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Volpe comune - SardegnaAmbientecaccia grossa, raccomandano di uccidere tutte le Volpi che si...

Date post: 21-Mar-2021
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Anche la Volpe, come la Mar- tora, un tempo veniva attivamen- te cacciata in Sardegna per la sua pelliccia di cui si faceva un discreto e lucroso commercio. Oggi nell'Isola questo intelligen- te Canide non viene più ucciso per la sua pelle, ma è ancora oggetto di persecuzione da parte dell'uomo: il cacciatore infatti l'accusa di competere con lui perché si nutre anche di selvag- gina, il viticultore di nutrirsi d'uva, l'allevatore di insidiare gli animali da cortile, il pastore di uccidere gli agnelli e i porchetti. Quest'ultima opinione è ben esemplificata da proverbi come: "Sa mòrte de su Mazzòne est sa salùde de sos anzònes (La morte della Volpe è la salute degli agnelli, Logudoro)" o "Sa 'ùra, su rùbu e su Mazzòne tòrran su pastòre a gàna (Il furto, il rovo e la Volpe riducono il pastore alla fame, Sarule)". Tutti però dimen- ticano che, nella gamma alimen- tare della Volpe, la percentuale di piccoli Roditori (Topi e Ratti) può arrivare fino al 42,6% e che i danni causati alla selvaggina (il che avviene solo in particolari casi nei quali l'uomo non è esen- te da colpe) e agli animali dome- stici sono senz'altro ampiamente compensati da questa grande eli- minazione di pericolosi e danno- si Roditori. Infatti le catture di agnelli, conigli, polli e altri uccelli domestici non sono molto frequenti: in realtà i danni mag- giori alle greggi vengono causati dai cani rinselvatichiti, che local- mente possono diventare una vera e propria piaga al punto di distruggere intere greggi e di costituire un serio pericolo per le persone che frequentano le cam- pagne. La cattiva fama della Volpe è sicuramente dovuta anche al fatto che si trovano fre- quentemente resti di animali domestici nelle sue tane; tuttavia è stato ormai accertato da recenti ricerche che la stragrande mag- gioranza ditali prede non era stata uccisa dalla Volpe, ma, tro- vata morta per altre ragioni, era stata da questa trasportata nella propria tana per essere divorata in tutta tranquillità: la Vo l p e infatti si nutre con molta fre- quenza di carogne. Certo non si può negare che questo Canide insidi conigli, polli ed altri ani- mali da cortile, ma in tali casi basta una buona rete di protezio- ne per evitare il pericolo; in qualche circostanza poi si è addi- rittura visto un gallo particolar- mente combattivo mettere in fuga la tanto temuta Volpe! Con- tro la pretesa dannosità della Volpe si dovrebbe levare la voce del contadino, che riceve il danno maggiore dalla sua ucci- sione; quest'animale, come pre- cedentemente detto, è infatti un grande cacciatore di Ratti e Topi e l'agricoltore dovrebbe ralle- grarsi della sua presenza nei campi perché ciò indica che il 155 Volpe comune 143. Areale europeo di Volpe (Vulpes vulpes).
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Anche la Volpe, come la Mar-tora, un tempo veniva attivamen-te cacciata in Sardegna per la suapel l icc ia di cu i s i faceva undiscreto e lucroso commercio.Oggi nell'Isola questo intelligen-te Canide non viene più uccisoper la sua pelle , ma è ancoraoggetto di persecuzione da partedell 'uomo: il cacciatore infattil 'accusa di competere con luiperché si nutre anche di selvag-gina, il vi ticultore di nutrirsid'uva, l'allevatore di insidiare glianimali da cortile, il pastore diuccidere gli agnelli e i porchetti.Quest 'ul t ima opin ione è benesemplificata da proverbi come:"Sa mòrte de su Mazzòne est sasalùde de sos anzònes (La mortedel la Volpe è l a sa lu te degliagnelli, Logudoro)" o "Sa 'ùra,su rùbu e su Mazzòne tòrran supastòre a gàna (Il furto, il rovo ela Volpe riducono il pastore allafame, Sarule)". Tutti però dimen-ticano che, nella gamma alimen-tare della Volpe, la percentuale dipiccoli Roditori (Topi e Ratti)può arrivare fino al 42,6% e che i

danni causati alla selvaggina (ilche avviene solo in particolaricasi nei quali l'uomo non è esen-te da colpe) e agli animali dome-stici sono senz'altro ampiamentecompensati da questa grande eli-minazione di pericolosi e danno-si Roditori. Infatti le catture diagnell i , conig li , po ll i e a l t r iuccelli domestici non sono moltofrequenti: in realtà i danni mag-giori alle greggi vengono causatidai cani rinselvatichiti, che local-mente possono diventare unavera e propria piaga al punto didistruggere intere greggi e dicostituire un serio pericolo per lepersone che frequentano le cam-pagne. La ca t t iva fama dellaVolpe è s icuramente dovutaanche al fatto che si trovano fre-quentemente res t i di an imal idomestici nelle sue tane; tuttaviaè stato ormai accertato da recentiricerche che la stragrande mag-gioranza di ta li prede non erastata uccisa dalla Volpe, ma, tro-vata morta per altre ragioni, erastata da questa trasportata nellapropria tana per essere divoratain tut ta t ranquil l ità : la Vo l p einfatti si nutre con molta fre-quenza di carogne. Certo non sipuò negare che questo Canideinsidi conigli, polli ed altri ani-mali da cortile, ma in tali casibasta una buona rete di protezio-ne per evi tare i l per icolo; inqualche circostanza poi si è addi-rittura visto un gallo particolar-mente combatt ivo mettere infuga la tanto temuta Volpe! Con-tro la pre tesa dannosità del laVolpe si dovrebbe levare la vocedel contadino, che r i ceve i ldanno maggiore dalla sua ucci-sione; quest'animale, come pre-cedentemente detto, è infatti ungrande cacciatore di Ratti e To p ie l 'agricoltore dovrebbe ralle-grarsi de l la sua presenza neicampi perché ciò indica che il

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Volpe comune

143. Areale europeo di Volpe (Vulpes vulpes).

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raccolto sarà più copioso, essen-do diminuiti in zona i Roditori,che sono causa di gravi danni.

Che i medi e piccoli Carnivori(come la Donnola, la Martora, laVolpe e il Gatto selvatico), oltreagli uccelli rapaci diurni e not-turni, siano molto utili nell'eco-nomia della natura se ne stannorendendo conto anche molti cac-ciatori: ad Orroli negli anni 70un gruppo di cacciatori decise dichiudere alla caccia per 3 anniuna riserva al fine di permettereil ripopolamento della selvaggina(soprattutto Conigli); dopo dueanni, durante una v is i t a a l l ariserva, si constatò che le coseandavano molto bene perché iConigli si riproducevano in grannumero, ma si preferì rispettarecomunque quanto stabilito, cioèdi non cacciare in quella riservaper un altro anno. Questa deci-sione portò, contrar iamente aquanto previsto, ad una grandediminuzione del numero deiConigli, molti dei quali vennerotrovati moribondi perché grave-mente ammalati. Ebbene, se inzona, in quel momento, fosserostati ancora presenti nel giustonumero i predatori naturali delConiglio, difficilmente questofatto si sarebbe verificato perché,grazie a l l 'e l iminazione degliesemplari malati, le possibilità dicontagio sarebbero enormementediminuite. Si deve infatti sempretenere presente che le principalivi ttime dei predatori sono gliesemplari vecchi, tarati o malatie ciò perché per cat turarl i s ispreca minor energia a parità divalore alimentare.

In definitiva le campagne con-tro la Volpe risultano, a dettadegli esperti, assai più costosedei danni da queste causati ,molto pericolose in quanto con-dotte anche con bocconi avvele-nati (ne sanno qualcosa g l i

avvoltoi sardi!) e del tutto inutili.Inutili perché è stato ampiamentedimostrato che gli spazi vuoti,che si vengono a creare nellelocalità dove le Volpi sono stateuccise, sono immediatamenteoccupati da altre Volpi che, natedurante l'anno nelle zone limitro-fe e da poco diventate indipen-denti, trovano nei luoghi rimastivacanti un territorio nel qualeinsediarsi senza dover competerecoi conspecifici. La popolazionecomplessiva delle Volpi res taperciò pressoché costante perchémolt i giovani esemplari , chesarebbero stati eliminati dallaselezione naturale, sopravvivonoa causa delle condizioni favore-voli. E stato inoltre accertato chein condizioni normali una coppiadi Volpi alleva felicemente almassimo 4 o 5 cuccioli all'anno,mentre nei casi di abbattimentosistematico il numero dei piccoliche sopravvivono arriva addirit-tura a 12 al l 'anno per coppia.Non si deve dunque parlare dilotta alla Volpe, bensì di un suocontrollo numerico tramite i pre-datori naturali, unici esseri capa-ci di agire in modo tale da rende-re s tab il i ne i g iust i l imit i lepopolazioni di quest i Canidi .Purtroppo in molte località sonostati a lungo perseguitati gli asto-ri, le aquile e i Gatti selvaticiche, in Sardegna, sono propriogli unici animali in grado di fre-nare l a pro liferaz ione del laVolpe. Se vogliamo quindi con-trol l are la quanti tà d i Vo l p i ,cominciamo col lasciare in pace isuoi predatori!

Sulla Volpe sono presenti inSardegna svariate credenze. AScano e a Padria si ritiene che ilgrasso di Volpe s ia un'ott imamedicina per curare i l mal dipancia, se spalmato sulla partedolorante. A Bosa si dice che, sequesto Canide guaisce di notte,

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Nella pagina seguente, a sinistra.144. Volpe comune ( Vulpes vulpes ichnusae).Località: Isili. Poiché il Lupo non vive in Sarde-gna gli uomini hanno riversato molta della loroattenzione sulla volpe; così il classico prover-bio: "Il Lupo perde il pelo, ma non il vizio" nel-l'isola è diventato: "Fàit che i su Fraizzu, pèrditsu pilu 'e no su vìziu (Fa come la Volpe: perde ilpelo e non il vizio)" o "Mrasciài prìma de pèdriisfiziusu, pèdridi su pìu (La Volpe prima di per-dere i vizi, perde il pelo)". In realtà questo Cani-de non è particolarmente dannoso per le attivitàumane, non esistendo nemmeno il pericolo chepossa essere veicolo della rabbia in quanto que-sta malattia è assente in Sardegna. L'attuale per-secuzione nei confronti della Volpe è perciòspiegabile solo con la sopravvivenza di vecchiecredenze, nate principalmente per giustificare le10.000 pelli all'anno che si esportavano dall'Iso-la, e con gli interessi dei cacciatori che vedonoin essa una competitrice poiché cattura ancheanimali d'interesse venatorio. La legislazioneregionale ne permette l'uccisione durante tutto ilperiodo in cui la caccia è aperta e non la proteg-ge per nulla quando è chiusa. (Foto: FrancoPuddu e Maria Viarengo).

Nella pagina seguente, a destra.145. Volpe comune (Vulpes vulpes ichnusae).Località: Capoterra. "Mazzòne cànu fiorìdu( Volpe grigia fiorita)" è un detto logudoreseusato a proposito di persone maliziose; è moltoprobabile che questa massima popolare abbiapreso origine dal fatto che la Volpe durante l'in-verno ha il mantello assai più folto e argentato,per cui in molti paesi della Sardegna si usa direche è "fiorita" onde sottolinearne la bellezza.(Foto: Franco Puddu e Maria Viarengo)

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due sono le possibilità: o è inamore o deve accadere qualchedisgrazia. A Bolotana si credeinvece che , quando la Vo l p eguaisce di notte, debba morire uncavaliere. A Sindìa, se si va acaccia grossa, raccomandano diuccidere tut te le Volpi che siincontrano, altrimenti non si faràbuona caccia. In altre localitàsussiste la curiosa credenza chel'astuto Canide per liberarsi dellepulci si immerga completamentenell'acqua lasciando a contattocol terreno asciutto solamente laparte terminale della coda; que-sta fungerebbe da ponte per ifastidiosi insett i che, per nonmorire annegati, abbandonereb-

bero l'animale: inutile dire cheuna simile credenza è del tuttoerrata. Paiono invece confermatii racconti secondo i quali laVolpe, per catturare gli uccelli, sifinge morta al fine di vincere laloro diffidenza. In molti paesidella Sardegna s i d ice che ,durante la festa di S.GiovanniBattista, la statua del Santo, oltrea predire i l futuro, dia ancheimportanti consigli ed insegna-menti alla gente; fra questi siracconta che vi sia la raccoman-dazione di appendere ai muridelle case rami di a lloro e dioleandro al fine di tenere lontanile Volpi, i Cinghiali e i ladri! NelNuorese col termine Rùsta s i

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indicano tutti gli animali consi-derati dannosi dal popolo (Vo l p e ,Cinghiale, Coniglio, Lepre, certiuccelli etc.); per tenere lontanola Rùsta (in questo caso la Vo l p e )dalle vigne, dai capretti, dagliagnelli e dai porchetti, si recitanoi seguenti bèrbos o vèrbos (paro-le che si recitano per fare medi-camenti e scongiuri soprannatu-rali): Su càne ardente non d'appàu inmènte toccàre ròbba mìa, incùstu mònte violènte mie ti bàl-les sòlu, non d'appàs cossòlu desa ròbba mia.

Il Cane ardente non abbia inmente toccare la roba mia, inquesto monte violento là tu ballisolo, non abbia consolazionedella roba mia.

