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VOLTAIRE E LA CULTURA VERONESE NEL SETTECENTO: IL CONTE ALESSANDRO CARLI

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VOLTAIRE E LA CULTURA VERONESE NEL SETTECENTO: IL CONTE ALESSANDRO CARLI Author(s): Franco Piva Source: Aevum, Anno 42, Fasc. 3/4 (MAGGIO-AGOSTO 1968), pp. 316-331 Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Stable URL: http://www.jstor.org/stable/25820715 . Accessed: 16/06/2014 00:08 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Aevum. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.36 on Mon, 16 Jun 2014 00:08:18 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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VOLTAIRE E LA CULTURA VERONESE NEL SETTECENTO: IL CONTE ALESSANDRO CARLIAuthor(s): Franco PivaSource: Aevum, Anno 42, Fasc. 3/4 (MAGGIO-AGOSTO 1968), pp. 316-331Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/25820715 .

Accessed: 16/06/2014 00:08

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VOLTAIRE E LA CULTURA VERONESE NEL SETTECENTO:

IL CONTE ALESSANDRO CARLI

L'autore di cui ci accingiamo ad analizzare l'opera non e certo uno dei maggiori della nostra storia letteraria del Settecento.

D'altra parte egli ci interessa soprattutto per i suoi rapporti con il Voltaire e la cultura francese, e sono proprio questi gli aspetti della sua vita e della sua opera che noi ci proponiamo di esaminare brevemente nelle pagine che seguono.

II conte Alessandro Carli nacque a Verona il 21 febbraio 1740 da una delle piu nobili famiglie della Terraferma veneta 1. Fatti dei buoni studi nel liceo cittadino, allora diretto dai padri gesuiti e, con ogni probability, anche a Venezia, il periodo della formazione e della giovinezza si chiuse anche per il giovane conte con un lungo viaggio attraverso i principali paesi d'Europa 2.

Doveva essere questa la grande awentura del Nostro, capace di condizionarne, almeno in parte, la stessa vita. Purtroppo non abbiamo nessun documento preciso

per ricostruire questo viaggio; soltanto qualche riferimento, trovato qua e la, ci po tra aiutare a chiarire questo importantissimo periodo della sua vita.

II viaggio e da situare probabilmente tra il 1766 e il 1767; in re alt a nel marzo del 1768 il Carli era gia sicuramente di ritorno a Verona e, a quanto ci e dato capire da una lettera di un amico francese, da poco 3.

La prima tappa fu, come spesso succedeva, Parigi, dove il Carli alloggio in casa di un certo Malini, probabilmente un antico conoscente di famiglia emigrato in Fran cia. Furono anzi verosimilmente i suoi amici, i quali pure si interessavano, forse per

mestiere, di cultura, che iniziarono il giovane conte alia vita letteraria della grande e brillante citta; di essa un aspetto dovette attrarre subito e particolarmente il suo

interesse: il teatro.

Inclinazione naturale? Molto probabilmente. Si tenga d'altra parte conto che il Carli usciva da una regione in cui molto vivo era il gusto per la scena e assai feconda la produzione di opere teatrali; e da una citta in cui era ancora vivissima Peco della riforma operata, o tentata, dal Maffei.

A Parigi il Nostro trovo due grandi attori, il Lekain e M.lle Clairon, che proprio in quegli anni stavano portando al suo massimo splendore il teatro di un grande uomo di lettere: il Voltaire.

Certo, il Carli conosceva gia, almeno in parte, la produzione teatrale del Voltaire; la sua fama di tragedia aveva da tempo valicato le Alpi e le sue opere si rappresenta

1 Cfr. atto di nascita in Archivio di Stato di Verona, Archivio della Torre, cart. 143. 2 A cid almeno spinge a pensare un accenno trovato in V. Giglio, Salotti veronesi del secolo XVIII,

in Novissima Antologia di scrittori moderni, Verona 1908, p. 108: ? Alessandro Carli che, dopo aver viag giato mezza Europa, si era ritirato in Verona... ?.

3 Cfr. Lettera del 2 agosto 1768 di Malini Gio. Claudio, in Carteggio Carli, busta 2, cart. Malini; si trova nella Biblioteca Civica di Verona.

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vano e si imitavano un po' dovunque; ma sia le rappresentazioni, affidate in genere

a compagnie men che mediocri, sia soprattutto le imitazioni, tanto numerose quanto scialbe, comprese quelle del Veronese Becelli, tradivano completamente lo spirito della tragedia voltairiana lasciandone cadere la parte piu nuova ed importante e stem

perandola in una assai generica colorazione francese.

Invece le rappresentazioni del Lekain e della Clairon, che da anni sotto la guida del Voltaire, davano vita ad una profonda riforma della scenografia e dell'arte dram matica, dovettero essere per il giovane Veronese una vera e propria rivelazione. Co

nobbe egli di persona questi due attori famosi? Parlo con loro? Non abbiamo nessun documento per affermarlo con sicurezza, anche se il grande interesse che egli nutriva

per la scena ci spingerebbe a credere di si; certo e, ad ogni modo, che cerco, nel periodo in cui fu a Parigi, di cogliere le principali caratteristiche della riforma dell'arte sce nica messa in atto dai due attori, e soprattutto di individuare il segreto del loro modo di recitare cosi nuovo, cosi composto, cosi naturale, cosi maestoso e nello stesso tem

po cosi brioso ed animato, piacevole sempre a vedersi e ad udirsi4.

A Parigi il Carli conobbe senza dubbio alcuni fra i giovani autori di teatro piu promettenti, come lui innamorati della scena e come lui attenti a tutto cio che usciva

dalla bocca del grande uomo di Ferney e dei suoi protetti; si incontro cosi con Bacu lard d'Arnaud, de Belloy, Lemierre, Ducis; ed ebbe interessanti conversazioni con

Laharpe che ricordera poi con ammirazione nella sua Lettera.. .alVabate Lavarini5.

Conobbe alcune fra le piu belle opere di Racine, di Crebillon e, particolarmente, di Voltaire; soprattutto sorse o si rafforzo in lui il desiderio di conoscere l'uomo che aveva suscitato tutto quell'entusiasmo e verso cui si levavano tutti quegli applausi che lo avevano frastornato e commosso.

Da Parigi quindi, non sappiamo se direttamente o meno, il Carli si trasferi a

Ferney; qui egli trovd il Voltaire in un momento in cui l'attivita e le ricerche teatrali 10 occupavano in modo straordinario. I grandi successi che YOrphelin de la Chine, 11 Tancrkde e VOlympie avevano riscosso in quel periodo a Parigi e altrove, e ai quali il Carli aveva certamente assistito durante il suo soggiorno parigino, lo avevano esal

tato e gli avevano dato nuova energia per portare avanti le sue riforme e per dare alia

Francia la tragedia ideale che opposizioni e difficolta di vario genere ancora gli ave vano impedito di produrre 6.

Un altro motivo aveva rianimato nel Voltaire l'uomo di teatro: la concorrenza

del Diderot e del nuovo modo di recitare, estremamente realistico, che egli propugna va 7.

Inline nel 1767, anno in cui con tutta probability e da situare il soggiorno del Carli a Ferney, la stessa M.lle Clairon venne a raggiungere, e per un periodo abba

stanza lungo, il maestro nel suo splendido rifugio. Fu anzi proprio per lei che il Voltaire

riorganizzo il suo teatro, abbandonato in un momento di scoramento e trasformato

in lavanderia, e che di nuovo si recito la tragedia e la commedia 8. La celebre attrice, che da tempo egli piu non rivedeva, lo entusiasmo; di lei,

nelle sue lettere agli amici, dice meraviglie9. E un periodo, lo abbiamo detto, di audaci tentativi, di prove; sono anni di una

4 Cfr. Letter a delVAutore scritta nel 1803 al sig. abate Lavarini reggente del liceo Veronese, p. 6; trovasi

in testa al volume: A. Carli, Tragedie, Verona 1812. 5 Ibid. pp. 6-7. 6 Cfr. Lettera di Voltaire a d'Argental del 10 febbraio 1766, in F. M. Voltaire, Oeuvres Completes,

ed. Lequien, Paris 1820, vol. LXIV, p. 215. 7 Cfr. G. Lote, Voltaire et la declamation thedtrale, in ?Mercure de France ?, CLIII (1922), p. 681. 8 Cfr. H. Lion, Les tragedies et les theories dramatiques de Voltaire, Paris 1895, p. 342. 9 Cfr. Lettere del 5, 22, 30 agosto 1767 a d'Argental, in Oeuvres completes, cit., vol. LXV.

