela della salute” (setto-ri socio-assistenziale e sanitario); seguono con una percentuale significativa i settori “Protezione civile” (13%), “Famiglia, infanzia e adolescenza” (11%) e “Disabilità”(10%). A seguire tutte le altre con la percentuale più bassa pari al

Il caso della Puglia

LA RICERCA REGIONE PUGLIA-CSVPUGLIANET

2% per “Devianze e dipendenze”.Accorpando i settori nelle due macroaree del Welfare e della partecipazione civica, emerge che nel 2009 le organizzazioni impegnate in attività di tutela dei beni comuni, in attività educative, di informazione e sensibilizzazione del-la popolazione locale su questioni di rilevanza sociale rappresentano il 64% dell’universo verificato. Emerge dunque un volontariato di cittadinanza, confermato anche dal dato re-lativo agli utenti: l’attività dei volontari si rivolge per il 49% di essi ai cittadini in maniera generica. Seguono le persone disabili con il 12%, i bambini e minori con l’11% e i malati con il 6%. Gli altri soggetti come per esempio adolescenti, alcolisti, anziani, detenuti, immigrati, tossicodipendenti sono rappresentati da percentuali di gran lunga inferiori, dal 1% al 3%.Ben il 74% delle organizzazioni del campione, inoltre, nasce da iniziativa spon-

tanea di un gruppo di cittadini che si uniscono autonomamente per rappresenta-re i bisogni di una parte della cittadinanza. Tuttavia le OdV affiliate e federate a grandi sigle nazionali (59%) costituiscono una componente rilevante del feno-meno pugliese, in particolare nel settore della donazione del sangue. Elevata la matrice “laica” delle organizzazioni pugliesi, sempre più orientate verso la propria mission e sempre più pronte ad accogliere gruppi di fedi ed ideologie diverse in nome delle finalità per le quali sono nate ed operano.Il volontariato pugliese appare sempre più strutturato: il 98% delle odv dispone di un organo di gestione (Presidente, direttivo), il 92% di organi di indirizzo

(Assemblea soci) e il 46% di organi di controllo (revisori dei conti, garanti ecc.). Il Presidente e il segretario sono figure presenti in quasi tutte le organizzazioni. In circa la metà dei casi, il 53%, vi è un responsabile amministrativo. In misura minore, ma comunque consistente, sono presenti figure attuali come il respon-sabile della formazione (23%), il Direttore (22%, che nel 2% dei casi è presente senza il Presidente), il Responsabile della comunicazione (19%), il Responsabi-le di progetto (18%), e il Responsabile raccolta fondi (14%).Certamente, questa tendenza alla formalizzazione e ad una maggiore struttu-razione è strettamente collegata alla propensione delle OdV ad iscriversi al registro regionale del volontariato, al fine di godere di alcuni vantaggi resi dall’iscrizione e altresì di intraprendere un rapporto di collaborazione e condi-visione con le amministrazioni pubbliche. Nel 2010 le organizzazioni iscritte al registro regionale pugliese sono 1051 un dato che, rispetto al 2003, è aumentato del 49,5%. Sempre più evidente infatti è la volontà dei volontari di svolgere una funzione pubblica nella società, di dialogare con le istituzioni e di partecipare alla costruzione delle politiche sociali. In linea con il dato nazionale, le OdV pugliesi dialogano principalmente con il Comune di appartenenza (34%) e han-no sviluppato un rapporto di collaborazione con le pubbliche amministrazioni. Nello specifico, nel 40% dei casi si tratta di una collaborazione a partire da una proposta autonoma da parte delle organizzazioni, nel 23% di un coinvolgimento nei servizi attraverso un’azione programmata e concordata delle amministrazio-ni e nel 17% di una partecipazione alla programmazione dei servizi. Un rapporto che appare, comunque, controverso, non soltando per i problemi legati alla burocratizzazione che rallenta e rende difficile la collaborazione, ma, come emerso anche durante i focus group per l’indifferenza riservata ai volon-tari. Da qui, la necessità di rivolgersi all’Assessore “amico” o particolarmente

sensibile che dia loro ascolto e considerazione. Emerge quindi il problema del rapporto diretto e privilegiato che, spesso, ostacola la collaborazione con gli altri attori sociali.

Page 11: Volontariato Salento Febbraio 2011

Stima dei volontari attivi per provincia – Anni 2005-2009

2005 2006 2007 2008 2009

BA 15247 14741 19435 20754 23364

BAT 1891 2242 2616 2946 3220

BR 4584 4712 4955 5805 6017

FG 15042 16555 17666 19276 22284

LE 13911 12950 14466 17548 19550

TA 10243 10906 11902 13870 14699

TOT 60919 62106 71041 80199 89134

Fonte: Ricerca Regione Puglia-CSV Puglia Net 2011

11DOSSIER

Il trend dei volontari attivi nelle organizzazioni pugliesi nell’ultimo quinquennio, sia a livello regionale che provinciale, rivela una crescita

continua con un salto particolare dal 2006 in poi. Dalla ricerca Regione Puglia-CSV Puglia Net emerge la presenza in Puglia di un “popolo del vo-lontariato” che al 1 settembre 2009 può essere attendibilmente stimato in-