Come in altri paesi, anche inSardegna si at tribuiscono allaVolpe doti di astuzia, scaltrezza,giovialità e malignità. Si spiega-no così i numerosi proverbi dicui quest'animale è un protagoni-sta ora buono, ora cattivo. I pro-verbi su lla Volpe vengono ingenere usati per mettere in evi-denza i diversi aspetti della natu-ra umana. Così si suole dire:– per persone che si ripromettonodi cambiare, ma al la resa deiconti mantengono sempre le lorocattive abitudini:Su Mazzòne pòdet pèrder su pìlu,ma sas tràmpas non las pèrdetmài. La Volpe può perdere i lpelo, ma le astuzie non le perdemai. (Logudoro)Su Mazzòne pilidùra tramùdat,ma intràgnas no.La Volpe cambia il pelo, ma nonle tendenze.( L o g u d o r o )Su Mazzòne pòdet pèrder sa còa,ma non su vìtiu.La Volpe può perdere la coda, manon il vizio.( L o g u d o r o )Mazzòne pèrdet pìlu, ma tràssas

n ò n o .La Volpe perde il pelo, ma non lea s t u z i e .( E s p o r l a t u )Su t ì zzu antìgu nàrat gà i : suMazzòne càm blat su pìlu ma sastràssas mài!Il proverbio antico dice così: laVolpe cambia il peloma le astuzie mai!( I l l o r a i )Su Mariàne pèrdet su pìlu, masas tràssas mài.La Volpe perde i peli, ma le astu-zie mai.( N u o r o )Mazzone pèrdet pìluma sa màrran o .La Volpe perde il pelo ma nonl'astuzia. (Orune) Fàit che i suFraìzzu: pèrd it su p ì lu e nos'imbìzzu (o su vìziu). Fare comela Volpe: perde il pelo e non ilvizio. (Meridione) Mraxiàni apìlu càmbiada, ma a tràssa no. LaVolpe cambia il pelo, ma non leastuzie. (Nurall ao) Mraxiàiprima de pèdri is fiziusu, pèdridisu plu. La Volpe prima di perderei vizi, perde il pelo. (Mogoro)Mraxiàni càmbiat a pílu e no atràssa. La Volpe cambia il pelo enon l 'as tuzia. (Campidano)Mraxiàni innàntis pèrdit sa còache su vìziu. La Volpe pr imaperde la coda piuttosto che ilviz io. (Campidano) Mraxiàniprima pèrdit sa còa chi non làssatsu vìziu. La Volpe prima perde lacoda piut tosto che lasc iare ilvizio. (Campidano) Su Mraxiànipèrdi su pìlu, no is tràssas. LaVolpe perde il pelo, non le astu-zie. (Trexenta) Su Mraxiàni pèrdisa còa, non su vìziu. La Vo l p eperde la coda, non i l v iz io .( Trexenta) Mraxiàni pèrdi sa còa,ma su vìziu nòu. La Volpe perdela coda, ma il vizio no. (Sulcis)Lu Macciòni pàldi lu pì1u, ma lu'ìziu mài. La Volpe perde il pelo,ma il vizio mai. (Gallura) – per

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persone sagge, guardinghe emolto esperte: Su Mazzòne unabòlta rùet in giòbu. La Volpe unavolta cade nel laccio. (Logudoro)Mazzòne cànu difficilmente sicàzziat. La Volpe vecchia diff i-cilmente si prende. (Logudoro) –per persone che, bighellonandoqua e là, finiscono sempre perrimediare qualcosa, in particolarese sono scaltre come la Vo l p e :Mazzòne chi ràndat Mazzòne chiaggrùndat. Volpe che fa la rondaVolpe che trova. (Bultei) Gròddechi non gìrat lànzu morit. Vo l p eche non g ira (caccia) muoremagra . (Mores) Mariàne cheaggrùcat, Mariàne che bàscat.Volpe che gira, Volpe che busca.(Nuoro) Mraxiàni ch i gì rat ,Mraxiàni chi pìgat. Volpe chegira, Volpe che prende. (Campi-dano) – per persone che trattatebene si comportano poi in modoingrato: Non a l imèntes Maz-zonèddos in dòmo. Non allevarepiccole Volpi in casa. (Logudoro)– per quegli uomini che in casasi comportano in modo insoppor-tabile e con le persone estraneesono invece molto cordiali:In dòmo leone et fòra Mazzòne.In casa leone e fuori Vo l p e .(Logudoro) – per i malfattori,quando vengono scoperti e punitioppure per sottolineare che iltempo lascia sempre le sue traccesugli esseri viventi: Ogni Mazzò-ne bènit a pèrder sa còa. OgniVolpe viene a perdere la coda(Logudoro) – per persone chehanno cominciato tutto bene, mahanno poi finito tutto male: S'in-tràda de su leòni, sa bessida desu Mazzòni. L'entrata del leone,l'uscita della Volpe. (Logudoro)– per persone malvage, che sitrovano in ogni paese: In dògnitèrra bì hat Mraxiànes. In ogniterra vivono Volpi. (Meridione)In dònia tèrra dòi àdi Mraxiànis.In ogni luogo vi sono Vo l p i .

( Trexenta) – per il poveraccioche si vanta di conoscere e distare con persone non alla suaportata sociale: Margiàni in mèsude is èguas. Volpe in mezzo allecavalle. (Meridione) – per i lfurbo che vince l'uomo di buonafede o per il forte che batte ildebole : Su Mazzòne s ìghi ts'anzòne. La Volpe segue l'agnel-lo. (Logudoro) – per persone pol-trone che non hanno voglia dilavorare o per coloro che si infa-stidiscono per un nonnulla:Ad su Mazzòne sa còa l'impìdit.Alla Volpe pesa la coda. (Logu-doro) A Mariàne sa còa l'impè-dit . Alla Volpe pesa la coda.(Nuoro) – per falsi amici che,grazie alla loro astuzia, fanno piùdanni dei nemici: Su pastòretìmet plus su Mazzòne chi non suladròne. Il pastore teme più laVolpe che non il ladro. (Logudo-ro) S'angiòni t ìmi prus suMarxiàni chi no su ladròni. L'a-gnel lo t eme più la Volpe delladrone. (Campidano) S'angiònit ìmit prus su Mraxiàni de suladròni. L'agnello teme più laVolpe del ladrone. (Campidano)– per coloro che devono sorve-gliare qualcosa oppure con lostesso significato dei proverbi dicui al punto che precede: Si nonfit su Mazzòne su pastore dormlat sùstos lòngos. Se non fosseper la Volpe il pastore dormireb-be sonni lunghi. (Logudoro) –per coloro che andando con altriacquistano caratteristiche simili aquesti ultimi: Chi cròccada cunMraxiàni, prènu 'e pùxi si ndipèsada. Chi dorme con la Vo l p e ,si alza pieno di pulci. (Marmillae Arborea) Chi cròcada cuMraxiàni sìndi pèsada pulixiòsu.Chi dorme con la Volpe si sve-glia pieno di pulci. (Sarcidano)Inchìni àbbita cun Mraxiàni sindipèsa pollixiòsu. Chi abita con laVolpe si sveglia pieno di pulci.

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(Meridione) – per coloro che nonriescono a convivere pacifica-m e n t e :Dùos Mazzònes ìntro ùna tànanon àndant mài bène.Due Volpi dentro una tana nonvanno mai bene.( L o g u d o r o )– per quelle persone che tentanodi frequentare un ambiente chenon è loro congeniale oppure percoloro che prima o poi finisconosempre per ritornare nella pro-pria casa:Ogni Mazzòne in tàna sùa.Ogni Volpe nella sua tana.( L o g u d o r o )Dùnna Maccìoni in tana sògia.Ogni Volpe nella sua tana.( G a l l u r a )Càda Marzàne in tèrras sùas.Ogni Volpe nelle sue terre.( G a v o i )– per coloro che grazie alla lorofurbizia riescono a conseguirecon frequenza risultati positivi:Ita Marg i à n i !Che Vo l p e !– per due persone furbe che siaiutano a v icenda senza maii m b r o g l i a r s i :Càne et Mazzòne màndigant ac u m ò n e .Cane e Volpe mangiano insieme.( L o g u d o r o )– per coloro che si vantano diaver fatto cose eccezionali, men-tre in realtà erano solo di nume-r o :Pèsat piùer chiMazzòne in mèsu èbbas.Solleva polvere comeVolpe in mezzo al le cavalle.(Logudoro) per quelle personeche, credendosi furbe, alla finenon riescono ad ingannare il pre-sunto ingenuo:Non tòtu sos anzònes sunt de sosMazzònes. Non tutti gli agnellisono delle Vo l p i .( L o g u d o r o )– per sottolineare che i difetti dei

genitori si tramandano ai figli equindi che da un'entità negativanon può derivarne una buona:Mazzòne non fàghet anzòne.La Volpe non genera agnell i .(Logudoro, Nule) Su Mazzònenon fàghet Conìglios ma fàghetMazzònes. La Volpe non partori-sce Conigli ma Volpi. (Ploaghe)Fill' 'e Mraxiàni, Mraxiàni èsti.F ig l io d i Volpe , Volpe è .( Trexenta) De Mraxiàni ,Mraxianèddus. Dalla Volpe, Vo l-pacchiotti. (Trexenta) Chi sesMrasciàni, non ses càni. Se seiVolpe, non sei cane. (Tr e x e n t a )Comènt 'ès t i su Mraxiàni , suMraxianèddu. Com'è la Volpe, ilVolpacchio tto . (Tr e x e n t a )Mraxiàni ha fàttu vòtu de fài ùnuConìllu, ma càndu la blu su fillufùdi Mraxiàni e tòtu. La Volpe hafa t to un voto d i par tor ire unConigl io , ma quando vide i lf igl io era Volpe egualmente .( Tr e x e n t a )Mraxiàni hìat fàttu ùnu vòtu defài ùnu Conillu, ma càndu hìatblu su fillu fiat Mraxiàni e tòtu.La Volpe aveva fatto il voto digenerare un Coniglio, ma quandovide il figlio era egualmente unaVolpe. (Campidano) Mraxiànihìa'fàttu vòtu de fai ùnu Conillu;cand 'hat fà t tu su f i l lu f i atMraxiàni e tòtu! La Volpe avevafatto il voto di generare un Coni-glio; quando fece il figlio eraegualmente una Volpe! (Cagliari)Mraxiàni hìa fàttu còntu ca pofillus tenia Cunillèddusu; andàu-su a bìri is pittichèddusu: fùantaMraxianèddusu e tòtu. La Vo l p eaveva fatto conto che per figliaveva Conigliet t i ; andiamo avedere i piccoli: erano Vo l p a c-chiotti egualmente. (Nurallao) –per coloro che, caduti in disgra-zia, si vedono portare via tuttoquel che gli è rimasto:De Mariàne sa còa.Della Volpe la coda. (Lula)

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– per i ladri che, seguendo unantico codice di comportamento,non mettono a segno i loro colpinel vicinato:Su Mazzòne no fàghet dànnos inb i g h i n à d u .La Volpe non fadanni nel vicinato. (Logudoro)Su Mazzòne non fàchet dànnu inb i c h i n à u .La Volpe non fadanno nel vicinato. (Nuoro)Questo proverbio ha radici anti-che ed è nato nel mondo pastora-le, ove costituiva una delle rego-le fondamentali dell 'abigeato:non si può rubare bestiame aivicini di pascolo, pena il disprez-zo da parte della comunità. Incerti paesi esisteva una legge nonscritta, sas sètte làcanas, secondola quale si dovevano oltrepassarealmeno set te confini prima dipoters i dedicare al fur to dib e s t i a m e .– per sottolineare che anche per i

furb i pr ima o poi v iene l 'oradella resa dei conti:No b'at Mazzòne chi non fetatfine màla. Non c'è Vo l p eche non faccia una brutta fine.( L o g u d o r o )– per chi affida beni o concede lasua fiducia a persone note per laloro disonestà:Non fides su Gròdde in mèsu 'esas pùddas ca si nono las iscàn-nat . Non f idare la Volpe inmezzo alle galline altrimenti lescanna. (Bonnanaro)Raccumandài is pùddas aM r a x i à n i .Raccomandare le gal l ine a llaVolpe. (Campidano)Fìdai is pùddas a Mraxiàni.A ffidare le galline alla Vo l p e .(Campidano) – per coloro che,nati con certe tendenze, le man-tengono per tutta la vita: Chìenàschet Mazzòne non mòri tanzòne. Chi nasce Volpe nonmuore agnello. (Chiaramonti) –

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146. Durante il sonno la volpe spesso assumeuna posizione raggomitolata, con la coda chefrequentemente le copre la parte anteriore delmuso. Più caldo di così!

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per quelle persone che, colte infallo, hanno sempre una scusapronta: A Mariàne iscùsa non limàncat. Alla Volpe una scusanon manca. (Bitti) – per coloroche, non dandosi da fare, nonbuscano niente : A Mariànedormìu non l i fà la t nùdda inbùcca. A Volpe che dorme noncade nulla in bocca. (Gavoi) –per persone che, svelando le loroastuzie e i loro intrighi, in realtàsi dimostrano poco scaltre: SuMazzòne chi dat a bier sa mar-ronìa no est mai Mazzòne. LaVolpe che scopre la sua astuzianon è mai Volpe. (Ittiri) – percoloro che devono fare qualcosadi molto difficile: Est comènte aIndi bogàre su Mazzòne dài satàna. E come togliere la Vo l p edalla tana . (Logudoro) – perincoraggiare una persona davantiad un suo acceso antagonista: Siti fàis brebèi ti bòccit Marg i à n i .Se t i fa i pecora t i uccide l aVolpe. (Meridione)

Come si può notare molti diquesti proverbi si r iferisconoall'astuzia, alla scaltrezza e allafurbizia della Volpe; ma in realtàquanto c'è di vero in queste dice-rie? La Volpe è senz'altro un ani-male assai intelligente e in que-sto campo supera perfino il cane.In cert i cas i però si dimostratutt'altro che astuta: ad esempio,quando è inseguita dai cani, nonè in grado di confondere le tracceentrando nell'acqua come fanno iCervi o, quando viene accerchia-ta dai cacciatori e dai cani, non ècapace d i nasconders i in unavvallamento del te rreno perscatt are poi a l l ' improvviso ecogliere così di sorpresa gli inse-guitori. In molti casi si fa addirit-tura adescare da suoni, che imita-no il verso di altri animali. Lasua proverbiale astuzia è quindidovuta più all'estrema prudenza,all'ottima conoscenza della topo-

grafia dei luoghi in cui vive, allamemoria assai sviluppata, allagrande agilità e alle capacità sen-soriali molto acute, piuttosto chea doti di effettiva scaltrezza. Pro-babilmente alla considerazionedella Volpe quale simbolo dellafurbizia hanno contribuito moltoanche l a conformazione delmuso, gli occhi obliqui e l'arcatasopracciliare inclinata, che leconferiscono, a detta di molti,un'espressione astuta e infida.