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estrema vivacita, in cui Voltaire, che, come egli stesso riconosce, ha ormai dato tutto

ed esaurito la tragedia tradizionale, si sforza costantemente per cercare nuove solu

zioni e per dare al pubblico ? un peu de ce neuf qu'il demande toujours ? 10. II Carli non poteva capitare in un momento migliore; in questa atmosfera di

rinnovato entusiasmo furono certamente numerosi e vivaci i colloqui e le discussioni

tra Voltaire e i suoi amici e visitatori sull'arte tragica e sul modo di impostare una

tragedia; sull'intreccio e sulla funzione dei cosiddetti mezzi di teatro a proposito dei

quali Voltaire dovette avere qualche vivace scambio di opinioni con M.lle Clairon, di lui assai piu audace n; sul modo di recitare infine, sulla posizione degli attori in scena e sulla migliore intonazione della voce.

A queste conversazioni, di cui rimane una eco viva in numerose lettere del tem

po, il nostro con molta probability partecipo, a volte forse come attore, piu spesso come spettatore attento ed ammirato 12.

Era costume del Voltaire portare di tanto in tanto sul teatrino di Ferney al

cune delle sue opere: cosi il Carli pote ammirarle nell'interpretazione del Voltaire stesso, eccellente attore, a detta del Lekain, di M.lle Clairon e degli amici di casa; forse come era costume, alia recita di qualcuna di esse partecipo anche lui. Fra tutte, una lo colpi in modo del tutto particolare: il Tancrede. Certamente l'aveva gia vista

a Parigi nell'interpretazione del Lekain; ma il fascino del soggetto, per lui del tutto nuovo, della sceneggiatura e del personaggio che in essa svolgeva la parte piu im

portante, dovettero attrarlo ancora una volta, e piu profondamente, a Ferney. Sara proprio questa, di tutte le tragedie voltairiane, che il Carli avra sempre

presente in modo particolare, ed il suo ricordo ritornera frequente in tutte e tre le

sue opere tragiche. Con essa anche YOlympie l'impressiono, senza dubbio per la no

vita della sceneggiatura e per l'audace impiego dei mezzi teatrali.

Tomato in patria, dove lo ritroviamo gia agli inizi del 1768, ancora pervaso delle discussioni e dei colloqui avuti a Parigi e a Ferney e del fascino della tragedia vol tairiana, il Carli, di fronte alle sterili e sempre rinnovantisi discussioni sulla tragedia classica e su quella

? francese ?, credette di possedere il segreto della vera soluzione

e, spinto anche dal suo entusiasmo giovanile, si mise subito al lavoro 13.

La sua prima opera, il Telane ed Ermelinda, rappresentata per la prima volta

nel 1769, ottenne infatti un lusinghiero successo sia a Verona, sia a Venezia, al S.

Luca, dove tenne il cartellone fino alia chiusura dei teatri.

Anche il Voltaire, al quale il Carli aveva dedicato l'opera come al ? sovrano delle

scienze e della letteratura? 14 chiedendogli nello stesso tempo un parere, l'aveva

assicurato della bonta della tragedia e ne aveva elogiato caldamente ?la vivacite

de l'intrigue ? 15.

In effetti il Telane, la cui azione si svolge a Ravenna al tempo delle ultime lotte tra Odoacre e Teodorico e narra l'amore di Telane figlio di Odoacre, e di Ermelinda, figlia di Oreste, che la concorrenza del vincitore Teodorico, la indecisione di Odoacre

10 Cfr. Preface a Vedition de Paris des Scythes (1767), Oeuvres Completes, cit., vol. VII, p. 464. 11 Ibid., p. 466. 12 Cfr. tra Paltro le lettere citate a d'Argental; le lettere 17 e 25 febbraio 1767 al Lekain, in Oeuvres

Completes, cit., vol. LXV, pp. 277 e 289 e Preface..., cit., ibid., vol. VII , pp. 462-67. 13 Per tali discussioni cfr. A. Parducci, La tragedia classica italiana del sec. XVIII anteriore alVAU

fieri, Rocca S. Casciano 1912. 14 Cfr. Lettera al Sig. di Voltaire gentiluomo di Camera di S. M. Cr. in testa a Telane ed Ermelinda,

tragedia del nobile Sig. Alessandro Carli patrizio Veronese, Verona 1769, p. 6. 15 Cfr. Lettera del 3 gennaio 1769 da Ferney, in Carteggio Carli, cit., busta 3, cart. Voltaire. Cfr.

testo in Appendice.

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e il tradimento della guardia del corpo rendono tragico e fatale per i due giovani, e, almeno a parer nostro, una buona tragedia, e, senza essere un capolavoro, e in parte ? scevra di molti difetti ed ha pregi non comuni nei tragedi settecentesehi ? 16.

Soprattutto, ed e questo ehe piu ci interessa, e una tragedia decisamente ? fran

cese ?; e non a caso, dal momento che lo stesso Carli ne rivendicava, nella lettera piu

sopra citata, l'assoluta indipendenza dal filone italiano 17.

Solo che questa sua qualita non si limita, come era parso al Parducci, alia pre senza dell'amore e delle espressioni galanti che in realta erano i due ingredienti ad effetto sicuro ed onniprensenti in tutte le tragedie

? francesi? del tempo e nelle si

mil ari matrici d'Oltralpe. Certo, amore e galanteria sono presenti anche nel Telane; ma diverso ci pare l'uso

che lo scrittore Veronese di essi fa. L'amore non b introdotto nell'intreccio ad ogni

pie sospinto, a proposito ed a sproposito, come quasi sempre succedeva nelle tragedie di imitazione francese del tempo; costituisce anzi il solido fulcro attorno a cui tutta

l'azione si svolge. D'altra parte l'amore che lega Telane ad Ermelinda, senza essere

una passione nel senso raciniano, non ha nulla di vuoto, di fatuo, di salottiero.

E chiaro che, fatte queste osservazioni, non b piu possibile ricondurre la tragedia del Carli ad una generica influenza francese; che dobbiamo invece concludere che essa

si rifa ad un modulo piu preciso: a quello voltairiano. In realta la tragedia del Veronese b tutta piena di ricordi voltairiani; in particolare

sono molte le scene e le situazioni che possono essere ricondotte al Tancrede e confron

tate con esso: da Telane, che ricorda abbastanza da vicino Tancrede; a Teodorico, creato sulla falsariga di Solamir; ad Ermelinda e Odoacre che richiamano l'Ame naide e PArgire della tragedia francese; la scena finale poi del Telane b decisamente

presa dall'opera del Voltaire: in ambedue le tragedie gli eroi maschili sono portati in scena morenti, a braccia, da soldati; in ambedue, le loro infelici amanti cadono,

morte, al loro fianco, in un supremo, tragico abbraccio.

Ma anche piu profondi sono i rapporti che esistono tra le due opere. Ad uno ab biamo gia accennato: b la funzione dell'amore. Ecco cio che, gia nel Discours sur la

tragedie, messo in testa all'edizione del Brutus, il Voltaire scriveva a questo proposito: ? Le mal est que l'amour n'est souvent chez nos heros de theatre que de la galanterie... II faut che l'amour soit digne du theatre tragique; il faut qu'il soit le noeud neces

saire de la piece et non qu'il y soit amene par force...? 18.