IL TREND DEL VOLONTARIATO PUGLIESE XXIII Rapporto Eurispes, l’Italia vista attraverso sei dicotomie

torno alle 90.000 unità.Secondo questa stima e i dati Istat sulla popolazione residente in Puglia al 01.01.2009, il 2,2% dei pugliesi sarebbero impegnati nel volontariato attivo.Questo dato, considerando il trend costantemente in crescita dal 2006 se-condo la la ricerca Regione Puglia-CSV Puglia Net, ma comunque in cre-scita già dagli anni ‘90 ad oggi come attestato dall’indagine Istat sulle orga-nizzazioni di volontariato del 2003, sembra destinato a crescere negli anni prossimi a differenza di quanto sembra accadere nel resto d’Italia dove in questi stessi anni il fenomeno del volontariato si è mantenuto stabile o con ritmi di crescita decisamente più contenuti.Il volontario pugliese ha in media un’età matura ed è occupato.Il 48% dei volontari ha un’età compresa tra i 30 e i 45 anni e il 25% tra i 46 e i 65 anni. Solo nel 19% dei casi è un giovane con età compresa tra i 19 e i 29 anni.Il 43% dei volontari è occupato. Seguono a distanza le casalinghe con il 20%, i pensionati e gli studenti, entrambi con il 13%, e gli inoccupati con l’11%.Una problematica avvertita dai volontari durante i focus group è proprio la difficoltà di coinvolgere i giovani, aspetto questo che rientra nella proble-matica generale del reclutamento di nuovi volontari. Quello della parteci-pazione giovanile è un problema avvertito da tutte le OdV, in particolare da quelle impegnate nei settori del Welfare. I motivi di questa scarsa parteci-pazione sono molteplici.Certamente, un peso importante assume la precarizzazione del lavoro, l’in-sicurezza e l’instabilità che ne derivano, la corsa affannosa alla ricerca di un posto stabile che mettono in crisi il legame sociale e la propensione ad occuparsi dell’altro. I giovani in questo contesto si avvicinano alle organiz-zazioni di volontariato con la speranza di trovare lavoro o di ricevere una formazione che sia spendibile altrove. D’altra parte, però, bisogna chiedersi se le organizzazioni di volontariato riescano a promuovere la cultura del dono e quanto sappiano “contami-nare” e coinvolgere con le proprie attività le giovani generazioni. Perché un giovane scelga di fare volontariato e di iniziare un’esperienza di vita in un’associazione è necessario che il volontariato “adulto” promuova il suo significato vero e autentico, che proponga azioni concrete e un ascol-to “attivo” con i giovani. I giovani contemporanei, figli di una liquidità guidata dall’individualismo, richiedono luoghi significativi ed esempi di concretezza e di coerenza tra idee, ideali e pratiche, chiedono motivazione e partecipazione. Per vincere lo scetticismo dei giovani e per garantirsi la continuità e la costanza del loro impegno, occorre coinvolgerli nelle azioni, farli sentire parte di una comunità e dei suoi valori, aprirsi ad un ascolto partecipato e partecipanteQuesta è la grande sfida del volontariato nel nuovo millennio: essere pro-motore del cambiamento sociale e rendere i giovani i grandi protagonisti del cambiamento.

Il 28 gennaio scorso è stato pre-sentato il Rapporto Italia 2011

dell’Eurispes, Istituto di Studi Poli-tici e Economici e Sociali, presiedu-to da Gian Maria Fava, che opera in Italia dal 1982 nel campo della ri-cerca politica, economica e sociale. Giunto alla ventitreesima edizione, il Rapporto è stato costruito attor-no a sei dicotomie: fiducia/sfidu-cia; progettazione/improvvisazio-ne; benessere/malessere; cittadino/sudditanza; nord/sud; uomo/donna. Tematiche ritenute rappresentative dell’attualità politica, economica e sociale del nostro paese. Le sei di-cotomie sono illustrate attraverso altrettanti saggi, accompagnati da sessanta schede fenomenologiche. Il Rapporto è arricchito dall’inda-gine campionaria sulla situazione economica delle famiglie, la fidu-cia nelle istituzioni, l’orientamento dell’elettorato, il rapporto tra ban-che e cittadini, il gradimento nei confronti di servizi pubblici e pri-vati, la salute, il testamento biolo-gico e l’eutanasia. In occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia è stato importante poi andare a capire quali siano i sentimenti dei cittadini ri-spetto alle differenze tra nord e sud, quale il senso del vivere in Italia e quanto sia diffusa e radicata l’idea di Europa. Andando più nel dettaglio il Rap-porto ci fa osservare come la situa-zione economica delle famiglie è di forte disagio. Un numero sempre

crescente di famiglie italiane sono costrette, a causa del peggioramento generalizzato della condizione eco-nomica del paese, a grandi sacrifici per riuscire ad arrivare alla fine del mese. Lo scenario prospettato dalla crisi incide pesantemente sulla quo-tidianità e sul futuro degli italiani tra cui i pessimisti sono la maggioran-za (il 51,8% considera la situazione economica del paese peggiorata). La maggioranza del campione, inoltre prevede situazioni ancora peggiori per i prossimi dodici mesi. Cresce la quota di quanti sostengono che i prezzi siano aumentati e cresce an-che il numero di quanti indicano un eccessivo aumento del costo della vita. Si reagisce tagliando le spe-se superflue come regali, viaggi, tempo libero. Una famiglia su tre è costretta a mettere mano ai rispar-mi. Aumentano le famiglie con dif-ficoltà a pagare il mutuo o l’affitto della casa. Infine cresce la voglia di tentare la sorte attraverso il gioco con la speranza di avere un colpo di fortuna che risollevi le finanze.La Puglia presenta delle situazioni di eccellenza, per esempio nel cam-po del volontariato, in cui la nostra è stata l’unica tra le regioni italiane ad aver fatto chiarezza sul fenomeno del volontariato, investendo risorse per la rilevazione del numero delle associazioni iscritte e non iscritte nei registri regionali, dei settori di intervento, del numero di volontari.