Numerosi sono i nomi che laVolpe prende nei vari paesi dellaSardegna. A Orani , Ollola i eOrune viene chiamata Gùrpe:tale termine direttamente deriva-to dai latino vulpes, sopravvivesolo in questi tre paesi. In tutte lealtre località della Sardegna èstato sostituito da nomignoli, chein origine erano denominazionitabuistiche della Volpe; infattiquesto Canide era (e spesso èancora) considerato l 'animalenocivo per eccellenza, al puntoche per scongiuro non se ne pro-nunciava nemmeno il vero nome.Abbiamo così: Mariàne (Centro,Bi t t i , Nuoro , Orune, Orosei ,Orani, Orgosolo, Oliena, To r p è ,Buddusò), Marzàne (Dorg a l i ,Olzai, Oliolai, Gavoi, Ovodda),Marzàni (Ardauli) , Marg i à n e(Urzulei, Triei, Baunei, Vi l l a-grande Strisaili, Tonara, Antzo,Desulo, Meanasardo, Samu-gheo), Margiàni (Campidano,Seulo, Ogliastra, Valenza), Mra-giùni (Barigadu), Mragiài (Ori-s tanese) , Mraxiàni (Orrol i ,Nurallao, Oris tanese ,Sulci s–Ig les iente) , Mraxiài(Capoterra , Genoni, Mogoro,SulcisIglesiente, Oristanese) ,Mrexiàni (Campidano, Vi l i a n o-vatulo, Villasimius, Isili, Sarra-bus–Gerrei, Parteolia), Macciòni( Tempio , Gallura , Anglona,Alghero), Giommarìa (Oschiri,Berchidda), Compàre giommarìa

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147. Benché non riesca ad arrampicarsi vertical-mente sugli alberi come fanno i Gatti, la Volpespesso gradisce riposare su rami bassi, purchésufficientemente robusti da sorreggerla.

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(Mores) , Zosèppe (Lollove) ,Zusèppe rùbiu (Orgosolo), Gròd-de (Logudoro, Pianargia, Gocea-no, Nuorese, Baronie, Marg h i-ne), Gròddo (Dorgali), Gròddu(Olmedo, Tempio), Lòddi (Gallu-ra), Lòdde (Logudoro, Osilo),Loddòsu (Orune), Leori (Sedilo,Sins) e Liòri (Milis, Cruccuris,Nurri, Tratalias, Santadi), tuttider ivati da nomi di persona(Mariàne = nome di molti Giudi-ci , Giommarìa = Gian Maria,Zosèppe = Giuseppe, LeOnLeone etc.); Fraìzu (Campidano,Oristano, Seneghe, Milis, Bonar-cado, S. Lussurgiu, Abbasanta,Usellus, Narcao), Fraìssu (Perdasde Fogu), Fraìzza (Teulada, soloper l a femmina) , Fra ìccia(S.Antioco, solo per la femmina),che derivano da fraìzzu che vuoidire astuto, ladro, imbroglione,bandito; Mazzòne (Logudoro,Padria, Planargia, Montiferru,Goceano, Nuorese, Marg h i n e ,Baronie, Ocier), Mazzòni (Sassa-ri, Gallura, Anglona), riferitoalla coda assai folta della Vo l p e(màzzu = mazzo); Animàle(Logudoro , Bono, Bonorva,Mores, Villagrande Monteleone),Cùdda bèstia (Perdas de Fogu),Blicca màla (Orune), Sa bèstiamaledìtta (Nuoro), Sa bòna ùcca(Buddusò, bòna al posto di màlaper scongiuro), Sa ùcca màla(Berchidda), Pèste e Pesti (Cam-pidano, Logudoro), Pèste

màla, Arrèsi, Zèrpiu (Santadi),Zrèppi (Vi l las imius) , Rùsta(Nuoro) e Rùltha (Org o s o l o ) ,tutti nomi che si ispirano allapre tesa nocivi tà del la Vo l p e ;Mastìnu (Oschir i) , Cal l ìzza(Campidano, S.Nicolò Gerrei,Isili, Villaputzu, San Vito, Vi l l a-salto, Villasimius, solo per lafemmina), Gallìssi (Gairo) e Gal-lìzzu (Dolianova), che derivanoda mastìnu =cane mastino o dacallèddu, callùzzu = cagnolino, e

Peigànu (Logudoro settentriona-le), che deriva da pèdi, piede ecànu = grigio. A Carloforte vienechiamata Urpe o Vùrpe.

Caratterizzata da forme snelle,muso appuntito, orecchie lunghee coda lunga e folta, la Volpe èfacilmente riconoscibile sia per isuoi caratteri anatomici e sia peril fatto che è l'unico Canide sel-vatico vivente in Sardegna. Nel-l 'Isola è presente, secondo glispecialisti, con 2 sottospecie: V.v. ichnusae Miller, 1907, distintaper la piccola statura e le breviorecchie (lunghezza testatronco59 – 64 cm, lunghezza della coda28 – 35 cm: è la p iù piccolaVolpe europea) e V. v. crucigeraBechstein, 1789, che si riconoscedalla precedente soprattutto perla statura maggiore. La primasottospecie è endemica della Sar-degna e della Corsica, la secondaè invece presente in tutta l'Italiae in molti al tri paesi europei.Alcuni studiosi, vista la coesi-stenza nell'Isola delle 2 forme,elevano al rango di specie la ssp.ichnusae. Per quanto riguarda lacolonizzazione della Sardegna daparte della Volpe, c'è chi ritieneche s ia s ta ta importa ta a p iùriprese dall'uomo e c'è chi è delparere che la ssp. ichnusae siaarr ivata trami te i l pontecorso–toscano e la ssp. crucigerasia invece riferibile ad introdu-zione attiva da parte dell'uomocon fini venatori.

La Volpe frequenta più o menotutti gli ambienti sia di pianurache di montagna; il suo habitatoriginario è quello forestale, tut-tavia questo adattabile Canide siè ben ambientato anche nellezone agricole e oggi si possonotrovare tane di Volpe anche nellearee suburbane. Predilige però iluoghi selvaggi con un'adeguatacopertura vegetale, che consental 'es istenza di numerosi r ifugi

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sicuri. Vive in territori personalila cui estensione varia da 5 a 12km2 se le condizioni ambientalisono buone e da 20 a 50 km2 semeno favorevoli. In questi terri-tori la Volpe possiede i suoi rico-veri, situati fra le radici dei vege-tali, nelle sassaie, fra i massi, neicespugl i o nell e cavità deglialberi; scava inoltre svariate tanecon più uscite, utilizzando fre-quentemente anche cunicolicostruiti in origine dai Conigli.Pare che i maschi abbiano unacerta preferenza per i ricoveri disuperficie; si possono tuttaviatrovare esemplari di questo sessoche s i ri fugiano sempre nelletane. Un tempo si credeva che laVolpe avesse abitudini fonda-mentalmente solitarie e che usas-se evitare i conspecifici eccettoche nel periodo riproduttivo. Unsimile comportamento è forsepossib i l e in zone for tementeantropizzate, dove le abitudinisono ampiamente inf luenzatedalla pressione umana, ma nellelocalità prive di disturbi antropi-ci pare proprio che questo Cani-de abbia un'org a n i z z a z i o n esocia le intermedia fra quella

della vita di coppia o solitaria equella tipica del lupo. La Vo l p einfatti costituisce branchi poconumerosi , composti da 1 – 2maschi e da 4 – 5 femmine. Datala piccola mole delle prede di cuisi nutre, ogni singolo esemplarericerca il cibo e caccia da solonel dominio comune; tut ti gl iappartenenti al gruppo si riuni-scono spesso presso le tane o iricoveri di superficie, sparsi nelterritorio da loro controllato. Esi-stono quindi relazioni sociali chesi manifestano nella costituzionedi una gerarchia fra i componentiil branco e in una comune difesadella sua zona d'influenza. Il ter-ritorio viene accuratamente mar-cato dai membri del branco confeci, con orina e col secreto diparticolari ghiandole situate nellaregione anale e alla base dellacoda: per questo motivo le Vo l p isfregano frequentemente contro it ronchi del l e piante le par t iposteriori o sferzano i cespuglicon la coda. Il secreto di questeghiandole, che sono più svilup-pate nei maschi , de terminasegnalazioni olfattive che, oltread avere funzioni territoriali e

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148. Si dice che la volpe sia così furba da ingan-nare i nemici fingendosi morta. Eff e t t i v a m e n t ela Volpe, quando si vede raggiunta senza via discampo, si lascia cadere a terra come se fossemorta. Tale comportamento però non è frutto difurbizia, ma conseguenza di un vero e proprioshock da terrore che provoca una sorta di totaleparalisi. Si ritiene che questa reazione, peraltroriscontrabile in tante altre specie (ad esempionella biscia dal collare, nell'opossum e in nume-rosi insetti), sia evolutivamente vantaggiosaperché spesso l'assalitore desiste dall'attacco,sorpreso e disorientato dall'improvvisa immobi-lità dell'assalito. Questo riesce quindi frequente-mente a fuggire, approfittando di un momentodi distrazione del suo persecutore.

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gerarchiche, servono per richia-mare le femmine e così facilitarel'incontro dei sessi nel periododegli accoppiamenti. Sono pre-senti anche alcune ghiandolenella pianta dei piedi, che paresiano usate per il riconoscimentodi determinate piste e a fini ses-s u a l i .

La Volpe ha abitudini preva-lentemente notturne; tut tav iaspesso si mette in attività anchedi giorno soprattutto durante l'in-verno, quando Ratti e Topi prefe-riscono cercare il cibo nelle orepiù calde della giornata . LaVolpe si nutre, come già detto,per circa ii 423/4 di Roditori eper un altro 183/4 di sostanzevegetal i (uva, f rut ta, bacche,asparagi, mirtilli etc.); il restante

403/4 della gamma alimentare diquesto Canide è cost ituito dauova, nidiacei, uccelli, Conigli,Lepri, animali da cortile, insetti(maggiolini, vespe e loro nidi,bruchi, cavallette, larve di moscaetc.), lumache, pesci, lucertole ein caso d i necessi tà anche dianfibi. Divora inoltre qualsiasianimale morto che trova nel suoterritorio. Poiché lo stomaco diuna Volpe non può contenere piùdi 400 g di cibo, questo Canidespesso usa conservare gli avanziin dispense sotterranee, in picco-le buche o sotto le pietre. Cacciaal la maniera dei cani , ma inmodo più furtivo e guardingoperchè può contare solo su sestessa: in genere si avvicina allapreda strisciando sulla pancia;

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149. Volpe in agguato, località: Santa Vittoria diSerri. Museo Archeologico Nazionale, Cagliari.Grazie a questo bronzetto siamo in grado diaffermare con certezza che la Volpe era presentein Sardegna fra i secoli VIII e VI a.C. Se è stataintrodotta nell'Isola dall'uomo, come molti stu-diosi ritengono, questo fatto si è verificato oltre2.700 anni fa; altri ricercatori però pensano chela Volpe sia giunta in Sardegna attraverso ilponte corso–toscano e abbia originato, per isola-mento insulare, la sottospecie endemica ichnu-sae. Importata sarebbe perciò la sottospecie cru-cigera, che secondo gli specialisti è anch'essapresente nell'Isola. Quest'ultima ipotesi trove-rebbe supporto in una segnalazione di ritrova-menti fossili avvenuti nella Grotta di Dragonarapresso Capo Caccia, Alghero. (Foto: LeonardoCorpino e Roberto Dessy).

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balza poi all 'improvviso sullavittima e nel breve inseguimento,che può scaturirne, è in grado dicompiere scarti e svolte in spazibrevissimi, grazie alla lunga efolta coda, che funge da timone eda bilanciere.

Il periodo riproduttivo va dagennaio a marzo e ogni singoloanimale è in calore per un perio-do variabile da 24 a 36 ore. Seb-bene fra i maschi di Volpe possa-no verif icarsi scontri durantetut to l 'anno, è proprio in taleperiodo che questi sono più fre-quenti allo scopo di ristabilire inmodo più rigoroso la gerar chiatra gli esemplari del branco; soloil maschio dominante potrà infat-ti accoppiarsi con una o più fem-mine anch'esse dominanti . I l

vantaggio evolutivo di quest'or-ganizzazione sociale consiste nelfatto che viene garantita la per-petuazione delle costellazionigenetiche più rispondenti alleesigenze ambientali e nello stes-so tempo viene acquisita dallaspecie la possibilità di far frontead eventuali calamità perché lefemmine di rango inferiore pos-sono accoppiarsi e figliare nelcaso in cui accada qualcosa alledominanti o alle loro cucciolate.La Volpe è inoltre in grado diregolare ampiamente la sua con-sistenza numerica in base allenecessità ambientali anche attra-verso l a variabil i tà d i a lcunicomportamenti come l'accoppia-mento dei maschi con tutte lefemmine o solo con alcune, la

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150. Le tane della volpe possono essere scavatedirettamente dall'animale, ma più spesso vengo-no realizzate in gallerie abbandonate dai Coni-gli, che il Canide allarga fino a renderle adegua-te alle sue dimensioni. Le caratteristiche deirifugi sotterranei sono assai variabili; una tanatipica è composta da più ingressi che, attraversotunnel d'accesso, portano ad una camera internadove gli animali possono riposare e allevare laprole. Esiste inoltre una camera più piccola cheviene usata per dispensa o per accumulare irifiuti. Non sempre però la volpe alleva i cuc-cioli in tane sotterranee; esistono esemplari cheprediligono a tale scopo il folto della macchia,le cavità degli alberi e le grotte non frequentatedall'uomo.