In effetti b proprio l'amore, sentimento profondo e sincero, che spinge Tancrede

a tornare a Siracusa per trovarvi Amenaide; cosi come b l'amore che convince Telane

ad abbandonare il campo di Teodorico, al quale b legato in qualita di ostaggio, per tornare a Ravenna verso la sua Ermelinda; e da questa situazione iniziale trarra

poi origine tutta la tragedia. D'altra parte in Voltaire l'amore non b quasi mai Tunica molla che fa muovere

l'azione; accanto ad esso c'e sempre un conflitto piu vasto tra due popoli o due par titi che lo inquadra e provoca gli ostacoli che porteranno l'amore ad una conclusione

tragica.

Similmente, nella tragedia del Carli l'amore di Telane ed Ermelinda b visto en tro il conflitto che da una parte mette di fronte gli Eruli di Odoacre e i Goti di Teodo

rico, dall'altra oppone Odoacre e il figlio suo ai traditori Sveno e Ferusto, guardie del corpo.

Ancora piu profonda appare l'influenza voltairiana se si pone mente a quella vi

16 Cfr. A. Parducci, op. cit., p. 139. 17 Lettera al Sig. di Voltaire..., in testa a Telane ed Ermelinda, cit., p. 6. 18 Cfr. F.M. Voltaire, Oeuvres Completes, cit., vol. II, p. 332.

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vacita deH'intreccio e a quella ricchezza dell'azione che lo stesso Voltaire aveva, nella

sua lettera, ritenute degne di lode.

Entriamo con cio nel vivo della concezione tragica dello scrittore francese il quale, se parte dalla tragedia raciniana, da essa sempre piu si allontana in quanto sostituisce

al travaglio interiore dei personaggi e al tormento soprattutto psicologico delle pas sioni che avevano reso quasi nullo il valore dell'intreccio nelle tragedie del Racine, una trama inverosimilmente ricca di azione; nelle sue opere l'interesse e quindi te

nuto vivo dal gran numero di awenimenti che in essa compaiono e che creano fre

quenti ed inaspettati colpi di scena. Inoltre alFamore, che d'altra parte non e piu visto, come una passione fatale e

struggente, bensi piuttosto come uno dei momenti dell'uomo, si affiancano altri mo

menti, altre situazioni quali la religione, la politica, la carita cristiana, lo spirito caval

leresco, l'amore materno, ecc.

Ne deriva una tragedia tutta esteriore, ricca di azione, di colpi di scena, di vasti

quadri e di spettacolo che, seppure resta in apparenza legata agli schemi tradizionali della tragedia seicentesca, annuncia pero nel fondo il non lontano dramma romantico.

Ci pare anzi che sia proprio questo il carattere della tragedia voltairiana che piu colpi il Carli, il quale appunto alia ricchezza degli episodi e dell'azione si richiama

per accostare timidamente la sua tragedia a quelle del ? gran Voltaire ? 19.

E pur vero che cio si risolve in un difetto in quanto i colpi di scena troppo nu merosi della sua opera vanno a tutto scapito della psicologia, sommaria, dei personaggi; ma sono anche indice sicuro di una imitazione attenta, seppure eccessiva e troppo servile.

Quello che comunque piu ci ha colpiti nell'esame della prima opera del Carli e la somiglianza di soggetto che esiste fra il Tancrede ed il Telane, tolto non piu dalla

mitologia greca o dalla storia romana, essa pure almeno in parte mitologizzata,

ne, come consigliava il Maffei, dalle favole di Igino 20, ma dalla storia nazionale ai suoi primordi.

Certo, pensiamo che ne il Voltaire, ne, a maggior ragione, il Carli fossero piena mente coscienti dell'importanza e della novita della loro scelta; pensiamo che l'uno fosse spinto dal desiderio di offrire qualcosa di nuovo al suo pubblico e che l'altro fosse soltanto un suo imitatore, affascinato dal soggetto per lui del tutto nuovo.

Ad ogni modo non possiamo non sottolineare il fatto che, coscienti o no (e, na

turalmente, con tutte le debite distanze!), il Voltaire e il Carli, nei loro rispettivi paesi, sono stati tra i primi a tentare una tragedia di argomento medioevale e nazio

nale; e cio, in pieno Settecento, non pud non avere una certa importanza 21.

Negli ultimi mesi dello stesso anno del Telane, il Carli fece rappresentare una nuova tragedia: I Longobardi.

Essa pure ottenne un lusinghiero successo di pubblico e di critica 22. In realta a noi la nuova opera, scritta, come confessa il Carli, in tutta fretta

per due attrici famose di passaggio per Verona 23, non pare ne bella ne degna di es sere paragonata alia prima di cui ci sembra invece una brutta ripetizione.

19 Cfr. Lettera al Sig. di Voltaire..., in testa a Telane ed Ermelinda, cit., p. 5. 20 Cfr. A. Parducci, op. cit., p. 67. 21 In realta il Voltaire aveva dato una tragedia con nomi nazionali gia molto prima con VAdelaide

du Guesclin. 22 Cfr. p. es. quello che ne scrisse Cesare Beccaria, a cui la tragedia e dedicata: ? eccellente, piena di

interesse e di azione ?; cfr. Lettera del 17 sett. 1770 da Milano, in Carteggio Carli, cit., busta 1, cart. Bec

caria; e il Voltaire al quale la tragedia arrec6 ? un extreme plaisir?; cfr. Lettera 12 febbraio 1770, in Car

teggio Carli, cit., ibid., cfr. testo in Appendice. 23 Cfr. Lettera.. .alVabate Lavarini, in op. cit., p. 3.

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VOLTAIRE E LA CULTURA VERONESE NEL '700 321

E comunque anch'essa una tragedia in cui Fimpronta voltairiana appare chiara.

Anche qui potremmo fare numerosi raffronti tra i personaggi e le situazioni dei Lon

gobardi e quelli del Tancrkde: tra Tancrede, per esempio, e Valtari che credono

entrambi, ad un certo punto, di essere stati traditi dalle rispettive amanti, Amenaide

ed Elbinda; tra la confessione chiarificatrice della tragedia francese e quella dei Lon

gobardi, tutte e due fatte alia fine del quinto atto nel momento in cui gli eroi stanno

per soccombere al loro gesto disperato. Anche qui il tema nazionale e nettamente ripreso. Ci limitiamo a queste rapide annotazioni per non ripetere cose gia dette a pro

posito dell'altra opera; solo vogliamo accennare a due aspetti che ci paiono rappre sentare delle no vita di una certa importanza. Sia Tancrede sia Valtari, e in parte anche il gia visto Telane, rappresentano il tipo del cavaliere giovane, bello, forte, generoso, leale, fedele alle promesse fino alia morte; ci pare di cogliere in questi per sonaggi il primo abbozzo di un altro, molto frequente nel vicino teatro romantico.

II secondo aspetto che vorremmo mettere in luce riguarda piuttosto la scenogra

fia; e in cio la tragedia Veronese si ricollega piu direttamente ad un'altra opera del Voltaire, alYOlympie, che appunto per la prima volta aveva presentato una ricchezza

di quadri e di spettacolo fino allora sconosciuti. Si vedano ad esempio, la scena IV dell'atto primo delYOlympie e la scena VII delFatto terzo dei Longobardi.

Nella prima: ? Les trois portes du temple sont ouvertes. On decouvre tout l'in

terieur. Les pretres d'un cote et les pretresses de l'autre, s'avancent lentement ?;

nelFaltra: ? Elboino con ricco seguito di Longobardi portanti l'aquile e le bandiere nemiche ?. II tentativo h ancora timido, ma, come vedremo, il Carli lo portera assai

piu avanti nella sua nuova opera.

JJAriarato, la terza tragedia dello scrittore Veronese, vide la luce soltanto nel

1773. Come mai un silenzio cosi lungo? Probabilmente il Carli, al quale, nonostante

le ovazioni, non erano sfuggite le incertezze della sua seconda opera, senti il bisogno di rinnovarsi e di approfondire gli insegnamenti e l'esempio del Voltaire con una me ditazione piu profonda dei caratteri e delle possibility che offrivano certe tragedie del maestro; d'altronde la sua originalita creativa dovette avanzare diritti sempre piu chiari e precisare sempre meglio le sue esigenze drammatiche.