Alice Mi

Page 12: Volontariato Salento Febbraio 2011

12SPECIALE DONNE

Femminismo liberale, socialista, femminismo anarchico, il movi-

mento delle suffragette, il femminismo radicale fino al cyber femminismo.Evoluzioni di una lotta per un diritto proprio e naturale, confusa a volte nel tempo e che ha seguito in ogni paese un percorso differente con un unico nutri-mento, la conoscenza, la cultura.In Italia, il moderno femminismo nasce con la contestazione studentesca, filo marxista, riprende la questione femmini-le vista dalla lavoratrice. Secondo questa visione, se l’operaio è sfruttato, la donna lo è due volte, sia come lavoratrice sia come donna in relazione all’uomo.Nel 1972, viene così pubblicato La co-scienza sfruttata, a Trento, da un gruppo di donne unite nel circolo “Lotta fem-minista” nato contemporaneamente alla rivolta studentesca.

Già alcuni anni prima, però, in Italia erano stati costituiti il Fronte italiano di liberazione femminile (FILF), nel 1969, e il Movimento per la liberazione della donna (MLD), espressione del Partito radicale, che avanza richieste concrete: istituzione del divorzio, informazione sui metodi anticoncezionali, legalizza-zione dell’aborto, creazione di asili nido.A distanza di 40 anni circa dalla sua na-scita, però, i diritti raggiunti dalle donne italiane, sono ancora pochi, si pensi alle quote rosa che non vengono rispettate, alla disoccupazione femminile, alle don-ne uccise nelle mura domestiche.Dall’’800 ad oggi si sono susseguite lot-te per un’uguaglianza molto spesso più dichiarata che reale. Anzi, un’uguaglianza mai effettivamente rag-giunta, e a dirlo non sono solo i numeri ma anche i contenuti. Basti pensare che

“Lo striscione che campeggiava nel grande salone della Casa delle Don-

ne di Lecce, presso l’ex Liceo Musicale ‘Tito Schipa’, recitava il nostro corpo non è un campo di battaglia. I locali dell’ex-Liceo hanno ospitato una bre-ve ma intensa stagione di attività della Casa delle Donne di Lecce. Poi l’am-ministrazione provinciale li ha reclamati per procedere alla loro ristrutturazione e sono tornati nello stato di abbandono in cui erano prima, e chi sa quando i lavori di ristrutturazione avranno inizio”. Rac-conta così, Antonella Mangia, dell’asso-ciazione La Casa delle Donne di Lecce, l’esperienza che la vede coinvolta insie-me con molte donne della provincia. Ma quali sono le necessità delle donne in una società moderna? “C’è un grande bisogno di protagoni-smo, di una presa di parola pubblica, di entrare in prima persona, e come soggetti

che si autodeterminano, sulla scena della politica, della vita cittadina, del dibatti-to culturale, fuori dagli schemi e dagli stereotipi imposti dall’esterno. Questo modello di società in cui storicamente ci troviamo a vivere, sta progressivamen-te e con sempre maggiore aggressività riproponendo uno stereotipo di donna divisa tra due opzioni: o angelo del fo-colare/donna in carrieracomunqueper-bene o puttana. In ognuno dei due casi essa viene espropriata del suo corpo che viene sottratto alla sua autodetermina-zione e diventa terreno di scontro della politica e dei rapporti di potere. Quella stessa politica e quei rapporti di potere dai quali le donne per la maggior parte sono escluse.”Si parla di oggettivizzazione del corpo, credi che sia un problema solo femmi-nile? “Oggi la politica e i rapporti di potere si

FEMMINISMO, EVOLUZIONI DI UNA LOTTA

NON È UN PAESE PER DONNE

Dalle suffragette al cyber femminismo, dai movimenti degli anni ‘70 alle donne in piazza oggi,la battaglia per dignità e pari diritti delle donne non si è mai fermata

Mensile delle associazioni di volontariato della Provincia di LecceFebbraio - Anno VI - n.47

Iscritto al n.916 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 24/01/2006

Direttore Responsabile: Luigi Russo

Redazione: Serenella Pascali (coordinatrice), Luigi Conte, Sara Mannocci,Sara D’Arpe, Laura Mangialardo, Luca Spagnolo, Silvana Sarli

Grafica e impaginazione: Sergio De Cataldis

Sede: Centro Servizi Volontariato Salento - via Gentile, 1 - LecceTel. 0832.392640 - Fax 0832.391232 - Direttore: 335.6458557

www.csvsalento.it [email protected] Stampa: SERAFINO ARTI GRAFICHE - TRICASE - Tel e Fax 0833.541866