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151. La Volpe vive in branchi composti da 5 – 7esemplari, che emettono segnali olfattivi e sono-ri a scopo gerarchico e territoriale. I segnalisonori consistono in latrati e guaiti, utili percomunicare a grandi distanze la propria presen-za in una certa zona del territorio. I segnaliolfattivi sono costituiti da feci e urina e soprat-tutto dal secreto di particolari ghiandole, presen-ti alla base della coda e nella regione anale. Contali sostanze vengono marcati tronchi, rami ecespugli, opportunamente disposti nel territorio.Le Volpi hanno inoltre ghiandole interdigitaliclic, tra l'altro, sono utili all'animale per ritrova-re la propria pista.

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152. Durante la ricerca della preda, la Volpe simuove al piccolo trotto, esplorando eon tutti isensi l'ambiente circostante; il suo modo di pro-cedere è assai simile a quello dei cani: avanza azig–zag con frequenti fermate e continue devia-zioni, attratta ed incuriosita dai differenti odori erumori. Quando localizza una preda di piccoledimensioni, come un Topo di campagna o unalucertola, essa assume una posizione d'agguatosimile a quella dei cani in ferma, restandoimmobile con le orecchie tese e la coda arcuata,pronta a captare ogni minimo segnale visivo,olfattivo e sonoro. Avvistata la preda, la Vo l p ecompie un balzo improvviso e, dopo averlabloccata con entrambe le zampe anteriori, laaddenta. Se la cattura non ha luogo al primotentativo, la Volpe ricerca con grande rapidità dimovimenti l'animale sfuggito, smuovendo colmuso e con gli arti anteriori l'erba e i cespugli.Quando invece si imbatte in una preda di mag-giori dimensioni, ad esempio un gruppo diConigli, mette in atto una tecnica venatoria cheprevede un lento avvicinamento e continuiagguati.

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153. Quando si è avvicinata sufficientemente algruppo di Conigli e ritiene che un individuo sisia allontanato abbastanza dai rifugi sotterranei,la Volpe balza fuori all'improvviso e rincorrevelocissima la preda. I Conigli e le Lepri, sevengono inseguiti, compiono spesso bruschiscarti laterali e repentine inversioni di marcia,che però non sempre sortiscono l'effetto sperato

perché la Volpe può compiere curve strette edimprovvise in brevissimo spazio grazie allalunga e folta coda. Questa infatti funge da bilan-ciere e timone. In condizioni naturali la dietadella Volpe è costituita principalmente da Rodi-tori (421/4), sostanze vegetali (181/4) e carogne,oltreché da Lagomorfi e uccelli (101/4), insetti,gasteropodi, rettili, anfibi, pesci etc.

Negli ambienti antropizzati invece questo Cani-de modifica la sua dieta, nutrendosi soprattuttodi rifiuti urbani (471/4). La Volpe non è quindiun predatore specializzato e perciò è in grado diusufruire delle più svariate risorse alimentaripresenti nel suo territorio, adattandosi di conti-nuo alla situazione contingente: tutto ciò contri-buisce al suo successo evolutivo.

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nascita di un numero maggiore ominore di piccoli per parto e l'e-l a rg iz ione d i adeguate cureparentali a tutta la cucciolata osolo ad una parte di essa. Gliaccoppiamenti, preceduti da unaspecie di danza durante la qualegli animali saltano l'uno intornoall'altro, durano qualche minutoe, poiché è possibile osservarliraramente, alcuni ritengono cheabbiano luogo per lo più nelletane; il fatto è tuttavia da accer-t a r e .

La femmina fecondata scegliefra le tane del territorio in cuivive quella più riparata e sicura,ove adibire una camera interna anido, tappezzandone il pavimen-to coi propri peli al fine di ren-derlo più soffice ed accogliente. Ipeli vengono strappati dalle partiventrali anche per mettere alloscoperto i capezzoli. Talora ilnido non viene fatto in una tana,ma fra le rocce o nei cespugli. Ilruolo del maschio dopo l'accop-piamento appare contraddittorioed è molto probabile che esistauna grande variabilità individua-le; alcuni maschi, avvenuto l'ac-coppiamento, si disinteressanocompletamente della femmina edei futuri piccoli, mentre altri siriuniscono alla famiglia dopo 1 –2 settimane dalla nascita dei cuc-cioli o non abbandonano mai lacompagna. Frequentemente ilmaschio caccia per la femmina etrasporta la preda uccisa fino aqualche centinaio di metri dallatana, lasciando ad essa il compitodi distribuire la carne ai piccoli.Dopo una gestazione di 50 – 63giorni, fra aprile e maggio, lefemmine di Volpe partorisconoda 3 a 12 piccoli (in media 5),inetti e ciechi per 12 – 14 giorni.Questi sono lunghi da 10 a 15 cme pesano 80 – 150 g; hanno lapelliccia di un colore variabiledal bruno noce al grigio ardesia,

con la punta della coda bianca ela fronte solcata da strisce biancogiallastre. L'allattamento dura 8settimane, ma già dopo un mese ipiccoli vengono nutriti anche conpezzi di carne predigerita dallamadre e rigurgitata; la dentizionedi latte infatti si completa versoil ventesimo giorno di vita. Dopocirca 4 settimane dal par to lamadre comincia ad abbandonarei piccoli durante la notte perandare a caccia e a dormire inqualche rifugio nelle immediatevicinanze della tana. I piccoli,che intanto hanno cambiatolivrea e sono ora di una vivacecolorazione rossa, iniziano aduscire all'aperto e ad esplorare idintorni della tana. Successiva-mente la madre visita i figli soloper nutr ir l i , al l 'a lba, a metàpomeriggio e di notte; in questoperiodo i giovani sono già moltovivaci e giocano fra di loro, alle-nandosi alle attività tipiche degliadulti. La femmina comincia aportare ai piccoli prede intere etalora ancora vive affinché i Vo l-pacchiotti imparino da soli a trat-tenerle, morderle ed ucciderle.Questa attività non è però assolu-tamente necessaria per io svilup-po delle capacità venatorie: lamadre infatti si limita a nutrire ipiccoli e a seguirli nei giochi,che ta lora possono d iventareassai rudi, senza mai impartirenessuna lezione di tecnica vena-toria. I giovani non ne hannod'altronde nessun bisogno perchésono perfettamente in grado dicatturare le prede grazie all'istin-to venatorio di cui sono dotati:devono solo imparare a conosce-re il comportamento delle predee ad affinare con l'esperienza lecapacità innate. La femmina,durante l'allevamento dei Vo l p a c-chiotti, non si trasferisce mai dauna tana all'altra a meno che nonavverta un pericolo nelle vici-

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154. Scontri fra maschi possono aver luogodurante tutto l'anno per motivi gerarchici, madurante il periodo degli amori, essi si fanno piùintensi per numero ed animosità. Lo scopo diqueste lotte è quello di stabilire in modo piùrigido la gerarchia fra gli individui del branco:sarà poi solo il vincitore ad accoppiarsi con le

femmine. Le Volpi si affrontano rizzandosi sullezampe posteriori e tentando di mordersi, dopoaver diretto gli arti anteriori contro l'avversario.Si azzuffano ripetutamente finché una si rendeconto di avere davanti un individuo più forte esi dispone per terra in posizione quasi supina,esponendo le parti più vulnerabili del proprio

corpo (collo e ventre) e nascondendo i lunghicanini. Questa postura inibisce l'aggressività delvincitore, che non si avventa più sul rivalesconfitto ma gli si avvicina tenendo la coda benalta e orinando. Successivamente la Volpe per-dente striscia e scodinzola per segnalare la suacompleta sottomissione.

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155. Quando una femmina d'alto rango è incalore, il maschio dominante la corteggia e lainsegue. Essa compie dapprima lunghe fughe,poi ne accetta la vicinanza e si compiono i ceri-moniali amorosi, durante i quali i due animali sileccano e si carezzano muso contro muso. Ilmaschio capisce per mezzo dell'olfatto quandola femmina è disponibile all'accoppiamento: atale scopo la annusa di frequente nella regionegenitale.

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nanze; in tal caso abbandona ilrifugio, portandosi dietro i picco-li presi con la bocca. In genere lia fferra uno alla volta, ma puòanche prenderne due o tre pervolta. Come precedentementedetto, una coppia di Volpi riescead allevare felicemente da 3 a 5cuccioli e una buona parte diquesti morirà a causa delle diff i-coltà che incontrerà nella ricercadi un territorio di caccia. Fra set-tembre e novembre infa t t i l efamiglie si sciolgono e le giovaniVolpi si rendono del tutto indi-pendenti da l la madre: essevagheranno alla ricerca di un ter-ritorio libero nel quale vivere everranno sistematicamente scac-ciate dai padroni di quelli giàoccupati . Le lot te terr i tor ial isono per lo più incruente, ma igiovani saranno duramente sele-zionati dalla mancanza di ricove-ri sicuri e dalla scarsità di cibo esolo una parte di essi sopravvi-verà. In condizioni di alta morta-lità questo fatto non si verifica:ogni singola coppia riesce infattiad allevare più piccoli grazieall'abbondanza delle prede e que-sti, trovando poca competizione,non faticheranno ad appropriarsidi un buon territorio, sopravvive-ranno in maggior numero e col-meranno così i vuoti.

La maturità sessuale viene rag-giunta a circa 10 mesi d'età; ladurata della vita varia da 10 a 14anni, ma nei luoghi dove l'anima-le è molto perseguita to l ' et àmedia della Volpe non raggiungenemmeno i 2 anni (soprattuttoper le femmine, che sono per varimotivi più facili da eliminare).

I l pr incipale nemico dellaVolpe è stato ed è l'uomo. Seguo-no il Gatto selvatico, i grossiuccelli rapaci (aquila reale, asto-re etc.) e i cani rinselvatichiti;questi predatori agiscono soprat-tutto sui giovani.

Sebbene la Volpe, come già siè detto, sia utile all'agricolturaperché è una grande cacciatricedi Roditori, prevale tuttora l'opi-nione opposta e, seppure nonu fficialmente, essa viene di fattoconsidera ta nociva anche dailegislatori. La legge 503 del 5agosto 1981, basata sulla Con-venzione di Berna e riguardantela protezione della flora, dellafauna e degli ambienti naturali,la ignora del tu t to! La leggeregionale n . 32 del 28 apri le1978 non protegge esplicitamen-te la Volpe; il calendario venato-rio ne permette la cattura in ognigiorno in cui la caccia è aperta,senza alcuna l imi tazione nelnumero di capi uccisi per giorna-ta e col sistema della battuta.Inol tre , per quando l 'a t t ivi tàvenatoria è chiusa, non è previstaalcuna sanzione amministrativain merito all'uccisione, la vendi-ta, l'acquisto, la detenzione etc.di questo Canide. Prevale, dun-que, ancora l'opinione di molticacciatori, che vedono nei preda-tori un loro concorrente da elimi-nare, e le accuse dei pastori, cheritengono la Volpe responsabiledi danni alle greggi spesso inve-ce compiuti dai cani rinselvati-chit i o . . . . dal l 'uomo s tesso .Chiudiamo l'argomento riportan-do l'opinione di Francesco Cetti,che nel 1774 al riguardo scrive-va: “ …….La taccia di nocivadipende da un confronto, per cuila somma de' mali, che la volpefa, risulti maggiore de' vantaggi,che se ne ritraggono. Or parmiche sì fatto eccesso di danni nonsi verifichi per la volpe in Sarde-gna. Essa assale i pollai, divorasalvatici, tenta armenti; ma gliassalti a pollai sono rarissimi perc iò , che per v ivere non le fabisogno avventurarsi fra l'abita-to; divorando salvatici, divoranell'abbondanza, né perciò li fa

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scarsi agli uomini (n.dd.aa.: sem-mai son stati gli uomini a farscar seggiare i se lvatic i al laVolpe); e per conto degli armen-ti, più volpi s 'ammazzano peravventura , che le volp i nonammazzino porchetti, o agnelli;

parmi difficile, che gli agnelli eporchetti uccisi arrivino annual-mente a dieci–mila, quante alme-no son le volpi, le cui pelli sispacciano fuori regno; ed ognipelle vai più di un porchetto".

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156. Quando una femmina di volperitiene che la sua tana sia stata sco-perta da qualche predatore e chel'incolumità dei suoi cuccioli siaquindi in pericolo, li trasporta unoper volta in un rifugio consideratopiù sicuro, afferrandoli coi denti perla collottola.

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In Sardegna tutti sono a cono-scenza dell'esistenza del Gatto"selvatico", ma pochi possonodire di averlo veramente visto acausa del suo carattere diff i d e n t eed elusivo; per lo più si incontra-no Gatti domestici rinselvatichi-ti, con maggior frequenza in vici-nanza dei centri abitati. Distin-guere il vero Gatto "selvatico",vedendolo in libertà, non è inol-tre cosa facile e solo un accuratoesame dello scheletro può darel'assoluta certezza dell'identifica-zione. Tuttavia, circa l'aspetto, sipuò affermare che il Gatto "sel-vatico" in confronto a quellodomestico presenta: una molemaggiore, la coda più lunga conla parte terminale segnata daalcuni anelli neri e l'estremità deltutto nera, un ciuffo di peli dicirca 8 – 10 mm sulle orecchie, ilnaso color rosa (nel domesticopuò essere nero), il cervello equindi la sca tola cranica p iùgrandi e le zampe più snelle.