Da tutto questo lavorio interiore nacque, come abbiamo detto, YAriarato, una

tragedia senza dubbio notevole che meriterebbe da parte degli studiosi del Settecento una lettura nuova ed approfondita.

Soprattutto e un'opera in cui la lezione voltairiana, meditata piu a fondo e per cio meglio assimilata, si esprime in forme notevolmente audaci, si apre verso altre

influenze e, piu ancora, verso soluzioni originali del tutto nuove.

Anche se il soggetto non h piu ne medioevale ne nazionale, la situazione iniziale delYAriarato h molto simile a quella del Tancrede e continui raffronti possono essere fatti fra i personaggi delle due tragedie: fra Tancrede ed Ariarato, ambedue ignoti a loro stessi per buona parte dell'azione; ambedue ricordati ed amati, nella citta da cui sono stati cacciati bambini, da una donna che la ragione di stato e Fingordigia del padre stanno per destinare al pretendente a quel trono cui soltanto essi possono vantare diritti legittimi; tra Orbassan e Barzane, che sono appunto i due pretendenti; tra Amenaide ed Eglalia, le due amanti fedeli, in procinto di essere sacrificate; tra

Argire ed Archelao, i due padri; tra Solamir inline e Mitridate, falsi amici della citta a cui sono legati da un patto di alleanza.

Analoga e anche la situazione in cui i due protagonisti scoprono la loro identita: un duello nella tragedia francese, una battaglia in quella i tali an a. Lo stesso titolo,

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322 F. PIVA

riassunto al nome del protagonista maschile, della tragedia Veronese ci pare piu vi

cino a quello dell'opera francese, che non i precedenti. Ma c'e di piu: simile e la psicologia di Tancrede e di Ariarato: cavalieri generosi,

campioni di onesta, di eroismo e di fedelta, combattono ambedue, pur di serbare fede ad una promessa, contro il loro interesse. Simile la psicologia di Orbassan, e

di Barzane: profittatori, cattivi, pronti a tradire chicchessia in nome del loro interesse.

Molto vicine anche quelle delle due protagoniste femminili, di Amenaide e di Eglalia: fedeli al loro amore, tentano in ogni modo di non venir meno alia promessa, pronte se occorre, a rinunciare alia loro stessa vita.

In questa triplice coppia di personaggi ci pare di cogliere con sempre maggior chiarezza le prime tracce di un trio che sara spesso presente nelle opere del Romanti

cismo: il buono, il crudele e la giovane, innocente e fedele.

Dall'Olympie b invece tratto piu propriamente il gusto, tipico dell'ultimo Vol taire, per i grandi quadri, molto numerosi anche neW Ariarato e resi possibili, oltreche dal numero eccezionalmente elevato dei personaggi, dalla presenza di parecchi gruppi:

grandi di Cappadocia, sacerdoti, soldati e popolo che richiamano da vicino ?les pre tres, les pretresses, les soldats et le peuple

? della tragedia francese.

In cio ci pare anzi che il Carli faccia mostra di una audacia superiore a quella dello stesso Voltaire; mentre infatti lo scrittore francese in una nota posta in calce

alia scena IV dell'atto primo della sua tragedia aveva espresso il dubbio che quella scena, che presentava uno dei piu. bei e piu audaci quadri di tutta l'opera, potesse

mai essere rappresentata 24, il Carli non si peritava di immettere parecchi di questi

quadri nella sua tragedia e di farli rappresentare.

Quasi identica b inline la sceneggiatura: in tutte e due le opere infatti l'azione b ambientata nel vestibolo del tempio e sulla piazza che ad esso conduce, con sugge stive visioni dello stesso interno del tempio.

Un altro aspetto ci permette di accostare ancora Pultima opera del Carli al Vol

taire, e cioe la polemica religiosa o piuttosto anticlericale, tipica del filosofo e scrittore

francese e presente in maniera abbastanza chiara anche neW Ariarato. Si esamini in

fatti il personaggio di Archelao, pontefice di Bellona, crudele, infido, che si serve della

religione e della propria carica per infierire su Ariarato, e per contro l'atteggiamento di Ariarato stesso e del romano Silla, il quale ad un certo punto cosi apostrofa il cat

tivo prete: ? L'illealta, l'ipocrisia, la fraude / si velan di tiara e si fan schermo / al Pombra degli altari... ? 25.

Da una piu profonda meditazione del teatro e del pensiero voltairiani il Carli ha tratto dunque materia per darci nelV Ariarato una tragedia vicina ai moduli del

lo scrittore francese e nello stesso tempo notevole per la capacita di creare dei perso

naggi vivi, dotati di una psicologia sicura, e non piu sommaria come nelle opere pre

cedenti.

Eppure c'e ne\Y Ariarato qualcosa che non b piu del Voltaire e che fa pensare spesso al Polyeucte di Corneille: simile Patmosfera in cui Pintera tragedia bagna; si

mile Pambientazione di tempo e di luogo; simile in molti tratti il comportamento di Ariarato, di Eglalia e di Silla a quelli di Polyeucte, di Pauline e di Severe; lo stesso Archelao col suo servilismo, col suo desiderio di stare col vincitore e il potente del momento, con la sua paura nel punto cruciale della tragedia, inline con la sua catarsi

finale^ ricorda, ed a tratti da vicino, il Felix dell'opera corneliana.

E un accostamento, lo confessiamo, quanto meno strano in un autore che, se

24 Cfr. F.M. Voltaire, Theatre, Paris 1801, vol. IX, p. 78. 25 Cfr. A. Carli, op. cit.t p. 189.

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VOLTAIRE E LA CULTURA VERONESE NEL '700 323

ha spesso ammirato in Corneille uno dei massimi uomini di teatro francesi 26, mai

ci consta abbia nutrito nei suoi riguardi particolari simpatie. Forse nei tre anni di silenzio e nella ricerca di un rinnovamento interiore, il Carli,

anche per una probabile intima vicinanza spirituale, si h accostato alia concezione

umana e tragica del Corneille, o a qualche sua opera in particolare. A cio potrebbe

spingere anche la parte finale della tragedia dello scrittore Veronese, decisamente

lontana dai prototipi voltairiani presi in esame, con la sua soluzione cosi originale e

cosi nuova, in cui il vincitore Ariarato, in un supremo slancio di generosita, rinuncia

di sua spontanea volonta al trono ed a Eglalia, suscitando in tutti un'ondata di pro fonda ammirazione e di innalzamento morale assai simile a quello che aveva provo cato Patteggiamento di Polyeucte.

La tragedia si conclude cosi lietamente e senza morti; il sangue scorre soltanto

nei racconto della battaglia tra i Romani di Silla e i Cappadoci di Barzane. Era una fine del tutto nuova, di una novita assoluta che, se fosse stata portata

avanti, avrebbe potuto, forse, produrre altre opere notevoli ed avere importanti ri

per cussioni sulla concezione tragica tradizionale.

La novita dovette pero essere eccessiva per quei tempi e per quel pubblico, e

Popera, nonostante il disperato tentativo delPimpresario di cambiare qualcosa, cadde

miseramente.

II ? fiasco ? delPopera, alia quale il Carli aveva atteso con somma cura, provoco

la fine del momento creativo dello scrittore Veronese; con cio non terminarono pero i suoi rapporti con la cultura francese e con le idee del Voltaire in ispecie.

Convinto che la triste fine delV Ariarato fosse da attribuire agli sceneggiatori e

agli attori, del tutto incapaci di sostenerne convenientemente la novita 27, il Carli

nei mesi seguenti dovette riandare spesso con la mente alle esperienze avute durante

i suoi soggiorni di Parigi e di Ferney; alle rappresentazioni del Lekain e di M.lle Clai ron e alle discussioni avute con loro e soprattutto con il Voltaire e i suoi amici sul

l'arte della recitazione e sui mezzi necessari a rappresentare convenientemente una

opera di teatro.