Secondo lei, esiste ancora una differenza tra le lavoratrici

settentrionali e le lavoratrici meri-dionali?Assolutamente sì. Le donne meri-dionali pagano pratiche culturali che scoraggiano la loro presenza nel mercato del lavoro e che più che al nord sostengono una visione dicotomica di ruoli tra l’uomo e la donna in cui il primo ha la funzione di breadwinner e la seconda quella di caregiver. La donne del Nord sono state fa-vorite da un investimento forte in politiche sociali e di conciliazione che, al contrario, non si è verificato al Sud. Basti pensare alle differen-ze presenti in termini di servizi per l’infanzia. Le conseguenze sull’oc-cupabilità femminile sono note. Basti pensare che tra le donne inat-tive, per motivi familiari, 291mila dichiarano di non poter cercare la-voro per la mancanza di servizi di cura per i figli. Di queste, 174mila vivono nel Mezzogiorno (il 59,8% del complesso) (dato 2009).L’ultimo trimestre del 2010 ha re-gistrato un incremento dell’occu-pazione femminile, cosa ha deter-minato il cambiamento?E’ necessario partire dal cambia-mento di rotta in materia di politi-che sociali e di conciliazione che la Regione Puglia ha intrapreso a par-tire dal 2004. Il 2010, infatti, ripren-de la tendenza positiva registrata a partire da quell’anno in relazione al miglioramento costante dei tassi di occupazione e attività femminili, miglioramento che si era arrestato nel corso del 2009 in corrisponden-za della grave congiuntura econo-mica. Tra il 2004 e il 2008, infatti, la Puglia aveva registrato più che positive performance negli indica-tori relativi alla partecipazione delle donne nel mercato del lavoro, con un’ impennata dal 22,7% al 30,2% (+7,5%), mentre il tasso di disoccu-pazione femminile era sceso di ben 6 punti percentuali, passando dal 21,8% al 15,8%. Nello stesso perio-do i posti degli asili nido in Puglia sono cresciuti del 185%. La ripresa è avvenuta, dunque, per-ché la Regione Puglia ha innanzitut-to cercato di rispondere alla doman-da insoddisfatta di servizi di cura.

DONNE DEL NORD E DONNE DEL SUD,

STORIA DI UN DIVARIO ANCORA ATTUALE

A colloquio con Serenella Molendini, consigliera

regionale di parità

esercitano sui corpi di uomini e donne, che vengono disciplinati, controllati, nonché modellati secondo le esigenze del potere economico e politico. Il corpo delle donne, in particolare, non solo vie-ne usato come merce per vendere altra merce, non solo è oggetto che deve pro-durre il piacere (sessuale) degli uomini, ma deve assoggettarsi a ben precisi cano-ni estetici, che altro non sono che un altro modo di renderle più docili e più produt-tive, nelle camere da letto come nelle re-lazioni familiari, come, sopratutto, nelle relazioni economiche e sociali. Il corpo viene ‘vivisezionato’ in tante singole par-ti, la bocca, le rughe intorno alla bocca, le rughe sulla fronte, i capelli, la pelle, il seno... e per ognuna di queste parti c’è un prodotto da vendere, una merce che cor-risponde ad un desiderio indotto, un ca-none estetico di bellezza imprescindibile.L’autodeterminazione delle donne viene continuamente rimessa in discussione da chi ha la pretesa di normalizzare i com-portamenti sessuali, le scelte di relazione affettiva, la libera scelta di essere o non essere madri.” Il corpo femminile come campo di battaglia, dice Antonella Man-gia, ma, aggiunge, “per noi, la Casa delle Donne significa questo: rivendicare ed esercitare il diritto a mettere in campo i nostri sogni, da protagoniste”.

È stato lo slogan che ha riempito, negli ultimi mesi le piazze d’Ita-lia reali e virtuali, contro lo sfruttamento dell’immagine femmini-le. Intervista ad Antonella Mangia della Casa delle Donne di Lecce

in Italia a firmare protocolli contro lo sfruttamento dell’immagine femminile nella pubblicità, è una donna che ha pre-stato l’immagine del suo corpo nudo per fare calendari, recuperando buone dosi di profitto.Ma l’uguaglianza non si ha soprattutto nei posti di poteri e di lavoro. Secondo l’Istat dal 1993 al 2009, di 1,8 milioni di occupate, solo 218 mila (ossia il 12,1%) hanno interessato le regioni meridionali. Non solo. Il tasso di occupazione fem-minile nel nostro Paese si conferma fra i più bassi in Europa: appena il 46,1% di occupazione, inferiore di circa 12 punti percentuali rispetto a quello medio della Ue.

A cura di Laura MANGIALARDO

Page 13: Volontariato Salento Febbraio 2011

13SPECIALE ROM

Il campo Panareo acquista la forma strutturale che oggi conosciamo

grazie ad un investimento del comu-ne di Lecce per la costruzione di 16 case di circa 60 mq in cui vivono fino a 8-10 persone e che si aggiungono ad una decina di container già presenti. A causa dell’insufficienza degli spazi destinati, il settore dei lavori pubblici comunale decise di lasciare in piedi le baracche delle 14 famiglie e 6 single (circa 80 persone) escluse dal progetto – quelle che ad oggi sono le “campi-ne”. Il 25 gennaio 2011 un’ordinanza del comune di Lecce ordina lo sgom-bero entro 30 giorni di queste ultime per permetterne la demolizione, pena il pagamento delle spese di demolizio-ne e dello smaltimento del materiale. All’iniziativa segue un accorato tenta-tivo di mediazione con l’Amministra-zione da parte della Rete antirazzista Salento, da anni impegnata a dialo-

gare insieme ai Servizi sociali con gli abitanti del campo. Nonostante la ricerca di confronto, il sindaco Paolo Perrone decide di non attivare tavo-li di ascolto con il popolo Rom. Di

concerto con il Prefetto, infatti, e alla presenza del vicepresidente regionale Loredana Capone, delibera l’abbatti-mento delle “campine” e si impegna a elargire un contributo di 500-600

euro per l’acquisto di roulotte dove alloggiare. A lungo termine, invece, si prevede un possibile finanziamento regionale o ministeriale per mettere in sicurezza il campo.