Come è avvenuto in molti altripaesi, anche in Sardegna sonofioriti numerosi proverbi, pregiu-dizi, leggende e superstizioni su

questo Felino. Un po' in tutti icentri dell'Isola si attribuisconoal Gatto 7 anime e si crede chequesto sia il motivo per cui siaduro a morire, qualunque cosagli capit i . A tale credenza s iricollegano i seguenti proverbi,usati per lo più in senso metafo-rico per quelle persone (soprat-tutto donne) che si lamentanomolto dei loro malanni senza maimorirne perché sorrette dalla lorogrande vitalità:Giù gher sèpte fiàdos comèntes ' A t t u .Avere sette anime come il Gatto.( L o g u d o r o )Su Bàttu e sa fèmmina iùghentsètte animas.Il Gatto e la donnahanno sette anime.( L o g u d o r o )Sa Atta et i sa femmina iùghentsèpte fiàdos.Il Gatto e la donnahanno sette anime.( L o g u d o r o )Tènni' sètti ànimas comènti saGàttu. Avere sette anime come ilG a t t o .( C a m p i d a n o )Tènni' sètti ànimas in sa còa.Avere sette anime nella coda.( C a m p i d a n o )La Giàtta di li sètti fiàdi.Il Gatto dalle sette anime. (Sas-s a r i )Pòrtat sett 'ànimas comènti saGàttu. Ha sette animecome il gatto.( M e r i d i o n e )

A Bosa si crede che ogni voltache un Gatto cade dalla finestraperda un'anima. È inoltre assaid i ffusa la credenza secondo laquale si può ammazzare un Gattocon un colpo sul naso; guai peròad ucciderlo in questo o in altromodo perché, così facendo, siandrà incontro a sette anni di tri-bolazioni, difficoltà e disgrazie,come si può arguire anche dal

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Gatto fulvo

157. Areale europeo di Gatto selvatico (Felisislvestris).

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158. Gatto fulvo (Felis silvestris lybica). Secon-do la maggior parte degli studiosi il Gatto fulvoè stato introdotto in Sardegna dall'uomo. Se siconsiderano elementi come la mancanza diritrovamenti di bronzetti nuragici relativi a que-sto felino, l'introduzione dei Gatti nei paesi delMediterraneo occidentale durante il periodo diRoma imperiale e la facilità con cui il Gattodomestico torna alla vita selvatica, risulta lecitoritenere che questa specie sia stata importatanell'Isola nei primi secoli dopo Cristo. Il Gattofulvo non è specie molto comune in Sardegna eperciò il calendario venatorio lo protegge per-manentemente con un'ammenda di lire2.500.000. (Disegno: Carlo Erminio).

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seguente detto di Posada: "Chìe'òcchit ùnu Gàttu còlat sett'ànnosde marturla (Chi uccide un Gattopassa sette anni colpito da parali-si)''. Questo superstizioso timoredel Gatto, così esasperato daconsiderare l a sua uccis ioneapportat r ice d i sciagure ha,molto probabilmente, origini pre-romane (forse puniche): nell'anti-chità infatti questo .Felide eraconsiderato sacro e intoccabile.Solo nel Medioevo fu identifica-to in una manifestazione diaboli-ca, compagno di maghi e streghe.Anche ditale superstizione vi ètraccia nell'isola: in più localitàsi crede che certe donne (stre-ghe) abbiano la capacità di ren-dersi invisibili o di trasformarsiin Gatto, spalmandosi con spe-ciali unguenti, come il grassoumano. Sotto le false spoglie diGatto randagio, le streghe (Sùr-biles o Sùrviles nel Logudoro,Cògas nel Campidano e Str ìenella Gallura) andrebbero d inotte al la r i cerca d i bambiniaddormentati al fine di succhiareil loro sangue. Per evitare unsimile pericolo si raccomanda dimettere sul davanzale delle fine-stre o vicino alla culla dei bam-bini una falce con molti denti,una scopa o numerosi chicchi digrano; la strega si fermerà percontare i denti della falce, i filidella scopa o i chicchi di granoe, poiché non sa contare oltre ilnumero sette, ricomincerà sem-pre daccapo; passeranno così leore e, giunta finalmente l'alba, lastrega dovrà rinunciare ai suoipropositi per andare nuovamentea nascondersi. Un'altra astuziaper impedire alle streghe l'acces-so nelle stanze dei bambini èquella di tappare accuratamentequalsiasi buco in modo che nonpossano essere ut i l izzat i perintrodurvisi. Nel Sarrabus si rac-conta che una suocera, divenuta

strega, si trasformò in Gatto perpoter contro l lare la nuora inassenza del mari to . Con ta leaspetto andò a casa della nuora e,poiché questa stava friggendoalcune frittelle, riuscì ad ottener-ne una, miagolando insistente-mente. Nel mangiarla, però, aprìla bocca e la nuora scoprì che l'a-n imale era del tu t to pr ivo didenti. Poiché anche la suoceraera sdentata, intuì che la madredel marito era una strega capacedi trasformarsi in Gatto e versòquindi sopra il Felide l'olio bol-lente, facendolo scappare veloce-mente. In seguito nel paese sisparse la voce che una vecchiaera morta ustionata dall'olio bol-lente e la nuora, venuta a cono-scenza della dicerìa, si sentì assaisoddisfatta di quanto aveva fatto.In alcuni paesi s i d ice che i lGatto irrequieto, che si mette acorrere per la casa e si passa lezampe sul viso per pulirsi, siapresagio dell'arrivo di un ospite odi qualche regalo; in molti altriluoghi questi stessi comporta-menti sono invece indice di tem-poral i e piogge imminenti . Aquesto proposito r iport iamo iseguenti detti:S i su Gàt tu s i làvat sa càra ,accùrzu est sa temporàda.Se il Gatto si lava la faccia, iltemporale è vicino.( B i t t i )Dàghi s'Attu si sùmunat sùbra sap i b i r ì s t a ,àbba in vista.Quando il Gatto si lava il soprac-ciglio, acqua in vista. (Esporlatu)Càndo sa Gàtta si làbat dèppetp r ò g h e r. Quando il Gattosi lava deve piovere. (Nuoro)Su Gàttu si làbat su mùrru, tèm-pus màlu fàchet.Il Gatto si lava il muso, fa tempob r u t t o .( N u o r o )S'est labènde su Gàttu, òie pròghet!

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Si s ta lavando i l Gatto, oggip i o v e !( S i n i s c o l a )

A Nurallao dicono che pio-verà, se il Gatto mette le partiposteriori davanti al camino. Inaltre località si ritiene anche che,se si è toccata della terra, non sidebba successivamente toccareGattini appena nati, pena amma-larsi di scrofolosi . A Bosa sicrede che i l Gat to r iesca adacchiappare i Topi con maggiorabilità se gli vengono tagliati ib a ffi e che il suo minaccioso sof-fiare faccia venire l'asma a colo-ro che gli stanno vicino. Semprea Bosa è diffusa una leggendasull'origine di questo Felide: siracconta che quello stesso diavo-lo, che portò Gesù Cristo sulmonte per tentarlo, abbia creatoil Topo e che Cristo abbia alloracreato il Gatto per fargli mangia-re il Topo. Nel Nuorese si ritieneche il Gatto percepisca la mortedi una persona della casa e che lapianga, a modo suo, andandoavanti e indietro e miagolando; èd i ffusa inoltre l'usanza di spa-ventare i bambini usando comespauracchio la Gàtta marrùda,che sarebbe un enorme e spaven-toso Gatto selvatico, simile a unatigre, divoratore di bambini chesi recano in campagna senza ilpermesso di un adulto. Semprenel Nuorese, per allontanare iGatti che disturbano, si usa laseguente imprecazione:Usciu sa Gàttuàncu ti cùrran in fàttu.Va via Gattoche ti corrano dietro (per ucci-derti). A Sassari si usa invece lav o c e :G a t t u f ò r a !Gatto fuori!

In Sardegna vengono usatimolti proverbi che hanno il Gattocome protagonista, utili per met-tere in evidenza i di ff e r e n t i

aspetti della natura umana; cosìsi suole dire:

– per case in disordine a causadell'incuria della padrona: Itecùlpa nd'hat s 'Attu quàndo sapadròna est màcca? Che colpa hail Gatto quando la padrona èmatta? (Logudoro) – per le cosemal riuscite: Si cumpàrriri sa còade sa Gàttu. Assomiglia alla codadel Gatto. (Meridione) – riferen-dosi ad un gioco pericoloso:Làxa s 'Attu, ca giògu sènzafarràsca mài hat fàttu. Lascia ilGatto, perché gioco senza graf-fiare mai ha fatto. (Logudoro) –per coloro che seguono nel benee nel male le orme del padre:Fizu de A ttu Sòrighe tènet. Ilfiglio del Gatto acchiappa To p i .(Logudoro) Gàttu mèu a sa zenìa.I l mio Gatto secondo i l miogenio (Così i l padre, così i lfiglio). (Sarule) Fiddòl di GiàttaRàzzu pìdda. Il figlio del Gattoprende il Topo. (Gallura) Fillu deGàttu Tòpis càssat (o pìgat otènit). Il figlio del Gatto acchiap-pa i Topi. (Campidano) Fillu deGàttu Tòpi tènidi (o càssada). Ilf igl io del Gatto acchiappa i lTopo. (Nurallao) Fill 'e Gàttu,Tòpis tenidi. Il figlio del Gatto,Topi acchiappa. (Trexenta) – perquelle persone che non hanno nétendenza, né capacità nel fareuna determinata cosa: Non est decuss'Attu sa còa. La coda non èdi quel Gatto. (Logudoro) – percoloro che vengono infastiditidalle cose più banali: Finzas sacòa de s'Attu ti fàghet impìzu.Persino la coda del Gatto ti dàfastidio. (Logudoro– riferendosi a persone che siaccalorano e litigano durante undiscorso per futili motivi: Prouna còa de Attu tanta briga. Peruna coda di Gatto tanto litigio.(Logudoro) – per coloro (soprat-tutto ragazzi) che fanno qualcosadi proibito solo quando non pos-

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sono essere scoperti o controlla-ti: (le s'incòntrat s'Attu, sos Sòri-ghe non ischèrtiant. Dove s'in-contra il Gatto, i Topi non gioca-no. (Logudoro) A su fiàgu 'e suAttu s icche fùet su Sòrighe.All'odore del Gatto se ne fugge ilTopo. (Ozieri) Inùe non b'hat suAttu Sòrighes bi ischèrfian. Dovenon c'è il Gatto i Topi si diverto-no. (Illorai) Innùi no ha Gàttu, isTòpis bòllanta in àttu. Dove nonc'è il Gatto i Topi volano in alto(cioè si danno alla pazza gioia).(Nurallao) Càndu no inc'èsti saGàt tu , su Tòpi s’ ispassì l la t .Quando non c'è il Gatto, il To p osi diverte. (Meridione) Càndu noc'est sa Gàttu su Tòpi spassìllat.Quando non c'è il Gatto il To p osi diverte. (Campidano) Càndu saGàttu dòrmit su Tòpi si spassìl-lat. Quando il Gatto dorme IlTopo si diverte. (Campidano)Càndu non du est sa Gàttu in cisunt is Tòpis. Quando non c'è ilGatto ci sono i To p i .(Meridione) – riferendosi a coloro che, con-trariamente al solito, fanno gran-di preparativi o un pingue pran-zo: S'Attu hat affidàdu? Il Gattosi è sposato? (Logudoro) – rife-rendosi a i Gatto o a personeladre e astute: Attu ladròna, Attubòna. Gatto ladro, Gatto buono.(Logudoro) – per coloro che conscuse e pre tes t i cercano d ic a m u ffare i loro difetti, che peròsono molto evidenti: Sa Gàttus'accùat, sa còa di pàrit. Il Gattosi nasconde, la coda si vede.(Meridione) Su Attu si cùa, sacòa si pàridi. Il Gatto si nascon-de, la coda si vede. (Nurallao) SaGàttu si cùat e sa còa si pùrat. IlGatto si nasconde e la coda sivede. (Campidano) Sa Gàttu s'acùat, ma sa còa si pàrridi. IlGatto si nasconde, ma la coda sivede. (Meridione) – per personeche prendono qualcosa da un

avaro: Comporàre s'assùnza dais'Attu. Comprare la sugna daiGatto. (Logudoro) – per coloroche, essendo molto ghiotti diqualcosa, spendono più di quantopossono per averla: S'Attu pro supìsche s'hat bèndidu sa bìnza. IlGatto per il pesce s'è venduto lavigna. (Logudoro) Sa Gàttu sifiat bèndia s'ànima po su pìsci. IlGatto s'era venduta l'anima per ilp e s c e .(Campidano) – per quelle persone che promet-tono qualcosa senza avere l'in-tenzione di mantenere la parolaoppure per quelli che non potran-no mai ottenere ciò che chiedo-no: Non est de cùssu pìlu s'Attu.Non è d i quel pelo i l Gatto .(Logudoro) – riferendosi a colo-ro che fanno giochi molto perico-losi: Làssa s'Attu, ca giògu sènzafarràsca mài hat fàttu. Lascia ilGatto, perché giochi senza graff imai ha fatto. (Logudoro) – perpersone che rubano in casa pro-pria o comunque si approprianodi cose di poco valore: Gàttu demagasìnu. Gatto di magazzino.(Logudoro e Campidano) Chinihat furàu est Gàttu de magasìnu.Chi ha rubato è Gatto di magaz-zino. (Meridione) – riferendosi aifurbi: Fài sa Gàttu mòrta. Fare ilGatto morto. (Campidano) – perprendere in giro uno che ha stan-cato: Pòrta ùna Gàttu. Porta unGatto (per mangiare il To p o ) .(Campidano) – per raccomandarea qualcuno che bisogna scavare afondo nelle persone per sapere sesono superficiali o concrete: SuGàttu ladròni sa pin giàda scobè-rit. Il Gatto ladro scopre la pen-tola. (Campidano) Sa Gàttu sol-lèvat su cobèrcu de sa pin giàdap0 bìri ìta du hat. Il Gatto sollevail coperchio della pentola pervedere cosa c'è. (Campidano) –per indicare che chi ha rubato èuna persona: Gàttu a cìncu dìdus.