Cosi il desiderio nacque in lui di tentare anche a Verona una esperienza simile e di lanciare anche in Italia i primi elementi di quella riforma i cui risultati e le cui caratteristiche tanto Pavevano impressionato, e favorevolmente, in Francia.

La situazione dell'arte della recitazione era effettivamente molto grave; basta,

per rendersene conto, leggere qualcuna delle numerose testimonianze che ci rimangono. La maggior parte delle compagnie discendevano da quelle compagnie di maschere

che recitavano a soggetto, e spesso con esse si identificavano. II vestiario era assolu

tamente miserevole: con un vestito alia turca e un altro, cosiddetto alPeroica, si rap

presentavano tutti i popoli delPuniverso e di qualsiasi epoca. L'educazione artistica, tranne rarissime eccezioni, nulla; non vi era una scuola che preparasse gli attori, di

cui moltissimi uscivano di tra i barbieri e le commesse d'osteria. Sulla scena ognuno

agiva per conto proprio: arrivavano perfino a par] are con il pubblico nelle pause che la parte offriva loro. ? Ne si puo dire che recitassero, ma declamavano ora divo

rando con un solo urlo una filza di versi, ora lenti lenti, per correre poi a precipizio ?

credendo che fossero questi i mezzi migliori per essere applauditi. ? Per di piu non ca

pivano un ette di tutto cio che sbraitavano sciupando i versi e alterando le parole. E

questo fatto oltre che dalPignoranza dei comici dipendeva dal malvezzo che essi ave vano di non studiare la parte, affidandosi al suggeritore il quale, alia sua volta, par

26 Cfr. Letter a.. .all* abate Lavarini, in op. cit.9 p. 6. 27 Ibid.

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324 F. PIVA

lando forte per essere da loro compreso, gratuiva il pubblico di una doppia audizione ?28. Anche in Francia, dopo il fulgore del secolo precedente, la situazione non era

pero piu tanto florida: ancora nel 1767, l'anno del probabile soggiorno del Carli a

Ferney, il Voltaire scriveva: ? La miserable habitude de debiter des vers comme

de la prose, de meconnaitre le rythme et l'harmonie a presque aneanti l'art de la declamation ? 29.

In effetti il problema della recitazione teatrale fu ? Tun de ceux qui ont le plus agite le XVIII siecle ? 30.

Per parte sua il Voltaire, che in questo problema, come in tanti altri del suo se

colo, occupa una posizione centrale, aveva gia da tempo iniziato una vasta riforma

che con la recitazione investiva la scena e il costume, in cio aiutato, ed in qualche

parte anche preceduto, da due grandi attori che, come lui, avevano percepito la gra

vita del problema ed avevano la volonta e la capacita di risolverlo: il Lekain e, so

prattutto, M.Ue Clairon.

Postosi decisamente, anche in questo settore dell'arte tragica, nella scia del mae

stro, il Carli ebbe la buona ventura di incontrare nella sua citta un gruppo di persone, nobili la maggior parte, che, innamorati di teatro, gli permisero di realizzare, seppure in piccolo, quello che era stato uno dei voti del Voltaire: una piccola scuola d'arte

drammatica 31.

Ottenuto lo stabile dalla munificenza di un nobile Veronese, il conte Marco Ma

rioni, che Ippolito Pindemonte in un suo elogio chiamava ?il Lekain nostrano ? 32, il Carli costitui, probabilmente nell'inverno del 1774, una compagnia di cui facevano

parte alcuni tra i piu bei nomi della cultura e della aristocrazia cittadina: il gia citato Marco Marioni, la moglie di lui, Camilla Strozzi, la sorella, Clementina Marioni, Ma rianna Malaspina, Teresa Pellegrini, Marianna Carminati, il conte Giovanni Gazzola,

i due fratelli Pindemonte e, prima fra tutte, la contessa Silvia Curtoni Verza, che pro prio in quegli anni aveva aperto a Verona un attivo e splendido salotto 33.

II Carli, tutto preso dall'importanza della nuova esperienza, era maestro molto

severo con le persone che si era preso l'impegno di educare e di istruire.

Facendo propria un'idea cara al Voltaire, una volt a individuato in ognuno il

genio tragico o quello comico, proibiva risolutamente il calcare indifferentemente il socco e il coturno, non volendo interferenze tra due generi letterari, la tragedia e la

commedia, che, assieme al Voltaire 34, egli teneva ben distinti 35.

Di questo interessante periodo della vita del Nostro abbiamo una testimonianza

indiretta, ma abbastanza precisa, dello stesso Carli, che nel 1803, in occasione

di una riedizione delle sue tragedie, poi ritardata fino al 1812, riuni le sue idee al pro posito in una lunga lettera all'abate Lavarini, allora reggente del locale liceo 36.

Voleva il Carli che i suoi attori, e che tutti del resto quelli che si accingevano ad

intraprendere quest'arte, fossero ? ornati piu che non si pud di letteraria coltura,

dotati di fantasia, d'ingegno e della esterior presenza ch'e convenevole ai caratteri

cui a rappresentar si destinano, e di piu forniti della naturale attitudine ch'e neces saria ad imprimere internamente l'animo, ed esternamente a delineare nella propria

28 Cfr. N. Tommaseo, Storia civile nella letteraria, Torino 1872, pp. 269-70. 29 Cfr. Preface..., cit., in op. cit., vol. VII, p. 466. 30 Cfr. G. Lote, art. cit., p. 669. 31 Cfr. Preface..., cit., in op. cit., vol. VII, p. 467. 32 Cfr. I. Pindemonte, Elogio di Girolamo Pompei, in Elogi di Letterati italiani, Firenze 1859, p. 23. 33 Cfr. B. Montanari, Vita di Silvia Curtoni Verza, Verona 1851, p. 13. 34 Cfr. G. Lote, art. cit., p. 674. 35 Cfr. Lettera.. .alVabate Lavarini in op. cit., p. 16. 36 Ibid., pp. 2-25.

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VOLTAIRE E LA CULTURA VERONESE NEL '700 325

persona le forme delle passioni ch'esprimer devono colla imitazione alia presenza del

pubblico ? 37. Bastano queste poche righe per cogliere la parentela che esiste tra le idee da cui

era animato il Carli e quelle che il Voltaire andava da tempo esprimendo e conden sando in lettere e in ? prefaces ?. Ad esempio, gia nel 1740, in una lettera a M.lle Clairon, il Voltaire aveva scritto: ? L'art de la declamation demande a la fois tous les talents exterieurs d'un grand orateur et ceux d'un grand peintre

? 38.

Se poi si aggiunge l'esigenza, espressa piu avanti dal Carli, che Paspirante attore ? abbia fatto cognizione dei vari usi e costumi delle nazioni, ed attinto all'erudizione delle vicende nella gran scuola del mondo, non che esercitato Pocchio e la riflessione sulle opere del disegno le piu ammirate in pittura e scoltura, dalle quali la nobilta, la grandezza apparar (sic) si vuole dei movimenti e degli atti piu appariscenti, con la varieta la pompa e il luminoso contrasto delle espressive e commoventi posizioni? 39, si coglie con altrettanta chiarezza quella che e la parte piu viva e piu nuova della riforma port at a avanti dal Voltaire, la sua volonta di ? frapper Fame et les yeux a la fois ? 40; la sua esigenza da una parte di naturalezza e di verita 41, dall'altra di

spettacolosita e di grandezza che, seppure apparentemente contrastanti, erano sem

pre piu le note dominanti della sua arte recitativa 42.