Le storie che raccontano la pre-senza del popolo rom in mezzo

a noi sembrano disegnare uno scena-rio sempre uguale a se stesso, segna-to principalmente da campi sosta e sgomberi. La sensazione è che si ri-tenga quasi impossibile innescare una relazione costruttiva che non si risol-va nella sbrigativa pratica dell’allon-tanamento dai centri abitati. In molti casi manca una seria riflessione su ciò che si vuole dare e – perché no – rice-vere da comunità con un vissuto così distante dal nostro. Buone pratiche di relazione con il variegato popolo rom, però, sono state attivate negli anni, ad opera soprattutto del terzo settore. A Milano, parte della comunità rom di via Rubattino ha lasciato la strada grazie a percorsi di accompagnamen-to all’autonomia attuati dalla Comu-nità Sant’Egidio in collaborazione con altre associazioni e ai cittadini del quartiere, mirati alla ricerca della casa, all’attivazione di corsi di lingua italiana per gli adulti e di percorsi di formazione professionale e avvia-mento al lavoro per i ragazzi. Nella Comunità cristiana dell’Isolotto a Firenze, il dialogo con la comuni-tà rom si intreccia con la questione femminile grazie al progetto “Labo-ratorio Kimeta” che cura il percorso di formazione-lavoro di cucito-rica-mo-maglia-uncinetto “Donne per le donne”. Nella più vicina Bari dalla volontà comunale nasce la coopera-tiva di lavoro “Artezian – servizi di

trasporto e facchinaggio” costituita da uomini e donne rom del quartiere Japigia. Da una costola di “Artezian” prende forma, inoltre, il laborato-rio “sArte della ri-creazione”, in cui donne rom e italiane si attivano per la produzione di abiti e accessori di riuso. Anche la nostra Lecce ha inne-scato percorsi di incontro e inclusione con la comunità rom del Panareo. Lo Spazio Sociale Zei-circolo Arci, Me-ticcia cooperativa sociale e NaeMI forum delle donne native e migranti hanno attivato laboratori di sartoria-maglieria e costruzione di gioielli con 30 donne del campo nell’ambito del progetto “WorkingRom”. Il leitmotiv è sempre lo stesso: conoscere da vici-no il proprio interlocutore.

Jacopo, mio figlio, è nato a Brindisi da genitori leccesi. Mirko è nato a Lecce

da genitori slavi da tempo residenti in cit-tà. Entrambi vivono a Lecce e frequenta-no scuole italiane ma per le istituzioni, i media, il senso e i luoghi comuni l’uno è diverso dall’altro. Perché il secondo è considerato un nomade, senza diritto ad una casa e quindi destinato, senza scrupo-li, al campo rom della masseria Panareo.Sta in questo doloroso paradosso la vi-cenda che torna ad essere affrontata in questi giorni, situazione che non è un pro-blema da delegare al sindaco, tirandosi fuori da ogni responsabilità che compete invece all’intera comunità salentina. Per-ché, se un territorio vasto come il nostro nel quale vivono circa ottocentomila per-sone, non riesce a dare soluzione al futuro dell’unica comunità di cittadini rom della nostra provincia – costringendola a vivere da vent’anni in un campo sosta che, no-nostante gli sforzi, è un’offesa al decoro,

all’accoglienza, all’integrazione – vuol dire che la colpa è di tutti. Perché scontia-mo tutti un ritardo culturale nei confronti della diversità e di come affrontarla. Ecco perché, partendo da quella odiosa ordi-nanza che prevede l’abbattimentodelle “campine” per motivi d’igiene e sa-lute, senza però neanche porsi il problema di quale alternativa dignitosa offrire a chi le occupa, si deve compiere uno sforzo comune per segnare un nuovo passo, per decidere di non “tollerare più il dato di fatto”.Non dobbiamo soffiare sul fuoco delle polemiche inutili: al di là delle respon-sabilità ricadenti su chi governa la città da quindici anni, ormai è anche vero che quella dell’integrazione della comunità rom in città non è stata in cima ai pensieri di larga parte della sinistra presente nelle istituzioni enei partiti. Quello che di buono s’è fatto è principalmente merito di quelle real-tà associative che in silenzio, e spesso nell’indifferenza, hanno costruito pro-getti, realizzato mediazioni, promosso integrazioni.Sono loro che devono fare da ponte per costruire finalmente una consapevolezza diffusa nella nostra comunità circa la si-tuazione dei rom della nostra provincia. Che, ormai dovrebbe essere chiaro a tutti, non può che partire da una constatazione: superare la logica dei campi, garantire a chi li vive condizioni di vita degne, asse-gnando ai rom la possibilità di poter acce-dere all’assegnazione delle case popolari. Chiedendo loro in cambio il rispetto delle regole, l’osservanza dei doveri.