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Gatto a c inque d i ta (cioè unuomo). (Campidano) Innòi cisùnti Gàttus! Qui ci sono Gatti!(Meridione) – per persone super-be: Sa Gàttu s'azzuzzùddat. IlGatto s'arruffa. (Campidano) –per le donne di una certa età chesposano un uomo più giovane: AGàttu vèzza Sòriche mòdde. AGatta vecchia Topo molle. (Bitti)– per coloro che fanno tesorodelle proprie esperienze negativee non rifanno mai lo stesso erro-re: S'Attu màsciu si fùttit un 'òltaabbia. Il Gatto maschio vieneimbrogliato una volta so la .(Ozieri) – per persone che nonfanno una determinata cosa per-ché l 'hanno già fatta: Attu chinon sòrigat hat iù sorigàdu. IlGatto che non caccia Topi ha giàcacciato. (Nule) – per coloro che,avendo gli stessi interessi, evita-no di danneggiarsi a vicenda:Bàttu cun Bàttu non si che tìrans'ògru. Gatto con Gatto non sicavano gli occhi. (Illorai) – perpersone che f requentano unadeterminata casa o che fannoqualcosa di insolito, avendo sem-pre in mente un fine ben preciso:S'Attu ad sa tràe non pìgat debàdas. Sòrighe hat bìdu o s'estimbizzùda. I l Gatto non sa lesulla trave invano. O ha visto unTopo o c'è stato abituato. (Logu-doro) No àlziat A ttu a sa tràe sinon sèntit ischi,nùzu.Il Gatto non sale sulla trave senon sente rumore. (Bantine) –per per sone par t icolarmentecuriose: E andàta tàntu a lu làldula Giàtta, chi v'ha lacàtu lufiàtu.Il Gatto è andato tanto al lardo,che ci ha rimesso la vita. (Gallu-ra) – per coloro che non ricevonodanni dalle disgrazie: Arrùiri inpèis chi sa Gàttu. Cadere in piedicome il Gatto. (Meridione) –riferendosi ai vecchi libertini: Aicùssu non d'hem'afidài nemmàn-cu sa Gàttu a cambùsciu. A quel-

lo non aff iderei nemmeno i lGatto con la cuffia. (Meridione)– per coloro che prendonomoglie senza prima conoscerla oriferito a colui che fa acquistialla cieca: Non còmpris sa Gàttuaìntru de su sòccu. Non comprareil Gatto dentro il sacco. (Meri-dione) – riferendosi a personesciocche che ridono per ognibanali tà: Finzas sa còa de suGàttu ti fàit arrìri.Persino la coda del Gatto ti far i d e r e .( C a g l i a r i )– per coloro che, avendo acquisi-to una posizione di privilegio,non si curano più delle piccolec o s e :Non donghèus a pappàipèzza a sa Gàttu.Non diamo da mangiare carne alG a t t o .( M e r i d i o n e )– r iferendosi a persone chehanno molto tempo libero:a ùnu a nùdda di fàpìdda la Giàtta a pittinà.Quando uno non ha niente dafare prende la Gatta per pettinar-l a .( G a l l u r a )Il Gatto fulvo viene chiamato inSardegna con gli stessi nomi delGatto domestico, più l'aggiuntadell'aggettivo arèste o arèsti (sel-vatico) e marrùdu o marròsu(agile, scattante): Gàttu arèste(Baronie, Ogliastra, BarbagiaSeulo), Gàttu arèsti (Campidano,Sulcis–Iglesiente, Parteolla, Sar-rabus, Oristanese, Ocier), Gàttuagrèste (Barbagia Ollolai), Gàtt'agrèste (Nuorese), Att 'arèste(Logudoro settentrionale, Gocea-no, Mandrolisa i) , Attu arès te(Logudoro, Planargia, Montifer-ru, Baronie, Barigadu, Ocier,Ogliastra, Barbagia Seulo, Va l e n-za), Pisìttu arèsti (Campidano,Sulcis–Iglesiente, Oristanese,Marmilla), Macìttu arèste (Bari

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159. Gli acuminati artigli retrattili permettono alGatto fulvo di arrampicarsi con notevoledestrezza anche su rami e tronchi disposti verti-calmente.

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Sardo), Macìttu arèsti (Ogliastra,Barbagia Seulo), Giàt t 'a rès ta( Tempio, Gallura, Sassarese),Giùtta arèsthu (Sassari), Giattòniarèstu (Gallura) , Gàtta arèl ta(Anglona) , Gàt ta sa lvàgia(Alghero), Attu marrùdu (Logu-doro), Attu marròsu (Logudoro),Attu marrùiu (Nuorese), Gàttumarrudu (Barbagia Ollolai).

I vari gruppi di Gatti selvatici,oggi sparsi sulla Terra, si sonoseparati in epoca relativamenterecente, per cui, oltre a un certonumero di caratteri diversi, pre-sentano anche una buona quan-tità di caratteri simili. Alcunistudiosi, dando più importanza aiprimi, distinguevano tre specie:il Gatto delle steppe dell 'Asiasudoccidentale (Felis ornata), ilGatto fulvo dell'Africa, dell'Ara-bia e di alcune isole mediterra-nee (Felis lybica) e il Gatto sel-vatico europeo del l 'Europa edella Turchia (Felis silvestris).Altri, ritenendo più importanti lesomiglianze , consideravano iGatti selvatici europei, africani easiatici come appartenenti adun'unica specie: Felis silvestrisS e r e b e r, 1777. Attualmente ci si

orienta verso la seconda ipotesi,considerata più verosimile per-ché sono possibili incroci fecon-di fra le tre specie di Gatti selva-tici. In Sardegna e in Corsica,oltre che in Africa, Arabia e inalcune altre isole mediterranee, ilGatto selvatico è presente con lasottospecie F.s.lybica Forster,1780, che si distingue dalle altredue razze per l'estrema riduzionedelle strie della nuca e delle spal-le; per la coda non folta, snella eappuntita; per avere i peli lungola spina dorsale più lunghi diquelli dei fianchi e per un ciuff odi peli sulle orecchie. In Sarde-gna è s ta ta poi d is t in ta unavarietà particolare (F. s . l y b i c a ,varietà sarda), che si diff e r e n z i e-rebbe soprattutto per la colora-zione più scura delle parti supe-riori e delle orecchie.

La presenza del Gatto fulvo inSardegna e in Corsica pone unproblema biogeografico di nonfacile soluzione perché si ritieneche le suddette isole non abbianocontatti territoriali con l'Africada più di 5 milioni di anni. Poi-ché numerosi res t i fossi l i diFeudi selvatici sono presenti nel

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160. Come gli altri suoi consimili, il Gatto fulvoama sonnecchiare sui rami degli alberi, daiquali, mentre si scalda ai raggi del sole, puòcontrollare meglio l'ambiente circostante edindividuare più facilmente un sicuro rifugio incaso di pericolo.

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Pliocene europeo, è molto proba-bile che Gatti selvatici vivesserogià prima del Quaternario anchenella Penisola italiana. Si ritieneche questi animali fossero similial gruppo lybica piuttosto che algruppo silvestris perché quest'ul-timo si è evoluto in epoca piùtarda sotto la spinta di imponentimutamenti climatici verificatisidurante l'era glaciale, cominciatacirca 700.000 anni fa. E pertantopossibile che la Sardegna e laCorsica costituiscano per la sot-tospecie lybica un'area relitta,una tes t imonianza di una piùampia ed antica distribuzione,ridottasi durante le glaciazioni.Attualmente però gli specialistidi biogeografia ritengono che iGatti "selvatici" di tutte le isoledel Mediterraneo abbiano presoorig ine dal Gatto domesticointrodotto dall 'uomo e tornatoalla vita selvatica. A favore diquest'ultima ipotesi c'è il fattoche il Gatto domestico derivaproprio da F.s./ybica e che, rin-selvatichendo, può dare origine aesemplari praticamente indistin-guibili da quelli realmente selva-tici. Anche la completa assenzanelle isole mediterranee di qua-lunque resto fossile relativo aquesta specie depone a favore diun rinselvatichimento del Gattod o m e s t i c o .

In Sardegna il Gatto fulvo fre-quenta i boschi folti con riccosottobosco, i burroni alberati, lezone rocciose intercalate da albe-ri e cespugli, la macchia mediter-ranea e le rive dei corsi d'acqua;di regola evita le località abitated a l l ' u o m o .

Poiché la sua biologia è pococonosciuta per mancanza di studiin merito, riportiamo in appressoquelle che in genere sono lecaratteristiche e le abitudini deiGatti selvatici. Essi vivono soli-tar i in terr i tor i che vengono

accuratamente marcati col secre-to delle ghiandole presenti attor-no alle labbra, ai lati della bocca,nelle zampe fra i cuscinetti plan-tan, attorno alle mammelle, invicinanza degli organi genitali epresso l'apertura anale. La fun-zione del secreto di queste ghian-dole è quella di avvertire i con-specifici che quel territorio, con-trassegnato da quel particolareodore ha un proprie tar io bendeciso a difenderne i confini.L'azione del marcare i confinidel proprio dominio ha luogodurante le piccole pause, che l'a-nimale si concede a intervalliregolari , quando è in caccia ;tronchi, sassi, cespugli, ciuff id'erba etc. vengono contrasse-gnati, appoggiando su di essi leparti provviste delle ghiandole.Le sostanze chimiche impregnan-ti, deposte su questi oggetti, for-niranno not iz ie sui percors iseguiti dal padrone del territorio,sul tempo trascorso dal momentodella deposizione del segnale esull'identità del proprietario dita-li segnali . I terri tori vengonocontrassegnati anche con urina econ feci, che sono distribuite suirilievi del terreno, sulle pietre,sui tronchi etc. Un altro interes-sante comportamento dei Gattiselvatici è quello di graffiare itronchi degli alberi e degli arbu-sti; quest'azione ha due evidentifinalità: affilare le unghie, chesono a cresc i t a continua , elasciare, a scopo territoriale per iconspecifici, importanti segnalisia visivi (graffiature dei tron-chi), che chimici (secrezionedelle ghiandole delle zampe, pre-senti fra i cuscinetti plantari). Leore diurne vengono in genere tra-scorse in qualche rifugio, situatonei cespugli folti, nelle cavitàdegli alberi, nel le spaccaturedelle rocce, nell'ingresso di unagrotta o in tane scavate da altri

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animali. Al sopraggiungere dellasera i Gatti selvatici abbandona-no i ricoveri, nei quali hanno tra-scorso la giornata, per mettersi incaccia. Durante la notte fondariposano nuovamente e si rimet-tono in attività poco prima del-l'alba. Agilissimi, veloci e silen-ziosi si avvicinano alla predastrisciando cautamente; giunti adistanza uti le scattano all 'im-provviso e agguantano la vittima,utilizzando le acuminate unghiedelle zampe anteriori e i robusticanini di cui son dotati. Caccianoi n d i fferentemente sia sul terrenoche sugli alberi; in Sardegna sinutrono di insetti, Topi, Ratti,Toporagni, Ghiri, Quercini, gio-vani Lepri , p iccoli Conigli ,uccelli e loro uova. Tutta l'anato-mia dei Gatti selvatici si è evolu-ta con l'unico scopo di costruireun predatore versatile, silenziosoed efficiente. La dentatura pre-senta 4 robusti canini utili perfermare ed uccidere le prede; identi fermi (l'ultimo premolaresuperiore e il molare inferiore)sono s i tua t i ne l la posiz ionemigliore per sfruttare la forza deimuscoli masseteri e costituisco-no un ottimo apparato per taglia-re la carne. La lingua presentanumerose papille cornee rivolteall'indietro, che hanno la funzio-ne (coadiuvate dagli incisivi) dipermettere il completo spolpa-mento delle ossa delle prede,agendo a mo' di lima. Oltre aicanini i Gatti selvatici, come tuttii Felini, possiedono altre armi did i f e s a – o ffesa; infatti, diversa-mente da quanto avviene neiCanidi, gli artigli non si sonoevoluti per ottenere una miglioradesione al terreno durante lacorsa, ma si sono specializzati inmodo ta le da cost i tuir e unaseconda efficacissima arma. Diforma falciforme ed assai acumi-nati , sono sempre prote t t i da

apposite tasche cutanee nellequali , in condizioni normal i ,vengono retratti da un particolaremeccanismo muscolare. All'oc-correnza possono essere sfodera-ti e utilizzati sia come arma did ifesa in grado di inf l iggereprofonde fer i te e d i t enere adis tanza un avversar io e s i acome arma di offesa utile percatturare e trattenere la preda. IGatti selvatici possiedono un'an-datura silenziosa e leggera, comesi addice ad un animale che deveavvicinarsi alla preda prima dicatturarla. Silenziosità e legge-rezza sono ottenute con l'adozio-ne, nel corso dell 'evoluzione,dell 'andatura digit igrada, chedistribuisce equamente (tramiteil cuscinetto plantare) il peso delcorpo sui singoli polpastre ll idelle dita, anch'essi trasformatiin cuscinetti. Per cacciare i Gattiselvatici si servono della vista edell'udito, entrambi ben svilup-pati ed estremamente sensibili. Ipadiglioni auricolari si orientanoautomaticamente verso la sor-gente sonora, permettendo all'a-nimale di localizzarla facilmentee velocemente. L'occhio è dotatonon solo di una grande sensibi-lità visiva (la sensibilità alla lucedei Felidi è all 'incirca 6 voltesuperiore a quella dell'uomo), mapossiede anche la capacità diadattarsi rapidamente al buio,nonché uno strato di cellule spe-ciali (tapetum lucidum), che per-mette un'ottimale utilizzazione dipiccole quantità di luce. Un altrointeressante adattamento, moltoutile ad un predatore crepuscolaree notturno, è costi tuito dallevibrisse che stanno sul muso e daipeli che si trovano ai di sopradegli occhi: essi hanno infatti unagrande importanza come recettoritattili durante gli spostamenti not-turni e la ricerca del cibo.