La lezione del Voltaire e dei suoi amici non si fermava qui; cosi, piu avanti nella sua Lettera, il Carli pone fra le qualita principali, necessarie a chi intraprende la car riera di attore, una memoria impeccabile che gli permetta di imparare alia perfe zione Fintera parte e di ? abbracciare d'un sol colpo quanto sta per pronunciare nel

Pistante e sara per dire in appresso, preparando cosi il discorso con qualche azione

anticipata, che o insensibilmente o spiegatamente il preceda a seconda del caso ? 43.

Era stata M.lle Clairon la prima a predicare l'esigenza di imparare bene la pro pria parte e di tener presente nella recitazione tutto Pinsieme dell'opera

? afin d'en

masquer le faible et d'en faire sortir les beautes ? 44.

II Voltaire invece gia dal 1750 aveva insistito sulla necessita di articolare i suoni e di pronunciare le parole con voce forte perche solo cosi si sarebbe data alia recita

zione quella nobilta e quella solennita che e caratteristica dell'arte tragica 45.

II Carli, a sua volta, esortava a ? scolpire ben la parola, darle il giusto valore ed

estension d'armonia senza aspirarne od eliminarne si 11 aba; pingere la parola dei co

lori del sentimento che deesi esprimere; spesso cambiare il tuono; dacche la varieta

delle intonazioni fa la delizia della dicitura, ne si arriva a dilettare in teatro senza

una grande ricchezza di intonazioni ? 46.

In questi consigli non si puo non udire Peco di altri che il Voltaire aveva inviato attorno al 1750 a M.lle Clairon, allora giovanissima, e che giungono spesso fino all'ana

lisi e all'intonazione migliore per la recita di qualche singolo verso 47.

37 Ibid., p. 7. 38 Cfr. F.M. Voltaire, Oeuvres Completes, cit., vol. IV, p. 107. 39 Cfr. Letter a... all9 abate Lavarini, in op. cit., p. 7. 40 Cfr. A Madame la Marquise de Pompadour, in testa a Tancrede, cit., vol. VI, p. 4. 41 Cfr. Preface..., cit., ?peindre la nature ?, in op. cit., vol. VII, p. 464. 42 Cfr. Lettera a M.lle Clairon, in testa a Zulime, in Oeuvres Completes, cit. vol. IV, p. 106; Epitre

dedicatoire a Tancrhde, ibid., vol. VI p. 4, e soprattutto Preface..., cit., ibid., vol. VII, pp. 462-67. 43 Cfr. Lettera... all'Abate Lavarini, in op. cit., p. 8. 44 Cfr. Memoires de M.lle Clairon..., t. 6e des Memoires relatifs a Vhistoire de France pendant le

XVIII siecle par M. Fr. Barriere, Paris 1857, p. 84. 45 Cfr. Lettera a M.lle Clairon del 15 gennaio 1750 in Oeuvres Completes, cit., vol. LVIII, p. 489. 46 Cfr. Lettera... all'abate Lavarini, in op. cit., p. 8. 47 Cfr. Lettere a M.lle Clairon del 12, 15 e 20 gennaio 1750, in Oeuvres Completes, cit. vol. CVIII,

pp. 485, 490, 498. .

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326 F. PIVA

Dal Lekain, oltreche dal Voltaire, il Nostro trasse invece quella che egli chiama ?

eloquenza esteriore ?, cioe ?la regolata inflessione della voce congiunta all'atto e

compostezza del gesto e all'alterazione del volto... dalla quale dipende massima

mente l'espressione degli affetti e la pittura dei caratteri? 48; in effetti questo aspetto deH'insegnamento del Carli ci sembra piu vicino al modo di recitare composto e so

lenne che M.lle Clairon dice tipico del Lekain49. Tutto cio deve tendere a realizzare una recitazione in cui alia ? naturalezza e

alia verita ? s'accoppino

? un'eroica e dignitosa espressione ?, che, come abbiamo visto,

rappresentavano la meta delParte recitativa anche per il Voltaire.

Certo questa e una cosa difficile da mettere in pratica in quanto si tratta di ? accordar cotal fasto ed elevatezza di suono con l'accento veritier del linguaggio, che tanto b dire presentar la natura nella sua maggiore magnificenza; cavar dai sog

getti bene esaminati e studiati le parti e gli atti di piu bella e pomposa presenza, spo gliare gli oggetti di tutto cio che sporge in loro di triviale, perfezionarli senza trasfor

mare il carattere, combinar insieme e formare un composto armonioso che senza sco

starsi dalla naturalezza monti al di sopra dell'ordinaria natura ? 50.

II Carli sa anche, sull'esempio del suo grande maestro, evitare gli eccessi e i pe ricoli di una recitazione che sacrifichi troppo allo spettacolo e alia posa o, per contro,

al realismo.

Aveva detto il Voltaire in una lettera del 1760 al Lekain: ? II ne faut jamais sacrifier Pelocution et le style a Pappareil et aux attitudes ? 51; e in un'altra del 1767 allo stesso: ? Je ne saurais souffrir cette familiarite comique qu'on introduit quel

quefois dans la tragedie et qui Pavilit ridiculement, au lieu de la rendre natuielle ? 52. Sulla sua scia il Carli scrive nella Lettera: ? Evitar conviene gPinformi eccessi,

non colpire gli spettatori con forzate irregolari bellezze ? (come voleva fare M.lle Clairon quando pretendeva di tingere completamente di nero la scena del Tancrede e di mettervi una forca) 53.

Piu avanti, pur ammettendo che ? a qualche eccesso b conceduto arrivar talvolta

che pur combinasi da un destro sceneggiatore colle viste della naturalzezza ? afferma

pero che ?la nobilta e la decenza non denno sparir giammai dal teatro ? 54, ripetendo nel fondo alcune esortazioni del Voltaire al Lekain: ? Je vous exhorte, done, mon cher

ami, de ne souffrir d'appareil au theatre que celui qui est noble, decent, necessaire ? 55; e qualche anno

dopo: ? Gare les actions forcees et mal amenees; gare le fracas pueril

du college! ? 56.

Come si b visto, i punti di contatto sono parecehi; una differenza salta pero subito

alPocchio: la scarsa importanza che il Carli da alia sensibilita; mentre infatti questa

parola si incontra spesso nelle lettere e nelle ? prefaces ? del Voltaire, mai ci b capi tato di leggerla nella Lettera del Carli. Questa constatazione, spiegabile molto proba bilmente con una diversa inclinazione di carattere, ci aiuta pero a capire Pevoluzione

gia avvertita nelle tragedie e soprattutto nella diversa psicologia di personaggi come Telane ed Ariarato o come Ermelinda ed Eglalia: piu ? sensibili? e a volte addirit tura sdolcinati i primi; piu. forti, piu robusti, piu profondi i secondi.

48 Cfr. Lettera... all'abate Lavarini, in op. cit., p. 9. 49 Cfr. Memoires de M.lle Clairon, in op. cit., p. 89. 50 Cfr. Lettera... all'abate Lavarini, in op. cit., p. 11. 51 Cfr. Lettera del 16 dicembre 1760, in Oeuvres completes, cit., vol. LXI, p. 363. 52 Cfr. Lettera del 17 febbraio 1767, ibid., vol. LXV, p. 277. 53 Cfr. Lettera... alVabate Lavarini, in op. cit., p. 11. 54 Ibid., p. 12. 55 Cfr. F.M. Voltaire, Lettera al Lekain 16 dicembre 1760, in Oeuvres Completes, cit., vol. LXI,p. 364. 56 Cfr. Lettera al Lekain 27 luglio 1763, ibid., vol. LXIII, p. 168.

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VOLTAIRE E LA CULTURA VERONESE NEL '700 327

Altra, e non ultima, preoccupazione del Carli e l'apparato scenico.

Abbiamo visto come con due costumi, uno alia turca e uno alia eroica, i nostri

bravi attori del Settecento mettessero in scena gli uomini di tutto l'universo e di

qualsiasi paese. Ne molto diversa era la situazione in Francia dove, se i costumi erano

piu fastosi, non erano per questo meno assurdi e stravaganti 57.