Carlo SalveminiPromotore di Lecce 2.0dodici,laboratorio d’idee partecipate

QUEL PASTICCIACCIO DEL PANAREO

BUONE PRATICHE DI DIALOGO “NON TOLLERARE PIÙ IL DATO DI FATTO”

Il campo rom di Lecce sotto i riflettori: breve cronistoria di una comunità sgomberata

Esempi concreti di relazioni costruttive con il variegato universo rom. Dal nord al sud Italia, quattro percorsi che fanno la differenza

A cura di Lara ESPOSITO

Page 14: Volontariato Salento Febbraio 2011

14SPECIALE CANILI

OLTRE IL RANDAGISMO

“UN NUOVO PARCO CANILE PER RISOLVERE LE CRITICITÀ”

ASSOCIAZIONE NUOVA LARA“Entrano 250 cani all’anno. Quando è possibile li liberiamo,

previa sterilizzazione e dotazione di microchip”

LA VOCE DELL’ASLI criteri e l’ambito

dell’assistenza sanitariaL’evoluzione della situazione sul territorio, tra il ruolo dell’Asl, l’impegno dell’amministrazione e quello dell’associazionismo

La voce del Comune di Lecce: intervista ad Alfredo Pagliaro, assessore al randagismo

Spesso agli onori della cronaca, i cani e i canili sono protagonisti

di situazioni non sempre esemplari. I problemi legati al randagismo sono tanti e multiformi ed assumono ca-ratteristiche diverse a seconda delle scelte di pubbliche amministrazioni e Asl. Secondo la Legge Regiona-le pugliese, ogni comune dovrebbe avere un canile sanitario, in cui i cani trovati per strada senza un Cip di riconoscimento, obbligatorio per legge ormai da tempo, dovrebbero restare sessanta giorni per consen-tire che siano ritrovati dai padroni o dotati di microchip e sterilizzati, se randagi. Trascorso questo tempo i cani dovrebbero essere trasferiti in un canile-rifugio più adeguato. Non è usuale nella provincia di Lec-ce trovare cani dotati di microchip e sterilizzati e si può facilmente dedurre che ciò non fa parte del modus ope-randi di molti dei padroni di cani. C’è

quindi forse bisogno di interventi che mirino a cambiare la mentalità dei cittadini. I cani randagi sono quasi sempre cani di proprietà abbandonati o figli di cani non sterilizzati. Spesso si trovano intere cucciolate vicino ai

rifiuti o in aree di campagna, proprio perché molti ritengono un comporta-mento inumano sterilizzare gli anima-li. Ci sarebbe da chiedersi se non sia più inumano abbandonare per strada cuccioli non svezzati.

Assessore, cosa ci può dire in merito al rifugio Lovely?

E’ una struttura data in comodato d’uso e viene in questo momento ge-stita dalla Lupiae Servizi. Ora che è scaduto il contratto, dobbiamo valuta-re il futuro di questa struttura o attraverso le associa-zioni di volontariato o realizzando un ban-do di gara in attesa del nuovo parco canile.Come pensate di strutturare il nuovo parco ca-nile?Abbiamo questo ter-reno espropriato alla malavita organizzata e ci è stato messo a disposizione dopo una battaglia portata avanti a Roma perché ritenevano che un canile non potesse avere uno scopo socia-le. Il nuovo parco guarda con molta attenzione alle necessità della città, quindi ospiterà circa 200 cani circa ma sarà modulare, i moduli verran-no rimossi man mano che i cani si ridurranno. Ci sarà spazio anche per il canile sanitario. Sarà un parco vero e proprio dove poter trascorrere una giornata, con una eventuale pensio-ne per cani e un servizio veterinario 24 ore su 24. Avremo uno spazio per la rieducazione degli animali, spazi conviviali e una sala dove trasmette-re film per le scuole. Abbiamo creato

uno spazio tale che ci permetterà di risolvere il problema randagismo in questa parte del paese.E riguardo al canile sanitario?Il primo problema era mettere in ordi-ne alcune strutture e siamo partiti dal

canile sanitario, che abbiamo ristrutturato, creando la

sala operatoria per il compito più impor-

tante, quello della s ter i l izzazione. Rimane il proble-ma del numero dei cani: il canile sanitario dovrebbe

averne un numero limitato ma purtrop-

po, data la disponibili-tà di posti nel rifugio Lo-

vely, il canile sanitario tende a sovraffollarsi. Non sarà anche a causa del fatto che al canile Lovely non ci sono molte adozioni e che nascono nuovi cani?Si, le adozioni sono molto poche e non sono promosse forse perché il ca-nile si trova lontano o per i contrasti tra la Lupiae servizi e l’associazione. I cani sono tutti dotati di microchip e sterilizzati, mi riferisco a quelli all’in-terno del rifugio Lovely curati dalla Lupiae Servizi. Ma l’associazione ha diritto, secondo il comodato d’uso, a portare cani all’interno e potrebbero essere non sterilizzati.E il monitoraggio che state organiz-zando come funziona?

Il compito dei veterinari dell’Asl dovrebbe essere quello di dotare

di microchip e sterilizzare i randagi, curare quelli feriti o vaccinare e sver-minare i cuccioli. Il responsabile per l’Asl di Lecce, Giovanni Tortella, vice Presidente del Consiglio Direttivo dell’Associazione nazionale medici veterinari Puglia, in un incontro della Consulta Ambiente del Csv Salento tenutosi a Lecce nel gennaio scorso ha affermato: “E’ compito della Asl dare l’assistenza ai cani nei canili sanitari secondo l’art.8 ultimo comma Legge 12/’95. Quando si parla di assistenza sanitaria però cosa si intende? Solo per la lesmaniosi si hanno delle Li-nee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità, che si è espresso sul tratta-mento dei cani affetti da questa ma-lattia. Gli accertamenti di laboratorio non si possono assicurare e non si fa nemmeno patologia clinica. Non ci si occupa di patologia infettiva. Allora la Asl dovrebbe trovare un posto dove fare patologia clinica e decidere anche che prestazioni fornire. La Asl non dovrebbe neppure fare il vaccino per il cimurro. La Legge 281/1991 sotto-linea che i cani catturati devono avere solo la vaccinazione per la rabbia, il trattamento per l’echinococco, e altri trattamenti profilattici per le malattie trasmissibili all’uomo. Quindi gli altri vaccini non sono compito nostro. Si è deciso in Commissione regionale di farlo comunque secondo principi generali del regolamento di polizia veterinaria”.