Le sostanze chimiche secrete

dalle ghiandole mammarie (solonelle femmine), da quelle dellazona genitale (solo nei maschi)ed infine da quelle delle tascheanali hanno anche la funzione difavorire l'incontro dei sessi per lariproduzione, fornendo notiziesui sesso dei padrone del territo-rio e sul suo stato sessuale. Infebbraio e in marzo il maschio simette alla ricerca di una compa-gna e spesso si azzuffa con altrimaschi per il possesso della fem-mina. Se vicino al suo territorionon trova quello di una femmina,i l maschio intraprende lunghispostamenti alla ricerca dellap a r t n e r. La femmina, anch'essa diabitudini territoriali, tollera inquesto periodo dell'anno la pre-senza del maschio nel suo terri-torio, si lascia avvicinare e, dopoi preliminari amorosi, ha luogol'accoppiamento. La femmina delGatto fulvo ha una gestazione di56 – 68 giorni e partorisce da 2 a5 piccoli, che sono inetti, ciechie pesano circa 110 g; il parto haluogo in aprile–maggio in unadelle svariate tane, situate nelterritorio della femmina. I picco-li vengono allattati per circa 1mese e si rendono indipendentiintorno al terzo mese d'età. A 9 –10 mesi sono sessualmente matu-ri, ma il completo sviluppo vieneraggiunto intorno al terzo annodi vita. La durata della vita allostato selvatico si aggira intornoai 12 – 15 anni.

In Sardegna i l Gat to fulvoadulto ha pochi predatori ; ingrado di catturano sono solo igrossi uccelli rapaci, mentre laVolpe evita di scontrarsi con lui.La predazione è invece molto piùelevata nel caso dei piccoli daparte della Martora e soprattuttodella Donnola, che sono in gradodi penetrare nelle tane dei Gatti edi cibarsi dell'intera cucciolata.

Il Gatto fulvo è poco comune

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161. I Gatti selvatici raramente cacciano suglialberi; in genere salgono sui rami solo per dor-mire al sole o per catturare all'agguato le prede,che casualmente passano sotto il loro apposta-mento.

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in Sardegna e per giunta minac-cia to dal l 'a l t eraz ione degliambient i in cui vive e dagliincendi ; per quest i mot iv i l alegge regionale n. 32 del 28 apri-le 1978 non lo considera selvag-gina ed anzi lo protegge in modo

esplicito. Il Decreto relativo alcalendario venatorio stabilisceuna ammenda amministrativa dilire 2.500.000 per ogni esempla-re ucciso, catturato, venduto oillegalmente detenuto.

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162. Avvistata una possibile preda, il Gattofulvo inizialmente avanza veloce in posizioneabbassata e quindi, dopo essersi sufficientemen-te avvicinato, procede lento ventre a terra fino alpunto dal quale può spiccare il balzo finale.

163. Oltre a possedere una grande sensibilitàvisiva, l'occhio dei Gatti è in grado di adattarsimolto bene alla luce ed al buio, grazie alla gran-de dilatabilità della pupilla.

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La Foca monaca ci appare oggicome un relitto faunistico che,sopravvissuto all'ultima glaciazione,è ormai probabilmente avviato, sep-pure molto lentamente, all'estinzio-ne per cause indipendenti dalla azio-ne più o meno negativa dell'uomo.Si tratta infatti di una specie che, nelcorso della sua evoluzione, ha rag-giunto un grado molto elevato dispecializzazione ed ha, di conse-guenza, perso in plasticità evolutiva,risultando perciò meno capace diadattarsi al mutamento delle condi-zioni ambientali. Davanti ai cambia-menti relativamente bruschi, avve-nuti durante le vicende glaciali delQuaternario, una simile specie pote-va sopravvivere solo in quelle areedove le condizioni ambientali risul-tavano particolarmente favorevoli.Ecco perché la Foca monaca presen-ta una geonemia frazionata in tantepiccole colonie sparse qua e là nelMediterraneo ed anche, in minormisura, nell'Atlantico. Alla luce diuna simile distribuzione, si puòa ffermare che la vitalità della specierisulta pregiudicata dall'impossibi-

lità di espandersi al di fuori di questiareali favorevoli (a causa di barriereecologiche come la distanza fra lecoste, la temperatura dell'acqua, lecorrenti marine etc.) e dalla conse-guente mancanza di contatti fra lediverse colonie.

È ovvio che eventuali influenzeantropiche negative, innestandosi suquesto lentissimo processo d'estin-zione, possono accelerano per con-durlo in breve tempo alle sue estre-me conseguenze. È quanto sta avve-nendo in Sardegna, dove la Focamonaca era un tempo abbastanzafrequente e conosciuta dalle popola-zioni rivierasche.

Esemplari isoltati o in piccoligruppi (2 o 3) si incontrano tuttora,occasionalmente, soprattutto neimari delle coste orientali sarde, mamancano già da molti anni avvista-menti di un branco stabile o notiziesulla nascita regolare di piccoli.Attualmente si ritiene che in Sarde-gna vivano 5 (forse 10) Fochemonache; se però si considera che ilnumero minimo di individui di unbranco, necessario per sostituire imorti con i nuovi nati, è stimato sui15 esemplari (di cui 10 – 12 femmi-ne), si capirà come, senza immediatied appropriati interventi dell'uomo,non ci sia in Sardegna alcun futuroper questa specie.

In passato si potevano ammirarele Foche, saltuariamente o regolar-mente secondo i luoghi, in prossi-mità di tutte le coste: da CapoComino a Punta Falcone, da CapoCaccia a Capo Teulada, dal Golfodegli Angeli a quello di Orosei enelle isole circostanti, come Asina-ra, Tavolara, S.Pietro, Serpentaraetc. Ma la zona più importante perla Foca monaca era quella compresafra Cala Gonone e Capo MonteSanto perché ricca di numerosespiaggette dove approdare, spessodel tutto inaccessibili da terra, e diuna miriade di grotte naturali nellequali rifugiarsi. Anche un animale

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Foca monaca

164. Areale mediterraneo di Foca monaca(Monachus monachus).• Aree di presenza permanente.• Aree italiane di frequente avvistamento.0

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ben adattato all'ambiente acquatico,come è appunto la Foca monaca chepuò stare per mesi in mare senzamai tornare sulla terraferma, ècostretto prima o poi a farlo per par-torire ed allattare i piccoli.

Oggi questa parte di costa, estre-mo rifugio della Foca, è una dellelocalità turisticamente più rinomatedella Sardegna dopo la Costa Sme-ralda. Durante l'estate vi aff l u i s c o n odecine di migliaia di persone e unnumero enorme di imbarcazioni dadiporto: nei mesi estivi non vi è piùnemmeno una spiaggia, per quantopiccola e remota, nella quale nonarrivi qualche turista chiassoso edinvadente. Gli ultimi esemplari diFoca monaca, dunque, non riesconopiù a trovare spiagge libere e tran-quille dove riposare, partorire edallattare i piccoli, nati ad agosto e asettembre, e dove esporli alla lucedel sole onde evitare pericolosifenomeni di rachitismo. Essi fini-scono, pertanto, per passare forzata-mente la maggior parte dell'estate inmare o nascosti nelle parti piùprofonde di scomode caverne,essendo stati scacciati dall'invaden-za umana anche dalla rinomataGrotta del Bue Marino presso CalaG o n o n e .

L'irrazionale valorizzazione turi-stica della costa del Golfo di Orosei,il notevole sviluppo della motonau-tica da diporto e la conseguente pre-senza umana, indiscriminata su tuttoquesto litorale, sono però solo alcu-ni motivi dell'estrema rarefazionedella Foca monaca in Sardegna.Bisogna, infatti, aggiungere che, senegli anni Settanta questo Pinnipedeera ormai limitato solo a questaparte della costa sarda, la causa è daattribursi alla caccia folle ed incon-trollata che ne aveva ridotto drasti-camente il numero: i pescatori louccidevano perché lo ritenevanocolpevole di rompere le reti perappropriarsi del pesce ivi contenutoed i pastori ne praticavano la caccia

per utilizzare la loro pelle al fine difare calzature e per produrre olio dalgrasso. La caccia incontrollata veni-va praticata con fucili, arpioni ebastoni: le Foche, sorprese all'in-gresso delle grotte o sulle spiagget-te, morivano a decine. Tutto ciò èdurato fino agli anni Sessanta mal-grado le leggi protettive e il risarci-mento disposto dalla Regione sardaper i pescatori danneggiati dal Pin-n i p e d e .

Tutte queste cause hanno contri-buito a ridurre la consistenza nume-rica della specie ad un massimo di10 – 15 esemplari in tutta la Sarde-gna nel 1974. In queste condizionisubentrano poi, ai perduranti inter-venti antropici, anche fattori biolo-gici che accelerano il processo d'e-stinzione. Essendo infatti gli indivi-dui della colonia in piccolo numero,gli accoppiamenti fra consanguineidiventano molto frequenti e, di con-seguenza, aumentano gli esemplaritarati. Poiché in condizioni di scarsadensità demografica questi nondevono competere con individuisani, non vengono eliminati dallaselezione naturale e riescono ariprodursi: aumentano così gli abortie i piccoli tarati, come attestanodiversi ritrovamenti di feti e di cuc-cioli morti, avvenuti negli anni Set-tanta. A tutto ciò si devono aggiun-gere, come precedentemente accen-nato, i danni derivanti dalla forzatapermanenza in grotta e in mare chefanno aumentare la frequenza dellemalattie reumatiche e del rachitismonei piccoli.

All'imminente totale estinzionepare invece non abbia contribuitouna supposta minor disponibilità ali-mentare perché gli esemplari avvi-stati negli anni passati non appariva-no denutriti. Forse la Foca monacapotrebbe ancora essere salvata inSardegna, impedendo al turismoindisciplinato ed invadente l'accessoa un certo numero di spiagge e grot-te, ancora frequentate dal Pinnipede.

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165. Foca monaca (Monachus monachus).Addio? (Disegno: Carlo Erminio).

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A questo proposito si può citare ilcaso della Foca monaca dell'isola diLayson (M. schauinslandi) che,posta sotto rigida e severa protezio-ne, ha aumentato la propria consi-stenza numerica dai 150 capi del1956 ai 1300 odierni.

Da tempo è stato avanzato un pro-getto per reintrodurre, nei marisardi, un certo numero di esemplaridi Foca monaca, importati da loca-lità del Mediterraneo dove ancoraquesto Focide vive; un simile edauspicabile piano non ha, però,alcuna possibilità di riuscita, seprima non si istituiscono aree rigo-rosamente protette ed atte ad acco-gliere gli animali. A questo proposi-to è da considerarsi lodevole, seppu-re tardivo, il Decreto dell'estate del1987 col quale il Ministro dellaMarina Mercantile ha proibito lanavigazione, l'approdo e la pesca neltratto di mare fra Cala Luna e CapoMonte Santo. Il provvedimento,chiaramente lacunoso perché lesivodello sviluppo turistico dei Comuniinteressati, va tuttavia giudicatopositivamente in quanto ha risve-gliato le amministrazioni comunalidella zona da un vero e propriol e t a rgo ecologico (accesso liberodappertutto, alberi sfregiati e taglia-ti, grotte saccheggiate da turistiincoscienti, caccia subacquea incon-trollata, dilagare dei rifiuti etc.).

Il Decreto ministeriale (attual-mente non più in vigore) costituisceperciò un punto di partenza per arri-vare a un'efficace protezione dellaflora e della fauna della zona (com-presa la Foca monaca eventualmen-te reintrodotta), nel rispetto delleaspettative di sviluppo turisticodelle popolazioni locali. Al "tuttopermesso" deve cioè subentrare unturismo meno chiassoso e invaden-te, più controllato e maturo, che siain definitiva tollerabile dagli ecosi-stemi marini e terrestri del luogo.

Anche alcune credenze hannocontribuito all'imminente estinzione

della Foca: in molti paesi della Sar-degna, ad esempio, si credeva cheuna cintura di pelle di questo Pinni-pede fosse un ottimo rimedio perguarire dalle malattie renali, dai reu-matismi e dal mal di ventre; si rite-neva inoltre che tali cinture avesseroanche il potere di facilitare alledonne il travaglio del parto e si dice-va che a questo scopo erano moltoe fficaci le cinture fatte con la pelledei feti trovati nel ventre delle fem-mine uccise. Un'altra credenza,riscontrabile in molte località mari-ne della Sardegna e per fortuna nondannosa per la Foca, era quella chesi riferiva al lampeggiare estivo, chespecie in settembre si scorge all'o-rizzonte del mare: si credeva che talibagliori fossero prodotti dalla Focaquando solleva la testa dal mare. Alsud si diceva "Est su Bòi marìnu (Eil Bue marino)". Questa credenzaera forse collegata al fatto che laFoca spesso emerge all'improvvisodall'acqua per rientrarvi poi fulmi-neamente, dando l'idea del balenaredei lampi.

Le notevoli dimensioni della Focamonaca han fatto sì che in Sardegnavenisse identificata come un Bue dimare ed è perciò denominata: Vàccamanna (Porto Torres), Bòe marìnu(Logudoro, Baronie, Mandrolisai),Fòe marìnu (Benetutti), òe marinu(Logudoro settentrionale, Baronie,M a rghine, Ogliastra), Vòe marìnu(Siniscola, Baronie), Bòi marìnu(Cagliari, Campidano, Parteolla,Ogliastra, Oristanese, Marmilla),Bòiu marìnu (Tempio, Gallura), Bòi'e màri (Campidano, Parteolla), Bòuo Bòve marì (Alghero), Vàha demòdde (Barbagia Ollolai), Bitèllumarìnu (Logudoro, Marg h i n e ) ,Vitèddu manìnu (Settentrione),Vitèllu marìnu (Oristano, Campida-no, Sulcis–Iglesiente), Bìggiu marì-nu (Logudoro), Vìggiu marinu(Porto Torres), Vrìcu 'e màre (Bar-bagia Ollolai), Icru marìnu (Nuore-se), !gru marìnu (Nule), Igu marìnu

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(Busachi), Bìcru marìnu (Bitti, Oro-sei), Bèllu marìnu (Cabras), Ecciumarìnu (Ogliastra), Vècchiu marìnu(Gallura), Bìgu marìnu, Bigumàrras,Vigumàrras, Crigumàrras, Culumàr-rue, Irgumàrras (in altre località).Questi termini sono poi stati utiliz-zati anche per indicare l'improvvisolampeggiare in assenza di pioggia,tipico di fine estate, per l'identifica-zione della Foca col fulmine estivodi cui si è precedentemente detto. ASassari, nell'Ogliastra e a Carlofortesi usa il termine Fòca.