Furono anehe questa volta M.lle Clairon e Lekain i primi a reagire e ad inaugu rare dei cambiamenti nel costume; cosi nel 1756, in una replica della Semiramis nel ruolo di Arsaze, l'uno oso mostrare in pubblico le braccia nude ed insanguinate; men

tre nello stesso anno Paltra, nelVOrphelin de la Chine, si mostro ? sans panier, sans

manchettes, les bras nus ?, affettando anche ? d'avoir des gestes pour ainsi dire etran

gers ? 58.

Voltaire fece sua anche questa riforma; d'altra parte non si era gia vantato, nel

discorso iniziale del suo Brutus, di aver fatto apparire sulla scena dei senatori romani

in toga rossa? 59.

In realta il costume storico egli lo aveva sempre ammesso, e, negli ultimi tempi, anche cercato; d?altronde, allargando in qualche modo la scena e conducendo la tra

gedia nei paesi piu esotici, egli non poteva non augurarsi per i suoi personaggi dei costumi il piu possibile conformi alle usanze dei ioro rispettivi paesi.

Anche ii Carli dovette mettersi su questa strada; e, se anche egli non ce ne parla direttamente nella sua Letter a, abbiamo delle testimonianze che ci pare siano da inter

pret are proprio in questo senso. Cosi nel 1769, ancora al tempo dei Longobardi, Carlo

Coralli, amico del Carli, scriveva da Venezia: ? Le decorazioni sono magnifiche, il vestiario e di vero gusto Carli? 60, segno che gia in quegli anni il Carli aveva iniziato con i suoi personaggi una riforma del costume e della scenografia.

Soprattutto interessante h, a questo proposito, una lettera della Caminer Turra

al Carli, del 1791; in essa la letterata veneziana dice tra l'altro: ?Io sono vicina a far

rappresentare il Maometto da una compagnia di valorosissimi giovani dilettanti...

So che presso il Sig. Co. Marioni si trovano i costumi delle piu importanti tragedie e vi dev'essere quello del Maometto ancora. Come sarebbe possibile di averne un'idea

precisa accio nulla mancasse all'esattezza della mia rappresentazione? Anche l'idea

della scena mi sarebbe utilissima. Ella incomparabile nella declamazione e in cio che vi ha rapporto, debb'esser il protettor nato di questo genere di cose...? 61.

La lettera della Caminer Turra, da cui traspare un'eco abbastanza viva della

fama di attore e di scenografo di cui il Carli godeva tra i letterati veneti, e importan tissima anche perche ci aiuta a ricostruire, almeno in parte, il repertorio del teatrino

di casa Marioni, a proposito del quale disgraziatamente non possiamo farci un'idea

piu precisa per la frammentarieta dei documenti in nostro possesso. II primo anno, il 1775, le opere rappresentate furono la Radamiste e la Zenobia

del Crebillon e la Berenice del Racine, tradotta in brevissimo tempo da Ippolito Pin demonte per incarico della Curtoni Verza che in essa doveva sostenere la parte della

regina. Un altro anno, probabilmente il seguente, fu la volta del Mitridate del Racine,

dell'Adelaide du Guesclin e del Bruto di Voltaire 62. Poi le notizie si fanno piu rare e frammentarie, fino a perdersi del tutto; ad ogni

57 Cfr. H. Lion, Les tragedies et les theories dramatiques de Voltaire, pp. 233-36. 58 La testimonianaza del Colle e presa da H. Lion, op. cit., p. 233. 59 Cfr. F.M. Voltaire, Oeuvres Completes, cit., vol. II, p. 323. 60 Cfr. Lettera del 13 dicembre 1769, in Carteggio Carli, cit., busta 1, cart. Coralli. 61 Cfr. Lettera del 13 aprile 1791, ibid., busta 1, cart. Caminer Turra. 62 Cfr. B. Montanari, op. cit., p. 14.

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modo quelle poche che abbiamo e la lettera citata della Caminer Turra sono piii che sufficienti per farci un'idea del repertorio, il quale doveva essere tratto interamente dal teatro francese di cui il Carli, come mostra la sua Lettera, doveva avere una co

noscenza notevolmente vasta.

Gli autori preferiti dovevano essere il Racine, il Crebillon, allora molto di moda, e Famato Voltaire; di loro furono rappresentate tutte le tragedie piu belle. Come si vede il regista e il direttore di teatro ebbero un orizzonte piu vasto dello scrittore di

tragedie. Per quanto poi queste costituissero il pezzo forte del teatro, gli attori di casa Ma

rioni non disdegnavano neppure le rappresentazioni comiche; qualche commedia dell'amico Albergati e, soprattutto, delle versioni di commedie francesi curate dallo stesso Carli; fra queste numerose dovevano essere quelle del Marivaux.

A queste conclusioni inducono almeno alcune lettere; cosi, nel 1785, la Suardo

Grismondi, altra arnica illustre del Carli, gli scriveva: ? Je souhaiterais savoir quelles ont etees (sic) les farces que vous avez debitees ici; si vous en avez les traductions et

sincerement si vous auriez difficulte de me les envoyer ? 63.

Piu precisa la lettera che cinque anni dopo, nel 1791, al Carli scriveva il conte Marioni dalla sua villa di Chievo, dove aveva instaurato un altro teatrino, con la quale lo invitava a tradurre per la stagione seguente i Serments indiscrets di Marivaux M.

In quell'anno quindi il teatro era ancora vivo; di esso pero il Nostro non doveva

piu essere Panimatore; ne fa fede il fatto che nella stessa lettera il Marioni, a proposito delle rappresentazioni in programma quell'anno, che comprendevano YOrfano Chi nese e la Zaira, si limitava a chiedere consiglio sulla distribuzione delle parti; a quel tempo quindi il Carli non doveva piu essere che un consulente, una guida.

II fatto e che nel frattempo altre preoccupazioni si erano impadronite del conte: si era sposato, aveva avuto figli, aveva i suoi affari cui badare, era stato eletto mem

bro dell'accademia cittadina, aveva avuto l'incarico dal Consiglio dei XII di com

pilare la storia cittadina.

II teatro, la grande passione degli anni di gioventu, si allontano sempre piii dai suoi pensieri e dalle sue preoccupazioni; mai pero del tutto se nei primissimi anni del nuovo secolo, in occasione della riedizione delle sue tragedie, si raccolse nella pace della sua villa di campagna e scrisse all'abate Lavarini, che doveva appunto curare

la ristampa, quella Lettera in cui condenso le sue idee sull'arte della recitazione.

Forse tornd anche il desiderio di rimettere in piedi il teatro; ma i tempi non erano ormai piu adatti: gli anni erano passati, qualcuno era morto, gli altri erano ormai

troppo vecchi per calcare di nuovo la scena.

Egli stesso mori pochi anni dopo, nel 1814. Si concludeva cosi nella quiete e nell'oblio una esperienza umana e culturale di un

indubbio interesse; se infatti il Carli non fu l'unico a fare proprie le idee francesi, ci

pare che egli meriti un posto di tutto rispetto in quell'importante capitolo della no stra storia letteraria che riguarda i rapporti culturali, allora intensissimi ed impor tantissimi, che legarono in quello scorcio di secolo 1'Italia alia Francia.

63 Cfr. Lettera del 18 febbraio 1785 da Bergamo, in Carteggio Carli, cit., busta 3, cart. Suardo Grismondi.

64 Cfr. Lettera del 29 marzo 1791, ibid., busta 2, cart. Marioni.

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APPENDICE

Diamo qui di seguito quattro lettere che il Voltaire scrisse al Carli dal gennaio del 1769 al febbraio del 1770; esse sono tutto cio che rimane di un carteggio che, per quanto limitato e breve, doveva essere pero un po' piu nutrito 65.

La prima e la seconda di esse sono gia state pubblicate dal Bestermann, mentre le altre due, la terza e la quarta, sono inedite. Certo, nulla esse aggiungono al gia va

stissimo epistolario dello scrittore francese, ma pensiamo che la loro pubblicazione non sia del tutto inutile, e perche* completano in qualche misura la Correspondence, e perche riguardano un corrispondente finora del tutto ignoto che merita invece, come abbiamo visto, una certa considerazione.