All’ingresso del canile sanitario di Lecce c’è una ampia sala con i

cani arrivati da poco, nell’attesa e nella speranza che vengano ritrovati o adot-tati. Prima di arrivare nella zona dove realmente i cani risiedono, c’è un patio dove gli animali passeggiano mentre le gabbie vengono pulite. Nella parte nuova del canile i cani sono rinchiusi in genere due per gabbia, tre se sono di piccola taglia. Paola Gorgoni, pre-sidente dell’associazione Nuova Lara e responsabile del canile, ci guida a conoscere i cani, spesso nelle gabbie ci sono animali che in libertà vivevano insieme. Se ora sono in canile è per-ché in strada erano arrivati da poco e non riuscivano a trovare cibo o acqua, o perché cani pericolosi per l’uomo. “I cani che sono qui, quando possono essere rimessi sul territorio, vengono riportati nel luogo dove sono stati tro-vati, previa sterilizzazione e dotazione di microchip, questo ce lo garantisce

un’ordinanza del comune di Lecce”, ci spiega Gorgoni. “È anche una que-stione logistica: non sarebbe possibile tenere qui tutti i cani che entrano. Sono 250 all’anno. Sappiamo che sul territo-rio ci sono volontari che se ne occupa-no, portano acqua e cibo e sono attenti alle loro condizioni di salute. Il canile qui è di cemento, i cani restano nei box e non ci sono spazi verdi. Non li libe-riamo se sono di piccola taglia, perché di più facile adozione. La liberazione viene fatta dall’associazione Nuova Lara, non dal Comune o dall’Asl”. Nella parte più vecchia del canile l’as-sociazione ha predisposto tettoie con materassi in cui i cani possono ripo-sare, “la struttura però è vecchia e non abbastanza grande – sottolinea Gorgo-ni – i posti sono veramente pochi per un comune delle dimensioni di Lecce, noi cerchiamo di sopperire per quello che l’amministrazione o il servizio sa-nitario non riescono a fare”.

Abbiamo previsto, primi in Italia, un censimento degli animali della città di Lecce e del circondario. Si tratta di 14 comuni, compreso Torchiarolo della provincia di Brindisi. Abbiamo coinvolto l’Università di Statistica e di Biologia col settore ecologia ed ab-biamo presentato questo progetto alla Regione Puglia, mi auguro che possa venire finanziato.

A cura di Sara D’ARPE

Page 15: Volontariato Salento Febbraio 2011

15AMBIENTE

Diminuisce la produzione di rifiuti solidi, aumenta la raccolta differenziata.

La Puglia nei limiti di legge, ma nessun miglioramento significativo rispetto al 2010

SOCIAL FORUM, PRESENTATA LA CARTA ETICA DELL’ACQUAA Dakar protagoniste le reti della società civile mondiale che difendono l’acqua come bene comune.

Presente il Comitato per il contratto mondiale sull’acqua per distribuire pubblicamente la Carta

Partite le attività auto organizzate al Forum sociale mondiale di Da-

kar. Le associazioni e le reti della so-cietà civile mondiale hanno proposto conferenze e workshop su pratiche di economia solidale, migrazioni e svi-luppo, questione ambientale, accesso alle risorse del pianeta. Martine Aubry è intervenuta a un dibattito sull’acqua come bene comune al quale ha assistito tra il pubblico anche Massimo D’Ale-ma, arrivato a Dakar come presidente della Fondazione Europea dei Progres-sisti. In contemporanea l’Ong italiana Acra ha condotto un workshop por-tando l’esperienza della cooperazione per la gestione comunitaria delle acque nelle zone rurali di tre paesi africani: sono intervenuti i rappresentanti delle comunità in Senegal, Tanzania e Bur-kina Faso. Poco dopo Danielle Mitte-rand con France Libertés ha aperto i

lavori di una tavola rotonda sul diritto all’accesso all’acqua nelle aree rurali e urbane in Africa.Presente alle iniziative il Comitato Italia-no per il Con-tratto mon-diale sull’ Acqua (Ci-cma) che, d u r a n t e la tavola r o t o n d a di France Libertes, ha presen-tato La Carta Etica dell’Ac-qua. La Carta sostiene una coope-razione per garantire il diritto all’Acqua per tutti, e la

gestione della risorsa a livello pubblico e comunitario, - spiegano Paolo Rizzi e

Laura Bergomi, membri del direttivo nazionale

Cicma - la Carta è stata pubblicata

a dicembre ma ci lavo-riamo da tre anni e nel 2007 a Nairobi abbiamo coinvol-to anche

l ’Afr ican Water Net-

work; è il risultato di un

lavoro collettivo che come Cicma abbia-

mo portato avanti con la coo-

perazione italiana CeVi, Cipsi, Acra, Cospe, Legambiente e internazionale France Libertés – Fondation Danielle Mitterand (Francia), Cerai (Spagna), Green (Belgio), Humanitas (Slovenia), Kessa Dimitra (Grecia), Trasnational institute (Olanda).Il Comitato per il Contratto Mondiale sull’Acqua è a Dakar per distribuire pubblicamente la Carta e per condi-videre con gli altri movimenti il re-ferendum contro la privatizzazione dell’Acqua previsto a giugno in Italia. I workshop sull’Acqua previsti durante il Forum si concluderanno con l’As-semblea Tematica per condividere pro-poste concrete in vista del World Water Forum previsto a Marsiglia nel 2012 e al Contro Forum organizzato in con-temporanea dai movimenti mondiali per l’Acqua.