La Foca monaca è specie monoti-pica, distribuita con circa 500 esem-plari, principalmente nel Mediterra-neo: Baleari, Corsica (da dove risul-ta scomparsa all'incirca nella secon-da metà degli anni Settanta), Sarde-gna, Adriatico Sud–orientale, costedel Nord–Africa e della Siria, Cipro,Mar Egeo e Mar Nero. E presenteanche nell'Oceano Atlantico cen-tro–orientale, nelle coste del Rio deOro, a Madera e nelle Canarie. InItalia l'ultima colonia stabile eraquella del Golfo di Orosei in Sarde-gna, che faceva capo alla Grotta delBue Marino, alla Grotta del Fico e auna cavità naturale presso CapoMonte Santo.

La Foca monaca presenta unacolorazione variabile dal grigiobruno al bruno opaco con ventrebiancastro. Le femmine e i giovanisono in genere di colore più chiarorispetto ai maschi.

L'anatomia di questo Focide,come d'altronde quella di tutti glialtri appartenenti alla famiglia, èmeravigliosamente adattata alla vitaacquatica. Il corpo è affusolato edidrodinamico, essendo scomparsetutte le sporgenze (ad esempio ipadiglioni auricolari); perfino icapezzoli e i testicoli risultanonascosti sotto il pannicolo adiposo,che è uno strato di grasso sottocuta-neo avente funzioni termoregolatri-c i .

Gli arti posteriori, trasformati in

pinne, sono volti all'indietro e, poi-ché non possono essere piegati sottoil corpo, sono inutilizzabili per lalocomozione terrestre. Sulla terra,dunque, la Foca monaca si muovecon fatica, procedendo a salti sulventre ed eseguendo anche deimovimenti ondulatori: le sue ormesono facilmente riconoscibili sullasabbia perché, a fianco di un larg osolco centrale scavato dal ventre edagli arti posteriori, si possono nota-re le impronte degli arti anteriori colsegno delle cinque unghie. Quandol'animale entra in acqua, però, quel-le stesse pinne posteriori che gli ren-dono difficile il movimento sullaterraferma, diventano uno strumentoperfetto per il nuoto, che gli consen-te di muoversi velocemente edaggraziatamente nell'elemento liqui-do e di cambiare direzione quandolo desidera. Durante il nuoto il tron-co compie movimenti laterali e lepinne posteriori funzionano come lacoda di un pesce; sono possibiliflessioni sia sul piano orizzontaleche verticale. Le pinne anteriorihanno funzione di pagaie, utili per leevoluzioni nell'acqua, ma durante ilnuoto veloce vengono tenute fermeed aderenti al corpo.

Altri interessanti adattamenti siriscontrano nelle narici che possonoessere chiuse sott'acqua da partico-lari muscoli e negli occhi che posso-no vedere bene anche nell'elementoliquido grazie alla membrana nitti-tante; poiché la luce penetra nelmare per poche decine di metri, gliocchi delle Foche sono dotati dipupille dilatabilissime, che consen-tono una buona visione nellapenombra. Le Foche possono scen-dere a notevoli profondità e resistereper alcune decine di minuti sott'ac-qua senza risentirne. In simili condi-zioni un animale deve risolvere iproblemi che derivano dalla pressio-ne, dal conseguente rischio delleembolie e dalla mancanza d'ossige-no. Nell'aria, che respiriamo, esiste

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una grande percentuale d'azoto(circa il 76%), un gas del tutto inno-cuo in condizioni normali. Quandoci si sottopone sott'acqua (o anchefuori) a pressioni elevate, una mag-gior quantità d'azoto si scioglie nelsangue senza, comunque, determi-nare inconvenienti di sorta; se, però,in un breve arco di tempo si dimi-nuisce la pressione risalendo veloce-mente in superficie, l'azoto contenu-to nel sangue ritorna allo stato gas-soso, formando bolle nei vasi san-guigni (emboli), che possono deter-minare paralisi temporanee o per-manenti ed anche la morte. LeFoche hanno risolto questo proble-ma vuotando i polmoni prima dii m m e rgersi ed impedendo così all'a-zoto di sciogliersi nel sangue acausa delle alte pressioni.

Così facendo si evita l'embolia,ma si rinuncia ad una certa quantitàd'ossigeno. Le Foche fanno bastarequel poco ossigeno che hanno gra-zie a particolari adattamenti, chepermettono loro di ridurre l'attivitàdel cuore e di irrorare solo il cervel-lo, chiudendo le arterie grandi e pic-cole che portano il sangue alle altre

parti del corpo. In un altro Mammi-fero il sangue così trattenuto neivasi finirebbe presto per coagulare:nelle Foche ciò non avviene grazie aparticolari sostanze presenti nel san-gue e aventi la funzione di ritardar-ne la coagulazione. Un altro proble-ma che deriva dalla scarsità d'ossi-geno è quello del rifornimento ener-getico delle masse muscolari. L'e-n e rgia per muovere i muscoli vienenormalmente ottenuta dagli animali(ed anche dalle piante) mediante lademolizione di zuccheri (glucosio) odi grassi, che avviene in particolario rganuli delle singole cellule, chia-mati mitocondri. La demolizione diqueste sostanze ha luogo in duetappe: una che prescinde dall'ossige-no e che permette di produrre ener-gia ed acido lattico, l'altra che operala completa trasformazione dell'aci-do lattico in anidride carbonica,acqua ed energia grazie all'ossigeno,portato alle cellule tramite gli appa-rati respiratorio e circolatorio.Quando si compie uno sforzo inten-so e prolungato si va in debito d'os-sigeno e il processo di demolizionedegli zuccheri e dei grassi si arresta

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166. Le narici della Foca monaca sono dotate dimuscoli molto elastici che ne permettono l'aper-tura e la chiusura secondo le necessità e sonodisposte all'incirca sullo stesso piano degliocchi. Quest'ultimo adattamento permette dicontrollare l'ambiente circostante esponendo laminima parte possibile del proprio corpo allavista dei predatori e dell'uomo.

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167. Così tranquilla si presentava Cala Lunaalcune decine di anni or sono! Oggi questasplendida zona è invasa da barche di ogni gene-re, mentre gruppi di turisti chiassosi, invadenti eindisciplinati si dirigono per ogni dove, conpunte massime che purtroppo coincidono colperiodo in cui le Foche allevano il loro unicopiccolo. Numerose esperienze compiute in altripaesi hanno dimostrato che sviluppo turistico e

rispetto dell'ambiente naturale possono coesiste-re, se si raggiunge un giusto equilibrio fra ledue necessità, e che la conservazione dell'inte-grità dei luoghi è in genere fonte di una costanteattrattiva turistica. È pertanto compito e doveredegli amministratori far sì che le aspettativedelle popolazioni si realizzino con la piena sal-vaguardia ambientale delle zone interessate.

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all'acido lattico, che aumenta sem-pre di più la propria concentrazioneall'interno delle cellule. È propriol'acido lattico il responsabile dell'af-faticamento e dell'indolenzimentomuscolare. Ebbene un meravigliosoadattamento biochimico rende leFoche molto più tolleranti verso l'a-cido lattico e l'anidride carbonica diqualsiasi altro Mammifero terrestre.Ecco perché questi animali riesconoa stare più di mezz'ora sott'acquasenza alcuno sforzo: traggono l'e-n e rgia per muovere i muscoli dalprocesso di respirazione anaerobicoe, ritornate in superficie, smaltisco-no l'eccesso di acido lattico, accu-mulato in immersione, riprendendoa respirare e quindi rifornendo nuo-vamente le cellule d'ossigeno.

La Foca monaca frequenta isole,isolotti, coste rocciose e sabbiose edentrate di caverne invase dall'altamarea. Non è un animale cavernico-lo: nelle grotte è stato spinto più chealtro dall'azione di disturbo umana.In condizioni di normale popola-mento non ha tendenza a viveresolitaria o in piccoli gruppi familia-ri, main colonie. Non è un animalemigratore, anche se Foche isolate oin piccoli gruppi sono state avvistatein prossimità delle coste di moltelocalità del Mediterraneo; ama staresempre nella stessa zona, se nonviene disturbato. La Foca monaca èun animale tendenzialmente diurno,ma gli ultimi esemplari sardi prefe-riscono andare in mare di notte estare in grotta di giorno; ciò è damettere in relazione col desiderio dievitare l'uomo. Queste Foche d'in-verno passano più tempo rifugiatenelle grotte che d'estate perché laspecie, contrariamente ad alcunecredenze del passato che la voleva-no amante delle tempeste e del mareagitato, in genere, preferisce andarein acqua quando il tempo è buono ela temperatura mite.

Durante il periodo riproduttivo imaschi lottano fra di loro con gran-

de energia per il possesso delle fem-mine, rimanendo talora feriti o ucci-si. Gli accoppiamenti hanno luogoda maggio a novembre (in Sardegnaavvenivano soprattutto in luglio edagosto) e pare si verifichino sott'ac-qua e non sulla terraferma. La gesta-zione dura ben 11 mesi perché l'uo-vo fecondato rimane a lungo liberonell'utero prima di fissarvisi: sembrache quest'adattamento abbia la fun-zione di sincronizzare le nascite e difar coincidere il più possibile ilperiodo del parto con quello dell'ac-coppiamento. Viene partorito unsolo piccolo, pare ogni due anni,generalmente nel periodo compresofra agosto e settembre. I parti hannoluogo sulla terraferma: si ritiene cheoriginariamente venissero usate aquesto scopo principalmente lespiaggette isolate e che, solo a causadell'influenza umana, vengano oggispesso preferite le grotte e glianfratti con spiagge e rocce, rag-giungibili senza immersione.

I giovani, che alla nascita misura-no circa i m di lunghezza e pesanointorno ai 20 kg, sono ricoperti daun soffice mantello molto scuro, cheviene mutato dopo circa sei settima-ne. A differenza di quanto accade inaltre specie di Carnivori, i piccolinascono abbastanza sviluppati e,istruiti dalla madre, riescono a nuo-tare già a 15 giorni d'età. L'allatta-mento dura da 2 a 6 settimane e pareche i giovani possano stare con lamadre fino a 3 anni. La mortalità deipiccoli è assai elevata (intorno al60%) e in genere solo il 20% rag-giunge la maturità sessuale verso ilquarto anno di vita. Questa duracirca 14 anni.

La Foca monaca è capace di dor-mire sott'acqua, adagiata sul fondoad una profondità in cui le acquesono calme; senza svegliarsi, siporta di tanto in tanto in superficie,coll'aiuto delle pinne anteriori, perrespirare: è stata registrata un'alter-nanza di 2 minuti d'aria per 20

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minuti sott'acqua. Si nutre soprattut-to di pesci, molluschi e crostacei.Localizza le prede grazie all'ottimavista perfettamente adattata allapenombra; spesso le Foche nuotanosul dorso in prossimità del fondo ecatturano le prede dal basso versol'alto dopo averle localizzate in con-troluce: è stato accertato che a que-sto scopo basta anche la fioca lucedelle stelle. Si servono pure dellevibrisse, ma solo quando caccianosul fondo o vicino alla costa perchéqueste sono del tutto inutili in mareaperto. Nello stomaco dei Pinnipedisi rinviene spesso della ghiaia; lasua funzione pare sia quella di sup-plire alla mancata masticazionedelle prede, che infatti vengonodeglutite intere, ed anche di evitarel'atrofia dello stomaco nei casi dilungo digiuno (periodo dopo ilp a r t o ) .

Un altro problema che un animalemarino deve risolvere è quello del-l'approvvigionamento d'acquadolce; la Foca ha la possibilità diprocurarsela sulla terraferma, macome può sopravvivere per mesi inmare senza bere? Sicuramente rica-

va parte dell'acqua necessaria dalcorpo delle prede di cui si nutre edai processi metabolici di demoli-zione dei grassi. Quasi certamente,però, questi due sistemi da soli nonbasterebbero ed è molto probabile,anche se non ancora accertato permancanza di studi in merito, che,come molti uccelli marini, anche leFoche siano in grado di bere acquamarina e di eliminare i sali in ecces-so attraverso le ghiandole lacrimali.A sostegno di questa ipotesi c'è l'ab-bondante lacrimazione che scorresul viso delle Foche, bagnando ilpelame attorno e sotto gli occhi.

La Foca monaca può occasional-mente cadere vittima di squali e diorche, dai quali trova scampo a riva,dove però incontra l'uomo. Comedire: dalla padella nella brace!

La Foca monaca è protetta dallalegge n. 503 del 5 agosto 1981 edalla legge regionale n. 32 del 28aprile 1978; il calendario venatorionon la considera selvaggina e preve-de per i trasgressori una sanzioneamministrativa di lire 15.000.000per ogni esemplare catturato, ucciso,venduto o illegalmente detenuto.

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168. Rispetto ai Carnivori terrestri, il craniodella Foca monaca presenta un minor sviluppodei muscoli masticatori e una dentatura caratte-rizzata dalla forma canina degli incisivi e dallapresenza di punte nei premolari e nei molari. Sitratta di adattamenti che le Foche hanno conse-guito nel corso della loro evoluzione allo scopodi catturare sott'acqua prede guizzanti, come ipesci, che vanno trattenute coi denti e deglutitesenza essere masticate.


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