Le lettere si trovano nel Carteggio Carli, busta 3, cartella Voltaire, della Biblio teca Civica di Verona; di esse esistono solo le copie; gli originali molto probabilmente furono inviati dal Carli alPamico Albergati, nel cui Archivio il Besterman ne trovo

due; gli altri andarono evidentemente perduti. La prima lettera fu scritta dal Voltaire dopo la lettura del Telane, che il Carli

gli aveva inviato per avere un giudizio aut ore vole.

3 janvier 1769, au chateau de Ferney Monsieur,

la lecture de votre tragedie m'a fait oublier les fluxions dont mes yeux sont ac cables. J'ai eprouve que le meilleur des medecins est le plaisir. Cette lecture a sus

pendu tous mes maux. La vivacite* de Pintrigue m'a attache depuis le premier vers

jusqu'au dernier.

Je ne sais pas assez quel est le gout de votre nation pour vous dire a quel point vous devez lui plaire; je ne puis vous repondre que de moi.

Agreez avec bonte mes remerciements et mon estime. Permettez que je fasse

icy les plus tendres compliments a Mr. Albergati votre ami. Le triste etat ou je suis ne me permet pas d'^crire plusieurs lettres.

J'ai Phonneur d'etre avec les sentiments que vous meritez.

Monsieur

votre tres humble et tres obeissant serviteur

Voltaire 66

II 26 febbraio il Carli inviava al Voltaire un'altra copia, a stampa, della tragedia con una lettera di dedica; il Voltaire rispondeva alia fine di marzo, ringraziando.

31 mars 1769, au chateau de Ferney Monsieur,

aiant (sic) essuie depuis peu, a Page de soixante et quinze ans, onze acces de fievre

qui m'ont mis aux portes de la mort, je recois la Tragedie de Monsieur le Comte Ales

&> Cfr. V. GiGLio, op. cit., p. 108: ?c Alessandro Carli.. .era in assidua corrispondenza con Voltaire ? 66 Cfr. Th. Besterman, Voltaire's Correspondance, vol. LXXI, pp. 6-7, lett. 14444; cfr. copia identi

ca in Carteggio Carli, cit., butta 3, cart. Voltaire.

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330 F. PIVA

sandro Carli et celle de Monsieur le Comte Stephano Carli 67; c'est une grande conso

lation pour moi, qu'un temoignage si flatteur de leur bonte, et une preuve si forte de

leur merite.

Dans le triste etat ou je suis je n'ai de force que pour les remercier et pour leur

dire avec combien de respect j'ai l'honneur d'etre,

Monsieur, leur tres humble et tres obeissant serviteur

Voltaire

A tergo: A Monsieur / Monsieur le Comte / Alessandro Carli etc. a / a Verone 68.

Un mese dopo, in risposta ad una lettera del Carli, il Voltaire scriveva dandogli notizia della lettura della tragedia e ringraziandolo per il chiarimento a proposito dei due Carli della lettera precedente.

Monsieur,

j'ai ete trois semaines aux portes de la mort. Je ne pouvais alors avoir l'honneur

de vous repondre. J'avais cru que vous et Mr. Stephano Carli etiez de la meme maison; et en vous

lisant tous deux j'avais juge que vous etiez infailliblement de la branche ainee. Vous m'aprenez (sic) qu'il n'y a rien de commun entre vos deux personnes non

plus qu'entre vos vers.

Agreez les assurances sinceres de ma profonde estime et de ma reconnaissance,

Permettez moi de presenter mes tendres respects a Mr. le Marquis Albergati. J'ai l'honneur d'etre avec les memes sentiments

Monsieur, votre tres humble et tres obeissant serviteur

le malade de Ferney V. (sic)

28 avril (1769) a Ferney

A tergo: A Monsieur / Monsieur le Comte / Alessandro Carli etc. a / A Verone Italic 69.

Ricevuta la seconda tragedia del Carli, I Longobardi, il Voltaire, nella lettera che segue, lo ringrazio

? de l'extreme plaisir ? che aveva voluto fargli.

12 fevrier 1770 a Ferney Monsieur,

ce n'est que depuis peu de jours que j'ai pu lire votre belle Tragedie des Lombards. D'horribles fluxions sur les yeux qui me persecutent tous les ans dans le terns

des neiges m'ont prive longtems de cette satisfaction; j'ai oublie tous mes maux en vous lisant, et je vous remercie de l'extreme plaisir que vous avez bien voulu me faire.

67 Si tratta di Giovan Stefano Carli, letterato veneziano, e della sua tragedia, VErizia (Venezia 1768), pure dedicata al Voltaire (cfr. Th. Besterman, op. ext., vol. LXX, lett. 14311, n. 2).

68 Cfr. Th. Besterman, op. cit., vol. LXXI, p. 202, lett. n. 14588; cfr. copia identica in Carteggio Carli, cit., busta 3, cart. Voltaire.

69 Cfr. copia in Carteggio Carli, cit., busta 3, cart. Voltaire.

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Pardonnez a mon age (sic) et a mes maladies si ces remerciements ne sont pas

plus longs, ils n'en sont pas moins vifs.

J'ai l'honneur d'etre avec toute l'estime et la reconnaissance possible

Monsieur

votre tres humble et tres obeissant serviteur

Voltaire

gentilhomme ord.e de la chambre du Roy

A tergo: A Monsieur / Monsieur Alessandro Carli A Verone Italie 70.

Franco Piva

70 Cfr. copia ibid., busta 3, cart. Voltaire.

STILE E LINGUAGGIO NELLA ? FEMME PAUVRE ?

Pur rispecchiando gli stessi motivi che formano oggetto delParte e costituiscono l'essenza della vita di Bloy, La femme pauvre

1 si stacca dal resto della produzione let teraria del polemista cattolico, per elevarsi nella sfera delle opere di maggiore rilievo nel panorama letterario francese delPOttocento. Se e vero che il genio e, contraria

mente a quanto pensava Buffon, una ?longue impatience ? 2 e lo stile, una questione

? non de technique, mais de vision ? 3, ?le mouvement de Fame ?4, allora si puo ritenere a ragione che La femme pauvre sia un parto riuscito di genio e di stile. Che

racchiuda le componenti tipiche del primo lo si puo arguire dall'atmosfera profetica e apocalittica che la mente vulcanica dello scrittore ha qui evocato; che abbia le qua lita intrinseche del secondo, invece, dall'assenza completa del senso della costruzione, della struttura romanzesca 5, per obbedienza alia logica interna delle idee e dei sen

timenti. Prosa frammentaria, bruschi passaggi, stacchi, a volte notevoli, dal discorso

centrale, sovrapposizioni di argomenti ad argomenti piuttosto che sviluppo di azione

sono sempre, in sostanza, effetto di quell'unico atteggiamento esistenziale dell'uomo

Bloy che, scrivendo soltanto per Dio 6, si serve innanzitutto delle sue opere come stru

1 Le nostre citazioni si riferiscono all'edizione del 1962 (Mercure de France, Paris). 2 P. Valery, Charmes, Paris 1926, p. 93. 3 M. Proust, Le temps retrouve, Paris 1940, vol. II, p. 48. 4 J. Michelet, Merits de jeunesse. Journal, Paris 1959, p. 93 (4 luglio 1820). 5 Giustamente annota il Fumet: ? Bloy n'avait aucun sens de la composition, et cela ne le preoccu

pait guere. II se contentait d'ecrire avec lenteur des pages successives; le livre etait done entierement tri

butaire de Pinspiration. Ce n'est pas un art de mouvements, de situations, de juxtaposition d'images; e'est avant tout un art de periodes ? (cfr. S. Fumet, Mission de Leon Bloy, Bruges 1935, pp. 310 s.).

6 Mon journal, Paris 1963, p. 230 (16 luglio 1897).

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