Sara Mannocci

AXA PRESENTA IL BILANCIO SULLA RACCOLTA RIFIUTI NEL 2010

MAL’ARIA DI CITTÀ 2011. LEGAMBIENTE PRESENTA IL NUOVO DOSSIER

Sarà per la maggiore sensibilità da parte dei cittadini, sarà per l’im-

pegno profuso dal Comune di Lecce e dall’AXA, azienda che ne gestisce il servizio di igiene urbana, ma nel 2010 si sono registrati dati incorag-gianti in merito alla raccolta dei ri-fiuti: la produzione dei rifiuti solidi urbani (RSU), la spazzatura tradi-zionale per intenderci, è diminuita a favore di un’impennata di quella dif-ferenziata. In particolare, il 2010 si è chiuso con 25.800 tonnellate di RSU raccolti, contro le 26.100 del 2009;

solo 3 tonnellate in meno (- 1,1%), ma accompagnate dall’aumento del 74% della raccolta multimateriale, 459 tonnellate in più, raccolte rispetto al 2009 (1.076 contro 617). Il dato è molto importante, soprattutto in ot-tica previsionale: quest’anno, infatti, inizierà il sistema di raccolta mono-materiale, e l’incremento notevole sin qui riscontrato, sicuramente andrà ad incidere positivamente sulle quantità che verranno raccolte di ogni singolo rifiuto/materiale. Già con il regime di raccolta multimateriale, nel 2010 si è

registrato un aumento della raccolta di carta, legno, cartone, e plastica, nonché il buon risultato della raccolta dell’Alluminio (inesistente nel 2009) che nel 2010 ha raggiunto quasi le 2 tonnellate. Nel dettaglio, la carta rac-colta ha raggiunto le 403,5 tonnellate nel 2010, contro le 322,2 del 2009, con un aumento pari al 25,2% (+ 81,3 t); la raccolta del legno è aumentata del 15,5%, ossia 21,2 tonnellate in più rispetto al 2009 (157,3 t raccolte nel 2010); 870 sono state le tonnellate di cartone raccolte nel 2010 a fronte

delle 777 nel 2009 (+ 93 tonnellate, + 12%); infine, la plastica raccolta è au-mentata di oltre 3 tonnellate rispetto al precedente anno, segnando un au-mento di 3 punti percentuali (114 ton del 2010, contro le 110,6 del 2009). I risultati del servizio di AXA hanno inoltre segnato il significativo aumen-to della quantità raccolta di Rifiuti In-gombranti (beni durevoli, Raee, ecc.) che nel 2010 ha raggiunto le 151,5 tonnellate, aumentando del 9% (+ 12,5 t) rispetto al 2009.

Silvana Sarli

Smog in città: nei capoluoghi pu-gliesi vengono rispettati i limiti

di legge, ma la qualità dell’aria non migliora. E’ il dossier “Mal’Aria di città 2011”, presentato nei giorni scorsi in tutta Italia da Legambiente, ad illustrare i livelli di inquinamento atmosferico rilevati dalle centraline di monitoraggio dislocate nel terri-torio regionale, confermati dai dati pubblicati dall’Arpa Puglia, sulla qualità dell’aria delle città di Bari, Andria, Barletta, Brindisi, Taranto e Lecce. I principali inquinanti moni-torati (PM10, PM2.5, Ozono, Biossi-do di azoto, Monossido di carbonio, Biossido di zolfo e Benzene), sono tutti rientrati nei limiti di legge. Le centraline di monitoraggio hanno ri-scontrato alcune criticità solamente nel caso delle polveri sottili, in par-

ticolare per il PM10 (in-sieme di sostanze solide e liquide con diametro i n f e r i o r e a 10 mi-c r o n . Deriva-no da e m i s -sioni di a u t o -veicoli, processi industria-li, fenome-ni naturali). I valori di rife-rimento per l’in-quinante PM 10 (Dlgs. 155/2010) prevedono un limite di

50 nanogrammi per me-tro cubo (µg/m3),

calcolato su una media giorna-

liera, con uno sfo-

r a m e n -to dei l i m i t i non su-periore alle 35 v o l t e in anno.

Solo il comune di

Torchiarolo, in provincia di

Brindisi, ha supe-rato il limite 69 volte.

All’interno dei limiti, invece,

tutti gli altri comuni. La centralina peggiore di Bari, a piazza Luigi di Savoia, ha riportato 35 superamenti. Mentre quella di Taranto in via Ma-chiavelli, 31 sforamenti. Discrete tutte le altre centraline pugliesi. In provincia di Lecce, secondo i dati di Arpa Puglia, il maggior numero di sforamenti di Pm10 è stato rilevato dalla centralina di Villa Baldassarri a Guagnano, con 23 sforamenti, se-guono l’ITC Costa di Campi Salen-tina, con 22 sforamenti, Arnesano, 20, Lecce Garigliano e Giorgilorio, 13, Lecce Piazza Libertini, 12, Lec-ce-Piazza Palio, 10, Santa Barbara-Galatina, 9. Nel dossier, inoltre, Legambiente Puglia ha denunciato come Trani e Foggia siano gli unici capoluoghi ancora privi di centraline.

Si.Sa.

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